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XVIII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Mercoledì 16 febbraio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Casa Vittoria , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Doc. CCLXIII, n. 1) (Ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento):
Casa Vittoria , Presidente ... 3 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 3 
Casa Vittoria , Presidente ... 8 
Fratoianni Nicola (LeU)  ... 8 
Fusacchia Alessandro (Misto-MAIE-PSI-FE)  ... 10 
Casa Vittoria , Presidente ... 11 

(La seduta, sospesa alle 14.35, è ripresa alle 14.40) ... 11 

Casa Vittoria , Presidente ... 11 
Frassinetti Paola (FDI)  ... 11 
Casciello Luigi (FI)  ... 12 
Prestipino Patrizia (PD)  ... 14 
Colmellere Angela (LEGA)  ... 16 
Belotti Daniele (LEGA)  ... 16 
Vacca Gianluca (M5S)  ... 17 
Bella Marco (M5S)  ... 19 
Casa Vittoria , Presidente ... 19 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 20 
Casa Vittoria , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
VITTORIA CASA

  La seduta comincia alle 13.50

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso il resoconto stenografico, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) (Doc. CCLXIII, n. 1).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, nell'ambito dell'esame della Relazione sullo stato di attuazione del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), (Doc. CCLXIII, n. 1). All'audizione è consentita ai deputati la partecipazione da remoto, in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati nella riunione del 4 novembre 2020. Ricordo ai colleghi che partecipano da remoto che devono rendersi visibili, soprattutto nel momento in cui svolgono il loro eventuale intervento, e che non possono collegarsi da luoghi aperti al pubblico o in cui siano comunque presenti altre persone, né da mezzi di trasporto. L'intervento deve essere udibile, per cui occorre assicurarsi di disporre di una connessione internet stabile.
  Ringrazio il Ministro Bianchi di essere presente qui, per questa audizione, nella quale vogliamo fare il punto su quanto il Ministero dell'istruzione ha fatto e farà per l'attuazione del PNRR. Come sempre, darò prima la parola al ministro per la sua relazione, poi ai colleghi che ne hanno fatta richiesta e quindi di nuovo al ministro per la replica. A lei, ministro, la parola.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. La ringrazio moltissimo presidente e ringrazio tutti voi di questa opportunità che permette di illustrare il tanto lavoro svolto in questo anno. Sono stato in quest'aula il 16 marzo dell'anno scorso quando, all'avvio delle nostre attività, era necessario presentare al Parlamento la visione e gli impegni che ci eravamo assunti a livello europeo. Dopo 11 mesi, sono ben contento di illustrare a tutti voi che cosa è stato fatto. Prima di cominciare, permettetemi di ricordare, in sintesi, com'è la struttura del programma PNRR del Ministero, che abbiamo voluto chiamare «Futura – La scuola per l'Italia di domani». Il dato essenziale è proprio questo: noi abbiamo sei riforme e due blocchi di investimenti sulle infrastrutture e sulle competenze. Nel loro insieme rappresentano quell'impegno per un riposizionamento, una riorganizzazione e una riflessione profonda sul ruolo centrale che ha la scuola oggi, per poter permettere al Paese una ripresa, nonché quella capacità di innovazione che sta dentro il concetto stesso di resilienza: quindi, non un intervento di settore, ma un elemento fondante lo stesso PNRR. A grandi linee, vi ricordo che avevamo da una parte sei riforme, la prima delle quali riguarda gli ITS (Istituti tecnici superiori), che insieme abbiamo deciso di far partire dal Parlamento, proprio per dare il senso di come questo intervento sugli ITS fosse anche luogo di convergenza fra i poteri dello Stato. Abbiamo poi un intervento importantissimo sulle scuole tecnichePag. 4 e professionali. L'intervento sulle scuole tecnico-professionali è un elemento cruciale per noi: non si tratta soltanto di disporre di strumenti educativi per fornire competenze adeguate ai processi di crescita del Paese, ma di rendere credibile il PNRR di tutto il Governo e per dare a tutti i ragazzi la possibilità di poter effettivamente raggiungere risultati positivi, avere più canali a disposizione per realizzare loro stessi. La terza riforma, l'orientamento, è fortemente legata a questo. L'orientamento non è semplicemente, come ho detto più di una volta, l'informativa dell'ultima estate, ma la capacità di accompagnare i ragazzi nel loro percorso di vita, accompagnarli verso scelte che poi segneranno la loro vita. Molta parte del discorso sulla dispersione, la lotta contro la dispersione, passa per un adeguato orientamento. Poi, abbiamo le tre riforme importanti che riguardano proprio la struttura. Quella che io reputo la più importante, su cui vi chiedo aiuto e ascolto, su cui dovremo ragionare insieme, è quella del reclutamento, parola che io non posso sopportare perché richiama la dizione militar-fordista della vita della scuola; diciamo l'assunzione dei nuovi docenti, a partire dalla formazione iniziale, lavoro che stiamo facendo con la Ministra Messa e col Ministero dell'università. La scuola di alta formazione come elemento portante di una formazione continua, che non sia solo aggiornamento dei nostri docenti, ma sia anche capacità di riflettere costantemente sulle tante sperimentazioni che si stanno facendo nel nostro Paese che non riescono, se non con grande difficoltà, a vantare continuità condivisa da parte di tutte le scuole italiane. Infine, la riorganizzazione del sistema scolastico che vuol dire dimensionamento e vuol dire anche omogeneità all'interno delle singole attività. Dall'altra parte, abbiamo un notevole intervento, direi senza precedenti, sulle infrastrutture e sulle competenze. Sulle prime, c'è una cifra imponente, ovvero 12,1 miliardi, di cui 10 essenzialmente in edilizia e più di 2 in quello che si chiama il piano scuola 4.0, cioè la possibilità di dotare le nostre scuole di tutte quelle strumentazioni che permettano di non ridurre il digitale semplicemente alla didattica a distanza, ma di arrivare al pieno utilizzo di tutta la gamma degli strumenti; 5,46 miliardi sono sulle competenze.
  Per quanto riguarda noi, l'operazione che abbiamo fatto subito è la costituzione di una task force interna al Ministero che possa gestire questa attività di natura straordinaria, che però deve a sua volta collegarsi con l'attività ordinaria. Abbiamo quindi disposto un gruppo all'interno del Gabinetto, quindi, se volete, in staff mantenendo le line, i due ordinamenti e servizi e, dall'altra parte, questa unità di missione, che ha ben chiaro quali sono le scadenze. In termini di tempi, vi ricordo che abbiamo obiettivi che dobbiamo raggiungere entro giugno 2022 e obiettivi da raggiungere entro la fine del 2022. In particolare, entro giugno 2022 abbiamo fra gli investimenti proprio quel piano 4.0 che vi dicevo prima: scuole innovative, nuove aule didattiche, laboratori, su cui siamo già molto avanti, e la riforma del sistema del reclutamento dei docenti. Mentre, per la fine del 2022, abbiamo la riforma degli istituti tecnici professionali, la riforma degli ITS, la riforma dell'organizzazione del sistema scolastico, la riforma del sistema di orientamento e, infine, la riforma della scuola di alta formazione e quindi la formazione continua. Noi siamo assolutamente allineati su questo calendario rispetto al quale ho già firmato un decreto di programmazione generale che allinea tutte le attività del Ministero a queste tempistiche. Quindi ho inteso fare non un pensiero riforma per riforma, investimento per investimento, ma ho già un documento di programmazione generale a disposizione che dà il quadro di come tutta la macchina organizzativa, sia centrale che periferica, si sta muovendo in questa direzione.
  Rispetto allo stato di avanzamento dell'edilizia scolastica, dei 10 miliardi famosi, ne abbiamo già messi a disposizione 9,1 con bandi già realizzati, a cui si aggiungono circa 900 milioni che fanno parte del piano su asili nido e infanzia che ovviamente ci siamo tenuti per l'effettiva gestione del programma, cioè le persone che ci devono stare dentro. Quindi, rispetto ai 10 miliardi Pag. 5riguardanti l'edilizia scolastica, abbiamo già fatto un bando da 5,2 miliardi afferenti a 800 milioni per 195 scuole nuove, 500 milioni per la messa in sicurezza delle scuole a cui aggiungiamo altri 210 milioni, come parte delle risorse dei progetti in essere ma non ancora assegnati. Quindi, 400 milioni per la costruzione e il potenziamento di mense scolastiche e 300 milioni per palestre. Poi c'è questo grande programma che, con grande franchezza, devo dire non ha precedenti: 4,6 miliardi per asili nido e scuole d'infanzia, comprendente 700 milioni già autorizzati e 900 milioni, che dobbiamo tenere perché sono gli investimenti in conto corrente per la gestione dei servizi educativi. A questi aggiungiamo 3,9 miliardi che sono già stati banditi a suo tempo. Quindi, conto su una tempistica che vede candidature possibili fino al 28 febbraio per tutti questi interventi, meno quello delle 195 scuole, che è già scaduto l'8 febbraio.
  Vorrei fare alcune indicazioni che ritengo importanti. In primo luogo, mi ero impegnato a fare almeno il 40 per cento delle opere nel Mezzogiorno: per molte di queste aree siamo al 55 per cento. Credo che sia importante perché, in particolare per quello che riguarda gli asili nido, la differenza fra molte aree del Nord e molte aree del Sud è eclatante. Stiamo parlando, per gli asili nido, di oscillazioni che vanno da quasi un 50 per cento di possibilità per un bambino che nasce a Reggio Emilia a circa il 3,5 per cento di un bambino che nasce a Messina. È chiaro che lì esiste un problema vero. Come seconda indicazione, vorrei dire che sulle scuole nuove abbiamo fatto una commissione di esperti, per dare le linee guida ai comuni per le progettazioni; il tema fondante è che noi siamo soggetti che fanno i bandi, ma gli attori sono i comuni. Abbiamo fatto una commissione, che ha avuto un'adesione incredibile: Renzo Piano, che la presiede, Mario Cucinella, e alcuni fra i migliori architetti e pedagogisti del nostro Paese si sono messi a disposizione; mi ha fatto molto piacere. Sulle 195 scuole, per oltre 800 milioni, abbiamo avuto 543 candidature perfezionate, per oltre 3 miliardi e 171 milioni: questo vi dà la misura dell'adesione, di come effettivamente sarà una selezione e vi dà l'idea di quanto fossero attese queste misure. Devo però aggiungere due cose a cui tengo molto. Uno dei temi che non posso non rilevare è quello delle difficoltà dei comuni. Questo intervento, anche dal punto di vista economico, è un intervento notevole; dal punto di vista del moltiplicatore, determina, su base locale, un'accelerazione significativa dello sviluppo. Sono tutti investimenti su base locale e quindi, in termini locali, possono determinare anche una forte spinta alla crescita. Però i comuni devono essere aiutati. Allora abbiamo fatto una serie di accordi che abbiamo siglato l'altro giorno, in maniera anche celebrativa, innanzitutto col Ministero per il Sud e con l'Agenzia per la Coesione, che ci mette a disposizione 175 tecnici da mettere a disposizione dei comuni; con Sport e salute S.p.A., per quanto riguarda le palestre; con il gestore dei servizi energetici, perché uno dei punti fondamentali sarà proprio la messa in sicurezza energetica; con l'Autorità nazionale anticorruzione. Abbiamo poi fatto un accordo specifico con la Guardia di finanza e ho istituito un nucleo interno al Ministero che collabora con la Guardia di finanza e con l'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) per essere sicuri che non vi siano infiltrazioni malavitose o, anche semplicemente, che non vi siano cattivi utilizzi di queste risorse. A capo di questo nucleo interno c'è il generale Antonio Labianco, Generale dei carabinieri in riserva che si è messo a disposizione; ho quindi cercato di tutelare in ogni modo questo investimento straordinario che lo Stato sta facendo. Per quanto riguarda il piano 4.0 – ovvero gli altri due miliardi che permettono di arrivare ai 12,1 che abbiamo previsto per le infrastrutture – noi siamo pronti; abbiamo fatto una lunga riflessione, facendoci accompagnare, ancora una volta, da diversi soggetti che sono competenti su questo, a partire dal Ministro Colao, che voglio ringraziare in maniera particolare.
  Abbiamo poi avviato tutto il discorso sugli ITS, partito da questa Commissione, e abbiamo avviato anche un discorso sulla riforma del sistema di reclutamento dei Pag. 6docenti che è un punto delicato, collegato con quello della formazione continua. Su questo è in corso un'interlocuzione con le forze sindacali. Tuttavia, trattandosi di una questione molto delicata, se siete disponibili, vi chiederei di incontrarci ancora per trattare questo argomento, soprattutto sul punto che riguarda la formazione iniziale che, ovviamente, coinvolge il Ministero dell'università, perché è all'università che dobbiamo far riferimento. Coinvolge anche la fase di transizione, perché non possiamo aspettare che tutte le università si mettano in ordine per poter raggiungere questo risultato.
  Per quanto riguarda la riforma degli istituti tecnici e professionali siamo molto avanti. La riforma dell'anno scorso della scuola professionale ha bisogno di qualche manutenzione, ma è sostanzialmente solida, lo stiamo verificando, dobbiamo renderla più operativa. I tecnici invece richiedono più di una manutenzione, perché sono quelli che sicuramente hanno sofferto di più anche di un'evidenza, che loro sanno perfettamente. L'appealing della scuola tecnica era che, al raggiungimento del quinto anno, avevi un esito che poteva essere speso in termini sostanzialmente ordinistici: il ragioniere, il geometra, il perito. Abbiamo dovuto spostare questo livello al sesto e questo ha lasciato sguarniti gli istituti tecnici. Come vedete, è una questione molto delicata che implica una riflessione con gli ordini professionali e quindi anche su questo chiedo aiuto. Tutte le cose che allargano rispetto alla società hanno bisogno di essere affrontate nella loro complessità, non nella loro banalizzazione. Sul sistema di orientamento abbiamo messo la massima attenzione; questo, però, va incrociato con quanto dirò poi sugli investimenti. Sulla riforma dell'organizzazione del sistema scolastico, avete visto che siamo già intervenuti sul tema del dimensionamento: avevamo raggiunto delle dimensioni dei nostri istituti, in particolare dei tecnici professionali, che diventavano difficilmente gestibili. Così come abbiamo, in quasi tutto il Paese, il problema che può sembrare inverso: il sottodimensionamento. In particolare in molte zone di montagna, per effetto della caduta demografica, rischiamo di non riuscire a tenere aperta la porta delle nostre scuole, ve lo dico quasi con angoscia. Intere aree del Paese mi domandano come tenere aperte le scuole. Anche l'allontanamento successivo è diventato tale da mettere in difficoltà proprio i fondamenti stessi di quello che è il senso della scuola, cioè la base della comunità.
  Scuola di alta formazione. Come sapete, la decisione che è stata assunta non è quella di istituire una nuova struttura, ma un comitato che possa utilizzare al meglio le università, le Agenzie INDIRE (Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) e INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) e tutte quelle forme che oggi sono presenti nel mondo della scuola e che articolano le diverse capacità. C'è una riflessione che stiamo conducendo sul tema della formazione continua e permanente: sono assolutamente convinto che la professione di docente richieda un adeguamento costante, particolarmente oggi, e non solo sul lato della digitalizzazione, che è previsto; vi è un tema di preparazione di tutto il personale, anche tecnico amministrativo e dirigente. In particolare, vi ricordo, c'è un tema che emerge, che mi viene sempre più segnalato: quello che si chiama il middle management, cioè tutte quelle figure che stanno fra gli insegnanti, che svolgono attività didattica, e il dirigente. Sempre più all'interno delle scuole si articolano diverse funzioni, quali, ad esempio, di rapporto con l'esterno, di responsabile dei tirocini o responsabile della sicurezza. Sono tutte figure che vanno preparate; quindi c'è anche la necessità di una preparazione adeguata di queste figure che si assumono, dovendo essere remunerati, funzioni di responsabilità nella gestione della scuola. Su questo abbiamo investimenti significativi.
  Ho parlato di investimenti per quanto riguarda la parte infrastrutturale; permettetemi però di riferire degli altri investimenti che ritengo altrettanto importanti, ovvero quelli sulle competenze. Stiamo lavorando moltissimo sulla riduzione dei divari e sulla lotta alla dispersione scolastica. Pag. 7Abbiamo fatto, nel frattempo, un'analisi dettagliatissima, direi scuola per scuola, insieme con l'INVALSI – che voglio qui ringraziare – sulla condizione effettiva della dispersione scolastica. Per dispersione scolastica si intendono quei ragazzi che sono iscritti a un corso e che non riescono a giungere all'esito finale. In proposito mi permetto di fare una riflessione che non posso sviluppare qui, ma che dobbiamo affrontare al nostro tavolo. Un tempo l'obbligo scolastico era fissato a quattordici anni, che coincideva con la fine di un ciclo e quindi con un passaggio importante; poi è stato spostato a sedici anni, ma la conclusione del ciclo didattico è a diciotto. Si dovrebbe fare in modo che nel momento in cui uno studente conclude il suo obbligo, abbia comunque un riconoscimento, perché altrimenti perde di significato. Capisco perfettamente il senso di mettere un obbligo in termini di anni di età, ma l'obbligo vero sarebbe il raggiungimento di un esito: questo è un tema che ci dobbiamo porre. Sulla riduzione dei divari e sulla lotta alla dispersione scolastica abbiamo fatto un enorme lavoro di analisi, che ci permette di avere una mappatura molto chiara delle problematiche. La situazione italiana è molto diversificata: da una parte ci sono regioni del Nord, in particolare talune zone del Nord, che si trovano al di sotto della media europea e, dall'altra, le regioni del Centro Sud che sono sopra la media europea; ma, all'interno di queste, ci sono ulteriori differenze sostanziali, ad esempio, tra le periferie urbane e le piccole città: nelle piccole città la situazione è molto più sotto controllo, mentre le grandi periferie urbane sono oggettivamente un tema. Al riguardo, vi ricordo che abbiamo deciso di fare un avviso con modalità a sportello, quindi non un bando generalizzato, ma con una sorta di continuità di presenza e la modalità a sportello per noi è quello che in qualche modo si accompagna anche all'enorme lavoro che sta facendo INVALSI: cioè, nel momento in cui qualcuno ci domanda qualcosa, sappiamo esattamente come collocarlo. Questo elemento di continuità per noi diventa fondamentale. Su questo avevamo posto il tema che abbiamo rilanciato e stiamo praticando: quello dei Patti educativi di comunità. Stanno funzionando molto bene; naturalmente stanno funzionando molto bene laddove la situazione era già consolidata. Dobbiamo farne, ad esempio, uno che riguarda la città di Napoli che concentra i grandi problemi delle periferie urbane.
  Sulla formazione del personale scolastico e la transizione digitale siamo in grado, come ci eravamo impegnati, di pubblicare entro il 30 giugno uno specifico avviso per l'individuazione dei poli territoriali. Poiché abbiamo ritenuto che non è possibile immaginare che su 8.400 plessi scolastici tutti debbano avere tutto, stiamo immaginando di consolidare dei poli scolastici che facciano da riferimento, soprattutto per l'assistenza tecnica, a quello che deve essere il nuovo assetto. La scelta dei poli scolastici non è stata ovvia, perché questo ci implica che la geografia del territorio va ricondotta ad una rete che abbia dei nodi significativi. Ripeto, ci siamo posti non solo il problema del primo investimento, ma anche quello dell'assistenza tecnica in termini continui: tuttavia, non possiamo immaginare di avere un'assistenza tecnica sugli 8.000 plessi.
  Sulle nuove competenze e i nuovi linguaggi, in particolare, abbiamo il tema cruciale della matematica. Come sapete, due anni fa il Presidente Macron dichiarò la matematica un'emergenza nazionale per la Francia: io non voglio fare la stessa cosa per il nostro Paese, però siamo quasi lì. Qui abbiamo la fortuna di avere l'alta consulenza dell'Accademia nazionale dei lincei, con la quale abbiamo stipulato un accordo per cui siano loro a fornirci assistenza su questo. Di questo stiamo parlando moltissimo con la Ministra dell'università, perché io posso anche conclamare il bisogno di docenti di matematica, ma se la gente non si laurea in matematica... Abbiamo coinvolto il Ministero dell'università su un vero problema di genere: quello di come portare le ragazze verso le materie scientifiche e verso tutto quello che è lo sviluppo delle materie scientifiche. Su questo abbiamo pronto un programma di operatività e, soprattutto, come dicevo prima, abbiamo questo lavoro che stiamo facendo con l'AccademiaPag. 8 dei lincei per cui voglio ringraziare il presidente. Abbiamo fatto anche un'altra operazione: abbiamo sentito, attraverso ripetuti incontri, le associazioni scientifiche, sia dei pedagogisti sia dei disciplinaristi, perché questo incide poi sulla formazione del personale. Qui ritorno a quello che ritengo uno dei punti cardine: la formazione iniziale degli insegnanti, cioè come formare delle persone che scelgono di fare il mestiere dell'insegnante: il problema è riuscire a ponderare quelle che sono l'attività di tirocinio che deve essere fatta nelle scuole con tutori adeguati; quindi dobbiamo formare anche tutori. Abbiamo il tema della pedagogia generale, ma anche quello di come si insegnano le materie. Il fatto che un ragazzo o una ragazza, un giovane o una giovane, si laureino in matematica non vuol dire che sanno insegnare matematica. Così come se uno si laurea in letteratura, non vuol dire che la sappia insegnare. Questa enfasi su come si insegnano le discipline è qualcosa che nei nostri corsi di laurea non c'è: non c'è un percorso specifico che insegni, non la matematica, ma come si insegna la matematica; non la fisica, ma come si insegna la fisica; non l'italiano, ma come si insegna l'italiano.
  Riassumo e vi ringrazio per il tempo che mi avete concesso. Ritengo di poter affermare che siamo in grado di conseguire gli obiettivi che ci sono stati dati nel tempo e i target che sono stati definiti per il 2022. Credo anche che il solo fatto di aver cominciato per tempo, cioè l'anno scorso, a far partire prima la predisposizione per i bandi, poi i bandi abbia sollevato una grandissima attenzione per la scuola italiana. Questo è il tema che abbiamo. Dopo tanto tempo, e lo dico con soddisfazione, ma anche con preoccupazione, si sta muovendo una nuova attenzione sia all'interno della scuola che intorno alla scuola, per questo processo – non voglio usare la parola riforma e non la uso – diciamo di riposizionamento della scuola. E credo che questo vada sottolineato. Quindi, non soltanto vi ho rappresentato la mia necessità di un confronto continuo, ma anche la mia totale disponibilità a questo confronto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, signor ministro. Passiamo adesso al dibattito. Abbiamo concordato con il ministro circa due ore per l'audizione e il tempo disponibile è stato suddiviso tra i gruppi per metà in parti uguali e per l'altra metà in proporzione alla consistenza numerica dei gruppi stessi. Quanto all'ordine di intervento darò, come sempre, la parola prima ai gruppi meno numerosi e poi a quelli più numerosi. Cominciamo subito con gli onorevoli che si sono iscritti a parlare, cominciando dall'onorevole Fratoianni, che ha a disposizione cinque minuti. Prego, onorevole.

  NICOLA FRATOIANNI. Grazie presidente. Spero di riuscire ad utilizzarne anche qualcuno in meno. Grazie signor ministro per la disponibilità. Ha detto molte cose, io cercherò di affrontarne solo alcune. Non dirò molto sul tema dell'edilizia, mi auguro che i progetti vadano a buon fine. Naturalmente lei sa meglio di me che, in particolare gli asili – questione cruciale non solo per i bambini e per le bambine, ma per intervenire su uno dei gap più gravi di questo Paese, quello di genere, rispetto al lavoro – non basta costruirli, servono risorse non di investimento, ma di natura corrente; perché, altrimenti, li costruiamo e poi li chiudiamo perché non ci sono i soldi per pagare gli insegnanti o l'elettricità. Ma so che questo lei lo ha ben presente. Così come per l'assunzione, ha fatto bene. Condivido anche il suo passaggio sul linguaggio e sul lessico che è questione, anche questa, più generale di cui la scuola dovrebbe tornarsi ad occupare, in modo più generale e deciso. Non ci ha detto quasi nulla nel merito dunque mi astengo dal fare commenti.
  Vorrei invece dire qualche parola su ciò che riguarda l'impianto delle competenze. Parto da una considerazione che ha fatto quasi in conclusione del suo discorso, che io condivido, a proposito dell'obbligo e della discrasia che esiste tra l'attuale scadenza dell'obbligo scolastico – premetto che sono da sempre favorevole ad un allungamento Pag. 9dell'obbligo scolastico almeno fino a 18 anni – e la durata dei cicli. Credo che lei abbia ragione, vorrei però che non corressimo il rischio di tentare di risolvere questa discrasia accorciando la durata dei cicli: vedo questo rischio, glielo devo dire sinceramente. Il liceo TED (Liceo della transizione ecologica e digitale), per esempio, va in questa direzione: lo considero un'aberrazione culturale per la durata e perfino per la sua composizione che però sta all'interno di un problema più grande della scuola italiana o meglio, se posso dirla così, del dibattito pubblico attorno alla scuola italiana e alla sua funzione sociale, culturale e anche alla sua funzione come principale infrastruttura sociale, civile e culturale di questo Paese. La scuola, in questi decenni, è stata attraversata da un dibattito che ne ha rovesciato largamente la funzione. Signor ministro, quasi 50 anni fa, più o meno negli anni Settanta, in questo Paese il movimento operaio conquistava con moto straordinario, dal mio punto di vista, uno dei risultati più importanti e forse anche più belli: le 150 ore, ovvero il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici di questo Paese, degli operai e delle operaie, di studiare. Il diritto di studiare e di vedersi retribuito quell'orario di studio e di formazione, nonostante loro fossero già dentro il mondo del lavoro e nonostante svolgessero ruoli, spesso e volentieri, interamente manuali. Oggi siamo di fronte a un rovesciamento impressionante, discutiamo della scuola, ogni volta, e del suo rapporto col mercato del lavoro, come se il problema del nostro mercato del lavoro, della difficoltà di trovare un'occupazione dignitosa e stabile fosse della scuola e della sua inadeguatezza a formare qualcuno già pronto a rispondere alle esigenze del nostro mercato del lavoro, del nostro sistema di impresa. Ma non è così che funziona, il problema è più complesso e forse sta più di là, nel modo in cui è organizzato il nostro mercato del lavoro, nel modo in cui il nostro sistema di impresa recluta, qui sì, o ricerca competenze, le definisce, le seleziona. E l'idea che per risolvere questo nesso e questo elemento di criticità si possa rovesciare il punto di vista piegando la scuola, la sua durata, la sua composizione, la sua articolazione, la sua progettazione – come nel caso del liceo TED – agli interessi attuali, dell'attuale sistema di impresa, della sua forma attuale, a me pare un errore drammatico. Penso che di questo dovrebbe occuparsi la politica, anche il PNRR. Siccome il PNRR avrebbe dovuto essere l'occasione per definire l'Italia del futuro – la scuola del futuro è un giusto titolo – e non lo è stato purtroppo, non per colpa sua, naturalmente, ma neanche del Presidente del Consiglio, non è questo il punto: non lo è stato per un principio di realtà, perché è pieno di progetti vecchi; per mille ragioni non lo è stato, ma non è questo il problema. Il punto è se questa discussione è una discussione che trova o meno il terreno di un confronto. Ed è un confronto necessario anche nell'incrocio con ciò che succede oggi nel mondo della scuola, almeno in una sua parte, per esempio con le mobilitazioni degli studenti e delle studentesse di questo Paese. Vale per il tema dell'alternanza scuola lavoro, degli stage e dei tirocini e di tutte le forme che assume questa dinamica: anche qui, senza banalizzare, c'è qualche problema, vivaddio! Lo vogliamo riconoscere? Vogliamo fermarci a discuterne davvero, fuori da ogni inevitabile emotività suscitata dalla cronaca drammatica di eventi, che non sempre sono immediatamente connessi, ma che evidentemente stanno dentro un corto circuito crescente che è il frutto di questa cultura di fondo che ha piegato in questi anni ciò che doveva essere altro, ad altro. E io credo che questo non possa funzionare. Questo si accompagna, a un'altra cosa che mi preoccupa molto. Non è tema della sua audizione, ma mi scuserà: il riflesso d'ordine che in queste settimane si è prodotto quasi spontaneamente di fronte alla mobilitazione studentesca. Non mi riferisco solo alle vicende di piazza – su questo l'interlocutore non è lei, o meglio, è anche lei, ma la sua collega degli Interni –: è un riflesso d'ordine più generale, è un riflesso d'ordine dei responsabili regionali, dei direttori regionali di questo Paese che mandano lettere per invitare a denunciare o che invitano i dirigenti scolastici a sanzionare in modo pesantePag. 10 sul piano disciplinare, magari provocando la bocciatura degli studenti, o con sospensioni distribuite come se fossero mazzi di fiori perché qualcuno ha occupato una scuola. Penso che su questo sia urgente una sua presa di posizione e un suo intervento, perché quel riflesso d'ordine è inaccettabile: si può condividere o meno la mobilitazione studentesca – io la condivido anche sull'esame di maturità e le chiedo di intervenire – ma, anche qualora non la si condivida, il riflesso d'ordine che in queste settimane è venuto avanti è qualcosa che dovrebbe preoccupare la politica di questo Paese.

  ALESSANDRO FUSACCHIA. Grazie presidente. Non faccio come il collega Fratoianni perché so che mi prenderò quasi tutti gli otto minuti, come lui si è preso i suoi cinque. Saluto il ministro. Volevo ringraziarla per l'aggiornamento che ci ha dato e per la lettura sul PNRR. Ho un commento e una domanda su un tema molto specifico che è uno di quelli chiave che lei ha toccato, costruendolo su quello che ha detto lei ma anche su quello che ha detto il collega Fratoianni. Noi stiamo parlando di PNRR; però questo PNRR va calato in una società, in una scuola, in un'articolazione ministeriale che è quella di queste settimane, di questi mesi e sarà di questi anni. Quindi è inevitabile collegare il ragionamento con il disagio che gli studenti e le studentesse stanno vivendo, con le manifestazioni di piazza perché, alla fine, coloro che possono e devono vivere questa nuova scuola aggiornata, arricchita da tutti i punti di vista, sono sempre gli stessi insieme ai docenti, ai presidi, al personale scolastico. In quest'ottica, per me la funzione della scuola è la grande funzione dell'emancipazione dei giovani, a prescindere dalla propria geografia e dalla propria famiglia di riferimento perché, nascendo tutti in maniera molto disuguale diventiamo tutti diversamente uguali attraverso la scuola e la sua funzione meritocratica o di emancipazione, che forse è una parola anche più bella. In questa ottica qui, però ministro, credo che ci siano tanti modelli diversi che si possono scegliere e ogni modello presenta inevitabilmente delle criticità. Tuttavia, credo, e spero, che abbiamo acquisito una certezza nel corso degli anni, ovvero che la scuola non può più essere quella che ho fatto io a metà degli anni Novanta, in cui sono stato capace di attraversare serenamente, con sacrifici e impegno, un liceo scientifico senza mai uscire da quella scuola per cinque anni, a parte la gita di istruzione. L'idea che la scuola debba essere un luogo aperto non vuol dire solo che si arricchisce di contributi che arrivano dalla società che sta intorno a quella scuola, ma anche che gli studenti e le studentesse hanno l'occasione di uscire e fare esperienza. Perché la scuola non è più, e non può essere, solo apprendimento frontale di nozioni – e qui c'è un grande lavoro ancora da fare, ministro –, allora questa esperienza va maturata fuori insieme con la conoscenza diretta di che cosa c'è fuori dalla scuola, quando entra nella dinamica di rapporto col mondo del lavoro, col pezzo successivo dell'emancipazione e della gratificazione personale, perché nella vita personale ognuno fa quello che può e non necessariamente quello che vuole, ma qui parliamo di gratificazione nella dimensione professionale, nella dimensione lavorativa e così via. Allora, in quella dinamica lì, sul tema dell'alternanza le voglio chiedere due cose, con tutta la serenità che ci è possibile, viste le circostanze anche drammatiche che conosciamo. Il primo, è di usare ogni occasione possibile per fare chiarezza sul fatto che ci sono, come ricordava il collega Fratoianni, delle fattispecie molto diverse, che non competono nemmeno a lei come Ministro dell'istruzione. Lo dico perché poi basta un'agenzia di stampa fatta male, propagata molto velocemente e abbiamo manifestazioni di piazza che si scagliano contro l'obiettivo, dal mio punto di vista sbagliato. Io sono molto favorevole all'alternanza scuola lavoro, ma questo non vuol dire che non ci sia un tagliando da fare all'alternanza scuola lavoro e andare a vedere che cosa succede e non succede. Ricordo che all'inizio di questa legislatura c'era una attitudine abbastanza forte, contraria, a come era stata impostata l'alternanza scuola lavoro, ma il massimo del lavoro di revisione che si è riusciti a fare è Pag. 11stato cambiarle nome e ridurre il monte orario. Anche in quella stagione lì, in quelle successive – e, devo dire a malincuore, anche in quelle precedenti – non si è andato mai a vedere, ministro, scuola per scuola che cosa vuol dire l'alternanza scuola lavoro. Quello che le chiederei, così come sta facendo un lavoro con l'INVALSI sulla dispersione, di mutuare un lavoro di quel tipo e di farlo scuola per scuola sull'alternanza. Andiamo a vedere se nei progetti di alternanza c'è la qualità che serve, l'esperienza formativa che serve e laddove ci sono casi di alternanza che non funzionano – non parlo della sicurezza del lavoro, quello è un altro discorso drammatico, ma anche dove non c'è un problema di sicurezza sul lavoro, dove l'esperienza formativa si è trasformata in altro – che il Ministero metta in moto anzitutto un monitoraggio e poi un accompagnamento di tutta la filiera amministrativa fino alle scuole, ai docenti, ai presidi di ogni singola scuola per aggiustare il tiro; perché sarebbe drammatico buttare il bambino con l'acqua sporca, ministro. Secondo me, dobbiamo stare un po' attenti con questo ragionamento specifico sull'alternanza, perché non è che la scuola frontale degli anni Ottanta e Novanta fosse questo strepitoso ascensore sociale. Ovvero, lo è stato ma, a un certo punto, si è ribloccato, ammesso che per una fase lo sia stato; quindi, potenziamo questi modelli e rafforziamoli. La domanda che volevo farle, sulla quale le chiederei il più possibile di concretezza nella risposta o se non c'è ancora questa concretezza, che sarebbe in parte legittimo, come ci attrezziamo per arrivare alla concretezza.
  Orientamento. Fra tre quarti d'ora, nel corso del question time in Aula, rivolgerò un'interrogazione alla sua collega ministra sull'orientamento lato universitario: è un tema che mi interessa molto, credo sia di grande interesse e che, insieme al disagio psicologico, sia l'altra grande priorità per gli studenti e le studentesse in questo momento e negli anni a venire. E sposo in pieno quando lei dice, mi piace molto l'espressione, non può essere un'informativa fatta meglio di prima su qual è l'università che devi fare, semplificando. Quindi andiamo anche qui sulla dimensione esperienziale, sulle dimensioni di accompagnamento. Che cosa vuol dire concretamente, ministro? Come facciamo a fare in modo che tutto non si esaurisca in meravigliose linee guida che lei fa di indirizzo agli USR (Ufficio scolastico regionale) e alle scuole e che però poi, detto francamente, ogni scuola capisce a modo suo? E come facciamo a scongiurare il meccanismo per cui abbiamo tanti fondi del PNRR, altri fondi strutturali e di altra natura, le risorse, c'è l'idea di linee guida e finisce tutto, me lo faccia dire in chiusura di intervento brutalmente, con progettini che non servono a niente. Allora, come disarticoliamo questa meccanica e che cosa abbiamo in testa per, invece, cambiare la natura e la pelle dell'orientamento nel raccordo fra i due Ministeri sulla scuola? Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Grazie a lei, onorevole Fusacchia. Sospendo la seduta per due minuti.

  La seduta, sospesa alle 14.35, è ripresa alle 14.40

  PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta dando la parola all'onorevole Frassinetti per sei minuti. Prego, onorevole.

  PAOLA FRASSINETTI. Grazie, presidente. Ministro, grazie di essere qua. Ho ascoltato con attenzione la sua relazione. Per quanto riguarda gli investimenti, volevo chiedere qualcosa sulle palestre – perché so che c'erano 300 milioni approntati proprio per le palestre – e sugli spazi mense, che hanno molta attinenza con l'attivazione del tempo pieno. Siccome prima si parlava del Sud, penso che soprattutto al Sud ci sia il problema del tempo pieno, quindi tutti gli interventi infrastrutturali sono molto importanti e la problematica sugli enti locali, proprietari degli edifici, sicuramente non agevola la difficoltà di poter attivare questi lavori. Ho fatto l'assessore all'edilizia scolastica alla provincia di Milano quindi so di cosa sto parlando.
  Prima di rivolgerle una domanda che mi ha indicato il mio collega Mollicone, volevo Pag. 12arrivare un po' al nodo, anche sulla falsariga di quello che diceva il collega Fratoianni prima, a proposito di questo modello dell'Europa che ci dà la possibilità di fare investimenti però, a mio avviso, ha assunto tra le righe la dimensione di una riforma della scuola, saltando la discussione parlamentare, senza capire qual è il nostro quadro valoriale di riferimento. E per quel che riguarda una scuola che cambia, penso che invece sarebbe molto importante parlarne a livello parlamentare. Sembra quasi che l'Europa ci cali un modello di neo liberalismo globale dove ci si ispira a un'industria ipertecnologica e senza che ci siano inutili distrazioni culturali e filosofiche. Questo un po' mi spaventa; non è colpa sua, ministro, però io colgo, a pagina 186, la trasformazione di questi spazi scolastici e quindi penso che, paradossalmente, sia anche inutile investire sui docenti se poi la loro professionalità è destinata a volatilizzarsi, perché il loro destino sarà quello di fare i valutatori o i somministratori di contenuti elaborati da altri. Questa è la mia paura, la paura di Fratelli d'Italia, cioè che anche questa demonizzazione della lezione frontale assuma connotati grotteschi, perché se il professore insegna, molte volte non c'è nulla di più bello, come ho già ribadito in altre sedi, che ascoltare una lezione di filosofia frontale; poi ci sono i laboratori, naturalmente. Non è che uno debba stare incollato alla sedia tutto il tempo, però questa demonizzazione mi sembra che non sia adeguata a quello che è l'apprendimento degli studenti. Anche il liceo breve non mi convince: sembra proprio mirato al lavoro, sembra che la scuola si voglia modellare sul modello produttivo. Quando invece dovrebbe essere un momento, uno spazio di riflessione, di apprendimento, di piacere anche dell'apprendimento, nell'unico momento della vita in cui ci si può anche permettere di stare due o tre anni a pensare alla filosofia, alla storia, senza pensare all'occupazione. Mi sembra che ci sia questa esasperazione dell'azienda, che sia l'azienda a doversi accostare alla scuola e non la cultura a doversi accostare alla scuola; l'elemento cultura è come se fosse un po' spazzato via in questo modello europeo. Quindi non voglio una scuola ridotta al ruolo di allevatrice di perfetti ingranaggi della macchina produttiva, non mi piace, però un po' si intravede. Mi piacerebbe molto che ci fosse una riflessione su questo.
  Volevo soffermarmi sulla l'alternanza scuola lavoro, alla luce degli incidenti che sono successi e quindi, anche qui, verificare se c'è la possibilità anche di fare qualche investimento per cercare di potenziare la sicurezza. Abbiamo avuto due episodi mortali, uno eclatante e uno avvenuto ieri a Fermo, che non era propriamente diretto perché era un incidente stradale, ma altrettanto drammatico.
  Adesso arrivo alla domanda che mi ha consegnato il mio collega: «nell'ambito della digitalizzazione dei servizi della scuola, l'obiettivo posto dal PNRR, riteniamo si debba calibrare il diritto alla privacy tutelando i cittadini e i lavoratori della scuola. Denunciamo da tempo che c'è stata una violazione della privacy di docenti e lavoratori della scuola da parte della piattaforma che fa rilevare al verificatore se qualcuno è vaccinato o meno. Tema su cui abbiamo presentato diversi atti: due interrogazioni e un ordine del giorno».
  Concludo con questa frase che, vi sembrerà strano, ho preso da Il manifesto: «la balcanizzazione dei piani di studi, di cui le stesse scuole si renderanno responsabili, sarà associata a un presunto ammodernamento del sistema scolastico, tutto da dimostrare, che giungerà quando ormai nessuno si ricorderà che esisteva una scuola italiana eccellente».

  LUIGI CASCIELLO. Grazie, ministro e grazie presidente. Innanzitutto, voglio ringraziarla, non solo per il lavoro fatto, ma per aver riportato la Campania in Italia e non nel regime autonomo deluchiano, sulla vicenda della DAD (Didattica a distanza), in un momento complicato sicuramente. Ma non si poteva immaginare che in Campania la DAD fosse l'unico strumento per fronteggiare la pandemia. Era il momento, in questi mesi, per fare altre cose: potenziare i trasporti, seguire meglio i lavori nelle scuole ed altro ancora. Tutto questo è stato fatto poco e male e quindi l'unica soluzione Pag. 13sarebbe stata quella, secondo il Presidente della regione Campania, di procrastinare sine die la DAD.
  Vorrei concentrarmi su due o tre punti che lei ha affrontato. La task force, di cui ha parlato, di sostegno ai comuni con l'assunzione di 135/175 dipendenti – al di là se sono assunzioni temporanee o meno – è fondamentale, perché i comuni, non solo nel Sud, così tranquillizziamo anche l'amico Belotti, ma anche in altre parti del Paese, sono in grande difficoltà per l'attuazione del PNRR. Suggerirei, oltre alla pur legittima preoccupazione di verifica che non ci siano infiltrazioni malavitose, e non per poca fiducia nella sovrastruttura dell'ANAC, di fare qualcosa di più semplice. Mi preoccuperò anche di dirlo alla Ministra per il Sud: questo aiuto che si dà ai comuni attraverso nuovo personale va monitorato. Perché può accadere quello che è accaduto anche nei mesi scorsi con l'invio, la messa a disposizione di personale ai comuni: si sono ritrovati personale assolutamente non adeguato e, in alcuni casi, anche immediatamente dimissionato e dimissionario, perché interessato ad altro anche per l'esiguità della retribuzione. Quindi, suggerirei un monitoraggio continuo, soprattutto perché i comuni potrebbero poi ritrovarsi, come già è accaduto, nell'impossibilità di avere nuovo personale.
  Alternanza scuola lavoro: il problema è questo sì, soprattutto al Sud e lo dico anche con rammarico; può apparire un po' fuori luogo, ma sarebbe assurdo e complicato che avvenga un incidente in una fabbrica, perché difficilmente gli studenti vanno nelle fabbriche a fare la scuola-lavoro. È un paradosso amaro, ma è così. La verità è che bisognerebbe territorializzare anche le esperienze scuola-lavoro; quindi, se nel Sud e in alcune aree del paese, c'è un'esperienza forte, territoriale, di carattere turistico è su quello che alcuni indirizzi scolastici, soprattutto, vanno orientati. È un'esperienza che deve recuperare, secondo me, la parola giusta: credibilità, sia sul fronte della docenza, sia su quello degli studenti. Io cerco sempre di non perdere il rapporto con la realtà, quindi parlo con i ragazzi – ho la fortuna di avere due figli più o meno, adolescenti – c'è un'assoluta disistima nei confronti dello strumento scuola-lavoro, che pure può essere recuperato nella sua finalità iniziale. Però deve essere diversificato da territorio a territorio e non lasciato solo alla sensibilità giovanilistica dei ragazzi nelle scelte che sono invitati a compiere.
  Le palestre: è una questione un po' più ampia. Le palestre sono, in gran parte del Mezzogiorno, l'unico riferimento strutturale per l'attività sportiva. Cioè, al di là delle scuole calcio, ma anche lì in alcuni casi, si svolgono queste attività, private tra l'altro, purtroppo a pagamento, in strutture anche scolastiche, perché basta un campo da tennis o qualcosa di simile perché venga poi data in gestione. Intervenire nel settore delle palestre, non significa intervenire solamente dal punto di vista strutturale, cioè nell'edificazione di nuove strutture. È fondamentale, ritengo, che ci sia, si immagini, un protocollo d'intesa, un accordo di programma tra Ministero dell'istruzione, Sport e salute e CONI perché le palestre non diventino una sorta di bene personale e patrimoniale dei capi di istituto; perché questo è, pur nella comprensione della difficoltà di gestione da parte dei capi d'istituto.
  Infine, lei ha fatto bene a ricordare le riforme che abbiamo davanti. O è questa la stagione delle riforme o non lo è più, non ce ne sarà un'altra perché non ci possono essere riforme senza fondi adeguati. Le lauree abilitanti, secondo noi di Forza Italia, diventano un presupposto fondamentale: oggi si diventa di ruolo, di media, a 43 anni nella scuola italiana; l'età media dei docenti italiani è superiore ai cinquant'anni, 53 anni e gli unici corsi abilitanti che sono ancora in piedi, sono quelli per il sostegno. Ora io mi domando se uno non è in grado di superare o non immagina di fare un corso abilitante, perché non si fa più per la scuola ordinaria, come si può immaginare che poi possa essere adeguato a fare l'insegnante di sostegno. Ecco perché l'abilitazione va superata, in questo momento, anche alla luce di quello che diceva lei: non è detto che uno che si laurea in matematica sia adeguato e sappia fare l'insegnante; o in lettere o in storia e filosofia e sappia insegnarePag. 14 la storia e la filosofia: può essere un grande scienziato ma non è detto che lo sappia insegnare. Quindi, ne abbiamo parlato anche con la Ministra Messa. Vanno rimodulati i percorsi universitari e su questo vorremmo avere qualche idea in più sui tempi della riforma. Probabilmente non tutto si potrà fare in questa legislatura, ma che almeno ci siano i presupposti nella tutela e nella valorizzazione della docenza. Anche i sindacati hanno concentrato la propria attenzione sull'immissione al lavoro dei docenti, ma non sulla loro carriera. Va diversificata, c'è chi è più bravo, chi si impegna di più, chi ha interesse. Questa storia dell'uno vale uno e siamo tutti uguali... Credo che sia la stagione, anche nelle riforme, per puntare al merito e valorizzare finalmente un corpo docente tra i peggio pagati al mondo, ma non per questo meno preparati. Grazie.

  PATRIZIA PRESTIPINO (intervento da remoto). Grazie, presidente. Bentornato ministro. Bello vederla tanto spesso in questa Commissione, la sua presenza è rassicurante nei toni e nei contenuti e nelle notizie sempre puntuali che ci dà. Mi lasci dire, ministro, che svestirmi del ruolo di docente – io sono docente di lettere classiche della scuola secondaria – per assumere quello di parlamentare è complesso perché il cuore di un docente batte sempre, soprattutto quando fa politica e quando deve fare qualcosa di concreto per la comunità scolastica tutta, a cominciare dagli studenti che sono il mio grande amore, la mia grande passione: lo sono sempre stati. Quindi, sentirla parlare, anche con grande emozionalità, dei nostri studenti è importante. Sono ancora, perché sono una nostalgica, nelle chat dei docenti di lettere del mio dipartimento e quindi ho questo polso della situazione; li leggevo anche nei momenti difficili della pandemia, li incoraggiavo, loro mi chiedevano che cosa stessimo facendo. Insomma, ho questo filo rosso con i colleghi e con gli studenti, anche da amministratore: ho fatto per quindici anni l'amministratore a Roma, come la collega Frassinetti e come tanti altri; ho fatto l'assessore allo sport nella scuola di Roma. E voglio venire a questo punto, perché è vero che insegno lettere classiche, ma ho sempre pensato che lo sport sia, come è stato detto da altri miei colleghi, un vero viatico per la crescita non solo fisica, è benessere fisico ma anche psichico degli studenti. Un viatico per l'inclusione sociale, contro l'abbandono e la dispersione scolastica; quindi ho sempre pensato di investire nelle scuole e per le scuole anche nello sport. Per esempio, da assessore, ho investito quasi tutti i fondi che avevo sulla spesa corrente e capitale, nelle palestre scolastiche, perché ritenevo che dare una palestra, riqualificare una palestra o realizzare un campo polisportivo in una scuola di periferia potesse avere il duplice vantaggio di incrementare l'offerta sportiva la mattina per gli studenti e, soprattutto, di aprirla al territorio nel pomeriggio tramite gli enti locali, gli accordi con gli enti locali e con le associazioni sportive del territorio, quelle dilettantistiche per offrire lo sport alle comunità territoriali di quel liceo, di quell'istituto tecnico o di quella scuola superiore o primaria, a prezzi sociali. Quindi è stata musica per le nostre orecchie, quando abbiamo letto che nei 55 miliardi e più, dedicati alla scuola, ci sono anche, mi pare, 300 milioni per incrementare l'attività sportiva, per costruire ex novo o riqualificare palestre e campi sportivi. Ho fatto l'assessore cinque anni col Presidente Zingaretti: andare in una scuola, realizzare un campo di basket e di calcetto, tornare e vedere come quel campo avesse creato un circuito virtuoso tra i ragazzi, avesse incentivato anche i più pigri a fare sport, a prendere in mano un pallone da basket piuttosto che da volley, aver realizzato le piste di atletica – che quest'anno ha reso orgogliosi, con i successi olimpionici, tutti noi italiani – vuol dire veramente incentivare i ragazzi a fare attività sportiva, quindi toglierli dalla strada, vincere la loro pigrizia, sia quella fisica che quella mentale, quindi anche sconfiggere quelle che sono le malattie legate all'obesità, alla pressione alta, al diabete, perché lo sport si sa che è sanità fisica e mentale. Ministro, era una carezza al cuore andare in una scuola a visitarla, senza preavviso, e vedere che quei campetti pullulavano di bellezza, di gioventù, di voglia di fare. E lo Pag. 15dice una docente di latino e greco. Come hanno detto anche i colleghi bene prima di me, stiamo attenti che per quei soldi, come ha detto bene lei nei protocolli che ha annunciato ieri con la Ministra Carfagna, ci siano protocolli che veramente possano monitorare la realizzazione ex novo di strutture sportive, infrastrutture sportive nelle scuole, ma anche la riqualificazione dell'esistente. Perché è vero che il 17 per cento delle scuole primarie in Italia non ha neanche una palestra – le assicuro che ho visto io con i miei occhi a Roma e in provincia che non hanno palestra e che utilizzano come palestre aree da rabbrividire, con spigoli vivi da ogni parte, luoghi dove i ragazzi potevano e possono farsi male. Quindi per il loro benessere fisico, ma soprattutto per il loro benessere psicofisico, monitorare queste infrastrutture sportive, non dico modello campus americano o inglese, perché sarebbe davvero una cosa bellissima che in Italia le scuole proseguissero aperte h24 nel pomeriggio con attività sportive, culturali, teatrali e artistiche, questo è il sogno di tutti noi docenti e di noi parlamentari. Che ci sia dunque un monitoraggio costante per la realizzazione concreta di queste infrastrutture e, quindi, benissimo aver avviato i protocolli, come abbiamo letto ieri, insieme agli enti locali. Giustissimo che ci sia questo accordo preventivo, ma che ci sia anche un forte controllo successivo perché, come sa, la burocrazia, purtroppo, non aiuta la realizzazione di determinate infrastrutture, dalle più piccole alle più grandi. Il ponte Morandi ce lo ha insegnato. Ma anche nelle scuole, come diceva bene il collega Casciello, se non c'è un monitoraggio costante, non solo c'è il rischio che ci possano essere lungaggini, ma che ci siano anche infiltrazioni e queste infrastrutture così importanti non devono essere contaminate in alcun modo da elementi esogeni negativi. Quindi, trovo importante colmare questo gap sociale e territoriale che, per esempio, c'è tra Nord e Sud e condivido che il 40 per cento delle risorse destinate alla scuola vada al Sud. Sono romana ma capisco, da parlamentare del territorio nazionale, quanto sia importante questo. Benissimo incrementare l'offerta di attività sportiva, anche tramite l'accordo con Sport e salute, che nasce con quella funzione di facilitatore della pratica sportiva per tutte le età e per tutte le fasce sociali. Penso che il controllo, ministro, sia una cosa importante.
  Vado velocemente sul piano assunzioni. Da docente di lungo corso della scuola superiore, ricordo quante volte ci siamo trovati in difficoltà con la mancanza di docenti, con le aule scoperte. Abbiamo sempre fatto mille peripezie per poter colmare tutti i vuoti che si creavano in una scuola, soprattutto negli inizi complicati, quelli di inizio anno scolastico tra settembre e ottobre.
  Benissimo la riforma degli ITS. Tra l'altro, ho il piacere di avere il collega Serse Soverini, che è stato l'animatore di questa riforma e che ci ha condotti, passo dopo passo, a questa cosa rivoluzionaria di cui lei ha ben parlato. Avremmo anche una riforma importante che ci permetterà di contrastare l'abbandono e la dispersione scolastica e favorire l'accesso al mondo del lavoro, al netto delle tragedie che si sono verificate nei tempi recenti.
  Ministro, col cuore in mano, da docente, e non è retorica: la scuola ha davvero bisogno di tutti noi, ha davvero bisogno di uno sforzo eccezionale; la scuola non è perfetta, io la conosco bene. Ha tanti buchi neri, ha tante lacune e, come diceva bene Casciello, non siamo tutti uguali noi insegnanti, non è vero che uno vale uno. Ci sono insegnanti bravi, dediti e appassionati che hanno voglia di fare e strafare e che ritengono che la lezione frontale sia una ricchezza reciproca, per chi insegna e per chi apprende, come diceva Erasmo da Rotterdam che è il più alto gradino verso la conoscenza del rapporto tra docenti e discente. È vero che ci sono presidi che hanno esagerato, che esagerano e che pensano che le palestre siano loro. Non è così: la palestra realizzata in una scuola pubblica deve essere a disposizione dei ragazzi e di tutto il territorio, a prezzi sociali. Quindi, va bene tutto, però la scuola ha terribilmente bisogno di noi.
  Un'ultima cosa, me lo lasci dire da docente della scuola superiore, ministro: sulla Pag. 16maturità sono pienamente d'accordo con lei. Vada avanti perché ho sentito i miei alunni, mi hanno pregato, mi hanno detto: «Professoressa, ci aiuti almeno lei, non ci faccia fare la seconda prova». Ritengo, invece, che con una commissione interna, con le prove scelte dalla scuola stessa, i ragazzi debbano avere la forza e il coraggio. Come dico sempre loro: «Coraggio, sursum corda. È vero che avete fatto di meno di altri, ma avrete una commissione di professori che vi conosce e che vi aiuterà». Bisogna tornare alla normalità, tornare alla normalità e affrontare le competenze. Grazie, ministro.

  ANGELA COLMELLERE. Grazie presidente. Buon pomeriggio, signor ministro. La ringrazio per essere venuto qui con noi, oggi, a condividere il percorso del suo dicastero relativamente al PNRR, per fissare e cercare di centrare gli obiettivi che ci eravamo dati.
  Ho alcune domande. Una è molto tecnica, relativamente, proprio, ai tempi in cui è prevista la pubblicazione dell'avviso pubblico per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione, quelli dai 500 milioni di euro. Erano cinque bandi attesi: quindi chiedo se si ha idea di quando può uscire il quinto bando. Anche perché, leggo dalla relazione che abbiamo sentito, che il 2 dicembre sono stati già pubblicati gli avvisi. Nell'elenco c'è anche, proprio, la messa in sicurezza delle scuole. Quindi volevo capire se, come avevamo compreso, questo bando deve ancora essere pubblicato o se è già stato contemplato. Relativamente, invece, ai bandi aperti, quei quattro che ci sono, appunto, per le scuole nuove, per le mense, le palestre, gli impianti sportivi, i nidi, vorrei riportare la stessa attenzione su una condizione che rischia, ex ante, di escludere molte candidature. Il motivo è proprio questo, ovvero che, in alcuni casi, è molto difficile ottenere l'elenco dei documenti che vengono richiesti. Se un comune, quando esce il bando, non possiede la documentazione relativa alla verifica di interesse culturale, che il Ministero della Cultura rilascia in 120 giorni dalla richiesta, potrebbe allegare delle autocertificazioni da sostituire, pena decadenza, con gli originali entro i termini più ampi ovvero al momento della conferma della selezione dell'intervento? Le chiedo un suo intervento chiarificatore in tal senso, per capire se è possibile.
  Mi è piaciuto quando ha fatto il passaggio relativo al problema del sottodimensionamento scolastico. Qui è importante fare una riflessione in quanto, spesso e volentieri, abbiamo difficoltà nei piccoli comuni, ma in tutta Italia credo, a formare le classi e, quindi, a raggiungere il numero minimo previsto per classe, anche in relazione a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009. Volevo capire se era possibile derogare, nonostante capisca anche la difficoltà, perché bisognerebbe eventualmente predisporre una norma dello stesso rango. La nostra preoccupazione è quella che, talvolta, non si riesce nemmeno a formare le classi prime e quindi questo sarebbe molto importante, perché i bambini di prima non possono essere uniti ai bambini di seconda o, almeno, sarebbe il caso che così non fosse.
  Volevo inoltre capire se nei fondi PNRR c'è la possibilità di inserire anche le scuole paritarie tra i beneficiari dei prossimi bandi da 5,4 miliardi, dedicati al potenziamento di contenuti didattici e all'apprendimento degli alunni. Ciò per far sì che non siano penalizzati tanti alunni che decidono di frequentare una scuola paritaria.
  Ultima cosa: ci parlava di un decreto sul reclutamento, che doveva essere emanato tra gennaio e febbraio. Volevo capire a che punto era o se si farà un po' più avanti. Grazie ministro e grazie a tutti voi.

  DANIELE BELOTTI. Sì. Per andare al concreto, aggiungo qualcosa a quanto ha detto la mia collega. 10 miliardi di investimenti: lei ha detto che sono investimenti su base locale che dovrebbero incentivare e spingere una ripresa economica. Dov'è il problema? Da nord a sud, in questo momento, la maggior parte dei comuni italiani sono sotto i 5.000 abitanti, con organici ridottissimi. Mi ha scritto un sindaco, stamattina, di un comune di 1.500 abitanti, dispiaciuto perché ha ricevuto, proprio in questi giorni, una comunicazione da parte del Ministero, che gli viene negato il finanziamentoPag. 17 perché non è riuscito a fare l'aggiudicazione dei lavori di un bando del 6 agosto, quello legato al Covid, entro il 28 ottobre perché non ha trovato imprese che partecipassero alle gare. Siamo in una situazione difficile, dove anche se ci sono i soldi, i comuni, la maggior parte dei piccoli comuni, non ha la capacità di gestire, in tempi così brevi, tutti questi finanziamenti. In più non ci sono le imprese, perché sono impegnate sul superbonus, oppure non si azzardano a presentare offerte perché, con l'esplosione dei costi delle materie prime, non riescono a gestire i capitolati e i preventivi. Sono mesi che chiediamo delle proroghe, chiediamo di venire incontro ai comuni, perché altrimenti rischiamo che tutti questi fondi vadano persi.
  Seconda cosa. Il PNRR prevede che il 40 per cento dei fondi vada al Sud. Le do un dato. Bando palestre, 300 milioni: per la Basilicata, che ha 75.000 studenti, sono previsti 43 milioni e mezzo, pari a 580 euro a studente. Per la Lombardia, che ha 1.160.000 studenti, sono destinati 27,4 milioni, pari a 23 euro a studente. Allora, sicuramente dobbiamo recuperare in alcune zone, però nelle valli, in alta Val Brembana, in Alta Val Seriana o in alta Val Camonica e nelle zone montane della Lombardia, del Veneto, del Piemonte, non ci sono palestre che sono palazzetti. Ci sono strutture, ci sono scuole dove la palestra è ricavata nel seminterrato, o manca addirittura. Quindi, come abbiamo fatto per la rigenerazione urbana, che aveva visto il 93 per cento delle domande escluse dai comuni del nord, in modo trasversale, da destra a sinistra, è stato chiesto di integrare con 900 milioni per recuperare queste domande, sapendo bene che la capacità realizzativa degli enti locali al sud è inferiore a quella del nord. Il rischio è quello di perdere i fondi al Sud, perché non riescono a spenderli e al Nord perché non gli vengono assegnati. Le chiedo quindi se è previsto un «intertempo a metà gara» per cui, nel caso non ci fosse la capacità di spendere questi fondi al Sud, di poterli ridistribuire in altre aree che, magari, hanno più capacità amministrativa di poterlo fare.
  Infine ho una domanda velocissima sui libri scolastici. Con la collega Piccoli Nardelli e con altri siamo bersagliati dai librai, dai piccoli librai, che hanno denunciato anche in Commissione una situazione veramente pericolosa, ovvero che alcune case editrici, le più grandi, danno le edizioni, le copie praticamente in monopolio, ad Amazon o ad altre piattaforme online, facendo ritardare la consegna dei libri alle famiglie. Conseguentemente, soprattutto per la scuola primaria, viene meno quel principio fondamentale che è la gratuità del libro, perché le famiglie devono comprare online quando, invece, gli spetterebbe gratuitamente; però, poiché non arriva, le famiglie lo acquistano altrove. C'è una volontà da parte del Ministero, da parte sua, di venire incontro a una riforma dell'editoria scolastica o, quantomeno, di incontrare nel più breve tempo possibile le associazioni di categoria dei librai? Grazie.

  GIANLUCA VACCA (intervento da remoto). Buongiorno, ministro. Grazie, presidente. Molto brevemente, perché molti temi sono stati già toccati, parto dal problema dei comuni, dal problema Nord-Sud. Credo che il criterio che si debba seguire quando parliamo di divisione dei fondi per le scuole, per l'edilizia scolastica, sia quello del contrasto alla dispersione scolastica. È vero che c'è il vincolo 40 per cento di risorse al Sud, ma, all'interno di questa macro suddivisione, poi, il criterio dovrebbe essere quello di intervenire maggiormente in quei contesti urbani, in quei contesti sociali, dove ci sono maggiori difficoltà, dove c'è un tasso di dispersione scolastica. Questo l'avevamo indicato chiaramente anche nel parere di Commissione che facemmo sulla bozza del PNRR l'anno scorso, dove, appunto, con l'osservazione è stato chiesto di considerare il contrasto alla dispersione scolastica – ma lo è, di fatto, perché nella parte che riguarda il Ministero dell'istruzione c'è questo obiettivo trasversale – e, in generale, alla povertà educativa e culturale, come uno degli obiettivi prioritari di tutto il PNRR, quindi non soltanto come misura a carico del Ministero dell'istruzione. Quindi ritengo opportuno calibrare – ma, sicuramente, il Ministero lo sta Pag. 18facendo – tutta la suddivisione di risorse, anche in base a criteri parametrati al maggior tasso di dispersione scolastica, e al tasso di svantaggio socioeconomico. Immagino, quindi, che le scuole, gli interventi maggiori, siano proprio in quei contesti più difficili, proprio per arrivare ad avere, così come si fa nei Paesi europei più all'avanguardia su questo, le scuole migliori con i docenti migliori proprio nei contesti dove bisogna incidere maggiormente. Pertanto, uscirei da un discorso Nord contro Sud. È vero, magari, che in alcune situazioni è già così; tuttavia, vorrei di più per quanto compete il Ministero dell'istruzione: intervenire in quei contesti dove c'è maggiormente bisogno. Così come è stato posto il problema del sostegno ai comuni che già non riuscivano a gestire la normale amministrazione e adesso hanno un carico di lavoro maggiore con il PNRR. Credo che questo sia molto importante, anche per quanto riguarda l'edilizia scolastica. Anche qui, c'è il rischio che i comuni più fragili, quelli che avevano maggiori difficoltà per carenze di organico, perché le regioni non riescono a supportare come dovrebbero – le regioni hanno dei fondi per supportare anche i comuni nell'attuazione dei piani del PNRR –, nei contesti più deboli, vengano penalizzati perché non riescono a partecipare ai bandi. Quindi va benissimo il protocollo siglato dal Ministero nei giorni scorsi, ma anche dal punto di vista del sostegno amministrativo credo che il Governo debba fare di più, anche per quanto riguarda l'edilizia scolastica.
  Sempre nel parere dell'anno scorso, la Commissione formulò un'osservazione sull'edilizia scolastica, perché le prime bozze del PNRR erano calibrate molto sulla parte dell'adeguamento antisismico ed energetico. Invece, pur condividendo quelle misure, abbiamo espresso l'indirizzo che quelli di edilizia scolastica siano pensati come interventi di rinnovamento complessivo degli ambienti di apprendimento. Quindi, non soltanto adeguamento antisismico ed energetico, ma anche elemento di innovazione didattica. È stato fatto molto su questo. Il PNRR è stato modificato nel senso auspicato dalla Commissione ma, adesso che siamo nella fase attuativa, occorre fare uno sforzo ulteriore, perché siamo di fronte, come lei ha detto, ministro, a una sfida epocale. Abbiamo tantissime risorse e possiamo, con queste risorse, intraprendere un percorso di innovazione del nostro sistema di istruzione, come mai in precedenza. Il lavoro da fare è enorme, perché non si tratta soltanto degli ambienti di apprendimento, si tratta di edilizia scolastica, di formazione del nostro personale docente, di formazione iniziale e formazione in itinere. Credo che occorra fare di più, ripensando la filiera dei saperi. Lei ha detto una cosa sacrosanta e glielo dico prima di tutto da docente: non bisogna essere degli eccellenti conoscitori della propria materia per insegnare bene quella materia. Ormai, sono decenni che l'abbiamo capito. Bisogna saper insegnare quello che si conosce; tuttavia, è meglio avere un docente che conosce un po' meno la propria disciplina, ma sappia insegnarla bene, piuttosto che avere un docente preparatissimo sulla propria disciplina, ma che non sappia insegnarla, non abbia gli strumenti per farlo. Quindi, un ripensamento complessivo della filiera dei saperi, dando maggior dignità alla professione di docente, sia in ingresso che in itinere, credo che sia fondamentale e questa potrebbe essere l'occasione giusta, perché lo strumento delle indicazioni nazionali del curricolo, che sono un aggiornamento periodico che il Ministero fa, l'ultimo credo sia del 2018, va bene ma, evidentemente, non è stato così efficace perché ci sono molti casi di eccellenza nelle scuole, poi nelle scuole spesso si continua a fare didattica con lo stesso modello, con la stessa impostazione dei decenni scorsi. Questo non per colpa dei docenti, ovviamente, ma probabilmente perché il sistema di formazione e anche di didattica che c'è nelle scuole è ancora quello di qualche anno fa. Quindi occorre una grande innovazione dei saperi, e credo che questa sia l'occasione, soprattutto per fare in modo che il contrasto alla dispersione scolastica e gli interventi maggiori vengano calibrati proprio in quei contesti dove c'è maggiormente bisogno.

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  MARCO BELLA (intervento da remoto). Grazie, presidente. Buongiorno ministro. Cercherò di non andare oltre i pochi minuti. Ci ha dato una relazione molto chiara, molto dettagliata. Ci ha lasciato anche un documento che poi analizzerò con calma ed ha anche detto una cosa molto bella, cioè che le parole sono importanti: è vero. Fa un po' male leggere la parola asili nido e non la definizione che è nella letteratura scientifica, nidi dell'infanzia. Questo perché la ricerca e la pratica educativa degli ultimi trent'anni ci hanno dimostrato che le basi essenziali dello sviluppo cognitivo e socio emotivo si formano essenzialmente nei primi quattro anni di vita, in contesti sia accoglienti che sollecitanti e il nido dell'infanzia non è un semplice parcheggio. La funzione, seppur importante, è quella di permettere alle mamme di poter lavorare; ma è un'esperienza educativa essenziale, soprattutto nella fascia zero-tre, per poi passare a quella che è la scuola dell'infanzia. È lì che si formano buona parte delle conoscenze cognitive. Detto questo, proprio perché questo è un settore estremamente importante e fondamentale, sui bandi riguardanti i nidi dell'infanzia sono state evidenziate alcune criticità da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio che sono state riportate su diversi mezzi di informazione. Le leggo testualmente quello che dice l'Ufficio parlamentare di bilancio: «Criteri senza fondamento». In particolare, uno dei criteri che è stato più contestato è stato il fatto che è stata rivista la popolazione delle regioni con una proiezione al 2035 e non la popolazione attuale. Il collega Belotti si chiede, giustamente, perché il Nord deve avere così poche risorse rispetto al Sud. Questa è una criticità giusta, ma l'idea è che dobbiamo colmare un gap che c'è tra Nord e Sud e lei l'ha spiegato molto bene. A Reggio Emilia c'è oltre il 33 per cento di posti disponibili per la fascia 0-3. Mentre, invece, in alcune regioni del Sud si arriva al tre per cento. Quindi, il discorso è che siamo tutti nello stesso Paese, siamo tutti sulla stessa barca e vogliamo aiutare le regioni che sono più indietro. Vorrei che, con un documento successivo o anche adesso, brevemente, possa chiarire le osservazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Credo di non doverle ricordare in dettaglio perché, sicuramente, le conoscerà, in particolare quelle sui nidi d'infanzia. Se lei potesse chiarire questo aspetto, sarebbe particolarmente utile anche rispetto all'enorme lavoro che al Ministero dell'Istruzione state facendo. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bella. Ministro, la ringrazio per la relazione puntuale che ha toccato tanti punti molto importanti. Vorrei, a conclusione, fare una domanda molto specifica. È un tema che ha sollevato anche la collega Colmellere che è a me molto caro: quello del dimensionamento scolastico che è previsto anche nel PNRR. Sa bene che nel corso dell'esame delle ultime due leggi di bilancio sono stati presentati alcuni emendamenti che sono stati sottoscritti dall'intera Commissione proprio perché il tema ci è molto caro. Credo che vada fatta chiarezza in maniera definitiva su questa norma che – avendo abbassato anche i parametri numerici, così come prevedeva, appunto, la legge sul dimensionamento scolastico – non ha risolto il problema, perché si parte da un vizio di fondo di competenza tra la Conferenza Stato-regioni e lo Stato; infatti, l'una è competente sui parametri, l'altro, invece, sul contingente del personale. Quindi, le norme che vengono stabilite, poi, a livello regionale sono vincolate dal limite dato alle assunzioni che sono bloccate o dal mantenimento, appunto, delle facoltà assunzionali per quanto riguarda i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi generali amministrativi. Il PNRR prevede il tema del dimensionamento che, tuttavia, resta un problema sia per i comuni montani, sia per i grandi istituti, penso agli istituti tecnici. Si potrebbero definire delle norme, in accordo con la Conferenza Stato-regioni, per porre, finalmente, un po' d'ordine su questo tema e dare anche certezze alle scuole anche assegnando, chiaramente, alla scuola autonoma un dirigente effettivo e limitare in questo modo la reggenza? Soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo – veniamo da una grande pandemia – caratterizzato da grandi difficoltà per tutto il personale che ha bisogno di certezze in Pag. 20questo campo. Grazie, ministro. Le do la parola per la replica.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. La ringrazio moltissimo, presidente. Ringrazio tutti per la puntualità delle considerazioni, ma anche per aver aperto una serie di riflessioni che accedono a questa nostra presentazione. Laddove non riuscissi a rispondere, mi impegno a mandare risposte scritte sui singoli argomenti.
  Riparto dalla domanda dell'onorevole Frassinetti, che è molto legata anche a quella dell'onorevole Fratoianni. Come ho potuto dimostrare nei fatti, fin dal mio insediamento ho voluto tornare in presenza. L'ha visto, anche il 10 gennaio, quando erano in molti a dirmi: «Non si può, non si può», per un motivo fondante che ho sperimentato su me stesso, perché insegnare è la capacità di creare quella connessione, anche intima, che lega le persone. Chiunque ha insegnato sa che si tratta di questo. Chiunque ha fatto o fa questo mestiere, come io ho fatto per tutta la vita, sa che quello che alla fine giustifica questo mestiere è essere in grado di avere una relazione umana basata sulla capacità di trasferire reciprocamente conoscenze, informazioni, ma anche emozioni. Ci ho messo la mia vita, quindi non posso parlare per altri, ma per me. In proposito, lei mi ha fatto anche un'altra domanda. Qui, però, rispondo da economista, un economista che studia... tutta la mia vita ho studiato i classici, da Adamo Smith in avanti. Tanto più è rapido il cambiamento tecnologico, quanto più va affrontato avendo solidità di organizzazione, di cultura e di base scientifica. Cioè, quanto più il cambiamento tecnologico e quindi l'organizzazione della produzione è rapido, tanto più ci si deve predisporre per i cambiamenti e gestirli. Nulla sarebbe più sbagliato di una scuola vincolata a modelli di organizzazione che, nel periodo di scuola, già sono superati. Esiste un problema di fondo. Il ciclo scolastico è, per sua definizione, più lungo del tempo di adattamento e di modificazione della fase produttiva. Le ho risposto. Noi dobbiamo fare persone: e uso la parola «fare»; capisco la pesantezza dell'espressione «fare persone», però, mi creda, e parlo della mia esperienza, nel fare persone in grado di essere tali, solide umanamente, tanto da affrontare l'incertezza del cambiamento, culturalmente preparate, tanto da poter cogliere i segni del cambiamento, tanto scientificamente e tecnologicamente strutturate, per poter utilizzare tutti i mezzi del cambiamento. Questa è la scuola che ho in testa. Più quell'accezione, di cui ho detto tante volte e che non è frutto di intuizione mia, ma di una letteratura vastissima, che è quella della scuola affettuosa, cioè una scuola che riesca a spingere i ragazzi a creare relazioni positive tra le persone e, quindi, a sentire anche la necessità di come sia, in materia di educazione, la capacità di creare comunità. Su questo, credo che la mia posizione sia chiarissima e, devo dirlo, nessuno può pensare che io mi stia allineando a modelli che possono essere giustificati e spiegati, ma che afferiscono eventualmente alla gestione della scuola, non alla sua essenza. Della gestione della scuola si può parlare, anche del concetto di autonomia possiamo parlare, o di quali siano i margini di responsabilità del dirigente o dei soggetti, comprese le famiglie che partecipano alla gestione. Ma questo è un altro discorso; l'essenza della scuola, per me, è quella che le ho detto che, ripeto, è frutto, se non altro, di una vita spesa a fare il docente universitario, ma sempre prendendo, come anche lei ha ricordato, la bellezza del mestiere, che non può essere trasferito ad altro. Può avere sussidi, può avere sussidi didattici; può avere strumenti didattici e poi, nella sua essenza, richiede, scusate il gioco di parole, la fortuna di non avere professori, ma maestri. Io ho avuto la fortuna di averli e quindi non posso che, ancora una volta, parlare di me. Il fatto di avere maestri è importante, perché il maestro ti accompagna. E allora, quando si parla di orientamento, lo dico anche all'onorevole Fusacchia, si rimane spesso nel vago. No, noi dobbiamo immaginare che l'orientamento si fa sempre. C'è un orientamento che si fa con i bambini, dove l'oggetto, certamente, non è il lavoro, ma la capacità di essere, fin da piccoli, parte di una comunità. Vi è nella scuola secondaria, e deve partire fin da lì, Pag. 21un accompagnamento con un tutore. Nella mia versione ci deve essere, entrando in una scuola, la capacità non solo di avere le lezioni frontali, perché questa è la parte critica della scuola secondaria, ancora adesso è molto organizzata per materie, ma avere anche all'interno della scuola la possibilità di avere qualcuno che ti accompagni, in piccoli gruppi, però con ore dedicate. Voglio fare una riflessione, però, sul concetto che l'onorevole Fusacchia ha citato di «scuola aperta e scuola chiusa». Nell'epoca in cui viviamo non può che essere aperta, perché la scuola è aperta. Il rischio è che sia aperta senza controllo, senza regole, e allora qua devo essere molto chiaro. Permettetemi una parentesi. Il dolore è dolore. Il dolore delle famiglie dei due ragazzi è un dolore a cui ho partecipato come genitore: l'ho comunicato a tutti, a loro, alle famiglie, ma anche ai centri di formazione. La tematica è generale e riguarda, se vuole, il rapporto fra scuola e attività lavorative: ma in quei due casi specifici non eravamo in alternanza scuola-lavoro, non eravamo in PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento). Erano corsi di formazione professionale a finanziamento regionale, gestiti da centri di competenza specificatamente privata. Attenzione: questo non toglie niente rispetto al tema della sicurezza; ma non era un PCTO. Era un corso di formazione professionale, triennale nel secondo caso, al quarto anno, nel primo caso, gestito da istituti dei quali ho grande rispetto, che sono la Famiglia Salesiana, nel caso di Udine, ed Artigianelli, nel caso di Fermo: centri di grandissima tradizione a cui va tutto il mio rispetto, ma che costituiscono situazioni diverse. Dopodiché, i percorsi che abbiamo fatto di apertura tramite esperienze all'esterno, partendo dal 2015 (indico l'onorevole Fusacchia, anche se non c'è, perché lui lo sa bene), rivisti nel 2018 coi PCTO – sono sempre convinto che non bisogna mai usare sigle, bisogna trovare dei nomi che siano di per sé evidenti perché, altrimenti, dietro alla sigla si nasconde sempre la confusione – diciamo corsi di competenza trasversale, sono cose diverse, sono esperienze di carattere educativo che hanno tempi limitati e precisati per norma, che devono avere un tutore scolastico e uno nella sua istituzione esterna. Vanno sicuramente posti tutti i termini di sicurezza, laddove siamo in una situazione esterna. Ricordo che questo è un Paese con un livello di morti sul lavoro inaccettabile e quindi, qua, si incrociano diversi problemi. Questo punto è molto chiaro, ha ragione l'onorevole Fusacchia: articoliamo bene le situazioni, perché se non le articoliamo bene il rischio è, ancora una volta, di cogliere situazioni diverse banalizzandone il significato. La formazione professionale da IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) è legata al lavoro e disegnata sulla base di norme che l'attribuiscono alle regioni, su finanziamenti europei, e di cui io, come Ministro dell'istruzione, sono pronto, non solo a farmi carico dal punto di vista morale, ma anche di una riflessione più profonda, per legare questo all'interno del sistema educativo nazionale. Di questo, col Presidente Fedriga abbiamo parlato; però, cominciamo a ragionare anche sulle cose che sono, perché altrimenti rischiamo tutti noi di essere, poi, asserviti ad una serie di penalizzazioni che non aiutano a risolvere i problemi. Rispetto a questo voglio essere molto chiaro. È evidente che dobbiamo avere una scuola aperta. Aperta, però, nella funzione propria della scuola, cioè educativa. Non c'è nessuna possibilità di surrogare un'attività di lavoro con un'attività educativa: sono cose diverse che vanno regolate diversamente. Però è chiaro anche che vi sono alcune attività esperienziali che vanno condotte proprio in questa scuola che vuole essere aperta, ma deve essere, non solo sicura e sicurissima, ma deve essere anche capace di valutare di volta in volta le singole esperienze. Non si fa un'esperienza di per sé: si fa un'esperienza perché è valutata e valutabile all'interno di un percorso scolastico, di un percorso scolastico personalizzato, come sempre più ci viene domandato e, quindi, legato all'orientamento. Ancora una volta, queste sono esperienze che si legano col capitolo fondamentale dell'orientamento, di cui vi deve essere, all'interno di ogni scuola, un responsabile preparato per questo che, a sua Pag. 22volta, è in grado di valutare le singole esperienze e di riportarle all'interno di un coerente quadro didattico della scuola. Fa parte dell'autonomia. Rispetto a questo, il tema dei monitoraggi diventa assolutamente cruciale.
  Noi abbiamo, oggi, proprio sull'edilizia, un'anagrafe dell'edilizia che è impressionante. Abbiamo 40.800 edifici in cui si svolgono attività didattiche di proprietà non del Ministero, ma dei comuni e delle province, rispetto ai quali abbiamo l'obbligo di dichiarare la necessità di azioni che, però, devono condurre altri. Così come abbiamo possibilità di azione su una scuola dove, però, la capacità di programmazione territoriale spetta alle regioni. Su questo, presidente, ha ragione: dobbiamo sederci noi, le regioni, il Parlamento, e chiarire che cosa vuol dire. Abbiamo avuto una grandissima conquista, che apprezzo moltissimo, che è, quella che vogliamo chiamare, che chiamo e ho chiamato più di una volta nei miei scritti, la «Repubblica dell'autonomia». L'autonomia delle scuole, l'autonomia dei comuni, l'autonomia delle province, l'autonomia delle università, l'autonomia dei diversi soggetti che agiscono nell'ambito educativo. Però dobbiamo trovare una modalità per cui queste autonomie non diventino ostative l'una dell'altra, di un'azione corale, che però deve essere coerente. Quella che in inglese si chiamerà consistency. Perché deve esserci una consistency delle azioni che ognuno fa nel quadro complessivo di una gestione, non solo di un obiettivo finale. Il tema che lei ha esposto nella sua ultima domanda è assolutamente evidente. Ho fatto dieci anni da assessore regionale e, come assessore regionale, avevo un problema: poiché ero l'autorità del territorio, stabilivo dove poter fare una scuola – quindi, non una reggenza – ma c'era poi qualcuno che mi diceva: «io ho questo personale». Oggi la situazione è invertita: mi trovo ad avere del personale che, a sua volta, non trova collocazione perché abbiamo questo incrocio. Dobbiamo ragionare. Una soluzione potrebbe essere semplicemente – la sto ipotizzando, non la sto definendo – quella di stabilire una quantità di dirigenze disponibile per regione, ma poi la regione se ne deve far carico e assumersene la responsabilità. Cioè la responsabilità si lega alla scelta, signori. Capisco che le possibilità di scelta sono difficili, perché la scelta richiede conoscenza, capacità e, in un contesto nazionale, eguale capacità di valutare e parametrare i risultati. Vi confesso che, ogni tanto, di fronte all'enormità dei problemi che abbiamo potrei avere anche la tentazione di dire: «sono problemi immensi, non so se ce la faremo», ma noi non abbiamo alternativa, ce la dobbiamo fare e quindi, come ha detto prima l'onorevole: «siamo qui per questo». Di fronte a noi c'è il problema enorme che il soggetto attuatore sono i comuni e, come ha detto l'onorevole Belotti, che ringrazio per la puntualizzazione, abbiamo comuni che hanno non solo dimensioni, ma anche capacità amministrative molto differenziate nell'ambito del Paese. Sulla base di una negoziazione svolta a livello europeo prima che noi ci insediassimo, abbiamo ottenuto una parziale visione del PNRR, ma una strettissima regolazione da parte del PNRR da parte europea. Quindi anche noi abbiamo limiti molto vincolati e molto stretti. Per cui, il parametro di riferimento non è il dato, ad esempio, per quanto riguarda le palestre, della percentuale di spesa per studente, ma il gap. Tutta l'impostazione che ci è stata data e su cui abbiamo convenuto è, come diceva l'onorevole Bella, il recupero dei gap che si sono realizzati nel tempo, nelle allocazioni e negli investimenti realizzati in passato. È sul gap che misuriamo, poi, le scelte che verranno condotte in ambito di selezione dei progetti. Dopodiché, il problema che lei pone è un problema realistico e sul quale convengo. Diverse capacità di realizzazione, diversi contesti locali dei mercati dei beni, diversi contesti specifici, che rischiano di generare, da una parte, un'incapacità di utilizzo totale dei fondi e, dall'altra, una domanda di fondi che è inesaurita. Queste sono, però, le regole che abbiamo. Sicuramente possiamo insistere, tramite la Presidenza, per verificare se sia possibile avere, da parte della Commissione, quello che è stato fatto in altri contesti europei, cioè il reimpiego. Questo lei Pag. 23domandava, no? Questo lo possiamo verificare: allo stato attuale non le posso dare risposta. La risposta attuale è no. Possiamo verificare, però, se la sua sollecitazione si può trasformare in una richiesta formulata alla struttura di controllo.
  Per quanto riguarda le scuole paritarie, non vi è possibilità di ricorso per la parte edilizia; vi è ricorso per la parte formazione docenti, cioè sulle competenze.
  Per quanto riguarda la messa in sicurezza, abbiamo già inviato la nota alle regioni perché scelgano gli interventi da finanziare. Su questo e su altre materie, però, vi è da parte nostra – è qui il dottor Fiorentino, Capo di gabinetto – la totale disponibilità per vedere specificatamente i problemi che ci avete posto, uno alla volta.
  All'onorevole Bella, per quanto riguarda l'importante considerazione che ha avanzato in merito alle considerazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, rispondo che noi siamo pronti a dare tutte le risposte che abbiamo già dato; tuttavia, voglio fare una considerazione sui nidi d'infanzia e mi scuso se ho usato una dizione desueta. Vede, ho avuto la fortuna, pur facendo professionalmente l'economista, di poter fare per dieci anni l'assessore in regione Emilia-Romagna; quindi, la mia formazione sul campo è stata condotta essenzialmente partendo da Reggio, da Reggio Children che mi pare essere il punto di riferimento in questo. Convengo con lei, assolutamente, che 0-3 è assolutamente l'età critica e abbiamo superato tutti da tempo, ormai, la fase in cui consideravamo il nido nient'altro che un parcheggio. Tutti abbiamo chiaro il valore educativo, tant'è vero che io in tutte le mie considerazioni considero 0-3, 3-6, quindi, 0-6, parte integrante del sistema educativo nazionale, ancorché gestito da soggetti diversi.
  Ho concluso, presidente. Per tutte le considerazioni siamo a disposizione. Grazie presidente.

  PRESIDENTE. Grazie, ministro, grazie a lei per il suo intervento. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50