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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori

Resoconto stenografico



Seduta n. 19 di Giovedì 17 febbraio 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi:
Cavandoli Laura , Presidente ... 2 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 3 
Cavandoli Laura , Presidente ... 7 
Saponara Maria  ... 7 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 8 
Fregolent Sonia  ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 8 
Giannone Veronica (FI)  ... 8 
Cavandoli Laura , Presidente ... 9 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 9 
Cavandoli Laura , Presidente ... 12 
Rizzotti Maria  ... 12 
Colmellere Angela (LEGA)  ... 12 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
De Lorenzo Rina (LeU)  ... 13 
Cavandoli Laura , Presidente ... 13 
Menga Rosa (Misto)  ... 13 
Ascari Stefania (M5S)  ... 14 
Bianchi Patrizio , Ministro dell'istruzione ... 14 
Cavandoli Laura , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione successivamente inviata dal Ministro dell'istruzione ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA CAVANDOLI

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'istruzione, il dottor Patrizio Bianchi, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire oggi in Commissione. Il Ministro è accompagnato dalla dottoressa Chiara Muzzi, portavoce, dal dottor Alessandro Ascoli, capo delle segreteria e dalla dottoressa Elena Centemero, consigliere.
  L'audizione del Ministro per l'istruzione costituisce un momento importante per l'inchiesta che la Commissione sta svolgendo, insieme a quelle già svolte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e della Ministra per le pari opportunità e la famiglia.
  La tematica dei minori fuori famiglia è del resto fortemente trasversale ed è necessario interloquire con numerosi organi istituzionali. Anche per questo registriamo un ritardo nella disponibilità della Ministra della giustizia a intervenire che solleciteremo, come abbiamo stabilito ieri durante l'ufficio di presidenza.
  Per quanto attiene l'audizione odierna, mi limito ad alcune brevi considerazioni prima di lasciare la parola al Ministro. La prima considerazione è che la tematica dell'istruzione della scuola entra in gioco sotto diversi aspetti che ricordo sommariamente.
  Il primo è il ruolo educativo del sistema scolastico e anche la sua funzione di segnalazione di situazioni dei minori bisognosi di tutela. Tale ruolo è molto chiaro nel suo disegno generale. Vorremmo, però, avere dal Ministro qualche valutazione sul suo funzionamento concreto e, se è possibile, qualche elemento quantitativo.
  Rispetto alle segnalazioni, la Commissione ha ricevuto alcune segnalazioni di situazioni in cui la scelta dell'home schooling avrebbe in qualche modo contribuito a fondare interventi dei servizi sociali. Anche su questo tema le chiederemo qualche valutazione.
  Il secondo aspetto, fortunatamente più limitato, attiene alle modalità di prelievo dei minori allontanati dalle famiglie, quando questi allontanamenti avvengono nelle sedi scolastiche o all'uscita della scuola.
  Il terzo aspetto, che è fondamentale nell'ottica della Commissione, attiene alla presa in carico da parte del sistema scolastico nel suo complesso dei minori fuori famiglia, i percorsi individuati, la frequente mobilità, i tassi di successo o fallimento, l'effettiva frequenza scolastica dei minori ristretti in comunità e le modalità in cui questo avviene. Anche su questo aspetto il quadro organizzativo è chiaro, però vorremmo chiedere se esistono dati statistici organizzati, anche perché in diverse segnalazioni pervenute alla Commissione si evidenzia come nella pratica la frequenza scolastica dei minori in comunità non sia affatto scontata.
  Vengo ora a un'ultima seconda considerazione, che riguarda il rapporto fra le Pag. 3disposizioni che regolano questa materia e la concreta realtà delle cose. Il quadro generale è relativamente recente ed è contenuto nelle «Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalla famiglia di origine», che risale al dicembre 2017. Comunico ai commissari che è un documento che è stato acquisito dalla Commissione. Si tratta di un testo complessivo con grande valore programmatico, tanto che si parla un po' retoricamente di via italiana all'inclusione. Le linee guida possono essere un insieme complesso di interventi da parte di una pluralità di soggetti interni ed esterni alla scuola. In alcuni casi ci sono prescrizioni, mentre in altri casi si individuano esigenze da soddisfare nel rispetto dell'autonomia.
  Io lascio la parola al Ministro, ringraziandolo ancora per la disponibilità e per la puntualità, chiedendo sin dove ora la sua disponibilità a rispondere ai quesiti dei commissari anche in forma scritta qualora il tempo non sia sufficiente o voglia condurre degli approfondimenti prima di completare la risposta. Grazie.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per questa opportunità data al Ministero dell'istruzione di illustrare non solo che cosa si sia fatto, ma anche i valori fondanti del nostro intervento. Dico «valori fondanti», perché io credo che sia importante, in un momento complesso come quello che stiamo vivendo, riaffermare la centralità della scuola. La scuola pubblica deve garantire a tutti e non a uno di meno quel principio fondante che non è soltanto l'istruzione, ma la partecipazione alla comunità, la capacità di essere e di formarsi dotandosi e di essere dotato di quegli elementi cruciali per poter partecipare attivamente alla vita della comunità.
  Sul tema dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze che vivono una condizione di essere oggetto di un intervento così importante come l'affidamento, abbiamo ragazzi e ragazze, bambini e bambine che hanno sofferto, che hanno delle fragilità che si incorporano in loro e che rischiano di segnarli poi per tutta la vita. Per questo la scuola e così importante.
  La scuola è importante non perché deve surrogare altre istituzioni fondanti e la vita collettiva: la scuola non vuole e non deve surrogare la famiglia, la scuola non deve e non vuole surrogare la società. La scuola è la scuola. La scuola nel nostro ordinamento è quel principio fondante per cui tutti e non uno di meno hanno il diritto di fare parte di una prima comunità che è la scuola. La scuola è la prima comunità in cui ognuno di noi è inserito.
  In questo le linee guida dell'11 dicembre 2017, le «Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni fuori dalle famiglie di origine», tuttora vigenti, segnano il ruolo della scuola e quello delle famiglie, ma distinguono anche, poiché la famiglia di origine può essere in una condizione tale da non riuscire a garantire questo elemento di continuità, ciò che è necessario non solo per il benessere del bimbo o della bimba, ma anche del «cittadino in crescita».
  Di cosa stiamo parlando? L'ultima analisi che noi abbiamo, che svolge il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, segnalava nel 2019 27.608 minori collocati fuori dalla famiglia con un'attenzione che va posta sui minori stranieri non accompagnati e sulle specifiche situazioni. Di questi, poco meno della metà, 13.555 erano in affidamento familiare e 14.053 erano in servizio residenziale per i minorenni. Ho una nota che, se lei permette, presidente, io lascerei all'attenzione della Commissione.
  Quando parliamo di affidamento, abbiamo condizioni e situazioni diverse. Infatti, abbiamo situazioni che ritrovano una famiglia e situazioni che, invece, trovano una comunità che a diverso titolo svolge la funzione della famiglia, ma che non la può surrogare.
  Qual è però il momento cruciale? È quando ci si accorge che un bambino o una bambina, una ragazza o un ragazzo stanno male. Prima che si avvii tutta la macchina, prima che arrivino i giudici e le forze dell'ordine, c'è un momento cruciale: io mi accorgo che stai male. Questo è il mestiere dell'insegnante. Ciò che rende la scuola unica ed importante è questo.Pag. 4
  Voi sapete che ho preso una posizione chiara e netta per la scuola in presenza. In questa fase che stiamo vivendo molti dei nostri ragazzi sono in una situazione di malessere e bisogna guardarli negli occhi, perché questo è il mestiere ed il compito dell'insegnante, ovvero vedere se una ragazza o un ragazzo stanno male. Per questo motivo il primo presidio è quello di rafforzare e formare i nostri insegnanti. Anche i giovani insegnanti vanno formati di più.
  Voi sapete che è in corso di discussione una delle riforme fondamentali legate al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): la riforma del reclutamento e contestualmente la riforma dell'alta formazione, ovvero la formazione continua, di tutto il nostro personale. La formazione iniziale deve formare i nostri insegnanti non solo a essere solidi nelle competenze e nella didattica della disciplina che insegnano, ma anche nell'affrontare situazioni e contesti come quelli che possono portare ad un affido.
  Nella gestione dei gruppi classe, dei gruppi delle alunne e degli alunni, vi sono situazioni in cui, a volte, si tendono o a nascondere le sofferenze dell'uno o, a volte, anche esasperarle come nei casi di bullismo e anche di cyberbullismo, che sono moltiplicatori di tutto ciò. Credo che, ancora una volta, anche in questo sia rilevante evidenziare il ruolo fondamentale dell'insegnante. L'insegnante è il primo vero presidio. Dopodiché non sono contrario a che nelle scuole sia presente la figura dello psicologo, ma non possiamo pensare, però, di avere uno psicologo che si sostituisce alla funzione dell'insegnante. Lo psicologo può essere di supporto tecnico e può essere anche di sostegno, perché anche i nostri stessi insegnanti hanno sofferto molto in questo periodo e tengo qui a sottolineare i miei ringraziamenti per lo sforzo fatto, ma è il ruolo fondamentale degli insegnanti che noi dobbiamo rafforzare.
  Qui esiste un problema fondante della formazione anche a quelle capacità di lettura del disagio che possono essere sicuramente attitudini personali, ma devono essere sostenute da competenze tecniche anche per poi domandare effettivamente e chiedere aiuto alla figura tecnica specifica, del cui supporto disporre.
  La figura chiave, però, è il dirigente scolastico, il «preside». Il ruolo del preside è fondamentale, perché è lui o lei rappresenta la scuola ed è lui o lei che assume la funzione dello Stato. I dirigenti sono, infatti, coloro che assumono la funzione dello Stato e quindi, nel momento in cui un insegnante si accorge che c'è un disagio e che si è riusciti, anche con il supporto importante dello psicologo della scuola, a permettere al bambino o alla bambina, alla ragazza o al ragazzo di poter parlare del suo disagio e della situazione che vive, è evidente che poi bisogna assumere delle responsabilità che sono proprie del dirigente.
  Su questo apro un'altra parentesi: dobbiamo formare anche i nostri dirigenti e dobbiamo investire di più noi sul nostro personale. Su questo non c'è assolutamente dubbio: bisogna assolutamente investire di più sui nostri presidi. I nostri presidi hanno affrontato in questi tre anni situazioni del tutto inedite, molto specifiche a livello territoriale e dovendo disporre di misure senza precedenti. Devo dire ancora una volta che abbiamo visto un senso di lealtà nei confronti non solo dei propri allievi ma del Paese, che credo debba essere segnalato e riconosciuto di più. In tutto questo credo che sia assolutamente evidente a tutti noi un fatto: il ruolo fondante della scuola.
  Quando noi parliamo di affido di minori, parliamo di minori che vanno ascoltati doverosamente, come dice il Capo dello Stato, che non vuol dire ovviamente cedere o accedere a delle richieste senza assumersi le proprie responsabilità, ma vuol dire anche disporre di una struttura in grado di poter effettivamente reagire, una volta colto il malessere. Per questo motivo, voglio nuovamente sottolinearlo, c'è bisogno di investire di più nella scuola, nelle persone della scuola, negli insegnanti, nel personale e nei dirigenti e garantire loro una formazione adeguata anche per cogliere questo tipo di malessere.
  Sul tema dell'audizione, ossia le ragazze e i ragazzi in affidamento presso la comunità, mi permetto di recuperare le analisi Pag. 5già svolte e documenti, tuttora in vigore, ovviamente in una situazione sociale che è di grande cambiamento. Non dimenticate che al Ministero è stato redatto, precedentemente questo documento, che vorrei rappresentare, Presidente, sui ragazzi e sulle ragazze che chiamavamo «stranieri» e che giustamente dobbiamo chiamare «provenienti da un'esperienza migratoria», perché guai a Dio se nel nostro Paese cominciamo a pensare che ci sono degli stranieri, anche perché i due terzi sono nati in Italia, che hanno a loro volta dei problemi di rapporto con la loro famiglia, anzi a volte loro stessi sono gli intermediari culturali con le famiglie e in particolare con le mamme, che sono quelle che non sono più in casa. Abbiamo anche questi temi, che ci fanno comprendere che la struttura sociale è cambiata moltissimo ed è cambiata non in maniera lineare, ma con situazioni molto differenziate in tutto il Paese.
  Riteniamo che, per tutte le situazioni indicate, uno dei passaggi fondamentali fosse proporre per le scuole uno strumento che noi abbiamo consolidato e che abbiamo verificato che è quello dei Patti educativi di comunità, ovvero l'idea che tutti i soggetti presenti in un territorio come la scuola, le università con le loro competenze, le istituzioni sanitarie, le istituzioni della società, il volontariato hanno sommerso contestualmente un impegno nei confronti del territorio, ricavando il dato che la scuola è il momento educativo con cui una comunità ritrova la propria unità oppure rileva le proprie diversità interne che, però, vanno rilevate e valorizzate.
  Su questo è chiaro quanto abbiamo detto prima: laddove in realtà poi partono condizioni specifiche e, quindi, vengono riconosciuti a quel bambino o a quella bambina, a quella ragazza o a quel ragazzo dei bisogni educativi speciali, è chiaro che lì parte un percorso che non può che essere dal punto di vista educativo di forte personalizzazione. Quindi occorre che anche a livello di comunità educante vi sia un percorso finalizzato e mirato sulla persona, attraverso un piano didattico personalizzato e un piano educativo individualizzato, quello che nel linguaggio tecnico si chiamano PDP (Piano didattico personalizzato).
  Tuttavia, è anche evidente che il lavoro educativo della scuola deve essere accompagnato dalla collaborazione e la cooperazione con quello delle altre istituzioni e, a questo punto, a partire dalle iniziative della scuola, quindi del preside, si attiva un rapporto con le autorità di pubblica sicurezza e, tramite queste, un rapporto con il tribunale fino alla definizione di quale deve essere la condizione per garantire al bambino e alla bambina il massimo di benessere successivo.
  In questo passaggio, molto delicato, noi abbiamo un'attenzione particolare. Infatti, bisogna avere l'attenzione particolare perché, poi, nel momento in cui viene compiuto un atto così rilevante nella vita della persona come una frattura rispetto alle condizioni di origine, questo non si traduca in abbandono scolastico. Lo ribadisco il Ministero su questo ha una duplice attenzione: da una parte garantire la continuità dell'attività educativa, ma d'altra parte garantire la sensibilità e l'attenzione sulla privacy della persona, che non è solo quella della bambina o del bambino, ma anche quella delle famiglie che poi si trovano coinvolte nella vicenda.
  Vi devo dire che le considerazioni che stiamo facendo con la dovuta attenzione e sempre in collegamento con gli altri ministeri – come il Ministero per la famiglia della Ministra Bonetti, il Ministero per le politiche giovanili della Ministra Dadone, il Ministero della giustizia della Ministra Cartabia, e anche il Ministero del lavoro – hanno grande rilevanza, perché il punto è che noi dobbiamo garantire a questo ragazzo o a questa ragazza nella loro crescita un percorso che sia adeguato e misurato, che non soltanto permetta di raggiungere un proprio equilibrio, ma che abbia anche un esito per il loro futuro.
  Qui vi è il tema della dispersione scolastica, molto differenziata sul territorio nazionale. Ricordo che, su una media europea del 10 per cento, il nostro Paese si posiziona mediamente su 14 per cento, ma ricordatevi che alcune regioni del Nord sono sotto la media europea, quasi tutte le Pag. 6regioni del Centro-sud sono sopra, ma le periferie urbane del Sud sono molto sopra, poiché sono quasi quasi tre volte sopra. Abbiamo anche delle situazioni specifiche territorio per territorio, per cui la presenza della regione e degli enti locali diventa fondamentale.
  Con questa attenzione su cui io mi permetto di insistere, la scuola non va clinicizzata. La scuola è scuola, e se devono essere fatti degli interventi di carattere sanitario o di altra natura, bisogna che vi sia un coinvolgimento contestuale di tutte le amministrazioni e di tutti i soggetti senza ipotesi di scavalco dell'uno con l'altro, perché bisogna essere molto cauti in questa operazione.
  Vi è, inoltre, un problema, che è chiaro a tutti noi, di forte assistenza da parte delle scuole anche alla famiglia che accoglie la bimba o il bimbo affidato: anche questa non è un'operazione da poco, poiché, come dicevo, la scuola deve garantire accoglienza e presenza. Sulla base della mia esperienza e di quanto vedo, capisco perfettamente che vi sono molte attenzioni oggi per qualcosa che è previsto dal nostro ordinamento, che sono sostanzialmente le scuole tutoriali o le scuole familiari, ma mi permetto di dire che la scuola è comunità e per le bambine e per i bambini che hanno avuto difficoltà proprio in ambito familiare, una scuola che sia comune, aperta e universale credo che sia l'elemento fondante per garantire loro un percorso di inclusione e di inserimento. Noi giustamente parliamo di inclusione, ma la parola «inclusione» è dalla parte di coloro che devono includere, mentre qui vi è un problema di inserimento. Le due cose devono viaggiare insieme, e dato che vi è un problema di capacità della persona di sentirsi pienamente parte di una comunità, la scuola è e deve essere palestra di comunità.
  Poi vi è l'altra parte, ovvero l'inserimento in comunità strutturate. Per la mia esperienza, ho visto e ho apprezzato molto l'azione fatta, ad esempio, a San Patrignano, che però raccoglie già nello specifico i ragazzi che hanno già attraversato un determinato spettro di dramma personale – e di cui ho visto anche l'evoluzione. In quel caso è stato fondamentale, come in tutti i casi che io ho visto, la formazione professionale. Ripeto, forse l'ho vista in maniera distorta, poiché ho fatto l'assessore regionale dell'Emilia-Romagna, però restituire l'idea – questa sì di educazione civica – che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro e il lavoro è dignità, credo che sia uno dei valori fondanti di cui dicevo prima. E ho visto che funziona tanto meglio quanto più queste esperienze poi sono radicate nel territorio, ovvero quanto più si esce dalla funzione specifica che riguarda soltanto l'atto dell'affido del minore. Il minore affidato a sua volta sta in un contesto comunitario e la comunità a sua volta sta in un contesto territoriale, quindi dobbiamo sempre più generare dei percorsi di inserimento nella comunità.
  Come ho accennato in precedenza, poi abbiamo il problema specifico dei minori non accompagnati, per cui, oltretutto, esiste un problema specifico di lingua e di alfabetizzazione linguistica, che non appartiene soltanto a chi giunge nel nostro Paese da altre esperienze. È chiaro che lì vi è un problema anche di accesso all'istruzione, diverso a diversi gradi, che, però obbliga noi oggi a fare una riflessione – che il Ministero sta facendo –,rispetto a tutte le scuole per gli adulti e i CPIA (Centro provinciale per l'istruzione degli adulti) che in un qualche modo erano stati pensati, a suo tempo, essenzialmente come «recupero serale» per chi doveva raggiungere una qualifica e che, invece, dobbiamo fare in modo che diventino sempre più il luogo di interscambio di comunità sempre più variegate. A questo punto noi abbiamo chiarissimi tre passaggi. Il primo è il seguente. All'interno delle riforme che ci vengono proposte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono alcuni passaggi importanti, perché il mio tema è come legare l'azione, che può apparire ordinaria, con la straordinaria possibilità di disporre non di risorse, ma di un piano di programmazione della nostra attività che chiamiamo «PNRR».
  Più specificatamente: abbiamo, ad esempio, l'importante riforma dell'orientamento, riforma che appariva quasi accessoria all'inizio, ma che, invece, adesso appare il Pag. 7perno fondante di tutti i nostri percorsi: l'idea di poter dare a tutti nelle loro fasi, anche iniziali, non una o due ore di orientamento di «Cosa faccio? Cosa non faccio?», ma di accompagnamento nelle diverse fasi della vita. Questo ovviamente vale per i ragazzi più fragili, ma anche per il loro inserimento all'interno di gruppi che siano in grado di essere accompagnati.
  In secondo luogo, abbiamo investimenti notevolissimi per quanto riguarda il recupero, il contrasto alla dispersione scolastica e ai divari territoriali, che sono l'altro aspetto su cui possiamo agire. Abbiamo soprattutto questa grande attenzione, che di fatto pervade tutto il PNRR, di creare azioni anche condivise con le regioni, che permettano di ricollocare le problematiche dei singoli in contesti sociali che le rendano gestibili. In questo deve essere chiaro che una delle azioni fondamentali che noi abbiamo è il potenziamento del tempo pieno, ovvero poter dare a tutti la possibilità di un tempo scuola che permetta alle ragazze e ai ragazzi di sviluppare non solo competenze cognitive, ma anche quella base di capacità relazionali, che sia in grado al singolo bambino fragile di potersi inserire in un contesto senza traumi.
  Infine, vorrei ricordare che abbiamo preso parte alla stesura del quinto Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2022-2023, educazione, equità ed empowerment, che è il documento che la Presidenza del Consiglio sviluppa in maniera interministeriale proprio per far convergere in maniera coerente l'azione che diversi Ministeri devono fare. È proprio su questo che vorrei concludere. Credo che un tema così complesso, delicato e – nelle diverse vicende personali – anche doloroso come quello che state affrontando, non possa essere affrontato da un solo Ministero, ma deve essere affrontato con la capacità dell'Amministrazione di essere di servizio al Paese e alle singole persone, quindi collaborando e lavorando insieme.
  Torno su quello che ho detto in precedenza. Il perno delle nostre azioni sono i Patti educativi di comunità, proprio perché i Patti educativi di comunità devono mettere in evidenza le tre cose: sono patti, quindi sono accordi fra pari; sono educativi, perché la funzione fondante della scuola è portarti oltre e accompagnarti oltre; sono di comunità, perché qualunque siano i problemi che il singolo deve affrontare, la comunità deve essere anche in grado di specificare e assolvere a ciò che è scritto in maniera limpida e chiara nella nostra Carta Costituzionale all'articolo 2: «La Repubblica riconosce e tutela i diritti individuali della persona, ma li lega al dovere inderogabile della solidarietà». Questa è la scuola italiana. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Ministro, dei tanti spunti e delle informazioni che ci ha dato, e la ringrazio anche del fatto che ci lascia la relazione. Chiedo ai commissari in presenza e da remoto se hanno delle domande in modo che si inizino a prenotare. Parto dalla senatrice Saponara che ha chiesto la parola, poi Fregolent, Giannone e a seguire gli altri. Prego, senatrice Saponara.

  MARIA SAPONARA. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, per l'audizione in presenza che noi abbiamo apprezzato molto. Lei ha parlato di scuola come punto di comunità e come punto di partenza per vivere la comunità. Noi in questa Commissione parliamo di bambine e di bambini, di ragazze di ragazzi in affido che spesso sono, invece, assolutamente isolati.
  Abbiamo avuto testimonianze dirette dei genitori di questi bambini che ci hanno raccontato il fatto che il loro figlio, affidato alla comunità piuttosto che a una famiglia oppure all'altro genitore, vive in una condizione di assoluto isolamento; anzi addirittura nel momento in cui è stato affidato viene totalmente sradicato dalla sua realtà precedente anche scolastica, quindi di tutte le sue relazioni.
  Partendo da questo, io le volevo fare la prima domanda. Lei non ritiene che per questi bambini ci sia bisogno di un piano preciso proprio per fare in modo che non frequentino solo la scuola nel momento dell'orario scolastico, ma continuino in qualche modo a interagire con i loro compagni? Questa è la prima cosa.Pag. 8
  La seconda domanda viene un po' di conseguenza. Purtroppo a volte questi bambini hanno delle difficoltà di apprendimento dovute a determinate patologie, e anche in questo caso abbiamo avuto la testimonianza di genitori che ci hanno detto che ci sono state delle retrocessioni; quindi i bambini, dopo l'affidamento, hanno perso quello che, invece, nel tempo bene o male avevano acquisito. La terza domanda, e poi concludo, riguarda i Patti di comunità. Questa mattina in Commissione infanzia e adolescenza abbiamo avuto la Ministra della giustizia Cartabia, e anche lì abbiamo affrontato alcuni temi relativi al disagio giovanile, toccando per esempio il problema delle baby gang. Anche qui è saltato fuori il fatto che sicuramente i Patti di comunità sono molto importanti. Il problema qual è? Il problema è realizzare questi Patti di comunità, perché è vero che ci sono tutti i soggetti coinvolti, però occorre coinvolgere tanti soggetti e fare in modo che chi deve essere aiutato si dimostri disponibile, poiché a volte non è solo il bambino, ma è anche la famiglia che deve essere coinvolta.
  In questo senso, Ministro, le chiedo in che modo si possono effettivamente realizzare questi Patti di comunità. Grazie.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. Faccio una precisazione, si chiamano patti educativi.

  PRESIDENTE. Prego, senatrice Fregolent.

  SONIA FREGOLENT. Grazie, Ministro. La ringrazio per l'importante relazione. Anch'io avevo un paio di domande soprattutto legate, come ricordava la collega Saponara, allo sradicamento dall'ambiente scolastico che spesso viene attuato una volta che interviene l'allontanamento del bimbo e l'affidamento o alla famiglia collocataria piuttosto che alla comunità.
  Avevo un'altra domanda forse un po' più tecnica che si ricollega a quanto lei diceva inizialmente, ossia all'importanza della sensibilità dell'insegnante nel saper cogliere il disagio del bambino e conseguentemente anche la capacità poi di relazionarsi in modo corretto.
  Lei diceva, se non mi sono appuntata male, che ci sono 27.608 collocamenti fuori famiglia, di cui 13.555 in affidamento familiare e 14.053 in strutture residenziali. Non so se ha il dato o se eventualmente ce lo può fornire, ma vorrei capire in quanti di questi allontanamenti le relazioni della scuola sono state determinanti per l'allontanamento del minore stesso. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, senatrice Fregolent. Cedo la parola all'onorevole Giannone, poi chiediamo di rispondere al Ministro e successivamente facciamo un altro giro di domande. Prego.

  VERONICA GIANNONE. Grazie mille, presidente. Grazie mille anche al Ministro Bianchi. Pongo direttamente i quesiti. Lei ha parlato di un momento cruciale, ovvero «quando mi accorgo come stai, se stai bene o se stai male». Per quanto riguarda questo appunto che lei ha fatto, nel momento in cui un minore fuori dalla famiglia d'origine si ritrova ad avere delle problematiche interne all'ambito scolastico, i docenti dovrebbero essere in grado anche di comprendere quel malessere. Quante volte però risulta effettivamente che questo malessere venga poi riportato nel modo corretto o che venga segnalato? Perché è molto importante capire che molte volte si bypassa questa cosa, magari si cerca anche di aiutare in classe, ma effettivamente poi non vengono effettuate le segnalazioni in modo corretto e quindi non si ha – passo alla questione successiva – un collegamento reale con il servizio sociale, ad esempio, o con figura dell'avvocato del minore o il tutore, colui o colei che viene formato proprio per avere una chiara situazione di questo minore. Anche il rapporto tra gli insegnanti e questi servizi, queste figure professionali che dovrebbero tutelare l'interesse del minore come viene gestito? Cosa si può fare anche per migliorarlo? Perché credo che, da tutte le informazioni che abbiamo, purtroppo non vi siano grandi risultati.
  Volevo chiederle anche una cosa specifica sui prelievi. Quando un tribunale decretaPag. 9 un prelievo di un minorenne, purtroppo molte volte ci ritroviamo ad avere i cosiddetti «prelievi forzosi» che avvengono all'interno dell'ambito scolastico, perché probabilmente in tale luogo è più facile evitare il contrasto con la famiglia d'origine.
  Io le chiedo proprio come favore a titolo non soltanto personale ma nei riguardi veramente di tutti i bambini, se si può trovare un modo, secondo quelle che sono anche le sue possibilità e gli strumenti ha sua disposizione, di vietare assolutamente che questo avvenga in un istituto scolastico, perché il danno non è soltanto al bambino per il trauma, ma anche a tutti coloro che purtroppo sono obbligati a vedere quello che accade, e molte volte ciò avviene attraverso forze dell'ordine addirittura in divisa. Questa è una cosa proprio veramente inaccettabile. Non si può parlare così di tutela e neanche di comunità, perché viene proprio distrutta anche la crescita di quei bambini. Sono traumi troppo forti.
  Inoltre, come dicevano anche le colleghe prima, molte volte ci sono proprio dei cambi di istituto. Questi minori vengono allontanati dalle famiglie e di punto in bianco vengono anche allontanati non soltanto dai familiari, ma anche dagli amici, dai compagni e dai docenti e vengono strappati dalla loro vita e dalla quotidianità. Anche questo sarebbe un tema sul quale lavorare e occorre evitare che questo venga fatto, perché comunque è ingiusto far pagare a questi bambini e a questi ragazzini colpe che non hanno.
  Un'altra cosa riguarda, invece, i falsi scrutini e le pagelle che vengono utilizzate molte volte per avvalorare delle relazioni delle case famiglia e delle strutture, al fine di far vedere che il bambino comunque è in una situazione agiata e favorevole, poiché a volte ci è capitato anche di ritrovarci con delle rappresentazioni di scrutini e di valutazione di questi minori assolutamente non rappresentative della realtà di quel bambino a livello di voti e rendimento scolastico.
  L'ultima domanda, invece, riguarda la figura dello psicologo scolastico. Come possiamo fare per valorizzare ancora di più questa figura, ed essere di aiuto e di supporto a docenti e a tutti coloro che in qualche modo sono legati a questa situazione? Grazie mille.

  PRESIDENTE. Ministro, la farei rispondere a queste domande e poi facciamo un altro giro.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. Permettetemi, facciamo un passo indietro, perché credo che sia utile tutto questo. Voi mi fate delle domande di straordinaria rilevanza, che però nella maggior parte afferiscono alla fase successiva, al momento in cui un'autorità giudiziaria assume un atto così rilevante come l'affidamento di un minore dalla famiglia di origine a una nuova situazione.
  Non mi permetto, non ho titolo e non ho modo di generare processi di critica nei confronti dell'autorità giudiziaria, quindi esprimo soltanto un parere dal punto di vista strettamente legato alle funzioni che svolgo, cioè di Ministro dell'istruzione. Non è una cautela, ma è una giusta precisazione perché non posso eccedere da quelle che sono le mie competenze e le mie responsabilità.
  Rispondo alla domanda che in fondo tutte le signore mi hanno rivolto: quanto sia traumatico sradicare un minore dal proprio contesto non solo familiare ma anche sociale. Dal punto di vista che io posso vedere, laddove vi siano delle situazioni che il giudice verifica nella sua autorità – su cui io non posso intervenire ma posso soltanto fare un discorso generale – ciò non può che portarmi a condividere con voi la straordinaria cautela. Già è un trauma dover percepire l'impossibilità di continuare a stare nel contesto familiare, ma se a questo si aggiunge anche il completo sradicamento rispetto al contesto sociale, andiamo sostanzialmente ad aggiungere trauma su trauma.
  Io credo che dal nostro punto di vista, strettamente legato alle funzioni che svolgo, si deve ridurre al minimo lo sradicamento laddove vi sia proprio una condizione che mette a rischio lo stesso bambino, perché vi possono anche essere situazioni di questo tipo come, ad esempio, di bullismo. Mi pare Pag. 10assolutamente evidente da ridurre al minimo, se non evitare, le situazioni di totale sradicamento.
  In secondo luogo, non ho dubbio che dopo debba esserci quello che lei ha detto. A quel bambino occorre garantire un percorso personalizzato, i famosi PEI, che gli permetta di recuperare non solo una presenza a scuola ma nella comunità scolastica. Laddove non vi sia il tempo pieno – per questo ho insistito e insisto tanto sul tempo pieno – occorre che vi sia la necessità e la possibilità di accompagnarlo anche nelle ore che chiamiamo «vuote», perché le ore vuote il più delle volte sono quelle in cui si manifesta il massimo isolamento.
  Il tema dell'isolamento è un tema cruciale. Quando anche di fronte agli anni passati, come vedete, io ho insistito in maniera testarda – adesso lo prendo quasi come un complimento – e continuo a insistere per la presenza è proprio per questo motivo, perché dobbiamo evitare la sindrome della paura di uscire di casa, perché il più delle volte l'isolamento genera poi la sindrome della paura di uscire di casa e la paura degli spazi aperti. Anche io ho registrato casi di agorafobia che sono stati rilevati da chi di fatto poi ha avuto come esito la paura di uscire di casa, ma vi dico una cosa di più, ovvero la paura di avvicinare e toccare gli altri che se per persone adulte è costrizione, figurati cosa può essere per un bambino. È chiaro che anche questo richiede un accompagnamento.
  Su questo io vi devo dire che non solo sono assolutamente sicuro che il momento della frattura è un momento doloroso, ma, pur senza voler svolgere nessuna funzione di critica alle autorità, per quanto mi consta sicuramente non può avvenire a scuola. Su questo, onorevole, mi permetta di essere molto chiaro come lei: non può avvenire a scuola. Questa idea che si presenta un ufficiale giudiziario che nell'esercizio delle sue funzioni prelevi un bambino non può esserci, ma non può essere neanche che un giorno c'è e il giorno dopo non c'è più. Ognuno è responsabile di se stesso e io sono responsabile della scuola, ma dal mio punto di vista educativo è come se noi fossimo qui e uno di voi il giorno dopo non c'è più: tanto peggio se siamo qui tutti a vedere che viene prelevato qualcuno.
  Ripeto, non voglio svolgere funzioni di critica nei confronti di ognuno che è ben conscio delle responsabilità, ma dal mio punto di vista, onorevole, non ho nessun dubbio che queste cose non possono essere fatte in ambiente scolastico.
  Francamente non so a chi competa questo, ma quello che posso fare è questa funzione di esortazione nei confronti della Ministra della giustizia e della Ministra degli interni affinché non si realizzano mai in queste condizioni. Questo mi pare assolutamente evidente, ma mi sembra che anche voi abbiate colto che il tema fondamentale della frattura non può essere sradicamento.
  Sul tema che voi avete colto degli insegnanti, sul tema dei dati, questo dato che lei mi chiede io non ce l'ho. Lo posso chiedere anch'io e mi farò carico di trasmettervelo, però non sono neanche sicuro che noi come Ministero dell'istruzione siamo in possesso di questo dato, un dato che entra così specificatamente nell'elemento. Verifico se abbiamo disponibilità di questi dati o eventualmente mi farò io stesso esploratore di laddove devono essere questi dati. Mi sembra che la richiesta non solo sia più che legittima, ma sia anche estremamente utile per capire le cose e di questo la ringrazio.
  L'altra cosa di cui francamente devo rispondere è che io non sono sicuro che tutti gli insegnanti siano attrezzati esattamente, come ha detto lei, per dare il giusto segnale e per connettere tra loro l'autorità scolastica, l'autorità sanitaria e l'autorità giudiziaria, ma credo che queste debbano lavorare assieme. Occorre più lavoro di équipe.
  Io mi ricordo che nel periodo in cui sono stato assessore ho fatto le mie battaglie per convincere le autorità scolastiche, sanitarie e sociali ad affrontare insieme i problemi di coloro che avevano difficoltà, perché altrimenti diventa un altro trauma. O la pubblica amministrazione è quello che in inglese si chiama «public service», cioè un servizio che, come tale, deve essere garantito a ognuno, perché non può essere Pag. 11esclusivo né escludente, o altrimenti noi imponiamo ai più fragili un ulteriore prezzo. So anch'io che questo è facile da dire e implica un profondissimo cambiamento. Noi continuiamo ad avere una pubblica amministrazione che molto spesso continua a lavorare per compartimenti non stagni ma stagnati, però questo è lo sforzo che dobbiamo fare. Sia ben chiaro che noi siamo di servizio e la parola «servizio» è una parola nobilissima che deve essere molto chiara.
  Io nella mia vita ho avuto la fortuna, quando studiavo alla London School of Economics, di fare un periodo al Civil Service College, e devo dire che la prima questione che ci hanno fatto è stato il concetto di public service, proprio come organizzazione di servizio.
  Ci sono dei servizi che possono essere condotti in maniera specifica, ma ci sono dei servizi che devono essere condotti mettendo insieme delle équipe che rispondono a diversi servizi: un caso di minore fragile non può essere affrontato da un servizio alla volta. Mettetela come volete voi, ma questo richiederà un enorme sforzo di organizzazione. Abbiamo parlato moltissimo con il Ministro Brunetta e mi pare che stiamo convergendo su questa idea, però questo è un punto fondamentale.
  L'altro punto fondamentale è quello che si diceva prima, ovvero l'idea che noi stiamo accompagnando delle persone in crescita. Le persone cambiano nel tempo, non è che puoi fare un atto una volta per tutte, bensì devi fare delle funzioni di accompagnamento. A 6 anni sei un bambino, a 13 sei un ragazzo e a 18 sei un giovane, e questi sono anni fondanti talmente importanti per cui non puoi neanche congelare una persona in quella funzione lì o sotto quel marchio lì. Devi essere in condizione di avere un'équipe che ti accompagna. In questa équipe il professore, la maestra, il maestro sono fondamentali.
  Devo dire con franchezza che non sono certo che le nostre università oggi diano tutti gli strumenti per permettere a coloro che vogliono intraprendere questo percorso di affrontare anche queste gravi difficoltà. Per cui vi dico che per me il punto fondamentale è la formazione degli insegnanti, quindi la norma sul reclutamento che mi viene chiesta nel PNRR e sulla formazione permanente diventano un punto fondamentale. Quando volete, man mano che vado avanti nella scrittura di questo, sono disposto a venire a raccontarvelo. Questo secondo me è il perno.
  Tralascio la storia della pagella dei voti, perché la pagella e i voti sono espressione di una scuola che ha sempre bisogno di valutare alla fine, mentre la valutazione è negli atti continui e fa parte di questa dizione che io chiamo «scuola affettuosa», che ormai fa parte di una letteratura immensa su che cosa è una scuola che ti accompagna.
  Da ultimo vi è il problema dello psicologo scolastico. Noi dobbiamo entrare nell'idea di andare verso un'articolazione funzionale all'interno della scuola, per cui hai la dirigente, diversi responsabili delle diverse funzioni come, ad esempio, il responsabile dei rapporti con l'esterno o il rappresentante della sicurezza – che devono essere riconosciuti nelle loro funzioni – e poi sempre più delle funzioni che dovranno essere continuamente legate proprio alla gestione dei percorsi educativi speciali.
  Cominciamo ad articolare le funzioni della scuola in maniera più complessa, più articolata e più ricca. Questa struttura a sua volta ha bisogno all'interno di persone che apportano degli specialismi che siano di sistema e che, come tali, siano anche però in grado di agire sulla singola situazione.
  Io vedo lo psicologo scolastico come una figura fondamentale di supporto all'intera scuola. Laddove ci sia bisogno deve essere anche lui l'accompagnatore specifico di situazioni che possono apparire più fragili. Non ho detto «più gravi», bensì «più fragili», perché «più grave» vuol dire che entro nella sfera medica, mentre «più fragile» vuol dire che rimango nella sfera educativa. La sua funzione principale è di essere parte questo insieme che potete chiamare «consiglio di classe» o come volete voi, ma è la responsabilità degli adulti che svolgono la funzione fondamentale di educazione, sostegno del preside, della preside o del dirigente. Perdonate, ma faccio semprePag. 12 fatica a usare la parola «dirigente», perché a me piace la parola «preside».
  È una funzione di sistema che, però, deve essere utilizzata poi fino laddove c'è bisogno anche per affrontare i singoli casi che diventano invece necessariamente sostenuti da uno specialismo. Devo dire che anche molti insegnanti ne hanno bisogno loro stessi, perché il lavoro di questi anni ha portato molti vicino al rischio di burnout, quindi è chiaro che ne abbiamo bisogno tutti.
  Con questo, presidente, io spero di avere risposto. Rimango a disposizione. Laddove non siamo in condizioni di rispondere, ci impegniamo a farvi avere delle risposte più concrete, laddove ve ne siano, e comunque anche per tutte le discussioni future, avete la mia disponibilità.

  PRESIDENTE. Ministro, infatti, io avrei altre cinque commissarie prenotate. So che alle 15 lei deve andare, per cui gli orari sono un po' stretti. Io lascerei la parola velocemente alla senatrice Rizzotti.

  MARIA RIZZOTTI. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Apprezzo moltissimo le sue parole, perché ci hanno trasmesso quanta passione e quanta responsabilità abbia per il suo ruolo.
  Per quello che riguarda le pagelle e i voti, posso rispondere io. Probabilmente gli insegnanti hanno cointeressenze dirette nelle case famiglia per mantenere il bambino, che sembra bravo, per la diaria. Purtroppo questa è la situazione.
  Noi sappiamo – e io sono un medico – che certamente per i minori fuori famiglia la capacità di apprendimento e i processi cognitivi sono tutti abbastanza rallentati quanto più stanno in una casa famiglia. Per legge dovrebbero starci solo entro i 24 mesi, ma in realtà ci sono casi di bambini che ci stanno per sei o sette anni. Questa è una cosa drammatica, ma non riguarda il Ministero dell'istruzione. Certamente sarebbe importante che ci fossero insegnanti di sostegno – questo lei l'ha confermato – formati specificamente per seguire questi casi.
  Io vorrei sapere: da chi dipendono i controlli? Forse dal comune o dalla regione, proprio per l'istruzione – anche i controlli sanitari dipendono dall'ASL (Azienda sanitaria locale), ma non sempre li fanno – sulle case famiglia?
  Innanzitutto io penso che ci vorrebbe un protocollo di accreditamento per tutto il territorio nazionale sulle case famiglia, perché ci sono alcune case famiglia come ad esempio in Piemonte – è una cosa che so personalmente – che non mandano a scuola i bambini, e che fanno un'istruzione interna senza averne titolo. Dal momento che per legge si toglie la patria potestà se il bambino non viene mandato a scuola, io ancora mi chiedo dov'erano i servizi sociali nel caso di Saman che, poverina, per tre anni è stata allontanata dalla scuola, e come mai la scuola non ha chiesto spiegazioni a un'alunna che sparisce e si sa che vive a pochi chilometri di distanza.
  A chi spetta il controllo dell'istruzione nelle case famiglia, come anche in comunità chiuse, dove non mandano i figli a scuola? Perché so che, ad esempio, per le comunità nomadi c'è il prelievo con il pulmino e c'è un interesse. Per altre comunità chiuse c'è lo stesso interesse? Forse no, ma di base il controllo nelle case famiglie che non mandano i propri ospiti in un regolare istituto scolastico chi lo deve fare? Viene fatto? Grazie.

  ANGELA COLMELLERE. Grazie, Ministro, ho anche io una domanda. Innanzitutto mi ha particolarmente fatto piacere il passaggio che ha fatto sulla formazione e sul reclutamento. Visto anche il decreto che dovremmo andare a definire nell'ambito dell'istruzione che prevede proprio la formazione per questi nuovi insegnanti, sarebbe importante secondo me prevedere delle nozioni e competenze di pedagogia speciale, perché quando un insegnante trova a doversi relazionare con un bambino che può aver avuto dei traumi, deve sapere come si fa. Inoltre, un insegnante che deve predisporre una relazione particolare che poi dovrà essere affrontata e data ai servizi, deve sapere quello che sta facendo. La raccomandazione è proprio quella che decidendo e definendo la formazione per il reclutamento dei nuovi insegnanti, ci sia questa attenzione.Pag. 13
  Poi ho un secondo passaggio. So per informazione che ci sono delle comunità e delle strutture che accolgono minori che si trovano nella condizione di non riuscire subito a far sì che questi bambini partecipino all'attività scolastica e vadano a scuola. Noi sappiamo queste scuole dove sono e sappiamo se sono in prossimità di una comunità. Magari occorre cercare di fare in modo o di far sì che del personale un po' più specialistico sia inserito in quella scuola, o comunque dotare queste stesse scuole di risorse in più per poter far fronte eventualmente a queste necessità, poiché si sa che comunque i bambini vicino alla comunità vanno nella scuola più vicina alla comunità, perché non è che vengano mandati da tante altre parti. Chiedo magari di prevedere anche delle risorse aggiuntive qualora si potesse, perché qui stiamo facendo riferimento sicuramente al contrasto della dispersione scolastica e ben sappiamo che se il bambino non va a scuola, questo è un danno per tutti ma soprattutto per lui. Mi sembrava importante questa precisazione. Grazie come sempre, Ministro.

  PRESIDENTE. L'onorevole De Lorenzo da remoto.

  RINA DE LORENZO. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Toccherò alcuni punti dell'intervento che mi hanno particolarmente colpita. Innanzitutto, vi è la scuola come comunità educante, una comunità che non può subire un processo di medicalizzazione, perché il processo di insegnamento e apprendimento è un processo che si fonda sulla relazione empatica tra i docenti e gli studenti.
  Le linee guida, a cui faceva riferimento il Ministro, sono il cassetto degli attrezzi frutto di questo lavoro congiunto tra il MIUR (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) e l'Autorità garante per la privacy, ma non possono entrare nella quotidianità dell'aula, dove sono presenti molteplici problemi che sono legati soprattutto al numero dell'organico che è sicuramente sottodimensionato.
  Abbiamo a che fare con studenti che presentano disagi e difficoltà che possono essere inquadrati nella macrocategoria dei BES (bisogni educativi speciali) e che spesso non sono riconosciuti come patologie, quindi non degni di supporto, a cui non possono essere affidati i docenti di sostegno.
  In questo caso occorre intervenire con percorsi di formazioni adeguati – questo è il mio quesito che rivolgo al Ministro – perché il docente possa davvero essere messo nelle condizioni di poter affrontare situazioni complesse che richiedono soluzioni complesse.
  Signor Ministro, a proposito dell'équipe, oltre allo psicologo, oltre al docente, che deve seguire un percorso di formazione long life learning rispetto all'inclusione degli studenti che vivono condizioni di difficoltà come, in questo caso, gli alunni affidatari, quali altre soluzioni ritiene che si possano adottare per garantire la piena attuazione dell'articolo 3 della Costituzione che non può essere una mera enunciazione di principio? Grazie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Menga, poi l'onorevole Ascari. Eventualmente il Ministro ci risponderà per iscritto.

  ROSA MENGA. Sarò brevissima, ringraziando il Ministro per la sua illustrazione e anche per la disponibilità a farci pervenire le risposte, non essendoci in questo momento il tempo di discuterne di persona. Toccherò due concetti chiave che in realtà già sono stati oggetto delle domande dei miei colleghi.
  Lei ha parlato di necessità di formazione del personale e ha giustamente ben detto come il personale scolastico, il personale docente e i dirigenti scolastici stessi siano il primo presidio in grado di intercettare precocemente e forse anche più efficacemente rispetto ad altre istituzioni il disagio dei minori, disagio che può maturare all'interno della famiglia d'origine come pure, va detto per onestà intellettuale, al di fuori della famiglia d'origine, quindi all'interno della famiglia affidataria o all'interno della comunità che li ospita. Mi chiedevo e le chiedo se siano già previsti, nell'ottica di implementare la formazione specifica in questo campo, degli interventi mirati da Pag. 14parte del suo Dicastero e se vi siano già risorse disponibili nell'ambito dell'attuazione del PNRR o intercettabili nel bilancio dello Stato a tal fine, proprio per garantire al personale una formazione su questo punto, non negando l'importanza della figura dello psicologo scolastico. Però capiamo che spesso anche naturalmente il minore si rivolge prima al suo insegnante.
  Passo al secondo punto e poi chiudo. Ci ha citato il dato cumulativo del tasso di dispersione scolastica che, se non erro, e si attesta intorno al 14 per cento ma con ampie differenze regionali, come ci ha ben ricordato. Mi chiedevo se ha a disposizione non il solo dato cumulativo, ma anche un dato che tenga conto di eventuali differenze – che posso soltanto ipotizzare – tra i minori all'interno di un contesto familiare di origine e i minori fuori famiglia e se, quindi, non sia già a conoscenza del suo Ministero che il fenomeno della dispersione scolastica sia particolarmente preoccupante e più frequente per un minore fuori famiglia, con particolare riferimento al minore straniero non accompagnato che credo subisca un duplice danno nel momento in cui viene allontanato dalla comunità che è rappresentata dalla scuola. Se volesse anche farci pervenire questo dato, io la ringrazio in anticipo.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, Ministro, della sua presenza qui oggi. Sarò breve. Le chiedo se è al corrente del fenomeno degli allontanamenti di minorenni disposti per il solo fatto che i genitori avevano optato per l'istruzione parentale. Cosa ne pensa e cosa il Ministero pensa di fare per contribuire a contrastare questi allontanamenti arbitrari?
  Poi le chiedo se è a conoscenza del fatto che alcuni bambini sono stati allontanati dai genitori perché questi erano stati accusati di inibire la frequentazione scolastica, preferendo il ricorso alla didattica a distanza in ragione di patologie dei figli che rendevano particolarmente rischiosi il contagio della malattia in diffusione pandemica.
  Le chiedo poi se è al corrente di fenomeni di falsificazione dei registri scolastici, in cui i bambini in stato di affidamento extrafamiliare risultano presenti a scuola anche nei giorni di mancata frequentazione delle lezioni.
  L'ultima domanda, e chiudo, è una riformulazione di una domanda che l'hanno già fatto, però più ampia. Le chiedo quali iniziative si sono assunte per contrastare il fenomeno del prelievo di minorenni a sorpresa in orario scolastico al fine della collocazione extrafamiliare coattiva. Grazie.

  PATRIZIO BIANCHI, Ministro dell'istruzione. Innanzitutto grazie a tutti voi per queste domande. Sarà nostra cura presentare alle presidente delle risposte più esaustive possibili. Preciso alcuni dati e alcune cose che ho detto prima, per dovere.
  Laddove vi siano atti giudiziari che provvedono a vari aspetti, questi eccedono la responsabilità ma anche la competenza del Ministero che qui rappresento. Raffigurerei qui delle opinioni personali, ma non è modo e non è una condizione di poterlo fare.
  Potremmo esprimere dal punto di vista pedagogico ed educativo delle riflessioni che ho già espresso prima all'onorevole, ma ovviamente non ho intenzione di entrare nel giudizio rispetto ad atti propri dell'amministrazione della giustizia. Questo lo devo dire per correttezza nei confronti di tutti, ma mi sembra opportuno.
  Detto questo, farò giungere a tutti voi tutte le considerazioni a cui siamo in condizione di poter rispondere. Grazie molte. Grazie a lei, presidente.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il signor Ministro, Patrizio Bianchi, e chiudiamo la riunione della Commissione odierna. Come concordato, il Ministro risponderà per iscritto ai quesiti dei commissari.

  La seduta termina alle 15.05.

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