Sulla pubblicità dei lavori:
Casa Vittoria , Presidente ... 3
Audizione della Ministra dell'università e della ricerca, Maria Cristina Messa, sulle linee programmatiche del suo dicastero anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati)
:
Casa Vittoria , Presidente ... 3
Messa Maria Cristina , Ministra dell'università e della ricerca ... 3
Casa Vittoria , Presidente ... 11
Toccafondi Gabriele (IV) ... 11
Frassinetti Paola (FDI) ... 12
L'Abbate Patty ... 13
Fusacchia Alessandro (Misto-FE-FDV) ... 14
Sgarbi Vittorio (Misto-NcI-USEI-R-AC) ... 15
Granato Bianca Laura ... 16
Di Giorgi Rosa Maria (PD) ... 17
Verducci Francesco ... 18
Nitti Michele (PD) ... 19
Aprea Valentina (FI) ... 20
Palmieri Antonio (FI) ... 22
Casciello Luigi (FI) ... 22
Cangini Andrea ... 23
Colmellere Angela (LEGA) ... 24
Saponara Maria ... 25
Russo Loredana ... 26
Melicchio Alessandro (M5S) ... 27
Bella Marco (M5S) ... 28
Cimino Rosalba (M5S) ... 29
Casa Vittoria , Presidente ... 30
Nencini Riccardo ... 30
Casa Vittoria , Presidente ... 31
(La seduta, sospesa alle 11.35, è ripresa alle 16.25) ... 31
Casa Vittoria , Presidente ... 31
Messa Maria Cristina , Ministra dell'università e della ricerca ... 31
Casa Vittoria , Presidente ... 35
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Europeisti-MAIE-PSI: Misto-EUR-MAIE-PSI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
VITTORIA CASA
La seduta comincia alle 9.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta sarà assicurata, oltre che dal resoconto stenografico, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione della Ministra dell'università e della ricerca, Maria Cristina Messa, sulle linee programmatiche del suo dicastero anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Ministra dell'università e della ricerca, professoressa Maria Cristina Messa, sulle linee programmatiche del suo dicastero, anche in relazione ai contenuti della Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza di cui al Doc. XXVII, n. 18. Saluto e ringrazio la Ministra Messa di essere presente oggi per quest'audizione. Saluto il Presidente della 7a Commissione del Senato, senatore Nencini, e tutti i senatori presenti. Ricordo che deputati e senatori possono partecipare all'audizione anche da remoto, in videoconferenza. Come di consueto, il dibattito successivo alla relazione iniziale della Ministra sarà regolato nei tempi di intervento. D'intesa tra il presidente Nencini e me, il tempo complessivamente disponibile per il dibattito – circa due ore – è stato diviso tra i gruppi per metà in parti uguali e per l'altra metà in proporzione alla consistenza numerica dei gruppi parlamentari. Come nelle precedenti occasioni, si intende che il tempo di ciascun gruppo sarà diviso in parti uguali tra deputati e senatori, salvo diverso accordo interno al gruppo. Quanto all'ordine di intervento, la parola sarà data secondo la consistenza numerica dei gruppi nelle Commissioni. Secondo quanto concordato con la Ministra, la replica avverrà nel pomeriggio dopo l'audizione del Ministro Franceschini.
Do a questo punto la parola alla Ministra Messa.
MARIA CRISTINA MESSA, Ministra dell'università e della ricerca. Grazie molte, signori presidenti, onorevoli senatori e deputati. Vi ringrazio per l'invito perché questo è un modo molto importante per avviare un confronto aperto con i componenti delle Commissioni parlamentari, anche perché siete coloro che seguono più da vicino e da più tempo tutte le competenze del nostro Ministero.
Alcune delle considerazioni che mi appresto a condividere con voi in questa seduta sono frutto di un lavoro già fatto per il quale vorrei ringraziare il Ministro Manfredi che ha lavorato molto e in modo efficace con tutti noi e che mi ha permesso di avere un passaggio di consegne molto accurato che ci permette di andare avanti senza perdere tempo.
Svilupperò questa audizione in due momenti: il primo è più generale e riguarda le linee programmatiche e il punto in cui siamo con il nostro Ministero; il secondo, invece, è circoscritto al Piano nazionale per la ripresa e resilienza per quanto riguarda Pag. 4il Ministero dell'università. Ovviamente poi lasceremo il tempo necessario per gli interventi e nel pomeriggio ci vedremo per la replica.
I tempi di azione sono molto stretti. Dobbiamo presentare un programma credibile ed efficace per il Paese, volto a colmare le distanze che penalizzano il sistema della formazione superiore e della ricerca nel confronto europeo, nonostante le recenti risorse che sono state ottenute.
Prima di iniziare, vorrei fare una breve premessa sul quadro pandemico e come si comportano l'università e la ricerca e l'AFAM (Alta formazione artistica, musicale e coreutica). Fin dall'inizio l'università e l'AFAM non si sono mai arrestate e hanno sempre lasciato aperti i loro laboratori nel rispetto delle linee guida e delle distanze che sono necessarie. Sono state messe in atto tutte le modalità di didattica a distanza, cercando di mantenere quelle attività che sono imprescindibili che riguardano fondamentalmente l'attività dei laboratori e dei piccoli gruppi che possono vedersi in presenza. Devo dire che questo è stato merito delle persone che lavorano nell'università, nell'AFAM e nelle istituzioni di alta formazione e a loro va il mio più sentito ringraziamento, perché sono stati capaci di adattarsi e perché hanno sempre dimostrato un'elevata professionalità che è tipica delle persone che lavorano nel nostro sistema. Il sistema ha garantito la continuità didattica agli studenti, tanto che nel secondo semestre dello scorso anno accademico il numero di esami e dei laureati è addirittura stato superiore rispetto all'anno precedente.
Dopo l'estate, grazie al confronto con il CTS (Comitato tecnico scientifico), sono state individuate misure organizzative racchiuse in alcune linee guida, che sono state finalizzate a consentire una graduale ripresa in presenza e che sono talmente ben accurate da essersi dimostrate efficaci anche adesso. Quindi, non abbiamo più dovuto cambiare le linee guida perché sono già state ben ideate e delineate.
Le misure introdotte con il decreto del 2 marzo scorso sono state improntate di nuovo a una flessibilità, quindi valorizzare le capacità organizzative dei singoli atenei che sono in grado in maniera autonoma di seguire le norme più importanti. Speravamo – come sappiamo tutti – di tornare in presenza con l'inizio del secondo semestre, ma questo non sarà possibile. Quindi, il mondo dell'università si è riadattato a una misura diversa. Quando potremo tornare all'attività in presenza avremo acquisito un'esperienza – di questo dobbiamo fare assolutamente tesoro – che arricchirà le modalità educative di apprendimento e che ci permetterà anche di studiare nuovi mondi di didattica internazionale e quindi dare una possibilità alle nostre università verso l'internazionalizzazione, usando anche questi sistemi.
Al momento, comunque, mancano le attività di confronto e di interazione che sono fondamentali per i nostri ragazzi e questo crea molto disagio e malessere. Gli studenti e le studentesse mi scrivono – come penso scriveranno anche a voi – chiedendo di essere trattati come gli studenti delle scuole, perché comunque sono in una fase estremamente importante e delicata della loro vita. In questo senso si è ritenuto indispensabile che il piano vaccinale indicasse fra gli insegnanti anche professori universitari e il personale che lavora nell'università, perché, come nel mondo della scuola, la responsabilità di affiancare questi giovani anche in presenza è molto alta e abbiamo ritenuto che questa fosse una priorità. Devo dire da subito che, oltre che un cittadino, sono un medico, un ricercatore e quindi sono consapevole che dopo le prime priorità che avevamo stabilito all'inizio e che erano abbastanza indiscutibili, adesso è molto difficile stabilire priorità. Di base credo che fondamentalmente tutti debbano avere accesso al più presto e in maniera comparata ai vaccini. Tuttavia, nel quadro dell'insegnamento penso che un posto forte per il sistema educativo in toto, anche il sistema della ricerca abbia un rilievo. AFAM è già inclusa, ma credo che anche il personale degli enti di ricerca debba avere una forte considerazione.
Come vedete, queste considerazioni molto trasversali con i nostri tre sistemi mi spingono a confermare, inoltre, la specificità e Pag. 5l'unitarietà del sistema dell'alta formazione e della ricerca. Da più parti, quindi, raccolgo l'invito a valutare la possibilità che questa specificità sia in qualche modo delineata nell'ambito della pubblica amministrazione, ovvero che venga valorizzata e che venga riconosciuta. Ieri abbiamo avuto un incontro con il Ministro Brunetta per cercare di dare a questo personale – non chiamiamolo comparto, perché è un insieme di tante altre figure – che lavora per l'università, la ricerca e l'AFAM una contrattazione che tenga conto delle esigenze e che li metta soprattutto su un piano tale da poter permettere la mobilità e lo scambio attraverso i diversi sistemi. Il Ministro Brunetta si è dimostrato favorevole a questo approccio. Poter lavorare sulle persone e garantire alle persone di poter essere riconosciute e valorizzate rende più efficienti ed efficaci i provvedimenti che adesso sono necessari, perché quando poi passeremo al Piano, vedremo che tutti gli investimenti che vogliamo fare, senza il capitale umano che abbia la possibilità di lavorare in maniera corretta, sono sprecati.
In questa visione di unitarietà del sistema della ricerca si renderanno più raggiungibili quegli obiettivi che da lungo tempo sono nell'agenda anche delle organizzazioni sindacali e quindi spero che in questo modo riusciremo ad arrivare presto a una definizione di questo contratto. L'unitarietà implica anche il riconoscimento di un grado di specialità per il personale di supporto, non solo professori e ricercatori, ma anche il personale di supporto alla ricerca: abbiamo bisogno di tecnici, di tecnologi, di amministrativi, di manager della ricerca, di figure che sono di supporto, ma che sono fondamentali affinché ci sia una realizzazione dei nostri obiettivi.
Il mio impegno quindi andrà nella direzione della valorizzazione del capitale umano, delle persone, in chiave economica, ma anche nella definizione di un quadro di regole che tenga in maggior conto le specificità e, in questo percorso, non posso e non voglio prescindere dal contributo delle forze che posso trovare in questo Parlamento.
Esiste una forte riduzione della ricchezza prodotta nel 2020 e anche un recupero molto lento – non sappiamo come e quanto – e quindi è molto importante anche non perdere di vista i possibili territori di marginalizzazione. L'attenzione verso le differenti aree del Paese e verso gli aspetti di marginalizzazione avranno tutta la nostra attenzione.
Vorrei condividere con il sistema dell'università e della ricerca anche nuove iniziative, a valere già da adesso, dal Fondo di finanziamento ordinario delle università e dal Fondo ordinario degli enti, programmabili con l'avvio del prossimo anno accademico, che sono coerenti con il Piano – di cui parleremo dopo – ma anche con le linee programmatiche in senso lato. In particolare penso al tema di una maggiore flessibilità del piano di studi che possiamo introdurre già da subito; a promuovere la mobilità dei ricercatori, come già vi dicevo; al superamento delle differenze di genere nella scelta dei corsi di studio e anche all'investimento in questo senso sull'orientamento verso le discipline non solo scientifiche, ma una combinazione, senza antitesi, fra discipline scientifiche e discipline umanistiche.
Passo ora ad alcuni punti essenziali di questa attività, di cui voglio relazionarvi. Partirei dal MUR (Ministero dell'università e della ricerca) nel nuovo contesto: ha 14 mesi di vita, 12 dei quali passati in pandemia. Nonostante questo – di questo devo ringraziare tutto il gruppo, lo staff che lavora al Ministero e il Ministro Manfredi – abbiamo a questo punto la possibilità di formare il Ministero nella maniera più completa. La direttiva degli uffici che è stata approvata e depositata alla Corte dei conti dà la possibilità di individuare presso il Ministero cinque direzioni generali al posto di tre – di quanto sono adesso – con l'aggiunta di una direzione per il personale e per gli affari interni e una direzione per l'internazionalizzazione. Quindi, ristrutturiamo una direzione che c'era un po' di anni fa, quando il Ministero era insieme all'istruzione, e che, come potete immaginare, ha un ruolo molto importante in quanto sia il Piano che approntiamo adesso, Pag. 6sia tutta la ricerca in questo corso, in questo periodo, in questi ultimi 10 anni sono fortemente internazionali. Avendo fatto questo lavoro, sappiamo dalle università che la maggior parte dei nostri fondi adesso vengono dall'Europa e non a livello nazionale.
Un'altra direttrice di innovazione sarà quella di improntare l'azione amministrativa del Ministero più concretamente a princìpi di efficacia, di efficienza, di tempestività e di economicità e lavorare per la semplificazione delle procedure e la dematerializzazione dei processi. Come ben sapete, un'amministrazione che funzioni è fondamentale e indispensabile per attuare poi politiche che siano efficaci e incisive. Fra l'altro, accelererei il reclutamento dei giovani funzionari, finanziato con la legge di bilancio per 57 unità, che sarà un concorso innovativo e riservato ai giovani.
Stiamo lavorando molto anche sulla dotazione di una sede adeguata, soprattutto in termini di spazi, perché lo spazio in cui siamo adesso è stretto, essendo da condividere con il Ministero dell'istruzione.
Per quanto riguarda i provvedimenti in Parlamento, desidero assicurare sin da ora che intendo dare la massima attenzione ai provvedimenti all'esame delle Commissioni, nel caso in cui le forze politiche di maggioranza dovessero confermare la volontà di proseguirli. Tra questi desidero in particolare segnalare il disegno di legge delle lauree abilitanti, assegnato alle Commissioni riunite II e VII della Camera, la cui conclusione entro l'anno rappresenta anche un impegno che verrà preso dal Governo nell'ambito del piano Recovery. Su tale disegno di legge confido che si possa trovare la più ampia convergenza delle forze politiche di fronte a una richiesta estremamente trasversale. Intendo riservare una grande attenzione anche sulle proposte di legge in tema di reclutamento universitario, quindi la riforma del pre-ruolo – su cui mi sono già incontrata con alcuni di voi – che è fondamentale per potere poi investire il capitale umano nei prossimi anni e in maniera positiva anche per i nostri giovani, che hanno bisogno di sapere com'è il percorso nelle nostre istituzioni. I punti di contatto con il PNRR presuppongono la sussistenza di una classe docente all'altezza delle sfide del confronto europeo. In questa direzione vanno le azioni finalizzate all'incremento del personale docente e dei ricercatori, l'abbreviazione del periodo complessivo del pre-ruolo, la semplificazione del percorso di progressione di carriera e l'introduzione di veri incentivi alla mobilità. Queste parole ritorneranno sempre in tutti i discorsi.
Nell'ottica di un'unitarietà del sistema, ovvero del personale che lavora nel sistema universitario e nella ricerca intendo farmi promotore di soluzioni che rendano più osmotici i meccanismi di reclutamento e di mobilità tra università, enti pubblici di ricerca, anche privati, offrendo al personale prospettive di ulteriore crescita professionale, nonché un interscambio con il mondo produttivo che intende sostenere la ricerca.
Per quanto riguarda gli enti di ricerca, voglio solo darvi un cenno. Appena arrivata, la prima firma che ho fatto ha riguardato le nomine dei presidenti di alcuni enti di ricerca: abbiamo nominato il presidente dell'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste, Science Park; i presidenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dell'Istituto nazionale di ricerca meteorologica. Mi sono anche occupata della nomina del Presidente del CNR che, come sapete, è stata molto rallentata, nominando da subito un consiglio di amministrazione con pieni poteri che potesse svolgere la funzione necessaria per questo periodo e ripartire con un bando molto veloce per la ricerca del presidente del CNR. Questo perché nell'anno e mezzo che è passato dal precedente bando, abbiamo avuto una pandemia, abbiamo avuto necessità diverse, abbiamo una commissione di valutazione diversa che vorrà dare la cinquina dei candidati e abbiamo criteri di valutazione diversi, che cercano di bilanciare al massimo la necessità di un curriculum scientifico di alto livello con una necessità di tipo gestionale e manageriale, fondamentale per il CNR. Non appena la Commissione, la Search Committee, fornirà la cinquina, spero di essere in grado di dare Pag. 7anche al CNR una presidenza che adesso è fondamentale, perché sicuramente è uno degli enti che avrà un ruolo molto forte nel piano del Recovery Fund.
Per quanto riguarda l'AFAM, vorrei dare ampia assicurazione che intendo accelerare sul percorso che è già stato iniziato di riforma delle istituzioni dell'alta formazione musicale e coreutica. Queste istituzioni rappresentano per noi un cardine per il riconoscimento del Paese sul piano internazionale. Infatti, sono veramente il punto focale dell'internazionalizzazione del nostro Paese e sono estremamente attrattive. Gli obiettivi dei tavoli tematici che sono già stati istituiti sono per proseguire nell'attività, senza soluzione di continuità, per avvicinare sempre di più questo mondo al mondo universitario, perlomeno per quanto riguarda le carriere, le regole, la valorizzazione e la valutazione. Così come è successo per il mondo universitario, la valutazione, seppur molto contestata, ha permesso di uscire da un sistema di autoreferenzialità e di portare il mondo universitario a guardarsi all'interno e a saper interagire in maniera un po' diversa con tutti gli enti che lo circondano. Questo dovrebbe succedere anche per l'AFAM.
Anche in questo settore registro un'ampia trasversalità e attenzione da parte di tutte le forze parlamentari e una risoluzione delle problematiche più impellenti è necessaria per costruire una riforma del settore. Desidero anche dirvi che ho già incontrato i presidenti delle Conferenze AFAM e con loro stiamo cercando di accelerare ulteriormente il lavoro dei tavoli.
Passerei ora alla seconda parte del mio intervento. Vorrei rendere un aggiornamento sull'attività che stiamo svolgendo al Ministero a valle del documento presentato dal precedente Governo, rispetto al quale abbiamo ricevuto importanti riscontri dalla Commissione europea. Prima di entrare nel merito del Piano, è importante sottolineare due aspetti metodologici fondamentali. Il primo è che, visto che la singolarità del Recovery – lo chiamo Recovery Plan per semplicità – può rappresentare una svolta nel Paese, è fondamentale che io ascolti gli spunti e le sollecitazioni del Parlamento, in particolare delle Commissioni che sono qui riunite oggi, che sono già ben informate e che hanno lavorato su questi temi già da tempo. Tenuto conto dei tempi ristretti in cui ci muoviamo, il confronto odierno è per me un momento molto importante. Il secondo rilievo di carattere metodologico è che siamo tutti consapevoli che il Piano è concepito come una piattaforma temporanea: è un insieme di iniziative finalizzate poi nell'orizzonte di tempo che ha, che è ben limitato, a generare un incremento di potenziale competitività che si possa poi sostenere nel tempo. Quindi, non solo è temporaneo, ma andrà anche per fasi di avanzamento. Sappiamo benissimo che avremo un piccolo finanziamento iniziale, che i successivi finanziamenti avverranno a fasi di avanzamento e a risultati che saremo in grado di dare durante queste fasi; alla fine dovremmo essere in grado di sostenere il sistema che abbiamo creato. Quindi, è una piattaforma temporanea – ed è molto importante averlo presente – di cui una larga parte non è a fondo perduto.
Questi strumenti dovranno fondamentalmente dare quell'accelerazione, quel boost che manca per coprire i gap del nostro sistema che conosciamo bene e che tra poco vado a elencare. Il sistema nazionale della formazione superiore della ricerca è caratterizzato da criticità che incidono sulla sua capacità di fornire all'economia e alla società intera il diffuso accesso, le competenze avanzate e una cultura scientifica aperta e dinamica. Dobbiamo avviare un percorso di cambiamento che risolva queste criticità che da tempo rallentano l'azione del sistema e che sono state già discusse nel corso di tante iniziative parlamentari.
Vorrei sottolineare alcune di queste questioni in sei ordini. La prima è la modesta partecipazione dei giovani alla formazione superiore. L'Italia ha i valori più bassi in Europa: il 27,7 per cento della popolazione fra i 25 e i 34 anni nel 2019 aveva concluso un percorso di studi universitari, contro una media europea del 39,4 per cento. Ci sono poi differenze territoriali molto forti nel nostro Paese sia al Nord, dove il rapporto tra iscritti all'università e la popolazione Pag. 8 è intorno al 30 per cento, sia al Sud, dove il rapporto è più alto, ma sono più alti anche gli abbandoni. In questo senso lavorare su campus, studentati e borse di studio può essere molto utile per invertire questa rotta.
La seconda questione è che i percorsi della formazione superiore non soddisfano in questo periodo il fabbisogno di competenze espresso dal mercato del lavoro. Pur all'interno di modelli regionali convincenti, gli ITS, gli istituti tecnici superiori, meritano una riflessione sulle ragioni per le quali sono così poco rappresentativi rispetto, ad esempio, ad iniziative analoghe di Francia e Germania. Soprattutto non esiste un'impostazione capace di avere un impatto a livello nazionale; si tratta di focalità di cui dobbiamo discutere insieme alla loro relazione con le lauree abilitanti e professionalizzanti.
La terza questione riguarda l'investimento complessivo della ricerca: siamo arrivati all'1,4 per cento del PIL, contro una media europea del 2,1 per cento, con una componente privata dello 0,8 per cento contro una media europea dell'1,4 per cento e del 2,1 in Germania.
Passiamo al quarto punto. Il numero di ricercatori evidenzia la presenza di un divario significativo con l'Europa, sia nel settore pubblico che nel settore privato. Nel 2018 l'incidenza sulla popolazione attiva del numero di ricercatori occupati nel settore privato in Italia era dello 0,25 per cento, di fronte a una media europea dello 0,43 per cento. Questo divario corrisponde a quasi 45 mila ricercatori. Vi dico subito che non proporrò di assumere 45 mila ricercatori, ma il divario è questo.
Il quinto punto riguarda l'insufficiente interazione tra le università, gli enti di ricerca e industrie. Questa è una creazione di masse critiche fondamentale nel nostro Paese, che è affetto da una dispersione cronica delle proprie competenze: ne abbiamo, riusciamo a farle, molte di queste non trovano una adeguata sistemazione in Italia e se ne vanno, ma molte di queste restano sparpagliate in piccoli gruppi. Se questa dimensione di frammentazione negli anni passati poteva essere positiva, perché dava adito a tante iniziative, adesso non è più il modello più efficace nella competitività, perché occorrono filiere e occorre massa critica.
Il sesto e ultimo punto è la questione di genere nel mondo scientifico. Non posso prescindere da questa questione anche come ricercatore, non solo nella posizione in cui sono adesso. Dobbiamo sostenere linee di intervento volte a superare il gap sin dalla scelta dei corsi di studio. Le donne rappresentano nell'università italiana il 55 per cento degli iscritti e nelle lauree STEM (science, technology, engineering and mathematics) il 37 per cento. Le ragazze in realtà conseguono in media un titolo con voto più elevato e in tempi più ristretti, ma non vengono poi riconosciute nel mondo del lavoro. Quindi, è un doppio problema. Il tasso di occupazione degli uomini laureati nei corsi STEM è del 92 per cento, mentre quello delle donne è dell'85 per cento. Non parliamo poi del gap salariale, perché questo ci porterebbe fuori rotta.
Per invertire questi sei punti servono investimenti volti a migliorare le condizioni di accesso, ridurre gli abbandoni, differenziare i territoriali, migliorare strutture e spazi della ricerca, accrescere la formazione dei docenti e la qualificazione di tutti gli operatori della ricerca e condividere con il mondo produttivo questi valori in modo che il mondo produttivo serva anche a valorizzare i nostri laureati e le figure che vogliamo formare per il Paese.
Tra le linee importanti nel Piano è stata riconosciuta la linea M4 «istruzione, formazione, ricerca e cultura». Sono presenti due sezioni in questo Piano: una relativa al potenziamento delle competenze e diritto allo studio e una intitolata «Dalla ricerca all'impresa» o, ancora meglio, «al business».
Il disegno strategico che supporta il Piano nelle sue due parti può essere ricondotto a tre assi principali: il primo asse è quello di investire sulle persone, rafforzare i profili di competenza facilitare le carriere, favorire i giovani e supportare la mobilità dei ricercatori. Il secondo asse è quello di colmare i divari del nostro Paese – territoriali, sociali, di genere e digitali – che Pag. 9attraversa tutto il Piano. Il terzo asse è quello di razionalizzare: non è un buon termine, e infatti ne stiamo cercando uno simile; nello specifico vuol dire semplificare, individuando bene le responsabilità, la condivisione di risorse e infrastrutture senza dover creare sempre tanti piccoli centri, ma cercando di concentrare i centri condivisi e di costruire le condizioni di sostenibilità a lungo termine. Occorre accrescere la competitività del Paese attraverso un progetto per la formazione terziaria, la ricerca e l'innovazione. Questo può avvenire, come già detto, agendo su persone e programmi.
I tre assi del Ministero – formazione, ricerca e innovazione – prevedono un investimento per semplificazione, differenziato in tre punti. Il primo, che riguarda la formazione, è quello di potenziare la formazione terziaria per renderla più funzionale alle transizioni che sono individuate come prioritarie dalla Commissione europea: il Green Deal, il digitale e anche l'esigenza sociale e culturale. In questa direzione vanno viste le iniziative volte ad aumentare sia l'accesso alle lauree che la loro attrattività e che questo accesso sia equo sul territorio e che sia fatto, come dicevo prima, da studentati, da campus, da borse di studio e dall'investimento nell'orientamento, ma anche che la risposta che poi viene data dall'università sia basata sulla risposta alle grandi sfide e sulla conoscenza, quindi su competenze trasversali e su dottorati di ricerca.
Il secondo punto è quello della ricerca, ovvero potenziare la ricerca per renderla più collaborativa e competitiva con le filiere dell'Europa e dei Paesi dell'Unione. Qui trovano spazio le iniziative relative a programmi di ricerca che dovranno coinvolgere a livello sempre più alto giovani e donne, sia in forma individuale come i grant o i Marie Curie, oppure riuscire a finanziare quelle persone che arrivano a un pelo dalla vincita del progetto, nel senso che sono ben valutati, ma restano fuori per mancanza di fondi: il seal of excellence. Dobbiamo anche rafforzare la ricerca coordinata e collaborativa, sia attraverso i nostri soliti progetti, sia attraverso altre filiere di progetto di ricerca che vedano una combinazione delle università e degli enti di ricerca, ma anche dell'industria, che fa ricerca per la risoluzione di problematiche specifiche, come la guida autonoma o l'economia circolare o altre funzioni molto importanti nel nostro Paese. Queste sono partnership di ricerca a tema. Nell'ambito dei nostri programmi nazionali vorremmo dare un rilievo particolare, riservandone una parte, a progetti di multidisciplinarietà e riservati ai giovani. Quindi vorremmo lavorare già da ora su alcuni aspetti che portano avanti i punti principali.
Un capitolo specifico è riservato alle infrastrutture europee di ricerca che devono essere potenziate in base a criteri il più oggettivi possibile, ma anche a nuove infrastrutture che siano aperte all'ingresso di capitale privato e che possano formare delle public private partnership, di cui abbiamo estremamente bisogno e che si possono anche sostenere a lungo termine. In tutto questo sarà necessario un ingresso di nuovi ricercatori, per cui dobbiamo lavorare molto velocemente sul pre-ruolo e sulla riforma. Affinché queste iniziative portino a risultati tangibili, questi ricercatori devono anche poter accedere alle infrastrutture in maniera semplice e di nuovo torna il tema della mobilità e della possibilità di accedere, di cambiare percorsi nell'arco della propria vita.
Il terzo punto è quello dell'innovazione, ovvero di promuovere l'innovazione per accompagnare la conoscenza generata dalla ricerca pubblica e privata verso la creazione di nuove realtà imprenditoriali che possano crescere nel Paese. Qui si possono distinguere iniziative di natura tematica, finalizzate a promuovere l'interazione tra il sistema delle imprese e il sistema della ricerca: mi riferisco a questi centri chiamati «ecosistemi dell'innovazione» che di fatto sono luoghi che molte regioni hanno iniziato a sviluppare autonomamente che uniscono diversi soggetti per facilitare il passaggio dall'innovazione all'impresa: è un passaggio ulteriore che condivideremo con il Ministero dello sviluppo economico. Le peculiarità territoriali svolgeranno in questo senso un ruolo dirimente: non saranno Pag. 10solo progetti di carattere nazionale, ma anche di aiuto verso i territori che, però, riescano a scalare in qualche modo verso la dimensione nazionale e internazionale. In questo senso stiamo anche discutendo la possibilità – come sapete e come avete visto nel precedente programma – di formare questi centri nazionali che sono visti come centri a leadership anche industriale e non necessariamente universitaria, che si basano sul mettere insieme le competenze e creare masse critiche sulle tecnologie abilitanti. Questo è il senso dato a questi centri di cui dobbiamo discutere.
Al potenziamento di tutte queste misure di ricerca e di valorizzazione delle competenze sono preliminari i progetti di riforma. È inutile investire se non riusciamo a riformare molte delle nostre attività. Senza opportuni strumenti normativi, senza un'analisi sui dati e sulle misure tempestive delle tendenze e senza strumenti finanziari adeguati, non è possibile implementare i progetti che abbiamo in mente nelle due sezioni. Si pensi, a puro titolo di esempio, alla necessità – a cui ho già accennato – di incentivare la mobilità dei ricercatori e promuovere un'autonomia maggiore degli enti di ricerca, delle università e di semplificare le modalità di interazione fra le università, gli enti di ricerca e le imprese, tra pubblico e privato. Questo è un rapporto in cui – ve lo dico da ricercatore del sistema pubblico – al momento è impossibile perseverare per una serie di regole e di cavilli.
Nel rivedere e possibilmente migliorare gli obiettivi del Piano, la mia attenzione e quella del gruppo di lavoro che mi sta supportando è rivolta alla concreta fattibilità di questi progetti e di associare a questo le riforme necessarie. Su tale profilo, vista la necessità che queste riforme siano pienamente condivise dal Parlamento, mi aspetto molto da voi nel ricevere spunti e cercare di accelerare questi processi. L'intero piano è attraversato da un filo rosso che è quello di aumentare il livello di attrazione, di competitività e di innovazione del Paese, innalzandone il livello formativo, la capacità di fare ricerca e di trasformare i risultati conseguiti in attività di interesse economico e sociale. Nell'ambito della ricerca e del rapporto con le imprese, il rafforzamento deve contare su una governance delle iniziative, sulla valutazione strategica delle proposte, sulla sostenibilità a regime, sulla trasparenza degli obiettivi e sulla responsabilità dei progetti, affinché questi possano ottenere poi successive fasi di finanziamento.
I progetti dovranno tutti essere individuati su base competitiva, con manifestazioni di interesse e criteri di selezione in linea con gli standard internazionali. Parametri importanti saranno la capacità di raggiungere masse critiche, a partire dalle strutture esistenti, senza doverne creare sempre di nuove, necessarie per il presidio dei progetti di filiera e delle tecnologie emergenti. Inoltre, è importante riflettere come presidiare anche le aree, per evitare fenomeni di dipendenza e di soggezione soprattutto al di fuori dell'Europa. Un altro parametro importante è costituito dalla distribuzione territoriale degli interventi ricompresi nel Piano, perché la competitività delle misure dovrà corrispondere a un'attenzione pari alla capacità di riequilibrare attraverso queste progettualità il divario territoriale. In questo senso mi sono già incontrata con il Ministro del Sud, per lavorare sul Mezzogiorno d'Italia e riservare sicuramente parte di queste iniziative al Mezzogiorno.
In termini di risorse umane, il Piano deve essere rivolto principalmente ai giovani – questo lo dico da subito – creando le condizioni per un'effettiva parità di genere e anche per un'apertura il più possibile internazionale sulla comunità dei ricercatori.
Particolare attenzione sarà riservata nei vari progetti alla crescita del numero dei dottori di ricerca. Come sapete, nel corso del tempo, abbiamo ridotto il numero dei dottori di ricerca, che attualmente sono 9 mila in tutta Italia. Si è andati verso una riforma dei dottorati di ricerca che preveda non solo la carriera universitaria per i dottorati, ma tante possibilità di sbocco lavorativo. Vogliamo insistere maggiormente su questo punto, creando dottorati che abbiano sbocchi nella pubblica amministrazione, Pag. 11 nell'industria, nella filiera produttiva e quindi accrescere il ruolo della formazione nel dare al Paese le giuste figure di cui ha bisogno.
Con riferimento, invece, alle infrastrutture, è importante che nella ricerca di masse critiche di sinergia tra pubblico e privato, queste strutture siano condivise e che costituiscano un'opportunità per tutto il sistema della ricerca: una condizione per migliorare l'attrattività del Paese e gli aspetti territoriali; come sapete che, laddove le università hanno occupato aree urbane dismesse, si è creata molta forza e molta ricchezza. Questo è un altro ruolo collaterale al fare ricerca che riteniamo molto importante.
Concludo ricordando che questo Piano, il PNRR, non è un programma qualunque, ma è una svolta storica per l'Europa ed è un profilo, un progetto profondamente europeo che unisce questo continente e noi dobbiamo giocare al meglio la nostra parte in accordo con il resto dell'Europa. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie Ministra, per la sua relazione. Passiamo ora al dibattito. Raccomando vivamente il rispetto dei tempi da parte di tutti. Cominciamo con l'onorevole Toccafondi.
GABRIELE TOCCAFONDI(intervento da remoto). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Ringrazio e faccio i miei migliori auguri alla Ministra. Voglio anche ringraziare il Ministro Manfredi per il lavoro svolto.
Ministra, le farò alcune domande, visto che oggi è utile anche comprendere lo sviluppo del lavoro dei prossimi due anni che ci aspettano, sia sul Recovery, che forse alcune volte è più utile chiamare Next Generation EU – soprattutto per quanto ci riguarda –, sia sulla qualità sia del lavoro parlamentare, come lei ha detto, sia del dialogo tra il Ministero e i due rami del Parlamento.
Il primo aspetto di cui le chiedo riguarda il tema del tasso molto basso di passaggio, in Italia, dal livello secondario al livello terziario. Infatti, siamo ultimi o tra gli ultimi. I ragazzi che terminano i percorsi degli istituti tecnici e soprattutto degli istituti professionali, ovvero più o meno il 45 per cento degli iscritti alle scuole secondarie, decide di non iscriversi all'università e, inoltre, ogni anno, l'11 per cento lascia questo percorso universitario. Quindi, delle due l'una: o sbagliano così tanto i ragazzi a non iscriversi o a lasciare l'università e, quindi, sbagliano anche le famiglie, oppure c'è qualcosa da rivedere. Rispetto a questa mia constatazione le chiedo su cosa stiamo lavorando. Lei ha fatto riferimento alle lauree abilitanti, quindi c'è un percorso. Mi sembra di aver compreso che lei conferma questo percorso e che il Parlamento sarà chiamato a prendere visione del disegno di legge che penso inizieremo proprio noi, alla Camera.
Le chiedo, però, anche un'informazione rispetto agli ITS: un percorso che il Ministero dell'istruzione segue da sempre, ma che, come sappiamo, ha un'attinenza anche con il mondo universitario e della ricerca.
Le chiedo anche sul tema delle lauree ad orientamento professionale, che ormai sono una realtà, ma devono decollare.
Questi tre elementi – lauree abilitanti, lauree professionali e ITS – sono assolutamente innovativi del terziario professionalizzante e penso che possano dare strumenti in più per convincere le famiglie e i ragazzi a iscriversi, a ottenere un titolo di studio terziario e aiutare, oltre a loro stessi e al loro percorso, anche il tessuto produttivo del Paese.
Quindi, la domanda è se vi è l'intenzione di proseguire, di migliorare e di aumentare questo indirizzo assolutamente nuovo e innovativo: per le lauree abilitanti il decreto ministeriale è stato depositato il 27 ottobre del 2020, per le lauree professionali il disegno di legge è del 2019 e gli ITS sono del 2010. Quindi, è un settore assolutamente nuovo per il Paese. La domanda è se si conferma e se si vuol dare input.
Passiamo a un'altra domanda. La bozza di proposta, che circolava a dicembre 2020, sul percorso di reclutamento e formazione dei docenti, è sempre valida? È un input che si vuole procedere e continuare?
Le chiederei anche un parere sullo strumento della chiamata diretta. Pag. 12
L'ultimo aspetto che le voglio chiedere riguarda le borse di specializzazioni sanitarie di medicina. A che punto siamo? Uno sforzo sul numero di borse di studio è stato fatto nei due anni precedenti: tra settembre e dicembre ci sono stati alcuni problemi oggettivi anche con vari ricorsi, ma è importante dare certezza a questo settore – adesso ce ne rendiamo conto tutti – e occorre dare anche una certezza nei prossimi anni. Grazie.
PAOLA FRASSINETTI. Buongiorno, Ministra. Grazie di essere qui in presenza in questo periodo difficile. Cercherò di essere più sintetica possibile. Fratelli d'Italia è un partito all'opposizione, ma, anche alla luce della sua relazione così completa e così condivisibile, cercheremo di essere sempre costruttivi.
Per quanto riguarda la prima preoccupazione, cioè quella della mancanza di attrazione di cervelli dall'estero, nonostante l'Italia sia sempre stata tradizionalmente una nazione e una meta da raggiungere con facilità, direi che il Recovery dovrebbe finanziare proprio la ricerca per colmare questo distacco con gli altri Paesi. Il nostro è un sistema che va reso più attrattivo, rivalutando il merito e pianificando i bandi di finanziamento.
È stato citato il diritto allo studio. Abbiamo approvato anche alcune risoluzioni sull'università. Infatti, nel pieno della pandemia, la VII Commissione della Camera ha approvato una risoluzione unitaria, quando ancora c'era un'altra maggioranza ed era ancora più difficile farlo. Questo per rendere bene l'idea di come ci sia uno spirito diverso.
Come Fratelli d'Italia crediamo in alcuni punti: un piano assunzionale straordinario di ricercatore tornando al diritto allo studio, una revisione straordinaria delle tasse universitarie e delle facilitazioni per gli studenti meritevoli, naturalmente magari anche con una scadenza temporanea. Bisogna evitare gli abbandoni e il calo delle iscrizioni che, nonostante la pandemia, sono stati abbastanza contenuti. A tale proposito, secondo noi, bisogna sganciare i finanziamenti alle università dalla considerazione puramente quantitativa dei laureati, quasi che essi fossero un puro prodotto e valessero per il loro numero e non per la loro preparazione. Inoltre, riteniamo necessari i fondi straordinari per la sanità universitaria che ha anche contribuito alla gestione di questa crisi.
Per quanto riguarda la revisione del sistema di reclutamento, pensiamo che vada reintrodotta la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato. È una figura che è stata cancellata, però, a nostro avviso, adesso è scattato un meccanismo di disincentivazione, e quindi, occorre garantire un processo di premialità e cercare di riformare – come si diceva anche prima – l'attuale sistema di reclutamento.
È intervenuta anche sull'orientamento e sulla sua mancanza.
Vista anche la sua esperienza personale, sulla ricerca c'è stata una particolare attenzione. Mi chiedevo cosa possiamo fare per regolamentare e censire i laboratori che manipolano materiale genetico. Anche alla luce delle preoccupazioni per questa pandemia, sappiamo che in Europa c'è una legislazione rigida e precisa, ma non è così dappertutto. Come si può cercare di alzare la guardia su questo aspetto?
Sull'AFAM sono contenta che ci sia stata una presa di posizione e un'attenzione. Volevamo chiedere se potrà esserci un passaggio del personale docente al sistema pubblicistico.
Inoltre, nell'ambito del sistema, cosa pensa della creazione di una posizione amministrativa?
Un altro problema riguarda le persone con disabilità, non vedenti, ipovedenti e dislessici. Cosa si può fare per evitare duplicazioni? In mancanza di una strategia nazionale, come si può migliorare questo problema?
Un'altra domanda riguarda i policlinici. Le volevo chiedere se non sia arrivato il momento di restituire dignità accademica ai policlinici, perché i danni del modello dell'azienda ospedaliera universitaria sono ormai evidenti. Sappiamo che c'è questa dicotomia regione-atenei, ma la funzione didattica e di ricerca dei policlinici è sempre meno pregnante. Come si può tornare a una dignità accademica, visto che sono Pag. 13comunque delle eccellenze del nostro sistema? Quale soluzione pensa di attuare per migliorare questa situazione, anche alla luce di un'internalizzazione del sistema accademico, che viene sempre citata? Dobbiamo essere attrattivi anche verso le nazioni estere, ma in questo campo non abbiamo miglioramenti; anzi, è stata presa una strada secondo noi abbastanza pericolosa, perché può snaturare la loro particolarità.
Concludo con una notizia per me molto positiva e che mi dà lo spunto per parlare – l'ho fatto anche ieri con il Ministro dell'istruzione, il Ministro Bianchi – della tutela degli indirizzi umanistici che nel nostro Paese sono così importanti. Oggi, tra l'altro, è anche l'anniversario dell'Unità d'Italia, quindi è anche importante citarlo. In controtendenza all'università statale, è stato introdotto l'esame obbligatorio per i corsi di laurea in scienze storiche e beni culturali. Per me si tratta di un segnale molto positivo. Speriamo che preluda a scelte che negli anni scorsi, purtroppo, hanno spinto ad azzerare il latino in alcune scuole del sistema superiore.
Concludendo, a noi preme molto la problematica sui ricercatori e sul diritto allo studio. Tuttavia, nonostante questa situazione di crisi, riteniamo essenziale che le università riescano a ritrovare le attività in presenza, magari anche nelle attività laboratoriali – soprattutto se non si riesce a tornare in presenza alle lezioni, dove ovviamente c'è un maggior numero di studenti – per non perdere quel filo conduttore che nella nostra tradizione universitaria è sempre stato al primo posto. Grazie.
PATTY L'ABBATE. Ministra, la ringrazio per la puntuale relazione, perché è stata veramente molto chiara. Interverrò sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché in Senato, oltre a questa Commissione, mi occupo anche, in Commissione ambiente, delle tematiche sulla transizione ecologica ed effettuo anche ricerche in questo campo che, quindi, è il mio settore.
Volevo parlarle di ricerca e di impresa. È chiaro che dobbiamo agire in modalità sistemica e che gli investimenti sono necessari per fare ricerca e per sviluppare un potenziale importante che possa essere di supporto a questa transizione e a questo sviluppo economico che è stato rallentato dalle varie problematiche in atto, oltre che dalla crisi del Covid-19, e dobbiamo anche diminuire il divario territoriale. Dobbiamo creare questi sistemi di equa innovazione. Nel Piano lei ha parlato dei sette centri di ricerca che saranno finanziati, che sono definiti campioni nazionali di ricerca e sviluppo. Nel Piano c'è anche scritto che metà degli investimenti saranno localizzati al Sud. Le parlo del Sud semplicemente perché ritengo che se non facciamo crescere anche il Sud e se – come dice il Piano – questi divari non vengono colmati, non ci sarà nemmeno una crescita totale dell'economia italiana e quindi un aumento del prodotto interno lordo. Quello che non si evince è che realmente alcuni centri sono al Sud. Infatti, nel Piano non ho ritrovato questo particolare.
Inoltre, lei sa meglio di me che se creiamo centri molto importanti è necessario che al Sud vadano centri legati ai bisogni del territorio, avendo studiato ed effettuato un'analisi territoriale delle piccole e medie imprese, delle infrastrutture del turismo, anche supportare la resilienza di quei territori di cui conosciamo le problematiche. Le potrei indicare Taranto, come potrei elencare altri problemi particolari. Questa è una prima questione: fare attenzione a come investire questi soldi in una ricerca che sia applicata, che funga veramente da volàno per il territorio.
La seconda questione riguarda la formazione universitaria. Lei ha detto una cosa veramente giusta: se vogliamo veramente effettuare una transizione sul nuovo paradigma culturale, dobbiamo avere un approccio trasversale inter e transdisciplinare.
È importante mettere insieme le discipline, perché alla fine della fiera è vero che le tecnologie sono importanti, come le innovazioni, ma la mano che muove l'innovazione deve avere il cuore e l'anima di capire in che modo fare innovazione per il bene comune. Quindi, è necessario che ci siano corsi anche specialistici oltre a quelli di dottorato. Questa indicazione è stata Pag. 14suggerita anche dalla rete nazionale delle università per lo sviluppo sostenibile, che avevo ascoltato. Mi fermo qui e la ringrazio. Arrivederci.
ALESSANDRO FUSACCHIA. Saluto la Ministra che rivedo dopo un po' di anni e le auguro un buon lavoro. Mi sembra che la cosa più utile sia sollevare una serie di punti, visto il lavoro che dovremo fare nei prossimi mesi.
Volevo partire dalla parola «mobilità» che lei ha richiamato e usato in più aspetti. Proprio nell'ottica della mobilità dei ricercatori – comprenderei anche la mobilità di tutti coloro che fanno dall'inizio alla fine un percorso universitario, anche in termini di carriera – nonché la mobilità tra i diversi ambiti di ricerca, di attività e di studio. Volevo capire meglio che cosa ha in mente rispetto a questo sistema di incentivi che vuole promuovere.
Il nostro è un Paese dove tante, troppe persone che fanno carriera universitaria, fanno il dottorato, ottengono l'assegno di ricerca, il primo posto da associato e svolgono tutta la carriera nello stesso ateneo. Ho una cultura liberale, non metterei mai divieti troppo stringenti, però gli incentivi che sono stati tentati nel corso del tempo non hanno prodotto grandi risultati. Come facciamo a superare questo limite?
Mobilità anche nell'accezione delle competenze che oggi serve maturare, sia per la carriera accademica, ma, soprattutto, per stare nel mondo là fuori: non è che coincidano tanto con quei settori scientifico-disciplinari che abbiamo. Ministra, che cosa intende fare lei, incoraggiando gli organi competenti, per portare a termine una revisione dei settori scientifici e disciplinari?
Le volevo chiedere un'altra cosa molto specifica. Questa Commissione sta per terminare – spero che nelle prossime settimane si proceda anche in Aula – il provvedimento per la rimozione del divieto di contemporanea iscrizione a due lauree che, come sa, è una cosa recentissima introdotta nel 1933. Quindi, dopo 90 anni forse ci sbarazziamo di questo divieto. Non mi sfugge che successivamente ci sarà il passaggio al Senato – lo dico ai colleghi presenti a questa audizione congiunta – e che poi lei dovrà emanare un decreto attuativo. Chiederei di essere tutti quanti ottimisti e di cominciare a portarsi avanti col lavoro, perché credo che sarà importante che questa misura sia in vigore concretamente per il prossimo anno accademico.
A tal riguardo in VII Commissione stiamo facendo un lavoro importante sul ritorno in presenza nelle scuole, il prima possibile, in sicurezza, dimenticando ovviamente che lo stesso problema coinvolge anche gli universitari. Perché «ovviamente»? Perché tornare nelle università non è solo riuscire a seguire un corso – non lo devo dire ai colleghi, tantomeno a lei – ma è un'esperienza di vita, soprattutto perché – per tornare alla mobilità di prima – fare l'università, magari in una città diversa da quella dove si è cresciuti, è un fattore di crescita personale fondamentale. Questo significa, in prospettiva, più alloggi e più residenze universitarie e più borse di studio. Volevo chiederle: come facciamo, anche nel breve periodo, ad assicurarci che non ci sia un addomesticamento, un'acclimatazione degli studenti universitari?
Un altro aspetto che le volevo chiedere riguarda i dottorati. Come Commissione – sicuramente parlo anche a titolo personale – teniamo molto allo sviluppo del dottorato e del dottorato di ricerca non solo come perno della carriera accademica, ma come un elemento di crescita della società. Ci piacerebbe vedere tanti più dottorati che poi non necessariamente fanno la carriera accademica, ma che vanno a innervare la classe dirigente del Paese. L'anno scorso avevamo previsto una misura anche con il Ministero per il Sud sui dottorati comunali, che era ispirata ai dottorati industriali, su cui c'era stata anche qualche divertente polemica pensando che fosse un meccanismo privilegiato di accesso per qualche funzionario di qualche comune, per avere qualche titolo extra. Invece, si tratta semplicemente di collegare il mondo della ricerca e i dottorati ad attività di ricerca di interesse dei comuni; avevamo fatto una misura sui comuni delle aree interne. Volevo sapere a che punto era il decreto attuativo e se possiamo sperare di accelerare anche su questo, creando un meccanismo Pag. 15 di sinergia nella fase iniziale del bando fra i comuni interessati e le università, per capire quali possono essere gli interessi reciproci, tenendo la filiera molto stretta e rigida sul fatto che, essendo un dottorato, deve essere un dottorato come tutti gli altri e quindi che non faremo sconti sotto questo profilo.
Infine, vorrei chiederle se e cosa intende fare rispetto alle università telematiche, perché la separazione tra queste e il resto del mondo forse aveva senso nell'era pre-pandemica, con tutte le criticità che conosciamo; con una battuta, si potrebbe dire che adesso sono diventate per forza tutte telematiche. Forse andrebbe fatto un ragionamento sul tema.
Infine, le vorrei chiedere una cosa sulla scuola. Lei mi dirà che non è il Ministro della scuola, però non le sfugge che ci sono due aspetti fondamentali. Il primo, richiamato anche dal collega Toccafondi, è l'orientamento. Abbiamo l'enorme problema di ragazzi e ragazze che si perdono o si disperdono nel passaggio tra la scuola e l'università. Perciò, volevo capire, con la divisione dei due dicasteri, come creare specifici meccanismi e come lei si sta raccordando con il suo collega Bianchi. Il secondo aspetto è la formazione dei docenti, che le è già stata ricordata.
Ho due questione velocissime sul PNRR. La transizione ecologica non è più una cosa che possiamo lasciare a qualcuno, ma deve diventare una cosa di tutti e questo richiede che il Paese si doti di competenze green sotto tutti i profili dal dottorato alle università, in termini di offerta formativa. Volevo chiederle se lei ritiene che l'offerta formativa complessiva, latu senso, del Paese su quelli che saranno i mestieri del futuro, legati alla transizione ecologica, sia adeguata oppure se, nel rispetto pieno dell'autonomia delle università, serva forse dare un indirizzo molto forte.
Infine, sulla formazione manageriale: mi sono appassionato al tema perché penso che nel futuro ci sarà ancora più bisogno di persone e di nuove generazioni formate per gestire la complessità nel pubblico e nel privato e quindi la formazione manageriale, latu senso. È un tema orfano, perché storicamente il dicastero che lei guida ritiene che sia questione dello sviluppo economico e delle attività produttive, mentre le attività produttive e lo sviluppo economico ritengono che sia una questione del suo dicastero. C'è un decreto che deve emanare il Ministero dell'economia e delle finanze recante una prima misura per un credito d'imposta che faciliti borse di studio in questa direzione. Tuttavia, a me piacerebbe che lei prendesse a cuore il tema e che si investisse ulteriormente, perché se non abbiamo persone capaci di gestire la complessità nei prossimi mesi e nei prossimi anni, credo che non ci sia PNRR che tenga. Grazie.
VITTORIO SGARBI(intervento da remoto). Non devo fare osservazioni di merito, ma ne vorrei fare una di forma. Ho indicato con insistenza anche al Primo Ministro, al Presidente del Consiglio – secondo formule che possono essere alternative – che una formula che mi sembra da evitare, soprattutto in ambito universitario, sia l'atteggiamento di servilismo linguistico che indica la formula «PNRR, ripresa e resilienza». Questa resilienza come sinergia e location ha invaso la lingua italiana attraverso un processo di imitazione e di replica insopportabile. Questo mi fa pensare che se questo Piano è importante, certamente è denominato male in una lingua che non corrisponde a quello che intende dire, né sul piano della sostanza, né sul piano della metafora. La parola «resilienza» è usata in maniera particolarmente modesta da persone che si riempiono la testa di una parola che sembra contenere chissà quali significati. Questo fa parte del gioco della lingua e anche del tentativo di farla rispettare. D'altra parte abbiamo vissuto il trapasso da «belle arti» a «beni culturali», da «godimento» a «fruizione» e, adesso, siamo arrivati alla resilienza. Il Piano sarà importante, ma certamente è mal denominato.
La seconda cosa è l'attenzione che le chiederei per un segmento che apparentemente è marginale. Quando iniziai tanti anni fa la mia attività di parlamentare, quasi 30 anni fa, avendo fatto la riforma dell'Accademia dei Conservatori, vorrei ricordare Pag. 16 – come ho fatto una decina di volte al Ministro Manfredi – le nomine dei presidenti di alcune accademie. Lo dico anche per riferimento personale, perché, dopo aver fatto per dieci anni il Presidente dell'Accademia di Urbino, sono stato ricandidato in una terna di cui non sono assolutamente vocato a essere il presidente. Certamente, che per più di un anno non ci sia un presidente dell'Accademia, come accade al CNR – lei lo sa bene – crea una particolare difficoltà nell'operatività di quell'accademia, come di alcuni conservatori. Le domando di chiedere al direttore generale di dare una presidenza a questa accademia e a questi conservatori. Tra l'altro, a Urbino, si è verificato un episodio salace riguardante un professore dell'Accademia di Belle Arti, ripreso in atti intimi e allontanato in assenza di un presidente che potesse valutare in maniera più benigna quei comportamenti. Il direttore, che è una bravissima persona, ha evidentemente assunto un atteggiamento di rigore forse inevitabile, ma vorrei che fosse solo temporaneo.
Chiedo di non dimenticare quel comparto interessante e importante in cui il tentativo di far diventare il titolo di studio di accademie e di conservatori paritario a quello della laurea non è particolarmente riuscito, a causa della baronia universitaria che l'ha molto ostacolato – soprattutto nei decreti attuativi. Al di là di questo fatto, che rimane ancora in fieri – o perlomeno rimane in una condizione di subalternità –, l'idea di dare i presidenti alle accademie e ai conservatori mi sembra una priorità, perché altrimenti queste istituzioni, rimanendo acefale, oltre ad avere difficoltà di finanziamenti, hanno anche la difficoltà di prendere decisioni importanti in ambiti che riguardano l'arte e la musica, che credo siano settori molto significativi per la ripresa – non per la resilienza – soprattutto rispetto ai valori della cultura, dell'insegnamento della musica, dei professori che suonano nelle nostre importanti orchestre degli artisti che bene o male si formano nelle accademie delle belle arti.
Esorterei la Ministra a un'attenzione particolare per questo settore. La ringrazio.
BIANCA LAURA GRANATO(intervento da remoto). Ho tre questioni. Intanto parliamo del CNR che è il più grande ente di ricerca italiano ed è unico per approccio multidisciplinare alla ricerca e all'innovazione ed è dotato di una serie di sedi: 91 istituti, con 224 sedi distribuite in tutte le regioni italiane e 8.600 dipendenti. Abbiamo questo ente così importante e così centrale che, però, purtroppo non ha avuto un ruolo centrale nella programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questo avviene in una condizione di oggettiva debolezza in cui versa purtroppo il CNR, che da oltre un anno è lasciato privo di un presidente nella pienezza dei suoi poteri, per scelte governative che risultano anche difficili da comprendere e da giustificare. Infatti, decaduto il presidente Inguscio, da un mese e mezzo il CNR si trova depotenziato nelle sue funzioni.
A noi risulta che sia stata anche forzata ogni norma per nominare un vicepresidente al di fuori dello statuto; il bando che era stato fatto per la selezione della cinquina da cui si sarebbe scelto il presidente non risulta né espletato né annullato e quindi ci troviamo di fronte al paradosso di due avvisi concorrenti. Il confronto dei requisiti richiesti nei due avvisi ci dà alcuni spunti di riflessione interessanti. Infatti, nella procedura di dicembre 2019 venivano richieste persone di elevata qualificazione scientifica, mentre adesso la qualificazione è diventata tecnico-scientifica. Inoltre, nell'attuale avviso scompare il requisito di una pluriennale esperienza nella direzione di enti o strutture di elevata complessità pubbliche o private, operanti nel settore della ricerca, quando il CNR ha ben 8.600 dipendenti e centinaia di sedi sparse in tutta Italia.
È strano, quindi, che la Ministra, anziché aumentare i requisiti, li abbia invece ridotti con l'eliminazione dell'esperienza pregressa di direzione in strutture complesse. Al di là di tutto, è un dato certo che il rallentamento, dovuto all'avvio di un altro bando, non solo ha creato un vulnusPag. 17considerevole nella procedura che non poteva essere annullata – e di fatti non lo è stata –, ma anche non ha fornito migliori garanzie di selezione. Quindi, staremo a vedere se effettivamente la figura che verrà individuata sarà rispondente ai criteri enunciati dalla Ministra nella presente audizione, ovvero a logiche altre.
Sul PNRR siamo fermamente convinti che il CNR debba avere un ruolo centrale in coerenza con il suo ruolo internazionale e con i compiti istituzionali che ha.
Inoltre, la multidisciplinarietà e la distribuzione territoriale del CNR nonché la sua attestata capacità di gestire progetti di grandi dimensioni rende difficilmente comprensibile la creazione di nuove strutture come i sette centri di eccellenza o i campioni nazionali di R&S (ricerca e sviluppo), citati nella linea di intervento 2 della missione 4. Le finalità scientifiche di tali strutture, così come le competenze necessarie e gli obiettivi che dovranno perseguire, sono già ben rappresentate tanto all'interno del CNR che nel resto del sistema della ricerca pubblica e dell'università del nostro Paese, che rappresentano già delle eccellenze assolute in tutti i campi considerati.
Crediamo che effettivamente sia necessario un processo di razionalizzazione e di ottimizzazione per mettere a sistema le competenze esistenti e per mettere in rete anche le risorse e le infrastrutture esistenti, ma che sia necessario fare subito tutto questo per poter affrontare con successo le sfide che il PNRR richiede. Quindi, chiediamo che si proceda immediatamente in tal senso.
Un altro problema che registriamo e che si rende necessario affrontare è quello del maggiore controllo che il Ministero deve esercitare sugli enti che conferiscono titoli valutabili ai fini dell'insegnamento, perché, a proposito delle graduatorie provinciali per le supplenze, si è registrato un proliferare di enti che rilasciavano titoli anche in uno o due giorni. Questo mercimonio di titoli va assolutamente fermato nell'interesse del valore e del credito che i titoli di studio conseguiti in Italia devono avere.
Ho un'altra questione. Come si pensa di attirare docenti provenienti da professionalità diverse da quelle universitarie, realizzando un'osmosi tra mondo delle professioni, anche pubbliche, e mondo universitario, incentivando la mobilità sociale, nel momento in cui non si riesce a creare un sistema di osmosi tra università e mondo delle professioni anche pubbliche? Questa questione va assolutamente risolta. Grazie.
ROSA MARIA DI GIORGI (intervento da remoto). Buongiorno a tutti. Buongiorno presidente Casa. Buongiorno alla Ministra, alla quale davvero do il benvenuto in questo nostro consesso. Sarà un piacere interagire con lei proprio perché questi temi di cui lei si occupa sono così collegati allo sviluppo del nostro Paese, che occuparsene in Commissione è sicuramente per noi di grande soddisfazione. So che faremo un buon lavoro e siamo a disposizione; il nostro intervento può essere di grande aiuto già con le iniziative che abbiamo in campo e che lei ha citato (le lauree abilitanti, il reclutamento universitario e l'altra questione che ha posto il collega Fusacchia, quella legata al tema del divieto di iscrizione a più corsi di laurea in contemporanea). Ci sono alcune cose pratiche che già abbiamo iniziato e che ci piacerebbe vedere realizzate in tempi brevi. Anche su questo chiediamo la sua disponibilità e ci sarà tutta la nostra collaborazione perché ciò si possa avere il prima possibile.
Per quanto riguarda i temi che lei oggi ha trattato, io ne affronterò tre; poi due in misura minore. Il primo. Mi ha molto interessato la questione legata al capitale umano, che è trasversale a tutto, sia al suo programma che all'interno del PNRR. È molto significativo, secondo me, l'incontro che lei ha avuto con il Ministro Brunetta, perché credo che sia assolutamente necessario, finalmente, avere, in modo diverso, il comparto che si occupa dei ricercatori e dei docenti universitari. È evidente che ci sono differenze enormi rispetto al comparto di cui attualmente fa parte, un po' anche legato alla scuola. Credo che lavorare su questo fronte sia molto utile e assolutamente necessario, proprio per i temi che lei poneva: le questioni legate alla specificità, le questioni legate alla mobilità, Pag. 18l'intenzione di creare un sistema unitario, l'unitarietà del sistema della ricerca.
Secondo punto: il coordinamento degli investimenti pubblici della ricerca. Come lei sa, questo è un tema molto delicato, per noi che ci occupiamo di ricerca da decenni. Anch'io faccio parte di questo mondo. Sappiamo bene che la dispersione di fondi e il non coordinamento sono sintomi dello stato per certi versi di stallo – ma io non lo ritengo tale – del mondo della ricerca in Italia. Sappiamo che le iniziative sono su Ministeri diversi, su otto Ministeri. Avevo presentato una proposta di legge su una Cabina di regia proprio perché ritengo che ci debba essere una definizione precisa delle linee di intervento e che le risorse che sono disperse in tanti canali possano andare nella direzione che lei benissimo ci ha illustrato oggi, che è legata al PNRR e che deve essere legata al futuro della nostra ricerca.
Credo che in questo momento la Commissione ricerca del CIPE sia l'unica che mette insieme a quel tavolo tutti i Ministeri e che dovrebbe, a questo punto, lavorare anche su questo fronte. Le volevo chiedere che cosa immagina rispetto a questo ruolo e come potrebbe funzionare rispetto, invece, a una nuova Cabina di regia che potrebbe essere creata.
Comunque, se il 15 dicembre 2020 abbiamo creato questa Commissione ricerca presso il CIPE, cerchiamo di non fare proliferazione di soggetti che devono intervenire sui vari fronti. Le chiedo di dirmi con maggiore precisione quello che si intende fare con questa Commissione.
Il terzo punto, delicatissimo, drammatico, secondo me, è la sconfitta continua in Italia relativamente all'interazione tra università, ricerca degli enti e ricerca privata e, soprattutto, della ricerca nell'industria e nell'impresa. È insufficiente. I ricercatori pubblici, i presidenti, i responsabili dei filoni di ricerca o delle ricerche in quanto tali passano grandissima parte del loro tempo a cercare risorse. Le risorse sono soprattutto europee, lo sappiamo; ma anche quando ci sarebbe la possibilità, data la peculiarità di alcune ricerche (parlo di quelle in campo ambientale, ma non soltanto) vorrei che si creassero – di questo credo che il Ministero si debba occupare senza lasciare l'iniziativa soltanto ai territori – strutture di supporto ai gruppi di ricercatori per attivare un canale di interazione con fondi privati che vengano a intervenire nella ricerca e che supportino il lavoro.
Quarto punto: presidenza del CNR. È urgentissimo attivarla.
Quinto punto: il ruolo delle donne. Adesso abbiamo lei, una Ministra donna. Immaginiamo nel mondo dell'università, nel mondo anche degli enti – immagino il CNR, ma non soltanto – con la rete degli istituti, quante donne ci sono alla guida di queste strutture. Credo che un salto di qualità sia necessario. Non parliamo soltanto di ragazze che devono studiare le discipline STEM. Questo va benissimo ed è condiviso da tutti, però, poi, quando c'è da attivare i piani apicali, e quindi nominare le persone a livello di direzione scientifica, questo ancora non c'è. Un appello alla Ministra, grazie.
FRANCESCO VERDUCCI. Grazie, presidente. Grazie, signora Ministra, per questo suo intervento. La prima battaglia che dobbiamo vincere con lei, tutti insieme, come Parlamento, è quella per mettere università e ricerca al centro delle politiche del Paese. È una battaglia non solo politica, ma anche culturale, per costruire intorno a questo anche un'alleanza nel Paese, perché sappiamo che dagli investimenti in università e ricerca dipende il ruolo del nostro Paese nel mondo, soprattutto nel tempo che viviamo, quello della rivoluzione tecnologica incessante. Sappiamo che da questi investimenti dipende anche la qualità della nostra democrazia, per permettere a chi è più debole di studiare e di realizzarsi attraverso un'università che ancora oggi è troppo chiusa.
Da questo voglio partire, sottolineando i mali che ci portiamo dietro da troppo tempo, almeno dall'inizio degli anni Duemila. Innanzitutto il sotto-finanziamento a università e ricerca pubblica. Poi, l'esiguità di un sistema che è troppo stretto, che è difficilmente accessibile per chi proviene da famiglie più fragili. Abbiamo pochi immatricolati, pochi laureati. Le statistiche sono Pag. 19drammatiche per quello che riguarda il nostro Paese. In confronto al livello europeo e internazionale abbiamo pochi ricercatori, come lei ha sottolineato. C'è un divario territoriale troppo forte, non solo tra Centro nord e Centro sud, ma anche nei confronti dei territori dell'entroterra. Poi c'è un precariato che è insostenibile, sia nella ricerca universitaria, sia negli enti di ricerca.
Come Commissione cultura del Senato stiamo per completare l'indagine conoscitiva sulla condizione studentesca e sul precariato nella ricerca. Tra poco le consegneremo gli esiti, che sono importanti. Proprio da questo voglio cominciare. L'università ha un senso se noi siamo in grado di portare all'università molti più studenti rispetto a quello che avviene oggi. Abbiamo fatto, come Partito democratico, in questi anni, un lavoro importante per rafforzare le borse di studio, per cancellare la figura dell'idoneo non beneficiario (che era a tutti gli effetti un diritto negato e ancora c'è questo problema), per istituire la no tax area, che ha permesso di invertire la dinamica negativa dell'immatricolazione e, soprattutto, ha permesso ai ragazzi che provengono da famiglie meno abbienti di tornare all'università.
Tutto questo, però, va rafforzato, perché sul versante del diritto allo studio bisogna continuare a fare ancora di più. La no tax area va portata fino a 30 mila euro; sulle borse di studio vanno stanziati nuovi fondi; c'è bisogno di presidiare i livelli essenziali delle prestazioni tra i diversi territori; c'è bisogno di investire sul welfare studentesco. In un sistema come il nostro, a laurearsi sono quasi sempre i figli di chi è già laureato. Ciò la dice lunga su un vero e proprio muro sociale che c'è e che dobbiamo abbattere.
Il tema del precariato per chi fa ricerca è un tema pesantissimo nel nostro sistema. Sappiamo che la gran parte di coloro che fanno ricerca, dopo un precariato che dura più di dieci anni, viene espulso dal sistema. Per contrastare questo, che mortifica non solo la professionalità di migliaia di persone, ma tutto il nostro sistema Paese, abbiamo bisogno di continuare con la programmazione di piani pluriennali di reclutamento; abbiamo bisogno anche di un intervento normativo, perché un grande male di questi anni è stato l'uso abnorme dell'assegno di ricerca o surrettiziamente di forme atipiche precarie. Abbiamo bisogno di una riforma del pre-ruolo – lei lo ha molto sottolineato – che imponga una figura unica che dia certezza di professione e automatismo nella carriera della ricerca.
Un altro tema fondamentale, non solo per il sistema dell'università e della ricerca, ma per il sistema Paese, è la valorizzazione del dottorato e finalmente avere anche il decreto ministeriale sulla riforma del dottorato. Le segnalo che abbiamo bisogno di una proroga dei cicli in corso e che attualmente i dottorati sono l'unica categoria universitaria che non è sottoposta alla campagna di vaccinazione.
Concludo sulla ricerca. Abbiamo bisogno di investimenti in ricerca pubblica, in ricerca di base, di presidiare i fondi vincolati alle stabilizzazioni nonché di attuare la partecipazione dei ricercatori e dei tecnologi. Non è mai stato attuato il Consiglio nazionale dei ricercatori e dei tecnologi, eppure questa è legge dello Stato. Le chiediamo, signora Ministra, di procedere a questo atto che è fondamentale per il nostro sistema della ricerca pubblica e per il nostro sistema Paese. Grazie, presidente.
MICHELE NITTI (intervento da remoto). Grazie, presidente. Saluto anch'io la Ministra e mi unisco ai colleghi nell'augurio di buon lavoro. Vorrei soffermarmi sul tema dell'Alta formazione, che negli ultimi tempi ha ricevuto molta attenzione grazie al lavoro in Commissione, grazie anche alla sensibilità del Ministro Manfredi. Si tratta di un comparto che ha finalmente visto un importante stanziamento di risorse nell'ultima legge di bilancio, risorse che adesso vanno impiegate all'interno di una ridefinizione complessiva del comparto, soprattutto nell'ottica di un definitivo traghettamento del settore nel segmento terziario dell'istruzione.
Su diverse situazioni purtroppo siamo ancora nel limbo dell'indefinitezza. Penso allo stato giuridico della docenza, al reclutamento dei docenti, all'abilitazione artistica Pag. 20 nazionale, al rapporto fra istituzioni pubbliche e private (su cui c'è troppa deregulation) e al tema della mobilità. Moltissimi passi in avanti sono stati fatti sul tema dell'inclusione e su quello della disabilità. Servirebbe adesso meglio definire la figura del tutor accademico, le sue funzioni, i requisiti richiesti per svolgere questa attività.
Anche quello del reclutamento è un tema molto spinoso e continua a essere lasciato un po' in una situazione di precarietà. Credo che se non si azzera definitivamente la situazione pregressa del precariato, difficilmente si potrà dar vita a un regolamento sul reclutamento che non parta già pregiudicato da situazioni pregresse.
Anche il tema della ricerca artistica è difficile da sdoganare, da far comprendere, da spiegare. Dopo anni di inconcepibile doppiopesismo rispetto alla ricerca scientifica e universitaria, ha potuto finalmente accogliere la possibilità di accedere ai PIN. Ci è voluta anche qualche sentenza al riguardo. Però ora manca la struttura su cui poter costruire questa ricerca artistica, alludo al tema dei dottorati.
La nostra Commissione, inoltre, ha approvato importanti risoluzioni sul potenziamento e sulla valorizzazione delle biblioteche e degli archivi storici, però siamo ancora in attesa che si dia seguito agli impegni previsti da questa risoluzione, soprattutto sul tema della direzione scientifica delle biblioteche. Tutti questi temi e molti altri ancora sono stati affrontati nei diversi tavoli tecnici dai vari gruppi di lavoro, su quattro grandi questioni: reclutamento, didattica, governance, valutazione e programmazione.
Nel frattempo l'ANVUR ha terminato l'elaborazione delle linee guida sull'accreditamento delle sedi e sta lavorando su una valutazione periodica, sui nuclei di valutazione. Sono strumenti molto importanti per migliorare la qualità delle istituzioni, affinché siano messe nelle condizioni di essere valutate positivamente. Alludo al tema dell'edilizia e alla qualità della docenza.
Concludo, ricordando due grandi emergenze: la statizzazione, sul cui cronoprogramma ci sono gravi ritardi, per la definizione delle piante organiche e sull'inquadramento nei ruoli dello Stato; e poi la filiera. La filiera è un tema che necessita di un'azione di concerto con il Ministero dell'istruzione. Pensare di poter agire solo sulle scuole secondarie di primo grado o sui licei, senza operare organicamente sul segmento superiore, credo sia un rischio esiziale. Per esempio, intervenire per via negativa su organizzazione e tipologie di percorsi formativi dei licei musicali, senza una discussione sul significato pedagogico e didattico della formazione di base, non mi ha trovato affatto d'accordo, perché quello di un emendamento di poche righe – peraltro ritoccato più volte – rimane indubbiamente uno strumento di consenso, ma è molto opinabile sia nel metodo che nei contenuti.
Chiedo semplicemente se si intenda ancora percorrere l'iter di una legge-delega oppure se siamo indirizzati a eventuali altre iniziative su regolamenti, su modifiche ai regolamenti, e con quali strumenti giuridici si intendono affrontare i temi strutturali del comparto. Grazie.
VALENTINA APREA. Grazie, presidente. Ministra Messa, nell'esprimerle soddisfazione per il suo prestigioso incarico, le confermo la piena fiducia di Forza Italia nelle sue azioni che siamo certi non ci deluderanno. Ci lega, infatti, una ricca e proficua collaborazione di lavoro portato avanti insieme in Lombardia negli scorsi anni, allorquando lei ricopriva l'incarico di direttrice dell'Università Bicocca di Milano e io quello di assessore regionale all'istruzione e formazione al lavoro e diritto allo studio universitario.
Certo, la pandemia ha accresciuto le sfide dell'istruzione universitaria rispetto a quegli anni, con particolare riferimento alla perdita di apprendimenti dovuti all'impossibilità di frequentare in presenza le lezioni. Non disponiamo ancora di una misura del learning loss, perché finora non è stata condotta alcuna rilevazione generalizzata o a campione sugli studi universitari dei nostri studenti, da febbraio 2020 a oggi. Sebbene, come ha certificato la ricerca «l'Italia e la sua reputazione: l'università», predisposta dall'associazione «Italia decide »,Pag. 21 in collaborazione con Intesa San Paolo, il sistema universitario italiano si sia mostrato in questa crisi pandemica, nel complesso, più resiliente delle università di Paesi quali Regno Unito, USA e Australia, che occupano i vertici del ranking, le proponiamo, Ministra Messa, di avviare con l'aiuto dell'ANVUR una quantificazione dello stato dell'arte, con riferimento anche agli squilibri territoriali che lei ha citato, ai diversi divari che, purtroppo, si sono accresciuti con la pandemia, come è successo anche nel settore scolastico, per cercare di capire cosa si può recuperare degli apprendimenti perduti.
Ancora sull'attualità. Sono certa che anche lei condivida l'importanza di promuovere – lo ha anche ribadito in questa sede – un'accelerazione del sapere scientifico, della ricerca, dell'innovazione tecnologica, partendo dal rinnovato interesse post pandemico del ruolo della scienza. Il primo numero da cambiare è quello degli iscritti alle facoltà scientifiche. Anche quest'anno non abbiamo avuto grandi salti in avanti, soprattutto delle studentesse. Occorre invece più che mai appassionare i giovani e le donne alla scienza e alle STEM. È un tema a lei molto caro. Ora, da Ministro, deve favorire tutto questo con politiche dedicate e finanziate – noi la sosteniamo in questo ovviamente – anche d'intesa col Ministro dell'istruzione.
In particolare, dobbiamo lavorare per formare una nuova generazione di docenti, sempre più tutor, sempre più coach, competenti sul piano scientifico, tecnologico, per superare il digital divide, vera piaga del nostro sistema d'istruzione. Le tecnologie richiedono competenze e costano. Ora possiamo fare e dobbiamo fare anche questo.
Mentre facciamo questo, dovremmo sforzarci di superare i modelli del Novecento. Ministra, lei lo sa bene, sa quanto è importante questa svolta dal momento che ha contribuito prima al CNR e poi nelle università lombarde a creare vere e proprie eccellenze verticali e best practice. Si tratta ora di diffondere queste best practice, in particolare quelle delle università italiane che hanno saputo superare i vecchi modelli di organizzazione del sapere e della ricerca, per favorire un'istruzione terziaria integrata con il territorio e le dinamiche sociali ed economiche del Paese, e rafforzare gli investimenti pubblici per l'alta formazione, la ricerca, l'istruzione tecnica superiore – c'è una proposta di legge di Forza Italia – privilegiando sempre più l'approccio interdisciplinare per l'innovazione, abbandonando definitivamente la logica dei settori attraverso la revisione dei settori scientifico-disciplinari, come peraltro lei ha già dichiarato di voler fare in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera; ma ora lo dobbiamo fare. Sappiamo che questa è una cosa da fare subito.
Noi di Forza Italia ci aspettiamo davvero che si ripensi all'apparato burocratico che scandisce i tempi della ricerca e alla struttura organizzativa tradizionale, per far sì che lo Stato sia una risorsa abilitante dell'innovazione; che sostenga e non sostituisca i suoi attori, la ricerca delle imprese e i finanziatori; che si passi nei processi di ricerca innovativi dai controlli ex ante ai controlli ex post; che si realizzino strutture di trasferimento tecnologico derivanti da progetti di ricerca cogestiti da imprese, università e altri soggetti pubblici e privati capaci di portare innovazione nel tessuto economico, generando benessere per aziende, persone e territori.
C'è una nostra proposta di legge, a prima firma dell'onorevole Gloria Saccani Jotti, che vorremmo davvero sottoporle e approvare in questa legislatura, perché ci sembra che possa completare quello che lei ha già annunciato. Naturalmente occorre creare anche un circolo vizioso tra i grandi pilastri industriali italiani, le piattaforme scientifiche e tecnologiche. Lo diceva, Ministra, ma adesso va fatto davvero e Forza Italia crede in questo. Dobbiamo richiamare, in questo momento di ripartenza del Paese, le migliori intelligenze che hanno maturato esperienze in contesti internazionali, quindi scongiurare una volta per tutte la cosiddetta «fuga dei cervelli» e favorire i ricercatori italiani. Anche per questo, occorre ripensare ancora una volta il sistema di reclutamento che limita il ricambio generazionale. Pag. 22
Infine, vorremmo che le università potessero diventare luoghi di apprendimento permanente, per aiutare anche i professionisti ad affrontare con gli strumenti culturali più adeguati i cambiamenti nel modo di lavorare e di produrre. Dico solo una cosa: faccio smart working. Ci capiamo e ci siamo già capiti rispetto a tutto quello che nel post-covid arriverà.
Ministra Messa, avremo modo di declinare questi punti in interventi normativi, in policies strategiche. Conti su di noi di Forza Italia che, come lei, abbiamo a cuore la qualità della formazione e il destino delle giovani generazioni. Riesco ancora a commuovermi, perché non ci siamo ancora riusciti. Buon lavoro, Ministra Messa.
ANTONIO PALMIERI(intervento da remoto). Buongiorno. Anche io mi unisco agli auguri e alla commozione di Valentina, perché abbiamo tutti questa passione, non solo noi di Forza Italia, ma anche tutti i colleghi. Due premesse e due punti specifici non ancora trattati. La premessa è che il tema del capitale umano è un fattore decisivo, come lei ha sottolineato e, accanto a questo, è stato interessante il rilievo che lei ha fatto sul tema della responsabilità di chi ha responsabilità nel mondo universitario. Credo che sia un tema che riguarda ogni forma e ogni tipo di classe dirigente in questo tempo, straordinario sotto molti aspetti, che stiamo vivendo.
La seconda premessa riguarda gli ITS. Noi li abbiamo voluti, come Forza Italia e come Governo di centrodestra, nel 2010. Il fatto che facciano un passaggio all'età adulta, terminata la loro adolescenza, è effettivamente un'esigenza per tutto il Paese.
I due punti specifici riguardano due questioni molto circoscritte che possono però aiutare a limitare gli abbandoni e soprattutto a sostenere nel loro piccolo questi provvedimenti anche in quel ruolo di ascensore sociale che ha e deve avere l'università e riguardano entrambi i libri. Ministra, ci siamo visti l'ultima volta alla presentazione del libro del suo collega Alfonso Fuggetta Cittadini digitali; per questo partirei da una tematica, che era anche in quel libro e che io seguo ormai qui in Parlamento da quasi vent'anni, che è il tema dell'accessibilità digitale dei testi. Come sa, l'Unione Italiana Ciechi e l'Associazione Italiana Dislessia hanno fatto in questi anni un grande lavoro per rendere accessibili i testi digitali. Questa è un'esperienza quanto mai utile, soprattutto in questo tempo di pandemia e aggiungo che un testo accessibile è un testo molto più fruibile per tutti. In questa direzione e in questo senso manca ancora un'attività di coordinamento fra le varie università e fra i vari punti che nelle università si occupano della disabilità. La collega Frassinetti ha fatto un veloce cenno a questo nel suo intervento; io vorrei porlo alla sua attenzione come un punto circoscritto e, se vogliamo, piccolo. Però, come dicevo in premessa, è importante per sostenere e per non lasciare indietro nessuno e per garantire la funzione di ascensore sociale che l'università deve avere. L'altro punto connesso riguarda sempre i libri: per gli studenti capaci e meritevoli le borse di studio e gli aiuti che sono già previsti dal nostro ordinamento non prevedono nessun tipo di intervento per l'acquisto di libri di testo. Anche questa è una circostanza molto specifica e apparentemente molto piccola rispetto ai grandi progetti che lei ha delineato poco fa e che necessariamente richiedono l'attenzione e lo sforzo di tutti. Però le sottolineo questi due aspetti perché le grandi rivoluzioni sono fatte anche da piccole cose e dal fatto di non trascurare interventi che possono apparire dettagli, ma che dettagli non sono. Grazie e ancora buon lavoro.
LUIGI CASCIELLO. Grazie, presidente. Buongiorno Ministra e auguri di buon lavoro. Devo dire che anche nell'interlocuzione con il suo predecessore, il Ministro Manfredi, qualche passo in avanti era stato fatto anche sul fronte dei finanziamenti, con un miliardo, prima, e un altro miliardo e mezzo, poi, per il comparto. Io non mi commuovo come la collega Aprea perché sulle vicende universitarie sono estremamente preoccupato sia per i dati che lei ci ha fornito – che in gran parte conoscevamo – e perché ritengo che non basterà questo grande flusso di denaro, se non ci saranno vere riforme. So bene che lei, così come il suo collega Bianchi ieri, ha concentrato Pag. 23 il proprio intervento sul Programma Nazionale per la Ricerca (PNR), ma sarà importante anche conoscere nei dettagli le linee guida. Mi attendo che questa sarà la stagione anche per dare un segnale diverso di accesso alle carriere universitarie. Questo è un tema che con troppo pudore è stato affrontato in questi anni e ritengo che qualche verità bisogna dirla.
Spero che di fronte alla grande necessità di una riforma organica si esca fuori da qualche tendenza familistica ormai radicata e che purtroppo è difficile estirpare nel nostro sistema accademico. Se è vero che molti laureati vengono da famiglie di laureati, è anche vero – e se mi permette è abbastanza surreale per non dire altro – che molti docenti universitari vengano da famiglie di docenti universitari. Questo non può essere un peccato, come le colpe dei padri non ricadono sui figli; però mi sembra anche imbarazzante, talvolta, che i meriti dei padri siano solo quelli dei figli. Ho ascoltato con grande attenzione gli interventi dei colleghi. Ritengo che serva una grande riforma per raggiungere una sinergia vera tra mondo della ricerca e mondo produttivo e rimettere in moto anche la possibilità di crescita ed è la stessa cosa che ho detto ieri al Ministro Bianchi. La grande sfida è il merito in questo Paese. Se il merito non parte dal mondo universitario, se un segnale vero non viene dalla possibilità di accesso alle carriere universitarie solo per merito, mi dica lei da dove dovremmo partire. Potrà anche arrivare il Recovery Fund, le centinaia di miliardi che è difficile anche contare, figuriamoci quanto sarà difficile utilizzarle e impiegarle. Però deve esserci una riforma vera e di qualità per cui – come diceva anche lei – il vero problema è l'elemento umano, questa è la partita che giochiamo. Se non si ha questa capacità e questa volontà, ritengo che questa non sarà la grande occasione per essere all'interno di un grande progetto europeo, ma per essere all'interno di una grande occasione perduta in Europa e per l'Italia. Grazie.
ANDREA CANGINI. Grazie, presidente. Signora Ministra, devo dire che la sua relazione ha dato soddisfazione a tutte le mie curiosità. Ha toccato tutti i punti su cui, a mio avviso, è opportuno insistere per arrivare a quel cambiamento che da tanti, troppi anni, nei convegni dichiariamo urgente senza poi essere riusciti a essere conseguenti. La pandemia ha accelerato molte tendenze in corso nella società italiana e ha scoperchiato molte pentole. I dati che lei ha citato sono il punto di partenza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per quanto riguarda il suo comparto: sono tutti noti e tutti molto allarmanti. L'Italia penultima per laureati in Europa, il rapporto tra ricercatori e lavoratori che in Italia è la metà rispetto all'area OCSE, i finanziamenti pubblici alla ricerca e quant'altro. C'è un dato che viene trascurato sul quale la invito a porre l'attenzione: l'età media dei titolari di cattedra in Italia è molto alta. Siamo in questo un'eccellenza in senso negativo in Europa e non è un buon segno, onestamente. È vero che occorrono un corso di studi, una comprovata esperienza scientifica e quant'altro; non è vero che più in là si va negli anni e più si è capaci di trasmettere e ci sia ancora quella brillantezza che forse nella fascia tra trenta e quarant'anni è invece più conclamata. Provare a spingere per un rinnovamento e un ringiovanimento della classe docente all'università credo che sarebbe molto utile.
Trovo assolutamente giusto insistere sull'AFAM. L'urgenza di una interdisciplinarità a tutti i livelli è fondamentale per affrontare la complessità del mondo in cui ci stiamo muovendo; le lauree a orientamento professionale e tutto quello che ne consegue evidentemente sono un tema quanto mai attuale. Tra le tante cose che questa pandemia ci ha ricordato c'è il valore strategico della ricerca com'è evidente, quindi va benissimo la riforma del reclutamento e dell'inquadramento della ricerca in Italia. Mi pare che dai dati che ho letto, nel PNRR lo stanziamento per la ricerca sia alto, ma non altissimo e buona parte vada al privato. Sono assolutamente convinto di quello che lei ha detto: bisogna cercare di far interagire pubblico e privato a tutti i livelli e, a maggior ragione, a livello della ricerca. Però le chiedo cosa ha in Pag. 24mente per quanto riguarda la ricerca pubblica e non sono uno che ha il mito del pubblico e dello Stato in quanto tale. Però, in questo settore, la ricerca ha un valore strategico e si sviluppa anche in ambiti che non sempre hanno un interesse commerciale, ma che hanno valore strategico. Per questo la ricerca pubblica deve necessariamente essere centrale, deve essere il perno di quella interazione tra pubblico e privato. Mi chiedo e le chiedo quanto, in che misura, si ha intenzione di investire sulle ricerche pubbliche.
Trovo fondamentali tutti i ragionamenti che ha fatto sul diritto allo studio. Abbiamo pochi laureati anche perché mantenersi all'università, oltre che frequentare l'università, non è facile; quindi, tutto quello che ha detto è quanto mai necessario. Forse lo è anche cercare di rendere le università più accoglienti nei confronti degli studenti. Chiunque di noi abbia fatto esperienza in un'università all'estero – credo tutti quelli che conosco, me stesso compreso – è tornato dicendo quanto si frequenta meglio l'università lì. Questo è dovuto al fatto che è più facile interloquire con i professori, è più facile avere un rapporto diretto e personale con il corpo docente ed è più facile vivere l'università in quanto tale. Questo ha a che fare con la qualità della vita universitaria che diventa poi la qualità della professione futura che si svolgerà.
Un'ultima questione. Proprio oggi mi sto occupando di un problema di carenza di medici di base nelle Marche, regione nella quale sono stato eletto. Il problema riguarda le aree interne. Sono tutte cose che non le competono, ma da lì parte una riflessione che riguarda tutto il Paese: c'è una carenza di medici e, mai come in questa fase, lo stiamo verificando. Il numero chiuso a Medicina ha un senso? Va allargato? Sarebbe opportuno aprire di più le facoltà di Medicina in modo da avere più medici in questa fase. Presumibilmente altre pandemie ci toccheranno in un mondo globalizzato ed è chiaro che il sistema della centralizzazione della sanità ha avuto alcuni limiti; questo, ormai, è davanti agli occhi di tutti; quindi, servono più medici. Aprire le facoltà sarà opportuno o no? Grazie, Ministra.
ANGELA COLMELLERE. Grazie, presidente. Innanzitutto auguri alla Ministra per tutto il lavoro che dovrà fare in questo lungo mandato; ringrazio anche il Ministro Manfredi per il lavoro che ha fatto per il passato. Esprimo soddisfazione per la relazione che abbiamo sentito questa mattina: è una visione che guarda al futuro e questo mi conforta molto e mi dà anche l'entusiasmo giusto per affrontare questo percorso. Saremo con lei in questo lavoro, in questo impegno; può contare sempre sulla nostra disponibilità e sulla condivisione degli obiettivi e delle strategie per poter dare un segno positivo a questo percorso. Il mio intervento oggi vuole essere propositivo, ovvero offrire alcuni spunti per raccogliere al meglio le sfide che in questo momento il mondo dell'università si trova a fronteggiare.
Inizio con il dire che il piano, nella sua ultima versione dell'11 marzo, ha accolto un profilo a mio parere di estrema importanza, ovvero la tutela del diritto allo studio. Purtroppo le misure previste – come abbiamo sentito questa mattina – non sono ancora del tutto sufficienti. Auspico quindi che – ben al di là dell'incremento dei fondi riservati agli studenti fuori sede per l'anno accademico in corso – si possano prevedere misure di sistema in grado di allineare il nostro Paese al resto dell'Europa. Quali? L'ampliamento della no tax area per diminuire le tasse universitarie: ricordiamo che in Italia, in media, l'importo per un anno ammonta a 1.345 euro contro i 300 della Francia. Lo sforzo fatto fino ad oggi per allargare la platea dei beneficiari da 13.000 a 20.000 risulta ancora del tutto insufficiente. Inoltre, vorremmo riconsiderare l'ampliamento delle borse di studio perché in Italia solo l'11,7 per cento degli iscritti ne è risultato beneficiario, a fronte del 68 per cento della Finlandia, del 33 per cento della Francia e del 28 per cento della Spagna. Infine, vorremmo che si potesse pensare all'ampliamento dell'offerta di posti letto e ad un'equa distribuzione degli stessi sul territorio nazionale. Il 3 per cento degli studenti ne risulta beneficiario, ma Pag. 25solo l'1 per cento riesce a ottenere un posto letto, con l'evidente risultato che il 70 per cento degli studenti universitari vive ancora in casa con i genitori, contro il 36 per cento della media UE.
Come lei ben diceva, solo misure di forte impatto possono dimostrarsi utili a stimolare le immatricolazioni e quindi a vedere aumentato il numero dei laureati. I dati che ha citato poc'anzi dimostrano quanto sia necessaria un'inversione di rotta nel nostro Paese.
Accolgo con entusiasmo l'intenzione di investire sui percorsi di educazione terziaria professionalizzante degli ITS, già all'attenzione della Commissione cultura. Il testo del gruppo della Lega va esattamente nella direzione della valorizzazione di questi percorsi, come da lei indicato. Concordo sulla necessità di un impegno sia nella lotta all'abbandono universitario, sia nell'implementazione di accordi tra le università e tessuto produttivo del Paese per agevolare l'impiego di giovani laureati. L'Italia è tristemente al primo posto in Europa per l'aumento di Not in Education, Employment or Training (NEET) con una percentuale di giovani compresi tra i 15 e i 29 anni, pari al 23,4 per cento, a fronte della media europea del 12,9 per cento. A tal proposito, per evitare che la pandemia accentui ancora di più, e drammaticamente, questo problema, le chiedo se intenda predisporre interventi volti a garantire a tutta la popolazione universitaria la frequenza on line. Purtroppo, ci sono ancora studenti che non hanno a disposizione un'adeguata connessione o un dispositivo e restano esclusi dalla frequenza dei corsi e, in molti casi, anche dalle prove d'esame.
Concludo, signora Ministra, chiedendole di dare compimento alle misure introdotte dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 120 (cosiddetto «decreto semplificazioni») di cui si attendono i decreti attuativi e di voler fornire un'interpretazione autentica all'articolo 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 che ha liberalizzato le consulenze dei professori universitari. L'apposito emendamento al decreto semplificazioni è stato stralciato, benché il testo fosse stato approvato nella Commissione 7° del Senato. La libertà di consulenza nell'osservanza dei prioritari obblighi accademici risponde infatti a una rinnovata concezione di università che individua nel trasferimento di conoscenza la cosiddetta «terza missione» e ne valorizza al massimo il ruolo della ricerca che diventa uno degli elementi decisivi dello sviluppo economico e sociale del territorio. Ancora buon lavoro e tanti cari auguri.
MARIA SAPONARA. Grazie, presidente. Ringrazio la Ministra per la relazione molto chiara. Volevo sottoporle tre argomenti in modo particolare.
Il primo argomento è quello che riguarda il CNR a cui lei ha fatto cenno e la domanda che le voglio rivolgere è quale sarà il ruolo del CNR nel contesto attuale. Sappiamo che il CNR è il più grande ente pubblico di ricerca italiana, con istituti di ricerca diffusi su tutto il territorio nazionale e una forte vocazione alla ricerca interdisciplinare e multidisciplinare e all'innovazione, intesa come lo sfruttamento delle conoscenze per avere un impatto concreto sulla società e sull'economia. Sarebbe importante in questo contesto precisare quale sarà il ruolo del CNR e quali saranno i rapporti del CNR con gli altri istituti di ricerca. Mi permetto inoltre, sempre parlando del CNR, di sottoporle la questione della nomina del Presidente. Da quello che mi risulta erano già stati individuati i cinque nominativi che dovevano formare la rosa dei papabili presidenti. Ministra, vorrei sollecitarla affinché venga fatta il prima possibile perché sicuramente, in questo momento, la governance del CNR è una questione molto importante. Accanto al CNR mi viene da pensare all'Agenzia Nazionale della Ricerca, istituita alla fine del 2019. Noi del gruppo della Lega non eravamo d'accordo con l'istituzione di questa agenzia; le chiederei gentilmente di approfondirne il ruolo visto che per noi rappresenta un doppione rispetto al CNR. Questa è la mia prima questione.
La seconda riguarda le lauree abilitanti e, in proposito, non posso che confermare quello che ha appena detto la mia collega Colmellere, quindi ben vengano queste lauree che indirizzano verso una formazione Pag. 26specifica. Mi viene però il dubbio che queste nuove lauree abilitanti possano entrare in competizione e in contrasto con le lauree già acquisite nello stesso settore, facendo aprire la questione dei già laureati che non hanno però ancora l'abilitazione alla professione. Mi riferisco, per esempio, a psicologi e farmacisti, quindi le chiedo di specificare e di approfondire come si pensa di arginare il contrasto tra, passatemi il termine, i vecchi laureati non abilitati e i nuovi laureati che, grazie alle nuove norme, acquisiranno l'abilitazione automaticamente, frequentando l'università.
Inoltre, Ministra, lei ha detto che la formazione superiore non soddisfa le richieste delle imprese. Questo è assolutamente vero, d'altra parte, è vero anche l'aspetto reciproco: i ragazzi non si trovano preparati quando entrano nel mondo del lavoro. In questo momento, Ministra, mi sento di chiederle se non sia il caso che le imprese entrino nella scuola o, se preferisce, che la scuola entri nelle imprese. Mi permetto di portarle un esempio che è stato attuato nella provincia di Parma, a Varano de' Melegari, dalla ditta Dallara che produce automobili e ha istituito una scuola dove ci si può specializzare in ingegneria meccanica. Le chiedo se questa iniziativa privata non debba in qualche modo diventare la normalità, proprio per specializzare i giovani in un certo settore. Ho finito, le auguro buon lavoro e la ringrazio di nuovo per la sua presenza.
LOREDANA RUSSO (intervento da remoto). Buongiorno, gentilissima Ministra. Ho avuto modo di leggere uno stralcio dal suo intervento in occasione dell'incontro con i presidenti delle Conferenze AFAM, per cui so già del suo interesse per la formazione artistica e musicale che è il mio ambito privilegiato e di cui mi sono occupata in questi tre anni, essendo una musicista. So anche della sua volontà di proseguire nel percorso già avviato dal Ministro Manfredi che ringrazio per l'attenzione che ha dedicato a questo importante settore dell'università; mi riferisco alla sua volontà di equiparare le istituzioni AFAM al servizio universitario. Non sto ad elencare le criticità di un sistema che aspetta da vent'anni regolamenti e provvedimenti, restando di fatto in un limbo tra la formazione e l'università. Tuttavia, dobbiamo prendere nota che alcuni importanti passi avanti si stanno realizzando, se è vero che già ad aprile avremo in Gazzetta Ufficiale sia il bando per la formazione delle graduatorie nazionali – la cosiddetta legge n. 205-bis – sia il bando per il passaggio dalla seconda alla prima fascia di docenza, previsto dalla legge di bilancio varata lo scorso dicembre. Questi provvedimenti sono molto attesi come lo è quello sulla ricostituzione del Consiglio Nazionale per l'Alta Formazione Artistica e Musicale (CNAM), che sembra essere in dirittura d'arrivo. Me ne occupai tre anni fa come relatrice, in Commissione al Senato.
Altri sono i provvedimenti improcrastinabili di cui vorrei chiederle approfittando dell'occasione, anche se so che il nostro incontro è dedicato esclusivamente al PNRR. Le chiedo quindi, in primis, quali saranno i tempi e quali saranno le modalità per l'individuazione dei tecnici di laboratorio, pianisti e clavicembalisti accompagnatori di cui mi occupai proprio nei primi mesi della legislatura. Conoscevo l'importanza di un ruolo assolutamente indispensabile al nuovo sistema di alta formazione che non poteva più essere coperto con borse di studio o contratti Co.Co.Co. Le chiedo inoltre se può darci contezza sui tempi della statizzazione degli istituti paritari e, soprattutto, anche sull'individuazione dell'organico e della stabilizzazione dei docenti in servizio presso le stesse istituzioni, rimasti tristemente fuori dalla legge n. 205 del 2017.
Invece, concentrandomi sul PNRR, – che è il motivo principale per cui oggi la incontriamo – vorrei segnalarle due criticità. Intanto, la necessità di individuare gli investimenti nella ricerca artistica, già presente nella legge 21 dicembre del 1999, n. 508, ma in maniera del tutto fittizia. La ricerca artistica è stata poi ribadita dal decreto-legge del 9 gennaio 2020 che la affianca, di fatto, a quella tecnica e scientifica. Si trattava di un provvedimento sullo scorporo del Ministero dell'università e della ricerca da quello dell'istruzione. Ieri abbiamo Pag. 27 avuto in audizione il presidente della Consulta degli studenti delle Accademie di belle arti e il Presidente della Consulta dei Conservatori di musica che ci hanno ricordato che, in realtà, la ricerca è insita nel processo formativo dagli studi artistici, ma abbiamo assolutamente bisogno adesso di una norma che preveda l'istituzione del terzo livello che è presente solo nelle università. Nelle AFAM i dottorati di ricerca, di fatto, non sono in programma negli istituti. Nel PNRR potremmo assolutamente inserirli nella missione 4, componente 2 «dalla ricerca all'impresa» che, invece, individua la sola area tecnico-scientifica come adeguata ad avere un riscontro moltiplicatore nel PIL. La convinzione che solo la ricerca tecnico-scientifica possa dare uno slancio alla nostra economia, ormai, è del tutto smentita anche dalla stessa Confindustria che attribuisce alle imprese culturali e creative un effetto moltiplicatore del PIL, con un gettito di 96 miliardi e un indotto di 170 miliardi. Questo è stato ribadito dal Comitato nazionale dell'economia e del lavoro e anche da Confartigianato, nelle recenti audizioni in cui è stato chiesto un sostegno strutturato alla formazione artistica e creativa. Investimenti nella formazione artistica e creativa significano, come confermato dagli enti già citati, nel breve termine, incentivare l'impresa culturale del Paese Italia attraverso la formazione di figure professionali di livello elevato; a lungo termine, puntare alla creazione di una classe di lavoratori e decisori allenati a utilizzare un pensiero divergente e creativo capace di adattarsi a situazioni inedite, in altre parole resilienti.
Un'altra criticità è l'assenza nel PNRR di un piano di reclutamento che è diventato davvero il «tallone di Achille» di tutto il sistema. Ormai da ventidue anni non vengono banditi concorsi per titoli ed esami: il regolamento per il reclutamento, approvato da questa Commissione e poi accantonato per evidenti criticità, rischia oggi di essere sostituito da provvedimenti transitori ancora per titoli e servizi. Abbiamo bisogno urgentemente di un decreto che formalizzi un reclutamento che preveda non solo l'abilitazione artistica nazionale, ma anche concorsi nelle sedi, soprattutto per titoli ed esami, oltre che riservati a quanti hanno già accumulato un notevole servizio.
Ministra, la ringrazio per l'attenzione, le auguro buon lavoro e arrivederci a presto.
ALESSANDRO MELICCHIO. Grazie, presidente. Ringrazio la Ministra per la relazione che sinceramente ho molto apprezzato. Vorrei soffermarmi principalmente su alcuni punti che la Ministra ha toccato: prima di tutto il finanziamento. Siamo davanti al PNRR che rappresenta una grande opportunità di rifinanziamento di questo settore che è stato penalizzato negli ultimi dieci anni. Il definanziamento che abbiamo subìto ha avuto ripercussioni sul rapporto docenti/studenti, che oggi in Italia si attesta su 1 a 35 circa, mentre Paesi come la Gran Bretagna hanno un rapporto di un docente per 12 studenti. Questo ha ripercussioni ulteriori su tutto il resto, sul numero dei laureati per esempio. Abbiamo solo il 27,7 per cento di laureati fra gli under 34, mentre avevamo come obiettivo quello del 40 per cento per lo scorso anno, ovvero quello della media europea. L'Italia paga così lo scotto di destinare solo l'1,4 per cento del PIL a questo settore, contro una media UE del 2 per cento e una media OCSE del 2,4 per cento. Ci sono Paesi, come Israele, che arrivano addirittura a finanziare questo settore per tre volte quello che facciamo noi; quindi è assolutamente necessario invertire la tendenza. Parlavo prima del numero dei docenti che è necessario aumentare. In VII Commissione, da quasi due anni è in discussione la proposta di legge sul reclutamento, sul pre-ruolo. Mi auguro che si possa arrivare ad approvare un testo il più velocemente possibile, anche perché ha avuto l'apprezzamento sia del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) che della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), nelle audizioni che abbiamo svolto di recente. Questo intervento ci permetterebbe di affrontare il problema in maniera strutturale, organica e ordinamentale. Uno degli errori fatti nel sistema universitario, da decenni a questa parte, è stato quello di agire sempre in maniera emergenziale: per un periodo non Pag. 28entrava nessuno, mentre da un certo punto in poi, entravano tutti. Questo processo non può che peggiorare il nostro sistema universitario. Va bene affrontare l'emergenza, però focalizziamoci principalmente sul problema principale, ovvero quello di strutturare il reclutamento non solo aumentando i posti, ma anche cercando di valorizzare il merito e aumentare la trasparenza dei concorsi universitari. Ciclicamente tornano le polemiche, prima a Catania, adesso a Firenze e così via. Anche questo indebolisce il sistema universitario di fronte a quella parte di società che tende a delegittimarlo quando, invece, avrebbe bisogno di essere valorizzato. Per evitare questo, la politica si deve occupare del problema in maniera responsabile, senza punire il sistema. Dobbiamo riuscire a individuare un modo in grado di valorizzare il merito, che non contempli quindi la cooptazione, in quanto incoerente con il quarto periodo dell'articolo 97 della nostra Costituzione.
Chiudo con il divario tra nord e sud. Abbiamo una distribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) che penalizza le università meridionali. Se ipotizzassimo un grafico che mette in relazione il finanziamento che arriva alle università meridionali dall'FFO con il reddito pro capite della regione sulla quale quell'università insiste, vedremmo che c'è un rapporto lineare. Più alto è il reddito pro capite di quella regione, maggiore è la quota di FFO che l'università percepisce. I criteri di distribuzione dell'FFO devono essere rivisti alla luce del riconoscimento del merito sociale e del ruolo sociale delle università che operano nelle aree svantaggiate.
Concludo sulle lauree abilitanti che è assolutamente necessario approvare il prima possibile. Anche io auspico che ci possa essere un'efficacia retroattiva, attraverso il dibattito parlamentare magari si troverà una soluzione. Sull'accesso ai corsi di laurea in Medicina è evidente che l'emergenza COVID ha fatto deflagrare l'inadeguatezza dell'attuale sistema di accesso, così come il calcolo del fabbisogno di medici, perché siamo evidentemente sottodimensionati come professionisti in questo campo. Grazie.
MARCO BELLA. Grazie, presidente. Saluto la Ministra. Ovviamente vogliamo trovare un mondo migliore di prima, vogliamo usare il PNRR per creare qualcosa di meglio rispetto a quello che c'era prima. Ci sono stati tre ministri che si sono occupati di università, persone di forze politiche anche molto diverse. Ogni anno abbiamo avuto un incremento del Fondo Ordinario di Finanziamento degli Enti di Ricerca (FOE), un incremento del FFO e un incremento del Fondo per gli Studenti. Spero che con lei, Ministra, nei prossimi due anni possa continuare questo incremento. Gli altri anni parlavano di tagli, finalmente stiamo parlando di aumenti.
La questione del reclutamento è molto sentita. Anch'io sono un docente universitario e volevo rassicurare il collega Casciello: i miei genitori non erano neppure laureati, quindi non sempre c'è nepotismo accademico. Tuttavia, i docenti universitari sono pochissimi rispetto alla popolazione: solo una persona su mille può diventare docente universitario ed è giusto che il reclutamento venga effettuato nella massima trasparenza. Volevo dirle che molto spesso il tema del reclutamento viene visto dai giornali come nepotismo, ma, in realtà, quello che veramente succede è che c'è un nepotismo di tipo scientifico, ovvero le carriere nelle stesse università. Le volevo chiedere se nell'ambito del progetto di legge che si discute alla Camera si possa pensare di incentivare la mobilità, introducendo alcuni limiti rispetto alla possibilità di chi ha svolto il dottorato in un'università poi diventi ricercatore in quella stessa università, senza vedere il mondo, senza passare qualche anno fuori. Questo potrebbe sicuramente rendere il reclutamento molto più sereno.
Nell'ambito delle semplificazioni sicuramente è un bene avere i fondi, ma poi bisogna avere la capacità di spenderli e molto spesso i ricercatori si sono trovati in grandi difficoltà. Per comprare anche qualcosa di piccolo – questo varia da università a università, devo dirlo – si perde tantissimo tempo. Il Mercato Elettronico della Pag. 29Pubblica Amministrazione (MEPA) è uno strumento fantastico quando dobbiamo comprare 10.000 siringhe tutte uguali, ma se dobbiamo comprare una sola siringa per un esperimento, non è lo strumento migliore. Ricordo che c'è stato un emendamento approvato che dà la facoltà alle università di non ricorrere al MEPA in maniera obbligatoria. Ora servirebbe semplicemente una circolare interpretativa per i dipartimenti, che implementi questa possibilità. Sicuramente questo aiuterebbe tantissimo il mondo della ricerca che non ha bisogno di grandi riforme, ma di piccole misure puntuali.
Riguardo alla questione ANVUR, siamo sicuri dopo dieci anni di chiedere ai nostri ricercatori di perdere tutto quel tempo in una serie di adempimenti super burocratici? Questo è utile? Lei ha parlato molto bene e ha detto che vogliamo dare nuovo personale alla ricerca, ma cerchiamo di usare al massimo quello che abbiamo e cerchiamo di dargli tempo. C'è sicuramente da fare una revisione dell'ANVUR, vogliamo sburocratizzare e non vogliamo creare altri problemi.
Per quanto riguarda il CNR, capisco la necessità di fare una nuova cinquina, ma immagino che fare un nuovo bando quando ce n'è uno già aperto e non viene fatta questa scelta, può anche esporre a ricorsi. Lei ha parlato di tempi brevi, quantifichi quanto potrebbero essere brevi perché il maggiore ente di ricerca italiano ha bisogno di avere una guida legittimata il prima possibile.
Infine, ci ha parlato di poter finanziare in qualche modo quei progetti dell'European Research Council (ERC) che sono stati considerati validi, ma non hanno ricevuto finanziamento. Io sono uno di quelli, Ministra. Questa è sicuramente una cosa molto importante perché se a livello dei progetti europei c'è stata una valutazione molto rigida e rigorosa e quei progetti sono stati considerati validi, l'università potrebbe investire in quello. Dobbiamo cercare, tutti insieme, di fare il meglio per il nostro Paese in questo momento difficile. Le auguro buon lavoro. Grazie, presidente.
ROSALBA CIMINO (intervento da remoto) Grazie Ministra, per la sua relazione puntuale, è un piacere accoglierla nelle nostre Commissioni. Le sfide che ci attendono sono sicuramente ambiziose, ma fungeranno da stimolo per una nostra proficua collaborazione. Oggi voglio attrarre la sua attenzione su alcuni punti precisi e circoscritti sui quali mi piacerebbe avere un suo primo riscontro, il primo riguarda la riforma della formazione universitaria.
Dobbiamo sicuramente pensare che le generazioni che stiamo formando sono quelle che gestiranno il futuro che ci avviamo a costruire con il PNRR; quindi, servirà una storica riforma del sistema universitario che attualizzi i corsi di studio, rendendoli innovativi e trasversali secondo le esigenze di questi tempi. La mia domanda è come intende riformare l'attuale sistema. Inoltre la missione 6 del PNRR prevede, tra i suoi obiettivi, quello di colmare l'attuale gap numerico del personale sanitario e del personale medico specialistico e di medicina generale, oltre ad una rivoluzione dell'assistenza domiciliare attraverso la telemedicina. Questo significa che in futuro il nostro sistema universitario dovrà formare nuovi medici, ma necessariamente con nuovi strumenti formativi. Non c'è alcun cenno nel PNRR di una riforma in tal senso e in più non sembra esserci alcun ripensamento dell'attuale sistema a numero chiuso che solo una settimana fa il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo e che probabilmente ha contribuito alle difficoltà riscontrate nel nostro sistema sanitario durante questa pandemia. Per questo le chiedo se non sia ora di pensare a una grande riforma del percorso formativo, iniziando dal superamento del numero chiuso.
Infine, anch'io vorrei fare un accenno all'AFAM a proposito della quale ho letto favorevolmente e con interesse la sua intervista, oltre ad aver apprezzato le parole della collega Russo. Sono stata anche in contatto con il coordinatore nazionale del Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola (SNALS) e quindi accolgo le proposte e gli obiettivi prioritari che bisogna perseguire. L'AFAM è un settore che detiene Pag. 30 il primato in percentuale di utenza estera, a riprova quindi della qualità dell'offerta formativa. Il 14 per cento degli studenti esteri viene in Italia per formarsi nel campo dell'arte e della musica. Il settore AFAM rappresenta il più alto livello formativo della nazione nel campo dell'arte e della musica, quindi è prioritario riconoscere al docente AFAM lo status di docente universitario con passaggio per il docente al sistema pubblicistico, permanendo la contrattualizzazione nazionale per il personale amministrativo e tecnico. Certa del suo prezioso apporto su queste tematiche poste, le auguro anch'io un proficuo lavoro, grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Cimino. Non abbiamo più iscritti a parlare. Prima di chiudere vorrei porre una domanda alla Ministra circa il TFA per il sostegno. So che insieme al Ministro dell'istruzione lo si sta rivedendo, perché ultimamente – a causa anche della pandemia – i corsi si sono fermati. C'è molta attesa anche da parte degli studenti che stanno facendo questo corso, sia gli idonei del quinto ciclo del TFA sostegno, sia per il sesto corso, se partirà. Sappiamo bene che sono le università, in piena autonomia, a decidere e a gestire corsi, però vorremo un'uniformità e qualche risposta, considerata la grande emergenza che abbiamo sulla formazione per il sostegno. I nostri ragazzi e alunni con disabilità hanno bisogno di personale specializzato e qualificato. Vorrei sapere a che punto è questa intesa e se nel futuro ci sarà un'entrata in vigore più ordinaria e celere della disciplina, in modo tale da avere personale formato adeguatamente.
Ringrazio tutti, ringrazio la Ministra e passo parola al Presidente Nencini. Prego, presidente.
RICCARDO NENCINI. Grazie, presidente. Grazie, Ministra. Ho soltanto da porre in evidenza molto rapidamente due questioni: una più generica e una più diretta. La prima questione è già stata trattata abbondantemente in molti interventi, ma en passant anche da lei, signora Ministra. Si tratta della crescita selvaggia che qui è stata citata ampiamente, la forbice che non riesce a chiudersi tra laureati provenienti da famiglie che hanno già una tradizione di studi all'interno della famiglia e le difficoltà – che questo tempo ha aumentato decisamente – per chi si trova in una condizione di partenza diversa e più fragile dal punto di vista sociale a raggiungere gli stessi obiettivi. Nel testo del Recovery Plan che ci è stato consegnato, revisionato rispetto al testo originario su cui le Commissioni stanno lavorando, il tema del rapporto fra merito e bisogno mi pare che debba essere decisamente approfondito. Al di là di affermazioni esageratamente generiche – chi è che non è d'accordo sulla necessità di una relazione fra merito e bisogno? – occorre anche declinare tutto questo, senza fermarci a proposizioni generali. La declinazione è legata ai progetti e si lega naturalmente ad investimenti. Una cosa è già stata ricordata e la sottolineo anch'io. Lo ha fatto il senatore Cangini, ma anche lei ne ha parlato nella parte iniziale della sua relazione. La massa di denaro messa a disposizione della ricerca ammonta a tre miliardi e spiccioli: se andiamo a fare una radiografia di quei tre miliardi e spiccioli, vediamo che non sono tutti per la ricerca. C'è una quota consistente per la ricerca nel rapporto con il lavoro, ma un ammontare più misero nel rapporto con ricercatori, dottorandi, internazionalizzazione eccetera. Quello che ha fatto anche lei per una vita. Bisogna dire fin da ora che se le cose restano così, è inutile che noi facciamo la parte della «rana parlante» sostenendo che attraverso il Recovery siamo nella condizione di colmare il divario che ci separa da altri Paesi quanto a investimento e ricerca. Dobbiamo dire subito che non è così, non con quelle cifre scavate. Se non è così, il tema del rapporto fra merito e bisogno rimane aperto. Va bene che ci siano maggiori investimenti per l'edilizia universitaria per cui il ragazzo o la ragazza che da Matera va a studiare a Milano alla Bicocca o altrove ha maggiori possibilità; però rimane il fattore sociale che non viene affrontato con decisione. Lo sottolineo. Pag. 31
L'altra parte invece è più puntuale: mi riferisco ai sette centri di eccellenza che sono previsti all'interno del Recovery che ci è stato consegnato. Siamo al 17 marzo; l'esame in Assemblea è previsto il 30 marzo e la prossima settimana chi le parla, assieme alla presidente Casa, dovrà redigere i pareri. Su sei capitoli del Recovery, due riguardano le nostre Commissioni oltre ad una parte del sesto. Lei è uno dei tre specchi che abbiamo di fronte assieme al Ministro Bianchi e al Ministro Franceschini, che verrà oggi pomeriggio. Abbiamo tre specchi e due punti e un pezzetto dei sei che l'Europa ci dice di declinare. Questi sette centri di eccellenza: Fintech, Biotech, Agritech... Addirittura per tre di questi c'è già una collocazione in una città. Però intanto manca un punto, manca la questione che è una delle ricchezze creative dell'Italia: quella del saper fare (artigianato di qualità, moda) nel rapporto con il mondo del lavoro. Lì dentro questo non c'è, tutto è orientato alla parte tecnologicamente più avanzata, che va benissimo. Non dico di sostituire «A» con «B», dico di aggiungere ad «A» anche «Z», forse quello che viene un po' prima di «Z2», se quelle sono le evidenze. Mi viene il dubbio che quelle sette siano le evidenze. Se lo sono, lavoriamo su quelle e diciamo di aggiungerne un'ottava oppure di togliere la settima perché secondo noi non è di nessun di nessun valore. Naturalmente il Governo verificherà e dirà se abbiamo detto una cosa giusta oppure sbagliata, se la condivide oppure no. Però se non fossero quelle, come facciamo a esprimere un parere definito? Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, presidente. Sospendo la seduta e ci rivedremo dopo l'audizione del Ministro Franceschini per la sola replica della Ministra.
La seduta, sospesa alle 11.35, è ripresa alle 16.25.
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta per l'audizione della Ministra Messa che questa mattina ha svolto la sua relazione, cui è seguito il dibattito. Do ora la parola alla Ministra – collegata in videoconferenza – per la replica.
MARIA CRISTINA MESSA, Ministra dell'università e della ricerca. Buon pomeriggio a tutti e grazie. Ringrazio senatori e deputati delle due Commissioni per l'attenzione, la passione, l'impegno sui temi dell'università e ricerca e alta formazione artistica. Questo rafforza il mio convincimento che il tempo delle riforme e semplificazione e creazione di un sistema coeso armonico è giunto. È un'occasione straordinaria che non possiamo perdere sulla quale ciascuno di noi è chiamato in maniera responsabile a dare il proprio contributo. Vi ringrazio per i molti spunti che mi avete formulato e, come ho già avuto modo di dire, saranno tenuti in grandissima considerazione in questa fase di revisione e perfezionamento del piano e orientamento dell'attività di Governo nel settore di cui ho la responsabilità. In particolare mi fa piacere che molti Commissari abbiano ribadito nei loro interventi il favore verso alcune delle misure che ho illustrato. Per economia dei tempi non mi soffermerò sui singoli interventi, ma ho cercato di metterli insieme per capitoli per rispondere in maniera complessiva alle varie domande e suggerimenti che mi sono stati fatti.
Molti interventi hanno toccato il tema della mobilità nel senso anche del termine che ho illustrato questa mattina e della necessità di prevedere ulteriori finanziamenti per colmare il gap di risorse messe a disposizione della ricerca. Anche in relazione a questo, voglio ribadire un concetto espresso rapidamente questa mattina e cioè che in questi obiettivi l'azione di governo andrà oltre gli interventi del recovery plan, perché richiedono l'adozione di riforme ordinamentali e accrescimento di più strumenti che sono già a nostra disposizione, per esempio le risorse che scaturiranno dal piano nazionale ricerca, PNR, o dall'incremento, già previsto, dei bandi PRIN.
Altro tema toccato da quasi tutti gli interventi è la necessità di un vero investimento sul capitale umano. Sono molto felice che abbiate condiviso questo obiettivo perché su questo in particolare dovremo concentrarci, soprattutto nelle aule parlamentari, Pag. 32 portando avanti da subito progetti di legge che nel riformare le carriere, nel dare sempre migliori strumenti di funzionamento al sistema della ricerca, possono farci raggiungere l'obiettivo di avere docenti, ricercatori, operatori, manager della ricerca più giovani e perfettamente in grado di competere con i percorsi formativi degli altri paesi.
Infine voglio dare piena assicurazione che nel PNRR sarà ben presente, costituendone uno degli obiettivi, anche il riequilibrio territoriale degli interventi. Nel campo della ricerca che, come noto, è un settore di altissima competitività, tale obiettivo potrà essere perseguito dando a ogni intervento, indipendentemente dalla sua collocazione settoriale, una profondità di filiera, in grado di produrre valore su scala nazionale e assicurare una sostenibilità a lungo termine, sempre facendo massa critica attraverso interazioni pubblico-privato con un approccio interdisciplinare flessibile, che tenga conto delle linee guida per il Next Generation Ue. A breve, d'intesa con il Ministro Franco, riceverete le nostre proposte di rimodulazione di questo Piano finalizzate, ve lo dico subito, in parte ad aumentare i fondi per i dottorati di ricerca, ma anche a ridurre sovrapposizioni e duplicazioni con gli altri programmi. Quindi, non appena disponibile lo riceverete e la modifica principale riguarderà il rafforzamento del Piano, per quello che mi riguarda, relativamente ai dottorati di ricerca.
Per essere esauriente nella replica, ho aggregato questi macrotemi e vi rispondo singolarmente per ciascuno di essi: non in ordine di priorità naturalmente, ma in ordine alfabetico.
AFAM: ho posto attenzione e centralità a questa azione. Tra le questioni poste, tra cui il passaggio da seconda a prima fascia per il personale, posso già dire che è stata individuata una soluzione che attualmente è alla verifica del Gabinetto di questo ministero. A breve affronterò anche la questione della nomina del Presidente dell'Accademia delle Belle Arti di Urbino, mentre sui temi di statizzazione è stato insediato un tavolo tra rappresentanti della governance AFAM, le rappresentanze sindacali e gli uffici del Ministero. Con la statizzazione, preciso che la bozza di provvedimento è stata inviata dal Ministero già da tempo alla Pubblica Amministrazione e al Mef; al momento si stanno analizzando i soli impatti economici.
Agenzia nazionale della ricerca e commissione ricerca Cipe: si tratta di due diverse strutture di presidio e governo su cui occorre fare una riflessione di prospettiva, anche al fine di non creare sovrapposizioni, ridondanze e difficoltà burocratiche. L'Agenzia, così come è stata proposta, avrebbe avuto senso soprattutto in assenza di un Ministero dedicato; con l'istituzione di un dicastero specifico, vanno un po' riviste le finalità di questa agenzia nell'ottica di sussidiarietà e servizi. Per quanto riguarda la Commissione Cipe, questa invece può rappresentare un importante momento di sintesi e confronto propositivo sul coordinamento delle diverse azioni e misure destinate alla ricerca pubblica e privata di più Ministeri. Il tema, su questo vorrei essere chiara, non è la titolarità dell'azione, ma la convergenza delle finalità rispetto alla funzionalità e crescita qualitativa e competitiva del sistema ricerca nel suo complesso e del Paese, oltre a un tema sull'armonizzazione e semplificazione delle procedure. È impensabile che bandi analoghi per la ricerca, come succede oggi, solo perché proposti da dicasteri diversi abbiano criteri diversi di valutazione, di tempistica e di governo.
CNR: la decisione di indire una nuova selezione per la presidenza del CNR poggia su queste considerazione che vi ripeto. La precedente cinquina era stata selezionata sulla base di criteri che sono in parte superati da interventi normativi successivi, per i quali ha assunto un rilievo significativo oltre all'aspetto scientifico, l'aspetto tecnico e gestionale che in parte era presente anche nel primo bando. La cinquina, inoltre, anche a seguito di rinunce si era ridotta a una terzina. Dopo avere valutato la possibilità normativa e tecnica di poter contenere i tempi di selezione, che mi rendo conto devono essere brevi, ho deciso di indire la nuova selezione con criteri rafforzati Pag. 33 e ampliati. La manifestazione di interesse si chiuderà la prossima settimana, il 23 marzo e, confidando nel rapido lavoro della Commissione, potrò presto indicare il nuovo presidente. È una manifestazione aperta a tutti i candidati anche del precedente bando, fondata su criteri qualificanti per l'elevatissimo compito che spetterà al nuovo presidente in questo momento di sfide, irripetibile oggettivamente, che si profilano alle regioni.
Corsi di studio. Intendo sostenere il percorso parlamentare della proposta di legge in tema di abolizione del divieto di doppia iscrizione a corsi universitari che rimuove un ostacolo che non è assolutamente attuale, provvedimento del quale apprezzo l'equilibrio raggiunto sul tema delle misure del diritto allo studio, poste a beneficio di chi vorrà avvalersi della nuova facoltà che la legge prospetta. Ovviamente il decreto attuativo dovrà tenere conto delle esigenze di sostenibilità dei percorsi paralleli, promuovendo la possibilità di svolgere corsi con un migliore grado di complementarietà e regolando, finalmente in modo compiuto, il tema del double degree. Sul decreto attuativo in tema di dottorati comunali voglio precisare che il provvedimento è già da tempo all'esame del Ministero del sud e verrà sollecitato.
Dottorato di ricerca. Confermo la volontà di investire sulla figura dei dottorati e preciserei anche che non sono stati esclusi dalle vaccinazioni, in molte università sono stati inclusi, quindi verificheremo che cosa è successo. In questa direzione, anche nell'ambito del recovery plan, stiamo valutando una rimodulazione finalizzata ad aumentare le risorse destinate a questo scopo. Abbiamo poi avuto un confronto positivo, come vi dicevo stamattina, con il Ministro Brunetta, nel quale è emersa chiara la volontà di valorizzare al meglio il titolo del dottore di ricerca, anche nell'ambito della carriera della Pubblica Amministrazione. Ribadisco la volontà di andare a fondo nella riforma del pre-ruolo, tenendo conto fin da ora di tutte le sollecitazioni pervenute e dunque anche di quelle che sono emerse dalla Commissione 7a del Senato. Questa costituirà la vera risposta ordinamentale degli altri strumenti che spesso hanno determinato un prolungato periodo di precariato nel percorso della ricerca.
Diritto allo studio, welfare studentesco, no tax area, TFA: li ho raggruppati tutti insieme. Il tema del diritto allo studio sarà sempre più centrale nella mia azione di Governo. Accanto ad azioni già individuate nel piano, volte ad aumentare servizi e colmare i gap in termini di sostegno per l'accesso, opererò per aumentare la disponibilità di posti letto e migliorare la vivibilità degli atenei e dei luoghi di alta formazione. Il punto su cui ragionare è quello di creare un sistema integrato di welfare per gli studenti. In questo contesto la stessa richiesta di ampliamento della no tax area può avere un senso se fortemente intrecciato a sistemi di valutazione della carriera, in analogia a quanto succede già nei paesi europei di cui avete fatto esempio oggi. Il punto è evitare la permanenza passiva nelle università e aiutare gli studenti a rispondere alle necessità di studio e di laurea che sono consone con gli altri paesi europei. Assicuro comunque che il welfare studentesco, diritto allo studio, promozione degli studenti capaci e meritevoli e gli altri interventi su housing e strutture universitarie dovranno essere al centro dell'agenda di Governo, tanto da doversi considerare elementi strutturali delle politiche universitarie, con un orizzonte temporale che andrà oltre quello del piano recovery.
Ringrazio poi per l'attenzione che avete posto sull'integrazione degli studenti con disabilità nel campo della ricerca. A riprova di ciò, voglio precisare che in questa fase di pandemia tutte le misure organizzative intraprese dall'università hanno tenuto conto dell'esigenza degli studenti con disabilità. Inoltre, nel «decreto programmazione 21-23», in fase di definizione, abbiamo prestato particolare attenzione agli interventi volti all'inclusione degli studenti con disabilità e, in generale, al contrasto delle diseguaglianze. Nel tema del welfare faccio rientrare anche la replica del TFA. Come sapete, la formazione dei docenti attraverso il TFA sostegno risponde a due parametri: il fabbisogno che viene indicato dal Ministero dell'istruzione e l'offerta formativa Pag. 34 indicata dal sistema universitario. Il sistema universitario è pronto a soddisfare da subito un'offerta formativa più ampia che possa soddisfare sia gli idonei del quinto ciclo, che gli ammessi del sesto ciclo. Affinché ciò si renda possibile, è necessario tuttavia che il Ministero dell'istruzione esprima questa accresciuta esigenza di fabbisogno, facendosi autorizzare dal Mef. È in corso il quinto ciclo. Per il sesto ciclo, a fronte delle disponibilità degli atenei di coprire fino a 16 mila posizioni, è stato chiesto al Ministero dell'istruzione di valutare i fabbisogni ed un eventuale ampliamento rispetto alle sei mila posizioni già coperte dal Mef.
Passiamo ai temi dell'innovazione. In relazione a questo, ferma restando la volontà di ridurre la sovrapposizione e duplicazione nel Piano, di cui vi ho parlato prima, la mia idea è quella che la localizzazione debba rispondere a parametri precisi di competitività che evidenzino i profili di eccellenza tipici del nostro Paese e che, nel contempo, vadano nel solco delle transizioni ecologiche digitali che ci sono state indicate dall'Unione europea e sono il filo rosso del Piano. La localizzazione di questi interventi dovrà essere vista, in ogni caso, in un'ottica di filiera nazionale in grado di aggregare anche soggetti e strutture esistenti e assicurare, come ho già detto, la sostenibilità a lungo termine. La localizzazione dei centri di coordinamento – che a questo punto non sarà l'elemento principale da analizzare in questa fase – dovrà essere valutata anche in un'ottica di sistema, in parallelo e in coordinamento con altri interventi contenuti in altre parti del piano.
ITS, lauree professionalizzanti, o per lo meno che abilitano a una professione, e lauree abilitanti. Su questo punto sto lavorando d'intesa con il Ministro Bianchi, perché si crei una sinergia e collaborazione con l'università. Se da un lato, infatti, va assicurata la classibilità dello strumento ITS, dall'altro occorre garantire una certificazione delle competenze e loro costante adeguamento a nuovi saperi e tecnologie. Non è pensabile immaginare alcuna formazione avanzata senza un legame, senza un'adeguata corrispondenza con la ricerca, per quanto riguarda la laurea. C'è un'esigenza per non limitare questa esperienza al territorio, ma consentire che venga calata a livello nazionale. Anche per questo è opportuna una riflessione sulla denominazione e sul rapporto che le lauree professionalizzanti hanno con gli ITS, perché se da un lato va evitata contrapposizione e sovrapposizione, dall'altro va prevista un'apertura con la prosecuzione della professionalizzazione e acquisizione di competenze ancora più robuste. Diversa è la funzione delle lauree abilitanti che, invece, sono atte a certificare l'abilitazione facendo coincidere l'esame di Stato con l'esame di laurea.
Medicina, policlinici e medici: vi ringrazio di avere sollevato il problema. Anche come medico, è un tema per me molto importante e interessante. Il tema dei policlinici e del loro ruolo nell'ambito del Sistema sanitario nazionale non è di mia competenza, come ben sapete, ma va chiarito che un sistema sanitario moderno non può fare a meno di una combinazione che conosciamo bene, che è quello di includere tutte le attività di formazione, ricerca e assistenza nella formazione medica. A questo riguardo, rispetto al tema della carenza di medici, il punto in questo momento più grave riguarda lo squilibrio tra il numero di laureati in medicina e il numero di specialisti. Nel bando scorso, che già aveva innalzato il numero di borse e di scuole di specializzazione da 10.000 a 14.200, le domande sono state 24 mila; quindi abbiamo comunque una platea che richiede di accedere alle scuole di specializzazione più ampia rispetto a quanto siamo riusciti a mettere a disposizione. È mia volontà conformare e tentare di aumentare il numero di borse in modo da ridurre il più possibile, in esito al prossimo bando, l'imbuto formativo che si è accumulato negli anni precedenti e iniziare a lavorare su questo. In proposito, vi dico anche che sarà molto importante riuscire a fare coincidere il fabbisogno di alcune specialità con la vocazione dei nostri medici, che molto spesso si concentra solo su alcune specialità e così Pag. 35non riusciamo a compensare quelle specialità di cui invece abbiamo bisogno.
Pre-ruolo: faccio mie le preoccupazioni sull'esigenza di ridurre precarietà e tempi, e vedo con interesse e favore il decreto-legge di cui abbiamo parlato e su cui si sta lavorando.
Ricerca pubblica e ricerca privata: su questo tema vi vorrei rassicurare. La ricerca pubblica che è stata riportata nel Piano, per quanto di competenza del nostro Ministero, quindi al netto del Mise, trova una percentuale decisamente superiore al 60 per cento di risorse immesse nel sistema pubblico. Infatti, la maggior parte degli interventi che vedete nella tabella del Piano, nella parte 1 e nel capitolo 2, vede coinvolti principalmente università ed enti e ricerca. Inoltre, anche quelle attività che sembrano coinvolgere esclusivamente le imprese, di fatto richiedono e presuppongono un forte ruolo della ricerca pubblica alla quale sono destinate le risorse, attraverso vari strumenti: dal potenziamento dei dottorati ai progetti di innovazione e di crescita.
Credo che riassumendo per temi, questo segni un forte impulso a continuare a lavorare insieme; i vostri suggerimenti sono stati molto importanti: non parleremo più di resilienza giustamente, parleremo di recovery, parleremo di una nuova era in cui dobbiamo cercare di dare ai nostri giovani una speranza in più.
Vi ringrazio ancora per il momento di oggi, per me molto istruttivo e importante.
PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra per il suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.45.