Sulla pubblicità dei lavori:
Nardi Martina , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sulla situazione del settore siderurgico
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Nardi Martina , Presidente ... 3
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dello sviluppo economico ... 3
Nardi Martina , Presidente ... 6
Moretto Sara (IV) ... 6
De Toma Massimiliano (FDI) ... 7
Vianello Giovanni (Misto) ... 8
Romano Andrea (PD) ... 9
Sut Luca (M5S) ... 9
Micheli Matteo (LEGA) ... 10
Nardi Martina , Presidente ... 10
Ferri Cosimo Maria (IV) ... 10
Nardi Martina , Presidente ... 11
Patassini Tullio (LEGA) ... 11
Siani Paolo (PD) ... 11
Nardi Martina , Presidente ... 11
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dello sviluppo economico ... 12
Nardi Martina , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARTINA NARDI
La seduta comincia alle 12.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e che sarà redatto il resoconto stenografico.
Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, sulla situazione del settore siderurgico.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143 comma 2 del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti sulla situazione del settore siderurgico. Saluto il ministro e lo ringrazio di essere qua in presenza, è bello anche poterci rivedere direttamente e non solo via video. Nel dargli la parola per lo svolgimento della sua relazione invito i deputati che intendono intervenire in sede di dibattito a comunicarlo alla Presidenza al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, grazie. Do la parola subito al Ministro, prego.
GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Saluto tutti i colleghi presenti. Devo mettere la mascherina? Scusate, pensavo che ci fosse una deroga per il parlante. Va bene, rispettiamo i protocolli.
Il settore dell'acciaio è ormai da qualche anno oggetto di letture e messaggi contraddittori, spesso addirittura contrapposti. Gli operatori del settore vivono una condizione di incertezza per i repentini mutamenti di scenario a causa dell'evoluzione incessante delle condizioni di mercato e delle normative entro cui si devono muovere. Questa situazione è decisamente penosa per chiunque eserciti l'attività imprenditoriale in un comparto come quello dell'acciaio in cui gli investimenti da realizzare sono particolarmente consistenti dal punto di vista finanziario e della tempistica necessaria per la loro concreta realizzazione.
Il primo fattore di incertezza e difficoltà discende dal peso crescente acquisito dalla produzione di acciaio dell'Asia e in particolare della Cina, in larga parte a scapito dell'Europa. Oggi l'Asia copre circa il 75 per cento della produzione mondiale e la sola Cina quasi il 60 per cento, l'Europa nel suo complesso il 15 per cento e l'America del Nord più o meno il 5 per cento. La concorrenza – spesso sleale di alcune delle economie emergenti e in particolare della Cina e dell'India – ha comportato anche la progressiva riduzione dei margini di redditività dei produttori di acciaio europei. Soltanto oggi, con la netta inversione del ciclo derivante dal parziale superamento della pandemia e il conseguente effetto di rimbalzo delle attività produttive, assistiamo alla crescita di ricavi nel settore. Sorprende la disattenzione e l'inerzia con cui da troppe parti si è assistito a un così grande drastico cambiamento del peso dei diversi Paesi nella produzione dell'acciaio. In particolare l'Unione europea soltanto recentemente sembra essersi resa conto del valore strategico che l'acciaio riveste in tanti settori produttivi e della necessità di preservare una ancorché parziale sovranità sotto il profilo della capacità produttiva da parte del nostro continente. È stata delineata Pag. 4 una strategia che nelle intenzioni delle autorità europee dovrebbe invertire la tendenza al progressivo ridimensionamento della capacità produttiva in Europa e alla concentrazione nella Cina di quote crescenti di produzione.
Questa strategia tuttavia – come spesso accade in ambito europeo – non si è tradotta, se non parzialmente, in misure concrete. Sono state adottate alcune disposizioni volte a rafforzare gli strumenti di difesa attivabili sul piano commerciale a fronte della concorrenza asiatica, ma non si è realizzato un disegno organico e coerente di interventi per preservare l'industria europea. D'altra parte anche la guerra dei dati che si è scatenata ha concorso ad aggiungere confusione a uno scenario già molto complesso, aggravando le condizioni entro cui si devono muovere gli operatori del settore. È esemplare al riguardo la situazione paradossale che si è verificata in alcuni porti italiani – anche a causa delle limitazioni alle importazioni imposti dall'Unione europea – che ha provocato l'accumulo di quantitativi ingentissimi di acciaio in attesa di essere sdoganati peraltro con l'aggravio di dazio aggiuntivo.
Per l'acciaio si prefigurano nuove sfide che potrebbero provocare altri problemi piuttosto che favorirne una ripresa. Mi riferisco in primo luogo alla centralità assegnata nell'ambito della Next Generation EU e del Recovery Fund al processo di decarbonizzazione con la riduzione dell'utilizzo di combustibili fossili nei processi produttivi. Mi riferisco anche al confronto avviato in ambito europeo sulla riforma degli aiuti di Stato che non potrà tener conto dello sforzo aggiuntivo richiesto ai settori cosiddetti energivori. Il Ministero dello sviluppo economico (MISE) – pur consapevole dell'importanza della lotta ai cambiamenti climatici – non può tuttavia fare a meno di guardare con preoccupazione alle possibili ricadute dell'obiettivo che l'Unione europea si è data: quello di ridurre del 55 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030 con il pacchetto cosiddetto «Fit for 55». La preoccupazione discende dalla necessità di procedere con la necessaria cautela valutando la sostenibilità e la praticabilità di quegli obiettivi sotto il profilo finanziario, ma anche sotto il profilo delle disponibilità di tecnologie e delle competenze necessarie per la loro concreta traduzione. In sostanza, così come per altri settori industriali, occorre evitare di assumere decisioni che non siano supportate da un'accurata e preventiva valutazione del loro impatto sul sistema produttivo. Allo stesso tempo non si può trascurare il rischio di innescare dinamiche inflazionistiche difficilmente controllabili per effetto di un aumento della tassazione sui combustibili fossili che si trasferirebbero immediatamente sui costi di produzione in comparti come l'acciaio. Le stesse considerazioni valgono anche per le proposte avanzate dalla Commissione europea modificative del regime ETS così come per quanto riguarda un'eventuale riduzione dell'intensità di aiuto di cui possono avvalersi le imprese del comparto. Occorre invece intervenire perché l'Europa eviti di adottare scelte palesemente contraddittorie, per un verso affermando il valore strategico dell'acciaio sotto il profilo industriale – ma anche della sicurezza – e per l'altro verso pregiudicandone definitivamente la potenzialità di crescita gravandolo di eccessivi oneri.
Come detto, già oggi il settore soffre di evidenti distorsioni negli scambi a livello globale tant'è che l'Europa registra uno scarto tra domanda di acciaio e la sua capacità produttiva. L'Italia è particolarmente interessata all'evoluzione degli scenari europei e globali essendo il secondo produttore in Europa subito dopo la Germania con una quota del 15 per cento e con un numero di occupati assai significativo nell'ordine di circa 30.000 unità. Guardando la cartina dell'Europa appare subito evidente che l'Italia si colloca tra i Paesi con una presenza forte e diffusa dell'industria siderurgica. A parte la concentrazione particolarmente rilevante nel bresciano, i centri di produzione sono sparsi in varie regioni: dal Friuli, al Veneto, alla Lombardia per proseguire poi con il polo ternano, quello di Piombino e quello di Taranto. Le acciaierie del nostro Paese stanno lavorando con la ripresa dell'attività post pandemia Pag. 5 a un ritmo crescente: dobbiamo preservare il patrimonio di esperienze, competenze e professionalità e supportare l'industria dell'acciaio in una conversione dei processi produttivi nel senso della decarbonizzazione e della realizzazione di produzioni a più elevato valore aggiunto. Il Ministero ha avviato da tempo una proficua interlocuzione sulle misure adeguate a sostenere la produzione dei siti di Piombino e di Taranto con il coinvolgimento di soggetti rientranti nella sfera pubblica, ma anche di imprese private e promuovendo tutte le iniziative che possono essere utili per garantire prospettive di sviluppo a questi siti produttivi, valutando, tra le altre cose, la possibilità di produrre preridotto e di adottare la tecnologia del forno elettrico. Sotto questo profilo è bene ricordare che l'Italia si colloca in una posizione di assoluto vantaggio anche rispetto ai maggiori partner europei per quanto concerne l'incidenza della produzione di forno elettrico rispetto alla produzione da ciclo integrale che è sostanzialmente riconducibile all'impianto di Taranto. In questo come in altri casi quando si entrerà nel merito del negoziato nelle sedi europee sul pacchetto «Fit for 55», sarà bene far valere con la dovuta fermezza gli sforzi realizzati nel nostro Paese e i progressi già compiuti. Credo che possiamo dirci – con tutte le cautele del caso – che per quanto riguarda Taranto e Piombino l'impegno di trovare soluzioni credibili e sostenibili sotto il profilo ambientale e occupazionale è uno sforzo significativo e naturalmente è in continuo progresso. Qualcosa vi dirò, nel corso della mia relazione, relativamente a questi interventi.
Dobbiamo lavorare in una logica condivisa, senza dividerci a seconda del carattere pubblico e privato. Sono convinto che il valore strategico dell'acciaio imponga di assumere una logica di sistema che non significa alterazione della concorrenza, ma consapevolezza della necessità di affrontare in termini coerenti problemi che, se non risolti, finirebbero per penalizzare inevitabilmente sia i produttori che gli utilizzatori. Il lavoro fin qui svolto dal MISE ha evidenziato che non sempre l'azionariato straniero – che ha spesso investito nel settore in una logica più finanziaria che industriale – si è rivelato all'altezza del processo di transizione in atto.
L'acciaio, forse più di qualsiasi altro materiale, esprime plasticamente l'immagine dell'industrializzazione. Si tratta di una componente essenziale di larga parte dei processi produttivi: dall'automotive, alla meccanica, alle costruzioni. Allo scopo di affrontare in termini razionali il problema della sottoproduzione a livello europeo rispetto alla domanda in costante crescita – anche per effetto della ripresa dell'attività post pandemia – appare necessario un intervento dell'Unione europea per consentire il pieno utilizzo dei rottami disponibili da parte delle imprese del continente piuttosto che favorirne l'esportazione a vantaggio di Paesi concorrenti: ciò ovviamente non è incompatibile con le iniziative già allo studio per acquisire o produrre preridotto. Il Ministero lavora per sostenere tutte le iniziative che si muovono nel senso di mantenere e sviluppare la capacità produttiva in tutte le aree di occupazione e di apportare innovazione di processo e di prodotto. Questo anche nell'ottica dell'avanzamento tecnologico nella prospettiva della progressiva decarbonizzazione, in considerazione del valore strategico che questo comparto appunto riveste nell'economia nazionale.
Per quanto riguarda la ex Società Industria Laminati Piani e Affini (ILVA) ricordo che la società Acciaierie d'Italia Holding S.p.A. nasce il 14 aprile del 2021 a seguito dell'ingresso di Invitalia in InvestCo Italy S.p.A. mediante l'aumento di capitale di 400 milioni di euro effettuato in esecuzione dell'accordo di investimento siglato il 10 dicembre 2020 tra ArcelorMittal Italy Holding S.r.l., ArcelorMittal S.A. e Invitalia. Nel corso del biennio 2019-2020 della gestione di ArcelorMittal i livelli produttivi e le quote di mercato si sono ridotti a causa di vicende giudiziarie che hanno portato al sequestro dello sporgente 4 nel luglio 2019 e a dicembre dello stesso anno dell'altoforno 2, la cui facoltà d'uso è stata poi concessa a febbraio 2021. A queste circostanze si sono poi aggiunti gli effetti della Pag. 6pandemia COVID che ha comportato il fermo della produzione per diversi mesi e un livello di produzione di bramma pari a soli 3,4 milioni di tonnellate. L'ingresso di Invitalia nel capitale sociale della capogruppo Acciaierie d'Italia Holding ha aperto una fase nuova nel processo di rilancio produttivo e di transizione ecologica con l'obiettivo di rendere lo stabilimento di Taranto un modello di progressiva decarbonizzazione della produzione di acciaio in linea con le indicazioni del Green Deal europeo. Allo stato attuale Invitalia detiene una quota del 38 per cento del capitale sociale cui – in virtù delle emissioni di azioni di categoria speciale – corrisponde il 50 per cento dei diritti di voto in assemblea. Il citato accordo di investimento del 10 dicembre 2020 prevede che a seguito di un secondo aumento di capitale Invitalia acquisisca il 60 per cento del capitale. Il secondo aumento di capitale previsto alla scadenza del contratto d'affitto (maggio 2022) per l'acquisto dei rami di azienda di ILVA in amministrazione straordinaria è subordinato al verificarsi delle seguenti condizioni. Primo: il rilascio della nuova autorizzazione integrata ambientale relativa al nuovo piano industriale. Secondo: la firma di un accordo sindacale sul nuovo piano industriale. Terzo: il dissequestro penale degli impianti industriali. Il nuovo consiglio di amministrazione di Acciaierie d'Italia sta lavorando alla definizione di dettaglio del nuovo piano industriale con l'ambizioso obiettivo di accelerare, per quanto possibile, la transizione ecologica degli stabilimenti. I capisaldi del nuovo piano industriale di Acciaierie d'Italia sono quelli definiti nell'accordo di dicembre dello scorso anno e prevedono il completamento degli investimenti ambientali, importanti interventi tecnici, l'elettrificazione di una quota rilevante della produzione di acciaio. Per il sostegno finanziario degli investimenti previsti dal piano industriale si rende necessario attivare nuovi finanziamenti a medio e lungo termine. Il piano industriale allegato all'accordo di investimento del 10 dicembre 2020 prevede la costruzione di un forno elettrico alimentato da preridotto, DRI (Direct reduced iron) e prodotto da un nuovo impianto realizzato e gestito dalla newco a partecipazione pubblica. Gli investimenti stimati in funzione delle scelte tecniche variano da 900 milioni a un miliardo e mezzo di euro. Invitalia è stata incaricata di procedere alla costituzione della newco in modo da completare le analisi di fattibilità industriale, economico-finanziaria e ambientale del progetto. La copertura finanziaria degli investimenti necessari all'avvio della produzione DRI può essere assicurata dalle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che alloca 2 miliardi di euro a valere sull'investimento 3.2: utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate. Abbiamo inoltre richiesto di inserire nella prossima legge di bilancio un fondo per sostenere i processi di transizione ecologica del sistema industriale italiano. Il fondo verrebbe gestito dal MISE insieme al Ministero della transizione ecologica (MiTE) e sarebbe finalizzato a supportare le imprese – a partire da quelle cosiddette energivore – impegnate nei processi di riconversione e nella realizzazione di investimenti per la decarbonizzazione. Riteniamo che, alla luce delle dinamiche e del potenziale impatto, questa richiesta debba essere supportata e accolta nel prossimo disegno di bilancio che, forse questo pomeriggio, il Governo approverà e che preciserà poi con il documento che verrà inviato in Parlamento. Grazie per l'attenzione, sono disponibile per le vostre domande.
PRESIDENTE. Grazie, ministro. Abbiamo già diversi iscritti a parlare. Do la parola all'onorevole Moretto che è collegata da remoto. Prego.
SARA MORETTO (intervento da remoto). Grazie, presidente. Ringrazio il ministro per la relazione a 360 gradi sul comparto della siderurgia e sulle urgenze. Io cerco di andare diretta alle domande come penso sia utile oggi. Abbiamo chiaro – ma lei l'ha detto – che la crescita che il settore sta vivendo nel 2021 è minata da alcuni aspetti sui quali anche lei ha detto che dobbiamo focalizzare l'attenzione e gli interventi. Da un lato ci sono la carenza e Pag. 7l'aumento dei costi delle materie prime e dall'altro, collegato, l'aumento dei costi del gas e dell'energia elettrica. Sono tutti i fattori che a cascata vanno a incidere anche sul settore delle costruzioni, aspetto sul quale la nostra Commissione ha lavorato molto ed è attenta. Concordo con lei sul fatto che sia mancata una politica europea seria e coordinata a sostegno del settore. Mi pare evidente, e in diverse occasioni ho già avuto occasione di dirlo, che il gioco dei dati è un boomerang e lo stiamo assolutamente vivendo. La prima questione che le pongo, e che lei in parte ha citato è questa: l'Italia in questi tavoli europei rispetto agli altri produttori principali si presenta con una situazione diversa quindi con un'alta percentuale di produzione a forno elettrico, quindi avvantaggiata da un punto di vista del processo di innovazione, ma forse più debole in un tavolo nel quale eventuali politiche di sostegno potrebbero privilegiare Paesi che sono più indietro di noi. Mi chiedo: su questo tavolo come approcciamo per riuscire ad avere uno spazio che riguardi anche la nostra produzione? Il PNRR interviene molto sul lato della domanda dell'acciaio sostenendo le infrastrutture, gli investimenti e gli sblocchi di cantieri: tutte cose sulle quali come partito ci siamo impegnati molto; dall'altro lato c'è il grande tema della decarbonizzazione che è intrecciato con le competenze del MiTE. Io le chiedo due questioni che in parte ha citato. Una riguarda il ruolo che avranno il rottame o il preridotto in questo processo di decarbonizzazione. Se dobbiamo stimolare il cambio del processo produttivo verso una produzione diversa, elettrica e meno inquinante, queste due componenti hanno importanza. Mi pare di aver capito, quindi le chiedo conferma, che sul preridotto ci sia un'attenzione e una qualche iniziativa del Ministero volta allo stimolo anche di nuovi impianti. Le chiedo conferma di questo e se invece sul rottame ci sono delle strategie per far sì che, posto che l'Europa è esportatore netto, comunque si riesca a tenere qualcosa anche per le produzioni interne. L'ultima questione è la seguente. Lei ha annunciato un fondo in vista della legge di bilancio per la transizione ecologica dell'industria e delle produzioni che come Commissione saremo interessati a valutare quando sarà messo nero su bianco. Le chiedo se questo fondo intende in particolare puntare sull'efficientamento della produzione. In queste ultime settimane continuiamo a parlare di costo – e questo è assolutamente giusto e doveroso – ma forse oltre che interrogarci sul prezzo dell'energia dovremmo interrogarci anche sulla quantità di energia consumata. Credo, e siamo convinti anche come forza politica, che questo percorso debba prima di tutto essere improntato all'efficientamento. Tralascio le considerazioni sulla presenza pubblica nelle imprese: in diverse occasioni ho già detto che a nostro parere deve essere assolutamente temporanea e orientata a riportare le attività in un contesto di pieno mercato. Però è evidente che in questo momento, per l'intero comparto, per l'indotto e per alcune imprese che sono in attesa di capire quale sarà il futuro dell'ILVA (cito una fra tante: la Sanac, alla cui problematica è sensibile anche il collega Ferri, presente oggi in Commissione, ma la tematica riguarda anche altre), e capire se questo piano industriale – con le condizioni che lei ha annunciato – sarà davvero effettivo a breve e produrrà i suoi effetti, soprattutto in termini di ricadute sul territorio e sull'occupazione. Grazie.
MASSIMILIANO DE TOMA. Buongiorno presidente. Buongiorno ministro e grazie innanzitutto per il suo intervento. Colgo l'occasione per spostare leggermente l'attenzione su una cosa che è attinente a quello che lei ha detto. Stavo leggendo un'agenzia uscita poco fa sulla Germania che esprime preoccupazione per il costo dei carburanti e tutto quello che ne consegue: l'aumento di costi aggiuntivi per trasporto, riscaldamento e i materiali trasferiti con ritardo temporale ai consumatori porteranno a richieste salariali più elevate. Glielo dico perché io mi occupo dei temi dei carburanti e lei ha citato una sorta di cabina di regia, un aiuto fra MiTE e MISE. La divisione nel tema specifico porta a dovermi e a doverci confrontare come Commissione su un tema così importante come la conversione degli impianti. Occorre Pag. 8 considerare una strategia globale per quanto riguarda gli impianti stessi che oggi sono presenti in Italia e quindi con il carico occupazionale che ne consegue anche per quanto riguarda proprietari e gestori. Vengo alle domande più inerenti e questa la tengo solo come considerazione da fare sua per poterla trattare successivamente. Quello che le chiedo ora è inerente al suo intervento: se le risulta un totale di crediti certificati per circa 60 milioni di euro al 30 settembre – questi dati vengono dalla Confederazione italiana della piccola e media industria (CONFAPI) e da Confindustria – delle aziende dell'indotto e, quindi, se il socio statale ha contezza di questa situazione. ArcelorMittal ha rallentato le attività di produzione e manutenzione nel nostro stabilimento italiano in un momento di totale esplosione della domanda di acciaio con importanti ripercussioni economiche e sulla forza lavorativa dello stabilimento. Stiamo parlando di circa 4.000 lavoratori che sono in cassa integrazione: lo Stato è al corrente di questa clamorosa scelta strategica dell'attuale gestore? Grazie.
GIOVANNI VIANELLO. Grazie, presidente. Saluto anch'io e ringrazio il ministro Giorgetti per questa audizione e pongo alcune brevi domande. Innanzitutto vorrei conoscere qual è la politica italiana in fase di preservazione dell'acciaio europeo. Rispetto ai vari regolamenti di esecuzione (potremmo citare il 478/2015, il 755/2015, il 159/2019 e il 1590 sempre del 2019) sulla questione dazi e tutele dell'acciaio europeo: quali sono le proposte che l'Italia porterà prossimamente in sede di Commissione per queste tutele?
Riguardo alla questione della produttività nazionale: con l'ultimo «decreto Venezia» è stata finanziata la seconda tranche per l'aumento di capitale, ma mi sembra di capire che ancora non è effettiva. C'è stata la legge, ma ancora non è effettiva e vorrei capire quando lo sarà. Si prevede che la newco debba fare uno studio di fattibilità sull'impianto di preridotto che è funzionale a far sì che l'acciaio prodotto anche in altoforno con l'uso dei lingotti del preridotto sia qualitativamente superiore e paragonabile a quello d'altoforno. Il problema riguarda i costi. In Europa – che ci risulti – non ci sono grossi impianti di preridotto; ci sono in Asia e questo è legato al costo della materia prima che fa funzionare il tutto e cioè il gas. In Asia hanno enormi giacimenti e se lo possono permettere a costi più bassi, in Europa questa situazione non c'è e quindi non ci sono impianti di preridotto. Ora l'Italia si sta lanciando in questo preridotto, ma visti anche gli ulteriori aumenti (le quotazioni dei futures dicono che il gas aumenterà ancora del 10 per cento nei prossimi sei mesi) se questi impianti di preridotto non sono economicamente sostenibili, qual è l'alternativa che lo Stato italiano sta pianificando? Ricordo che l'impianto di preridotto verrà fatto a Taranto, ma sarà funzionale per tutte le aziende e sarà poi sul mercato. Vorrei anche sapere se ci sono degli aggiornamenti in merito alla sentenza CEDU (la Corte europea dei diritti dell'uomo) che ha decretato che l'Italia non ha tutelato i cittadini di Taranto e aggiornamenti sulla procedura di infrazione per la mancata realizzazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) visto che ormai sono passati dieci anni: è partita nel 2011 e siamo nel 2021. Questa non è una responsabilità sua, ma sono passati dieci anni e l'AIA dovrebbe concludersi il 23 agosto 2023 solo che – come ci stava dicendo – ci sarà un nuovo piano industriale che probabilmente prorogherà ulteriormente l'AIA ancora di altri anni. Vorremmo capire quando sarà possibile visionare il piano industriale e quindi poi riaprire tutta l'AIA.
Ancora una domanda. Abbiamo visto che ci sono state situazioni giudiziarie in corso che hanno portato (anche per altre vicende, ma non solo) alla situazione giudiziaria con la procura di Taranto. Nel caso in cui l'area a caldo non venisse dissequestrata – visto che con la prima sentenza del processo «Ambiente Svenduto» la procura ha chiesto anche la confisca – Mittal andrà via? Cosa farà l'Italia a quel punto? Mittal ha tenuto – lo sappiamo perché ce lo dicono i lavoratori e ce lo dicono le sigle sindacali – comportamenti fortemente antisindacali. Questo ha riguardato le graduatorie – poi la giustizia ha reintegrato alcuni Pag. 9lavoratori che ne avevano diritto e che erano stati esclusi – ma anche continui fronti antisindacali nei confronti dei lavoratori. So che lei è il Ministro dello sviluppo economico e questa magari sarebbe una domanda da porre al Ministro del lavoro: in ogni caso Mittal ha fatto quello che voleva. Ora che lo Stato italiano è entrato – anche se avrà la maggioranza nel momento in cui ci sarà l'aumento dell'apporto di capitale – garantirà che Mittal non abbia più questi comportamenti fortemente antisindacali? La ringrazio per il tempo che mi è stato concesso.
ANDREA ROMANO(intervento da remoto). Grazie, presidente. Ministro Giorgetti, la ringrazio per questa sua introduzione e vado al punto che riguarda lo stabilimento di Piombino dell'ex Lucchini. Ricordo che l'impianto si trova in un'area di crisi industriale complessa, tra l'altro una delle due aree di crisi industriale complessa che insistono sulla costa toscana. Per questo è fondamentale, ministro, che questo impianto non venga ulteriormente indebolito nella sua capacità occupazionale. Siamo di fronte – lo dico con franchezza – a un ritardo molto grave su cui il Parlamento e in particolare il Partito Democratico non ha mancato di sollevare la propria attenzione; però questo ritardo c'è stato e possiamo quantificarlo in un anno di assenza di iniziative purtroppo da parte ministeriale. Ultimamente vi è stata la firma di un memorandum of understanding tra Invitalia e JSW Steel Italy che è un primo passo da salutare positivamente a cui però è necessario, ministro, che segua con grande solerzia la realizzazione degli altri indispensabili passi. Mi riferisco alla realizzazione della due diligence che dovrebbe preludere alla firma del patto formale per l'ingresso di Invitalia nel capitale di gestione di questo impianto e ovviamente alla definizione di un nuovo piano industriale basato su questa conformazione. La prima domanda che le faccio è se lei e il suo Ministero confermate di fronte al Parlamento, di fronte a questa Commissione, l'intenzione di procedere a tappe serrate – tenendo anche conto del ritardo che abbiamo già accumulato – rispetto alla formalizzazione del piano industriale. Il secondo punto riguarda il coinvolgimento delle parti sociali, ministro, più volte sollecitato dai sindacati, dalla regione Toscana e dalle forze politiche a partire dal PD. Questo coinvolgimento a oggi non c'è stato, ma è necessario perché le parti sociali e i lavoratori non si trovino di fronte al fatto compiuto, cosa che sarebbe ulteriormente inaccettabile tenendo conto della situazione ormai gravissima che coinvolge questo impianto. Il terzo punto è la richiesta di un cronoprogramma. A questo punto è necessario che il Ministero si impegni anche formalmente con un cronoprogramma che impegni la politica – il Ministero, il Governo e il Parlamento – di fronte a questa realtà industriale. Infine c'è un punto relativo alle forniture di binari. Lei sa certamente che l'impianto di Piombino ha un suo tradizionale punto di forza nella fornitura dei binari: l'auspicio, il suggerimento, la richiesta è che la fornitura della Rete ferroviaria italiana (RFI) venga subordinata alla definizione del nuovo piano industriale. Non vorrei e non vorremmo che ci trovassimo di fronte a una situazione in cui si siglano accordi con fornitori per poi in realtà assistere (cosa che naturalmente non vogliamo e sono sicuro che anche lei non vuole) all'ulteriore depauperamento di questo fondamentale impianto industriale per la Toscana, la sua costa, e anche per la realtà siderurgica italiana nel suo complesso. Grazie molte, ministro.
LUCA SUT. Grazie, presidente. Ringrazio anche io il ministro per la sua presenza e pongo una domanda secca. Volevamo sapere qual è lo stato di avanzamento per la stesura del Piano nazionale della siderurgia che più volte è stato anche da lei annunciato, ma appunto non conosciamo quale sia lo stato di avanzamento. Le chiediamo questo per sapere qual è la strategia che il MISE ha intenzione di portare avanti in ambito siderurgico anche perché sicuramente questa è utile per superare le varie vertenze che sono presenti oggi al suo Ministero. Dare degli indirizzi di dove si vuole andare è la metodologia più corretta per poi capire anche come poter attrarre degli investitori che vogliono portare avanti i Pag. 10progetti. Lei ha detto prima che l'azionariato straniero non sempre è stato all'altezza: linee guida e strategia ben definite sicuramente possono essere d'aiuto ad evitare ciò. Un'ultima richiesta è se ci può dare qualche dettaglio in più – tenuto conto che al momento, però, non è ancora stato presentato in Consiglio dei Ministri – sul fondo per la transizione ecologica di cui ha parlato prima, grazie.
MATTEO MICHELI. Grazie, presidente. Anche noi ringraziamo il ministro per quanto ci ha riferito oggi e per il costante lavoro anche su questo tema della siderurgia che è molto delicato e complicato. Si tratta di un settore che purtroppo da molti è visto da lontano perché la fanno da padroni i colossi del Far East però è di vitale importanza per il nostro Paese considerati anche l'occupazione e il valore strategico di cui parlava il ministro.
A parte la problematica generale sull'approvvigionamento di materie prime, volevamo fare due o tre domande al ministro e che, peraltro, vanno a ricalcare un po' quanto è stato detto. La prima è se c'è un piano concreto del Governo, una volontà di mantenere la presenza dell'ILVA non solo per quanto riguarda l'area a freddo, ma per l'area a caldo che è il valore aggiunto anche se il più inquinante. Inoltre come per tutte le materie prime sappiamo che c'è il problema degli approvvigionamenti di acciai di qualità, ma anche di alluminio e altri materiali. Le confermiamo il grosso problema che hanno molte aziende sul territorio – il sottoscritto viene da Brescia – relativo all'approvvigionamento. Le chiediamo se c'è un piano particolare per aiutare anche questo tipo di aziende che hanno questo problema di approvvigionamento. La pandemia ha generato un certo caos e sono stati messi sul tavolo determinati argomenti oggi che sono molto più visibili tra cui il fatto che questa catena globale sia sbagliata per la dipendenza totale dal Far East. In questa logica chiediamo se nel PNRR che ricostruirà l'Italia nei prossimi quattro o cinque anni può essere previsto un piano di rientro per determinate lavorazioni manufatturiere nel prossimo futuro, grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Micheli. Abbiamo concluso il primo giro in cui hanno potuto prendere la parola tutti i gruppi che l'hanno chiesto. Chiedo se ci sono altri interventi. Ne abbiamo già uno iscritto che è l'onorevole Ferri di Italia Viva, chiedo se ci sono anche altri che intendono farlo. Il ministro gentilmente si ferma qualche minuto in più, quindi ci fa piacere dare spazio anche a più deputati oltre a quelli che hanno già parlato. Prego, onorevole Ferri.
COSIMO MARIA FERRI. Ringrazio il ministro per questa sua relazione. Torno su un punto già toccato; anzi, su due punti di cui uno toccato già dall'onorevole Moretto a proposito del piano industriale e che riguarda gli stabilimenti della SANAC. Ne abbiamo parlato in più occasioni, è una produzione importante di una società sana che può essere rilanciata e secondo noi deve rientrare nel piano industriale. Ha quattro stabilimenti e anche lì c'è l'amministrazione straordinaria però era legata ad Acciaierie d'Italia, l'ex ILVA. Riteniamo che sia importante anche in questo caso che rientri Acciaierie d'Italia: siamo consapevoli del fatto che necessiti di rifare un bando. Conosciamo tutti la storia e si è perso molto tempo, ma è una produzione che deve rientrare nel nostro piano industriale perché nel campo dei refrattari è un'eccellenza ed è collegata a tutto il tema della siderurgia e anche delle Acciaierie d'Italia della produzione dell'ILVA.
Dobbiamo correre, le risposte sono urgenti e quindi la prima cosa da fare è capire in che modo possa entrare Acciaierie d'Italia e se c'è questa ipotesi, quindi confidiamo in tempi rapidi. Sul punto le chiedo se era stata istituita nel precedente Governo – e penso che sia rimasta anche in questo – la possibilità per il MISE nelle crisi industriali di chiamare e coinvolgere tutti i deputati. Io ho partecipato a più incontri e ho avuto anche una discussione con il delegato del Ministro Di Maio perché potevamo andare al MISE a questi incontri però non ci veniva data la parola. Io li ho ringraziati per l'invito, ma ho obiettato che non potevamo parlare di niente. L'ascolto è sempre un arricchimento, ma volevamo Pag. 11portare anche un piccolo e modesto contributo. Volevo sapere se questi tavoli che coinvolgono i parlamentari nelle crisi industriali del territorio sono sempre attivi, in che modo vengono formalizzate le convocazioni e se lei può avviare un nuovo spirito di confronto e consentire ai deputati di parlare in queste occasioni e non solo di ascoltare come veniva fatto prima, anche se era positiva la convocazione.
C'è un altro tema su cui è già intervenuto l'onorevole Romano che è l'impianto di Piombino. Penso che le argomentazioni che il collega Romano ha sottolineato siano tutte condivisibili e quindi non sto a ripeterle però le sottoscrivo: c'è un impegno forte anche da parte del gruppo parlamentare di Italia Viva su questo insediamento industriale che è generale. Mi rimetto a lei, non so se poi sulla SANAC ci sarà una mozione specifica che è davvero urgente perché ci sono lavoratori che aspettano e che sono in difficoltà da tempo e non vedono risposte da parte della politica. Grazie.
PRESIDENTE. Onorevole Ferri, le ho dato volentieri la parola, ma come ben sa questo non è un question time, ma è una audizione sullo stato della siderurgia in Italia e quindi penso che il ministro abbia collocato la questione in termini più generali. Fortunatamente la Commissione – questo lo dico perché non è membro di questa Commissione, ma la informo prima di dare la parola all'onorevole Patassini che l'ha chiesta – avvierà un ciclo di audizioni specifico sul tema della SANAC. Avremo modo anche di interrogare il ministro sul punto e avere la possibilità di entrare nel merito in maniera più specifica. Come l'onorevole Ferri sa abbiamo chiesto al ministro più volte un incontro di tutti i deputati territoriali in modo tale da capire meglio questo tipo di vertenza. Però qui invito tutti i colleghi a stare nel merito dell'audizione di oggi che è un'audizione generale sul tema delicatissimo, importantissimo e preoccupantissimo della siderurgia nel nostro Paese perché è uno dei temi centrali per la ripresa del Paese stesso. Prego, l'onorevole Patassini e poi l'onorevole Siani.
TULLIO PATASSINI. Grazie, presidente e grazie, signor ministro, per l'audizione di oggi. Quello che lei ha citato è importante per l'operazione che è stata fatta in Umbria dall'acciaieria Acciai Speciali Terni che è ritornata di proprietà italiana, ma con un importante progetto di sviluppo e di crescita che ci auguriamo sia da volano non solo per la regione, ma per tutto il territorio del centro Italia. Speriamo che sia il punto di partenza anche per rilanciare una produzione nazionale che possa aiutare a contenere questa esplosione dei prezzi perché quando le filiere si sviluppano in maniera omogenea e concreta, tutto diventa più facile e sicuramente più efficiente. Su questo argomento volevo chiederle se c'è l'idea di avviare – sull'esempio di questo progetto – altri progetti di filiera nel campo siderurgico.
PAOLO SIANI. Grazie, presidente. Buongiorno, signor ministro. Molto rapidamente perché mi riconosco nell'intervento del collega Romano rispetto alle vicende che riguardano lo stabilimento di Piombino. Volevo aggiungere una sollecitazione rispetto allo stabilimento Liberty Magona sempre di Piombino rispetto al quale, come lei sa, si sta registrando una situazione piuttosto paradossale. C'è una presenza di commesse rivolte a quell'impianto, ma anche una difficoltà di reperire materia prima da lavorare, non tanto per difficoltà di mercato quanto per problemi finanziari della proprietà. In Toscana questo è un tema aperto al pari degli altri su cui occorre un intervento anche da parte dello stesso Ministero. Affrontare la questione della siderurgia a Piombino consentirebbe anche di sbloccare favorevolmente la situazione dello stabilimento Magona, ricostruendo una filiera dell'acciaio piuttosto interessante non solo per quel territorio, ma per il resto del Paese. Sollecito anche questa ulteriore situazione.
PRESIDENTE. Grazie. Non ho altre domande e interventi quindi ringrazio tutti i deputati e le deputate che hanno partecipato e do la parola al ministro per le risposte. Auspico anch'io di poter leggere il Pag. 12prima possibile il piano della siderurgia come lei ha giustamente annunciato perché questo è fondamentale per la ripresa delle aziende italiane e per la ripresa del Paese intero. Prego, ministro.
GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie a tutti gli intervenuti per le loro domande e gli stimoli. Partirei dal ragionamento relativo al piano acciaio che io vedo – almeno per come l'ho affrontato io – come una specie di puzzle di cui abbiamo alcuni dati acquisiti. C'è un'industria siderurgica soprattutto privata concentrata al nord che ha fatto anche dei progressi molto importanti per quanto riguarda l'aggiornamento tecnologico: siamo forse i primi nell'elettrosiderurgia. Ci sono una serie di punti di domanda (a partire da Taranto, ma evidentemente anche Piombino e Terni) da affrontare in modo chirurgico inseriti nel contesto generale in un quadro di cambiamento assolutamente repentino del settore. Oggi viviamo in una circostanza di mercato che è profondamente diversa rispetto a quella di tre anni fa con prezzi completamente diversi, difficoltà di reperimento e difficoltà addirittura di produzione rispetto alla domanda e quindi il quadro è in continua evoluzione. Paradossalmente il quadro di mercato che ci viene prospettato oggi ci permette probabilmente di trovare delle soluzioni che prima erano impossibili. C'è un interesse diverso anche dei cosiddetti interlocutori o partner stranieri rispetto alla possibilità oggi di fare profitto: oggi si fa margine nella produzione di acciaio. Però la rilevanza strategica non è semplicemente quella della produzione di acciaio, coinvolge anche tutti coloro che utilizzano l'acciaio in questo Paese. Siamo un Paese trasformatore e manifatturiero (dell'automotive magari parleremo in altra sede e lì abbiamo qualche problema come tutti). Tutto quello che si è venuto a creare anche in post pandemia ci ha fatto capire quanto sia importante e anche strategico avere la produzione qui. Qualcuno poteva chiedersi perché dobbiamo continuare a produrre acciaio in Italia, se lo possiamo tranquillamente comprare da altri Paesi e addirittura a prezzi inferiori e quindi non è strategico. No, invece abbiamo scoperto tramite tutto quello che è successo nelle catene di fornitura che in Italia e anche in Europa probabilmente la produzione dell'acciaio continua a essere strategica ai fini delle industrie nazionali.
Che cosa succederà in Europa e qual è la posizione dell'Europa? Come è noto l'Italia ha sostenuto la posizione per quanto riguarda le tutele, per quanto riguarda i cosiddetti dazi alle importazioni che nascono in risposta a quello che aveva fatto l'Amministrazione americana. La posizione è stata contestata da una parte degli utilizzatori perché si ritiene che questo tipo di contingentamento, di dazio, possa provocare tensioni sui prezzi per gli acquirenti dell'acciaio. Questo è vero, ma parzialmente.
Noi intendiamo contestare non tanto la misura, quanto la modalità concreta di applicazione perché misurandola sul trimestre genera tensioni, in particolare con l'approssimarsi della scadenza. Il fenomeno che si è generato nei porti italiani qualche settimana fa derivava proprio dal fatto che approssimandosi la saturazione, in assenza di dazi, nessuno voleva acquisire e scaricare la merce perché inevitabilmente sarebbe andata a incorrere nella penalizzazione del dazio. Quella misura aveva un senso, ma andrà ridiscussa complessivamente perché dalle notizie che abbiamo noi sia gli Stati Uniti sia la Cina hanno in animo di ritarare la politica in termini di dazi. Questo probabilmente costringerà tutti quanti, anche l'Europa, ad aggiornare gli strumenti. Non vado qui a discutere quello che sarà la tassa alla frontiera sulle produzioni carbon perché è un'altra faccenda molto più ampia che si inserisce complessivamente nelle misure che saranno tutte connesse alla realizzazione degli obiettivi ambientali a livello globale.
Un tema che noi dovremmo porre a livello europeo e su cui dobbiamo preoccuparci è quello relativo al rottame. Si tratta della materia prima fondamentale per tanta parte della nostra siderurgia e non ce n'è perché in Europa viene esportato e soprattutto ci sarà una carenza di rottame sempre più intensa. Se si va verso l'elettrificazione del processo produttivo – Pag. 13in tutta Europa e non soltanto in Italia – in tutta Europa cercheranno ulteriormente rottame quindi il prezzo del rottame tenderà inevitabilmente ad aumentare. Dobbiamo già in termini prospettici riflettere bene – in relazione al processo di decarbonizzazione dell'industria siderurgica europea – su come gestire la vicenda dell'importazione e delle esportazioni del rottame in Europa. D'altro canto – e qui vengo alle grandi scelte – l'Europa ovviamente spinge verso l'acciaio verde e il processo di decarbonizzazione, ma non sempre questo avviene a livello globale ed è veramente singolare. Ci sono dei Paesi che continuano a produrre a carbone a ciclo integrale e in Cina mi sembra che vadano ulteriormente in questa direzione. Tutto ciò è contraddittorio, ma soprattutto c'è il rischio di creare delle competizioni a livello di costo di produzione e quindi di prezzo assolutamente insostenibili. Giustamente c'era chi si chiedeva quanto costa produrre con il DRI e adesso ci arriveremo. Questo è un tema che rende impossibile competere a livello di prezzi con chi continua a produrre a carbone: o smettiamo tutti di produrre carbone e noi siamo assolutamente disponibili e assolutamente convinti di questo oppure la competizione è chiaramente sleale. Questo è il grande tema. Nelle interlocuzioni pubbliche col settore privato, ma anche con le realtà private in cui adesso c'è la partecipazione pubblica, stiamo spingendo e incentivando il forno elettrico che sarà inevitabilmente con il DRI, con il preridotto. Questo è anche il destino di Taranto per raggiungere quegli standard ambientali che sono prescritti dalla legge, ma anche dal buonsenso e dalla volontà del Governo. In questo senso, come ho detto nel mio intervento, è già partita la procedura per la costituzione di una newco a partecipazione pubblica per la realizzazione dell'impianto DRI a Taranto che è il presupposto per la costruzione del forno elettrico. Questo processo è molto gravoso e prevede investimenti importanti. Il fondo di cui ho parlato e di cui il MISE ha fatto richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze – vedremo poi fino a che punto è stato accolto, perché in questo momento non sono in grado di darvi garanzie – è necessario per assistere il processo di riconversione industriale e di aggiornamento tecnologico di tutti i settori hard-to-abate che si devono misurare con le nuove sfide performanti in termini ambientali.
Veniamo adesso a tre o quattro temi relativi a vicende specifiche perché, come vi ho detto rispetto al piano industriale, l'equazione si risolve attraverso la soluzione di due o tre situazioni. Una fortunatamente è stata risolta, credo positivamente, ed è la vicenda di Terni relativa ad Acciai Speciali Terni (AST). Il processo che il Governo ha seguito, nei modi in cui si può e si deve seguire una vicenda che riguarda un privato, ha risolto una delle variabili che adesso speriamo diventi un caso di successo di reshoring o ritorno in patria di una produzione che naturalmente deve essere comunque competitiva e soddisfare tutti i criteri di sostenibilità economica, ambientale e sociale che in Umbria e in particolare nell'area di Terni si aspettano.
La seconda questione che è stata richiamata e su cui vorrei essere il più chiaro possibile è quella relativa a Piombino. Io smentisco il fatto che il Governo e il Ministero siano rimasti inattivi nel senso che il tavolo si è continuamente tenuto a Piombino. Diciamo che abbiamo avuto delle franche e aperte discussioni con il soggetto privato che è proprietario dell'area di Piombino che ci ha proposto delle soluzioni industriali che abbiamo rigettato in quanto totalmente a nostro giudizio insoddisfacenti. L'atteggiamento complessivo da parte del Governo è di puntare al rilancio di Piombino e Invitalia è assolutamente disponibile a investire su Piombino, ma l'interlocutore deve presentare un piano industriale serio. Il memorandum nasce a questo scopo. Sappiamo perfettamente che i clienti sono anche pubblici e quindi una parte delle fortune di quell'insediamento industriale dipendono anche dall'atteggiamento complessivo di una società pubblica, ma questo in qualche modo non rileva. Come sta avvenendo per quanto riguarda Taranto noi siamo disposti a compartecipare anche all'iniziativa industriale degli investimenti su Piombino però è importante Pag. 14 che l'azienda straniera che oggi è proprietaria dell'impianto collabori per dare una soluzione anche a situazioni aziendali assai prossime a quella dell'ex Lucchini – abbiamo parlato di Magona – che potrebbero avere una soluzione complessiva e inevitabilmente sono anche collegate all'intera area di crisi. Io voglio assicurare che l'atteggiamento del Governo è di assoluto interesse: siamo sul pezzo però con una posizione assolutamente ferma e per dare una risposta seria e non solamente sulla carta rispetto all'insediamento di Piombino.
Per quanto riguarda Taranto c'è una serie di condizioni che non dipendono unicamente dalla volontà degli azionisti, parliamoci molto chiaramente su questo. Ci sono dei dati e l'ho ricordato anche precedentemente. L'ingresso da parte dello Stato con Invitalia con un diritto di voto al 50 per cento e la prospettiva dell'aumento della partecipazione fino alla maggioranza del capitale dipende dal verificarsi di una serie di situazioni che pongono l'asticella molto in alto. Il livello del management che il Governo ha scelto e che è incaricato di seguire la vicenda è secondo noi assolutamente adeguato ad affrontare questa sfida complessa. Abbiamo sollecitato, anche in questo caso, un diverso atteggiamento di collaborazione e di investimento da parte del soggetto privato in precedenza unico gestore dell'impianto. Questo potrà permettere anche di cambiare, magari, atteggiamento rispetto ad alcune situazioni. Mi riferisco alla ricordata situazione creditoria dell'indotto: è assolutamente plausibile, anzi sicuro, che si è verificato il fatto che ArcelorMittal abbia finanziato il proprio capitale circolante non pagando o rinviando i pagamenti dei propri fornitori. Anche adesso dopo l'ingresso del capitale alcune importanti operazioni di finanziamento previste dall'accordo del 2020 sono in itinere perché il finanziamento di tutta l'operazione e poi dei successivi investimenti sono molto rilevanti in termini economici. Sono in parte finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma non solo. Sotto questo aspetto il soggetto privato che ha già fatto interventi sull'impianto, altri ne dovrà fare e dovrà partecipare insieme al socio pubblico in questa attività di investimento. Il socio pubblico non può metterci tutti i soldi mentre il privato aspetta di goderne i benefici, quindi ci vuole uno sforzo complessivo nel piano industriale che a breve, posso dire, verrà presentato. Credo che ci sarà questo tipo di sforzo collettivo per riuscire ad andare avanti nel processo di decarbonizzazione, rispettando nel modo migliore possibile gli standard ambientali. Io non ho gli elementi per richiamare puntualmente le sollecitazioni che sono state fatte però è chiaro che c'è un'attenzione da parte delle autorità sanitarie e da parte dell'autorità giudiziaria: sono gli elementi esterni al processo puro di intervento dello Stato. Se noi riusciamo a portare avanti un piano industriale che soddisfa quei requisiti ambientali, molto probabilmente la spada di Damocle rispetto agli interventi anche di sequestro possono essere risolti: altrimenti se interviene il sequestro, tutta l'operazione così come è stata progettata viene a cadere. Questo nuovo atteggiamento e la nuova linea manageriale adottata su Acciaierie d'Italia dovrebbe permettere di venire incontro alle aspettative dell'indotto e a un atteggiamento un po' diverso nei confronti delle rappresentanze sindacali. In questo modo il tutto quadrerebbe nel momento in cui il piano industriale sarà oggetto di un confronto non soltanto con le rappresentanze sindacali, ma anche con le rappresentanze territoriali. Questo grande progetto che coinvolge così tanta risorsa pubblica deve trovare l'accordo anche del sindaco di Taranto e della regione Puglia. Questo è l'obiettivo perché o tutti quanti siamo d'accordo a fare questo grande progetto che è un progetto industriale e di grandi tecnologie per la decarbonizzazione di Taranto oppure non ce la facciamo. C'è un punto di domanda che giustamente è stato rilevato: se noi lì facciamo il forno elettrico, facciamo il DRI, con il costo del gas attuale questo impianto non sarà mai economicamente conveniente. Questo è un tema che si è posto sin dall'inizio e riguarda due aspetti. Il primo è che tutto questo è una transizione verso l'idrogeno Pag. 15perché il punto finale per la produzione di acciaio anche a Taranto è rappresentato dall'idrogeno che è l'unica possibilità di produrre sostanzialmente con un impatto zero o prossimo allo zero in termini ambientali. Il gas rappresenta una risorsa di transizione – l'unica che esiste in realtà, diciamolo chiaramente – con un impatto ambientale molto ridotto, ma comunque con un certo impatto ambientale. Bisognerà mettere in piedi o immaginare un sistema di sussidi, ma tutto questo in questo momento è quasi prematuro. Sei mesi fa vi avrei detto che servivano sussidi di un certo tipo; oggi vi direi che ne servono altri; tra un anno, quando mi diranno che in tutto il mondo è vietato il carbone e tutti vanno a gas, altri ancora. Ora potrei dirvi delle cose che hanno la durata di una stagione. Vado a chiudere – credo di avere più o meno risposto a tutti quanti – con la vicenda Sanac che sarà oggetto di approfondimento. Anche in questo caso siamo stati, in qualche modo, influenzati dalle vicende di ArcelorMittal e Acciaierie d'Italia. Come voi sapete fu deciso di procedere a gara separata all'epoca da parte dei commissari e questa gara fu coronata, tra virgolette, da successo. In seguito per due anni ArcelorMittal non ha ottemperato alle prescrizioni di gara e quindi la gara è stata indirizzata su un binario morto. Mi risulta che i commissari stiano cercando faticosamente di recuperare quanto meno la cauzione, la garanzia presentata. Credo che Acciaierie d'Italia a questo punto sia disponibile a partecipare – essendo un soggetto diverso giuridicamente rispetto ad ArcelorMittal – a una nuova gara che i commissari stanno predisponendo in tempi rapidi. Credo che questo rientri assolutamente nel perimetro aziendale, nell'interesse aziendale di Acciaierie d'Italia per quanto riguarda la produzione, ma magari vedremo i dettagli in un'altra occasione.
PRESIDENTE. Grazie, ministro e grazie ai commissari. A presto ci riaggiorneremo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.35.