Sulla pubblicità dei lavori:
Mura Romina , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE DISUGUAGLIANZE PRODOTTE DALLA PANDEMIA NEL MONDO DEL LAVORO
Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando
Mura Romina , Presidente ... 2
Orlando Andrea (PD) , Ministro del lavoro e delle politiche sociali ... 2
Mura Romina , Presidente ... 10
Cantone Carla (PD) ... 10
Mura Romina , Presidente ... 11
Musella Graziano (FI) ... 11
Mura Romina , Presidente ... 12
Frate Flora (Misto) ... 12
Mura Romina , Presidente ... 13
Rizzetto Walter (FDI) ... 13
Mura Romina , Presidente ... 14
Murelli Elena (LEGA) ... 14
Mura Romina , Presidente ... 15
De Lorenzo Rina (LeU) ... 15
Mura Romina , Presidente ... 15
Invidia Niccolò (M5S) ... 15
Mura Romina , Presidente ... 15
Rizzetto Walter (FDI) ... 15
Mura Romina , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROMINA MURA
La seduta comincia alle 15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv.
Audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, l'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro.
Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza dei deputati secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020.
Nel ringraziare il Ministro per la sua disponibilità, gli cedo immediatamente la parola. Prego, Ministro.
ANDREA ORLANDO, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie, presidente. Mi consenta di congratularmi per questa iniziativa, che ritengo metta a fuoco un tema cruciale per il futuro del Paese. Credo che questa audizione nell'ambito di un'indagine conoscitiva di grande interesse sia per me un'opportunità di confronto, perché consente di approfondire le conseguenze di un evento che ha sconvolto le esistenze private e pubbliche a livello globale, con alcune conseguenze di cui dobbiamo ancora valutare fino in fondo l'impatto.
Io cercherò di illustrare in breve – un'analisi più dettagliata invece sarà proposta in un documento tecnico che sarà trasmesso alla Commissione – quelle che appaiono le prime evidenze di alcuni fenomeni e le prime risposte che sono state messe in campo.
La crisi economica e sociale innescata dal COVID-19 ha posto sotto notevole pressione – una pressione mai sperimentata – il sistema di welfare italiano. Durante la pandemia, l'azione di Governo è stata incentrata su due direttrici principali: proteggere l'occupazione, il reddito dei lavoratori e la capacità produttiva delle imprese e, contemporaneamente, assicurare la prosecuzione in sicurezza delle attività produttive. In quest'ottica si colloca la stipula dei protocolli per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio, frutto di un lavoro corale e positivo tra le parti sociali.
Il ricorso alla cassa integrazione con causale COVID-19 anche per settori non protetti, il blocco dei licenziamenti e gli aiuti economici a imprese e lavoratori atipici, autonomi e professionisti, hanno perseguito l'obiettivo di sostenere il sistema produttivo e sociale, impedendo che lo shock conseguente alla pandemia potesse avere ripercussioni negative più gravi nel lungo periodo.
L'Italia, anche perché prima di altri Paesi dotati di un sistema di welfare si è imbattuta nel virus, è stata l'antesignana nell'adozione di misure di protezione. La stessa Commissione europea ha riconosciutoPag. 3 l'importanza di questi interventi nel contesto di crisi, proponendo, dopo i primi interventi realizzati nel nostro Paese, il programma SURE, che sostiene esattamente le medesime politiche, giustificando l'intervento con la stessa ratio.
Con un approccio profondamente diverso rispetto alla crisi che aveva colpito il continente un decennio fa, queste misure hanno permesso di evitare una perdita più grave di posti di lavoro e consentito di preservare la capacità produttiva delle imprese, favorendo poi la ripresa di nuova occupazione.
Nonostante gli interventi messi in campo, però, la pandemia ha evidenziato i limiti strutturali di alcuni istituti del nostro mercato del lavoro, rendendo ancora più urgente la necessità di un'azione politica di sistema, che sappia guardare verso nuove prospettive, indirizzando gli investimenti e i progetti in grado di trasformare la nostra economia, incanalandola lungo la direttrice di una crescita più equa e sostenibile.
Ciò è confermato dalle evidenze empiriche presentate dai soggetti istituzionali, alcuni già auditi, sull'impatto che la pandemia ha avuto sui livelli e sulla qualità dell'occupazione. È innegabile che nel corso del biennio pandemico siano emerse nuove fragilità e diseguaglianze. Come è stato rilevato da ultimo dal CNEL, il prezzo maggiore delle misure restrittive è stato pagato dalle categorie tradizionalmente più vulnerabili, come i giovani, le donne, gli stranieri, nonché dai lavoratori impiegati con tipologie occupazionali meno stabili, come, ad esempio, i rapporti a tempo determinato.
In riferimento a tali soggetti, l'emergenza sanitaria ha finito per esasperare le diseguaglianze già esistenti, come dimostra l'allargamento del gap occupazionale tra donne e uomini registrato nel 2020. Analogamente, è cresciuto il divario intergenerazionale, con un ulteriore incremento della differenza tra tasso di occupazione dei giovani under 35 e over 50.
Fra le componenti più esposte ai contraccolpi occupazionali dell'emergenza sanitaria del 2020 risultano i cittadini stranieri. Gli effetti dell'emergenza pandemica in termini di diseguaglianza occupazionale si sono distribuiti in modo disomogeneo, determinando il verificarsi di una paradossale situazione di diseguaglianza nella diseguaglianza. Il calo del tasso di occupazione nel 2020, ad esempio, ha colpito maggiormente le ragioni del Paese che, soprattutto nella prima fase della pandemia, sono risultate più esposte al rischio di diffusione del contagio. Le regioni del Nord, infatti, hanno registrato una riduzione del tasso di occupazione, mentre nel Sud è cresciuto il tasso di inattività.
Tali dati sono ancora più allarmanti in un contesto in cui, secondo quanto riportato dall'ultimo rapporto SVIMEZ, le regioni del Sud scontano una maggior debolezza dei consumi conseguente alla dinamica salariale. Il Sud registra, infatti, il 15,3 per cento dei dipendenti con basso salario, rispetto all'8,4 per cento del Centro-Nord, nonché un tasso di occupazione strutturalmente basso, indice di una preoccupante precarietà delle condizioni di lavoro. Il 22,3 per cento dei dipendenti, pari a 900 mila lavoratori, è impiegato a termine.
In questo contesto, preoccupa il dato delle 900 mila donne NEET (Neither in Employment or in Education or Training) che non lavorano e non studiano, a cui si aggiunge il basso tasso di occupazione delle giovani neolaureate, pari al 44 per cento nel Mezzogiorno, a fronte di un valore che invece supera il 70 per cento nelle regioni del Centro-Nord.
Se poi guardiamo ai settori di attività economica, i fattori penalizzanti per l'occupazione sono risultati più gravi per le attività che hanno subito maggiori restrizioni: il settore dei servizi, quello del commercio, quello degli alberghi e della ristorazione. In generale, tutte le attività legate al turismo e alla socialità hanno segnato flessioni occupazionali importanti, mentre per le attività professionali, quelle immobiliari e i servizi alle imprese si sono registrate perdite più contenute, ancorché non trascurabili. Per l'industria, invece, l'impatto della pandemia sull'occupazione è stato mitigato dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali e dal blocco dei Pag. 4licenziamenti, imposto dal Governo per tutta la prima fase dell'emergenza.
Tenendo conto di tali impatti, si metteranno in evidenza le principali sfide delle politiche che, dando conto di ciò che è stato fatto e posto in essere dal Governo durante la fase più acuta della pandemia e delle misure che saranno messe in campo a partire dalla prossima legge di bilancio, sono considerate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali cruciali per contribuire ad affrontare vecchie e nuove diseguaglianze prodotte o accentuate dalla pandemia stessa.
Il filo rosso che lega e orienta tutte le politiche poste in essere e quelle in cantiere è rappresentato dalla profonda convinzione che la rinascita civile, sociale ed economica della nostra comunità nazionale, insieme a una ritrovata coesione europea, debba avvenire rimettendo al centro la questione del lavoro, di quello che manca e che va urgentemente ritrovato, con appropriati e lungimiranti investimenti pubblici, e di quello che c'è, che deve essere meglio riconosciuto e garantito.
Il primo focus è rappresentato dalle politiche di contrasto alle diseguaglianze strutturali, che impattano in maniera preponderante su giovani, donne e lavoratori stranieri, e dalle azioni poste in essere per contrastare povertà e sfruttamento. La promozione del lavoro delle donne e dei giovani è considerata dal Ministero una sfida irrinunciabile e una priorità assoluta, i cui ritardi incidono ulteriormente sul declino socioeconomico e demografico del Paese. Il lavoro dei giovani e il lavoro femminile vanno incentivati con ogni mezzo, non solo di carattere fiscale e contributivo, che, come abbiamo visto, non sempre hanno sufficiente efficacia, ma abbattendo le barriere che impediscono di conciliare vita professionale e impegni familiari e di cura, che hanno un peso rilevante nell'esasperare l'insostenibile fenomeno delle dimissioni in bianco – stando ai dati diffusi dall'Ispettorato nazionale del lavoro sono state 42 mila le dimissioni di genitori con figli da zero a tre anni, il 77 per cento delle quali sono di donne – e del Gender Pay Gap, nonché investendo sul lavoro di qualità quale vettore di coesione sociale.
È una questione centrale, non solo perché sulle giovani generazioni graverà il peso dei debiti che stiamo accumulando, ma purtroppo anche perché, già oggi, esse pagano il prezzo più elevato, dovuto alla discontinuità del lavoro e alla precarietà delle condizioni d'impiego. Per questo dobbiamo fare in modo che i processi di riforma siano attenti proprio a quelle fasce di popolazione, per una questione di equità e di giustizia sociale e di sostenibilità del sistema previdenziale.
Durante la pandemia, accanto a un ampliamento generalizzato degli ammortizzatori sociali realizzato con un finanziamento straordinario, sono state eccezionalmente previste, con uno stanziamento che ha superato i 5 miliardi di euro, misure indennitarie di aiuto ai lavoratori autonomi, stagionali, atipici, dello spettacolo e dello sport, per compensare la riduzione delle attività e la perdita di opportunità di impiego.
Nella medesima ottica sono state prorogate le indennità collegate allo stato di disoccupazione, NASpI e DIS-COLL.
Per le famiglie, oltre a una pressoché totale estensione del lavoro da remoto come modalità ordinaria di lavoro quale misura di contenimento del contagio, sono stati previsti i congedi parentali straordinari retribuiti al 50 per cento e, in alternativa, bonus per servizi di baby sitting per sostenere le famiglie con lavoratori occupati nelle aziende impiegate nelle attività essenziali. Sono stati anche incrementati i permessi per l'assistenza a persone disabili e non autosufficienti, previsti dalla legge n. 104 del 1992.
Parallelamente, la legge di bilancio dello scorso anno ha previsto due specifici sgravi contributivi per l'assunzione di donne e di under 36. Accanto a questi incentivi alle assunzioni, sono state previste nella medesima legge di bilancio disposizioni che destinano 20 milioni di euro di contributi a fondo perduto per sostenere e incentivare l'imprenditoria femminile, il cosiddetto «Fondo impresa», e ulteriori 20 milioni di euro destinati alla concessione di finanziamenti agevolati per chi intende avviare Pag. 5un'impresa o una start-up innovativa, il cosiddetto «Fondo imprese creative».
L'intervento in favore di queste categorie è continuato nel decreto sulla governance del PNRR, nel quale viene richiesto che almeno il 30 per cento delle nuove assunzioni, realizzate grazie agli investimenti a valere sulle risorse del PNRR, sia in favore di donne e giovani. Nel disegno di legge di bilancio in discussione si propone il rifinanziamento del Fondo per il sostegno alla parità salariale, l'estensione dell'indennità di maternità per ulteriori tre mesi e, per le lavoratrici madri, un esonero del 50 per cento dei contributi previdenziali per un anno.
Il Governo ha inoltre proposto di rendere strutturale il congedo obbligatorio di paternità con l'innalzamento da 7 a 10 giorni. Per gli under 30 si prevedono 20 milioni di euro per migliorare l'erogazione di politiche attive presso i Centri per l'impiego e favorire il raccordo tra enti territoriali di diverso livello amministrativo.
La crisi pandemica ha reso evidente la condizione di dipendenza dei Paesi sviluppati dalla manodopera straniera, soprattutto nel comparto della produzione agricola, mettendo in risalto elementi di criticità della qualità e delle condizioni di lavoro del comparto già da tempo presenti.
A causa del grado elevato di informalità che lo caratterizza, il settore agricolo rappresenta un'occasione di accesso al lavoro per i migranti, anche privi di regolare permesso di soggiorno. Per questi braccianti le condizioni di irregolarità del soggiorno e del rapporto di lavoro si traducono in forme di grave sfruttamento o di illecita intermediazione da parte dei caporali per l'accesso a servizi essenziali, quali l'alloggio, il trasporto verso i luoghi di lavoro e i servizi sanitari.
Tutti questi aspetti sono affrontati all'interno di una strategia nazionale di intervento contenuta nel Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura 2020-2022, approvato lo scorso 20 febbraio. Il Piano è stato sviluppato con il supporto tecnico dell'Organizzazione internazionale del lavoro, in collaborazione con la Commissione europea. Il Piano è strutturato su quattro assi strategici (prevenzione; vigilanza e contrasto al fenomeno; protezione e assistenza per le vittime; reintegrazione socio-lavorativa), declinati in dieci azioni prioritarie, che comprendono misure emergenziali e interventi di sistema di lungo periodo.
Questa strategia viene implementata attraverso un approccio organico e multidimensionale alle politiche, che, da un lato, considera tutte le dimensioni dello sfruttamento lavorativo, dell'intermediazione illecita di manodopera e del lavoro forzato, dall'altro, mette in campo una serie di misure che includono la protezione e l'assistenza delle vittime di sfruttamento e il loro accesso al lavoro dignitoso. Per rafforzare l'efficacia del Piano, nel PNRR è stata prevista una mappatura per individuare soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo, volte a superare il fenomeno degli insediamenti abusivi.
La questione del lavoro migrante è la riprova dell'urgenza di politiche e di azioni di contrasto alla povertà e di inclusione sociale. Su questi temi, povertà e inclusione sociale, è innegabile che il Reddito di cittadinanza ha rappresentato un argine efficace, che ha permesso a molti individui e famiglie di mantenere una capacità di spesa. D'altro canto, la pandemia ha messo a nudo i limiti e le fragilità dello strumento. Infatti, si è reso necessario affiancare al Reddito di cittadinanza uno strumento di ultima istanza emergenziale, il Reddito di emergenza (REM), che ha costituito una possibilità per tutti coloro che si sono trovati improvvisamente senza tutela e senza la possibilità di ricorrere al Reddito di cittadinanza.
Il REM, insieme alle misure che hanno potenziato la distribuzione alimentare attraverso i comuni, ha permesso a 600 mila nuclei beneficiari di ricevere un contributo di ultima istanza, dando un concreto aiuto economico a oltre un milione e 200 mila persone. Coerentemente, il Governo ha proposto alcuni correttivi al Reddito di cittadinanza, con l'obiettivo di completare il sistema dei controlli, di rendere più equa la Pag. 6misura e di razionalizzare e rafforzare gli incentivi al lavoro.
Tali interventi verranno coadiuvati dalle azioni volte alla formazione e al rilancio dei Centri per l'impiego, finalizzate anche attraverso i progetti del PNRR, e al rafforzamento dei servizi sociali. Ricordo a tale proposito il contributo, che può essere oggetto anche di una riflessione da parte del Parlamento, del Comitato scientifico presieduto dalla professoressa Saraceno, che credo possa essere di sicuro interesse per un ulteriore miglioramento dello strumento, in particolar modo per quanto attiene al tema della sua efficacia nel contrasto alla povertà: un altro aspetto che contribuisce ad acuire le diseguaglianze e la forte frammentazione territoriale dei servizi sociali, sottofinanziati rispetto alla media dell'Unione europea.
Per colmare tali criticità a sostegno dei territori, si è operato per rendere strutturale il sistema dei servizi sociali e creare le condizioni per la costruzione di un sistema di garanzie nazionali basate sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP). Coerentemente, la legge di bilancio 2020 ha provveduto al rafforzamento strutturale dei servizi sociali territoriali e allo stanziamento di rilevanti risorse per il loro finanziamento. Nel corso del 2021, questo processo di potenziamento dei servizi è continuato con la definizione da parte del Governo, insieme con regioni e comuni, di un nuovo Piano nazionale sociale che individua i LEPS e introduce norme e specifici livelli essenziali delle prestazioni per gli anziani e per la non autosufficienza.
L'urgenza della pandemia ha infatti reso improrogabile un approccio fondato sulla deistituzionalizzazione e la domiciliarità. L'obiettivo da raggiungere è quello del raddoppio dell'assistenza domiciliare agli anziani e il potenziamento delle azioni a sostegno dei caregiver. Le linee guida dell'approccio del Governo mirano alla costruzione di un sistema di servizi sociali, finalizzato a promuovere la massima autonomia attraverso una presa in carico individualizzata e i necessari sostegni alle famiglie.
Il medesimo approccio costituisce la direttrice dei tre progetti sociali del Ministero nel PNRR, che verranno realizzati dai territori e riguardano i servizi di sostegno domiciliare agli anziani, la promozione della vita indipendente per le persone con disabilità, l'autonomia delle persone senza fissa dimora.
Con queste risorse, pari a 500 milioni di euro, sarà possibile finanziare la ristrutturazione di appartamenti e costruire reti di co-housing assistite da servizi di presa in carico. Si prevede, nell'orizzonte temporale del PNRR, che i territori realizzeranno tra i 1.800 e i 2.500 singoli progetti sui loro territori, con un significativo impatto sul benessere delle persone coinvolte e su tutto il nostro tessuto sociale, in termini sia di qualità della vita sia di partecipazione al mercato del lavoro.
Il secondo focus invece è incentrato sulle politiche per affrontare le diseguaglianze prodotte o accentuate dalla pandemia e sugli strumenti da mettere in campo per governare le grandi trasformazioni in atto, in chiave di promozione e sostegno alla transizione ecologica e a quella digitale, orientando il sistema verso una ripresa che sia equa e, contemporaneamente, sostenibile.
Le grandi trasformazioni a cui ho fatto cenno, che la pandemia ha accelerato, stanno modificando le matrici di produzione su cui si sviluppa il mercato e l'organizzazione del lavoro. È in questo contesto che si palesa come prioritaria la necessità di integrare le politiche industriali con il rafforzamento delle politiche finalizzate alla tutela dell'occupazione, alla promozione della mobilità nel mercato e al rilancio della produttività delle imprese. Un lavoro di qualità ci sarà se l'Italia e l'Europa si posizioneranno adeguatamente sulla riorganizzazione delle catene del valore che in questo momento si sta determinando.
L'apparato normativo degli ammortizzatori sociali che abbiamo costruito cerca di superare l'assetto vigente pre-pandemia, che si presentava come un insieme di norme e di istituti non sempre coordinati e organici. Nel sistema delineato dalla normativa vigente si registrano, infatti, differenze rilevanti tra categorie di lavoratori dipendenti, tra comparti produttivi, tra settori di Pag. 7attività, tra imprese di diverse dimensioni e tra territori, oltre che a una sostanziale esclusione dei lavoratori delle micro imprese.
Lo sforzo, che era già iniziato durante la pandemia, è stato invece quello di assicurare un sostegno al reddito a tutti i lavoratori dipendenti mediante un finanziamento degli ammortizzatori sociali a carico della fiscalità generale, finalizzato a sollevare le imprese dai costi fissi legati all'utilizzo degli stessi, e aprendo la strada a un sistema di copertura pressoché generalizzata che sia idonea a prevenire protezioni asimmetriche e diseguaglianze nei diversi settori produttivi.
La causale COVID-19 ha permesso un accesso generale al sostegno al reddito, evocabile in ogni caso di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa per eventi riconducibili alla pandemia. Sono state previste anche numerose semplificazioni procedurali per velocizzare i processi di concessione e pagamento degli ammortizzatori sociali. Queste semplificazioni hanno permesso all'INPS di gestire in tempi ragionevoli un numero di domande di integrazione salariale che non aveva precedenti. In sostanza, l'intervento del Governo durante la pandemia ha orientato gli ammortizzatori sociali verso un modello di universalismo selettivo.
L'emergenza ha messo in luce i termini e le criticità della disciplina vigente. Per queste ragioni si è reso urgente predisporre un intervento legislativo che avesse l'ambizione di costruire un sistema di protezione sociale universale, in grado di fornire – fermo restando il principio assicurativo – le tutele necessarie, a prescindere dal settore e dalla dimensione dell'impresa. Peraltro, nel PNRR l'Italia si è impegnata a semplificare le procedure di erogazione e ad ampliare l'ambito dei destinatari degli interventi di sostegno al reddito.
Il disegno di legge di bilancio contiene, infine, una proposta di riordino in questa direzione, sia per quanto riguarda gli strumenti in costanza di rapporto di lavoro, sia in mancanza di lavoro, nonché un rafforzamento delle politiche attive per il lavoro. Con specifico riferimento agli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, gli obiettivi principali sono l'universalizzazione delle tutele, che viene raggiunta intervenendo sull'impianto del decreto legislativo n. 148 del 2015, tenendo conto delle specificità, delle diversità proprie dei singoli territori produttivi e anche delle dimensioni aziendali, e il sostegno alle transizioni industriali e occupazionali.
In questo senso viene mantenuta e valorizzata l'esperienza dei fondi di solidarietà bilaterali, compresi quelli cosiddetti «alternativi», in riferimento al settore dell'artigianato e della somministrazione di lavoro. Viene anche ridefinito il cosiddetto «meccanismo delle condizionalità», introducendo la partecipazione a processi di aggiornamento e riqualificazione a carattere formativo quale condizione per beneficiare del trattamento di integrazione salariale straordinaria.
L'obiettivo è quello di assicurare che i dipendenti possano migliorare e riqualificare le proprie competenze ed essere quindi potenzialmente impiegabili in altre aziende, pur in costanza di rapporto di lavoro con l'impresa.
Significative per la riduzione delle diseguaglianze sono, a mio avviso, le novità in tema di ammortizzatori sociali in mancanza di lavoro. Per l'accesso alla NASpI viene eliminato il requisito minimo di 30 giorni lavorativi nell'anno precedente alla disoccupazione, restando solo il requisito delle 13 settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni. Il décalage viene spostato dal quarto al sesto mese e, per i lavoratori over 55, all'ottavo mese. Per la DIS-COLL, viene innalzata la durata da sei mesi a un anno, con la garanzia di un numero di mesi di beneficio pari ai mesi di contribuzione versata e viene riconosciuto il versamento contributivo ai fini pensionistici.
A queste novità si affiancano la proroga e l'ampliamento del contratto di espansione alle imprese che occupano più di 50 dipendenti. In linea con la logica di salvaguardare l'occupazione e favorire la transizione occupazionale, la riforma prevede interventi diretti a incentivare la costituzione di società cooperative e la promozionePag. 8 di patti territoriali per la transizione ecologica e digitale. La sfida è quella di rendere gli ammortizzatori sociali un elemento delle politiche industriali nazionali in grado di supportare il Governo nel prevenire e ricomporre le cesure occupazionali provocate dalla crisi, attraverso un'azione preventiva di accompagnamento dei processi di trasformazione dei tessuti produttivi a livello territoriale e a livello di filiera.
Nella prospettiva di rilancio post-pandemico e dei nuovi strumenti di gestione della crisi delineata dalla riforma degli ammortizzatori sociali, è inevitabile che le politiche attive del lavoro acquistino una rilevanza fondamentale per accompagnare il cambiamento in atto. È in questo spazio che si colloca il Piano di rafforzamento dei Centri per l'impiego, il nuovo programma GOL, dall'acronimo «Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori», e il Piano nazionale Nuove competenze.
Le politiche attive possono ridurre gli effetti negativi della crisi, in particolare per i fragili e i vulnerabili, facilitando un più rapido ricollocamento sul mercato del lavoro. Ai fini del contrasto alle diseguaglianze, il programma ha target al 2025 rilevanti: almeno 3 milioni di beneficiari, di cui il 75 per cento devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55. Di questi, almeno 800 mila devono essere coinvolti in attività di formazione, 300 mila dei quali per il rafforzamento delle competenze digitali. Almeno l'80 per cento dei Centri per l'impiego in ogni regione deve rispettare gli standard definiti dei livelli essenziali.
Parallelamente al programma GOL, nell'ambito del PNRR il Governo si è impegnato all'adozione del Piano nazionale Nuove competenze. L'obiettivo principale del Piano è quello di definire i livelli essenziali della formazione professionale per tutto il territorio nazionale, individuando le caratteristiche e gli standard formativi dei lavoratori in transizione e dei disoccupati che entreranno in GOL. L'accento sarà posto sulla previsione delle nuove competenze richieste dal mercato del lavoro nel breve e nel medio periodo.
I beneficiari di GOL sono un gruppo molto ampio ed eterogeneo di lavoratori, all'interno del quale si collocano le fasce di popolazione a maggior rischio di incremento delle diseguaglianze. Si tratta di lavoratori differenziati a seconda della presenza o meno di un'occupazione al momento della presa in carico, della fruizione di un sostegno al reddito, del tipo di sostegno fruito, dell'esperienza lavorativa pregressa, di particolari condizioni di fragilità e vulnerabilità. In particolare, i lavoratori che possono accedere al programma sono beneficiari di cassa integrazione straordinaria, percettori di NASpI, di DIS-COLL e di Reddito di cittadinanza, lavoratori fragili o vulnerabili, tra cui i cosiddetti «NEET», donne in condizioni di svantaggio, persone con disabilità, lavoratori over 55, disoccupati di lunga durata, lavoratori autonomi che cessano l'attività o in condizioni di precarietà e i cosiddetti working poor.
Quando parliamo di lavoro povero, non possiamo non pensare alla questione salariale: criticità strutturale del nostro sistema, che risulta ancora aggravata dalla proliferazione dei contratti pirata, che da fenomeno residuale si sta trasformando in una patologia del nostro sistema delle relazioni industriali. Secondo un'analisi del CNEL, i contratti collettivi in Italia hanno avuto negli ultimi nove anni una crescita impetuosa. Siamo passati da 550 contratti nel 2012 a 991 contratti collettivi nel 2021. Ovviamente, non sto dicendo che il diffondersi di contratti collettivi sia in sé un male. Il punto è che dentro il processo di proliferazione dei contratti collettivi si annidano numerose pratiche di dumping salariale, che sono eticamente e giuridicamente inaccettabili, pratiche che colpiscono, al tempo stesso, i diritti dei lavoratori e le imprese che agiscono nel rispetto delle regole e che vengono, proprio per questo, penalizzate.
Ciò premesso, ritengo che sia molto importante valutare i presupposti per affrontare il tema dei criteri concernenti la rappresentanza sindacale, al fine di individuare un ragionevole filtro selettivo degli Pag. 9agenti negoziali e, al tempo stesso, coltivare gli spunti e gli stimoli che ci lascia la proposta di direttiva sul salario minimo che nei prossimi giorni sarà discussa all'EPSCO.
Saremo probabilmente presto impegnati nel recepire tale direttiva sul salario minimo, e mi sembra dunque importante che questo tema sia al centro della nostra riflessione e del confronto con le parti sociali, perché credo che dall'esito di quella discussione dipenderà anche l'andamento della ripartizione delle risorse. Per dirla in una parola, sarebbe grave, anzi sarebbe gravissimo che dei molti miliardi investiti nel PNRR poco o nulla andasse a finire nei salari.
La pandemia ha infine evidenziato come il ricorso a tecnologie digitali possa essere, se ben governato e regolato, un vettore di riduzione di diseguaglianze e asimmetrie anche delle condizioni di lavoro. I processi di digitalizzazione, infatti, hanno ricevuto una forte accelerazione durante il periodo pandemico. La tenuta del sistema sarebbe stata seriamente messa in ulteriore discussione se non avessimo potuto ricorrere all'aiuto della tecnologia. Da un lato, il ricorso al lavoro agile ha permesso a milioni di lavoratori di continuare a lavorare nonostante le restrizioni; dall'altro, abbiamo assistito all'affermarsi delle piattaforme digitali come protagoniste del mercato, in particolare nel settore del food delivery e dell'e-commerce, con effetti rilevanti sull'emersione di nuove diseguaglianze.
I tempi adesso sono maturi per iniziare a correggere le distorsioni e potenziare i vantaggi che queste nuove forme di organizzazione del lavoro possono portare a beneficio di imprese e lavoratori. La sfida sta nel capire come coniugare sviluppo tecnologico e rinnovati sistemi di protezione e tutela. Durante la pandemia, il lavoro agile è più che raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico, diventando un tassello sempre più strutturale dell'organizzazione del lavoro.
La necessità di affrontare il tema dei diritti dei lavoratori digitali attraverso il dialogo sociale e il confronto tra le parti ha dato impulso all'attuazione di azioni condivise per la definizione di una cornice di regole del lavoro agile post-pandemico, individuando le linee di indirizzo che possono rappresentare un efficace quadro di riferimento per la futura contrattazione collettiva nazionale o aziendale e territoriale.
In questo contesto mi sono fatto promotore di un protocollo sul lavoro in modalità agile, al fine di creare le condizioni di una corretta applicazione nel settore privato, fornendo linee di indirizzo sulla definizione dei tempi, dei luoghi e delle modalità di svolgimento del lavoro agile e ponendo l'accento sul diritto alla disconnessione, alla tutela della salute e della sicurezza, nonché sul trattamento trasparente dei dati dei lavoratori, in un quadro di dialogo aperto con le parti sociali.
Il ricorso all'utilizzo di dati e algoritmi nel mondo del lavoro sarà una delle sfide maggiori per affrontare, nel periodo post-pandemico di accompagnamento, la fase di transizione digitale. Algoritmi, utilizzo di big data, analisi predittive e piattaforme digitali possono creare asimmetrie nei meccanismi di protezione e tutela. Un esempio sono i rider, che, riconosciuti tra i pochi prestatori di servizi essenziali durante la pandemia, hanno sollevato una serie di richieste di tutela, a partire da un'efficace protezione in materia di salute e di sicurezza.
Accogliendo queste sollecitazioni, ho ritenuto utile definire la firma di un protocollo contro il caporalato nel food delivery tra i principali sindacati e AssoDelivery. Nella stessa logica di favorire la creazione di relazioni industriali stabili, ho avviato un percorso che ha portato alla stipula di un protocollo nel settore dell'e-commerce per la definizione di un sistema condiviso di relazioni industriali tra Amazon e le organizzazioni sindacali FILT-CGIL, FIT-CISL e UILTrasporti, riconoscendo nella contrattazione un argine efficace alla diffusione delle diseguaglianze.
Un'altra azione a favore della limitazione dell'insorgere di nuove diseguaglianze consiste nel risolvere le problematiche legate all'opacità dei rapporti e delle condizioni contrattuali che spesso affliggono l'economiaPag. 10 digitale. Per sfruttare al meglio le opportunità che la transizione digitale ci offre, dobbiamo capire la tecnologia e integrarla nelle decisioni di policy. Per fare ciò abbiamo bisogno di raccogliere i dati e di verificarne il funzionamento. Perciò ho proposto di rafforzare il sistema delle comunicazioni obbligatorie per raccogliere informazioni sui lavoratori delle piattaforme. Questo è un passo indispensabile per avanzare proposte di tutele che siano efficaci concretamente.
Sul fronte della regolazione algoritmica e del corretto utilizzo dei dati dei lavoratori, mi sto impegnando a formalizzare una normativa per la trasparenza e la prevedibilità delle condizioni di lavoro, che prevenga gli abusi e il ricorso al falso lavoro autonomo. In particolare, la mia proposta presenta una serie di obblighi informativi. Questi riguardano l'utilizzo di sistemi algoritmici e di sistemi basati sull'intelligenza artificiale, per adottare decisioni in materia di premiazione e cessazioni dei rapporti contrattuali di lavoro, per l'assegnazione dei compiti e per il monitoraggio e la valutazione delle prestazioni e degli adempimenti contrattuali. Queste azioni che sono state intraprese dal Ministero vanno nella direzione di creare uno spazio di contrattazione trasparente e democratico, che sia capace di riconoscere i diritti per tutti i lavoratori digitali.
Le linee di policy illustrate si fondano sulla consapevolezza che, per incidere su vecchie e nuove diseguaglianze prodotte o accresciute dalla pandemia, è necessario riconoscere un ruolo sempre più incisivo all'Unione europea nel governo delle politiche industriali. L'auspicio è che la strada intrapresa con il PNRR sia l'inizio di un percorso di rilancio dell'azione sociale dell'Unione europea. Solo procedendo in questa direzione si potrà arrivare a un vero diritto del lavoro europeo, che sia in grado di affrontare credibilmente la questione sociale, contrastare il dumping e le strategie competitive al ribasso, che determinano effetti depressivi generalizzati della protezione dei lavoratori, tanto nel mercato europeo quanto nei singoli mercati nazionali. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Ho diverse richieste di intervento. Considerato che sono le 15,40 e che alle 16 riprendono i lavori dell'Assemblea, io vi chiederei di stare nei due minuti ciascuno, in modo tale da dare modo al Ministro di rispondere, oppure, se per caso andate oltre i due minuti, il Ministro risponderà in un'altra seduta o per iscritto. Ricordiamoci che alle 16, con la ripresa dei lavori dell'Assemblea, dobbiamo interrompere la seduta della Commissione. Iniziamo con Carla Cantone, prego.
CARLA CANTONE. Brevemente, perché ci vorrebbe un po' più di tempo, dato che la relazione del Ministro, che ringrazio per la relazione corposa ma interessante che ha fatto, necessita di un po' di tempo, non tanto per discutere, ma per approfondire, per capire, anche per dare una mano al grande lavoro che il Ministro sta facendo. Io pongo solo tre questioni.
La prima, che mi sta abbastanza a cuore. Parto quasi dalla fine. Sul salario minimo, fate bene a discuterne con le organizzazioni sindacali, perché la cosa importante, secondo me, è salvaguardare il ruolo della contrattazione e il confronto fra le parti sociali, perché abbiamo già la previsione di minimi contrattuali e bisogna capire come mettere insieme queste esigenze.
La seconda, sugli anziani. È evidente che la pandemia li ha indeboliti di più. Non voglio parlare del tema delle pensioni degli anziani, ma della loro condizione di vita, come ci diceva il Ministro. Intervenire sui servizi di sostegno alle loro condizioni di vita penso che sia oggi una cosa fondamentale e importante. Il Ministro parlava non solo della non autosufficienza ma anche dei nuovi non autosufficienti, che sono quelli che sono diventati più poveri per tanti motivi.
La terza questione. Parlando di disuguaglianze, faccio una riflessione sulla discussione che si aprirà sul tema delle pensioni, con riferimento ai giovani e alle donne. Ve lo dice una che se ne è occupata per tantissimi anni, quasi fino allo sfinimento; sono anche stufa di parlarne. Però io penso che oggi, nella situazione in cui ci troviamo, non c'è nessuna formula o regola particolare che salvi il sistema previdenziale nel Pag. 11nostro Paese. Ormai se ne sentono di tutti i colori, ogni giorno ci si inventa qualcosa. Se non ci sono sviluppo e occupazione, non ci sono né il Fondo di garanzia né l'opzione donna, neanche i requisiti ridotti per le attività usuranti. Salterebbe tutto il sistema. Noi abbiamo un sistema a ripartizione, Ministro, come lei sa, ma lo dico anche ai miei amici della Commissione Lavoro. Abbiamo un sistema a ripartizione.
Trenta anni fa quindici lavoratori pagavano cinque pensioni. Oggi abbiamo un lavoratore che paga una pensione e mezza. Capite cosa vuol dire? Sto parlando di noi, dei nostri genitori, dei nostri figli, dei nostri amici... Se andiamo avanti così, se non c'è lavoro e non si versano i contributi, il sistema previdenziale salta per tutti, altro che Garanzia giovani. Il punto sono il lavoro e l'occupazione, non c'è altro.
Ringrazio il Ministro per la riflessione sull'utilizzo di una buona parte delle risorse del PNRR per lo sviluppo, per la crescita. Senza quello non c'è niente da fare. L'alternativa potrebbero essere salari già poveri, che già ci sono, in particolare al Sud dove il 15 per cento in meno rispetto al Nord grida vendetta. Ma la differenza è anche maggiore, perché in quel 15 per cento, per esempio, non rientra il lavoro irregolare, che c'è ovunque, in particolare al Sud. Se vogliamo parlare dei braccianti, del sistema agricolo, pensiamo a che cosa c'è non solo al Sud. È un problema. Sarà banale, io quando lo racconto mi guardano come per dire: «Va bene, lei dice sempre queste cose».
Se non si versano i contributi all'INPS, non dico che faremo la fine della Grecia, però, Ministro, io ero al Parlamento europeo allora e mi ricordo quando, di punto in bianco, in Grecia ci fu un taglio del 70 per cento delle pensioni in essere. Noi non siamo ancora a quei livelli, però se non distinguiamo l'assistenza dalla previdenza, se non creiamo lavoro, non ci sono attività usuranti, donne, Fondo di garanzia che tengano. Non dico adesso, ma fra dieci anni saremo al limite. Bisogna pensarci adesso. Noi abbiamo un'enorme responsabilità, quella di salvaguardare il sistema previdenziale e il sistema di welfare pubblico del nostro Paese. Uno può dire: «Fatti la previdenza integrativa». Costa; per fartela e poterla pagare devi lavorare. Banalmente siamo ancora a questo punto.
Io mi fido molto dal lavoro che sapremo fare e, per tutto il resto, le chiedo se è possibile avere la sua relazione, perché gli spunti che lei mi ha dato sono per me occasione di riflessione e di verifica del lavoro che anche noi possiamo fare. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cantone. La parola all'onorevole Musella.
GRAZIANO MUSELLA. Cerco di essere molto più breve, perché alcuni dei punti che volevo trattare sono stati anticipati dalla mia collega. Vorrei sottolineare anche io prevalentemente tre fattori. Il primo è la relazione. Intanto ringrazio il Ministro per la relazione, che è stata ampia, congrua e sicuramente di grande effetto. Anch'io chiedo la trasmissione alla Commissione della documentazione e credo che tutti i nostri colleghi chiedano la possibilità di leggerla e di averla fisicamente in mano.
Per la questione del sistema previdenziale, una riflessione importante che è stata fatta e che ribadisco anch'io riguarda la capacità di difesa del sistema pensionistico rispetto a quello assistenziale. Per il momento, dobbiamo cogliere l'opportunità per poterli mantenere per il futuro e, soprattutto, in modo distinto.
Io credo anche che ci sia la necessità di stabilire un minimo pensionistico, perché con il sistema contributivo e con il canale di Quota 100, che magari può diventare Quota 102, 103, 104, francamente le pensioni che verranno erogate saranno veramente basse. Io credo che occorrerà fare un ragionamento, una riflessione, per portarle a un livello minimo, magari di 1.000 euro mensili. Questo magari con un intervento anche dal punto di vista finanziario da parte dello Stato.
Sulla questione del salario minimo, sono assolutamente d'accordo nel sottolineare questo aspetto: il salario minimo, evidentemente, deve essere contrattato, deve essere oggetto delle relazioni sindacali. Penso Pag. 12che questo sarà anche un incentivo per molti nostri giovani a uscire dalla bolla del Reddito di cittadinanza e a occuparsi in modo serio.
Sul Reddito di cittadinanza, inviterei a riflettere sull'opportunità di puntare in modo importante sugli enti locali, perché, oggi come oggi, abbiamo ancora vincoli, i famosi progetti. Al di là di progetti particolari, penso che gli enti locali possano, debbano – abbiamo votato anche una risoluzione in questa Commissione – poter utilizzare, anche per periodi determinati ma con estrema facilità, i soggetti che percepiscono il Reddito di cittadinanza, anche per attività non socio assistenziali. Quindi, gli enti locali dovrebbero avere la possibilità di utilizzare gli iscritti nelle liste dei percettori del Reddito di cittadinanza per varie attività, non solo per quelle specificamente legate all'attuale situazione.
So che il Governo ci sta pensando. Mi auguro che questo avvenga molto rapidamente perché consentirebbe il raggiungimento di tre obiettivi: primo, l'utilizzo dignitoso di chi percepisce il Reddito di cittadinanza, in modo magari anche obbligatorio, nel territorio degli enti locali; secondo, l'opportunità per gli enti locali di dare più servizi ai cittadini; terzo, la possibilità di fare un minimo di esperienza e di arricchire il curriculum per chi è chiamato dagli enti locali a svolgere determinate attività.
Io penso che questi tre fattori siano assolutamente importanti. È il momento giusto per affrontarli. Io mi auguro che il Governo, che ha fatto già un grande lavoro, possa inserirli con più congruità all'interno di questa fase. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei. Onorevole Frate, prego.
FLORA FRATE. Grazie, presidente. Innanzitutto ringrazio il Ministro, perché veramente è stata una relazione molto corposa. Chiedo se posso averne anch'io una copia. È un programma molto ricco e devo dire anche che mi ha colpito. Vorrei fare brevemente due osservazioni.
La prima. Per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza, credo che dobbiamo rafforzare la formazione al lavoro, che secondo me è quello che manca. In Campania abbiamo fatto un po' di tempo fa un esperimento in materia di Reddito di cittadinanza che, devo dire la verità, ha dato un po' di frutti, proprio perché nelle politiche attive era prevista la formazione al lavoro. Secondo me è un aspetto molto importante.
Poi c'è il problema – lo sappiamo benissimo, Ministro, per carità, lo sa benissimo anche lei – dell'accesso al mercato del lavoro dei giovani e delle donne. È un problema che si concentra soprattutto al Sud Italia, nelle regioni del Mezzogiorno. Ora, non voglio credere che sia soltanto un problema di mancanza di lavoro. Esso è legato anche alla segregazione occupazionale, perché abbiamo una segregazione occupazionale, da un lato, di genere, ma, dall'altro, anche di settore. Significa che, se si lavora, per esempio, nel Terzo settore, manca il riconoscimento delle competenze che servono per essere spese nel mercato del lavoro. Penso, ad esempio, a chi fa un tirocinio professionale, oppure un tirocinio curriculare nell'ambito di un'università, oppure a chi lavora presso le associazioni. Le competenze acquisite in questi circuiti informali non vengono riconosciute.
In relazione al programma GOL mi chiedo come si può fare per rafforzare le competenze e, quindi, il riconoscimento di questa forza lavoro nel mercato del lavoro, che secondo me è importante, perché, secondo il mio modesto parere, manca proprio un riconoscimento da parte di coloro che hanno le competenze nel mercato del lavoro. È chiaro che questo è fatto di piccole e medie imprese, soprattutto al Sud. Bene o male, al Sud ci sono piccole imprese o comunque una realtà di commercianti, però io vorrei capire un po' anche come aiutare la piccola impresa a espandersi e, magari, a rispondere alle nuove esigenze di innovazione.
Un'ultimissima cosa: il sostegno ai liberi professionisti per industrializzarsi è importante. Io, per esempio, ravviso molto il problema dei giovani che non riescono a esercitare la libera professione. Penso agli avvocati. Lo so che non è competenza del Pag. 13suo Ministero ma di quello della giustizia, però ci sono molti giovani avvocati che si stanno cancellando dall'ordine proprio perché non riescono ad affrontare le spese fiscali e tutte quelle relative all'avvio dell'attività. Spero che si possa prestare attenzione a questi temi. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Rizzetto, prego.
WALTER RIZZETTO. Grazie, presidente. Cerco di andare più veloce possibile, ma i temi sono molti. Grazie, Ministro. Ho apprezzato alcuni passaggi del suo ragionamento. Anch'io chiedo di avere, se possibile, la sua relazione. Su alcuni altri temi, che, a causa del tempo limitato a sua disposizione, lei non ha toccato, mi sento di dire qualcosa.
Lei ha incentrato il suo discorso e il suo ragionamento sul reddito dei lavoratori e, in questo ambito, su una serie di corollari, che effettivamente sono stati toccati. Ministro, glielo dico subito: su Quota 102 e Quota 104 non siamo d'accordo. Peggio mi sento quando si parla di Quota 104. Non capisco la differenza tra andare in pensione normalmente e con il canale di Quota 104. È esattamente la stessa cosa. Quota 102 va a coprire una fascia minima della platea dei lavoratori in uscita. Avremmo voluto più coraggio per una riforma più importante del sistema pensionistico.
Per quanto riguarda la cassa integrazione, oggi guai a chi la tocca, perché è stata di grande aiuto per lavoratori e imprese, anche se molte imprese hanno dovuto anticiparla e pagarsela per conto loro. Penso che sia uno strumento da modernizzare. Non ritengo che sia uno strumento che risponde alle necessità per le quali era stato introdotto. I dati ci dicono che oltre il 65 per cento delle aziende che oggi accedono alla cassa integrazione, purtroppo, dopo chiude. Non vorremmo che la cassa integrazione fosse addirittura un anticipo di chiusura per le aziende.
Non ci ha parlato – ne parlo io – dell'attività ispettiva dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, che evidentemente deve essere supportata e implementata, perché altrimenti non si fanno i controlli e, se non si fanno i controlli, ci sono i morti sul lavoro, dato drammatico nel nostro Paese. E c'è tutta una serie di piccoli e grandi evasori che effettivamente, grazie ai controlli, potrebbero rigare un po' più dritto.
Non ci ha parlato – ne parlo io – dell'ANPAL, che dovrebbe essere uno snodo fondamentale delle politiche attive del Ministero del lavoro. Dopo i due anni drammatici di presidenza del professor Mimmo Parisi, probabilmente oggi avremmo dovuto parlare dell'ANPAL, per fare qualcosa in più rispetto a quel tema.
Sul salario minimo, Ministro, probabilmente siamo stati i primi qui in Commissione a presentare una risoluzione sul salario minimo, ma senza andare a toccare le legittime prerogative della contrattazione sindacale; ci mancherebbe altro. Noi le chiediamo semplicemente di fare un passo avanti rispetto al salario minimo, ad esempio, nei settori in cui i contratti collettivi nazionali non ci sono. Il contratto collettivo nazionale non è un obbligo da parte datoriale, ma il 20-22 per cento dei lavoratori non sono coperti dai contratti collettivi nazionali. Laddove c'è una giungla, almeno iniziamo lì – e non ne abbiamo parlato – senza andare per l'ennesima volta a pesare sulle aziende. Il salario minimo orario non deve essere deciso dalla politica; deve essere deciso dalle parti sociali, deve essere deciso dalla parte datoriale. Si fa una grande confusione.
Ministro, non sentiamo più parlare, e me ne dispiaccio, di una norma anti delocalizzazioni. Sono mesi che la annunciate, sono mesi che il Viceministro Todde ne parla. Non esiste una norma anti delocalizzazione. Se da un lato, ad esempio, l'OCSE stima al 6,3 per cento la crescita del nostro Paese, dall'altro, perdiamo terreno rispetto a tutto il resto, perché oggi i lavoratori di Whirlpool, Saga Caffè, GKN – ne ha parlato anche recentemente – non hanno alcun tipo di tutela.
Non parliamo poi di quello che una volta si chiamava «massimo ribasso» e che oggi è la «miglior offerta» – è cambiata la terminologia – ma sappiamo che oggi, ad esempio, ci sono lavoratori pagati a 2,3, 2,4 o 3 euro all'ora, soprattutto nel settore dei multi servizi, ed è un dramma.
Chiudo, presidente, ricordando che, per quanto riguarda la produzione agricola, Pag. 14dobbiamo parlare di caporalato. Lo Stato purtroppo non è efficiente e non è rapido nelle decisioni contro i caporali, che lavorano molto meglio, sotto questo punto di vista, drammaticamente meglio.
Per quanto riguarda il mercato globale, di cui lei ha fatto, mi pare, rapidamente cenno, ci sono oggi interruzioni del commercio globale delle materie prime e, secondo me, l'Italia deve battere un colpo sotto questo punto di vista. Una disoccupazione oramai strutturalmente attorno al 10 per cento è altrettanto drammatica. I salari purtroppo diminuiscono. L'impulso che il nostro Governo deve dare all'Europa, e non soltanto all'Europa è, ancora in piena pandemia, di spingere le aziende farmaceutiche – perché altrimenti non ne usciamo – a fornire vaccini a tutto il mondo. È inutile vaccinare ovunque nel nostro Paese o in Europa se, ad esempio, nel continente africano c'è solo il 3 per cento della popolazione vaccinata. È chiaro che non ne usciremo.
Ho preso, presidente, qualche secondo in più, però, mi permetta, mi pare che io sia l'unico qui che fa parte dell'opposizione.
PRESIDENTE. Giusto, mi rendo conto che la presenza del Ministro ci solleciti a sottoporgli tutte le questioni di cui trattiamo in questa Commissione, ma ricordiamoci che oggi lui è qui in audizione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle disuguaglianze. Onorevole Murelli, prego.
ELENA MURELLI. Grazie, presidente. Sarò velocissima perché molti argomenti sono stati toccati anche da altri colleghi.
Sul Reddito di cittadinanza non ho nulla da aggiungere, perché il Ministro ha fatto un intervento in Assemblea la settimana scorsa. Volevo sottolineare solo che molti punti che il Comitato scientifico ha evidenziato non sono ancora stati tenuti in considerazione da parte del Governo. Abbiamo presentato emendamenti proprio al disegno di legge di bilancio all'esame del Senato e quindi chiedo cortesemente di prenderli in considerazione, visto che toccano argomenti sottolineati dal Comitato scientifico.
Per quanto riguarda il sistema pensionistico, anch'io concordo, perché la pandemia ha messo in evidenza, purtroppo, che già il sistema aveva delle falle. Creandosi ulteriori disuguaglianze, il sistema pensionistico in futuro non potrà reggere. Ciò è anche dovuto ai malati contagiati dal COVID-19, che non possono più lavorare. Noi vorremmo avere per loro un supporto da parte dello Stato.
Per quanto riguarda il salario minimo, che è stato citato dal Ministro, sono sicuramente concorde sul fatto che questo possa contrastare pratiche di dumping salariale. C'è la necessità della revisione della rappresentanza sindacale, senza tener conto però solo della triade dei sindacati, perché ci sono anche altri sindacati, che sono rappresentativi e che possono risolvere le questioni, come per esempio è successo per il contratto dei rider. Da quel punto di vista, anche il sistema della logistica soffre di una proliferazione di contratti, che deve essere sicuramente tenuta sott'occhio.
Per quanto riguarda il salario minimo, non dobbiamo prenderlo tout-court come ci vuole imporre l'Europa ma, come veniva sottolineato anche dal collega Rizzetto, dobbiamo considerare la contrattazione salariale ad ampio raggio.
L'ultima cosa e poi lascio lo spazio anche agli altri colleghi. Per quanto riguarda le donne che lavorano, in particolare, se è già stato assunto con la proposta di legge C. 522 e abbinate, recentemente divenuta legge, l'impegno a risolvere il problema del gender pay gap, non si parla tuttavia abbastanza del bonus baby sitting. Ci deve essere una politica di conciliazione di vita e lavoro, bisogna favorire attività come quelle delle Tagesmütter, bisogna sostenere non solo la maternità, ma, soprattutto, anche i genitori che lavorano. Molto spesso nelle liste di attesa, nelle graduatorie per l'accesso agli asili nido, non c'è posto per il figlio di due genitori che lavorano perché gli passano davanti i bambini degli immigrati, degli stranieri. Questo non è assolutamente razzismo, ma poiché molto spesso le donne immigrate non lavorano, mentre le nostre lavoratrici sono impegnate, il bambino non viene preso all'asilo. Bisogna crearePag. 15 non solo strutture, ma anche graduatorie che siano direttamente di aiuto ai lavoratori.
Da un altro punto di vista, dobbiamo sicuramente pensare ai giovani, che trovano solo lavori discontinui, e dobbiamo pensare a quello che sarà il sistema pensionistico futuro per questi ragazzi. Grazie.
PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzo.
RINA DE LORENZO. La ringrazio, presidente. Accolgo doverosamente il suo invito a restare nei due minuti, anche perché il tempo stringe. Mi limiterò soltanto a una riflessione sul tema delle nuove diseguaglianze causate dalla pandemia.
I dati emersi dalla relazione annuale dello SVIMEZ descrivono una condizione del Sud negli ultimi diciotto anni particolarmente grave. Negli ultimi diciotto anni il Meridione ha perso un milione di abitanti, di cui il 30 per cento laureati. Si tratta di un segnale di allarme preoccupante perché la precarietà rischia di diventare strutturale e rischia di acuire il gap geografico.
La questione meridionale è ancora e deve essere ancora al centro dell'attenzione del suo Ministero e le questioni legate a una ridotta capacità progettuale al Sud rischiano addirittura di non consentire di raccogliere la sfida del PNRR. Il mio invito è quello di osservare attentamente e verificare che i finanziamenti derivanti dal PNRR agganciati a quelli previsti dal Patto per il Sud possano davvero avere un impatto favorevole sul tema occupazionale nel Meridione d'Italia. Grazie.
PRESIDENTE. Onorevole Invidia, prego.
NICCOLÒ INVIDIA. Sono moltissimi i temi trattati anche dai colleghi, incluse le questioni del salario minimo, del Reddito di cittadinanza, del PNRR, della cassa integrazione con causale COVID-19 e di tutto quanto è stato detto relativamente al tema oggetto dell'indagine conoscitiva, cioè le disuguaglianze causate dalla pandemia.
Detto ciò, mi concentro, vista anche la ristrettezza dei tempi, sul tema della disuguaglianza generazionale, che anche lei ha citato. Faccio particolare riferimento non tanto alla questione degli sgravi per le assunzioni di giovani under 35 oppure a quella dei contributi previsti per le start-up, quanto alla questione del mismatch delle competenze, che è stata citata anche dalla collega Flora Frate. Chiedo, non tanto con riferimento al merito di possibili policy, ma piuttosto con riferimento al metodo, se ritiene utile un tavolo interministeriale sulla formazione tecnica e continua, che potrebbe magari assicurare una sorta di boost sul tema rispetto alla situazione attuale.
Inoltre, anche con riferimento a quanto detto dalla collega Carla Cantone sulla sostenibilità del sistema previdenziale di lungo periodo, volevo chiedere al Ministro la sua opinione sulla breve proposta lanciata l'altro giorno da Conte sulle pensioni di garanzia per i giovani. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Invidia. Le questioni poste dai colleghi sono tutte questioni che necessitano di una risposta approfondita, che richiede tempo. Se concordate, se il Ministro ci dà un'altra disponibilità, proporrei di continuare questa audizione... Onorevole Rizzetto.
WALTER RIZZETTO. La domanda in questo caso è, per quanto mi riguarda, se il Ministro ritiene possibile l'introduzione, seppur migliorata, di uno strumento come i voucher, che sono stati aboliti, secondo me ingiustamente, qualche anno fa. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il contributo fornito all'indagine conoscitiva. Rinvio, quindi, il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.