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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 45 di Giovedì 30 settembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 

Audizione del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2  ... 8 
Pettarin Guido Germano (CI)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 8 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 9 
Di Maio Luigi (M5S) , ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 9 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Ungaro Massimo (IV)  ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Di Maio Luigi (M5S) , ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 10 
Di Maio Luigi (M5S) , ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 11 
Di Maio Luigi (M5S) , ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 12 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12  ... 12  ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 16.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso nonché via streaming sulla web tv della Camera come convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio che saluto e ringrazio per la rinnovata disponibilità immediatamente manifestata a tornare presso questa Commissione. Com'è noto l'inchiesta parlamentare sulla morte di Giulio Regeni avrà termine il prossimo 3 ottobre mentre nei successivi due mesi la Commissione potrà procedere alla stesura della relazione finale. Questa è dunque l'ultima audizione che la Commissione svolgerà.
  Avviso che una delegazione da me guidata e composta dai deputati Quartapelle, Turri e Ungaro, ha svolto nei primi tre giorni di questa settimana una missione del Regno Unito per incontrare presso l'Università di Cambridge le autorità accademiche e i docenti di Giulio Regeni tra cui la professoressa Maha Abdelrahman, supervisor della sua ricerca di dottorato. Ulteriori incontri hanno avuto luogo presso la Camera dei Comuni e il Foreign Office.
  Le dichiarazioni rese a Cambridge confluiranno in una relazione sulla missione che sarà pubblicata in allegato a una delle successive sedute della Commissione.
  Signor ministro, colleghi, la morte di Giulio Regeni è una tragedia che ha colpito una famiglia a cui oggi va la nostra vicinanza e un ringraziamento per la forza con cui ha combattuto in questi anni per ottenere verità e giustizia, facendo di questa tragedia privata una battaglia pubblica per i valori universali della libertà e della democrazia e per la difesa dei diritti umani, che sono i valori in cui credeva Giulio Regeni e su cui si fonda la nostra società.
  La morte di Giulio Regeni non è soltanto la morte di un cittadino italiano per mano dei servizi di sicurezza di un Paese straniero, ma rappresenta un precedente storico che mette in discussione la sicurezza dei cittadini italiani del mondo e mina alle fondamenta la libertà della ricerca. Giulio Regeni, come questa Commissione ha avuto modo di appurare, era infatti uno studioso appassionato e competente che svolgeva con passione e rigore la sua attività di ricerca ed è proprio per questa sua caratteristica che è stato perseguito, rapito, torturato e ucciso dagli apparati di sicurezza di un regime autoritario e paranoico che vede nel sapere e nella cultura, proprio perché principali strumenti di emancipazione dei popoli, una minaccia. Tutto questo non ci può lasciare indifferenti. Non si tratta solamente di restituire verità ma soprattutto giustizia a una famiglia per la morte di un proprio caro, ma di stabilire un limite oltre cui non è possibile spingersi. Non possiamo continuare a chiudere gli occhi sulla condizione di milioni di ragazze e ragazzi che quotidianamentePag. 3 subiscono la stessa sorte dall'altra parte del Mediterraneo: sempre come ci ha insegnato la famiglia, tutti i Giulio e le Giulie del mondo. Se facciamo l'errore di pensare che tutto questo non ci riguardi presto o tardi pagheremo le conseguenze.
  Abbiamo spesso affrontato il tema della complessità dei rapporti nostri, ma anche di quelli dei Paesi dell'Unione europea con l'Egitto, anche sotto il profilo del cosiddetto interesse nazionale. Se per interesse nazionale intendiamo le questioni legate alla sicurezza, al contrasto al terrorismo e alla stabilità della regione mediorientale, dobbiamo sapere che la principale minaccia alla stabilità di quel Paese è rappresentata proprio dal suo governo. Nessun popolo infatti può sopportare a lungo un così brutale livello di repressione ed è quindi facilmente prevedibile una fase di instabilità dai risvolti imprevedibili in quel Paese. Se invece ci riferiamo impropriamente agli interessi commerciali ed economici, le due cose sono strettamente collegate e in ogni caso è mia personale convinzione che nessun interesse economico può giustificare un cedimento sul piano morale ed etico nei confronti di Paesi come l'Egitto. Se la sfida è quella che il presidente Draghi ha presentato al G7, ovvero quella delle democrazie contro le autocrazie, se questa è la sfida del secolo che ci aspetta, dobbiamo saper essere credibili, evitando di usare due pesi e due misure e di immaginare che possiamo contestualmente decidere che la condanna della violazione dei diritti umani e la repressione di libertà democratiche e civili possa essere usata come bandiera quando si tratta di Paesi che sono nostri competitor dal punto di vista commerciale, come nel caso della Cina o della Russia, e invece chiudere gli occhi quando questo riguardi Paesi che sono nostri partner commerciali e non solo, come quando si tratta dell'Egitto, dell'Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti e della Turchia, dove le violazioni dei diritti umani sono anch'esse quotidiane.
  È questo messaggio che noi abbiamo consegnato ieri anche al Parlamento inglese e al Foreign Office, chiedendo un impegno concreto a esercitare una pressione politica e diplomatica sull'Egitto affinché collabori con la giustizia italiana nel processo che si aprirà nel mese di ottobre. Abbiamo sottolineato come questa fosse una questione non solo legata a una responsabilità, in quanto Giulio Regeni, benché cittadino italiano fosse anche uno studente britannico, ma anche perché rende riteniamo interesse comune stabilire un limite, quel limite che non si può oltrepassare, a governi come quello egiziano. Far sì che il governo egiziano cooperi con la giustizia italiana è l'unico modo per stabilire questo limite e fare in modo che si avvii un processo di normalizzazione e di democratizzazione nei paesi che stanno dall'altra parte del Mediterraneo.
  Signor ministro, in questi anni il nostro Paese si è battuto per ottenere verità e giustizia per la morte di Giulio Regeni e abbiamo avuto modo nel corso dei lavori di questa Commissione di acquisire tutto quella che è stata l'evoluzione dei rapporti politici, diplomatici ed economici sul piano bilaterale tra l'Italia e l'Egitto. Abbiamo però il dovere oggi di riscontrare come questo sforzo non abbia prodotto i risultati sperati. La cooperazione giudiziaria si è interrotta senza che neppure arrivasse l'elezione di domicilio di quelli che oggi sono imputati in un processo per il rapimento e le torture che Giulio Regeni ha subito. La Farnesina in un comunicato del 30 dicembre, subito dopo che la Procura egiziana aveva delegittimato l'azione dei nostri magistrati, riteneva inaccettabili le dichiarazioni della Procura generale egiziana con le quali veniva respinta la ricostruzione dei fatti svolta dalla Procura di Roma in ordine alla responsabilità dei quattro appartenenti alle forze di sicurezza egiziane per il sequestro e la morte di Giulio Regeni, e inoltre ribadiva di avere piena fiducia nell'operato della magistratura italiana e che avrebbe continuato ad agire in tutte le sedi, inclusa quella europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni potesse finalmente emergere. Ciò si pone in linea con quanto lei ministro ebbe ad affermare qui nell'audizione del 16 luglio del 2020, ovvero che qualora ci fosse stata una reazione egiziana scomposta, questa sarebbePag. 4 stata respinta con fermezza dall'Italia a tutela della Procura e degli inquirenti italiani. L'agenzia Ansa del 10 settembre del 2021 ha riportato la notizia tratta dalla pagina Facebook del Ministero degli esteri egiziano nella quale si è dato conto che il giorno precedente si sarebbe tenuto al Cairo un round di consultazioni politiche tra Italia e l'Egitto a livello di alti funzionari compreso il direttore generale per gli affari politici la sicurezza presso il Ministero degli esteri, ambasciatore Pasquale Ferrara, e dell'ambasciatore d'Italia al Cairo Giampaolo Cantini. L'incontro si sarebbe focalizzato sulle relazioni bilaterali tra Egitto e Italia nei vari campi politici, economici e commerciali. Tra le questioni discusse, in primo luogo la situazione in Libia, gli sviluppi della questione palestinese e il dossier della grande diga del Rinascimento etiope. La nota precisa che si sarebbe trattato del terzo incontro di questo tipo. Queste notizie di stampa inducono a ritenere che sia in corso un processo abbastanza avanzato di normalizzazione dei rapporti tra i nostri due Paesi. Abbiamo avuto modo nel corso di questa Commissione di vedere come nel corso degli anni questo processo di normalizzazione sia iniziato, sia continuato e sia ancora in corso. Le chiedo se le risulta che incontri di questo tipo durante i quali vengono discussi anche questioni politiche rilevanti siano tenuti da alti funzionari dell'amministrazione e non da competenti organi di governo e se non ritenga che in tali occasioni la vicenda Regeni debba essere posta come argomento prioritario.
  Le chiedo inoltre quali siano state le attività che il suo ministero ha compiuto nelle sedi europee e internazionali per esercitare un'adeguata pressione politico-diplomatica sull'Egitto. Il 25 gennaio 2021 a Bruxelles, in occasione del Consiglio degli affari esteri, nel ricordare l'anniversario della scomparsa di Giulio Regeni, lei affermò che il suo barbaro omicidio era una ferita ancora aperta non solo per l'Italia ma anche inevitabilmente per l'Europa. Alla luce delle successive dichiarazioni dell'Alto Rappresentante dell'Unione europea Joseph Borrell che ha confermato la rilevanza europea della vicenda e del presidente del Parlamento europeo David Sassoli che esprimeva ringraziamenti alla magistratura italiana per l'importante lavoro svolto nell'individuare le responsabilità delle forze di sicurezza egiziane nel sequestro e nell'uccisione di Regeni, quali sarebbero a suo avviso le azioni concrete che l'Unione europea dovrebbe compiere affinché l'Egitto collabori con le autorità italiane per la ricerca la verità di Giulio Regeni?
  Noi oggi sappiamo che Giulio Regeni è stato rapito, torturato e ucciso dalle forze di sicurezza egiziane. Ci sono molti aspetti di questa vicenda che ancora non sono chiari, ma davanti a noi, grazie anche allo straordinario lavoro della Procura e all'impegno incessante della famiglia e della sua avvocata, abbiamo una parte consistente e considerevole della verità. Quello che oggi ci preme è capire quale sarà l'impegno del governo italiano e se si riuscirà a ottenere un impegno anche in sede europea per ottenere giustizia, perché è con la giustizia che potremo porre fine a questa vicenda ma soprattutto ristabilire e riaffermare quei principi e quei valori universali in cui credeva Giulio e su cui devono fondarsi le nostre società e le società del futuro.
  Grazie ministro, le do la parola per la sua relazione.

  LUIGI DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie a lei, presidente, e a tutti i commissari per l'opportunità di intervenire di nuovo di fronte a questa Commissione d'inchiesta, nel momento in cui vi accingete a terminare i lavori e a redigere la relazione finale. A distanza di poco più di un anno dalla mia precedente audizione è importante aggiornarvi sui rapporti tra Italia ed Egitto alla luce degli sviluppi giudiziari e sul costante impegno del Governo per contribuire a far luce sulla tragica vicenda dell'omicidio di Giulio Regeni.
  Voglio anzitutto ribadire con forza quanto avevo sottolineato in occasione della scorsa audizione. Il perseguimento della verità è sempre stato e continuerà a essere un obiettivo fondamentale da raggiungere nelle nostre relazioni con l'Egitto. Alla verità hanno diritto Giulio Regeni, la sua Pag. 5famiglia, ma anche l'Italia intera. Lasciatemi rinnovare, anche a nome di tutto il Governo e in particolare della Farnesina, la più sincera e profonda vicinanza a Paola e Claudio Regeni. Arrivare a un quadro definitivo e sancito da un giusto processo, non restituirà Giulio ai suoi genitori ma riaffermerà la forza dei valori di giustizia, trasparenza e stato di diritto in cui Giulio credeva.
  Nel corso dell'audizione del luglio dello scorso anno ho chiaramente indicato che un obiettivo importante nel mio ruolo di Ministro degli esteri era quello di sollecitare le autorità egiziane a riavviare il dialogo giudiziario e a fornire la massima collaborazione agli inquirenti italiani. Sotto questo profilo, la nostra azione di sensibilizzazione sul Cairo è stata e continua a essere incessante. Anche se non ha potuto purtroppo evitare la profonda divergenza tra le conclusioni raggiunte dalle due procure, è stato comunque giusto spingere per una ripresa dei contatti tra gli organi inquirenti. L'azione è stata condotta anzitutto grazie ai ripetuti passi del nostro ambasciatore al Cairo Giampaolo Cantini. Nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia le squadre di investigatori si sono incontrate due volte: a Roma il 28 ottobre, al Cairo il 5 novembre del 2020. Il procuratore della Repubblica di Roma, Michele Prestipino, e il procuratore generale della Repubblica araba d'Egitto, Hamada al Sawi, hanno inoltre tenuto due videoconferenze il primo luglio e il 30 novembre dello stesso anno. Senza l'azione costante della nostra diplomazia questi contatti non sarebbero stati possibili.
  Da altre audizioni, in particolare quelle dei rappresentanti della Procura di Roma, conoscete la posizione della magistratura egiziana. In effetti, nel corso del 2018, quando i nostri inquirenti hanno iniziato ad avere più chiaro il quadro probatorio, i magistrati egiziani avevano già espresso le prime riserve. Il procuratore al Sawi le ha poi confermate ritenendo, cito le sue parole, «che non sussistono nel quadro ricostruito dalla nostra magistratura prove sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio». Le due procure hanno quindi dovuto concordemente riconoscere di non essere d'accordo e le strade giudiziarie si sono divise. Il 10 dicembre del 2020 la Procura di Roma ha concluso le indagini preliminari, annunciando di essere invece giunta a evidenze probatorie a carico di quattro agenti di polizia e dei servizi di informazione egiziani per il delitto di sequestro di persona pluriaggravato, ipotizzando a carico di uno di essi anche il reato di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato. Da parte egiziana si è preso atto della conclusione delle indagini preliminari italiane nel rispetto delle decisioni che verranno assunte in autonomia della Procura della Repubblica di Roma.
  Il processo sarà dunque avviato il 14 ottobre. Si tratta di un risultato che, nelle settimane successive al ritrovamento del corpo di Giulio, era insperato. Anche per questo alla nostra polizia giudiziaria e alla nostra magistratura, a cui i diplomatici e le altre amministrazioni coinvolte hanno sempre garantito la massima assistenza, va il nostro sincero ringraziamento. Cruciale è stato il ruolo della società civile e dell'opinione pubblica tutta, che hanno fortemente sostenuto la famiglia di Giulio e la loro ferma domanda di verità. Ne è la conferma la motivazione data dal giudice per l'udienza preliminare del processo penale a carico di quattro agenti egiziani davanti alla Corte d'Assise di Roma, secondo il quale la mancata elezione di domicilio degli imputati, nonostante le rogatorie internazionali e la sensibilizzazione a livello politico-diplomatico, viene superata dal fatto che, cito testualmente, «la copertura mediatica capillare straordinaria sul caso Regeni ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio».
  Da questi sviluppi discendono a mio avviso due considerazioni. La prima è che la tragica fine di Giulio Regeni è ora oggetto di un processo che mi auguro consentirà finalmente di giungere all'accertamento della verità sulla base di tutte le garanzie che lo Stato di diritto assicura. La seconda considerazione riguarda il ruolo delle autorità giudiziarie egiziane nello svolgimento delle indagini. Il rapporto è stato altalenante, ma resta il fatto che tali autoritàPag. 6 hanno fornito ai colleghi italiani documenti utili a individuare i quattro imputati. Tra questi ricordo il fascicolo dell'indagine, il video del dialogo tra Giulio Regeni e il sindacalista degli ambulanti Abdallah, i tabulati telefonici, il traffico delle celle in alcune zone. Voglio soffermarmi sulla consegna del fascicolo di indagine agli avvocati egiziani della famiglia Regeni, avvenuta in Ambasciata al Cairo nel dicembre 2017, grazie al dialogo instaurato dall'ambasciatore Cantini con l'allora procuratore generale egiziano Sadek. Questa condivisione ha permesso di acquisire informazioni fino ad allora non disponibili e rivelatesi importanti per la ricostruzione dei nostri inquirenti. Per chiarire meglio il contesto in cui questi contatti sono avvenuti occorre infatti ricordare un dato a voi ben noto e che avete approfondito nella vostra attività di indagine. Tra Italia ed Egitto non sono in vigore trattati di cooperazione giudiziaria. L'instancabile azione della nostra Ambasciata al Cairo per richiedere alle autorità egiziane di facilitare i contatti tra le due procure, è risultata per questo ancor più necessaria e preziosa. I progressi ultimamente ottenuti risultano insufficienti, ne siamo ben consapevoli, ma è anche utile evidenziare quanto l'ex procuratore della Repubblica di Roma Pignatone ha sottolineato nell'audizione di pochi giorni fa. La presenza dell'ambasciatore è stata una scelta giusta alla luce dell'importanza di un dialogo diverso da quello esclusivamente giudiziario che si è avuto in alcune fasi. Il memorandum consegnato a giugno dal procuratore generale egiziano al nostro ambasciatore è stato francamente deludente, ma ciò, anziché scoraggiarci, deve spingere il Governo e la Farnesina a proseguire senza sosta nell'attività di sensibilizzazione nei confronti delle autorità egiziane.
  Vorrei ad esempio ricordare il mio ultimo incontro con il ministro degli esteri Shoukry pochi giorni fa, il 23 settembre, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Cito anche la missione al Cairo del direttore politico della Farnesina, ambasciatore Pasquale Ferrara, del 9 settembre, che anche lei ha citato, presidente. In tutte queste occasioni, la domanda di verità e giustizia su quanto accaduto a Giulio Regeni ha rappresentato l'elemento centrale dei colloqui con franchezza e determinazione.
  I rapporti con l'Egitto non potranno svilupparsi nella loro pienezza fino a quando non sarà fatta piena luce su quanto accaduto, considerando anche la giusta, persistente ed elevatissima sensibilità sulla vicenda da parte delle istituzioni e dell'opinione pubblica italiana. Anche per questo abbiamo sensibilizzato i nostri partner in sede di Unione europea e delle Nazioni Unite sulle nostre richieste di giustizia e verità. La vicenda di Giulio Regeni è stata da me portata all'attenzione del Consiglio affari esteri dell'Unione europea il 25 gennaio. In quell'occasione ho espresso la forte aspettativa di ricevere il sostegno dell'Unione europea e dei suoi Stati membri nello sforzo di ottenere collaborazione, giustizia e verità. L'Unione europea intende preservare la condizionalità dell'assistenza al Cairo e la relativa clausola standard formulata nell'articolo 26 delle convenzioni di finanziamento adesso in vigore, e per favorire un'azione maggiormente proattiva da parte europea l'Unione ha attivato un monitoraggio rafforzato e una costante azione di reporting sulle questioni maggiormente critiche in ambito di diritti umani, rivitalizzando il meccanismo di monitoraggio processuale europeo e la definizione di una lista comune di casi individuali cui fare riferimento nelle interlocuzioni con le autorità egiziane.
  Il nostro Paese ha ricevuto il sostegno e la solidarietà degli altri partner europei e dell'Alto rappresentante per la politica estera Joseph Borrell. Alla fine della riunione, l'Alto rappresentante ha ribadito la necessità che il Cairo cooperi affinché venga fatta giustizia su un nostro connazionale la cui morte, nelle parole dello stesso Borrell, è una questione grave per l'Italia e quindi una questione grave per tutta l'Unione europea. È stato questo un passaggio cruciale della nostra azione internazionale perché attraverso di esso la morte di Giulio si è trasformata da questione italiana a tema di interesse di tutti i Paesi dell'Unione.Pag. 7
  Alle Nazioni Unite, in occasione dell'intervento nazionale al Segmento di alto livello della 46a sessione del Consiglio diritti umani, tenutasi il 24 febbraio, ho ribadito l'esigenza che sia fatta piena luce sulle circostanze della barbara uccisione di Giulio Regeni. L'Italia ha inoltre sottoscritto la dichiarazione congiunta sulla situazione dei diritti umani in Egitto, pronunciata l'11 marzo in Consiglio diritti umani dalla Finlandia a nome di 31 Paesi. Tra questi anche Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. La richiesta di solidarietà sul caso Regeni è parte integrante delle interlocuzioni con tutti i Paesi partner dell'Unione europea. Vorrei in proposito ricordare anche l'azione portata avanti dal sottosegretario Della Vedova che negli ultimi mesi ha avuto colloqui sul tema con i suoi omologhi di Germania, Spagna e Belgio. Come vedete un'azione a tutto campo, doverosa, utile e importante.
  È opportuno ricordare come il Cairo rimanga un interlocutore ineludibile in una pluralità di settori di collaborazione e di quadranti geopolitici. Dalla gestione delle crisi regionali al contrasto al terrorismo e traffici illeciti, passando per la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico. Si tratta di dossier che toccano direttamente la nostra sicurezza e gli interessi nazionali. Ricordo in particolare la stabilizzazione della Libia e le prospettive del processo di pace in Medio Oriente. L'Egitto è impegnato nel rafforzamento dei propri rapporti con il governo di Tripoli, fino a non molto tempo fa abbastanza complessi e condivide con l'Italia l'obiettivo di sostenere il processo politico a favore di una Libia effettivamente unificata e stabile, dotata di istituzioni in grado di esercitare un reale potere di controllo sul territorio e di affrancare il Paese dalla presenza di mercenari, milizie e forze combattenti straniere. In questa prospettiva, il Cairo considera prioritario come noi lo svolgimento delle elezioni entro il termine previsto del 24 dicembre. Inoltre, l'Egitto è nei fatti l'unico attore regionale in grado di parlare in modo efficace con tutte le parti coinvolte. Una posizione notevolmente rafforzatasi in occasione della recente crisi di Gaza che ha visto il Cairo svolgere una determinante opera di mediazione tra le parti per pervenire alla tregua tra Hamas e Israele.
  Ho citato questi esempi per fornire un quadro complessivo, ma voglio essere molto chiaro. Tutte queste considerazioni sul ruolo internazionale dell'Egitto non fanno e non faranno venire meno l'impegno di tutto il governo nel continuare a esigere l'accertamento della verità sulla tragica morte di Giulio. Lo ripeto. Questo obiettivo è stato e rimarrà un riferimento imprescindibile nelle nostre relazioni con l'Egitto. Lo dobbiamo a Giulio e alla sua famiglia innanzitutto, ma anche al nostro Paese e ai valori di libertà, democrazia e stato di diritto sui quali esso si fonda. Anche per questo vorrei esprimere un sincero apprezzamento nei confronti dell'intenso lavoro svolto dal presidente Palazzotto e da tutti voi commissari. La lunga lista delle audizioni da voi svolte e soprattutto la qualità dei vostri approfondimenti nel corso delle sedute, insieme alla più recente missione sul campo a Cambridge, dimostrano l'eccellente lavoro di indagine portato avanti. La Farnesina ha fatto di tutto per agevolarlo sia nella condivisione integrale dei documenti sia per quanto riguarda l'immediata disponibilità di molti funzionari auditi. Il contributo non formale, ma sempre impegnato, partecipato e scrupoloso di tanti rappresentanti della Farnesina ai lavori di questa Commissione, è ulteriore testimonianza di quanto l'accertamento della verità sia stato e rimanga l'obiettivo che ci ispira. È anche il segno concreto della nostra stima e del nostro apprezzamento per il vostro lavoro prezioso.
  Siamo convinti che le conclusioni alle quali perverrete nella relazione finale offriranno un contributo significativo al raggiungimento del nostro obiettivo comune, quello di fare tutto il possibile per arrivare a un accertamento dei fatti che onorino la memoria di Giulio e il suo impegno per una società migliore, un impegno di tanti giovani spesso nell'ombra che suo malgrado ha portato Giulio sotto i riflettori in modo così tragico. Nonostante le molte difficoltà, di fronte al suo ricordo e alla sua famiglia, Pag. 8Governo e Parlamento hanno l'obbligo morale di continuare a fare quanto in loro potere.
  Resto a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro, per la sua relazione e ringrazio attraverso lei tutta la struttura della Farnesina per la cooperazione che ha fornito in questi anni ai lavori della Commissione sia in termini di condivisione di informazioni sia in termini di messa a disposizione di personale che è stato fondamentale per ricostruire molti passaggi.
  Chiedo ai colleghi presenti o connessi da remoto se intendono rivolgere delle domande al ministro. Do la parola all'onorevole Pettarin.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Grazie ministro per essere qui e per la sua relazione. Grazie anche perché, tramite lei, possiamo ringraziare i suoi collaboratori e la Farnesina tutta che ha collaborato con questa Commissione in questo difficilissimo percorso.
  Quanto lei ha avuto modo ora di dirci ci soddisfa ma naturalmente, come tutti gli italiani, ci soddisfa solamente in parte. Siamo tutti assolutamente allineati all'esigenza di non abbassare la guardia e di conseguenza di proseguire a richiedere e pretendere verità e giustizia e quindi siamo molto soddisfatti di poter sentire da una persona di assoluto riferimento che riveste le sue responsabilità che questo è il comune sentire anche del governo in tutte le sue articolazioni, ma, ministro, forse questo non basta. Ho bisogno di chiederle qualche cosa di un po' più fattuale. Come proseguiremo in questa attività di monitoraggio, controllo, verifica, insistenza e sensibilizzazione? Come faremo a far sì che quelle che sono le prese di posizione assolutamente importanti di tutti i nostri partner europei diventino poi anche dati fattuali? Ministro, a lei come a noi, ma soprattutto alla famiglia di Giulio Regeni e a tutti gli italiani, le parole non possono bastare. L'iter che questa Commissione ha percorso, le ricerche che ha potuto condurre, le conclusioni a cui è giunta, saranno oggetto della relazione ed è inutile che in questo momento si vadano ad anticipare. Bisogna comunque che noi si spenda un attimo del nostro tempo per guardare un po' più avanti, prospetticamente. Ministro, per esempio, se noi non arriveremo, come tutti auspichiamo, a verità e giustizia, vi è la volontà da parte del nostro Paese e delle nostre Istituzioni di utilizzare gli strumenti internazionali che abbiamo a disposizione come quelli previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, con la possibilità quindi di convocare l'Egitto di fronte a quello che posso chiamare «un gran giurì» di carattere internazionale, nell'ipotesi in cui non si addivenga a ciò che tutti quanti stiamo auspicando?
  Un altro punto forse un po' più tecnico ed estremamente delicato. Vi è stata la considerazione da parte del Governo della possibilità di costituirsi parte civile nell'ambito del procedimento che inizierà, grazie a Dio, di fronte alla nostra autorità giudiziaria a metà del mese di ottobre?
  In sintesi, la domanda è estremamente facile. Dopo le parole, su cui siamo tutti assolutamente consenzienti – e non si tratta di cose di poco conto – come intendiamo compiere ulteriori fatti, anche per evitare che un domani – speriamo non succeda mai – una nostra alta autorità faccia come i francesi con la Legion d'onore, consegnando la propria più alta onorificenza al presidente di un Paese che ha colpito noi, attraverso esponenti dei propri servizi di sicurezza, per quanto deviati?

  PRESIDENTE. Do la parola alla collega Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (collegamento da remoto). Ringrazio anch'io il ministro, che è stato prezioso in questa audizione. Lei ha accennato all'incontro con il ministro egiziano Shoukry all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre. Ci può dire che cosa è emerso da quell'incontro, eventualmente anche nella parte segretata, come già avvenuto per risposte a domande simili in altre audizioni?
  Il secondo punto riecheggia in parte la domanda del collega Pettarin, ovvero se Pag. 9l'Italia stia ragionando sulla possibilità di attivare le previsioni della Convenzione internazionale contro la tortura, in particolare quanto previsto dall'articolo 30, che regola le dispute tra due o più Stati parti riguardanti l'interpretazione e l'applicazione della Convenzione e che possono quindi essere rilanciate verso un arbitrato internazionale. Credo che questa sia una strada da esplorare e vorrei capire qual è il parere del Governo.
  Circa il terzo punto le chiedo in generale se il Governo si stia preparando per una complessiva revisione della politica rispetto all'Egitto. Credo che questo sia un punto sul quale politicamente ci sia da discutere. Quanto è emerso nei lavori della Commissione dice che ci sono stati vari approcci tra i governi nei confronti dell'Egitto e vorremmo capire se questo governo ha intenzione, anche a seguito di quanto emerso dal lavoro della magistratura e della Commissione, di dotarsi di uno strumento che negli altri Paesi esiste, ovvero della policy review nei confronti dell'Egitto che ci può anche aiutare a rendere più razionale il nostro rapporto rispetto a quel Paese tenendo conto di quanto emergerà dalla vicenda Regeni.
  Infine un'osservazione. La vicenda Regeni dimostra – e lei lo ha ribadito nel corso dell'audizione – che le pressioni in alcuni casi servono. Quindi non è vero che meno si parla di una questione meglio è, anzi in alcuni casi parlare e continuare a tenere i riflettori accesi aiuta chi fa il lavoro politico-diplomatico a portare avanti la posizione del nostro Paese. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al ministro per le risposte.

  LUIGI DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Velocemente, presidente, per dire che la policy review è stata fatta nel 2016, quando è morto Giulio Regeni. Io non ravvedo nessuna normalizzazione, mi dispiace, l'ho già detto a luglio dell'anno scorso e lo ripeto qui. Come ho già detto prima, le consultazioni tra i due Paesi, come quella dell'ambasciatore Ferrara, riguardano temi bilaterali come Libia, come il processo in Medio Oriente, come la Diga che rappresenta una grande criticità regionale tra Egitto e altri Paesi della regione, e questo è il lavoro che facciamo con tutti i Paesi, anche quelli con cui siamo più in difficoltà, come l'Egitto, per cercare di scongiurare altri problemi sul piano bilaterale.
  Questo è un tema molto importante perché oggi non esiste nessun tipo di foro in cui Italia e Egitto si consultano per implementare politiche commerciali o rapporti bilaterali politici. Non ci sono queste opportunità perché non le abbiamo mai implementate proprio in ragione delle difficoltà di collaborazione che ci sono state in tutti questi anni sul piano della vicenda Regeni.
  Voglio dire due parole sulla questione della Convenzione, ampiamente valutata dalla Farnesina e che ha due criticità. Prima di tutto, come ben sapete, l'applicabilità della Convenzione prevede che ci sia un arbitrato iniziale che deve essere consensuale. Nel momento in cui non c'è questo arbitrato, si può a quel punto invocare la Convenzione dell'ONU, ma l'Egitto riconosce la Corte di giustizia, lo ha deciso nel 1957, solo per i casi del Canale di Suez, quindi potremmo ritrovarci ad avviare una procedura con un Paese che ha sì ratificato la Convenzione ma aveva perimetrato i poteri della Corte internazionale di giustizia che l'Egitto riconosce alle vicende e alle questioni relative al canale di Suez. Si tratta di un tema che ha portato purtroppo a una valutazione che in questo momento è legata ai fatti, non è una valutazione politica.
  Circa la costituzione parte civile, come Governo faremo tutto quello che serve e abbiamo fatto in questi anni nell'ambito della vicenda processuale tutto quello che serve per dare anche segnali chiari su quale sia la parte da cui lo Stato italiano. Verità e giustizia per Giulio e dalla parte di Giulio e della sua famiglia, quindi su questo non esiteremo a creare tutte le condizioni che servono per manifestare la nostra posizione.
  Infine, per quanto riguarda i vari passaggi che ci sono stati in questi anni, credo Pag. 10che il lavoro che dovremmo svolgere come Governo adesso sia quello di continuare a fare in modo che questo processo possa iniziare, che questo processo possa vedere tutte le parti coinvolte con tutte le garanzie che servono per arrivare alla verità. Il procedimento portato avanti dalla Procura di Roma in questi anni è nato e ha delle evidenze – l'ho detto nel mio discorso iniziale – anche grazie alla presenza dell'ambasciatore Cantini in Egitto e alla sua azione diplomatica, insieme a tutta la Farnesina. Mi riferisco ai tabulati telefonici, al traffico delle celle e a tante altre evidenze che sono state in una prima fase consegnate all'Italia grazie a questa mediazione diplomatica. È chiaro – l'ho detto nel mio discorso iniziale – che soprattutto l'ultimo rapporto è deludente, non vediamo alcuna novità, ma adesso vogliamo lavorare affinché questo processo inizi. Abbiamo lavorato nell'ultimo anno e mezzo per la domiciliazione, non è stato possibile dal punto di vista della volontà dell'Egitto. Vorrei però dire sull'argomento che spero che sia confermato quello che è stato accolto dal GUP come tesi e cioè che per il caso Regeni, così noto nel mondo, oserei dire, non solo nel nostro Paese o in Europa, non serva la pratica della notifica della domiciliazione. Confidiamo ovviamente, è solo un mio auspicio, perché non metto bocca nelle procedure di un altro potere dello Stato.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO (collegamento da remoto). Grazie presidente. Anch'io ringrazio il ministro per la relazione. Vedo che siamo allineati su tanti punti. Ringrazio l'amministrazione per il sostegno che ha dato alla Commissione.
  Una osservazione e una domanda. Volevo confermare quello che in parte ha detto il presidente all'inizio, ovvero che questa visita a Cambridge è stata molto utile anche per rimuovere molte delle ombre che aleggiavano sul ruolo di possibili e ipotetici soggetti britannici. Credo sia stata molto utile a farci capire che tutte le risposte sembrano essere in Egitto. Vedremo però le conclusioni della relazione finale.
  Alla domanda che volevo porle, ministro, forse ha già accennato una risposta. Qualora la magistratura dovesse confermare quello di cui almeno io personalmente ho maturato la convinzione in questi due anni in Commissione, cioè che i servizi segreti egiziani siano responsabili della tortura e della morte di Giulio, qualora la magistratura accertasse appunto questa verità, mi chiedevo quali altri mezzi e strumenti il Governo pensava di adottare per aumentare la pressione sulla Repubblica Araba d'Egitto per cercare di indurla a collaborare.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri iscritti a parlare, do la parola al ministro per le risposte.

  LUIGI DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La risposta che posso dare è che daremo pieno sostegno all'autorità giudiziaria utilizzando tutti quelli che sono gli strumenti internazionali per eseguire la sentenza e questo è un punto che non riguarda solo il ministero degli esteri ma anche il ministero della Giustizia, ossia che bisogna avviare tutte quelle procedure dopo una sentenza affinché venga rispettata, nel senso che venga creata la cornice di pena per i soggetti che sono condannati. Adesso, come ho detto, il nostro obiettivo è fare in modo di supportare il procedimento penale a carico degli imputati e che si arrivi all'obiettivo dell'accertamento della verità e della giustizia.
  L'ultima cosa che volevo dire sulla costituzione di parte civile è che comunque, se non sbaglio, da parte della famiglia, c'è stato un appello a non dar vita durante il processo a una serie di iniziative che possano rallentarlo, ma se ci sarà la possibilità e la famiglia è d'accordo, noi procederemo.

  PRESIDENTE. Grazie Ministro. Le chiederei solo alcune precisazioni. Lei ha affermato più di una volta e l'ha ribadito anche oggi che fino a quando non sarà risolta la vicenda di Giulio Regeni i rapporti tra Italia ed Egitto non potranno svilupparsi nella loro pienezza.Pag. 11
  A parte il fatto che non è stato più convocato il Business Council tra i due Paesi, ci può meglio delineare quali siano gli elementi che mancano perché si sviluppi la pienezza dei rapporti tra i nostri due Paesi, in considerazione del fatto che noi abbiamo potuto acquisire agli atti della Commissione come una serie di questioni che garantivano che tali rapporti non fossero nella loro pienezza, dal 2018 in poi sono cominciate a normalizzarsi e in questo abbiamo visto una normalizzazione: abbiamo assistito alla ripresa di visite di Stato, abbiamo visto come dal 2018 in poi si è sbloccata la vendita di armi verso il Paese, ovvero l'unica cosa che mancava nei rapporti commerciali perché necessitava di un'autorizzazione da parte del Governo. Quindi tutta una serie di passaggi che hanno avvicinato i rapporti verso una completa normalizzazione. Ad oggi a noi risulta solo il Business Council. Ci può chiarire quali sono gli altri elementi che ad oggi rendono critico questo rapporto?

  LUIGI DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Nel periodo che va dalla mia presenza alla Farnesina nel settembre 2019 a oggi, visite di Stato non ce ne sono state. Gli unici incontri che ci sono stati con le autorità egiziane hanno riguardato temi multilaterali, ad esempio la Libia o il Mediterraneo orientale, quando c'è stata la crisi tra Turchia, Grecia e Cipro.
  Secondo me potrebbe essere molto interessante, ma lo possono fare tutti perché basta vedere il sito della Farnesina, vedere quanti sono gli eventi che facciamo con un Paese nordafricano con cui siamo in buoni rapporti e quello che facciamo con l'Egitto. Se la misurazione della normalizzazione dei rapporti è data dai rapporti commerciali tra i due Paesi, io le posso dire che su quel fronte non c'è in questo momento, rispetto al decremento o all'aumento dell'interscambio commerciale, una regia italiana. Non c'è un rapporto tra i due Paesi che porta a implementare politiche di export. C'è con la Tunisia, con l'Algeria, con il Marocco, c'è addirittura con la Libia, nel senso che da quando c'è il nuovo governo di unità nazionale abbiamo fatto un Business Forum con il primo ministro libico alla Farnesina. Non ci sono visite di Stato. L'ultimo incontro tra un Presidente del Consiglio italiano e Al-Sisi c'è stato a New York nell'ambito dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite tra Giuseppe Conte e Al-Sisi e in quella sede si è parlato della questione Regeni. Non si parlava ancora di altre questioni che riguardano il nostro Paese, ma in quella sede ricordo benissimo che si è parlato della Diga, che era già un tema, e della Libia.
  Quindi tutto quello che noi stiamo facendo in questo momento è solo affrontare i temi securitari e della regione mediterranea. Per tutto il resto, ad esempio, non ci sono iniziative congiunte di alcun tipo, né commerciali né culturali né legate a quelli che possono essere nuovi generi di MOU (memorandum of understanding) o accordi per cooperazione rafforzata o dialogo rafforzato, ovvero tutto quello che facciamo invece ogni giorno con i Paesi con cui siamo in ottimi rapporti e che magari non fanno parte dell'Unione europea perché comunque con essa abbiamo altri tipi di relazioni. È una domanda, presidente, a cui infatti avevo risposto anche a luglio 2020 allo stesso modo e le posso assicurare che da luglio 2020 a oggi non è cambiato niente perché non esiste la possibilità di implementare o normalizzare i rapporti bilaterali rispetto a questioni che oggi vedono veramente uno Stato che è sotto gli occhi di tutti.
  Poi ci sono anche una serie di iniziative che ho citato nel mio discorso rispetto all'Unione europea, alle Nazioni Unite e al Consiglio dei diritti umani che con i Paesi con cui siamo in buoni rapporti non facciamo, sia nel sollevare le questioni sia nel firmare le dichiarazioni.

  PRESIDENTE. Un'ultima domanda riguarda più le prospettive future, dato questo elemento di pressione diplomatica che permane e l'apertura del processo. Nel caso in cui, come noi tutti auspichiamo, esso possa svolgersi e accertare le responsabilità anche dal punto di vista giudiziario, cosa si aspetta dall'Egitto? Immagina che in qualche modo si possa arrivare a una qualche forma di cooperazione e collaborazione Pag. 12anche nel caso in cui la giustizia italiana arrivi a un accertamento giudiziario delle responsabilità?

  LUIGI DI MAIO, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ciò che prima di tutto auspico è un processo che porti a verità e giustizia che credo sia nelle facoltà del nostro sistema giurisdizionale e dello Stato italiano. Noi supporteremo questo procedimento, la magistratura e le autorità inquirenti con tutte le nostre forze. Il fatto che non abbiamo ancora avuto la domiciliazione o altri segnali che vadano nella direzione di una maggiore collaborazione non porterà la Farnesina, il corpo diplomatico e il Governo a desistere. Noi continueremo nell'azione di sollecitazione e, come ho detto, in tutti gli incontri ci sarà sempre come tema prioritario il tema di Giulio Regeni.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Se non vi sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.

  (La Commissione riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Di Maio per il prezioso contributo ai lavori della Commissione.
  Nel dichiarare conclusa l'audizione, comunico che, come convenuto dall'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi, la Commissione potrà avvalersi per la restante parte della sua attività, del luogotenente cariche speciali della Guardia di finanza Aldo Baldi, a supporto della gestione e della tenuta dell'archivio della Commissione, ricordando con vivo apprezzamento la precedente collaborazione del luogotenente cariche speciali Fernando Antonio Bellisario, giunto al compimento della sua carriera.

  La seduta termina alle 17.40.