Sulla pubblicità dei lavori:
Morelli Alessandro , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE TECNOLOGIE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE VERSO IL 5G ED ALLA GESTIONE DEI BIG DATA.
Audizione di rappresentanti dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus, del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) e dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus.
Morelli Alessandro , Presidente ... 3
Borgo Stefania , segretaria generale dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus ... 3
Morelli Alessandro , Presidente ... 4
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 4
Morelli Alessandro , Presidente ... 5
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 5
Morelli Alessandro , Presidente ... 7
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 7
Morelli Alessandro , Presidente ... 7
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 7
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 7
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 7
Morelli Alessandro , Presidente ... 8
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 8
Morelli Alessandro , Presidente ... 8
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 8
Serritella Davide (M5S) ... 9
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 9
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 9
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 9
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 9
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 10
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 10
Serritella Davide (M5S) ... 10
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 10
Sibilia Lucio , rappresentante dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus ... 10
Belpoggi Fiorella , direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus ... 10
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 11
Tombolato Giovanni Battista (LEGA) ... 11
Morelli Alessandro , Presidente ... 11
Cancellieri Giovanni , presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) ... 11
Morelli Alessandro , Presidente ... 11
Audizione di rappresentanti del Centro Interuniversitario di ricerca sulle Interazioni fra Campi Elettromagnetici e Biosistemi (ICEmB), di Legambiente e della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa:
Morelli Alessandro , Presidente ... 11
Massa Rita , professoressa associata di campi elettromagnetici, Università degli studi di Napoli «Federico II», e direttrice dell'ICEmB ... 12
Morelli Alessandro , Presidente ... 13
Eroe Katiuscia , responsabile elettromagnetismo di Legambiente ... 13
Morelli Alessandro , Presidente ... 14
Barison Vittorio , responsabile sviluppo e progettazione della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa ... 14
Marsili Alessio , responsabile sistema gestione qualità di Simetel spa ... 16
Morelli Alessandro , Presidente ... 17
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 17
D'Inzeo Guglielmo , professore ordinario di campi elettromagnetici, Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 17
Eroe Katiuscia , responsabile elettromagnetismo di Legambiente ... 19
Tombolato Giovanni Battista (LEGA) ... 20
Morelli Alessandro , Presidente ... 20
D'Inzeo Guglielmo , professore ordinario di campi elettromagnetici, Università degli studi di Roma «La Sapienza» ... 20
Barison Vittorio , responsabile sviluppo e progettazione della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa ... 21
Scarfì Maria Rosaria , responsabile laboratori bioelettromagnetismo CNR-IREA, ICEmB ... 22
Marino Carmela , responsabile divisione tecnologie e metodologie per la salvaguardia della salute ENEA, ICEmB ... 23
Morelli Alessandro , Presidente ... 23
Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità:
Morelli Alessandro , Presidente ... 23
Polichetti Alessandro Vittorio , primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità ... 23
Morelli Alessandro , Presidente ... 29
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 30
Polichetti Alessandro Vittorio , primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità ... 30
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 30
Polichetti Alessandro Vittorio , primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità ... 30
Morelli Alessandro , Presidente ... 30
Polichetti Alessandro Vittorio , primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità ... 31
Segneri Enrica (M5S) ... 31
Polichetti Alessandro Vittorio , primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità ... 32
Morelli Alessandro , Presidente ... 32
Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA):
Morelli Alessandro , Presidente ... 32
Cirillo Mario , direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA ... 32
Morelli Alessandro , Presidente ... 35
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 35
Cirillo Mario , direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA ... 35
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 35
Cirillo Mario , direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA ... 35
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 35
Cirillo Mario , direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA ... 35
Romano Paolo Nicolò (M5S) ... 35
Cirillo Mario , direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA ... 36
Morelli Alessandro , Presidente ... 36
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MORELLI
La seduta comincia alle 10.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus, del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM) e dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione medici per l'ambiente – ISDE Italia onlus, del Centro radioelettrico sperimentale G. Marconi (CRESM) e dell'Istituto Ramazzini cooperativa sociale onlus.
Ringrazio tutti gli intervenuti per aver accettato l'invito della Commissione. Do la parola a Stefania Borgo, segretario generale dell'ISDE, per lo svolgimento della sua relazione.
STEFANIA BORGO, segretaria generale dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus. Sono Stefania Borgo, sono il segretario dei Medici per l'ambiente e cercherò di essere estremamente sintetica, dato che il tempo a mia disposizione è molto breve.
In estrema sintesi, sulla base della letteratura che noi abbiamo fornito in una breve memoria, si può dire che le radiofrequenze usate nelle tecnologie 5G sembrano avere degli effetti potenzialmente nocivi sulla salute umana, per cui si rendono necessari ulteriori studi prima della loro applicazione. Questa è la sintesi del messaggio che noi portiamo.
Vorrei, tuttavia, fare delle considerazioni generali che permettano di comprendere le raccomandazioni dei Medici per l'ambiente. La specie umana ha regolarmente abusato delle nuove tecnologie e noi ci siamo chiesti il perché. A mio parere, perché l'uomo tende a vedere più i vantaggi che i rischi, più le opportunità e gli aspetti positivi e viene preso da una sorta di entusiasmo per le potenzialità, specie di tecnologie molto potenti.
Quando Fermi fece esplodere la prima bomba atomica si dice che fosse in una specie di stato di eccitazione, perché voleva vedere che cosa accadesse, ma non era affatto sicuro che la reazione a catena si sarebbe fermata. In quella situazione l'umanità si è salvata e anche successivamente, quando sono stati fatti gli esperimenti di Hiroshima e Nagasaki, hanno fatto molto riflettere l'uomo, ma non si è salvato Fermi, così come non si è salvata la Curie. Infatti, sono morti per patologie legate alle radiazioni.
Cosa significa? Significa che noi vediamo i rischi soltanto quando ci toccano personalmente, quando non ci toccano personalmente sono dei numeri, a volte dei numeri molto piccoli, uno zero virgola qualcosa, e non pensiamo che quando questi piccoli numeri si applicano a popolazioni grandissime, di milioni di persone, si trasformano Pag. 4 in migliaia di casi di malattie e di morte, che ovviamente diluiti nella popolazione non sono visibili, ma che i medici vedono.
Questo è il motivo per cui i medici ovviamente sono molto più in grado di vedere il fenomeno e, quindi, non è strano che sentano una sorta di dovere di prevenire queste morti. Sul piano umano, sul piano sociale, sul piano economico, i costi della cura sono molto più elevati di quelli della prevenzione. Questo è il motivo per cui sono state preparate queste brevi raccomandazioni, che io adesso vi esporrò.
Noi pensiamo che in questo modo non si potrà dire successivamente che non si conoscono i rischi, così come è avvenuto per l'amianto o per il tabacco. Noi attualmente conosciamo i rischi e conosciamo anche le modalità per limitarli.
Quali sono le raccomandazioni dei Medici per l'ambiente, sempre in estrema sintesi, visto che il mio tempo è molto breve? È altamente auspicabile che nel caso del 5G si applichi il principio di precauzione. In generale, prima di applicare una tecnologia potenzialmente nociva, è raccomandato condurre un'adeguata sperimentazione da parte di un'agenzia altamente competente, indipendente e senza conflitti di interesse, sufficientemente lunga da poter evidenziare effetti di tossicità cronica, utilizzando modelli e metodi diversi, che sono in grado di mettere in evidenza differenti effetti biologici che un singolo modello può non essere in grado di evidenziare.
Noi auspichiamo anche in generale, rispetto alle radiofrequenze e ai campi elettromagnetici, che gli attuali limiti di esposizione cronica vengano mantenuti o, meglio ancora, abbassati, visto che secondo alcuni studi sono già insufficienti. Auspichiamo altresì che la nuova tecnologia 5G non si sommi a quella attuale, che si limiti al massimo la popolazione esposta e soprattutto si eviti l'esposizione delle fasce più vulnerabili (bambini, donne gravide, anziani, malati), che non vengano usate nuove tecnologie che aumentino i livelli di esposizione laddove esistano dei dispositivi equivalenti già in uso da molti anni, specialmente se applicate a individui vulnerabili (questo è il principio di sostituzione).
Auspichiamo inoltre che le agenzie governative monitorino la popolazione esposta per rilevare tempestivamente gli effetti avversi e attuino accurati studi epidemiologici allo scopo di identificare impatti negativi sulla salute.
Questo è molto in breve il nostro messaggio. Troverete tutto il resto nel materiale che è stato predisposto, una rassegna che è stata fatta su tutta la letteratura in materia.
PRESIDENTE. Do la parola a Giovanni Cancellieri, presidente del Centro radioelettrico sperimentale Marconi, per lo svolgimento della sua relazione.
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Sarò molto sintetico. La tecnologia 5G costituisce una piattaforma abilitante per realizzare servizi capaci di sostenere un nuovo modello di società. La rete globale alla sua periferia si svilupperà attraverso l’internet of things (IOT) e le comunicazioni machine to machine. Il numero di queste comunicazioni presto supererà quello delle comunicazioni tra individui.
Nel nucleo policentrico della rete globale vi sono, invece, i big data, che l'intelligenza artificiale è in grado di esplorare e valorizzare. La transizione verso il 5G potrebbe essere graduale, perché molti servizi attuali sono già ben supportati dal 4G. Non di meno, un'accelerazione sarebbe opportuna per consentire una pianificazione ottimale della radio-copertura, soprattutto nelle grandi aree urbane.
Il 5G, sfruttando due tecnologie particolari, il beamforming e il MIMO (Multiple In Multiple Out), avrebbe il vantaggio di consentire minori emissioni di potenza a radiofrequenza, a parità naturalmente di servizio offerto o perfino dando un servizio maggiore.
La pervasività degli accessi 5G può tuttavia esporre a rischi di attacchi cibernetici, contro i quali occorre adottare adeguate contromisure. Droni e autoveicoli a guida autonoma beneficeranno della diffusione Pag. 5 del 5G, ma dovranno mettere in atto sistemi di crittografia per la sicurezza e la protezione dei dati scambiati.
Anche nella gestione dei big data i contenuti dovranno essere opportunamente protetti. Vi è il rischio di una rapida diffusione di computer quantistici, capaci di rendere obsoleti tutti i sistemi di crittografia a doppia chiave attualmente in uso. Essi dovranno, quindi, essere sostituiti con sistemi più avanzati, detti «post-quantici».
Su questi argomenti il Centro radioelettrico sperimentale Marconi, di cui sono presidente, è attualmente impegnato nello svolgimento di studi e applicazioni, in collaborazione con altri enti di ricerca e università.
PRESIDENTE. Do la parola a Fiorella Belpoggi, direttrice dell'area ricerca dell'Istituto Ramazzini, per lo svolgimento della sua relazione.
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Innanzitutto la ringrazio personalmente per avermi dato questa possibilità. Vorrei anche anticipare che vorrei entrare molto nel pratico in questa audizione, perché credo che alla fine di questo percorso di informazioni sulla tecnologia di per sé ne avrete tante, di allarmi ne riceverete tanti e probabilmente anche di plausi a questo cambiamento sociale che stiamo per affrontare.
Io vi voglio portare l'esperienza di una persona che ha lavorato su questo tema. Ho iniziato a occuparmi di campi elettromagnetici già a metà degli anni Novanta del secolo scorso. Abbiamo compiuto un grosso studio sulle basse frequenze, cioè sui campi creati dal flusso di elettricità, ed è risultato negativo.
Abbiamo, invece, studiato le radiofrequenze dopo che eravamo entrati in contatto con le compagnie telefoniche alla fine degli anni Novanta. Il professor Maltoni, il fondatore del mio istituto, era ancora in vita (è morto nel 2001).
Dal 1999 al 2001 noi con queste compagnie avevamo progettato di fare uno studio sulla telefonia mobile. In particolare, poiché i colleghi americani stavano affrontando il tema del campo vicino, cioè di quello che dà anche problemi termici correlati all'uso dei telefonini, noi ci siamo detti: «Siamo un istituto che è sempre stato visto come al servizio della società, andiamo a vedere cosa fa l'esposizione ambientale».
Nel frattempo le compagnie hanno ricevuto il bellissimo regalo a livello europeo di avere la liberalizzazione del sistema della telefonia mobile e di fare uno studio non gliene è importato più niente.
Noi ci siamo rivolti alla nostra regione, all'ARPA dell'Emilia-Romagna, ai soci dell'Istituto Ramazzini, che sono 30mila. Avremmo potuto in quattro o cinque anni concludere lo studio, invece abbiamo impiegato dodici anni.
Nel frattempo gli americani, che invece di spendere i 5 milioni che abbiamo speso noi ne hanno spesi 25, sono arrivati dopo dieci anni alla conclusione che l'esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza in campo vicino procura tumori del cervello (glioblastomi) e un aumento dei tumori delle cellule del cuore, quelle cellule nervose che si chiamano «cellule di Schwann», che rivestono tutto il sistema nervoso periferico.
Capita che proprio quando il National Toxicology Program, ente governativo americano che ha ricevuto i finanziamenti dalla Food and Drug Administration (quindi, è uno studio indipendente) comunica i primi risultati, la settimana prima io, che sono il capo patologo dell'istituto, oltre che il direttore, ho incominciato a rivedere i casi positivi del nostro studio.
Abbiamo visto questi stranissimi tumori del cuore (uno, due, tre su cento animali) negli animali esposti ad alta dose. L'alta dose era 50 voltmetro. Guardate che non è un'altissima dose, è un livello di esposizione che può capitare anche a noi. Per esempio, io venendo da Bologna a Roma nel treno, dove sono stata seduta per tre ore, sicuramente ero esposta a questo campo. Abbiamo studiato 50 voltmetro, 25 voltmetro, 5 voltmetro. Il limite in Italia è sei. Pertanto, siamo stati all'interno delle Pag. 6plausibili esposizioni dell'umanità, almeno in Italia.
Avevo visto questi tumori e capita che la settimana dopo il National Toxicology Program fa un comunicato speciale dicendo: «Visto che gli esposti sono più di 6 miliardi di persone sulla faccia della terra, noi riteniamo che, anche se questi dati sono preliminari, vadano comunicati, perché i Governi, le agenzie regolatorie, gli enti preposti e le compagnie si rendano conto che siamo di fronte a qualcosa che costituisce un pericolo». Ricordatevi che io vi sta portando in evidenza un pericolo correlato alle onde a radiofrequenza.
Pubblicano. Anche loro hanno visto tumori del cervello, tumori del cuore, gli stessi tumori che ho visto io. A me subito si è accesa una lampadina, perché ci sono almeno venti-trenta studi epidemiologici fatti sulla popolazione, sui grandi utilizzatori. Vi ricorderete Marcolin, la famosa sentenza del manager che ha avuto riconosciuta una patologia? Che cosa aveva? Aveva un tumore delle cellule di Schwann, un tumore delle cellule che rivestono i nervi facciali. Vi sono stati altri casi di tumori del nervo acustico.
Signori, in scienza e coscienza vi dico: sono alla fine della mia carriera, sono stata quella che ha pubblicato negli anni Ottanta i dati sul benzene, sulla formaldeide, sul cloruro di vinile, tutti dati che purtroppo sono stati presi in considerazione a venti, trenta anni di distanza quando siamo andati a contare i morti. Abbiamo davanti a noi l'esempio di early warning, cioè di pericoli anticipati quali il fumo delle sigarette e l'amianto. Pensate a quanto ci costa ora il tema dell'amianto, quanto potremmo investire in salute pubblica se potessimo prendere tutto il pacco dei soldi che spendiamo per bonificarci dall'amianto.
Cosa dovremo fare fra vent'anni se vedremo che l'Istituto Ramazzini e il National Toxicology Program avevano ragione? Avremo 20mila satelliti in orbita. Chi li va a pescare? Avremo un'antenna ogni 100 metri. Chi andrà a farsi carico di interrompere uno stile di vita?
Ha ragione chi afferma che è un cambiamento epocale. Signori, io non sono nata ieri, io sono ben felice che arrivi l'innovazione, io non potrei lavorare senza avere le connessioni a internet, non sarei più capace. Tuttavia, l'industria deve investire in salute pubblica. Come? Io non sono un tecnico della telefonia mobile. Pensare, per esempio, di mettere nei telefoni un auricolare incorporato non mi sembra che sia un'idea così complicata... La distanza incide in maniera esponenziale sul calo del pericolo. Se sto cinque centimetri distante dalla testa con il telefonino il mio rischio cala di venticinque volte. Vi sembra un'innovazione così difficile? Abbiamo l'aspirapolvere che se spingi il bottone va dentro. Forse non c'è la volontà politica. Ecco perché sono qui volentieri, perché voi siete la volontà politica, voi potete decidere che le compagnie prendano in esame delle misure per salvaguardare la nostra salute, poi ben venga il progresso.
In medicina il 5G ha delle applicazioni straordinarie nella comunicazione dei big data, ma chi di voi ha chiesto, in verità, di azionare il frigorifero mentre è al lavoro, di accendere il riscaldamento o di tirare su e giù la porta del garage con il telefonino? C'è qualcuno di voi che sente espressamente questo desiderio impellente? Io credo di no. Allora, usiamo la tecnologia, ma usiamola per il progresso dell'uomo, in quelle aree della ricerca e della salute pubblica che veramente ci portano vantaggi, che veramente ci portano progressi, ma non a discapito della nostra salute.
Noi abbiamo ancora in essere l'impianto espositivo dove abbiamo studiato il 3G. Basta cambiare l'alimentatore che questo esperimento potrebbe cominciare, il tempo di mettere insieme una popolazione animale adeguata, ma sicuramente entro l'anno. I costi sono all'interno di qualche milione di euro, non sono miliardi di euro. Se pensiamo al business...
Mi risulta che già nel 2001 fossero stati stanziati con la legge n. 36 (ora non ricordo bene gli articoli) i fondi per compiere ricerca sulle radiofrequenze. Non so in quale pacchetto siano finiti quei soldi, però da qualche parte saranno stati messi.
Ieri sera ho visto la nostra giornalista Milena Gabanelli, che è quella che ci porta Pag. 7sempre sul piatto tutti i problemi, che ci diceva che non riusciamo a spendere i fondi europei. Questo non è un problema dell'Italia, questo è un problema di tutto il mondo. Io credo che nell'ambito delle nuove tecnologie e dell'innovazione di questi fondi qualcosa potrebbe essere speso per fare una ricerca.
L'istituto Ramazzini c'è. Non vogliamo fare i leader, non vogliamo fare le prime donne o quelli che hanno risolto il problema. Se l'Istituto superiore di sanità volesse affiancarci in questo studio, noi siamo apertissimi, non abbiamo segreti, non abbiamo paura. Vogliamo semplicemente assumere il nostro ruolo, che è quello di avere la fiducia dei cittadini e di ricambiarla con dei dati che possano essere riversati sulla loro salute. Spero che questo appello non vada a vuoto.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Buongiorno e grazie per essere qui. Ho letto il report dell'Istituto Ramazzini. Leggevo che avete fatto vari test da 12, 18, 25, fino ad arrivare a 50 voltmetro. I casi tumorali, quindi l'aumento di casi specifici, c'è stato solo sull'ultimo range di potenza o si sono evidenziati anche casi sui range inferiori?
Visto che parlate di campo vicino, vorrei capire quali sono i rischi più alti e se derivano dalla vicinanza a un'antenna o piuttosto dall'uso dei vari device che sono quelli che, invece, spesso teniamo direttamente a contatto del nostro corpo.
Infine, in Italia, come è stato detto anche da voi, abbiamo dei limiti molto più bassi rispetto a tutto il resto del mondo. Mi chiedevo se negli altri Paesi ci sono evidenze di maggiori casi di tumore rispetto all'Italia, visto che c'è questo divario molto ampio tra il nostro Paese e gli altri.
PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Belpoggi per la replica.
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Nel nostro studio esaminiamo 5, 25 e 50 voltmetro. Conti che i 20 voltmetro sono ammessi nel luogo di lavoro, quindi sono una frequenza molto comune.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Quindi qui potrebbero esserci 20 voltmetro?
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. No, parlo di lavorazioni, non di lavoro, cioè il saldatore a radiofrequenza... Infatti, le radiofrequenze hanno degli impieghi industriali, anche per saldare le lamiere, per tagliarle, quindi negli ambienti di lavoro dove vengono utilizzate possono insegnarci questi picchi.
Questi tumori sono rarissimi nell'animale sperimentale. Nel nostro controllo storico di 20mila animali di controllo – conti che il mio centro esiste da 45 anni – se io prendo tutti gli animali di controllo utilizzati per gli studi e vado a vedere quante volte ho visto questo tumore vedo che la percentuale è dello 0,6. Il livello che io mi posso aspettare come background naturale – perché tutti i tumori hanno anche un background naturale – è 0,6. Io ho visto un aumento già a partire da 5 voltmetro, perché contro lo zero del controllo ho visto due di questi tumori, che è una percentuale molto rapportata. Fra 0,6 e 2 voi capite che c'è già una bella differenza.
Nel gruppo trattato abbiamo visto – adesso vado a memoria – quattro di questi tumori nei maschi e due nelle femmine. I maschi si sono dimostrati più responsivi. Per i tumori del cervello nel nostro studio maggiormente le femmine, ma per i tumori dei nervi periferici maggiormente i maschi.
Ad alta dose, 50 voltmetro, hanno avuto un aumento statisticamente significativo, ma sporadici tumori di questo tipo sono stati osservati anche nelle altre dosi, mentre nel controllo era zero.
Contate che tutti i preparati sono stati imballati dentro una valigia, sono andata negli Stati Uniti ed è stato istituito un pathology working group sempre dal Governo americano che ha rivisto tutti i nostri Pag. 8casi, quindi che siano quelli non c'è dubbio. Altri dodici esperti hanno rivisitato tutti i nostri studi, sia quelli sui tumori del cervello che quelli sui nervi periferici.
Per quanto riguarda gli effetti diversi fra il campo vicino e il campo lontano, come le ho detto, il gruppo americano ha visto gli stessi tipi di tumori, ma con un'incidenza maggiore con il campo vicino.
Il campo vicino che caratteristica ha? Magari ne parlerà anche l'ingegnere Cancelleri dopo di me. In ogni caso, riscalda di più. Queste sono microonde, quindi se abbiamo i fornetti a microonde vuol dire che questo effetto c'è. L'ingegnere poi vi spiegherà meglio di me.
I tumori dello stesso tipo che sono stati registrati nell'uomo, come le dicevo, non sono stati studiati in Italia, ma in Svezia, in Israele, negli Stati Uniti, cioè in altri Paesi. In Italia ci sono stati studi, che però non hanno avuto una rilevanza da un punto di vista biostatistico, quanto lo è stato per gli studi fatti in Svezia, soprattutto quelli del professore Hardell.
Per esperienza personale, vi dico che un tumore raro come l'angiosarcoma del fegato, che noi vedemmo negli anni Settanta nei nostri ratti trattati con il cloruro di vinile, erano gli stessi tumori rari che sono poi stati visti ad anni di distanza negli operai di Marghera. Il tumore raro, così come il mesotelioma per l'amianto, tumori che vedi pochissimo, quando li osservi, se sei dentro alle cose, se sei un medico che si occupa di medicina del lavoro o di epidemiologia, hai subito una lampadina che si accende. Io stessa vedendo i primi di questi preparati ero con una collega e gli ho detto: «Qui c'è qualcosa che non va». Al primo una rondine non fa primavera, ma quando cominci a vederne due ti cominci ad allarmare. Inoltre, hai lo specchio degli studi epidemiologici che già erano stati pubblicati in riviste... Io non sto parlando di bollettini della parrocchia o di resoconti di gruppi ambientalisti, vi parlo di Environmental health, di Environmental health perspectives, di Science, cioè delle riviste più autorevoli di questo settore.
Il rischio è comunque basso, perché io non ho visto da zero al 10 per cento, io ho visto da zero all'1,5 per cento. Io dico che c'è un pericolo, ma se andassimo a valutare il rischio diremmo che è un rischio basso. Tuttavia, quanti sono gli esposti? Fate il conto di quant'è l'1,5 per cento di 6,5 miliardi di persone. Sono milioni. Dunque, noi ci troviamo di fronte a una tecnologia che potrebbe avere anche un impatto medio-basso sulla cancerogenesi, ma sono talmente tanti, soprattutto categorie deboli quali i feti, gli embrioni e i bambini appena nati, che l'impatto totale sarebbe veramente alto.
Non voglio creare allarmismo, perché io sono veramente contraria ad affrontare con eccessivo allarmismo le situazioni. Il rischio va governato e voi siete rappresentanti di chi governa. Bisogna che vi rendiate conto che non si tratta di qualcosa di irreale. Io quei tumori li ho visti.
PRESIDENTE. Mi perdoni, il collega le aveva chiesto tra antenne e semplici device...
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Qual è il più pericoloso?
PRESIDENTE. Il più pericoloso immagino che per evidenti ragioni sia un'antenna.
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. No, è il telefonino. Il telefonino ha un potere di penetrazione irradiante maggiore dell'antenna. Infatti, è per questo che io dico sempre che l'industria dovrebbe investire nella sicurezza dei propri prodotti. Se lei compra un frullatore e ha il marchio CE, quel frullatore se lei apre il coperchio non entra in azione. Allora, perché l'industria della telefonia non deve fare telefonini che funzionino solo quando sono a distanza dal nostro corpo? Mi sembra una cosa così banale. Siamo noi consumatori che dobbiamo chiederlo, perché se smettiamo di comprare apparecchi pericolosi sicuramente loro ci forniranno quelli meno pericolosi. Non interessiamoci Pag. 9più della potenza, interessiamoci della sicurezza.
Quando il TAR del Lazio afferma «date informazioni alla popolazione», queste sono informazioni, è questo che la gente deve sapere.
DAVIDE SERRITELLA. Qual è, quindi, la distanza minima di sicurezza?
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Ritengo che già 5-10 centimetri per quello che riguarda il telefonino...
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Va precisato. Io direi che dobbiamo distinguere basse frequenze e alte frequenze. Come ha detto la dottoressa correttamente, le basse frequenze sono quelle a frequenze industriali e, quindi, riguardano la distribuzione di energia elettrica, in cui c'è un campo elettrico da solo, oppure i forni a induzione, le saldature, in cui c'è soprattutto un campo magnetico e la misura non è più in volt ma in tesla. A basse frequenze, fino a qualche kilohertz, abbiamo separazione tra campo elettrico e campo magnetico e vengono schermati, ci sono norme sui luoghi di lavoro, è tutto molto ben precisato.
Adesso parliamo delle radiofrequenze e lì si distingue campo vicino e campo lontano, perché il rapporto è con la lunghezza d'onda. Facciamo un semplicissimo esempio: a qualche gigahertz (la frequenza alla quale lavorano l'UMTS e l'LTE e alla quale lavorerà il 5G), la lunghezza d'onda è di 10 centimetri. È, quindi, corretto quello che ha affermato la dottoressa: allontanare il terminale anche solo di una ventina o di una trentina di centimetri può far calare la densità di potenza e, quindi, il danno notevolmente.
La stazione radio base, invece, è sempre in condizione di campo a grande distanza, perché sono comunque 20-25-30-40 metri, anche quando la direzione coglie proprio l'edificio di fronte, quando c'è un sistema di antenne posto sul tetto e c'è un edificio di fronte. Pertanto, la stazione radio base, se rispetta i limiti dei 6 voltmetro, non è pericolosa.
Cosa potrebbe fare il 5G di positivo? Con la tecnica del beamforming, che vuol dire «formazione del fascio», orienta il campo laddove c'è più utenza e lo fa in maniera dinamica, per cui in questo momento lo orienta da una parte e nel momento successivo lo orienta da un'altra. Questo, se tutti coopereremo anche dal punto di vista legislativo, potrebbe dare una riduzione complessiva del campo medio a cui siamo esposti.
Perché dico che dobbiamo lavorare tutti insieme? Dobbiamo lavorare soprattutto con gli operatori, affinché si mettano finalmente d'accordo per utilizzare dei siti comuni, non dei siti ognuno per sé. Questo ovviamente moltiplica la potenza e soprattutto non dà quella razionalizzazione che, invece, la tecnologia nuova consentirebbe.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Noi molto spesso veniamo bombardati da e-mail o da comunicazioni sulla pericolosità e ci sono spesso delle proteste nelle varie città sul sito dove magari viene messa l'antenna, però da quello che ci state dicendo in realtà è più pericoloso avere un cellulare in tasca che l'antenna vicino casa. Dunque, tutte queste persone che protestano magari contro un'antenna si può dire che probabilmente hanno sbagliato obiettivo.
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Se vengono rispettati i 6 volt su metro, che è e la norma particolarmente restrittiva adottata in Italia. Se non vengono rispettati – e qualche volta non vengono rispettati – comincia a diventare pericolosa anche l'esposizione alla stazione radio base. Certamente ci sono i siti sensibili che vanno protetti molto di più, come gli asili. A Roma c'è una normativa particolarmente attenta. D'altra parte, bisogna anche dire che a Roma a volte dentro muri un po’ spessi non arriva neanche il 3G, quindi anche questo è un compromesso che si dovrà trovare.
Un'abitudine che purtroppo tanti hanno è di tenere il telefonino sul comodino. Pag. 10Quelli sono 10-15-20 centimetri dei quali si potrebbe fare veramente a meno. Basta metterlo a tre metri di distanza e si sentirebbe lo stesso se dovesse squillare.
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Vorrei solo aggiungere che la sua osservazione è naturale, è la prima cosa che uno pensa. Tuttavia, c'è un'esposizione volontaria, che è quella legata all'uso del telefonino – lei sceglie di tenerlo più o meno vicino alla sua testa – e c'è un'esposizione involontaria. Ci sono persone che sono elettro-sensibili, che hanno dei disturbi che in presenza di campi elettromagnetici procurano eritemi cutanei, stato d'ansia, insonnia e quant'altro. Se io scelgo di fumare – è la stessa cosa – fumo e so che mi faccio un danno, ma, se sono in una stanza e fumo e ho vicino delle persone che soffrono del mio fumo, è un'altra situazione.
Sicuramente la prima cosa da fare a scopo preventivo è una campagna per l'uso corretto del telefono cellulare. In treno, per esempio, si arriva a 100 voltmetro, così come negli autobus. La gente non sa queste cose. Questo va sicuramente fatto, poi c'è il tema del 5G.
Si crea una gabbia. Lui sa spiegarvi meglio di me.
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Anche in un'automobile, se ci sono tre persone e tutte e tre usano il cellulare – escludiamo il guidatore – dentro all'abitacolo c'è una cassa di risonanza che ovviamente aumenta certe frequenze.
DAVIDE SERRITELLA. Lei diceva prima «se vengono rispettati i 6 voltmetro». Nel resto d'Europa, quindi, hanno tutti un rischio maggiore, dato che sono previsti limiti superiori?
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Anche in Italia c'è il 20 volt su metro, nei luoghi di lavoro, ma anche in alcune zone rurali particolari, quindi non è vero che abbiamo limiti tanto più bassi degli altri. Ci fu un'epoca nella quale le regioni adottarono veramente dei limiti più bassi degli altri. Ricordo la Toscana in particolare. Tuttavia, ebbero una serie di ricorsi da parte di operatori e aziende manufatturiere e ne hanno persi molti, per cui alla fine il 6 volt su metro è stato preso come compromesso. Non credo che nelle altre nazioni abbiano un rischio molto più alto, però forse sì.
LUCIO SIBILIA, rappresentante dell'Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia onlus. Vorrei aggiungere un piccolo dato che forse può essere rilevante. C'è una sequenza 3G-4G-5G e l'opinione pubblica tende a credere che si tratti di un incremento proporzionale, mentre non è così. Io sono un medico. So bene che l'aumento non è da 4 a 5 gigahertz, ma da 4 a una gamma di gigahertz che va da 24 a 100, quindi c'è un aumento di un ordine di grandezza. Questa è una cosa che credo si debba tener presente.
Per quanto riguarda gli effetti su popolazione, noi sappiamo che, per esempio, da molti anni stanno aumentando i tumori infantili. Ovviamente ci vogliono ricerche epidemiologiche per capire quali sono i fattori che determinano questo aumento. Noi siamo immersi in un ambiente con miriadi di fattori tossici, nocivi, ma molto spesso è molto difficile, senza degli accurati e lunghi studi, capire quali sono i fattori nocivi. Volevo dire questo.
FIORELLA BELPOGGI, direttrice dell'Area Ricerca dell'Istituto Ramazzini Cooperativa sociale onlus. Vorrei aggiungere solo una breve considerazione, se posso. Sul tema dei 6 voltmetro ricordo che in Italia avevamo la misurazione dei 6 voltmetro puntiforme, cioè, se io facevo due, tre o quattro misurazioni durante il giorno, tutte dovevano essere al di sotto dei 6 voltmetro. In seguito si è pensato bene di andare incontro alle compagnie, portando i 6 voltmetro come media giornaliera e fa una grandissima differenza, perché di notte il traffico telefonico non c'è: se lei va in un'abitazione può trovare, non dico zero, Pag. 11ma un livello molto vicino allo zero. Questo le può permettere di avere 50 o 100 durante il giorno.
Dunque, ciò che si deve tenere ben presente sono in primo luogo le normative sulla fabbricazione dei telefonini e in secondo luogo questa legge truffa, perché è una legge un po’ truffa, cioè non è a garanzia di chi abita in quell'appartamento. Tutti noi quando compriamo una casa e abbiamo dei figli pensiamo di avere la situazione migliore possibile per la famiglia e per tutti noi, ma poi ti ritrovi che magari durante il giorno ti sparano 50, 100 voltmetro in casa e tu non puoi fare niente, perché con la media della notte risultano 6 voltmetro. È vero che i 6 voltmetro garantiscono gli italiani, ma negli altri Paesi hanno le misurazioni puntiformi e noi ce le abbiamo sulle 24 ore. Questo va ricordato. È uno dei primi passi se volete in qualche modo prendere in mano questa...
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Confermo, è corretto.
GIOVANNI BATTISTA TOMBOLATO. Ho una curiosità. Sappiamo che la lunghezza d'onda, la lambda, è data dalla velocità della luce fratto la frequenza. Allora, più aumentiamo la frequenza, meglio è, perché teoricamente la distanza diminuisce, in quanto più abbiamo una frequenza alta e più la lunghezza d'onda cala. Dunque, ho capito bene: più si alza la frequenza più con il telefonino abbiamo meno distanza per essere sicuri?
PRESIDENTE. Aggiungo anche una cosa. Aggiungiamo così altra carne al fuoco. È un tema che non riguarda espressamente il 5G, ma è generale e soprattutto è in grande espansione anche nelle nostre case. Il wi-fi può essere inserito all'interno di tutto questo grande ragionamento sui rischi per la salute o è un argomento secondario?
GIOVANNI CANCELLIERI, presidente del Centro Radioelettrico Sperimentale G. Marconi (CReSM). Provo a rispondere, perché effettivamente diventa interessante a questo punto la tecnica.
È vero, alle frequenze più alte si entra in campo lontano molto più vicino e, quindi, questo tutela da un certo punto di vista, però tutto dipende da quello che si vorrà fare con queste frequenze più alte. È chiaro che si va verso frequenze più alte per trasmettere più velocemente. Si parla già di gigabit al secondo, mentre prima erano pochi megabit al secondo. Queste trasmissioni avvengono a impulso, ossia avvengono con impulsi molto intensi in certi istanti e poi in media diventano molto più deboli, quindi la misura dovrebbe essere fatta in media su un giorno, ma anche rilevando questi impulsi di dati che vengono sparati a queste frequenze molto elevate. Probabilmente gli operatori sceglieranno per alcuni servizi di usare fino a tre gigahertz e per altri servizi, più che altro nel controllo della guida automatica oppure dei droni, useranno queste trasmissioni a impulsi a frequenze altissime, i cui effetti e la cui coesistenza con tutto il parco delle comunicazioni attuale devono essere ancora effettivamente studiati.
Per quanto riguarda il wi-fi, è una potenza molto più debole, tant'è che si può utilizzare anche all'interno degli ambienti ospedalieri e di punti più delicati. Si parla di milliwatt di potenza emessa – parlo di potenza in questo momento – contro i 100 watt tipici di una stazione radio base.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti del Centro Interuniversitario di ricerca sulle Interazioni fra Campi Elettromagnetici e Biosistemi (ICEmB), di Legambiente e della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti del Centro Pag. 12interuniversitario di ricerca sulle interazioni fra campi elettromagnetici e biosistemi (ICEmB), di Legambiente e della Società impianti elettrici e telecomunicazioni – Simetel Spa.
Ringrazio tutti gli intervenuti per aver accettato l'invito della Commissione.
Do la parola a Rita Massa, direttore dell'ICEmB, per lo svolgimento della sua relazione.
RITA MASSA, professoressa associata di campi elettromagnetici, Università degli studi di Napoli «Federico II», e direttrice dell'ICEmB. Buongiorno a tutti. Ringrazio la Commissione per l'invito a partecipare a questa audizione, che ci consente di presentare le competenze e le peculiarità del nostro centro, con particolare attenzione verso queste nuove tecnologie delle telecomunicazioni e la nuova generazione del 5G.
Il nostro centro è presente sul territorio italiano da più di trent'anni. Formalmente si è costituito nel 1989 con uno statuto che è stato approvato e mediante convenzioni firmate dai rettori delle università e dai rappresentanti legali dei centri di ricerca afferenti. Sono, quindi, distribuite sul territorio italiano numerosissime sedi universitarie in cui professori e ricercatori di ben quattro enti di ricerca dedicano la loro attività di ricerca allo studio delle interazioni dei campi elettromagnetici con i sistemi biologici.
Le finalità del nostro centro sono quelle di promuovere, sostenere e coordinare le ricerche riguardanti questo settore. È praticamente una rete di studiosi che collaborano, si confrontano, si incontrano periodicamente e partecipano alle attività del centro, scambiando le proprie conoscenze e razionalizzando in questo modo anche l'impiego di risorse umane e di strumentazione scientifica.
Le nostre finalità sono quelle di studiare gli effetti biologici, dal sistema molecolare fino all'intero individuo. Chiaramente favoriamo anche i rapporti scientifici e le collaborazioni a livello nazionale e internazionale. Essendo un centro interuniversitario, proprio per la nostra missione, favoriamo la diffusione delle conoscenze e la formazione. Infatti, forniamo anche un supporto tecnico-scientifico e di formazione per gli aspetti protezionistici e normativi.
Le attività di ricerca del centro riguardano aspetti multidisciplinari. Al centro, infatti, partecipano ingegneri, fisici, medici, biologi, chimici. Insieme hanno creato un linguaggio comune e possono portare avanti attività di ricerca fortemente multidisciplinari, che riguardano: la protezione dell'uomo e dell'ambiente, gli effetti biologici e sanitari, dalla modellistica alle applicazioni biomedicali e all'epidemiologia, la progettazione delle sorgenti e la relativa caratterizzazione, quindi la dosimetria, la realizzazione di sistemi per poter irradiare il campo, nonché la partecipazione a lavori di revisione della letteratura per agenzie internazionali.
Infatti, le competenze e l'esperienza dei ricercatori di ICEmB sono riconosciuti anche a livello internazionale. Diversi membri del nostro centro partecipano ai lavori di commissioni internazionali e sono direttori e organizzatori di scuole di bioelettromagnetismo. Vorrei ricordare l'ultima scuola internazionale di dottorato proprio sul 5G. Sono tutte tematiche che fanno parte del nostro lavoro quotidiano.
Concentrando l'attenzione sul 5G, noi sappiamo che queste reti impiegheranno campi elettromagnetici che lavoreranno in bande di frequenze che in parte sono abbastanza vicine a quelle delle generazioni precedenti e in parte, invece, si estendono a quelle millimetriche, frequenze molto elevate.
I meccanismi di interazione sono noti. Sappiamo che quando la frequenza aumenta, la profondità di penetrazione del campo diminuisce all'interno del corpo umano e, quindi, praticamente solamente gli strati superficiali (l'epidermide) sono maggiormente coinvolti in questa interazione.
Abbiamo esperienza e competenza per la pianificazione della radio-copertura, in modo da poter ottimizzare avendo come prerequisiti sia la minimizzazione dei livelli di campo sia la qualità del servizio. Sono due parametri che devono essere in qualche modo tenuti in conto per l'ottimizzazione della radio-copertura. Questo vale Pag. 13sia per ambienti esterni che per ambienti interni.
La situazione attuale, per quanto riguarda la normativa, chiaramente fa riferimento a normative che sono state dettate a livello internazionale dall'ICNIRP (International Commission On Non-Ionizing Radiation Protection), in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità, che riguardano l'esposizione della popolazione dei lavoratori per campi elettromagnetici da zero a 300 GHz e, quindi, contemplano già queste frequenze più elevate che verranno utilizzate.
Sappiamo anche che la normativa italiana sulle esposizioni prolungate per la popolazione ha ridotto i limiti, per un principio di precauzione, nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2003.
Le normative, così come affermato dall'ICNIRP, vengono continuamente aggiornate, anche sulla base dei risultati della letteratura scientifica. Attualmente l'ICNIRP sta preparando un aggiornamento sulla base dei risultati degli ultimi vent'anni di ricerca e si prevede il rilascio di questo documento entro il 2019, però fondamentalmente la nuova versione non differirà molto da quella del 1998, perché i risultati ottenuti sono stati essenzialmente confermati.
La normativa italiana si discosta da queste normative internazionali e probabilmente questa è una buona occasione per poter riprendere questi argomenti e adeguarsi agli standard internazionali.
Per finire, l'ICEmB è da trent'anni sul territorio nazionale, con competenze, come dicevo, multidisciplinari e che possono essere utilizzate. Il centro è disponibile a collaborare con le istituzioni per affrontare queste tematiche, che sono relative alla gestione dei campi elettromagnetici generati da queste sorgenti di telecomunicazioni di nuova generazione.
Il supporto scientifico di università e centri di ricerca che collaborano da così tanto tempo e che sono istituzionalmente indipendenti non può che garantire affidabilità, rigore e trasparenza dei risultati.
PRESIDENTE. Do la parola a Katiuscia Eroe, responsabile elettromagnetismo di Legambiente, per lo svolgimento della sua relazione.
KATIUSCIA EROE, responsabile elettromagnetismo di Legambiente. Buongiorno. Grazie da parte di Legambiente per l'invito. È ovvio che questo è un tema particolare, nel senso che ha diversi aspetti. Da una parte c'è quello che può rappresentare il 5G in termini di innovazione e di telecomunicazioni. Pensiamo al quadro delle offerte che il 5G promette in termini di gestione e controllo, dai servizi energetici al trasporto e al traffico.
Non siamo un'associazione contro lo sviluppo tecnologico, però quando parliamo di alte frequenze quello che c'è da ricordare è che parliamo prima di tutto di un tema che ha un altissimo impatto sociale, in cui la ricerca scientifica è controversa rispetto ai risultati, e che il 5G viene inserito dallo SCHEER (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks), cioè dal comitato scientifico indipendente della Commissione europea, tra i quattordici temi che in futuro possono generare rischi per la salute dei cittadini e dell'ambiente.
Infatti, come ci veniva ora raccontato e spiegato, più si innalzano le frequenze e maggiori sono le difficoltà di penetrazione di queste tecnologie, quindi di passaggio dell'onda radio, e le possibilità di trasmissione di tutto quello che vorremmo far passare dal 5G, come ci dice l'AGCOM, con una diffusione di microantenne che non saranno più quelle sui tetti, ma saranno diffuse in un modo totalmente diverso, molto più capillare. Si parla di un milione di microantenne per chilometro quadrato, con un rischio evidente, che è quello raccontato, rispetto a un limite di esposizione di 6 voltmetro che riguarda il nostro Paese. Il rischio, come ci raccontano tanti gestori con cui spesso ci confrontiamo, è dovuto anche all'impossibilità tecnica di realizzare questa diffusione se questi sono i limiti mantenuti.
Da una parte, comprendiamo la difficoltà tecnica, l'interesse dell'innovazione, la necessità che in qualche modo il mondo Pag. 14vada avanti, però quando ci confrontiamo con una parte di ricerca, con 170 scienziati in 37 parti del mondo che chiedono una moratoria rispetto al 5G, quando ci confrontiamo con quello che accade in tanti territori di questo mondo, a partire dai 300 sindaci che negli Stati Uniti stanno cercando di bloccarne lo sviluppo, non tanto perché certi di un possibile danno, ma per il rischio di un possibile danno.
Come lo SCHEER afferma, noi abbiamo pochi dati su tutti gli standard precedenti, ma abbiamo certezza di quello che avviene in alcune interazioni, con alcuni effetti, con alcune prolungate esposizioni. Forse sul 5G dovremo porre delle attenzioni rispetto alla diffusione e anche alla sua utilità e sul come decidiamo di diffondere e di utilizzare questa tecnologia.
Riteniamo che alla base di tutto questo non ci possa essere in nessun modo un innalzamento dei limiti di esposizione. Riteniamo, al contrario, che, se vogliamo rispettare un principio di precauzione, occorra ridurre i limiti di esposizione. Ci sono indicazioni che parlano dello 0,6 e dello 0,5, oltre il quale, a partire dalle fasce a sensibilità maggiore come i bambini, possono esserci delle interazioni biologiche.
Riteniamo che tutto questo debba essere accompagnato rispetto al 5G da una ricerca approfondita, indipendente, ma assolutamente controllata. Non si può pensare di coprire città intere senza avere dall'altra parte certezza di quello che può avvenire. Occorre, quindi, una ricerca indipendente, controllata e verificata nei tempi e iniziare a capire in quali ambiti è corretto o meno l'utilizzo del 5G.
La sostituzione di alcuni servizi – estremizzo – come la tv digitale forse non è il sistema migliore di utilizzo del 5G, semplicemente per allargare una fetta di mercato. Probabilmente esistono oggi delle tecnologie diffuse, che possono coprire l'intero territorio e che ancora possono funzionare, in attesa che Governi e ricerca scientifica studino e approfondiscano i possibili effetti.
L'altro tema da approfondire e da stimolare è quello del ruolo dei comuni, attraverso la pianificazione di come vanno coperte le città e di come vanno protetti i luoghi sensibili, a partire dalle scuole e dai centri anziani, che sono i primi punti di possibili criticità, accompagnando i comuni attraverso uno stimolo a una pianificazione e, non ultima, una campagna di informazione molto spinta rispetto a tutti i possibili effetti dell'elettromagnetismo.
Quando parliamo di tema sociale sensibile assistiamo a grandi comitati che si oppongono per un'antenna e gli stessi cittadini che utilizzano in maniera sconsiderata un cellulare, con effetti totalmente diversi. Siamo coscienti di quello di cui stiamo parlando. Spesso la risposta che ci viene data è: «Parliamo di pochi casi, di possibili rischi, di casi rari». Riteniamo che qualsiasi sviluppo tecnologico non sia in nessun modo prioritario anche in quei rari casi nei quali ci possano essere dei rischi sanitari.
PRESIDENTE. Do la parola a Vittorio Barison, responsabile di sviluppo e progettazione di Simetel spa, per lo svolgimento della sua relazione.
VITTORIO BARISON, responsabile sviluppo e progettazione della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa. Buongiorno a tutti. Ringraziamo l'intera Commissione per averci invitato e la Presidenza in particolare.
Noi siamo una ditta privata, navighiamo nel mondo delle telecomunicazioni e, come può spiegare meglio il mio collega, da più di vent'anni ci occupiamo anche del monitoraggio elettromagnetico di installazioni di questo tipo.
Entrando nell'argomento del giorno, la transizione al 5G, si tratta di una tecnologia che porta con sé dei vantaggi evidenti dal punto di vista degli operatori economici, che non solo incamererà del traffico dati a oggi in uso in altre tecnologie, ma spingerà inevitabilmente il mercato a caricarci sopra nuovo traffico di dati, il che vuol dire nuove emissioni e vuol dire anche riconsiderare il modo in cui oggi vengono monitorate le aree, a protezione sia della popolazione che dei lavoratori.
Oggi c'è una moltitudine di normative che si sovrappongono, distinguendo la fascia Pag. 15 da proteggere (popolazione o lavoratori) e creando differenze dal punto di vista di soglie, metodi di misure e di valutazione dei campi.
In questo mondo, il monitoraggio d'area fisso e costante nel tempo, ovvero fisso nella posizione e attivo 24 ore su 24 a tempo pieno, rimane, almeno per la nostra esperienza, uno dei metodi più efficaci per garantire il non superamento. Comunque i campi sono inquadrati dal punto di vista normativo, non entriamo nel campo di cosa fa male e cosa no.
Nell'ambito di un'autorizzazione di un'antenna, si guarda una volta come vanno le cose e non sempre si riesce a considerare la sua interazione col resto delle emittenti. In un mondo in cui abbiamo l'emittenza in tasca con il cellulare, è quasi impossibile, se non si monitora continuamente, avere un'idea di quello che si sta vivendo in un dato posto e in un dato momento.
Il monitoraggio d'area ha anche un'altra funzione, perché la tutela è duplice. L'idea iniziale è sicuramente proteggere il cittadino e il lavoratore, che distingue in quanto distinti dalle normative, ma l'idea è anche fornire una tutela al gestore degli impianti, oltre che all'amministratore pubblico che ne è comunque spesso corresponsabile, fornendo a essi uno storico di tutto ciò che è avvenuto negli anni, con registrazioni continue, in una data posizione. L'esperienza e la giurisprudenza ci insegnano che poter dimostrare come è stato gestito un sito negli anni può essere molto importante per la tutela di chi amministra.
In quest'ottica, avvicinandoci di più alla nostra esperienza, sia la Marina militare che l'Aeronautica militare da molti anni (da una ventina di anni almeno) hanno iniziato a dotare i loro siti trasmittenti di impianti di monitoraggio d'area, che sono composti da numerose postazioni, distribuite in modo ragionato, ma che comunque a seconda delle frequenze non sono mai abbastanza – infatti, a seconda delle frequenze, il micro-ambiente, la localizzazione diventa molto importante – nei posti più sensibili, vicino a dove c'è un operatore o a dove può passare un turista.
In questi anni abbiamo coperto frequenze che vanno dai pochi kHz del VLF (very low frequency) fino alle frequenze radaristiche, quindi ci avviciniamo ai 5 GHz per alcuni siti dell'Aeronautica. Abbiamo fatto questo coprendo campi diversi e utilizzando tipi di misure diverse, perché la tecnica non è sempre la stessa. In particolare, l'esperienza sui radar (parliamo, quindi, di sorgenti impulsive) si avvicina molto al modo in cui la norma e lo stato dell'arte aiutano o spiegano come andare a misurare e a valutare campi fondamentalmente digitali quali sono quelli della telefonia.
È importante anche dire che il monitoraggio d'area negli ultimi vent'anni è cambiato tantissimo, passando da installazioni localizzate, fini a se stesse, in ambienti chiusi fino a quello che abbiamo adesso, che sono sistemi complessi di monitoraggio interconnessi tramite internet, che delocalizzano anche di centinaia di chilometri il controllo di questi impianti.
Proprio in quest'ottica di sistemi complessi con comunicazioni attraverso le reti internet o intranet, abbiamo recentemente sviluppato, sempre per l'amministrazione della difesa, un sistema che è in fase di installazione in siti della Marina militare in tutta l'Italia. In questo caso parlo di frequenze HF (high frequency), ma l'argomento è ampiamente generalizzabile. Questo sistema si basa sull'installazione di numerose (a volte più, a volte meno) postazioni di monitoraggio sparse nei campi antenne della Marina, che vengono centralizzate localmente, per poi essere diffuse, all'interno della rete propria ovviamente, fino a due centri di controllo posti in regioni italiane diverse. Abbiamo riportato allarmistiche, storici dei dati e tutti i dati necessari ad avere la ragionevole certezza di non mettere a rischio il personale che ci sta lavorando.
È importante dire che questo non è più il mondo chiuso che noi abbiamo conosciuto vent'anni fa. Adesso si usano protocolli standard quali l'SLMP (seamless message protocol), quindi il monitoraggio elettromagnetico si integra senza difficoltà con altri impianti di monitoraggio ambientale, Pag. 16di qualità dell'aria, climatici e quant'altro, anche di produttori diversi. Non è più un settore così chiuso.
È anche importante dire che questi impianti non sono installati e lasciati là, senza possibilità di aggiornamenti o al di fuori della normazione in divenire, perché in primo luogo le terminazioni (parliamo delle sonde) hanno la taratura e la certificazione obbligatoria, che danno una garanzia della qualità del dato. Inoltre, sono disegnate in modo da seguire la normazione, permettendo di cambiare la tipologia di misura, il sensore stesso, i tempi di riferimento e i tipi di registrazione.
Per quanto riguarda, invece, le prospettive del monitoraggio d'area al di fuori dell'amministrazione difesa, lascio la parola al collega Marsili, che si occupa di qualità presso la stessa Simetel.
ALESSIO MARSILI, responsabile sistema gestione qualità di Simetel spa. Vedo che il programma delle audizioni è abbastanza fitto, quindi cercherò di essere il più breve possibile, presidente. Innanzitutto grazie di questa possibilità. Io mi limito a dire alcune cose.
La Simetel S.p.A. innanzitutto è una società che è stata istituita nel 1959 e da vent'anni svolge questa attività. Ci tengo a portare i saluti del nostro amministratore delegato, l'ingegner Luciano Del Rio, che ci ha permesso di essere qui oggi.
Dico questo per sciogliere un po’ il ghiaccio, perché l'emozione di parlare qui con voi prende un po’ il sopravvento. Se mi avessero detto qualche settimana fa che avrei avuto l'opportunità di contribuire a questo dibattito, probabilmente anch'io avrei preso per folle chi me l'avesse detto. Questo mostra da una parte la sensibilità di tutte le forze politiche di questa Commissione in merito a quest'argomento, e soprattutto, entrando nel merito della società che rappresento in qualità di responsabile del sistema di gestione, come piccola e media impresa cerca di contribuire a questo dibattito sulla transizione verso il 5G, nella fattispecie in alcuni ambiti precisi. Sarò breve, perché non vorrei poi abusare del tempo che ci avete concesso.
È una necessità per gli operatori economici garantire, attraverso evidenze oggettive, dati rilevati da strumentazione certificata interconnessa da un sistema che possiamo definire come prodotto certificato, il cui dato rilevato sia inequivocabile. Perché inequivocabile?
Nel caso di diatribe legali tra cittadini e pubblica amministrazione, è chiaro che bisogna permettere a un'entità terza, che poi dovrà giudicare, di verificare nel tempo e in maniera inequivocabile lo storico, che cosa è accaduto nel percorso oggetto di diatriba. In che modo lo fa?
Quali sono gli oggetti della questione? Il monitoraggio della salubrità dei siti sensibili, quali biblioteche o centri anziani e altro; il controllo dei tempi di esposizione degli utenti fruitori del servizio pubblico all'interno dei siti sensibili; il controllo dei tempi di esposizione dei lavoratori che operano nei siti esposti.
Vado alla conclusione senza dilungarmi oltre.
A tal proposito, so che la Commissione effettua audizioni fino al 30 marzo. Ora, c'è chi vuole, in questi casi, «toccare con mano».
Esiste un sistema installato sia presso il nostro sito della società sia presso il sito del Ministero della difesa (Marina militare), al quale potremmo eventualmente accedere se si vuole capire quali sono queste informazioni.
Concludo, presidente, dicendo che, in un'ottica di estensione di questa tipologia di sistemi al di fuori dell'amministrazione della difesa, con cui operiamo, ma a più larga scala a tutta la pubblica amministrazione, ripeto per estendere nei siti sensibili, sarebbe auspicabile che la gestione dei database di raccolta dati a titolo di evidenze oggettive fosse affidata a un soggetto dotato di adeguata veste giuridica proprio al fine di permettere agli amministratori di tali siti di dimostrarne la conformità alle leggi vigenti. Questo perché per il prodotto certificato dall’item fino al sistema, i dati vengono immagazzinati in un database locale. Nel caso, appunto, di diatriba tra cittadino e amministrazione e gestore del sito, il dato è comunque non inequivocabile. Pag. 17
Spero di essere stato chiaro e sintetico. Vi ringrazio ancora di questa chance.
PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Quello che ci preoccupa di più in questo momento è l'esposizione alle radiofrequenze. È un tema molto dibattuto.
Stavo notando adesso, anche insieme ai colleghi, che in Italia c'è un limite, oltre che molto più basso, uniforme su tutta la banda di frequenza, mentre ho visto che in altri Paesi il limite scende a mano a mano che sale la frequenza. Come è stato anche detto nelle audizioni di prima, infatti, aumentando la frequenza, il campo vicino si allontana rispetto all'altro.
Con il 5G ci sarà un sistema di antenne molto più diffuso sul territorio, perché sappiamo che deve avere una latenza molto bassa, e quindi saranno posizionate molte più antenne. Vorrei capire se questa suddivisione potrebbe avere un senso anche in Italia, andando a creare un limite basato sulle varie frequenze invece che su una misura uniforme.
Visto che si parla del sistema di misurazione, qual è il vostro parere sull'attuale sistema di misurazione delle onde elettromagnetiche? Adesso, si fa una media sulle 24 ore invece di prendere i punti, come si faceva fino a qualche anno fa e come si continua a fare nei restanti Paesi europei.
GUGLIELMO D'INZEO, professore ordinario di campi elettromagnetici, Università degli studi di Roma «La Sapienza». Sono un ingegnere di estrazione, ma ho un po’ di esperienza, insieme ai colleghi del centro, anche di quel linguaggio multidisciplinare di cui si parlava prima. Rispondo alle due domande in maniera abbastanza semplice.
Scherzando, noi diciamo che le normative sono a «vasca da bagno», perché sono fatte più alte in basso, poi scendono, poi sono più piatte e poi risalgono in alta frequenza.
Questo dipende proprio dalle caratteristiche del corpo umano, che tende ad assorbire l'esposizione in maniera selettiva, andando a interessare, a penetrare più facilmente all'interno dell'organismo in termini pratici. Che cosa fanno le normative? Compensano per evitare quale fenomeno? Il riscaldamento. Quando parliamo di radiofrequenze, il tema principale è questo.
La collega diceva, giustamente, che le normative sono quelle vecchie, del 1998, ma dell'ICNIRP la collega e io siamo entrambi membri, e quindi lavoriamo operativamente per fare le normative internazionali. Il motivo per cui a suo tempo fu presa la scelta di fare un livello piatto e più basso che nella normativa internazionale era il principio di precauzione. Si diceva, nel 1998: non si sa che cosa succederà. In realtà, sappiamo che cosa è successo. Sono passati vent'anni, e una serie di considerazioni allarmistiche che risalivano a quel periodo sono progressivamente decadute.
Ovviamente, un ente internazionale risponde non soltanto rispetto ai cittadini italiani, nel fare questo, ma – lasciatemelo dire – rispetto a tutta l'umanità. L'esposizione da campi elettromagnetici ormai interessa 7 miliardi di persone, quindi non stiamo parlando di una cosa che si fa a cuor leggero.
Qual è la situazione? Da ICNIRP la normativa verrà rilasciata probabilmente questa estate. Sono cambiate le modalità scientifiche dal punto di partenza. Prima, si parlava solo di assorbimento; adesso, si calcola anche – posso far vedere le trasparenze, se necessario, ma mi limito per adesso a parlare – la temperatura nelle diverse parti del corpo. La nuova normativa cambia tutto, se vogliamo fare una citazione rispetto a prima, quando era una normativa prevalentemente ingegneristica, e diventa più una normativa di tipo fisiologico.
Resta fermo che avrà un andamento come quello precedente, perché appunto da questi vent'anni di ricerca non sono emersi fatti che abbiano portato a sconvolgere le conseguenze. Lei accennava, per esempio, al tempo di esposizione: ci sono tempi di esposizione diversi a seconda delle Pag. 18zone del corpo interessate. In qualche modo, sono già fatte per rispondere a questo tipo di problematiche. Abbiamo ben presente che ci sarà uno spostamento verso l'alto delle frequenze di interesse. La normativa tiene intrinsecamente conto di questi aspetti.
Non penso che questa sia la sede, ma come centro interuniversitario siamo a disposizione per qualunque dato tecnico ulteriore da confermare.
Come dicevo, per le radiofrequenze, le normative si basano essenzialmente sul fenomeno del riscaldamento.
Per quanto riguarda le misure, così come i terminali saranno testati, anche i nuovi apparati saranno testati. Quanto allo spostamento verso l'alto, verso i 30 GHz, in realtà è vero che ci saranno tante sorgenti in vicinanza delle case, ma è un po’ lo stesso fenomeno che è già avvenuto con il wi-fi.
Tutti noi dentro casa abbiamo una distribuzione del segnale – penso siano pochi quelli che ci rinunciano – che arriva da internet. In quel caso, che cosa sono? Sono delle piccole stazioni radio base, delle piccole stazioni equivalenti a quelle che sono sui tetti delle case, che però vengono dimensionate con delle potenze più basse. Queste strutture vengono, quindi, testate prima di essere immesse sul mercato, vengono misurate. Spesso, addirittura, data la debole potenza che hanno, non si procede nemmeno alla misura caso per caso, ma si fa una taratura iniziale sull'apparato, dopodiché diventa uno standard.
Lo stesso sta avvenendo a livello di ricerca. Anche su questo c'è stato recentemente un convegno mondiale dedicato proprio alle misure e alla parte di protezione, a Parigi, con il gruppo che raccoglie Stati Uniti, Giappone, Canada e tutte le parti tecnologiche avanzate. Si sta mettendo a punto una tecnica di misura sui nuovi apparati, per cui quando arriveranno, saranno già testati.
Resta il problema di come metterli sul territorio. In questo senso, veniamo al motivo per cui abbiamo anche parlato di ottimizzazione sul territorio.
Mettendo le stazioni radio base in maniera ottimizzata e con le tecniche ingegneristiche che ci sono per ridurre l'esposizione media della popolazione, ma ugualmente mantenendo una qualità elevata – bisognerà, ovviamente, fare una progettazione intelligente di questi nuovi sistemi – si può trovare un punto di incontro.
Quando io, spesso, non ho la possibilità di mettere sorgenti ben dimensionate perché ho dei vincoli, come appunto la vecchia normativa prevedeva... Maggiore è l'elasticità, maggiore è la possibilità di ottimizzare, il concetto è abbastanza facile. In questo senso, si può ottenere un miglior controllo sull'esposizione media ambientale rispettando le normative internazionali. In pratica, aggiungere dei vincoli impedisce di ottimizzare l'equilibrio tra la qualità del servizio e l'esposizione.
Questo è il motivo per cui come centro prendiamo questa posizione, oltre al fatto che siamo strettamente connessi alle organizzazioni internazionali, per cui contraddiremmo noi stessi nel dire: abbiamo fatto delle normative, ma non devono essere rispettate. Non possiamo che presentarci con questo tipo di posizione.
Aggiungerei un'ultima considerazione, poi casomai cedo la parola ai colleghi se hanno qualcosa da aggiungere, sul famoso rischio che non è collegato soltanto al riscaldamento. Parliamo in generale di tumori. Anche questi sono dati che eventualmente possiamo lasciarvi sotto forma di trasparenze.
Ci sono degli studi epidemiologici di elevato livello, anche in questo caso di persone che collaborano con centri internazionali, che dimostrano che, se quello che si diceva vent'anni fa fosse vero, adesso dovremmo avere degli effetti di aumento dei tumori nei diversi i Paesi dell'ordine del 100 per cento o anche di più. Se fosse vero quello che si diceva vent'anni fa – tra l'altro, ero in Commissione anche vent'anni fa, data la mia età, avevo questa posizione dimostrabile anche all'epoca – avremmo una situazione in cui l'aumento dei casi di tumore dovrebbe essersi attestato fino a fattore dieci volte.
Se si va a vedere operativamente – ci sono degli studi in Francia e in Australia – questi eventi non ci sono. Un uso del principio Pag. 19 di precauzione forzato poteva forse avere un senso vent'anni fa, non per me, e i fatti mi hanno dato ragione, ma adesso non ha più senso. Ripropongo, quindi, ancora quello che dicevo: usare le normative internazionali.
Forse, possiamo aggiungerci due cose importanti: continuare la ricerca, che è sempre importante, e abbiamo delle applicazioni di tipo positivo, anche se non è questo il momento di parlarne; soprattutto, anche se in sé necessario, monitorare il territorio, ma più che altro per scopi di comunicazione, cioè per poter rassicurare la popolazione che quello che viene fatto è effettivamente quello che le normative richiedono.
Questa è una rapida sintesi. Non so se ho risposto alle domande.
KATIUSCIA EROE, responsabile elettromagnetismo di Legambiente. Io non so chi ha ragione. Prima citavo lo SCHEER. Anche questa è una Commissione di scienziati, e non ho nessuna intenzione di criticare o oppormi. Non avrei neanche le carte per farlo. Studio e ho studiato altro nella vita.
Qualche giorno fa, però, qualcuno mi faceva una domanda. Tra i limiti dell'Italia a 6 volt metro e i limiti di qualche altro Paese europeo a 20, a 30, a 40, di fronte a chi dice che non c'è nessuna evidenza e a chi, pari – parliamo di studiosi – dice che un possibile rischio potrebbe esserci, da cittadina, da associazione, da Legambiente non mi assumo e non mi assumerei mai il rischio, senza che tutta la comunità scientifica sia concorde, nel dire che non esiste un rischio e nel dire ai cittadini: innalziamo i limiti di esposizione, altrimenti avrei un problema tecnologico.
Parto quindi da un'altra considerazione.
È vero che, se fosse tutto con le esposizioni di oggi, forse i casi di leucemia infantile e residenziale sarebbero aumentati a livello esponenziale. È anche vero che dobbiamo ricordarci che le tecnologie cambiano, che le esposizioni cambiano, che il mondo cambia, che oggi siamo molto più soggetti a determinate esposizioni. È come per i test dell'auto, del diesel: un conto è un test, un conto è quello che la macchina consuma ed emette su strada.
Noi non chiediamo che venga bloccato il 5G, che da domani posiamo tutti i cellulari, che la tecnologia non vada avanti, che le smart city non si facciano, però stiamo anche molto attenti a quello di cui parliamo. Esaspero l'esempio, che faccio sempre, anche con i bambini: il fumo fa male, ed è un dato certo; c'è chi fuma due pacchetti di sigarette al giorno e non gli succede nulla, e c'è chi muore di fumo passivo.
Quando parliamo di possibili rischi, forse dovremmo considerare che una persona e la salute di una persona hanno più dignità di qualsiasi antennina 5G. E ripeto che non stiamo parlando di evidenze scientifiche, ma di scienziati che si contrappongono su un tema da vent'anni, su cui tra l'altro il nostro Paese non ha neanche fatto una giusta comunicazione e informazione, tant'è che i Ministeri dell'ambiente e delle comunicazioni sono stati condannati dal TAR del Lazio a fare campagne d'informazione su questo tema.
Devono esistere delle modalità per minimizzare le esposizioni, per rispettare il principio di precauzione, che ti dice che, laddove non hai assoluta certezza... Ripeto, e mi scuso, che non ho nessuna carta per dire che il vostro istituto ha torto, ma non riesco neanche a dare torto allo SCHEER, che pone un rischio e pone una domanda, e le domande ce le dobbiamo porre rispetto all'evoluzione innovativa di una tecnologia.
Concludo sulle attuali modalità di misurazione.
Il cambio delle modalità ha, di fatto, innalzato il livello di campo elettromagnetico consentito. Lo è nei fatti. Un conto è misurare una media di sei minuti nel corso di maggior traffico, un conto è farlo su una media di 24 ore. È vero anche che sono cambiate le modalità di utilizzo. Oggi, il monitoraggio sulle 24 ore sposta di poco eventuali risultati, in alcuni casi limite ha consentito che il limite tecnico fosse 7 e non 6. Poi, di fronte a quello che avviene oggi nelle comunicazioni e nell'utilizzo delle trasmissioni, rispetto a quello che poteva accadere cinque, sei, sette, dieci anni fa, nei risultati di fatto non ha cambiato molto, Pag. 20non ha innalzato di molto il livello di esposizione.
Ciò non toglie che qualunque sarà la modalità di misurazione delle nuove frequenze rispetto alle nuove normative, quello su cui assolutamente siamo contrari è che la popolazione venga esposta a un'esposizione di base aumentata rispetto a quello che di fatto oggi c'è. Nell'incertezza, mi pongo una domanda in più, e lo chiedo a chi dovrà fare delle normative, a chi dovrà stabilire dei limiti, a chi dovrà fare delle pianificazioni territoriali.
La pianificazione territoriale è un pezzo fondamentale della minimizzazione delle esposizioni, ma il ruolo del Governo, delle Commissioni e dei parlamentari è altrettanto fondamentale nello stabilire quella che dovrà essere la linea giusta tra uno sviluppo tecnologico e un'assoluta protezione della popolazione, anche di fronte a un'incertezza assoluta, come in questo caso. Grazie.
GIOVANNI BATTISTA TOMBOLATO. Ha parzialmente già risposto con quest'intervento.
Vorrei capire meglio come vengono misurati i 6 volt. Oggi, ho scoperto che sono una media nelle 24 ore. Vorrei anche chiedere: i 6 volt comprendono tutte le frequenze possibili e immaginabili, partendo dalle VLF (very low frequency)? Nel sistema per la comunicazione coi sommergibili non sono kHz, ma sono Hz, si può andare dai 30 agli 80 Hz, e sono frequenze molto vicine alla frequenza cardiaca.
Vorrei sapere se è una media di tutte queste, dalla più bassa alla più alta, e se seguono tutto l'arco della giornata, le 24 ore. Come funziona? Vorrei capire proprio questo sistema.
PRESIDENTE. Do la parola al professor D'Inzeo per la replica.
GUGLIELMO D'INZEO, professore ordinario di campi elettromagnetici, Università degli studi di Roma «La Sapienza». Ci sono probabilmente alcuni errori di base sui quali occorrono alcune precisazioni. Il campo elettromagnetico si divide in diverse frequenze, che conosciamo bene. Sappiamo che un radar funziona a 6 GHz, come è stato detto prima; l'energia elettrica viene distribuita a 50 Hz; un telefonino cellulare può lavorare a 900 MHz, che è una frequenza più elevata; sempre per restare nel tema, 245 GHz, ovvero 2.450 MHz, è l'uso del wi-fi. Poi c'è l'altro aspetto, quello della potenza. Io cito sempre l'esempio dell'acqua su questo. Posso bere un bicchiere d'acqua e non mi fa niente; posso bere mezzo litro d'acqua e non mi fa niente, ma sapete che l'acqua è anche uno strumento di tortura: se faccio bere litri di acqua a una persona, diventa una tortura.
Queste sono le due cose su cui si basano gli standard. Spesso, si fa confusione tra la frequenza e l'intensità del segnale.
La normativa internazionale va da zero a salire, fino a 300 GHz. Anche per i campi statici ci sono dei casi ben precisi. La normativa europea ha avuto dei problemi perché, per esempio, questi campi di elevata intensità statici si usano nella risonanza magnetica, e bloccare la risonanza magnetica avrebbe voluto dire creare un disastro dal punto di vista sanitario, per cui c'è stato un momento in cui si è dovuto valutare questo aspetto. Quindi si va da zero a salire, fino a 300 GHz. Questo fa la normativa internazionale.
Dividendola, degli studi – se volete, vi faccio vedere – vanno a vedere diversi aspetti. Prendono il campo statico, quello di cui stavo parlando poco fa, e limitano quello, poi limitano la bassa frequenza, e poi limitano le zone di alta frequenza. È un'unica normativa, ma studiata... I fenomeni fisici, ma anche le modalità di penetrazione del segnale elettromagnetico all'interno del corpo, sono diversi. Questo fa evitare qualunque tipo di operazione che può essere non solo dannosa; evitano qualunque tipo di operazione che sia un'alterazione dello stato fisiologico, di quello che si chiama il benessere. Le normative internazionali non sono fatte su questo principio.
Cosa diversa è il tempo di esposizione della persona e il tempo di misura di cui si parla. Spesso, si fa confusione, per esempio, quando si dice che si è passati da pochi Pag. 21minuti a 24 ore. È stata un'operazione interna, italiana, che non ha niente a che vedere con le norme internazionali. È solo l'indicazione sul tempo in cui io vado a fare la misura. Non è un'indicazione sulle modalità di esposizione della persona. È stata fatta per facilitare l'uso delle misure. Loro possono confermare, chiaramente, quello che sto dicendo, perché è quello che fanno, quello che dicevano poco fa.
Misurare su 24 ore, quindi, è stato fatto per comodità, soprattutto per le stazioni radiobase, al centro di questa discussione, che in realtà trasmettono dei livelli di potenza molto bassi rispetto alle normative. È questo il motivo per cui a suo tempo i 6 volt sono stati accettati anche dagli operatori. Eravamo noi che dicevamo che era un errore utilizzare i 6 volt, perché avrebbe creato, come poi ha creato, apprensione nella popolazione. È per questo che all'epoca come centro interuniversitario sostenevamo le normative internazionali.
Non so se ho risposto alla sua domanda. Cerco di essere ancora più semplice.
Il discorso è che io faccio le normative in maniera che non ci siano alterazioni dello stato fisiologico in tutto lo spettro con effetti diversi. Le faccio un esempio banale.
Dalla corrente elettrica posso essere folgorato. Quello è un danno che viene considerato, per esempio, nelle normative sulla bassa frequenza. Delle correnti interne elevate possono, però, danneggiare la salute di un individuo, e sono totalmente diverse dal fenomeno del riscaldamento.
Quelle sulla bassa frequenza, quindi, sono normative che si basano sul rischio di problemi generali alla salute, essenzialmente al battito cardiaco. Il pacemaker cardiaco funziona dando un impulso di corrente, quindi sappiamo che fisiologicamente ci possono essere degli effetti, e limitiamo l'esposizione nell'ambiente per evitare il rischio, non di un danno, ma il rischio di un'alterazione dello stato fisiologico. Come vedremo, si accettano 4 gradi centigradi in alcune zone del corpo, sennò il corpo non può aumentare in radiofrequenze più di un grado centigrado. Sono quelli i parametri che vengono presi come riferimento.
Come vengono misurati, se volete, è un fatto tecnico, e chiaramente ha delle implicazioni. Mi fermo qui grazie.
VITTORIO BARISON, responsabile sviluppo e progettazione della Società Impianti Elettrici e Telecomunicazioni – Simetel Spa. In particolare, mi ha colpito il riferimento al VLF, anche perché abbiamo un'esperienza diretta. Nella baia prospiciente la città di Olbia, in Sardegna, c'è uno dei grandissimi centri trasmittenti VLF, uno dei pochissimi in Europa, ed è uno dei posti in cui abbiamo installato un impianto di monitoraggio d'area.
In realtà, da un lato c'è la norma che impone – questo è un argomento estremamente interessante – che venga portata una misura nelle 24 ore, e su questo posso capire che ci sono le 24 ore buone e quelle cattive. L'usanza, a prescindere dalla norma, di chi si serve degli impianti di monitoraggio d'area è di andare ben oltre la norma. Il dettaglio dello storico viene normalmente registrato al minuto, ogni sei minuti, e poi vengono fatte le medie.
Oltretutto, sempre relativamente alle 24 ore, da un punto di vista tecnico, una cosa è un filtro a media mobile, che cammina sulle 24 ore, che ogni minuto aggiorna; una cosa è 24 ore da lunedì mattina alle 7 del 4 marzo fino alle 7 del giorno dopo. Ci sono 24 ore prima e 24 ore calcolate anche traslando di poco.
In ogni caso, anche se è un approccio tecnico, nel mondo della misura, rispondendo alla seconda parte della sua domanda, sono tutti uguali i modi in cui si sommano. Queste sono indagini puntuali che normalmente vengono fatte prima a larga banda; in caso di superamento, si fanno analisi spettrali andando a cercare la sorgente.
Nel caso, invece, di cui parlava lei, in cui io so già se sono vicino a un importante impianto di trasmissione VLF, la cosa migliore è usare un monitoraggio d'area selettivo su quelle frequenze, in modo che valuto quelle e so – mi immedesimo nell'astrazione – se sono io l'ente inquinante o non lo sono.
È vero, quindi, che esiste una norma che dà una linea guida, ed è necessario che ci Pag. 22sia, perché comunque bisogna capire chi è in regola e chi no; poi c'è una serie di princìpi di prudenza che fanno sì che nell'uso comune degli impianti di monitoraggio d'area venga registrato il dato ogni sei minuti, un numero magico – loro possono spiegare meglio di me che l'aumento di un grado di temperatura in determinate circostanze non è neanche un numero così misterioso – così che comunque si riesce a ricavare anche con post-elaborazioni il dato nel periodo selezionato. Peraltro, se ho la gente che lavora lì di giorno... Mettendoci anche la notte, magari è un po’ meno impattante.
Resta che la norma è importante e nasce da considerazioni, è ovvio, estremamente tecniche.
MARIA ROSARIA SCARFÌ, responsabile laboratori bioelettromagnetismo CNR-IREA, ICEmB. Vorrei dire una parola a proposito del rischio e della comunicazione del rischio. Sono Maria Rosaria Scarfì, sono un ricercatore del CNR di Napoli e faccio parte dell'ICEmB, naturalmente.
Parlare di rischio non è la stessa cosa che parlare di percezione del rischio. Sono due cose completamente diverse.
Il rischio è un dato oggettivo. La percezione è come ce lo immaginiamo e, nel caso particolare, come i cittadini, o comunque i non addetti ai lavori, si immaginano quale possa essere la pericolosità di questi campi elettromagnetici. Bene.
Per quanto riguarda la percezione del rischio, la cosa più importante è l'informazione, è la comunicazione con – lasciatemelo chiamare così – l'uomo della strada, che è fondamentale. In quasi tutti gli Stati, non soltanto europei – è così a livello internazionale – esistono delle commissioni permanenti, dei tavoli di osservazione permanente che valutano la letteratura scientifica e, con una cadenza mediamente annuale, rilasciano un report, magari anche commentato, quindi con un linguaggio comprensibile per non addetti ai lavori, in maniera pubblica, in televisione o in una riunione aperta al pubblico, in streaming, con documenti poi disponibili su siti web. La forma è la più varia possibile.
L'Italia non ha questa cosa, non l'ha mai avuta. Paradossalmente, i ricercatori italiani fanno parte di queste commissioni. Io, per esempio, lavoro per la Svezia, che è ridicolo, perché vado a raccontare in Svezia quello che non abbiamo un canale per raccontare ai cittadini italiani.
Questa, secondo me, è una cosa fondamentale.
Vorrei dire poi una parola sullo SCHEER. Non conosco nel particolare lo SCHEER per i campi elettromagnetici, però so che cos'è, perché faccio parte di una lista di potenziali esperti che la Commissione europea può convocare in base alle tematiche e alle competenze.
C'è, però, lo SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), una cosa molto simile, che si interessa della valutazione dei potenziali rischi delle nuove tecnologie emergenti, mentre lo SCHEER è una cosa di carattere più generale, non riguarda le tecnologie emergenti.
Io ho lavorato all'ultimo rapporto dello SCENIHR. Se la Commissione europea dice che bisogna approfondire, non significa che dice che è pericoloso. Significa che è una cosa da tenere sotto controllo, cioè che bisogna controllare la letteratura di volta in volta, che non possiamo chiuderla là dicendo: non ci sono problemi, i problemi sono talmente tanto piccoli che possiamo trascurarli. È una cosa da monitorare nel tempo, ovviamente raddrizzando il tiro nel momento in cui emerge che la situazione sta cambiando.
L'ultimo SCENIHR è stato rilasciato nel 2015, ed è l'unico documento internazionale al momento disponibile, completo e pubblico. Ce ne sono altri, c'è quello dell'ICNIRP, c'è quello dell'Organizzazione mondiale della sanità, ce ne sono tanti, ma sono tutti in corso di completamento o più o meno completi, chi di più chi di meno. SCENIHR è quello che, andando su internet, si trova. Lì è scritto che a oggi, al 2015, la situazione non è cambiata, questo anche se ci sono delle tematiche che vanno approfondite. Ci sono, quindi, le priorità della ricerca, delle tematiche sulle quali è bene approfondite e delle altre che non è che Pag. 23non si debbano studiare, ma sono di minore urgenza, di minore importanza.
La questione SCHEER o SCENIHR rientra nel discorso percezione del rischio, nel discorso informazione e nel discorso monitoraggio e trasferimento dei risultati sulla salute al cittadino.
Ovviamente, uno dei princìpi su cui si basa la Commissione europea per stabilire quali sono gli argomenti prioritari su cui indagare è certamente l'aspetto scientifico, cioè questo è più importante, più urgente, potrebbe essere più pericoloso o meno; c'è, però, anche l'aspetto della serenità del cittadino. La Commissione europea bada anche a questo. Nel momento in cui il cittadino è in panico, in automatico l'argomento diventa più importante e più urgente.
CARMELA MARINO, responsabile divisione tecnologie e metodologie per la salvaguardia della salute ENEA, ICEmB. Vorrei solo riallacciarmi all'intervento della collega di Legambiente.
Non mi piace la contrapposizione tra gruppi di ricerca. Non mi piace che si dia la sensazione, non solo a questo contesto, ma in assoluto, alla cittadinanza, alla popolazione, che ci siano contesti di correnti di pensiero diversi. Non ci sono neanche persone più o meno brave.
Ci sono sicuramente persone che hanno un bagaglio di conoscenze e un'attività lavorativa più profondi di altre, che non si fanno impressionare da uno, due, tre, quattro lavori o da quattro attività sperimentali che trovano degli effetti o che pubblicano dei dati positivi, ma purtroppo lavorano per la complessità di questi dati, e quindi hanno l'obbligo, e noi per lavoro, peraltro del tutto volontario, facciamo questo da tantissimi anni, di guardare la letteratura in senso generale.
Abbiamo anche l'obbligo di non fermarci, come dovrebbero fare tutti quelli che, mettendosi di fronte a un'attività scientifica, pubblicano un dato di effetto, positivo o negativo che sia. Quel dato va investigato.
Noi abbiamo pochi dati epidemiologici. Abbiamo pochissimi dati di attività sperimentale su modelli animali e su modelli di cellulari. Abbiamo scarsissime, quasi nessuna conoscenza, di meccanismo d'azione. Non possiamo fermarci di fronte al singolo lavoro se poi quel gruppo, un altro gruppo, tanti gruppi non si interrogano sul perché hanno trovato quel risultato. Se non c'è la domanda precisa – come l'ho creato? che cosa succede nel mio corpo per darmi quel tipo di risultato? – sono molto indietro.
Quando diciamo che c'è debolezza di dati, è su questo che indichiamo, non sui numeri. Se andate su Google o su qualsiasi banca dati e mettete insieme quattro o cinque parole (comunicazione mobile, telefonia mobile, radiofrequenze, cancro, attività sperimentale), i numeri dei lavori che escono è di migliaia, e abbiamo cominciato nel 1994.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentanti dell'Istituto Superiore di Sanità.
Ringrazio il dottor Alessandro Vittorio Polichetti per aver accettato l'invito della Commissione e gli do la parola per lo svolgimento della sua relazione.
ALESSANDRO VITTORIO POLICHETTI, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità. Buongiorno a tutti.
Mi occupo di protezione della salute umana dalle radiazioni non ionizzanti in genere, che comprendono anche i campi elettromagnetici di varia frequenza, compresi i campi elettromagnetici che saranno utilizzati per il 5G. Ho preparato una presentazione. Mi direte quanto tempo pensate che avrò per parlare, perché non vorrei esagerare. La relazione è sui rischi per la salute connessi all'esposizione a campi Pag. 24elettromagnetici a radiofrequenza utilizzati per il 5G.
Preliminarmente credo sia opportuna un'introduzione in generale sugli effetti sanitari dei campi elettromagnetici.
Bisogna fare una prima importante distinzione tra gli effetti a breve termine, gli unici attualmente accertati dalla ricerca scientifica, connessi a esposizioni di breve durata a livelli di campo molto elevati, così elevati che è molto difficile averli in situazioni ambientali, nei normali ambienti di vita e anche di lavoro. C'è poi la grossa problematica degli effetti a lungo termine, connessi a esposizioni prolungate a bassi livelli di campo. Non sono ancora stati accertati dalla ricerca scientifica, ma si stanno facendo ricerche da decenni ormai su quest'argomento.
Per quanto riguarda gli effetti a breve termine, è stato possibile, sulla base delle conoscenze acquisite, definire dei limiti di esposizione per la protezione della salute umana. Sono limiti differenziati in funzione dei lavoratori e della popolazione generale. Per la popolazione generale c'è una cautela maggiore, sono previsti limiti più bassi.
Per quanto riguarda i campi a radiofrequenza, nei quali in qualche modo rientrano quelli del 5G, questi effetti a breve termine sono effetti termici, connessi al riscaldamento dei tessuti del corpo umano. Sappiamo che l'energia elettromagnetica trasportata dalle onde elettromagnetiche può essere assorbita dal corpo umano ed essere convertita in calore, per cui teoricamente si possono avere degli aumenti di temperatura, ma questo solo quando l'assorbimento dell'energia elettromagnetica è molto elevato. Fortunatamente, infatti, disponiamo di un sistema termoregolatore, che fa sì che il calore in eccesso sia smaltito, entro certi limiti, molto efficientemente. Se, poi, questo calore è troppo, non riusciamo più a smaltire il calore in eccesso, e aumentiamo di temperatura, e di qui ci possano essere degli effetti per la salute.
Sono stati definiti, appunto, dei limiti di esposizione a livello internazionale. C'è una raccomandazione dell'Unione europea che prevede i cosiddetti livelli di riferimento, appunto finalizzati alla protezione dagli effetti a breve termine.
Occorre confrontare i limiti di esposizione italiani con quelli della raccomandazione europea. Vi anticipo che per quanto riguarda il 5G il limite di campo elettrico previsto per la popolazione generale è di 61 volt al metro.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, in attuazione della legge quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici, ha fissato dei limiti diversi per quanto riguarda gli impianti fissi di telecomunicazione, quindi non per tutte le sorgenti di campo elettromagnetico, ma per gli impianti fissi di telecomunicazione, per esempio le antenne radiotelevisive, le antenne radio base per la telefonia cellulare, ma non per i telefoni cellulari direttamente utilizzati dalle persone.
Si sono previsti dei limiti di esposizione abbastanza simili – sono un po’ più bassi, ed è quella linea continua blu – per la protezione dagli effetti termici, ancora una volta, un po’ più cautelativi della normativa internazionale. Soprattutto, viene fissato –6 volt al metro – il valore di attenzione, che è anche obiettivo di qualità, per la protezione da eventuali effetti a lungo termine. In realtà, già nel 1998 questi limiti di 6 volt al metro erano richiamati in un decreto di quello che mi pare all'epoca fosse il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni. Erano i tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana, per cui già dal 1998 gli impianti fissi delle telecomunicazioni in Italia devono rispettare questo valore di 6 volt al metro.
L'andamento delle curve riguarda le frequenze. Sono, quindi, dei limiti differenziati in frequenza, perché l'interazione del campo elettromagnetico con il corpo umano dipende dalla frequenza.
Sia il limite italiano dell'esposizione sia i limiti internazionali hanno un andamento variabile con la frequenza, derivante dal fatto che c'è un certo intervallo di frequenze in cui il corpo umano esposto a un'onda elettromagnetica risuona, come fosse un'antenna, e c'è un maggiore assorbimento a quelle frequenze. Dove c'è un Pag. 25maggiore assorbimento d'energia da parte del corpo umano, si hanno dei limiti più bassi, proprio per evitare che si abbia questo eccessivo assorbimento.
Questo valore di attenzione di 6 volt al metro è, invece, costante su tutto l'intervallo. Questa è già un'indicazione del fatto che non è un limite che è stato basato su considerazioni scientifiche. È stata una scelta puramente politica, legittima, ma politica, non scientifica. All'epoca, è stato detto: per eventuali effetti a lungo termine, fissiamo l'esposizione ancora più in basso, ed è stato fissato appunto questo 6 volt al metro costante su tutte queste frequenze tra 100 kHz e 300 GHz come misura di cautela.
Tengo a precisare proprio questo. Il fatto che questo valore sia una curva piatta è indicazione del fatto che non è determinato da considerazioni scientifiche, ma lo stesso valore di 6 volt al metro non ha una base scientifica. È semplicemente un valore più basso degli altri limiti.
Questo è per quanto riguarda i limiti in vigore in Italia attualmente, che tengono conto sia degli effetti a breve termine sia di quelli a lungo termine. Erano già stati emanati, come ho detto, nel 1998, molto prima che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro valutasse le evidenze scientifiche di cancerogenicità dei campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Il 31 maggio 2011 l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha pubblicizzato il fatto che un suo gruppo di lavoro aveva esaminato tutte le evidenze scientifiche provenienti da studi di vario tipo (in vitro su cellule, in vivo su animali da laboratorio, studi epidemiologici) per quanto riguarda le radiofrequenze. Ed era arrivata alla conclusione che andavano classificati i campi elettromagnetici a radiofrequenza nel suo gruppo 2B, possibilmente cancerogeni per l'uomo, a causa di un aumentato rischio di alcune forme di tumori della testa, in particolare del glioma e del neurinoma del nervo acustico, associando questo aumento di tumori all'utilizzo dei telefoni cellulari.
Che cosa vuol dire associato all'utilizzo? Non vuol dire automaticamente dovuto all'utilizzo dei telefoni cellulari. Significa che in studi epidemiologici su soggetti che avevano dichiarato un uso più intenso di telefono cellulare – è importante capire come sono stati fatti questi studi epidemiologici per capire le problematiche che ci sono dietro ogni tipo di studio – è stato riscontrato un aumento di rischio, mediante formule matematiche molto complicate nel cui merito non entro, di avere questo glioma o di avere un neurinoma del nervo acustico.
Qual era il problema principale di questo tipo di studi? Essendo fortunatamente questi, sia il glioma sia il neurinoma del nervo acustico, dei tumori rari, non si possono fare degli studi cosiddetti di coorte, in cui si segue un certo numero di persone, la cosiddetta coorte, e poi si vede nel tempo quanti casi di questi tumori si hanno. In realtà, sono anche stati fatti, ma appunto pochi studi, e poi è difficile farli perché devono avere popolazioni in studio molto grandi, decine di migliaia di persone.
Gli studi utilizzati per studiare i casi di tumori rari sono, invece, del tipo caso-controllo, per cui anziché seguire nel tempo tutte le persone, si analizzano già direttamente i casi. Sono stati, cioè, arruolati nello studio, per esempio, proprio i casi di glioma, e un certo numero di casi di glioma è gestibile dagli studi, perché si trattava proprio delle persone ammalate, e su tutta la popolazione ovviamente un certo numero c'è.
Sono stati presi dei controlli, persone che avevano tutte le altre caratteristiche uguali a questi casi, e si è visto chi aveva utilizzato il telefono cellulare di più o di meno, anzi la prima cosa che è stata vista era se avevano il telefono cellulare, altro problema degli studi sui telefoni cellulari.
Appena è stata introdotta la tecnologia dei telefoni cellulari, poche persone usavano il telefono cellulare. Già da subito erano stati fatti i primi studi epidemiologici, che non avevano mostrato risultati, ma chiaramente si diceva: i tumori non arrivano subito, c'è un certo periodo di latenza e di induzione del tumore. Si è detto, quindi: va bene, sono negativi, ma forse è troppo presto. Pag. 26
Sono passati degli anni, è stato fatto un grande studio dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, il cosiddetto «studio Interphone», su cui si è basata molto questa classificazione della IARC (International Agency for Research on Cancer).
L'utilizzo era molto più diffuso, quindi c'erano molte più persone che utilizzavano il telefono cellulare, però ancora si potevano distinguere quelli che avevano il telefono cellulare da quelli che non lo avevano. È necessario, infatti, distinguere gruppi per fare un confronto.
È molto più difficile fare gli studi adesso che magari abbiamo accumulato più anni di esposizione. Questo è utile per poter vedere qualcosa, ma adesso è difficilissimo, perché tutti usano un telefono cellulare. Non so se avete svolto audizioni con compagnie telefoniche, ma nel caso avranno mostrato che c'è una diffusione veramente così alta che addirittura il numero di abbonamenti al telefono cellulare, quantomeno per la popolazione italiana, sono maggiori della popolazione stessa. Ormai, non c'è più quasi nessuno che non utilizza il telefono cellulare.
C'è stato, però, questo momento in cui con lo studio Interphone si è potuto fare uno studio abbastanza attendibile, anche per latenze fino a dieci-quindici anni, che è abbastanza lungo.
In base a questi studi sono stati classificati i campi elettromagnetici a radiofrequenza, ma solo per i telefoni cellulari. Altri studi relativi a persone che abitavano vicino ad antenne radiotelevisive, anche molto potenti, o studi occupazionali su lavoratori che lavoravano per determinate industrie esposti a livelli molto più intensi di quelli dei telefoni cellulari, non mostravano evidenze. Le uniche evidenze consistenti erano quelle di questi studi epidemiologici.
Dimenticavo perché stavo dicendo dei casi-controllo.
Il punto dello studio caso-controllo è che si arruolano persone già malate, e se la persona è già malata, la sua esposizione è avvenuta prima, nel passato, anche cinque o dieci anni prima: e come si fa a valutare l'esposizione nel passato di una persona?
L'unico modo trovato è stato quello di utilizzare dei questionari. Questi studi hanno mostrato qualcosa, ma sono molto affidati al ricordo delle persone, dei soggetti in studio. Questo può essere un problema.
L'evidenza proveniente da questi studi è stata considerata limitata dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, perché potrebbe riflettere effettivamente una relazione causa-effetto, ma ci possono essere delle cause di distorsione dei risultati, cause tipiche degli studi epidemiologici, che potrebbero rappresentare spiegazioni alternative, non relazione causa- effetto, ma altri motivi, per esempio un errato ricordo. Magari, le persone malate che partecipano allo studio tendono a ricordarsi di più perché sanno che gli si stanno ponendo queste domande per capire la causa del loro tumore.
Comunque, con tutte queste difficoltà interpretative degli studi, la IARC ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza nel gruppo dei possibilmente cancerogeni. C'è qualche esempio di agenti classificati in questi gruppi della IARC. Tra i cancerogeni, ci sono tutte le sostanze di cui si hanno forti evidenze soprattutto nell'uomo, ma anche negli animali da laboratorio. Si sanno anche i meccanismi di interazione. Si sanno parecchie cose. Ci sono, per esempio, le bevande alcoliche, il tabacco, le radiazioni ionizzanti, la radiazione ultravioletta, che cito sempre, perché mi occupo di radiazioni non ionizzanti.
Precisiamo che il fatto che anche i campi elettromagnetici siano radiazioni non ionizzanti di per sé non significa che non ci siano rischi. Le radiazioni ionizzanti di sicuro sono cancerogene, perché hanno determinati meccanismi connessi alla ionizzazione della materia, ma una radiazione non ionizzante, anche la radiazione ultravioletta, non è detto che per questo non sia pericolosa, quindi va indagata, va studiata, per cui è giusto fare questi studi anche sui campi elettromagnetici.
Poi abbiamo altri elementi probabilmente cancerogeni, più recenti. C'è, per esempio, l'introduzione della IARC del consumo di carne rossa, per dirne una, o di altre sostanze, steroidi e anabolizzanti. Tra Pag. 27i possibilmente cancerogeni c'era fino a poco tempo fa anche il consumo di caffè, ma studi più recenti hanno fatto sì che la IARC spostasse il consumo di caffè in un gruppo inferiore, dei non classificabili. Comunque, ci sono cose come l'estratto di aloe vera, il talco in polvere. Sono varie sostanze spesso considerate innocue.
Effettivamente, che qualcosa sia possibilmente cancerogeno non è una prova che ci sia un rischio. È un'indicazione che c'è un sospetto. Quello è il territorio del principio di precauzione. Sono gli agenti per i quali si può parlare non tanto in termini di prevenzione di rischi, che è qualcosa che si fa quando sappiamo che c'è un rischio e dobbiamo prendere delle misure precise per ridurlo, ma possiamo attuare delle misure di precauzione, anche se diventa molto difficile capire quali siano. Spesso, sono scelte politiche, e mi ricollego ai famosi 6 volt al metro, che effettivamente era un'applicazione del principio di precauzione, ma era una scelta politica. Come valore determinato, non aveva una base scientifica.
Andiamo al 5G, che è l'argomento dell'audizione.
Il 5G è una tecnologia nuova, quindi non è stata ancora studiata dal punto di vista epidemiologico. Ovviamente, è nuova come tecnologia, ma utilizza bande di frequenze particolari, diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia cellulare.
Abbiamo visto che le evidenze di effetti a lungo termine dei campi di radiofrequenza provengono proprio dalla telefonia cellulare, dagli studi sulla telefonia cellulare, ma la tecnologia 5G utilizzerà bande di frequenza diverse. La telefonia cellulare attuale, quella che va dal 2G al 4G, ha frequenze comprese tra 800 MHz e 2,6 GHz. Col 5G saranno utilizzate altre frequenze. Ci sarà una frequenza ai 700 MHz, che non è molto lontana da quelle già studiate; una banda di frequenza tra i 3,6 e i 3,8 GHz, che pure non si discosta molto.
Quella che è molto diversa dalla telefonia cellulare attuale è la banda di frequenza 24-28 GHz, chiamata impropriamente delle onde millimetriche. Non è vero che sono onde millimetriche. Si avvicina molto alle onde millimetriche, ma onde millimetriche significa che hanno lunghezze d'onda di qualche millimetro, da un millimetro a un centimetro, cioè frequenze da 30 a 300 GHz. Le frequenze che saranno utilizzate saranno da 24 a 28 GHz. Ci si avvicina comunque molto all'estremo inferiore dell'intervallo delle onde millimetriche.
L'aspetto importante è che queste frequenze saranno utilizzate non solo e non tanto per la comunicazione tra persone, quindi come la telefonia cellulare attuale, che già ha delle innovazioni come sarà per la telefonia cellulare col 5G. La cosa si cui, però, si parla molto è soprattutto l’internet delle cose, cioè dispositivi che comunicano tra loro. Già questa è una cosa importante.
Quando ho dispositivi che comunicano tra loro, già manca una causa di disposizione delle persone, che è quella rilevante per l'esposizione ai telefoni cellulari. Gli studi che hanno condotto la IARC alla classificazione 2B dei campi elettromagnetici a radiofrequenza sono su utilizzatori di telefoni cellulari che utilizzavano il telefono cellulare con l'antenna vicino alla testa, senza utilizzo di auricolari o altri dispositivi di viva voce. È un utilizzo in cui l'antenna è molto vicina.
Ora, nella comunicazione tra dispositivi sono i dispositivi che comunicano, e le antenne sono vicine al dispositivo, non vicine alle persone. Già questo è un indizio che non è che ci sia proprio questa causa di esposizione molto rilevante. Rimarrà per l'aspetto tradizionale del 5G, che ci sarà anche nella telefonia normale.
Queste onde elettromagnetiche da 28 a 30 GHz, quasi millimetriche sono comunque di elevata frequenza e durante la loro propagazione non riescono a penetrare attraverso gli edifici o comunque a superare ostacoli, e vengono facilmente assorbite dalla pioggia e dalle foglie, quindi trovano molti ostacoli al loro passaggio.
Per utilizzare queste onde a 28 e 30 GHz bisogna installare numerosi ripetitori, che serviranno le cosiddette small cells, piccole celle, cioè aree di territorio ridotte rispetto all'attuale telefono cellulare, che possono andare da poche decine di metri Pag. 28fino a 2 chilometri, quando sono un po’ più grandi.
Per suddividere il territorio in tante piccole celle con tutti questi dispositivi in giro che dovranno essere raggiunti ed emetteranno anche loro onde elettromagnetiche chiaramente ci saranno tante antenne, motivo per cui ci sono molte preoccupazioni nella popolazione. È una delle due cause, una causa è questa delle tante antenne, l'altra è che sono frequenze abbastanza nuove.
Per quanto riguarda le tante antenne bisogna dire che a questo si è assistito anche nella telefonia cellulare tradizionale. Inizialmente, con poche persone che telefonavano, c'erano antenne molto potenti radio base, le antenne fisse, all'aumentare del numero di persone che utilizzava la telefonia cellulare sono state ridotte e le potenze sono state sempre più basse, quindi l'esposizione delle persone alle antenne radio base di telefonia cellulare si è molto ridotta rispetto all'inizio proprio perché ci sono più antenne, cioè il concetto importante è questo: tante antenne perché devono coprire territori più piccoli, quindi potenze molto piccole.
Faccio un esempio estremo, non so se qualcuno di voi abbia l'auricolare bluetooth, anche l'auricolare bluetooth è un'emittente di campi elettromagnetici a radiofrequenza, non è un problema perché deve coprire pochi metri, ha potenze bassissime, quindi se avessi tanti auricolari bluetooth emetterebbero molto poco. Così sarà per questa internet delle cose, tutte queste antenne, ma potenze basse, quindi non è il numero di antenne di per sé che crea un'elevata esposizione.
Se ci fosse poi un'elevata esposizione, bisognerebbe capire se ci sia un rischio per la salute, perché non è neanche detto che a fronte di un'esposizione ci sia un rischio. La prima informazione comunque è questa: tante antenne implicano livelli di esposizione ridotti.
Un'altra cosa importante da chiarire è che queste onde millimetriche e anche queste quasi millimetriche del 5G sono assorbite solo superficialmente a livello della pelle, cioè non penetrano molto nel corpo, penetrano circa un millimetro. Questa cosa può far preoccupare meno, perché non va a toccare organi rilevanti all'interno del corpo, invece i campi elettromagnetici attuali entrano più all'interno, quindi abbiamo meno organi bersaglio; questa però non è una garanzia sulla sicurezza, perché non dimentichiamo che anche la radiazione ultravioletta viene assorbita unicamente a livello della pelle ed è cancerogena. Il fatto che sia assorbita superficialmente ci può quindi garantire il fatto che dovremo controllare meno cose, punteremo l'attenzione a effetti a livello della pelle (può essere anche sistema immunitario a livello della pelle, non è da escludere), però è sicuramente meglio di un'onda che entra attraverso tutto il corpo e può colpire qualunque tipo di organo.
Altra cosa importante, per cui vengono sollevate varie preoccupazioni colte anche a livello di Unione europea, è una cosa di cui ho sentito parlare in modo distorto dagli organi di stampa, perché c'è un comitato dell'Unione europea, il Comitato scientifico sui rischi emergenti della salute, lo SCHEER, che ha recentemente pubblicato un piccolo documento in cui si mostravano vari argomenti per la salute nuovi da indagare e c'era anche questo argomento del 5G. Sono andato però a vedere il documento e, più che dati scientifici, venivano riportate le preoccupazioni delle persone, c'era un link di uno studio fatto in Nuova Zelanda o in Australia in cui si vedevano tutte persone che chiedevano preoccupate.
Anche in qualche pubblicazione scientifica si faceva notare che il numero di studi è molto più limitato rispetto alle frequenze attualmente utilizzate. È vero che sono pochi studi, però non è che non ci sia nulla, perché in realtà ci sono. Vi faccio vedere un esempio di sorgente di cui ci siamo occupati come Istituto superiore di sanità circa otto anni fa, i body scanner aeroportuali. Non so se sono rimasti, ma gli unici body scanner in cui sono passato sono quelli di aeroporti all'estero, però se ne è parlato molto e questi body scanner emettono frequenze tra 24 e 30 GHz, cioè proprio quelle di cui si sta parlando per il 5G Pag. 29e internet delle cose. Qui è riportato che c'è una lunghezza d'onda fra 1 e 1,25 centimetri, tanto per indicare che sono onde più centimetriche che millimetriche; la profondità di penetrazione della pelle è di circa un millimetro, gli organi esposti sono la pelle e le regioni esterne dell'occhio.
Tra le caratteristiche del body scanner come per tutti i soggetti del campo elettromagnetico ci si chiede due cose, sono possibili gli effetti accertati, sono possibili gli effetti non ancora accertati? Ovviamente, dato che sappiamo che esistono effetti sulla salute dai campi elettromagnetici, prima di tutto vediamo se ci sono effetti accertati, ed è stato visto che le potenze erano così basse che erano ampiamente rispettati i limiti di esposizione. In termini di densità di potenza, 10 watt a metro quadro è il limite che va mediato su un periodo di 2 minuti, la densità di potenza media è 10 microwatt a metro quadro, quindi i watt a metro quadro che arrivavano sul corpo della persona erano un milione di volte al di sotto dei limiti di esposizione previsti per gli effetti termici, che sono gli effetti accertati dei campi elettromagnetici.
Ovviamente il body scanner non è l'argomento di oggi, ma era per dire che all'epoca c'è stata molta attenzione su queste onde millimetriche, c'era anche una rassegna effettuata già nel 1998 di tutti gli studi che erano stati condotti su varie frequenze corrispondenti alle onde millimetriche, c'è stata una valutazione dei rischi per la salute su questi body scanner fatta dall'Agenzia francese per la salute occupazionale ambientale nel 2010, che ha valutato tanti aspetti, per esempio i livelli di esposizione del body scanner, ma anche la letteratura scientifica generale sugli effetti delle onde millimetriche o delle onde comunque a queste frequenze.
Per stringere molto perché sono stati condotti tanti studi biologici, la conclusione di questo rapporto è che alcuni studi in vitro su campioni cellulari in laboratorio suggeriscono effetti biologici delle onde millimetriche a livelli non termici, cioè a livelli inferiori a quelli che danno luogo al riscaldamento, con un'azione antiproliferativa su alcuni sistemi di cellule tumorali in coltura o perturbazioni delle proprietà strutturali e funzionali delle membrane cellulari. Tuttavia questi effetti sembrano dipendere strettamente dalla frequenza delle radiazioni, quindi bisogna andare a studiare la frequenza, o anche dal tipo cellulare, e comunque la rilevanza sanitaria non è chiara.
Faccio un esempio. L'azione antiproliferativa su alcuni sistemi di cellule tumorali sembrerebbe un effetto positivo, però sono comunque effetti biologici, bisogna sempre fare attenzione, anche se si osserva un effetto positivo vuol dire che sta succedendo qualcosa, quindi bisogna continuare a studiare e approfondire l'argomento.
Questa è la parte specifica e volendo la presentazione potrebbe anche finire qui, perché in realtà sono venuto qui sapendo che l'audizione verte sul 5G, però probabilmente siete interessati anche alle conoscenze in generale sui campi a radiofrequenza, ci sono studi recenti che sono stati condotti.
C'è inoltre uno studio fatto negli Stati Uniti su ratti che ha mostrato una certa evidenza di cancerogenicità, su cui ci sarebbe parecchio da dire sulla rilevanza di questi studi per l'uomo, su come si inquadra nel contesto delle conoscenze scientifiche chi ha fatto lo studio, che dice anche in che modo gli studi dell'NTP si ricollegano al 4G, al 5G o al wi-fi.
Loro dicono che questi studi su animali però sono stati usati con campi 2G e 3G, cioè il GSM 900.800 MHz e l'UMTS, sono studi che sono stati progettati da tempo e c'è voluto molto tempo per farli, adesso c'è il 4G e quegli studi sono rimasti al 2G e 3G, quindi sono tecnologie che usano diverse modulazioni del segnale rispetto agli studi utilizzati dall'NTP, e poi non sono state neanche utilizzate frequenze e modulazioni utilizzate dal wi-fi. Attenzione, questi nostri risultati sono specifici di quel tipo di segnale.
Sono quindi a disposizione se volete fare delle domande, forse è meglio.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Pag. 30 PAOLO NICOLÒ ROMANO. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Polichetti perché è stato veramente molto chiaro. Vorrei porle una domanda.
Lei ha detto che il corpo umano reagisce diversamente in base alle frequenze dell'esposizione e ha specificato che il 5G per molte delle sue frequenze sarebbe in pratica molto simile alle frequenze già utilizzate attualmente, perché la 700 MHz e la 3.7 in pratica sono frequenze che già adesso utilizziamo comunque limitrofe, mentre il discorso cambierebbe da 28 a 30 GHz, che non ho ancora ben capito se verranno utilizzate per fare punti di connessione diretta, il Fixed Wireless Access, con antenne molto direzionali che non spalmerebbero il segnale dappertutto come sulle altre frequenze.
Vorrei capire se queste frequenze in passato fossero già utilizzate per altri scopi per le telecomunicazioni, per esempio la 700 MHz era già utilizzata per le televisioni.
Sia da quello che ha detto lei che da altri soggetti auditi precedentemente ho capito che la causa principale dell'assorbimento da parte del corpo umano delle onde elettromagnetiche non sono tanto le antenne quanto i telefonini che portiamo in tasca. Nonostante il problema sia probabilmente dovuto al device, nessuno pensa che il telefonino sia pericoloso, mentre invece nascono comitati e proteste per quanto riguarda le antenne. Secondo lei come si potrebbe agire su tale delicato aspetto, con una maggiore informazione, oppure la mia percezione del problema è errata? Grazie.
ALESSANDRO VITTORIO POLICHETTI, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità. Per quanto riguarda le frequenze utilizzate confermo che non erano utilizzate per le telecomunicazioni, ci sono giusto applicazioni satellitari che possono utilizzare frequenze molto elevate, ma hanno la caratteristica di non esporre le persone perché vanno in altre direzioni.
Come Istituto siamo stati coinvolti anni fa nella questione del MUOS (Mobile User Objective System), gigantesche antenne che sono in una base militare italiana dove stanno anche gli americani. Il problema è che queste antenne, che sono enormi, hanno molto preoccupato la popolazione per la grandezza delle antenne, ma la grandezza di un'antenna non ha niente a che fare con la potenza emessa e con i livelli di esposizione, anzi più sono grandi e più è possibile avere un fascio direzionato e quindi avere pochissima radiazione al di fuori del fascio, quindi non hanno costituito un problema.
Effettivamente riguardo a queste frequenze di 26 o 30 GHz non so rispondere con precisione alla domanda se oltre all’internet delle cose verranno utilizzate, perché anche noi cerchiamo di capire cosa succederà, perché non è tutto chiarissimo, però dal punto di vista sanitario la cosa importante è che queste frequenze hanno percorsi limitati, quindi in ogni caso, per qualunque motivo siano utilizzate, devono avere tante antenne, perché non possono propagarsi per lunghe distanze. Questa è la cosa importante.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Tante antenne con bassa potenza?
ALESSANDRO VITTORIO POLICHETTI, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità. Certo, a bassa potenza, perché devono coprire spazi piccoli.
PRESIDENTE. Una domanda che nasce anche dalle audizioni che abbiamo potuto ascoltare questa mattina. Secondo l'Istituto superiore di sanità sarebbe utile la promozione di una campagna per agevolare la cultura rispetto a questa che – diciamocelo serenamente – è una problematica, stiamo comunque parlando di inquinamento. Faccio un esempio perché almeno ci capiamo: la scorsa settimana sono andato in visita in uno degli ospedali pediatrici di Milano, dove c'erano delle signore in dolce attesa con il cellulare appoggiato sul pancione, immagine che, dopo aver sentito le audizioni odierne, senza voler creare panico o allarmismi che sarebbero evidentemente irragionevoli, fa comprendere come non ci Pag. 31sia adeguata conoscenza degli strumenti che abbiamo in mano, pur nel rispetto delle regole (poi vedremo se le regole dovranno essere cambiate).
Sarebbe utile secondo voi informare le persone del fatto che gli strumenti che abbiamo in mano sono assolutamente utili – ci auguriamo rispettino sempre le regole – ma emettono delle frequenze che indubbiamente possono creare un inquinamento elettromagnetico al quale soprattutto i bimbi, i neonati e i feti possono essere maggiormente sensibili rispetto agli adulti?
ALESSANDRO VITTORIO POLICHETTI, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità. Questo è un argomento molto delicato che ci ha sempre coinvolto come Istituto superiore di sanità, perché noi siamo per fare un'informazione, se fosse possibile farla, più corretta possibile, che significa prima di tutto informare le persone sullo stato delle conoscenze scientifiche, che non è semplice perché non è un argomento comprensibilissimo da adulti e bisogna trovare il modo per comunicare lo stato delle conoscenze scientifiche.
Per quanto riguarda le indicazioni di cautela, bisogna dare indicazioni che abbiano un senso sulla base delle evidenze scientifiche anche per quanto riguarda i livelli di esposizione che sono connessi a un determinato utilizzo. Faccio un esempio: con il cellulare quando una persona vuole ridurre il possibile rischio per la salute, ha un mezzo semplicissimo, usare l'auricolare, usare il sistema vivavoce, con l'avvertenza però che se uso l'auricolare non devo mettere il telefono da un'altra parte del corpo, perché sta solo spostando l'esposizione. Questo potrebbe essere simile al discorso della donna in gravidanza, se però il telefono è solo appoggiato e non sta trasmettendo, in realtà non succede nulla, perché i telefoni quando sono in stand-by e non comunicano mandano un segnale ogni 2 o 3 ore per far sapere dove stanno, oppure solo quando si è in movimento, quando si passa da una cella all'altra, viene inviato un segnale molto breve della durata di circa due secondi, che come esposizione complessiva a campi elettromagnetici è confrontabile con tutti i campi elettromagnetici che abbiamo per tanti altri motivi, non è quello il punto.
Le indicazioni importanti sono queste. Dato che gli studi sui telefoni cellulari che mostrano sospetti sono sui telefoni cellulari all'orecchio, si può dare l'indicazione che usando l'auricolare o i sistemi a viva voce si abbassa l'esposizione, ma l'esposizione non si annullerà mai, perché io posso abbassare quella del mio cellulare, ma ci sono i cellulari degli altri, quelli che stanno vicino. Sono comunque valori bassissimi, però se volessimo ridurre l'esposizione a zero, è un discorso impossibile, perché comunque un minimo di esposizione c'è.
Bisogna informare sia sui rischi, sia sul fatto che questi rischi sono per il momento ipotetici, anche se ci sono indicazioni, ogni tanto appaiono studi di un certo tipo, che sembrano contraddire quanto è stato detto prima, ma noi ci basiamo sempre sullo stato delle conoscenze scientifiche, e dall'altra parte dare indicazioni corrette su come ridurre l'esposizione, cosa importante.
Il nostro timore però è che dare troppe informazioni senza far capire bene che è solo cautela può portare la gente ad adottare questa iper-protezione dai campi elettromagnetici, ma magari a non preoccuparsi di altre cose. Non è detto che questo succeda, però immagino che una persona che si senta dire «non fumare, non ti esporre al sole, non usare il cellulare» potrebbe confondere i piani, perché «non fumare» è un messaggio assoluto che va fatto sicuramente, «non ti esporre al sole» vuol dire non ti esporre troppo, perché comunque l'esposizione solare entro certi limiti fa anche bene, perché fornisce vitamina D, però non eccedere perché è cancerogena, il telefono cellulare sappi che è solo una misura di cautela. Se le persone sono in grado di cautelarsi da tutto, va benissimo, però è importante far capire che le misure di cautela sono misure di cautela.
ENRICA SEGNERI. Vorrei riallacciarmi al suggerimento del presidente, perché secondo me è importante informare più possibile la cittadinanza: è uscita da poco una Pag. 32delibera dell'AGCOM sui 120 comuni in Italia dove sarà possibile sperimentare il 5G e vorrei chiederle se l'Istituto superiore di sanità sia stato coinvolto nell'individuazione di questi 120 comuni.
Si tratta di una delibera abbastanza recente, per la maggior parte sono stati individuati comuni al di sotto dei 5mila abitanti, che già stanno manifestando le loro preoccupazioni. È importantissimo che un soggetto autorevole come l'Istituto superiore di sanità faccia degli interventi locali per tranquillizzare la popolazione.
Lei diceva che si tratta di cautele perché non abbiamo informazioni scientifiche che ci possano aiutare in tal senso, però queste popolazioni devono essere tranquillizzate, per cui ci potrebbe essere una partnership per fare un tour informativo in questi 120 comuni che sono stati chiamati in via sperimentale a installare insomma il 5G.
ALESSANDRO VITTORIO POLICHETTI, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni e fisica computazionale dell'Istituto superiore di sanità. La ringrazio del suggerimento, non è in mio potere fare azioni da parte dell'Istituto, però farò presente la questione al direttore del mio centro. Non conosco la delibera dell'AGCOM. Grazie dell'informazione. Cercheremo di saperne di più.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G e alla gestione dei big data, l'audizione di rappresentati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
Ringrazio i rappresentanti di ISPRA per aver accettato l'invito della Commissione e do la parola al dottor Mario Cirillo per lo svolgimento del proprio intervento introduttivo.
MARIO CIRILLO, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA. Buon pomeriggio a tutti e grazie dell'invito. Sono Mario Cirillo e ho la responsabilità del Dipartimento per la valutazione e il controllo della sostenibilità ambientale, mi accompagnano qui i colleghi ingegner Fabris, responsabile dell'Area agenti fisici sempre nel Dipartimento, e la dottoressa Luisa Vaccaro, che ha la responsabilità della sezione Radiazioni non ionizzanti.
Noi abbiamo preparato una brevissima relazione che illustrerò, poi ovviamente qualsiasi vostra osservazione o commento è il benvenuto.
Il contesto in cui noi ci muoviamo. Probabilmente saprete che a giugno 2016 è stata approvata la legge n. 132, che istituisce il sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, l'SNPA, costituito da ISPRA, che è l'ente centrale, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e dalle agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano. Questo è un fatto che è stato definito – secondo me, a ragione – storico, nel senso che negli anni Novanta, a seguito del famoso referendum che separava le competenze sulla salute dalle competenze sull'ambiente, sono state istituite l'ANPA e le ARPA, che hanno sempre cooperato.
Noi abbiamo sempre lavorato perché il sistema, per quanto non sostenuto da un atto normativo, lavorasse insieme e si desse delle regole comuni, perché non vi sfugge l'importanza nell'ambito dei controlli sull'ambiente che l'ambiente venga tutelato nella stessa maniera sia Trento che a Lampedusa, esattamente come la salute dei cittadini, perché i cittadini hanno diritto alla stessa tutela ambientale dovunque si trovino.
Lo sforzo dell'ANPA, che poi è diventata APAT e che adesso si chiama ISPRA, dai primi anni Novanta fino ad oggi è stato quello di interloquire e interagire con le agenzie regionali e delle province autonome proprio al fine di trovare delle modalità operative comuni, solide dal punto di Pag. 33vista tecnico-scientifico, ovviamente coerenti con le normative europee, a tutela dell'ambiente e quindi dei diritti dei cittadini.
Certo, la legge n. 132 è un fatto storico, quindi a questo punto questo sforzo si fa e si deve fare ai sensi di una norma dello Stato. Questo ci ha dato nuovo slancio, anche perché nell'ambito di questa norma si introducono i livelli essenziali di protezione tecnico-ambientale, i LEPTA, che sono analoghi ai LEA nella sanità e sono dei meccanismi che consentono, una volta messi in opera a regime, di assicurare che la prestazione tecnica delle agenzie regionali sul territorio sia dispiegata nella stessa misura sulle diverse porzioni del territorio, naturalmente tenendo conto dei contesti territoriali, quindi delle pressioni ambientali che insistono sul territorio e della sensibilità del territorio.
È una bellissima avventura che stiamo vivendo, tra l'altro domani si svolge la prima Conferenza dell'SNPA alla presenza del Presidente della Repubblica, quindi è un processo interessantissimo che – ripeto – qualcuno non ha esitato a definire storico, perché è uno di quei processi che potrebbero anche modificare profondamente il nostro Paese.
Nell'ambito di questo contesto ovviamente ci occupiamo anche dei campi elettromagnetici e quindi della tutela dell'ambiente e del territorio da questo tipo di pressione ambientale. Il 5G è la grande novità di cui si parla da tempo e quindi è ovvio che il sistema da tempo si occupa e si preoccupa di questa tematica, anche perché ci sono degli aspetti tecnici innovativi che quindi vanno tenuti attentamente in considerazione, nel senso che, una volta che bisogna intraprendere le attività sia istruttorie che di controllo (poi spiegherò meglio cosa significa attività istruttorie e di controllo) su questa tecnologia, bisogna evidentemente disporre di strumenti operativi condivisi, che hanno un certo quoziente di innovazione rispetto agli strumenti che tradizionalmente le agenzie adoperano sul territorio.
Cosa implica il fatto di introdurre una nuova tecnologia nella trasmissione dei dati come 5G? Significa prima di tutto che i gestori presentano le istanze per poter avere un'autorizzazione; questa autorizzazione viene istruita, cioè si fa una istruttoria e le agenzie regionali e delle province autonome sono i soggetti che sul territorio istruiscono dal punto di vista tecnico la pratica che consente di stabilire se l'autorizzazione possa essere concessa alle condizioni proposte dal gestore oppure se bisogna prevedere dei correttivi affinché il territorio possa sopportare questa pressione aggiuntiva.
Sapete che ci sono dei limiti per quanto riguarda i campi elettromagnetici che vanno rispettati, sapete che c'è anche un dibattito in questa fase per capire se sia possibile in qualche modo rimodulare questi limiti, quindi la tematica è complessa.
Questa è la fase autorizzativa, su cui le agenzie sono impegnate in prima persona. Dopodiché, una volta che questi impianti vengono installati e diventano operativi, le agenzie hanno il dovere di fare i controlli ambientali per verificare che le promesse fatte siano mantenute. Se infatti dico che installo un certo apparato e che questo apparato ha delle prestazioni tecnologiche che saranno quelle che saranno, quindi i big data, che sono ormai il mantra del terzo millennio, verranno trasmessi ad una certa velocità e in una certa quantità, devo anche garantire che i livelli dei campi elettromagnetici stiano al di sotto dei famosi limiti. Il compito dell'Agenzia è controllare che effettivamente questi livelli vengano rispettati.
In tutto questo la tecnologia 5G introduce delle innovazioni su cui come ISPRA insieme alle ARPA ci stiamo interrogando e stiamo investigando, alcune ARPA già stanno facendo attività di carattere sperimentale e sta emergendo che per poter assicurare un'attività sia istruttoria che di controllo efficiente, efficace e soprattutto omogenea su tutto il territorio, c'è bisogno di sviluppare nuove norme tecniche. La norma tecnica è uno strumento operativo che si affianca alla norma generale, come la legge n. 132 del 2016 che istituisce l'SNPA e che però ha un taglio tecnico-scientifico, quindi è più specializzata, più da addetti ai lavori, Pag. 34tanto che la legge n. 132 stabilisce che l'SNPA può emanare norme tecniche vincolanti.
Anche sulla questione del 5G una delle nostre preoccupazioni è quella di interfacciarci con i vari stakeholder e concordare insieme a loro delle modalità operative, e responsabilità dell'SNPA sarà quella di mettere a punto delle norme tecniche che consentano di operare in maniera omogenea e coerente sia per quanto riguarda l'attività autorizzatoria, sia per quanto riguarda l'attività di controllo.
Ci sono delle criticità ed è per questo che noi ci confrontiamo e continuiamo a confrontarci, nel senso che anche a livello internazionale attualmente non ci sono norme tecniche su questa tematica, c'è un documento, che è stato emanato dall’International Electrochemical Commission, un technical report che sta superando le varie fasi di approvazione a livello internazionale, quindi poi dovrà essere recepito diciamo anche nel nostro Paese; è quindi un'attività ancora in itinere.
Ovviamente voi capite che questo significa che noi dobbiamo continuare la nostra discussione all'interno del sistema e lo stiamo facendo secondo me al meglio. Non vi sfugge che una delle criticità sono le forti eterogeneità tra le diverse realtà territoriali e anche tra le diverse Agenzie regionali, che non sono tutte livellate per quanto riguarda sia le criticità territoriali che le prestazioni che erogano.
Una delle sfide dell'ISPRA che io rappresento è quella di favorire pian piano un'armonizzazione e omogeneizzazione di queste prestazioni, questa è la grande sfida su cui (è inutile nascondercelo) le difficoltà non sono poche, perché una cosa è la realtà territoriale della Lombardia, una cosa è la realtà territoriale della Basilicata, e sapete meglio di me che l'Italia ha una grossa varietà che è anche un dono, una ricchezza, però in alcuni casi deve essere in qualche modo armonizzata.
Quali sono le sfide nel concreto su cui stiamo ragionando? Come vedete nella nota che vi abbiamo trasmesso, una è il problema della saturazione dello spazio elettromagnetico, nel senso che le varie frequenze con i 2G, 3G, 4G sembrerebbero avere poco spazio per poter acquisire adesso le frequenze per far funzionare anche i 5G.
Una delle criticità che abbiamo rilevato anche in risposta alla segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è quella che probabilmente i gestori, per legittimi motivi di interesse, chiedono l'autorizzazione per una serie di bande di frequenza, dopodiché però nell'uso pratico forse non utilizzano tutte le bande per cui sono autorizzati.
Su questo il sistema si è interrogato, ha predisposto anche un documento che è stato informalmente condiviso a livello di tutte le agenzie e probabilmente si tratta di rivedere questa modalità autorizzatoria, perché evidentemente potrebbe portare a qualche diseconomia, cioè all'impressione che lo spazio elettromagnetico sia saturato quando invece in realtà non lo è, nel senso che il gestore per legittimi interessi ha avuto l'autorizzazione per tutta la banda, ma nella pratica utilizza solo parte di questo tesoretto che ha portato a casa.
Se con dei correttivi e degli aggiustamenti rendiamo coerente l'autorizzazione con quello che poi il gestore effettivamente utilizza, probabilmente scopriremo che ci sono degli spazi e dei margini assolutamente interessanti su cui poter dispiegare la tecnologia 5G, perché la scommessa è quella di dispiegarla, perché è legittimo e perché la scommessa dei big data è la scommessa del terzo millennio, però bisogna anche salvaguardare ovviamente l'ambiente e l'esposizione dei cittadini. Avendo un'informazione coerente tra quanto viene autorizzato e quanto viene esercito, probabilmente riusciamo a trovare dei margini perché si possa effettivamente dispiegare questa nuova tecnologia nel rispetto dei limiti attuali o futuri sul territorio.
Mi avvio alla conclusione di questa breve chiacchierata. Operativamente questo significa che accanto al tavolo permanente che c'è nell'SNPA tra ISPRA e le Agenzie (tenete conto che anche questo documento che abbiamo preparato è stato condiviso) è necessario istituire altri tavoli con i diversi stakeholder, in primis naturalmente con il Ministero dell'ambiente con cui siamo in Pag. 35costante contatto, però sappiamo che dei gestori che hanno acquisito interessi concreti in questo campo hanno chiesto di interloquire con noi, quindi si tratta veramente di confrontarsi in maniera serena, trasparente, tecnicamente qualificata, e mi sento di dire che l'SNPA è un soggetto tecnicamente qualificato, in collegamento anche con gli altri soggetti tecnico-scientifici.
C'era qui il collega dell'Istituto superiore di sanità con cui abbiamo un accordo di programma, abbiamo un interessantissimo progetto finanziato dal Ministero dell'ambiente sulla valutazione degli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici coordinato da ISPRA, eseguito dalle ARPA, a cui partecipa anche l'Istituto superiore di sanità, oltre all'ENEA e al CNR. La scommessa è quella della rete sia per quanto riguarda le attività di ricerca applicata, che nel giro di diciotto mesi ci darà delle risposte concrete, sia nella messa a punto di norme tecniche condivise, di regole su cui tutti siamo d'accordo e che, una volta definite, devono essere assolutamente seguite, quindi la fase di controllo dell'SNPA serve proprio a far sì che queste regole siano rispettate.
Ho finito. Naturalmente siamo a disposizione se ci sono osservazioni e vi ringrazio ancora per l'attenzione.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Grazie, presidente. Sono rimasto particolarmente colpito dal fatto che il limite di 6 volt metro è un limite molto teorico, perché se si va in campo a misurare difficilmente troveremo siti in cui si misurano 6 volt metro, ma è una cosa più burocratica, perché gli operatori prenotano una potenza che poi in realtà non viene...
MARIO CIRILLO, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA. Forse mi sono spiegato male, attenzione, non parlavo dei limiti, parlavo delle bande di frequenza.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Volevo capire meglio questo aspetto del discorso. In pratica, i siti vengono autorizzati per una potenza di 6 volt metro, però in realtà non vengono utilizzati.
MARIO CIRILLO, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA. No, le potenze sono in watt, la quantità di energia nell'unità di tempo che io posso erogare, e più ho potenza che posso impiegare in una certa banda, più posso trasmettere bene, lontano, velocemente.
I famosi 6 volt al metro invece sono un limite imposto dalla normativa, che deve essere rispettato fino a quando non viene rimodulato e rimesso in discussione, quindi il limite rimane quello e i controlli delle Agenzie sono orientati a verificare se venga effettivamente rispettato.
Quando ho parlato della differenza tra quello che è autorizzato e quello che viene impiegato intendevo solo le bande di frequenza e le potenze che gli esercenti possono mettere nelle diverse bande. Non so se sono stato chiaro...
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Con questa potenza che viene autorizzata in base alle richieste che vengono fatte dai vari operatori ci si trova in una situazione di saturazione, ma solo a livello teorico, non pratico. È questo il problema?
MARIO CIRILLO, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA. Sì, nel senso che nel momento in cui occupo tutte le bande con la massima potenza ammissibile a livello teorico... anche perché poi in pratica i gestori probabilmente non utilizzano tutto il tesoretto e le agenzie che fanno i controlli sul territorio dicono che i gestori non utilizzano tutto lo spettro di frequenze e tutte le potenze per cui sono autorizzati.
PAOLO NICOLÒ ROMANO. Voi quindi consigliate di normare meglio questo aspetto Pag. 36per ridistribuire le frequenze non effettivamente utilizzate?
MARIO CIRILLO, direttore del Dipartimento per le valutazioni, i controlli e la sostenibilità ambientale di ISPRA. Esattamente, perché se scopro che il gestore che è stato autorizzato per 100 per quanto riguarda le potenze e le frequenze, ne utilizza 60, significa che c'è un margine di 40 che posso ancora utilizzare e mettere a disposizione per un uso successivo da parte di altri operatori.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.15.