Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconti stenografici delle audizioni

Vai all'elenco delle sedute >>

XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Mercoledì 26 maggio 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza:
Invernizzi Cristian , Presidente ... 3 
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 4 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Ricciardi Sabrina  ... 8 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 8 
Osnato Marco (FDI)  ... 8 
De Menech Roger (PD)  ... 9 
Cattaneo Alessandro (FI)  ... 11 
Turri Roberto (LEGA)  ... 11 
Errani Vasco  ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 12 
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie ... 12 
Invernizzi Cristian , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CRISTIAN INVERNIZZI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, l'audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, onorevole Mariastella Gelmini, sullo stato di attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale, anche con riferimento ai relativi contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
  L'audizione odierna, secondo quanto concordato nella riunione del 21 aprile 2021 dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, si inserisce nell'ambito di un ciclo di audizioni che la Commissione intende svolgere sull'argomento, allo scopo di acquisire, nel quadro delle competenze ad essa assegnate dalla legge n. 42 del 2009, ulteriori elementi conoscitivi e di valutazione in ordine ai temi dell'autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali e della piena attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
  Sulla base di quanto convenuto, si procederà, nelle prossime settimane, all'audizione di altri rappresentanti del Governo. In particolare, la Commissione ha in programma di audire la Viceministra dell'economia e delle finanze, Laura Castelli, nella giornata del 9 giugno, la Ministra per il Sud e la coesione territoriale, Maria Rosaria Carfagna, nella giornata del 16 giugno, il Ministro della salute, Roberto Speranza, nella giornata del 23 giugno, e, a seguire, in date da definire, la Ministra dell'interno, Luciana Lamorgese, e il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini.
  Dopo le predette audizioni, potranno tenersi quelle di enti e associazioni con funzioni di raccordo e rappresentanza in seno al sistema delle autonomie territoriali (nello specifico, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l'UPI e l'ANCI), nonché di altri soggetti istituzionali, tecnici ed esperti.
  Ricordo che i componenti della Commissione, in virtù di quanto stabilito dalla Giunta per il Regolamento della Camera nella riunione del 4 novembre 2020, possono partecipare alla seduta odierna anche da remoto.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, avverto che è intenzione della Presidenza organizzare il dibattito nel seguente modo: dopo la relazione della Ministra Gelmini, sarà data la parola a un componente della Commissione per ciascun gruppo. Seguirà la replica della Ministra e poi, se il tempo a disposizione lo consentirà, potranno avere luogo eventuali ulteriori interventi. Invito i rappresentanti dei gruppi a comunicare alla Presidenza le iscrizioni a parlare. Raccomando in ogni Pag. 4caso ai colleghi di contenere la durata degli interventi.
  A questo punto cedo la parola alla Ministra Gelmini, che ringrazio a nome di tutti i componenti della Commissione per avere accettato l'invito. Prego.

  MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Buongiorno a tutti. Sono io che ringrazio il presidente Invernizzi e questa Commissione, per la possibilità e l'opportunità di tornare a riflettere su un tema centrale per la vita delle istituzioni e per il loro ordinato funzionamento, in un momento in cui cominciamo a vedere la luce dopo una stagione di pandemia particolarmente gravosa anche per gli enti locali.
  Cerco di interpretare questo invito e questa audizione come una ripresa di quel percorso che la pandemia ha interrotto, ma che rappresenta un punto centrale per il buon andamento della pubblica amministrazione e anche degli enti locali che, come voi sapete, hanno affrontato questa vicenda pandemica in maniera esemplare, nonostante le moltissime criticità.
  Devo dire che lo Stato non ha lasciato soli gli enti locali, e anche nell'ultimo provvedimento che abbiamo assunto – il decreto «Sostegni bis» – abbiamo provato a fare fronte a quella sentenza della Corte costituzionale sull'anticipazione della liquidità, che è stato un problema per i tanti Comuni vicini al dissesto. Anche in quel caso devo dire che lo Stato ha messo a disposizione 500 milioni per tamponare l'emergenza e dare supporto ai Comuni in sofferenza finanziaria.
  Nel preparare questo intervento, ho provato a fare un conto delle risorse assegnate con il decreto «Rilancio», il decreto «Agosto», il decreto «Ristori», il decreto «Sostegni I e II»: insieme alla legge di bilancio del 2021, sono stati previsti interventi a sostegno degli enti territoriali – nel contesto dell'emergenza – per 12,7 miliardi di euro nel 2020 e 2,5 miliardi nel 2021, e di queste risorse nel 2020 5,6 miliardi sono andati alle Regioni e alle Province autonome, 950 milioni alle Province e alle Città metropolitane e 6 miliardi ai Comuni.
  Nel 2021, 2,8 miliardi sono andati alle Regioni, 150 milioni alle Province e alle Città metropolitane, un miliardo e 800 milioni ai Comuni. A queste risorse vanno aggiunti i quasi 2 miliardi che vengono complessivamente mobilitati dal decreto «Sostegni bis», approvato la scorsa settimana.
  Tutto questo rappresenta solo una parte dello sforzo immenso che il Paese ha compiuto nella sfida alla pandemia. A queste risorse vanno, infatti, poi aggiunte quelle destinate direttamente dalla Protezione civile nazionale e dalla struttura commissariale, come i molteplici interventi per sostenere le famiglie, le imprese e i lavoratori.
  Se tutto questo ha contribuito ad attutire le conseguenze socioeconomiche della crisi e a preservare la pace sociale, non possiamo ignorare che ciò è stato reso possibile dall'allentamento dei parametri europei di controllo della finanza pubblica e dal consistente aumento del nostro debito. Voglio dire preliminarmente che – per quanto mi riguarda – nonostante questi interventi e nonostante la pandemia, i temi del federalismo fiscale e del regionalismo differenziato restano centrali nell'agenda politica.
  Il fatto che per oltre un anno l'attività di due differenti Governi, del Parlamento, delle Regioni e anche degli enti locali sia stata condizionata dal contrasto all'emergenza sanitaria, economica e sociale, non deve portare a un ripensamento su quei princìpi che consideravamo acquisiti e che, per quanto mi riguarda, tali restano.
  Se è vero che abbiamo assistito, per effetto della crisi pandemica, a un ritrovato e pervasivo intervento dello Stato nella gestione dell'emergenza anche a valle di quella sentenza della Corte costituzionale che ha richiamato la necessità – nella lotta alla pandemia – di una cornice regolatoria nazionale, ciò non può significare un ritorno a un nuovo centralismo. Ora che siamo nelle condizioni di poterlo fare, occorre riprendere le fila di un ragionamento interrotto, che questa Commissione ben conosce. Pag. 5
  Resto dell'avviso che i princìpi fondamentali del federalismo fiscale, così come stabiliti dalla riforma costituzionale vigente da ormai 20 anni – così come è stato stabilito anche dalla legge del 2009 – restano in larga parte attuali e validi, anche se dobbiamo constatare che l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione è rimasto sostanzialmente sulla carta.
  Ritengo che la riflessione che dobbiamo fare questa mattina non sia quella di annunciare una nuova riforma o un ritorno al centralismo, ma di concentrarci sull'attuazione di questa riforma, perché credo che le difficoltà che abbiamo incontrato e che rendono anche praticamente impossibile una valutazione degli effetti del federalismo fiscale sono legati al fatto che l'attuazione di questa riforma complessivamente non è mai avvenuta. Voi me lo insegnate per una serie di ragioni. La prima è la crisi finanziaria che ha portato a un restringimento dei vincoli di bilancio, al Patto di stabilità, al fatto che anche gli enti locali sono stati chiamati a concorrere a un percorso di spending review e a una razionalizzazione delle spese e dei bilanci. Questo sicuramente è stato un elemento che ha pesato.
  I provvedimenti attuativi sono stati molti. Sono andata a vederli ed effettivamente è stato fatto un lavoro, perché dal decreto legislativo sul federalismo demaniale, passando al decreto in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale, alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province, al federalismo fiscale municipale, per non trascurare il decreto legislativo n. 68 che riguarda le Regioni a statuto ordinario, le Province nonché la determinazione del fabbisogno standard in ambito sanitario, per arrivare alle disposizione in materia di risorse aggiuntive di interventi per la rimozione degli squilibri economici e sociali, l'armonizzazione dei sistemi contabili nell'ambito delle Regioni, i meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni, fino ad arrivare al decreto legislativo e alle disposizioni che riguardano Roma Capitale, è chiaro che sono una mole di provvedimenti importanti, però restano dei vuoti.
  Credo che il primo lavoro che un Governo come questo debba fare sia quello di provare a mettere ordine dentro questi provvedimenti attuativi, in una logica di valutazione di ciò che ha funzionato e di ciò che, invece, va corretto. Rispetto a questo devo dire che la legislazione delegata non ha risolto alcune delle questioni poste dalla delega, mentre in altri casi è intervenuta una difficoltà di coordinamento dei diversi testi; infine ci sono degli interventi attuativi di rango secondario che non sono stati emanati.
  Ritengo che oggi perderci in una dissertazione politica sull'impatto di questa riforma sia praticamente impossibile, perché questa riforma è stata approvata tanti anni fa, ma la sua attuazione non è avvenuta nelle modalità più corrette.
  Penso che, dopo aver impiegato molti anni, noi oggi dovremmo provare a correre per attuare questa riforma, anche in vista del fatto che la legge sul federalismo fiscale aveva comunque avviato un processo virtuoso con l'obiettivo da un lato di assicurare un'autonomia finanziaria di entrata e di spesa dei Comuni, delle Province, delle Regioni e delle Città metropolitane, ma al tempo stesso era ed è una legge che si pone anche il tema di attuare princìpi indefettibili di solidarietà e di coesione sociale. Si era trovato un punto di equilibrio tra l'efficienza, la perequazione, la solidarietà, ma questa mancata attuazione – e ora anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza – ci richiamano a uno sforzo in questa direzione.
  Devo dire che i tempi indicati dal PNRR sono tempi secondo me un po' lunghi, perché si fa riferimento al 2026. Forse noi non dobbiamo rinviare l'attuazione del federalismo fiscale, ma dobbiamo provare a correre, perché l'orizzonte temporale individuato dal PNRR è riferito all'attuazione di tutte le progettualità legate a questo Piano, ma credo che nel caso del federalismo fiscale si possa fare uno sforzo per accelerare quei tempi e non dilatarli.
  La questione dell'attuazione del federalismo fiscale si collega anche al tema dell'autonomia Pag. 6 differenziata. Su questo voi sapete che ci sono stati due approcci diversi: da un lato l'approccio del Ministro Stefani che intendeva procedere immediatamente a intese con le Regioni; dall'altro l'approccio del Ministro Boccia, basato sull'approvazione preliminare di una legge quadro nazionale sul tema del federalismo.
  Siccome non penso che a ogni cambio di Governo si debba cambiare impostazione o si debba ricominciare da capo, e avendo anche letto i lavori della Conferenza unificata, ho la sensazione che la strada indicata dal Ministro Boccia di una legge quadro nazionale possa per un verso impiegare un po' più di tempo, ma dall'altro ha il pregio di procedere sul tema dell'autonomia senza divisioni. Essendo un testo condiviso anche all'interno della Conferenza – credo anche all'interno delle Commissioni competenti – ritengo che questo sia il primo lavoro che dobbiamo fare unitamente alla preoccupazione che riguarda il federalismo, ma che riguarda anche tante riforme, perché troppe volte ci dimentichiamo dei provvedimenti attuativi e ci affidiamo semplicemente all'approvazione di una legge, mentre, quando non ci sono gli strumenti attuativi, le leggi rimangono lettera morta. Credo che su questo noi dobbiamo fare uno sforzo pragmatico e lontano dalle ideologie per poi poter procedere a emendare il testo, ma finché non lo attuiamo, non possiamo valutarne gli impatti e gli effetti. Ritengo che riprendere in mano questa legge quadro, eventualmente aggiornarla e fare un ulteriore passaggio nelle Commissioni e in Conferenza sia un modo per procedere in maniera unitaria senza divisioni e contrapposizioni. Penso che questo sia anche nella natura di questo Governo.
  Proprio per andare in questa direzione, presso il Ministero ho istituito una Commissione di studio che avrà anche il compito di verificare la possibilità di riproporre il disegno di legge quadro sull'autonomia regionale, e ho indicato nella persona del professore Beniamino Caravita di Toritto il coordinatore di tale gruppo di studio. Parallelamente, ho intenzione di designare quale membro della Commissione tecnica per i fabbisogni standard – indicato dal Ministero degli affari regionali – la professoressa Floriana Cerniglia, una conoscenza anche di questa Commissione, essendo stata più volte audita.
  Anche sul tema dei costi e dei fabbisogni standard e dei livelli essenziali di prestazione, ho istituito presso il Dipartimento degli affari regionali un gruppo di lavoro in un'ottica di collaborazione e stimolo con gli organismi che sono già esistenti, e a coordinare questo gruppo di lavoro sarà la professoressa Livia Salvini.
  Recentemente, rispondendo a un question time in Parlamento ho avuto modo di toccare anche il tema di Roma Capitale. Su questo tema vi sono diverse proposte di legge depositate in Commissione affari costituzionali, ma credo che anche questo sia un aspetto che dobbiamo avere il coraggio di affrontare e di risolvere una volta per tutte, in una logica unitaria. Su questo specifico aspetto quindi il terzo gruppo di lavoro che ho costituito presso il Ministero è coordinato dal professore Francesco Saverio Marini, ed è dedicato alla definizione dell'ordinamento di Roma Capitale e, dunque, all'attuazione dell'articolo 114. L'obiettivo è quello di dotare la città di Roma di poteri, funzioni e risorse necessarie a esercitare il suo ruolo di capitale da protagonista. La Commissione partirà dal pregevole e corposo lavoro svolto in sede parlamentare, per affiancare e supportare le Camere in questo processo di riforma.
  È evidente che, se vogliamo dare gambe al progetto del regionalismo differenziato, la definizione dei fabbisogni standard rappresenta un passaggio cruciale, così come lo è la definizione dei meccanismi perequativi, che assicurino il conseguimento dei LEP (livelli essenziali di prestazione), affinché i diritti fondamentali di cittadinanza vengano garantiti a ogni cittadino, indipendentemente dal luogo di residenza.
  Trovo che anche su questo punto la SOSE, che si occupa delle soluzioni per il sistema economico, abbia fatto un buon lavoro. Tuttavia, dobbiamo tenere presente che a oggi lo strumento del fabbisogno è utilizzato prevalentemente per il Fondo di solidarietà comunale e non come un criterio generale di finanziamento delle spese Pag. 7negli enti territoriali. Siamo in una fase in cui sostanzialmente abbiamo discusso a lungo dei fabbisogni standard, però fatico a individuare le ragioni per le quali dal 2009 a oggi non ci sia stata la possibilità di praticare un utilizzo estensivo dei fabbisogni standard e si sia destinato questo meccanismo esclusivamente, o quasi, al Fondo di solidarietà comunale.
  Questo elemento, che si unisce anche alla mancata definizione con legge dei livelli essenziali delle prestazioni nei settori diversi dalla sanità, ha impedito di fare funzionare la chiave di volta dell'edificio federalista. Credo che questo sia un elemento dirimente per attuare questa riforma, per farla funzionare e potere poi verificarne gli effetti.
  È evidente che uno degli elementi divisivi nell'attuazione della riforma è stato anche il confine, il perimetro della perequazione. Ritengo che su questo non si siano immaginate risorse a sufficienza per costruire attorno al progetto federalista un'unità di intenti. Credo che per accelerare l'attuazione, dobbiamo dare più spazio alla perequazione, altrimenti il rischio è che ci impantaniamo in divisioni che a oggi ci hanno fatto perdere molto tempo e hanno impedito non solo l'attuazione della riforma, ma anche quella condivisione culturale e politica, senza la quale le riforme rimangono scritte sulla carta, ma non praticate.
  Tuttavia, resto convinta che la strada del federalismo fiscale debba essere perseguita con determinazione e che forse potrebbe anche beneficiare del nuovo contesto di un Governo di unità nazionale. Occorre naturalmente il concorso delle Regioni sia per la definizione dei fabbisogni standard, dove anche ogni singola Regione deve fare la sua parte, sia per l'attuazione del regionalismo differenziato, che passa comunque attraverso un voto a maggioranza rinforzata del Parlamento. È chiaro che ci sono in astratto delle buone condizioni, perché siamo dentro a una maggioranza amplissima e questo Governo di unità nazionale dovrebbe aiutare il dibattito, però sarà mio compito e mio dovere verificare – con tutte le forze che compongono questa maggioranza e con i rappresentanti dell'opposizione – che si favoriscano le condizioni migliori per una approvazione di questa riforma.
  È chiaro che la pandemia ha allontanato alcune questioni, come il tema della responsabilizzazione verso i cittadini dei Governi locali e nazionali, dell'efficientamento della spesa pubblica e dell'affermazione delle migliori pratiche. In questo anno noi ci siamo trovati a determinare, per fare fronte – almeno in parte – ai danni della pandemia, un indebitamento molto forte del Paese che graverà sulle generazioni future, e che non ci deve far allontanare non solo da un principio di equilibrio di bilancio, ma anche da una gestione oculata ed efficiente della cosa pubblica.
  Credo che la trasparenza – un concetto che noi dobbiamo declinare in maniera puntuale – passi anche da un'attuazione di questa riforma. Il mio augurio è che questo dibattito, che dovrà essere fatto in maggioranza con i gruppi parlamentari nelle Commissioni, possa essere portato anche all'interno della Conferenza.
  Come ho detto prima, la Conferenza si è precedentemente espressa a favore della legge quadro e c'è un dibattito che è stato fatto in maniera approfondita, però credo che sia necessario un ritorno all'interno della stessa per favorire quel confronto costruttivo fra lo Stato e le autonomie, che necessariamente dovrà accompagnare il processo di attuazione del PNRR e fluidificare il processo riformatore. Questa è anche la tesi di illustri costituzionalisti, come il presidente Sabino Cassese, ed è comunque ciò che ci suggerisce l'evoluzione della pandemia. Supereremo l'emergenza sanitaria, ma per superare anche quella economica e sociale saranno necessari coesione, coraggio e una leale collaborazione e condivisione di tutte le istituzioni, a cominciare dal Parlamento e dalle sue Commissioni.
  È con questo spirito che sono a disposizione del Presidente Invernizzi e di tutti i commissari per proseguire questo percorso. Ho molta fiducia nel lavoro che la Commissione tecnica sui fabbisogni standard può condurre, laddove ci sia un impulso politico e l'appoggio della maggioranza in questa direzione, perché non siamo Pag. 8lontani dal traguardo – anche il tema dell'addizionale Irpef è un punto che deve essere corretto – ma dobbiamo entrare all'interno di questi testi che sembrano secondari ma non lo sono, perché da loro dipende l'efficacia della riforma. Dobbiamo provare a correggerli e a completarli, e fare in modo che questa riforma possa vedere finalmente la luce. Credo che sarebbe un fatto estremamente importante.
  Nelle poche occasioni di confronto che ho avuto con l'ANCI, con l'UPI e con le Regioni, ho trovato il desiderio di partecipare a questo percorso e la disponibilità a collaborare, e credo che questo sia un fatto importante. Resto ovviamente a disposizione per le domande e le osservazioni.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministra, per il suo intervento puntuale e improntato a un sano pragmatismo. Si è iscritta a parlare la senatrice Ricciardi, a cui cedo la parola.

  SABRINA RICCIARDI. Benvenuta, Ministra. Relativamente al federalismo fiscale, nel PNRR è scritto testualmente: «Il percorso di attuazione del federalismo fiscale è graduale sia nell'ammontare delle risorse perequate che nel processo di definizione dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio. Per quanto riguarda i Comuni, il processo è già in corso dal 2015 ai fini della distribuzione del Fondo di solidarietà comunale tramite la differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscale in un'ottica di superamento della spesa storica che cristallizza inefficienza. Analogamente al processo per i Comuni, la distribuzione delle risorse per le Province e Città metropolitane avverrà sulla base dei criteri dei fabbisogni standard e della capacità fiscale. Il federalismo fiscale – continua poi il PNRR – per le Regioni è in corso di approfondimenti da parte del tavolo tecnico che è stato istituito presso il MEF (Ministero dell'economia e delle finanze). Il processo sarà definito entro il primo quadrimestre del 2026».
  Ho una considerazione. La riforma del Titolo V della Costituzione ha previsto l'istituzione di un fondo di solidarietà comunale senza vincoli di destinazioni per territori con minore capacità fiscale per abitante. Tuttavia, quando nel 2015 il Governo ridusse il target perequativo dal 100 per cento al 45,8 per cento, di fatto si dimezzò la solidarietà nazionale, arrecando un danno economico a moltissimi enti locali del Paese da nord a sud.
  Le chiedo, Ministra, nel caso in cui il Fondo di solidarietà comunale perequasse al 100 per cento quali sarebbero gli impegni economici annuali che il governo dovrebbe sostenere? Ritiene che la spesa sia una spesa sostenibile? È possibile avere anche una scheda in cui è possibile evincere quanto le sto richiedendo? Non ritiene che sia necessario prevedere un finanziamento integrale e non dimezzato del Fondo di solidarietà comunale? Ad esempio, accantonando l'attuale meccanismo che prevede un incremento graduale del target perequativo. Questo consentirebbe, a mio modesto parere, di fornire una boccata di ossigeno a tutti i territori del Paese che stanno facendo i conti con questo periodo di crisi economica per via della pandemia.
  Infine, relativamente alla metodologia di calcolo che è stata proposta per valorizzare i fabbisogni standard, le chiedo se sia possibile avere – anche via e-mail – delle proiezioni da cui evincere il riparto dei fondi nelle macroaree Nord, Centro e Sud applicando i nuovi criteri, e congiuntamente avere un quadro dello stesso riparto applicando – viceversa – i precedenti criteri metodologici. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Ricordo a tutti la necessità di contenere gli interventi visto che vi informo che per le 09.40 dobbiamo interrompere la seduta, dal momento che è stata convocata l'Aula.

  MARCO OSNATO. Grazie, presidente. Ascolterò il suo suggerimento anche se, come unica forza di opposizione, dovrò dire qualcosa.
  Seguo il filo logico che la Ministra Gelmini – che ringrazio e saluto – ha tenuto nella sua relazione. Partendo da tutti i decreti che hanno visto i vari Governi impegnati nel tentativo di arginare la pandemia almeno dal punto di vista economico e Pag. 9sociale, ritengo che le cifre che sembrano elevate – se si considera che gli enti territoriali debbano e possano avere un ruolo – in verità sono sinceramente non soddisfacenti. Infatti, abbiamo visto che gli enti locali non hanno avuto ruoli in questa vicenda e non li hanno neanche voluti esercitare, non per colpa solo dei Governi centrali, ma principalmente anche per una certa inerzia.
  La Ministra Gelmini fino a poche settimane fa è stata consigliera comunale, e sa che purtroppo non ha potuto svolgere in presenza il suo ruolo, perché in una città importante come Milano si è deciso che il consiglio comunale non poteva riunirsi in un momento critico. Sugli enti locali vi è poca attenzione in questi decreti, come in tutta l'azione che c'è stata rispetto all'emergenza pandemica.
  Sugli enti territoriali e le Regioni, invece, credo ci sia stato finalmente – sono ovviamente ironico – un regionalismo differenziato, poiché ognuno è andato come voleva con uno scarso coordinamento del Governo e del commissario Arcuri. Qualcosa è migliorato con il commissario Figliuolo – il tema vaccinale lo conferma – e lo dico perché alla fine è stato tollerato che spesso alcune Regioni fossero il palcoscenico per le dichiarazioni anche abbastanza estemporanee dei propri presidenti o governatori, come ognuno li vuole definire. Questo ha dimostrato come vi sia una rinuncia da parte dei Governi – ma direi dello Stato in generale – a un dialogo che non sia in contrapposizione con le Regioni sul tema del regionalismo.
  Presidente, in tutte le audizioni che lei ha voluto organizzare in questi anni, noi abbiamo visto sempre un atteggiamento contrapposto tra i rappresentanti delle Regioni e i rappresentanti tecnici – e spesso anche politici – dei Ministeri. Non vi è l'idea di andare verso un obiettivo comune che è quello che può essere il decentramento, l'autonomia, il federalismo – ognuno lo declina come ritiene –, se non in contrapposizione.
  Prendo atto di quanto dice il Ministro Gelmini che vi è stata un'idea comune nella Conferenza unificata Stato-Regioni, ma mi sembra di capire che lei stessa abbia evidenziato un diverso approccio tra il Ministro Stefani e il Ministro Boccia e che lei, Ministra, sia più in continuità ideale con il Ministro Boccia. Non so cosa farà il resto della maggioranza composita che sostiene il Governo che lei ha definito di unità nazionale, perché ad esempio ricordo che Forza Italia aveva presentato la proposta di referendum in Veneto, e non so come ciò si possa conciliare con l'idea del Partito Democratico e con l'idea della Lega. Mi sembra ci sia una grande – mi si perdonerà se uso questo termine – «confusione» rispetto a questo tema.
  Concludo ricordando – dalle mie frequentazioni passate in Regione Lombardia – che il professore Beniamino Caravita di Toritto fu uno degli animatori di una bellissima Commissione istituita presso la Regione Lombardia che approfondì le tematiche del federalismo. Quindi, credo che si possa recuperare gran parte di quel lavoro, che potrebbe tornare attuale.
  Da parte mia, come forza politica sono assolutamente disponibile a discutere, ma di cose concrete. Non ne faccio una colpa a lei, Ministra, però in questi tre anni abbiamo ascoltato i suoi predecessori, ma abbiamo visto pochi documenti concreti sui quali lavorare. Chiudo velocemente chiedendo se può darci qualche elemento di chiarezza in più rispetto al ruolo dei Comuni, delle Regioni e delle Città metropolitane sul tema del Recovery Plan, perché anche a me risulta ancora abbastanza oscuro.

  ROGER DE MENECH. Grazie alla Ministra per essere venuta a discutere di un tema centrale. In premessa, ha sottolineato le tantissime risorse che questi ultimi due Governi hanno erogato agli enti locali. Credo che questa sia la testimonianza più concreta e pragmatica dell'importanza del sistema delle autonomie locali.
  Apprezzo anche le parole rispetto alla prospettiva futura dell'autonomia: ritengo che una legge quadro che ci aiuti a mantenere il principio costituzionale dell'unità nazionale e che finalmente metta al centro una nuova articolazione dentro la Costituzione – anche con riferimento all'articolo Pag. 10116 – sia un passo di concretezza che può mettere insieme quelle forze politiche che vogliono affrontare questi temi con quel pragmatismo delle cose da fare, in contrapposizione a quelle solo da sbandierare. In questo senso, noi non dovremmo più discutere di cosa sia l'autonomia, ma di come vogliamo articolare gli enti territoriali dentro il concetto di autonomia.
  Vengo nello specifico del momento storico che stiamo vivendo, quello della pandemia, e che ci ha fatto capire alcune cose che anche oggi sono state evidenziate. Innanzitutto, la pandemia ci ha fatto capire che l'autonomia in campo sanitario non è un oggetto di discussione ma piuttosto da migliorare, perché nella situazione in cui ci troviamo – che speriamo non si ripeta più nel futuro del nostro Paese – il coordinamento rispetto a eventi di questo tipo è un elemento fondamentale di uno Stato moderno che vuole essere efficace sui territori.
  Un'altra cosa importante è che i sistemi regionali non possono e non devono sostituire i centralismi. Cosa abbiamo visto di rilevante durante la pandemia? L'efficacia dei sistemi territoriali. La bandierina dell'autonomia non può essere un elemento nelle disponibilità di questo o di quell'altro ente, bensì deve essere un principio per cui l'autonomia arriva ai territori. I sistemi sanitari sono andati in crisi dove non hanno sviluppato politiche territoriali – la sanità del territorio – e questo deve essere un insegnamento.
  Qual è il futuro dell'autonomia? Cosa ci deve essere di importate dentro la legge quadro? L'autonomia dei territori. Lo Stato deve riconoscere le differenze. Le differenze non sono solo quelle fra Nord e Sud – di cui parliamo da una vita – ma ci sono differenze importanti anche fra il centro e la periferia, fra le zone di pianura e le zone di montagna. Il Paese è diverso. L'autonomia è quello strumento che ci aiuta a riconoscere sempre di più le differenze dei territori. Anche dentro le famose tre Regioni che hanno chiesto questo principio di autonomia noi dobbiamo mettere in campo delle situazioni in cui le Regioni stesse al loro interno riconoscono le differenze territoriali, altrimenti corriamo il rischio di ritornare a un centralismo regionale e non più nazionale. Questo a cosa porta? Al fatto che il sistema sanitario è centralizzato, che la sanità del territorio non c'è e che noi abbiamo problemi con la pandemia. Ho fatto un esempio molto concreto, ma credo che sia molto attuale.
  Cogliendo bene le parole del nostro Presidente Draghi e del Presidente Mattarella e quello che hanno sottolineato, questa sfida sta dentro una grande altra sfida. Dopo vedremo nel dettaglio come sviluppare questa autonomia, soprattutto da un punto di vista dei rapporti finanziari. Questa Commissione è importante per questo, perché ci sono le regole di ingaggio, ma ci sono soprattutto i rapporti finanziari. Qual è uno dei grandi obiettivi? È questo riconoscimento delle differenze. A cosa serve riconoscere le differenze? Mettere in campo delle grandi sfide. Cito quella che credo sia la più importante, ovvero la grande sfida demografica di questo Paese. Siamo deboli da un punto di vista demografico, dove i territori non sono considerati o sono deboli anche dentro a quelle Regioni che hanno un principio virtuoso rispetto all'autonomia.
  In questo senso cogliamo con favore il proseguire di un percorso. La continuità amministrativa e politica è importante per i progetti che hanno una visione di lungo periodo, e quindi siamo disponibilissimi a lavorare su quella bozza di legge quadro che il Ministro Boccia aveva presentato con questi princìpi, cercando finalmente di mettere nero su bianco i livelli essenziali delle prestazioni in tutto il territorio nazionale, seguendo il ragionamento che ho fatto delle differenze territoriali e sfidando i territori rispetto al mantenimento dei servizi in ogni parte del Paese. L'autonomia può essere quel principio che ci aiuta in maniera importante, se è legata a questi concetti di sussidiarietà orizzontale e verticale.
  Chiudo con una proposta. Il Fondo oggi è troppo alimentato in maniera orizzontale. Con la pandemia lo abbiamo alimentato con fondi straordinari del Governo e della fiscalità generale. Credo che su quel versante, proprio per venire incontro a quei territori deboli, dovremo continuare Pag. 11in quella direzione e provare a mettere in campo il potenziamento dei servizi nelle zone più deboli, nella periferia del nostro Paese, nelle cosiddette «zone interne» che possono garantire un'efficace sfida demografica a tutto il nostro Paese.
  Io sono un montanaro. La montagna è viva se è abitata, e l'Italia è viva se è abitata. Credo che la sfida demografica debba essere al centro delle nostre politiche. L'autonomia ci può dare una mano, se fatta con questa intelligenza. Grazie.

  ALESSANDRO CATTANEO. Grazie, Ministra. Cerco di rubare meno tempo per dare più spazio per le repliche. Devo dire che, rispetto a qualche intervento che mi ha preceduto, sono più fiducioso rispetto alle parole che ho sentito, perché non è stato negato un quadro complicato.
  Sono passati tanti anni: nel 2009 facevo il sindaco, avevo responsabilità in ANCI e si parlava di fabbisogni standard e di federalismo fiscale. Da lì il processo si è arenato, ma credo anche che il quadro di questo Governo così ampio possa essere il contesto migliore per fare dei passi in avanti.
  Bisogna prendere delle decisioni, ma spesso è stato più semplice prendere delle «non decisioni». Credo che la Ministra debba contare sul supporto di questa Commissione e anche dell'esperienza che tanti di noi portano come amministratori locali, per veramente far sì che sia la volta buona.
  A tal proposito, volevo chiedere due aspetti in più. In primo luogo chiedo se, all'interno della definizione dei fabbisogni standard e dei livelli essenziali delle prestazioni, la Ministra non ritiene che sia necessario ampliare i settori su cui si è finora concentrata l'attenzione del legislatore – e anche della Commissione tecnica – soprattutto a fronte delle richieste che sono arrivate dalle Regioni con i passaggi referendari, e che rappresentano un elemento di cui non si può non tenere conto.
  Infine, ha accennato al gruppo di lavoro su Roma Capitale. Si può avere qualche elemento in più? Ampliando il tema, le chiedo se non ritiene che sia arrivato anche il momento di occuparsi di una revisione della legge sulle Città metropolitane e sulle Province. Questo è un altro tema atteso da tempo. Dobbiamo dirci con franchezza che anche in quel caso le non decisioni prese stanno determinando un quadro di incertezza e di mancanza di servizi ai cittadini.

  ROBERTO TURRI. Grazie alla Ministra per la disponibilità. La Ministra ha fatto un po' una sintesi, parlando della riforma del Titolo V del 2001, e della legge sul federalismo fiscale del 2009, non attuata o poco attuata.
  Peraltro, mi ricordo che da sindaco ho beneficiato del federalismo demaniale per l'attribuzione al mio Comune in maniera gratuita di basi militari che erano inutilizzate, a cui lo Stato non riusciva a trovare una collocazione, mentre il mio Comune è riuscito a valorizzarle. Questo dà l'idea come il territorio riesca a essere molte volte più efficiente dello Stato.
  Eravamo molto curiosi di sentire la sua posizione, perché lei è il terzo Ministro in questa legislatura. Sono perplesso rispetto alla decisione di procedere con il percorso che aveva intrapreso il Ministro Boccia, perché a mio avviso – parlo in maniera personale – avevo avuto la sensazione, quando il Ministro Boccia aveva proposto questa legge quadro, che fosse un modo per prendere tempo, perché di fatto è una cosa in più. Secondo me il Ministro Stefani aveva fatto meglio, perché si era confrontato da subito con la Regione Veneto, la Lombardia e l'Emilia Romagna, e non solo con le Regioni che nell'ottobre del 2017 avevano fatto il referendum, sul quale i cittadini si erano espressi in maniera forte a favore dell'autonomia, trovando delle intese sulla base delle quali poi si era aperto un dibattito.
  Anche in Commissione avevamo sentito anche dei costituzionalisti che avanzavano molte perplessità. Ovviamente si complica tutto e non si arriva mai a nulla, Anche se – devo dire la verità – l'articolo 116 parla chiaro: dopo l'intesa Stato-Regioni, poi il Parlamento in maggioranza assoluta approva una legge del Parlamento che può dare autonomia alle Regioni su alcune materie.
  Vi sono tanti tavoli, tante Commissioni e tanto è stato approfondito, e anche questa Commissione ha approfondito il tema. Non Pag. 12dico che non si debba ulteriormente approfondire e che già si sia arrivati a chiarire le idee in maniera assoluta, ma seguiremo i lavori. Non è una critica nei suoi confronti, perché tante volte dipende da chi percorre le strade: alcune strade possono essere percorse senza arrivare mai in fondo, mentre altre possono avere dei percorsi più decisi.
  È vero che legge quadro è un contenitore, ma comporta un passaggio in più, perché serve per stabilire e chiarire aspetti che, secondo il mio punto di vista, sono già molto chiari. Tuttavia, serve un'intesa tra lo Stato e le Regioni che chieda maggiore autonomia. A mio avviso, la legge quadro rallenta il percorso. Staremo a vedere, e seguiremo i lavori che verranno fatti su questo tema.

  VASCO ERRANI. Grazie, Ministra per la sua comunicazione. Vorrei toccare un unico argomento. Nella riflessione che ci ha proposto la Ministra sono state evidenziate alcune questioni problematiche: la definizione dei LEP, la questione relativa alla perequazione e la questione dei costi standard. Penso che sia giusto evidenziare questi problemi e che sia arrivato il momento di affrontarli.
  Il giudizio su questo anno e mezzo di pandemia è un giudizio problematico. Penso che nessuno possa ignorare le difficoltà nelle relazioni tra Stato, Regioni e autonomie.
  La sentenza della Corte che lei ha richiamato in relazione alla legge della Regione Valle d'Aosta ha evidenziato una problematica di merito non di poco conto, la famosa lettera «q» dell'articolo 117 in relazione alle competenze sui fenomeni della pandemia.
  Sono convinto che non usciremo mai da questo ginepraio, se non decideremo di affrontarlo dalla radice e dalle fondamenta. In primo luogo, quali sono i princìpi fondamentali attraverso cui è possibile esercitare la concorrenza? Su questo punto non vi è chiarezza, come dimostra la stessa vicenda della pandemia e della sanità.
  In secondo luogo, i LEP diventano uno strumento fondamentale per definire il rapporto con la finanza pubblica e per definire la perequazione. Se noi non partiamo da qui, a mio parere ci fermeremo sempre.
  Credo che l'impianto della legge n. 42 del 2009 sia un impianto sostanzialmente valido, positivo e importante. Sono per l'autonomia, ma dentro un quadro di chiarezza che oggi invece manca. Se, dopo quello che è accaduto, non prendiamo l'occasione per fare un lavoro – come ci ha chiesto in molte sentenze la Corte costituzionale – sui princìpi fondamentali e sui LEP, non andremo da nessuna parte.
  Spero, partendo anche dalla legge quadro, che proveremo insieme a costruire questo percorso. Diversamente, io sono abbastanza pessimista.

  PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Gelmini, per la sua replica.

  MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie. Parto dall'intervento della senatrice Ricciardi, che si lega anche a quello del senatore Errani, sulla questione della perequazione del Fondo di solidarietà comunale. La domanda se sia possibile una perequazione al 100 per cento è già stata posta da me al dottor Salvatore Bilardo del MEF, e la risposta è che sia quasi impossibile arrivare al 100 per cento. Ho chiesto al presidente Arachi di farmi avere un quadro di come ampliare la perequazione rispetto a quella prevista oggi, in modo da trovare una solidarietà tra Nord e Sud ed evitare divisioni, perché credo che non sia un caso se sono passati diversi anni da quei referendum, così come dall'approvazione della legge n. 42 nel 2009, eppure siamo ancora qui a parlare di come formulare le intese.
  Il nodo della perequazione è dirimente ed è chiaro che va sottoposto a una sostenibilità finanziaria e di bilancio, perché è inutile che ci giriamo attorno: la perequazione ha un costo, è un fatto essenziale per fare in modo che il federalismo fiscale rafforzi l'unità dello Stato dentro il riconoscimento di quelle differenze territoriali che devono avere cittadinanza. Tuttavia, è chiaro che si tratta di trovare un equilibrio finanziario.
  Credo che il compito che il ministero per gli affari regionali deve avere con il Pag. 13Ministero dell'economia sia proprio quello di capire i margini per allargare il concetto di perequazione, rendendolo però anche sostenibile. Francamente credo che al 100 per cento non ci si possa arrivare, però si può aumentare la percentuale attuale, e questo è uno sforzo che dobbiamo fare.
  Per quanto riguarda la richiesta dell'onorevole Osnato circa il ruolo degli enti locali, voglio francamente rivendicare una differenza rispetto ai Governi precedenti, perché può darsi che in qualche titolo di giornale si colga una contrapposizione, ma posso assicurare che il clima all'interno della Conferenza Stato-Regioni e il rapporto con l'ANCI, con l'UPI, con il presidente Fedriga e con il presidente Bonaccini è un clima di assoluta e leale collaborazione e coinvolgimento. Non c'è stato un solo provvedimento del Consiglio dei ministri, anche non di stretta competenza della Conferenza, che non sia passato da un vaglio preventivo.
  Trovo che in questo ci sia un cambio di passo e una profonda differenza rispetto ai Governi precedenti perché oggi si prova ad ascoltare gli enti locali e non solo a sentirli come passaggio formale perché previsto dalle leggi, ma si prova a tenerne conto. Non sempre ci si riesce, però lo sforzo di calare nei provvedimenti il punto di vista delle Regioni a statuto ordinario o speciale, delle Province autonome, delle Città metropolitane e dei Comuni è uno sforzo che questo Governo sta facendo e credo che stia pagando, perché oggi noi saremmo velleitari se immaginassimo riforme costituzionali a un anno o a due anni dal termine della legislatura.
  Il senatore Errani diceva: «Ci sono state difficoltà di rapporti». È vero, le difficoltà non sono mancate dentro la battaglia che abbiamo dovuto combattere, ma abbiamo dovuto affrontare la pandemia a Costituzione vigente. Non c'era il tempo per fare le vaccinazioni, facendo la riforma costituzionale.
  Noi ci muoviamo dentro un solco che è evidentemente politico oltre che costituzionale, rispetto al quale un banco di prova è stato il piano vaccinale. Mi sembra che se oggi le vaccinazioni corrano al ritmo di 500 mila vaccinazioni al giorno è perché questa sintonia fra la Protezione civile, la struttura commissariale e gli enti locali è stata trovata. Ricordiamoci che senza le Regioni, le vaccinazioni non si fanno. La struttura commissariale distribuisce le forniture, e attraverso la Protezione civile e la Difesa va a rafforzare le Regioni in difficoltà, ma senza il sistema regionale le vaccinazioni non si fanno. Mi sembra che qualcosa sia cambiato nei fatti e nei numeri, perché siamo passati da 180 mila a 500 mila. Evidentemente questo dialogo tra le Regioni, le Province, i Comuni, lo Stato e i Ministeri della salute e degli affari regionali un poco sta funzionando.
  Certamente un altro banco di prova sarà il Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché la messa a terra di questi 230 miliardi passa dal fatto che gli enti locali non solo siano soggetti attuatori – ci mancherebbe altro – ma possano co-progettare. Questa è una richiesta che io ho posto in Consiglio dei ministri, e che ha avuto non solo la condivisione da parte del Presidente Draghi ma anche da parte dell'intero Consiglio dei Ministri, perché è evidente che dobbiamo non solo attuare questo Piano, ma lo dobbiamo anche realizzare e progettare attraverso un protagonismo delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Questo protagonismo è anche obbligato, visto che la Costituzione prevede delle competenze concorrenti ineludibili per quanto riguarda le Regioni, e quindi è difficile parlare di sanità, di telemedicina, di dissesto idrogeologico, di housing sociale – per fare solo alcuni esempi – senza un coinvolgimento e un protagonismo delle Regioni, delle Province e dei Comuni. È chiaro che questo protagonismo deve avere l'intelligenza e la lungimiranza di stare lontano da guerre di campanile, che allungherebbero i tempi di attuazione del PNRR. C'è un'assunzione di responsabilità da parte di tutti. Tuttavia, devo dire che il clima da parte delle Regioni e dei Comuni è un clima di grande senso di responsabilità, ed è un clima collaborativo.
  Come avverrà il passaggio all'attuazione del Piano? Avverrà solo partendo dalle semplificazioni. Non è un caso che la prima Pag. 14riforma che porteremo nel Consiglio dei ministri, probabilmente già questa settimana o nei prossimi giorni, è un tema che riguarda le semplificazioni. Anche in questo caso per quanto riguarda la governance del Piano, tema che evocavo, ci sarà un passaggio in Conferenza, e verranno acquisite le proposte e le criticità evidenziate da parte di chi – sul campo – ogni giorno si confronta con il sistema degli appalti, il sistema della selezione del personale e con le altre mille questioni che fanno parte della vita delle istituzioni locali.
  Per quanto riguarda le domande del collega De Menech circa la legge quadro, su questo voglio essere chiara: sarebbe abbastanza incomprensibile immaginare che io scelga la proposta del Ministro Boccia per una consonanza politica, vista la mia appartenenza ed estrazione. Non è una scelta di campo, bensì è una scelta di opportunità rispetto al fatto che se queste intese non sono state ancora siglate è perché, evidentemente, ci sono delle criticità. Sono addivenuta alla conclusione che l'unico modo per attuare l'autonomia non è far correre tre Regioni dimenticando il contesto, ma per rispettare quel risultato elettorale – ricordiamoci che i cittadini si sono espressi in maniera forte e chiara – noi dobbiamo muoverci dentro un sistema nazionale che non veda l'autonomia come uno strappo o una fuga in avanti, ma che la accompagni e ne acceleri il percorso.
  Credo che – come diceva il senatore Turri – vi sono molte questioni della legge quadro che sono chiare a molti, ma evidentemente non a tutti. Quindi, proviamo a fare uno sforzo di condivisione dentro questa legge quadro per poi correre a chiudere quelle intese che ad oggi non sono state chiuse, perché evidentemente le criticità hanno superato e non hanno consentito di rispettare un verdetto popolare. Questo è un fatto grave, perché quei cittadini si aspettano che a quel referendum seguano degli effetti.
  Il riconoscimento delle differenze territoriali, che è un fatto estremamente importante, diventa non più facile, ma almeno un poco più agevole, laddove vi è una cornice unitaria. Questo è valso anche per la pandemia. Se non vi è una cornice unitaria chiara delle regole uguali per tutti, il rischio sono le divisioni, le fazioni e le conflittualità e noi dobbiamo stare assolutamente lontani da questa situazione.
  Per quanto riguarda le osservazioni del collega Cattaneo, parto dalla questione delle Province e poi arrivo all'ampliamento dei settori sui fabbisogni standard. Questo è un tema molto reale. Devo dire che proprio all'interno della Conferenza in più di un'occasione è emersa la criticità legata all'aver reso le Province non solo ente di secondo livello, ma anche senza risorse, perché secondo me quella legge non ha funzionato. Andrà fatta anche una riflessione sulla legge Delrio non sulla base dell'ideologia, ma del pragmatismo.
  Ritengo che una riforma del TUEL (Testo unico degli enti locali) sia un percorso che si deve fare con il Ministero dell'Interno, che ha competenza puntuale in materia. In Parlamento ci sono delle proposte – come quella dell'onorevole Pella – che affrontano alcune questioni. Tuttavia, per quanto riguarda il tema di come regolamentare l'Unione dei Comuni e di come immaginare la funzione delle Province, non credo che si tratti di arrivare all'elezione diretta, ma penso che quantomeno immaginare che il presidente della Provincia non sia un organo monocratico sprovvisto di giunta e di poteri sia opportuno, così come il fatto che le Province abbiano delle risorse per fare fronte ad alcune competenze o che queste competenze siano trasferite con l'aggiunta delle risorse necessarie per esercitarle, perché quello che è avvenuto è un vuoto di potere e una carenza di risorse che ha determinato sacche di trascuratezza, come nel caso dell'edilizia scolastica – per alcune scuole di ordine e grado – e nel caso delle strade provinciali. Credo che rimettere mano al TUEL sia una questione che bisognerà affrontare con la Ministra Lamorgese.
  Per quanto riguarda Roma Capitale – ne ho parlato anche con il presidente Brescia della Commissione affari costituzionali – in Parlamento sono state presentate delle proposte. Si tratta di imprimere un'accelerazione rispetto a un lavoro già impostato Pag. 15che secondo me è molto buono, e la Commissione che ho istituito presso il Ministero vuole accompagnare i lavori parlamentari.
  Estendere la definizione dei fabbisogni standard è sicuramente un lavoro che dobbiamo fare, con particolare riguardo all'istruzione, al trasporto e all'assistenza. Il Presidente Arachi mi diceva che forse la parte più difficile sulla definizione dei fabbisogni riguarda proprio l'assistenza. Su questo credo che quella Commissione debba fare un grande lavoro anche di approfondimento, perché attraverso l'allargamento dello spettro della definizione dei fabbisogni standard arriviamo all'attuazione del federalismo.
  Spero di avere risposto a tutte le domande. Se ho dimenticato qualcosa, mi scuso.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministra, è stata più che esauriente. La ringrazio nuovamente per il suo intervento. Ringrazio anche i commissari e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.