Sulla pubblicità dei lavori:
Pesco Daniele , Presidente ... 3
Audizione di rappresentanti di Alleanza delle Cooperative italiane e Confapi (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 3
Venturelli Marco , Segretario generale di Confcooperative ... 3
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 5
Venturelli Marco , Segretario generale di Confcooperative ... 5
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 5
Venturelli Marco , Segretario generale di Confcooperative ... 5
Ferrari Giancarlo , Direttore di Legacoop ... 5
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 7
Camisa Cristian , Vicepresidente nazionale di Confapi (intervento da remoto) ... 7
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 8
Camisa Cristian , Vicepresidente nazionale di Confapi (intervento da remoto) ... 8
Lovecchio Giorgio , Presidente ... 8
(La seduta, sospesa alle 16.10, riprende alle 16.30) ... 8
Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale consulenti del lavoro, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e di Confprofessioni (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 8
Duraccio Francesco , Vicepresidente del Consiglio nazionale consulenti del lavoro ... 9
Saggese Pasquale , Responsabile dell'area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto) ... 10
Di Nardo Tommaso , Responsabile dell'area economico-statistica della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto) ... 10
Saggese Pasquale , Responsabile dell'area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto) ... 12
Pesco Daniele , Presidente ... 13
Dili Andrea , Delegato dell'area fisco di Confprofessioni ... 13
Pesco Daniele , Presidente ... 15
(La seduta, sospesa alle 17, riprende alle 17.30) ... 15
Audizione di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, Coldiretti e COPAGRI (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 15
Gherardi Nicola , Componente della Giunta esecutiva di Confagricoltura (intervento da remoto) ... 15
Pesco Daniele , Presidente ... 17
Bagnoli Massimo , Responsabile dell'ufficio fiscale di CIA-Agricoltori italiani (intervento da remoto) ... 17
Pesco Daniele , Presidente ... 18
Calabria Gianfranco , Responsabile del servizio legislativo di Coldiretti (intervento da remoto) ... 18
Pesco Daniele , Presidente ... 20
Agati Federica , Referente per i rapporti con il Parlamento di COPAGRI (intervento da remoto) ... 20
Pesco Daniele , Presidente ... 22
Audizione di rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA e Casartigiani (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 22
Taranto Luigi , Segretario generale di Confcommercio (intervento da remoto) ... 22
Bussoni Mauro , Segretario generale di Confesercenti (intervento da remoto) ... 24
Panieri Bruno , Direttore delle politiche economiche di Confartigianato ... 26
Giovine Claudio , Direttore della divisione economica e sociale di CNA ... 29
Antonelli Rolando , Responsabile fiscale di Casartigiani (intervento da remoto) ... 31
Pesco Daniele , Presidente ... 33
Audizione di rappresentanti del CNEL (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Pesco Daniele , Presidente ... 33
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 33
Pesco Daniele , Presidente ... 33
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 33
Pesco Daniele , Presidente ... 38
Fassina Stefano (LeU) ... 38
Pesco Daniele , Presidente ... 39
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 40
Pesco Daniele , Presidente ... 42
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 42
Nori Mauro , Segretario generale del CNEL ... 43
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 43
Pesco Daniele , Presidente ... 43
Nori Mauro , Segretario generale del CNEL ... 43
Treu Tiziano , Presidente del CNEL ... 43
Pesco Daniele , Presidente ... 43
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
DANIELE PESCO
La seduta comincia alle 15.40.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti di Alleanza delle Cooperative italiane e Confapi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Alleanza delle Cooperative italiane e di Confapi.
Nel ringraziare gli auditi per la seduta odierna, avverto che per l'Alleanza delle Cooperative italiane sono presenti Marco Venturelli, Segretario generale di Confcooperative, e da remoto Giancarlo Ferrari, Direttore di Legacoop, mentre per Confapi è presente il Vicepresidente nazionale, Cristian Camisa. Do la parola al dottor Marco Venturelli, Segretario generale di Confcooperative.
MARCO VENTURELLI, Segretario generale di Confcooperative. Ringrazio il presidente e tutti i commissari. Come è stato evidenziato, intervengo per conto dell'Alleanza delle Cooperative italiane, che riunisce Confcooperative e Legacoop, il cui direttore, Giancarlo Ferrari, è collegato da remoto. Nel ringraziarvi nuovamente per questa opportunità, riteniamo comunque di dover partire dalla rappresentazione di quelle che sono le imprese cooperative più esposte all'impatto economico determinato dalla guerra in Ucraina, che – come sappiamo – ha già provocato un aumento dei prezzi delle materie prime, dell'energia e del gas, tenendo altresì conto delle sanzioni, per effetto delle quali le cooperative vedono in qualche modo evaporata, o comunque interrotta, anche una possibilità di export, soprattutto nel settore dell'agroalimentare.
Le imprese cooperative più esposte sono le imprese energivore propriamente dette, ma anche le imprese che non sono in qualche modo classificate energivore sulla base dei codici ATECO finora utilizzati anche dai decreti, perché in questo senso abbiamo tante imprese del settore agroalimentare che magari hanno codici ATECO agricoli ma che in realtà vedono impattare enormemente l'incidenza dell'aumento dei costi dell'energia, oltre che delle materie prime. Abbiamo poi le imprese del commercio, della distribuzione e della grande distribuzione, che registrano una consistente riduzione dei consumi e difficoltà crescenti, senza trascurare il settore del turismo e dell'organizzazione di fiere e convegni, che sono quelli che soffrono maggiormente. Resta il fatto che l'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia impatta complessivamente su quasi tutte le imprese.
Una tale incertezza e l'impatto dovuto all'aumento dei prezzi vengono riscontrati Pag. 4in modo evidentissimo anche dalle nostre analisi congiunturali sulle cooperative, che registrano un drastico calo di fiducia rispetto al semestre precedente e una grande incertezza rispetto alla possibilità di mantenere invariati i fatturati e di confermare la programmazione degli investimenti che erano stati pianificati per l'anno a venire. Si segnalano anche le prime restrizioni sul versante dei crediti bancari, altro aspetto sul quale attiviamo un alert.
Come fattore di ostacolo alla ripresa noi vogliamo evidenziare che, oltre all'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia e alle sanzioni, vi è anche l'elemento rappresentato dalla scarsità di manodopera, che costituisce un problema acuto. Tra l'altro, pur essendo alla vigilia dell'incremento della lavorazione estiva nel campo delle produzioni agricole, segnaliamo una difficoltà di reperimento di manodopera non solo su questo versante ma anche in ambito sanitario, informatico, nel settore degli operatori del turismo, della ristorazione, degli assistenti sociali e domiciliari, dei metalmeccanici, della logistica e delle costruzioni, tutti settori in cui anche la cooperazione è presente.
Vado ora a toccare il tema del PNRR, rispetto al quale ci sembra che al momento il monitoraggio sia soprattutto di natura quantitativa senza riuscire a rilevare adeguatamente anche l'efficacia degli interventi. Siamo nel corso di un anno che vedrà 100 obiettivi da raggiungere e tanti bandi, alcuni già indetti ed altri ancora da indire, quindi insistiamo affinché anche l'efficacia degli investimenti, e non solo i target numerici, sia oggetto di monitoraggio. In questo senso, ci sembra che l'aumento occupazionale di giovani e donne andrebbe monitorato più attentamente.
Evidenziamo anche un altro limite che stiamo osservando nell'attuazione delle politiche e delle progettualità del PNRR, vale a dire il fatto che pochi partenariati a monte e scarsissima occasione di co-programmazione costituiscono modalità utilizzate dagli attori istituzionali di governo, sia a livello centrale che a livello regionale e locale. Una co-progettazione delle politiche a tutti i livelli istituzionali e partenariati a monte renderebbero invece più efficace l'attuazione delle progettualità previste dal PNRR, come dimostrano la fatica all'incrocio tra domanda e offerta in assenza di partenariato e di co-programmazione e le proroghe dei bandi fino ad ora pubblicati, che dimostrano talvolta una difficoltà di matching tra domanda e offerta.
Veniamo all'energia e al problema del rincaro dei prezzi. Rispetto a quanto già risulta di pubblico dominio, voglio evidenziare un tema legato alla norma-paradosso relativa agli extraprofitti, che si applica indistintamente a tutte le imprese, anche a quelle che, per loro natura e per le modalità secondo cui hanno operato, non hanno realizzato extraprofitti. Mi riferisco, in particolare, ai gruppi d'acquisto che hanno prodotto, con energie rinnovabili, energia per i propri soci o utenti e che avevano come mission e come modalità di vendita dell'energia prodotta quella di erogarla al prezzo più contenuto possibile, per cui extraprofitti in questo caso non ci sono stati, dal momento che non si è verificato quel margine registrato invece da altre società che li hanno realizzati. Posso fare l'esempio delle cooperative elettriche dell'arco alpino, che hanno riconosciuto un prezzo dell'energia più contenuto possibile senza fare extraprofitti ma che oggi, con l'attuale normativa, si vedrebbero anch'esse colpite da un supplemento di tasse rispetto ad extraprofitti che non hanno realizzato.
Evidenziamo, tra l'altro, che i codici ATECO oggi riconoscono particolari riduzioni per il costo dell'energia e del gas, individuate proprio sulla base dei medesimi codici ATECO. Da questo punto di vista, il criterio dei codici ATECO si è rivelato tuttavia assolutamente inadeguato, mentre occorrerebbe piuttosto fissare una soglia di percentuale della componente dei costi energetici sul conto economico, perché ci sono attività che presentano margini ridottissimi e che risentono invece in maniera significativa della componente energia nella propria gestione e che con gli aumenti in corso si trovano oggi in gravi difficoltà. Mi riferisco, ad esempio, ai gestori delle mense collettive o delle residenze.Pag. 5 Occorre, quindi, rivedere il criterio dei codici ATECO.
Vi è poi la necessità di riequilibrare i contratti pubblici di servizi. Oggi le risorse e la normativa hanno rivolto l'attenzione alle opere pubbliche o al settore delle costruzioni, ma vi sono contratti pubblici di servizi – ho citato prima il settore della ristorazione, l'igiene ambientale, i servizi socio-sanitari, educativi e quelli residenziali – per i quali non è prevista la possibilità di un adeguamento all'aumento dei prezzi e dunque le imprese interessate stanno gestendo, con costi in aumento, appalti pubblici di servizi. Per tale ragione, occorre rivolgere un'attenzione specifica ai servizi.
In connessione al tema dell'energia, riteniamo debba quanto prima essere data attuazione alla disciplina in materia di comunità energetiche, proprio al fine di promuovere la nascita di nuove comunità energetiche e il contenimento, per quanto possibile, dei costi attraverso una gestione mutualistica della produzione di energie rinnovabili, in modo da mantenere il costo il più possibile contenuto.
Siamo inoltre a favore di una riorganizzazione di tutti i bonus edilizi e degli incentivi legati all'efficientamento energetico, da rendere strutturali sulla base di procedure più semplici e univoche, perché oggi c'è una certa difficoltà nella gestione da parte delle piccole e medie imprese nonché dei cittadini, tanto rispetto alla possibilità di accesso alle predette misure agevolative quanto alla capacità di comprensione di procedure burocratiche molto complesse.
Infine, sull'energia auspichiamo una stabile destinazione delle somme derivanti dalle aste per l'assegnazione delle quote di emissione di CO2 alla riduzione degli oneri gestionali di sistema.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIORGIO LOVECCHIO
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARCO VENTURELLI, Segretario generale di Confcooperative. Passando alle misure fiscali per le imprese, riteniamo che sulla riforma fiscale l'intervento più urgente consista nella redazione della parte generale del diritto tributario, che costituisca un codice che individui diritti e doveri del contribuente. Siamo per universalizzare la fattura elettronica nonché per far sì che le imprese possano vedersi riconosciuto un premio fiscale, analogamente a quanto già previsto per le imprese sociali e le start up innovative. Se vogliamo aumentare la capitalizzazione e la patrimonializzazione delle imprese, questa potrebbe essere una buona soluzione.
Per quanto riguarda invece il tema del lavoro, noi siamo per insistere sul fatto che la riduzione del cuneo fiscale debba essere prevista in termini strutturali e non si prosegua con bonus occupazionali spot, anche se nell'ultima legge di bilancio, in effetti, un minimo segnale in questo senso è già stato dato.
PRESIDENTE. Deve concludere, prego.
MARCO VENTURELLI, Segretario generale di Confcooperative. Concludo citando tre temi specifici legati alla semplificazione, che riguardano in parte anche la cooperazione: il primo è quello delle modalità di costituzione delle cooperative semplificate a responsabilità limitata, attraverso l'adozione di un modello standard costitutivo, come avviene per le srl semplificate; il secondo attiene alla necessità di superare il problema che oggi è stato ravvisato dal Ministero dello sviluppo economico circa la compatibilità tra la disciplina dell'impresa sociale e la disciplina delle start up innovative; il terzo consiste nella necessità di favorire la trasformazione delle associazioni in imprese collettive in forma societaria anche in deroga al codice civile, al fine di promuovere l'attuazione della riforma degli enti del Terzo settore per quei soggetti e associazioni che svolgono attività commerciale prevalente. Ad ogni modo, lasciamo alla vostra attenzione una memoria scritta.
GIANCARLO FERRARI, Direttore di Legacoop (intervento da remoto). Anche io ne Pag. 6approfitterò per arricchire alcuni spunti richiamati dal segretario generale Venturelli, essendo quel documento comune, ma vi assicuro che starò nei cinque minuti grazie anche al lavoro svolto dal collega.
Molto rapidamente, noi apprezziamo l'intervento nella fase iniziale del DEF che utilizza 0,5 punti percentuali dello scostamento di bilancio nel rapporto deficit/PIL per un intervento immediato che anticipa addirittura le misure della manovra di bilancio, sia per il rifinanziamento di interventi in corso sia per quanto riguarda l'intervento relativo alla crisi ucraina, ai costi energetici e al finanziamento del credito bancario. Questa misura in sé dà il senso anche di una prospettiva di incertezze e di difficoltà che rischia di frenare la ripresa, tant'è che questa è una misura che vuole in qualche modo agevolare la ripresa.
Forte è per le nostre imprese, grazie a un'indagine congiunturale che abbiamo sviluppato, la preoccupazione per la grande incertezza che vige e rischia addirittura di bloccare la ripresa. Da un sondaggio effettuato presso le nostre imprese, emerge un calo di fiducia generale e si registra al contempo un decrescere degli ordini, che prima erano significativamente in aumento, nonché una preoccupazione molto forte per la ripresa dell'inflazione e per l'aumento dei prezzi delle materie prime, tutto un insieme di fenomeni che rischiano di bloccare l'economia e che, così come previsto nel DEF, determinano una grandissima incertezza sulla ripresa e sulle attività che potevano essere immaginate in questa fase, ivi compresa la revisione al ribasso delle stime di crescita.
Il PNRR continua a rappresentare una grandissima occasione, non vi è dubbio, però bisogna fare molta attenzione perché l'utilizzo delle risorse del PNRR, in buona parte a prestito, se non sono in grado di generare una nuova leva di sviluppo, rischiano di ricadere pesantemente sul debito di questo Paese, se si traducono in spesa corrente e quindi in un aumento del deficit. Noi riteniamo che sia il momento anche di svolgere una riflessione seria sul modello di sviluppo di questo Paese e non semplicemente sull'utilizzo e sull'impiego delle risorse, come fin qui è sempre stato fatto, in un Paese in cui crescono diseguaglianze e divari. Quindi una serie di misure hanno bisogno di essere riorientate, e non solamente sviluppate in continuità. Riteniamo sia altresì necessario pensare a un modello di sviluppo economico e sociale differente rispetto a quello del passato.
Abbiamo una serie di proposte che vanno in questa direzione. Il collega Venturelli ricordava l'intervento sulle comunità energetiche, ma vi faccio un esempio per rendere più concreto il mio ragionamento. Sulle comunità energetiche, che rappresentano una grande opportunità per il futuro, ci sono due modalità possibili di intervento: muoversi a sostegno di quanto stanno facendo le grandi imprese nazionali dell'energia, quindi con uno sconto in bolletta, abbattendo le tariffe ma trattenendo tutti i vantaggi che derivano dalla produzione dell'energia; ovvero adottare il modello mutualistico delle cooperative e delle comunità energetiche, attraverso l'autoproduzione, l'autoconsumo e la ripartizione equa del vantaggio che si determina, quindi attraverso anche un'attività di pre-redistribuzione del reddito per cercare di ridurre le diseguaglianze e aumentare le possibilità e le chance per questo Paese di un riequilibrio anche delle condizioni sociali delle persone. Esamineremo con attenzione, tempo per tempo, i 19 disegni di legge collegati alla manovra.
Un'ultima considerazione e concludo. Per quanto riguarda il lavoro – ne parlava anche il collega Venturelli – noi siamo per una riduzione strutturale del cuneo fiscale e contributivo, considerando anche che gli interventi adottati in questo periodo, anche nel breve periodo, collegati ad esempio alla riforma degli ammortizzatori sociali, per le nostre imprese hanno significato semplicemente un palesare – con la riduzione del cuneo – il costo maggiore che ne derivava, ma questo non ha generato né vantaggi né condizioni di ripresa. Non ci sembra possibile continuare in questo modo, perché sicuramente non se ne è tratto un gran beneficio, se non attraverso modalità che dovrebbero diventare strutturali.Pag. 7
Concludendo, attendiamo il passaggio della bozza del prossimo disegno di legge di bilancio per comprendere meglio la portata della manovra ed esprimerci nel merito e riteniamo che l'occasione rappresentata dal PNRR non sia da perdere, sicuramente per ridurre le disuguaglianze, per sviluppare le riforme, nonché per promuovere un nuovo assetto delle relazioni industriali e una nuova fase nel rapporto pubblico-privato. È un'occasione per ridisegnare il paradigma dello sviluppo di questo Paese e augurarci una nuova fase di crescita più solidale e adeguata per l'Italia.
PRESIDENTE. Do ora la parola al Vicepresidente nazionale di Confapi, Cristian Camisa.
CRISTIAN CAMISA, Vicepresidente nazionale di Confapi (intervento da remoto). Innanzitutto, siamo tutti consapevoli della difficoltà del periodo. Penso che questo sia uno dei momenti più duri dal punto di vista industriale dopo il periodo della pandemia. Le stime di crescita del PIL, che passano da un 4,7 a un 2,9 per cento per l'anno 2022, danno l'idea di cosa stiamo vivendo. Sicuramente un primo passo è il tema dei pacchetti espansivi da 5 miliardi di euro, però è chiaro che qui occorre uno shock complessivo per permettere alle nostre imprese di rimanere sul mercato, perché da un lato vi sono Paesi che stanno soffrendo tanto come quelli europei, l'Italia in primis, dopo la guerra, dall'altro vi sono altri Paesi al di fuori dell'Europa che addirittura stanno guadagnando da questa pandemia, quindi sarebbe quanto mai necessaria una solidarietà a livello globale.
L'impossibilità di essere competitivi a volte nasce da alcuni fattori anche oggettivi. Quello dell'energia è sicuramente un tema di cui abbiamo discusso tante volte. Su questo vi faccio alcune proposte, rimandando per il resto al documento da noi presentato.
In primo luogo, noi pensiamo che sia opportuno che la percentuale del credito d'imposta previsto per le PMI, che oggi è stabilita al 12 per cento, venga parificata a quella del 25 per cento applicata alle imprese energivore. A prescindere dai consumi, reputiamo che sia fondamentale e più corretto allargare la platea dei beneficiari, guardando all'incidenza del costo dell'energia sul fatturato, perché questo è il vero costo percentuale che l'azienda sostiene rispetto a ciò che produce.
Le aziende in questo momento hanno inoltre bisogno di liquidità, già in questo primo trimestre. In tale quadro, ben vengano il credito d'imposta e la rateizzazione delle bollette, come anche noi avevamo proposto, ma pensiamo che occorra ricomprendervi i consumi dei mesi di marzo e aprile.
Per quanto riguarda il prezzo dell'energia, secondo noi deve tornare ad essere collegato al costo di generazione attraverso un meccanismo che valuti in modo diverso l'energia che deriva da fonti rinnovabili rispetto all'energia che viene prodotta tramite termogenerazione, che effettivamente dipende dal costo del gas.
Per quanto riguarda, invece, il tema del capacity market, pensiamo che sia necessario sospenderlo per tutto il 2022 e crediamo che questo onere oggi non debba gravare sulle nostre imprese, già falcidiate dai costi della componente energia.
Le materie prime sono un altro tema fondamentale, sia per il mercato agroalimentare che per quello metalmeccanico. Ricordo, ad esempio, che il settore metalmeccanico ha un'incidenza dell'8 per cento sul PIL nazionale e coinvolge oltre 160.000 aziende e 1,6 milioni di dipendenti e che dall'inizio dello scoppio della guerra il prezzo della materia prima è raddoppiato. Quindi riteniamo non più differibile la sospensione su base temporanea da parte dell'Unione europea dei dazi sulle importazioni di laminati, come crediamo che sia necessario a lungo termine pensare di avere una produzione nazionale che sia autosufficiente, perché in questo momento il tema non è tanto quello del prezzo, ma quello della reperibilità del materiale.
Infatti, ricordo ai non addetti ai lavori che la gran parte del materiale fino ad oggi proveniva dall'Ucraina e dalla Russia, quindi gran parte del materiale che l'Italia utilizzava oggi non è più disponibile. Ricordo Pag. 8anche che l'unica acciaieria in Italia da cui proviene l'acciaio primario è Acciaierie d'Italia, ex Ilva SpA, quindi penso che sia anche giunto il momento di pensare a qualcosa di strutturale, prevedendo magari la creazione di una grande acciaieria europea green, sfruttando anche le risorse del PNRR.
Per quanto riguarda il tema dell'acciaio, reputiamo necessario collegare le eventuali limitazioni all'export del rottame di acciaio, che di per sé è una scelta positiva, alla possibilità di aumentare le quote di import di acciaio, cui accennavo in precedenza.
Ricordo che in questo momento, a fronte di una situazione che sta creando dei mercati oligopolistici, noi non solo paghiamo l'acciaio il doppio rispetto, ad esempio, alla Cina, ma abbiamo anche un ricavo dal rottame che è di circa 100 euro inferiore a quello degli altri Paesi europei.
Cito solo il tema della riforma fiscale. È necessario sicuramente arrivare a una diminuzione del cuneo fiscale, ma sarebbero altresì necessarie, come già proposto più volte, la detassazione e la decontribuzione degli aumenti salariali. Reputiamo positivo anche lo sforzo dei premi una tantum, come è stato fatto adesso con i 200 euro riconosciuti ai dipendenti con i buoni carburante, ma pensiamo che in un'ottica di aiuti ai dipendenti bisognerebbe pensare a un contributo una tantum molto più elevato, che l'impresa possa erogare senza tassazioni aggiuntive.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CRISTIAN CAMISA, Vicepresidente nazionale di Confapi (intervento da remoto). Su un tema che mi sta molto a cuore, ossia quello della ricerca nelle start up, rinvio alle considerazioni contenute nel documento che abbiamo presentato. Cito solo un altro settore per noi molto importante, quello dei lavori pubblici. Noi in questo momento abbiamo avuto un incremento complessivo dei costi di oltre il 25 per cento e per effetto delle misure messe in campo dal Governo siamo a un più 17 per cento. Questo sta comportando il fatto che le nuove gare vanno deserte, mentre quelle in essere, se completate, comportano rischi molto rilevanti per l'esistenza stessa delle aziende. Quindi anche su questo un intervento è sicuramente fondamentale. Rimango a vostra disposizione qualora vi fossero domande.
PRESIDENTE. Non essendovi richieste di intervento da parte dei deputati o senatori, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 16.10, riprende alle 16.30.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
DANIELE PESCO
Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale consulenti del lavoro, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e di Confprofessioni.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti del Consiglio nazionale consulenti del lavoro, del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e di Confprofessioni.
Per il Consiglio nazionale consulenti del lavoro sono presenti il Vicepresidente, Francesco Duraccio, e il consulente legislativo, Giorgio Cappiello; per il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili sono presenti, in collegamento da remoto, il responsabile dell'area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti, Pasquale Saggese, e il responsabile dell'area economico-statistica della Fondazione medesima, Tommaso Di Nardo; per Confprofessioni sono presenti Carlo Girella e Andrea Dili.Pag. 9
Do quindi la parola al Vicepresidente del Consiglio nazionale consulenti del lavoro, Francesco Duraccio.
FRANCESCO DURACCIO, Vicepresidente del Consiglio nazionale consulenti del lavoro. Nel ringraziarvi anzitutto per l'invito, vi porto il saluto del Consiglio nazionale consulenti del lavoro. Dico subito che condividiamo integralmente l'analisi di scenario del quadro macroeconomico presente nel DEF, così come l'opportunità di rivedere al ribasso le stime di crescita del Paese.
In effetti, dopo il trend positivo registrato nel 2021 sia in termini di dati occupazionali che di diminuzione di fruizione e di ricorso agli ammortizzatori sociali, evidentemente lo scenario nell'anno 2022 si complica per via del conflitto in Ucraina. Riteniamo che questo trend positivo abbia in ogni caso ancora da smaltire una coda post-pandemica, perché teniamo presente che molte imprese hanno comunque continuato ad avere difficoltà, ricorrendo agli ammortizzatori sociali anche nel 2022, e che il rincaro dei prezzi al consumo e dei costi per l'energia effettivamente non giova a questo momento di ripresa. Di tutto questo se ne è tenuto conto nel DEF, però riteniamo che vi sia la necessità di prendere in considerazione anche alcuni aspetti che in questa occasione ci permettiamo di evidenziare.
Innanzitutto, per quanto riguarda il potere di acquisto dei redditi delle famiglie è evidente che, come emerge dal DEF, l'aumento dei prezzi al consumo e delle utenze in effetti in qualche modo sarebbe mitigato, oltre che da alcuni interventi specifici, anche dai recenti interventi varati dal Governo per diminuire la pressione fiscale sui redditi da lavoro, attraverso sia la riforma fiscale sia l'introduzione dell'assegno unico universale.
In proposito riteniamo opportuno fare qualche riflessione, perché in effetti c'è stata la rimodulazione delle aliquote, ma contemporaneamente c'è stata la soppressione delle detrazioni per i familiari a carico e degli assegni per il nucleo familiare, sostituiti dall'assegno unico universale. Tuttavia, non si è trattato soltanto di una mera sostituzione, bensì di un vero e proprio cambio di paradigma, perché mentre prima questi sostegni al reddito dei lavoratori erano rapportati alla quantità di reddito dei lavoratori stessi, oggi invece sono correlati alla situazione patrimoniale, tant'è che lo strumento che si prende a riferimento è la dichiarazione ISEE.
Andando ad analizzare, molte legittime aspettative di diminuzione della pressione fiscale fino a questo momento risultano disattese, perché effettivamente sulla situazione patrimoniale incidono le abitazioni, il possesso di automobili e anche i risparmi dei lavoratori. Inoltre, da un'indagine condotta dalla nostra Fondazione studi, che tra l'altro è stata pubblicata proprio venerdì scorso, emerge come i lavoratori con reddito più basso, che però hanno una situazione patrimoniale che prima di quel momento non era conosciuta, non beneficiano della diminuzione della pressione fiscale ed effettivamente in questo documento ci sono ben cinque esempi di diversa natura.
Al momento, poiché è da marzo che questo nuovo scenario è in vigore, non siamo ancora in grado di poter affermare l'entità e la diffusione del fenomeno, però almeno in fase di prima applicazione le analisi che abbiamo condotto portano a ritenere che probabilmente gli effetti negativi dell'inflazione non siano in realtà sufficientemente compensati dalle misure in materia fiscale e assistenziale. Quindi, un primo alert che segnalo riguarda questo aspetto.
Un secondo alert concerne la spesa per ammortizzatori sociali. Le stime del DEF si basano sui dati del mercato del lavoro del 2021, quando evidentemente abbiamo registrato un aumento del numero degli occupati e, come dicevo in premessa, un minor ricorso agli ammortizzatori sociali, però non possiamo non considerare come fin dall'inizio del 2022 alcune aziende non hanno del tutto recuperato la produttività, in particolare alcuni settori come il turismo, la ristorazione e la ricreazione, per cui in sostanza hanno continuato a fruire di ammortizzatori sociali anche nel 2022 ma non più emergenziali, bensì nella forma Pag. 10di ammortizzatori ordinari. Questa situazione in qualche modo, con lo scenario che abbiamo detto in premessa, potrebbe addirittura aggravarsi nel corso dell'anno. Ciò significa che molte aziende stanno già erodendo il tetto massimo di ammortizzatori sociali che hanno a disposizione nel biennio.
Invero, già il decreto-legge n. 21 del 2022, cosiddetto «Ucraina», riconosce alle imprese destinatarie della cassa integrazione, che nel corso dell'anno 2022 dovessero esaurire il limite di ammortizzatori sociali a disposizione, la possibilità di poter fruire entro il 31 dicembre 2022 di altre 26 settimane di ammortizzatori sociali entro un determinato limite di spesa, mentre alle imprese con meno di 15 dipendenti destinatarie di fondi di solidarietà, che nel corso del 2022 esauriscano gli ammortizzatori a disposizione, riconosce altre 8 settimane, pur sempre sottoposte al rispetto di un determinato tetto di spesa. Questo è apprezzabile, però riteniamo che innanzitutto alcune imprese, anche per limiti dimensionali, non siano interessate da questa ulteriore previsione e che probabilmente, se lo scenario purtroppo dovesse avere questo trend negativo – che in qualche modo non possiamo escludere –, anche gli interventi già disposti non sarebbero a nostro avviso sufficienti al fine di escludere che si debba riconsiderare un aumento della spesa pubblica proprio per far fronte a un'ulteriore necessità di riconoscere gli ammortizzatori sociali.
Un ultimo aspetto che non intendiamo sottovalutare è rappresentato dal fattore tempo, che riteniamo assolutamente indispensabile nell'attuazione del PNRR, perché è proprio questo grande e ambizioso programma che può veramente mitigare gli effetti negativi di scenario che stiamo vedendo e che correttamente sono stati evidenziati all'interno del DEF. Noi ribadiamo la necessità che si avviino quanto prima le opere infrastrutturali e le opere pubbliche previste all'interno del PNRR, azzerando il più possibile la burocrazia amministrativa che purtroppo è nemica in questo frangente ed auspichiamo che, proprio grazie all'avvio di queste opere, ci possa essere una reale crescita economica che, a sua volta, possa influire positivamente anche sui livelli occupazionali, ma il fattore tempo resta comunque determinante. Un ultimo aspetto riguarda la parte del PNRR fino a questo momento poco attenzionata, concernente le politiche attive per il lavoro, ovvero l'ormai famigerato programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), che è in progress e sta per essere attuato, tra le regioni e lo Stato centrale, da parte dell'ANPAL, però non nascondiamo ora, come abbiamo sempre fatto anche in precedenza, la preoccupazione circa il fatto che dette politiche poggiano su un sistema di servizi al lavoro che, a nostro avviso, presenta delle lacune strutturali importanti.
Anche in questo caso, il fattore tempo è determinante sia per riqualificare e accompagnare i lavoratori verso nuovi percorsi occupazionali, sia per sostenere quelle imprese che ancora oggi – come è all'attenzione dell'opinione pubblica – lamentano il bisogno di figure professionali che nel mercato del lavoro non riescono a trovare.
Questo, presidente, è il nostro contributo. Abbiamo presentato alla vostra attenzione un documento e rimaniamo a disposizione per qualsiasi necessità.
PASQUALE SAGGESE, Responsabile dell'area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto). Buongiorno, presidente, se me lo permette, cederei subito la parola al collega Tommaso Di Nardo, che svolgerà la prima parte dell'intervento.
TOMMASO DI NARDO, Responsabile dell'area economico-statistica della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto). Signori presidenti, signori senatori e onorevoli deputati, innanzitutto permettetemi di rivolgere il saluto a queste Commissioni oggi riunite in seduta congiunta da parte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e il ringraziamento per questa importante opportunità.
Il Documento oggi alla vostra attenzione delinea diversi scenari di rischio per la Pag. 11crescita economica dell'Italia. L'improvviso rallentamento del PIL, manifestatosi nell'ultimo trimestre dopo l'entusiasmante ripresa dello scorso anno, potrebbe trasformarsi in una nuova recessione nell'anno in corso con gravi ricadute sulla tenuta del sistema socio-economico e della finanza pubblica, già pesantemente stressati.
Confidiamo, pertanto, in un attento monitoraggio della situazione economica, nell'immediata adozione delle misure emergenziali che dovessero ritenersi necessarie, nonché nell'adozione di un piano di emergenza, possibilmente da concordare in anticipo con l'Unione europea, soprattutto per le conseguenze dovute allo shock energetico. Infatti, desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per la tenuta dei bilanci familiari e dei bilanci delle imprese interessati oggi da una forte perdita del potere di acquisto e da una contrazione dei margini a causa della forte ripresa dell'inflazione.
Nel 2020, i fallimenti delle imprese e le procedure di sovraindebitamento che interessavano le famiglie e le imprese non fallibili sono crollate a causa del lockdown e dei sostegni economici. Oggi, invece, rileviamo un deciso incremento delle sofferenze, che non si è ancora tradotto nei numeri e nelle statistiche. È indubbio però che, con il venir meno delle misure agevolative e delle dilazioni di pagamento dei debiti tributari e contributivi, il fenomeno tenderà ad esplodere nei prossimi mesi. Ci auguriamo, pertanto, che le misure di sostegno possano proseguire finché sarà necessario e che, in particolare, possano essere concesse ulteriori forme di rateizzazione dei debiti tributari e contributivi.
Nel 2021, grazie allo straordinario balzo del PIL, i conti pubblici sono andati meglio del previsto, ma contrariamente alle previsioni la pressione fiscale è aumentata fino a raggiungere il livello record del 43,5 per cento, secondo gli ultimissimi dati ISTAT ripresi proprio nel Documento di economia e finanza 2022. Ciò è dipeso da una crescita galoppante delle entrate fiscali, alimentata dal PIL e dall'inflazione.
Nel 2021, come riportano i dati ISTAT e lo stesso Documento, si è avuto un balzo significativo delle imposte indirette, che hanno fatto registrare un incremento del 13,8 per cento annuo, contribuendo così all'aumento della pressione fiscale per 0,9 punti percentuali di PIL. Questo incremento è imputabile essenzialmente al gettito IVA, cresciuto di oltre il 19 per cento, pari a quasi 24 miliardi di euro, secondo i dati del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Nel 2020 il gettito IVA era diminuito, invece, di quasi il 10 per cento.
Pertanto, pur tenendo conto di sfasamenti temporali nell'andamento del gettito tributario nel biennio pandemico dovuti ai ripetuti rinvii e proroghe collegati ai provvedimenti emergenziali adottati, c'è stato a livello consolidato un importante incremento della pressione fiscale indiretta causata dal gettito IVA, mentre gli sforzi per una riduzione della pressione fiscale diretta, pure importanti, soprattutto quelli miranti alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, hanno fornito nel 2021 un contributo molto limitato alla riduzione della pressione fiscale.
Esprimiamo dunque forte preoccupazione per il livello così alto raggiunto dalla pressione fiscale in Italia. Ricordiamo che, stante l'elevata quota di economia sommersa illegale nel nostro Paese, la pressione fiscale reale, cioè il sacrificio realmente imposto alla collettività che opera nell'economia emersa, è di gran lunga più elevata di quella registrata dall'ISTAT per tutta l'economia. Infatti, come si ricorderà, la contabilizzazione da parte dell'ISTAT nel PIL di una consistente quota di economia sommersa e illegale, pari per il 2019 a 203 miliardi di euro, l'11,3 per cento del PIL, determina un livello particolarmente elevato della pressione fiscale reale, che nel 2019 ha raggiunto il 48,2 per cento. A parità di quota di economia sommersa, la pressione fiscale reale nel 2021 raggiungerebbe il 49 per cento del PIL emerso.
Nel DEF correttamente si riporta un'analisi della pressione fiscale effettiva, cioè calcolata tenendo conto delle agevolazioni fiscali che l'ISTAT, in linea con le regole statistiche internazionali, riporta come misure di spesa. Tali misure per il 2021 sono Pag. 12pari a 2 punti di PIL, mentre il gap determinato dall'economia sommersa in termini di pressione fiscale è pari a circa 5,5 punti di PIL.
Inoltre, non vi è dubbio che l'esistenza di diverse misure di pressione fiscale a livello macro, cioè calcolate per l'economia nel suo complesso e quindi rispetto al PIL, rende il sistema particolarmente complesso, impedendo a livello micro, cioè a livello di singoli operatori economici, una corretta percezione dell'effettivo carico fiscale. Infatti, ricordiamo che l'Italia presenta un livello particolarmente elevato del cuneo fiscale nell'ambito OCSE, nonché uno dei livelli più elevati al mondo del total tax rate applicato alle imprese.
Per il 2022 e per gli anni successivi il DEF prevede nuovamente una riduzione della pressione fiscale. La revisione dell'IRPEF operata dalla legge di bilancio per il 2022 e l'abolizione dell'IRAP per alcune categorie di contribuenti vanno in questa direzione. Su questo punto il nostro giudizio è senz'altro positivo, giacché riteniamo fondamentale ridurre la pressione fiscale che grava sulle famiglie e che negli ultimi anni, invece, è sempre aumentata.
È evidente, inoltre, che l'incremento del gettito delle imposte indirette trainato dall'IVA si abbatte comunque sulle famiglie italiane, contribuendo ad appesantire ancora di più il carico fiscale su di esse. Pertanto, sarebbe auspicabile tenere sotto controllo il gettito IVA ed eventualmente, laddove le condizioni del quadro macroeconomico e di finanza pubblica lo permettessero, compatibilmente con la normativa europea in materia di IVA, adottare provvedimenti di sterilizzazione dell'aumento del gettito IVA. Adesso, con il permesso del presidente, lascerei proseguire il dottor Saggese per la parte fiscale.
PASQUALE SAGGESE, Responsabile dell'area fiscalità della Fondazione nazionale dei commercialisti (intervento da remoto). Nel DEF viene richiamato anche il fatto che la riforma fiscale costituisce una delle azioni chiave da intraprendere per dare risposta alle debolezze strutturali del nostro Paese. Noi conosciamo i principali fattori di criticità della fiscalità italiana, che sono costituiti essenzialmente dall'eccessivo numero degli adempimenti e dall'estrema complessità della normativa che, per effetto delle continue modifiche, ha creato un sistema ormai disorganico e irrazionale. Gli obiettivi prioritari della riforma fiscale devono consistere, appunto, nella razionalizzazione della normativa attraverso la creazione di veri e propri testi unici, quindi di un vero e proprio codice tributario, e ancor più nell'opera di riduzione e semplificazione degli adempimenti fiscali.
Sotto il profilo normativo, è stato già detto che la revisione dell'IRPEF anticipata con la legge di bilancio per il 2022 rappresenta sicuramente un importante primo passo anche verso una parziale riduzione della pressione fiscale. L'intervento, tuttavia, per essere completato a nostro avviso richiede una maggiore attenzione all'equità orizzontale del prelievo, ancora oggi diversamente distribuito tra le differenti categorie di percettori di reddito, con forti penalizzazioni, che andrebbero eliminate, dei lavoratori autonomi più strutturati, che attualmente non possono avvalersi del regime forfettario. Occorrerebbe anche una maggiore attenzione nei confronti delle aggregazioni professionali.
Anche l'abrogazione dell'IRAP, recentemente intervenuta con la legge di bilancio, per le attività d'impresa e di lavoro autonomo individuali, insieme all'esclusione delle aggregazioni professionali dal regime forfettario, sono due elementi che rischiano di favorire lo scioglimento delle aggregazioni professionali, proprio perché si riesce ad avere la flat tax e a essere esclusi dall'IRAP soltanto se si svolge l'attività in forma individuale. Nella prospettiva del rilancio delle attività professionali è quindi necessario non solo estendere questi regimi anche alle associazioni e alle società tra professionisti, ma altresì garantire alle operazioni straordinarie di riorganizzazione delle attività di lavoro autonomo lo stesso principio di neutralità fiscale da sempre previsto per le attività commerciali, in modo da favorire la crescita di queste realtà.
Per chiudere, sulla semplificazione degli adempimenti occorre una razionalizzazionePag. 13 del calendario delle scadenze fiscali con un occhio di riguardo anche alla loro periodicità, limitando al minimo quelle a carattere infrannuale.
Il processo di digitalizzazione richiamato nel DEF è stato sempre sostenuto dai commercialisti italiani, tant'è che sono i principali artefici delle comunicazioni che vengono effettuate attraverso i canali telematici dell'Agenzia delle entrate, ma affinché questo processo di digitalizzazione possa davvero assolvere alle sue naturali funzioni di semplificazione e di efficientamento del nostro sistema tributario è necessaria una maggiore interoperabilità delle banche dati e una maggiore circolarità delle informazioni e dei dati in esse contenuti, altrimenti si deroga e si ignora il principio del once only, ovvero il fatto di non richiedere più volte la stessa informazione al contribuente, determinando per il privato cittadino aggravi sia negli adempimenti che nei costi.
Il tutto deve essere completato da un rapporto fisco-contribuente più equilibrato, prevedendo garanzie e diritti del contribuente ed elevando lo statuto dei diritti del contribuente, o almeno i suoi princìpi fondamentali, a princìpi di carattere costituzionale che non possono essere derogati da leggi ordinarie.
Infine, per completare il corretto dispiegarsi del rapporto fisco-contribuente, è fondamentale procedere a una riforma della giustizia tributaria che assicuri finalmente un giudice professionale a tempo pieno con specifica competenza anche nelle materie economico-aziendalistiche e nei principi di redazione del bilancio. Mi fermo qui e vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Do ora la parola al rappresentante di Confprofessioni, Andrea Dili.
ANDREA DILI, Delegato dell'area fisco di Confprofessioni. Nel ringraziare il presidente e tutti i Commissari presenti, vi porto i saluti del nostro presidente nazionale, il dottor Gaetano Stella, e farò un intervento su specifici argomenti, partendo appunto dal DEF. Anche noi ovviamente condividiamo l'analisi di scenario, che è preoccupante rispetto a quelle che erano le aspettative nostre e, più in generale, un po' di tutti, mentre ci avviavamo alla conclusione dell'emergenza sanitaria, ma ci troviamo evidentemente di fronte a un'altra emergenza di pari portata e che ci fa parimenti preoccupare.
Per quanto riguarda il punto che definirei centrale, di cui gli addetti ai lavori si stanno occupando anche negli ultimi giorni, ovvero quello relativo alle politiche energetiche, anche noi siamo per la diversificazione delle fonti. Chiediamo che gli investimenti prioritari vengano dirottati sulle fonti rinnovabili, ma chiediamo anche una semplificazione dell'iter autorizzatorio di questa tipologia di investimenti, perché sappiamo che dal punto di vista della burocrazia non siamo nel perfetto equilibrio tra le garanzie del controllo e l'efficienza assicurata da tempi rapidi nell'autorizzazione e nella realizzazione di questi investimenti, che adesso, invece, appare come una priorità per questo Paese.
Per quanto riguarda il tema dell'occupazione, notiamo che il DEF, anche per fronteggiare la perdita del potere d'acquisto delle famiglie provocata dall'inflazione, concentra l'attenzione sui rinnovi dei contratti collettivi. Certamente le famiglie perdono potere d'acquisto, ma d'altro canto non si può ignorare anche la condizione di difficoltà in cui versano in questo momento le imprese. In proposito, noi avanziamo una proposta che ritengo di buon senso, ovvero di prevedere che, nel momento in cui le parti sociali si accordano per i rinnovi contrattuali, gli incrementi godano di una defiscalizzazione, di una detassazione. Ci sono già esempi su alcune fattispecie, che possono essere implementati in una situazione affatto straordinaria e particolare come quella attuale.
Per quanto riguarda gli obiettivi di riforma che vengono prospettati nel DEF, alcuni di questi toccano direttamente il ruolo dei professionisti e l'importanza dei professionisti e del comparto dei servizi professionali in questo Paese. Non posso non partire dalla riforma fiscale, rispetto alla quale i temi sono molteplici. Io parlerei di semplificazione degli adempimenti, Pag. 14come ha fatto prima il collega, ma parlerei anche, come ugualmente ha fatto il collega, di una riforma dell'IRPEF che non ci ha soddisfatto né ci soddisfa, almeno in questa sua prima parte, perché rimane il problema enorme di un'equità orizzontale che non si ravvisa né dal punto di vista endogeno né da quello esogeno. Dal punto di vista endogeno, infatti, dentro il sistema IRPEF a parità di reddito assistiamo ad una sperequazione enorme tra il lavoro dipendente e il lavoro autonomo. Ad esempio, a fronte di un reddito di 20.000 euro un lavoratore autonomo paga 4.000 euro di imposte mentre un lavoratore dipendente ne paga 2.000, quindi il lavoratore autonomo paga il doppio. Dal punto di vista esogeno, invece, ci sono tutta una serie di regimi sostitutivi per altre tipologie di redditi che contribuiscono a questo squilibrio, che non produce equità all'interno del sistema fiscale italiano.
Accanto a ciò, segnaliamo la necessità di elevare lo statuto del contribuente a norme di rango costituzionale, di varare una riforma della giustizia tributaria con magistrati tributari professionalizzati, nonché di pervenire all'universalizzazione degli strumenti digitali, perché siamo convinti che anche una parte del recupero dell'IVA derivi dall'adozione, ad esempio, della fatturazione elettronica e, quando questa sarà universalizzata, noi potremo sicuramente ridurre gli adempimenti legati all'IVA, quantomeno quelli periodici. Infine vi è un'altra misura importantissima, anche se magari non è molto sponsorizzata perché non si comunica bene all'opinione pubblica: la riduzione della frammentazione normativa attraverso l'adozione di testi unici. Il fisco italiano è troppo frammentato e ciò crea anche una perdita di efficienza.
Un altro punto è costituito dalla riforma degli incentivi alle imprese. Permettetemi in proposito di segnalare una sola cosa: l'equiparazione dei professionisti alle imprese. Non è possibile che, se uno studio medico associato investe in un macchinario, non gli vengano riconosciuti quei crediti di imposta che vengono riconosciuti, invece, a un centro polispecialistico in forma di impresa, ad esempio una srl. Importantissimo – come è stato detto prima, ma voglio ribadirlo – è trovare dei meccanismi che favoriscano l'aggregazione tra professionisti, poiché siamo tra i più frammentati d'Europa e questo non fa bene al nostro mercato dei servizi professionali né alle nostre imprese. Va bene quello che diceva il collega, anche noi siamo per azzerare il costo fiscale dei conferimenti, ossia per la neutralità fiscale degli stessi.
Segnalo una cosa che sembra piccola, che può costare poco, ma che sta bloccando la costituzione di società tra professionisti, ovvero il fatto che ai professionisti in società, quando le società sono in società di capitali o cooperative, si raddoppia il contributo previdenziale integrativo, perché viene pagato una prima volta nel momento in cui la società tra professionisti fa la fattura al cliente e viene pagato una seconda volta dal professionista quando fa la fattura per la stessa prestazione alla società. Questo è il meccanismo della doppia fatturazione, che è stato validato dall'Agenzia delle entrate. Io non posso pagare sulla stessa prestazione il 4 per cento nel momento in cui la fatturo al cliente e il 4 per cento quando la incasso come professionista. Questa cosa non è francamente accettabile.
Concludo con due temi, due flash. Il primo è sugli ammortizzatori sociali, rispetto al quale voglio sottolineare il fatto che da un anno è stato introdotto per i lavoratori autonomi, seppure in via sperimentale, il primo ammortizzatore sociale, vale a dire l'indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa. Questa misura va monitorata attentamente e, visto il numero delle domande rispetto a quelle che erano previste, occorre magari pensare anche a un blocco dell'aliquota aggiuntiva, che dovrebbe crescere dallo 0,26 allo 0,51 per cento. Noi saremmo per mantenerla allo 0,26 per cento, perché le prestazioni che sono state erogate nel corso del 2021 sono molto inferiori a quelle che erano state previste quando è stata definita l'entità di questa aliquota.
Finisco con un cenno al tema della salute. Il PNRR prevede un'apposita componente nell'ambito della missione dedicataPag. 15 alla salute, investendo 7 miliardi di euro in reti di prossimità, in strutture, in assistenza domiciliare e in telemedicina. Noi riteniamo che si debba supportare con risorse adeguate e finanziamenti mirati il rinnovo della dotazione tecnologica degli studi, affinché i professionisti della sanità possano cogliere appieno i vantaggi offerti dalla digitalizzazione. Rimando al documento che abbiamo presentato e vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Siamo noi che vi ringraziamo. Chiedo se vi siano domande anche da parte di coloro che sono collegati da remoto. Non essendovi interventi, non ci resta che ringraziarvi di nuovo e augurare a tutti buon lavoro. Dichiaro quindi conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 17, riprende alle 17.30.
Audizione di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, Coldiretti, COPAGRI.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Confagricoltura, CIA-Agricoltori italiani, Coldiretti, COPAGRI.
Per Confagricoltura è presente, da remoto Nicola Gherardi, componente della Giunta esecutiva; per CIA-Agricoltori è presente, sempre da remoto, Massimo Bagnoli, responsabile dell'ufficio fiscale; per Coldiretti è presente, da remoto, Gianfranco Calabria, responsabile del servizio legislativo; per COPAGRI è presente, sempre da remoto, Federica Agati, referente per i rapporti con il Parlamento.
Partiamo da Nicola Gherardi per Confagricoltura. A lei la parola.
NICOLA GHERARDI, Componente della Giunta esecutiva di Confagricoltura (intervento da remoto). Innanzitutto spero mi sentiate, perché sono a Vinitaly e ho in sottofondo dei rumori incredibili. Detto ciò, a nome di Confagricoltura, delle imprese che rappresentiamo e del presidente Giansanti, volevamo ringraziare i presidenti, l'onorevole Melilli e il senatore Pesco, per questa opportunità, nonché tutti gli onorevoli che compongono le Commissioni bilancio di Camera e Senato.
Dal nostro punto di vista, lo scopo è quello di cercare di focalizzare la situazione nel momento attuale che stiamo attraversando. È innegabile che, dopo la grande crisi legata al COVID-19, le imprese hanno reagito in maniera molto importante, rappresentando una strategicità del settore primario che prima magari non era ritenuta così rilevante. Forse il COVID-19 prima e la crisi ucraina oggi ci fanno rendere conto, con maggior convinzione, che il cibo non è una cosa scontata e che ciò che troviamo sugli scaffali è sicuramente il frutto del lavoro di imprese e di imprenditori che quotidianamente si alzano e lavorano per cercare di garantire la presenza del cibo persino nelle condizioni più difficili, nonostante gli aiuti che il Governo ha provveduto ad adottare e le misure che sono state varate nel corso di questi anni, anche con una valenza sicuramente europea.
A fronte di una ripresa della domanda mondiale, da cui intravedevamo sicuramente un futuro roseo per le nostre imprese, si è invece verificato questo conflitto armato. Ormai tutti abusano di questa espressione, ovvero che si tratta di una «tempesta perfetta», ma così certamente è per le nostre imprese, che stanno effettivamente scontando una situazione di grande crisi e di grave difficoltà.
Che cosa abbiamo potuto constatare e rilevare in questi primi momenti? Che tutto sommato, per quanto riguarda l'export nei confronti della Russia registriamo un dato ancora relativamente contenuto, perché stimiamo la riduzione attuale intorno all'1,5 per cento, ma evidentemente siamo ancora in una fase transitoria, mentre abbiamo un dato un po' più marcato per quanto riguarda la riduzione delle importazioni, poiché siamo attorno al 3,7 per cento.Pag. 16
Il tema cruciale, oltre alle materie prime, è naturalmente quello legato all'energia elettrica, da cui poi si ricavano anche le materie prime che sono legate all'uso e all'attività principale delle nostre aziende. Sostanzialmente mi riferisco all'incremento dei costi dei concimi, nonché a quello del carburante e degli agrofarmaci. Si tratta di costi che le aziende agricole non sono riuscite e non hanno voluto scaricare direttamente sui prezzi pagati dalle famiglie, cercando così di tutelare la capacità di spesa delle famiglie stesse.
Tutto sommato il settore agricolo si è trovato e si trova ancora in una situazione di impasse, perché abbiamo un incremento sostanziale dei costi di produzione, ma d'altro canto fatichiamo a scaricare sui consumatori il nostro costo, che è una scelta per altri aspetti sicuramente ponderata e giusta.
Che cosa stiamo scontando? Un incremento del costo dell'energia e del carburante in maniera molto importante e significativa, un incremento del costo dei fertilizzanti e, soprattutto, un incremento notevole del costo dei mangimi, che mette in forte difficoltà la tenuta delle nostre filiere del settore della zootecnia.
Le misure ci sono e si stanno applicando. Abbiamo raccolto tutta una serie di dati, che sono pubblici e che anche altre fonti hanno più volte citato, relativi ad esempio all'incremento del costo del carburante nell'uso delle aziende, rispetto al quale mentre prima vi era un consumo stimato mediamente intorno ai 2.900 euro per azienda ogni anno, oggi siamo abbondantemente sopra i 6.500 euro.
Che cosa stiamo cercando di chiedere e cosa proporremo? Sostanzialmente chiederemo di prorogare anche per il secondo trimestre la misura che attualmente abbiamo in merito al primo trimestre, ovvero quella relativa al credito d'imposta del 20 per cento sulle spese sostenute per l'acquisto dei carburanti.
Una riflessione si deve fare anche in merito ai periodi di riferimento che vengono presi, perché nei primi tre mesi del 2021 vi erano determinati dati, ma già alla fine del secondo semestre del 2021 si era verificato un incremento del costo delle materie prime, anche sui carburanti, quindi parametrare in maniera abbastanza puntuale il periodo di riferimento rappresenta sicuramente un aspetto estremamente importante.
Un'altra valutazione che vorremmo sottolineare è il fatto di equiparare alle aziende energivore, ossia quelle che vivono di energia, le aziende agricole che hanno un fabbisogno energetico molto importante, dal momento che alcune delle nostre realtà presentano esattamente queste caratteristiche.
L'altro aspetto che volevamo accentuare ed evidenziare è l'incremento del costo dei mezzi tecnici, prevalentemente dei fertilizzanti. È stato un percorso in crescita che è iniziato – occorre dirlo in maniera corretta – nel secondo semestre del 2021. Oggi abbiamo raggiunto l'apice, in concomitanza con il conflitto russo-ucraino, ma in realtà i costi delle materie prime erano iniziati a crescere in maniera abbastanza importante già nel secondo semestre.
Di quanto sono aumentati, tanto per avere un ordine di grandezza? Le stime evidenziano che l'incremento si colloca ben sopra al 200 per cento e, in alcuni casi, raggiungiamo addirittura il 300 per cento. Perché questi dati preoccupano? Perché fondamentalmente il costo dei mezzi tecnici e dei fertilizzanti costituisce non meno del 18 per cento di quello che è il costo che un'azienda si trova a dover affrontare.
Che cosa immagineremmo e che cosa vorremmo proporre? Anche in questo caso, chiediamo una sorta di credito di imposta che venga traslato da quello che è l'esempio preso per il costo dei carburanti e riprodotto, per quanto fosse possibile, anche all'interno di una misura legata all'utilizzo dei fertilizzanti.
Le altre riflessioni che vogliamo portare alla vostra attenzione sono legate praticamente a tutte le iniziative che si sono generate con il credito d'imposta e, sotto questo profilo, va sicuramente rivolto un plauso all'attività del Governo. Tuttavia, sotto questo aspetto, visto il risultato che c'è stato in questi due anni di applicazione, chiederemo che non vi sia un décalage della Pag. 17percentuale e quindi, se fosse possibile, di ritornare, ad esempio, a un 50 per cento di credito d'imposta maggiormente votato a quelli che sono gli investimenti legati all'innovazione tecnologica, perché riteniamo che solo innovando i nostri processi produttivi e solo applicando ciò che è alla base dell'agricoltura di precisione si possono conseguire quegli obiettivi di più ampio spettro che riguardano la tenuta della capacità produttiva delle imprese e il rispetto di quelli che sono i parametri indicati dalla Farm to fork strategy. Sotto questo profilo si cercherebbe la possibilità di allungare questo tipo di intervento e di riportarlo ai volumi che avevamo sostanzialmente all'inizio del 2021-2022, quindi con il 50 per cento.
L'altro aspetto è legato sostanzialmente agli ammortamenti delle colture arboree, perché oggi i sistemi di calcolo prevedono degli ammortamenti che sono sicuramente decennali e questo non agevola, da questo punto di vista, il recupero dei costi delle imprese. La richiesta è quella di cercare di accorciare il periodo di ammortamento.
L'altro aspetto è legato sostanzialmente all'evoluzione del parco macchine e alla necessità che abbiamo di rinnovare la vetustà delle nostre macchine. Infatti, abbiamo 1,6 milioni di macchine che hanno più di 20 anni, quindi abbiamo la necessità impellente di rinnovare queste macchine e secondo noi lo si potrebbe fare abbassando l'IVA legata a questo tipo di investimenti, in modo da riuscire a conseguire quegli obiettivi, che ho molto sinteticamente citato prima, legati al cambiamento climatico, quindi al contenimento delle emissioni, che secondo noi rappresenta oggi l'obiettivo fondamentale e indispensabile, perché abbiamo visto che i cambiamenti climatici oggettivamente sono sotto gli occhi di tutti. Questo sicuramente potrebbe essere un elemento di crescita per l'intero settore e potrebbe costituire un ulteriore volano per il mondo agricolo, che già oggi sta svolgendo un ruolo importante.
PRESIDENTE. Do ora la parola al rappresentante di CIA-Agricoltori italiani, Massimo Bagnoli.
MASSIMO BAGNOLI, Responsabile dell'ufficio fiscale di CIA-Agricoltori italiani (intervento da remoto). Ringrazio, a nome di CIA e del mio presidente, i presidenti e i componenti delle Commissioni bilancio per questo invito. Farò un brevissimo inquadramento e svolgerò alcune riflessioni, cogliendo anche alcuni spunti che ha prima riportato il dottor Gherardi.
Io ho letto il Documento, come i colleghi, e l'ho trovato molto attento, onesto e puntuale, tale da consentirci di condividere alcune riflessioni. È un Documento che pone l'attenzione anche su taluni rischi, quindi la prima raccomandazione – che credo condividiamo tutti – è quella di evitare il blocco delle importazioni o, quantomeno, della fornitura di gas naturale, perché tutto questo avrebbe un impatto pesantissimo sull'economia di questo Paese. Io ritengo che una situazione di questo genere non avrebbe soltanto un impatto in termini di riduzione del PIL, ma anche in termini di mantenimento della struttura imprenditoriale di questo Paese e dei livelli di occupazione, ma su questo il Governo si sta adoperando e ha il nostro plauso per come sta agendo.
Rispetto alle linee strategiche che avranno accoglimento nei vari provvedimenti che si susseguiranno nel corso dell'anno e sfoceranno nella legge di bilancio per il 2023, vado subito ad alcune considerazioni che riteniamo, come CIA, essere importanti.
La prima riflessione guarda al tema dei costi di produzione legati al conflitto ucraino e al tema dell'embargo, che non ha soltanto – come diceva prima anche il dottor Gherardi – un riflesso in termini di riduzione dell'export verso determinati Paesi, ma anche una conseguenza ancor più grave, che è quella legata all'aumento dei costi di produzione. Questo Paese in questo momento non ha problemi di approvvigionamento alimentare, perché - come sappiamo tutti - il mondo agricolo continua a produrre, ma continua a produrre con sacrifici sempre maggiori e credo che tutto questo debba essere preso in seria considerazione. Nel Documento di economia e finanza ci sono dei riferimenti che ci fanno capire che ci sarà una grande attenzione. Le varie Pag. 18misure che verranno adottate necessariamente dovranno tener conto di questo. Se non c'è marginalità in un'impresa, l'impresa non va avanti, e se non c'è marginalità in un'impresa agricola, l'impresa agricola è destinata a chiudere e a non produrre più per il sostentamento di un Paese né per quello dell'umanità intera.
La seconda riflessione guarda al tema della transizione ecologica e le riflessioni contenute in proposito nel DEF sono molto interessanti. Faccio soltanto alcune riflessioni. La prima riguarda una diversa segmentazione fra interventi urgenti e interventi strutturali. Noi in questo momento abbiamo bisogno di produrre energia da fonti rinnovabili, ma ne abbiamo bisogno in questo momento, non fra sei o dodici mesi. In questo raccomando la vostra attenzione e quella del Governo su alcune scelte che forse non vanno in questa direzione. Noi abbiamo un PNRR che ci dice cose molto chiare e mette a disposizione anche risorse importanti e mi riferisco, per esempio, a tutta la misura relativa ai parchi agrisolari. Il decreto che abbiamo letto – credo che i colleghi converranno su questo – va in una direzione opposta rispetto a quello che ci stiamo dicendo anche questa sera. I parchi agrisolari avevano l'obiettivo di portare non soltanto il mondo agricolo, ma il Paese intero, verso una produzione di energia da fonti rinnovabili. Limitare l'adozione di questa misura soltanto all'autoconsumo è un errore strategico, sia in termini di obiettivi legati al PNRR sia in termini di sostenibilità energetica di cui stiamo parlando oggi. Quel decreto probabilmente andrebbe, se possibile, rivisto e modificato e su questo è necessario che il Governo intervenga.
La seconda riflessione sulle fonti rinnovabili è legata ai parchi agrisolari, ai parchi agrivoltaici e ai parchi fotovoltaici. Sul tema dei parchi agrisolari, l'ultimo decreto prevede una limitazione di superficie pari al 10 per cento della superficie aziendale. Il tema è molto semplice: se l'obiettivo è quello di produrre energia combinandola con la sostenibilità agricola, non ha senso prevedere una limitazione del 10 per cento per i parchi agrisolari. Come non ha senso limitare l'installazione di pannelli fotovoltaici all'autoconsumo, così non ha senso limitare i parchi agrivoltaici al 10 per cento. Bisogna produrre energia da fonti rinnovabili in tempi rapidissimi, quindi questa è una raccomandazione che, come CIA, rivolgiamo alla vostra attenzione.
Sui parchi fotovoltaici noi abbiamo una posizione che è abbastanza contenuta sulla possibilità di sviluppare questa forma di produzione di energia. Ci rendiamo conto che è necessario produrre energia, ma ci rendiamo anche conto che non possiamo occupare superfici agricole e produttive per installare svariati ettari di pannelli fotovoltaici, quindi bisogna anche a tale proposito non essere schizofrenici. Da una parte abbiamo bisogno di produrre prodotti agricoli e dall'altra abbiamo bisogno di produrre energia, quindi usiamo le superfici che non vanno a pregiudicare la produzione di prodotti agricoli. Queste sono le considerazioni che volevo brevemente fare, ribadendo che troviamo molto interessante il Documento nelle sue linee strategiche.
PRESIDENTE. Do ora la parola al rappresentante di Coldiretti, Gianfranco Calabria.
GIANFRANCO CALABRIA, Responsabile del servizio legislativo di Coldiretti (intervento da remoto). Estendo il mio ringraziamento anche da parte del presidente di Coldiretti, Ettore Prandini. Non vorrei utilizzare frasi epocali, ma obiettivamente la discussione riguardo al DEF 2022 è molto più importante rispetto alle precedenti, aventi ad oggetto i passati Documenti di economia e finanza.
Non vi è dubbio che la situazione geopolitica internazionale e macroeconomica è del tutto peculiare e inaspettata tanto per la crisi in Ucraina, quanto, e soprattutto, per i risvolti in termini di aumento dei prezzi dell'energia e di crescita dell'inflazione. Altrettanto preoccupante, come evidenzia bene il DEF, è la prevista riduzione del PIL a partire dal primo trimestre 2022, con una tendenziale ripresa nel secondo trimestre di quest'anno. Altrettanto significative sono le considerazioni della Banca Pag. 19centrale europea, che addirittura prevede nella zona euro un'inflazione, relativa soprattutto all'aumento dei costi delle materie prime, che sfiorerebbe il 7,1 per cento nel 2022 e il 2,7 per cento nel 2023.
Fatto questo breve excursus di percentuali e di numeri, è chiaro che in questa condizione è del tutto encomiabile l'impegno profuso dal Governo nel mantenere un indebitamento netto nel 2022 pari al 5,6 per cento del PIL. Evidentemente, questo indebitamento programmatico è idoneo e imprescindibile per supportare gli interventi normativi che tutti i settori imprenditoriali attendono. Mi riferisco – è inutile girarci intorno – al famoso decreto-legge della seconda metà di aprile che tutti stiamo aspettando, che potrà utilizzare, in virtù appunto del predetto indebitamento netto, risorse pari a 9,5 miliardi di euro, ma soprattutto ci riferiamo a quella parte, che il Governo presume essere di 5 miliardi di euro, finalizzata a interventi espansivi per contenere i prezzi del carburante e dell'energia elettrica, cosa che obiettivamente, signor presidente e signori senatori e deputati, costituisce una scelta obbligata.
È inutile negare che il settore agricolo si attende una particolare attenzione da questo decreto-legge che sarà emanato in coerenza con le linee programmatiche del DEF, soprattutto con riferimento a interventi a sostegno del credito di imposta per il gasolio utilizzato per il riscaldamento nell'ambito delle attività imprenditoriali agricole, così come a interventi che consentano di valorizzare il volano dell'accesso al credito per le imprese con l'aumento del finanziamento in capo a ISMEA per le garanzie dirette ai crediti contratti dalle imprese agricole.
In poche parole, noi ci aspettiamo che ci siano delle misure che abbiano una maggiore incisività rispetto a quelle, già importanti, introdotte con il decreto-legge n. 21 del 2022, in fase di conversione in questi giorni.
È bellissimo utilizzare le endiadi che utilizza il DEF, laddove fa riferimento ad un momento che necessita di una politica di bilancio oculata ma espansiva. Le imprese agricole hanno bisogno di questa oculatezza ed espansività, anche al fine di accedere in modo più strutturato e organico alle misure del PNRR dedicate alle imprese agricole.
L'auspicio di tutti è che nel prossimo Documento programmatico di bilancio per il 2023 si confermino gli orientamenti già presenti nel precedente Documento programmatico di bilancio e che confluiranno in una manovra di bilancio per il 2023 anch'essa espansiva, al pari di quella relativa all'anno che stiamo vivendo. Mi riferisco naturalmente alla conferma di importanti misure a sostegno del settore primario, come la decontribuzione per i giovani agricoltori e l'esenzione IRPEF per i redditi dominicali e agrari.
Estrema importanza, come ogni anno, assume la sezione terza del DEF, quella del Piano nazionale di riforma, dove si parla di agricoltura, sostenibilità e New Deal. È evidente che questo è un aspetto importantissimo anche per scongiurare l'abbandono di aree cosiddette «marginali» del Paese, ma la competitività del settore agricolo, mi sia consentito, non consiste solo nella diversificazione delle fonti energetiche, che pure è molto importante con riferimento alle misure relative ai parchi agrisolari di cui si parlava poc'anzi, pur tra le sue luci ed ombre. Ciò che è indispensabile – questo è il compito di un DEF – è costruire un sistema alimentare sostenibile fondato sull'efficace utilizzo delle risorse del Fondo complementare, in particolare con la messa a regime di strumenti importantissimi quali sono i contratti di filiera, che sono finanziati con oltre un miliardo e 200 milioni di euro dal Fondo complementare di cui al decreto-legge n. 59 del 2021.
Resta comunque imprescindibile – il DEF compie alcuni passaggi importanti in tal senso – la valorizzazione di un partenariato pubblico-privato che possa essere il sostrato sul quale si andranno a sviluppare e attuare le manovre di interesse per il settore primario.
Il capitolo che a noi, come sempre, desta particolare interesse – immagino che gli onorevoli deputati e senatori che mi ascoltano saranno d'accordo – è quello relativo ai disegni di legge collegati, elencati nella Pag. 20parte prima del DEF. È sicuramente importantissimo che sia stato previsto un disegno di legge collegato relativo alla riforma del famoso decreto legislativo n. 102 del 2004 sulle assicurazioni in agricoltura, così come è estremamente importante che finalmente si voglia dare organicità agli interventi a tutela della montagna con uno specifico disegno di legge collegato. Tuttavia, noi ci saremmo aspettati, anche nell'ottica di intraprendere un processo finalizzato alla sovranità alimentare del Paese, che ci fosse la previsione di un disegno di legge collegato di carattere trasversale e pervasivo in termini di rilancio e di sviluppo della competitività delle imprese agricole.
Noi ci auguriamo che, nell'ambito del disegno di legge collegato che riguarda lo sviluppo delle filiere tra imprese, ci sia una specifica sezione destinata proprio alle politiche di filiera dell'agroalimentare. Non nascondiamo, signor presidente, che noi riteniamo estremamente importanti interventi di carattere ordinamentale che possano, da un lato, accompagnare le politiche attive per il lavoro delle quali il DEF fa più di una citazione, dall'altro, essere un sostegno, proprio in termini di valorizzazione dell'attività di impresa, a fronte dell'intervento preconizzato in materia di sussidi ambientalmente dannosi che devono essere rivisti e ricalibrati, pur sempre in un'ottica di selettività e considerando l'effettiva importanza e pregnanza in termini effettivi di immissioni di CO2 nell'atmosfera. È chiaro che non è un momento di tagli lineari o di interventi finalizzati esclusivamente a reperire risorse da impiegare in altri strumenti.
Noi riteniamo che un ambiente ordinamentale accogliente – mi sia consentito questo termine poco tecnico – possa essere molto spesso più utile e incisivo in termini di sviluppo del sistema imprenditoriale non solo agricolo, ma complessivamente inteso. Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Do ora la parola alla rappresentante di COPAGRI, Federica Agati.
FEDERICA AGATI, Referente per i rapporti con il Parlamento di COPAGRI (intervento da remoto). Ringrazio a nome di COPAGRI i presidenti delle Commissioni bilancio del Senato, Daniele Pesco, e della Camera, Fabio Melilli, e tutti i senatori e deputati componenti delle Commissioni medesime.
Prima di entrare nel merito delle considerazioni sul Documento, consentitemi di dire che gli ultimi due anni caratterizzati dai devastanti effetti sociali ed economici causati dalla pandemia, dall'impatto del costo dell'energia e dal rincaro delle materie prime hanno rimesso al centro del dibattito politico l'importanza e la capacità di adattamento del nostro sistema agricolo e alimentare. Non ci stancheremo mai di evidenziare che gli sforzi dei nostri produttori hanno assicurato, e continuano ad assicurare costantemente, cibo di qualità a un prezzo equo nonostante le enormi difficoltà.
Il 2021, come chiaramente espresso anche dal DEF, si è chiuso all'insegna di un cauto ottimismo, poiché sembravano esserci tutti gli elementi per guardare con fiducia ai prossimi mesi e anni in un'ottica di crescita generalizzata, ma gli strascichi della crisi hanno continuato a essere evidenti anche durante l'inizio di quest'anno, con un perdurante aumento generalizzato dei costi delle materie prime, dei prodotti energetici e dei loro derivati. Il tutto è stato segnato da una volatilità dei prezzi con rilevanti incrementi registrati in particolare, per quanto riguarda l'agricoltura, in relazione al grano, al mais e al cotone. Inoltre, l'aumento dei costi delle materie prime, secondo le stime del DEF, potrà avere ulteriori impatti sull'inflazione in un contesto in cui l'Italia è già molto provata.
Con riferimento alle misure messe in atto dal Governo e riportate nel DEF per ridurre gli effetti negativi della crisi, abbiamo accolto con estremo favore il decreto-legge cosiddetto «Bollette», che ha stanziato risorse pari a 6 miliardi di euro per calmierare gli aumenti di luce e gas, e il decreto-legge «Energia», detto anche «Taglia prezzi», che ha previsto in particolare la rinegoziazione e la ristrutturazione dei mutui agrari, misura fortemente auspicata da COPAGRI.Pag. 21
Riteniamo che il Governo debba continuare a mettere in campo ulteriori interventi a sostegno del settore agroalimentare, soprattutto a tutela delle aziende che devono essere messe nelle condizioni di poter continuare a lavorare, perché, come ha anche rilevato il CREA nel suo rapporto, per quanto riguarda le difficoltà del sistema agroalimentare italiano, ad essere più penalizzati dall'aumento dei costi di produzione, con i maggiori incrementi percentuali tra il 65 e il 70 per cento, sono i seminativi, la cerealicoltura e l'ortofloricoltura per l'effetto congiunto dell'aumento sia dei costi energetici che dei fertilizzanti, seguiti dalle aziende che operano principalmente con la produzione di latte. Oggi un'azienda agricola su dieci si trova nell'incapacità di far fronte alle spese necessarie a realizzare un processo produttivo, venendo di fatto estromessa dal circuito, quindi sarebbe presumibilmente costretta alla chiusura delle attività produttive già nel breve periodo.
Per tali ragioni apprezziamo il piano di riforme preannunciato dal DEF nella lista dei disegni di legge collegati alla prossima manovra di bilancio, il quale prevede due interventi legati al settore agricolo, ovvero un disegno di legge per lo sviluppo delle filiere per favorire l'aggregazione tra imprese e la delega per la riforma delle misure a sostegno delle imprese agricole, dei quali attendiamo con vivo interesse di conoscere i dettagli per una maggiore e più approfondita valutazione.
A tale riguardo intendiamo suggerire, in estrema sintesi, alcune linee direttrici che ci auguriamo possano guidare l'operato delle istituzioni per i futuri provvedimenti. In primo luogo, occorre incoraggiare la produzione nazionale superando ogni ostacolo che porti alla limitazione del potenziale produttivo, poiché va sottolineato che le aziende devono produrre cibo salvaguardando l'ambiente, ma senza fermare la produzione.
Come già detto dal dottor Gherardi prima, anche noi reputiamo necessario prevedere la possibilità di inserire le aziende agricole tra quelle considerate energivore. Non mi ripeto sulle altre proposte.
Riteniamo inoltre necessario prevedere un piano immediato di incentivi specifici, anche in termini di aiuti per ettaro, per favorire in particolare le semine di mais, di soia, di girasole ma anche di orzo primaverile e di sorgo. Tali incentivi non dovrebbero prevedere distinzioni di accesso tra le imprese, evitando altresì il ricorso al regime de minimis, ma al tempo stesso dovrebbero garantire agli agricoltori un indennizzo commisurato ai valori attuali dei prezzi pagati all'origine.
A tale riguardo, occorre ricordare che per l'alimentazione animale occorrono circa 9 milioni di tonnellate di mais a fronte di una produzione italiana di scarsi 6 milioni di tonnellate. È necessario coltivare in Italia, quindi, almeno 300.000 ettari in più per soddisfare la domanda della zootecnia nazionale. Inoltre, oggi è necessario pianificare e programmare le scorte nazionali a disposizione al fine di avere un quadro generale degli stock di materie prime e dei mezzi di produzione. Infatti l'Italia, a differenza di altri Paesi, come ad esempio la Francia, non sa quante scorte ha a disposizione e per questo motivo serve uno strumento per valutare e avere contezza di tali fattori, al fine di operare una programmazione di medio e lungo termine.
Riteniamo altresì necessario prevedere la sospensione del Registro nazionale dei debitori per le aziende agricole, così da dare ossigeno ai produttori, confermare la decontribuzione per i giovani in agricoltura, nonché attivare con urgenza le risorse e le misure del PNRR legate al sistema agroenergetico, prevedendo gli opportuni interventi di semplificazione e sburocratizzazione per rendere le misure e gli interventi pienamente efficaci nel più breve tempo possibile. Anche noi a tale proposito riteniamo, come espresso poc'anzi dal dottor Bagnoli, che il decreto ministeriale sui parchi agrisolari vada rivisto e modificato, non limitando la produzione di energia all'autoconsumo per il raggiungimento degli obiettivi europei fissati dal Green Deal europeo.
Occorre affrontare le criticità che derivano dall'emergenza concernente la fauna selvatica, che necessita di una riforma radicalePag. 22 della legge cardine n. 157 del 1992, che risulta troppo datata per riuscire ad affrontare un problema ormai fuori controllo. Infatti, si parla di un 111 per cento in più di cinghiali in circolazione e di oltre 200 milioni di euro di danni per l'agricoltura, quindi è necessario avviare una riforma radicale.
Riteniamo fondamentale anche assegnare un ruolo centrale alla ricerca scientifica in ragione del contributo che è in grado di assicurare per una valida transizione ecologica, ma insieme alla ricerca occorre potenziare il sistema di formazione dei nuovi agricoltori e soprattutto dei tecnici che accompagneranno le imprese durante la fase di transizione tecnologica ed ecologica.
L'Italia può contare su una fondamentale risorsa, che è l'agricoltura, ma deve investire ancora di più per superare le criticità presenti, difendere la sicurezza alimentare e ridurre la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento in un momento di tensioni internazionali come quello che stiamo vivendo, altrimenti si rischia di indebolire fortemente il nostro potenziale agricolo e alimentare, che rappresenta una realtà di primato a livello europeo e internazionale.
PRESIDENTE. Grazie a lei e a tutti gli intervenuti per questo slot. Ci sono delle domande? Parrebbe di no. Non vi è nessuno neanche da remoto. Nel ringraziarvi e augurarvi buon lavoro, dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Casartigiani.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, CNA, Casartigiani.
Ringraziamo tutti in anticipo per la partecipazione sempre da remoto e diamo la parola al segretario generale di Confcommercio, Luigi Taranto.
LUIGI TARANTO, Segretario generale di Confcommercio (intervento da remoto). Le indicazioni del Documento di economia e finanza appaiono sostanzialmente condivisibili nella dimensione quantitativa e nella struttura logica che la sostiene, pur con alcune perplessità sulle dimensioni della crescita per valutazioni forse ottimistiche e sulle conseguenti implicazioni per l'evoluzione dei conti pubblici.
Partendo dal brillante risultato in termini di crescita del 2021, seppure in parte derivante dal confronto statistico favorevole con la pesantissima flessione del 2020, l'anno in corso beneficia di un effetto trascinamento del 2,3 per cento. È un dato che avrebbe probabilmente consentito con relativa facilità di realizzare l'obiettivo programmatico della NADEF 2021, ovvero un incremento del PIL reale nella misura del 4,7 per cento. Invece, come è noto, le forti tensioni sui prezzi delle materie prime soprattutto energetiche, manifestatesi già dalla seconda metà dello scorso anno e proseguite con accelerazioni più intense nel corso del primo trimestre dell'anno in corso a causa dell'invasione militare dell'Ucraina da parte della Russia, hanno già gravemente compromesso quell'obiettivo programmatico.
Secondo le nostre stime è probabile che nell'anno in corso l'inflazione si attesti al di sopra delle previsioni del DEF, ma anche attenendosi alle valutazioni del Governo, appare evidente l'implicazione in termini di riduzione del potere d'acquisto delle famiglie e soprattutto del valore reale degli asset detenuti in forma liquida. La conseguente frazione di consumi che non si materializza determina in larga misura la correzione forte al ribasso della crescita nell'anno in corso, conseguenza appunto di una variazione dei consumi dei residenti attorno al 2 per cento in termini reali. Anche a prescindere da più gravi rischi di interruzioni delle forniture energetiche dalla Russia, l'equilibrio economico-finanziario di moltissime imprese appare compromessoPag. 23 già agli attuali prezzi energetici anche nel comparto dei servizi.
Sulla base di tali elementi è verosimile immaginare un quadro macroeconomico tendenziale fortemente ridimensionato nelle performance, con un incremento del PIL nell'anno in corso più prossimo al 2 per cento che non al 3 per cento. Sotto il profilo congiunturale ciò significa che il lascito cospicuo del 2021 in termini di crescita verrebbe vanificato da un primo semestre 2022 caratterizzato da variazioni trimestrali del PIL negative o nulle.
Manteniamo su questo punto la nostra stima di una caduta congiunturale dell'attività economica e dei consumi nel primo quarto dell'anno, con una ripresa già a partire dal secondo trimestre insufficiente tuttavia a determinare una variazione congiunturale positiva semestre su semestre. La seconda parte dell'anno sarebbe migliore della prima e implicherebbe un'entrata positiva nel 2023 che chiuderebbe con una variazione del prodotto appena superiore a quella del 2022. Queste considerazioni si basano sull'ipotesi di distensione tanto degli impulsi sulle materie prime energetiche, quanto più in generale del quadro geopolitico.
Sul piano numerico il passaggio per il 2022 dal 2,9 per cento della variazione del PIL tendenziale al 3,1 per cento del quadro programmatico è in linea con un approccio prudente. I due decimi di punto di scarto sarebbero giustificati da un peggioramento di circa mezzo punto percentuale del disavanzo in rapporto al PIL nel 2022 tra scenario tendenziale e scenario programmatico. Risulterebbero così disponibili poco meno di 10 miliardi di euro da impegnare in misure anticicliche per contrastare gli impatti del caro energia e altre crisi settoriali, generando un moderato effetto espansivo corrispondente al differenziale di crescita di due decimi.
Va altresì ricordato che circa 4,5 miliardi di euro dei suddetti 10 sono destinati al ripristino dei fondi utilizzati a parziale copertura del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17. Residuano, dunque, circa 5 miliardi di euro che sono evidentemente insufficienti rispetto all'obiettivo di un adeguato contenimento degli impatti economici e sociali di uno scenario in cui una pandemia ancora non conclusa si incrocia con l'apertura di un teatro di guerra in Europa.
Parimenti va evidenziato che, alla luce delle tante incognite dell'attuale situazione, come annota il Ministro Franco in premessa del DEF, la previsione tendenziale è caratterizzata da notevoli rischi al ribasso che si ripercuotono sulle questioni di finanza pubblica. A tal proposito qualche dubbio può essere avanzato sull'evoluzione del rapporto debito-PIL dato dal Governo in riduzione già nell'anno in corso. Una più vivace dinamica dei prezzi all'importazione provocherebbe, a nostro avviso, una riduzione di quella del deflatore del PIL che, assieme a una minore crescita reale, non consentirebbe una riduzione del rapporto debito-PIL, ma al più una sua stabilizzazione. Più coerente appare, secondo il nostro esercizio previsionale, la discesa del rapporto a partire dal 2023. Inoltre, anche in considerazione del sentiero di forte irrigidimento della politica monetaria intrapreso dal Federal Reserve, non si possono tassativamente escludere analoghi movimenti nell'intonazione della politica monetaria della BCE che potrebbero generare effetti rilevanti sulla spesa per interessi dei prossimi anni. Resta dunque valida e necessaria la prospettiva di un superamento dei limiti del Patto di stabilità e crescita.
Agire per la crescita, dunque, resta la priorità e deve essere fatto attraverso riforme e investimenti e con la più opportuna flessibilizzazione del PNRR in ragione di scenari geopolitici ed economici che impattano sui suoi cantieri progettuali ed operativi e che pongono in evidenza l'esigenza del perseguimento di nuovi obiettivi strategici di sicurezza e di dipendenza a partire dal terreno della politica energetica.
Occorre agire per la crescita anche sostenendo i consumi con scelte mirate di riduzione del prelievo IVA; dando impulso all'occupazione e al rinnovo degli accordi contrattuali, sia intervenendo sul versante del cuneo fiscale e contributivo che grava sul costo del lavoro sia attraverso misure di detassazione degli incrementi derivanti dagliPag. 24 accordi contrattuali; supportando le esigenze finanziarie delle imprese, anche sulla scorta del nuovo temporary framework, attraverso garanzie per l'accesso al credito, moratorie e ristrutturazioni di più lungo termine dei prestiti bancari.
Sono urgenti concrete scelte europee: la scelta di un nuovo fondo europeo di resilienza dedicato a fronteggiare gli impatti delle sanzioni nei confronti della Russia e del caro energia nonché un disegno di politica energetica europea che consenta di perseguire obiettivi di sicurezza e di progressiva indipendenza strategica, anche attraverso una realistica previsione del pacchetto Fit for 55 all'insegna della più che mai necessaria convergenza tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica e sociale.
Anche nel nostro Paese andrà fatto di più e meglio per la sicurezza e la diversificazione dell'approvvigionamento energetico nonché per la riforma organica degli oneri generali di sistema e della fiscalità energetica. Ciò richiede anzitutto una politica energetica bonificata dai sovraccarichi ideologici, dai troppi no preconcetti e dall'ipertrofia burocratica che ad ogni passo rischia di bloccare decisioni e realizzazioni.
Nell'immediato vanno rinnovati, potenziati e resi più inclusivi i crediti di imposta accessibili anche da parte di soggetti non rientranti nel novero dei tradizionali energivori o gasivori. Andrebbe altresì previsto un meccanismo automatico di proroga del beneficio in caso di permanente criticità dei prezzi energetici. Analogo meccanismo dovrebbe operare in riferimento alla sterilizzazione delle aliquote relative agli oneri generali di sistema e andrebbero resi più incisivi e strutturali gli interventi in materia di accise.
Va poi rammentato che in Italia circa un terzo dei consumi energetici complessivi è riconducibile ai trasporti: vanno dunque attentamente valutati gli impatti degli scenari energetici a carico del comparto. In particolare, la portata degli interventi di supporto e delle misure contro il caro carburanti e ristori per le imprese colpite dalla crisi andrebbe resa coerente con la durata delle tensioni sui prezzi dei prodotti energetici.
Su un piano più strutturale, l'attuazione del PNRR e del Piano nazionale complementare dovrebbero strategicamente mirare al più compiuto impulso alla resilienza ed alla competitività del sistema italiano dei trasporti e della logistica. Grazie e rimaniamo a disposizione per approfondimenti.
MAURO BUSSONI, Segretario generale di Confesercenti (intervento da remoto). Grazie, presidente, buonasera. L'attuale Documento di economia e finanza, del quale oggi forniamo una prima valutazione, si colloca in una fase estremamente delicata. Dopo una pandemia globale, che ha investito tutto il mondo e costretto le istituzioni a interventi eccezionali e alla messa in campo di una vera e propria economia di ricostruzione dei settori economici, sembrava fosse iniziata gradualmente una nuova fase di ripresa. Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha riacceso paure e grandi ansie, oltre ad aver causato innumerevoli perdite di vite umane e un esodo di massa di milioni di persone.
Il 2022 era iniziato come un anno che avrebbe consentito una fase di rientro dalle tensioni sui prezzi e una crescita importante per l'economica, mentre è arrivata un'ulteriore spinta dall'inflazione e un brusco peggioramento delle prospettive di crescita in tutta Europa. Quella attuale è inoltre una crisi di carattere asimmetrico, che pesa più sui Paesi europei che sul resto dell'economia globale.
La crisi energetica, se non rientrerà in tempi brevi, avrà ricadute molto gravi sull'intero sistema produttivo ed economico italiano. Gli aumenti dei costi energetici, seguiti all'esplosione del conflitto russo-ucraino, hanno portato le famiglie a limitare la propria capacità di spesa e le imprese a subire un doppio effetto: il calo delle vendite e l'aumento dei costi di gestione. Nel DEF si cifra al 5,8 per cento il deflattore sui consumi per quest'anno. L'aggravio di spesa per famiglie e imprese resta di assoluta rilevanza: nel caso di una famiglia tipo, 430 euro annui per quanto riguarda l'elettricità e 680 euro annui per Pag. 25quanto riguarda il gas. Nel 2023 il quadro si dovrebbe stabilizzare sotto l'inflazione core per effetto della contrazione dei prezzi delle utenze domestiche e del fresco alimentare. È un quadro in cui la spinta sui prezzi tenderebbe a esaurirsi nell'arco di un anno.
Ovviamente il DEF ridimensiona fortemente le previsioni di crescita del PIL e dei consumi. Secondo le nostre stime, la crescita attesa per il PIL sarà del 2,6 per cento nel 2022 e i consumi vicino al 2,5 per cento, con una perdita di potere d'acquisto delle famiglie di oltre l'1,5 per cento. La corsa dell'inflazione, a nostro parere, è il peggior nemico della ripresa: se arrivasse all'8 per cento, potrebbe avere un impatto negativo sulla spesa delle famiglie fino a 26 miliardi di euro in meno rispetto a quanto ipotizzato nella Nota di aggiornamento dello scorso autunno.
Preoccupa anche che, nello scenario di fine 2023 del DEF, la spesa delle famiglie risulti ancora inferiore di 10 miliardi rispetto al livello pre-pandemico, ma ancora più significativo e preoccupante è il dato secondo cui, anche nel 2024, i consumi delle famiglie registrerebbero ancora un gap di circa 2 miliardi rispetto al 2007, anno che ha preceduto un'altra crisi recente.
Il 73 per cento delle attività intervistate giudica insoddisfacente o molto insoddisfacente l'andamento delle vendite a marzo. Nel turismo, in particolare, il mix caro energia e tensioni internazionali ha portato ad una frenata inattesa delle presenze del primo trimestre. Per il resto molto dipenderà dal proseguimento del conflitto. Serve un confronto ampio con le parti sociali, anche perché occorrerà mettere a disposizione le risorse per garantire adeguati sostegni all'occupazione principalmente delle piccole e medie imprese.
Valutiamo positivamente la previsione del rifinanziamento delle misure contro il caro energia attraverso il decreto-legge n. 21 del 2022 e i diversi provvedimenti che l'hanno anticipato: infatti fino ad ora si sono mostrati efficaci e proprio per questo, a nostro parere, andrebbero mantenuti e organizzati per un tempo più lungo per dare più certezze a famiglie e imprese.
Nel DEF il Governo dichiara di poter replicare tali interventi, destinando uno stesso ammontare di risorse pari a circa 4,5 miliardi di euro. È nostra impressione, pur consapevoli del pesante onere che esse costituiscono, che tali misure andrebbero rafforzate con più risorse. Le misure di contenimento degli aumenti sono indispensabili e un'uscita prematura dagli interventi di contrasto dell'inflazione internazionale determinerebbe di contro un abbassamento del tasso di incremento del PIL sotto il 2 per cento, vanificando così l'intera crescita positiva nel 2021, e aprirebbe le porte all'aumento, così come accennato, dei prezzi all'8 per cento.
Per il turismo, nel 2021, si è assistito ad un recupero di presenza del 30 per cento, ma il gap da colmare rimane molto alto. Secondo le nostre stime il 2022 dovrebbe vedere il proseguimento del recupero delle presenze turistiche, anche se ancora non riesce a chiudersi il divario con il 2019, poiché mancheranno ancora 53 milioni di presenze, ossia il 12 per cento. Tuttavia, tale scenario verrà inficiato da due tipi di variabili: l'impennata dei prezzi e gli effetti della guerra in Ucraina.
Nel commercio al dettaglio il DEF ha ridimensionato anche le prospettive di crescita dei consumi interni: dal 5 per cento della NADEF al 3 per cento dello scenario programmatico.
In questo quadro, considerato che l'impennata inflazionistica sta provocando una riduzione di alcune voci di spesa per far fronte a quelle cosiddette obbligate, legate principalmente proprio alle utenze, per quanto riguarda le vendite del commercio al dettaglio, la nostra stima è che in termini di volume assisteremo ad una crescita solo dell'1,5 per cento. Questo significherebbe un aumento di spesa di circa 4 miliardi, di cui almeno 2 miliardi andrebbero a beneficio dell'e-commerce.
Passando all'occupazione, tutte le dinamiche descritte continuerebbero ad avere un impatto negativo sull'occupazione indipendente che perderebbe quest'anno un ulteriore 5 per cento, pari ad oltre 270 mila Pag. 26occupati. Inoltre, sarà necessario rivedere le politiche relative al sostegno dell'occupazione delle imprese in crisi.
Sul credito, l'ultima rilevazione svolta dalla task force sul monitoraggio delle misure emergenziali, con dati riferiti al 31 dicembre 2021, indica come siano ancora attive moratorie sui prestiti per un valore di circa 44 miliardi. Il sostegno al credito alle PMI è stato agevolato da due strumenti pubblici nel corso della crisi pandemica: il Fondo centrale di garanzia e il SACE. Come è noto, a partire da luglio 2022, il Fondo centrale di garanzia tornerà ad applicare modelli di rating per l'accesso alla garanzia pubblica. Tali modelli tengono in considerazione l'andamento degli ultimi due bilanci delle imprese, quindi appare evidente come ciò comporterà una diminuzione del numero di operazioni accoglibili.
Gli elementi su cui lavorare sono i seguenti: riproposizione delle moratorie per tutta la restante parte del 2022; integrazione dei sistemi di garanzia con la creazione di una perfetta complementarietà tra garanzia pubblica del Fondo centrale di garanzia e garanzia dei confidi in modo da fermare il previsto décalage della garanzia pubblica; programmazione integrata e coordinata di strumenti di finanza agevolata ordinaria per coprire le esigenze delle piccole e medie imprese, riducendo la tempistica di erogazione della finanza.
Un obiettivo fondamentale, inoltre, per quanto riguarda il PNRR, in questo scenario incerto è realizzare una progettualità del PNRR veramente a dimensione di piccola e media impresa, per non alimentare ulteriori situazioni di impoverimento e di regresso. Grazie, presidente. Abbiamo comunque inviato il documento alla vostra attenzione.
BRUNO PANIERI, Direttore delle politiche economiche di Confartigianato. Grazie, presidente. Grazie alle Commissioni riunite per averci voluto ascoltare in audizione sul Documento di economia e finanza presentato dal Governo per il 2022.
Quando venimmo in audizione in occasione della presentazione della legge di bilancio, esprimemmo la nostra soddisfazione per quelle che allora si presentavano come aspettative di crescita del PIL in un progressivo stato di superamento della congiuntura negativa. Pur in presenza di quelli che allora erano già elementi di criticità che avvertivamo, come il rincaro delle materie prime, un alto costo dell'energia che cominciava ad apparire sempre più consistente e i ritardi nelle consegne delle principali filiere produttive, tali elementi comunque non oscuravano un quadro di prospettiva di ripresa.
Arriviamo, invece, oggi a commentare il Documento di economia e finanza per il 2022 con la drammatica necessità di prendere atto che le nostre migliori aspettative di ripresa rischiano di venir meno. Siamo fiaccati dal peso della lunga pandemia, ma oggi vengono ancor più messe in discussione le prospettive dall'accendersi di un conflitto che ci sembra assurdo tra Russia e Ucraina e, in una manciata di giorni, siamo stati proiettati in una dimensione che aggiunge alle difficoltà economiche uno stato di profondo sconforto e di turbamento che certamente fiacca la fiducia di imprenditori e famiglie. Nonostante questo, tuttavia, riteniamo necessario mantenere un atteggiamento razionale e un atteggiamento orientato a governare situazioni i cui sviluppi potranno essere valutati soltanto con il passare dei giorni e con la speranza nell'animo per un rapido cessate il fuoco e per il ritorno alla saggezza collettiva.
In questo quadro Confartigianato ritiene fondamentale, proprio perché viene meno il clima di fiducia di imprese e famiglie, l'apertura di una fase di confronto del Governo con le parti sociali,
come peraltro è già stato in qualche modo preannunciato dallo stesso premier Draghi, per costruire un percorso di condivisione rapida di soluzioni utili a fronteggiare una situazione che fa i conti con un quadro, di cui vediamo l'evoluzione svilupparsi giorno dopo giorno.
Bisogna riconoscere che le risorse liberate dal DEF, che sono comunque orientate a una manovra espansiva, devono essere considerate come un ulteriore sforzo, ma, come è stato già ricordato da chi ci ha preceduto, certamente non esaustivo se vogliamoPag. 27 mettere in campo interventi che continuino a sostenere la crescita possibile.
L'incremento del costo dell'energia, che è il problema dei problemi, sta mettendo in ginocchio imprese e famiglie e riteniamo che possa essere affrontato in una dimensione di politica concertata a livello europeo, anche utilizzando l'esperienza del debito congiunto del Next Generation EU.
Il sostegno a famiglie e imprese passa necessariamente anche attraverso una ridiscussione del Patto di stabilità. Non possiamo permetterci, infatti, di tornare in un quadro di politiche fiscali restrittive, così come riteniamo che debba essere mantenuto il sostegno della BCE alla garanzia di liquidità dei Paesi dell'Unione europea.
Venendo ai capitoli più importanti, cui accennerò soltanto brevemente rimandando poi alla lettura del documento che credo via sia stato già consegnato, riteniamo che un primo occhio vada posto all'esigenza di mantenere costante il sostegno agli investimenti. Riteniamo che una caduta degli investimenti, unita alla congiuntura negativa, non possa che ulteriormente e in maniera devastante peggiorare le condizioni che ci vediamo proiettate in prospettiva. Le misure di investimenti devono continuare ad avere le tre gambe che sono già state impostate, ovvero il sostegno agli investimenti privati mediante gli strumenti di incentivazione e agevolazioni in essere, il rafforzamento degli investimenti pubblici e soprattutto il governo e l'implementazione del PNRR.
Per il rilancio degli investimenti privati, la nostra valutazione mira a ritenere positivi gli interventi già annunciati nella legge di bilancio e il permanere del sostegno a strumenti che hanno funzionato bene, che vanno sostenuti e potenziati, come Transizione 4.0 oppure la nuova Sabatini, tenendo conto che c'è l'esigenza di allargare la platea dei soggetti beneficiari e di trovare in prospettiva una dotazione di risorse finanziarie destinata a essere mantenuta nel tempo anche in modo strutturale nel medio e nel lungo periodo.
Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, evidentemente quella che abbiamo di fronte è una preoccupazione importante per gli effetti che i rincari di materie prime e di energia stanno producendo sullo sviluppo ordinato dei cantieri. Da questo punto di vista evidentemente c'è bisogno di interventi molto rapidi che riescano a rimettere in linea le prospettive di operatività delle imprese con la giusta esigenza che le opere vengano completate e non sospese.
Allo stesso modo, ancora una volta non bisogna assolutamente perdere di vista l'obiettivo di garantire al PNRR un'efficace governance che consenta di scaricare a terra il potenziale che il Piano è in grado di esprimere e che è stato espresso con estrema efficacia nella fase di progettazione e di programmazione, ma che adesso rischia di sfilacciarsi un po' nel quadro della congiuntura negativa.
Per quanto riguarda le politiche fiscali, riteniamo fondamentale continuare a sostenere l'idea di una riduzione generalizzata del prelievo che grava su imprese e famiglie, così come è sempre più improcrastinabile una semplificazione importante del sistema della tassazione personale al fine di rendere più trasparente e immediatamente riconoscibile il carico tributario che grava sui contribuenti.
Sul credito è stato già detto: ci limitiamo a rilevare anche noi che rischia di essere un fronte che si riapre in maniera importante. Abbiamo visto come le misure messe a regime durante la fase della pandemia hanno ben sostenuto le esigenze di liquidità delle imprese, consentendo a molte di esse di fare scorta di liquidità. Tuttavia, è chiaro che le tensioni sul conflitto russo-ucraino generano uno stato di profonda incertezza per il futuro proprio nel momento in cui, grazie alle politiche governative di sostegno alle imprese, l'economia italiana tornava a vedere i primi significativi segnali di ripresa.
In questo senso Confartigianato ritiene importante operare una correzione rapida degli interventi inseriti nella legge di bilancio del 2022, soprattutto, per conseguire la finalità che è stata già ricordata e che riconfermiamo, ossia per garantire l'esigenza di consolidamento e ridefinizione delle esposizioni finanziarie delle imprese e della rinegoziazione dei debiti, anche in Pag. 28misura di possibili interventi di ulteriore sostegno attraverso moratorie o strumenti comunque compatibili, purtroppo, con una disciplina sovranazionale che sappiamo essere molto restrittiva. Ad ogni modo, è un problema che dovremo necessariamente porci, trovando gli strumenti adeguati anche in sede sovranazionale per spingere le autorità di governo del sistema finanziario a intervenire allentando una pressione che evidentemente rischia di essere assolutamente contrastante con la situazione che stiamo vivendo: per noi è un punto fondamentale. Potremmo rimettere in campo interventi di allungamento e di moratoria soltanto nella misura in cui ci libereremo di vincoli che, purtroppo, non ci siamo messi da soli, ma che ci sono stati imposti da una situazione sovranazionale.
È stato ricordato come il ritorno alla fisiologia del Fondo centrale di garanzia, che sembrava un'operazione naturale all'epoca della legge di bilancio, dopo una manciata di mesi appare assolutamente insufficiente. Per questo motivo va rimessa mano a quegli interventi e va riproiettato il Fondo, ahimè, in una dimensione di operatività straordinaria che può trovare le sue basi in un quadro temporaneo in deroga annunciato dalla Commissione europea e che deve in qualche modo ripristinare importanti condizioni di accesso al credito sostenuto dalla garanzia pubblica.
Sull'energia, come abbiamo già detto nelle audizioni precedenti, evidentemente è il momento di mettere mano effettivamente al ripensamento complessivo e strutturale del nostro mix di approvvigionamento energetico. Siamo preoccupati del fatto che l'emergenza ci possa in qualche modo allontanare dagli obiettivi di transizione green che erano stati impostati nelle nuove politiche energetiche dell'Unione europea e che, in qualche modo, possa non dare al mercato la certezza necessaria per continuare a sostenere investimenti soprattutto in settori che riteniamo strategici per un pezzo importante del nostro sistema anche manifatturiero che vanno nel sostegno all'autoproduzione, nelle energie rinnovabili e soprattutto nel sostegno a un sistema di approvvigionamento che ci renda il più possibile indipendenti dall'estero nell'importazione di gas naturale.
Nell'apprezzare fortemente le politiche messe in campo di sostegno diretto, attraverso il credito d'imposta, alle imprese ad alta intensità di consumo, considerato che le logiche che insistono sia sugli energivori sia sulle utenze ad alta intensità di consumo sono le stesse – stiamo parlando dei pezzi più importanti del nostro manifatturiero e delle produzioni che, se vengono meno, perché le imprese in questo momento stanno sospendendo la produzione a causa dei prezzi delle energie, diventa veramente difficile pensare a prospettive di ripresa e di crescita – riteniamo che vada superata definitivamente la separazione tra imprese energivore e imprese ad alta intensità di consumo e, da questo punto di vista, vanno rafforzati gli interventi diretti e di sostegno che coprono il gap dell'energia.
Ad esempio, riteniamo che, nell'ambito dell'esame del decreto-legge sugli effetti della crisi in Ucraina, si possa intervenire estendendo anche al primo trimestre di quest'anno il credito d'imposta previsto per le imprese ad alta intensità di consumo, esattamente come è per le imprese energivore.
Poiché devo concludere, degli altri temi che volevamo toccare ricorderò soltanto i titoli. Vi è il problema di continuare a sostenere l'export, forti del fatto che, a seguito delle sanzioni alcuni mercati vengono persi da parte di alcune filiere del nostro manifatturiero.
Sulle politiche del lavoro è stato già detto, ma comunque sarà necessario intervenire di nuovo anche continuando a sostenere e finanziare la cassa integrazione guadagni straordinaria anche per le piccole imprese e gli artigiani.
L'ultimo tema su cui mi soffermo riguarda le misure collegate alle riforme che sono elencate correttamente all'interno del DEF e che devono correttamente essere messe in campo a partire, per esempio, dal dibattito sulle autonomie differenziate e sulle aree interne che sembrava ben avviato, ma che deve essere consolidato e portato a compimento.
CLAUDIO GIOVINE, Direttore della divisione economica e sociale di CNA. Grazie, presidente. Ringrazio gli autorevoli membri delle Commissioni per l'incontro di oggi. Sebbene sia stato detto, non potrò mancare di rimarcare il fatto che la percezione di un quadro economico in peggioramento ormai pervade anche il mondo della microimpresa e dell'artigianato che, benché abbia dato un contributo essenziale nella crescita positiva del 2021, che in parte continua ancora in alcuni settori, in altri mostra elementi di grande tensione e preoccupazione, in particolare, come è stato già ricordato, per tutto il mondo che afferisce alle filiere della produzione manifatturiera e anche ad una parte del settore delle attività collegate agli eventi.
Nonostante ciò, vi è una enorme richiesta della necessità di far fronte all'aumento del costo dei materiali, della componentistica, del costo dei trasporti e, in particolare, della spesa per l'energia. È una situazione che purtroppo crediamo sia destinata ad aumentare – il DEF prevedeva l'inflazione al 5,8 per cento – perché ci sarà una normale tendenza delle imprese a traslare sul prezzo l'aumento dei costi, con gli effetti indesiderati sui consumi che sono stati ricordati dai colleghi del commercio in precedenza.
Riteniamo corretta la valutazione del Governo di voler confermare gli obiettivi programmatici di bilancio definiti lo scorso anno nella NADEF, anche di fronte al miglioramento di una situazione debitoria dell'Italia nel 2021, e di voler utilizzare il margine per sostenere le imprese e famiglie. Tuttavia, come è noto, degli 11 miliardi di euro, la parte rimanente da impiegare per soddisfare le richieste di aiuto finalizzato a ridurre il costo di energia e dei carburanti, la compensazione dell'aumento del costo delle opere pubbliche e il risarcimento delle imprese per gli effetti derivanti dalle sanzioni della Russia è una quota apparentemente modesta di 5 miliardi di euro, che non sono certo pochi, anche se abbiamo visto che gli interventi a sostegno dell'economia in questi ultimi anni hanno richiesto misure di gran lunga più ampie.
Siamo altresì consapevoli che il debito italiano ha assunto una dimensione enorme e che le politiche monetarie potrebbero virare verso il contenimento di spinte inflazionistiche, potrebbero aumentare i tassi e ridurre la disponibilità della Banca centrale europea ad acquisire debito pubblico.
A nostro avviso, è bene che non si compiano gli errori che purtroppo sono stati fatti nella crisi 2011-2013 e che si mantenga alto un profilo fortemente espansivo. Di questo spero che vi sia anche motivo di discutere e confrontarci con il Governo negli incontri che sono stati programmati e previsti dal Presidente Draghi, a cui con grande piacere parteciperemo.
Il ragionamento che facciamo è che, di fronte a questo accanirsi di fattori esogeni che si sommano alle dinamiche tipiche in un rapporto interno all'economia reale, è necessario che il Governo mantenga il ruolo di contenimento delle esternalità negative che danneggiano la produzione, sostenendo la domanda. Crediamo veramente che, come nei mesi scorsi il vaccino ha rappresentato il più potente strumento di politica economica, in questo momento tale strumento sarebbe la pace, poiché sarebbe l'unico intervento che potrebbe permettere di rivedere in positivo le previsioni elaborate dallo stesso Governo, il quale lascia intendere che potrebbero ulteriormente peggiorare qualora il quadro del conflitto dovesse ulteriormente allargarsi o prolungarsi. Così come la pandemia all'epoca aveva messo in chiara evidenza quali erano i limiti del nostro sistema assistenziale e sanitario, in questa fase dobbiamo trarre dal male il bene e accorgerci che le debolezze del nostro sistema economico presentano, sotto il profilo dell'approvvigionamento energetico delle filiere e delle catene lunghe, elementi di fragilità che vale la pena di affrontare in maniera strutturale.
Al di là della richiesta – non voglio ripetere l'elenco che l'amico e collega Panieri ha fatto, quindi mi soffermerò rapidamente solo su alcuni aspetti – di proseguire il sostegno all'economia, è necessario il massimo sforzo possibile per affrontare da subito i fattori strutturali di cui ancora oggi l'Italia pecca. In questo abbiamo uno Pag. 30strumento a nostro favore rappresentato dal potente acceleratore del PNRR che consente di iniettare una quantità di risorse importanti non solo per sostituire l'eventuale flessione della domanda di investimenti privati con investimenti pubblici, ma anche auspicabilmente di ridurre il gap strutturale che è in grado di aumentare la nostra capacità potenziale di reddito.
In questo senso ci preoccupa registrare, invece, che il tema della guerra abbia messo in secondo piano l'emergenza e l'urgenza di realizzare anche le riforme che il Paese aveva iniziato ad avviare e che, invece, sembrano accantonate, come la riforma delle politiche attive del lavoro. Infatti, anche in questo momento di prospettive non rosee, ricordiamoci che la microimpresa sta sostenendo in maniera forte l'occupazione. Tuttavia quel ramo dell'attività – abbiamo gestito insieme al Ministro positivamente tutta la parte sugli ammortizzatori – si è un po' arenato. Vi è un problema di profilo professionale e di competenze di cui improvvisamente la guerra ci ha fatto dimenticare.
La guerra ci ha fatto dimenticare anche il tema della giustizia e della riforma fiscale, che ancora è al centro di un dibattito molto forte e riguardo alla quale, invece, come è stato ricordato, diamo grande importanza ad avere un sistema fiscale più leggero, più trasparente e più stabile nel tempo.
Abbiamo un problema di appalti e siamo in attesa – avremo a breve anche un confronto con il Parlamento – di definire un quadro che consenta di non sfavorire la piccola impresa e le imprese locali nel contributo che possono dare all'economia italiana. In altre parole non vorremmo che il tema della guerra facesse perdere l'orientamento e facesse perdere di vista i fattori strategici strutturali.
Come dicevamo prima, vorremmo richiamare l'attenzione sulle politiche congiunturali. Il tema dell'autonomia energetica non è solo un problema di sovvenzioni che sappiamo non potranno essere che limitate a contenere i maggiori costi, ma richiede svolte importanti partendo dalle piccole imprese. Siamo convinti che il nostro sistema possa dare un contributo importante alla produzione di energia attraverso meccanismi di sostegno dell'autoproduzione.
È necessario promuovere e ci faremo latori anche di una proposta emendativa che porti un meccanismo di agevolazione a piccoli impianti per la produzione di energia rinnovabile nelle piccole imprese che potrebbe dare un contributo importante ad aumentare l'indipendenza energetica dell'Italia. I numeri sono noti: parliamo di oltre 400 mila soggetti che nel tempo potrebbero arrivare all'autoproduzione e ridurre il gravame sugli acquisti dall'estero.
È stato ricordato e voglio ribadire il tema del credito: un tema che apparentemente è stato accantonato negli anni scorsi, ma che riemerge per un rapporto squilibrato tra regolamentazione bancaria e microimprese.
Abbiamo il problema dell'export. La piccola impresa contribuisce oltre ai due terzi all'export italiano del made in Italy, che in questo momento ha bisogno di riposizionarsi sui mercati stranieri. Viene meno una parte e ci sono mercati che devono essere presidiati, quindi serve una fase di accompagnamento mirata su questo segmento di imprese che le aiuti ad andare in giro per il mondo.
Abbiamo bisogno altresì di opportunità affinché la ripresa, che abbiamo realizzato nel 2021, non vada perduta e abbiamo bisogno di interventi stabili, rapidi e comprensibili affinché possano essere effettivamente utilizzati dalle imprese. Penso all'instabilità che si è creata nella gestione dei bonus edilizi, purtroppo oggetto in questi mesi di troppe norme che hanno creato confusione e che hanno rallentato alcune scelte; penso al fatto che ancora oggi siamo in attesa di riuscire a chiudere, speriamo positivamente, la situazione di tutti i cosiddetti interventi minori sulle villette rispetto ai quali è attesa una proroga del termine del 30 giugno per la realizzazione del 30 per cento; penso, infine, anche alla revisione dei prezzi nei contratti pubblici che sono assolutamente indispensabili, ma che, negli ultimi mesi, sono stati oggetto di ben cinque interventi correttivi che hanno Pag. 31creato confusione. Bisogna dare coordinamento e stabilità alle norme. Una buona politica economica è fatta soprattutto di certezze che consentono alle imprese e ai cittadini di fare in economia le scelte giuste.
Il quadro che ci prospetta il DEF è ancora quindi un quadro aperto, carico di dubbi e rischi. Dobbiamo essere e vorremmo essere certi che il Governo e il Parlamento abbiano sempre a cuore con grande attenzione le attività economiche, specialmente le più piccole, più fragili e più esposte alle situazioni incerte, che aiutino a raggiungere nell'interesse collettivo il benessere e lo sviluppo del Paese.
ROLANDO ANTONELLI, Responsabile fiscale di Casartigiani (intervento da remoto). Grazie, presidente. Innanzitutto mi scuso per la voce che spero arrivi sufficientemente chiara, perché ho avuto il COVID-19 e ho ancora qualche postumo. Anche noi abbiamo predisposto un documento che non so se è già arrivato, ma sicuramente arriverà nelle prossime ore o domani mattina.
Come tutti hanno ricordato, le forti tensioni derivanti dal conflitto hanno senz'altro avuto un impatto negativo nel DEF. Le inevitabili e necessarie misure restrittive decise a livello europeo stanno mettendo in evidenza importanti effetti sull'intero sistema produttivo nazionale, con pesanti ricadute soprattutto nel tessuto delle micro e piccole imprese. È una situazione che si somma alla già pesante crisi energetica che – ricordiamo – è da mesi che colpisce l'Italia e il conflitto in Ucraina non ha provocato altro che l'acuirsi di una situazione già pesante. Si tratta di fattori esogeni che stanno vanificando i segnali positivi di crescita che il nostro sistema produttivo stava mostrando e che si sono abbattuti sul sistema delle imprese non risparmiando il consumatore finale, stretto nella morsa di una spirale inflazionistica che ne comprime inevitabilmente i consumi.
In tale quadro, il DEF 2022 mostra una previsione tendenziale di crescita del prodotto interno lordo per il 2022 che si riduce passando dal 4,7 per cento, previsto dalla NADEF, al 2,9 per cento, mentre nel 2023 dal 2,8 per cento al 2,3 per cento.
Sul fronte del deficit, il Governo prevede una conferma degli obiettivi della NADEF con una discesa dal 5,6 per cento al 5,1 per cento del 2022 fino al 2,8 per cento del 2025. Prevale un percorso prudente di finanza pubblica che lascia intendere la volontà del Governo di intervenire gradualmente per far fronte alla crisi, alla luce dell'evoluzione del quadro generale, senza ricorrere allo scostamento di bilancio. Lo spazio in deficit per l'anno corrente è lo 0,5 per cento, pari a 9,5 miliardi di euro, come risulta dal DEF.
Mi unisco a tutti gli interventi dei colleghi relativamente all'insufficienza di 5 miliardi di euro che – mi permetto soltanto di ricordarlo – sono destinati a quattro ordini di interventi: ulteriori interventi per contenere i prezzi dei carburanti e il costo dell'energia; aumento delle risorse necessarie a coprire l'incremento dei prezzi delle opere pubbliche; l'incremento dei fondi per le garanzie sul credito e ulteriori misure che si rendono necessarie per assistere i profughi ucraini e per alleviare l'impatto economico del conflitto in corso in Ucraina sulle aziende italiane.
Casartigiani apprezza l'intenzione di utilizzare tali risorse per contenere ulteriormente il costo dei carburanti e dell'energia, oltre che per integrare le risorse destinate a compensare l'aumento del costo delle opere pubbliche a fronte della dinamica del prezzo dell'energia e delle materie prime. Non mi sento di avallare quanto detto dal dottor Panieri in merito alla tipologia del credito d'imposta erogato.
Mi permetto anche di spezzare una piccola lancia in favore degli autotrasportatori, perché l'aumento del gasolio, che è stato tendenzialmente del 45 per cento, ha comportato un intervento di riduzione dell'accisa di 25 centesimi nel decreto n. 17 del 2022. Tuttavia, ricordo che tale intervento ha comportato l'eliminazione del credito d'imposta di 214 millesimi di euro al litro, quindi di circa 21 centesimi di euro al litro, a cui i trasportatori hanno diritto e per il quale c'è stata una sospensione. Quindi le imprese che hanno più sofferto l'aumentoPag. 32 del costo del gasolio di fatto non hanno beneficiato della riduzione dell'accisa.
Apprezziamo anche la volontà di apportare strumenti per sostenere le imprese più danneggiate dalle sanzioni nei confronti della Russia con il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Riteniamo, però, indispensabile che si proceda con un approccio selettivo in grado di concentrare gli interventi sulle categorie produttive più colpite dalla crisi e che si affronti in maniera strutturale la questione energetica.
Più in generale è necessario che la difficile fase che stiamo attraversando, come anche il dottore Giovine ha evidenziato, non distolga l'attenzione, ma anzi rafforzi l'impegno di tutte le amministrazioni e di tutti i livelli di Governo per attuare efficacemente il Piano nazionale di ripresa e resilienza, di cui la transizione ecologica è il capitolo più corposo in termini di investimenti programmati. Nella relazione di avvio dell'attività di controllo del PNRR, la Corte dei conti scrive che l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza procede senza particolari ritardi, sottolineando che, durante il secondo semestre 2021, sono stati conseguiti 51 obiettivi concordati a livello europeo, come riconosciuto dalla stessa Commissione europea. Dobbiamo sempre porre l'attenzione sugli interventi relativi al PNRR, perché come leggiamo nello stesso DEF, questo produrrebbe anche un incremento del prodotto interno lordo.
Quindi accogliamo con favore il riferimento al ruolo attivo e sostanziale delle parti sociali contenute nel Programma nazionale di riforma del DEF 2022.
Il tavolo permanente per il partenariato economico sociale e territoriale, del quale Casartigiani fa parte insieme alle altre organizzazioni dell'artigianato, sta svolgendo un'importante funzione consultiva nelle materie connesse all'attuazione del PNRR che riteniamo necessaria insieme alla facoltà di segnalare eventuali circostanze ostative nel piano di attuazione degli interventi.
Riguardo al contenimento dei costi energetici, esso rappresenta sicuramente una priorità sulla quale va concentrata l'attenzione in questa prima fase. L'Italia è uno tra i Paesi che probabilmente soffre di più a livello europeo. Dopo la revisione da parte dell'ISTAT dell'import di gas a gennaio 2022, la bolletta energetica arriva a 49,2 miliardi di euro: 28 miliardi in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Vi è, quindi, un peggioramento pari a 1,6 punti di PIL. Per tale ragione sarà necessario mettere in campo interventi in grado di bilanciare adeguatamente l'impatto dei rincari in bolletta e di risolvere strutturalmente i nodi che attanagliano il nostro sistema energetico. Sarebbe pertanto necessario e opportuno lavorare su due fronti. In primo luogo occorre continuare a intervenire attraverso il sostegno diretto alle imprese, andando a supportare con misure di alleggerimento dei costi in bolletta tutte le imprese più direttamente esposte sul fronte dell'intensità di consumo. Le misure adottate di recente dal Governo, a partire dal decreto-legge n. 17 e anche con il decreto-legge n. 21, vanno nella giusta direzione, ma riteniamo non siano ancora sufficienti. Riteniamo indispensabile che si metta mano anche a una riforma del sistema di pricing del mercato elettrico, riconducendo il prezzo dell'energia al costo di generazione, valutando anche le diverse fonti di energia e operando una redistribuzione dell'onere di finanziamento tra le diverse fasce di contribuenti sulla base dei consumi energetici effettivi.
Rimane indispensabile procedere al riordino complessivo della disciplina degli oneri e delle altre voci in bolletta. Casartigiani, insieme alle altre confederazioni dell'artigianato, da tempo ribadisce l'urgenza di avviare la riforma degli oneri generali del sistema elettrico trasferendoli sulla fiscalità generale, per eliminare l'assurdo e iniquo meccanismo in base al quale oggi le piccole imprese, che consumano il 34 per cento di energia, pagano quasi il 50 per cento degli oneri generali di sistema prelevati dalle bollette delle imprese, mentre per le grandi imprese energivore, con il 15 per cento dei consumi, la quota degli oneri generali di sistema scende al 9 per cento.Pag. 33
In un'ottica di medio e lungo periodo, serve poi un piano di azione più ampio e strutturale per contenere l'eccessiva dipendenza della provvista energetica dalle forniture estere, abbattere il peso degli oneri generali di sistema e agire per il riordino della fiscalità energetica. In tal senso condividiamo le risposte contenute nel Programma nazionale di riforma che puntano ad aumentare la capacità produttiva di energia elettrica da fonti rinnovabili, a rilanciare la produzione nazionale di gas naturale e di biometano e ad aumentare le importazioni di GPL anche tramite il potenziamento della capacità di rigassificazione.
Per rilanciare il Paese verso un modello energetico efficiente, però, secondo il nostro giudizio, le soluzioni vanno ricercate anche sul fronte dell'efficientamento – mi riferisco agli interventi di chi mi ha preceduto – e sull'autoproduzione di energia attraverso sistemi di generazione distribuita. Considerando la riduzione dei consumi come uno dei fattori strategici per mettere in sicurezza il sistema energetico nazionale, riteniamo opportuno mantenere attiva la filiera delle costruzioni proprio sul terreno della riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare residenziale, azione che potrebbe essere utilmente estesa anche ai luoghi di produzione.
Sarebbe, inoltre e infine, utile aumentare i tetti per l'autoconsumo oltre i 500 chilowatt per dare una spinta al fotovoltaico e incentivare l'acquisto e l'installazione di sistemi di accumulo. Apprezziamo la volontà del Governo di intervenire sul piano dello stoccaggio delle risorse, come pure le relazioni intraprese con gli altri Paesi, per definire un tetto al prezzo del gas. Ma è necessario fare presto, perché un'improvvisa interruzione delle forniture dai Paesi che sono in conflitto, come messo in evidenza anche dal DEF, causerebbe la paralisi di buona parte della produzione nazionale non solo sulle imprese energivore. Ringrazio per il tempo concesso.
PRESIDENTE. Ringraziamo tutti gli intervenuti e verifichiamo se vi sono domande. Nessun altro chiedendo di intervenire, dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti del CNEL.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2022, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti del CNEL.
Sono presenti il presidente, Tiziano Treu, che ringraziamo per la presenza; così come ringraziamo Mauro Nori, segretario generale; Francesca Delle Vergini, capo segreteria presidenza; Andrea Petrella, capo ufficio stampa e Margherita Chierichini, funzionario della Commissione CNEL. Presidente a lei la parola.
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. Abbiamo il solito tempo?
PRESIDENTE. Un'ora in tutto.
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. Come sempre, abbiamo predisposto un documento molto ampio, che analizza in dettaglio tutte le parti del DEF, che sono molto articolate come sempre, anche nel contesto europeo: lo dico subito perché, come è evidente, dobbiamo valutare tutto in questo contesto che è sempre più decisivo, anche dati i fatti recenti che purtroppo vediamo. Vi consegneremo il documento domani mattina perché lo stiamo mettendo in ordine nei dettagli.
Sintetizzo, come d'abitudine, alcune osservazioni conclusive che seguono a una specifica riunione che abbiamo tenuto con tempi più stretti del solito. In realtà poi, nel testo che analizza in dettaglio le varie parti, si dà conto di una serie di attività e di osservazioni che il CNEL ha fatto durante gli ultimi mesi, perché questo Documento, come sappiamo, viene dopo altri recenti che trattano le stesse materie.
La prima osservazione che facciamo, ma credo che tutti la avvertano, è che si Pag. 34tratta del terzo Documento che è influenzato da un grado di incertezza senza precedenti. E anche noi abbiamo verificato la stessa incertezza nelle nostre analisi: ci facciamo affiancare da previsioni di istituti di ricerca economica che sono molto noti e vengono interpellati anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio. Tutti manifestano un ampio margine di incertezza. Questo è un DEF fuori del normale più che mai. Riteniamo che tale situazione debba essere tenuta in considerazione e, quindi, i giudizi hanno essi stessi un margine di oscillazione inevitabile.
Devo dire che anche nel dibattito – non lo so se è stato verificato anche altrove – noi abbiamo sentito tutte le organizzazioni più rappresentative, come sapete, molte delle quali vengono anch'esse a trasmettere le loro opinioni in questa sede, e tutte condividono una difficoltà di analisi maggiore del solito.
Gli elementi che pesano di più, com'è evidente, sono il fatto che la pandemia continua ad essere presente non solo in Italia, ma anche in Paesi che sembravano immuni; e, pur con minori rischi per la vita delle persone, però ha contribuito a tenere l'attività economica limitata e con restrizioni; non solo, ma ha anche comportato – lo vediamo anche nei dati riportati nel DEF – la pressione continua sul sistema sanitario e sulla produzione, soprattutto nei settori che erano già colpiti prima. Inoltre verifichiamo quanto abbiamo già osservato anche in questa sede, perché abbiamo depositato un po' di tempo fa in Parlamento, in particolare alla Camera, un'indagine sulle diseguaglianze che il CNEL ha condotto nel corso di un anno insieme all'ISTAT e abbiamo visto un crescendo di tali diseguaglianze di diverso tipo: reddito, ma anche salute, scolarizzazione, lavoro. Il perdurare della pandemia è il fattore dominante che incide anche su questi fatti gravissimi, che poi hanno un impatto – lo dico subito – che non è solo un'osservazione di carattere sociale o addirittura pietistico: livelli di disuguaglianza così pervasivi riducono la capacità di resilienza del sistema. Questo ormai lo riconoscono anche economisti di vaglia.
Il secondo elemento ancora più pesante e inaspettato è la guerra, che, dopo tanti anni di pace, è scoppiata ai nostri confini. Abbiamo notato – vorrei dirlo anche perché mi sembra giusta come osservazione – che proprio questa incertezza e gravità del contesto pervade tutte le pagine del DEF, nonostante sia un documento tecnico.
Di fronte a tale quadro, di cui il Documento è ovviamente consapevole, abbiamo discusso molto su come valutare in sintesi. Qualcuno diceva che è un Documento troppo ottimistico. Alla fine noi abbiamo ritenuto, sulla base anche di alcuni dati oggettivi che adesso elenco, che è in fondo una scelta giusta, cioè di equilibrio prudente ma basato su una ragionevole fiducia della capacità del sistema di resistere, almeno per ora. Ci sono dati che indichiamo in dettaglio nel testo, di carattere strutturale, che sostengono queste previsioni. È anzitutto comunque importante quanto abbiamo ereditato dal 2021 che, come sappiamo, ha avuto una ripresa maggiore del previsto. Ci sono state anche indicazioni migliori per quanto riguarda l'indebitamento, minore delle previsioni, e il fatto che gli investimenti siano stati ottimi nello scorso anno grazie anche al PNRR e che continuino ad essere al momento valutati come stabili. Un ulteriore problema importante è la tenuta della spesa corrente, particolarmente importante considerate le raccomandazioni dell'Unione europea; e anche – l'hanno sottolineato in molti, anche i nostri dell'Osservatorio – una solidità patrimoniale non solo delle famiglie, che pur sono state colpite, ma anche delle imprese. Questa è la famosa solidità dei fondamentali che induce a ritenere credibili le previsioni del PIL, che, invece, da qualche parte si ritengono troppo ottimistiche.
Tuttavia siamo tutti molto preoccupati – credo che si sia sentito anche in questa sede – del fatto che le prospettive sono sicuramente a rischio, tanto è vero che i DEF, come sempre ma più nettamente che in passato – ricordo anche quello scorso – hanno accompagnato lo scenario base con due scenari di rischio alternativi, che sono legati soltanto a due fenomeni, però sono sicuramente possibili anche altri: il rischio Pag. 35energetico, in particolare del gas come sappiamo, e poi il rischio finanziario, ma in realtà il rischio produttivo ed economico è forse, negli scenari negativi, un po' sottovalutato.
Il primo scenario negativo prefigura una riduzione delle previsioni sia del PIL sia dell'occupazione e un aumento dell'inflazione ancora ragionevolmente controllabile. Lo scenario negativo peggiore è legato al fatto che non soltanto la guerra continui e ci possano essere i i blocchi dei rifornimenti energetici, ma anche al verificarsi di difficoltà per il Paese nella realizzazione delle alternative che sono già state prefigurate, cioè l'accelerazione delle energie alternative, gli approvvigionamenti diversi, le fonti di energia diverse, il risparmio energetico. Peraltro, come diceva quell'economista, la prima politica energetica è il risparmio. Finora non si è ancora messo in opera niente, a parte qualche pubblicità progresso che ogni tanto intravedo. Ma noi diciamo che è un punto che dovremmo molto valorizzare, se purtroppo si vedessero segnali che vanno in quella direzione. Questa è la prima preoccupazione. Poi, come ho sentito anche da altri, che facciamo del PNRR in questa condizione? Il CNEL lo segue da sempre e abbiamo dato diverse informazioni e le nostre valutazioni sull'andamento, perché abbiamo costituito gruppi di monitoraggio molto ravvicinati con i nostri terminali associativi. Io poi in realtà personalmente coordino il tavolo di partenariato, quindi sento altre e ulteriori informazioni sull'argomento. Direi che dovrebbe essere condiviso – noi lo condividiamo – il fatto che il PNRR è più che mai un'occasione da non perdere. Non dobbiamo assolutamente pensare di accantonarlo oppure di ripensarlo nel senso di ridurlo; al contrario sappiamo benissimo che poi questa è l'interlocuzione necessaria con l'Europa, non è che si può cambiare il PNRR da soli. Ma certamente, all'interno della nostra autonomia, è sicura la necessità di accelerare e rafforzare alcune delle missioni e alcuni dei target, soprattutto quelli che sono più colpiti, per un verso, e quelli che, invece, sono più necessari per rispondere alla crisi.
Peraltro, è importante, a proposito del giudizio equilibrato del tutto, che l'avvio del PNRR è stato positivo: non era così scontato. Farlo bene è una cosa, farlo partire bene è più difficile. Ripeto che noi lo vediamo da diversi aspetti. Il fatto che le riforme, i primi progetti, l'allocazione degli investimenti siano partiti bene è un altro dei fondamentali che ci fa ritenere che siano fondate le previsioni.
C'è qui un caveat, un'osservazione a margine che ho sentito fare e abbiamo raccolto al CNEL e anche al tavolo: il PNRR è fondamentale soprattutto perché è un insieme di investimenti a risultati definiti, ma questo non è tutto, perché molti degli investimenti, anzi, proprio se funzionano bene, avranno bisogno di essere accompagnati da politiche nazionali che, per conto loro, dovranno garantire la gestione ottimale delle ricadute nei prossimi mesi. Un esempio tipico: dagli asili nido alle scuole è chiaro che non basta costruirli ma bisogna gestirli all'altezza degli obiettivi del Piano. Questo è un punto che nel DEF viene toccato poco, perché non è il luogo, ma va sottolineato. In particolare noi abbiamo sentito anche i Ministri competenti e ormai le voci sempre più frequenti sul fatto che è particolarmente urgente l'accelerazione delle procedure per le autorizzazioni alle energie alternative rinnovabili. Qui ci sono situazioni veramente gravi, le abbiamo verificate proprio non genericamente. Tutte le energie eoliche che hanno una grande potenzialità di innovazione tecnologica sono praticamente ferme perché il tempo attuale impiegato per partire dall'idea alla realizzazione è di otto anni, che vuol dire che andiamo oltre il PNRR. Sono annunciate e noi sollecitiamo nei prossimi provvedimenti ulteriori velocizzazione di tali procedure: ho sentito in particolare dell'eolico, però la stessa cosa vale per il fotovoltaico.
Sottolineiamo, tutti d'accordo, che è importante che ci siano le accelerazioni al vertice, cioè a livello normativo nazionale o di procedure. Il Ministro Brunetta ha detto che ci sono 600 procedure da semplificare: cominciamo da quelle più importanti. Ma in realtà molti dei blocchi sono a valle, Pag. 36sono a livello regionale e locale, dove anche gli impulsi del vertice si incontrano con ostacoli di fatto di interessi locali, ma anche qualche volta normativi. Sul tema ripeto quanto abbiamo detto più volte: alcune regioni hanno addirittura bloccato per legge gli investimenti nel fotovoltaico, che è esattamente una contraddizione rispetto a tutto quanto stiamo dicendo. Non mi soffermo ulteriormente e vado oltre. Sottolineo che la necessità di accelerare è dovuta al fatto che la domanda di interventi su queste energie, in particolare il fotovoltaico, è alta, qualcuno ha detto persino troppo alta. Vuol dire che l'urgenza c'è.
Ulteriore aspetto che tutti abbiamo sottolineato è che, mentre si accelerano tali interventi strutturali che richiederanno tempo – infatti, a seconda del tempo che immaginiamo per avere questi risultati, ne seguono anche gli scenari negativi che delineavo prima – nel mentre è necessario e urgente rafforzare le compensazioni economiche che il Governo ha già messo in atto sia alla fine del 2021 sia nei primi mesi del 2022 con i famosi miliardi che sono già stati erogati, sia perché gli extra-costi sono insostenibili per le famiglie, sia perché abbiamo visto quanti bandi e quanti avvii di lavori, proprio nel PNRR, sono stati già fermati o sono a rischio di fermo proprio per gli extra-costi.
Ulteriore punto, a questo proposito, che è stato sollevato da quasi tutti: non c'è soltanto il problema di velocizzare la fornitura di energie rinnovabili, ma c'è da fare qualcosa sul meccanismo dei prezzi, perché i prezzi delle nostre energie, in particolare gas ed elettricità, sono fortemente perturbati da una serie di fattori, non solo la speculazione spicciola.
A questo proposito, siccome anche da parte nostra qualcuno ha detto di introdurre o proporre forme di controllo da tempo di guerra sui prezzi delle energie, in realtà, ammesso che si possa fare, è sicuramente più che mai una questione da affrontare anzitutto solo a livello europeo. A livello europeo già è stato fatto un passo avanti sull'approvvigionamento comune: non si è ancora affrontato il problema dei tetti per le note divergenze europee, però tale intervento è assolutamente urgente.
Noi abbiamo tutti detto – lo ribadisco – che le risorse che sono a disposizione, 5 miliardi di euro, sono assolutamente insufficienti per far fronte sia ai bisogni delle famiglie sia al sostegno dell'economia. E al riguardo c'è il problema che finora il Governo ha ritenuto che gli equilibri di bilancio sconsiglino scostamenti: l'altro è un'avvertenza che con cautela proviene anche dalla Commissione europea. Siamo un Paese ad alto debito, nonostante anche il debito sia presentato con dei controlli. Quindi per il momento – sottolineiamo – è comprensibile che non ci sia uno scostamento, però occorre che siano previste delle misure perché 5 miliardi di euro sono assolutamente insufficienti anche per le richieste più moderate, non cito gli estremisti. Le misure adottabili sono la tassazione e degli extra-profitti. Bisogna vedere su quali aziende, noi facciamo delle ipotesi, e in quale misura, ed eventualmente potrebbero essere previste anche imposte sulle transazioni finanziarie. In ogni caso vogliamo seguire tali provvedimenti con un monitoraggio che è più che mai necessario per fare scelte corrette: proprio in momenti di emergenza il monitoraggio è fondamentale.
Ribadisco anche in questa sede che vorremmo che il monitoraggio fosse fatto naturalmente sulle tradizionali variabili economiche, PIL e reddito, eccetera, ma anche sugli indicatori, almeno alcuni degli indicatori BES e ora SDG, perché abbiamo scritto di riferirci a tali indicatori nei nostri documenti, proprio nei bilanci, ma è più scritto che fatto; invece noi sollecitiamo che siano utilizzati.
Ho fatto un cenno alla situazione energetica e produttiva, che è critica. Da parte delle associazioni imprenditoriali si sono lanciati gravi gridi di allarme che saranno arrivati anche in questa sede. Però vogliamo sottolineare la gravità della situazione sociale del Paese. Dicevo prima delle diseguaglianze che noi stiamo misurando, perché questa ricerca, che è durata un anno, continua. Come dicevo, non è solo una necessità di giustizia ma è anche una Pag. 37cautela per non diminuire il potenziale del Paese: il Paese, se arriva a questi livelli, perde coesione, e, quindi, perde anche la capacità di resilienza.
Dentro tali difficoltà sociali c'è una situazione molto grave. Personalmente da tanto tempo ripeto che c'è una perdita della capacità di reddito generalizzata delle famiglie, tranne gli ultra ricchi e in particolare la riduzione della quota del lavoro. Questa è una tendenza che esiste da anni, non solo in Italia: però negli ultimi periodi le retribuzioni sono state fortemente al di sotto già dei tassi di inflazione, che erano modesti, e adesso quest'anno ovviamente la questione è scoppiata. È arrivata anche al tavolo della Presidenza del Consiglio: c'è una serie di appuntamenti per affrontarla con un dialogo triangolare, che è una cosa molto positiva. Invece di fare dialoghi a due a due, fare un dialogo triangolare è un segno positivo, anche senza evocare il patto sociale. Una situazione così critica non si può affrontare se non c'è non soltanto la coesione politica, ma anche in particolare questo dialogo che affronti il problema della sperequazione dei redditi, in particolare del lavoro. Al CNEL abbiamo verificato che sei contratti su dieci sono ancora da rinnovare e rinnovarli in queste condizioni comporta parametri molto diversi da quelli che erano stati stabiliti nel famoso indice IPCA. Qui è un punto interrogativo, perché se si fa con il vecchio sistema, quello che è stato seguito sinora, vuol dire che gli aumenti salariali dei prossimi rinnovi importanti che dovranno essere fatti – in particolare quelli del commercio interessano milioni di persone – praticamente avrebbero aumenti di gran lunga inferiori a quelli dell'inflazione. Cambiarli è un salto nel buio: quindi più che mai si può innescare la famosa spirale salari-prezzi.
Qui non è scritto, ma qualcuno di noi diceva che in questi prossimi incontri che dovrebbero essere istruiti alla Presidenza del Consiglio ci vuole veramente uno sforzo di coesione, perché altrimenti si rischia di mettere un'altra lacerazione in un tessuto già difficile. Credo che una soluzione ponte probabilmente potrebbe essere quella più ragionevole, proprio perché non riusciamo a vedere più in là di qualche mese. Faccio questo esempio perché è venuto fuori: invece di pregiudicare un contratto che dura tre anni con un indice di aumento retributivo sballato, o in alto o in basso, ci rovina tutto, quindi una soluzione ponte probabilmente è necessaria.
Ultime due annotazioni. Una l'abbiamo fatta più volte: negli ultimi mesi, ma per più di due anni per i motivi che abbiamo detto, abbiamo avuto molti interventi di emergenza, che sono stati necessari, molti però dispersi, costosi e questi purtroppo dovranno continuare. Pensiamo agli ammortizzatori sociali, ai bonus, eccetera. La raccomandazione è che tutti gli interventi, anche questi necessari di emergenza, si raccordino il più possibile con gli interventi strutturali: quelli che si faranno (e noi pensiamo che qualcuno si possa fare) ma già quelli che sono nel PNRR, che sono gli interventi strutturali della nostra futura politica industriale e anche sociale. Questa è una raccomandazione non rituale ed era la penultima osservazione.
L'ultima osservazione concerne il quadro europeo. L'ho detto all'inizio: siamo probabilmente alla fine del dibattito della cosiddetta Conferenza sul futuro dell'Europa, anch'essa sconvolta da quanto sta accadendo. La Presidenza Macron sta facendo questo. Noi abbiamo fatto una serie di osservazioni con due o tre riflessioni che poniamo alla fine delle nostre considerazioni. Riteniamo che il metodo del PNRR, con debito comune e con linee strategiche comuni cioè, sia un metodo che deve continuare anche oltre il 2026. Non mi riferisco necessariamente a tutti i dettagli e i modi del PNRR, ma a quel metodo, che è un metodo finalmente comunitario e non solo tradizionalmente intergovernativo. Questo vuol dire anche un protagonismo maggiore inevitabilmente dell'Unione in materia economica.
Ad esso si aggiunge il problema difesa e sicurezza energetica che è sul tavolo. Ovviamente riteniamo che la Conferenza sul futuro dell'Europa debba affrontare tali punti, tali nodi, e che l'Europa, se vuole agire come player internazionale e non vuole essere schiacciata dai giganti vicini Pag. 38come già rischia di esserlo, deve avere questo protagonismo che inevitabilmente chiederà anche cambiamenti della governance. È un tema che sarà presente, ci auguriamo, nei prossimi appuntamenti, che ricadrà anche sulle nostre scelte, a cominciare da quelle della prossima legge di bilancio, che in fondo è già quasi dietro l'angolo, perché se il DEF, come abbiamo detto, è a scorrimento, è chiaro che dovrà essere lì.
L'ultima cosa che ribadiamo è la seguente. In questo periodo l'Europa stessa ha sollecitato la necessità che scelte così difficili, sia progettuali sia attuative, siano sostenute dalla partecipazione sociale più diffusa. Anche il CNEL è parte di tale processo di partecipazione, che per la prima volta in tutta Europa viene così fortemente raccomandato, quindi noi riteniamo a maggior ragione che debba essere rafforzato in questa contingenza così difficile. Naturalmente noi vogliamo dare il nostro contributo. Vi ringrazio e spero di non essere stato troppo lungo.
PRESIDENTE. Siamo noi che ringraziamo lei e chiedo se vi sono degli interventi. Onorevole Fassina, prego.
STEFANO FASSINA. Grazie, presidente. Ringrazio anche il presidente Treu per il suo intervento, poi leggeremo il testo che ci consegnerà. Ovviamente ha ragione a sottolineare l'incertezza e la difficoltà di fare una valutazione in termini macro-economici. A me pare che in questa fase, in un contesto così in divenire, ciò che possiamo fare è capire quali sono le priorità per le policy da attuare. A me pare che oggi il rischio più grande che corriamo sia l'inflazione. Lo dico meglio: il rischio più grande che corriamo è combattere l'inflazione attraverso politiche che ci portano alla recessione e siamo già sulla buona strada, perché la Banca centrale europea, come sapete, il 10 marzo scorso è intervenuta, ha preannunciato un anticipo della conclusione degli acquisti di titoli di Stato e un anticipo della tempistica per aumentare il tasso di interesse. Un minuto dopo i tassi di interesse sono aumentati e da allora siamo arrivati a circa 90 punti base in più in termini di tassi di interesse. A me pare che la priorità sia in quale modo riusciamo a spezzare la spirale inflazionistica evitando una recessione.
Come il presidente Treu sa bene, perché era allora in prima linea, nel 1992-1993 c'era il metodo Ciampi, cioè fare quello che lui proponeva e che in qualche modo il Presidente Draghi ha cominciato a indicare: un metodo, cioè, che mette insieme le parti sociali, chiede alle imprese di non trasferire compiutamente l'aumento dei costi sui prezzi al consumo, chiede alle rappresentanze dei lavoratori di moderare le richieste salariali e si propone – questo è il punto – di difendere il potere d'acquisto attraverso interventi fiscali, perché il potere d'acquisto dei lavoratori va salvaguardato. Se non va salvaguardato per via contrattuale, deve essere salvaguardato per via fiscale.
Ora qual è il punto, a mio avviso, molto serio, rispetto al quale purtroppo la questione è complicata: nel 1992-1993 dovevamo convincere via Nazionale, adesso dobbiamo convincere Francoforte. In qualche modo tale metodo dovrebbe trovare una qualche corrispondenza nei principali Stati dell'Eurozona, anche attraverso il concorso della Commissione, che dovrebbe in qualche modo provare a sollecitare i Governi e le parti sociali a livello europeo, le rappresentanze a livello europeo, a muoversi nella stessa direzione. C'è poco da fare: se la BCE va avanti come ha indicato, ritengo che arriveremo ad una recessione o ad una stagflazione, un periodo d'inflazione con una contrazione dell'economia. È un disastro per tutti ma per noi lo è in misura ancora maggiore.
A mio avviso questo potrebbe essere un punto rispetto al quale anche i Consigli nazionali dell'economia e del lavoro possono avere un ruolo importante da esercitare nelle relazioni che hanno con le parti sociali tra di loro. Mi chiedevo se questa può essere una priorità in una fase così incerta nella quale il CNEL, nonostante qualcuno ogni tanto si risvegli con proposte strampalate di intervento costituzionale su questi organi, a mio avviso potrebbe evidenziarePag. 39 quanta rilevanza hanno organismi che sistematicamente fanno dialogare le parti sociali, mediante competenze anche tecniche, per arrivare a proporre soluzioni, come il presidente Treu prima accennava, riguardo alla transizione all'indice da utilizzare per i rinnovi contrattuali.
Da ultimo, vorrei capire se quell'indagine CNEL-ISTAT alla quale ha fatto riferimento ha un qualche output già disponibile, sebbene non finale.
PRESIDENTE. Faccio qualche domanda anche io, se non vi sono altre richieste di interventi. Ho tre domande. La prima è sull'energia e la ringrazio per aver citato il risparmio energetico perché è veramente la prima azione da fare e, purtroppo, mi sembra che su questo non sia stato messo in campo alcun intervento finalizzato a promuovere in modo adeguato il risparmio energetico.
Vorrei inoltre rivolgerle un'altra domanda. Ritengo che il CNEL sia un soggetto molto sensibile ai fenomeni macro-economici che accadono nel nostro Paese, tra cui l'aumento delle bollette. Però pare – oggi un giornale aveva un titolo riguardante il grande bluff dell'energia – che la Russia stia comunque rispettando i contratti: quindi il gas arriva, però è aumentato straordinariamente di prezzo. Ci chiediamo: questi soldi che le aziende e le famiglie stanno pagando in più sulla bolletta dove vanno a finire (mi scusi se parlo in modo molto semplice)? Perché, secondo me, in molti si stanno ponendo questa domanda. Ho il timore che i maggiori introiti vadano a finire proprio nelle mani di chi il gas lo importa e lo vende, anche perché è la Commissione europea che ci ha detto che – lo troviamo in diversi documenti – quasi l'80 per cento dei contratti legati al gas sono contratti di lungo termine nei quali il prezzo è molto stabile.
Ora su questo chiederei un vostro parere, perché se fosse così e dovessimo accorgerci che i maggiori introiti sono stati fatti da aziende, magari anche italiane, magari anche partecipate dallo Stato, che hanno incassato lauti profitti grazie a un prezzo stabilito in legge – il testo integrato delle attività di vendita al dettaglio del gas infatti è previsto dalla legge ed è modificabile da ARERA secondo sue disposizioni e prevede un prezzo legato a quotazioni internazionali – ecco che qualcuno probabilmente sta marginando tanto alle spalle di imprese, molte delle quali probabilmente stanno proprio chiudendo a causa dei prezzi energetici. Chiedo un suo parere su questo cioè se avete qualche idea su dove stanno finendo i maggiori introiti.
Sul lavoro e sul reddito di cittadinanza, prima alcuni rappresentanti di categoria ci hanno posto il tema dell'assenza di manodopera qualificata e anche sull'assenza di manodopera in genere. Ora però il reddito di cittadinanza sta funzionando e ci chiediamo come mai le aziende non facciano riferimento ai centri per l'impiego per trovare la manodopera. Probabilmente, magari, hanno fatto anche riferimento ai centri per l'impiego e non hanno comunque trovato manodopera.
Chiedo dove sta il problema: le persone non accettano i lavori? Le aziende stanno andando a chiedere ai centri per l'impiego la manodopera necessaria per portare avanti le proprie attività? Se così non fosse e tenuto conto che comunque le aziende continuano a lamentare l'assenza di manodopera, il CNEL ha notato un leggero aumento delle paghe offerte ai lavoratori o no? Perché uno degli scopi del reddito di cittadinanza era anche quello di cercare di adeguare il più possibile le paghe al lavoro svolto.
Mi chiedo se il CNEL ha qualche contezza su un miglioramento dei salari, anche perché sappiamo che vi è tutto un altro dibattito sul salario minimo. Anche su questo mi verrebbe da chiedere un parere al CNEL: come sta andando la discussione sul salario minimo? Sappiamo che ci sono molte difficoltà da parte delle associazioni sindacali ad accettare un salario minimo, però potrebbero esserci idee alternative che potrebbero prendere forma. Magari il CNEL ha contezza di qualcosa e può dircelo.
Inoltre vorrei fare un'ultima domanda sulla governance europea e sulla riforma del Patto di stabilità. So che alla Camera hanno svolto un approfondito lavoro e tante Pag. 40audizioni su come potrebbero cambiare queste regole. Vorrei chiedere, dal momento che la gestione del PNRR a livello internazionale sta funzionando bene – anche il CNEL ha riconosciuto che è un metodo che funziona – non potremmo vedere le nuove regole di bilancio come finalizzate a promuovere buone pratiche per gli Stati? Entrando più nel dettaglio, considerato che anche da indagini svolte dall'OCSE ci accorgiamo che in Italia abbiamo delle pecche, nel senso che si spende poco ad esempio sull'istruzione, si spende poco sulla cura dei portatori di disabilità, non potrebbe essere proprio lo strumento del Patto di stabilità e crescita ad obbligare gli Stati a spendere in un determinato modo le risorse? So che purtroppo può sembrare come una perdita di indipendenza e di autonomia, però se si guarda a livello internazionale agli altri Paesi, non possiamo essere gli ultimi a spendere per determinate voci di spesa. Vorrei chiedere un suo parere anche su questo e la ringrazio in anticipo. A lei la parola, sempre che non vi siano altri interventi da remoto ma parrebbe di no.
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. Grazie. Mi ha fatto una serie di domande che magari le manderò un'altra relazione in seguito. Veramente grazie, perché l'audizione ha questo scopo. Anzitutto Fassina che, come sempre, è molto attento. Poi chiederò anche a Mauro Nori, che è il segretario generale, e che ha da dire qualcosa di più specifico. Non c'è dubbio che il problema è di fare tesoro del passato e di non combattere il rischio di inflazione con armi sbagliate che strozzino l'economia. Purtroppo noi siamo in questa traiettoria: lo dice chiaramente anche il DEF. Noi abbiamo una duplice pressione in combinazione nefasta: inflazione più alta del previsto e crescita più bassa delle attese. Ciò vuol dire comunque che la tenaglia è negativa. Come uscirne?
Anch'io credo che l'obiettivo sia di adottare misure che evitino di ripiombare in una recessione. Poiché non credo che ci siano ricette preconfezionate, o meglio, ce ne sono diverse, noi chiaramente indichiamo che ci devono essere strumenti di intervento specifico. Fassina indicava, per esempio, lo strumento fiscale per sostenere i salari, che è uno degli strumenti che anche noi indichiamo e che è chiesto dai sindacati da molto tempo, ma in realtà anche da parte imprenditoriale. Certamente è un discorso che deve investire le autorità europee. Però noi, come parte del sistema Italia, siamo sicuramente impegnati a trovare un momento di coesione che affronti questo difficilissimo problema con tutte le energie mobilitate nella stessa direzione. Noi infatti, nel documento che vi manderemo, lo diciamo esplicitamente: è necessario consolidare il metodo che abbiamo visto nei tempi più duri della crisi, ma che anche l'Europa per la prima volta approva ed esplicitamente richiede nel regolamento sul tavolo di partenariato e, e sul Next Generation, parla proprio di un coinvolgimento stabile delle parti, ma non del genere diplomatico, perché dice esplicitamente che occorre verificare i nodi critici, come quello in questione, sentire le parti, dare conto delle loro osservazioni e rispondere. Nel regolamento europeo è scritta una formula molto stringente. Credo che sia questo il metodo, se vogliamo uscire dalla crisi. Chiamiamolo patto sociale, chiamiamolo accordo, chiamiamolo come vogliamo, noi nel nostro documento auspichiamo esplicitamente la ripresa dell'iniziativa anche del Presidente Draghi di rivedere le parti. Del resto, il Presidente Draghi a suo tempo aveva anche alluso, con la prudenza che lo contraddistingue, anche proprio ad affrontare sul serio tale metodo. Su questo sono molto convinto. Il CNEL poi fa tutti i giorni questo mestiere con molta fatica e, quindi, più che mai vogliamo continuare. Naturalmente il livello è talmente grande che è chiaro che non possiamo certo sostituirci al ruolo diretto delle parti. Però facciamo il tifo e facciamo la preparazione a fondocampo o a bordocampo, come si usa dire.
Per quanto riguarda la ricerca ISTAT, che chiedeva Stefano Fassina, abbiamo compiuto il primo anno. C'è una serie di documenti che abbiamo presentato alla Camera un mese e mezzo fa e che sono disponibili: li giro volentieri a Stefano Fassina,Pag. 41 che so essere molto interessato. Abbiamo ritenuto, d'accordo con la Commissione lavoro della Camera, di continuare per seguire l'attuale evoluzione. Non avevamo ancora questi fatti drammatici ma, a maggior ragione, siccome il tema purtroppo è ancora attualissimo, l'ISTAT continuerà ad analizzare la questione non solo sui dati del 2020, ma anche almeno sul 2021-2022 e poi, se necessario, anche oltre. Questo è per quanto riguarda le risposte a Fassina.
Sulle domande del presidente Pesco, anzitutto il risparmio energetico. L'ho menzionato non a caso perché è fondamentale: saremo costretti a fare sacrifici, mi dispiace. Se 60 milioni di italiani – qualcuno lo ha detto – abbassano di un grado il normale livello della temperatura d'inverno, ma anche in altre occasioni, questo vuol dire avere già effetti significativi. Noi abbiamo già stimolato l'organismo della Presidenza del Consiglio, che ha una serie di possibilità di attivare forme di pubblicità educativa e noi lo abbiamo stimolato con una richiesta formale. Spero che venga seguita la nostra idea.
Con riguardo agli extra-profitti, noi non siamo in grado di fare analisi specifiche, però anche nel nostro documento c'è un riferimento. Questo è chiaramente un mercato del venditore, proprio da manuale, sia il venditore internazionale – abbiamo visto gli extra-profitti di alcuni grandi venditori dagli Stati Uniti, ma anche di venditori più vicini come quello di oggi con l'Algeria – ma certamente anche di alcuni player italiani.
Lo dicevo prima, ma è scritto meglio nel testo: fare un provvedimento di calmieramento nazionale così brutale non è possibile, probabilmente non ha molto senso. È necessario, anche tramite l'autorevolezza di Draghi, intervenire a livello europeo perché, come era già all'ordine del giorno negli ultimi incontri, si faccia un'operazione di comune indicazione di parametri che dovrebbero essere vincolanti nella misura del possibile.
Tuttavia vogliamo contribuire a questo: infatti già da tempo abbiamo una conferenza quasi stabile, ricorrente tra i maggiori player italiani sull'energia, anche quelli tradizionali come ENEL, ENI, eccetera e con ARERA. Fra pochi giorni, proprio in occasione di tale conferenza, avremo il punto della situazione. Vi trasmetteremo i risultati, perché sono tutti i maggiori player, e ripeto: ARERA ci deve dire qualcosa più specificamente di quanto noi possiamo dire in questa sede.
Per quanto riguarda il mismatch, lei ci ha fatto delle domande che ci stimolano e ha fatto riferimento ad iniziative che noi volevamo e avevamo in mente anche di fare, perché il mismatch è un problema che sappiamo esiste in tutto il mondo. Da noi forse è più grave. Ne parlo genericamente, ma poi possiamo anche approfondire. Dal momento che abbiamo un tavolo specifico sul mismatch, che sta avviando i suoi lavori in questo periodo, magari se ce lo chiedete, faremo un'audizione specifica.
Una parte del mismatch è dovuta al fatto che, quando si verificano shock di cambiamento delle tecnologie e delle professioni, come adesso, tutti dicono che non è detto che il lavoro manchi e che ci sono ragionevoli motivi per pensare che non verrà distrutto, ma sicuramente cambierà. Gli skill cambieranno in un modo che non avevamo mai visto prima. Di fronte a questi fenomeni, la sfasatura tra domanda e offerta, tra i profili professionali formati dalla scuola e dal mercato tradizionale e quelli richiesti, è inevitabile. È una situazione strutturale, particolarmente forte in questo momento, tanto è vero che c'è ovunque.
Noi abbiamo di grande particolarità il fatto che il rapporto tra scuola e lavoro non è così stretto come dovrebbe essere. In altri Paesi esistono strumenti che lo facilitano come l'apprendistato storico, che vuol dire che in certi Paesi riguarda tutti gli studenti o la gran parte. Lo abbiamo anche noi ma poco e anche i tirocini e l'alternanza, nonostante siano stati abusati, sono però strumenti limitati. Tutta la finalizzazione della nostra scuola deve essere più orientata ai bisogni futuri e non al passato. Lei parlava della spesa per l'istruzione. Le spese di istruzione in Italia sono state più basse per vent'anni di quelle dei nostri competitor e questo è uno dei guai, perché ha portato a Pag. 42ciò che si chiama deficit di competenze. Adesso, mediante gli investimenti del PNRR, possiamo veramente fare un salto, se siamo in grado di spendere bene le risorse. Il problema non è tanto di far spendere di più, quanto di orientare gli indirizzi della scuola verso le professioni del futuro e ci vuole un po' di tempo: non è che si fa in due più due fa quattro.
Lei mi parla dei centri per l'impiego ed è una vecchia questione. Sono tanti anni che ci dedico la mia attenzione, ma, sapete, i tedeschi hanno 105 mila professionisti – lo avremmo già detto qui qualche volta – ed è lì il punto, perché le politiche attive e la connessione tra le varie domande e offerte non si fanno con 10 mila persone o meno stando seduti negli uffici, anche se fossero dei geni: ci vogliono migliaia di professionisti che vanno in giro per le aziende e per i territori per fare un monitoraggio. È vero che le tecnologie ti danno tanto aiuto perché puoi trovare tutto su Google, ma non basta.
Ricordo anche nelle mie responsabilità precedenti che mi chiedevo come si fa a fare la riforma delle politiche attive a costo zero. Purtroppo non è possibile, ma adesso per la prima volta nel PNRR ci sono le risorse e mi auguro che si facciano le riforme. Anche in questo caso deve essere detto tutto: come prima dicevo che uno dei blocchi delle rinnovabili consiste non solo nella procedura, ma anche nei veti di alcuni territori e in particolare di alcune regioni, anche in questo caso non abbiamo un mercato del lavoro regolato in modo uniforme, ma abbiamo venti mercati del lavoro e ciò non facilita neanche la correzione del mismatch.
Per quanto riguarda il salario minimo, sul quale vertono le ultime due domande, abbiamo già un parere sottoposto al Parlamento – non mi ricordo se alla Camera o al Senato ma lo manderò di nuovo – sulla direttiva europea che ritengo che sia molto saggia, perché stabilisce due vie per tutelare i bassi salari. Una è il salario minimo per legge che è presente in 20 Paesi, ma siccome vi sono alcuni Paesi, tra cui l'Italia ed anche i Paesi nordici, che hanno un forte sistema contrattuale a cui sono affezionati, la Commissione afferma che c'è una via contrattuale al salario minimo. Questa è la strada che noi proponiamo e abbiamo proposto alle parti sociali con un'avvertenza, cioè che, mentre i contratti collettivi nei settori forti, come quelli metalmeccanici, chimici eccetera, da soli tutelano il 95 per cento dei dipendenti con salari ragionevoli – lì i pirati non ci sono – invece nei settori più marginali o comunque nuovi o difficili, che vanno dalla logistica ai lavori di cura delle persone eccetera, i contratti da soli non riescono a garantire che questi minimi siano rispettati: ci sono ma non garantiscono. Quindi la direttiva europea afferma che, in questi casi, occorre qualche rafforzamento, che tuttavia non può essere il salario minimo legale, che sembra molto poco gradito. Questa è la nostra proposta che presentiamo ed è già depositata.
PRESIDENTE. Un rafforzamento dei controlli?
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. No, anche dell'efficacia, perché adesso i contratti collettivi che sono stipulati, giuridicamente sono pezzi di carta privati, che quindi vincolano solo chi li ha firmati. Per cui se un'azienda o se un gruppo non aderisce alla Confindustria o comunque cambia idea – infatti accade anche questo – e non li rispetta, l'ispettore non può dire niente, può solo garantire certi aspetti previdenziali. Per tale ragione occorre attribuire efficacia a tali contratti, come hanno fatto tutti i Paesi: si può fare quindi e noi abbiamo fatto una proposta precisa.
L'ultima considerazione riguarda il Patto di stabilità. Sul Patto di stabilità vi sono due aspetti diversi cui lei ha accennato. La prima è in quale modo fare sì che il Patto di stabilità sia modificato in modo sostanziale per non strozzare, come è stato in passato, soprattutto i Paesi come il nostro. Su questo c'è una proposta che ha presentato il gruppo europeo, in cui c'è anche il nostro Bordignon, che ne è un autorevole rappresentante, e che noi abbiamo audito insieme con Marco Buti, il capo di gabinetto di Gentiloni. Abbiamo ripreso un po' Pag. 43la proposta di rendere il Patto di stabilità più intelligente: ricordo che Prodi aveva detto che era stupido. Non credo che l'abbiamo mai depositata perché non ce l'avete chiesto, ma è disponibile.
In realtà, nella domanda che lei ha fatto, citava anche un altro potere, ossia quello di cui parlavamo prima: il metodo del Piano, che è stato inaugurato, con il Next Generation EU diventi un metodo comune e che diventi un metodo per cui affrontare questi problemi e queste contingenze in modo unitario e non ognuno per sé. Questa è la vera soluzione, perché se poi in queste difficoltà ogni Stato riprende la sua libertà, accade che le differenze non solo dentro l'Italia, ma anche tra l'Italia e i Paesi del Nord si allargano. Questo è già scritto in molte delle ipotesi della Conferenza, però – concludo – c'è un piccolo particolare: per andare in questa direzione, se rimane il voto all'unanimità, non combiniamo niente in sede europea, perché, come avete visto anche ultimamente, basta che un Paese ponga il veto. Uno dei problemi della Conferenza è cambiare il metodo governativo. Mi pare che Mauro Nori volesse aggiungere una cosa specifica importante.
MAURO NORI, Segretario generale del CNEL. Aggiungerei un rafforzamento in risposta alla domanda di chiarimenti che faceva il presidente Pesco. Ci ha molto colpito in particolare un indicatore che arriva proprio dagli istituti di ricerca: le evidenze di negoziazione dei contratti del gas ai prezzi incrementati sono bassissime, quindi sostanzialmente ci stiamo ancora approvvigionando ai vecchi prezzi. Questo è un indicatore molto interessante, perché le negoziazioni ai nuovi prezzi sono pressoché insignificanti. È vero che l'evidenza è ancora esigua, però questo è un indicatore interessante.
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. E quindi qualcuno ne approfitta.
PRESIDENTE. Da dove arrivano questi dati?
MAURO NORI, Segretario generale del CNEL. Da uno degli istituti di ricerca.
TIZIANO TREU, Presidente del CNEL. Noi abbiamo normalmente il CER, il REF e Prometeia. Adesso non ricordo quale sia di questi, ma comunque possiamo trasferire tutte le indicazioni. Prendiamo nota perché abbiamo parecchie cose da mandarvi e cerchiamo di non dimenticarle.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo in anticipo. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 19.50.