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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 18 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Conte Giuseppe , Presidente del Consiglio dei ministri ... 5 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Tripodi Maria (FI)  ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Magi Riccardo (Misto-CD-RI-+E)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Conte Giuseppe , Presidente del Consiglio dei ministri ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Conte Giuseppe , Presidente del Consiglio dei ministri ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 11 
Ungaro Massimo (IV)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Orsini Andrea (FI)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Orsini Andrea (FI)  ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Orsini Andrea (FI)  ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Conte Giuseppe , Presidente del Consiglio dei ministri ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 16 
Serracchiani Debora (PD)  ... 16 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 17 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18 
Sportiello Gilda (M5S)  ... 18 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 18 
Conte Giuseppe , Presidente del Consiglio dei ministri ... 19 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 20  ... 20  ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 22.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del Presidente del Consiglio
dei ministri, Giuseppe Conte.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audito sia a richiesta dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
  Ricordo altresì ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, mentre consentirò di prendere la parola senza, avendo assicurato la necessaria distanza grazie alla dislocazione dei posti e alla sanificazione dei singoli microfoni.
  Ringrazio a nome mio e di tutta la Commissione il Presidente del Consiglio dei ministri per avere prontamente manifestato, anche con pubbliche dichiarazioni, la sua disponibilità a svolgere l'audizione richiestagli, a seguito del suo ultimo colloquio telefonico con il Presidente della Repubblica Araba d'Egitto, Abdel Fattah al-Sisi.
  La convocazione dell'odierna seduta in orario notturno attesta la piena consapevolezza anche da parte sua dell'eccezionalità e dell'urgenza sottolineata dalla Commissione che ne ha ritenuto preliminare lo svolgimento per procedere nell'adempimento del suo mandato. Al riguardo, ricordo che la delibera istitutiva di questa Commissione parlamentare d'inchiesta sancisce il compito di verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano un ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni.
  L'istruttoria sin qui svolta dalla Commissione ha confermato infatti quanto siano decisivi in tale ottica i fatti, gli atti e le condotte che configurano la qualità delle relazioni bilaterali italo-egiziane. A fronte dello straordinario lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Roma, supportata dai reparti speciali della Polizia di Stato e dei Carabinieri, il solo mezzo a disposizione della classe politica, per non renderlo vano e anzi per corroborarlo, è l'esercizio della pressione diplomatica.
  Con la sua audizione odierna, signor Presidente, questa Commissione avvia il secondo ciclo della sua attività di indagine, che sarà incentrato – dopo aver acquisito gli elementi oggettivi e di contesto – sulla sfera delle responsabilità politiche di governo che sono state esercitate, ai più alti livelli, dal 2016 a oggi.
  È un incontrovertibile dato di fatto che gli sviluppi della cooperazione giudiziaria sulle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni siano stati direttamente proporzionali alla serietà e alla determinazione che Governo e Parlamento hanno Pag. 4dimostrato nei confronti dell'Egitto. La recente notizia della videoconferenza che il prossimo primo luglio avrà luogo tra le procure interessate dopo un lungo, odioso e cavilloso intervallo di tempo che certo non si può giustificare con la crisi sanitaria limitata agli ultimi mesi, interviene in concomitanza con la levata di scudi che è stata suscitata nell'opinione pubblica italiana dalla conclusione di un'operazione di esportazione di armamenti senza precedenti verso uno Stato non rientrante nel sistema di alleanze euro-atlantico.
  È quindi di assoluta priorità per questa Commissione accertare, procedendo alla sua audizione, lo stato presente e futuro delle relazioni bilaterali italo-egiziane nei suoi ineluttabili riflessi sulla vicenda Regeni, dal momento che tali relazioni stanno registrando, proprio nel delicato settore dell'approvvigionamento degli armamenti, un sostanziale e sostanzioso upgrade anche rispetto al dato già di per sé eclatante che nel 2019 ha fatto dell'Egitto il principale paese destinatario delle esportazioni italiane, come si legge nella relazione al Parlamento della Presidenza del Consiglio ai sensi della legge n. 185 del 1990.
  Esula dalle competenze di questa Commissione qualsiasi valutazione di ordine geopolitico che pure un'operazione di tali proporzioni, che va ben oltre il trasferimento di due fregate già destinate alla Marina militare, non può non evocare. Ma non si può invece ignorare come per l'indagine sul tragico omicidio di Giulio Regeni sia determinante il contesto in cui si è consumato e il suo deterioramento, sotto il profilo dei diritti umani, anche alla luce delle persecuzioni che subiscono migliaia di cittadini egiziani. Al riguardo, voglio ricordare, per l'impatto che hanno avuto sull'opinione pubblica del nostro Paese, l'immotivata e ormai prolungata detenzione che sta subendo lo studente della più antica università europea, l'Alma Mater di Bologna, Patrick Zaky, nonché la triste vicenda che ha riguardato il suicidio di Sarah Hijazi, a seguito delle torture subite nelle carceri egiziane per avere sventolato a un concerto una bandiera arcobaleno.
  Le preoccupazioni per la progressiva chiusura dei residui margini di libertà nel regime egiziano non possono essere quindi liquidate in nome della non ingerenza negli affari interni in cui riecheggia un principio di ancien régime non a caso fortemente delimitato nella Carta delle Nazioni Unite. Anche mettendo per un attimo da parte il richiamo ai valori universali di libertà e democrazia, non si può ignorare il livello drammatico di violazione dei diritti umani dimostrato per esempio anche dal fatto che nel 2019 le istanze di protezione internazionale da parte dei cittadini egiziani sono tornate ad aumentare del 25 per cento secondo i dati del Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno. Anche per queste ragioni suscita sconcerto che dopo l'iniziale sollecitudine ad adottare massima cautela nell'esportare verso l'Egitto armi leggere utilizzabili per la repressione del dissenso interno, l'Italia ne abbia già dall'inizio della legislatura ripreso le esportazioni a dire il vero in buona compagnia a livello europeo.
  Signor Presidente, la coincidenza temporale con il Consiglio europeo di domani ci induce a richiamare, come avvenuto nel corso dell'informativa da lei resa ieri in Aula, l'esigenza di una più ampia e incisiva solidarietà da parte dell'Unione europea nei confronti dell'Italia nell'esercizio di una pressione per richiamare l'Egitto al rispetto dei diritti umani e della cooperazione per la ricerca di verità e giustizia per l'omicidio di Giulio Regeni, il quale d'altra parte, è utile ricordarlo, era in primo luogo un cittadino europeo. Siamo sicuri che saprà farsi interprete di questa nostra richiesta nell'ambito di una più generale richiesta di attenzione dell'Europa al Mediterraneo e al delicato contesto in cui ci muoviamo. Infine, signor Presidente, prima di darle la parola, desidero precisare che siamo pienamente consapevoli che la determinazione delle relazioni diplomatiche e commerciali con l'Egitto sia una diretta responsabilità del Governo, ma anche del fatto che la Camera dei deputati abbia attualmente sospeso le relazioni con il Parlamento egiziano e che abbia approvato all'unanimità la delibera istitutiva di questa Pag. 5Commissione, dimostrando un indirizzo molto chiaro da parte di questo ramo del Parlamento di una incontrovertibile volontà politica di ottenere piena luce sulla morte di Giulio Regeni e di ottenere che i responsabili del suo omicidio siano assicurati alla giustizia. Per questa Commissione non si tratta solo di adempiere al dovere istituzionale di garantire il diritto alla giustizia della famiglia Regeni, ma più in generale di difendere la dignità e la credibilità internazionale del nostro Paese che per noi è un interesse nazionale di gran lunga superiore a tutti gli altri in campo.
  Signor Presidente, la invito a prendere la parola per la sua relazione.

  GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Grazie presidente, sono lieto che abbia sottolineato preliminarmente il fatto che questo orario, che forse è inconsueto per i lavori della Commissione, è stato determinato dalla mia premura di volermi rendere disponibile il prima possibile, nonostante ci fossero già degli impegni programmati, per evitare che questa audizione potesse slittare ulteriormente. Ringrazio quindi la Commissione che si è resa disponibile ad accettare la prima finestra utile di disponibilità che avevo, guardando l'agenda e gli impegni già programmati.
  A poco più di quattro anni dalla tragica scomparsa e dalla barbara uccisione di Giulio Regeni, l'Italia tutta, le sue istituzioni, la sua pubblica opinione continuano ad attribuire incessante priorità alla ricerca della verità sulla sua morte. Le autorità politiche, e chi vi parla in particolare, ma anche le autorità diplomatiche italiane – e nessuno deve dubitarne – non hanno mai smesso di sollecitare con forza alle controparti egiziane ai vari livelli progressi tangibili e significativi nell'identificazione dei responsabili dell'efferato delitto.
  Il Governo da me presieduto non ha di certo lesinato sforzi e impegno in tal senso. Io per primo ho posto la vicenda Regeni sempre in cima all'agenda dei miei numerosi colloqui e contatti telefonici, in particolare con il Presidente egiziano al-Sisi e anche indipendentemente dal novero delle questioni di volta in volta affrontate e trattate. Vorrei ricordare che quando mi sono insediato per la prima volta nel mio primo Governo ho chiesto subito un incontro ai genitori di Giulio Regeni, che poi ho incontrato anche una seconda volta proprio per acquisire direttamente elementi, per ricevere informazioni di prima mano e per testimoniare una grande sensibilità mia personale oltre che come responsabile delle autorità di governo sulla vicenda del loro figliolo.
  Ho sempre dedicato e richiamato attenzione sul caso Regeni nel corso di ogni colloquio. Non ho avuto il tempo per enumerare le volte in cui ho incontrato di persona o ho avuto un colloquio telefonico con il Presidente al-Sisi, ma posso assicurare la Commissione che non c'è stato mai un colloquio che non abbia avuto al centro la questione del caso Regeni. Altrettanto ha fatto anche il Ministro Di Maio, come egli stesso ha ribadito mercoledì 10 giugno scorso nel question time alla Camera dei deputati. Analoghe iniziative hanno condotto numerosi altri esponenti politici italiani, i nostri ambasciatori e tutti coloro che a diverso titolo hanno avuto un ruolo di un qualche rilievo nelle relazioni con il Cairo.
  Non sono mancate inoltre le continue sollecitazioni italiane sulle istituzioni europee, affinché si facessero latrici di identici messaggi per dar forza alla nostra azione volta a ottenere l'accertamento della verità nei confronti dell'Egitto. Sulle molteplici sensibilità che registro con attenzione in questi giorni, così come ho registrato anche in passato a partire dal pieno e assoluto rispetto del dolore della famiglia Regeni, osservo che ogni mia interlocuzione con il Presidente al-Sisi è partita da un semplice quanto inevitabile assunto e su questo sono stato sempre molto chiaro. I nostri rapporti bilaterali non potranno sviluppare appieno il loro potenziale finché non verrà fatta piena luce sul barbaro assassinio di Giulio e non ne verranno assicurati alla giustizia i colpevoli. A tal fine ho sempre ribadito con forza alle controparti egiziane la necessità come primo passo di ristabilire un'efficace cooperazione giudiziaria tra le due procure, una cooperazione che ha dato Pag. 6segni di una certa ripresa dopo la nomina del nuovo procuratore generale egiziano.
  In questo senso vanno l'impegno mio personale, del Governo e della diplomazia italiana che molto ha operato in vista di questa riattivazione. Su queste basi mi sono confrontato con il presidente egiziano anche in occasione del nostro più recente colloquio – mi riferisco alla telefonata di domenica 7 giugno scorso – esprimendo ancora una volta in modo inequivoco sin dalle prime battute la forte aspettativa mia e dell'intero Paese per progressi rapidi e concreti nelle indagini. Ho in proposito sottolineato le nostre perduranti attese in riscontro della rogatoria inviata al Cairo ormai credo più di un anno fa, così come il prosieguo dei contatti avviati tecnicamente il 14 gennaio di quest'anno. In occasione di questa conversazione, ho sollecitato il mio interlocutore a favorire un concreto segnale di rassicurazione, di collaborazione più intensa. Il Presidente al-Sisi per parte sua ha sempre manifestato nei nostri colloqui – e quello di domenica non ha fatto eccezione – piena comprensione per le richieste italiane e disponibilità sua e delle autorità egiziane a collaborare verso il perseguimento di questo obiettivo riconosciuto essenziale per rilanciare le nostre relazioni. Anche in tale occasione non ho mancato di far presente che attendiamo ancora una dimostrazione tangibile di tale volontà ed è una circostanza questa che anche nel colloquio di domenica 7 giugno ho ribadito con fermezza. La nostra azione politico-diplomatica si fonda del resto su un presupposto che costituisce un pilastro tradizionale della nostra politica estera e cioè che il superamento anche delle questioni più gravi tra Stati e la cooperazione internazionale possano essere perseguiti con maggiore efficacia attraverso una intensificazione e non certo con l'interruzione e l'irrigidimento del dialogo, un dialogo franco all'interno di una interlocuzione costante.
  Sviluppare il dialogo bilaterale, intrattenere rapporti nei diversi settori del partenariato bilaterale e confrontarsi su tematiche di convergente interesse nazionale con l'Egitto non rappresentano in alcun modo una sottovalutazione della gravità del crimine commesso ai danni di Giulio Regeni, tantomeno una subordinazione a supposte ragioni di Stato dei principi fondamentali che guidano la nostra postura internazionale, quali il rispetto dei diritti umani e la difesa dei valori democratici. Mantenere un'interlocuzione diretta e costante consente al contrario di insistere su tali principi, di porli al centro dell'attenzione anche dei vertici, in questo caso delle autorità di governo, di esigerne con credibilità il rispetto. Confrontarsi non significa quindi giustificare o dimenticare, quanto piuttosto cercare di influire da grande Paese democratico e rilevante attore regionale quale siamo anche sugli indirizzi, sui comportamenti concreti che riassumono la posizione posta in essere dalla controparte. Del resto, alternative pure percorse in passato non sono di certo risultate incisive. Una consapevole e più che ponderata valutazione del nostro leverage sul Cairo ci conduce a ritenere che la creazione di una rete di interrelazioni e di convergenze possa rafforzare la nostra capacità di pressione sulla base di un partenariato lungimirante ancorché critico. In altre parole, i nostri rapporti con l'Egitto richiedono una visione di insieme che non intende in alcun modo ridimensionare la profonda componente valoriale dell'identità e delle priorità che il Governo persegue in politica estera, ma al contrario mira ad ampliare il ventaglio di strumenti al suo servizio.
  L'Egitto costituisce senza dubbio uno degli interlocutori chiave nel quadrante mediterraneo mediorientale. Il Cairo può svolgere una funzione di rilievo nell'auspicato processo di stabilizzazione della regione. Assume oggettivamente un ruolo non marginale in dossier come il conflitto in Libia, un ruolo assolutamente centrale per quanto riguarda il contrasto al terrorismo e ai traffici illeciti, come anche nella gestione dei flussi migratori, nelle operazioni in campo energetico che corrispondono ad altrettanti vitali interessi nazionali, interessi che vanno ben al di là delle finalità di mera cooperazione economica che pure costituisce un volano di sviluppo e di prosperità per entrambi i Paesi. Tutti questi temi hanno inevitabilmente fatto oggetto, Pag. 7dopo la discussione sul caso Regeni, anche della mia ultima conversazione con il Presidente al-Sisi, con l'obiettivo di promuovere soluzioni politiche, le uniche che riteniamo davvero sostenibili. Si pensi in particolare allo scenario libico che anche nell'ultima conversazione è rimasto un elemento centrale dello scambio. Peraltro questo scenario libico è sempre più pericolosamente legato a quello siriano, dove perseguiamo insieme ai principali partner un percorso politico in grado di allontanare pericolose escalation militari.
  Non voglio dilungarmi, sono qui per rispondere alle vostre domande. Posso riassumere che la questione della barbara uccisione di Regeni è rimasta e rimarrà sempre al centro dell'attenzione del Governo italiano fino a quando io lo presiederò, come pure posso assicurare che tutte le componenti dal Governo e tutte le diramazioni della macchina amministrativa e della filiera diplomatica sono tutte votate verso questo obiettivo. Io sono convinto che questa postura che il Governo sta portando avanti ci dà la speranza di poter giungere alla verità. È un obiettivo, questo, verso il quale rimarremo sempre costantemente concentrati e rimarremo inflessibili fino a quando non lo otterremo.

  PRESIDENTE. La ringrazio Presidente. Invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni o richieste di chiarimenti. È mio intendimento dare seguito a questa audizione con un primo giro di domande in forma libera. Invito quindi i colleghi a rimanere entro tempi che ci consentano di fare anche ulteriori giri di domande.
  Eventuali richieste di intervenire in forma segreta potranno essere concentrate dopo aver esaurito gli interventi in forma pubblica, per cui ci sarà una parte in cui ognuno potrà fare domande anche sulla base di eventuale documentazione riservata. In questa prima fase darò la parola a un collega per gruppo.
  Do la parola alla collega Tripodi che si era iscritta a parlare per prima.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Signor Presidente, ringraziandola per la disponibilità ad accogliere l'invito della Commissione, trovo doveroso, nonostante la sua esaustiva e dettagliata relazione, esprimerle la mia personale preoccupazione e quella del gruppo di Forza Italia per la lentezza riscontrata nella ricerca della verità sulla tragica morte di Giulio Regeni. Lo ricordo in primis a me stessa e successivamente spiegherò anche il motivo.
  Lo scopo di questa Commissione è quello di far luce su una pagina oscura che ha inghiottito la vita di un figlio d'Italia, un ragazzo come tanti che, a differenza di molti coetanei, non ha avuto la fortuna di poter progettare e vivere il proprio futuro, un figlio d'Italia a cui il Paese è obbligato a restituire il dovere della memoria, assicurando senza se e senza ma alla giustizia i responsabili della sua morte. Ciascuno per il ruolo che gli compete deve agire con consapevolezza e assoluta responsabilità per contribuire alla ricerca di quella verità così fondamentale. Proprio per questo, signor presidente e onorevoli colleghi, consentitemi di fare alcune brevissime considerazioni. Ho trovato e trovo fuori luogo ideologizzare e politicizzare la vicenda di Giulio Regeni come a più riprese è stato fatto di recente. Vede, presidente, leggere su organi di stampa litigi, accuse, velati sospetti all'indirizzo del Paese da parte di alcuni rappresentanti della maggioranza conduce a mio avviso a quanto di più lontano dalla ricerca della verità e di quella coesione istituzionale così indispensabile. Non posso a tal proposito che constatare con rammarico profondo come si sia derubricata con le schermaglie politiche che sono sotto gli occhi di tutti una vicenda complessa e dolorosa a mero scambio economico. Signor Presidente, è chiaro ed evidente che l'Italia dall'Egitto debba con chiarezza pretendere la verità. Da cittadina e da parlamentare la considero una condizione non negoziabile. Magari, colleghi, è anche vero che per l'Italia l'Egitto è un partner commerciale non scelto da questo o quel Governo susseguitisi alla guida del Paese. È un partner che l'Italia ha acquisito dalla consuetudine storica in politica estera, essendo stata, caro presidente, l'Italia negli anni passati, nei decenni passati il baricentro Pag. 8politico nel Mediterraneo e come tale credo che ancora debba continuare a trattare alleati e partner a livello diplomatico ed economico. È questo il tempo, signor presidente, di affiancare all'azione diplomatica un'efficace azione di intervento presso le autorità egiziane. Lei questa sera ce lo ha ribadito: il Ministro degli esteri si è attivato per questo. Io voglio essere fiduciosa in nome di quella verità che come ebbe a dire un suo illustre predecessore è sempre illuminante e ci aiuta a essere coraggiosi.
  Aggiungo in questo caso che ci renderebbe molto orgogliosi di aver compiuto il nostro dovere come rappresentanti delle istituzioni in memoria di un figlio d'Italia al quale va resa giustizia. Sto per concludere, presidente, ma era doveroso fare queste osservazioni. Il nostro movimento come da tradizione è una forza politica responsabile e ha sempre anteposto agli interessi di parte quelli del Paese. Anche questa volta Forza Italia si comporterà con coerenza, ponendosi come attento e vigile interlocutore con la speranza che si arrivi presto a una verità, non confondendola con l'interesse nazionale e con la nostra capacità che deve essere portata avanti fino in fondo. La ringrazio, presidente. Lo dobbiamo a Giulio, alla sua famiglia e al Paese.

  PRESIDENTE. Do la parola al vicepresidente Trancassini.

  PAOLO TRANCASSINI. Grazie, presidente. Grazie, presidente Conte, per questa occasione. La ringrazio anche per la tempestività con la quale ha risposto all'appello dell'Ufficio di presidenza di questa Commissione. Ho sentito e ho seguito attentamente quanto ci ha riferito e cioè il fatto che lei – uso le sue parole – ha sollecitato con forza e ha messo sempre al centro dei colloqui che ha avuto e nei rapporti con l'Egitto questo tema, ma a me che sono curioso geneticamente manca un pezzo, perché lei ci ha detto tutto quello che ha detto e noi non abbiamo nessun motivo di non crederle, anzi la ringraziamo anche per aver posto con forza in cima ai colloqui con al-Sisi il tema dell'assassinio di Giulio Regeni. Il tema è quello che ha detto al-Sisi e cioè a noi piacerebbe sapere oggi, a tutte le sollecitazioni che lei ha posto, qual è stata la risposta di al-Sisi, perché lei ha una fortuna diversa da questa Commissione. Lei ha parlato direttamente con al-Sisi. Lei è in una posizione di estremo vantaggio anche rispetto alla Procura di Roma che ha fatto uno straordinario lavoro in una situazione quasi impossibile, una missione impossibile portata a termine con impareggiabile capacità, però lei ha parlato direttamente con al-Sisi e allora al suo racconto manca questo.
  Io glielo chiedo. Lei deciderà come uomo delle istituzioni, come rappresentante dello Stato italiano se risponderci in audizione pubblica o riservata, però io credo che non possiamo perdere questa occasione. Così come mi piacerebbe sapere di più rispetto al suo passaggio circa i rapporti bilaterali che non potranno essere ma non sono nel pieno della loro potenzialità. Premetto che io credo che le esigenze attuali e anche i rapporti della cooperazione economica debbano andare avanti e quindi su questo nulla ho da dire rispetto a quello che è stato posto in essere. Ma se lei ci dice che i rapporti non sono nel pieno delle potenzialità, io voglio capire quale azione abbiamo frenato, quale rapporto è stato compromesso, quale affare non è stato completato, perché se lei ci dice che non siamo nel pieno delle potenzialità evidentemente si riferisce a qualcosa.
  Per ultimo, ma credo che questo attenga sicuramente alla seconda parte dell'audizione, visto che lei ha l'alta direzione della politica dell'informazione, visto che si è occupato, si è speso, si è interessato, si è preoccupato della vicenda Regeni, le chiedo se ha da dirci qualcosa sullo scenario inglese, il quale per noi è completamente buio, visto che non abbiamo avuto né noi né la Procura di Roma grandi risposte in merito. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Magi.

  RICCARDO MAGI. Grazie, presidente. Grazie al Presidente Conte. In queste ore abbiamo sentito da più parti ripetere che le Pag. 9due questioni dovrebbero restare separate, quella dei rapporti commerciali – e rapporti commerciali di un'entità tale da potersi definire strategici – e quella della verità sulla morte di Giulio Regeni. Mantenere separati i piani è oggettivamente difficile, se non altro perché quando lei, presidente, ha di fronte il presidente al-Sisi, ha di fronte non solo il Capo dello Stato egiziano, ma anche colui che nomina i più alti vertici del potere giudiziario in Egitto e quindi, in assenza di una separazione dei poteri e di un'autonomia della magistratura in quel Paese, è oggettivamente difficile tenere separate le due cose. Quindi la domanda non può che tentare di essere più ficcante rispetto a quanto lei ci ha detto. Quali sono i segni concreti che lei ha individuato e che le fanno affermare che realisticamente possiamo attenderci una ripresa della cooperazione giudiziaria che ha visto per un anno non rispondere la magistratura egiziana alla corposa informativa che la Procura di Roma le aveva inviato? Ha visto l'impossibilità per i magistrati italiani non solo di interrogare coloro che erano stati individuati come responsabili dell'omicidio, del rapimento e delle torture a Giulio Regeni, ma persino di assistere al loro interrogatorio da parte dei magistrati e dell'autorità giudiziaria egiziana.
  Poi su un altro terreno, quale attività è stata svolta dai due governi, quello che lei ha presieduto e quello che presiede ora, per tentare di rendere il caso Giulio Regeni e il caso Egitto un caso europeo? Quale azione diplomatica è stata svolta, perché oggettivamente noi non abbiamo visto dei risultati da questo punto di vista, per fare in modo che non fosse affidato tutto al rapporto bilaterale tra Italia ed Egitto? Anche perché abbiamo visto come in passato se c'è stata un'efficacia ad esempio nella leva commerciale proprio sulla materia degli armamenti, questa si è avuta quando dal 2013 fino alla metà del 2014 c'è stata una posizione assunta a livello dell'Unione europea sul comportamento commerciale da tenere nei confronti dell'Egitto. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente del Consiglio per un primo giro di risposte.

  GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Procedendo nell'ordine, mi sono state poste una questione e una preoccupazione da parte dell'onorevole Tripodi sulla lentezza di questa collaborazione. Lei ha espresso una preoccupazione per la lentezza. È una preoccupazione che condivido anch'io, una preoccupazione che ho rappresentato anch'io. L'ho rappresentata, a partire dalle prime volte, ma poi in modo insistito le ultime volte che ho avuto occasione di confrontarmi col presidente al-Sisi. Tra l'altro io sono stato al Cairo – adesso non ricordo esattamente il giorno, il 14 o il 15 gennaio di quest'anno – a incontrare il presidente al-Sisi. È stata una visita molto rapida ed è stata una visita compiuta insieme ad altri. Sono stato anche in Turchia a incontrare il presidente Erdogan, in vista della preparazione alla conferenza di Berlino per la Libia. È stato quindi un tour molto mirato, per incontrare i principali protagonisti dello scenario libico e comunque è stata un'occasione per ascoltare quelli che non ho sentito al telefono. C'è stata una grande preparazione per la conferenza di Berlino. In quella occasione ho anche espresso molta costernazione. Ho sollecitato una ripresa della cooperazione. In quel giorno c'erano al Cairo – pressoché contemporaneamente o venivano il giorno dopo, adesso non ricordo esattamente – non i magistrati ma gli ufficiali di polizia giudiziaria, cosa che mi venne rappresentata, ricordo a memoria, come un'occasione per preparare poi un incontro tra magistrati. Quindi non è che non ci sono stati dei segnali che potesse riprendere una più intensa cooperazione. Comunque anche in quell'occasione ho sempre ribadito, come in tutte le altre occasioni, come per l'Italia la vicenda Regeni è un vulnus, una ferita che non può essere rimarginata e che richiede quantomeno l'accertamento della verità giudiziaria, perché tutta la comunità nazionale su questo fronte non potrà mai far finta che non sia successo nulla.Pag. 10
  Rispondo anche a un'altra domanda che mi è stata fatta. L'Egitto nei nostri confronti ha molta attenzione per ragioni geopolitiche molto complesse, per vicende che riguardano uno scenario in cui l'Italia è al centro del Mediterraneo, è la porta dell'Unione europea. Abbiamo una tradizionale capacità in alcuni contesti di riuscire a dialogare dove altri non riescono a dialogare. Quindi questa attenzione da parte dell'Egitto nei confronti dell'Italia ho sempre cercato di volgerla, di utilizzarla per intensificare il dialogo anche in questa direzione, piuttosto che prospettando l'interruzione, cosa che è già avvenuta in passato. Vi dico molto francamente: a parte che con i se e con i ma non è facile ragionare e non è mia abitudine ragionare, ma se io fossi stato un'autorità di governo che entrava in gioco quando in continuità di rapporti non si erano ottenuti dei risultati, forse io stesso avrei pensato di interromperli, cosa che è stata fatta in passato; cioè, trascorrendo del tempo e non vedendo risultati concreti, penso – dico penso perché siamo nel ventaglio delle ipotesi – che anch'io avrei ragionato e invitato il Consiglio dei ministri a valutare come soluzione assolutamente spendibile, probabilmente utile a raggiungere un qualche più significativo risultato concreto, l'interruzione dei rapporti, cosa che è stata fatta. Essendomi però insediato quando in passato c'era già stata questa eventualità ed era stata sperimentata, mi sono convinto, forse sbagliando, che invece l'intensificazione del dialogo, il fatto di cogliere da parte dell'Egitto questo interesse, questa attenzione nei confronti della mia persona, ma non ovviamente come Giuseppe Conte, ma come Presidente del Consiglio e Premier italiano, ho cercato di volgere questa considerazione che mi viene sempre riservata, e continuerò a rivolgerla, per ottenere un risultato che però mi rendo conto, e l'ho detto anche nel corso dei colloqui, stenta ancora a produrre dei risultati concreti.
  Le potenzialità voi mi dite? Di fronte a molta considerazione che viene rappresentata, per esempio ho detto che non sarà mai possibile una visita di Stato con tutti gli onori che vorrebbero riservare al Premier italiano in Egitto, fino a quando non riusciremo a compiere significativi passi avanti in questa direzione così come non saranno possibili varie altre iniziative che adesso non vi sto a dire. È stata prospettata, ma cito a memoria, l'inaugurazione di una Università al Cairo, dico una cosa marginale per dirne tante altre. Sul pieno dispiegamento dei rapporti in tutta la loro potenzialità ho sempre rappresentato una qualche remora, esplicitando il fatto che, sino a quando non avremo l'accertamento della verità, non potremmo pretermettere questo aspetto e quindi lasciare che i rapporti si dispieghino nella loro piena potenzialità.
  Lei ha accennato, onorevole Tripodi, anche a eventuali strumentalizzazioni, coloriture anche politiche. Io vi posso esprimere la mia posizione. È chiaro che capita anche a me di leggere i giornali e le varie posizioni. Per quanto mi riguarda ho un solo obiettivo: l'accertamento della verità. Poi discorsi, coloriture politiche, posizioni varie: fino a quando ci sarò, chiederò sempre comunque l'accertamento della verità.
  Cosa ha detto il Presidente al-Sisi? Non ho difficoltà a dirlo, ma su questo mi riserverei di farlo nel momento in cui passeremo alla modalità riservata, perché mi sembra corretto quando si parla di un interlocutore che è un Capo di Stato, un Premier, un Capo di Governo. Se devo riferire delle mie affermazioni, le ho riferite; sulle mie posizioni non ho difficoltà, perché ne rispondo pubblicamente davanti alla pubblica opinione italiana e quindi davanti a voi che siete i rappresentanti del popolo. Se devo però riferire le risposte dell'interlocutore, credo che per la credibilità mia e per assicurare la riservatezza anche di una prossima telefonata che farò con qualunque Capo di Governo o di Stato, preferisco passare all'altra modalità, solo per questo.
  Vicepresidente Trancassini, le ho risposto sulle potenzialità, anche lei mi ha chiesto del colloquio con il Presidente al-Sisi e le risponderò più avanti. Sulla questione della pista inglese, dico che non ho elementi. Non ho elementi da portare qui alla Commissione. Non ho elementi né come Pag. 11Presidente del Consiglio né come Autorità che presiede al comparto intelligence, però posso riservarmi su questo con il comparto intelligence di cercare di avere qualche elemento sul punto, ma in questo momento non mi sembra e comunque non sono a mia conoscenza specifici elementi su una pista che anche nel dibattito pubblico è rimasta una pista mai approfondita, mai accertata o comunque oggetto di un qualche elemento degno di approfondimento, allo stato.
  Forse mi fermerei qui, perché poi c'è la parte riservata in cui faremo altri approfondimenti.

  PRESIDENTE. C'era la domanda del collega Magi sulle iniziative intraprese in Europa.

  GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Sulle iniziative in Europa ci sono risoluzioni del Parlamento europeo dell'aprile 2016. Ci sono varie iniziative da questo punto di vista. Poi confesso che su questa vicenda ci siamo confrontati anche spesso col Presidente Fico. La seconda volta che ho incontrato la famiglia Regeni, l'abbiamo incontrata insieme al Presidente Fico, perché lui mi aveva detto che li incontrava e mi ha fatto piacere unirmi a questo incontro. Sono stato messo al corrente delle iniziative che anche il Presidente Fico ha condotto in Europa e abbiamo curato le iniziative con il Ministro degli esteri, con la Farnesina, con la nostra filiera diplomatica, però sono stato anche direttamente aggiornato dal Presidente Fico e ho sempre ritenuto che le iniziative prese soprattutto a livello di Parlamento, anche per la rappresentanza che gli organi elettivi parlamentari esprimono, fossero quelle più forti e coinvolgenti anche a livello europeo oltre a quelle nazionali.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Aresta.

  GIOVANNI LUCA ARESTA. Non ho domande da porle, se non ringraziarla perché lei più volte ha ribadito come il nostro Governo, e aggiungo anche il Parlamento, si aspettino un segnale concreto e forte nella ricerca della verità giudiziaria sulla morte del giovane ricercatore. Sicuramente uno dei momenti importanti potrebbe essere quello dell'incontro che i pubblici ministeri italiani avranno il primo luglio prossimo con i colleghi della Procura generale del Cairo. I rapporti commerciali certamente non affievoliscono, di questo siamo consapevoli, l'azione diplomatica e giudiziaria per arrivare dopo oltre quattro anni a quei passi avanti che finora sono mancati e più volte il suo Esecutivo ha dato anche un segnale forte per dissipare ogni dubbio al riguardo, anche dopo le polemiche che in questi giorni abbiamo letto un po' tutti e che si sono scatenate sul discorso delle navi FREMM cedute all'Egitto. Interrompere i rapporti commerciali con l'Egitto creerebbe anche delle difficoltà a proseguire nell'azione giudiziaria che deve essere l'unica insieme a quella dei rapporti diplomatici a condurre a passi concreti. Probabilmente, come ha ribadito anche il nostro Ministro degli esteri Luigi Di Maio, un passo essenziale potrebbe esserci sulla elezione del domicilio legale per la notifica degli atti agli attuali indagati. Io la devo ringraziare proprio per questo, perché non ha mai fatto mancare l'attenzione su questo aspetto e la prego di insistere proprio sull'aspetto giudiziario che a mio modestissimo modo di pensare può condurre, insieme a quello rapporti diplomatici, a un passo concreto.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. La ringrazio molto, Presidente. Le fa davvero onore essere venuto qui questa sera appena convocato dalla Commissione. È evidente che lei prende molto sul serio la questione, perché è una questione che ha chiaramente a che fare con l'interesse nazionale. La forza che un Paese mette nel difendere la vita dei propri cittadini all'estero è una questione che viene prima di qualsiasi altro elemento dell'interesse nazionale.
  Vorrei tornare a una questione che aveva già sollevato il collega Trancassini, perché Pag. 12condivido molto, lo abbiamo sempre detto da quando esiste questa Commissione, il fatto che noi non potremo più chiamare l'Egitto alleato finché non sarà chiarita questa vicenda. I nostri rapporti non potranno sviluppare il pieno potenziale finché non c'è chiarezza tra i due Paesi su questa vicenda, altrimenti non ci si può fidare di un Paese come l'Egitto.
  Io vorrei capire però in concreto in che cosa esattamente non si stanno sviluppando i nostri rapporti nel pieno potenziale. Le faccio alcuni esempi. Sappiamo bene quanto sia inevitabile la discussione di politica estera con l'Egitto. Noi non possiamo evitarla e continuiamo giustamente ad averla. Lei stesso ci si è recato già quest'anno una volta, nel corso del suo mandato ha avuto vari colloqui anche di persona con il presidente al-Sisi, proprio perché purtroppo la vicenda del Mediterraneo è una vicenda in cui è assolutamente necessario parlarsi. Quindi non credo che ci sia un affievolimento del livello delle relazioni politiche. La cooperazione culturale è ripartita. Abbiamo deciso di far ripartire la cooperazione culturale anche in ambito universitario proprio per dare un segnale su Regeni. Nel 2018 per fortuna l'Eni ha scoperto il più grande giacimento energetico nel Mediterraneo. Quindi c'è un interesse grande in campo energetico e io non credo che su questo versante ci sia un affievolimento dei rapporti.
  Per il turismo che pure è un settore dove nel passato, in particolare nel 2013, il nostro Paese decise – perché era una cosa che interessava di più agli egiziani che a noi, dopo il colpo di Stato – di modificare e ridurre diffondendo degli alert che diminuivano di molto i flussi turistici, in questo momento c'è il COVID-19, ma prima non c'era nessun segno di affievolimento dei rapporti turistici tra Egitto e Italia e quindi dall'Italia all'Egitto.
  Per quanto riguarda il commercio e in particolare il commercio delle armi, da quando lei è diventato Presidente del Consiglio, e lo dicono le relazioni che sono pubbliche dell'UAMA al Parlamento, l'Egitto è passato, da essere un paese in cui avevamo un rapporto come quarantaduesimo paese nel commercio delle armi, a essere nel 2018 il decimo paese per volume di commercio delle armi e nel 2019, come conseguenza di decisioni prese nel 2018, è diventato il primo paese con cui noi commerciamo le armi. Io vorrei capire esattamente in cosa non si sta sviluppando il pieno potenziale delle relazioni con l'Egitto. Io credo che questo sia un punto estremamente importante proprio per quello che diceva lei, ovvero che finché non si arriva alla verità, non si può sviluppare il pieno potenziale.
  Domanda successiva: nel caso in cui questo importante incontro del primo luglio non andasse come previsto e come noi auspichiamo, in quali ambiti abbiamo intenzione di ridurre la cooperazione, se abbiamo intenzione di ridurre la cooperazione?
  Terzo punto: lei dice che stiamo mantenendo una relazione più bassa del pieno potenziale per cercare di influire su indirizzi e comportamenti concreti. Secondo lei, da quando lei è Presidente del Consiglio, su quali indirizzi e comportamenti concreti siamo riusciti a influire sull'Egitto? Non parlo della cooperazione giudiziaria. Il giudizio che dà lei della cooperazione giudiziaria è che la cooperazione giudiziaria, nonostante gli sforzi della Procura di Roma, non ha prodotto risultati sufficienti, ma in altri ambiti quand'è che noi facciamo pesare il potenziale dei nostri rapporti nei confronti dell'Egitto?
  Anche qui le faccio alcuni esempi. In Libia abbiamo degli interessi confliggenti e finora non mi sembra che siamo riusciti in alcun modo a influenzare il comportamento dell'Egitto; per quanto riguarda l'Etiopia gli interessi che abbiamo nella diga sono grandemente confliggenti: Salini sta costruendo una diga cui l'Egitto si oppone chiaramente, per il controllo del Nilo. Sul Sudan, lo scorso anno facevamo parte di un gruppo di Paesi europei che chiedevano una composizione pacifica e democratica del conflitto in quel Paese. L'Egitto ha fatto tutt'altro: si è schierato con l'Arabia Saudita, ha finanziato in quel momento il governo militare. Poi le cose sono andate in Pag. 13modo diverso, però l'Egitto era proprio da un'altra parte rispetto agli interessi italiani.
  In quale ambito noi riusciamo a influenzare i comportamenti e gli atteggiamenti dell'Egitto? Credo che da questa domanda dipenda molto di quello che poi noi riusciremo a trovare con questa Commissione. O noi riusciamo a far pesare il nostro Paese nelle relazioni con l'Egitto o saremo un paese che verrà preso in giro da tutti gli altri. Grazie.

  MASSIMO UNGARO. Anch'io ringrazio il Presidente del Consiglio per la sua relazione e sicuramente non metto in dubbio gli sforzi del Governo italiano per ricercare verità e giustizia sulla morte di Giulio Regeni. Io mi rendo conto che il nostro rapporto con l'Egitto ha varie dimensioni e che l'Egitto svolge un ruolo centrale nel Medio Oriente, ma soprattutto nella lotta al terrorismo, nello scenario libico che vede il nostro Paese estremamente coinvolto.
  Io, Presidente, volevo fare due domande. Se l'Italia sia pronta ad affrontare un dialogo anche sul piano commerciale, può andare nello specifico sulla disponibilità dell'Egitto ad avanzare sul lato della cooperazione giudiziaria? Le volevo poi chiedere se nella sua telefonata ha ricordato che la Procura di Roma ha iscritto tra i suoi indagati ben cinque individui dal 2018 e dal 29 aprile dell'anno scorso aspetta una risposta. Noi in questa Commissione ci siamo resi conto che la Procura di Roma è arrivata a livelli di investigazione e di accertamento giudiziario molto al di là delle aspettative di certe autorità egiziane. Quindi volevo sapere se lei ha affrontato questo punto specifico con il Presidente al-Sisi. Inoltre è ovvio che non possiamo che lamentare una certa lentezza su questo tema della ricerca di verità e giustizia.
  Un'altra cosa, Presidente, è che il lavoro in Commissione di questi mesi ci ha mostrato che il momento di massima cooperazione che l'Egitto ha avuto con il nostro Paese corrisponde al momento di massima pressione che l'Italia è riuscita ad adottare quando abbiamo ritirato il nostro ambasciatore. Io non metto in dubbio la buona fede del Governo nel cercare verità e la giustizia per Giulio Regeni. Mi chiedo soltanto se non pensa a quali sarebbero altre iniziative per cercare di mettere pressione o comunque indurre l'Egitto a una maggiore cooperazione giudiziaria, soprattutto partendo dal fatto che noi abbiamo ottenuto maggiori risultati, seguendo un altro tipo di azione diplomatica. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Orsini.

  ANDREA ORSINI. Signor Presidente del Consiglio, la ringrazio per la sua relazione. Ne ho apprezzato molto vari aspetti, ne ho apprezzato molto l'equilibrio. Ho apprezzato alcune affermazioni. Lei ha detto che i migliori risultati nei rapporti con l'Egitto si ottengono con il dialogo con un Paese amico – sono parole sue – e con un partenariato lungimirante ancorché critico. Io sono d'accordo con lei. Credo che la politica estera di un grande Paese come l'Italia sia una materia molto complessa, una materia nella quale ci deve essere, come ricordava giustamente la collega Tripodi poco fa, una solidarietà che vada al di là del rapporto maggioranza e opposizione e lei sa che Forza Italia è sempre stata a fianco del Governo nei momenti in cui il Paese è stato impegnato dal punto di vista internazionale a difendere l'interesse o il prestigio della nazione. Ma mi sembra, signor presidente, che il problema grande come una casa lei ce l'abbia con la sua maggioranza, anche ascoltando gli interventi dei colleghi che sono intervenuti poco fa, interventi che per la verità sarebbero più adatti forse alla Commissione esteri che alla Commissione Regeni, perché io ricordo a me stesso, e devo in questo in parte dissentire anche dalla relazione introduttiva del nostro presidente, che il nostro scopo non è indagare sul complesso delle nostre relazioni con l'Egitto o sul complesso della situazione dei diritti umani nel mondo. Il nostro compito è indagare sulla vicenda di Giulio Regeni e sugli elementi che ostano all'individuazione della verità sulla questione di Giulio Regeni. Questo dovrebbe fare questa Commissione, ma siccome in realtà mi rendo conto che forse inevitabilmente si tende ad allargare il campo delle nostre riflessioni a temi Pag. 14molto più ampi, temi importanti, temi come il rapporto con l'Egitto per il quale non vogliamo usare la definizione «alleato», probabilmente non la possiamo usare, ma è certamente un Paese assolutamente in prima fila per una serie di nodi decisivi per l'Italia che vanno dalla questione libica al problema assai complesso degli equilibri in Medio Oriente, al rapporto con il conflitto arabo-israeliano, al contrasto al terrorismo e all'estremismo islamico.
  Tutti questi temi io credo che rientrino nella politica estera di un grande paese, un grande paese che naturalmente non può permettere che un cittadino italiano venga ucciso e che la cosa rimanga senza conseguenze. Non può permettere che gli sforzi ai quali anch'io manifesto il massimo apprezzamento della nostra autorità giudiziaria siano boicottati da un paese che in questo senso dovrebbe essere amico e dovrebbe lealmente collaborare.
  Quindi condivido con lei la necessità di una amichevole ma fermissima posizione dell'Italia in questa materia, tenendo conto che contro questo non c'è un interesse economico di alcune aziende a vendere delle armi, c'è un tema geopolitico complessivo del quale la vendita delle armi all'Egitto fa parte e va vista in questa chiave, non semplicemente nella chiave di un affare da fare e da non fare a fronte della esigenza di tutelare la vita di un nostro connazionale. Però, presidente, le ripeto che questi temi li dovrebbe chiarire con la sua maggioranza, perché, oltre che in questa sede, sono state molte le prese di posizione, sulla vicenda che in questi giorni riguarda la vendita delle fregate all'Egitto, ostili alla linea assunta dal Governo. Di questo credo che lei abbia il dovere di prendere atto e di fare qualche riflessione.
  Da parte mia posso solo aggiungere che lei ha manifestato – e su questo devo esprimere la mia perplessità – grande apprezzamento per le iniziative parlamentari in relazione alla vicenda Regeni. Le iniziative parlamentari consisterebbero nella sospensione dei rapporti parlamentari con l'Egitto. Questo mi consenta di dirlo, signor Presidente, è in contraddizione con l'impostazione complessiva che lei ha dato che non è quella di una sospensione dei rapporti, ma è anzi esattamente il contrario, è quella di un mantenimento di un rapporto intenso per aiutare la ricerca della verità. Io condivido questo suo approccio, ma non è quello assunto dal Presidente Fico. Io credo anzi che un Parlamento in un Paese democratico come l'Italia, che ha un ordinamento basato sulla separazione dei poteri, non faccia una propria politica estera distinta dalla politica estera del Governo. Il Parlamento fa la politica estera attraverso il Governo al quale dà la fiducia e con il quale ha un rapporto fiduciario. Non credo che sia compito del Parlamento sospendere i rapporti con altri Paesi, ma se lo fosse, sarebbe un compito che comunque non sarebbe da discutere in questa sede, ma in sede di Commissione esteri. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Orsini, solo una precisazione, la Camera dei deputati ha interrotto le relazioni con il Parlamento egiziano, non con l'Egitto. Non è compito del Parlamento rompere le relazioni diplomatiche con l'Egitto.

  ANDREA ORSINI. Non c'è dubbio, ma è un atto di politica estera a tutti gli effetti.

  PRESIDENTE. È un atto che riguarda la diplomazia parlamentare.

  ANDREA ORSINI. Che non può però essere scisso dal complesso della politica estera di un Paese.

  PRESIDENTE. La separazione dei poteri prevede anche questo, però è un altro discorso. Prego, Presidente, a lei la parola per rispondere.

  GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi riferivo alle iniziative a livello europeo, alle risoluzioni, ne ho citata una, credo che siano tre le risoluzioni del Parlamento europeo, uno strumento di pressione che può avere un ruolo e un'influenza nel predisporre una collaborazione ancora più intensa, una cooperazione che offra maggiori garanzie di pervenire alla verità.Pag. 15
  Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Ungaro, faccio un'osservazione minimale. Non è facile ragionare, come dicevo, con i se e con i ma e la controprova di una modalità diversa che possa portare a più intensi risultati non l'avremo mai. Però, ad accettare il suo ragionamento, se ritiene che fossero stati conseguiti così rilevanti risultati, non andava ripristinata la pienezza delle relazioni diplomatiche; e non sto sindacando negativamente su quello che è stato fatto. Voglio essere chiaro: non ci sono polemiche politiche dietro. Probabilmente avrei ripristinato anche io i rapporti dopo aver speso un determinato periodo e aver creato questa pressione indiretta, per ottenere dei risultati.
  Venendo all'intervento dell'onorevole Quartapelle che mi è sembrato più articolato, dico che dal suo intervento lei sembrerebbe avere un criterio quantificatore e misuratore di quelli che sono i benefici che si possono trarre. Nella geopolitica la questione è un po' più complessa. È difficile valutare l'influenza, i comportamenti, le conseguenze. Delle volte influenzare un comportamento significa anche far venir meno un certo beneficio da un rapporto più stretto, quindi la geopolitica è un po' complessa. Lei ha tratteggiato anche alcuni scenari molto rapidamente, sui quali – non vorrei scambiare questa per la Commissione esteri – però ci sarebbe molto da ragionare, parlando della Libia, parlando del Sudan, parlando dei rapporti con la Turchia, parlando della questione della Grande Diga e dei rapporti Egitto-Etiopia. Io ho una visione un po' più complessa rispetto alla semplificazione che lei ha tratteggiato e soprattutto non ritengo che sia facile individuare un elemento quantificatore e sostenere che, agendo con una postura, si ottiene senz'altro di più, di meno o altro.
  Ripeto, non abbiamo ottenuto molto e questo può avvantaggiare la sua ricostruzione, ma non significa che secondo me in questo momento una diversa postura ci porti a una più intensa cooperazione. Io ho incontrato sei/sette volte – il mio consigliere diplomatico ha più memoria di me – il presidente al-Sisi. Il fatto di parlare di persona, guardarlo negli occhi ed esprimere nel corso di un incontro tutta la premura, la considerazione e il rammarico e quindi poter esercitare un'influenza diretta in un colloquio vis-à-vis, probabilmente è una cosa che non ha portato a risultati. Non sono stato capace. È quello che ho detto alla famiglia Regeni, l'ultima volta che l'ho incontrata, quando esprimeva un certo rammarico. Non voglio essere indelicato nei loro confronti, credo di non rivelare nessuna riservatezza del colloquio, dicendo che erano un poco dispiaciuti del fatto che con la presenza diplomatica in loco noi non avessimo ottenuto e non ottenessimo risultati. La mia risposta è stata: «Se la deve prendere col Presidente del Consiglio che ha qui di fronte». Il Presidente del Consiglio incontra al-Sisi vis-à-vis. Il nostro ambasciatore al Cairo non incontra il Capo dello Stato, quindi se per il momento c'è un'incapacità di raggiungere dei risultati maggiori, questa incapacità la potete imputare a me direttamente.
  Ho incontrato sei/sette volte al-Sisi, oltre alla volta in cui c'è stato questo rapido passaggio, perché ho ritenuto necessario farlo in preparazione alla conferenza di Berlino, perché potesse dare qualche risultato. Era un contesto di preparazione di questa conferenza molto delicato. Non c'erano assicurazioni che ci si predisponesse nel modo giusto per ottenere uno sblocco della situazione di stallo.
  Ad eccezione di quella volta, l'ho incontrato quasi sempre all'estero. L'ho incontrato all'ONU, a Pechino, a Sharm el-Sheikh, in contesti internazionali e nell'occasione di vertici internazionali multilaterali. Immagini lei un vertice intergovernativo, ha esperienza, no? Ci si incontra a un vertice intergovernativo in visita ufficiale. Si portano ministri, si portano delegazioni. Lei ha un indice moltiplicatore in testa, non lo so, ma immagini cosa significhi poter far correre le relazioni a seguito di vertici intergovernativi del genere, lui invitato a Roma in modo ufficiale o io al Cairo con una delegazione ufficiale intergovernativa. Si creano tutta una serie di rapporti bilaterali, con tutti i dicasteri e si può Pag. 16moltiplicare non so per quante volte le relazioni attuali. Questo intendevo dire.

  PRESIDENTE. Farei un ultimo giro in seduta pubblica. È iscritta la collega Serracchiani, il collega Pettarin e la collega Sportiello. Darei la parola alla collega Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Grazie presidente. Grazie anche al Presidente Conte per la premura con cui ha ritenuto di rispondere alla Commissione che aveva sospeso i propri lavori proprio in attesa di audirla e quindi le siamo grati perché ha compreso quanto fosse importante oggi la sua presenza qui. Il presidente Palazzotto ha spiegato che ci sono vari filoni sui quali ci stiamo concentrando e che con l'audizione di oggi in sostanza ne parte uno che riguarda anche chi ha avuto incarichi politici importanti in questo periodo di tempo e ha avuto la possibilità di quegli incontri vis-à-vis, e non solo vis-à-vis, che lei ricordava poc'anzi.
  Vorrei però tornare ad alcune dinamiche che personalmente non mi sono molto chiare. Le chiederei in questo senso un aiuto. Noi abbiamo appreso della telefonata dei giorni scorsi che lei ricordava, quella del 7 giugno. Volevo chiederle se la data del primo luglio sia il risultato di quella telefonata, di un'attività che si è svolta in questo periodo, affinché vi fosse una ripresa della cooperazione giudiziaria che era oggettivamente in stallo o è stata il frutto di un lavoro tra le magistrature dei rispettivi Paesi di cui la Presidenza del Consiglio magari non era completamente informata.
  La rogatoria a cui lei faceva riferimento è del 30 aprile 2019, quindi è passato oggettivamente molto tempo. Le chiederei, se lei lo ritiene ne parliamo in seduta riservata, se la rogatoria è stato oggetto di una richiesta molto esplicita al Presidente al-Sisi e se ha avuto una risposta in questo senso.
  Poi vado a quella che può sembrarle una richiesta di dettaglio, ma che di dettaglio non è. Ricordava prima il collega Ungaro che ci sono cinque persone iscritte nel registro degli indagati della Procura di Roma. Il reato che viene loro attribuito è quello di sequestro di persona. Presumibilmente stiamo parlando anche delle persone che hanno torturato e ucciso Giulio Regeni. Io penso che una richiesta molto esplicita che vada fatta al presidente al-Sisi e alle rispettive autorità sia quella di avere il domicilio legale di questi soggetti che possono essere evidentemente processati anche in contumacia qualora siano residenti all'estero. Quindi io le chiedo se ha mai posto la domanda al presidente al-Sisi di avere la possibilità di conoscere il domicilio di queste persone, perché queste persone possano essere processate. La mia domanda è proprio questa: abbiamo chiesto esplicitamente al Presidente al-Sisi di poter iniziare il processo che riguarda queste cinque persone iscritte nel registro degli indagati? Quale risposta abbiamo avuto, se lo abbiamo fatto?
  Vorrei anche, ma credo che sarà oggetto anche di una prossima audizione, che lei ci chiarisse, Presidente, se gli eventi che si sono svolti in questi ultimi giorni hanno poi portato oggi il Ministro degli esteri a inviare una lettera in questo senso molto esplicita alle autorità del Cairo e quindi se c'è stata una discussione tra di voi, cosa che per noi è un fatto importante, perché è quella svolta che permetterebbe di uscire dallo stallo e di avviare non solo la cooperazione giudiziaria, ma di partire con il processo.
  Terza ed ultima osservazione: personalmente non penso che siano sufficienti prese di posizione del Parlamento europeo per poter dire che questo è un tema che è stato portato in Europa. È necessario che ci sia una presa di posizione dei Governi che in Europa sono l'Europa, tenendo presente che ci sono dinamiche anche commerciali che, come riguardano il Paese Italia, riguardano altri Paesi, tenendo presente che l'Italia nel 2019 porta a oltre 800 milioni di euro il proprio export con l'Egitto, la Francia a 4 miliardi. Allora mi immagino che forse non sono sufficienti una, due, tre risoluzioni del Parlamento europeo, pur importanti, pur necessarie, pur indicanti una strada da percorrere ma sia invece Pag. 17necessaria, anche per la logica che lei giustamente ricordava della complessità della geopolitica e della politica estera, un'azione molto forte, molto spinta. Ricordo che adesso inizia il semestre di presidenza tedesco durante il quale forse quella della politica del Mediterraneo può essere una delle politiche più importanti a cui presta attenzione l'Italia anche attraverso considerazioni che riguardano vicende che richiedono trasparenza e verità come quella di Giulio Regeni.
  Quindi tenere distinte le due cose è importante, ma la valutazione del rango europeo forse deve essere portata a un livello più elevato rispetto a quella del semplice Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie alla vicepresidente Serracchiani. Il collega Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Intanto naturalmente ringrazio il Presidente per la sua disponibilità. Quando ciò a cui stiamo assistendo in questo ultimo periodo si è sviluppato, e sto parlando della vicenda della fornitura di armamenti, la domanda che mi è sorta è stata: la nostra Commissione, la Commissione monocamerale d'inchiesta sulla morte di Regeni, ha senso? Il fatto che lei sia qui stasera e che ci sia venuto non appena possibile mi dà una risposta secondo me estremamente importante. La nostra Commissione e il nostro lavoro hanno senso, però perché questo senso possa essere un qualche cosa di più di un rito, che potrebbe essere anche vano, bisogna riuscire a procedere sulla strada che abbiamo cominciato a perseguire. Alcuni spunti. Sul tema dei diritti umani non rispettati l'Egitto ha reso sé stesso oggetto di tre risoluzioni del Parlamento europeo. Alla risoluzione votata al Parlamento europeo il 24 ottobre 2019 in cui espressamente si chiedeva anche giustizia per Giulio Regeni, l'Egitto ha risposto non facendo presenziare l'ambasciatore egiziano nel contesto della riunione della delegazione parlamentare per il Mashreq. Quindi l'Egitto si comporta in maniera riottosa non solamente con noi, ma con chiunque ponga qualunque questione di questo tipo, cosa questa che certamente non ci lascia tranquilli.
  Presidente, il fatto che lei ogni volta che ha modo di insistere su questi punti e sul caso Regeni, lo ricordi e lo ricordi doverosamente, lo ricordi con la passione che la caratterizza, però a distanza di tanto tempo non le fa sentire l'imbarazzo che questo ricordarlo sia diventato solamente un rito? «Buongiorno, buonasera, presidente al-Sisi. Si ricordi di Regeni». Il presidente al-Sisi dice: «Sì, me ne ricordo» e poi si passa ad altro. In questo quadro il fatto che tra le forniture di armi si sia cominciato a fornire anche armi leggere non la inquieta? L'utilizzo che le armi leggere possono avere e probabilmente hanno anche per reprimere moti di piazza non le dà fastidio? Non le fa pensare che forse ciò che stiamo facendo è oltre ciò che avremmo dovuto o potuto fare? Una fregata è del tutto diversa da un'arma leggera, ma rispetto a quelle che sono le nostre sensazioni è certamente molto più offensiva. Rispetto a questo dato a essere presi in giro dall'Egitto non siamo solamente noi, sono anche i partner europei. Mi pare assolutamente evidente.
  Ma qual è il quadro dell'essere presi in giro? La mancata collaborazione evidente, il boicottaggio alle attività della nostra Procura la quale, come alcuni colleghi hanno già ricordato, ha fatto un lavoro straordinario, probabilmente talmente straordinario che gli egiziani non avrebbero mai pensato che sarebbero riusciti a ricavare dati tali come quelli che sono stati ricavati e messi a disposizione anche della nostra Commissione. Questo quadro, presidente, quando vedrà una fine?
  Alla luce di queste considerazioni la mia domanda è una sola; lei nella sua ottica, nella sua attività ha posto una deadline? Qual è il momento in cui ci stancheremo di essere presi per i fondelli dall'Egitto e faremo qualche cosa di più? Qualunque cosa questo di più sia, essendo capaci, come dobbiamo essere, di mantenere i rapporti, perché avere qualche rapporto è sempre meglio che non avere rapporti, essendo capaci di mantenere distinto il piano del rispetto dei diritti umani, del rispetto per la Pag. 18vita di un nostro figlio rispetto a quelle che sono le attività necessarie e produttive e quelle che sono le esigenze di carattere tattico e strategico che ci coinvolgono, ma rispetto alle quali l'Egitto non ci aiuta.
  Quindi, rispetto a questo quadro, la domanda è forse troppo tranchant, è troppo semplice. Il presidente Conte quando, come noi, si stancherà di questo atteggiamento e farà qualcosa di effettivamente ficcante? Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Sportiello.

  GILDA SPORTIELLO. Grazie presidente, sarò breve. Innanzitutto ringrazio il Presidente Conte per aver accolto così prontamente la richiesta della Commissione di averlo in audizione. Noi qui in audizione abbiamo ascoltato diverse parti, abbiamo ricostruito la vicenda che ha interessato Giulio e tutto quello che è successo dopo il suo rapimento, la sua tortura e la sua uccisione. Quello che spesso ci diciamo è che l'Egitto ha mancato in una collaborazione, aggiungerei anche in una leale collaborazione. Quello che però a volte sfugge, probabilmente proprio perché siamo concentrati su questa mancanza di collaborazione che non è mai arrivata effettivamente dall'Egitto, è che il processo della nostra Procura e tutte le indagini hanno una natura suppletiva poiché l'uccisione di Giulio è avvenuta in Egitto.
  Le loro indagini, quelle portate avanti dall'Egitto, si sono macchiate dell'uccisione di cinque innocenti, di un tentativo di depistaggio. Dopodiché l'Egitto sembra aver quasi dimenticato di cercare chi ha ucciso Giulio Regeni. Quindi la domanda che mi faccio è questa: quando chiediamo ad al-Sisi una maggiore collaborazione con la nostra Procura, secondo me dovremmo chiedere anche di portare avanti un'indagine per capire chi ha ucciso Giulio, chi l'ha torturato, chi l'ha rapito. Abbiamo, grazie al lavoro della nostra Procura, cinque iscritti nel registro degli indagati e al momento aspettiamo l'elezione del domicilio che, ricordo, è un atto dovuto, visto che non ci è stata concessa la residenza, però a questo punto mi chiedo: l'Egitto ha dimenticato che è stato ucciso Giulio Regeni nelle loro carceri? Perché pare che abbia smesso non solo di collaborare, ma di cercare di portare avanti le indagini dopo quel tentativo di depistaggio.
  Quindi la mia domanda è proprio questa: in che modo si pone l'Egitto dinanzi a una mancanza così grave? Non è soltanto una mancanza di collaborazione. Assolutamente non trovo termini che possano essere gentili: però davvero credo che sia inaccettabile che uno Stato trascuri in questo modo la ricerca della verità per l'uccisione di Giulio.

  PRESIDENTE. Presidente, se mi consente, vorrei aggiungermi in coda con una mia domanda, così potrà rispondere a tutti. Mi ricollego a quanto diceva da ultimo il collega Pettarin sulla vendita di un così ingente quantitativo di armi che tra l'altro riguarderà diverse commesse che arriveranno nel tempo. Adesso stiamo parlando di due fregate, ma abbiamo saputo che gli accordi politici riguardano circa 9 miliardi di commesse in armamenti, cosa che fa dell'Egitto il principale alleato dell'Italia nel Mediterraneo. È una scelta che sostanzialmente trasforma l'Egitto in un partner strategico, direi in un Paese amico, perché stiamo facendo questo tipo di investimento. Da un Paese amico ci si aspetta che ci siano risposte all'altezza, proporzionali all'investimento che stiamo facendo. Siccome lei qui ci ha detto che la strategia del Governo è quella di costruire una relazione per ottenere dei risultati, la domanda che le pongo è se c'è un momento in cui il bilancio sui risultati che otterremo potrà mettere in discussione e farci rivedere questa decisione. Quindi, per esempio, decidere che una volta autorizzata la vendita di queste fregate, le altre operazioni siano condizionate a delle risposte che arrivino dall'altra parte, non in termini di scambio, ma in termini di segnali politici, perché se da un Paese amico non si ottengono i responsabili della morte di Giulio Regeni, se a un certo punto non avremo la possibilità di processarli, è chiaro che c'è un cortocircuito, perché non è un rapporto bilaterale. È un rapporto unilaterale da Pag. 19parte dell'Italia e dall'altra parte i segnali non sono proporzionati.
  Quindi la mia domanda è se ci sarà un momento in cui faremo un bilancio ed eventualmente rivedremo questa posizione se non arrivano i risultati sperati. Il primo luglio abbiamo un incontro. Ci aspettiamo qualcosa da questo incontro e questo incontro può mettere in discussione anche le scelte fatte o le scelte future? A lei la parola.

  GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Parto dalle domande della vicepresidente Serracchiani. Anche qui le dico ciò che ho chiesto io, poi passiamo alla modalità riservata per quanto riguarda le risposte che mi sono state fornite. Sì, le confermo che la richiesta di una cooperazione giudiziaria è stata oggetto puntuale di costante sollecitazione, a fronte all'attività investigativa svolta dall'autorità giudiziaria italiana, perché, come è stato anche ricordato, gli elementi che abbiamo a disposizione sono da imputare alla volontà dell'autorità giudiziaria italiana e alla sua capacità investigativa. Quindi senz'altro la questione della rogatoria e quindi la possibilità di creare le premesse perché si possa procedere e si possa avviare un processo con rinvio a giudizio nel nostro ordinamento giuridico è stata oggetto di una specifica richiesta ed è un obiettivo sul quale io personalmente, ma tutto il Governo, tutta la filiera diplomatica lavoreremo. Per quanto riguarda la posizione dell'interlocutore, risponderò dopo.
  L'onorevole Pettarin e l'onorevole Sportiello mi consentono di fornire una risposta unitaria. Devo essere sincero. È chiaro che avendo avuto un'interlocuzione che non si è esaurita nell'arco di una sola conversazione telefonica o di un solo incontro in un vertice multilaterale internazionale vis-à-vis, ma ci sono stati vari incontri, e non avendo ancora ottenuto quello sviluppo risolutivo determinante per quanto riguarda la vicenda giudiziaria e quindi l'accertamento dei fatti, se mi spoglio un po' della veste e dell'aplomb del Presidente del Consiglio e se devo anche mettere in campo quelle che sono le mie personali sensazioni e direi anche i sentimenti, sì, c'è stato qualche momento in cui la reazione istintiva sarebbe stata anche un moto di orgoglio. Però quando si è il Presidente del Consiglio, bisogna superare la reazione e il moto orgoglioso che porterebbero all'irrigidimento e all'interruzione del confronto. Poi c'è un altro elemento che milita in direzione opposta, anche una motivazione morale. Pensateci un attimo, perché la questione è talmente anfibologica e ambivalente nei suoi risvolti. Lo dicevamo prima, nessuno ha la certezza di quale sia il comportamento più giusto per ottenere un risultato e allora c'è stato anche il superamento di questa reazione più emotiva, del moto d'orgoglio che giustamente potrebbe avere il Presidente del Consiglio di una potenza del G7 che deve ottenere una risposta immediata e concreta per sé, per la nazione e per i genitori di Regeni che non possono parlare con al-Sisi – gli può parlare il Presidente del Consiglio.
  Però poi prevale ancora oggi, e qui rispondo anche a lei presidente, un atteggiamento anche un po' più razionale e forse un po' più complesso anche dal punto di vista morale, cioè la convinzione che se otterremo qualche risultato sarà perseverando, sarà insistendo, sarà continuando a battere il pugno sul tavolo con dignità come lo stiamo facendo, anche a costo di non riuscire a ottenere se non passetto dopo passetto, con grande lentezza, qualche sviluppo di questa vicenda.
  In effetti poi sviluppi ne ha avuti, perché se mettete insieme tutti i passaggi la vicenda non è contraddistinta da una assoluta stasi. C'è stato anche l'alternarsi dell'autorità giudiziaria al Cairo e da noi. Ci sono stati passi avanti, piccoli, assolutamente inappaganti, però c'è una valutazione più complessiva che se una risposta si potrà portare mai ai genitori di Regeni è perché c'è un'autorità giudiziaria italiana che sta spiegando grandissima capacità investigativa, grandissima determinazione. C'è tutta una comunità nazionale che non si stancherà mai di chiedere la verità e c'è anche un'autorità di Governo in tutte le sue diramazioni che continuerà a insistere ogni volta che se ne presenterà – anzi, cercherà – l'occasione per continuare a esercitare Pag. 20una pressione, confidando che allo stato è meglio un dialogo per quanto franco, per quanto anche a tratti frustrante e quindi un'interlocuzione costante, piuttosto che l'interruzione dei rapporti.
  Presidente, ho risposto in parte a lei, ma non totalmente, adesso che ho riletto l'appunto. Non posso escludere come Presidente del Consiglio che ci si debba poi porre anche un qualche obiettivo, che questo dialogo debba in qualche momento... probabilmente arriveremo a quello. A mio avviso, valutando tutti gli elementi a disposizione, non siamo ancora a quel punto, però è chiaro che questa è una valutazione che dovremo sempre aggiornare costantemente con le forze di maggioranza che sostengono il Governo, con i Ministri competenti, ma anche con tutti gli altri. Torneremo a interrogarci se questa interlocuzione stia dando dei risultati o meno, se questi risultati siano soddisfacenti. Dovremo mantenerci sempre vigili lungo la strada dell'accertamento della verità e valutare tappa dopo tappa sempre, costantemente, questo percorso.

  PRESIDENTE. Grazie Presidente. Se non ci sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio per le informazioni che ci ha fornito e per la franchezza del confronto. Lo lasciamo ai suoi impegni e speriamo anche a un po' di riposo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 00.30.