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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 13 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI FONDI INTEGRATIVI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 
Cecconi Stefano , componente dell'Area welfare della CGIL nazionale ... 3 
Sbarra Luigi , segretario generale aggiunto della CISL ... 5 
Proietti Domenico , segretario confederale della UIL ... 6 
Verelli Fabio , dirigente confederale dell'UGL ... 8 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 9 
Cecconi Andrea (Misto-MAIE-SI)  ... 9 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10 
Strazzullo Rosario , coordinatore Area della contrattazione e del mercato del lavoro della CGIL ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 12 
Trovò Annamaria , responsabile gestione e promozione della bilateralità – Dipartimento del mercato del lavoro della CISL ... 12 
Proietti Domenico , segretario confederale della UIL ... 13 
Verelli Fabio , dirigente confederale dell'UGL ... 14 
Carnevali Elena (PD)  ... 14 
Trovò Annamaria , responsabile gestione e promozione della bilateralità – Dipartimento del mercato del lavoro della CISL ... 14 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione medici dirigenti (ANAAO/ASSOMED) e dell'Associazione italiana odontoiatri (AIO):
Lorefice Marialucia , Presidente ... 14 
Palermo Carlo , segretario nazionale dell'ANAAO-ASSOMED ... 14 
Fiorile Fausto , presidente nazionale dell'AIO ... 15 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 18 
Boldi Rossana (LEGA)  ... 18 
Bologna Fabiola (M5S)  ... 18 
Novelli Roberto (FI)  ... 18 
Carnevali Elena (PD)  ... 19 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 19 
Palermo Carlo , segretario nazionale dell'ANAAO-ASSOMED ... 19 
Fiorile Fausto , presidente nazionale dell'AIO ... 20 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Saluto i nostri ospiti, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna. Sono presenti per la CGIL Rosario Strazzullo, coordinatore Area della contrattazione e del mercato del lavoro, Stefano Cecconi, componente dell'Area welfare della CGIL nazionale, Michele Vannini, Capo dell'Area comparto sanità e funzione pubblica nazionale, Giorgia D'Errico, coordinatrice della segreteria nazionale rapporti con il Parlamento; per la CISL Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto, Annamaria Trovò, responsabile gestione e promozione della bilateralità – Dipartimento mercato del lavoro, Mariantonietta Tosti, ufficio stampa; per la UIL, Domenico Proietti, segretario confederale, Fabio Porcelli, funzionario, Barbara Francia, funzionario, Maria Lerario, funzionaria; per la UGL Fabio Verelli, dirigente confederale.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro i sette minuti, per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi, che potranno consegnare alla segreteria della Commissione un documento scritto o farlo pervenire successivamente.
  La documentazione consegnata sarà pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati e resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Do la parola agli auditi.

  STEFANO CECCONI, componente dell'Area welfare della CGIL nazionale. Ringrazio a nome della CGIL per questa occasione di confronto su un'indagine che noi giudichiamo molto importante e potenzialmente assai utile. Nei giorni scorsi abbiamo inviato una prima documentazione alla presidenza della Commissione, per contribuire a questo dibattito e al termine dell'audizione invieremo la memoria che sintetizza le parole che dirò adesso.
  Come dicevo, l'indagine è importante e utile per capire se e in che modo ci sia una relazione positiva o meno tra il complesso sistema dei fondi che fanno capo alla cosiddetta «sanità integrativa» (poi arriverò anche sulle definizioni) e il Servizio sanitario nazionale, che per noi – lo precisiamo subito – resta l'unico pilastro a garanzia dei diritti universali alla tutela della salute e alle cure dei cittadini. Non abbiamo quindi in mente l'idea di costruire un secondo pilastro poggiato sul sistema dei cosiddetti «fondi sanitari».
  Un pilastro, quello del Servizio sanitario nazionale, universale e pubblico, che è stato messo fortemente in discussione in questi anni da ripetuti interventi che hanno ridotto Pag. 4 le risorse a disposizione e impedito le innovazioni e i cambiamenti necessari, e che ultimamente rischia di essere ulteriormente messo in difficoltà dai processi di autonomia differenziata che stanno discutendo in questi giorni alcune regioni con il Governo.
  Il punto fondamentale è che la discussione attorno alla sanità cosiddetta «integrativa» non può che partire da una precisa volontà di sostenere e investire nel Servizio sanitario nazionale pubblico e universale.
  Seconda considerazione. È utile condividere delle definizioni univoche, dei termini univoci che riguardano questo settore. Mi riferisco al fatto che si usa spesso la definizione «fondi sanitari integrativi» quando dal punto di vista strettamente giuridico questo termine è disponibile soltanto per i fondi promossi ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e questi sono una quantità irrisoria nel panorama censito della cosiddetta «sanità integrativa», sono otto, nove fondi.
  La quasi totalità delle esperienze in questo campo fa riferimento agli enti e alle casse sanitarie, alle società di mutuo soccorso che svolgono, anche dopo la disciplina introdotta dai decreti ministeriali del 2008-2009, una funzione non soltanto integrativa. È quindi importante provare a condividere un linguaggio comune per evitare equivoci, tanto più che tra gli obiettivi della Commissione c'è la verifica sulla possibilità di mantenere o meno alcune agevolazioni e alcune particolarità nei confronti dei cosiddetti «fondi integrativi».
  In terzo luogo, noi stiamo già svolgendo, peraltro in coerenza con l'accordo interconfederale che abbiamo sottoscritto con CISL, UIL e le associazioni datoriali, una funzione di orientamento sui fondi sanitari originati dalla contrattazione collettiva, un orientamento esplicitamente dichiarato a fare in modo che le funzioni siano più integrative anziché sostitutive.
  Oggi voi sapete (anche su questo è opportuna un'analisi, una valutazione nell'ambito dell'indagine) che una parte considerevole delle prestazioni svolte da molti fondi sanitari per ragioni diverse e quasi inevitabili per certi aspetti non possono essere definite effettivamente integrative, sono spesso sostitutive, e questo per noi diventa un problema di coerenza rispetto al ragionamento che facevamo prima sulla universalità e la centralità del Servizio sanitario nazionale.
  Il lavoro che stiamo facendo, coerentemente con gli accordi interconfederali, è quello di orientare i fondi a svolgere una funzione orientata all'integratività, anziché alla sostituzione dei livelli essenziali di assistenza, quindi è molto importante la verifica che intende fare questa Commissione circa le risorse pubbliche destinate in questo momento, a legislazione invariata e a situazione invariata, al complesso sistema della cosiddetta «sanità integrativa», perché pensiamo che sia opportuno e giusto assumere decisioni che aiutino a privilegiare le prestazioni effettivamente integrative, tenuto conto anche delle norme già emanate in materia.
  Prima citavo i decreti ministeriali del 31 marzo 2008 e del 27 ottobre 2009, che hanno fatto un primo passo verso la preferenza di funzioni integrative rispetto a quelle sostitutive da parte dell'offerta dei fondi, anche se va ricordato che, sugli oltre 37 miliardi stimati dall'Istat di spesa sanitaria del 2016, la quota intermediata è davvero molto bassa, il grosso della quota di spesa sanitaria è direttamente a carico dei cittadini, il complesso sistema della spesa intermediata tra fondi e assicurazioni arriva a coprire un'oscillazione dal 15 al 20 per cento di questa spesa.
  Bisogna tener conto che per quanto ci riguarda qualsiasi intervento, anche nell'orientamento, di cui parlavo prima, di privilegiare le funzioni integrative, deve tener conto della ricadute sulle condizioni dei lavoratori, quindi è importante che alla fine, essendo molti di questi fondi di origine contrattuale, i vantaggi che i lavoratori possono aver acquisito siano mantenuti.
  Infine, è assolutamente decisivo definire regole condivise, che assicurino una trasparenza a questo sistema, che verifichino le attività svolte. Faccio alcuni esempi: abbiamo bisogno di una vera Anagrafe dei fondi sanitari, abbiamo bisogno di una funzione Pag. 5 di monitoraggio e di vigilanza da parte del Ministero della salute, perché qui stiamo parlano di prestazioni che riguardano la vita dei cittadini, la tutela della salute delle persone, abbiamo bisogno di un sistema di governance condivisa con le parti sociali, di forme di monitoraggio, pur nel rispetto dell'autonomia, dell'appropriatezza delle prestazioni.
  Tutto questo implica naturalmente una scelta, che può derivare dal sistema, che abbiamo già conosciuto, della previdenza complementare, più regolato, più disciplinato; una scelta di questo tipo non deve essere funzionale a quello che, come prima dichiaravo, non è un nostro interesse, cioè il secondo pilastro, ma a regolare meglio l'ambito di prestazioni decisive, che ha effetti sulla salute e sui diritti delle persone.

  LUIGI SBARRA, segretario generale aggiunto della CISL. Onorevole presidente, onorevoli deputati e deputate, grazie per l'opportunità che ci viene data con questa audizione di portare il nostro contributo. Riteniamo anche noi particolarmente importante la vostra volontà di conoscere meglio l'articolato sistema dei fondi sanitari integrativi, che rappresentano oggi secondo noi una fonte di tutela preziosa, riconosciuta da milioni di lavoratori dipendenti e dalle loro famiglie.
  In questi ultimi anni, fattori diversi hanno influenzato il budget pubblico sanitario, che è sempre un po’ schiacciato tra politiche di contenimento della spesa e da tendenze demografiche diverse, che vedono aumentare bisogni e aspettative (pensiamo per esempio al tema nuovo della non autosufficienza).
  Il servizio pubblico è caratterizzato da una cronica insufficienza di risorse soprattutto in alcuni settori e fa dell'Italia uno dei Paesi nei quali la spesa sanitaria sostenuta privatamente dalle persone, senza intermediazione delle assicurazioni, delle mutue o dei fondi integrativi, è particolarmente alta. L'esperienza del welfare privato che si è andato sviluppando nel corso degli anni ha assunto un importante ruolo di integrazione rispetto all'intervento pubblico, in coerenza anche con i princìpi costituzionali, che riconoscono la libertà dei privati di organizzarsi per una finalità di interesse comune, come può essere il tema dell'assistenza e della sanità.
  Nell'ultimo decennio i fondi sono nati proprio con questo intento di favorire la copertura di prestazioni e di servizi, specie in quelle aree in cui il sistema pubblico manifesta carenze quando al contrario c'è necessità di maggiori interventi che puntino sulla qualità dei servizi.
  Abbiamo riscontrato un grande interesse, un gradimento alto da parte dei lavoratori dipendenti su queste forme di sanità integrativa, che sino a pochi anni fa erano appannaggio solo di categorie professionali con redditi elevati. L'introduzione di queste nuove forme collettive di assistenza sanitaria integrativa ha consentito una diffusione capillare molto estesa delle coperture a favore delle categorie più deboli. Arriviamo anche nelle microaziende del nostro Paese.
  Il mondo dei fondi sanitari integrativi, come sapete, è originato dalla contrattazione, anche se è molto vario, plurale. Ci sono esperienze specifiche che trovano motivazione nelle scelte delle parti costitutive; la maggior parte dei fondi contrattuali trova la propria fonte istitutiva negli accordi collettivi nazionali, nei grandi contratti quasi sempre di livello nazionale e affida poi al sistema della bilateralità la gestione e la regolamentazione dei fondi stessi.
  Secondo noi ci sono alcune caratteristiche comuni tra i fondi integrativi sanitari, costituiti e generati dalla contrattazione, che devono essere compiutamente comprese, e ci permettiamo di segnalarne alcune. Intanto i fondi sanitari integrativi, a differenza delle assicurazioni, sono anti-selettivi, sostanzialmente non vi è alcuna forma di selezione dei rischi. I fondi sanitari non richiedono agli aderenti la compilazione del questionario sanitario, né vengono escluse dalle coperture le patologie pregresse, non c'è alcuna discriminazione sui contributi da pagare per l'adesione ai fondi, non ci sono preclusioni né rispetto all'età, né in relazione alle condizioni di salute.
  I fondi sanitari integrativi sono mutualistici, rimborsano le prestazioni richieste Pag. 6dagli iscritti in misura anche superiore ai contributi versati e alle possibilità dei singoli, beneficiano di un meccanismo di messa a fattore comune delle risorse versate e di trasferimento delle stesse a favore di chi né ha la necessità secondo un meccanismo non assicurativo.
  I fondi nati dalla contrattazione si rivolgono a collettività senza esclusioni, né discriminazioni, con pochi euro al mese a carico del datore di lavoro, e senza costi per i lavoratori garantiscono prestazioni sanitarie apprezzatissime per qualità e anche per tempi di erogazione.
  Vorrei infine segnalare che i fondi sanitari non hanno scopo di lucro, non possono determinare attività commerciale di alcun genere, le risorse che non vengono spese sono accantonate per essere erogate in futuro, e non vengono distribuite ai soci, come nel caso invece delle assicurazioni.
  Mi permetto di segnalare un'altra questione in merito all'aspetto fiscale. Ci preme mettere in luce che chi fruisce di questo sistema dei fondi sanitari integrativi utilizza sicuramente delle agevolazioni fiscali. Allo sguardo esterno può apparire come un costo eccessivo per lo Stato, in realtà è un concreto sgravio per le casse pubbliche. Se i 10 milioni di aderenti a questi fondi dovessero effettuare privatamente le prestazioni sanitarie pagando direttamente, tali spese verrebbero portate in detrazione nella denuncia dei redditi e lo Stato avrebbe costi superiori rispetto alle detrazione concesse ai fondi sanitari integrativi.
  Vi è poi un altro aspetto: se la stessa platea si rivolgesse al Servizio sanitario nazionale, lo stesso dovrebbe erogare le prestazioni con un notevole esborso di risorse; molte volte con i lunghi tempi di attesa per visite o per esami di laboratorio, le patologie potrebbero potenzialmente aggravarsi con ulteriore aumento dei costi.
  I fondi sanitari integrativi in questi anni hanno svolto una funzione sociale molto importante, rilevante, sono amati dai lavoratori, offrono pacchetti specifici rispetto all'età e al genere degli aderenti non solo per prevenire gravi patologie, ma, ad esempio, anche prevedendo forme di sostegno alla maternità.
  Abbiamo investito molto sull'attività di prevenzione; ecco perché consideriamo veramente preziosa questa interlocuzione politica con gli attori protagonisti di questa rilevante esperienza, che secondo noi può essere sicuramente migliorata e rafforzata. Vediamo insieme come si possono introdurre anche elementi di innovazione e di modernizzazione per rendere questa esperienza sempre più integrata, sempre più importante per la vita di milioni di persone.
  Credo che in questo modo potremmo contribuire al mantenimento di un servizio sanitario pubblico qualificato, efficiente, universalistico, che si integra con quanto di buono è venuto avanti in questi anni nel sistema privato.
  Abbiamo già provveduto a consegnare una memoria scritta, in cui si sintetizza in maniera completa la posizione della mia organizzazione.

  DOMENICO PROIETTI, segretario confederale della UIL. Anche la UIL è molto grata alla Commissione per questa audizione.
  La sanità integrativa in questi anni ha assunto una dimensione rilevante nel nostro Paese, ad oggi sono circa 13 milioni gli iscritti e soprattutto i fondi di emanazione contrattuale raccolgono oltre 8 milioni di lavoratori iscritti, quindi è un fenomeno rilevante, importante, sul quale il Parlamento fa bene a svolgere questa indagine conoscitiva, perché noi stessi abbiamo delle proposte volte a consolidare e migliorare questo sistema.
  Diciamo subito che la sanità integrativa dal nostro punto di vista deve essere complementare alla sanità pubblica. La sanità pubblica rimane fondamentale, abbiamo appena festeggiato i 40 anni del Servizio sanitario nazionale, che è stato un elemento molto innovativo, di equità, di giustizia e di efficienza, preso ad esempio da tanti altri Paesi.
  In questi anni di crisi ci sono stati tanti tagli sulla sanità pubblica, tagli ai quali bisogna porre rimedio. Vorrei solo ricordare che in Italia si spende il 6,6 per cento del PIL in sanità pubblica, mentre ad esempio in Germania e in Francia si spendono Pag. 73 punti in più, oltre il 9 per cento, quindi c'è una necessità di mirare in maniera efficace ed efficiente le risorse.
  La UIL per questo motivo ritiene che il sistema di sanità integrativa debba essere complementare al pilastro pubblico e debba assumere dei connotati di estrema trasparenza ed estrema efficienza, quindi l'obiettivo che l'indagine si propone di verificare sul livello di trasparenza è legittimo e noi lo condividiamo e diciamo che i fondi sanitari frutto della contrattazione sono già oggi trasparenti, perché assolvono a una serie di obblighi quali la pubblicazione dell'atto costitutivo, dello Statuto, dei componenti degli organi collegiali.
  Si deve fare un passo avanti ulteriore: noi pensiamo che questi fondi debbano passare da uno status giuridico di associazione non riconosciuta ad uno status giuridico di associazione riconosciuta, con tutte le implicazioni che questo comporta; riteniamo che questo sia un ulteriore passo nella direzione della trasparenza e dell'efficienza.
  Occorre rendere pubblica l'anagrafe dei fondi, che in realtà dovrebbe essere pubblica, ma si fa fatica a conoscere l'entità e il numero complessivo dei fondi stessi, che sembra un tesoro custodito gelosamente dal Ministro della salute; quindi uno degli obiettivi di questa indagine dovrebbe essere questo.
  Contemporaneamente dobbiamo pensare a un riordino del controllo e della vigilanza sui fondi. La UIL crede che si possa arrivare a conferire a un'autorità questo compito, e pensiamo che l'autorità unica sul sistema del welfare debba essere la COVIP, che in questi anni ha dato ottima prova di sé nella vigilanza dei fondi pensione integrativi.
  Voglio anche ricordare che i contributi che sono versati ai fondi sono parte integrante del salario dei lavoratori. Questo deve essere molto chiaro, perché spesso sentiamo equivoci su questi contributi: quelli sono soldi del salario dei lavoratori e come tali devono essere considerati. Anche il mancato introito fiscale, sul quale spesso si fanno delle sottolineature e delle valutazioni, deve essere commisurato all'insieme dell'attività che i fondi fanno, perché se si fa una analisi tra il costo delle agevolazioni fiscali dello Stato rispetto agli introiti che lo Stato ha sull'attività di fondi e rispetto anche alla mancata detrazione se fossero spese sanitarie tout-court, siamo a un livello quasi di beneficio che lo Stato ha da questa attività. Quindi sotto questo punto di vista massima chiarezza.
  Ho citato questo aspetto perché il dato fondato su un'analisi empirica dall'Agenzia delle entrate necessita di una contestualizzazione e bisogna disaggregarlo, perché disaggregando questo dato si evince la realtà che ho appena descritto, soprattutto in riferimento ai fondi sanitari integrativi di emanazione contrattuale; quindi c'è una grande trasparenza e c'è un rapporto costi/benefici per lo Stato vantaggioso.
  Proprio per questo motivo noi pensiamo che si debba aumentare la deducibilità da 3.600 a 5.100 euro, come oggi avviene per i fondi pensione complementari.
  L'insieme di queste proposte, come credo si possa evincere, da parte del sindacato, in questo caso della UIL, è una visione di evoluzione del sistema. Noi pensiamo di dover porre oggi il tema di come razionalizzare l'offerta dei fondi sanitari, dove è possibile arrivando a delle unificazioni, e di differenziare e mirare meglio la spesa dei fondi stessi; la dobbiamo orientare verso le spese dentistiche, l'acquisto dei farmaci, l'acquisto di prodotti sanitari tipo lenti ed occhiali, perché questo significa essere veramente complementari alla sanità pubblica.
  Credo che questo sia il disegno entro il quale ci dobbiamo muovere, avendo un altro obiettivo, che è quello di pensare che i fondi sanitari, soprattutto quelli di emanazione contrattuale, debbano porsi il tema di passare sempre più a fornire delle prestazioni gestite direttamente. Il ruolo delle assicurazioni è stato e sarà importante, ma l'obiettivo è quello di arrivare ad un sistema che veda i fondi, soprattutto di emanazione contrattuale, in grado di gestire direttamente le prestazioni. Se si fa questo, si fa un altro passo avanti nel welfare integrato che, come nel caso dei fondi pensione, può diventare una realtà importante Pag. 8sia per la salute dei cittadini che più in generale per tutto il sistema Italia.

  FABIO VERELLI, dirigente confederale dell'UGL. È indubbio che questa discussione sull'importanza e sulla validità sociale dei fondi sanitari integrativi capita in un momento storico, che purtroppo dura da anni, in cui il sistema sanitario nazionale è quasi allo sfascio. Se apriamo i giornali e vediamo scandali e sprechi, gran parte di questi accadono nella sanità pubblica.
  Dobbiamo però focalizzare subito un problema: per noi il servizio sanitario nazionale così come la sanità pubblica in generale è insostituibile e deve continuare a rimanere un punto di riferimento costante per i cittadini. Quello che i governanti, il Parlamento, Senato e Camera debbono capire è che i fondi sanitari integrativi fino adesso hanno sostituito le carenze croniche della sanità pubblica, ma nel contempo non rappresentano un costo sociale per lo Stato, perché questi fondi derivano dalla contrattazione che si fa periodicamente nei rinnovi contrattuali.
  Per far capire anche a deputati che magari non siano avvezzi alle norme sindacali, se si rinnova un contratto, si cerca sempre di stabilire un bilanciamento sociale del contratto stesso, allora se si rinnova si chiede una parte economica e si ragiona su 100, magari si ottiene 50 o 60, perché il 30 o il 40 va nella polizza sanitaria integrativa o addirittura nel fondo sanitario integrativo.
  Sono quindi soldi dei lavoratori quelli gestiti con questi strumenti utilissimi, che hanno una valenza sociale e portano indirettamente un forte risparmio allo Stato. Per questo è necessario a mio avviso che si inizi a ragionare in maniera seria su agevolazioni fiscali maggiori per questi strumenti e soprattutto su quelle categorie che non possono accedere e probabilmente non accederanno mai a questo tipo di servizio, quali i pensionati.
  Per questo motivo sarebbe stata opportuna, a mio modesto parere, anche la presenza di un rappresentante dell'INPS. I pensionati in Italia sono tanti, la stragrande maggioranza della popolazione, e il pensionato di fatto è il soggetto che ha più bisogno di una sanità efficiente, ha più bisogno di cure e di assistenza, ma è tagliato fuori da questo discorso. Per questo bisogna certamente trovare un sistema concertato con l'ente previdenziale per poter fornire una polizza sanitaria integrativa, perché il privato non farà mai a un pensionato una polizza sanitaria integrativa, perché stiamo parlando di persone che si avvicinano ai 70 anni e nessuna compagnia ti copre, e nessun fondo sanitario integrativo nella stragrande maggioranza dei casi riesce ad assistere i pensionati.
  Nella sanità integrativa che vorremmo, si dovrebbe introdurre quello che nell'Europa del nord, soprattutto in Germania e Svezia, è molto diffuso: il sistema della long term care, quel tipo di polizza che dura tutta la vita in caso di non autosufficienza o di forte disabilità.
  Questo è un ragionamento che viene spesso fatto in molte categorie, come ad esempio nella categoria del credito (vengo da quel mondo, quindi ho costruito questo discorso insieme ai colleghi bancari); nei contratti nazionali andiamo a rinnovare anche l'aspetto sociale della long term care, che vedrà il lavoratore assicurato anche un domani che sarà in quiescenza.
  Inoltre la sanità integrativa è quasi assente nel comparto del pubblico impiego. Qui parliamo di 10 milioni di lavoratori dipendenti, quindi bisogna che il problema venga affrontato in maniera seria, perché è ingiusto che intere categorie, intere fasce sociali della popolazione, e probabilmente anche quella che più ne ha bisogno, rimangano tagliate fuori da un servizio che di fatto costa poco o niente allo Stato, ma che rende una utilità per migliorare la qualità della vita al cittadino.
  In ultimo, considero opportuno stabilire che nei fondi integrativi ci debba essere sempre più una presenza costante del sindacato nei vertici, nei consigli di amministrazione, per stabilire delle regole sempre più trasparenti ed efficienti. Nel sistema privato questo è stato in parte «tamponato» con le polizze sanitarie integrative, che svolgono quasi la stessa funzione dei fondi sanitari integrativi, però la stragrande Pag. 9 maggioranza dei lavoratori deve avere delle regole certe, uguali per tutti, e soprattutto efficienti per rispondere alle aspettative di tutti.

  PRESIDENTE. Lascio la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA CECCONI. Grazie, presidente. Faccio due premesse prima della domanda. Non avendo un sistema trasparente, un'anagrafe che quasi tutti di voi avete richiamato, per noi rimane oscuro o quasi impossibile comprendere quanti iscritti avete, quanto questi fondi incassano, quanto e soprattutto cosa erogano, ma quello che mi sta più a cuore è quanto costa l'amministrazione di questi fondi, ossia la differenza tra quanto viene incassato e quanto viene erogato, tolto quello che viene accantonato perché avanzo.
  Questo sistema di trasparenza e di controllo (è colpa ovviamente della politica, dei governi) negli anni non è stato messo insieme e oggi ci lascia all'oscuro da questo punto di vista, però nessuno di coloro che abbiamo audito ci ha portato questi dati, pur essendo nella vostra disponibilità perché li gestite, ma nessuno ci ha fornito il dato di come funziona e quanto costa.
  L'altra premessa riguarda la fiscalità. L'Agenzia delle entrate in audizione in questa sede ci ha portato dei dati relativi ai dipendenti, ancora non ha fornito i dati che riguardano le aziende; lo sgravio fiscale che si va a determinare considerando tutti gli iscritti ammonta non a milioni ma a miliardi, 4-5 miliardi o forse anche di più, senza considerare la parte aziendale.
  I fondi, come voi avete ricordato, sono selettivi in questo momento, cioè solo chi è dipendente, chi appartiene a certe categorie o chi può permetterselo accede e chi non ha i soldi non accede a questi fondi e quindi non entra nel mondo delle mutue o della sanità integrativa. Molti di voi hanno ricordato, da ultimo il rappresentante dell'UGL, che sarebbe bene invece allargare e che bisognerebbe trovare un sistema per fare in modo che chi è pensionato o non ha reddito possa essere inglobato nel sistema di mutualità all'interno di questi fondi.
  Ci poniamo quindi il problema di andare a coprire anche chi a questi fondi non può accedere, cioè dare delle garanzie alla fascia più debole della società, anziani, giovani e disoccupati.
  Se si dovesse prevedere di azzerare le agevolazioni fiscali al datore di lavoro e al dipendente, al tema di contrattazione collettiva, secondo voi quale sarebbe l'impatto sui fondi? I dipendenti non accederebbero più al fondo? I datori di lavoro non utilizzerebbero più quelle risorse per destinarle ai fondi? Azzerare o ridurre lo sgravio fiscale per l'erogazione ai fondi determina una loro chiusura o un loro affaticamento, oppure, data l'utilità, dato l'apprezzamento, date le prestazioni, ci si manterrebbe ad un livello accettabile o anzi non ci sarebbe dal vostro punto di vista una modifica?

  ELENA CARNEVALI. Grazie a tutti i presenti per questo approfondimento che è stato molto utile per chiarire, ancorché le altre audizioni ci abbiano aiutato, la differenza e il ruolo che svolgono i fondi integrativi.
  Ho una premessa: concordo totalmente sul fatto che siamo nelle condizioni di avere un servizio sanitario sicuramente sottofinanziato, sarei meno drastica nel giudizio rispetto agli esiti, perché se paragoniamo il nostro servizio sanitario nazionale ad altri livelli di servizio sanitario in rapporto alla spesa, spero che non si parli solo delle inefficienze e degli sprechi, ma anche comunque del grande valore che il servizio sanitario ha ancora e che a mio giudizio dovrebbe continuare ad avere.
  Anche sul tema della sostenibilità, che è stato di fatto il primo intervento che abbiamo fatto nella scorsa legislatura, attenzione a non utilizzarlo per giustificare un eccessivo supporto dei fondi sanitari integrativi, perché personalmente continuo a pensare che mantenere il nostro servizio sanitario nazionale con quel valore di uguaglianza e di universalismo sia una condizione da cui non dobbiamo prescindere.
  Faccio due osservazioni. Con la prima sono in linea con le considerazioni del collega Cecconi. Credo che per i numeri, le competenze e le conoscenze che voi avete Pag. 10siamo in grado di dire non solo qual è l'ammontare, non solo di quali fondi stiamo parlando, ma cosa stiamo andando a finanziare, perché è giusto che, come voi dite, queste sono risorse dei lavoratori, ed è giusta la richiesta di un'omogeneità soprattutto rispetto a cosa è possibile finanziare, però attualmente, siccome la contrattazione è lasciata in capo alle parti sociali, c'è ancora molta differenza.
  Ci aspettiamo da voi, in quella memoria che spero che ci venga consegnata, oltre agli obiettivi che condividiamo di governance e di trasparenza, anche qualche dato rispetto a cosa andiamo a finanziare, soprattutto in relazione ai servizi integrativi che non devono essere sostitutivi.
  Con la seconda considerazione mi riferisco in particolare al progetto di long term care, perché conosco personalmente è l'esperienza che ha fatto l'INPS, che ha messo in campo un modello di accompagnamento, rispetto al tema rilevante della non autosufficienza, basato su meccanismi che non solo vanno ad integrare, ma che vengono valutati sulla base dell'intensità assistenziale di cura. Questo o altri modelli possono diventare un modello uniforme nel nostro sistema? Dovrebbe essere anche questo integrativo, come sistema uniforme su tutto il Servizio sanitario nazionale.
  Sull'aumento della deducibilità anche a seguito delle audizioni precedenti debbo dirvi che i punti di vista sono molto diversi, cioè voi ci state dicendo che, anche a fronte della deducibilità che abbiamo adesso, comunque è sicuramente inferiore all'eventuale spesa di cui dovrebbe farsi carico lo Stato.
  Rimane il tema di fondo della spesa sanitaria indotta, cioè di quella spesa che a volte aggrava la questione legata alle liste d'attesa. Al netto dell'esigenza di aumentare le spese per la prevenzione, perché siamo al 5 per cento rispetto ai parametri che altri hanno altri Stati, rilevate questa preoccupazione?

  CELESTE D'ARRANDO. Desidero ringraziare gli auditi per aver approfondito una tematica che sicuramente interessa tutti in merito al fatto che esistono diverse tipologie di fondi sanitari integrativi e non una sola tipologia: sia di carattere contrattuale, quindi collegata a un contratto di lavoro, sia alle assicurazioni, o comunque agli istituti bancari, che hanno nature completamente differenti, perché quelli assicurativi sono legati a una serie di norme e regole diverse e hanno un'azione selettiva sulla platea a cui si rivolgono, mentre quelli contrattuali sono privi di selettività perché sono rivolti a dipendenti.
  Altra cosa che è stato importante evidenziare è il fatto che esista una parte di platea non contemplata, che sono i pensionati e quella parte di popolazione che tende ad invecchiare e ha sempre di più necessità di assistenza continuativa, non solo dal punto di vista istituzionale, quindi nelle RSA e nelle strutture assistenziali e socioassistenziali, ma anche chi ha intenzione di rimanere a casa, quindi quella continuità territoriale che è necessaria e sempre importante.
  La domanda che rivolgo agli auditi e che secondo me può essere anche chiarificatrice di una serie di valutazioni è per quali motivi riteniate eventualmente compatibile, e quindi senza conflitto di interesse, il ruolo di chi promuove la tutela dei diritti dei lavoratori, dei cittadini o dei consumatori con il ruolo di chi promuove le forme di sanità integrativa.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ROSARIO STRAZZULLO, coordinatore Area della contrattazione e del mercato del lavoro della CGIL. Mi associo ai ringraziamenti per questa audizione e lo faccio riprendendo una cosa che diceva Stefano Cecconi nel suo intervento, ossia che abbiamo mandato alla presidenza della Commissione tutti gli atti di cui disponiamo in termini di conoscenza, dati, approfondimenti del problema di cui stiamo parlando questo pomeriggio. A nostro avviso questo è ciò che devono fare tutti i soggetti auditi, abbiamo visto l'elenco di chi sentirete o avete già sentito e, nel dirvi che abbiamo messo tutto a disposizione, cito alcuni dati che vi abbiamo mandato e che in parte i miei colleghi hanno già ricordato. Pag. 11
  Dico questo perché sono stati citati dei dati provenienti dall'amministrazione dello Stato ed è un percorso di approfondimento a cui siamo molto interessati, quindi non vi diciamo «vi stiamo dicendo la verità», ma «vi stiamo dando quello di cui disponiamo, quello che abbiamo approfondito sentendo operatori sul campo, ricerche, istituti».
  In uno dei documenti che vi abbiamo mandato vi abbiamo segnalato quali sono i dati dei fondi integrativi e quali sono i dati di tutte le realtà riconducibili a fondi di enti e casse. Questo è un dato che si attesta su 305 fondi al 2016 (sono disponibili anche i dati del 2014 e del 2015) e in particolare ci risultano 9.154.492 iscritti a queste realtà. Altri studi parlano di circa 10 milioni, ma in qualche modo il dato associativo è quello.
  Nel programma d'indagine che ci avete mandato avete ricordato dei dati nella parte analitica; nel nostro documento ricordiamo che i fondi sono più presenti dove funziona meglio il servizio sanitario pubblico, cioè più fondi e più iscritti nel centro-nord che nel Mezzogiorno e sono le stesse realtà dove il servizio sanitario funziona meglio rispetto alle realtà dove c'è meno presenza dei fondi.
  Intervenire su una situazione che ha queste contraddizioni richiede ovviamente capacità di mettere tutti gli elementi sul campo e capire bene le cose che si propone di fare che effetti possano determinare su una realtà che non è omogenea.
  Cosa succede se faccio qualcosa sul piano fiscale (poi dirò anche i dati che a noi risultano)? La risposta in parte è nelle cose che sono state già dette. Sono fondi contrattuali (almeno per quelle che ci coinvolgono e anche lì bisognerebbe essere chiari, perché c'è una quota di spesa privata, una di spesa dei fondi, una di spesa dei fondi contrattuali e queste cifre non sono tutte uguali, sono molto diverse tra loro) ma, essendo contrattazione, vi è stato già detto che stiamo discutendo del salario dei lavoratori, cioè nel mettere risorse su queste realtà si creano volta per volta compromessi e accordi che determinano anche come un'azienda va avanti, che rapporto ha con i lavoratori, che livello di soddisfazione vi è all'interno di quella realtà, e questo aggiunge complessità al quadro che abbiamo di fronte.
  Per quanto riguarda i dati, Cecconi e gli altri colleghi ricordavano il totale della spesa privata, il totale della spesa intercettata dai fondi, il totale della spesa intercettata dai fondi in cui siamo presenti, e anche qui abbiamo messo di dati a disposizione. Nella documentazione che vi abbiamo mandato abbiamo anche fornito dei dati sul rapporto tra la spesa privata e la spesa dei fondi, e abbiamo indicato anno per anno, rispetto ai fondi, l'ammontare totale delle prestazioni vincolate, cioè quelle che i fondi devono dare nel rispetto della legge (odontoiatria, non autosufficienza eccetera), il totale delle risorse impegnate per tutte le prestazioni garantite agli iscritti. È chiaro che c'è una differenza, perché la situazione è stata descritta dagli interventi che mi hanno preceduto.
  Ora, nel corso delle audizioni, si mettano a disposizione tutti i dati, anche da parte dei fondi che saranno auditi (abbiamo visto che ne audirete alcuni). Voglio dirvi che, poiché siamo curiosi, a noi una stima dell'ordine dei miliardi (come è stata riportata dall'onorevole Cecconi) non risulta. Però, ripeto, qui io non porto una verità, ma porto i dati di cui disponiamo. Ovviamente questi dati non sono presenti nel materiale che vi abbiamo mandato, ma è un ulteriore approfondimento che abbiamo fatto sentendo soggetti – tra quelli che voi audirete – di questo mondo.
  Se, però, il totale della spesa privata fa 30 miliardi e i fondi ne intercettano il 15, il 20 per cento, l'insieme dei fondi, e i fondi contrattuali ne intercettano ancora meno, come si arriva a quella dimensione che diceva l'onorevole Cecconi? A noi risulta che l'esenzione fiscale sui contributi a questi fondi è nell'ordine di circa 300 milioni di euro. Se questa cifra non fosse utilizzata così e ci fosse spesa del singolo che detrae il 19 per cento, su un totale della spesa dei fondi contrattuali per prestazioni di 800 milioni, vi sarebbe un 19 per cento che il singolo potrebbe detrarre se non ci fossero i fondi che assomma a 160 milioni, ai quali vanno aggiunte, però, quelle spese ulteriori Pag. 12di cui parlava Sbarra, a cui il singolo dovrebbe ottemperare rivolgendosi al Servizio sanitario nazionale.
  Questo è quello che a noi risulta, però, ripeto, non è la verità, ma sono approfondimenti che mettiamo a disposizione. Tiriamo fuori come stanno le cose, perché noi stiamo mettendo in campo tutto ciò che ci risulta e le proposte per migliorare ulteriormente le questioni.

  PRESIDENTE. Grazie. Vi chiedo di essere sintetici, perché abbiamo ancora altre audizioni.

  ANNAMARIA TROVÒ, responsabile gestione e promozione della bilateralità – Dipartimento del mercato del lavoro della CISL. Cercherò di essere veloce. I temi, come avete compreso in questa e nelle precedenti audizioni, sono complessi e in pochi minuti non è semplice affrontarli e comprenderli compiutamente. Comunque, mi concentro sulle principali attenzioni delle domande che ci sono state rivolte.
  La prima è quella sulla trasparenza. I fondi, per essere iscritti all'anagrafe e per poter usufruire dei benefici fiscali che la legge concede loro, annualmente inviano all'anagrafe dei fondi presso il Ministero della salute i loro bilanci. Il bilancio è il documento dal quale sono desumibili tutte le informazioni relativamente agli iscritti, la contribuzione, la spesa e anche le spese di gestione.
  L'anagrafe finora ha raccolto informazioni che non ha restituito. Sappiamo che è in corso un lavoro presso il Ministero della salute per fornire, anche a livello pubblico, le informazioni acquisite dall'anagrafe. Questo contribuirebbe a dare informazioni anche a noi, di ritorno, e ad offrire trasparenza a tutti coloro i quali sono interessati a conoscere quello che i fondi fanno. I fondi iscritti all'anagrafe sono oltre 300 e i fondi nati attraverso la contrattazione sono circa 40, quindi parliamo di numeri ampi, con natura differente per le diverse esperienze.
  Riguardo alla selettività, noi abbiamo insistito sul fatto che i fondi sono antiselettivi. I fondi non sono selettivi, sono antiselettivi; si rivolgono a una platea definita, che è quella che origina dalla contrattazione nazionale o territoriale o aziendale di riferimento, ma sono platee definite senza alcuna selezione del rischio e senza alcuna selezione all'ingresso.
  Diverso è dire che i fondi non si rivolgono alla totalità della popolazione. Non si rivolgono alla totalità della popolazione perché hanno un'origine contrattuale e la contrattazione ha a riferimento la platea alla quale i contratti di lavoro fanno riferimento. Immaginare di attribuire ai fondi sanitari integrativi di secondo pilastro la responsabilità della diffusione delle tutele alla generalità della popolazione fino ad oggi non è stato né possibile e neanche immaginato. Alcuni fondi hanno tuttavia già scelto di estendere le coperture ai familiari dei lavoratori dipendenti, agli imprenditori stessi e anche ai lavoratori in pensione; sono pochi, ma alcuni fondi lo fanno. Quindi, sono esperienze che nascono dalla contrattazione, che la contrattazione finanzia e che la contrattazione sviluppa.
  Se dovessero venire meno gli sgravi fiscali, cosa succederebbe? Io non ripeto quello che è già stato detto. Fate bene i conti prima di dire che conviene recuperare gli sgravi fiscali e rischiare di perdere il patrimonio del secondo pilastro della sanità integrativa, perché probabilmente i conti non vanno a vantaggio del risparmio, ma anzi determinano un costo aggiuntivo. I fondi sono nati nel presupposto di avere dei vantaggi fiscali che la legislazione aveva introdotto. Se questi vantaggi dovessero venire meno, la contrattazione sarebbe altrettanto libera di decidere di destinare queste risorse alla busta paga piuttosto che ad altre esperienze. La mia personale opinione è che i fondi abbiano un tale valore, con le loro prestazioni per i lavoratori, che difficilmente si tornerebbe indietro. Ma il supporto che deriva dai vantaggi fiscali è un supporto assolutamente importante e motivante per la destinazione di contribuzione. Insisto: i conti vanno fatti con attenzione, prima di decidere di disfare quello che c'è. Pag. 13
  Sulla qualificazione delle prestazioni ho sentito parlare di prevenzione. I fondi sono tenuti a rispettare una percentuale di prestazioni per definizione integrative: odontoiatria, terapie di riabilitazione e contro la non autosufficienza. Questo i fondi lo fanno tutti; fanno solitamente molto di più. I dati certificati dai bilanci indicano percentuali di prestazioni effettivamente integrative che mediamente superano il 30 e il 35 per cento, con eccellenze e situazioni invece meno brillanti. Ma questi sono i dati medi. I fondi stanno puntando moltissimo sulla prevenzione, e puntare sulla prevenzione significa fare un forte investimento di natura economica e sociale, significa evitare l'acuzie, evitare la cronicità, significa produrre complessivamente un forte risparmio per il servizio pubblico.
  I fondi spendono poco in sostituzione, se per sostituzione pensiamo alle grandi patologie, alla chirurgia, ai servizi che negli ospedali pubblici si hanno a livelli di eccellenza nel nostro Paese, ed è molto importante che sia così. Contribuiscono invece attivamente a limitare la problematica delle liste d'attesa, questo sì, per la diagnostica, per la medicina specialistica, laddove si vanno ad alimentare quei 30 miliardi di euro di spesa privata che vengono certificati annualmente.

  DOMENICO PROIETTI, segretario confederale della UIL. Credo che nell'ambito di questa indagine conoscitiva debba essere fatta anche una valutazione sul sistema di welfare integrativo che si vuole costruire, perché in questi anni ci sono stati passi importanti in questa direzione. Il welfare integrativo ha dato risultati molto brillanti, ad esempio nel sistema dei fondi pensione integrativi, e sta dando risultati positivi nel sistema sanitario, con tutte le evoluzioni che noi stessi abbiamo determinato. Quindi, credo che questa sia la scelta di fondo che bisogna fare.
  Noi come UIL, come sindacato, ribadiamo la validità di questo sistema e il nostro interesse a sviluppare le forme contrattuali coerenti a questo disegno. È evidente che sarebbe un errore fondamentale rivedere la fiscalità incentivante. La fiscalità incentivante è l'elemento che incentiva questo tipo di attività. Come è stato già ricordato dai colleghi, in assenza della fiscalità incentivante, le scelte della contrattazione si potrebbero orientare, probabilmente, verso altri settori per dare il massimo del beneficio all'attività dei lavoratori. Quindi, va fatta una riflessione molto attenta e va fatto bene il calcolo costi-benefici. Noi siamo convinti che facendo un'analisi tecnico-scientifica dal punto di vista fiscale alla fine si verifica quello che ho detto nel precedente intervento, che lo Stato ha un beneficio economico, pur in presenza del mantenimento della fiscalità incentivante.
  Va detto, poi, rispetto all'estensione della sanità integrativa, che lo Stato continua a essere, forse, il peggior datore di lavoro. Non mi risulta che a livello di contratti nazionali, faticosamente rinnovati dopo nove anni, ci sia un intervento che va in questa direzione. C'è qualcosa nella contrattazione di secondo livello. Quindi, il tema va affrontato anche da questo punto di vista.
  È giusto dedicare ancora più risorse al tema della prevenzione. I fondi lo stanno facendo e lo devono fare ancora di più.
  Infine, non c'è nessun conflitto di interesse tra l'attività di fare sindacato e l'attività di fare impresa. I fondi contrattuali sono frutto della contrattazione tra sindacati e impresa, non solo sindacati. Non c'è nessun conflitto di interesse. I rappresentanti dei lavoratori e i rappresentanti delle imprese che siedono nei Consigli di amministrazione hanno il compito di sovrintendere alla trasparenza e alla garanzia dell'andamento del fondo. Sinceramente, non intravediamo in questo tipo di lavoro alcun conflitto di interesse.
  Pensiamo, concludendo, che questa indagine conoscitiva debba avere l'approdo in una serie di proposte che rafforzino, migliorino e rendano sempre più efficace questo sistema. Il nostro spirito, con cui abbiamo inviato e posto oggi questi contributi, va in questa direzione. Siamo a disposizione per ulteriori approfondimenti, anche a livello di documentazione, perché crediamo che questo pilastro vada salvaguardato, migliorato e posto nella visione complessiva che noi abbiamo del futuro del Pag. 14welfare, che deve vedere, al fianco del consolidamento dei pilastri pubblici, un'attività complementare che sta diventando sempre più importante.

  FABIO VERELLI, dirigente confederale dell'UGL. Essendo l'ultimo, credo che ormai sia stato già detto tutto. Rischierei di ripetere. Vorrei solamente che fosse ben chiaro a questa Commissione il concetto che questo strumento importantissimo, di alta valenza sociale, rappresenta un costo minimo per le casse pubbliche. È un costo, però, che ricade sui lavoratori, sugli imprenditori, in definitiva sulle parti sociali che hanno stipulato questo strumento nel corso degli ultimi anni, spesso proprio per sopperire alle carenze e alle inefficienze della sanità pubblica. Quindi, andrebbe valorizzata di più la defiscalizzazione, e non tolta.

  ELENA CARNEVALI. Voglio solo chiarire una cosa. Non c'è l'obbligo da parte dei fondi di iscriversi all'anagrafe del Ministero. Ho capito bene?

  ANNAMARIA TROVÒ, responsabile gestione e promozione della bilateralità – Dipartimento del mercato del lavoro della CISL. L'obbligo nasce dall'importanza dei benefici fiscali, che vengono riconosciuti esclusivamente se si è inseriti nell'anagrafe. Per essere iscritti all'anagrafe occorre presentare una serie di dati, tra cui il bilancio annuale.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti e per il contributo che ci hanno dato e dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione medici dirigenti (ANAAO-ASSOMED) e dell'Associazione italiana odontoiatri (AIO).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione medici dirigenti (ANAAO-ASSOMED) e dell'Associazione italiana odontoiatri (AIO).
  Saluto i nostri ospiti, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione.
  Sono presenti per l'Associazione medici dirigenti (ANAAO-ASSOMED) Carlo Palermo, segretario nazionale, e Costantino Troise, presidente nazionale.
  Per l'Associazione italiana odontoiatri (AIO) sono presenti Fausto Fiorile, presidente nazionale, e Danilo Savini, segretario sindacale AIO Roma.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro i sette minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi, che potranno consegnare alla segreteria della Commissione un documento scritto o farlo pervenire successivamente. La documentazione sarà pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati e resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Do la parola a un rappresentante dell'Associazione medici dirigenti.

  CARLO PALERMO, segretario nazionale dell'ANAAO-ASSOMED. Grazie, presidente, per l'invito. Ringrazio anche tutti i componenti della Commissione.
  È un dato ormai accertato quello del definanziamento del Servizio sanitario nazionale, accertato da più fonti, dalla Corte dei conti, ma anche dai confronti in sede OCSE. In Italia abbiamo circa il 36 per cento in meno di finanziamento rispetto ai Paesi con cui dovremmo confrontarci.
  È un dato che viene da lontano e riflette, ovviamente, le conseguenze e le scelte politiche fatte dopo la crisi del 2008-2009, quando gli incrementi del fondo sanitario erano di circa 3 miliardi per anno. Oggi, almeno fino al 2019, siamo a un miliardo di incremento, che non copre nemmeno l'inflazione, perché è un incremento, in realtà, dello 0,88 per cento e il tasso inflattivo è dell'1,1 per cento. Siamo a una perdita reale in termini di capacità economica del Fondo.
  Questo ha determinato alcune scelte ben precise. L'equilibro economico nelle regioni, nelle aziende è stato trovato con tagli Pag. 15importanti sull'organizzazione dei servizi, in particolare con il taglio del personale. Ad oggi siamo a circa 10.000 medici in meno rispetto al confronto 2009 e circa 50.000 infermieri in meno. Questo si è tradotto, in qualche modo, in una difficoltà di accesso alle cure, quindi in una lesione del diritto alla salute.
  Altri elementi si sono, però, aggiunti a questo panorama, elementi che portano progressivamente, secondo noi, ad una riduzione del ruolo del settore pubblico nella tutela della salute. Possiamo ricordare certamente il superticket, ma anche la stessa lista d'attesa, che è conseguente alla riduzione del finanziamento e alla riduzione del personale, quindi alla capacità di offerta. In più, si devono ricordare – penso – anche le esenzioni fiscali importanti sui fondi integrativi. In realtà, a questo punto, possiamo parlare tranquillamente di fondi sostitutivi. L'idea originaria, contenuta nel decreto legislativo n. 502, è stata stravolta. Abbiamo questo paradosso oggi in Italia: la possibilità di detrazione per l'accesso, per la sottoscrizione di fondi è addirittura quasi il doppio della spesa che viene effettuata pro capite per il Servizio sanitario nazionale. Siamo a 3.615 euro contro 1.925.
  Tutto questo, ovviamente, rischia di mettere in crisi i fondamenti del nostro Servizio sanitario nazionale: l'assetto universalistico, l'equità nell'accesso, la solidarietà. Gli elementi di diseguaglianza si stanno sempre più incrementando. Le diseguaglianze si possono valutare benissimo, soprattutto confrontando i risultati che si hanno nelle varie regioni, che rischiano di essere, a mio parere, stressati e peggiorati, in termini di incremento delle diseguaglianze, con il regionalismo differenziato.
  I fondi sanitari, a questo punto, ma anche la stessa espansione del welfare aziendale, con le ricadute, con la scelta, soprattutto, di coperture che non sono, anche in questo caso, integrative, ma sostitutive, sono un ulteriore elemento di espansione delle diseguaglianze.
  Cosa fare in un contesto di questo genere? È accettabile che lo Stato conceda vantaggi fiscali su scelte individuali quando il Servizio sanitario nazionale è in crisi di risorse economiche? Penso che si debba andare decisamente verso una revisione della normativa alquanto frastagliata, anche difficile da studiare, per capire in realtà i conti, i vantaggi fiscali, soprattutto nel mondo del welfare aziendale, ma bisogna anche considerare che gli elementi su cui si fondano questi servizi non sono elementi molto chiari dal punto di vista dell'appropriatezza, della presa in carico del cittadino. Ciò che viene offerto, soprattutto in termini di cosiddetta «prevenzione», è un qualcosa che va ben al di là di quelle che sono le attuali logiche mediche basate sull'evidenza.
  Abbiamo un eccesso di prestazioni inutili – pensate a tutto il campo della prevenzione oncologica – e un eccesso di prestazioni soprattutto in campo cardiovascolare che, ovviamente, creano notevoli problemi. La conseguenza di questo eccesso di prestazioni su una popolazione sana, spesso, non è altro che il rischio di una sovradiagnosi, quindi della necessità per il Servizio sanitario nazionale di andare, poi, a discriminare decisamente la reale portata clinica di questo tipo di offerta.
  Forse è meglio incominciare a rientrare da questa generosa offerta, valutando attentamente ciò che è realmente integrativo e ciò che è realmente sostitutivo rispetto al Servizio sanitario nazionale, perché questo comporterebbe certamente un recupero importante di risorse e la costruzione, quindi, di fondi realmente integrativi, valutandone il paniere e portando la percentuale di prestazioni integrative, che debbono in ogni caso essere effettuate, almeno all'80 per cento della spesa che viene effettuata nei confronti degli utenti.
  Potremmo immaginare un paniere costituito, per esempio, dalle cure odontoiatriche, dall'assistenza infermieristica domiciliare, dalla long term care, dalla fisiochinesiterapia, ma direi anche dalla restituzione dei ticket. Includerei anche l'attività libero-professionale intramoenia.

  FAUSTO FIORILE, presidente nazionale dell'AIO. Grazie, onorevole presidente. Grazie a tutti gli onorevoli componenti di questa Commissione per l'invito che è stato rivolto all'Associazione italiana odontoiatri Pag. 16per parlare di un tema, quello dei fondi integrativi sanitari, che sta particolarmente a cuore alla nostra associazione.
  L'odontoiatria – lo sapete tutti – è una disciplina medica molto particolare rispetto a tutte le altre specialità mediche, questo per diverse ragioni. Ne cito solo tre per semplificare. La prima è che le patologie più frequenti del cavo orale, ossia carie e gengiviti, colpiscono oltre il 90 per cento delle persone. Ognuno di noi, quindi, molto probabilmente ha avuto almeno un'esperienza dal dentista.
  Il secondo elemento è che la disciplina odontoiatrica, la specialità, ha un altissimo livello di complessità, anche in termini tecnici, tanto è vero che nel 1980 è nata, e con la legge del 1984 è stata istituita, la figura dell'odontoiatra, cioè una figura specifica medica all'interno, ovviamente, della stessa famiglia medica, tanto è vero che oggi all'interno dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri c'è l'albo degli odontoiatri e l'albo dei medici chirurghi.
  Il terzo elemento è che, per poter svolgere un'attività odontoiatrica, ancorché un'attività a bassa complessità, quale potrebbe essere uno studio libero-professionale, servono attrezzature generalmente molto costose, servono impianti generalmente molto costosi, serve una struttura ed una organizzazione di base abbastanza complessa. Questo è il motivo per cui, generalmente, l'odontoiatria ha un costo di gestione della propria attività estremamente importante.
  Questi sono i tre motivi – forse l'ultimo è il più importante – per cui in questi anni il Sistema sanitario nazionale si è completamente disinteressato di questa branca della medicina, o quasi completamente disinteressato. Oggi la quasi totalità delle prestazioni che vengono erogate sui pazienti (si parla del 94, del 95 e del 96 per cento) viene erogata in regime privatistico. Di fatto, si tratta di extra LEA pura.
  Questa premessa per dire che, in quanto associazione di professionisti che operano nell'ambito privato, da tempo ci occupiamo e siamo inseriti in queste dinamiche. Conosciamo come funzionano i fondi. Conosciamo, per esperienza associativa diretta, molti aspetti sanitari ed economici, non ultimo anche l'aspetto deontologico-etico, legato ovviamente a questo discorso.
  Per essere sintetico, pensavo di leggere il documento che abbiamo trasmesso e che dovreste aver avuto la possibilità di consultare.
  L'Associazione italiana odontoiatri (AIO) è rappresentativa su tutto il territorio nazionale della professione odontoiatrica dal 1984. AIO si è sempre occupata, nell'ambito dell'assistenza odontoiatrica, di migliorare il servizio sanitario per i cittadini pazienti, elevandone il livello di qualità in Italia, al fine di preservare il bene più importante rappresentato dalla salute in generale.
  Sull'argomento specifico dei fondi sanitari, AIO ha svolto un intero congresso nazionale nel dicembre 2017, dove abbiamo presentato l'indagine specifica, commissionata dall'associazione ad EURISPES, che abbiamo trasmesso per questa audizione. Si tratta di un'analisi molto approfondita sulla situazione sanitaria in Italia ed è l'unica con particolare attenzione per le forme di assistenza sanitaria integrativa nell'ambito dell'odontoiatria, che, come ben si sa e come ho già accennato, è per il 94-96 per cento delle prestazioni out of pocket, vale a dire erogata su base privata (liberi professionisti, studi associati, società tra professionisti).
  Proprio questa peculiarità, legata al fatto che le cure odontoiatriche in Italia sono erogate quasi esclusivamente da studi privati, ha fatto sì che in questi ultimi anni la nostra professione abbia acquisito grande esperienza con i fondi integrativi, avendo avuto la possibilità di valutare in modo molto attento tutti gli aspetti relativi al funzionamento sia sotto il profilo sanitario che economico, sempre con un occhio di particolare attenzione anche agli aspetti etici e deontologici che emergono ogniqualvolta si inserisce un soggetto terzo nel delicato rapporto tra medico e paziente.
  La professione può dare, quindi, un inside di quello che potrà accadere in tutta la sanità, se tali forme di integrazione e sostituzione del sistema sanitario nazionale non verranno attentamente regolamentate. Pag. 17
  In questi ultimi anni in cui i fondi integrativi si sono attestati nel coprire dal 10 al 15 per cento delle prestazioni out of pocket, si sono palesati i limiti di queste forme di assistenza integrativa che, attraverso l'analisi dell'indagine AIO-EURISPES 2017, sono emerse in rilievo.
  Volendo semplificare, un fondo sanitario non è altro che una raccolta di risorse economiche utilizzate per offrire dei servizi sanitari agli aderenti al fondo che possono essere gestite in due modi: assistenza indiretta, vale a dire rimborsare in toto o parzialmente il beneficiario del fondo al momento dell'utilizzo delle prestazioni previste dal contratto, lasciando al medesimo la totale libertà di scelta del curante; assistenza diretta, che significa indirizzare il beneficiario presso le proprie cliniche o verso professionisti convenzionati, con i quali è stato sottoscritto un contratto vero e proprio di convenzione. È proprio attraverso questa seconda modalità che i fondi spesso lavorano per acquistare masse di prestazioni a prezzi «calmierati» dai professionisti per cercare una resa economica che mal si concilia con il concetto di buona sanità.
  Il rischio è, infatti, quello di fenomeni come l'ingerenza nei piani di trattamento dei professionisti, l'esclusione dai nomenclatori di alcune prestazioni estremamente importanti per una cura precoce delle patologie più frequenti della bocca, la poca attenzione verso gli interventi di prevenzione, unico reale investimento che si possa fare in termini di salute.
  Sulla base di queste considerazioni e di altre desumibili dal rapporto AIO-EURISPES, che avrete la possibilità di leggere, vogliamo sintetizzare alcuni punti sui fondi integrativi per l'assistenza odontoiatrica in Italia.
  Prima considerazione. I fondi integrativi dovrebbero prevalentemente integrare il sistema sanitario con prestazioni extra LEA, oggi normate con un minimo del 20 per cento. Noi affermiamo che questo limite andrebbe decisamente aumentato. Ad oggi, le prestazioni extra LEA in odontoiatria rappresentano il 96 per cento rispetto a tutte quelle erogate, per un totale di circa 10 miliardi di euro.
  Seconda considerazione. Le prestazioni complementari e i LEA del sistema sanitario nazionale dovrebbero integrarsi in modo armonico in un Piano sanitario odontoiatrico nazionale, basato su interventi strategici per garantire la salute dei cittadini italiani attraverso cure precoci e azioni di prevenzione primaria.
  In occasione del congresso AIO del 2016, svoltosi presso il Ministero della salute, abbiamo proposto, ripresentando successivamente il progetto nell'audizione del 23 novembre 2016 alla Camera dei deputati, un programma per sconfiggere le patologie odontoiatriche basato sulla prevenzione, a partire dalle scuole.
  Siamo convinti che, in un progetto di prevenzione ad ampio raggio, i fondi integrativi potrebbero essere di fondamentale aiuto. Riteniamo, anzi, che per mantenere i benefici fiscali odierni i fondi integrativi dovrebbero essere obbligati a investire molto di più in prevenzione di quanto non facciano oggi.
  Il rapporto fiduciario medico-paziente è, secondo noi, uno degli elementi fondamentali per poter garantire un'assistenza sanitaria di qualità. Il paziente deve poter essere libero di scegliere il proprio medico curante. Questo è il motivo principale per cui riteniamo che le prestazioni mediate dai fondi nel settore odontoiatrico dovrebbero essere erogate in un regime di assistenza indiretta.
  Quarto punto. Nell'interesse di un sistema sanitario pubblico forte anche in campo odontoiatrico, una parte della percentuale riservata alle prestazioni LEA da parte dei fondi dovrebbe, a nostro avviso, essere obbligatoriamente eseguita all'interno delle strutture sanitarie pubbliche nella forma dell’intramoenia, così da rifinanziare indirettamente il Servizio sanitario nazionale.
  Ultimo punto. Sulla base delle esperienze sin qui maturate e dall'analisi della situazione attuale, è necessario attivare tavoli permanenti di progettazione e regolamentazione dell'attività dei fondi per le prestazioni odontoiatriche che prevedano Pag. 18la presenza di tutti i rappresentanti, vale a dire i rappresentanti della professione, dell'etica, dei cittadini e dei fondi. Questi tavoli dovrebbero stabilire le regole di ingaggio in cadenza periodica, che andrebbero riviste in base alle variazioni contingenti, ma anche agli obiettivi raggiunti o meno e alla necessità di salute della popolazione.
  Grazie per avermi ascoltato.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROSSANA BOLDI. Voglio chiedere al dottor Palermo che cosa intendeva quando ha detto che la prevenzione porta ad una sovra-diagnosi. Lo chiedo perché ha sconvolto tutta la mia idea di medicina moderna, che parte dalla prevenzione per non arrivare poi alla patologia.

  FABIOLA BOLOGNA. Anch'io voglio fare una domanda al dottor Palermo. Con riferimento al discorso che ha posto sul paniere integrativo da rivedere, sono assolutamente d'accordo, e cioè il paniere integrativo deve comprendere tutto ciò che la sanità pubblica non offre. Quindi, sono d'accordo sull’home care, sulle cure odontoiatriche, sull'eventuale assistenza infermieristica eccetera, anche perché nella mia professione (magari poi lo spiegherà meglio il dottor Palermo) anch'io ho assistito spesso a questo concetto della sovra-diagnosi, perché chiaramente quando una persona ha a disposizione determinate visite le svolge anche quando queste non sono essenziali. Del resto, non tutte le visite che adesso sono presenti nei panieri dei fondi sono essenziali anche per la prevenzione, dal momento che la prevenzione ha criteri molto specifici. Quindi, magari dovremmo rivedere anche questo tipo di discorso, vale a dire quali sono effettivamente gli elementi di prevenzione presenti all'interno di questi panieri.
  Ad ogni modo, la mia domanda è se rivedere questo paniere e, quindi, liberare queste visite che si fanno (le cosiddette sovra-diagnosi) potrebbe essere un modo per ridurre le liste d'attesa in seconda battuta, perché a quel punto si libererebbero posti soprattutto all'interno della sanità privata, che spesso fornisce queste visite, e si potrebbero sostenere meglio i LEA del sistema sanitario nazionale pubblico.

  ROBERTO NOVELLI. Non so se la mia visione sia condivisibile, ma credo, stando alle cose che abbiamo ascoltato durante tutte le audizioni, che emerga un concetto condivisibile, vale a dire che la sanità pubblica deve essere il dominus rispetto alle esigenze di salute della popolazione. Però, è anche emerso che la sanità pubblica non funziona come dovrebbe o come il cittadino auspicherebbe.
  Non vorrei – chiedo agli auditi un parere a tal riguardo – che si percorresse una strada per cui andiamo a rimodulare o a modificare o anche a depotenziare i fondi integrativi in alcuni aspetti, senza aver prima preparato o rafforzato la sanità pubblica per assorbire ciò che in questo momento come servizio viene erogato dai fondi integrativi.
  In conclusione, vorrei sottolineare che le cure odontoiatriche rappresentano uno degli aspetti più importanti, perché soprattutto nella parte della popolazione che vive in situazioni di disagio ci sono delle condizioni che, a volte, sono inaccettabili, soprattutto per quanto riguarda i bambini, le persone anziane. Davvero bisogna cercare di potenziare l'offerta delle cure odontoiatriche.
  Tuttavia, al netto di questo, che è un concetto che nessuno credo possa disconoscere, come può agire il sistema pubblico per cercare di compensare il servizio che non eroga in questo momento e che è compensato solo in parte dai fondi integrativi, per renderlo erga omnes?
  Noi, ad esempio, in regione Friuli Venezia Giulia siamo intervenuti con la sanità regionale, abbiamo messo del denaro e abbiamo attivato un percorso che sta incominciano a dare i suoi risultati. Però, bisogna essere anche realisti: declinarlo in ambito nazionale vuol dire probabilmente Pag. 19far saltare la parte economica. Volevo solo delle considerazioni al riguardo.

  ELENA CARNEVALI. Inizio dalla coda, dalla parte dell'odontoiatria, perché avremmo voluto davvero fare uno sforzo maggiore anche per ampliare il quadro, il ventaglio delle prestazioni che attualmente sono riconosciute dal Servizio sanitario nazionale.
  Non ci siamo riusciti e questo, in effetti, è uno dei campi in cui si sente maggiormente la necessità, anche di fronte, attualmente, a una sorta di mercato piuttosto vivace, soprattutto per quel che riguarda, per usare un eufemismo, tutta la parte relativa all'odontoiatria e quindi come sia possibile integrarle sapendo che la logica dovrebbe essere quella della logica integrativa e non sostitutiva. Essendo il ventaglio molto piccolo, va da sé che mi sembrerebbe che stiamo parlando in questo caso davvero di un sistema di sostituzione, salvo poi le regioni che possono avere un vantaggio: le forniscono in extra LEA oppure hanno un'autonomia tale per poterle inserire nel proprio servizio sanitario regionale.
  È molto controversa questa vicenda, perché se voi aveste sentito le audizioni precedenti vi assicuro che la lettura sembra quasi esattamente contraria, con questa sorta di allarme: attenzione a pensare di rivedere la parte integrativa, perché, se venisse a mancare, se dovesse fornirle direttamente il Servizio sanitario nazionale, il costo per lo Stato sarebbe sicuramente maggiore.
  C'è un punto che a me continua a non essere chiaro e faccio veramente fatica a capirlo. Finché parliamo di prestazioni che, di fatto, riguardano soprattutto il long care, quello su cui, soprattutto in questo momento, fatichiamo, nel quadro delle prestazioni che sono identificabili, che è possibile avere sul Servizio sanitario nazionale, faccio un po’ fatica a pensare che, tutto sommato, la diminuzione del poco finanziamento del Servizio sanitario nazionale, alla fine, può essere compensata con il secondo pilastro.
  Faccio veramente molto fatica a capire, forse perché non abbiamo nemmeno il quadro delle prestazioni. Penso che le chirurgie siano fuori, tutta la parte soprattutto della diagnostica. Su questo tema – un po’ lo richiamavano anche i colleghi precedentemente – rimane quella sorta di domanda indotta. Magari sulla prevenzione rappresentano veramente un grande aiuto, così come qualsiasi prestazione sicuramente aiuta. Sulla questione dell'appropriatezza e sulla questione di come si integra non ho ancora un quadro chiaro, anche dopo questo ciclo di audizioni.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altre domande, do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  CARLO PALERMO, segretario nazionale dell'ANAAO-ASSOMED. Vorrei rassicurare l'onorevole Boldi per quanto riguarda la questione del valore della prevenzione nel nostro Servizio sanitario nazionale: andrebbe incrementata. Mi riferivo, in particolare, all'offerta che viene fatta, che è puro marketing, da alcuni gestori di fondi integrativi e in particolare dall'RBM.
  Le offerte che vengono fatte, che vengono presentate come di tipo preventivo, sono al di fuori dei canoni previsti oggi dalla scienza, che hanno validità dal punto di vista dell'efficacia. Facciamo un esempio. Il classico PSA per la cosiddetta «prevenzione» del tumore della prostata viene offerto agli uomini oltre i 45 anni annualmente rispetto a una offerta che è molto limitata per quanto riguarda il pubblico. Un PSA positivo, soprattutto oltre una certa età, indica forme che non necessitano di alcun trattamento, ma innescano immediatamente una serie di prestazioni, finanche una risonanza magnetica specificamente dedicata all'analisi della prostata.
  Capite che nel momento in cui io offro, come società, come gruppo assicurativo, ai miei clienti, annualmente, una prestazione di questo genere, alla fine la sovra-diagnosi è lì, bella e servita.
  I costi poi della discriminazione del valore clinico di questo tipo di prestazione sono tutti a carico del Servizio sanitario nazionale che perde, da un lato, risorse per quanto riguarda le detrazioni fiscali che vengono garantite, e dall'altro lato poi si Pag. 20deve far carico di un percorso completo per quanto riguarda la discriminazione del valore clinico del dato cosiddetto «positivo» che può risultare con un esame di questo genere.
  Ci sono anche altri tipi di markers tumorali che vengono offerti: il CA 125, il CA 15-3. Era in questo ambito che io inquadravo questa pseudo prevenzione, che, in realtà, crea più problemi al sistema sanitario nazionale, condotta, tra l'altro, senza una presa in carico del paziente, anzi con accesso diretto da parte dell'utente. Potete immaginare la moltiplicazione che si può avere del livello di inappropriatezza.
  Onorevole Bologna, sono assolutamente d'accordo per quanto riguarda la necessità di recuperare risorse che possono essere poi spese in altri ambiti. È questione a me particolarmente cara, ma recuperare un miliardo di euro, attraverso una revisione dei vantaggi fiscali che vengono garantiti, significa, per esempio, poter assumere rapidamente 10.000 medici. Anche perché, a mio modesto parere, le liste d'attesa sono legate proprio al deficit di personale, al deficit di offerta.
  Possiamo avere le macchine più belle, possiamo avere a disposizione una quantità di ore di sale operatorie di ultima generazione, tecnologicamente avanzate, ma se poi non abbiamo chirurghi, non abbiamo anestesisti, non abbiamo ferristi e così via è chiaro che l'offerta di prestazioni si riduce. Infatti, ormai vediamo gli ospedali concentrarsi prevalentemente sulle urgenze da un lato e sulla chirurgia oncologica dall'altro.
  Tutta la cosiddetta «chirurgia minore» – tutte le procedure chirurgiche richiedono in ogni caso attente valutazioni strumentali, diagnostiche, preliminari – è praticamente senza risposta. Ormai si va a semestri nel calcolo delle attese.
  Il resto credo sia materia dei colleghi.

  FAUSTO FIORILE, presidente nazionale dell'AIO. Provo a rispondere alle questioni sollevate dall'onorevole Novelli e dalla onorevole Bologna – provo a sintetizzare – rispetto a come fare per potenziare le cure offerte dal sistema sanitario nazionale e come, eventualmente, ampliare a questo punto la base dei pazienti che si possono rivolgere, per cure adeguate, noi auspichiamo sempre preventive, quindi cure precoci, che consentano di intervenire prima che i problemi siano troppo importanti.
  Qui ricette magiche non ce ne sono. Una delle cose che si potrebbe fare è certamente aumentare le risorse, ma sappiamo benissimo che questo è quanto meno irrealizzabile. Vengo da Trento, dove sono stato anche, per nove anni, presidente dell'Ordine degli odontoiatri.
  Abbiamo investito nella provincia autonoma di Trento molto di più di quello che anche il Friuli, che è una realtà a noi vicina, ha investito. Hanno già investito molto, ma arriviamo grosso modo al 9 per cento delle cure erogate in un sistema sanitario pubblico. Quindi, o aumentiamo le risorse, e questo non pare essere lo scenario più verosimile, oppure dobbiamo cercare di riallocare queste risorse.
  La nostra proposta, ad esempio, è quella di prevedere una quota parte delle prestazioni previste dei fondi relative ai livelli essenziali di assistenza, all'interno delle strutture pubbliche.
  Potrebbe avvenire che, ad esempio, attraverso questo sistema virtuoso, le strutture odontoiatriche distribuite sui territori, molto spesso nei presidi ospedalieri, che generalmente sono poco operative e che operano rispetto alle potenzialità per poche ore durante le settimane, possano lavorare molto di più. Potrebbe succedere, se si allocasse o se si obbligasse l'erogazione all'interno delle strutture pubbliche di prestazioni previste dei fondi, che gli stessi professionisti che spesso operano all'interno delle strutture pubbliche magari per tempi limitati durante la settimana, invece, possano svolgere, all'interno di queste strutture, prestazioni per chi ha la possibilità di attingere ai fondi.
  Ricordiamoci che non è la totalità della popolazione. C'è una fascia di popolazione che non ha nemmeno la possibilità di utilizzare questi strumenti, ma che si trova in una situazione di povertà decisamente più importante e quindi ha la necessità di accedere attraverso il sistema pubblico, quindi ricollocando le risorse, riequilibrando e destinando Pag. 21 parte delle attività a questo tipo di prestazioni intramoenia. Questo penso che possa valere non solo ed esclusivamente per le prestazioni odontoiatriche, ma anche e soprattutto per le altre prestazioni.
  In questo modo si potrebbe addirittura arrivare in parte a finanziare quanto meno le spese di gestione delle strutture pubbliche che sappiamo comunque essere estremamente importanti.
  Riepilogando, si deve fare più prevenzione. La prevenzione costa poco. Si può fare un piano di prevenzione che preveda anche un'azione di comunicazione importante, a partire dai bambini. Si devono fare cure precoci e nei fondi devono essere previsti anche interventi che oggi vengono generalmente poco valorizzati, che sono interventi che preservano la dentatura anziché sostituirla, come oggi spesso si è stimolati a fare da proposte dei fondi o da altri soggetti con terapie più importanti, più costose, tipo terapie implanto-protesiche.
  Intervenire per allocare le risorse, fare prevenzione e, laddove è possibile, destinare qualche risorsa in più per il sistema sanitario nazionale.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti e per il contributo fornito.
  Dichiaro conclusa l'audizione odierna.

  La seduta termina alle 15.50.