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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Mercoledì 11 dicembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Giuseppe Luciano Calogero Provenzano, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Provenzano Giuseppe Luciano Calogero , Ministro per il Sud e la coesione territoriale ... 3 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 6 
Provenzano Giuseppe Luciano Calogero , Ministro per il Sud e la coesione territoriale ... 6 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 6 
Navarra Pietro (PD)  ... 6 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 7 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 7 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 7 
Ruggiero Francesca Anna (M5S)  ... 7 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Provenzano Giuseppe Luciano Calogero , Ministro per il Sud e la coesione territoriale ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Luciano Calogero Provenzano, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Giuseppe Luciano Calogero Provenzano, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale e sulle procedure in atto per la definizione delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Nel ringraziare per la disponibilità dimostrata, cedo la parola al ministro Provenzano, prego.

  GIUSEPPE LUCIANO CALOGERO PROVENZANO, Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Grazie, Presidente. Anticipo che concentrerò la mia audizione, per motivi di tempo, soltanto sugli aspetti relativi all'attuazione del 116, terzo comma, della Costituzione.
  Io credo che il disegno di legge, a cui ha lavorato il ministro Boccia, e che discuteremo in Consiglio dei ministri, in vista di un rinvio alle Camere, rappresenta un'importante acquisizione, perché reinserisce il percorso di attuazione del 116, terzo comma, della Costituzione nei binari giusti, superando una logica bilaterale del rapporto tra Governo e Regioni, individuando in una legge-quadro una cornice dentro la quale tutte le Regioni possono avviare procedure di intese per il regionalismo differenziato. Lo ritengo un passo avanti importante e penso che il lavoro parlamentare che verrà fatto in seguito possa ulteriormente migliorarlo, rendendo questo disegno di legge, che è molto scarno, una vera e propria legge di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, una rigida attuazione di cui da più parti si è sentita e avvertita la necessità nella discussione che c'è stata nei mesi scorsi in occasione dell'avvio delle procedure di intese.
  Vi è un limite di fondo in cui si inserisce questo percorso, che riguarda anche il lavoro che voi fate come Commissione: una parziale attuazione del complesso delle norme sul federalismo fiscale. Però questo è un altro tema.
  Mi concentro invece sul disegno di legge. Uno dei primi meriti di questo disegno di legge è di aver tolto dalla discussione il concetto, discutibile in letteratura e parziale per come era stato affrontato, del cosiddetto «residuo fiscale» e dell'importanza, affermata già dal primo articolo, della fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni sulla spesa storica. A livello regionale, macroregionale, quindi non solo Nord/Sud, ma anche a livello infraregionale (all'interno delle Regioni) – vi sono divari territoriali che superano la frattura storica tra Nord e Sud a cui siamo abituati Pag. 4nella lettura italiana dei divari regionali – riscontriamo sempre più spesso dei divari nella garanzia dei diritti di cittadinanza e una sperequazione tra i territori anche della spesa pubblica pro capite. Intendo soprattutto la spesa complessiva, quella che riguarda l'intero settore pubblico. Il meccanismo di sperequazione che ha determinato questi divari prevedendo al suo interno una logica cumulativa, cristallizzando la situazione di divario, anzi allargandola, dando maggiori risorse laddove già servizi e garanzia di diritti di cittadinanza erano maggiori, è stato la spesa storica. Quindi il superamento della spesa storica è un obiettivo a mio avviso fondamentale, se vogliamo garantire davvero i principi della Costituzione. Da questo punto di vista i Livelli essenziali delle prestazioni e la loro importanza rappresentano un elemento decisivo e cruciale, consentono di perequare l'erogazione dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale. Ricordo che l'importanza che rivestono i Livelli essenziali delle prestazioni all'interno del nostro dettato costituzionale è testimoniata dal fatto che la loro mancata attuazione e garanzia rappresenta uno dei motivi per l'attivazione dei poteri sostitutivi dello Stato, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
  Questo è l'elemento di maggiore acquisizione, sul quale io suggerisco di concentrare la nostra riflessione, anche eventualmente emendativa. Noi abbiamo la necessità di rendere questo processo di definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni ancora più coerente con il dettato costituzionale. All'interno – ne abbiamo già parlato con il ministro Boccia – del disegno di legge dobbiamo rafforzare le garanzie affinché questo processo non si risolva in una «attribuzione» un po’ ragionieristica dei Livelli essenziali delle prestazioni, con un approccio top down, che parte dalle risorse disponibili e definisce, sulla base delle risorse disponibili, i livelli essenziali. Invece una attuazione coerente del dettato costituzionale dovrebbe andare verso un sistema che parta proprio dall'analisi dei fabbisogni, dall'analisi dei divari nel godimento dei diritti civili e sociali. Tutto questo, tuttavia, non deve risolversi in quel pantano e nella stasi che abbiamo conosciuto in questi quindici anni, in cui diverse Commissioni si sono susseguite per la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, senza venirne a capo.
  Nel disegno di legge – come sappiamo, è già emerso nella discussione – resta proprio un rischio di una fase transitoria in cui si avviano le intese sull'autonomia differenziata e si rimanda a un'eventuale, successiva determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, trascorsi i dodici mesi. Questo rappresenta un rischio di cristallizzazione dei divari sociali. Questo rischio va minimizzato, però, offrendo delle garanzie precise sulla loro definizione, sul fatto che non si rinvia alle calende greche questo processo. Solo queste garanzie consentono l'ottimale definizione contestuale dei diritti dei Livelli essenziali delle prestazioni nel percorso di avvio dell'autonomia e delle intese. Una coerente attuazione del dettato costituzionale prevede una fissazione preventiva dei Livelli essenziali delle prestazioni prima dell'avvio delle intese e, affinché questo processo sia almeno contestuale, noi dobbiamo avere tuttavia delle garanzie che questo avvenga. Quindi non limitarci a un criterio ragionieristico, perché sarebbe troppo semplice e non risolverebbe il nostro problema, tuttavia non ricadere in una logica di Commissioni che non vengono a capo di un lavoro. Su questo secondo me il Parlamento può fare un lavoro di verifica di maggiore definizione del processo, anche perché è evidente a tutti che l'avvio di un processo d'intesa fa emergere rilevanti interessi nazionali, che riguardano non solo le Regioni interessate ma tutte le Regioni. Da questo punto di vista proprio nella procedura, secondo comma dell'articolo 1 e terzo comma dell'articolo 3, si può valutare un maggiore coinvolgimento del Parlamento, una precisazione dei ruoli rispetto alla definizione delle intese; chiarire quali siano le deliberazioni parlamentari nella fase di perfezionamento delle intese, in cui la singola intesa richiama interessi rilevanti per tutto il resto del territorio. Pag. 5
  C'è un aspetto molto positivo del disegno di legge che vale la pena di sottolineare, anche rispetto a elementi problematici emersi nel precedente percorso di definizione delle intese, che riguardavano la richiesta di una sostanziale programmazione regionale delle infrastrutture. Il disegno di legge mette a fuoco, giustamente, quanto siano rilevanti nel Paese le differenze infrastrutturali, i divari infrastrutturali e, quindi, l'esigenza di una loro perequazione. Questo non è un tema che riguarda soltanto i divari e i deficit tra Nord e Sud, ma anche all'interno delle singole regioni. C'è un quadro normativo che aveva previsto un percorso di definizione e di ricognizione dei deficit infrastrutturali, partendo dall'articolo 22, della legge n. 42 del 2009, sull'attuazione del cosiddetto federalismo fiscale, proseguendo con un decreto ministeriale del MEF del novembre 2010 che aveva individuato questi criteri per la ricognizione dei fabbisogni infrastrutturali dei territori. Questo processo è rimasto inattuato, ma aveva il grande merito di non partire – come dicevo a proposito dei LEP – dalle risorse esistenti e, quindi, da un vincolo di bilancio, ma da una ricognizione dei deficit rispetto ai quali gradualmente si poteva raggiungere un livello di perequazione infrastrutturale. Io penso che questo impianto debba essere salvaguardato, quindi anche l'articolo 3 debba essere reso ancora più coerente con questa normativa. Può essere l'occasione per dare un significativo impulso alla definizione, alla ricognizione dei fabbisogni infrastrutturali proprio ai fini di colmare questi deficit. È evidente che il fondo perequativo qui immaginato ha una dotazione minima rispetto ai fabbisogni e ai divari infrastrutturali che registriamo nel Paese, tuttavia può svolgere un ruolo, se si inserisce in un sistema coerente – e di questo sto parlando proprio in queste ore con il ministro Boccia – che dovrebbe fare i conti con alcune previsioni già previste nell'ordinamento e che la legge di bilancio rafforza: ad esempio, l'attuazione della cosiddetta clausola del 34 per cento sulla spesa ordinaria in conto capitale affinché sia proporzionata alla popolazione di riferimento delle regioni e dei territori. Questo incide proprio sui capitoli e la programmazione ordinaria esistente di risorse e investimenti infrastrutturali. Tra le altre normative che provano a perseguire lo stesso obiettivo voglio ricordare la Strategia nazionale delle aree interne, rafforzata nella legge di bilancio, che tra i suoi compiti e le sue missioni ha proprio quello di colmare anche i divari infrastrutturali, intesi non soltanto come infrastrutture materiali e di trasporto ma, anche e soprattutto, come infrastrutture sociali.
  La coerenza con questo quadro normativo potrebbe trasformare il fondo di perequazione in un vero e proprio fondo di perequazione della spesa ordinaria in conto capitale. La distanza che registriamo in un processo (graduale) di piena attuazione della clausola del 34 per cento – che non avverrà in un anno, non basterà una norma per realizzarlo – può avere nel fondo di perequazione quello strumento di garanzia attraverso il quale le risorse che non arrivano a quei territori possano essere destinate lì per programmi di reale perequazione.
  Chiudo dicendo che è un passo importante che il lavoro parlamentare potrà rendere decisivo, anche affrontando una lacuna che in questo quadro mi pare emergere, su cui bisogna lavorare in pieno accordo con le Regioni: la definizione dei criteri di accesso alla richiesta di autonomia differenziata, quali sono i miglioramenti di efficienza previsti, quali materie per Regione possono essere attivati sulla base di criteri che hanno la necessità di essere definiti. Anche perché la norma della Costituzione utilizza una formulazione che ha bisogno di una specifica interpretazione da parte del legislatore ordinario, parla di ulteriori forme e condizioni di autonomia: una formulazione che è diversa rispetto alla semplice attribuzione di competenze maggiori o minori.
  Non solo, ma il lavoro parlamentare su questo disegno di legge ha un grande significato politico, poiché può essere l'occasione nel 2020, a cinquant'anni dall'attuazione delle Regioni nel nostro ordinamento, di una riflessione sul ruolo del regionalismo nel nostro Paese, di una riflessione concreta, nel senso di un nuovo Pag. 6assetto del rapporto tra Stato e Regioni sulla base di un bilancio, che può essere differenziato, proprio perché le performance delle Regioni sono state diverse, e che però a mio avviso è utile. Quindi questo processo può essere l'occasione per una ridefinizione di questi rapporti.
  Nel passaggio parlamentare, nel lavoro di queste ore noi dobbiamo rafforzare ulteriormente la centralità dei LEP nel disegno di legge; migliorare e rendere più coerenti con il resto delle norme dell'ordinamento i meccanismi di perequazione previsti, non solo tra regioni ma anche all'interno delle regioni, perché questa – lo dico dal mio punto di vista di Ministro per il Sud e la coesione territoriale – è la premessa per quel lavoro di riduzione e di superamento dei divari che va fatto con tutta la spesa di investimento aggiuntiva, che fa capo al mio Ministero e che, per essere davvero efficace, ha bisogno – come la stessa Commissione europea ci ha più volte richiamato – di essere addizionale rispetto a risorse che devono essere quantomeno proporzionali alla popolazione di riferimento. Mi pare che questo disegno di autonomia differenziata offra delle garanzie maggiori da questo punto di vista e che dobbiamo ulteriormente migliorare in queste ore di definizione del disegno di legge e nel passaggio parlamentare che seguirà.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola ai colleghi che eventualmente vogliono fare domande, una gliela faccio io. Il ministro Boccia, quando è stato qui da noi, e anche in una serie di dichiarazioni pubbliche, ha indicato un timing non precisissimo ma abbastanza indicativo: presentazione del disegno di legge alla Conferenza Stato-Regioni, che è stato fatto; approvazione in Consiglio dei ministri entro dicembre; incardinamento in Parlamento a partire da gennaio; sottoposizione delle intese alla firma delle Regioni. Lei si sente di confermare questo timing, soprattutto per quanto riguarda l'approvazione entro fine anno in Consiglio dei ministri?

  GIUSEPPE LUCIANO CALOGERO PROVENZANO, Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Su questo posso già rispondere. La discussione, che abbiamo già svolto, in Consiglio dei ministri ha confermato questo timing, io quindi mi sento di riportare l'impegno assunto dal Consiglio dei ministri.
  C'è un lavoro di ulteriore limatura in queste ore del disegno di legge, ma penso che i tempi dichiarati dal ministro Boccia possano essere rispettati.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  PIETRO NAVARRA. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Saluto con grande apprezzamento il fatto che finalmente si discute di un disegno di legge ponte che permette di definire una cornice di riferimento per l'attuazione del regionalismo differenziato.
  Tre piccoli chiarimenti. Il primo. Ho letto il disegno di legge, non mi sono chiarissimi i meccanismi di finanziamento. Il trasferimento delle risorse a copertura delle competenze sarà individuato attraverso quale strumento: compartecipazione a riserva di aliquota o trasferimento? Sembrerebbe, da quello che si legge, parlando di criteri di riparto che siano trasferimenti dallo Stato alle Regioni che fanno richiesta di autonomia, però questo non è chiarissimo dal testo del disegno di legge.
  Un aspetto importante sul ruolo del Parlamento, che è stato dibattuto in Commissione tante volte, è l'aspetto dell'emendabilità. C'è un articolo del disegno di legge in cui si parla del ruolo del Parlamento (articolo 1, comma 2): «Il Ministro degli affari regionali e dell'autonomia trasmette entro dieci giorni lo schema d'intesa sottoscritto dai Presidenti delle Regioni e delle Camere per le conseguenti deliberazioni parlamentari»; cosa esattamente significa? Si prevede l'ipotesi di emendabilità del testo provvisorio o eventualmente si immagina un qualcosa di simile a ciò che avvenne – credo – per l'approvazione del Titolo V, ovvero che le Camere deliberano in modo condizionato?
  Infine credo che sia un po’ debole la lettera f), comma primo, articolo 1, gli Pag. 7aspetti che riguardano il coordinamento delle politiche fiscali. Quello è un aspetto molto importante per garantire la coesione territoriale e il fatto che ci sia una maggiore attenzione al coordinamento della politica fiscale secondo me è un po’ troppo debole, così come è attualmente prevista nel disegno di legge.

  VITA MARTINCIGLIO. Grazie, Presidente. Ringrazio il Ministro per la disponibilità. La mia domanda è un po’ diversa rispetto all'autonomia differenziata: riguarda le ZES che rientrano pienamente nella competenza del Ministero. Nell'agosto di quest'anno il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci ha ufficializzato la previsione di due ZES nel territorio dell'isola: uno per la parte orientale e uno per la parte occidentale. In quell'occasione sempre il governatore dichiarava la disponibilità di ben 5.580 ettari di terreno entro i quali far ricadere le aziende già esistenti...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, per dirle soltanto che non è tema dell'audizione, però ho chiesto al Ministro la disponibilità a rispondere, quindi possiamo allargare un attimo l'ambito.

  VITA MARTINCIGLIO. Grazie, Presidente. Riprendo. Sempre in quell'occasione il governatore Musumeci dichiarava la disponibilità di ben 5.580 ettari di terreno entro i quali far ricadere le aziende già esistenti e quelle che poi vorranno investire nel futuro; sempre di recente Unicredit dichiarava la disposizione di un plafond di 1 miliardo di euro a favore delle imprese che intendevano investire nelle ZES siciliane. Poiché sulla carta si tratta di un provvedimento importante che potrebbe attirare l'interesse di investitori alla ricerca di un regime fiscale agevolato e tutta una serie di agevolazioni, e poiché nel passato non sono mancati casi analoghi finiti con un nulla di fatto, sono a richiederle maggiori dettagli e precisazioni, se di sua conoscenza, con riferimento alle aree effettivamente ricomprese nelle ZES, e lo stato di avanzamento della loro attivazione.

  FRANCESCA ANNA RUGGIERO. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Noi ieri proprio in Commissione finanze abbiamo svolto l'audizione dello SVIMEZ più o meno sullo stesso tema e vorrei porle due domande. La prima è sul decreto Boccia, se intenderete come Governo, quindi prima di far arrivare il testo definitivo alle Camere, di abrogare delle norme o comunque di rivedere il calcolo. O si riparte da un anno zero e, quindi, si annullano questi dieci anni di divario, se no il rischio è di accentuarlo, se si utilizzasse il metodo per cui si tolgono risorse dal bilancio dello Stato per trasferirle alle Regioni che hanno richiesto l'autonomia. Questo perché noi siamo convinti che la legge-quadro debba servire come cornice a tutte le Regioni italiane che possano il giorno dopo richiedere l'autonomia, però non abbiamo ancora il federalismo fiscale attuato. Quindi è anomalo come percorso, perché poi rischieremmo di continuare il processo già in atto il 28 febbraio 2018, dando l'intesa alle Regioni e posticipando – come è sempre stato fatto finora – i LEP o qualsiasi altro sistema serio, davvero, di perequazione. Soprattutto se la ripartizione dei fondi finalmente non verrà fatta solo sul rendiconto generale dello Stato, ma sui conti pubblici territoriali, quindi calcolando i conti dell'intera pubblica amministrazione, addirittura del settore allargato della pubblica amministrazione, quindi anche le aziende, le imprese e i servizi che lavorano per la pubblica amministrazione. Dai dati dello SVIMEZ risulta un divario molto più accentuato che – come diceva benissimo lei prima – non è più solo tra Nord e Sud, ma è anche tra grandi centri e piccoli centri.
  Tornando proprio sui piccoli centri, nella legge di bilancio lei ha presentato il vincolo del 34 per cento per l'investimento ordinario al Sud; le chiedo innanzitutto cosa si intende nello specifico per infrastrutture sociali, perché sappiamo benissimo che poi ogni Regione, ogni Comune e ogni pubblica amministrazione gestisce a suo modo non garantendo i servizi, ma spendendo solo queste risorse; le chiedo inoltre se secondo lei la ponderazione sulla base della popolazione non vada a penalizzare quei centri Pag. 8che si stanno spopolando. Penso a quelle regioni che stanno vivendo questo dramma negli ultimi anni dei giovani che vanno all'estero o che si trasferiscono nel Nord Italia.

  ALESSANDRO CATTANEO. Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro. Una riflessione. Spesso noi parliamo di federalismo fiscale e di divario Nord/Sud, ma è giusto anche parlare di differenze dinamiche, di diverse velocità tra grandi centri, capoluoghi anche del Nord e del tema della provincia. Il parametro che utilizziamo è quello del valore assoluto della spesa pubblica investito su quel territorio, io credo invece che dovemmo andare verso il tema dell'efficienza della spesa pubblica. Io credo che un equilibrio passi attraverso un allineamento dei parametri di efficienza dell'erogazione della spesa pubblica stessa. Un po’ quello che lei diceva, condividendo il fatto che la spesa storica sia un elemento superato, che bisogna andare verso una spesa standard. Come ANCI per anni se n'è parlato – qui vesto i panni dell'ex sindaco – con il tema dei costi standard, dell'erogazione dei servizi e quant'altro.
  Trovo che il dibattito politico, anche sui media, sia viziato da questo: troppo spesso si immagina che il denaro pubblico sia la soluzione, per cui dove c'è un problema mettiamo più denaro pubblico, e spesso – mi permetto di dire – se uno analizza a fondo il tema, scopre che a volte è la causa. Tanto denaro pubblico con tanta inefficienza vizia un sistema e non è la soluzione.
  Le chiedo un'opinione rispetto al grande tema del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. Non ci sono altre domande, per cui do la parola al Ministro per la replica.

  GIUSEPPE LUCIANO CALOGERO PROVENZANO, Ministro per il Sud e la coesione territoriale. Grazie, Presidente. Parto dalle osservazioni puntuali dell'onorevole Navarra, dicendo che per quanto riguarda le risorse, la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni – all'articolo 2 – e i riparti successivi avvengono nei limiti delle risorse iscritte nel bilancio dello Stato ad oggi. Questo prevede il disegno di legge.
  Capisco quello che segue la sua domanda: quindi questa ripartizione avviene all'interno di una stessa torta che deve essere riequilibrata? Se riusciamo noi come Governo a precisare e a migliorare in queste ore, lo faremo, nel rispetto dei tempi che sono stati indicati dal Consiglio dei ministri, su cui c'è un impegno, per questo la mia riflessione era anche a un lavoro parlamentare di ulteriore affinamento delle modalità di determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, perché, se si parte da un vincolo di risorse nella fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, è evidente che questo fa premio rispetto a una ricognizione reale dei fabbisogni esistenti in termini di soddisfacimento dei diritti civili e sociali. Questo significa precisare ulteriormente dei criteri nella fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni rispetto al lavoro previsto nella formulazione prevista nel disegno di legge, che scongiurino il rischio che prima ho definito di una determinazione ragionieristica di questi Livelli essenziali.
  Per quanto riguarda il riferimento al passaggio procedurale delle deliberazioni parlamentari, io sono convinto – con lei, immagino – che bisogna precisare e rafforzare il ruolo del Parlamento nel percorso di definizione delle intese. Dalla lettura del disegno di legge e dalle rassicurazioni che ci sono state da parte del ministro Boccia in numerose dichiarazioni è evidente che il ruolo del Parlamento nella determinazione delle intese non sarà un ruolo soltanto consultivo. Questo il Ministro lo ha chiarito. A mio avviso può essere ulteriormente precisato. Invece la riflessione più generale – che incrocia quello che diceva l'onorevole Ruggiero – è che noi avviamo questo percorso in un quadro di attuazione soltanto parziale del federalismo fiscale, ai sensi dei diversi commi dell'articolo 119 della Costituzione. Questo significa che questo percorso va accompagnato rendendolo maggiormente coerente con un disegno di sistema. Pag. 9
  Rispondo all'onorevole Ruggiero su un punto che io ho molto a cuore, anche per la mia attività precedente. Io sono convinto che nel calcolo dei divari territoriali abbiamo la necessità di fare riferimento a un universo di risorse pubbliche più ampio di quelle che riguardano la spesa regionalizzata dello Stato, ai sensi di quello che ci dice la Ragioneria. Tutto questo è abbastanza evidente. Tuttavia questo non significa che si può operare una perequazione in via normativa di questo universo di risorse pubbliche che riguardano anche le società partecipate, in particolare quelle locali. Noi arriviamo a una sostanziale perequazione solo attraverso un percorso di sviluppo, perché l'impiego di quelle risorse e di quelle attività delle partecipate locali dipende anche dal livello di attività economica dei territori. Quindi questo è un lavoro che va integrato. La questione dei 60 miliardi, emersa nella discussione pubblica, non si fa attraverso una perequazione con un tratto di penna: si può realizzare soltanto attraverso l'attivazione di un processo di sviluppo. Quindi noi abbiamo l'esigenza di dare una base di garanzia che riguarda la fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, poi fare tutto un lavoro che è in capo anche al mio Ministero, ma a tutto il Governo, di sviluppo e coesione che faccia crescere l'attività economica, produttiva e delle domande sociali maggiori che possano spingere l'emersione di questa spesa a cui calibrare i bisogni. Quello non si realizza con un tratto di penna.
  Vado sulle ZES, ma finisco con l'onorevole Ruggiero rispetto al tema delle infrastrutture sociali. Per infrastrutture sociali non c'è una definizione normativa, c'è una definizione che riguarda la letteratura scientifica, ma io potrei molto banalmente riferirmi a tutte quelle infrastrutture che riguardano i servizi finalizzati al soddisfacimento dei bisogni sociali: dagli asili alle scuole, ai centri di assistenza, di cura, agli ospedali. Ci riferiamo a questo con «infrastrutture sociali». Poiché io sono sensibile, anche per ragioni personali venendo da un piccolo paesino, al tema che lei ha posto e che ritengo sia una delle chiavi di lettura oggi dei temi non solo dello spopolamento ma proprio dei divari territoriali, cioè dei piccoli comuni: noi in legge di bilancio abbiamo istituito proprio un fondo di sostegno alle infrastrutture sociali con 300 milioni per i piccoli comuni, in particolare al Sud, proprio per provare a colmare questi divari, introducendo – credo sia la prima volta nel nostro ordinamento – un criterio di ripartizione inversamente proporzionale alla popolazione di residenza. Secondo me questa è una questione molto importante.
  Sono d'accordo con l'onorevole Cattaneo, che pone il tema dell'efficienza. Sono convinto – e lo dico dalla prospettiva meridionalista – che in particolare al Sud gli sprechi e le inefficienze, che ci sono in tutto il Paese, siano due volte più gravi, perché è un'area che ha più bisogno di intervento pubblico, e che vadano duramente combattuti. Però abbiamo l'esigenza di inserire dei parametri per valutare questa efficienza. Uno dei parametri è proprio la fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni: Livelli essenziali delle prestazioni calcolati a costi standard, non solo un costo standard, come l'abbiamo conosciuto fin qui, legato alla definizione di un fabbisogno finanziario che cristallizzava situazione, ma dei costi standard combinati con un fabbisogno di servizi legati ai diritti sociali che insieme costituiscono dei Livelli essenziali delle prestazioni, che diventano un parametro di misurazione dell'efficienza di tutti, al Nord e al Sud. Questo mi sembra uno dei parametri oggettivi, perché poi anche in questa discussione, come lei lamentava il fatto che ci sia molta retorica, anche un po’ rivendicazionista, sulle risorse, io temo che, in assenza di parametri oggettivi, vi sia una speculare retorica sull'efficienza che poi è difficile da misurare. Quindi questo percorso secondo me dovrebbe andare nella direzione di dire quali sono i criteri oggettivi di efficienza.
  Vengo alle ZES siciliane. La Sicilia è stata l'ultima Regione che ha avanzato la proposta di Piani di sviluppo strategico per le zone economiche speciali, sono arrivate al Ministero di fatto ai primi di settembre. Si è avviata un'istruttoria che riguarda la Pag. 10Sicilia, ma ha riguardato tutte le altre Regioni, che è diventata un po’ più lunga perché questo strumento delle ZES, a mio avviso, per come è stato concepito fin qui, si è discostato dalla missione originale. La missione delle ZES non è quella di fare una politica di sviluppo territoriale, ma di creare delle aree che attraggano grandi investimenti soprattutto esteri, quindi dovranno essere il più possibile concentrate queste zone economiche speciali nelle aree retroportuali, invece sono state piegate nei Piani di sviluppo strategico, di tutte le Regioni meridionali, a una logica distributiva di sviluppo territoriale, in cui sono state inserite aree il cui nesso funzionale con i porti previsti è tutto da verificare. Noi stiamo facendo, con grandi margini di tollerabilità, una valutazione di questi nessi funzionali con le varie aree. Abbiamo già riunito la cabina di regia sulle ZES e stiamo accelerando il più possibile. Io spero che i primi mesi dell'anno prossimo arriveremo anche alla definizione delle zone economiche speciali al Sud. Proprio per questo in legge di bilancio abbiamo individuato anche un percorso di semplificazione in cui lo Stato centrale, il Governo si assume la responsabilità, attraverso dei commissari, anche perché la governance delle ZES fin qui è stata demandata esclusivamente all'Autorità portuale, che svolge un ruolo importantissimo, ma che è diverso rispetto a quello dell'attrazione degli investimenti. Ha già un onere di lavoro non indifferente e a quello, a mio avviso, bisogna che si dedichi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il signor Ministro per la disponibilità. Non essendoci altre domande, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9,25.