Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUI NEGOZIATI RELATIVI ALLA BREXIT E SUL RELATIVO IMPATTO PER L'ITALIA
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi.
Grande Marta , Presidente ... 3
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4
Grande Marta , Presidente ... 8
Ianaro Angela (M5S) ... 8
Quartapelle Procopio Lia (PD) ... 8
Formentini Paolo (LEGA) ... 9
Pettarin Guido Germano (FI) ... 9
Boldrini Laura (LeU) ... 10
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI) ... 11
Grande Marta , Presidente ... 11
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 11
Grande Marta , Presidente ... 11
De Giorgi Rosalba (M5S) ... 11
De Luca Piero (PD) ... 12
Billi Simone (LEGA) ... 13
Scalfarotto Ivan (PD) ... 14
Di Stasio Iolanda (M5S) ... 14
Sensi Filippo (PD) ... 15
Siragusa Elisa (M5S) ... 15
Grande Marta , Presidente ... 15
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 15
Grande Marta , Presidente ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
MARTA GRANDE
La seduta comincia alle 11.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sul canale della web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui negoziati relativi alla Brexit e sul relativo impatto per l'Italia, l'audizione del Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi.
Saluto e ringrazio il Ministro, anche a nome del collega presidente della XIV Commissione Sergio Battelli e dei colleghi commissari presenti, per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
Saluto altresì la delegazione che lo accompagna, rappresentata dal vicecapo di gabinetto, il ministro plenipotenziario Vincenzo Celeste, dall'avvocata Letizia Gianni, consigliera del Ministro per le questioni di diritto internazionale ed europeo, nonché il capo dell'ufficio per i rapporti con il Parlamento, Alessandro Prunas.
Colgo l'occasione per ringraziare il Ministro di aver accolto anche la nostra richiesta di anticipo dell'orario dell'audizione, inizialmente fissata per le ore 13, connessa all'imprevisto andamento dei lavori dell'Aula di ieri.
Gli eventi di questi giorni rendono quanto mai opportuna questa audizione. Ieri la House of Commons ha approvato, con 321 voti a favore e 278 voti contrari, la mozione che respinge la possibilità di recedere dall'Unione europea senza un accordo in ogni tempo e circostanza. Il giorno prima era stata invece respinta, con 391 voti contrari e 242 voti a favore, per la seconda volta la mozione governativa sull'accordo di recesso, sulla dichiarazione, sul quadro delle future relazioni tra Unione europea e Regno Unito e sugli atti aggiuntivi concordati tra Unione europea e Regno Unito l'11 marzo 2019. Oggi il Parlamento britannico sarà chiamato a votare una mozione governativa contenente la richiesta di proroga del termine ex articolo 50 del Trattato sull'Unione europea. La proroga, da concordare con l'Unione europea, concerne in ogni caso un'estensione breve e limitata del periodo previsto dall'articolo 50 del Trattato fino al 30 giugno 2019, al fine di approvare la legislazione nazionale al recesso dell'Unione europea.
In caso di approvazione da parte del Parlamento britannico della richiesta di proroga, toccherà in ogni caso al Consiglio europeo del 21 e 22 marzo decidere all'unanimità su tale richiesta.
È evidente, tra l'altro, che un'estensione per un periodo che vada oltre il 30 giugno 2019 implicherà la partecipazione del Regno Unito alle prossime elezioni del Parlamento europeo.
Ricordo che il Parlamento europeo negli ultimi giorni ha approvato una serie di misure di emergenza, proposte dalla Commissione europea, per mitigare gli effetti di un eventuale ritiro del Regno Unito dall'Unione europea senza un accordo. Tali misure Pag. 4 includono: garanzie giuridiche per gli studenti e insegnanti Erasmus che sono nel o vengono dal Regno Unito per completare la loro attività di apprendimento in corso all'estero; la continuazione del finanziamento dei programmi dell'Unione europea che creano relazioni transfrontaliere intercomunitarie tra Irlanda e Irlanda del Nord; disposizioni per il mantenimento dei servizi di base di trasporto aereo e stradale di merci e autobus tra Unione europea e Regno Unito; la possibilità per i pescherecci dell'Unione europea e del Regno Unito di continuare a operare nelle rispettive acque territoriali.
In questo senso, è opportuno avviare il dibattito anche sulle iniziative che il Governo sta predisponendo per affrontare le conseguenze di un'eventuale uscita senza accordo, anche alla luce del documento della Presidenza del Consiglio dei ministri «Prepararsi al recesso senza accordo del Regno Unito dall'Unione europea il 29 marzo 2019», trasmesso alle Camere il 21 febbraio scorso e assegnato a queste due Commissioni.
Ieri si è tenuto, al più alto livello istituzionale, un vertice incentrato anche sulla discussione delle iniziative da assumere su questo tema, alla luce della bocciatura della proposta di accordo della Premier May.
Gli organi di informazione riferiscono della predisposizione di un decreto-legge «paracadute» per evitare contraccolpi sui mercati e tranquillizzare gli operatori, garantendo continuità operativa con le banche e le piattaforme finanziarie britanniche dalla fine di marzo fino al 31 dicembre 2020. Sempre secondo indiscrezioni giornalistiche, il testo dovrebbe andare in Consiglio dei ministri mercoledì.
Risulta altresì che il Governo abbia doverosamente istituito una task force tecnica per la gestione di questo complesso snodo. Il collega Battelli non intende svolgere un intervento introduttivo. Allora, do la parola al Ministro affinché svolga il suo intervento, chiedendo fin da ora ai Gruppi di far pervenire alle segreterie delle Commissioni le richieste di intervento, che saranno gestite secondo i consueti criteri: un primo giro di domande per ciascun Gruppo, con replica del Ministro, e un successivo eventuale giro di domande, se presentate, con ulteriore replica.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per essere qui. Il tema Brexit, sul quale avevamo già avuto modo di vederci qualche tempo fa, come credo stiamo costatando tutti, non lascia tregua quanto a piccoli colpi di scena, avvenimenti politici di qualunque tipo, situazioni di evidente difficoltà politica del Governo, cambi di fronte nel Parlamento, maggioranze trasversali. Una serie di scenari, che noi tendiamo spesso ad auto-criticare, quando vengono da noi, adesso, li vediamo e li seguiamo nella patria della democrazia parlamentare. È un fatto interessante, perché ci fa capire che le difficoltà, quando i nodi vengono al pettine, possono accadere dovunque.
Vediamo dove siamo rispetto all'attuale stato di cose, sulla base anche di quanto ha appena detto la presidente. Sostanzialmente il Parlamento di Westminster ha votato no per la seconda volta e, quindi, a questo punto è evidente la contrarietà parlamentare molto netta all'accordo di recesso, così come era stato negoziato fra il Governo di Theresa May e l'Unione europea.
D'altra parte, il voto successivo ha anche espresso un no all'uscita senza accordo, lo scenario cosiddetto «no deal». Di conseguenza, questo lascerebbe pensare che si vuole un accordo, ma un accordo diverso, oppure che si vuole qualcos'altro. L'accordo, ma un accordo diverso, o il qualcos'altro sembrerebbero convergere verso questa ipotesi di proroga del tempo di negoziato.
Voi sapete che l'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea, che prevede il recesso degli Stati, dà due anni di tempo, ma consente di prorogare questo periodo, qualora sia richiesto dallo Stato che vuole uscire e confermato all'unanimità degli altri Stati che sono dentro.
Siamo sullo scenario proroga oppure effettivamente, per l'incrocio dei no, sullo scenario uscita il 29 marzo, ma nella maniera più brusca possibile, quella che viene Pag. 5definita nella terminologia inglese, che alla fine siamo abituati a usare tutti, la «hard Brexit».
Se vogliamo credere al mito di Pandora, forse in fondo da qualche parte c'è ancora l'ipotesi che le cose potrebbero cambiare, che potrebbe tenersi un secondo referendum, che potrebbe esserci, eventualmente, un voto del Regno Unito per rimanere dentro, ma siamo veramente ormai a un'ipotesi assolutamente residuale. Tuttavia, non è da scartare, perché i continui «no» parlamentari alle proposte del Governo o gli emendamenti trasversali, come è accaduto ieri, mettono anche in difficoltà di tenuta politica il Governo britannico stesso, per cui negli scenari non si possono escludere nuove elezioni politiche nazionali in Gran Bretagna. Queste sono pure ipotesi di scuola, giusto per renderci conto di dove siamo.
Oggi c'è un voto ulteriore, che dovrebbe riguardare proprio la possibilità di decidere per chiedere la proroga. In questo caso, se la proroga dovesse essere effettivamente votata e richiesta dal Governo britannico, dovrà essere sottoposta al Consiglio europeo della settimana prossima, giovedì 21 marzo, quando la Brexit è prevista come primo punto all'ordine del giorno, e forse il più importante, del Consiglio europeo stesso e i 27 dovrebbero pronunciarsi sulla proroga.
Anche a livello di proroga non mancano gli elementi di dettaglio che sono estremamente importanti, in particolare sulla durata di questa proroga. Perché in particolare sulla durata? Perché, come sappiamo tutti a fine maggio, da noi il 26 e in giorni più o meno contigui in altri Stati membri, si vota per il nuovo Parlamento europeo. Un Paese che sta uscendo normalmente non dovrebbe far votare per eleggere dei parlamentari in un Parlamento nel quale non siederà, ma, a seconda della durata del periodo di proroga, le elezioni potrebbero diventare un obbligo istituzionale.
La data che era stata identificata e anche dichiarata pubblicamente dal Presidente della Commissione europea Juncker era il 23 maggio, da cui un'ipotesi di chiedere la proroga fino al 22 maggio, che vorrebbe dire più o meno quasi due mesi oltre la fine di marzo a termine di calendario. Adesso ci sono dotte disquisizioni a livello dei servizi giuridici delle varie istituzioni per capire se in realtà si potrebbe arrivare quantomeno a fine giugno o ai primissimi di luglio, vale a dire alla vigilia della prima sessione che formalmente insedia il nuovo Parlamento europeo.
Naturalmente tutto è sostenibile sotto il profilo giuridico, ma dal punto di vista dell'impatto politico, del messaggio eccetera, rimanere con un'incertezza voto o non voto e poi organizzare le elezioni europee nel Regno Unito, elezioni che hanno il sistema proporzionale, laddove si vota con un maggioritario molto netto di collegio, non è un'operazione da nulla.
Pertanto, quando parliamo di proroga, ammesso che dopo il voto di oggi si possa continuare a parlare di questo, noi dobbiamo anche considerare questi paletti. C'è una situazione – diciamolo pure – di vera e propria suspense. Per rimanere in ambito britannico, sembra un po’ un film di Hitchcock, naturalmente meno truculento, però con ansietà fino all'ultimo momento su cosa succede. Anche ieri il colpo di scena dell'emendamento trasversale è stato un qualcosa che gli analisti, anche quelli più fantasiosi, non avevano previsto.
Un primo dato di fatto politico, oltre che giuridico-normativo, è quello dell'incertezza. Ne deriva la necessità di prepararsi sostanzialmente su due scenari base. Il primo è che alla fine (ed è il tentativo tuttora in corso, tendo ad interpretare io, di Theresa May) si arrivi, malgrado tutto, ad approvare l'accordo attualmente stipulato con l'Unione europea. Forse è per questo che la Primo ministro britannica continua anche a presentare l'eventualità di «attenzione, che alla fine rimarremo tutti nell'Unione europea» che, detto in Gran Bretagna, equivale a dire «moriremo tutti europei», con antiche assonanze nel dibattito politico italiano, per chi le ricordi.
Il punto cruciale è che o si va con l'accordo attualmente stipulato con l'Unione europea, quindi tutto è grosso modo regolato, oppure bisogna adottare, in caso di no deal o di situazioni transitorie di quel genere, una serie di norme chiamiamole Pag. 6pure ponte, chiamiamole pure d'urgenza, non le chiamerei emergenziali perché è da tempo che si sta lavorando su questo scenario, perché adesso, suspense e colpi di scena a parte, da tempo abbiamo compreso tutti che la questione è tutt'altro che chiara.
Allora si lavora su due livelli, uno è il livello Unione europea, che riguarda quindi tutti i 27, e l'altro è il livello di ciascun Paese. Lo stanno facendo i 26 nostri partner e lo stiamo facendo anche noi. In Italia in modo particolare c'è una task force, che è costituita dall'inizio di questo Governo presso Palazzo Chigi, che coordina tutti i vari ministeri, al fine di interfacciarsi sia con Bruxelles, intesa come Unione europea, dove naturalmente svolge un ruolo essenziale nella nostra rappresentanza permanente, sia con il sistema interno italiano.
A livello di Unione europea il coordinamento dei lavori fa riferimento politico sempre alla task force di Michel Barnier, però in maniera più ampia alla Commissione europea.
È interessante sottolineare che a livello di Unione europea si stanno preparando o sono già stati proposti (addirittura in alcuni casi già adottati) degli atti normativi o esecutivi, che sono immediatamente applicabili, nozione giuridica che significa che vincolano gli Stati, non c'è bisogno di recepirli, eventualmente bisogna adattare le norme nazionali a questi atti, ma è un obbligo giuridico, e direttamente applicabili significa anche che possono essere portati di fronte a giudici nazionali in caso di controversie e quant'altro.
Non ci sarà quindi, a bocce ferme dell'approccio adottato in sede di Unione europea, l'adozione di atti di diritto europeo, che necessitano poi del recepimento pieno da parte dei Parlamenti nazionali: sono regolamenti o decisioni che hanno carattere immediatamente esecutivo e direttamente applicabili. Da parte italiana lavoriamo per tenerci pronti nel completamento, al momento in cui l'avvenimento si verifica, sull'ipotesi che siano adottati dei decreti-legge. Forse in questo caso le condizioni di necessità e urgenza di cui alla nostra Costituzione sono pienamente giustificate.
Ci sono dei settori prioritari verso i quali si orienta l'attenzione sia europea che nazionale per gli atti da adottare, sempre nell'ipotesi della mancata adozione dell'accordo che attualmente è stato stipulato, altrimenti quello regola tutto nei dettagli, come avete visto, perché è pubblico già da molto tempo.
I settori che sono principalmente sotto attenzione sono la tutela dei cittadini e le questioni legate ai servizi finanziari e al commercio, perché l'eventuale uscita senza accordo né di uscita, né sulle relazioni future trasforma il Regno Unito in un Paese terzo a tutti gli effetti, quindi come Paesi con cui non abbiamo a livello europeo nessun tipo di accordo particolare.
La tutela dei cittadini è quindi molto importante, anche perché numerosi cittadini britannici hanno interessi soggettivi e posizioni personali negli Stati dell'Europa continentale, in particolare anche qui in Italia, e quella italiana è una delle comunità più cospicue tra quelle presenti nel Regno Unito per motivi di studio e di lavoro.
Qui l'impegno politico e operativo è assolutamente chiaro: si cerca di mantenere, nei limiti massimi possibili, lo status quo, quindi intanto chi è britannico negli altri Stati membri, in particolare qui in Italia, o cittadino di altri Stati membri, in particolare italiano, in Gran Bretagna manterrà invariati tutti i suoi diritti, per quelli che devono arrivare si cerca di preservare quanto più possibile un percorso agevolato, che non sarà identico a quello di cui potevano fruire rispettivamente quando si faceva tutti parte dell'Unione europea, ma sarà molto simile.
Per i visti di ingresso ci sarà quindi un'esenzione, ci sarà la possibilità di restare 90 giorni su un totale di 6 mesi senza bisogno di ricorrere a permessi di soggiorno, e dovrebbero esserci (ci saranno, secondo gli impegni) delle procedure semplificate per l'ottenimento dei permessi di soggiorno di più lunga durata.
Chi già si trova iscritto all'università o sta lavorando mantiene invariata la sua posizione sia come possibilità di stare, sia come diritti di accesso alla previdenza, al Pag. 7servizio sanitario, quindi non cambia. Per chi arriva ex novo, nel caso in cui fosse adottato il Trattato di uscita, quindi il deal, è previsto che ci siano dei meccanismi che garantiscano la buona sostanza di quanto c'è stato finora, quindi che limitino quanto più possibile le eventuali complicazioni. L'idea è che ci sia un interesse reciproco a mantenere questa compenetrazione a livello di circolazione delle persone.
Elementi da definire più delicati riguardano i permessi di lavoro. Non dimentichiamo che una delle ragioni, nelle analisi fatte ex post e in parte anche ex ante del voto per l'uscita nel referendum, era proprio la presenza di lavoratori non britannici sul mercato del lavoro britannico, in particolare provenienti da Paesi dell'Unione europea, però questo elemento in misura molto parziale riguardava italiani e noi abbiamo interesse a mantenere la presenza britannica qui.
Formule tipo il famoso programma Erasmus o altri elementi legati alla possibilità di integrare gli studenti nelle opportunità e nel mondo del lavoro verranno mantenuti.
È sensibile anche la questione dei trasporti perché, a stretto rigore, oggi il Regno Unito, come parte dell'Unione europea, è integrato nel sistema, anche banalmente, trasporti aerei europei – cielo unico, mentre un domani che è fuori deve restipulare, altrimenti gli aerei non possono materialmente atterrare o partire. Naturalmente anche qui tutto è predisposto in maniera che non ci sia nessun tipo di interruzione, stesso discorso per i trasporti su strada, con un'attenzione particolare al traffico merci, per cui sarà garantito per tutto il 2019, quale che sia lo scenario, un'invarianza di situazione e poi via via si dovranno trovare i vari accorgimenti.
Nel campo ambientale l'idea è che vengano mantenuti gli impegni che il Regno Unito ha assunto, come tutti gli altri Stati dell'Unione europea, nell'ambito del Piano di efficienza energetica energie rinnovabili e quant'altro, per fare anche un esempio più di nicchia. Visto che l'orizzonte è al 2030, l'impegno e la volontà britannica è di continuare, il che è molto importante, perché l'efficienza energetica è un interesse continentale, a prescindere dalle frontiere dell'Unione europea in senso stretto.
Altro settore sensibile è quello dei servizi finanziari. In particolare a livello europeo, ci sono due decisioni dette di «equivalenza», che tendono a mantenere attivo senza varianze il mercato dei derivati, degli investimenti in titoli e dei servizi prestati a chi ha depositi, per cui non ci sono mutamenti sotto quel profilo. Questi sono provvedimenti sui quali lavorano le istituzioni europee, ma, come vi dicevo, in particolare la Commissione europea, naturalmente Parlamento e Consiglio per l'adozione dei regolamenti, la Commissione europea per l'adozione delle decisioni esecutive.
A livello nazionale l'obiettivo è abbastanza semplice, forse per molti anche ovvio: mantenere quanto più possibile l'invarianza di situazioni sia per gli interessi italiani nel Regno Unito, sia per quelli del Regno Unito in Italia, quindi tutela dei diritti dei cittadini italiani che sono nel Regno Unito, c'è un accordo a livello politico molto preciso da tradurre nelle misure legislative (comunque i tempi ci sono), sia per i cittadini britannici presenti da noi, che costituiscono una comunità assai numerosa che deve ricevere la piena tutela.
Per la stabilità finanziaria e la continuità operativa dei mercati sono adottate misure, il nostro Ministero dell'economia è pienamente sul pezzo anche per assistere le imprese nella possibile, nuova configurazione dell'interscambio, per cui ad esempio l'Agenzia delle dogane sta potenziando sia il sito web, sia il personale di assistenza specifica, perché a un certo punto si porrà un problema di presenza delle dogane.
Tra l'altro, vi ricordo che proprio la questione del territorio doganale è il pomo della discordia tra Regno Unito e Unione europea, riguarda naturalmente non le dogane con l'Italia, ma le dogane tra territori dell'Irlanda del Nord e la Repubblica d'Irlanda, l'estensione del territorio doganale e la possibilità per il Regno Unito di cambiare unilateralmente o no questo tipo di situazione. Questo è il motivo per cui c'è ancora questa situazione di divergenza.
A livello di quanto interessa noi come Italia, la questione riguarda cosa accadrà Pag. 8dei dazi doganali con il Regno Unito, nel momento in cui fosse completata l'uscita. Il Regno Unito avrebbe potestà di regolare i propri dazi doganali, ma sia nell'accordo di base con l'Unione europea, sia negli accordi bilaterali l'idea è che questi dazi doganali debbano rimanere a zero nella maggioranza dei casi. Fra i casi in cui potrebbero essere introdotti e ai quali noi dobbiamo prestare attenzione ci sono i prodotti agricoli e, meno probabilmente, i prodotti dell'agroalimentare, cosa per noi estremamente importante perché addirittura l'8 per cento delle nostre esportazioni agricole va sul mercato del Regno Unito.
Siamo estremamente attenti a questo aspetto, il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo è attivo, l'obiettivo è di non avere ripercussioni, quindi: tutela della possibilità di vendere merci nel Regno Unito in situazione di dazio zero o minimo, tutela delle denominazioni d'origine, tutela delle indicazioni d'origine.
Questione che si riaccenderà era quella di quelle pratiche commerciali, che il Regno Unito aveva incominciato ad adottare già qualche anno fa, di indicazione dei contenuti considerati non salutari di alcuni prodotti, cosiddetti «semafori», per cui prodotti ad alto contenuto di zucchero, ad alto contenuto di sale, pur fabbricati secondo tradizioni molto naturali, ma anche molto tipiche della nostra produzione agroalimentare erano segnalati come «rosso», quindi come potenzialmente pericolosi, mentre magari prodotti con additivi sintetici di origine sicuramente meno naturale degli additivi naturali e anche magari dubbia erano segnalati «verdi».
Su questo ci sarà probabilmente una riapertura della questione, perché già nell'ambito dell'Unione europea non era stata completamente risolta (non era responsabilità nostra, quanto più della Commissione europea).
L'ultima questione che menzionerei è quella della garanzia della tutela sui diritti acquisiti di qualunque natura (l'ho già detto, ma vorrei ancora sottolinearlo). Chi si trova già in una situazione, qui in Italia perché britannico, in Gran Bretagna perché italiano, ha la garanzia della tutela dei diritti che ha acquisito.
Sono a disposizione per eventuali dettagli nelle domande. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ANGELA IANARO. Grazie, signor Ministro, per la chiarezza e la completezza delle informazioni che oggi ci ha fornito. La mia domanda è molto semplice.
Riassumendo la situazione attuale, quindi «no» all'accordo, «no» al no deal e richiesta formale di proroga del tempo di negoziato, leggendo quotidiani come il The Guardian nell'intervista di ieri al capo negoziatore Barnier, si sottolineava secondo me un cambiamento per quanto riguarda la posizione dell'Unione europea relativamente alla disponibilità di concedere proroga senza motivazioni.
Ritiene che una richiesta di proroga anche se motivata troverebbe il consiglio dell'Unione europea orientato a votarla all'unanimità o ritiene invece che qualche Paese potrebbe opporsi, non ottenendo l'unanimità e quindi facendo cadere la richiesta di proroga da parte della Gran Bretagna? Grazie.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie mille. Credo che siamo tutti consci del momento drammatico che sta vivendo l'Unione europea. Mancano 14 giorni al rischio di una Brexit al buio e in generale la Brexit è davvero un passaggio che rischia di mettere in difficoltà non solo il mercato interno dell'Unione europea, ma le stesse istituzioni europee.
La ringrazio delle informazioni che lei ci ha dato sul tipo di preparazione che il Governo italiano sta effettuando, preparazioni assolutamente necessarie, perché se non ci fossero preparazioni bilaterali, il settore finanziario italiano il 29 marzo salterebbe completamente, perché la borsa di Milano è sostanzialmente collegata alla Borsa di Londra e, senza accordi bilaterali per permettere alle due borse di funzionare, Pag. 9 il settore finanziario italiano dal 30 di marzo salterà completamente, quindi sono informazioni assolutamente necessarie.
La vera questione è il voto sulla proroga. Ci auguriamo tutti che oggi il Parlamento britannico esprima un orientamento favorevole alla richiesta di una proroga, ma, così come per divorziare servono due partner, anche per chiedere la proroga ne servono due, è necessaria una richiesta del Paese che vuole uscire, e una risposta favorevole di tutti i membri dell'Unione europea. In questo senso credo che la cosa più interessante sia capire quale sia l'orientamento del Governo italiano.
Noi voteremo a favore della proroga. Ieri c'è stato un appello del fronte Leave in Gran Bretagna ad alcuni partiti politici italiani, in particolare a Matteo Salvini, perché l'Italia metta il veto sulla concessione della proroga, ma io credo che sia per noi molto pericoloso, perché la Gran Bretagna è il nostro quarto partner commerciale, per le ragioni che diceva lei rispetto alla protezione della comunità italiana in Gran Bretagna, per lo status dei cittadini britannici; ma credo che sia importante chiarire da subito qual è la posizione del Governo italiano su questo punto.
La seconda cosa è quella che diceva lei: non si può pensare che la proroga sia indefinita, cioè che sia un modo per lasciare nel limbo un accordo che i britannici non trovano soddisfacente, ma che l'Unione europea non è disposta a modificare molto di più. Il punto di distanza tra la posizione del Regno Unito e la posizione europea è lo status dell'Irlanda del Nord, il cosiddetto back stop, e quella è una cosa che non si modificherà nel tempo, non possiamo lasciare da sola l'Irlanda, dobbiamo fare in modo che l'Irlanda trovi facilità nel rispetto degli accordi del venerdì santo.
Come e a quali condizioni voterà l'Italia una proroga? Chiederemo come Unione europea che si indìca un secondo referendum, per capire dopo questi due anni di negoziati quale sia l'orientamento del popolo britannico, chiederemo che ci siano elezioni anticipate e daremo un termine, e che tipo di termine?
Capisco che sul tema della preparazione rispetto alle leggi per proteggerci dai rischi di una Brexit al buio ci siano stati dei ritardi da parte italiana, anche perché forse non si voleva dare un segnale favorevole alla Brexit al buio, ma le chiederei di spiegarci come mai per il momento siamo l'unico grande Paese europeo senza un piano approvato sulla Brexit al buio e senza una legge particolare. Francia e Germania da novembre-dicembre hanno iniziato a far approvare appositi atti parlamentari, dei piccoli interventi legislativi e poi un piano a gennaio per scongiurare il rischio di una Brexit dal buio.
Siamo a 14 giorni dalla Brexit, mercoledì prossimo saremo a una settimana dalla Brexit, il Consiglio dei ministri approverà questo piano e questo decreto a pochissimi giorni dalla data limite del rischio. Se ci sono delle ragioni di carattere diplomatico o politico, credo che sia opportuno renderle note, perché altrimenti esponiamo il milione di cittadini che è nel Regno Unito e le nostre imprese che lavorano nel Regno Unito a un rischio ritardo, che secondo me non è sostenibile se non accompagnato da spiegazioni politiche forti, assolutamente comprensibili.
PAOLO FORMENTINI. Grazie, signor Ministro, per tutti i dettagli che ci ha fornito sull'impegno del nostro Paese a far sì che il flusso commerciale con il Regno Unito continui e i nostri concittadini siano massimamente tutelati.
Ovviamente l'appello della Lega (che lo ha già detto in modo molto chiaro) è di proteggere i nostri prodotti agroalimentari, le nostre DOP, i nostri IGP, e di far sì che quel rapporto che è sempre stato preferenziale con l'Italia rimanga con il Regno Unito.
Vorrei aggiungere l'auspicio che, in caso di scenari di hard Brexit, si possa temperare con la comune appartenenza alla NATO, collaborando ancora strettamente sulla difesa e sul contrasto al terrorismo globale.
GUIDO GERMANO PETTARIN. Desidero ringraziare il Ministro per la disponibilità e la assoluta determinatezza dei particolari che ha avuto modo di darci. Pag. 10
Siamo di fronte a una bruttissima pagina della nostra storia comune, e, a fronte di questa situazione, è evidente che è opportuno per tutti utilizzare il principio di maggior prudenza, lo stesso principio di maggior prudenza che ha portato anche i player più importanti, sulla scena nazionale prima e sulla scena comunitaria, ad ipotizzare il peggiore degli scenari, per potersi preparare alla peggiore delle eventualità.
Rispetto a questo tipo di quadro sono a chiederle due cose. Dal punto di vista complessivo, come già qualche collega ha anticipato, quali possono essere le linee di conduzione del piano nazionale per quanto riguarda l'ipotesi, che deneghiamo, di una Brexit al buio?
In riferimento a questo, vorrei sapere se lei non ritenga particolarmente importante evitare qualunque eccessivo irrigidimento in un momento come questo, in cui qualunque tipo di irrigidimento non farebbe che peggiorare la situazione di gestione intelligente e pragmatica di un momento così delicato.
In riferimento a un dato di dettaglio, volevo pregarla di approfondire la questione delle dogane e dei dazi, rispetto alle vicende particolarmente sensibili che riacquistare una potestà propria da parte di un Paese importante come la Gran Bretagna, che esca da questo contesto, può portare sugli scenari dei dazi e sull'aspetto che si portano dietro come una delle fonti più importanti di risorse proprie dell'Unione europea e quindi di avere direttamente un'influenza sul quadro finanziario pluriennale che in questo momento con grande delicatezza si sta discutendo a livello comunitario e che naturalmente risente e risentirà moltissimo di qualunque scenario si vada a delineare. Grazie.
LAURA BOLDRINI. Signor Ministro, la ringrazio di averci messo al corrente di cose di cui non avevamo contezza, perché avevamo più volte sollecitato un nostro ruolo proactive, nell'eventualità che ci fosse un'uscita non ordinata, al Ministro per gli affari europei, Paolo Savona, il quale aveva dato risposte sempre molto elusive, dicendo di non avere avuto modo di riflettere su questo tema e quindi non avevamo neanche la possibilità di verificare come il Governo si stesse attrezzando.
Ricordo di aver chiesto mesi fa su questo tema di sapere se fossimo pronti al piano B ed eventualmente al C a o al D, ma la sua risposta fu quasi evasiva e disse che avremmo poi valutato all'occorrenza. Quindi mi fa piacere che adesso lei ci dica che c'è una cabina di regia a Palazzo Chigi, prendo atto di questa notizia.
La deputata Quartapelle ha già anticipato quello che avrei chiesto, quindi racchiudo la mia domanda in poche battute. House of Commons oggi vota se ritardare o meno l'uscita. Ci deve essere una volontà unanime per fare questo da parte degli Stati membri in seno al consiglio. Tusk ha detto già che non vede ostacoli a questa evenienza, il che ci fa piacere, ma Farage ha già rivolto un appello ai leader nazionalisti e lo ha fatto anche rivolgendosi all'Italia. Non si offenda, signor Ministro, se l'appello non l'ha rivolto a lei, non si offenda, l'appello lo ha rivolto al Ministro dell'interno Salvini, chiedendogli di non votare favorevolmente e dunque di non dare supporto all'eventualità di ritardare l'uscita.
Come in altre occasioni è accaduto con lei, signor Ministro, dobbiamo capire qual è la linea del Governo, così come sulle sanzioni contro l'Ucraina, su cui, come lei ricorderà, ci fu una visione diversa. Anche in quell'occasione Salvini disse che non era necessario rinnovare le sanzioni, io la «interrogai» in Aula al question time e lei disse qual era la nostra posizione, e questo ci rallegrò e ci tranquillizzò.
Sono quindi a chiederle quale sarà la linea del Governo, perché ritengo che non tutti siano d'accordo sul fatto che stare insieme nell'Unione europea sia cosa buona e giusta, abbiamo forze che non considerano questa famiglia comune come una casa da mantenere e preservare, magari cambiandola e rafforzandola, quindi credo di avere legittimità nel chiederle quale sia la posizione.
Noi siamo dell'avviso che sia utile ritardare o invece non consentiremo questo ritardo, perché comunque a qualcuno fa comodo, nell'ottica politica hard Brexit, proprio Pag. 11 perché di questa Europa non sappiamo più che farcene e dunque mettiamo in atto qualsiasi, possibile metodo per anticipare la possibile disgregazione di questo assetto?
I nostri connazionali che lavorano nel Regno Unito lo hanno fatto in quanto cittadini europei, dunque non hanno un titolo di soggiorno, sono lì perché europei e possono lavorare (tra le quattro libertà c'è anche la libertà di circolazione e dunque di lavoro), ma se si arriva a una hard Brexit, chi non ha settled status e magari ha un lavoro a tempo indeterminato che deve fare? Conosciamo tante persone che lavorano nel Regno Unito e non hanno un titolo specifico di soggiorno perché non era richiesto e non hanno fatto neanche la domanda di settled status a Home Office del Regno Unito, quindi che succede, sono irregolari? Che titolo di soggiorno devono avere per poter vivere in serenità o non ne hanno bisogno? La ringrazio.
MAURIZIO LUPI. Anch'io ringrazio il Ministro, ma non avevo dubbi conoscendolo, per la puntualità e la precisione della sua relazione, però vorrei approfondire due cose.
Come credo il Ministro abbia percepito dagli interventi di tutti i colleghi, ma in particolare dai primi interventi degli onorevoli Ianaro e Quartapelle, la prima preoccupazione riguarda quale sarà la posizione italiana? Abbiamo descritto l'atteggiamento della Commissione europea, dell'Unione europea di fronte ai diversi scenari, ma che posizione sosteniamo noi? Noi siamo fondatori e attori, abbiamo una posizione fondamentale all'interno dell'Unione europea, della Commissione e del Consiglio che si terrà, e quindi credo che sia giusto – non a caso la questione è emersa dai diversi interventi dei membri delle Commissioni – che nella replica, anche se forse è già stato accennato, si dica con chiarezza qual è la posizione dell'Italia, del nostro Governo.
Anche la seconda è una domanda puntuale, e credo molto importante. Lei sa, e il Governo sa bene, che esiste un decreto dell'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, del 2016, a proposito del rapporto passeggeri/scambio, che prevede che Linate per esempio possa essere un aeroporto solo per i voli comunitari.
È evidente che, teoricamente, dal 31 marzo il Regno Unito è Paese non comunitario. Ci sono 3.300 passeggeri al giorno che utilizzano quelle tratte; 1.200.000 passeggeri l'anno. Siamo al 14 marzo e, quindi, o si modifica quel decreto, ma non so che cosa stia accadendo, e credo che le Commissioni e il Parlamento abbiano l'assoluta necessità di capire che cosa stia succedendo, o dal 1° aprile, che ci sia hard Brexit o soft Brexit – l'unica cosa sarebbe quella di un caso di proroga, ma si è capito dallo scenario che potrebbe essere tutto – o un pezzo di scambio fondamentale tra i due Paesi, in un aeroporto importantissimo per il sistema trasportistico italiano, viene totalmente escluso e succede il caos.
Le compagnie aeree non sono preparate. Non si sa che cosa stia succedendo. Bisognerebbe trasferire tutto il traffico a Malpensa. Lo dico perché ovviamente conosco abbastanza la materia. Se non fosse che c'è un decreto, il tutto sarebbe già facile. Credo sia interesse di tutti avere una risposta molto precisa e puntuale su questo tema.
PRESIDENTE. Ministro, noi avremmo altre cinque domande. I colleghi mi chiedono di poter esporle, visto che sono relazionate alle domande già poste.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Sì, facciamole tutte assieme.
PRESIDENTE. Perfetto.
ROSALBA DE GIORGI. Signor Ministro, sappiamo che il nostro Paese ha tutto da perdere se davvero dovesse concretizzarsi un no deal. Tenuto conto che l'Italia ha un saldo commerciale fortemente attivo soprattutto con la Gran Bretagna – esportiamo più di quanto importiamo – i dazi andrebbero a colpire soprattutto le esportazioni.
Se dovesse verificarsi quest'eventualità, quali sono, se ci sono, le misure che il Pag. 12Governo intende adottare per salvaguardare le aziende italiane che hanno rapporti commerciali con l'intero Regno Unito? Grazie.
PIERO DE LUCA. Ringrazio anch'io il Ministro Moavero Milanesi per la dettagliata informativa e per le informazioni che ci ha fornito. Effettivamente, come ricordava l'onorevole Boldrini, abbiamo avuto in questi mesi un po’ di difficoltà ad avere un quadro chiaro in altre interlocuzioni avute con il Ministro per gli affari europei, ora dimissionario.
Ringrazio la presidente, che ci ha consentito di accorpare un po’ le domande e di precisare alcuni aspetti di quesiti già posti.
Ribadisco l'interesse nostro, come Gruppo del Partito Democratico, ma credo che del Paese, a comprendere in modo chiaro e netto sin da oggi la posizione dell'Italia. È una domanda che sembrerebbe banale e scontata, ma purtroppo mi pare che così scontata non sia. Come leggiamo in questi minuti dalle ultime agenzie di stampa, il suo Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, Guglielmo Picchi, ha affermato che per lui no deal o delay, quindi richiesta di proroga dei termini dell'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea, sarebbero la stessa cosa.
Francamente, a me pare una posizione difficilmente condivisibile. Vorrei capire la sua posizione e quella del Governo italiano. È una dichiarazione sua da esponente di un partito politico, è una dichiarazione personale, o espone e vincola il Governo su quest'idea? A me pare un'idea francamente forte e oggettivamente non condivisibile dal nostro punto di vista, ma è bene che il Governo a questo punto la chiarisca in modo ufficiale. Quello che manca è una posizione ufficiale del Governo italiano, mi pare, in questo momento. Ci sono tante posizioni separate di forze politiche.
Ancora oggi, sempre da agenzie di stampa – purtroppo, ormai apprendiamo le notizie in questo modo – Salvini dichiara che la linea della Lega, e poi abbiamo scoperto che abbiamo una linea della Lega forse diversa da quella del Governo, non si sa, e non so quanto inciderà sulla linea del Governo, sarà decisa nel pomeriggio, dopo un contatto con gli europarlamentari.
C'è ancora una discussione in atto all'interno del Governo su questi profili, e soprattutto sulla decisione e sulla posizione che il nostro Governo assumerà in sede di Consiglio il prossimo 21 marzo? Come è stato ricordato in modo assolutamente corretto dai colleghi che mi hanno preceduto e come lei ha giustamente ricordato, la decisione del Consiglio su un'eventuale richiesta di proroga dei termini, estensione dei termini, deve essere presa all'unanimità, ai sensi dell'articolo 50 stesso. Il Governo italiano, quindi, diventa determinante, così come gli altri Governi.
In sostanza, voi siete favorevoli, nel caso di uno scenario di richiesta di proroga da parte del Regno Unito, ad accordare una proroga ai negoziati col Regno Unito o no? In caso positivo, quindi di favore nei confronti della proroga, quale posizione sostenete? Anche a livello europeo, infatti, si è aperto un dibattito, che non so se sarà sciolto anche dal Regno Unito nella proposta che farà al Consiglio: proroga breve o proroga lunga, estensione breve o lunga?
Lei ci ha prospettato che sul tavolo sono presenti differenti scenari, ma non è indifferente nemmeno questa scelta. Come no deal o delay aprono due scenari profondamente diversi, anche proroga breve e proroga lunga aprono degli scenari profondamente differenti. Proroga breve vuol dire concludere in questo lasso di tempo, in questa sessione, prima delle elezioni europee, la fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione europea, speriamo concordata quanto più possibile, d'intesa, ma necessariamente dovrà essere così.
Se così non fosse, si porrebbe il problema della partecipazione alle elezioni europee, che non è un problema da poco e che non può essere risolto, a mio modo di vedere, con una proroga lunga di un anno. Avremmo dei parlamentari europei che hanno una scadenza di un anno nel Parlamento? Avremmo un quadro di complicazioni istituzionali profonde, che ovviamente andranno sciolte e analizzate.
A questo riguardo, immagino che lei, dall'alto della sua esperienza europea, e il Pag. 13Governo siate già pronti. Se si vota giovedì prossimo, immagino arriverete con una posizione europea, ma immagino anzitutto del Governo italiano su questo. Qual è la posizione del nostro Governo su un'eventuale richiesta di proroga?
Qualcuno prospettava anche l'idea di legare la proroga al quadro finanziario pluriennale, quindi alla scadenza al 2020 dell'attuale quadro finanziario pluriennale, anche per legarlo poi ai contributi che il Regno Unito ha dato all'Unione europea. Questo è un altro scenario.
In caso, e mi avvio a conclusione, di ipotesi drammatica, no deal – anche questo è sul tavolo ancora oggi, vista la confusione che regna nello scenario politico britannico – lei ci ha rappresentato la presenza di una task force a Palazzo Chigi, della quale francamente abbiamo sentito parlare in modo indiretto, ma non in modo diretto. Sarebbe interessante capire da chi è composta, chi ha lavorato finora a questa task force, anche da un punto di vista di ministeri, quindi di titolarità dei dicasteri, chi sta continuando a lavorare oggi. Da questo immagino dipenda anche la partecipazione e la presenza il prossimo 21 marzo al vertice.
Parteciperà lei al vertice del 21 insieme al Presidente Conte? Avrebbe partecipato il Ministro per gli affari europei, se ci fosse stato? Proviamo a fare un po’ di chiarezza anche sulle modalità attraverso le quali il nostro Governo sta seguendo questa vicenda, perché finora sono state molto confuse e oscure. Forse, è bene che da oggi il Parlamento e il Paese possano avere contezza di chi segue questa vicenda per il Governo italiano.
Da ultimo, come immaginate di regolarvi? Lei ci diceva che ancora non è stato adottato nulla da un punto di vista di regole giuridiche vincolanti, quindi da un punto di vista legislativo e normativo nulla ancora oggi è stato adottato, contrariamente a quello che è accaduto in altri Paesi, che in realtà già si sono adeguati.
Le dico molto francamente che ho paura che siamo un po’ in ritardo. Quando dovrebbe essere approvato un decreto-legge, dopo il 21 marzo? Immagino stiate attendendo l'esito del 21 marzo, almeno per capire come il Governo immagina di regolarsi. Eventuali provvedimenti legislativi, non d'urgenza, temporanei, ma che sempre un certo grado di urgenza hanno – se dovessero essere approvati con decreto-legge, saranno necessariamente urgenti – immaginate di adottarli il giorno dopo il vertice del 21 marzo? Siamo nei tempi per poter dare tutela adeguata ai nostri cittadini, alle nostre imprese, alle nostre aziende nel Regno Unito, o rischiamo di essere un po’ in ritardo? Questa è la nostra preoccupazione, ovviamente nell'interesse delle situazioni giuridiche che rischiano di rimanere prive di tutela.
Al riguardo, effettivamente spero che la posizione del Governo non sia quella che sta emergendo in questi momenti connotata da una certa confusione, anche nella tutela delle nostre produzioni. Penso all'agroalimentare. Come intende regolarsi il Governo? Noi abbiamo un Governo che a tratti intende chiudersi all'interno dei confini nazionali, un Governo sovranista, ma un Governo che poi chiede di tutelare le nostre produzioni sui mercati europei e internazionali. C'è una piccola contraddizione, che spero il Governo immagini di sciogliere nelle prossime ore. La ringrazio.
SIMONE BILLI. Ministro, mi permetta innanzitutto di ringraziare lei, il Governo e anche la Commissione esteri per il lavoro svolto fin qua al riguardo della Brexit.
Chiaramente, il Governo italiano non è direttamente coinvolto nei lavori sugli accordi per la Brexit, perché gli accordi vengono fatti tra il Regno Unito e l'Unione europea. È chiaro che il Governo italiano è indirettamente coinvolto, anche grazie e proprio tramite i propri Parlamentari europei.
Debbo riconoscere l'ottimo lavoro innanzitutto al riguardo delle principali nostre richieste, e innanzitutto relativamente al rispetto della decisione presa dal popolo britannico, fondamentale per noi. In secondo luogo, è molto importante la tutela della comunità italiana in loco, nel Regno Unito. È assolutamente importante. Devo dire che fino a oggi queste nostre richieste sono state recepite. Come anche lei ha ricordato prima, i diritti acquisiti della Pag. 14nostra comunità in loco saranno rispettati, come è anche emerso da tutte le audizioni che abbiamo fatto per monitorare, controllare e far pressione in un certo senso sulle istituzioni europee, al riguardo della Brexit, audizioni che ricordo sono state con il Commissario europeo Barnier, più volte con l'Ambasciatrice britannica in Italia Jill Morris e con i nostri eurodeputati a Bruxelles.
Per quanto riguarda, signor Ministro, la Commissione esteri e il lavoro che sta facendo il Comitato per gli italiani all'estero, stiamo lavorando per aggiornare, informare e monitorare la comunità italiana in loco. Il Comitato ha cominciato a lavorare da poco, ma ha già fatto una prima audizione sui permessi di soggiorno, su settled status e su pre-settled status. È stata un'audizione quasi a carattere informativo, andata in onda in diretta sulla web-tv della Commissione e anche in collaborazione con London One Radio, una radio italiana di Londra.
Signor Ministro, ancora una volta, il Comitato nel suo piccolo continuerà e cercherà di migliorare il supporto alla comunità italiana in loco anche grazie al supporto della Commissione esteri e della Commissione politiche dell'Unione europea, anche lavorando durante quest'indagine, che si svolge a Commissioni riunite, al riguardo della Brexit. Qualora anche qualsiasi altro collega voglia collaborare con la Commissione, siamo assolutamente disponibili. E rinnovo la disponibilità dello stesso Comitato a lavorare con il suo ministero per cercare di garantire, migliorare e informare meglio la comunità italiana in loco. Grazie mille ancora.
IVAN SCALFAROTTO. Signor Ministro, intervengo brevemente soltanto per enucleare una questione forse già emersa, ma terrei molto che rispondesse.
Io comprendo la preoccupazione dei nostri produttori, in particolare nel settore dell'agroalimentare. Lei ci ha correttamente ricordato che l'8 per cento delle nostre esportazioni va verso il Regno Unito.
Ora, la preoccupazione è fondata, perché non possiamo dimenticare che la maggioranza che sostiene il suo Governo è evidentemente pro Brexit. Le parole del collega che mi ha preceduto sono evidenti. Ricordiamo che il Movimento 5 stelle, partito di maggioranza relativa, al Parlamento europeo è nel Gruppo con UKIP, quindi con i promotori della Brexit. Viene fatto appello al vostro Governo per bloccare l'unanimità dei 27, Governo che, aggiungo, ha espresso in più di un'occasione una posizione nettamente protezionista in campo commerciale. Le parole del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, per esempio, in tema di accordi commerciali – e penso al Canada – sono nette e sono state più volte reiterate.
Vorrei, a nome delle nostre imprese e dei nostri produttori, capire se c'è un radicale cambio di politica da parte del Governo, del quale ovviamente mi compiacerei, essendo tutt'altro che un protezionista dal mio punto di vista, ma sarebbe un cambio così drammatico, così evidente che io credo valga la pena sottolinearlo. In altri termini, vorrei capire se il Governo abbraccia una politica affatto protezionista con quello che sarà un Paese terzo, oppure se la mia preoccupazione è fondata.
Vorrei che ci rassicurasse sul fatto che sarete in grado di proteggere le nostre produzioni e che la politica che abbraccerete in questo senso non sarà quella che avete annunciato in più di un'occasione, da ultimo il collega che mi ha preceduto, ma una politica radicalmente nuova e che naturalmente nega, contraddice tutto quello che avete detto finora. Non sarebbe una novità.
IOLANDA DI STASIO. Grazie, Ministro, per la sua analisi. Mi associo alle parole di chi mi ha preceduto analizzando dei settori che forse non sono stati ampiamente trattati in caso di Brexit, ovvero quello agroalimentare o anche quello inerente ai rifiuti, visto che comunque il Regno Unito esporta rifiuti in Olanda e Germania per un totale complessivo di 2,5 tonnellate, o anche per il semplice fatto che per esempio utilizza dei catalizzatori per la depurazione d'acqua a produzione strettamente dell'Unione europea. Pag. 15
A tal proposito, c'è una questione cui sono particolarmente legata per ragioni di studio e altro. Attualmente, risulta che gli studenti italiani, in qualità di studenti europei, paghino una tariffa universitaria di 2-3 mila sterline per un dottorato: in caso di hard Brexit, questo pagamento aumenterebbe addirittura fino a 20 mila sterline l'anno. È un argomento che, benché non trattato a fondo, è importante approfondire, vista la quantità di studenti del nostro Paese che si stanno accingendo ad andare in Regno Unito per continuare gli studi.
Mi scuso anticipatamente per la mia assenza. Eventualmente, mi farò comunicare dai colleghi la risposta, ma purtroppo sono costretta ad andare via. Grazie.
FILIPPO SENSI. Grazie, signor Ministro. Sarò telegrafico. Vorrei sapere, anche alla luce del tema nordirlandese e della sua centralità, se lei, se il Governo, se l'Italia è preoccupata o teme una possibile recrudescenza del terrorismo di matrice nordirlandese in Gran Bretagna. Grazie.
ELISA SIRAGUSA. Come alcuni di voi sanno, io sono molto legata al Regno Unito essendo residente in Inghilterra, e precisamente a Londra, dal 2012. Sono stata eletta all'estero. Sto seguendo molto attentamente tutto lo sviluppo della questione Brexit.
Come già ricordato, in questi giorni ci sono stati vari colpi di scena, e attendiamo di vedere cosa accadrà oggi.
Io sapevo dell'esistenza di questa task force perché c'erano state varie comunicazioni anche sul sito della Presidenza del Consiglio. Forse, a mancare un po’ è stata la pubblicizzazione dei lavori di questa task force, che ha prodotto anche dei documenti importanti. C'è, ad esempio, un documento di febbraio 2019 che illustra come prepararsi al recesso senza accordo del Regno Unito, in cui si affronta anche una serie di tematiche, tra le quali le conseguenze settoriali di un'eventuale Brexit senza accordo. Si sviscerano, quindi, tutte le implicazioni nei vari settori, dai cittadini al trasporto aereo, alla giustizia civile.
In caso di no deal, ovviamente noi non abbiamo il potere di intervenire su quelle che saranno le decisioni del Governo inglese. Potremo fare, eventualmente, delle considerazioni con i parlamentari inglesi, il Governo inglese, auspicando delle soluzioni, ma ovviamente poi per la decisione è sovrano il Parlamento inglese.
Possiamo, però, intervenire relativamente a quello che accadrà in caso di decisione del Parlamento inglese di posticipare la Brexit. È importante sapere come ci comporteremo noi come Governo, che cosa voteremo. Personalmente, auspico che venga trovata una posizione di diplomazia proprio per evitare il no deal, che avrebbe conseguenze comunque devastanti.
Mi unisco all'appello rivolto: vorrei sapere da chi è composta la task force. So che è presieduta dall'Ambasciatore Benassi, ma non so chi e quanti siano gli altri componenti. Sarebbe importante sapere da chi è composta.
Detto questo, vorrei sapere se, in caso di no deal, c'è una bozza di decreto, qualcosa per prepararsi a tutto quello che sarà lo scenario dal 30 marzo, sapendo che comunque la Commissione europea in un comunicato del 13 novembre 2018 aveva comunque suggerito di evitare soluzioni bilaterali. Anzi, nel comunicato la Commissione sottolinea che le soluzioni bilaterali sarebbero incompatibili con la ripartizione delle competenze all'interno dell'Unione europea. Poi si dice che, in ultima analisi, si metterebbe a repentaglio l'integrità dell'Unione europea, con effetti negativi per i cittadini, le imprese e le autorità pubbliche. È ovvio, quindi, che la risposta deve essere europea più che bilaterale.
Le mie domande, quindi, sono: da chi è composta la task force e quale sarà la risposta del Governo in caso di richiesta di posticipare la Brexit.
PRESIDENTE. Grazie. Diamo ora la parola al Ministro per la replica.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Vi ringrazio. Sono tutte domande estremamente importanti, alle quali è fondamentale rispondere per chiarire bene la situazione. Pag. 16
Un primo punto vi pregherei di tenere presente, pur rendendomi conto delle necessità collegate alla dialettica politica che deve esistere in sede parlamentare: non creiamo preoccupazioni inesistenti, non utilizziamo terminologie che lasciano pensare che non ci sia preparazione, che non si stia seguendo, che accadano eventi cataclismatici e così via.
Stiamo seguendo tutto, lo stiamo facendo da tempo, lo stiamo facendo nel quadro dell'azione dell'Unione europea, nel quadro del negoziato che i 27 hanno con il Regno Unito, e anche nel quadro bilaterale, perché ci sono poi elementi specifici non coperti dal quadro europeo generale.
Non esiste uno scenario catastrofico. Esiste uno scenario di uscita del Regno Unito con accordo; uno scenario di uscita del Regno Unito senza accordo; uno scenario differito di una di queste due eventualità; forse, esiste – ma lo dico giusto per completare il quadro – ancora uno scenario in cui magari il Regno Unito cambia idea, ci sono nuove elezioni, un nuovo referendum, e rimane nell'Unione europea.
Quasi tutto di questi scenari non dipende dall'Italia, ma dal Regno Unito. Non dipende neanche dall'Unione europea in senso stretto.
Ciò che effettivamente dipende dall'Unione europea è stata la negoziazione dell'accordo di uscita. Potrebbe esserci un'ulteriore fase negoziale, come c'è stata ancora in questi giorni. Un paio di giorni fa, Theresa May e Jean-Claude Juncker si sono incontrati proprio per parlare ancora di qualche elemento di dettaglio relativo alla questione nordirlandese, che rappresenta l'elemento divisivo.
Esiste, naturalmente, una responsabilità collettiva dei 27 Stati membri dell'Unione europea rispetto al Regno Unito qualora si debba votare sull'eventuale proroga in seno al prossimo Consiglio europeo.
Su questo bisogna essere chiari. Per quanto riguarda la preparazione dell'Italia e il seguito di attenzione dato, non solo dal Governo, ma dall'insieme delle nostre Amministrazioni, non devono esserci dubbi: esiste una task force presso Palazzo Chigi, come avevo detto nell'introduzione e come avete ripreso voi, che rappresenta il potenziamento del punto di riferimento, già forse all'epoca definito in termini informali task force, creata dal precedente Governo, potenziata dall'attuale Governo, visto anche l'avvicinarsi della data e l'intensificarsi dei problemi. Avevo avuto modo di condividere con voi la natura interministeriale di questo gruppo quando venni in audizione il 5 novembre.
Fanno parte di questa task force tutti i rappresentanti dei ministeri. Ci sono i rappresentanti di tutte le Amministrazioni, anche con dei piccoli livelli di dettaglio. Interviene, per esempio, un rappresentante dell'Agenzia delle dogane, perché visibilmente l'elemento dogane avrà una sua portata importante.
Si riunisce a Palazzo Chigi, che è il luogo logico, quale che sia il Governo, di questo tipo di coordinamenti. Naturalmente, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal quale dipende la rappresentanza permanente a Bruxelles, ne fa pienamente parte. A livello politico, quando se ne deve discutere, i ministri regolarmente coinvolti sono quelli di volta in volta maggiormente interessati: il Presidente del Consiglio, naturalmente, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro per gli affari europei fintanto che è stato in funzione il Ministro Savona, ma moltissimo il Ministro dell'economia e delle finanze, Tria, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Toninelli, e così via per le varie materie chiamate in causa. Quindi sostanzialmente tutti, al di là dei nomi che ho appena fatto.
La questione, quindi, è seguita attentamente e nei particolari, ed è importante che lo sappiate in quanto rappresentanti dei cittadini, ed è importante che lo sappiano i cittadini.
Tra l'altro, per chi volesse conoscere più da vicino i lavori della task force di Palazzo Chigi, segnalo che a partire dal mese di dicembre sono pubblicati regolarmente dei comunicati dopo ogni riunione.
Naturalmente, dicevo poco fa, buona parte delle decisioni dalle quali dipende come si configurerà la situazione non sono Pag. 17nell'ambito di un controllo che noi possiamo esercitare come Italia, come Governo, come Parlamento e altro. Dipendono dal Regno Unito. Possono dipendere in parte dalla posizione dell'Unione europea.
In particolare, dipende dal Regno Unito – e qui inizio a entrare nel merito delle domande – se e come domanderà la proroga.
È il Regno Unito che deve decidere se chiedere una proroga – lo sapremo oggi, se hanno più voti, perché magari ci sono emendamenti anche nelle ore o nei giorni successivi – ed è il Regno Unito che deve decidere quanto chiedere di proroga. Se breve o lunga valgono le considerazioni fatte nella mia presentazione introduttiva. Ci sono dei paletti, di cui si può tenere conto o meno, ma naturalmente la domanda e la quantificazione della proroga viene fatta dal Regno Unito.
Se fatta in tempo utile, prima del Consiglio europeo del 21-22 marzo, verrà poi verosimilmente posta all'ordine del giorno, ma qui la decisione spetta al Presidente del Consiglio europeo. Un punto Brexit per analizzare la situazione già c'è, quindi sarebbe molto facile, nell'ambito di questo punto, procedere a un'eventuale voto sulla questione della proroga, che deve essere votata all'unanimità.
Quanto alle posizioni dei Governi, nessun Governo ha espresso con chiarezza una posizione, anche perché l'eventualità concreta di procedere a questo voto su una domanda di proroga è diventata possibile solamente nelle ultime ore. Prima, veniva esclusa. Ricorderete che sono state valutate anche situazioni non previste dall'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea, ad esempio l'introduzione di un periodo transitorio.
La proroga è una cosa diversa. Tra l'altro, la proroga significa che durante il periodo di proroga il Regno Unito resta uno Stato membro a pieno titolo, con diritto di voto in tutte le Istituzioni, dal Parlamento fino a tutte le altre. La proroga, quindi, è diventata una realtà di recente. Ne dobbiamo parlare a livello di Governo. La mia posizione ve la dico, però, immediatamente. Io sono del parere che se ci fosse domanda di proroga da parte del Regno Unito, purché consistente con la logica di un esercizio finalizzato a un risultato, naturalmente, noi dobbiamo dire «sì».
Noi dobbiamo dire sì perché la non proroga significa andare immediatamente nello scenario di rottura che, purtroppo, è sul tavolo. Dico purtroppo perché – qui esprimo nuovamente una posizione personale – ho sempre pensato che la decisione del Regno Unito di uscire, pur essendo assolutamente legittima espressione della volontà sovrana di questo Stato e del suo popolo, espressa anche con un referendum, fosse una cattiva notizia per l'Unione europea e per l'Italia. Per l'Unione europea, perché comunque l'uscita di un Paese è una decisione non positiva. Chiunque lascia un gruppo di altre persone o di altri Stati evidentemente crea un vulnus nell'ambito di quella che era prima una comunità allargata e, in particolare, penso che – lo avete detto voi stessi negli interventi, l'ho detto anch'io nell'introduzione – dato il nostro saldo commerciale positivo, il legame di libero commercio con il Regno Unito era per noi un elemento di crescita del nostro prodotto interno lordo, un elemento positivo per le nostre aziende.
Detto questo, è avvenuto. Dobbiamo tenere conto che la situazione dopo l'uscita del Regno Unito, che sia con o senza l'accordo di recesso, non sarà più la stessa. Immaginare che tutto cambi perché nulla cambi, per riprendere una famosa espressione, è dare un messaggio inesatto.
Noi cerchiamo – lo desidera il Regno Unito, lo desiderano i 27 dell'Unione europea, lo desidera l'Italia (credo di potermi esprimere in questi termini) – di minimizzare gli effetti negativi di un'uscita che comunque cambierà la situazione. Il Regno Unito fuori dall'Unione europea è un Paese terzo nella nozione tecnica e nella nozione materiale. Il Regno Unito fuori dall'Unione europea riacquista piena potestà sovrana di decidere eventualmente dei dazi doganali. È per questo che è così importante la questione irlandese, perché la percezione di un dazio doganale, l'effettuare controlli Pag. 18al passaggio della frontiera doganale è incompatibile con gli accordi del Venerdì Santo tra l'Irlanda e il Regno Unito, che ha portato la pace in quella regione d'Europa, funestata, come veniva anche ricordato, dal terrorismo.
Mi auguro che mai più si ritorni a situazioni come quelle che abbiamo conosciuto qualche decennio addietro, con l'attività delle forze contrapposte nell'Irlanda del Nord.
Da tutto quello che io ho costantemente sentito nelle istanze europee, la volontà di preservare la pace è una volontà comune. Non a caso si è arrivati alla fine ai nodi al pettine, ma molto puntuali e molto precisi, proprio perché si vuole evitare una situazione complicata.
È la stessa discussione che per gli addetti ai lavori viene riassunta con la formula, utilizzata anche in questa nostra discussione di oggi, del cosiddetto «backstop». Per essere molto chiari, nel suo significato, il punto è il seguente: secondo gli accordi di pace, secondo il desiderio anche delle popolazioni di quei luoghi, non deve esserci un elemento di frontiera fisica, di frontiera doganale, di frontiera di qualunque tipo fra le regioni dell'Irlanda del Nord che appartengono al Regno Unito e il resto dell'isola d'Irlanda e della Repubblica dell'Eire.
Il Regno Unito, d'altra parte, uscendo, riacquista potestà in materia doganale. La questione quindi diventa come si fa a conciliare queste due esigenze. Il backstop, in questa formula che poi serpeggia nel gergo europeo con varie applicazioni in vari settori, significa in che modo si dà la possibilità a un certo punto al Regno Unito di poter riacquistare pienamente questa sua sovranità doganale anche su questa frontiera. E non è semplice, perché dire, come si era anche molto discusso nei giorni e nelle settimane scorse, che la frontiera doganale non tocca la frontiera politica tra l'Irlanda del Nord e il resto della Repubblica d'Irlanda significa dire che allora si sposta la frontiera doganale tra l'Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. È come dire una frontiera doganale che taglia fuori un pezzo d'Italia dal resto della nostra Repubblica.
Questo eventualmente – ma non è in discussione al momento – può funzionare per un periodo transitorio, ma non a lungo. Quindi, richiede tutta una serie di riflessioni di dettaglio, anche in progressione. La discussione quindi può richiedere anche una tempistica che potrebbe essere – ma qui esprimo una valutazione personale – circoscritta a questo solo elemento. Per il resto si procederebbe alla situazione d'uscita. Però, non è così semplice, tant'è vero che anima il dibattito in Gran Bretagna.
Riassumo quanto ho appena detto. Le opzioni che saranno sul tavolo europeo, se ci saranno, dipendono principalmente dal Regno Unito. Il tavolo europeo potrebbe doversi occupare della questione della eventuale domanda di proroga, e dipende come viene formulata dal Regno Unito, dal momento che l'articolo 50 prevede che sia lo Stato che la debba chiedere. Personalmente ritengo che sia interesse italiano che ci esprimiamo favorevolmente alla domanda di proroga.
Naturalmente dipende, però, da com'è configurata. È un'espressione di favore che è espressa in termini generici, nel senso che io ritengo che la contrapposizione ruvida, anche in una fase ancora negoziale, non porti da nessuna parte, sostanzialmente per i motivi che hanno animato direi la totalità degli interventi.
Il secondo punto che sottolineo ancora una volta è che non deve esserci preoccupazione né in voi come rappresentanti del popolo italiano, né nei cittadini italiani, né in chi fa impresa, né negli operatori finanziari su eventuali elementi di non preparazione. Siamo attenti, siamo preparati e stiamo seguendo con attenzione. Questo riguarda settori particolarmente sensibili. L'agroalimentare lo abbiamo menzionato. Questo riguarda naturalmente questioni come l'operatività della Borsa di Milano, su cui non dobbiamo nemmeno porci il problema che da oggi all'indomani non sia più operativa. Questo riguarda l'attenzione per l'aeroporto di Linate, che è nota al mio collega Ministro per le infrastrutture e i trasporti. L'attenzione esiste. Pag. 19
Naturalmente dobbiamo comprendere, e questo è il motivo per cui inevitabilmente c'è una fluidità in questa attenzione, e non è tutto scolpito già nella pietra, come la situazione si configurerà nella realtà. Questo è il lavoro delle prossime ore, dei prossimi giorni, forse di qualche settimana in più se si dovesse arrivare alla proroga.
Sottolineo, però il «se». Chi ha seguito il dibattito nel Regno Unito – e chi è eletto come rappresentante delle nostre comunità anche in quel Paese lo sa bene – fino a poche settimane fa l'ipotesi della proroga era totalmente esclusa. È arrivata un po’, come direbbero gli inglesi, out of the blue, all'improvviso nel dibattito proprio in queste ultime ore, anche a causa dei voti che sono stati espressi dalla Camera dei Comuni di Westminster. Vedremo rispetto a questo come concretamente si configurerà. Naturalmente, il fatto che la situazione cambierà nei confronti del Regno Unito significa che, pur cercando di minimizzare al massimo gli inconvenienti e le ripercussioni, degli elementi, per fare l'esempio più evidente, di dazio potrebbero essere reinseriti. Dico «potrebbero» perché poi lì entra in causa sia il negoziato dell'Unione europea, perché l'Unione doganale è una delle politiche comuni dell'Unione, sia la possibilità di trovare elementi di accordo più specifico. Per quanto ci riguarda, per esempio, c'è la preoccupazione, che già citavo, delle denominazioni e delle indicazioni d'origine, e quant'altro.
Continuerà – e qui tocco un altro elemento emerso in una delle domande – la collaborazione con il Regno Unito negli altri quadri di alleanza in cui ci troviamo, a cominciare dalla NATO. Questo, naturalmente, come è stato detto, porterà a continuare a collaborare sul piano della politica della difesa, della politica di sicurezza, della lotta all'antiterrorismo. Anzi, questo è un elemento rispetto al quale, partecipando in quanto Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale anche alle riunioni della NATO, ho visto crescere nell'attenzione dell'Alleanza atlantica proporzionalmente proprio alla situazione di maggior uscita del Regno Unito via via dal sistema dell'Unione europea.
Peraltro, le dichiarazioni britanniche a tutti i livelli sono sempre state molto chiare, anche ribadite molte volte dall'Ambasciatrice qui a Roma.
Il Regno Unito esce dall'Unione europea, non esce dall'Europa – non solo per geografia (mi pare evidente non dipenda certamente dal Regno Unito uscire da un continente geografico) – inteso anche come concetto comunitario continentale, ivi incluso il sistema delle alleanze.
L'attenzione al settore agroindustriale l'ho ribadita più volte. È uno dei settori più sensibili, riguarda prodotti agricoli in senso stretto, di base, ma riguarda anche tutti i prodotti della nostra filiera agroalimentare. Vi segnalavo anche l'attenzione specifica che noi portiamo a questi sistemi, che io trovo personalmente grossolani, di definizione delle qualità nutrizionali di certi prodotti che naturalmente possono andare a discriminare alcune delle nostre produzioni tipiche, magari perché fatte con sistemi che utilizzano il sale piuttosto che lo zucchero. Alimenti di cui tutti sappiamo, come peraltro credo per qualunque alimento, che se si fa uso eccessivo poi, alla fine, non fanno bene.
Del resto, qualsiasi alimento in dosi eccessive può far male, bisogna sempre essere misurati. Ciò non significa che un alimento fa male e ciò non significa, per esempio, che uno zucchero di sintesi sia necessariamente migliore di uno zucchero naturale in uso moderato.
Apprezzo le precisazioni e ringrazio per il lavoro del Comitato permanente sugli italiani nel mondo, che è un altro elemento importante.
Credo, presidente, salvo dimenticanze a cui porrei subito rimedio su segnalazione, di aver risposto a tutte le domande.
PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12.35.