Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, nell'ambito dell'esame, in sede referente, dei progetti di legge C. 476 Ascani, C. 1099 Quartapelle Procopio e C. 2165, di iniziativa dei senatori Marcucci ed altri, senatori Montevecchi ed altri, approvata in un testo unificato, dal Senato, recanti ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Grande Marta , Presidente ... 3
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo ... 3
Grande Marta , Presidente ... 5
Formentini Paolo (LEGA) ... 5
Piccoli Nardelli Flavia (PD) ... 5
Grande Marta , Presidente ... 6
Lupi Maurizio (Misto-NI-USEI-C!-AC) ... 6
Ribolla Alberto (LEGA) ... 7
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI) ... 7
Patelli Cristina (LEGA) ... 8
Comencini Vito (LEGA) ... 8
Grande Marta , Presidente ... 9
Patelli Cristina (LEGA) ... 9
Grande Marta , Presidente ... 9
Patelli Cristina (LEGA) ... 9
Grande Marta , Presidente ... 9
Quartapelle Procopio Lia (PD) ... 9
Grande Marta , Presidente ... 9
Quartapelle Procopio Lia (PD) ... 9
Grande Marta , Presidente ... 9
Billi Simone (LEGA) ... 9
Grande Marta , Presidente ... 10
Franceschini Dario (PD) , Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo ... 11
Grande Marta , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTA GRANDE
La seduta comincia alle 14.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, nell'ambito dell'esame, in sede referente, dei progetti di legge C. 476 Ascani, C. 1099 Quartapelle Procopio e C. 2165, di iniziativa dei senatori Marcucci ed altri, senatori Montevecchi ed altri, approvata in un testo unificato, dal Senato, recanti ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, nell'ambito dell'esame, in sede referente delle abbinate proposte di legge C. 476 Ascani, C. 1099 Quartapelle Procopio e C. 2165 di iniziativa dei senatori Marcucci ed altri, senatori Montevecchi ed altri, approvata in un testo unificato dal Senato, recanti ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005, di cui sono relatrice.
Ricordo che l'esame in sede referente ha avuto inizio il 6 novembre scorso. Con l'audizione odierna si conclude il ciclo istruttorio richiesto dalla III Commissione, cui hanno autorevolmente contribuito il professor Grassigli, ordinario di archeologia classica presso l'Università degli studi di Perugia, Maurizio Di Stefano, Presidente emerito di ICOMOS Italia, e il professor Volpe, ordinario di archeologia presso l'Università degli studi di Bari.
Prima di dare la parola al Ministro, do il benvenuto anche ai colleghi componenti della VII Commissione Cultura, competente all'espressione di un parere sui provvedimenti in titolo che sarà assai rilevante ai fini del prosieguo dell'iter.
Ringrazio il Ministro Franceschini per la Sua disponibilità a contribuire ai nostri lavori e gli do la parola chiedendo ai colleghi di far pervenire le richieste di intervento. Grazie.
DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Grazie, presidente. Molto brevemente, la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale è stata sottoscritta il 27 ottobre 2005. Era il frutto dei ragionamenti della comunità internazionale del Consiglio d'Europa, dando seguito al processo avviato dopo la guerra nell'ex Jugoslavia. La Convenzione ha quattro elementi che, ad avviso del Governo, rafforzano le misure di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale. In primo luogo, c'è una nozione molto ampia di patrimonio culturale, sia sulla parte materiale sia sulla parte immateriale della cultura della tradizione, che si è molto rafforzata nel dibattito culturale di questi anni e anche nell'attività dell'UNESCO rispetto a quando questo percorso è partito. In particolare, la parte relativa al patrimonio Pag. 4 materiale, ponendo attenzione non solo al patrimonio, ma anche alla collettività che deve fruirne, secondo la logica dell'introduzione di una specie di diritto al patrimonio culturale.
Terzo punto. C'è l'idea di comunità formata attorno al patrimonio e quindi di una loro partecipazione attiva per prendersi cura del patrimonio stesso che in buona parte, soprattutto nel nostro Paese, è un pezzo dell'identità locale.
Poi vi è lo sforzo di andare verso la costruzione dell'idea di un patrimonio culturale europeo. Sono tutti elementi, anche da questa semplice descrizione dei titoli, che sono in linea con quello che l'Italia sta facendo da anni sul tema del patrimonio culturale e devo dire con una sostanziale continuità tra l'azione dei Governi di diverso colore che si sono succeduti alla guida del Paese. Ci sono state scelte politiche, gestionali o specifiche, diverse, ma dalla Costituzione in poi nessuno ha mai messo in discussione il nostro ruolo di guida, di leadership, di volontà di tutela del patrimonio culturale del Paese e anche di un'azione internazionale coerente con questi princìpi costituzionali del nostro Paese rispetto ai diversi organismi internazionali. Va ribadito – perché ho letto dei dubbi – che la Convenzione non determina nessuna sostituzione né cancellazione delle norme vigenti in Italia. Anzi, anche la definizione del patrimonio culturale si affiancherà alle tante definizioni che già esistono e che sono molto vicine tra loro, ma non sovrapponibili esattamente. Basti pensare alle varie Convenzioni dell'UNESCO. Soprattutto non crea nessun problema rispetto alle definizioni che sono stabilite nel nostro ordinamento dal Codice dei beni culturali. Semmai questi elementi portano a dire e a farsi delle domande sul perché è passato tanto tempo. L'Italia è entrata in un secondo tempo tra i Paesi che hanno firmato. Al momento, dei venticinque che hanno firmato, diciannove hanno già ratificato. L'Italia non lo ha ancora fatto, il percorso di ratifica è andato lentissimo. Come ricordato, il percorso della Convenzione è partito nel 2005, il processo di ratifica nel 2010, ma ha subito varie vicissitudini e rallentamenti – io dico in qualche misura inspiegabilmente – forse perché il tema non è stato ritenuto – sbagliando – troppo rilevante, e si è perso nei percorsi delle diverse legislature.
In realtà qui siamo all'ultimo passaggio dopo l'approvazione del Senato.
Io penso che se ci sono dei dubbi, vanno sgombrati. Ripeto i concetti con la stessa brevità.
Non ci deve essere nessuna paura di importare una definizione sovranazionale di patrimonio culturale, che verrebbe accolta nel nostro ordinamento senza cancellare, ma anzi, integrandosi con tutte le definizioni già esistenti. Non sono fondate le preoccupazioni che possa andare in contrasto con il citato Codice. Non sono nemmeno fondati i timori che possa danneggiare le professioni più tradizionali, perché semmai si aggiungono professioni nuove. Ma nessuno potrà mai sostituire con professioni nuove che peraltro – Convenzione o no – costantemente si creano in un mondo come quello della cultura, che si arricchisce sempre di più di spazi, di gestione, di interesse e di crescita, anche di imprese legate al settore. Non si sostituiscono le professioni storiche di archeologi, architetti, archivisti e bibliotecari. Semmai può rafforzare professioni nuove, integrative, non sovrapponibili.
Soprattutto, nella Convenzione si afferma il principio della partecipazione attiva da parte delle comunità, chiamata in un modo diverso come spesso capita nel linguaggio delle Convenzioni internazionali rispetto al termine che si usa quotidianamente nell'ordinamento nazionale. Però è in linea con quello che da tempo si cerca di fare ed è sollecitato da molte forze politiche. In qualche modo c'è l'apertura al privato, il coinvolgimento delle comunità di cittadini nella gestione dei siti, in un'integrazione pubblico-privato che il nostro ordinamento prevede già nelle fondazioni del nostro Codice dei beni culturali e nelle fondazioni di partecipazione che abbiamo cercato di sviluppare negli ultimi anni cercando di mettere a bando, riservato ad associazioni no profit, siti minori che lo Stato non era in grado di tenere aperti in Pag. 5modo sufficiente o che erano trascurati. Quel bando aveva prodotto risultati relativi, ma vanno nella direzione di coinvolgere le comunità locali.
Aggiungo un ultimo elemento, che sta proprio in linea con la filosofia del nostro Paese: molti di voi ricorderanno che dopo il terremoto dell'Italia centrale si è trattato di salvare, sottrarre dalle macerie le opere d'arte delle chiese, dei palazzi; tante opere d'arte che adesso sono ricoverate in alcuni luoghi in cui sono in corso i restauri. Quando quelle opere sono state sottratte dalle macerie, i sindaci dei comuni coinvolti, in modo molto determinato, si sono attivati temendo, come è capitato altre volte nella storia del nostro Paese, che le opere non andassero via temporaneamente per un ricovero, per un restauro, ma che, una volta andate via, non tornassero più.
Ci si chiede come mai una comunità locale si attivi così attorno ad un quadro, ad una statua, ad un crocifisso: perché sono pezzi dell'identità locale di cui le comunità italiane sono giustamente orgogliose. È molto importante che l'identità locale, territoriale, passi attraverso una corrispondenza, un legame con il patrimonio culturale del proprio territorio. Quindi la partecipazione attiva valorizza questo schema e sta dentro la Convenzione di Faro.
Io spero che il nostro Parlamento, la Camera nello specifico, approvi definitivamente la ratifica, allineandoci, sia pure in ritardo, con i diciannove Paesi che lo hanno già fatto.
PRESIDENTE. Grazie, ministro. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Formentini.
PAOLO FORMENTINI. Grazie, presidente. Signor Ministro, ho ascoltato con attenzione, però non ha fugato i nostri dubbi. Come Lega abbiamo sollevato già al Senato il problema che si pone o si porrebbe, qualora una minoranza organizzata ritenesse lesivo del proprio credo o dei propri diritti una qualche parte del nostro patrimonio artistico.
Avevo fatto l'esempio del famoso quadro di Maometto torturato dai demoni nella Cattedrale di San Petronio a Bologna. Lei, che è emiliano, si preoccupa che possa succedere quello che noi denunciamo, ovvero che, ad esempio, una minoranza islamica in Italia chieda che questa opera sia coperta e quindi non più fruibile? Lo stesso, secondo Lei, potrebbe accadere anche con la Divina Commedia? Ricordiamo che in numerosi Paesi islamici la Divina Commedia è vietata, in alcune parti o nella sua totalità, come è vietata addirittura la commercializzazione. Questa è la domanda. Noi ci siamo già spesi al Senato, come Le dicevo, è stata anche posta una condizione da parte della Commissione Affari costituzionali, poi recepita dal presidente Stefano Borghesi. Tale condizione recitava: «dall'applicazione della Convenzione non possono derivare limitazioni rispetto ai livelli di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale garantiti dalla Costituzione e dalla vigente legislazione in materia.» Grazie.
FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Presidente, per noi in Commissione Cultura questa ratifica della Convenzione di Faro è un passaggio particolarmente significativo e importante. Dal nostro punto di vista è una sequenza importante che è partita addirittura dal 1954 e ha visto il Consiglio d'Europa via via impegnato circa ogni dieci anni in un ripensamento e in un allargamento della concezione del patrimonio culturale europeo. Quindi è particolarmente importante come punto d'arrivo. Siamo passati da una concezione che, alla fine del secondo conflitto mondiale, vedeva l'Europa in condizioni disastrose per quanto riguardava il patrimonio materiale a una tutela e a una valorizzazione sempre maggiore di quei concetti che noi ormai consideriamo come punti fondamentali nel nostro rapporto con i beni culturali; fino ad arrivare, con la Convenzione di Faro – il Ministro sa bene quanto sia importante per noi – all'ultimo punto, che è l'idea della fruizione del patrimonio culturale che noi dobbiamo garantire ai nostri concittadini. Ecco perché, dal nostro punto di vista, occorre soffermarci soprattutto su questo punto, su Pag. 6come la fruizione diventi uno di quei diritti di seconda generazione, che però sono importantissimi per i diritti di cittadinanza completa. Io ritengo molto importante che questa ratifica sia condivisa all'interno di Commissioni che si occupano di argomenti diversi, ma che concordano sull'idea che l'importanza del patrimonio culturale è davvero alla base di un principio di democrazia di fondo. Da questo punto di vista diventa importantissima anche l'idea dell'eredità di comunità di cui ha parlato il Ministro, cioè di questo senso fortissimo di identità che si costruisce intorno al patrimonio culturale.
Quindi la richiesta alla Commissione esteri, naturalmente, è soltanto di accelerare il più possibile il processo di ratifica e, semmai ci fossero ulteriori dubbi, di trovare il modo di fugarli con l'aiuto di audizioni mirate. Ringrazio il Ministro per la Sua di oggi.
PRESIDENTE. Per chiarire su questo punto, segnalo che abbiamo già svolto tutte le audizioni richieste. Do ora la parola al collega Lupi.
MAURIZIO LUPI. Ringrazio anch'io il Ministro per la Sua presenza. Al di là – credo come farà poi nella replica – di fugare gli ulteriori dubbi o le domande come quella del collega Formentini sull'applicazione, la Sua presenza sottolinea l'importanza che questa Convenzione ha e che anch'io condivido. Basterebbe semplicemente andare a vedere, come io ho cercato di fare, alcuni passaggi sia del preambolo sia degli obiettivi e dei princìpi che questa Convenzione porta avanti. Tra l'altro che sia il Consiglio d'Europa ad aver voluto questa Convenzione e quindi a farla condividere dai Paesi che l'hanno sottoscritta mi sembra un passaggio di convinzione, coesione e anche riconoscimento del valore e della funzione che ha il patrimonio culturale. Il patrimonio culturale – voglio sottolinearlo – nella sua integralità. L'Europa ha una sua identità ben precisa, ha dei valori ben definiti e l'arte e il patrimonio culturale sono l'espressione viva e vivente, ancora oggi, di questa identità. Non ci sarebbero né i dipinti né i crocefissi o le chiese, se non ci fosse l'identità, la storia che li hanno generati:
laddove nel preambolo si dice che si è convinti della fondatezza dei princìpi di quelle politiche per il patrimonio culturale, delle iniziative educative che trattano equamente tutte le eredità culturali promuovendo così il dialogo fra le culture e le religioni; anche laddove, tra gli obiettivi della Convenzione, si riconosce che il diritto all'eredità culturale è inerente al diritto a partecipare alla vita culturale.
Ci sarà una ragione se in alcuni regimi la prima cosa che accade è distruggere un patrimonio culturale. Le ideologie, qualunque esse siano, prendono di mira il patrimonio culturale perché esso, volenti o nolenti, oggi è il segno vivente di quell'identità. Parla molto di più di quanto potremmo parlare noi. La distruzione di Palmira, la distruzione di alcuni segni importanti nella storia di diverse realtà culturali vanno in questa direzione e allora iniziare a sottolineare come il principio educativo e l'eredità culturale siano la base di qualsiasi convivenza secondo me è un passaggio assolutamente importante.
Infine, all'articolo 3 leggo: «tutte le forme di eredità culturale dell'Europa costituiscono nel loro insieme una fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione, creatività»;
penso alle tante battaglie in comune che abbiamo fatto anche con gli amici della Lega riguardo, per esempio, ai segni che sono nel nostro Paese, ai crocefissi nelle scuole, alla presenza di opere d'arte che parlano di tutta la nostra tradizione, dell'identità e della storia religiosa e culturale cristiana. Io credo – e concludo – che un riconoscimento da parte del Consiglio d'Europa e la ratifica anche dell'Italia – spero con la condivisione di tutti – possano farci fare un grande passo avanti.
È ovvio – mi sembra che sia così nelle parole del Ministro, ma mi piacerebbe anche comprendere e sapere la risposta alle osservazioni fatte prima dal collega della Lega – che tutto questo deve valorizzare l'iniziativa del nostro Paese, non eliminarla. Anzi, noi dobbiamo essere protagonisti Pag. 7 e quindi da questo punto di vista anch'io auspico che ci possa essere una rapida ratifica di questa Convenzione, ma anche una risposta ai dubbi che sono stati evidenziati.
ALBERTO RIBOLLA. Ringrazio anch'io il Ministro per la partecipazione a questa audizione. Io mi accodo agli interventi dei colleghi Formentini e Lupi e ai dubbi che la Lega ha in merito alla ratifica di questa Convenzione del Consiglio d'Europa proprio perché, tra l'altro, all'articolo 4 questa Convenzione prevede che le Parti riconoscano che l'esercizio del diritto all'eredità culturale possa essere soggetto a delle limitazioni per la protezione degli altrui diritti. Noi siamo molto preoccupati che queste limitazioni – come ha ben detto il collega Formentini – possano riguardare alcune minoranze e possano provocare la copertura o la censura di alcune opere d'arte proprio per motivi religiosi o visioni ideologiche differenti.
Provenendo, poi, questa Convenzione dal Consiglio d'Europa, di cui sono membro, e conoscendo, peraltro, anche le visioni che spesso accompagnano gli interventi dei colleghi in sede di Consiglio d'Europa, mi preoccupa ancor di più che questa Convenzione possa davvero ledere la nostra identità culturale.
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE. Volevo associarmi alle perplessità, peraltro espresse garbatamente e in punta di piedi proprio perché non vi è nulla di strumentale. Il combinato disposto dell'articolo 4, lettera c), dell'articolo 7, lettera b) e, in ultimo, dell'articolo 16 evidenzia che, in base alla Convenzione di Faro, in una maniera o nell'altra il patrimonio storico culturale artistico deve trovare mediazione: ebbene, io credo che nessuna nazione debba trovare mediazioni sul proprio patrimonio storico, culturale e artistico. Non riesco a capire quali limitazioni – leggo – «debbano essere necessarie in una società democratica sulla fruizione del patrimonio artistico». Proprio concettualmente non capisco come su un patrimonio artistico debbano esserci limitazioni.
Ancor meno capisco – ma su questo c'è evidentemente un difetto di comprensione mia, perché sono un retrogrado sovranista – come potrebbero limitare i diritti altrui. Devo dire, da avvocato, che sono certo che non limitino alcun diritto. Con preoccupazione devo però pensare che in Italia il diritto sia sempre più una materia elastica e per diritto si intendono ormai anche, al più, interessi.
All'articolo 7, lettera c), dopo questo cappello introduttivo – che mi trova culturalmente assolutamente avverso e contrario perché non limito il mio patrimonio culturale, il mio patrimonio culturale non deve essere oggetto di mediazione culturale e ancor meno deve essere limitato – si prevede che «si stabiliranno procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove valori contraddittori siano attribuiti allo stesso patrimonio culturale da comunità diverse».
La collega Boldrini avrà tempo sicuramente di intervenire dopo e spiegare a un retrogrado cosa abbiano partorito le menti illuminate, ma il retrogrado sa che in questa nazione – collega Boldrini, dato che a lei fa ridere – quando ospitiamo Rouhani dell'Iran ai Musei Capitolini mettiamo il velo sui nudi con un provincialismo inaccettabile, un atteggiamento da sottomissione che fa ridere i polli: quello sì che fa ridere me e non lei che ride del mio intervento! Quando viene un Presidente dell'Iran in Italia e noi oscuriamo i Musei Capitolini, io lo trovo di un provincialismo incredibile, è un atteggiamento che non è accondiscendente, ma da sottomissione. Quello mi fa ridere, e sbeffeggiare chi mette in pratica queste operazioni.
Però, per tornare al tema – dato che la collega Boldrini rideva, anch'io ho ricordato un momento in cui culturalmente ho riso – se quella è la premessa e poi noi parliamo di procedimenti di conciliazione, evidentemente il tema c'è. Anzi, direi che al di là di una serie di petizioni di principio decisamente importanti e sottoscrivibili – troppo sottoscrivibili perché assolutamente trasversali e direi quasi banali – la grande innovazione nella gestione del patrimonio Pag. 8culturale sottesa alla Convenzione di Faro è proprio questa:
noi culturalmente riteniamo di dover mediare sul nostro patrimonio culturale, stabiliamo e procedimentalizziamo la mediazione con una procedura di conciliazione che io conoscevo nel diritto del lavoro quando si andava alla Camera del Lavoro perché c'erano dei contenziosi, ma non credo che il nostro patrimonio culturale sia soggetto a contenziosi.
In ultimo – e termino – mi fa proprio ridere anche il meccanismo di monitoraggio, che sembrerebbe introdurre un inquietante «grande fratello» orwelliano sul monitoraggio di quelle opere che potrebbero gettare scandalo oppure offendere l'altrui sensibilità.
Se questi sono i passaggi salienti della Convenzione di Faro – e mi sembra che lo siano perché tutti gli altri passaggi sono petizioni di principio che da SEL a Fratelli d'Italia possiamo tutti sottoscrivere e quando sono così trasversali rischiano di essere banali, scontati e di non aggiungere nulla – evidentemente non è una perplessità folle chiederci cosa per davvero può essere sotteso a questa Convenzione.
Allora, Ministro, ci aiuti a diradare queste nostre perplessità perché se non si diradano, le posso garantire che noi – e termino e non rubo altro suo preziosissimo tempo – pur solo con il legittimo dubbio non fugato, non possiamo sottoscrivere una Convenzione che mi parla di mediazione rispetto al mio patrimonio culturale e che mi parla di procedimentalizzazione delle negoziazioni con le minoranze per il mio patrimonio culturale e che termina, con l'articolo 16, mettendo in campo il «grande fratello» orwelliano che monitora e vigila sul mio patrimonio culturale.
Non c'è nulla da monitorare sul mio patrimonio culturale e se qualcuno si offende, abbia la decenza di fare un'operazione veramente semplicissima, Ministro. Provo a fargliela vedere, guardi. Se uno si offende, Ministro, al posto di iniziare questa terribile mediazione, sa cosa può fare? Chiudere gli occhi. È un diritto anche chiudere gli occhi e non imporre mediazioni rispetto al mio patrimonio culturale.
CRISTINA PATELLI. Vorrei fare un appunto.
Una cosa che mi lascia molto perplessa è che nella traduzione della Convenzione dall'inglese all'italiano della versione che abbiamo qui davanti c'è scritto che è una traduzione non ufficiale.
Dal momento che siamo in una Commissione e dobbiamo decidere su dei testi che siano corrispondenti a quelli ufficiali, chiederei quantomeno che la traduzione fosse ufficiale anche perché ci sono dei termini, in particolare cultural heritage, che a seconda di come viene tradotto hanno dei significati molto diversi. Grazie.
VITO COMENCINI. Io volevo collegarmi a quello che è già stato detto dai colleghi su questo articolo 4 e su queste limitazioni. Inoltre, nell'articolo 16 si parla appunto di un comitato che dovrebbe essere nominato e che dovrebbe quindi andare a verificare quando eventualmente mettere queste limitazioni, come metterle e così via.
Le perplessità vengono ancora di più nel momento in cui appunto c'è un comitato e non è chiaro quale sarà il modo di valutare questi aspetti e cosa si intende per diritti e libertà altrui. I diritti dovrebbero essere uguali per tutti e la libertà deve essere garantita a tutti nei limiti della legge, ma cosa vuol dire diritti e libertà di tutti? Viene chiaramente ancora di più il dubbio che questo paventato interesse pubblico possa essere storpiato e utilizzato per mettere in atto una censura nei confronti della nostra cultura e dei nostri elementi che sono legati ad aspetti importanti della nostra storia.
Alcuni li ha citati il collega Formentini, io mi permetto di fare qualche altro esempio, e se ne potrebbero fare migliaia. Io vengo da Verona e nella basilica di Sant'Anastasia, nella cappella Giusti, c'è un timone che è stato portato dalla battaglia di Lepanto: è un ricordo importante perché richiama quella battaglia in cui molti uomini della Repubblica Serenissima e anche di Verona – per questa ragione si trova a Verona – hanno combattuto in quella battaglia, sono morti e hanno difeso l'Europa.
Credo sia logico e normale che qualcuno potrebbe non apprezzare questo aspetto Pag. 9dal punto di vista culturale o dal punto di vista dei suoi diritti e della sua libertà e di un interesse pubblico che va al di sopra della libertà dei cristiani in questo caso, o dei cattolici che dir si voglia, che invece vedono quello come un simbolo importante dal punto di vista storico, ma anche religioso. Ricordo che nella battaglia di Lepanto c'è stato anche un intervento, per chi ci crede, miracoloso da parte di un Papa. Questo vuol dire che il comitato, in base all'articolo 4, potrebbe anche valutare che quell'elemento potrebbe non andare bene – questa basilica tra l'altro è utilizzata non solo come luogo religioso, ma anche come museo – perché tocca la sensibilità dei turchi che vengono in visita a Verona o di comunità islamiche qui presenti, o magari in Europa – perché questo trattato andrebbe comunque a coinvolgere anche tutta l'Europa – un domani ci saranno Paesi che si apprestano a entrare dove c'è una maggioranza islamica che potrebbe sentirsi lesa nella sua libertà, nei suoi diritti, nel suo interesse pubblico da questo punto di vista. Quindi non credo che sia tutto bello e roseo quello che viene introdotto da questa Convenzione. Invece vanno chiariti i motivi per cui ci sono Paesi che non hanno ancora ratificato come la Grecia, o Cipro, la cui metà del territorio è occupata dai turchi stessi e sappiamo quello che è successo nelle sue acque anche in queste settimane da parte del Governo turco. Non aggiungo altro per non uscire dal tema, però è evidente che la questione sia molto più delicata del dire semplicemente «è qualcosa che valorizza in generale la cultura», ci vuole molta più attenzione.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Billi, vorrei puntualizzare quanto sottolineato dalla collega Patelli rispetto alla traduzione: per una proposta di legge parlamentare può anche essere non ufficiale, perché è il singolo parlamentare che deposita una versione. Laddove esistano delle discrepanze, fa fede quella siglata dal Governo, quindi in lingua originale.
CRISTINA PATELLI. Tanto per capire, quindi lo leggiamo in inglese? O in francese?
PRESIDENTE: Se c'è una discrepanza, fa fede il testo originale in inglese e francese.
CRISTINA PATELLI. Sì, va bene. Però visto che c'è la traduzione in italiano e qui stiamo discutendo in italiano, mi sembrava abbastanza logico che ci fosse una traduzione ufficiale. Poi per carità...
PRESIDENTE. Dal Governo arriva una traduzione ufficiale, al parlamentare viene richiesta una traduzione, che può anche essere non ufficiale.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Siccome io sono presentatrice di una delle proposte in esame, la mia, per esempio, potrei essermela tradotta io. Quindi non è ufficiale la mia proposta di legge. Quando andremo ad approvare il testo definitivo, approveremo il testo della Convenzione nella traduzione ufficiale del Governo. Ma il testo della mia proposta di legge, siccome l'ho presentata io, non necessariamente coincide con il testo ufficiale della Convenzione.
PRESIDENTE. Non è tradotto ufficialmente e quindi fa fede...
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Fa fede il testo ufficiale e non il testo del singolo parlamentare.
PRESIDENTE. Onorevole Billi, prego.
SIMONE BILLI. Grazie, Ministro Franceschini, per la Sua disponibilità oggi a seguire questo dibattito in Commissione Affari esteri. Volevo testimoniare, essendo segretario della delegazione italiana al Consiglio d'Europa, come spesso al suo interno prevalgano delle forze che non sono e non vanno a favore degli interessi nazionali, ma sono piuttosto forze globaliste. Quindi noi in Consiglio d'Europa facciamo un'opera di controllo, monitoraggio e una rilevante Pag. 10azione politica per cercare di affermare gli interessi italiani – e mi permetta di dire anche europei – in un consesso che molto spesso va in un'altra direzione.
È assolutamente giusto promuovere e valorizzare la cultura, su questo penso che nessuno possa avere dubbi. È assolutamente giusto, però, dal mio punto di vista, signor Ministro Franceschini, anche promuovere la cultura che esalta le identità locali. Non promuovere una cultura globalista uguale per tutti. È assolutamente fondamentale, secondo me, promuovere quella cultura delle identità locali che è propria sia dell'Europa sia, soprattutto, dell'Italia.
Per esempio, io vengo da Firenze, dalla Toscana: la cultura che c'è a Firenze, la cultura di Pisa, di Siena, di Grosseto... La cultura della regione Toscana rispetto alla cultura della regione Lombardia o della regione Calabria o Sicilia. La cultura dell'Italia, se la vogliamo vedere al di fuori dei nostri confini nazionali, rispetto alla cultura francese o tedesca. Sono tutte culture che vanno esaltate, nessuna cultura è inferiore a un'altra. Sono tutte culture assolutamente importanti perché come diceva il grande Oscar Wilde: «siamo ciò che saremo non meno di ciò che siamo stati». Quindi la cultura è importante non solo per ricordarsi quello che siamo stati, ma anche per sapere quello che siamo stati e poter affrontare con più forza e coraggio il futuro. Quindi, signor Ministro Franceschini, io dico innanzitutto che una delle grandi forze dell'Italia è l'identità delle diverse culture e delle diverse tradizioni. La storia della cultura italiana, la storia delle regioni, delle città, la storia locale italiana va assolutamente esaltata, come vanno esaltate le storie locali dell'Europa.
La cultura può essere anche un volano della ripresa economica e questo, secondo me, è fondamentale. L'Italia, l'Europa e anche il mondo intero sta passando un periodo di economia stazionaria o stabile. In Italia di sicuro si può parlare molto più francamente di crisi economica. A livello globale forse si può dire che c'è una certa stabilità, una certa regolarità. Quello che voglio dire, Ministro Franceschini, è assolutamente un chiaro no alla cultura globalista. Anche la cultura deve avere le sue libertà. Come già hanno ribadito altri miei colleghi, in questa Convenzione ci sono diverse cose che lasciano non solo perplessi, ma io oserei dire anche esterrefatti. Come già menzionato, l'articolo 4 accenna alle libertà, alle mediazioni e alle limitazioni che possono essere poste in essere in ambito culturale. Ma quale libertà, quali mediazioni, quali limitazioni dobbiamo avere riguardo alla nostra cultura? Ministro Franceschini, faccio solo un esempio, sulla Divina Commedia:
il Canto XXVIII de l'Inferno descrive Maometto che viene colpito con la spada. Questa è la nostra cultura, non vuole offendere nessuno. Però c'è qualcuno che vuole addirittura abolire dal nostro bagaglio culturale la Divina Commedia o le frasi offensive contro qualcuno. Questo non è possibile! Ogni cultura va rispettata nella sua indipendenza e nella sua libertà. Chiaramente nessuna cultura vuole offendere un'altra cultura o un altro popolo, ma vuole di sicuro essere libera e indipendente.
Ministro Franceschini, io penso che il patrimonio culturale della nostra nazione, ma anche quello del nostro continente, della nostra Europa, debba rimanere libero da ogni vincolo. La cultura non può essere né mediata, né limitata e non può avere una libertà sottoposta a mediazioni. Manteniamo il patrimonio culturale libero. Questa Convenzione, secondo me, non va in questa direzione. Questa Convenzione afferma di sicuro dei diritti giusti e dei valori globali, ma ci sono diversi dettagli, come già dicevo, che pongono delle ombre oscure su quello che potrebbe succedere in futuro se la ratificassimo. Quindi è assolutamente da ripensare, da ridiscutere. Secondo me bisognerebbe anche ridiscuterne al Consiglio d'Europa e poi eventualmente, con le dovute modifiche, approvarla. Modifiche che devono andare nell'ottica di una cultura libera e senza limitazioni e mediazioni.
PRESIDENTE. Grazie. Non ho altri iscritti a parlare da parte dei colleghi, quindi darei la parola al Ministro in sede di replica.
Pag. 11DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Grazie, presidente. Il dibattito è molto interessante, anche se io vorrei che il tema della ratifica della Convenzione di Faro venisse affrontato in qualche misura fuori dagli attuali schieramenti, anche perché il testo è stato firmato dall'Italia nel febbraio del 2013 e quindi in un momento in cui il Governo era di tutt'altro tipo. Anzi, quello era un Governo sostenuto dal 90 per cento circa delle forze allora presenti in Parlamento. In secondo luogo, rispetto a questi timori che io vorrei davvero fugare – capisco che siamo in un sistema bicamerale, alcune forze hanno già votato contro al Senato, quindi ci sta tutto, ovviamente – segnalo che la Convenzione è stata ratificata da un elenco molto lungo di Paesi, alcuni dei quali hanno un'orgogliosa identità nazionale, forse molto più di noi: Armenia, Austria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Finlandia, Georgia, Ungheria, Lussemburgo, Montenegro, Norvegia, Macedonia del Nord, Moldavia, Portogallo, Serbia, Repubblica Slovacca, Slovenia, Svizzera, Ucraina. Non mi pare che questi Paesi abbiano pensato di svendere la loro identità nazionale ad una pericolosa Convenzione globalista! Non è così e lo vorrei dire con molta chiarezza, rispondendo alle obiezioni esposte per primo dall'onorevole Formentini e poi ribadite da altri. Non c'è nessun rischio che attraverso la Convenzione – che peraltro non va oltre i nostri princìpi costituzionali, che sono intoccabili – una minoranza possa bloccare i diritti della maggioranza. Non c'è da nessuna parte, tant'è vero che nel disegno di legge di ratifica, proprio per fugare questo dubbio, è stato inserito all'articolo 3, comma 2, esattamente quello che veniva richiesto, ovvero: «dall'applicazione della Convenzione di cui all'articolo 1, da realizzare anche mediante la salvaguardia delle figure professionali coinvolte nel settore, non possono derivare limitazioni rispetto ai livelli di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale garantiti dalla Costituzione e dalla vigente legislazione in materia». Questa formulazione, proposta dalla Commissione Affari costituzionali del Senato, oggi è parte della proposta di legge che andiamo a ratificare. Anzi, riguardo agli esempi che sono stati fatti della Divina Commedia – ci apprestiamo a celebrare nel 2021, con legge approvata unanimemente dal Parlamento, l'anno di Dante – non è che ci predisponiamo a sopprimere delle frasi dalla Divina Commedia: per carità, non insistiamo con questi termini. Aggiungo che la frase inserita proprio all'articolo 4, lettera c) – che dice «l'esercizio del diritto al patrimonio culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che in una società democratica sono necessarie alla protezione dell'interesse pubblico, degli altrui diritti di libertà» – sancisce un principio già applicato, perché nel settore dei beni culturali sono già posti, dal nostro ordinamento, una serie di vincoli alla proprietà privata per gli edifici tutelati, quindi c'è l'interesse pubblico che va oltre il concetto stesso del diritto di proprietà come valore assoluto e quindi non stiamo scrivendo niente di nuovo. Aggiungo che mi pare – e mi dispiace se verrà confermato il voto contrario – che si vada invece a votare contro alcune norme che vanno esattamente nella direzione di cui avete parlato. C'è la valorizzazione delle identità territoriali, viene riconosciuto il ruolo di comunità. L'articolo 2, lettera a), dice «il patrimonio culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che alcune persone considerano» – quindi parliamo di comunità locali – «a prescindere dal regime di proprietà dei beni, come un riflesso e un'espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni in continua evoluzione. Esso comprende tutti gli aspetti dell'ambiente derivanti dall'interazione nel tempo tra le persone e i luoghi». È esattamente la valorizzazione del concetto di identità locale cui noi in Italia siamo orgogliosamente legati, non soltanto rispetto all'identità nazionale, che da noi è più debole rispetto a quella di altri Paesi che hanno una storia dello Stato più lunga, ma è molto forte nelle realtà territoriali locali. C'è una valorizzazione piena del valore dell'identità territoriale e culturale e quindi mi sembrano dubbi che francamente non sono legati a questo testo. Peraltro, il monitoraggio Pag. 12 non è sul patrimonio ma, come in tutte le convenzioni internazionali, sull'attuazione e sull'applicazione della Convenzione stessa. Mi pare, quindi, che davvero i dubbi possano essere totalmente fugati, non soltanto dalle mie parole, che possono avere un valore relativo, ma da quello che abbiamo scritto nel disegno di legge di ratifica. Peraltro, è in linea con i valori della Costituzione e anticipa quel percorso su alcuni temi che sono stati introdotti in modo innovativo dalla Convenzione di Faro e che, senza avere ratificato, noi abbiamo importato nel nostro ordinamento nei quindici anni che sono passati dal momento della firma a oggi.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il Suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.45.