Sulla pubblicità dei lavori:
Fassino Piero , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA PER LA PACE E LA STABILITÀ NEL MEDITERRANEO.
Fassino Piero , Presidente ... 3
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 3
Fassino Piero , Presidente ... 10
Migliore Gennaro (IV) ... 10
Fassino Piero , Presidente ... 10
Delmastro Delle Vedove Andrea (FDI) ... 10
Fassino Piero , Presidente ... 11
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI-R-AC) ... 11
Fassino Piero , Presidente ... 12
Quartapelle Procopio Lia (PD) ... 12
Cabras Pino (Misto-L'A.C'È) ... 12
Formentini Paolo (LEGA) ... 12
Fassino Piero , Presidente ... 13
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 13
Fassino Piero , Presidente ... 16
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 16
Fassino Piero , Presidente ... 16
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 16
Fassino Piero , Presidente ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Cambiamo!-Popolo Protagonista: Misto-C!-PP;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Facciamo Eco-Federazione dei Verdi: Misto-FE-FDV;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-MAIE-PSI: Misto-MAIE-PSI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIERO FASSINO
La seduta comincia alle 15.05.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la diretta televisiva sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, del Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva che da tempo la nostra Commissione conduce sulla politica estera per la pace e la stabilità del Mediterraneo, l'audizione, in videoconferenza, del Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.
Ringrazio il Ministro Guerini, che è sempre molto disponibile nonostante il carico enorme di impegni che grava la Sua agenda.
Ricordo che ripetutamente ci siamo occupati di questo tema nell'indagine conoscitiva e che recentemente la Commissione europea ha adottato una comunicazione recante una nuova Agenda per la politica euro-mediterranea, che qualche settimana fa è stata oggetto di un'audizione con il Vice Direttore esecutivo del Servizio europeo per l'azione esterna responsabile per l'area del Mediterraneo. Inoltre, oggi abbiamo incardinato l'esame di questa comunicazione della Commissione europea e, sulla base di questo, avremo ulteriori audizioni a seguire.
L'audizione del Ministro Guerrini si colloca a tutto tondo in un tema che non è soltanto al centro dell'agenda politica, ma anche significativamente al centro della nostra attenzione.
Ricordo, peraltro, che è di pochi giorni fa il viaggio di Draghi in Libia, accompagnato dal Ministro Di Maio, seguito dal viaggio della Ministra Lamorgese di qualche ora fa. Quindi, da ogni punto di vista l'audizione del Ministro Guerrini si colloca in una fase di grande attenzione e iniziativa del nostro Governo nei confronti del Mediterraneo.
Detto questo, direi che possiamo dare la parola al Ministro Guerini per la Sua audizione. Prego.
LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Grazie, presidente. Signor presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzitutto ringraziare dell'opportunità che mi è stata concessa di intervenire in questa sede su un tema di fondamentale importanza quale la pace e la stabilità nel Mediterraneo.
Intervenendo come relatore in questo encomiabile e quanto mai propizio lavoro di indagine intrapreso da questa Commissione, è mia intenzione offrire una prospettiva degli orientamenti specifici di politica militare del Dicastero della Difesa, nell'ottica di completare ed arricchire ulteriormente l'ambito d'indagine, i cui esiti costituiranno – di questo ne sono certo – un viatico importante per indirizzare l'azione del Governo nell'area di riferimento.
Come ho già avuto modo di evidenziare in altre occasioni, anche da ultimo, poco più di un mese fa, di fronte alle Commissioni Difesa congiunte di Camera e Senato per la presentazione delle linee programmatiche del mio Dicastero, l'area del Mediterraneo è senza alcun dubbio un contesto geografico di importanza centrale ed Pag. 4inconfutabile per la salvaguardia della sicurezza e per la protezione degli interessi strategici del nostro Paese. Il bacino in questione, quello che da almeno due millenni chiamiamo Mare nostrum, è per sua naturale conformazione morfologica il crocevia di tre continenti, che continuano ancora oggi – direi più che mai – a rappresentare uno snodo nevralgico di flussi economici e commerciali che connettono le diverse aree del pianeta: dall'area indo-pacifica – all'apparenza così lontana, ma in realtà sempre più vicina – a quella atlantica.
Il Mediterraneo è altresì un'area complessa, che nei nostri giorni è ancora più profondamente scossa da faglie profonde che sono di dinamiche geopolitiche e che è perturbata da fenomeni di natura sociale, confessionale, securitaria e climatica che la pandemia da COVID-19 sta ulteriormente acuendo ed esasperando.
Ciò detto, desidero evidenziare che una comprensione esaustiva ed efficace dei numerosi e complessi fenomeni di instabilità e, quindi, dei rischi e delle minacce alla nostra sicurezza e alla nostra prosperità, richiede un'analisi che deve estendersi oltre i confini geografici del bacino del Mediterraneo per sé.
La Difesa fa riferimento, in questo senso, al concetto di «Mediterraneo allargato» nella sua accezione più estesa: uno spazio geopolitico multidimensionale che comprende Paesi, culture e società differenti sempre più strettamente interconnessi dal punto di vista economico e della reciproca sicurezza, caratterizzato da crisi problematiche i cui effetti si riverberano inevitabilmente sulla nostra regione. Infatti, parliamo di un'area che, come già noto a questa Commissione, include aree immediatamente contigue al Mediterraneo in senso stretto, incorporando il Medio Oriente ed il Golfo, e passando per la fascia del Sub-Sahara, che dal Corno d'Africa e attraverso il Sahel si estende fino al Golfo di Guinea. Si tratta di quadranti strategici che, non casualmente, sono il teatro delle attività che le nostre Forze armate conducono in varie forme e modalità nell'ambito della nostra proiezione internazionale.
Ricorrere a questa profondità di analisi è indispensabile proprio in ragione dell'ampiezza, in termini di natura e di portata, delle dinamiche a cui ho accennato, che fa sì che cause ed effetti a queste associate si manifestino lungo un continuum spazio-temporale che fino a pochi decenni addietro era difficilmente immaginabile. È un'interconnessione a cui l'Italia non sfugge, poiché le minacce che provengono dal cosiddetto «fianco Sud», con il fenomeno del terrorismo di matrice jihadista e dei traffici illeciti e più di recente le minacce di natura ibrida di attori esterni alla regione ormai sempre più radicati in questo contesto, quali sono la Russia e la Cina – quest'ultima forse in maniera meno evidente, ma tuttavia pervasiva –, riguardano più o meno intensamente il nostro Paese.
Inoltre, quale conseguenza diretta di una perdurante instabilità, combinata con una cronica precarietà economica e sociale aggravata dagli effetti dei cambiamenti climatici, si innestano nell'area mediterranea i flussi migratori provenienti sia dal continente africano sia dal Medio Oriente, attraverso corridoi di traffico, spesso controllati da organizzazioni criminali che a volte sono legate a quelle di matrice terroristica ed a queste funzionali.
Quanto avviene oggi nel Sahel e nel Corno d'Africa è esemplificativo di questo paradigma di lettura, che colloca queste aree ai vertici di un triangolo che va a chiudersi sulle sponde meridionali del Mediterraneo.
Più nello specifico, l'area saheliana è l'epicentro di una situazione di persistente instabilità con ripercussioni che coinvolgono l'area del Golfo di Guinea e che si estendono fino alla Libia. Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad, che si caratterizzano per una perdurante fragilità delle loro istituzioni e per il cronico sottosviluppo, condizioni che consentono al jihadismo e alle organizzazioni criminali di continuare a scuotere una già precaria situazione di sicurezza sullo sfondo di profonde trasformazioni nel tessuto sociale e di una marcata condizione di fragilità economica.
Analoghe possono essere le considerazioni sul Corno d'Africa, regione attraversata Pag. 5 da tensioni etniche e religiose e di cui la Somalia, terra di origine della pirateria marittima nel Golfo di Aden e base operativa del gruppo terroristico Al Shabaab, continua a rappresentare un tassello critico per la stabilità dell'intera regione.
Non da ultimo, la crisi nel Tigrai che, come ho avuto modo di approfondire durante il mio ultimo viaggio a Gibuti di poche settimane fa, rappresenta il più recente preoccupante sviluppo delle dinamiche conflittuali tra i Paesi dell'area, con riverberi diretti sia sulla sicurezza sia sui flussi commerciali che la attraversano e che la connettono con il Mediterraneo.
È in virtù proprio di queste considerazioni che l'azione della Difesa italiana si proietta ormai da anni ben oltre l'area geografica racchiusa nel Mare nostrum. Siamo presenti nel Corno d'Africa da più di un decennio, sia in virtù dei legami storici con i Paesi dell'area sia per contribuire alla libera circolazione dei traffici marittimi che ivi confluiscono da e per Suez; un passaggio obbligato, la cui rilevanza per il sistema economico mondiale si è palesata in maniera chiarissima nelle scorse settimane, quando questa via d'acqua è stata inaspettatamente e improvvisamente bloccata dall'incaglio accidentale di una nave porta-container. Si tratta di una direttrice di traffico che, per quanto ci riguarda direttamente, risulta essenziale, sia per i flussi di import ed export sia per quelli di approvvigionamento energetico, oltre a rappresentare un passaggio conveniente per le navi mercantili che, di conseguenza, continuano a utilizzare il Mediterraneo – e quindi i porti italiani – per raggiungere l'Europa.
Alla luce proprio di questo, partecipiamo da tredici anni sia nell'ambito della missione europea di antipirateria Atalanta – di cui abbiamo assunto il comando in mare lo scorso 17 marzo – sia come principale contributore della missione di addestramento dell'Unione europea a favore delle forze somale in Mogadiscio. Allo stesso tempo, partecipiamo con iniziative di cooperazione e sviluppo a favore dei partner della regione dalla base di supporto di Gibuti, un hub logistico e operativo di elevata valenza strategica.
Inoltre, negli ultimi anni stiamo incrementando la nostra presenza nel Sahel, agendo in piena sinergia con i partner occidentali già operanti nell'area nell'ambito delle iniziative di ONU, Unione europea e multilaterali, quali la più recente task force Takuba.
In Niger rafforzeremo ulteriormente la nostra presenza con la costruzione, di recente avvio, di un'ulteriore hub nazionale proprio nella capitale del Paese, Niamey, che sarà funzionale all'attività della missione bilaterale MISIN e a quelle della già citata Takuba. Strettamente correlato a tale sforzo per la stabilità della regione saheliana vi è poi il nostro contributo alla sicurezza della navigazione nel Golfo di Guinea, sempre in coordinamento con i Paesi europei già operanti nell'area.
In sintesi, perseguiamo una strategia della Difesa per questa parte del continente africano che si sviluppa all'interno di un immaginario triangolo, i cui vertici congiungono quadranti tra loro distanti, ma interconnessi: a sud-ovest il Golfo di Guinea; a sud-est il Corno d'Africa e a nord, sulle sponde del Mediterraneo, la Libia.
Possiamo certamente affermare, quindi, che l'Italia c'è: oltre alla Difesa è presente con le altre componenti dell'intero sistema Paese, in primis con la capillare diffusione della nostra rete diplomatica.
Tuttavia, tanto resta ancora da fare. Ritengo che proprio l'Unione europea possa e debba fare di più per creare le condizioni economiche e sociali necessarie per far decollare percorsi di sviluppo che rendano più stabile quest'area, essenziale per la sicurezza del continente europeo. Questo è un concetto che, per quanto riguarda gli aspetti specifici di sicurezza, ho recentemente ribadito all'Alto Rappresentante Borrell, al quale ho trasmesso l'esigenza di profondere uno sforzo maggiore e integrato dell'Unione europea proprio nell'Africa subsahariana, rafforzando le iniziative già in atto sia in Corno d'Africa sia in Sahel.
Ritengo, infatti, necessario che Bruxelles assicuri un'unica regia nell'azione dei Paesi europei nell'area, che abbracci la Pag. 6progettualità non solo della dimensione militare, ma di tutti quei settori della società civile indispensabili al rafforzamento delle istituzioni statuali, un impulso che solo l'Unione può dare.
In sostanza, l'azione di capacity building dello strumento militare è funzionale alla garanzia di sicurezza, presupposto essenziale per azioni più integrate di institution building e di rafforzamento nel lungo periodo delle politiche di sviluppo.
La nostra azione, volta a promuovere una maggiore attenzione verso il Sud, si sviluppa ovviamente anche sul fronte della NATO, in piena coerenza con quello che è il nostro indissolubile riferimento e il nostro ruolo nell'architettura di sicurezza e difesa euro-atlantica. Siamo da anni i promotori di una maggiore attenzione, in seno all'Alleanza, verso una direttrice strategica che pone in maniera crescente sfide altrettanto insidiose di quella del certamente più attenzionato fianco orientale, dove è più manifesta la sempre attuale competizione della Russia sul piano della sicurezza e dei valori che il Patto transatlantico incarna.
Prima di spostare il focus del mio intervento sulla specifica area mediterranea, vorrei completare il quadro di situazione del Mediterraneo allargato con un breve cenno al quadrante mediorientale e alla regione del Golfo. Siamo impegnati in Iraq, al fianco delle istituzioni di sicurezza del Paese, per perseguire senza sosta i successi conseguiti nei confronti di Daesh. La storia ci insegna che la stabilità del Medio Oriente è fondamentale per la prosperità della regione mediterranea e i nostri interessi nel Paese, con particolare riferimento a quello energetico, richiedono di essere tutelati. La Difesa, in questo senso, continuerà ad assumere un ruolo sempre più profilato, in continuità con quanto fatto negli scorsi anni e con un importante impegno nel potenziamento nella missione di addestramento NATO nel Paese, per la quale ci siamo candidati ad assumere il comando nel 2022.
Concludo la mia panoramica sulle fasce esterne del Mediterraneo allargato con alcune considerazioni sul Golfo. I più recenti sviluppi in seno al Consiglio di cooperazione del Golfo sono sicuramente favorevoli ad assicurare una maggiore stabilità alla regione, ma il perdurare della crisi yemenita e la postura dell'Iran – specialmente nell'area dello Stretto di Hormuz, vitale per i flussi di approvvigionamento energetico che vi transitano – rendono necessaria un'azione di presenza e di vigilanza continuativa, un contributo che intendiamo assicurare in varie forme: dalla cooperazione bilaterale con i Paesi del Golfo, alla salvaguardia del diritto internazionale marittimo. In questo senso intendiamo prendere parte all'iniziativa marittima europea Emasoh, qualora approvata dal Parlamento.
I recenti Accordi di Abramo e i tentativi di rivitalizzare l'Accordo sul nucleare sono importanti elementi di novità, ma resta sullo sfondo la determinazione di Teheran di perseguire un ruolo da protagonista regionale.
Torniamo, quindi, al Mediterraneo. La regione è attraversata da crisi note e pluriennali, ma assistiamo anche all'emergere di nuove forme di competizione che coinvolgono anche alleati nella NATO. Come ho già anticipato, è sempre più evidente il rafforzamento della presenza e dell'influenza di Russia e Cina che, sebbene si sviluppi anche su piloni collaterali a quello militare – con particolare riferimento al modus operandi di Pechino – ci interpellano quali fattori di lungo periodo per interpretare lo scenario e mettere in atto strategie efficaci per la tutela dei nostri interessi.
In particolare, la Cina prosegue senza sosta un'efficace azione di penetrazione nel bacino mediterraneo, proseguendo anche in tale area con quanto già in corso da anni nei quadranti africani e mediorientali, un approccio che si concretizza specialmente negli ambiti economici e commerciali, attraverso i quali Pechino persegue con risoluzione i propri obiettivi strategici, ma che non esclude in futuro risvolti nella dimensione militare.
Per quanto riguarda la Russia, le cronache delle scorse settimane ci confermano quanto siano attuali le sfide poste da Mosca, anche in forme insidiose. Infatti, terminata Pag. 7 la stagione di retroversione dalla scena internazionale che ha caratterizzato il decennio successivo alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, il Mediterraneo è divenuto oggetto di una significativa azione di influenza della Federazione che, specialmente attraverso il legame con il regime di Damasco, ha guadagnato un agevole accesso alla regione, assicurandosi una robusta presenza militare con una base navale e una base aerea, avamposti di alta valenza strategica, tali da consentire alle forze russe un'azione di significativa e persistente presenza sul fianco sud della NATO. A questa presenza militare si accompagna la strategia industriale di Mosca nel settore dei sistemi di armamento, con un sempre maggiore attivismo sui mercati della regione; una modalità di azione che amplifica in maniera significativa l'estensione dell'influenza della Federazione nel bacino mediterraneo, anche attraverso la creazione di affiliazioni di lungo termine.
Il ruolo svolto da Mosca nella crisi libica, ben noto a questa Commissione, rappresenta una sintesi efficace della sua strategia nel Mediterraneo e, nonostante i positivi sviluppi degli ultimi mesi, la presenza militare esterna nel Paese è uno dei fattori di criticità per la stabilizzazione della Libia, che è un Paese – non c'è bisogno di ribadirlo in questa sede – di elevata valenza strategica, in merito al quale abbiamo la responsabilità primaria di contrastare squilibri che potrebbero avere conseguenze sulla stabilità del Mediterraneo, quindi anche per la nostra sicurezza e per i nostri interessi nazionali.
Questi sono i motivi principali alla base del forte impegno, richiamato dal presidente Fassino, del Governo italiano e della Difesa italiana in Libia, anche in queste ultime settimane. Sul territorio libico continuerà a essere presente la nostra missione bilaterale di assistenza, con un impegno ancora più robusto per la costruzione di solide capacità di controllo del territorio. Proprio di recente, attraverso la sottoscrizione a dicembre di un'intesa con l'allora Ministro della Difesa libico, abbiamo stabilito un tavolo permanente con le autorità militari libiche, attraverso cui definire e perseguire programmi di formazione e di addestramento. Questo Accordo individua specifici piloni di cooperazione, quali quelli della sanità militare, della formazione specialistica e dello sminamento umanitario, con la prospettiva di assicurare alle istituzioni libiche il necessario supporto nella futura riorganizzazione delle proprie forze di sicurezza unitarie.
Sul fronte a mare continua la missione IRINI dell'Unione europea, nel cui ambito ci confermiamo come attori protagonisti, allo scopo di contribuire all'implementazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite e di coadiuvare in maniera complementare con la presenza nella missione bilaterale l'impegno delle autorità libiche a contrastare fenomeni illegali via mare. In particolare – fu oggetto di discussione lo scorso anno in sede di approvazione di deliberazione sulle missioni in Parlamento –, ritengo assolutamente positivo che il rinnovato il mandato della missione ponga nuova enfasi sull'attività di addestramento della Guardia costiera della Marina libica e mi auguro che il recente insediamento del Governo di unità nazionale e una mirata azione dell'Unione europea possano creare le condizioni per la ripresa di questa importante attività addestrativa.
L'altro Paese litoraneo che vede la conferma di una nostra consistente presenza è il Libano, dove continuano il preoccupante stallo istituzionale e il progressivo degrado della situazione economica, che rischiano di invalidare anche l'operato delle forze di sicurezza libanesi, che rappresentano oggi uno dei pochi elementi in grado di impedire il definitivo collasso del Paese. Laddove ciò avvenisse, le ricadute sarebbero inimmaginabili, considerato il conflitto siriano e la presenza di armamenti di Hezbollah nel Paese. Ad agosto scorso siamo intervenuti per aiutare le autorità di Beirut nell'emergenza causata dalla deflagrazione avvenuta nell'area portuale, un intervento umanitario particolarmente apprezzato, che si è andato a sovrapporre alla nostra presenza determinante nel contesto di UNIFIL e della missione di assistenza bilaterale, che rappresenta un supporto di importanza Pag. 8 fondamentale per le Forze armate libanesi.
Nell'ambito delle attività previste per l'anno in corso, l'Italia ha offerto la possibilità di dislocare un'unità navale nella componente marittima di UNIFIL, anche con lo scopo di rafforzare la nostra capacità di sorveglianza e di intervento nell'area del Mediterraneo orientale in risposta alla latenza delle tensioni che derivano anche da interessi contrastanti per lo sfruttamento delle risorse energetiche. È chiaro che sto accennando all'azione della Turchia e alle pretese di Ankara in termini di definizione unilaterale degli spazi marittimi, su cui le autorità turche reclamano una giurisdizione esclusiva, a scapito dei Paesi confinanti e quindi delle attività che coinvolgono anche le nostre imprese.
Il rapporto con la Turchia, Paese NATO, non è esente nel Mediterraneo da elementi di criticità, che hanno visto alternarsi atti di provocazione a gesti distensivi, come è accaduto la scorsa estate nelle aree a sud Cipro. In relazione a questo frangente, vorrei comunque evidenziare che le frequenti interlocuzioni a livello della Difesa hanno contribuito a stemperare le tensioni, pur facendo pienamente intendere alla controparte che l'Italia non rinuncia a far valere il rispetto del diritto internazionale e dei propri interessi.
Quello della progressiva territorializzazione del Mediterraneo, ripudiando l'equilibrio degli interessi complessivi nella negoziazione con i Paesi rivieraschi, è una tendenza preoccupante che, ove non contrastata tempestivamente, potrebbe vedere i nostri diritti lesi in termini di sfruttamento delle risorse marine e parimenti per la loro tutela.
In questo senso ritengo estremamente importante portare a termine il progetto di istituzione di una zona economica esclusiva, progettualità in fase di definizione a cui la Difesa sta dando il proprio contributo. È chiaro che nella sua attuazione sarà altrettanto importante valorizzare le capacità delle Forze armate, per la sua tutela e a garanzia dei nostri diritti, e rendere visibile a tutti la presenza italiana attraverso rafforzate attività di sorveglianza e di contrasto delle azioni illegittime.
La panoramica dello sforzo della Difesa per la pace e la stabilità nel Mediterraneo coinvolge necessariamente anche gli altri Paesi sulla sponda sud del bacino, che sono partner essenziali anche in un quadro di complessità dei rapporti politici nella costruzione di un'architettura di sicurezza tra le due sponde del Mediterraneo. Con questi Paesi abbiamo legami che ci hanno consentito di sviluppare una cooperazione bilaterale strutturata, che coinvolge tutti gli ambiti dello strumento militare in settori chiave come la formazione e l'addestramento specialistico, non disdegnando forme di collaborazione nello sviluppo di progettualità di natura civile e militare, con ricadute sul tessuto economico e sociale dei Paesi interessati. A questo si aggiungono consolidate forme di cooperazione multilaterale, quali ad esempio l'Iniziativa 5+5, un consesso avviato da ormai un ventennio che ha permesso di accrescere il dialogo tra Europa e Nord Africa nel settore della sicurezza, contribuendo direttamente alla stabilità.
Concludendo, vorrei soffermarmi sui Balcani, una regione anch'essa caratterizzata dalla presenza di attori esterni e la cui stabilità resta un obiettivo cruciale per l'Italia, per la NATO e per l'Unione europea, in ragione del potenziale impatto che l'eventuale acuirsi delle tensioni in quest'area potrebbe avere in tutta l'Europa. In particolare, la missione KFOR continua a garantire la sicurezza regionale, agendo da elemento di bilanciamento all'altalenante rapporto tra Belgrado e Pristina. In questo contesto, all'Italia è riconosciuto un ruolo di riferimento grazie alla nostra azione propulsiva nell'ambito del processo di integrazione europea dei Paesi dell'intera area balcanica. Infatti, oltre al nostro importante e continuativo contributo in Kosovo, il nostro Paese mantiene una posizione di rilievo – che mi è stata più volte ribadita dai miei omologhi della regione in occasione degli incontri che ho avuto con la maggior parte di loro – in virtù delle molteplici iniziative di cooperazione multilaterale e di assistenza tra i Paesi della regione Pag. 9balcanica e dell'Adriatico, che abbiamo avviato da tempo con successo e attraverso le quali promuoviamo sia la cooperazione sia, soprattutto, il dialogo.
Mi avvio alla conclusione del mio intervento e desidero, al termine di questa breve panoramica, offrire a questa Commissione alcune mie considerazioni, per stimolare ulteriormente una riflessione costruttiva in merito alla politica estera del Paese, vista nella prospettiva della Difesa, in chiave di pacificazione e stabilizzazione dell'area. Mi permetto di sottolineare essenzialmente tre punti.
Il primo: i rischi e le minacce attuali traggono origine, come ho cercato di evidenziare, anche molto al di fuori dello specifico contesto geografico di riferimento, cioè sono il prodotto di un deciso allargamento della scala delle crisi in atto, che caratterizza in particolare il nostro vicinato meridionale, con effetti sistemici e trasversali di portata sempre più ampia.
Il secondo: la geopolitica del Mediterraneo è oggi caratterizzata dalla proiezione di influenza di vecchi e nuovi attori, un fenomeno che non ci deve sorprendere, in quanto è il risultato di mai sopite ambizioni di conquistare profondità strategica, sia in chiave di contenimento dei competitors sia in un'ottica di accesso a nuove risorse o a mercati che offrono prospettive remunerative. A questo è ascrivibile la crescita della presenza di capacità militari in tutta la regione, con particolare riferimento al dominio marittimo, in cui si assiste anche al preoccupante fenomeno di erosione della libertà e della sicurezza di transito.
Il terzo: la funzione insostituibile di nesso geografico delle acque del Mare Nostrum è cresciuta significativamente in diretta proporzione all'aumento della circolazione di risorse e di prodotti finiti; di conseguenza, la tutela delle linee di traffico, e soprattutto dei passaggi obbligati, è fondamentale per la prosperità di tutti i Paesi rivieraschi, Italia in primis.
La Difesa, in tutto questo, grazie all'esperienza maturata in particolare negli ultimi decenni, sta dando un contributo sostanziale alla sicurezza dell'area attraverso una combinazione di capacità che la rendono estremamente attagliata a supportare la nostra politica estera e a diventare in certi contesti lo strumento necessario. Ciò avviene attraverso la presenza in profondità con funzioni di sorveglianza aerea e navale, dissuasione e intervento immediato, e con la capacità di contribuire al miglioramento della sicurezza nei Paesi partner con la formazione e l'addestramento e grazie al robusto network di relazioni che abbiamo sviluppato con tutti i Paesi della regione.
Voglio sottolineare il grande lavoro svolto nell'ambito della dimensione militare delle organizzazioni internazionali di riferimento, che ha consentito di restituire centralità al sistema mediterraneo nelle politiche di difesa e di sicurezza e anche nella proiezione di stabilità. Abbiamo contingenti militari cardine nella missione ONU in Libano, nella missione NATO in Kosovo e nella missione europea IRINI, cui si aggiungono gli impegni nelle operazioni Sea Guardian e Mare Sicuro. Non è poco, ma mi rendo conto che non è tutto. Occorre un impegno complessivo del Paese e un impiego coerente degli strumenti per la pace e la stabilità del Mediterraneo e per proteggere adeguatamente e in maniera legittima i nostri interessi.
A questo scopo il mio Dicastero ha avviato i lavori per l'aggiornamento della strategia di difesa e sicurezza del Mediterraneo, che si prefigge, in coerenza con l'ammodernamento in atto dello strumento militare, di individuare aree di sviluppo e di efficientamento per fare del nostro Paese un agente di stabilità adeguato al rilievo delle sfide di sicurezza. Questa riflessione confluirà in una direttiva ministeriale che intendo emanare in tempi brevi.
Permettetemi di concludere questo mio intervento cogliendo l'opportunità di ringraziare nuovamente tutti gli uomini e tutte le donne della Difesa per il lavoro che svolgono quotidianamente, sia in patria sia all'estero, e che consente all'Italia di contribuire in maniera concreta ed efficace al mantenimento della pace e della stabilità nella nostra regione mediterranea. Pag. 10
Vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e rimango a disposizione per eventuali domande.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro, per la Sua ampia e dettagliata relazione, che ha fornito molti elementi di valutazione che peraltro, vorrei segnalarLe, sono in sintonia con molte delle iniziative e delle azioni che la Commissione Esteri sta svolgendo sul Mediterraneo.
Ad esempio, Lei ha fatto riferimento alla cooperazione 5+5: stiamo attivando una dimensione parlamentare della cooperazione 5+5. Lei ha fatto riferimento all'impegno in Libia, consistente, notevole, e Lei sa che abbiamo approvato recentemente una risoluzione che, partendo dalla missione IRINI, sostiene le iniziative che il Ministero e il Governo stanno perseguendo; così come tutta la riflessione che Lei ci ha proposto per il Medio Oriente.
Aggiungo, ancora di più: tutto il tema delle zone economiche esclusive sempre di più ha necessità di essere approfondito per gestire le conseguenze di quella territorializzazione del mare a cui Lei ha fatto riferimento. Da ultimo, io credo che sia molto importante quello che Lei ha detto a conclusione della Sua relazione, cioè la volontà Sua e del Ministero di fornire nuovi indirizzi strategici. Mi permetto di sottolineare che sarebbe utile che quando questi indirizzi siano alla vigilia di essere licenziati e varati possa esserci un'illustrazione di questi indirizzi alla Commissione Esteri, congiuntamente, come è giusto, alla Commissione Difesa, ma in ragione tale che se ne possa ragionare e discutere.
Detto questo, io La ringrazio ancora e possiamo passare la parola ai commissari. Ha chiesto la parola l'onorevole Migliore, prego.
GENNARO MIGLIORE. Grazie, signor presidente. Io ringrazio davvero, non formalmente, il Ministro Guerini per il Suo lavoro e per l'esauriente illustrazione dell'attività del suo Ministero.
Anch'io vorrei, in premessa, ringraziare tutti gli uomini e le donne della Difesa che sono impegnati in Italia e all'estero nel rappresentare e anche nel difendere i nostri interessi e nello stabilire una pace duratura in molte aree dove l'azione italiana è assolutamente di grandissimo livello e qualità.
Vorrei fare solo due considerazioni. La prima riguarda una valutazione che il Ministro dà relativamente ai temi che inevitabilmente mettono in fibrillazione l'Alleanza Atlantica, in particolare per la presenza e l'atteggiamento che ha avuto la Turchia – l'ha ricordato anche Lei – sia nell'area di Cipro sia in altri teatri, nei quali in maniera molto evidente si sono resi divergenti gli interessi della comunità internazionale da quelli della Turchia. In alcuni casi sono anche stati invece convergenti, come nell'appoggio alla Libia. Ma in particolare, in relazione alla vicenda libica, firmato l'Accordo tra le parti e proseguendo nella via della stabilizzazione, come si intende determinare un'effettiva applicazione di quelle misure restrittive nei confronti del rifornimento di armi e l'evacuazione dei militari e dei contractors turchi?
La seconda questione riguarda il Sahel, che per quanto attiene alle nostre perdite sappiamo essere anche drammaticamente un teatro molto delicato. Recentemente, in questa Commissione stiamo sviluppando un'approfondita analisi di quelli che sono i fenomeni legati al terrorismo e all'instabilità di quell'area. Quali sono le prospettive in relazione a un intervento più diretto dell'Italia in questo senso? Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Siccome sappiamo tutti che alle 16 c'è Aula, chiederei agli intervenienti di essere brevi, in modo tale che poi il Ministro Guerini possa replicare. Onorevole Delmastro Delle Vedove.
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE. Grazie. Mi associo anch'io ai ringraziamenti per la relazione particolareggiata e seria del Ministro. Entro subito nell'ordine di ciò che un po' ci divide, perché il Ministro spiegava che la nostra vocazione è anche ben oltre il Mare Nostrum. A me sembra che però, per quanto sia ben oltre il Mare Nostrum, sul Mare Nostrum qualche piccolo problema lo abbiamo: Pag. 11 problema certamente non creato dal Ministro della Difesa, più che altro patito dal Ministro della Difesa. Possiamo dire, probabilmente, che grazie alle forze militari – ha fatto bene il Ministro a ringraziarle, e mi associo – abbiamo contenuto i disastri di un altro Ministro, quello degli Esteri.
Il Ministro della Difesa, con il linguaggio felpato della diplomazia internazionale, ha parlato di una definizione unilaterale dei confini marittimi turchi e atti di provocazione nelle aree a sud di Cipro. Ministro, a me sembra di poter dire che siamo a qualcosa in più degli atti di provocazione a sud di Cipro, se è vero com'è vero che il sultano Erdoğan si è fatto lecito di entrare nella ZEE (Zona economica esclusiva) di Cipro – che se non ricordo male è una nazione europea – violandone dunque la sovranità marittima con delle navi militari che accompagnavano la nave di trivellazione Yavutz.
La risposta, anche militare, della Francia non si è fatta attendere; la nostra è sconosciuta ai più, certamente ai deputati dell'opposizione. Io vorrei arrivare al punto: sono convinto sia sempre bene stemperare le tensioni – me lo sono appuntato – però facendo comprendere le nostre ragioni: mi sono appuntato anche questo.
Allora, Ministro, Le chiedo come faremo mai noi a far comprendere le nostre ragioni a chi ha una base navale militare a Misurata, come faremo mai a far comprendere le nostre ragioni in relazione all'EastMed che è pregiudicato e azzoppato dalle nuove ZEE che la Turchia ha designato assieme alla Libia come farebbe con un protettorato.
Le chiedo se non sia il caso non dico di alzare il livello in termini di difesa, ma di chiedere, giacché non vogliamo interventi di natura militare in Europa, quanto meno la revoca dello status di Paese candidato all'adesione europea da parte della Turchia, atteso che frutta miliardi di euro al nano economico Erdoğan, che si trasforma in sultano, scaricandoli contro gli interessi italiani militari, di sicurezza nazionale, di approvvigionamento energetico, violando costantemente la sovranità marittima di nazioni europee con azioni unilaterali – come ha detto Lei –, militari – come Lei ha omesso di dire –, perché quando uno manda le navi da guerra tali sono.
Volevo avere un Suo parere, dato che Lei ritiene di stemperare la tensione ed è giusto, ma è importante far comprendere le nostre ragioni. Volevo sapere come faremo a fargliele comprendere al netto della proposta di Fratelli d'Italia, che è quantomeno chiedere, come Italia, la revoca di status di Paese candidato all'adesione europea.
PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Lupi, poi Quartapelle Procopio.
MAURIZIO LUPI. Grazie. Anch'io ringrazio il Ministro Guerini. Speravo di vederlo in presenza. Velocissimamente, anche perché ho ceduto una parte del mio tempo al collega dell'opposizione Delmastro Delle Vedove. Due domande, che mi sembrano una necessità di approfondimento rispetto alla Sua puntuale relazione.
La prima riguarda un aspetto un po' diverso, e Lei lo ha già accennato: il ruolo della Turchia nello scenario del Mediterraneo. È molto interessante il Suo punto di vista proprio perché la Turchia è membro della NATO e quindi quello è il luogo – partendo da un principio della difesa che oggi si trasforma in missione di pace – in cui il dialogo tra i membri della NATO è assolutamente fondamentale, nel senso che esiste, e quindi la partecipazione è fondamentale.
Volevo un approfondimento sul ruolo della Turchia e sul ruolo che l'Italia può giocare. Abbiamo visto che, per esempio, Lei ha accennato allo scenario libico e ai fatti delle ultime settimane dopo la visita del Presidente Draghi, puntuale e necessaria come abbiamo sottolineato in Commissione: immediatamente tutto il Governo libico è andato a fare visita alla Turchia. Da questo punto di vista, come pensiamo di giocare un rapporto importante nel dialogo con la Turchia, ma ribadendo i ruoli ed evitando un predominio che poi, nell'asse con la Russia, potrebbe non far giocare all'Europa, e quindi all'Italia, quel ruolo a cui tutti teniamo? Pag. 12
La seconda domanda è più puntuale, perché ho visto che dopo il ritiro programmato delle truppe in Afghanistan il ruolo in Libano, invece, delle nostre forze di pace è importante, anche in una zona – come ha detto Lei – strategica ma ancora piena di tensioni. Cosa prevedete? Come rafforzare questo tipo di presenza e come quella presenza – oggi e domani –, tanto più in una situazione come questa, potrà essere un elemento di costruzione di quel disegno sul Mediterraneo di pace che noi abbiamo? Grazie.
PRESIDENTE. Onorevole Quartapelle Procopio, da remoto. Prego.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (intervento da remoto). Grazie, presidente. Io ho due domande, brevi. La prima riguarda il rapporto con la Francia: abbiamo avuto recentemente un incontro con la Commissione Esteri del Parlamento francese, che è solo l'ultimo dei momenti in cui sono emersi davvero un cambiamento e un maggiore allineamento tra la politica estera italiana e la politica estera francese nel Mediterraneo. Precedentemente c'era stata la missione di Di Maio in Libia con il Ministro degli Esteri francese, il Ministro degli Esteri tedesco eccetera. Come questo, secondo Lei, può cambiare gli sviluppi futuri della presenza nel Mediterraneo e che tipo di iniziative possiamo fare per favorire questo riallineamento che, a mio giudizio, rafforza di molto la politica europea nei confronti del Mediterraneo? Si dice spesso che la politica europea non esiste perché Francia e Italia non vanno d'accordo. Se andiamo d'accordo avremmo veramente una politica europea.
Il secondo tema riguarda una cosa relativamente tangente al tema del Mediterraneo, che è il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan: già nel 2014 l'allora parlamentare Paolo Gentiloni e l'allora parlamentare Enzo Amendola firmarono un ordine del giorno che diceva di fatto: «Se ci si ritira dall'Afghanistan, perché il nostro alleato americano intende ritirarsi, pensiamo ad irrobustire la nostra presenza in altri teatri di maggiore interesse italiano, ad esempio Libano e Libia.» Questo tipo di ragionamento è in corso, cioè noi dal 1° di maggio ritireremo le truppe dall'Afghanistan all'interno del ritiro coordinato con gli americani e con la NATO: c'è un ragionamento per irrobustire una presenza italiana nel Mediterraneo? Grazie.
PINO CABRAS. Il concetto di «Mediterraneo» si allarga per via dell'influenza di aree contigue che hanno molti collegamenti funzionali e relazioni strategiche sempre più strette con l'area mediterranea. Fra queste c'è l'Ucraina, la realtà del Mar Nero, che è un pezzo di Mediterraneo per certi versi, anche se certi geografi lo escludono. In questo momento c'è una crisi molto grave, tanto grave al punto che il livello di allerta strategica delle forze armate statunitensi è quello massimo, ed è una cosa molto rara che si verifichi. Allo stesso modo, i russi stanno mobilitandosi per una situazione che oggettivamente è in forte tensione. Stanno dislocando truppe nell'area, in particolare in Crimea, se lo vogliamo considerare anche questo un pezzo di Mediterraneo.
A questo punto mi chiedo quale sia la postura delle Forze armate italiane. Da un lato c'è la dinamica NATO, normale, in cui si dice: «Facciamo tutto insieme», però qualche volta questa dinamica è stata passiva rispetto agli eventi e rispetto a esigenze non strettamente correlate all'interesse italiano. Gli effetti potenziali della crisi ucraina sull'Italia sono enormi, a seconda degli sviluppi attesi nelle prossime settimane. Volevo sapere il Ministro cosa ne pensa e che cosa sta facendo rispetto a questa crisi.
PAOLO FORMENTINI. Grazie innanzitutto, signor Ministro, per il quadro chiarissimo che ci ha descritto. Io inizierei da subito col chiederLe se è d'accordo con questa affermazione: che ci vogliono più Stati Uniti nel Mediterraneo e più Italia nell'Indo-Pacifico. Lei ha fatto un accenno molto interessante al fatto che non solo si debba parlare di Mediterraneo allargato, ma che oggi questo concetto di Mediterraneo allargato si possa spingere appunto fino all'Indo-Pacifico. Pag. 13
Proprio partendo da questo, Le pongo la domanda: convincimento mio personale e del mio partito è che l'Italia debba stringere sempre di più – e Lei lo sta facendo – i rapporti con gli Stati Uniti d'America, con l'Alleanza Atlantica, con quei like-minded partners, con le democrazie. Mediterraneo e Indo-Pacifico davvero si collegano. C'è un riallineamento del blocco atlantico proprio per l'avanzare della minaccia, anche militare – anche a questo Lei ha accennato – della Cina. C'è un riarmo cinese. Vediamo Gibuti, ma vediamo anche la base in Pakistan, che sarebbe facilissimo riconvertire a base militare, all'occorrenza navale. Oggi quasi tutte le crisi del Mediterraneo vedono un tentativo da parte della Cina di inserirsi. È questo un capitolo che non ha toccato a fondo nell'intervento. Le chiedo se è possibile, se abbiamo tempo, di approfondirlo. Ottimo tutto quello che ha detto e continuiamo davvero a fare Sistema Paese, a rimanere orgogliosamente nell'Alleanza Atlantica.
Mi permetto di suggerire un focus sempre maggiore sull'hub per il Sud della NATO di Napoli come centro di dialogo verso quel mondo africano che dobbiamo imparare a conoscere di più. Dobbiamo imparare ad affrontare fin dalle origini i problemi che poi scatenano le migrazioni epocali alle quali stiamo assistendo. Quindi il dialogo con l'Unione africana, con i Paesi del Golfo e un continuo impegno del nostro Paese in un'area che davvero deve vederci presenti.
Massima attenzione anche all'evoluzione della situazione per quanto riguarda l'Accordo strategico di partnership di venticinque anni tra Iran e Cina. Grazie.
PRESIDENTE. Bene, prima di lasciare la parola al Ministro non faccio una domanda, ma pongo solo una questione, che probabilmente affronteremo in un'audizione specifica insieme alla Commissione Difesa. Riguarda tutto ciò che attiene all'Afghanistan, ma siccome il Ministro ha parlato giustamente di un Mediterraneo allargato fino allo stretto di Hormuz, credo che la questione ci stia.
Io non faccio la domanda, faccio una considerazione: discuteremo, e si capiscono bene le ragioni del perché, dopo vent'anni, si decide di porre termine a una presenza in quello scacchiere. Io l'ho già fatto altre volte, lo raccomando anche adesso: quando si viene via, bisogna sapere bene che cosa succede un minuto dopo, e personalmente non sono affatto tranquillo. Il fatto che si venga via dall'Afghanistan deve garantire che ciò che si è faticosamente costruito, dopo venga mantenuto. È solo una considerazione, ma credo che debba essere da tutti valutata.
Grazie al Ministro. Le domande sono state molte. La parola al Ministro.
LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Grazie, presidente. Grazie anche per questa ultima Sua valutazione. Credo che sull'Afghanistan avremo modo di tornare a riflettere e a discutere, però colgo l'occasione di questo incontro con la Commissione Esteri della Camera dei deputati per parlarne. Dopo vent'anni di impegno in Afghanistan, a valle della ministeriale NATO dello scorso 14 aprile, si è deciso di concludere la missione Resolute Support e a partire dal prossimo 1° maggio saranno avviate le complesse operazioni di rientro in patria del nostro contingente.
Chiaramente, cogliendo le valutazioni dell'onorevole Fassino – che condivido –, io credo che dovremmo avere ben chiara l'esigenza di mantenere la disponibilità a supportare l'Afghanistan sotto il profilo della cooperazione e del rafforzamento delle istituzioni, ma anche sotto il profilo del rafforzamento delle forze di sicurezza afgane, con le quali abbiamo operato in questi lunghi anni e che hanno dimostrato un sempre crescente grado di maturità e di capacità operative. C'è l'esigenza che la riflessione degli alleati centri il focus non solo sull'attività – che sarà molto impegnativa – dell'organizzazione del rientro, ma anche sui punti di continuazione della collaborazione, dell'impegno e del lavoro a supporto dell'Afghanistan, anche per accompagnare il processo di riconciliazione nazionale, con tutti i problemi e gli elementi di criticità che lo stanno caratterizzando, ma anche per mantenere il punto sui risultati che sono stati acquisiti, senza cedere sullo Stato di diritto e sui princìpi della democrazia. Io credo che l'impegno in Pag. 14Afghanistan non cessa, cambia di natura e di indirizzo, cambia di caratteristiche, ma deve avere uguale intensità da parte della comunità internazionale.
Mi collego al ragionamento sull'Afghanistan, richiamando una valutazione che è stata sottoposta alla mia attenzione dall'onorevole Quartapelle Procopio. È chiaro che in questi anni c'è stata sicuramente un'importante conferma, in alcuni casi crescita, del nostro impegno in termini di proiezione esterna dello strumento militare in diverse aree strategiche per la tutela degli interessi nazionali, per il contributo alla stabilizzazione alla pace, per il contrasto al terrorismo, per le iniziative bilaterali e multilaterali di assistenza, di sostegno delle forze di sicurezza nei Paesi in cui siamo presenti.
C'è stato un impegno che ha avuto anche una sua evoluzione dinamica in relazione all'analisi della minaccia, da un lato, alla proiezione degli interventi, delle alleanze, delle organizzazioni di cui facciamo parte, dall'altro, e anche dall'esigenza di mantenere un approccio flessibile rispetto alla tutela dei nostri interessi strategici, di sicurezza e non solo. È chiaro che l'impegno in Afghanistan, che è stato sicuramente gravoso, avrà una ricaduta, in prospettiva, anche sulla proiezione del nostro impegno all'estero. Però è evidente che la fase del rientro è particolarmente impegnativa e delicata, perché mette in campo tutte le esigenze di natura logistica che richiedono ulteriori sforzi. Il tema non è semplicemente far rientrare i contingenti schierati, ma far rientrare tutti gli assetti che in questi vent'anni abbiamo dislocato nel Paese.
C'è l'esigenza di garantire che questo rientro avvenga in un quadro di assoluta sicurezza per le nostre forze, quindi nei prossimi mesi ci sarà il mantenimento di un impegno consistente per presidiare le iniziative di rientro. Però la presenza, l'impegno così importante in Afghanistan non ha impedito, anche nel passato e negli ultimi anni, di far crescere la nostra presenza in altri quadranti, laddove le condizioni lo richiedevano necessario. Alcune delle missioni internazionali a cui partecipiamo – che sono state oggetto di decisioni lo scorso anno e saranno oggetto di decisioni ulteriori nelle prossime settimane, appena il Governo licenzierà la delibera missioni e che coinvolgeranno il Parlamento – hanno visto una crescita significativa del nostro impegno, anche nelle aree che Lei ha prima richiamato, certamente in relazione all'evoluzione delle vicende di quei territori e di quelle realtà.
Innanzitutto voglio ringraziare tutti per le parole di apprezzamento nei confronti delle Forze armate e degli uomini e delle donne della Difesa per il loro impegno sia in patria sia all'estero. Vi ringrazio, credo che saranno un elemento di ulteriore supporto agli sforzi che stanno facendo. È importante che provengono da tutto il Parlamento perché le Forze armate sono un patrimonio di tutti.
Per quanto riguarda le valutazioni dell'onorevole Migliore, le due domande che ha posto e che in parte possono anche cogliere alcune sollecitazioni svolte dal sia dall'onorevole Delmastro Delle Vedove sia dall'onorevole Lupi, con particolare riferimento al tema della Turchia. L'onorevole Migliore ha sottolineato la caratteristica della Turchia di essere membro dell'Alleanza Atlantica: noi abbiamo sostenuto l'azione della NATO nella ricerca di ricomporre le tensioni tra Grecia e Turchia. Lo abbiamo fatto con un impegno importante nei mesi scorsi, che si è sviluppato nella dimensione della nostra relazione politica bilaterale, anche in ambito difesa. Io ho incontrato due volte il Ministro della Difesa turco, ho incontrato i Ministri degli altri Paesi a vario titolo interessati alle tensioni che la scorsa estate avevano caratterizzato la parte orientale del nostro mare, il Ministro greco e la Ministra francese. Abbiamo cercato di svolgere un ruolo di dialogante e di mediazione nella zona di Cipro. Sono stato a Cipro, ho incontrato più volte il Ministro della Difesa cipriota e altre autorità cipriote e insieme alle altre articolazioni del Governo abbiamo cercato di svolgere un ruolo dialogante e di mediazione, sia sul piano dei rapporti bilaterali, anche con la Turchia, sia in altre iniziative; penso, ad esempio, all'iniziativa quadrilaterale Pag. 15 tra Francia, Cipro, Grecia e Italia, che ha visto una serie di riunioni fatte a livello di Ministri degli Esteri, che ha visto interlocuzioni tra gli Stati Maggiori e che ha consentito di sottolineare la determinazione a tutelare i nostri interessi, ma nel contempo ad interagire con la Turchia evitando – io credo – l'errore di metterla all'angolo, con possibili conseguenze più marcate.
In questo contesto l'Italia ha cercato di svolgere questo tipo di ruolo e credo sia stato riconosciuto anche in ambito NATO, in cui abbiamo contribuito a costruire, sviluppare e ad accompagnare tutte le iniziative di de-escalation che a livello dell'Alleanza Atlantica sono state individuate. Azione che ha portato anche a stemperare le tensioni nel Mediterraneo orientale con la Turchia, che oggi – per cogliere le sollecitazioni dell'onorevole Delmastro Delle Vedove – svolge funzioni di ricerca solo nelle sue aree nazionali. Come ho detto prima, il rapporto con la Turchia è caratterizzato da un altalenarsi di provocazioni e di gesti distensivi. Io credo che la posizione che l'Italia ha mantenuto – cioè quella di notificare alla controparte la nostra intenzione di garantire i princìpi della libertà di navigazione e di circolazione, del rispetto del diritto internazionale e anche i nostri interessi nazionali legittimi – si debba accompagnare e si è accompagnata ad uno sforzo di dialogo, di confronto per non mettere in condizioni di isolamento un Paese importante, con le conseguenze che questo isolamento in termini di alimentazione delle tensioni, ma anche di non mettere in una posizione di isolamento un membro della NATO, dell'Alleanza di cui noi facciamo parte.
Sempre per rispondere all'onorevole Migliore, per quanto riguarda lo strumento per il controllo del traffico di armi, la missione IRINI rappresenta lo strumento principale, lo strumento più importante che la comunità degli Stati europei ha messo in campo per intervenire in Libia, per garantire il cessate il fuoco, per garantire l'embargo delle armi e per dare forza al processo di stabilizzazione unitario di quel Paese. La missione IRINI è lo strumento più importante, è lo strumento che l'Unione europea deve essere capace di rendere sempre più credibile. Per questo – ho avuto modo di dirlo più volte – noi a livello di ministeriali UE e anche recentemente in un incontro con l'Alto Rappresentante Borrell, stiamo spingendo per un aumento degli assetti dell'operazione. Se quello è lo strumento più importante che l'Unione europea ha messo in campo, deve essere uno strumento che mostri in maniera chiara la sua credibilità in termini di alimentazione degli assetti che sono necessari.
Sul Sahel io vorrei richiamare l'input che mi sono permesso di rappresentare all'Alto Rappresentante Borrell quando è venuto in visita in Italia. Noi siamo presenti in maniera significativa e importante, con una nostra presenza nel Sahel, sia nella sua dimensione bilaterale sia nella dimensione multilaterale. Siamo presenti in Niger in maniera significativa, abbiamo dato il via alla partecipazione alla missione Takuba e sicuramente con un numero di militari autorizzati consistenti, 51 in missioni Unione europea/ONU – parlo di autorizzati –, 295 nella missione bilaterale MISIN (Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger), 250 autorizzati in Takuba. È sicuramente un impegno consistente. In Takuba abbiamo iniziato l'invio delle aliquote di assetti MEDEVAC (Medical Evacuation), che avrà la piena operatività nel mese di giugno. Insomma, già uno sforzo importante che noi abbiamo realizzato in un teatro che è delicato, per le cose che diceva prima l'onorevole Migliore, che condivido e che non ho bisogno di richiamare.
Chiaramente l'impegno che io ho cercato di portare all'attenzione di Borrell, l'ho portato anche all'attenzione dei miei colleghi negli incontri che ho avuto poche settimane fa con la Ministra tedesca Karen Bauer e la settimana scorsa con la Ministra francese Parly. È chiaro che noi dobbiamo avere la capacità di chiedere all'Unione europea un ruolo più importante, più profilato in quel teatro, in quella regione, assegnando all'Unione europea l'ambizione di coordinare i contributi presenti in quella realtà, anche su base nazionale, per conseguire Pag. 16 la moltiplicazione degli effetti positivi su quel tipo di intervento. La proiezione dello strumento militare, l'impegno militare in quella regione è un pilastro di una strategia. Una strategia si deve alimentare anche di altri pilastri, di rafforzamento delle istituzioni, di sviluppo economico, di interventi di natura sociale, che devono vedere l'Unione Europea impegnata in maniera forte.
La nostra presenza in Libano è una presenza da tempo consistente. Oggi abbiamo ancora la guida della missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon), abbiamo credo 1.100 unità autorizzate impegnate in Libano. Sicuramente è uno dei teatri in cui la nostra presenza è più consistente, è il contingente più consistente che abbiamo all'estero. Questo impegno si è sviluppato anche in occasione delle recenti situazioni di difficoltà che il Libano ha conosciuto con la deflagrazione al porto di Beirut. Abbiamo offerto un assetto navale nella componente marittima di UNIFIL, attendiamo le decisioni che verranno assunte in sede di Nazioni Unite. Credo che l'impegno della Difesa, da questo punto di vista, sia importante e sicuramente apprezzato dal Libano, un impegno fortemente proiettato nel sostegno anche alle Forze armate di sicurezza libanese (LAF). Io credo che sia uno dei pilastri che non deve venir meno per la stabilità di quel Paese.
PRESIDENTE. Ministro, io La devo interrompere, perché è cominciata la seduta con votazioni immediate.
LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Siccome ci sono altre domande, se volete, io vi posso mandare – per rispetto della Commissione e delle domande che mi sono state poste – delle risposte scritte.
PRESIDENTE. Perfetto. Due cose: uno, la sua relazione, che è perfetta, in modo da avere il testo integrale; due, le risposte scritte agli eventuali quesiti a cui non ha potuto rispondere.
La ringrazio molto e Le chiedo scusa, ma da questo punto vista la Presidenza della Camera è inflessibile.
LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Mi scuso io con voi.
PRESIDENTE. Grazie ancora, Ministro. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.05.