Sulla pubblicità dei lavori:
Terzoni Patrizia , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, sulle recenti iniziative normative dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Terzoni Patrizia , Presidente ... 3
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 12
Labriola Vincenza (FI) ... 12
Muroni Rossella (LeU) ... 14
Occhionero Giuseppina (IV) ... 15
Patassini Tullio (LEGA) ... 16
Federico Antonio (M5S) ... 17
Braga Chiara (PD) ... 18
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 19
Lucchini Elena (LEGA) ... 19
Mazzetti Erica (FI) ... 20
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 22
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 22
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 24
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
PATRIZIA TERZONI
La seduta comincia alle 12.05.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera e la trasmissione diretta sulla web tv.
Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, sulle recenti iniziative normative dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, sulle recenti iniziative normative dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici.
Nel ringraziare il Ministro per la sua partecipazione ai lavori della Commissione, gli cedo la parola per lo svolgimento della relazione.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie presidente, grazie signori deputati. Con il permesso della presidente, io come sempre leggerò la relazione e interverrò a braccio per chiarire alcuni temi in modo anche più discorsivo.
Nella consapevolezza che i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia urgente per la società e il pianeta, l'Accordo di Parigi pone l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi e di proseguire gli sforzi per limitare l'aumento a 1,5 gradi centigradi, raggiungendo un equilibrio tra le emissioni antropogeniche da parte delle fonti e gli assorbimenti da parte dei pozzi di gas a effetto serra nella seconda metà di questo secolo. In tale quadro, l'Accordo di Parigi prevede che tutti i Paesi sottoscrittori presentino un contributo determinato a livello nazionale, gli NDF (Nationally Deterined Contributions), che identifichi l'impegno di ciascun Paese per la riduzione delle emissioni e il raggiungimento degli obiettivi. Gli Stati membri dell'Unione europea hanno presentato nel 2015 il proprio NDF al 2030 in maniera congiunta, con un obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra complessivo del 40 per cento rispetto al 1990, così come approvato dal Consiglio d'Europa nel 2014. Entro il 2020, quindi, l'Accordo di Parigi prevede che i Paesi sottoscrittori che hanno presentato un NDF con orizzonte al 2025 dovranno aggiornarlo, mentre i Paesi con NDF con orizzonte al 2030, come è il caso dell'Unione europea e quindi il nostro, dovranno confermarlo o aggiornarlo.
L'11 dicembre del 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione sul Green Deal europeo, una «strategia di crescita mirata a trasformare l'Unione europea in una società giusta e prospera, dotata di un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall'uso delle risorse», come si legge nel documento della Commissione europea. Il Green Deal europeo rappresenta una tabella di marcia iniziale delle principali politiche e misure necessarie per raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica, che è stato approvato Pag. 4in occasione del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019, nonché per stimolare l'uso efficiente delle risorse, arrestare i cambiamenti climatici, mettere fine alla perdita di biodiversità e ridurre l'inquinamento. Esso riguarda tutti i settori dell'economia, in particolare i trasporti, l'energia, l'agricoltura, l'edilizia e i settori industriali quali l'acciaio e il cemento, le tecnologie dell'informazione e della Comunicazione – le cosiddette «TIC» –, i prodotti tessili e le sostanze chimiche.
Ciò significa che tutti i Paesi dell'Unione europea dovranno raggiungere l'azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra principalmente attraverso la riduzione delle emissioni, l'investimento nelle tecnologie verdi e la protezione dell'ambiente naturale. Le norme intendono garantire che tutte le politiche europee contribuiscano a tale obiettivo e che tutti i settori dell'economia e della società facciano la loro parte.
Quali sono, quindi, i principali elementi del Green Deal? Io ne ho segnati dodici. Ve li rappresento brevemente: 1) una legge europea per il clima che declina il target di neutralità climatica entro il 2050 introdotto nella legislazione europea; 2) la presentazione di una valutazione dell'impatto, che è prevista per il settembre di quest'anno, finalizzata ad aumentare in modo responsabile l'obiettivo dell'Unione europea di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030 ad almeno il 50-55 per cento rispetto ai livelli del 1990, prima fissato al 40 per cento; 3) la revisione della pertinente normativa per dare attuazione a tale incremento del livello di ambizione, prevista per il giugno del 2021, ovvero dopo aver letto il calcolo dell'impatto a settembre 2020; 4) l'introduzione di un carbon border adjustment mechanism per far fronte al problema del cosiddetto «carbon leakage», ovvero la delocalizzazione; l'intenzione della Commissione è quella di cominciare con alcuni settori per procedere poi a una progressiva estensione di queste misure. 5) una nuova strategia dell'Unione europea di adattamento ai cambiamenti climatici, prevista per settembre dell'anno corrente; 6) una strategia industriale dell'Unione europea per affrontare la doppia sfida del verde e della trasformazione digitale, presentata nel primo semestre; 7) un nuovo piano d'azione per l'economia circolare che contribuirà a modernizzare l'economia dell'Unione europea e stimolerà lo sviluppo di mercati per prodotti circolari e neutrali dal punto di vista climatico; il piano di azione attualmente è in corso di discussione a Bruxelles; 8) una strategia per una mobilità sostenibile e intelligente, che verrà presentata entro dicembre di quest'anno: saranno esaminate opzioni legislative per promuovere la produzione e l'immissione sul mercato di carburanti alternativi sostenibili per i diversi modi di trasporto e sono inoltre previste la revisione della direttiva sulle infrastrutture per i carburanti alternativi e norme più rigorose sulle emissioni di inquinanti atmosferici per i veicoli a motore a combustione; 9) una strategia sulla biodiversità, che è stata presentata a maggio 2020, sulla base della quale sarà predisposta una nuova strategia forestale dell'Unione europea, che avrà come obiettivi chiave l'imboschimento efficace – notate: non il rimboschimento, ma l'imboschimento, cioè terre mai imboschite, almeno non a memoria d'uomo – e la conservazione e il ripristino delle foreste in Europa; quindi rimboschimento, questo al fine di contribuire ad aumentare gli assorbimenti di anidride carbonica, ridurre l'incidenza e l'estensione degli incendi boschivi e promuovere la bioeconomia; 10) un piano d'azione a zero inquinamento per aria, acqua e suolo, la cui presentazione è prevista nel 2021; saranno inoltre rivisti gli standard di qualità dell'aria per allinearli maggiormente alle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ed esaminare misure per combattere l'inquinamento provocato dai grandi impianti industriali. 11) una strategia sui prodotti chimici per la sostenibilità al fine di garantire un ambiente privo di sostanze tossiche, attesa nell'ultimo trimestre di quest'anno; 12) un piano di investimenti per l'Europa sostenibile che considererà finanziamenti per supportare investimenti sostenibili e creare una cornice a favore degli investimenti verdi. Nell'ambito di tale piano è Pag. 5stato presentato un meccanismo per una transizione giusta, il just transition mechanism, che include un fondo dedicato che si chiama just transition fund, destinato a lievitare dai previsti 7,5 miliardi di euro a circa 40 miliardi, a causa della vicenda Covid. Ovviamente questo varrà per tutti i Paesi dell'Unione europea, tra cui anche l'Italia, lì dove ci sono anche altre problematiche ad alta intensità di carbonio che necessitano di essere avviate alla transizione energetica.
Affronterei, con il permesso della presidente, la legge europea per il clima, ovviamente sempre a flash. Elemento centrale del Green Deal europeo in materia di cambiamenti climatici è la legge europea per il clima. Come voi sapete, il 4 marzo del 2020, quindi poco prima del lockdown, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento per istituire il quadro per il conseguimento della neutralità climatica dell'Unione europea entro il 2050.
A mio parere, la legge si fonda su tre principali pilastri. Il primo è la revisione dell'obiettivo dell'Unione europea al 2030, che, come ho detto prima, verrà depositata entro la fine del mese di settembre del 2020, e la conseguente revisione della pertinente normativa per dare attuazione all'incremento del livello di ambizione. Quest'ultima, come avevo detto prima, entro il giugno 2021. La proposta prevede, in linea con quanto previsto dal Green Deal, che la Commissione esplori opzioni per l'innalzamento dell'obiettivo compreso in una forbice tra il 50 e il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990.
Il secondo pilastro è la definizione di una traiettoria di riduzione delle emissioni per il periodo 2030-2050 – quindi parliamo di una traiettoria – attraverso la procedura di atti delegati. Nel definire la traiettoria, la Commissione deve considerare l'efficienza economica e il principio di costo-efficacia, la competitività dell'economia dell'Unione, le migliori tecnologie, i principi di equità e solidarietà tra gli Stati membri, gli sviluppi internazionali e gli sforzi intrapresi per raggiungere gli obiettivi di lungo termine nell'ambito delle Nazioni Unite, le evidenze scientifiche più recenti, inclusi i rapporti della IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Voglio precisare che è attualmente in discussione la procedura degli atti delegati prevista dalla Commissione, che potrebbe quindi agire in autonomia senza assegnare un ruolo molto preciso agli Stati membri né al Parlamento europeo. Ci sono motivi per un dialogo ancora abbastanza vigoroso da parte dei ventisette Paesi membri dell'Unione europea, perché significa assegnare alla Commissione quasi una sorta di delega in bianco, però è in discussione, ne è stata presentata la bozza il 4 marzo, quindi recentemente.
Il terzo elemento è un meccanismo di monitoraggio dei progressi al fine del raggiungimento dell'obiettivo della neutralità climatica. La proposta prevede che entro il 30 settembre del 2023, e poi ogni cinque anni, la Commissione valuti i progressi raggiunti collettivamente dall'Unione europea e, qualora dall'analisi dei Piani Nazionali Integrati per l'Energia e il Clima (PNIEC) risulti uno sforzo non sufficiente, la Commissione può formulare raccomandazioni ed eventualmente prevedere nuove misure al fine di consentire il raggiungimento dell'obiettivo di neutralità climatica al 2030, nonché rivedere la traiettoria di riduzione. La revisione fissata al 2023 coincide temporalmente, e non per caso ovviamente, con il processo di stocktaking, cioè il bilancio sulla situazione previsto proprio dall'Accordo di Parigi, quindi è collegato all'Accordo di Parigi.
Vediamo l'attuale stato del procedimento. La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro per conseguire la neutralità climatica è stata presentata in occasione del Consiglio dei Ministri dell'ambiente del 5 marzo 2020, dove ovviamente io ho rappresentato l'Italia, ed è attualmente in discussione nell'ambito del pertinente gruppo di lavoro del Consiglio, ossia il gruppo ambiente. Sono previste ulteriori riunioni del gruppo di lavoro consiliare nei mesi di giugno, quindi entro pochi giorni, e di luglio per proseguire la discussione. La Commissione ha inoltre avviato incontri bilaterali virtuali con gli Stati membri per un confronto in merito ai principali elementi Pag. 6 della proposta. Infine, in occasione del Consiglio dei Ministri dell'ambiente fissato per il prossimo 23 giugno in modalità di video call, è previsto un dibattito sulla ripresa verde strutturato su due piani, uno climatico, con un focus specifico sulla proposta di legge per il clima di cui stiamo dicendo, e uno ambientale, con focus sull'economia circolare e biodiversità.
Quali sono, dunque, i temi prioritari per il Ministero dell'ambiente che vi propongo? I principali argomenti di discussione sono i seguenti.
Il primo è l'obiettivo di neutralità climatica al 2050. La proposta prevede all'articolo 2, paragrafo 1, un obiettivo vincolante per l'Unione europea finalizzato al raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Tutti i settori economici disciplinati dal diritto dell'Unione contribuiranno al raggiungimento di tale obiettivo. Si segnala, al riguardo, che alcuni Paesi chiedono che l'obiettivo di neutralità climatica sia definito a livello di Stato membro e non di Unione europea, sulla qual cosa l'Italia non concorda.
Il secondo è la revisione del target al 2030. La proposta prevede che entro settembre 2020, quindi entro pochi mesi, la Commissione europea riveda l'obiettivo di riduzione europea delle emissioni al 2030 ed esplori opzioni per innalzarlo nella forbice di cui abbiamo detto prima, 50-55 per cento, rispetto ai livelli del 1990. In buona sostanza, aspettiamo che la Commissione presenti le analisi di impatto al Consiglio dei Ministri dell'ambiente e che si valuti, su quella base, che accordo politico raggiungere nella forchetta di cui vi parlavo (50-55 per cento). La definizione del target al 2030 consentirà all'Unione europea di presentare, dopo il mese di settembre quindi, il proprio NDF aggiornato nell'ambito dell'Accordo di Parigi. Come precedentemente rappresentato, la presentazione dell'obiettivo, cioè dell'NDF, dovrà avvenire necessariamente entro la fine dell'anno solare corrente. Al fine di rispettare tale tempistica e su richiesta di molti Stati membri, la Commissione ha rappresentato l'intenzione di avanzare una proposta di emendamento alla legge europea per il clima, quella di cui abbiamo detto prima, presentata il 4 marzo, successivamente all'approvazione in sede di Consiglio europeo in merito all'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030, che sarà basato sulla valutazione di impatto che sarà presentata dalla Commissione in settembre. Come vedete le cose si collegano tra di loro.
Il terzo punto è la traiettoria per raggiungere la neutralità climatica. All'inizio dell'audizione ho citato il concetto di traiettoria nel medio e lungo termine. La proposta prevede, all'articolo 3, la definizione di una traiettoria al fine di valutare i progressi dell'Unione europea verso il raggiungimento dell'obiettivo della neutralità climatica. La proposta prevede, inoltre, che tale traiettoria venga definita attraverso la procedura di atti delegati – avevo fatto prima cenno alla tipologia dell'atto delegato, sul quale si sta discutendo in questo momento tra gli Stati membri – tenendo conto dei criteri fissati dall'articolo stesso e sarà determinata partendo dall'obiettivo al 2030 rivisto, come abbiamo detto, per terminare con l'obiettivo di neutralità climatica al 2050; quello è intangibile. Altro elemento è la strategia di lungo termine, da definire per ogni Paese entro l'anno corrente, quindi il 2020. Al fine del raggiungimento degli obiettivi climatici descritti finora, l'articolo 4.19 dell'Accordo di Parigi invita le parti a comunicare, entro l'anno 2020, le strategie di sviluppo a bassa emissione di gas serra di lungo periodo, con orizzonte temporale al 2050, e non è un caso, perché ovviamente abbiamo detto che quello è il riferimento della neutralità carbonica. Aggiungo, in questo caso, che l'idrogeno per l'Italia è una delle componenti previste nella strategia di lungo termine.
Inoltre, il regolamento europeo 2018/1999 sulla governance dell'Unione dell'energia prevede che gli Stati membri elaborino e comunichino alla Commissione la propria strategia a lungo termine con un orizzonte al 2050. Quindi ogni Stato membro elabora la propria strategia di lungo termine e la deposita entro l'anno corrente. Il 28 novembre 2018 la Commissione ha presentato la Comunicazione «A clean planet for all», una visione strategica di lungo termine per Pag. 7un'economia prospera, moderna, competitiva e neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. La Comunicazione è accompagnata da una valutazione di impatto che analizza diversi scenari di decarbonizzazione, tra cui due in particolare che consentono di raggiungere la neutralità climatica al 2050.
Nel marzo 2020, poco prima del lockdown, l'Unione europea ha comunicato la propria strategia a lungo termine per il 2050 alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e quindi già abbiamo un riferimento importante. Nell'ambito di questa strategia, l'Unione si prefigge di conseguire la neutralità climatica «investendo in soluzioni tecnologiche realistiche, coinvolgendo i cittadini e armonizzando gli interventi in settori fondamentali, quali la politica industriale, la finanza o la ricerca, garantendo nel contempo equità sociale per una transizione giusta».
Anche l'Italia, in continuità con il lavoro svolto nell'ambito del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), è in procinto di finalizzare la propria strategia di lungo termine, che analizza ipotesi e scenari per il raggiungimento dell'obiettivo di neutralità climatica al 2050. Quindi, come vedete, è tutto perfettamente in linea.
Gli scenari prendono in considerazione diverse opzioni tecnologiche, comprese quelle tecnologie che consideriamo oggi innovative, sebbene non necessariamente del tutto ancora implementate, che consentiranno un cambio radicale del modello di sviluppo economico italiano, nonché ipotesi per l'impiego di politica di economia circolare, e si ricollega al piano di azione di economia circolare di cui ho detto inizialmente.
Qual è, dunque, la posizione dello Stato italiano rispetto al quadro che vi ho rappresentato finora? Il nostro Paese sin dal principio ha accolto con favore il Green Deal europeo e, più nello specifico, la proposta di regolamento che introduce l'obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 nella legislazione dell'Unione.
L'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, così come il solido quadro di politiche che l'Unione europea sta introducendo, di cui abbiamo citato i dodici punti, rappresentano un quadro di riferimento per gli investimenti stabili e proiettati al futuro, nonché una condizione essenziale per la crescita verde e la creazione di nuovo lavoro. Come vedete, una volta fissati questi paletti essi durano fino al 2050, quindi c'è una prospettiva di investimento che ha una linea molto chiara e parallelamente l'analisi della traiettoria consente gli assestamenti di cui abbiamo detto prima.
A maggior ragione, in un momento come quello attuale in cui l'emergenza Covid-19 ha ridisegnato le priorità di tutti i Paesi, mettendo al primo posto la tutela della salute e dell'economia, abbiamo il dovere di provare a trasformare la crisi in un'opportunità e il Green Deal europeo, a nostro parere, può guidare tale cambiamento per stimolare l'economia e creare nuovi posti di lavoro e al tempo stesso affrontare i cambiamenti climatici.
Il Green Deal e la recente presentazione della proposta di regolamento per una legge europea sul clima, che conferisce forza di legge all'impegno politico di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, pongono dunque l'Unione europea ancora una volta in una posizione di leadership nella lotta ai cambiamenti climatici, dando credibilità alle proprie azioni per ottemperare agli impegni internazionali che la medesima Unione europea ha contribuito a definire. Quindi l'impegno assunto è reale.
In quest'ottica l'Italia, in occasione delle riunioni tecniche sulla proposta di legge europea per il clima, si è espressa a favore dell'innalzamento del livello di ambizione dell'Unione europea nella forbice compresa tra il 50 e il 55 per cento entro il 2030 – questo lo abbiamo già depositato agli atti come posizione ufficiale del Governo italiano – pur ponendo una riserva generale sull'intero provvedimento in attesa del consolidamento della posizione nazionale, in coordinamento con le altre amministrazioni competenti. Infatti, l'Italia ha rimarcato l'importanza che la revisione del target al 2030 – indicata dalla Commissione, ripeto, al 50-55 per cento – sia basata su un'accurata valutazione d'impatto, che come detto avremo entro settembre dalla Commissione stessa. Pag. 8
Inoltre, è stata rappresentata l'importanza del rispetto delle tempistiche di presentazione da parte dell'Unione europea degli NDF, ovvero degli obiettivi – perché ovviamente quello è l'elemento di riferimento – che devono essere ovviamente aggiornati entro la fine dell'anno corrente.
Naturalmente il nostro impegno per la decarbonizzazione è legato anche al ruolo proattivo di primo piano che abbiamo assunto con la Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) sul cambiamento climatico, quella che chiamiamo «COP 26», per intenderci, che si terrà il prossimo anno. Sapete tutti che si doveva tenere quest'anno, ma a causa del Covid è stata spostata all'autunno del prossimo anno.
Ufficialmente siamo partner dei britannici in questa iniziativa e organizzeremo a Milano la pre-COP, momento negoziale informale con i Ministri dei maggiori Paesi, che prepara e facilita la COP, e organizzeremo anche, per la prima volta nella storia delle COP, la Youth for Climate, una sorta – lo dico in modo improprio, per intenderci – di COP dei giovani di tutto il mondo. È un grande evento con la partecipazione dei giovani provenienti da ogni parte del mondo.
Uniremo i due appuntamenti, cioè la pre-COP e la Youth for Climate, per creare occasioni di dialogo tra i giovani e i «grandi», i soggetti strutturati, e di confronto e stimolo tra giovani, negoziatori e decisori politici. Crediamo, infatti, fortemente nel ruolo delle nuove generazioni, alle quali il futuro del mondo appartiene.
Lo scopo nostro è stato quello di passare dalla protesta significativa, che c'è stata e ancora c'è, alla proposta dei giovani e di verificare qual è la linea che andiamo a negoziare in nome e per conto dei giovani. Ci sembrava corretto che questa linea fosse definita nel luogo di facilitazione previsto dalle istituzioni, che è la pre-COP, perché poi, quando verrà determinata la cosiddetta «dichiarazione dei giovani di pre-COP», questa linea possa andare sul tavolo della COP di Glasgow, che si terrà poi a novembre del 2021.
Quindi abbiamo dato una collocazione istituzionale, ma anche una continuità con i grandi, coloro che decideranno. Non ne siamo convinti solo noi, che siamo stati i primi che hanno avuto questa intuizione a livello mondiale, ma questa linea è stata anche ben sposata dalle Nazioni Unite. Tenuto conto della grande ambizione che ci muove verso la COP, e quindi la pre-COP, insieme ai britannici e naturalmente di concerto con il Ministero degli esteri stiamo lavorando affinché tutti i Paesi assumano obiettivi di riduzione delle emissioni ambiziosi e si dotino di una strategia di lungo periodo.
Come Italia, sviluppiamo intese di cooperazione con i Paesi più deboli e vulnerabili. Pensate, per esempio, all'Africa e agli Stati insulari, con i quali abbiamo instaurato un nuovo rapporto molto proficuo. Teniamo anche conto che gli Stati del continente africano e le piccole isole del Pacifico sono coloro che subiscono maggiormente i cambiamenti climatici, avendone tecnicamente la minore responsabilità. Quindi c'è anche un dovere etico da parte dei Paesi del G7 o del G20. Con loro sviluppiamo intese di cooperazione per accompagnarli lungo questo percorso. Con i Paesi meno orientati verso l'implementazione dell'Accordo di Parigi mettiamo in campo una strategia di ingaggio che li spinga a fare di più anche in considerazione del loro crescente peso e quindi delle maggiori responsabilità nell'economia globale. Ci siamo resi, in sostanza, facilitatori nei confronti dei Paesi che chiaramente pesano molto nell'ambito dei cambiamenti climatici. Vi faccio un esempio: poco prima del lockdown, io ho avuto un incontro estremamente proficuo con il mio omologo indiano – l'India, che è il secondo Paese più popoloso al mondo, incide significativamente sui cambiamenti climatici – e ho ottenuto una risposta positiva di partecipazione e di analisi delle proposte che l'Italia sta mettendo sul tavolo.
L'Italia, dunque, si è già avviata lungo questo percorso e sta concludendo i lavori per la presentazione della strategia di lungo termine per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, il cui obiettivo è il raggiungimento della neutralità emissiva, come abbiamo detto, al 2050. Pag. 9
L'ISPRA, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, collabora a tale processo fornendo ai Ministeri interessati il proprio supporto tecnico, attraverso l'elaborazione di scenari di emissione e l'individuazione dei settori e delle aree in cui è necessario concentrare gli sforzi per superare quelli che oggi appaiono essere i fattori limitanti del processo di riduzione delle emissioni climalteranti. Tale stretta forma di collaborazione ha avuto avvio nel 2016 con l'istituzione di un tavolo per la decarbonizzazione presso la Presidenza del Consiglio ed è proseguita con la definizione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) del Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima e, a partire dai primi mesi del 2019, con l'elaborazione delle LTS (Strategie di lungo termine). Diversi esperti ISPRA fanno parte del gruppo di riferimento nazionale coordinato dal Mise (Ministero dello sviluppo economico) e dal MATTM (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), che partecipa al progetto di definizione degli scenari in interlocuzione con la Commissione europea.
Nel contempo proseguono – nell'ambito dei working group del Climate Change Committee, dove ISPRA garantisce la propria presenza – le attività tecniche necessarie a dare piena attuazione ai regolamenti adottati nel 2018 in materia di governance, energia e clima: in sostanza il PNIEC, l'Emission Trading System, l'Effort Sharing, cioè il meccanismo di riduzione delle emissioni nei settori non coperti dall'ETS (Emissions Trading Scheme) – pensate ai trasporti, all'edilizia e quant'altro – e il LULUCF (Land Use, Land Use Change and Forestry), ovverosia la capacità di assorbimento di carbonio dai terreni in base alla tipologia di coltivazione o di coltura. Pensate alle foreste, nel caso di specie: ritorniamo al concetto dell'imboschimento, di cui vi ho detto all'inizio del mio intervento.
Inoltre, per quanto riguarda le tematiche relative all'adattamento, pur in assenza di normative comunitarie specifiche, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sulla nuova strategia di adattamento, che è iniziata il 14 maggio e si chiuderà il 20 agosto di quest'anno.
ISPRA e il sistema nazionale agenziale sono impegnati altresì nello sviluppo di una piattaforma web per la sensibilizzazione sul tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici e supporto alle decisioni del Sistema nazionale agenziale. Stanno proponendo, in merito, un set di indicatori di impatto ai cambiamenti climatici connessi alle caratteristiche territoriali nazionali, coerentemente con le indicazioni comunitarie.
Con riferimento specifico alla componente acqua e alle recenti iniziative comunitarie in tema di adattamento ai cambiamenti climatici, sulla base di quanto segnalato sempre da ISPRA, si ritiene possibile costruire un meccanismo di accesso ai fondi europei dedicati all'adattamento, anche per finanziare le misure di mitigazione previste all'interno di altri piani, ad esempio di bacino e quelle previste nei piani di gestione di rischio alluvionale di cui alle direttive europee 2007-2060.
Il Ministero sta valutando la possibilità di usare fondi europei per l'adattamento anche per finanziare le misure di mitigazione previste all'interno di altri piani. La recente policy comunitaria riconosce la necessità, tra le altre, di una gestione adattiva delle acque e dei corpi idrici e dei relativi ecosistemi, menzionando esplicitamente la riqualificazione dei corsi d'acqua attraverso strategie di mitigazione dei rischi di alluvione che partano dall'utilizzo di misure basate sui processi naturali e sulla riduzione di vulnerabilità ed esposizione. Pensate al consumo di suolo, all'urbanizzazione di aree a rischio, previo rilassamento dei vincoli di piano.
A livello nazionale, l'assetto frammentario delle competenze in merito alle acque (concessioni, tutela, monitoraggio idrogeologico e quant'altro) si riflette in una conoscenza parimenti eterogenea in quantità e distribuzione delle informazioni, della disponibilità e fruibilità della risorsa idrica e dello stato degli habitat fluviali. Ad oggi non risultano monitorati, ad esempio, i prelievi reali della risorsa e non vi è ancora un'anagrafe delle concessioni e degli scarichi. Per fronteggiare, però, tali difficoltà pratiche, il Ministero ha avviato un'iniziativa di coordinamento delle autorità di bacino Pag. 10 nazionali che mira a utilizzare i fondi di sviluppo e coesione.
Parimenti sarà essenziale monitorare costantemente i flussi di sedimenti dei corsi d'acqua, necessaria componente dell'habitat e dell'assetto idrogeologico, così come previsto dall'articolo 14 del testo unico in materia ambientale. Per quanto riguarda le acque, il rischio idraulico e gli ecosistemi acquatici, la direttiva quadro acque e la direttiva alluvioni già prevedono una gestione adattiva di bacino che considera i potenziali effetti del cambiamento climatico. ISPRA ha messo a punto un modello di bilancio idrologico nazionale, chiamato «BIGBANG», e stimato gli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa naturale a scala nazionale e annuale.
Con riferimento ai settori agricoltura, pesca e acquacoltura, pur non essendo di mia specifica competenza, ritengo opportuno riportare a questa Commissione un elemento di vulnerabilità importante. Tra gli elementi innovativi c'è la strategia Farm to Fork, strategia europea, non per caso, presentata recentemente, nel mese di maggio, assieme alla strategia per la biodiversità. Vengono introdotti in particolare alcuni obiettivi chiave, tra i quali la sostenibilità delle produzioni primarie e delle relative filiere agroalimentari, e quindi nell'ambito marino si fa riferimento a pesca e acquacoltura sostenibili. È un passo in avanti molto significativo.
Inoltre, fino al 2030 e oltre si svilupperanno molteplici linee di intervento quali la produzione di nuovi mangimi sfruttando fonti alimentari alternative, la lotta all'obesità e ai regimi alimentari dei cittadini eccessivamente dipendenti da proteine animali, in particolare le carni rosse, la limitazione dello spreco alimentare e il favorire un sensibile incremento di reddito dei produttori primari. Perché ve l'ho messa insieme al concetto di strategia della biodiversità? Vi faccio un esempio concreto: uno degli elementi che influisce significativamente sulla strategia della biodiversità e sulla biodiversità – ma è intuibile, quindi lo accenno brevemente – è la quantità molto significativa di pesticidi utilizzati in agricoltura. Bene, nel Farm to Fork e nella strategia della biodiversità si legano le due cose, significando che si deve ridurre in modo proporzionale, fino al 50 per cento, l'utilizzo dei pesticidi, sia a tutela della biodiversità che, in parallelo, per non danneggiare l'agricoltura. C'è una sostituzione, e non un togliere e basta, però è significativo. Tutto questo chiaramente è stato presentato dall'Unione europea a maggio di quest'anno e verrà definito poi nei percorsi previsti tra i Paesi membri.
Sempre nell'ambito della strategia sulla biodiversità e nell'ambito del Farm to Fork a un certo punto ho fatto riferimento alle acque di mare e alla pesca. Questo tema è stato guardato con grande interesse e ci hanno sollecitato molto ad approvare in via definitiva la cosiddetta legge «Salvamare». Abbiamo avuto questa intuizione, ormai circa un anno e mezzo fa, e l'abbiamo condivisa con l'Unione europea; l'Unione europea l'ha apprezzata molto e in un certo qual modo l'ha fatta diventare elemento significativo, politico, nell'ambito della strategia per la tutela della biodiversità e quindi, nel caso di specie, di tutto ciò che riguarda il mare, ma senza danneggiare coloro che sul mare ci vivono, nel senso economico del termine. Questa legge, secondo me, già ci ha posto politicamente in una posizione di leadership. Una volta approvata, ci porrà in una posizione sostanziale di leadership ambientale, coniugando elementi produttivi e di tutela della biodiversità.
In tema di tutela della biodiversità, infine, si segnala che nella Comunicazione della Commissione al Parlamento, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle regioni – Strategia dell'Unione europea sulla biodiversità per il 2030 – tra le cinque principali cause della perdita di biodiversità sono annoverati i cambiamenti climatici e la presenza di specie esotiche aliene invasive. Le due cause sono indipendenti tra loro, ma possono avere una connessione. La diffusione e/o espansione di diverse specie aliene invasive può essere infatti favorita dai cambiamenti climatici, come riportato nel suddetto documento della Commissione europea. Le specie aliene invasive possono minare seriamente gli sforzi di protezione e Pag. 11ripristino della natura, oltre a causare danni ingenti alla natura stessa e all'economia. Molte specie esotiche invasive, infatti, favoriscono l'insorgenza e la diffusione di malattie infettive e costituiscono così una minaccia per l'uomo e la flora e la fauna selvatiche. Al riguardo, l'Unione europea ha introdotto il regolamento 1143/2014 sulle specie esotiche invasive e altre disposizioni legislative e accordi internazionali in materia allo scopo di ridurre al minimo e, ove possibile, eliminare l'introduzione e l'insediamento di tali specie nell'ambito della natura europea.
Nel regolamento 1143, nell'elenco delle specie esotiche invasive ritenute di rilevanza, sono ancora poco presenti le specie marine, ma sicuramente, alla luce dei continui studi e aggiornamenti, la lista potrà essere integrata. In questo caso faccio l'esempio del pesce scorpione, del pesce lagocefalo, che è un pesce palla maculato e che è tossico. Stanno cambiando i parametri climatici e quindi queste specie stanno cominciando a entrare nel nostro mare o nella nostra terra in modo robusto e trovano un habitat che uccide poi le specie indigene, quindi le nostre specie; quindi in sostanza le alloctone aggrediscono le autoctone.
Affronto ora il tema della possibile correlazione tra inquinamento atmosferico e diffusione della pandemia da Covid, elemento che molto spesso è stato narrato in questi giorni, in queste settimane. L'ultimo aspetto che ritengo utile approfondire, soprattutto alla luce del periodo che si sta vivendo, attiene all'ipotesi di correlazione tra l'inquinamento atmosferico e i relativi effetti sui cambiamenti climatici e la diffusione di pandemie. L'improvvisa e rapida propagazione della pandemia di Covid-19, con il suo drammatico impatto sanitario, sociale ed economico, ha innescato globalmente una fervida attività di ricerca nel settore della prevenzione (sviluppo di vaccini, per esempio) e nel campo terapeutico. Si stanno inoltre moltiplicando gli sforzi per comprendere meglio il processo di trasmissione virale, i meccanismi biologici sottesi alla patogenesi degli effetti osservati, come pure i possibili fattori sociali e ambientali che possono contribuire a spiegare la modalità di contagio e la gravità e prognosi dei quadri sintomatologici e patologici associati al Covid-19.
La possibile interazione tra inquinamento da polveri sottili PM 2.5 o PM10 e il Covid-19 è suggerita dal fatto che l'inquinamento atmosferico aumenta in particolare il rischio di patologie respiratorie e infezioni acute delle basse vie respiratorie, particolarmente in soggetti vulnerabili quali gli anziani e i soggetti con comorbilità, condizioni che caratterizzano anche l'epidemia di Covid-19.
La principale ragione alla base di questa ipotesi – ripeto, si tratta di una ipotesi – è che l'incremento dei livelli di polveri sottili possa rendere il sistema respiratorio più suscettibile, quindi più fragile, all'infezione e alle complicanze della malattia da Covid. L'elevato livello di attenzione su questi temi nella comunità scientifica internazionale ha stimolato la realizzazione di molteplici studi che mostrano risultati potenzialmente rilevanti, ma siamo ancora nel campo della potenzialità. Ci sono studi che sono stati pubblicati, ma in realtà siamo in una fase di cosiddetto «no paper», cioè è stata verificata una sorta di correlazione significativa dal punto di vista scientifico, ma non ha ancora dato origine a una definizione dello studio in senso tecnico. Quindi siamo inevitabilmente in attesa che si completi lo studio. Guardiamo con attenzione e sosteniamo la cosa, ma lo studio è una cosa e il no paper è un'altra.
In merito alla possibilità di un'associazione diretta della diffusione dell'infezione da Covid-19 e le aree a elevato inquinamento atmosferico, nel caso di specie in Italia, gli approfondimenti prodotti riconoscono la necessità di porre una certa cautela, trattandosi di un'infezione virale sottoposta a meccanismi di trasmissione diversi da quelli generalmente studiati nel settore dell'inquinamento atmosferico. Inoltre, si rileva la necessità di approfondire con idonei studi epidemiologici e ambientali questa associazione, la correlazione di cui parlavo prima, evidenziando tutte le possibili variabili che possono giocare un ruolo anche come confondenti, suggerendo spurie associazioni causa-effetto. Pag. 12
In particolare, dovranno essere approfondite le potenziali relazioni tra la fragilità di alcuni gruppi di popolazione umana e gli esiti della malattia da Covid-19, così come si sono manifestate nel nostro Paese. Appare, dunque, necessario pianificare e realizzare studi caratterizzati da adeguati disegni e protocolli di indagine e corredati da modelli di analisi che consentano di comprendere il ruolo giocato dalle molteplici variabili coinvolte nel fenomeno. Occorre intraprendere processi progettuali che definiscano obiettivi e metodologie.
In considerazione di quanto sopra espresso, si ritiene utile rappresentare che l'Istituto Superiore di Sanità sta avviando due iniziative progettuali interistituzionali.
La prima iniziativa riguarda lo studio epidemiologico nazionale promosso dall'Istituto Superiore di Sanità, da ISPRA e da tutto il sistema agenziale per valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associati agli effetti sanitari dell'epidemia da Covid-19. Lo studio si baserà sui dati della sorveglianza integrata nazionale Covid-19, coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità, e del sistema di monitoraggio della qualità dell'aria atmosferica, di competenza di ISPRA. Ecco il motivo di questo studio, che è già partito. Il progetto si avvarrà della collaborazione scientifica della Rete Italiana Ambiente e Salute e del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie presso il Ministero della salute.
La seconda iniziativa riguarda il progetto «Pulvirus», promosso congiuntamente, in questo caso, da ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente), Istituto Superiore di Sanità, ISPRA e sistema agenziale nazionale per l'ambiente, per valutare le dinamiche dell'inquinamento a livello regionale e nazionale, soprattutto a seguito delle iniziative di lockdown, e come queste possono avere avuto un impatto sui livelli di inquinamento e sulle concentrazioni del gas serra, quindi l'altro aspetto di correlazione di cui si diceva prima. Altri obiettivi del progetto riguardano l'analisi degli effetti delle misure di distanziamento fisico durante il periodo della pandemia da Covid-19.
Gli esiti di questi studi potranno fornire elementi di conoscenza per comprendere il ruolo dell'esposizione a inquinanti atmosferici dell'epidemia da Covid-19 nelle diverse aree del Paese e in particolare chiarire l'effetto di tale esposizione sulla distribuzione spaziale e temporale dei casi. Gli studi potranno dare anche un contributo nel definire misure più efficaci finalizzate alla riduzione dell'inquinamento dell'aria e quindi dell'esposizione della popolazione, al fine di tutelare ulteriormente la salute dei cittadini.
Se la presidenza lo riterrà necessario, invierò alla Commissione il testo completo della relazione, di cui ho saltato alcune parti. Ho terminato e sono a disposizione dell'Assemblea.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MANUEL BENVENUTO
PRESIDENTE. Grazie Ministro. Possiamo iniziare con gli interventi. La prima iscritta a parlare è l'onorevole Labriola.
VINCENZA LABRIOLA. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro Costa per questa importante audizione, visto che, Ministro, siamo qui ad aspettarla da tanto tempo. Abbiamo fatto sollecitazioni per la sua presenza in Commissione, anche per chiarire altri aspetti delle varie situazioni italiane: o queste sollecitazioni non le sono mai giunte o lei non ha mai risposto. Anzi, colgo questa occasione per dirle che sono due anni che chiediamo la sua audizione in Commissione per capire che strategia il suo Ministero vuole mettere in campo per risolvere le questioni dell'ex Ilva e di ArcelorMittal, visto che le è anche arrivata una segnalazione dal TAR di Lecce, che vorrebbe dei documenti per capire se chiudere o meno l'area a caldo, come è indicato dal sindaco della città di Taranto. Comunque questa è una cosa a parte, ma volevo approfittare per invitarla personalmente.
La sua è stata una importante relazione, anche se molto ricca di progetti della politica europea. Quello che però personalmente avrei voluto sentire era, sì, uno Pag. 13schema delle strategie che l'Europa sta mettendo in campo in ambito ambientale, ma soprattutto qual è la strategia nazionale per affrontare i cambiamenti climatici. Alla COP 25 di Madrid lei diceva: «Lanceremo il cuore oltre l'ostacolo». Non abbiamo visto né il cuore né l'ostacolo.
Dobbiamo avere, sì, una politica etica responsabile verso l'Africa, ma le faccio presente che, per esempio, un problema che accomuna l'Italia, e in particolar modo la Sardegna, all'Africa, è l'invasione delle locuste, che in questo momento sta mettendo fuori gioco l'agricoltura sarda.
Ha parlato di una frammentazione nazionale per quanto riguarda l'acqua, ma la stessa cosa si ha anche sotto il profilo dell'energia. Come facciamo ad avere un Piano Nazionale dell'Energia se le competenze sono frammentate tra le varie regioni, così come avviene per la gestione dell'acqua pubblica?
Ribadisco che mi sarebbe piaciuto che lei avesse parlato più dei progetti che l'Italia intende portare all'attenzione dell'Unione europea, vista la mole di denaro che l'Unione europea sta mettendo a disposizione per affrontare i cambiamenti climatici.
Ci sono molti nodi scoperti, come quello del recupero ambientale del nostro Paese. Ne sono un esempio la Terra dei fuochi e tutti i SIN, i siti di interesse nazionale. Io le suggerirei, magari, di iniziare un dialogo con l'Europa per parlare non più dei siti di interesse nazionale, ma dei siti di interesse europeo, in modo, forse, da poter dare una sferzata alle problematiche dei nostri territori. Senza un'azione di recupero ambientale dei nostri territori, quali i SIN, quale la Terra dei fuochi, così come le tante Terre dei fuochi della nostra Italia, di certo possiamo mettere in campo tutte le strategie per limitare le emissioni, ma dobbiamo prima attuare questo recupero.
È apprezzabile la sua interlocuzione con gli indiani, ma sarebbe opportuno fare un incontro con tutti i Paesi che insistono sul mar Mediterraneo, affrontando anche il tema del recupero, per esempio, della plastica in mare, come da un ordine del giorno che lei aveva accolto.
Volevo capire anche a che punto erano i venti decreti attuativi che erano presenti nel suo provvedimento Green New Deal italiano, che è stato approvato in prossimità della COP 25, e cosa se ne è fatto di tutte le mozioni sul Green New Deal italiano che abbiamo votato in Assemblea sempre in prossimità della COP 25.
Siamo consapevoli che per mettere in campo delle misure strategiche a favore dell'ambiente e del clima ci vogliono tante risorse. Sappiamo anche che le risorse in Italia scarseggiano, quando si deve programmare e dare una sferzata per mettere a freno i cambiamenti climatici. Siamo in attesa di capire qual è l'indicazione del Governo, come il Governo intende intercettare questi soldi europei.
La scorsa settimana il commissario europeo Timmermans ha detto che si può fare un'Ilva green attraverso i fondi della transizione energetica per la produzione di acciaio a idrogeno, visto che lei l'ha citato anche nella sua relazione. Siamo in attesa di capire se l'Italia farà richiesta di questi soldi per convertire l'ex Ilva ad idrogeno e vorremmo sapere più concretamente quali sono i progetti dell'Italia.
Abbiamo capito che l'ambizione dell'Europa è quella green, però, considerato che sono due anni che è al Ministero, mi rammarica dirle che abbiamo visto ben poco. Come ha detto anche lei, Ministro, l'Europa la esorta a continuare a far diventare operativo decreto «Salvamare»; c'erano venti decreti attuativi sul Green New Deal italiano e noi non ne abbiamo avuto tracce. Se poi escludiamo il «decreto Genova», che serviva per dare risposta a un'emergenza, abbiamo visto secondo me ben poco.
Anche con riguardo al bonus monopattino, che è stato una bella intuizione, io non sono contro questo bonus, però è anche vero che non va a rivedere la mobilità in Italia. Si è visto che è bastato un giorno di pioggia a Roma per vedere tutti i monopattini lasciati a casa e di nuovo la giungla delle macchine. Quindi sì, forse va bene l'incentivo al monopattino, però bisogna lavorare sulla mobilità a 360 gradi, non solo con il monopattino, ma con una vera rivoluzione sulla mobilità in Italia. Siamo Pag. 14qui in attesa di capire i passi del Governo. Lascio la parola agli altri colleghi.
ROSSELLA MURONI. Innanzitutto grazie, signor Ministro, per questa sua relazione assolutamente completa e, devo dire, utile rispetto alla sfida che noi abbiamo di fronte.
Come lei sa bene, tutto il tema del Recovery Fund e poi il lavoro che è stato fatto dal nostro Paese in asse con la Spagna e con il Portogallo hanno proprio visto sui temi della questione ambientale e della lotta al mutamento climatico l'asse portante per dare una discontinuità efficace.
I Paesi che io definisco tirchi, ossia i Paesi «frugali», hanno dovuto cedere a un punto di vista più mediterraneo e legato proprio ai temi della sostenibilità. Con questo abbiamo anche, almeno apparentemente, rotto quell'asse fortissimo tra Francia e Germania, che ha sempre visto il tema dell'austerità come l'unica strategia comune europea sul fronte economico.
È proprio sul tema ambientale che si è data una svolta, ma lei sa bene che il governo Conte II nasce proprio intorno al tema del Green New Deal, è l'identità di Governo che ci siamo dati. Credo che sia importante ricordarlo.
Quindi, una relazione come quella che lei ha fatto come Ministro dell'ambiente ci conforta moltissimo perché la rotta è tracciata, c'è un obiettivo importante da raggiungere.
Ministro, lei lo sa, ci conosciamo da tempo, stimo il suo lavoro, ma penso che gli interventi, anche quando si è membri della maggioranza, servano anche per dare un contributo in termini di attenzione e di preoccupazione rispetto agli appuntamenti che abbiamo di fronte. Di questo ne abbiamo già parlato.
Sappiamo bene che la crisi Covid può essere un'occasione straordinaria, ma può essere anche una tentazione per molti irresistibile del «tana libera tutti» o del tornare indietro perché ce lo chiede l'economia. Sia io che lei, ma anche tanti colleghi, siamo invece convinti che sia proprio questa l'occasione per affermare un'economia sostenibile e rigenerativa che ci aiuti a cambiare rotta.
Lo chiedevamo prima del Covid, figuriamoci ora, quando la correlazione tra mutamento climatico, insostenibilità ambientale e impoverimento della biodiversità hanno messo sempre più in luce queste connessioni.
Io le faccio tre osservazioni, tre domande o meglio richieste.
Sul PNIEC, agenzie di stampa di pochi minuti fa ci dicono che stanno esaminando i vari piani nazionali sull'energia e il clima e quello italiano a livello europeo viene ritenuto debole dal punto di vista dell'efficienza energetica. Io e lei sappiamo benissimo che l'efficienza energetica passa tantissimo, per esempio, per un settore come quello dell'edilizia, che per il nostro Paese è stato un fattore trainante nel passato, ma che negli anni è diventato anche un problema in termini di consumo di suolo, mentre la nostra prospettiva più importante dal punto di vista economico è proprio quella della rigenerazione urbana.
Glielo cito, Ministro, perché, a proposito di strategie che devono essere coerenti con gli strumenti, noi in questo momento stiamo lavorando tantissimo sul cosiddetto «decreto rilancio» e c'è questa bellissima notizia dell'ecobonus, finalmente uno strumento potente di investimento in questo settore. I particolari, però, spesso fanno la differenza, quindi è fondamentale che nella costruzione dell'ecobonus dentro il «decreto rilancio» – su questo io chiedo un'attenzione particolare sua e del Ministero dell'ambiente – si tenga la barra dritta, perché quello che noi dobbiamo fare è far lavorare il settore dell'edilizia e quindi intervenire sulle infrastrutture, sui palazzi, facendo cappotti, non sostituendo caldaie. Passa tantissimo tra l'efficienza energetica data da un sistema di intervento dal punto di vista dell'edilizia e, invece, una sostituzione semplice di tecnologia.
L'altro fronte è la cosiddetta «rottamazione» come prevista nel «decreto rilancio». Lei può immaginare che cosa ne penso io, ma lo dico anche pubblicamente. Penso che sia un errore così come è scritta. Lo è perché noi dobbiamo guardare avanti, ai prossimi trenta anni. Non possiamo rallentare perché la nostra industria automobilistica Pag. 15 non ha puntato l'obiettivo giusto. Glielo dico come una provocazione: abbiamo i parcheggi pieni di automobili invendute? Diamole agli imprenditori, alle case automobilistiche per rottamarle, ma non mettiamo nuovi diesel sulle strade, perché sennò gli obiettivi che lei giustamente raccontava, come il PNIEC, sono irraggiungibili e lo saranno sempre di più. Non possiamo andare in contraddizione in questa maniera. So che non attiene al suo Ministero, però, Ministro, la prego, io ho grande fiducia che lei, al Consiglio dei Ministri, nelle sedi più opportune, faccia capire che la nostra non è una posizione ideologica. Si tratta di capire qual è la coerenza necessaria e quanto debba essere alta l'asticella per raggiungere gli obiettivi che lei ha enunciato stamattina.
Questa è l'ultima domanda: nei giorni scorsi c'è stato un servizio sulla Rai, su Raidue, nel programma «I fatti vostri». Una inviata della Rai ha buttato una bottiglietta in mare dicendo che era biodegradabile. Siccome lei è così bravo a comunicare, non dubito che potrà muoversi presso la Rai, perché se la Rai dà dei messaggi così negativi, così sbagliati, così superficiali, noi ci possiamo inventare tutte le campagne di informazione che vogliamo, e possiamo pulire il mare tutte le volte che vogliamo, ma non sarà sufficiente. Anche se è un piccolo episodio, credo sia dirimente non lasciarlo passare sotto silenzio. Grazie Ministro.
GIUSEPPINA OCCHIONERO. Grazie al Ministro per la sua relazione dettagliata. Mi associo a quanto detto in merito alle numerose riflessioni che lei ha posto sul tavolo in ordine a un tema che per noi è sfidante rispetto all'emergenza che stiamo vivendo, che ha messo ancora più in chiara luce la necessità di dover affrontare e vincere una sfida complessa che si gioca principalmente intorno ai temi del Green New Deal, della lotta ai cambiamenti climatici.
Per realizzare questo programma così ambizioso, che lei ci ha raccontato ed evidenziato, credo che sia necessario evitare una sorta di «bizantinismo» normativo e burocratico, perché ci fa correre il rischio di rimanere incastrati in varie difficoltà che mettono in serio pericolo la realizzazione del progetto pieno e armonico che noi vorremmo vedere – anche rispetto alle osservazioni che faceva la collega relativamente ai numerosi provvedimenti che noi stiamo discutendo in queste ore e che dovrebbero sposarsi in maniera sinergica, in modo tale da realizzare e avviarsi verso la definizione piena e completa del progetto che vogliamo realizzare e che stamattina stiamo mettendo in rassegna.
Voglio lasciare qualche breve «tweet» in ordine alla relazione e a quello che ho potuto cogliere, e che mi fa piacere condividere con voi.
Credo che sia necessario supportare l'azione di Governo, così come l'azione degli Stati membri, per far aumentare le risorse del bilancio europeo, per evitare il rischio che vengano fatti tagli successivi e continui alle politiche europee attuali. Mi riferisco, in particolar modo, alla PAC, alla politica agricola comune. Sono particolarmente preoccupata, anche data la mia origine molisana, un territorio fortemente a vocazione agricola, per i tagli che l'Italia potrebbe subire rispetto alla PAC, perché mette a serio rischio le nostre azioni economiche. Per questo mi sento di doverle trasferire a lei, perché se ne faccia carico nelle opportune sedi.
Sono pienamente d'accordo sul fatto che servono aiuti di Stato per realizzare questo ambizioso progetto della legge europea per il clima, così come servono forti e poderose agevolazioni anche per le piccole e medie imprese, che si trovano a dover affrontare la transizione energetica, che per loro risulta particolarmente gravosa. Dobbiamo analizzare bene la misurazione dei vari ingredienti per la realizzazione di questa ricetta alla quale aspiriamo: sostegno attraverso forti agevolazioni alle piccole e medie imprese, che rappresentano l'ossatura economica del nostro sistema Paese.
Il fondo per la transizione giusta, la transizione solidale, trovo che sia corretto, e che debba essere incentivato. Però, leggendo anche la relazione, manifesto un po' di preoccupazione per il fatto che debba essere rimodulata la quota dell'Italia. Mi pare di aver letto che l'Italia sarebbe un contributore netto del fondo per circa 574 milioni di euro Pag. 16– a fronte di un'assegnazione di 374 milioni di euro – per far fronte alle risorse di circa 930 milioni di euro. È necessario rimodulare la quota dell'Italia per evitare che ci sia una disparità di trattamento tra gli Stati che intervengono.
Gli ultimi due punti riguardano la Garanzia europea per l'infanzia e per i giovani. Credo che questa azione di Governo debba essere valutata con grande favore e con grande sostegno. Mi auguro che lei si faccia sempre più «patrocinatore» di queste iniziative nei tavoli delle trattative, perché è attraverso questi fondi, attraverso la Garanzia per l'infanzia e per i giovani, che si può sperare di lanciare e di rilanciare una sana economia del nostro Paese, che ci consenta di arrivare a lustri che meritiamo a livello economico, e soprattutto in questo periodo, che ci consenta di trasformare la crisi in opportunità. Grazie.
TULLIO PATASSINI. Ringrazio il Ministro per la relazione di oggi, veramente molto attesa in questa Commissione, e particolarmente articolata. Io non vorrei entrare nel merito delle considerazioni di carattere generale, ma coglierei l'occasione di avere il Ministro oggi in audizione anche con una presenza fisica – e di questo ringraziamo, perché con le videoconferenze è sempre tutto più difficile – per poter entrare in un paio di argomenti concreti.
Tra i 12 punti che ha elencato all'inizio della sua relazione, al punto n. 7, parlava di mercati per prodotti circolari, neutralità energetica, e, nei punti successivi, di produzione di carburanti alternativi, norme meno inquinanti e così via. Come si concilia questo con la difficoltà da parte dell'Italia di avere un adeguato sostegno agli impianti di trattamento e gestione dei rifiuti? Noi facciamo economia circolare, ma se il cerchio non si chiude... C'è una difficoltà «cronica» da parte del Ministero nel concedere nuove autorizzazioni. Quando parlo di impianti di trattamento e di gestione, faccio un ragionamento onnicomprensivo, non legato semplicemente a un termovalorizzatore, ma legato a qualunque attività umana che contribuisca alla chiusura dell'economia circolare, dalla prima raccolta, alla differenziazione e così via.
Questa è diventata un'emergenza che si è evidenziata ancora di più durante il periodo COVID, perché con la chiusura dei mercati esteri ai rifiuti, abbiamo messo sotto pressione i nostri impianti, e conseguentemente anche le discariche. A partire dall'OMS e a partire dall'Istituto superiore di sanità, tutti i medici dicono che il miglior modo di gestione e chiusura del cerchio dei rifiuti sanitari è l'incenerimento. Questa è una prima questione.
Apprezzo molto la capacità proattiva dell'Italia di essere promotore sui cambiamenti climatici. È vero, il nostro PNIEC ha obiettivi molto più sfidanti rispetto a qualunque altro PNIEC europeo. Io rimango stupito da quello che ha detto l'onorevole Muroni, secondo la quale il nostro PNIEC è debole. Il nostro PNIEC è significativo, perché noi siamo al doppio di quanto dovrebbe raggiungere qualunque Paese europeo a livello di riduzione di emissioni. Al punto n. 2 della legge europea per il clima, lei parlava di una riduzione delle emissioni importante, di costo-efficacia, di competitività dell'economia dell'Unione e solidarietà tra Paesi, sottolineando che questa strategia europea per il clima deve essere una scelta condivisa. A che punto è la trattativa dell'Italia rispetto ai Paesi carboniferi? Noi ci impegniamo, a livello italiano, a ridurre le emissioni. Noi abbiamo la decarbonizzazione, per lo spegnimento degli impianti a carbone, al 2025, e la Germania ce l'ha al 2038, con evidente differenza di risultati climatici e di competitività delle nostre imprese. Noi paghiamo l'energia di più rispetto a un Paese tedesco. Qual è la soluzione alternativa? L'unica soluzione che abbiamo visto finora è la «carbon tax», cioè punire chi ha un comportamento meno virtuoso di altri, anziché incentivare chi lavora bene.
Lei è a conoscenza delle difficoltà che ci sono a livello dei titoli di efficienza energetica? Perché ci sono delle questioni di carattere tecnico, organizzativo, amministrativo, per cui è sempre più difficile riuscire a gestire i certificati bianchi, oggetto dell'articolo 41 del «decreto rilancio», sul quale abbiamo presentato emendamenti. Semplificando i certificati bianchi, automaticamente Pag. 17 le imprese possono lavorare meglio ed essere più virtuose.
Sempre sull'argomento gas, il PNIEC ha evidenziato come l'approvvigionamento esterno del gas – da cui dipende grandissima parte della nostra energia, del fabbisogno energetico nazionale – può andare in crisi per la chiusura di un mercato, per una guerra, per la carestia, per una pandemia, per qualunque motivo. Come si concilia questo con la scelta del Ministero, reiterata più volte, di bloccare qualunque attività di prospezione e ricerca di gas nazionale, sia sulla terraferma che offshore? A nostro avviso, è una contraddizione in termini.
Da ultimo, condivido la proposta dell'onorevole Muroni sull'efficientamento energetico degli edifici. Nel «decreto rilancio» c'è la norma che prevede un ecobonus, che andrebbe affinata e per questo abbiamo presentato degli emendamenti, perché per esempio si pensa al cappotto ma non si pensa agli infissi, o perché magari vengono privilegiate le scelte di determinate categorie di persone rispetto ad altri – case date in comodato ai figli, per esempio. In questi giorni è in discussione il «decreto rilancio»: come Ministero avete intenzione di migliorare quel famoso articolo? Grazie.
ANTONIO FEDERICO. Grazie Ministro. La ringrazio perché la sua presenza qui oggi, ritornare a parlare dei temi del contrasto al cambiamento climatico, degli impegni dell'Italia all'interno dell'Unione europea e nell'ambito della Conferenza delle parti, ci fa tornare alla normalità nell'agenda politica della nostra Commissione. In questo modo riusciamo a riprendere argomenti che abbiamo interrotto all'inizio dell'anno nel nostro dibattito, perché stiamo affrontando una questione molto importante, e questo ci da un po' di sollievo.
Siamo in una fase di uscita dal lockdown, che ha interrotto tutte le attività umane in tutto il mondo, cosa che ha avuto un effetto globale, così come globale è l'effetto del cambiamento climatico, che ha quindi necessità di un'azione globale, di un'azione condivisa. Quello che abbiamo vissuto in quelle settimane in cui tutto si è fermato, ha avuto un effetto positivo. Abbiamo visto la riduzione dell'inquinamento delle nostre città, della matrice aria, della matrice suolo e della matrice acqua, che ci fa vedere quello a cui potremmo tendere in termini di sostenibilità e di vivibilità del nostro ambiente.
Non possiamo immaginare che debba essere un lockdown, una pandemia, a portarci a questo genere di risultati, ma deve essere una strategia di lungo termine, così come quella che è stata rappresentata dal Ministro, quella che sta perseguendo l'Italia, quella che porta l'Italia all'interno della Commissione ambiente in seno al Parlamento europeo e quella che sta tracciando il Green Deal europeo.
Noi ci arriviamo secondo una strategia intelligente di sostenibilità, di uno sviluppo economico che non debba necessariamente passare per un depauperamento delle risorse naturali. Questo è un approccio, a nostro avviso, più intelligente. Noi dobbiamo dare un indirizzo politico a ogni genere di iniziativa che portiamo avanti, perché c'è bisogno di una vision a lungo termine sul tema dell'ambiente che questo Ministero e questo Governo hanno sul tema dell'ambiente. Dobbiamo essere forti come Parlamento, e come Commissione, a sostenerli.
Inoltre, le opportunità che regalano le crisi e la capacità di adattarsi a determinate situazioni le abbiamo viste in alcune iniziative che sono stati citate, tra cui il bonus biciclette e monopattini.
Noi avevamo già delle iniziative presenti all'interno del «decreto clima», che riguardavano il settore del «car sharing», della mobilità con mezzi pubblici e autobus elettrici, che andavano a incidere su quelle città che erano oggetto di provvedimenti dell'Unione europea, di infrazioni per la qualità dell'aria. Questa è stata l'intuizione, riconosciuta in primis dai cittadini che stanno utilizzando questo bonus, quella di capire che, non potendo andare nella direzione precedentemente immaginata, a causa della necessità di dover tenere il distanziamento sociale – che si dovrà portare avanti per qualche mese, finché la medicina non riuscirà a darci sollievo – si è utilizzata questa occasione per puntare alla cosiddetta «mobilità leggera». Pag. 18
È stata un'intuizione valida, così come quella di inserire nel «decreto rilancio» un ecobonus e un sisma bonus, che tutti i gruppi hanno sposato con interesse e con favore, e su cui il Parlamento in questa fase, attraverso il lavoro delle Commissioni, sta intervenendo per migliorarlo. Ci saranno degli elementi migliorativi per rendere più efficace e più forte questo strumento, perché è un modo per intervenire su quel discorso dell'efficientamento energetico, che è parte sostanziale della lotta al contrasto ai cambiamenti climatici. Da quello passa anche la riduzione delle emissioni CO2. Le nostre case producono emissioni e si produce inquinamento già solo per il riscaldamento.
Questo tipo di scelte, questa capacità di intuire i passaggi storici e intervenire con leggi appropriate, credo che sia da cogliere con positività.
Chiudo con una riflessione sull'ultimo aspetto riportato con molta cautela da parte del Ministro, ossia l'ipotetica correlazione tra l'inquinamento, la presenza di particolato in atmosfera, e la diffusione del virus. Questo è un elemento che ha bisogno di studi approfonditi e di ricerca. Siamo in attesa anche di pubblicazioni, quindi prendiamo tutto con le molle, con la giusta attenzione, però deve essere un elemento che dobbiamo tenere come riferimento. Quando pensiamo al modo di affrontare qualsiasi tipo di discorso, anche quello dell'economia circolare (dei prodotti, dei materiali), dobbiamo guardare anche a questi aspetti; dovremo farlo con attenzione, con prudenza, con cautela, ma senza sottovalutare nulla. La ringrazio per la presenza e lascio la parola ai colleghi.
CHIARA BRAGA. Ringrazio il Ministro per la relazione, che è stata molto corposa, e ha toccato anche degli aspetti che esulano dall'oggetto della nostra richiesta di audizione. Abbiamo colto l'occasione per avere un aggiornamento. Ministro, le chiedo di depositare la relazione il prima possibile agli atti della Commissione, in modo che possiamo approfondirla, visto che lei ne ha data lettura pressoché integrale in questa sede. Poterla avere ci permetterà di continuare il lavoro di approfondimento su questi temi.
Visti i tempi ristretti e il mio impegno a breve presso in un'altra Commissione, mi limito soltanto a due sottolineature.
Una domanda riguarda la questione più rilevante, almeno dal mio punto di vista. L'Europa ha tracciato una strada molto precisa e netta sul tema della neutralità climatica. Siamo in attesa della comunicazione che le istituzioni europee daranno rispetto allo scenario di riduzione, di innalzamento dei target per il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030. A questo proposito mi sento di chiederle quali iniziative sta predisponendo il suo Ministero, insieme al Governo, e con che modalità, per agire tempestivamente rispetto all'adeguamento dei nostri obiettivi.
Il piano nazionale energia e clima, lo sappiamo, è nato in condizioni differenti. Noi abbiamo sollecitato il Ministero, anche con atti formali, parlamentari – in particolare del mio gruppo – ad aprire una riflessione sull'adeguatezza di questi obiettivi rispetto ai nuovi target europei. Sappiamo che quello che si andrà a definire al 2030 avverrà in una forbice che renderà i nostri obiettivi non coerenti con l'indicazione europea. Credo che sia legittimo iniziare a porsi in questo momento una domanda rispetto a come si intende rimettere mano, in tempi adeguati, al nostro strumento principale di pianificazione in materia climatica ed energetica. Su questo punto vorrei un aggiornamento, se possibile.
L'altro punto è una sollecitazione, un appello: oggi ci ha dato molte indicazioni di un complesso lavoro in corso da parte del Ministero, di azione positiva e di pressione anche a livello europeo, per indirizzare le scelte in determinate direzioni. Stiamo discutendo, l'hanno citato alcuni colleghi prima di me, un provvedimento significativo, che rispetto ai temi di competenza del Ministero dell'Ambiente e agli obiettivi di questa strategia di sviluppo sostenibile, non nascondo che, come forza di maggioranza, avremmo auspicato avesse un contributo più solido rispetto ai temi del rilancio e della ripresa economica, così come stiamo discutendo con il Governo, con le varie forze economiche e sociali del Paese, riguardo ai piani, agli obiettivi di utilizzo di Pag. 19definizione del «Recovery Plan», che sarà di competenza del nostro Paese.
Su questi punti, l'auspicio è che anche la voce del Ministero dell'Ambiente si faccia sentire in maniera più forte, e che ci sia parallelamente una volontà di portare a compimento alcuni percorsi che sono rimasti appesi. Lei ci ha parlato oggi della legge «salvamare». Questa legge è ancora ferma nell'altro ramo del Parlamento; ci sono delle ragioni che non hanno portato ad una rapida approvazione – come qualcuno di noi avrebbe auspicato – ma in questo richiamo ad un intervento, nel rispetto delle prerogative degli organi costituzionali, da parte del Ministero per arrivare alla chiusura di certi iter, così come anche per la legge sul consumo di suolo o per oltre disposizioni.
L'auspicio è che a queste buone indicazioni di principio, di orientamento, seguano delle azioni più concrete che possano connotare e caratterizzare in maniera più significativa l'azione del Parlamento e del Governo in questi prossimi mesi – convinti che ce ne sia fortemente bisogno e che abbiamo delle condizioni che fino a qualche tempo fa mancavano a livello europeo – per poter agire in maniera più efficace e più coerente con gli obiettivi che tutti noi condividiamo. Grazie.
PRESIDENTE. Iniziamo con il secondo turno degli iscritti. Lucchini.
ELENA LUCCHINI. Ringrazio il Ministro per essere venuto oggi, per averci relazionato in materia di cambiamenti climatici e averci dato una sorta di excursus generale con una relazione particolarmente corposa e articolata in merito alle recenti iniziative delle normative dell'Unione europea.
Io volevo integrare quanto detto dal collega Patassini con due domande specifiche: la prima esula un po' dalla sua relazione, tuttavia è un argomento attuale che merita di essere affrontato, in relazione a quanto accaduto in questi ultimi mesi: sto parlando della plastica. Faccio riferimento infatti all'emergenza sanitaria che ci ha dimostrato quanto questo materiale sia unico e insostituibile, quanto garantisca l'igiene evitando anche la propagazione di patogeni, di virus. È stato fondamentale per fronteggiare questa emergenza sanitaria, evitando la propagazione del contagio.
Abbiamo potuto notare questa situazione anche all'interno del Palazzo di Montecitorio, dove la plastica era stata pressoché messa al bando, demonizzata. In realtà, oggi ci rendiamo conto che la Camera dei deputati è pressoché ricoperta da questo materiale, sia nel ristorante, sia all'interno del Transatlantico, sia in ogni altro luogo di Montecitorio. Questo ci testimonia il fatto che sia un materiale unico che garantisce l'igiene, ed è stato anche una sorta di controsenso rispetto alle politiche e all'azione che è stata intrapresa fino ad oggi, forse più per ideologia che per altro: mi riferisco al tema della plastic tax, che noi abbiamo più volte chiesto prima di rinviare e poi di eliminare, perché non trovavamo una motivazione nel mettere questa tipologia di tassa, per quanto riguarda le ricadute sia sui cittadini sia sul tessuto produttivo prioritario, fondamentale per il nostro Paese.
Accogliamo positivamente il fatto che sia stata prorogata al 2021, ma chiediamo, alla luce delle osservazioni svolte finora, se il Governo intenda rivedere la sua posizione, ammettendo di aver commesso un errore in tal senso. Nella vita si può sempre sbagliare, l'importante è comprendere i propri errori e fare un passo indietro, non solo prorogando la tassa sulla plastica, ma prendendo iniziative più importanti, vale a dire eliminare direttamente questa tassa. Contestualmente andrebbe incentivata l'economia circolare: noi ne abbiamo sentito tanto parlare, soprattutto nel precedente Governo del quale facevamo parte come maggioranza, ma queste due parole sono finite nell'oblio, e si sente parlare molto poco di «economia circolare» in riferimento alla plastica. Noi siamo più propensi a questa linea per cercare di incentivare quello che ci chiede di fare l'Unione europea, aiutando concretamente le aziende e tutto il comparto produttivo con risorse vere e proprie, per cercare di avviarci verso un Pag. 20recupero, un riciclo e un reimpiego della plastica, invece che demonizzare questo materiale.
Condivido quanto detto dall'onorevole Labriola, che ha testimoniato il fatto che come Italia possiamo muoverci, possiamo cercare di portare avanti una serie di misure e di iniziative come l'educazione civica ambientale, cercare di fare tante cose in tal senso, ma diventa del tutto inutile se non condividiamo una linea d'azione con gli altri Paesi del mondo. Volevo capire se c'è qualcosa di concreto in tal senso, perché è inutile che ci muoviamo come Paese Italia, se poi ci sono Paesi come Cina e India che inquinano come se non ci fosse un domani.
Le faccio un'altra domanda che riguarda quanto ci ha detto in merito alle alluvioni: faccio riferimento al regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, all'articolo 4, dove si parla di adattamento ai cambiamenti climatici, dove si dice che le istituzioni competenti dell'Unione e degli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della capacità di adattamento, nel rafforzamento della resilienza, nella riduzione della vulnerabilità ai cambiamenti climatici, in conformità dell'articolo 7 dell'Accordo di Parigi, dove si dice ancora che gli Stati membri elaborano e attuano strategie e piani di adattamento che includono quadri completi di gestione dei rischi, fondati su base di riferimento rigorose in materia di clima e di vulnerabilità, e sulle valutazioni dei progressi compiuti. Ministro, le chiedo se si intende elaborare o se è già in corso di elaborazione un piano organico di ripulitura dei fiumi e dei torrenti dalla sabbia, ghiaia, rami in accumulo nell'alveo, che rappresentano una delle principali cause di alluvioni. Grazie.
ERICA MAZZETTI. Ringrazio il Ministro che è qui a illustrarci una relazione molto corposa. Da tempo chiedevamo il suo intervento in Commissione, per avere anche le linee della nuova maggioranza che si è venuta a formare dallo scorso settembre, per quanto riguarda i temi ambientali e tutte le tematiche che sono nella competenza della nostra Commissione.
Finalmente la incontriamo, lei ha fatto una relazione dettagliata su tanti temi che riguardano la nostra Commissione, e di questo le siamo molto grati. Tuttavia crediamo che lei debba venire più spesso da noi, magari su argomenti tematici, che possono essere condivisi o meno da tutti i gruppi politici. Se non ricordo male, lei è venuto qui circa un anno fa, mi sembra nel luglio scorso, e ha fatto una lunghissima relazione. Abbiamo posto tante domande, però poi non abbiamo avuto nessun tipo di risposta e di collegamento con lei. Le chiedo di poter essere più presente in questa Commissione per avere un filo più completo di tutte le varie tematiche, per poter interagire a livello europeo.
Si è parlato tanto questa mattina, ma anche prima del coronavirus, del Green New Deal, una strategia di politiche finanziate con soldi pubblici, ma anche privati, che potrebbe rivelarsi un'occasione per un vero rilancio. Noi ci crediamo, ma vorremmo anche, visto che lei rappresenta l'Italia a livello europeo, che l'Italia venisse premiata. Sappiamo bene che l'Italia è uno tra i Paesi migliori e maggiormente sviluppati sulla produzione di energie alternative, grazie anche all'investimento che in tutti questi anni le aziende italiane hanno fatto sia sui macchinari utilizzati, ma anche grazie a tutto quello che riguarda gli immobili, su cui sono stati fatti degli investimenti non indifferenti.
Io provengo dal territorio pratese, dove c'è tanta industria, e vedo intere zone della mia città e del distretto pratese, che negli ultimi anni hanno trasformato le coperture da tetto da fibra d'amianto in pannelli fotovoltaici. Questo grazie alle iniziative di alcuni bonus, ma anche e soprattutto grazie all'impegno dei cittadini.
Io propongo di promuovere questi incentivi e mirarli alle aziende che hanno progetti di investimento che possono rivelarsi importanti per la comunità. Se ci sono meno materiali inquinanti nelle proprie aziende o nei propri impianti per la lavorazione, tutta la comunità ne scopre i benefici.
Io vorrei che lei si facesse portavoce in Europa per far capire quanto l'Italia ha già fatto, ripeto grazie anche agli imprenditori che hanno una maggiore sostenibilità, a differenza di altri Paesi come la Polonia, Pag. 21che per l'ottanta per cento va ancora avanti con l'energia prodotta dal carbone. Ora si sta discutendo di dare due miliardi di euro a questo Paese per risanare la sua azione; non è giusto che ad un Paese come il nostro, fatto da imprenditori che tanto hanno investito del loro, venga riconosciuto molto meno rispetto ad altri Paesi, ho fatto l'esempio della Polonia, ma anche la Germania o altri Paesi, che invece se ne sono sempre – scusate il termine – fregati.
Ora, grazie ai soldi messi a disposizione dell'Europa, tutti i Paesi europei ne approfittano. Lei deve lottare per questo, e noi vorremmo capire come i vari Paesi intendono distribuire le risorse di questo Green New Deal, che dovrebbe comprendere anche il nostro territorio. Molto importante sarà dare questi soldi né a fondo perduto né alla mano pubblica, ma direttamente alle aziende che presentano un progetto, un programma innovativo sia nella tecnologia sia nella costruzione di nuovi edifici.
Poi bisogna puntare molto su una vera fiscalità ambientale, per tutti gli imprenditori e i cittadini che investono nella propria attività, nei macchinari e nei propri immobili. Questo deve essere fondamentale, secondo me, da portare avanti.
C'è un altro tema di grande rilievo in questo momento, che per fortuna, noi come Forza Italia, è da due anni che discutiamo, e lo stiamo valorizzando. Il Governo, in seguito al coronavirus, ha deciso di puntare sugli immobili, con un ecobonus del valore del 110 per cento. Ci auguriamo che venga presto monetizzato, perché sono molte le imprese che potranno farlo, ma solo se la banca anticipa la liquidità. Torniamo ai nostri temi, facendo questa operazione molti edifici potranno essere migliorati, ma non tutti, perché il Governo ha fatto una scelta sbagliata, a mio parere e anche del mio partito, perché deve essere fatta non solo per le prime abitazioni, per le seconde abitazioni, per gli appartamenti, ma per tutti gli immobili, qualsiasi sia la loro destinazione d'uso.
Come diceva la collega, il cappotto è uno strumento importante per l'efficientamento energetico, ma non è fondamentale. Ci sono altre cose fondamentali per le coperture, come gli infissi, le caldaie; c'è un insieme di interventi, un pacchetto, necessario a migliorare il risparmio energetico di un'abitazione. I grossi problemi climatici vengono dal riscaldamento e dal raffreddamento degli immobili, per cui portare gli immobili ad autoriscaldarsi e ad autoraffreddarsi è fondamentale. Per farlo occorrono materiali e tecnologie di costruzione che vanno oltre il cappotto, e che devono essere fatte anche al momento della costruzione. Noi non siamo dell'idea che bisogna fare «costruzione zero», anzi sarebbe assurdo, ma dobbiamo costruire immobili tali – e questo già la legge lo impone, nel Testo Unico dell'edilizia – da poter essere efficienti dal punto di vista energetico.
Non si può demolire tutto quello che è nuovo e intervenire soltanto su quello che è la ristrutturazione. Tra l'altro si è parlato di occupazione del suolo, di rigenerazione: sono due anni che noi aspettiamo una legge, su cui abbiamo fatto tanti discorsi, al Senato, c'è già pronto un testo su questo tema, che ancora deve arrivare alla Camera. Questo è quello che vuole la maggioranza, ma deve fare degli atti concreti, perché da due anni si sentono sempre i soliti discorsi.
Ad oggi, di tutte queste belle iniziative e azioni – che lei giustamente ha rappresentato nella sua relazione – vorremmo vedere qualcosa di realizzato, che non si limiti a una relazione annuale, ma a un qualcosa di concreto, che si realizzi con dei provvedimenti.
Un tema molto importante è quello legato ai rifiuti. Come lei saprà, in Commissione abbiamo iniziato l'iter di una proposta di legge del mio gruppo, Forza Italia, che ha come prima firmataria l'onorevole Gelmini e della quale io sono relatrice, avente ad oggetto l'impiantistica. Ad oggi, però, la proposta non ha iniziato il suo percorso concreto. Siamo convinti che aumentare gli impianti di termovalorizzazione, che trasformano i rifiuti in energia, sia un altro modo concreto per la sostenibilità di questo territorio. Chiedo al Ministro che faccia pressione sulla sua maggioranza affinché questo provvedimento si porti avanti; grazie a questo potremo limitare tutti i rifiuti stoccati, che creano Pag. 22 soltanto problemi, e soprattutto potremo iniziare a parlare di una vera economia circolare. Come diceva la collega in Commissione se ne è parlato molto, recentemente abbiamo svolto un importante ciclo di audizioni nell'ambito dell'esame dei provvedimenti inerenti all'economia circolare, che a breve dovrebbero essere definiti, visto che, se non sbaglio, il 5 luglio scade il termine fissato dalla normativa europea, per cui si tratta di giorni.
Altro tema fondamentale legato alla lotta all'impatto climatico e atmosferico è la mobilità. I problemi legati all'ambiente e all'inquinamento non si risolvono con dei monopattini o con delle biciclette, messe in azione grazie all'ecobonus, che è stato da voi incentivato. Non è questa la strada giusta, perché si tratta di un palliativo, è una misura demagogica che almeno una parte della maggioranza porta avanti da sempre, ma non è questa la risposta. Dobbiamo lavorare molto di più su tutto quello che è l'elettricità nei mezzi, facendo anche infrastrutture idonee.
È inutile fare gli incentivi per macchine, bus e camion elettrici, se poi non ci sono le colonnine per la ricarica in modo omogeneo su tutto il territorio. Sarebbe fondamentale investire e potenziare tutto il trasporto pubblico. Io voglio capire se il Governo ha intenzione di investire dei soldi, invece che in ecobonus per il monopattino, anche sul trasporto pubblico sia di persone che di merci. Spero che a breve ci dia notizie importanti su questo tema, perché è fondamentale.
In tema di immobili, torno sul tema delle caldaie, è fondamentale l'incentivo perché molte zone periferiche ad oggi ancora non hanno l'impianto metanizzato; dove manca la metanizzazione, ancora bruciano legna, pellet, che sappiamo benissimo quanto siano inquinanti per l'atmosfera. Per cui credo che sia fondamentale anche mettere in campo degli incentivi per metanizzare molte zone periferiche che ancora oggi non hanno tutto questo.
Questi sono alcuni spunti che diamo noi, e come Forza Italia siamo grati di poter collaborare a un piano strategico, però dobbiamo liberare la mente da tutta la demagogia fino a oggi portata avanti da questo Governo, e lavorare affinché si possa fare una sintesi tra pubblico e privato e riuscire a fare investimenti concreti. L'Italia ha sempre dato il meglio in Europa, e vorremmo continuare a farlo.
PRESIDENTE. Alle ore 14 inizia un'altra Commissione, quindi Ministro le chiedo un intervento in replica molto breve, magari quattro o cinque minuti. Io so che lei lascerà la relazione e si è reso disponibile a dare delle risposte successivamente se fosse necessario. Prego, Ministro.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente. Grazie per le domande. In cinque minuti riuscirò appena a fare una spolverata, però alcune questioni le tratto in questi cinque minuti, perché ho notato che molte domande è come se fossero tessute dalle medesime questioni, e le altre le affronto, se necessario, in un momento successivo.
Tutti i fondi che arriveranno nel cosiddetto «Piano finanziario europeo», post Covid, dall'Unione europea, al di là di quali siano fondi, quindi tutti questi grandi strumenti finanziari posti all'attenzione del Governo hanno tutti un obiettivo, che noi sposiamo pienamente come Governo, ma che l'Unione europea ci chiede di sposare – e siamo perfettamente in linea – ossia quello del «green». Da questo punto di vista coniughiamo gli stessi verbi con l'Unione europea, e questo è importante. Al di là della quantità e dello strumento finanziario, quello è l'orientamento sullo sfondo.
Peraltro, i 12 punti che ho citato nella mia relazione provengono dalla norma di diritto internazionale europea, che segna delle fasi – e io vi ho infatti segnalato i tempi per ciascuno dei provvedimenti –, ma è anche vero che vengono assunti di concerto con i Paesi membri. Noi possiamo dimostrare che non solo come Governo italiano, ma proprio come Paese – chi mi conosce, sa come ragiono – abbiamo voluto che questi temi fossero al centro dell'attenzione. Possiamo dimostrarlo perché abbiamo preso una posizione ufficiale in tempi Pag. 23non sospetti, con note scritte depositate alla presidente Von der Leyen piuttosto che al commissario europeo Frans Timmermans, che si occupa della questione. Abbiamo assunto quella che si chiama «posizione di leadership ambientale» insieme ad altri Paesi dell'Unione europea; considerate anche che sono Paesi di un certo spessore, di un certo calibro produttivo. Questo è anche premiante, perché vuol dire che avevamo visto giusto. Questi sono tutti atti depositati all'Unione europea.
Un'altra questione che ho visto affrontare in modo trasversale da molte domande è il PNIEC, il Piano nazionale integrato energia e clima. Vi posso assicurare che quello che è stato considerato debole in alcuni casi dall'Unione europea è da collocarsi, nell'ambito dei 27 PNIEC depositati, tra i primi tre in Europa, quindi di standing particolarmente elevato. Noi siamo disposti come Paese Italia a modificarlo in termini ancora più ambiziosi: non appena la valutazione di impatto della Commissione europea, che sarà fatta entro il 30 settembre, verrà depositata con gli step che la medesima Unione europea intenderà assegnare ad ogni Paese, entro giugno 2021 – ovviamente con un rapporto uguale e quindi non Paese per Paese in modo differenziato, cosa sulla quale siamo assolutamente contrari – noi lo rivaluteremo in modo ambizioso per il decennio 2020-2030, nella forchetta prevista tra il 50 per cento e il 55 per cento.
Questo vuol dire riscrivere quota parte, se non tutto il PNIEC, ferma restando la visione di lungo termine al 2050, che depositeremo entro la fine dell'anno, che è l'obiettivo di decarbonizzazione. Questo lo dico per le riflessioni che sono emerse dai signori onorevoli, per esempio con riguardo all'ecobonus al 110 per cento, che in realtà va in quella direzione. Nel momento in cui l'abbiamo proposto, l'ecobonus rappresentava anche un fortissimo segnale economico, tecnico e politico, ma il dibattito parlamentare – come in quest'aula è ben emerso – potrà solo migliorarlo. Noi siamo disposti a migliorarlo nel senso più «green» del termine; molti di voi hanno fatto delle proposte, ci sono degli emendamenti che vanno in questa direzione che raccoglieranno come primo valutatore il MISE (non è il mio ministero, ma io mi associo alla valutazione green). Penso per esempio all'estensione alle seconde case, elemento che aumenta la platea.
Poi posso concordare che tutto va tenuto insieme, che in alcuni casi serve il cappotto termico più che l'infisso, che serve il fotovoltaico; è chiaro che tutto concorre verso il green, ma dipende anche dalle condizioni dell'edificio di riferimento. Su questo abbiamo una visione estremamente laica.
In ordine al Just Transition Fund, questo, che era di 7,5 miliardi pre-Covid, diventa di circa 40 miliardi. Le condizioni d'ingaggio cambiano e quindi ci sarà una negoziazione che curerà il Governo nella sua completezza, e non il Ministero dell'ambiente da solo.
In ordine alla vicenda degli impianti di gestione dei rifiuti, emerso in alcune riflessioni, sento la necessità di chiarire una cosa: io sono per gli impianti. Penso agli impianti di compostaggio. Noi sappiamo che l'organico ha una presenza nella raccolta differenziata compresa tra il 35 e il 45 per cento in funzione di una serie di variabili, e si sente l'esigenza di impianti di compostaggio che oggi in Italia mancano. Però, va detta una cosa, con la massima onestà intellettuale: la competenza è delle regioni; chi dice al Ministero dell'Ambiente «lo vuoi fare, o non lo vuoi fare», dice una cosa inesatta dal punto di vista giuridico, al di là dell'aspetto politico, perché giuridicamente la competenza è collegata al piano regionale dei rifiuti. Ciò che una regione intende o non intende fare è una scelta di quella giunta, di quel consiglio regionale. Il Ministero la può osservare, come dice la legge, e fare delle raccomandazioni o fornire delle indicazioni; questo non vuol dire che si sostituisce all'organo costituzionalmente previsto. Affermare che io non lo voglio fare è un'affermazione che giuridicamente non collima con l'articolo 117 della Carta Costituzionale. Semplicemente non è vero e questo è dimostrabile da qualsiasi atto giuridico specifico sulla materia.
Piuttosto c'è da fare un ragionamento perché alcune regioni sostengono che sia competenza del Ministero dell'ambiente, perdonatemi Pag. 24 questa vena lievemente colorata, perché probabilmente – lo dico con la massima schiettezza – non hanno il coraggio di assumere le proprie determinazioni, e assegnano giuridicamente la competenza al Ministero, quando invece per Carta costituzionale la competenza è loro propria. Per me gli impianti di compostaggio vanno fatti. Ripeto: compostaggio.
In ordine al bilancio dell'Unione europea è molto importante definire una cosa: nel piano dell'Unione c'è il contrasto del «carbon leakage», ossia quel meccanismo che permette di produrre a condizione di ingaggio non ambientalmente sostenibile fuori dall'Unione europea, e poi in condizioni di dumping economico, pretende di vendere sul mercato europeo. Oggi si può fare. Noi, invece, stiamo insistendo, e siamo tra quei Paesi che hanno firmato una nota in questo senso, perché non si possa più fare. Noi non siamo d'accordo, e l'Unione europea collima con la nostra idea. Se io produco al di fuori delle condizioni ambientali, facendo dumping ambientale ed economico, e poi lucro sul differenziale non europeo, allora devo pagare il differenziale economico (un meccanismo di adeguamento al black carbon, in questo caso), affinché lo sforzo fatto dalle aziende italiane, e dalle aziende europee che vogliono produrre in Unione europea, e, nel caso di specie, in Italia, sia soddisfatto. Questo è uno sforzo che va premiato. Questo è il sistema che stiamo costruendo con l'Unione europea, e siamo Paese leader in questo senso, peraltro, fortunatamente ben ascoltati dai referenti europei, Von der Leyen, Timmermans e Sinkevicius.
Con molta franchezza, non corrisponde al vero che noi abbiamo bloccato qualsiasi prospezione di ricerca del gas. Non corrisponde al vero in atti, non in termini politici o ideologici, proprio in atti amministrativi. Non è vero, è una cosa che io devo smentire. Io ho chiesto, con una direttiva ministeriale, alla direzione generale che si occupa di dare le indicazioni alla Commissione sulla valutazione di impatto ambientale, di avere preliminarmente alcune informazioni, quando si fanno le prospezioni per la ricerca del gas, o del petrolio; ho chiesto di spiegare prima la gestione ambientale, nel senso che l'azienda deve dire prima come gestirà per esempio le acque di strato sugli offshore. Se sono acque sporche, non possono dirlo dopo, quando ci si ritrova con le acque di strato, perché si tratta di un tema di tutela del mare, di rifiuti. Questo è il modo per sapere, non come Ministro, ma in rappresentanza del Paese, come saranno gestiti i rifiuti, che tipi di rifiuti sono, dove andranno a finire i rifiuti quando verrà smantellata la piattaforma offshore. Se questo non viene detto prima, si deve fare una sanatoria ogni volta ex post, che mi sembra il contrario della politica che invece vogliamo; non è una questione di colore di appartenenza, io non ho bloccato niente. Io ho chiesto nella fase progettuale di sapere alcune cose prima, e peraltro, devo anche dire agli onorevoli interroganti che nessuna azienda ha contestato la proposta, quindi vuol dire che è ragionevole, per non dire «pienamente ragionevole». Potete fare accesso agli atti, è tutto scritto, e peraltro, è una «norma di secondo grado», cioè non è nemmeno una legge da questo punto di vista. Grazie a tutti.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua presenza e per il contributo dato ai lavori della Commissione e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.