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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 18 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione della Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ambasciatrice Elisabetta Belloni:
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 11 
Ungaro Massimo (IV)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 13 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 14 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 14 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 15 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 17 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 17 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18 
Serracchiani Debora (PD)  ... 18 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18 
Magi Riccardo (Misto-CD-RI-+E)  ... 18 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18 
Penna Leonardo Salvatore (M5S)  ... 18 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 19 
Penna Leonardo Salvatore (M5S)  ... 19 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 19 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 19 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 19 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 19 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 21 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21 
Magi Riccardo (Misto-CD-RI-+E)  ... 21 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 21 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 22 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 23 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 23 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 23 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 23 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 23 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 23 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 23 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 23 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 23 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 24 
Belloni Elisabetta , Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 24 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 9.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentati dei gruppi, nella riunione dell'11 febbraio scorso, ha deliberato di dare mandato al personale del nucleo delle Commissioni parlamentari di inchiesta della Guardia di finanza addetto alla tenuta dell'archivio della Commissione di collaborare con quello addetto all'archivio informatico delle Commissioni parlamentari di inchiesta, al fine di procedere alla informatizzazione degli atti prodotti dalla Commissione e dei documenti acquisiti nel corso dell'inchiesta e alla loro indicizzazione.

Audizione della Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ambasciatrice Elisabetta Belloni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ambasciatrice Elisabetta Belloni, che è accompagnata dal direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, Luigi Vignali.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  L'audizione odierna inizia un ciclo di approfondimenti che la Commissione svolgerà con riferimento all'azione del Ministero degli affari esteri e in particolare della nostra rappresentanza diplomatica al Cairo. Sono infatti previste a seguire le audizioni degli ambasciatori Massari e Cantini.
  Invito l'ambasciatrice Belloni a prendere la parola ringraziandola per la disponibilità immediatamente manifestata a collaborare con la Commissione.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente, per avere voluto audirmi come responsabile dell'Amministrazione degli affari esteri. Ho accettato subito l'invito che mi è stato rivolto dalla Commissione. Prima di esporvi una relazione che ho preparato con la collaborazione dei miei uffici desidero innanzitutto confermarle e ribadirle la totale disponibilità dell'Amministrazione degli affari esteri a collaborare con la Commissione e quindi a fornire alla Commissione d'inchiesta in ogni momento, se necessario, ulteriori chiarimenti e informazioni. Ho chiesto a tutti i colleghi di dare altresì la disponibilità laddove vogliate ascoltarli – Massari e Cantini certamente – ma anche tutti coloro che nel corso degli anni in un modo o nell'altro si sono trovati a trattare questa drammatica vicenda. Voglio anche dirvi che ho dato istruzioni a tutti gli uffici interessati di raccogliere la documentazione che risulta agli atti del Ministero degli esteri affinché possa essere messa a disposizione della Commissione quanto prima. Voglio anche in apertura confermare pubblicamente l'eccellente collaborazione che c'è fra il Ministero degli affari esteri e la Procura di Roma, naturalmente nel pieno rispetto dei limiti che la legge Pag. 4impone e nel pieno rispetto delle diverse competenze della Procura e del Ministero degli esteri. Abbiamo, nel corso degli anni, costantemente trasmesso alla Procura tutte le informazioni in nostro possesso, quelle che a mano a mano sono pervenute sia all'Ambasciata al Cairo sia al Ministero degli esteri o in altre parti in cui si articola la nostra rete diplomatica e consolare e abbiamo soprattutto cercato con tutte le nostre energie di dare ogni possibile assistenza alla Procura. Questa collaborazione con la Procura è costante e molto viva ancora oggi e continuerà con tutto il nostro impegno fino a quando sarà necessario. Voglio, infine, confermare l'impegno del Ministero degli esteri e un impegno anche mio personale, un impegno a tutto campo per contribuire al meglio delle nostre capacità alla ricerca della verità. Voglio dirlo chiaramente: noi non desisteremo. Il nostro lavoro spesso si svolge dietro le quinte, senza i riflettori della stampa, si svolge in silenzio, ma posso assicurarvi che negli ultimi anni, da quando abbiamo appreso di questa drammatica vicenda, non abbiamo mai smesso alla Farnesina di porre la questione tra le nostre priorità, è la nostra priorità anche nei rapporti con l'Egitto. Perdonatemi se faccio anche un riferimento personale ma so di interpretare il sentimento che anima tutti i miei colleghi che trattano questa vicenda e che l'hanno trattata nel passato e che si sono trovati coinvolti nella lettura di questo dossier e nella sua trattazione. Voglio esprimere la vicinanza innanzitutto ai genitori, che io ho incontrato, e anche a tutti gli amici di Giulio Regeni; voglio esprimere la più profonda comprensione per il loro immenso dolore, un dolore che diventa anche il nostro, e questa non è retorica. Infatti leggere i rapporti che ci troviamo spesso davanti al tavolo, svolgere seriamente la nostra azione diplomatica con anche un'azione di supporto alla Procura come ho detto, e più in generale qualsiasi azione per cercare di dare un contributo per la ricerca della verità comporta in ogni istante, credetemi, la presa di coscienza, la consapevolezza della gravità di quanto è successo a Giulio, ma comporta al tempo stesso la consapevolezza della complessità di questa drammatica vicenda che ha risvolti, almeno per quanto riguarda la mia capacità di comprensione, ancora veramente misteriosi e incomprensibili. Questa domanda: «Perché?», assilla tutti noi che dobbiamo leggere questi rapporti e che dobbiamo cercare di dare un contributo alla verità.
  Giulio Regeni era un giovane ricercatore italiano che da quanto ho potuto apprendere in questi faticosi anni di lavoro, come dicevo, spesso silenzioso sul suo caso, ha cercato attraverso lo studio e la cultura di affacciarsi al mondo guidato da valori della convivenza civile, dell'affermazione della libertà, del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. Ho compreso la sua personalità in questi anni in cui, prima come capo di gabinetto del ministro Gentiloni e poi come Segretario generale, nel leggere le carte, nel cercare di delineare questa figura: questa è l'idea che mi sono fatta di Giulio Regeni. Quindi il mio impegno personale, ma anche quello di tutti i miei colleghi, per la verità, si ispira a questi stessi principi, a questi stessi valori, una verità che quindi dobbiamo non soltanto a Giulio ma anche a tutti quelli, che per fortuna sono tanti, che sono guidati dagli stessi valori. Questo è lo spirito con cui noi lavoriamo; si possono avere idee diverse, si possono fare scelte che possono essere orientate diversamente, ma posso assicurarvi che per quanto concerne l'Amministrazione, fino a quando io rimarrò a capo di questa Amministrazione, i principi che ci guidano sono questi: quelli della affermazione dei principi fondamentali. Prima di entrare nel merito della mia esposizione voglio anche segnalarvi che la mia relazione viene effettuata in quanto sono al vertice del ministero. Ho cercato quindi di raccogliere i contributi che vengono dalle diverse articolazioni che trattano questa drammatica vicenda ed è una relazione che si basa sugli atti che sono a disposizione del Ministero degli esteri e che metteremo naturalmente a disposizione della Commissione. Si basa inoltre su quanto è stato trasmesso da tutta la nostra rete diplomatica in particolare dalla nostra Ambasciata al Cairo e di quanto può essere Pag. 5pervenuto nel corso degli anni direttamente al Ministero degli esteri.
  Come ho detto in apertura, i miei colleghi direttamente responsabili delle articolazioni del Ministero degli esteri, più interessate al caso, sono a vostra disposizione per tutte le informazioni che poi voi nel corso dell'esame vorrete acquisire.
  Adesso vorrei illustrarvi i fatti. Naturalmente voglio anche dirvi che ho letto le audizioni dei genitori, dell'avvocato Ballerini e della Procura. Vi sono delle interconnessioni fra quello che io esporrò e quello che già sapete. Tutta la mia relazione si basa su documentazione che è disponibile e potrete trovarne riscontro. In alcuni casi sarò forse più superficiale, anche perché ho visto che la Procura ha fornito molti più elementi di quanto poi noi stessi potevamo disporre.
  Giulio Regeni, come sapete, scompare al Cairo la sera del 25 gennaio del 2016. L'allora ambasciatore Massari viene a sapere circa alle 23.20 della scomparsa dal professore Gennaro Gervasio, con il quale il nostro connazionale aveva appuntamento la sera stessa. L'ambasciatore Massari informa immediatamente il responsabile del nostro ufficio di intelligence in ambasciata chiedendogli di attivare i propri interlocutori egiziani. L'ambasciatore Massari riferisce che i nostri canali di intelligence fanno sapere che a seguito di alcune prime verifiche le controparti locali non hanno informazioni su Giulio Regeni. Il 26 gennaio l'ambasciata interviene a più riprese presso le competenti autorità egiziane, reiteratamente attraverso i rappresentanti dell'intelligence e anche del Ministero dell'Interno in ambasciata perché siano avviate le ricerche e si giunga al ritrovamento del connazionale. Il pomeriggio del 26 gennaio, prima che passassero 24 ore dalla scomparsa di Giulio, viene ufficialmente interessato tramite una formale nota verbale il locale Ministero degli esteri, e, attraverso l'influente figura del Ministro di Stato per la produzione militare Mohamed al Assar, viene sensibilizzato il Ministro dell'interno sulla delicatezza e l'importanza del caso. L'ambasciatore Massari riferisce che al Assar è sua conoscenza personale, persona particolarmente vicina ai vertici militari dell'intelligence, gli garantisce che si sarebbe occupato personalmente del caso e avrebbe provveduto a contattare tempestivamente il Ministero dell'interno Magdy Abdel Ghaffar. L'ambasciatore Massari informa e chiede l'intervento anche dell'ambasciatore egiziano a Roma di allora, Amr Helmy. Nella notte fra il 26 e il 27 gennaio, su istruzioni dell'ambasciatore Massari, un funzionario dell'ambasciata si reca presso il commissariato di polizia del quartiere di Dokki per sporgere formale denuncia di scomparsa. Nel frattempo l'ambasciata avvia verifiche presso gli ospedali e gli obitori del Cairo: è una prassi che noi seguiamo quasi regolarmente nei casi in cui ci vengono segnalati nelle varie parti del mondo scomparse o incidenti di vario genere. Il 27 gennaio l'Ambasciata al Cairo informa i genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi, che giungono al Cairo il successivo 30 gennaio. Sempre il 27, Massari prosegue a contattare gli interlocutori al Ministero degli esteri e dell'interno egiziani per sollecitare notizie mentre l'ambasciata avanza la prima richiesta di incontro con il Ministro dell'interno Ghaffar, incontro che verrà ripetutamente sollecitato nei giorni successivi, ma che verrà concesso solamente il 2 febbraio. Sempre secondo quanto riferito dall'ambasciatore Massari, nel corso di queste prime 48 ore, nei contatti avuti attraverso il responsabile dell'intelligence e del ministero dell'interno in ambasciata, le diverse articolazioni di sicurezza egiziane, la National Security, la polizia e l'Intelligence militare escludono che Giulio Regeni sia stato fermato o arrestato. Fra il 30 e il 31 gennaio l'ambasciatore Massari sollecita ripetutamente l'allora assistant minister per gli affari europei del Ministero degli esteri l'ambasciatore Hossam Zaki e il consigliere della sicurezza nazionale Faiza Abu el-Naga, una stretta collaboratrice del presidente egiziano Al Sisi. Entrambi gli interlocutori, pur sottolineando come le autorità egiziane – in primis il Ministero dell'interno – fossero pienamente a conoscenza del caso, ribadiscono a Massari di non avere notizia alcuna circa il connazionale scomparso. Il 31 gennaio, l'allora Ministro Pag. 6degli esteri Gentiloni interviene personalmente sull'omologo egiziano Shoukry, e a seguito di un colloquio telefonico la Farnesina dirama un comunicato con il quale si annuncia pubblicamente la scomparsa di Giulio Regeni e si chiede alle autorità egiziane il massimo impegno per rintracciare il connazionale e fornire ogni possibile informazione sulle sue condizioni.
  Il 2 febbraio l'ambasciatore Massari, dopo ripetuti tentativi, ottiene finalmente l'incontro con il Ministro dell'interno Ghaffar, al quale sottolinea la forte preoccupazione del Governo italiano nonché il crescente interesse dei media e dell'opinione pubblica per la vicenda e rinnova naturalmente l'appello affinché ogni sforzo venga dispiegato per giungere a una rapida e positiva soluzione del caso.
  Il 3 febbraio sempre del 2016 l'allora Ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi, in missione al Cairo alla testa di una delegazione economica, solleva il caso con il Presidente Sisi, durante un colloquio privato prima dell'incontro istituzionale con tutta la delegazione italiana.
  Il 3 febbraio il corpo senza vita di Giulio Regeni viene ritrovato alla periferia del Cairo lungo la strada che conduce ad Alessandria. L'ambasciatore Massari si reca dai genitori di Giulio per comunicare loro la notizia e porgere nel medesimo tempo le condoglianze del Governo italiano. Lo stesso giorno del ritrovamento, verso la mezzanotte, l'ambasciatore Massari si reca all'obitorio, senza autorizzazione da parte delle autorità locali, ma con la nostra autorizzazione, nonostante fosse stata avanzata questa formale richiesta di autorizzazione alle autorità egiziane. L'ambasciatore Massari riferisce di avere riscontrato evidenti segni di tortura e percosse su tutto il corpo di Giulio. Il giorno successivo al tragico ritrovamento, la nostra rappresentanza chiede alle autorità egiziane di confermare ufficialmente il decesso di Giulio Regeni, di avviare tempestivamente una commissione d'investigazione congiunta con la partecipazione di esperti italiani, e di restituire la salma. L'ambasciata provvede inoltre al formale riconoscimento presso l'Istituto di medicina legale del Cairo, dove viene anche effettuata l'autopsia. Su richiesta della nostra rappresentanza, la sera del 4 febbraio le spoglie del connazionale vengono trasferite presso l'ospedale italiano per poi rimpatriare il 6 febbraio. Il 4 febbraio, il Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri chiede una dettagliata relazione sul decesso del connazionale. L'ambasciata invia la relazione il successivo 9 febbraio. Nel contempo gli inquirenti italiani chiedono di prendere visione dei filmati delle telecamere della metropolitana del Cairo, che Giulio doveva prendere la sera della scomparsa e che potrebbero avere ripreso i momenti precedenti alla sparizione. A partire da questo momento prende avvio l'attività investigativa degli inquirenti italiani con l'invio al Cairo di un team, il 5 febbraio, che per settimane affianca gli inquirenti egiziani e con una prima richiesta di assistenza giudiziaria internazionale avanzata dalla Procura della Repubblica di Roma all'autorità giudiziaria egiziana, il 10 febbraio. Purtroppo nei mesi successivi all'omicidio di Giulio, nonostante gli sforzi profusi da parte italiana, si rileva l'assenza di sviluppi significativi nelle indagini sul tragico evento. A causa dello stallo venutosi a creare, l'allora Ministro Gentiloni dispone, su decisione del Governo, l'8 aprile del 2016, il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore Massari. Un nuovo capo missione, nella persona dell'ambasciatore Giampaolo Cantini, designato il successivo 10 maggio, verrà autorizzato ad assumere le sue funzioni il 14 agosto del 2017. L'autorità giudiziaria italiana continua nei suoi sforzi per la ricerca della verità con contatti con la controparte egiziana, di cui ha riferito ampiamente l'autorità giudiziaria in questa stessa sede. Quattro richieste di assistenza giudiziaria internazionale vengono avanzate dalla Procura della Repubblica di Roma nei mesi di aprile 2016, settembre 2016, marzo 2017, agosto 2017 e, per quanto di conoscenza del Ministero degli esteri, incontri fra i rispettivi organi inquirenti avvengono nel settembre del 2016 e nel maggio del 2017. Sulle attività della Procura rimando a quanto riferito dalla Procura stessa in Commissione.Pag. 7
  Il 14 agosto del 2017, dopo 16 mesi di assenza di un nostro rappresentante diplomatico in Egitto, il Governo italiano decide l'invio dell'ambasciatore Cantini al Cairo. L'ambasciatore arriva nella capitale egiziana il 13 settembre e assume le sue funzioni il giorno successivo. Il mandato dell'ambasciatore designato, formalmente indicato dal Ministro degli affari esteri Alfano, nella sua lettera di incarico recita: «facilitare tramite più intensi contatti con le autorità egiziane il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di conseguenza la ricerca della verità sull'omicidio». La lettera di incarico dell'ambasciatore Cantini verrà trasmessa con tutta la documentazione di supporto.
  Prima di giungere nella capitale egiziana, il nostro ambasciatore designato incontra i genitori di Giulio alla Farnesina, insieme al direttore per gli italiani all'estero Luigi Vignali e nello stesso giorno ha una riunione con il procuratore capo pro-tempore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, accompagnato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, i quali gli rivolgono l'appello di adoperarsi presso le autorità egiziane per ottenere il fascicolo istruttorio sul caso. Subito dopo il suo insediamento, l'ambasciatore Cantini avvia la sua attività di sensibilizzazione, rappresentando con fermezza sia al presidente egiziano sia a tutti i ministri e ad alti esponenti delle istituzioni locali che incontra dopo il suo arrivo nella capitale, l'esigenza di fare luce sul caso Regeni quale obiettivo prioritario del mandato che gli ha conferito il Governo italiano. In particolare, il 17 settembre del 2007, il nostro rappresentante ha un incontro con l'assistant foreign minister per gli affari consolari del Ministero degli esteri egiziani, l'ambasciatore Khaled Youssri Rizk. In questa occasione, l'ambasciatore Cantini sottolinea la forte aspettativa italiana che l'insediamento del capo missione, dopo un lungo periodo di assenza, possa innanzitutto facilitare il rafforzamento della cooperazione giudiziaria con l'Egitto e quindi la ricerca della verità sull'omicidio del connazionale. Nello stesso giorno, l'ambasciatore vede il Procuratore generale egiziano Nabil Sadek, al quale chiede la consegna del fascicolo istruttorio sul caso Regeni, come richiesto dall'autorità giudiziaria italiana. Il procuratore Sadek fornisce dettagliate indicazioni sulla procedura da seguire per la costituzione di parte civile, passaggio importante quale premessa per una successiva presentazione, da parte della famiglia del connazionale, di un'istanza di accesso proprio al fascicolo istruttorio. Gli esiti dell'incontro, di fondamentale importanza per le indicazioni ricevute, sono tempestivamente trasmesse dall'ambasciatore ai genitori di Giulio Regeni e ai loro legali. A tale incontro fa seguito, il 28 settembre del 2017, un'udienza con il ministro degli esteri egiziano Shoukry; nell'occasione il nostro capomissione sottolinea in particolare la necessità di mantenere il passo nella collaborazione fra le rispettive autorità giudiziarie, secondo linee di regolarità, continuità e tangibile progressione. Del medesimo tenore le parole spese da Cantini in occasione della presentazione delle lettere credenziali al presidente egiziano Al Sisi, al quale riferisce la necessità di un progresso continuo e sostenuto nella collaborazione fra organi investigativi, sottolineando che l'aspettativa e la domanda di verità e giustizia in Italia sono unanimemente sentiti come prioritari. L'ambasciatore Cantini incontra nuovamente il procuratore generale Sadek il 24 ottobre del 2017: nel corso della riunione viene reiterata, tra l'altro, la richiesta di condividere le informazioni relative alle immagini video della metropolitana del Cairo registrate il 25 gennaio del 2016. Sadek dimostra disponibilità al riguardo facendo al contempo stato delle difficoltà della procedura di recupero dei video e di ingaggio della società russa individuata per lo svolgimento dell'operazione. All'incontro del 24 ottobre fa seguito una lettera indirizzata sempre a Sadek, nella quale il nostro rappresentante diplomatico auspica il pronto accoglimento della richiesta di accesso al fascicolo istruttorio da parte della famiglia Regeni. Un simile auspicio viene anche espresso con un passo formale presso il Ministero degli esteri egiziano il 28 novembre del 2017. Aderendo alla richiesta della famiglia Regeni, il 14 Pag. 8dicembre del 2017, il fascicolo viene finalmente consegnato ai loro legali egiziani ai quali nel frattempo è stata riconosciuta la costituzione di parte civile, grazie alla persistente opera svolta dall'ambasciata. Il giorno successivo, copia degli atti viene consegnata all'avvocato della famiglia Regeni, la dottoressa Ballerini, presso i locali dell'ambasciata al Cairo. Passaggio importante nella cooperazione giudiziaria fra gli organi inquirenti italiani ed egiziani ottenuto, anche grazie a questa azione diplomatica al Cairo, si ha con l'incontro avvenuto il 21 dicembre del 2017 al Cairo fra il procuratore capo della Repubblica di Roma Pignatone, assistito dal procuratore Colaiocco, e il procuratore generale egiziano Sadek. Da parte egiziana si fa stato dell'avanzamento dei lavori della società incaricata del recupero dei video di sorveglianza della metropolitana del Cairo e vengono consegnati i verbali e documenti contenenti nuovi elementi probatori. La Procura di Roma a sua volta consegna un rapporto predisposto dalla polizia giudiziaria italiana sulla base degli atti inviati da parte egiziana in risposta alle rogatorie avanzate dalla nostra autorità giudiziaria: in tale rapporto, fra l'altro, risultano i nomi di nove persone sospettate del rapimento e dell'uccisione del nostro connazionale. All'incontro del 21 dicembre fa seguito un'altra riunione fra il nostro capomissione e il procuratore Sadek, nel corso della quale Cantini esprime il vivo auspicio che possano essere presto consegnati alla Procura della Repubblica di Roma alcuni verbali di interrogatorio richiesti e che vengano fornite valutazioni da parte egiziana in merito agli scenari investigativi predisposti dalla polizia giudiziaria italiana e consegnati durante il citato vertice con il procuratore del precedente 21 dicembre; questo incontro risale al 3 marzo del 2018. Sui due punti Sadek assicura un riscontro. A seguito della missione al Cairo del sostituto procuratore Colaiocco del 15-29 maggio del 2018, le due procure fanno stato con un comunicato congiunto del 28 maggio del 2018, dell'esito degli esami del materiale video facendo esplicito riferimento purtroppo ad alcuni vuoti in momenti cruciali della serata in cui Giulio Regeni scomparve. In un colloquio, avvenuto lo stesso giorno fra l'ambasciatore Cantini e il procuratore generale Sadek, quest'ultimo non esclude che alcune parti dei filmati possano essere recuperate; nell'occasione il nostro rappresentante diplomatico sensibilizza il suo interlocutore sulla necessità che si giunga a risultati concreti quali la decisione da parte egiziana di rinvio a giudizio dei sospettati o l'ottenimento di nuove importanti evidenze investigative. In un successivo incontro fra i due, il 25 settembre del 2018, Sadek fa stato di non avere prove sufficienti per mettere formalmente in stato di accusa i nove appartenenti alle forze di sicurezza egiziane sospettate dagli inquirenti italiani del rapimento e dell'uccisione del nostro connazionale e ciò dopo avere anche esaminato gli scenari investigativi condivisi dalla Procura della Repubblica di Roma. Il 27 e il 28 novembre del 2018 si svolge l'ultimo incontro ad oggi fra le due procure italiane ed egiziane, senza che si giunga a sviluppi significativi nelle indagini.
  Il 4 dicembre del 2018 la Procura della Repubblica di Roma iscrive nel registro degli indagati cinque ufficiali appartenenti al Dipartimento per la sicurezza nazionale egiziano: il reato contestato è sequestro di persona. La decisione della Procura della Repubblica di Roma costituisce indubbiamente un punto di svolta nel caso Regeni, ma non esaurisce l'attività investigativa degli inquirenti italiani che anzi prosegue con l'incessante sostegno della Farnesina e dell'Ambasciata al Cairo.
  Il 27 marzo del 2019 presso l'ambasciata a Nairobi viene raccolta la testimonianza di un cittadino di nazionalità keniota nella quale si menziona il coinvolgimento di poliziotti egiziani nell'uccisione di Giulio Regeni. Apro una parentesi: so benissimo che la Procura vi ha già fornito tutti gli elementi relativi a queste vicende. Io però avendolo agli atti del Ministero desidero darvi anche quello che risulta alla Farnesina in merito a queste vicende. Tale testimonianza viene trasmessa alla Procura della Repubblica di Roma che dispone presso i propri uffici l'escussione come persona informata dei fatti del citato cittadinoPag. 9 keniota; il Ministero degli esteri, tramite la Direzione competente guidata dal direttore generale Vignali, impartisce urgenti istruzioni alla nostra rappresentanza a Nairobi affinché vengano adottate tutte le misure atte ad agevolare l'ottenimento da parte dell'interessato del visto necessario per il suo viaggio in Italia che avverrà poi nell'aprile del 2019.
  All'iscrizione dei cinque ufficiali egiziani nel registro degli indagati fa seguito una nuova rogatoria avanzata dalla Procura della Repubblica di Roma all'autorità giudiziaria egiziana il 30 aprile del 2019, pervenuta via PEC all'ambasciata al Cairo il 2 maggio del 2019, consegnata lo stesso giorno dall'ambasciata al Ministero degli esteri egiziano. In un incontro tenutosi il 30 maggio del 2019, il nostro capomissione al Cairo evidenzia al procuratore generale Sadek l'importanza di un rapido riscontro da parte egiziana alla richiesta di assistenza giudiziaria in questione. Cantini e Sadek, ormai in avvicendamento, si incontrano per l'ultima volta il 28 agosto del 2019.
  Il successivo 12 settembre viene nominato un nuovo procuratore generale egiziano, Hamada al Sawi. Il primo incontro fra l'ambasciatore Cantini e il procuratore generale al Sawi avviene il 12 ottobre del 2019. Nell'occasione, al Sawi informa dell'istituzione di un team investigativo direttamente dipendente dal suo ufficio dedicato al caso Regeni, esprimendo l'auspicio che possano presto svolgersi incontri tecnici con gli investigatori italiani. Il nostro rappresentante diplomatico, da parte sua, nell'esprimere l'auspicio che i contatti fra la Procura di Roma e l'omologa egiziana possano riprendere rapidamente, reitera la richiesta, già più volte formulata all'ex procuratore Sadek, di ottenere la restituzione degli effetti personali di Giulio Regeni. Il nostro capo missione illustra gli esiti della riunione in un successivo colloquio telefonico con il sostituto procuratore Colaiocco. In occasione di una mia missione, il 16 e il 17 ottobre del 2019, per consultazioni con la controparte egiziana su temi di politica estera, ho colto l'occasione per reiterare molto fermamente anche da parte mia la richiesta di riprendere la collaborazione fra le procure, di riscontrare le rogatorie e di restituire gli effetti personali di Giulio Regeni. Subito dopo con due separate lettere, datate rispettivamente il 20 e il 22 ottobre, al Sawi comunica alla Procura e all'ambasciatore Cantini i nominativi dei nuovi componenti del team investigativo e propone la convocazione di un incontro ad alto livello fra le due procure al Cairo, una volta nominato il nuovo procuratore capo della Procura della Repubblica di Roma. In un successivo incontro, tenutosi il 12 dicembre del 2019, Cantini, a seguito di una precisa richiesta della Procura, riceve istruzioni dal Ministero degli esteri di sollecitare riscontro alla richiesta della Procura della Repubblica di Roma di potere disporre di un indirizzo dove effettuare le notifiche di atti ai cinque ufficiali della National Security egiziana indicati nella rogatoria del 30 aprile del 2019 e, come è noto, iscritti nel registro degli indagati dall'autorità giudiziaria italiana. A seguito delle comunicazioni della procura egiziana e di accordi fra i rispettivi organi inquirenti, un nostro team investigativo si reca al Cairo il 14 e il 15 gennaio scorsi, restando inteso che l'incontro di alto livello fra procuratori potrà avvenire dopo la nuova nomina del Procuratore capo della Repubblica di Roma.
  L'azione diplomatica a sostegno dell'attività investigativa condotta da parte italiana e della cooperazione con gli inquirenti egiziani è andata di pari passo con numerosi interventi che sono stati effettuati a livello politico per esprimere la nostra ferma aspettativa affinché venga fatta piena luce sull'omicidio di Giulio Regeni e i responsabili del crimine siano assicurati alla giustizia. Il caso è stato infatti al centro dei colloqui fra esponenti politici dei Governi che si sono succeduti e avuti in varie circostanze con le autorità egiziane. In occasione degli incontri avuti, sia nell'ambito di vertici multilaterali sia nel quadro di visite di esponenti di Governo al Cairo in Italia, è stata svolta una costante azione al fine di richiamare le controparti egiziane a rispettare l'impegno, a più riprese assunto anche dallo stesso presidente al Sisi, di raggiungere i risultati definitivi che consentanoPag. 10 di accertare la verità sulla barbara uccisione di Giulio.
  Scusate il riferimento personale: anche in questo caso mi sono trovata spesso ad accompagnare o il Presidente del Consiglio o i ministri degli esteri in queste occasioni di incontro con le controparti egiziane. Posso assicurarvi che da parte nostra abbiamo sempre messo al primo punto il tema Regeni. So che questo argomento della varietà di interessi che il nostro Governo può avere con l'Egitto viene spesso evocato: da parte mia posso assicurarvi, con la massima lealtà, che non c'è stata una occasione dal giorno della morte di Regeni in cui il primo tema sull'agenda all'ordine del giorno non sia stato Regeni e in tutte le occasioni sia su nostro input come amministrazione sia come espressione della volontà politica del Governo pro tempore è stato sempre fermamente posto davanti alle autorità, alle controparti egiziani.
  Prima di concludere, vorrei illustrare le azioni effettuate dalla nostra ambasciata a Londra, la quale su precisa istruzione dell'allora Ministro degli esteri Alfano, è intervenuta nei confronti delle autorità del Regno Unito e della stessa Università di Cambridge affinché da parte britannica fosse fornito ogni possibile contributo utile alla ricerca della verità sull'omicidio di Giulio Regeni. Il 3 ottobre del 2017 l'ambasciatore a Londra, Pasquale Terracciano, è intervenuto sull'allora First Secretary of State and Minister for the Cabinet Office Damian Green, con funzioni di fatto di vice Primo ministro, rappresentando l'esigenza di rinnovare gli sforzi per raggiungere il massimo possibile livello di coordinamento delle risorse delle azioni diplomatiche sul caso Regeni, favorendo un maggiore coinvolgimento dell'Università di Cambridge. Sempre il 3 ottobre l'ambasciata è intervenuta sulla professoressa Eilis Ferran, prorettore per le relazioni internazionali e istituzionali dell'università, prospettando l'opportunità di un dialogo più sistematico con l'autorità diplomatica italiana che facilitasse lo scambio di informazioni sul caso Regeni. Il 6 ottobre del 2017, l'ambasciatore Terracciano ha incontrato l'allora viceministro con delega al Mediterraneo e Medio Oriente Alistair Burt nonché l'allora direttrice politica del Foreign Office Karen Pierce; in entrambe le occasioni è stata auspicata un'azione di sensibilizzazione nei confronti dell'Università di Cambridge per ottenere una maggiore collaborazione dell'Ateneo sul caso Regeni. In un incontro avvenuto con la professoressa Ferran nel successivo 13 ottobre, l'ambasciatore Terracciano ha tra l'altro fatto stato dell'atteggiamento oggettivamente non collaborativo nei confronti delle autorità inquirenti italiani della professoressa Maha Abdelrahman, tutor di Giulio Regeni. Come saprete, il 20 ottobre del 2017 la Procura della Repubblica di Roma ha inviato alla competente autorità giudiziaria britannica un ordine europeo di indagine emesso il 9 ottobre del 2017, nell'ambito del procedimento penale a carico di ignoti per l'uccisione di Giulio Regeni. Tale ordine conteneva la richiesta di audizione come testimone della professoressa Abdelrahman. Risulta che l'interessata non abbia voluto interloquire direttamente con gli inquirenti italiani e che le sue dichiarazioni siano state acquisite presumibilmente per il tramite delle competenti autorità britanniche. La predetta si era anche rifiutata di parlare con il nostro ambasciatore a Londra, chiedendo una formale rogatoria; non vi è mai stato pertanto un vero e proprio confronto diretto fra la professoressa e gli investigatori italiani. Come sapete, il sostituto procuratore Colaiocco ha sentito la professoressa Abdelrahman solo una volta in occasione dei funerali di Giulio Regeni, il 12 febbraio del 2016. In due successivi incontri con l'ambasciatore britannico al Cairo John Casson avvenuto il 1° e il 18 ottobre del 2017, anche l'ambasciatore Cantini effettua un passo per sollecitare fra l'altro la collaborazione inglese affinché l'Università di Cambridge collabori efficacemente sul piano giudiziario e investigativo. In particolare, nel secondo incontro, su indicazione della Procura di Roma e del Ministero degli esteri, Cantini condivide con il suo omologo britannico gli elementi relativi alla richiesta di informazioni sul caso Regeni, rivolta da parte italiana all'Università di Cambridge.Pag. 11
  Ho cercato di offrirvi sulla base della documentazione in nostro possesso e sulla base di quanto risulta al Ministero degli esteri una sintetica ma allo stesso tempo esaustiva disamina delle principali azioni poste in essere dal Ministero degli esteri e dall'Ambasciata al Cairo per sostenere il lavoro degli inquirenti nel ricostruire le circostanze che hanno portato alla tragica morte di Giulio. Ho descritto, seppure sommariamente, l'intenso lavoro svolto costantemente dall'Ambasciata al Cairo e dal Ministero degli esteri. Ho descritto molto sinteticamente i contatti a livello politico che ci sono stati nel corso degli anni, tutto per rilanciare e rafforzare la cooperazione fra la Procura della Repubblica di Roma e la Procura generale egiziana nello sviluppo delle indagini.
  Non posso che terminare, così come ho fatto all'inizio, assicurando che la Farnesina tutta e l'Ambasciata al Cairo continueranno a impegnarsi: noi non demorderemo, questa è la parola che io voglio usare, affinché da parte delle autorità del Cairo sia chiarito fino in fondo ogni aspetto di questo barbaro assassinio. Io vorrei sapere il perché: è la domanda che mi ossessiona tutte le volte che mi siedo dietro la mia scrivania e cerco veramente con la massima oggettività di individuare ciò che più rapidamente e meglio può portarci a scoprire qualcosa. Devo anche confermare che noi continueremo a mantenere il caso Regeni veramente fra le priorità anzi come la priorità nell'agenda dei rapporti con l'Egitto. Grazie. Sono a vostra disposizione per qualsiasi domanda vogliate pormi.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatrice Belloni per questa relazione e do ora la parola ai colleghi per eventuali domande e osservazioni. La collega Sportiello.

  GILDA SPORTIELLO. Avrei alcune domande. La prima: le volevo chiedere se per favore può riassumere tutte le occasioni che ha avuto di recarsi al Cairo nel corso del mandato dell'ultimo Governo e se in alcune occasioni, ad esempio durante la conferenza di Palermo, ha avuto modo di incontrare direttamente al-Sisi. Un'altra domanda che volevo porle è se ha notizia del fatto che, successivamente alla richiesta dei fascicoli avanzata da parte della famiglia Regeni e dei loro legali, la normativa egiziana per il rilascio di questi fascicoli sia cambiata nel frattempo, complicando un po’ le cose. L'ultima domanda che volevo farle riguarda la delegazione che era presente al Cairo, guidata dalla ministra Guidi all'epoca: è possibile sapere da chi fosse composta e quale fosse la missione di questa delegazione? Grazie.

  MASSIMO UNGARO. La ringrazio, Segretario generale, per la sua relazione e grazie per tutto l'impegno che la Farnesina ha dimostrato su questo caso negli ultimi anni a prova della difesa di nostri connazionali quando sono all'estero ma anche della difesa di chi fa ricerca e per affermare l'importanza dei diritti umani nella nostra azione diplomatica. Avevo tre domande: una puntuale e altre due di considerazioni più politiche. La prima solo se può: mi scusi, forse è un mio errore. L'incontro tra l'ambasciatore Massari e il Ministro degli interni Ghaffar avviene il 2 febbraio o il 31 gennaio? Lei ha detto il 2. Se può solo confermare che avviene il 2, non il 31. Questa era la mia domanda puntuale.
  Passo alle altre due. Sono un membro di questa Commissione, non sono un diplomatico, ma le volevo chiedere: dalla sua relazione e da quanto abbiamo avuto modo di sapere nelle ultime audizioni, a me sembra, in maniera forse ingenua, che l'Egitto abbia collaborato di più quando il nostro ambasciatore è stato ritirato dal Cairo. La fase di più grande collaborazione in cui abbiamo ricevuto i maggiori indizi e prove, da cui la Procura di Roma è riuscita ad arrivare a un livello molto elevato, forse molto oltre quello che gli stessi egiziani si sarebbero aspettati, è avvenuta in quei mesi in cui avevamo ritirato l'ambasciatore dal Cairo. Ora, da osservatore delle relazioni internazionali, ovviamente guardo al caso Khashoggi che non c'entra nulla, ma, considerando come alcuni Paesi possono esercitare pressioni, mi chiedo se il nostro Paese stia adottando la strategia giusta in questo momento su come cercare di portarePag. 12 i nostri amici egiziani a una maggiore proattività su questo caso, quindi volevo tanto sentire la sua opinione al riguardo. Ultima domanda, che forse non c'entra molto col caso Regeni ma in realtà c'entra eccome: volevo sapere se la Farnesina si è attivata in questi giorni sul caso dello studente Patrick Zaki che non è un cittadino italiano, è vero, ma studia in un nostro ateneo e noi vorremmo non commettere l'errore dell'università di Cambridge. Vorremmo avere a cuore il destino di chi studia nel nostro Paese. Tra l'altro avrà visto negli ultimi giorni anche la richiesta di conferire la cittadinanza italiana allo studente che tuttora è trattenuto in carcere, sembra anche a seguito di percosse e torture. Vorrei sapere se la Farnesina sia impegnata sul caso. La ringrazio.

  PRESIDENTE Farei un primo giro di risposte, visto che sono molte le domande, per poi fare una seconda tornata di interventi.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Vi prego di richiamare la mia attenzione se dimentico di rispondere a qualcuna delle domande. La prima domanda, se non sbaglio, si riferiva agli incontri che io personalmente ho avuto in Egitto. Come dicevo prima, spesso accompagno il Ministro degli esteri, quindi se vuole posso ricostruire tutte le volte che ho partecipato a incontri politici. Lei mi ha fatto una domanda specifica: «con il nuovo Governo». Posso essere più precisa, visto che è più recente. Ero presente al colloquio del Presidente Conte con il Presidente al-Sisi in occasione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Non ricordo la data precisa, ma era fine settembre, l'ultima settimana di settembre. Posso ovviamente farle avere poi con molta precisione la data. A parte che ci sono anche i comunicati che lo stesso Presidente Conte ha fatto a seguito degli incontri. In quel caso ero presente. Naturalmente se vado in Egitto, non incontro il presidente, incontro i funzionari, cosa che ho fatto, come ho detto nella mia relazione, il 16 e il 17 ottobre. Sono andata per consultazioni politiche a tutto campo soprattutto sulla Libia, come potete immaginare, però in quell'occasione con i miei interlocutori, che non sono, ripeto, al-Sisi, però ugualmente sono persone che possono trasmettere i messaggi anche al mio livello, per quello che può valere, di sollecitazione per quanto riguarda questa vicenda.
  Circa il secondo punto, non mi risulta che ci sia stato un cambio normativo, possiamo però fare un approfondimento e chiedere ai nostri uffici di verificarlo. A me non risulta che ci sia stato un cambiamento normativo.
  Per quanto concerne coloro che accompagnavano la delegazione del Ministro Guidi nel gennaio del 2016, le farò avere esattamente la composizione della delegazione, che adesso io qui non ho con me. Posso però fin da ora dirle che oltre allo staff del Ministro Guidi, quindi del Ministero dello Sviluppo economico, del Ministero a cui era capo il ministro Guidi, vi erano anche degli imprenditori, perché era, se ricordo bene, un business council, una missione economica, ma le farò avere tutta la lista, perché sicuramente è disponibile in ambasciata.
  Confermo che ai nostri atti risulta che l'incontro fra l'ambasciatore Massari e il Ministro dell'interno Ghaffar fosse stato ripetutamente chiesto, ma concesso solamente il 2 febbraio.
  Entriamo adesso in un'area diversa che non è quella dei fatti, ma è quella delle opinioni: lei mi chiede la mia opinione sulla strategia del Governo e sottolineo del Governo, perché la decisione di richiamare l'ambasciatore è una decisione politica che ha un grande peso. Il nostro compito di funzionari è quello di fornire lealmente le nostre valutazioni, che si basano sui fatti e sulla nostra esperienza e sulla conoscenza dei Paesi, all'autorità politica che poi ha la responsabilità di prendere una decisione. Lei ha detto che la collaborazione con il governo egiziano era più forte prima, quando non vi era l'ambasciatore rispetto a quando poi l'ambasciatore è andato. Non sono in grado di valutare se era maggiore o minore. Guardo i fatti: certamente durante il periodoPag. 13 in cui l'ambasciatore è stato assente, sono stati fatti dei progressi che vi sono stati ampiamente illustrati dalla Procura, ma è anche altrettanto vero che durante quel periodo c'è stato un dialogo fra le procure e fra i governi e c'è stata una collaborazione che ha portato ai risultati a cui lei stesso fa riferimento. È altrettanto vero – credo di averlo onestamente illustrato nella mia relazione – che l'ambasciatore Cantini è intervenuto in molte occasioni e dei passi sono stati fatti. Se lei mi chiede se questi passi sono sufficienti, le dico di no, perché è del tutto evidente che siamo ancora lontani dall'avere chiarezza su tutta questa drammatica vicenda. Io sono un diplomatico e ne sono orgogliosa. Il mio mestiere si basa sul dialogo e sulla comprensione delle controparti e soprattutto si basa sulla ricerca della verità, cercando di comprendere anche qual è la prospettiva dell'interlocutore. Venendo qui, mi aspettavo questa domanda, perché naturalmente leggo i giornali e soprattutto seguo, anche se dietro le quinte, quelle che sono le aspettative e quella che è la posizione dei genitori. È una domanda che mi sono fatta molto spesso: mandare l'ambasciatore oppure no. Devo dire con grande serenità che chi mi ha aiutato a darmi una risposta è stato Giulio Regeni. Giulio Regeni era una persona colta. Era persona istruita. Parlava l'arabo e faceva il ricercatore. Cercava di conoscere il Paese attraverso il dialogo. Se si interrompe il dialogo, è più difficile andare avanti. Questa è l'essenza della nostra funzione di diplomatici ed è quella a cui mi sento di dovere aderire, però ripeto le valutazioni sono veramente di ordine politico.
  Zaki naturalmente è un'altra fonte di enorme preoccupazione. Anche in questo caso mi domando: «Perché?». Che cosa ha fatto di così drammatico da dover creare questa ansia e questa preoccupazione in tutti noi e soprattutto perché queste reazioni così forti da parte egiziana? Io credo che vi sia più che noto ciò che ha fatto l'ambasciatore subito su istruzioni del Ministero degli esteri. C'è stata un'interrogazione parlamentare alla quale abbiamo risposto e che, se volete, posso riprendere, ma che conoscete ampiamente. Per essere estremamente sintetici posso ricordare che la nostra ambasciata ha sollevato subito la questione Zaki con il gruppo di coordinamento informale delle ambasciate occidentali dedicato ai diritti umani. È del tutto evidente che l'azione italiana è rafforzata, se viene accompagnata anche da una parallela analoga azione di Paesi che noi definiamo like-minded, cioè che si ispirano agli stessi princìpi di convivenza. Abbiamo chiesto di inserire il caso Zaki all'interno del meccanismo di monitoraggio processuale, quello coordinato dalla delegazione dell'Unione europea, un meccanismo che, come sapete, consentirà ai nostri funzionari e a quelli delle ambasciate dell'Unione europea che vorranno, di essere presenti alle udienze pubbliche, seguire l'evoluzione del processo e fornire una garanzia terza rispetto all'iter legale. Devo anche sottolineare che l'ambasciatore Cantini ha sensibilizzato gli interlocutori istituzionali in Egitto, come era giusto fare immediatamente a livello bilaterale. Ha sollevato la questione anche con Mohammed Fayek che è il presidente del Consiglio nazionale per i diritti umani, l'organo indipendente che ha il compito in Egitto di tutelare i diritti umani. Infine qualche giorno fa, mi pare il 17, la nostra ambasciata ha contattato l'ONG Egyptian Initiative for Personal Rights che sta seguendo la vicenda di Zaki con i suoi legali. In base a quanto riferito dalla ONG, Zaki si troverebbe in uno stato di detenzione presso la stazione di polizia di Mansura. Le sue condizioni sarebbero buone e questo naturalmente compatibilmente con lo stress psicologico di essere stato arrestato. È tuttora in stato di detenzione per fatti che naturalmente nel nostro Paese non avrebbero alcuna rilevanza, certamente penale. Mi pare che ho risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Prima di tutto un ringraziamento: ambasciatore, grazie per la disponibilità, ma soprattutto grazie per le rassicurazioni e grazie per la Pag. 14frase iniziale e finale che la Farnesina non intende demordere.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Non è molto classica come frase!

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Siamo assolutamente sulla stessa uguale identica linea. Una serie di domande, che possono essere anche forse delicate per le risposte, quindi mi rimetto a lei se eventualmente in sede di risposta vorrà chiedere al presidente di poter segretare i nostri lavori. A me pare abbastanza evidente; questa è la domanda: sussiste un vero e proprio protocollo che la Farnesina adotta nel caso in cui vi sia una sparizione, una captazione, una mancata risposta di un nostro connazionale nei territori di riferimento? C'è una vera e propria procedura che i nostri corpi consolari seguono nel caso in cui, come nel caso di Giulio, un nostro connazionale sparisca, per riuscire a cercare di capire dove sia e possibilmente recuperarlo, naturalmente tenendo conto anche dei Paesi con cui si ha in quel momento a che fare, delle diverse situazioni, diverse sensibilità? Non è un caso – io sono perfettamente d'accordo – che lei abbia sottolineato che il dialogo è assolutamente importante, ma è assolutamente importante perché quando c'è dialogo qualcosa accade. Se non c'è il dialogo, è molto difficile che qualcosa accada. L'altro elemento è una mia curiosità e quindi se fosse una banalità la prego di dirmi che lo è: perché si è fatta la scelta di non rinviare al Cairo l'ambasciatore Massari? Perché al Cairo non è tornato lui? Quindi questa è una normale attività di sostituzione o vi è un qualche cosa di un po’ diverso? Credo che l'ambasciatore Massari abbia fatto un atto coraggioso nel momento in cui è andato, indipendentemente dalle autorizzazioni delle autorità egiziane, all'obitorio a fare una verifica e credo che sia molto importante che lo abbia fatto. Mi domando se è stato talmente tanto importante da essere anche molto pericoloso e quindi rispetto a questo tipo di analisi questo possa essere uno dei punti di riferimento. Arrivo poi a una domanda che è una richiesta di suo parere e quindi usciamo dal più tecnico. Perché secondo la sua opinione c'è questa ritrosia da parte dell'autorità del Regno Unito a collaborare con noi? Credo di aver fatto delle domande piuttosto pesanti. La ringrazio per qualunque tipo di risposta mi potrà dare. Grazie.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Anch'io ringrazio molto l'ambasciatrice Belloni per la celerità con cui si è resa disponibile a questo incontro. Ho tre domande. La prima è: lei ha elencato in modo molto esaustivo gli incontri e le pressioni che si stanno facendo sulle autorità egiziane – che cosa stiamo chiedendo? Che cos'è che esattamente la Farnesina chiede? Che tipo di materiali mancano per l'inchiesta e che tipo di impegno chiediamo noi alle autorità egiziane? Perché le autorità egiziane – ci è stato detto dalla Procura di Roma – hanno già interrogato le persone che sono state iscritte nel registro degli indagati e hanno detto che queste persone non c'entrano. Quindi, che cosa stiamo chiedendo? La seconda domanda è una cosa che mi ha colpito, iniziando a leggere le carte dell'indagine. La cosa che mi ha colpito più di tutte è la sfacciatezza delle autorità egiziane che hanno messo subito, all'interno del team investigativo egiziano con cui noi abbiamo collaborato dal primo momento, alcune delle persone che sono nel registro degli indagati della Procura. Quindi, le persone che secondo le autorità italiane sono responsabili quantomeno della sparizione, del rapimento di Giulio, erano le persone che dal punto di vista egiziano hanno collaborato con noi dal primo momento alle indagini. Questo non è un punto secondario, nel senso che io conosco e ho sempre apprezzato la disponibilità al dialogo e il lavoro che lei sottolinea, la qualità del lavoro che fate voi diplomatici, però questo è un punto che ci dice tante cose su come stanno lavorando e su come erano intenzionate a lavorare le autorità egiziane con noi dal primo momento. Su questo punto specifico ci sono state delle proteste formali, abbiamo chiesto che venissero cambiate queste persone?Pag. 15
  Il terzo punto riguarda la qualità delle nostre relazioni. È molto positivo, è molto giusto e mi sembra inderogabile il fatto che noi alle autorità egiziane, in qualsiasi contesto, in qualsiasi tipo di discussione, il primo punto che solleviamo sia la questione di Giulio Regeni, perché la vicenda di Giulio Regeni ha cambiato la natura dei nostri rapporti con l'Egitto. L'Egitto per noi resta un Paese importantissimo, ma noi non ci possiamo fidare di un Paese che non ci aiuta a chiudere, dal punto di vista processuale regolare, questa vicenda; quindi è importante che le nostre relazioni siano impostate a partire da questo punto. Lei ha un punto di vista assolutamente privilegiato sulla politica estera italiana. In che cosa è cambiata la qualità delle nostre relazioni con l'Egitto? Che cos'è che facciamo con l'Egitto che non facevamo prima? Che cosa non facciamo più con l'Egitto che veniva fatto prima dell'omicidio di Giulio Regeni? È evidente che non è solo una questione di riorganizzare i contenuti dei colloqui, ma anche di riconsiderare complessivamente la qualità delle nostre relazioni con un Paese che a oggi non si mostra altrettanto sensibile rispetto alla necessità di arrivare alla verità e che quindi probabilmente dimostra un interesse diverso nel mantenere la qualità delle relazioni con l'Italia. Grazie.

  PRESIDENTE. Ci sono altri interventi. A questo punto chiuderei questa tornata e poi continueremo con le ultime domande.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La prima domanda è relativa alla sussistenza o meno di un protocollo che attiviamo in caso di segnalazioni, di sparizioni di italiani. Ora, non esiste un protocollo formale; esistono alcuni principi che seguiamo e che attiviamo automaticamente. Fra l'altro, è l'esperienza che abbiamo maturato nel corso degli anni attraverso una struttura che abbiamo al Ministero degli esteri, l'Unità di crisi, che è operativa 24 ore su 24 e che nel corso degli anni – la conosco bene – ha trattato le fattispecie più svariate. Il semplice fatto che queste sparizioni di italiani in difficoltà, in situazioni di crisi e di emergenza all'estero, possano dipendere dalle ragioni più svariate, ci induce immediatamente a comprendere che non ci può essere un protocollo specifico, perché purtroppo ogni situazione è diversa dall'altra. Infatti, direi che nel protocollo, in quella specie di protocollo che abbiamo, chiamiamolo vademecum, la prima cosa che un bravo direttore dell'Unità di crisi deve fare è studiare il caso, cioè le cause che potrebbero avere provocato la situazione di crisi. Fra questi elementi oggettivi, c'è l'immediata segnalazione all'intelligence italiana, che può fare un'ampia attività di supporto.
  Per quanto riguarda l'immediato rapporto con i familiari – questa è un'innovazione che è stata portata nel corso degli anni alle procedure previste dalla legge – normalmente i casi vengono comunicati dalle forze dell'ordine, dai carabinieri. Quando io ero direttore dell'Unità di crisi, ho invece sempre voluto farlo personalmente, benché questo crei spesso delle situazioni di grande dolore, di grande difficoltà anche per noi funzionari. Tuttavia, credo che sia molto più dignitoso essere esposti noi direttamente con i familiari e devo dire che l'Unità di crisi ha continuato nel corso degli anni a essere esposta personalmente. Poi, naturalmente, c'è il contatto attraverso la nostra rete diplomatica con le autorità locali, perché noi ci siamo, nei luoghi dove i fatti avvengono. Ciò fa sì che immediatamente si possa prendere contatto, laddove possibile, con le controparti; poi naturalmente il protocollo si sviluppa di volta in volta: questo è inevitabile.
  Perché non è stato riconfermato Massari nella sede? Adesso cerco di ricostruire. Fra l'altro, è una vicenda che ricordo perché ero capo di gabinetto. Massari venne nominato a Bruxelles, sede che peraltro lui aveva chiesto. Dal nostro punto di vista è un premio; quindi andare a fare il Rappresentante permanente a Bruxelles, che forse è la sede più importante per il Ministero degli esteri, è un implicito riconoscimento al fatto che il Governo aveva apprezzato anche la sua gestione della vicenda al Cairo. È anche vero – questo lo Pag. 16ricordo bene – che l'allora Ministro Gentiloni, benché fosse stato designato subito l'ambasciatore Cantini, aveva dato istruzioni di non accreditarlo, tant'è vero che è andato dopo un anno e più. Quindi, l'intenzione era di non lasciare un funzionario del valore – se posso così esprimermi, ma lo posso fare perché sono il Segretario generale – di Maurizio Massari senza incarico. Lasciarlo un anno senza incarico, non era opportuno e quindi è stato premiato. Io la leggo così, poi se ci sono altre cose, obiettivamente, questo non mi risulta.
  La ritrosia del Regno Unito: buona domanda! Non lo so. È uno dei tanti perché che ho in mente. La mia esperienza diplomatica mi induce a rispondere burocraticamente – lo riconosco – dicendo che gli inglesi sono molto stiff, cioè seguono le loro procedure. Quando vengono sollecitati, fanno immediatamente riferimento alla collaborazione che ci deve essere sul piano giudiziario, rinviano a ciò che la procedura prevede e danno seguito. Normalmente sono piuttosto ligi nell'applicazione puntuale di quelle che sono le formalità. Naturalmente, quando parliamo di «ritrosia inglese», ci riferiamo a un ampio spettro di soggetti. Da un punto di vista di relazioni di Governo, come dicevo, abbiamo riscontrato una burocratica applicazione delle norme, ma alla fine hanno collaborato; lo dice anche la Procura di Roma nella relazione che ha fatto in questa Commissione. La professoressa Abdelrahman non collabora, non ha collaborato. Ha dimostrato una certa ritrosia e il perché è proprio uno degli elementi che forse la Procura dovrebbe esplorare. Io me lo domando tutti i giorni, se posso condividere con voi un sentimento che non è un fatto, ma un sentimento.
  Cosa stiamo chiedendo agli egiziani? Cosa manca? Quando noi chiediamo agli egiziani di collaborare con noi per la ricerca della verità – perché questo è il tema – vuol dire che chiediamo agli egiziani di dimostrare un'effettiva volontà di aggiungere elementi probatori all'attività investigativa. Io credo che i quesiti su questa vicenda siano tantissimi e forse gli egiziani stessi si pongono continuamente dei quesiti. Quello che noi chiediamo e che riscontriamo è che ci siano alcune azioni puntuali, quelle che vengono chieste dalla nostra Procura, perché poi è evidente che tutto quello che noi facciamo è di riversare, accompagnando quest'attività di – se vogliamo – trasmissione di richieste alle autorità egiziane con le spiegazioni, con la logica, con le aspettative che ci sono da parte del Governo. Lì, quello che manca sono i riscontri. Ci sono delle rogatorie. Sono mesi che chiediamo riscontro a puntuali rogatorie. Chiediamo un semplice indirizzo dove notificare agli indagati il fatto che sono indagati. Non ci vuole molto per farlo, nella nostra ottica. A noi spetta il compito anche nel dialogo con gli egiziani di comprendere quali sono le difficoltà, perché a volte ci si domanda anche qual è la difficoltà che hanno: capiamo la sovranità, capiamo il fatto che si tratta di cittadini egiziani, però, se c'è la volontà politica di cooperare, chiaramente poi si trova una soluzione anche sul piano diplomatico; ed è lì che noi vediamo delle difficoltà, è lì che noi continuiamo a chiedere costantemente di dare dei riscontri molto precisi e di dare anche delle indicazioni di volontà. Quando chiediamo la restituzione degli effetti personali, è vero che si tratta di elementi che fanno parte dell'indagine; anche in Italia sarebbe difficile, ma ormai sono passati tanti anni, quindi cerchiamo di far capire alle autorità locali che forse un gesto potrebbe anche contribuire ad accrescere la fiducia reciproca nel portare avanti queste indagini. Per arrivare ai nostri giorni, crediamo che ci sia la prospettiva di un incontro. Naturalmente, da parte egiziana si era indicata la disponibilità a un incontro fra i procuratori capo, fra il vertice delle due procure: ci sono, come sapete, dei ritardi nella designazione del procuratore capo a Roma, però immagino che, se non è imminente, si possa anche provare a chiedere di fare incontri con il procuratore aggiunto Prestipino, che conosce perfettamente la materia, così come Colaiocco, che la conosce ugualmente perfettamente. Sono queste le cose che possiamo chiedere. Naturalmente, noi lo facciamo sempre in stretta collaborazione con la Procura; io vedo la Pag. 17Procura veramente molto regolarmente su questa vicenda. «Nel team ci sono le stesse persone?» A me non risulta, non lo so. Su questo mi riservo, naturalmente, di fare una verifica con la Procura; mi sembrerebbe obiettivamente una provocazione.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Noi abbiamo protestato in questa occasione?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. No, perché non mi risulta. Io non ho protestato, non abbiamo fatto azioni di protesta perché non mi risulta che ci siano le stesse persone indagate.

  PRESIDENTE. Questa è un'informazione che ci ha dato la Procura, dicendo che nella prima fase delle indagini e non in questo team investigativo – vado adesso a memoria – forse il maggiore Sharif stesso, che è uno degli indagati, e Helmy facevano parte del team investigativo del Cairo con cui si confrontarono i nostri investigatori dei ROS e dello SCO che arrivarono lì, proprio all'inizio.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Se questa informazione è stata fornita dalla Procura, ovviamente è vera. A me non risultano proteste; devo fare una verifica ulteriore. Quando sarebbe successo questo? In che periodo?

  PRESIDENTE. Nel 2016, proprio all'inizio delle indagini, quando arrivò il nostro team investigativo al Cairo, nei primi due mesi. Nella controparte egiziana c'erano sia Helmy sia Sharif; poi ovviamente loro risulteranno indagati dopo.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Quindi, la domanda è se dopo, una volta che è stato rilevato dalla Procura che le persone indagate erano nel team originario, sia stata effettuato un passo da parte nostra. Questa è la domanda?

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Non è esattamente un segno di disponibilità a collaborare. Non è l'unico, però forse è il più eclatante in questo momento, nel senso che dall'inizio le autorità egiziane non hanno messo a disposizione delle persone neutre; hanno messo a disposizione delle persone che sono poi quelle che per noi sono indagate.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Su questo faccio un'ulteriore verifica; a me non consta, però siccome si tratta di eventi pregressi – forse in quel periodo facevo anche un altro mestiere – devo assolutamente verificare. Laddove dovesse esserci stato, mi riservo di farvelo sapere.
  In cosa è cambiata la nostra collaborazione? È del tutto evidente che la qualità delle relazioni è profondamente cambiata dopo il caso Regeni; su questo non ci sono dubbi. Prima del caso Regeni l'Egitto era nostro partner commerciale numero uno, ma non era soltanto una questione di relazione economica: era un partner fondamentale, come certamente è nel Mediterraneo, ma soprattutto era un partner i cui rapporti non solo erano storici, ma soprattutto erano stati costruiti nel corso degli anni con investimenti politici, con investimenti economici, con investimenti di cooperazione allo sviluppo, che hanno permesso certamente di far crescere anche in termini di sviluppo e di assistenza umanitaria la relazione fra i due Paesi. A partire dalla scomparsa di Regeni è venuta meno la fiducia dell'Italia nei confronti di questo Paese, una fiducia che all'inizio ci induceva a ritenere che sarebbe stato possibile, proprio grazie a quell'investimento pregresso, di agire rapidamente, non necessariamente forse trovando facilmente la verità, ma certamente ci aspettavamo una collaborazione fattiva che non ci portasse ad aspettare mesi per un riscontro a una rogatoria o quant'altro. Tutto questo ha fatto sì che sono venuti meno la collaborazione in campo Pag. 18multilaterale, il sostegno reciproco nelle candidature nelle organizzazioni internazionali, i rapporti economici, la nostra capacità di dialogare per trovare delle azioni comuni in campo internazionale, ivi compreso sulla Libia. È inutile negarlo. Quindi, in tutto lo scacchiere del Mediterraneo. Le consultazioni che ugualmente cerchiamo di avere con le controparti non sono più così franche, così dirette come potevano essere nel passato. Quindi, è vera l'affermazione dell'onorevole Quartapelle secondo cui la qualità delle relazioni fra l'Italia e l'Egitto è profondamente cambiata.

  PRESIDENTE. Abbiamo l'ultimo giro di domande. Inizia l'onorevole Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Aggiungo due cose rispetto alle domande che ho già ascoltato e alle risposte che hanno già chiarito alcuni dubbi che avevo. Noi abbiamo appreso dall'audizione, in particolare del procuratore Prestipino e del procuratore Colaiocco, e poi lo abbiamo appreso anche dalla stampa, il fatto che ci sia stata, non dico una svolta, ma un di più rispetto alla vicenda di Giulio Regeni, che ha coinvolto un altro Paese, il Kenya. Volevo sapere se rispetto al Kenya la Farnesina ha avviato delle azioni o altro per acquisire informazioni, anche perché abbiamo appreso – ripeto – dalla lettura dei giornali, ma anche dalle audizioni, che vi è stata una vicenda che ha coinvolto, tra l'altro, una delle persone che poi risulta indagata. Quindi, volevo sapere se siete stati attivati per acquisire informazioni o avere la possibilità di una procedura di acquisizione di informazioni con il Kenya.
  Ci hanno riferito i genitori di Giulio Regeni e l'avvocato Ballerini che nel periodo successivo alla vicenda di Giulio, in Italia sarebbero stati oggetto di una sorta di spionaggio, di attenzione particolare da parte di persone egiziane. Mi domandavo se per caso la Farnesina ne sia a conoscenza e se per caso abbia attivato qualche canale con l'Egitto anche per acquisire informazioni o semplicemente per lamentare il fatto che vi siano queste attività che vengono fatte in un Paese diverso dal loro da parte di cittadini, dico, egiziani. Terzo e ultimo: una conferma, ma credo che abbia già risposto al collega Pettarin. Possiamo dire che la procedura di segnalazione della scomparsa di un cittadino italiano in Egitto dopo il 25 gennaio del 2016 non è cambiata? Cioè, oggi, se scompare un cittadino italiano in Egitto, la procedura è la stessa di quella precedente al 25 gennaio 2016 o qualcosa è cambiato?

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Magi.

  RICCARDO MAGI. Tornando sul piano dei fatti e della ricostruzione dei fatti, da quello che ricordo, la notizia della scomparsa di Giulio Regeni viene data all'ambasciatore Massari dal professor Gervasio praticamente – forse ce l'ha ricordato anche lei oggi – tre ore dopo quando sarebbe avvenuta la scomparsa. Nella tempestività di questa chiamata che viene fatta, ci fu da parte dell'ambasciatore Massari, da parte vostra la lettura di un allarme particolare? Questo è in parte collegato anche alla questione dei protocolli che lei giustamente ci ha detto essere variabili in base al caso specifico, alle caratteristiche di quel caso. In questo caso, nell'allarme, nel modo in cui l'allarme venne dato dal professor Gervasio, nel contesto, si poteva presumere che ci fossero dei motivi particolari di preoccupazione?
  Sottolineo che l'altro punto importante che lei oggi ci ha ricordato, cioè il collegamento e il dialogo con i familiari, avvenne invece due giorni dopo, perché vennero avvisati dalla console, se non sbaglio, il 27. Grazie.

  PRESIDENTE. L'ultimo intervento è del collega Penna.

  LEONARDO SALVATORE PENNA. Grazie, presidente. Una considerazione e una domanda. La considerazione è questa: siamo abituati a occuparci del caso Regeni come di un caso che riguarda l'Egitto e l'Italia. Io credo però che dentro questa vicenda non ci sono solo l'Egitto e l'Italia, ma c'è come attore di prima grandezza anche la Gran Pag. 19Bretagna, perché, se è vero che Regeni è cittadino italiano e che l'Egitto è il luogo dove purtroppo è stato ucciso, è pur vero che è quasi sicuro o comunque con una buona approssimazione che in Gran Bretagna ci siano le ragioni per cui tutto questo è avvenuto. In tutte le audizioni che hanno preceduto questa, si è registrata l'impossibilità di audire, ascoltare, comunque interrogare la tutor di Regeni. Può la diplomazia italiana intervenire presso la diplomazia inglese e, per il suo tramite, presso la magistratura per far sì che, se non riusciamo a costringerla a parlare con i nostri inquirenti, quantomeno si possa acquisire tutta la documentazione che ha interessato la Commissione della ricerca di Regeni, tutto quello che l'ha preceduto e poi l'ha accompagnato nel corso dell'iter che ha portato poi Giulio al Cairo, in Egitto? Questa è la domanda, grazie.

  PRESIDENTE. Su quest'ultimo passaggio mi permetto di aggiungere che in realtà non è corretto che noi non abbiamo potuto ascoltare la tutor, perché, come ci ha detto qui il procuratore Colaiocco, la tutor è stata ascoltata secondo le norme e le rogatorie internazionali della cooperazione giudiziaria con l'Inghilterra, solo che lei si è rifiutata di rispondere – com'è suo diritto, secondo le norme inglesi – direttamente ai nostri procuratori, ma ha risposto alle domande formulate dai nostri investigatori attraverso le autorità inglesi, alla presenza della nostra Procura. Il punto è la reticenza nel collaborare; cioè le risposte a quelle domande che riguardano responsabilità individuali sono state non collaborative, ma ad oggi non abbiamo un tema irrisolto sul piano della cooperazione giudiziaria, almeno così ci ha riportato la Procura, con il Regno Unito.

  LEONARDO SALVATORE PENNA. Qual è il nucleo della «committenza» che Giulio ha ricevuto? Non lo sappiamo ancora, esattamente.

  PRESIDENTE. Questo è il lavoro della Commissione. Do nuovamente la parola alla collega Sportiello.

  GILDA SPORTIELLO. Prendendo spunto dalle sue risposte di cui la ringrazio, volevo farle un'ulteriore domanda: precisamente, lei ha avuto modo di recarsi al Cairo dopo l'ottobre 2019? Se sì, chi sono stati i suoi interlocutori? Poi volevo farle una domanda per prendere spunto e anche per capire come poter intervenire per migliorare le nostre azioni. Come ricordava prima il collega Magi, la famiglia è stata avvisata circa due giorni dopo, nonostante l'allarme fosse partito sin da subito. Volevo chiederle se questa è solitamente una prassi che si segue per altre motivazioni. La famiglia però ci ha detto anche che in realtà non è stata assistita per raggiungere il Cairo subito dopo essere stata avvisata, come se avesse dovuto provvedere poi da sola a recarsi in Egitto in una situazione che loro già avvertivano come anche... mi correggo, non che già avvertivano come pericolosa, ma di cui probabilmente si aveva contezza. Per cui mi chiedo se i familiari di persone che sono coinvolti in casi simili a quelli di Giulio – anche sparizioni, arresti eccetera – vengano poi assistiti in altri casi così come sembra non essere successo per la famiglia di Giulio e se questo può essere qualcosa su cui potremmo intervenire. Grazie.

  PRESIDENTE. Nel darle la parola per rispondere, integro questa domanda, così dà un'unica risposta. Nell'audizione con la famiglia di Giulio Regeni c'è stato riferito che, per quanto attiene al trasferimento della salma in Italia e poi all'ospedale qui a Roma, dove si è svolta l'autopsia, ha dovuto provvedere autonomamente la famiglia stessa. Volevo sapere se questo rientra tra le prassi e perché, invece, la Farnesina non si sia occupata delle procedure burocratiche e del trasferimento della salma in un caso come questo.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Kenya: l'ambasciata è stata immediatamente coinvolta, anzi direi che è stata l'ambasciata, se ricordo bene, ad avere le prime informazioni; e la nostra Procura ha inviato una Pag. 20rogatoria nel giugno del 2019 alle autorità keniote. Nell'ambito della cooperazione giudiziaria con il Kenya, nel luglio del 2019 c'è stato un incontro a Roma – ma di questo vi ha riferito la Procura stessa – fra i magistrati dei due Paesi e i carabinieri del ROS. Hanno svolto due missioni in Kenya, quindi la nostra pressione sulle autorità keniote è stata regolare, costante, fatta sempre, anche in questo caso, in stretto coordinamento con le richieste che ci venivano avanzate dalla Procura. Una volta comunicati i fatti alla Procura, è poi la Procura che ci indica come, quando e dove intervenire.
  Sulla vicenda dell'attività di «spionaggio» che sarebbe svolta nei confronti dei genitori, queste sono cose che succederebbero nel territorio nazionale. La Farnesina non è minimamente coinvolta, se non, una volta di più, su richiesta dell'autorità giudiziaria, che potrebbe chiederci spiegazioni o di fare interventi con le autorità egiziane, altrimenti è un'attività sul territorio nazionale di cui noi non siamo nemmeno a conoscenza. Naturalmente ne siamo a conoscenza perché ho letto le dichiarazioni della famiglia, ma non è nostra competenza. Immagino che le autorità di polizia e la Procura stessa siano attive in questo senso.
  Vorrei dare una spiegazione per quanto riguarda le domande simili che mi sono state poste. Alla prima domanda io ho risposto no, perché era di carattere generale: se esiste un protocollo generale, e ho spiegato che esistono dei princìpi che noi applichiamo e che però dobbiamo necessariamente adattare alle varie fattispecie. Alla domanda specifica dell'onorevole Serracchiani, se è cambiato qualcosa, la mia risposta è sì. È chiaro che oggi lo stato di allerta nei confronti di una sparizione in Egitto è molto maggiore; è inevitabile, è umano. Se mi dovesse arrivare sul tavolo una segnalazione, anche di qualcuno che si perdesse nel deserto, è evidente che umanamente c'è molta più attenzione; poi c'è un precedente di fronte al quale non possiamo non prendere atto della gravità di quello che può succedere. Questo, però, conferma la validità del protocollo. Quando dico che bisogna esaminare le cause e il contesto, il contesto ci induce a essere molto più attenti; quindi è cambiata, sì; direi che è cambiata.
  Sul Regno Unito credo che abbia risposto il presidente in maniera molto esaustiva e conferma quello che ho anche detto prima. Vi ho fatto l'elencazione di tutte le attività che sono state poste in essere su istruzione dell'allora Ministro Alfano e poi su richiesta della Procura. Vi sono delle risposte che sul piano formale sono state date. È stata riscontrata una certa riluttanza da parte dei singoli soggetti. Se ci sono ulteriori richieste, noi siamo più che disponibili a dare seguito. Il nostro attuale ambasciatore a Londra è parimenti disponibile a facilitare l'eventuale attività investigativa che la Procura volesse promuovere nel Regno Unito. Sul discorso dell'assistenza alla famiglia: innanzitutto, i casi di sparizioni, scomparsa, difficoltà sono tantissimi. L'Unità di crisi ne ha di tutti i tipi: dalla mamma preoccupata perché non trova il figlio al telefono fino a casi della gravità di quello di Regeni. Si cerca sempre di fermarsi un attimo e di capire il caso che si ha davanti. Nel caso di Regeni non è vero che la famiglia non è stata assistita: come è arrivata in Egitto, è stata assistita dal nostro ambasciatore – questo lo riconoscono anche i genitori. Prima, che cosa si pretende di fare? Non è che possiamo andare a cercare i genitori e poi pagare il viaggio. Se lo volessimo fare per tutti i casi, capite bene che non è possibile e non sarebbe forse nemmeno giusto. Quello che è importante è dare l'assistenza, una volta che si sono trovati in Egitto, assistenza che mi risulta l'ambasciatore Massari abbia dato con massima disponibilità. Poi si possono avere percezioni diverse, ma io ero in contatto telefonico quotidiano con l'ambasciatore Massari, il quale mi diceva della sua disponibilità non solo a incontrare, ad assistere, ad accompagnare i genitori; assistenza che, naturalmente, è diventata, anche sul piano umano, molto maggiore nel momento in cui, purtroppo, si è avuto conferma di quello che era successo. L'ambasciatore è stato anche molto coraggioso, perché, forzando la mano, ovviamente con la nostra autorizzazione, è andato in obitorioPag. 21 e ha avuto anche il compito molto difficile di dover «dialogare» con i genitori in quelle ore tremende, terribili. Quindi, non me la sentirei di dire che non ha dato assistenza ai genitori. Per quanto riguarda il trasferimento della bara, naturalmente tutte le pratiche sono state fatte con la massima celerità in ambasciata. Sono state accompagnate. Una volta che poi si arriva sul territorio nazionale, come sapete, cessa la competenza del Ministero degli esteri, cessa la competenza anche dell'Unità di crisi. Questo vale per il caso Regeni, così come per tutti i casi. Facendo riferimento ai giorni di oggi: adesso sta partendo un aereo per prendere gli italiani sulla famosa nave al largo delle coste giapponesi. Una volta che arrivano in Italia, termina la nostra competenza e subentra quella delle istituzioni preposte in territorio nazionale.
  Come vi ho detto nella mia relazione, sono stata al Cairo il 16-17 ottobre dell'anno scorso. Non ci sono più andata. Stavo pensando se avevamo incontrato in qualche contesto internazionale gli egiziani, ma non mi pare, salvo al MED (Mediterranean Dialogues), che è stato a fine novembre, inizio di dicembre 2019. Abbiamo incontrato il Ministro degli esteri Shoukry, ero presente all'incontro; l'abbiamo incontrato due volte, sia in una piccola bilaterale, con il Ministro Di Maio, sia in occasione della riunione con i Paesi africani confinanti con la Libia. Nella bilaterale, non nella riunione con i Paesi vicini, il primo punto all'ordine del giorno del Ministro Di Maio, come ormai è prassi, è stata la vicenda di Giulio Regeni.

  GILDA SPORTIELLO. A proposito del 17 ottobre, la domanda riguardava gli interlocutori.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Al mio livello, non ho incontrato interlocutori a livello politico, però ho posto con tutti gli interlocutori il problema Regeni, sollecitando – devo dire con un certo successo, perché poi è arrivata la lettera – la questione della riapertura del dialogo con le autorità e ho in particolare chiesto la restituzione degli effetti personali anche come segno di collaborazione. Ho chiesto il riscontro alle rogatorie, perché sono pendenti tuttora, e ho chiesto la possibilità di potere notificare ai cinque indagati la richiesta della Procura.

  RICCARDO MAGI. Forse non ho inteso io la risposta alla domanda che avevo posto: se nella chiamata del professor Gervasio all'ambasciatore Massari, così tempestiva rispetto al momento della scomparsa di Giulio poche ore dopo, ci fossero dei motivi di allarme particolare che erano di preoccupazione particolare e se questi fossero condivisi dall'ambasciatore.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Questa è una domanda cui potrà rispondere in maniera più precisa lo stesso ambasciatore Massari, che ha ricevuto la chiamata. Posso dirle quello che ho percepito io quando ho parlato con Massari, quando abbiamo cominciato ad avere contezza di quello che stava succedendo. Ho avuto l'impressione che certamente Massari era preoccupato e la preoccupazione è andata crescendo di fronte alle difficoltà, per esempio, di incontrare il Ministro dell'interno. Le impressioni e i fatti vanno poi analizzati dalla Procura con il dovuto rigore, ma l'impressione che ho avuto telefonicamente è che questa preoccupazione, a parte la segnalazione in sé, poi andava crescendo in Massari quando non c'erano riscontri in loco di attivazione o di disponibilità a incontrarlo.

  PRESIDENTE. Mi sono riservato infine alcune domande. Alcune sono state già poste dai colleghi e sono arrivate le risposte. Lei ha detto che, dal momento della sparizione e poi dell'uccisione di Giulio Regeni, ovviamente nel caso di un problema con qualche cittadino italiano in Egitto, c'è un allarme in più. Da quello che ci risulta, a parte un riferimento generico a quello che è accaduto a Giulio Regeni, sul sito della Farnesina, Viaggiare Sicuri, non c'è nessun avviso particolare e l'Egitto viene Pag. 22ritenuto ad ora un paese sicuro per il nostro Paese e per i nostri concittadini. Le volevo chiedere quali sono i criteri secondo cui si definisce un paese «sicuro» e quindi si alza il livello di allerta, perché ovviamente questa vicenda ci sembra anche abbastanza pericolosa come contesto. L'altra domanda è: perché l'ambasciatore Cantini viene inviato il 14 agosto? È una data abbastanza anomala, quindi qual è l'impulso, cioè chi decide e chiede che il 14 agosto, giorno prima di Ferragosto, venga inviato il nostro ambasciatore al Cairo? Non viene fatto né qualche giorno prima delle ferie estive né qualche giorno dopo, ma proprio il giorno prima di Ferragosto. L'altra domanda, in realtà, l'ha già posta la collega Quartapelle: che impatto ha avuto la tensione diplomatica che si è creata sui rapporti con l'Egitto? Nello specifico però volevo capire: uno, qual era stato l'impatto sull'interscambio commerciale in generale, cioè è aumentato o è diminuito in questi quattro anni l'interscambio commerciale con l'Egitto? Due, nello specifico, per quanto riguarda il settore della cooperazione militare: abbiamo letto in questi giorni le notizie di un possibile contratto – non si capisce se è stato già chiuso o no – sulla cessione di due fregate militari da parte del nostro Governo. A questo proposito le chiederei se questo contratto, questa cessione è stata già autorizzata dall'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (l'UAMA), alla Farnesina e in generale a quanto ammontano i contratti autorizzati per l'export di armamenti con l'Egitto in questo momento – se abbiamo questa informazione a disposizione oggi.

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Rispondiamo a quelle più facili: «perché il 14 agosto?» Onestamente, non so perché il 14 agosto; so solo che il Governo ha valutato che, alla luce di alcuni sviluppi che, come sapete e come ha comunicato la Procura, si erano registrati, potesse essere utile il ritorno dell'ambasciatore al Cairo – questo sì, lo posso dire – perché la valutazione fu fatta proprio in base alla convinzione che l'ambasciatore avrebbe potuto contribuire ad aumentare, a garantire maggiore collaborazione anche sul piano delle attività giudiziarie. Ora, perché è stato il 14 onestamente non lo so, però posso certamente testimoniare direttamente che la decisione fu molto ponderata e si basò veramente sull'onesta convinzione che l'ambasciatore, come è suo dovere, avrebbe potuto contribuire a rafforzare la collaborazione.
  «Paese sicuro», lei si riferisce al sito Viaggiare Sicuri della Farnesina. Gli avvisi sul sito Viaggiare Sicuri sono di norma coordinati fra i Paesi dell'Unione europea, quindi la nostra indicazione è analoga a quella dei principali partner europei. Noi abbiamo naturalmente l'aggiunta, come lei ha richiamato, del caso Regeni, con la quale si segnala che la vicenda deve indurre a una certa cautela anche in termini comportamentali. Dichiarare il Paese «non sicuro» ha delle conseguenze ben maggiori. Ovviamente, poi bisognerebbe vedere che cosa vuol dire. Non c'è una norma che stabilisca cos'è un Paese sicuro e cosa non è un Paese sicuro. È nella discrezionalità politica il voler indicare pubblicamente se si tratta di Paese sicuro o di Paese non sicuro, con tutte le implicazioni che questo comporta. Quello che noi abbiamo sempre fatto ormai da tantissimi anni è uniformare il più possibile i linguaggi degli avvisi ai viaggiatori, perché poi teniamo presente che ci si rivolge al pubblico con questi avvisi, come fanno tutti i nostri partner europei.
  Per quanto riguarda l'export, mi riprometto, presidente, di mandarvi le tabelle che riguardano l'export. Vi posso dire che dal gennaio al settembre 2019 l'export è stato un miliardo e mezzo, quindi una cifra veramente modesta, certamente inferiore a quelle che si registravano prima della vicenda Regeni. Lei poi giustamente ha tenuto separato l'export generale dall'export che riguarda la cooperazione nel campo militare. È imminente l'invio da parte del Ministero degli esteri, come prevede la legge, delle tabelle che riguardano l'export militare, tabelle che la UAMA mi risulta dovrebbe mandare veramente a giorni tramite noi al Gabinetto per il successivo inoltro al Parlamento. Avrete tutte le cifre Pag. 23precisissime sull'export militare in tutti i Paesi, ivi compreso quello dell'Egitto. Anch'io ho letto i giornali su quello che riguarda le due fregate, le FREMM, con l'Egitto. Mi risulta che sia stata data autorizzazione da parte della UAMA alla trattativa. Voi conoscete la legge, che è piuttosto complicata. Vi è una grossa distinzione fra l'autorizzazione alla trattativa e l'autorizzazione a stipulare il contratto. Le trattative sono tante; l'autorizzazione alla trattativa è stata data acquisendo il parere di tutte le istituzioni interessate. Quindi, la trattativa è autorizzata; il contratto ancora no.

  PRESIDENTE. La collega Quartapelle per una precisazione.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Questo significa che comunque è stata fatta una valutazione di ordine politico, nel senso che, se si inizia a trattare, vuol dire che c'è una disponibilità da parte italiana a concludere il contratto e che restano solo degli aspetti tecnici relativi alla trattativa oppure si fa una trattativa, ma a un certo punto può arrivare uno stop di ordine politico?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La seconda. La trattativa è concessa dalla UAMA conformemente a quanto prevede la legge ed è una valutazione tecnica, cioè viene fatta se sussistono i requisiti e su richiesta delle aziende che vogliono partecipare. Dopodiché per l'autorizzazione a contrarre è necessaria una valutazione politica. Quindi, ancora non ci siamo.

  PRESIDENTE. Il collega Trancassini.

  PAOLO TRANCASSINI. Ho ascoltato la sua risposta rispetto al fatto che l'Egitto sia o meno un posto sicuro. Ci ha detto che non esiste comunque una norma di riferimento, ma secondo lei è un posto sicuro?

  PRESIDENTE. C'è il collega Pettarin, così chiudiamo le precisazioni. Poi le chiedo anche un'ultima cosa io.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Rapidissimo: se nel contesto di quanto è accaduto – in qualche maniera mi collego alla necessità di affrontare volta per volta le situazioni, di adattare il protocollo basale alla singola situazione – vi è o meno un coordinamento tra le omologhe autorità che seguono questi riferimenti nei Paesi europei. Quindi la vicenda Regeni ha anche coinvolto un coordinamento comunitario rispetto a questo ambito?

  PRESIDENTE. Un'ultima richiesta di precisazione rispetto all'argomento precedente: nella fase autorizzativa, la valutazione di ordine politico quando avviene? In questo caso è avvenuta prima? L'UAMA fa una valutazione tecnica e non c'è un coinvolgimento politico nella decisione se vendere o non vendere due navi da guerra a un Paese come l'Egitto? Attualmente è stata autorizzata la trattativa perché c'è a valle una valutazione politica o c'è già stata una prima valutazione politica all'inizio che ha permesso di aprire la trattativa?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La mia opinione sul fatto che l'Egitto sia o meno un Paese sicuro: le devo rispondere dicendo che dipende. Se io vado in Egitto, mi sento assolutamente sicura, perché sono un funzionario diplomatico che viaggia tranquillamente in Egitto. Se dovessero esserci dei turisti, a parte il discorso terrorismo, che ovviamente può colpire perfino Parigi, come abbiamo visto, è un conto; è diverso se si fanno certi tipi di attività. Mi sembra che la vicenda Regeni dimostri ampiamente che certe attività di ricerca e certe attività, chiamiamole, «invasive» rispetto a quello che è un ordinamento diverso dal nostro possono essere molto pericolose; quindi da quel punto di vista ovviamente no. La risposta è: bisogna vedere chi vuole recarsi in Egitto e che tipo di attività si intende svolgere.
  Il coinvolgimento dell'Unione europea per il caso Regeni: come voi sapete, molte volte è stato chiesto dal Governo italiano alle istituzioni europee di sollevare la questionePag. 24 Regeni anche nel dialogo che c'è fra l'Unione europea e l'Egitto. Molte volte, da ultimo anche nel caso Zaki, è stato chiesto ai Paesi europei di fare passi congiuntamente a noi; anzi possiamo anche ricostruire – questa è una parte che ho omesso di indicare nella mia relazione – le volte in cui sono stati fatti passi o chiesti passi congiuntamente ad altri Paesi dell'Unione europea. A volte abbiamo avuto collaborazione, a volte ne abbiamo avuta meno. Per quanto riguarda il tema specifico del protocollo, premesso che ogni caso è diverso e premesso che anche la postura di ciascun Paese è diversa a seconda delle situazioni, l'Italia è un Paese – lasciatemelo dire – molto attento alla tutela dei propri connazionali all'estero. Altri Paesi – pensate soltanto agli americani – hanno molta meno sensibilità nei confronti dei propri connazionali, secondo la mentalità e l'ordinamento americano, anche se ultimamente è un po’ cambiato. Loro dicono: se decidi di andare all'estero, te ne assumi le responsabilità. Noi, invece, forse anche per tradizione storica, per l'immigrazione italiana che c'è stata, siamo molto più attenti alla tutela dei nostri connazionali e dei nostri interessi all'estero. È chiaro che si cerca sempre di trovare un coordinamento, ma poi la responsabilità dell'assistenza e della tutela dei connazionali, rimane anche nel contesto europeo, responsabilità dello Stato. È l'elemento cardine della sovranità statuale; quindi ci prendiamo le nostre responsabilità.
  Tornando al discorso della decisione sulle fregate, a me non risulta che l'autorità politica sia stata coinvolta, però posso anche non essere a conoscenza di tutti i passaggi. So che la legge consente alla UAMA di dare una valutazione tecnica per l'avvio di trattazione. Le trattative sono il 90 per cento di un 100 per cento di attività. Si fa una trattativa, poi non sempre va in porto; quindi vanno in automatico, però su questo naturalmente posso riservarmi di farvi sapere contattando la UAMA o potete sentire direttamente il responsabile della UAMA per come è stata gestita questa vicenda specifica. Quello che so, perché l'ho chiesto ieri vedendo anche l'attenzione che la stampa dà a questa materia, è se eravamo in una fase già di contratto e mi è stato detto di no.

  PRESIDENTE. C'è stata un'attività da parte della nostra ambasciata rispetto a questa trattativa che si è fatta con il Cairo?

  ELISABETTA BELLONI, Segretaria generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Non mi pare. Non mi pare che l'ambasciata sia stata coinvolta. Posso verificare ulteriormente.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatrice Belloni per la disponibilità, per le informazioni, per l'importante audizione che abbiamo avuto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.35.