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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 19 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rostan Michela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI FONDI INTEGRATIVI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute.
Rostan Michela , Presidente ... 3 
Urbani Andrea , direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ... 3 
Rostan Michela , Presidente ... 4 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 4 
Rostan Michela , Presidente ... 4 
Urbani Andrea , direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ... 4 
Rostan Michela , Presidente ... 5 

Audizione di Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute:
Rostan Michela , Presidente ... 5 
Vecchietti Marco , amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute ... 5 
Rostan Michela , Presidente ... 10 
Cecconi Andrea (Misto-MAIE)  ... 10 
Carnevali Elena (PD)  ... 10 
D'Arrando Celeste (M5S)  ... 11 
Mugnai Stefano (FI)  ... 11 
Novelli Roberto (FI)  ... 11 
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 12 
Rostan Michela , Presidente ... 12 
Vecchietti Marco , amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute ... 12 
Rostan Michela , Presidente ... 15 

Audizione di Giampaolo Crenca, presidente del Consiglio nazionale degli Attuari:
Rostan Michela , Presidente ... 16 
Crenca Giampaolo , presidente del Consiglio nazionale degli Attuari ... 16 
Rostan Michela , Presidente ... 18 

Allegato 1: Documentazione depositata dal dott. Andrea Urbani ... 19 

Allegato 2: Presentazione informatica illustrata dal dott. Marco Vecchietti ... 31

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
MICHELA ROSTAN

  La seduta comincia alle 11.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione del direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute, Andrea Urbani, che ringrazio per aver accolto il nostro invito.
  Il dottor Urbani è accompagnato dalla dottoressa Rossella Fiore.
  Pregherei il nostro ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica del soggetto audito che può consegnare alla segreteria della Commissione un documento scritto o farlo pervenire successivamente.
  La documentazione consegnata sarà pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati e resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Do, quindi, la parola al direttore Andrea Urbani.

  ANDREA URBANI, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute. Buongiorno e grazie dell'invito. Vi relaziono sulla situazione dei fondi sanitari integrativi iscritti presso l'anagrafe del Ministero della salute.
  Abbiamo due tipi di fondi, i fondi di tipo A e i fondi di tipo B. I fondi di tipo A sono i fondi interamente integrativi del Servizio sanitario nazionale, quelli che erogano esclusivamente prestazioni extra LEA, e al momento sono nove. I fondi di tipologia B possono erogare prestazioni integrative e sostitutive del Servizio sanitario nazionale. Le prime devono essere almeno nella misura del 20 per cento, cioè devono erogare almeno extra LEA nella misura del 20 per cento delle prestazioni erogate ai propri iscritti, e al momento questi ultimi sono 311. Sono iscritti a questi fondi oltre 10,6 milioni di cittadini: 7,5 milioni lavoratori dipendenti e non, 2,1 milioni i familiari. Oltre a questi, abbiamo circa 700.000 pensionati.
  Nei fondi noi controlliamo la tipologia di erogazione delle prestazioni. Nei fondi di categoria B, cioè quelli che possono erogare sia prestazioni LEA che extra LEA, la media di prestazioni integrative, quindi extra LEA erogate, si aggira intorno al 39 per cento.
  Come masse di prestazioni extra LEA tra fondi A e fondi B abbiamo circa 754 milioni di euro, prevalentemente erogati in prestazioni odontoiatriche, circa 500 milioni di euro, altri 200 di prestazioni di socio assistenza.
  Tutti questi fondi, sia di categoria A che di categoria B, godono di benefici fiscali e contributivi incrementati con la legge di bilancio 2016 e 2017, estesi anche ai fondi di welfare aziendale, fino a una decontribuzione o defiscalizzazione di 3.600 euro Pag. 4ad iscritto. Chiaramente questo è un costo della collettività legato alla missione che si chiede di realizzare a questi fondi. È al momento allo studio del Ministero della salute un'ipotesi di rivalutazione della missione dei fondi sanitari integrativi nel più ampio ragionamento della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale nel complesso.
  Stiamo lavorando su modelli di sostenibilità su orizzonti di medio-lungo periodo e vogliamo capire come tutte quante le risorse che a qualunque titolo vengono impiegate nell'erogazione di assistenza sanitaria trovino spazi complementari ed evitino sovrapposizioni.
  In molti casi tra le prestazioni erogate nei fondi sanitari c'è molta inappropriatezza, quindi ci sono delle prestazioni che potrebbero non essere erogate nell'interesse del cittadino, mentre ce ne sono altre che il Servizio sanitario nazionale è interessato a veder erogate in una logica di complementarietà.
  Sul presupposto che comunque determinati soldi vengono spesi a favore dei cittadini è bene che lo si faccia in una logica sistemica e unitaria. Stiamo lavorando da qualche mese a una proposta di ammodernamento in senso evolutivo e sistemico della normativa dei fondi sanitari integrativi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Andrea Urbani.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CELESTE D'ARRANDO. Grazie al dottor Urbani per essere intervenuto oggi in questa audizione. Premettendo l'importanza dei fondi sanitari integrativi e dell'attuale collocazione rispetto al Sistema sanitario nazionale, sappiamo, anche da quello che ci hanno detto nelle scorse audizioni, che presso il Ministero della salute è istituita l'anagrafe dei fondi sanitari integrativi.
  Le procedure e le modalità di funzionamento dell'anagrafe sono stabilite con decreto ministeriale del 27 ottobre 2009 e l'ufficio responsabile dell'anagrafe è la Direzione generale della programmazione sanitaria al Ministero, da lei presieduta.
  All'anagrafe si iscrivono generalmente i fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale, istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 20 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, e gli enti (Casse e società di mutuo soccorso) aventi esclusivamente fine assistenziale, di cui sempre all'articolo 51, comma 2, lettera a) del DPR n. 917/1986.
  Infine, l'anagrafe è istituita al fine di censire i soggetti operanti come organismi di sanità integrativa in modo da valutare tutti i possibili elementi di connessione tra l'azione della sanità integrativa e il Servizio sanitario nazionale e verificare il rispetto della soglia delle risorse vincolate da parte degli enti, Casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale.
  Tale anagrafe risulta non essere pubblica e sul sito del Ministero della salute non è evincibile il censimento dei soggetti che operano come organismi di sanità integrativa e neanche alcun rapporto di valutazione sui possibili elementi di connessione tra la sanità integrativa e la sanità pubblica.
  La domanda è se sia possibile rendere pubblica tale anagrafe e se esistono rapporti o valutazioni redatte dalla sua Direzione sulla tenuta di tale anagrafe.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande o richieste di intervento, do la parola al nostro ospite per la replica.

  ANDREA URBANI, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute. Ci sono questioni legate alla privacy. La nostra anagrafe è consultabile direttamente dai fondi. Ci sono collegamenti telematici con i singoli fondi. Non è consultabile da tutti perché ci sono informazioni sensibili e la normativa non ce lo consente. Pubblichiamo estratti aggregati nel rispetto della normativa della privacy – l'ultimo l'abbiamo pubblicato proprio ieri – che rappresentano, in forma sintetica e anonima, l'attività dei fondi. Pag. 5
  I link ai singoli fondi e alle prestazioni ad essi erogate non è possibile renderli pubblici.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite per essere intervenuto ed autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute.

  PRESIDENTE. Ricordo che la pubblicità dei lavori della seduta odierna è assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione di Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazioni salute, che saluto e ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione a intervenire all'audizione odierna.
  Il dottor Vecchietti è accompagnato da Sara Zapparoli, componente del team di ricerca del Rapporto RBM-Censis Sanità Integrativa.
  Pregherei il nostro ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica del soggetto, il quale ha consegnato una cospicua documentazione resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Do, quindi, la parola al dottor Marco Vecchietti.

  MARCO VECCHIETTI, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute. Buongiorno a tutti. Ci tengo a ringraziare il presidente e i componenti della Commissione per questa opportunità di condivisione con voi dei principali indicatori del fenomeno della sanità integrativa nel nostro Paese.
  Questi dati derivano da un'esperienza professionale di circa vent'anni, acquisita nel settore. In questo momento, con me veniva ricordato, sono amministratore delegato di una compagnia, che è la prima compagnia in Italia specializzata nell'assicurazione sanitaria, che si occupa di fornire coperture assicurative ai principali fondi sanitari integrativi e alle polizze sanitarie aziendali più ampie.
  Il contesto nel quale ci troviamo ad operare è un contesto nel quale il sistema sanitario del nostro Paese è interessato da alcuni fattori strutturali particolarmente significativi: modifiche di natura demografica, l'incremento della cronicità, l'evoluzione tecnologica, la presenza di farmaci sempre nuovi e sempre più in grado di intervenire sull'insorgenza delle malattie e sulla cura delle malattie. Questi fattori, a nostro avviso, richiedono un ripensamento del modello organizzativo e ancor di più del modello di finanziamento del sistema sanitario del nostro Paese per tener conto e riuscire a gestire quei bisogni di cura nuovi che provengono dai cittadini.
  In quest'ottica il Servizio sanitario nazionale, che comunque rimane il pilastro fondamentale per la tutela della salute dei cittadini nel nostro Paese, a nostro avviso, presenta un modello organizzativo e di finanziamento non in grado di reggere completamente queste sfide che richiedono un livello di personalizzazione e di capacità di ibridazione dei percorsi di cura sicuramente diversi rispetto a quelli degli anni Settanta in cui il Servizio sanitario nazionale ha trovato la sua costituzione.
  In quest'ottica l'evidenza dei fatti ci conferma questa situazione. In particolare, la spesa sanitaria privata di anno in anno continua a crescere, in questo modo testimoniando un mancato assorbimento dei bisogni di cura dei cittadini. Ricordiamo che tra il 2013 e il 2017 l'incremento è stato del 9,6 per cento; incremento progressivo che, tra l'altro, in termini di incidenza sul PIL, rende l'Italia uno dei Paesi dell'area euro con la crescita più dinamica.
  È importante sottolineare che la spesa sanitaria privata, differentemente da quanto si potrebbe credere, è un fenomeno anzitutto Pag. 6 caratterizzato da una forte regressività, ovvero penalizza di più, pesa di più sui redditi più bassi. È un fenomeno che ha una medesima incidenza sia a nord che a sud, per cui il dato che la spesa sanitaria privata individuale a nord sia più elevato che a sud non deve trarre in inganno perché questo dato deriva, in realtà, da una differenza reddituale molto marcata che c'è in termini di reddito pro capite tra nord e sud.
  Ricordiamo che il reddito medio pro capite annuo a sud è di 18.900 euro, contro gli oltre 34.000 a nord. Tra l'altro, questa spesa sanitaria privata si caratterizza per essere molto più incisiva, molto più presente quando si ha più bisogno di salute. Per cui, colpisce in misura particolare i soggetti caratterizzati da fragilità sanitaria, in particolare cronici e non autosufficienti, e cresce in modo più che esponenziale all'aumentare dell'età.
  Tenete conto che il costo medio di spesa sanitaria privata di un anziano è doppio rispetto a quello di un cittadino adulto. Nel 2017 la spesa sanitaria privata ha raggiunto quota 40 miliardi. Di questi 40 miliardi solo il 14,5 per cento sono oggi affidati alla gestione delle forme di sanità integrativa.
  Questo è il motivo per il quale noi riteniamo fondamentale fare un ragionamento sulla sanità integrativa che sia collegato prevalentemente all'affidamento in gestione della spesa sanitaria privata.
  In altri termini, riteniamo che le forme sanitarie integrative possano svolgere un ruolo di ricollettivizzazione della spesa sanitaria privata, che tipicamente è un fenomeno individuale, potendo trasportare, anche all'interno del settore privato, gli elementi di eguaglianza, solidarietà e universalismo che sono, invece, tipici del pilastro pubblico, in questo modo andando ad ibridare e quindi a creare una commistione di fonti di finanziamento pubblico e privato in una logica di maggiore accessibilità delle prestazioni sanitarie per i cittadini e di maggiore inclusione.
  Ricordiamo che l'Italia in quest'ottica, nel panorama europeo, è il Paese che, se escludiamo la situazione di Grecia, Portogallo e Spagna, presenta il più elevato ricorso del cittadino al pagamento di tasca propria in sanità. È un dato sicuramente caratteristico, anche in funzione delle dinamiche piuttosto rilevanti di crescita della spesa sanitaria privata nel nostro Paese.
  Venendo alle forme sanitarie integrative, l'occasione è quella di condividere con voi un bagaglio informativo acquisito dal nostro gruppo in questo settore, che riguarda in generale sia i dati numerici in termini di assicurati, ma soprattutto in termini di numerosità, ammontare e tipologia di prestazione erogati dalle forme sanitarie integrative, per poter mettere bene a fuoco il fenomeno e capirne le potenzialità.
  In questo momento sono iscritti a forme sanitarie integrative 13,3 milioni di persone. Di questi 13,3 milioni di persone, 6 milioni di persone sono assicurate attraverso fondi sanitari istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, quindi fondi chiusi legati alla tipologia di contratto collettivo applicato al lavoratore, 4,9 milioni sono legati a polizze collettive istituite dalle aziende per la tutela del proprio personale.
  È importante evidenziare che all'interno di queste aziende c'è una quota rilevante anche di aziende della pubblica amministrazione piuttosto che di enti dello Stato, come le autorità di vigilanza indipendenti, che da tempo garantiscono al loro personale queste forme di integrazione, nonché coperture stipulate dagli enti previdenziali privatizzati delle professioni, la Cassa del notariato, la Cassa forense, gli enti previdenziali delle diverse professioni, che, oltre alla funzione di previdenza, hanno anche una funzione sanitaria in questo settore. Poi, 2,3 milioni sono, invece, assicurati attraverso forme sanitarie integrative di tipo individuale, siano esse polizze e società di mutuo soccorso.
  Dal punto di vista della tipologia di copertura che viene garantita, l'82,4 per cento degli assicurati è assicurato attraverso una forma collettiva. Anche qui, per sfatare un mito spesso diffuso in questo settore, ricordiamo che le forme collettive, siano esse assicurate o autoassicurate, prevedono sempre tre caratteristiche fondamentali: non c'è mai selezione del rischio Pag. 7all'ingresso, quindi tutti gli iscritti vengono iscritti a prescindere dal loro stato di salute, garantiscono la copertura anche di patologie sanitarie preesistenti, non prevedono solitamente i limiti massimi di età o, se li prevedono, solitamente li prevedono in età piuttosto avanzate.
  Da questo punto di vista possiamo dire che una copertura di natura assicurativa o autoassicurativa, se di natura collettiva, sostanzialmente condivide gli stessi meccanismi tecnici di funzionamento anche rispetto alla copertura degli anziani. Credo che questo sia un dato importante da acquisire al dibattito.
  Dal punto di vista della distribuzione degli assicurati per regime gestionale, l'85 per cento degli assicurati in termini di numerosità di iscritti è assicurato attraverso lo strumento della polizza assicurativa, oltre il 15 per cento attraverso lo strumento dell'autoassicurazione.
  Ogni anno conduciamo, da otto anni a questa parte, un rapporto, insieme alla Fondazione Censis, che monitora il settore della spesa sanitaria pubblica, della spesa sanitaria privata e poi, con un documento dedicato specifico, con un volume dedicato, anche la sanità integrativa.
  Il campione è assolutamente rappresentativo perché monitora novanta forme sanitarie integrative e circa un terzo della platea dei soggetti attualmente assicurati. Qui trovate in dettaglio il campione (vedi slide n. 5). Ovviamente, lo lascio ad una vostra lettura più puntuale.
  Mi interessava richiamare la vostra attenzione sulle diverse tipologie che oggi attuano la sanità integrativa perché, come si può vedere dagli istogrammi e dai grafici a torta (vedi slide n. 4), si tratta di realtà piuttosto eterogenee che, tra l'altro, presentano ricette in termini assistenziali piuttosto diversificate.
  Questa è l'informazione che, tra l'altro, cercheremo ora di approfondire.
  Un altro dato importante riguarda risorse e rimborsi garantiti dalla sanità integrativa (vedi slide n. 6). Se guardiamo il panorama complessivo del settore, il contributo medio che viene richiesto per alimentare una forma di sanità integrativa è di circa 469 euro pro capite, vale a dire il 71 per cento della spesa sanitaria privata media pro capite dei cittadini italiani.
  Il livello di rimborsato medio è di 433 euro, vale a dire il 66 per cento della spesa media pro capite dei cittadini italiani. Questo per dire, sostanzialmente, che per assicurare due terzi dell'attuale spesa sanitaria privata, di fatto, sarebbero sufficienti poco più di 1,20 euro a testa, ovviamente facendo un ragionamento sulla platea complessiva dei soggetti assicurabili per evidenziare una capacità molto significativa della sanità integrativa nel modello attuale, di intercettare i bisogni di cura dei cittadini.
  Naturalmente questo grafico (vedi slide n. 7) ci mostra anche una estrema eterogeneità delle soluzioni e dei livelli assistenziali che le diverse forme sanitarie, che contribuiscono alla definizione di questo settore, mettono a disposizione. In questi istogrammi siamo andati, invece, a mostrare qual è il livello di copertura, potremmo dire i livelli di assistenza che vengono garantiti dalle diverse forme di sanità integrativa. Senza entrare troppo nel dettaglio per motivi di tempo, mi interessava sottolineare la differenza tra forme di natura collettiva e forme di natura individuale in termini di livelli assistenziali.
  Le forme collettive, per il 30,9 per cento delle loro risorse, vanno ad assicurare prestazioni di natura ospedaliera. Per intenderci, sono quelli in un campo di maggiore duplicazione con il Servizio sanitario nazionale che tipicamente presidia l'area del ricovero, del primo soccorso e ovviamente dell'intervento chirurgico.
  C'è poi un'area, pari al 38 per cento quasi, di risorse che da questi fondi viene impiegata in un'area che noi definiamo complementare, ovvero nell'area della specialistica, della diagnostica e delle attività extra ospedaliere. C'è poi un 23,1 per cento delle risorse delle forme collettive che poi nel caso dei fondi sanitari di natura contrattuale sale fino ad un 36 per cento che viene investito in ambito odontoiatrico, compresa la protesica. C'è, poi, un 5 per cento che viene destinato alle attività di diagnosi precoce. Pag. 8
  Se analizziamo la ricetta delle forme di natura individuale, possiamo vedere subito come il 60 per cento delle risorse venga destinato all'area del ricovero, e qui c'è una spiegazione fondamentale da sottolineare. Qual è la motivazione di questa scelta? Solitamente accedono alle forme individuali i liberi professionisti o gli imprenditori, i titolari ad esempio di un negozio piuttosto che di un'attività artigianale, soggetti per i quali il ricovero rappresenta un grosso problema in termini di interruzione dell'attività lavorativa.
  In questo caso, quello che il cittadino cerca, più che il rimborso della spesa, è un'indennità economica per coprire questo periodo di assenza dalla propria attività imprenditoriale.
  Il 27 per cento delle risorse, quasi il 28, viene dedicato comunque ad attività di natura extra ospedaliera. Come vedete, qui le prestazioni odontoiatriche sono molto limitate, meno del 6 per cento, perché, non essendoci il beneficio fiscale, manca quella leva che spinge il cittadino a rivolgersi a prodotti che abbiano una maggiore componente integrativa, perché il beneficio fiscale, in base alla normativa vigente, è riconosciuto solo alle forme che sono di natura collettiva o meglio che operano all'interno dell'articolo 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
  Un altro dato molto interessante, a mio avviso, riguarda la numerosità delle prestazioni (vedi slide n. 8). Qui abbiamo la numerosità delle prestazioni erogate dalla sanità integrativa nel corso del 2017. Come potete vedere, solo 153.000 prestazioni erogate rientrano nell'area ospedaliera, vale a dire che il contributo nell'area puramente duplicativa è assolutamente contenuto. Invece, 3,76 milioni di prestazioni riguardano l'area extra ospedaliera, che è quell'area di complementarità dove c'è una sorta di integrazione anche con i livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale.
  Quasi 3 milioni di prestazioni sono state erogate in area odontoiatrica: 261.000 prestazioni riguardano i rimborsi di farmaci non dispensati dal Servizio sanitario nazionale, un milione circa di prestazioni riguarda la prevenzione. Qui teniamo conto che la sanità integrativa investe circa il 10 per cento delle proprie risorse in protocolli di prevenzione, che poi sono articolati prevalentemente tra la prevenzione del colon retto piuttosto che delle patologie di natura oncologica e prestazioni di natura cardiovascolare, oltre che una serie, che abbiamo anche dettagliato nel nostro documento, di ulteriori pacchetti di diagnosi precoce (vedi slide n. 9).
  Un'ulteriore informazione per completare il quadro riguarda, a mio avviso, la tipologia di soggetti che oggi beneficiano di forme di sanità integrativa. Il primo dato è di natura reddituale. Si è solitamente portati a pensare che la sanità integrativa sia un fenomeno «per soggetti con redditi più elevati». Questo dato ci mostra come, in realtà, la sanità integrativa del nostro Paese sia una sanità integrativa prevalentemente del ceto medio e dei redditi medio bassi (vedi slide n. 10).
  Se guardiamo i livelli di copertura, ci rendiamo conto che se escludiamo i redditi inferiori ai 15.000 euro annui, dove naturalmente ci sono anche dei problemi di natura occupazionale, per tutte le altre fasce di reddito la distribuzione è piuttosto omogenea.
  Del resto, non bisogna dimenticare che in Francia, dove la sanità integrativa è sostanzialmente universale rispetto ad un affiancamento del Servizio sanitario nazionale, circa il 12 per cento delle risorse versate a queste forme sanitarie integrative sono proprio parte di un'assicurazione sociale che serve a recuperare a sistema i lavoratori a reddito più basso o con occupazione meno stabile.
  Un altro dato molto interessante riguarda i livelli di risarcimento che vengono garantiti per diversa fascia di reddito dalle forme di sanità integrativa. A questo riguardo ci tenevo ad evidenziare come già al di sotto dei 35.000 euro di reddito annui viene garantita dalle forme di sanità integrativa una intermediazione della spesa sanitaria privata, un livello di rimborsato del 55 per cento, quindi assolutamente significativo in termini di riduzione dell'impatto sul reddito familiare (vedi slide n. 11). Pag. 9
  Alcuni dati di completamento riguardano la distribuzione della sanità integrativa per fasi della vita dove si evidenzia come la sanità integrativa oggi, avendo una matrice prevalentemente occupazionale, sia prevalentemente presente nella fascia adulta della vita, benché nei piani sanitari aziendali, come anche in quelli legati agli enti previdenziali, la copertura travalichi anche il periodo del pensionamento (vedi slide n. 12).
  C'è poi un dato piuttosto significativo rispetto all'incidenza dei risarcimenti della sanità integrativa sulla spesa sanitaria privata che ci mostra come, in realtà, oggi la sanità integrativa si occupi per più del 50 per cento dei propri rimborsi di soggetti che abbiano delle patologie acute piuttosto che siano in condizioni di malattia o di stato di salute ordinario, destini ancora una quota contenuta di risorse alla cronicità e alla non autosufficienza, che sono ovviamente patologie che richiedono, anche per la loro continuità, delle risorse aggiuntive (vedi slide n. 13).
  Teniamo conto che molti fondi sanitari contrattuali oggi lavorano con un contributo medio pro capite inferiore ai 150 euro, se paragonato ai 655 euro medi di spesa privata pro capite, con un efficientamento massimo delle proprie risorse. C'è sicuramente anche un dato che riguarda la distribuzione della sanità integrativa a livello territoriale, dove, se da un lato emerge come sostanzialmente, escludendo il sud, centro, nord-est e nord-ovest sono caratterizzate dallo stesso ricorso alle forme di sanità integrativa individuale, c'è sicuramente un dato che evidenzia come dove c'è maggior tessuto produttivo, essendo questo un impianto prevalentemente occupazionale, c'è un livello maggiore di copertura della popolazione (vedi slide n. 14).
  Un'ultima considerazione riguarda i livelli di risarcimento. Anche qui è interessante osservare come, benché i livelli di rimborsato medio siano diversi tra le diverse aree geografiche, perché potete vedere come il livello di rimborsato medio è più elevato nel nord-est rispetto, ad esempio, al sud, in realtà, in termini percentuali, il livello di copertura garantito dalla sanità integrativa è sostanzialmente omogeneo (vedi slide n. 15). Questo per dire che la sanità integrativa potrebbe anche svolgere un ruolo di perequazione dei diversi livelli di copertura garantiti dai sistemi sanitari regionali, operando in integrazione.
  Dal punto di vista legislativo bisogna infatti ricordare che le regioni hanno potestà di istituire direttamente delle forme sanitarie integrative su base regionale e che la stessa contrattazione collettiva, come in effetti ha già fatto prevalentemente nelle regioni del nord, può istituire dei fondi che utilizzino la contrattazione territoriale.
  Per arrivare alla conclusione, questo quadro, a nostro avviso, testimonia le potenzialità dello strumento sanità integrativa. Questo strumento è stato a lungo trascurato dall'agenda politica nel nostro Paese. Al tempo stesso è uno strumento che, però, è piuttosto duttile, quindi può perseguire diverse finalità sociali. A nostro avviso, la finalità corretta, sulla scia del modello francese, è fare della sanità integrativa una seconda gamba del sistema sanitario; un sistema che sia basato sugli stessi princìpi di uguaglianza e universalismo che caratterizzano il pilastro pubblico.
  Per realizzare un impianto di questo tipo si può ricorrere, in realtà, anche qui, in base a esperienze fatte a livello internazionale, a strumenti di finanziamento diffuso che possono utilizzare gli enti previdenziali che per i professionisti sono già, come ricordavo, presenti nel garantire una forma di sanità integrativa e che potrebbero essere estesi, ad esempio, alle gestioni separate degli imprenditori, piuttosto che delle forme di agevolazione come le assicurazioni sociali previste dal modello francese che, a tariffazione predefinita, garantiscano la massima inclusione dei cittadini all'interno del sistema.
  Rimane sicuramente un punto di fondo, che, in assenza di istituzione di forme di sanità integrativa diffusa, la spesa sanitaria privata in quanto tale rappresenta il livello di disuguaglianza sociale massima, perché, di fatto, pone il cittadino rispetto alla scelta tra pagare di tasca propria o rinunciare alla cura. Pag. 10
  In quest'ottica credo che la sanità integrativa possa essere uno strumento utile se utilizzata in una logica sociale e quindi in una logica in cui si passi esclusivamente dal mondo del rapporto di lavoro a quello della copertura estesa di tutti i cittadini italiani.
  Fondamentale in un impianto del genere è che questo sistema di natura collettiva abbia una forte governance pubblica pur utilizzando strumenti privati, soprattutto nell'ottica di integrazione della sanità integrativa con gli strumenti di pianificazione e di policy sanitaria sia a livello territoriale che a livello nazionale.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA CECCONI. Ringrazio il direttore generale di RBM per questa relazione. Evidentemente i dati ci sono, nonostante gli auditi in tutte queste settimane ci abbiano detto che i dati erano non di facile individuazione. Invece, mi rincuora il fatto che c'è chi i dati li può avere. Voi sicuramente fate questo di mestiere: alla fine li elaborate e ci date un disegno che, francamente, si scontra più di una volta con quello che ci è stato riferito nelle altre sedute da altri, non in bene o in male, però i numeri sono numeri. Se una cosa si può misurare, a questo punto uno sta all'interno della misura.
  Vengo alla domanda. Comprendendo anche la sua conclusione, che è quella anche di molti altri auditi, siccome stiamo facendo un focus sulla fiscalità agevolata che si riserva in maniera differenziata alcuni tipi di fondi, al cittadino piuttosto che all'impresa, se noi dovessimo pensare di... La copertura, come ci ha detto, è su 13 milioni di abitanti, mentre l'Italia, come sappiamo, ha un pochino di più di 60 milioni di abitanti. La copertura ottimale sarebbe non dico il 100 per cento, perché il 100 per cento non si raggiunge mai, ma almeno il 90-95 per cento per avere un sistema equo per tutti.
  Se noi pensassimo di togliere la fiscalità agevolata sia alle imprese che al cittadino, escludendo per il momento il sistema di detrazione che il cittadino, se fa una spesa personale in out of pocket, attua, ovvero detrae il 19 per cento della spesa sanitaria – quello lasciamolo per un discorso differente, perché magari si può anche vedere cosa rimborsare e cosa non rimborsare di quelle spese sanitarie –, se noi dovessimo togliere o ridurre in maniera selettiva il tipo di agevolazione fiscale, quanto, secondo il vostro parere, impatterebbe sulla capacità delle aziende o sulla volontà delle aziende e del singolo di accedere comunque a un servizio di fondo integrativo che sia collettivo oppure che sia individuale?
  Ci è stato riferito da molti che il servizio reso da questi fondi è molto apprezzato e quindi c'è una forte compliance e un forte attaccamento al fondo sanitario integrativo. Se non ci dovesse essere più la fiscalità agevolata, questo amore verso i fondi crollerebbe? Ci sarebbe sensibilmente una riduzione degli iscritti oppure sostanzialmente si riuscirebbe a mantenere un livello e poi con i soldi che lo Stato guadagna trovare quello che voi descrivete? Mi riferisco alla possibilità di trovare il modo, anche per chi è inoccupato o anziano, di dare una copertura differente, che sia pubblica o che sia privata, dopo spetta alla politica trovare la soluzione.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio il dottor Vecchietti.
  La prima domanda riguarda la slide sul contributo medio lordo e sul rimborso medio (vedi slide n. 6). Quel calcolo viene fatto sul totale delle eventuali prestazioni o sulla singola? Mi spiego meglio. Fatta 100 la spesa complessiva, tutta la spesa integrativa ha una capacità di rimborsabilità pari al 66 per cento rispetto al costo del totale o se io faccio una prestazione singola il contributo che mi viene dato copre fino al 66?
  Seconda domanda. Innanzitutto grazie per una quantità di dati che finalmente abbiamo avuto e che non abbiamo avuto invece fino alle audizioni di adesso. Penso che questi dati diventeranno patrimonio della Commissione. Non trovo, però, sempre fatto 100, il dato sui costi di gestione. I costi di gestione dei fondi quanto incidono sul complessivo? Pag. 11
  Terza domanda. Quando ha fatto vedere la situazione relativamente alle classi di età, cioè giovani e anziani, si vedeva nell'area della non autosufficienza l'utilizzo quasi totale. In quel caso, più che di spesa sanitaria, parliamo di spesa sociosanitaria o di spesa assistenziale?
  Mi colpisce sempre molto quando c'è un indice così alto di copertura sulla parte previdenziale, soprattutto quando ha fatto riferimento, per esempio, alla prevenzione del tumore del colon retto piuttosto che altri, che sono totalmente coperti. È vero che io vengo da una regione magari organizzata, quindi c'è un deficit organizzativo in altre regioni? Perché da noi ormai le fanno persino le farmacie in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Perché c'è bisogno di accedere alle coperture di tipo integrativo?
  Ultimissima domanda. Quando ha fatto vedere la slide sulle fasce di reddito (vedi slide n. 11), come mai avete calcolato da 0 a 15.000 euro sapendo che da 0 a 8.000 sono incapienti? Non capisco come fanno ad avere una forma integrativa. Sono persone che sono totalmente esenti da qualsiasi costo.

  CELESTE D'ARRANDO. Ringrazio il dottor Vecchietti per i dati che ci ha fornito, che sicuramente ci danno anche un'idea più approfondita dal punto di vista dei numeri.
  Faccio una premessa. Sul sito di RBM Assicurazione salute Spa si legge che RBM è la più grande compagnia specializzata nell'assicurazione sanitaria per raccolta premi e per numero di assicurati, si prende cura ogni giorno degli assistiti delle più grandi aziende italiane, come giustamente diceva lei in premessa, e dei principali fondi sanitari integrativi contrattuali, anche delle Casse assistenziali, degli enti pubblici, delle Casse professionali e di tutti i cittadini che l'hanno scelta per prendersi cura della proprie salute.
  Un noto quotidiano alcuni giorni fa ha pubblicato un articolo interessante dove si afferma, cito testualmente: «Dietro l'85 per cento dei fondi, che nel 2013 erano il 55 per cento, enti senza scopo di lucro, c'è, infatti, una compagnia assicurativa che invece punta al profitto e che li gestisce ed evita che rimangano scoperti e falliscano. Il fondo ormai è diventato un tramite tra il cittadino e l'assicurazione (ci spiega un broker assicurativo che vuole rimanere ovviamente anonimo). Non solo, il 70 per cento delle risorse copre prestazioni già incluse nei LEA – rileva la Fondazione – essendo le prestazioni extra LEA molto costose dal punto di vista assicurativo, aggiunge il broker. I fondi preferiscono non impegnare risorse in questo settore».
  La mia domanda è la seguente: in che termini e modalità l'assicurazione sanitaria si interseca con il mondo no profit dei fondi sanitari integrativi e con le Casse assistenziali, evidenziando se sia vero quanto emerso dall'articolo citato, ossia che il fondo integrativo si pone ormai come tramite tra il cittadino e l'assicurazione ed è finalizzato a coprire prestazioni già incluse nei LEA?

  STEFANO MUGNAI. Grazie, dottore, per la sua audizione.
  La mia è una domanda abbastanza generale. È evidente che nei prossimi anni, per tutta una serie di fattori demografici, medici e tecnologici, vi sarà un aumento dei bisogni sanitari stimabile in qualche decina di miliardi.
  Per quale motivo, secondo lei, è più conveniente puntare sulla sanità integrativa piuttosto che magari aumentare i finanziamenti al Sistema sanitario nazionale e quindi, di conseguenza, anche ai Sistemi sanitari regionali o mantenere semplicemente la possibilità per i cittadini di scegliere fra il sistema pubblico e il sistema privato?

  ROBERTO NOVELLI. Vorrei fare alcune domande. Abbiamo appreso dalle audizioni che sono state fatte sinora che c'è un'importante eterogeneità nei fondi sanitari. In particolare, è emersa la coesistenza tra gli strumenti profit e no profit. Secondo lei, non si dovrebbe in questo settore, che ha anche un forte contenuto sociale, affidarsi esclusivamente agli enti no profit? Non c'è un potenziale conflitto di interessi tra le assicurazioni che ci occupano della gestione dei fondi e nel contempo offrono Pag. 12polizze individuali? Questa è la prima domanda.
  La seconda domanda che volevo farle è questa. Abbiamo sentito che, a suo avviso, se non ho capito male, la sanità integrativa potrebbe avere un ruolo diverso – lo ha esplicitato anche in modo piuttosto chiaro – nel sistema sanitario, nel nostro Paese. Se, invece, l'obiettivo fosse esclusivamente quello di regolamentare in modo compiuto la sanità integrativa, quali dovrebbero essere, secondo lei, gli interventi necessari, più utili?
  Ho altre due velocissime domande. Lei ha menzionato la Francia prima, dove la sanità integrativa ha una portanza notevole. La domanda che io mi pongo è questa: lo sviluppo del sistema sanitario pubblico francese è avvenuto contemporaneamente, in parallelo, rispetto allo sviluppo della sanità integrativa oppure ci sono stati dei momenti diversi in cui la sanità integrativa è subentrata per compensare le carenze del sistema francese? Questo mi interessa anche in rapporto alla situazione italiana.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Dottor Vecchietti, mi associo anch'io ai complimenti per l'importante contributo che è stato dato dal punto di vista dei numeri forniti e anche dello studio degli stessi numeri per come sono stati aggregati. Tuttavia, credo che una domanda sia importante, che è stata elusa già un anno fa in un articolo di Quotidiano Sanità in cui si chiedeva proprio a voi per quale ragione, sostanzialmente, a fronte dei dati pubblicati – ovviamente l'articolo è di un anno fa, ma credo che siano assolutamente confermati, visti i trend – i cittadini italiani, se correttamente informati, dovrebbero essere contenti di ridurre la propria spesa out of pocket per aumentare, invece, in misura, in proporzione maggiore, la propria spesa privata affidata a intermediari, se alla fine si ritrovano con una spesa privata totale maggiore in assoluto.
  Questa è la domanda proprio dal punto di vista matematico che era stata evidenziata dalla Fondazione Allineare Sanità e Salute. Io gliela ripropongo perché mi sembra, proprio dal punto di vista matematico, una domanda importantissima relativamente ai trend di crescita che lei ha affrontato.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande, do la parola a Marco Vecchietti per una breve replica alla luce delle domande poste dai deputati.

  MARCO VECCHIETTI, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute. Cercherò di toccare tutti i punti. Ovviamente, si tratta di una serie di quesiti molto ampi ed articolati, non tutti esauribili in una battuta. Siamo ovviamente disponibili a integrare, anche a livello documentale, le mie risposte.
  Partirei dalla domanda preliminare che riguarda l'utilizzo della leva fiscale rispetto alla sanità integrativa con alcune considerazioni generali sui sistemi tributari in relazione alle misure di natura sociale. Solitamente, il beneficio fiscale per oneri deducibili è collegato ad una condivisione da parte dello Stato di una valutazione di meritorietà rispetto a uno strumento in contesti nei quali al cittadino viene richiesto di fare una scelta rispetto alla quale, probabilmente, non sarebbe naturalmente portato.
  È il caso della previdenza complementare, dove il beneficio fiscale è associato a un modello di adesione prevalentemente su base volontaria del singolo individuo.
  La sanità integrativa oggi poggia su un impianto che è per una quota rilevante, circa un 70 per cento, legato alla contrattazione collettiva, quindi a scelte di gruppo che non presuppongono la scelta del singolo individuo di adesione al fondo, ma che sono collegate ad un impianto di protezione che o il contratto collettivo o l'ente previdenziale che lo ha come sua mission nel caso dei liberi professionisti o l'azienda stessa decidono di attivare.
  È chiaro, quindi, che in quest'ottica il beneficio fiscale è rivolto all'azienda che attiva una forma di protezione aggiuntiva più che al singolo. Infatti, avendo seguito anche un po’ le audizioni precedenti, devo osservare che l'elemento della duplicazione del beneficio fiscale, a mio avviso, andrebbe valutato bene, perché, in realtà, Pag. 13spesso il contributo su queste forme è pagato esclusivamente dall'azienda. Quindi, non sempre c'è un fenomeno di duplicazione effettiva dei benefici fiscali sui due fronti perché l'alimentazione del fondo sanitario potrebbe essere collegata ad una sola delle due parti, quindi o all'azienda o al lavoratore o all'ente previdenziale.
  Nel caso specifico il professionista che riceve dal proprio ente previdenziale una tutela di sanità integrativa non ha nessun beneficio fiscale in realtà. È semplicemente l'ente che attiva questa copertura. La leva fiscale è assolutamente determinante in questo caso, soprattutto se si pensa a favorire una diffusione delle forme di sanità integrativa. A mio avviso, l'elemento incentivante a livello fiscale deve anche tener conto del fatto che la sanità integrativa è uno strumento di emersione perché, in realtà, sanità integrativa vuol dire fatturazione della spesa privata per aver accesso al risarcimento e quindi, ovviamente, maggior controllo anche di questa filiera.
  Sicuramente nell'impianto fiscale questo trade-off è stato già da tempo tenuto in considerazione come del resto avviene anche in altri casi. Penso alle ristrutturazioni edilizie. Del resto, anche in quel caso la fiscalità generale va ad intervenire solo rispetto a interventi che sono fatti da alcune persone, ma la logica è anche quella di presidio della filiera.
  Credo che il beneficio fiscale, più che avere lo strumento di incentivare il lavoratore a iscriversi, perché in effetti il lavoratore tendenzialmente non si iscrive, abbia una funzione di presidio della filiera della spesa sanitaria privata e quindi di maggior controllo e al tempo stesso di agevolazione per l'azienda che va ad attivare una protezione nei confronti dei suoi lavoratori.
  Tra l'altro, mi ricollego a un'altra domanda che ho ricevuto, così ottimizziamo anche i tempi delle risposte. Con una elaborazione che sicuramente avete visto, perché l'avevamo depositata, il tema fiscalità, secondo me, è molto interessante nell'impianto complessivo. Quando si parlava del tema detrazioni fiscali per spesa sanitaria privata bisogna dire che la detrazione del 19 per cento non è legata né ad alcuna forma di appropriatezza né ad alcuna forma di LEA o extra LEA. Differentemente, la deducibilità della sanità integrativa è strettamente collegata ad una mission che è stata affidata dal legislatore a queste forme.
  Si è detto 20 per cento, si poteva indicare 30 o forse anche 40, dipende dall'impianto normativo, ma è anche vero che il volume di deducibilità garantito oggi tiene conto espressamente del contributo che il legislatore ha richiesto.
  Non a caso questo impianto normativo ne ha sostituito uno precedente in cui il beneficio fiscale era progressivo in funzione del livello di prestazioni integrative che le forme sanitarie integrative mettevano a disposizione. In realtà, credo che la leva sia questa. Qual è il contributo sociale che la sanità integrativa dà? Se lo dà maggiore o minore, il beneficio fiscale viene modulato in funzione di questo contributo sociale. Poi, è chiaro, sono scelte di policy sanitaria ed economica. Ogni Governo, ogni epoca può avere delle valutazioni diverse, però questo è lo scopo in realtà, più che quello di incentivare l'adesione.
  Mi ricollego a questa slide per rispondere a una delle ultime domande che ho ricevuto (vedi slide n. 17). Qui abbiamo messo in parallelo, in modo esemplificativo, tre modelli possibili. Il primo è quello in cui ci sono i maggiori finanziamenti in sanità. Ci siamo mossi sulle stime prevalenti del settore che parlano, di qui al 2025, di un fabbisogno potenziale compreso tra i 20 e i 30 miliardi in più; investimento diretto in ampliamento dei LEA piuttosto che affidamento al cittadino della risoluzione del problema chiedendogli di contribuire di tasca propria al finanziamento di questi ulteriori bisogni o utilizzo di una forma di secondo pilastro, per intenderci una sanità integrativa istituzionale che non lasci fuori nessuno, per dirla in una battuta.
  Da questa sintesi, che è dettagliata poi nel nostro rapporto con dovizia di particolari, in realtà emerge che la mera estensione dei livelli essenziali di assistenza ovviamente porterebbe a carico dello Stato Pag. 14questo costo aggiuntivo di 30 miliardi, gravato anche dei benefici fiscali collegati alle detrazioni. Peraltro, ci sarebbe comunque un costo anche di circa 2 miliardi, da ripartire tra i cittadini, evidentemente legato al pagamento dei ticket collegati a queste prestazioni.
  Il modello dell'affidamento al cittadino, quello attuale del laissez-faire puro, in cui si chiede al cittadino di far fronte al bisogno a queste spese, porterebbe costi ancora maggiori per il cittadino e comunque un costo fiscale di 5,7 miliardi per lo Stato per finanziare il sistema delle detrazioni. Ripeto, è un sistema che non solo è generalizzato, quindi favorisce anche le prestazioni che sostituiscono o duplicano i LEA, ma peraltro, se guardiamo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, è tutto concentrato nelle regioni del nord e va tutto a favore dei redditi più elevati e quindi non ha sicuramente dei connotati di socialità o supporto all'inclusione dei cittadini. Il costo totale sarebbe, in questo caso, di 24,3 miliardi.
  Se trasferiamo questa stessa situazione sull'attivazione di un secondo pilastro sanitario, avremo un costo per lo Stato di 5,2 miliardi, che è l'incremento dagli attuali 1,8 miliardi circa di oneri per la deduzione fiscale, ovviamente ampliati perché parleremmo di volumi di contributi più elevati per poter garantire una quota di adesione pari, più o meno, al 90 per cento della popolazione.
  A fronte di questo, il costo aggiuntivo per i cittadini sarebbe di 23 miliardi che però sarebbe più che compensato dal beneficio fiscale e dal rimborso delle spese pari al 66 per cento in base ai dati attuali, che verrebbe garantito dalle forme di sanità integrativa. È come dire, sostanzialmente, che tra la capacità di negoziazione accentrata che la sanità integrativa ha nei confronti degli erogatori di sanità privata, il beneficio fiscale attuale e, di fatto, la costruzione a sistema di un modello in cui pubblico e privato interagiscono, sarebbe possibile estendere la capacità di copertura con dei costi molto contenuti per lo Stato, non penalizzando, di fatto, il cittadino.
  Un'altra domanda importante riguardava i rapporti tra forme sanitarie integrative, compagnie assicurative piuttosto che altri elementi di quadratura del sistema profit e no profit. Su questo bisogna, secondo me, mettere gli attori ciascuno nella casella giusta. Le compagnie assicurative in campo collettivo sono esclusivamente uno strumento attuativo delle politiche sanitarie dei fondi. In realtà, si occupano solo ed esclusivamente di garantire che a fronte di un costo certo sia garantibile un beneficio indefinito, perché la sanità, in realtà, sappiamo, come dimostra anche la dinamica della spesa sanitaria privata, è a consumo crescente.
  Studi attuariali internazionali mostrano come in Italia ci sia nel settore della sanità integrativa una crescita media del 7,7 per cento anno su anno; una dinamica inflattiva piuttosto significativa, che non è fatta solo dalla crescita dei prezzi, ma anche dall'invecchiamento dei soggetti assicurati, perché, ovviamente, le dinamiche demografiche riguardano tanto il pilastro pubblico che il pilastro privato.
  Il ruolo dell'assicurazione è quello di riuscire a mantenere sostenibile questi piani sanitari e non a caso, per farlo, attua delle normative europee molto stringenti in materia di solvibilità, che sono note come normativa «Solvency II».
  Questa normativa prevede che la compagnia assicurativa, a fronte di premi che incassa, debba dotarsi di riserve tecniche; riserve tecniche che servono a rimanere solvibile anche in caso di inadeguatezza dei premi, anche in caso di richieste che eccedano le valutazioni iniziali del fondo e quindi in realtà a garantire che la promessa che il Fondo sanitario fa nei confronti dei suoi assicurati possa essere realmente maturata.
  Questo è un settore – visto che l'onorevole ricordava alcuni articoli, avrà sicuramente anche letto la mia replica – nel quale la marginalità è assolutamente contenuta. Parliamo di marginalità che sono inferiori al 10 per cento, quindi marginalità tra le più basse previste per il settore assicurativo. Questo perché assicurare le spese sanitarie correnti, ovviamente, richiede Pag. 15 anzitutto una capacità di intervento sulla filiera del costo dei prezzi, quindi di trattativa con i produttori, non solo degli elementi di natura puramente assicurativa perché, ripeto, le dinamiche inflattive ci mostrano che anno su anno il bisogno della popolazione può solo crescere. Come è un problema per il Servizio sanitario nazionale, ovviamente lo è anche per il secondo pilastro.
  Il punto è determinare modelli per gestire questo problema. Non c'è nessun trasferimento di profitto da enti profit a enti no profit perché, in realtà, in questo contesto le compagnie lavorano solo in copertura delle rischio collegato ai piani sanitari che i fondi garantiscono ai propri assicurati. Il costo medio, che è previsto e lo abbiamo indicato anche nella nostra documentazione, per la gestione di questi fondi è mediamente del 5 per cento. Tra l'altro, sempre in questa replica indicavo che può essere controllato direttamente anche sui nostri bilanci, è un dato pubblico, non c'è nulla di difficile da riscontrare.
  Tenete conto che il nostro dato è del 5 per cento, quello del nostro competitor diretto è del 10 per cento. Parliamo comunque di importi assolutamente contenuti, che non tengono conto di quegli oneri a cui noi solitamente siamo abituati pensando alle reti distributive, perché qui parliamo di un fenomeno puramente collettivo. Non ci sono distributori, non ci sono agenti, non ci sono, in realtà, filiere che devono essere alimentate.
  Qui si va a coprire direttamente il bisogno del lavoratore e della famiglia. Non so se ho centrato tutte le risposte. Forse ce n'era una che riguardava il tema dei costi, su come va letta questa slide (vedi slide n. 6). Posso dare risposta brevemente. Questi dati riportano, per ciascuna forma di sanità integrativa, nella colonna C il contributo che viene incassato medio, nella colonna R il rimborso medio. Come vedete, il gap che c'è tra i diversi istogrammi è più o meno ampio, perché ci sono delle forme che a fronte di un contributo medio di un certo livello erogano di più, mentre delle forme in cui il gap tra ciò che si incassa e ciò che si eroga è più significativo.
  È importante il dato, ad esempio, delle forme sanitarie istituite dalle pubbliche amministrazioni, perché siccome le pubbliche amministrazioni aggiudicano al settore assicurativo queste gestioni attraverso bando pubblico, attraverso il codice appalti, quindi utilizzando anche lo strumento del ribasso piuttosto che dell'affidamento al miglior premio, come potete vedere, addirittura l'importo rimborsato eccede mediamente quello incassato, in una situazione, di fatto, di perdita strutturale.
  Livelli di efficienza significativi si riscontrano anche nel caso degli enti previdenziali, che anch'essi utilizzano lo strumento del codice degli appalti, piuttosto che dei fondi territoriali dove la vicinanza tra incassato ed erogato è comunque molto significativa, con esclusione di alcune casistiche che sono giustificabili nel campo delle individuali, perché abbiamo le mutue che hanno bisogno di mettere risorse da parte perché non essendo assicurate rischierebbero il default e quindi, ovviamente, non possono pagare l'intero premio in prestazioni perché, altrimenti, quel premio basta per un anno, ma per l'anno successivo già sarebbe insufficiente.
  Nel caso dei prodotti individuali c'è la tematica della distribuzione sul territorio che rappresenta un costo per il soggetto promotore e quindi, oltre ai costi amministrativi, quelli di cui parlavamo rispetto ai fondi sanitari assicurati dal settore assicurativo, in questo caso ci possono essere dei costi di natura distributiva. Comunque, complessivamente, parliamo di un settore che presenta un rapporto, per quanto riguarda le coperture collettive, che eccede il 90 per cento tra erogato ed incassato, rispetto al quale, di fatto, la quasi totalità del premio torna all'assicurato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Vecchietti per essere intervenuto, autorizzando la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della presentazione informatica illustrata (vedi allegato 2).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione di Giampaolo Crenca, presidente del Consiglio nazionale degli Attuari.

  PRESIDENTE. Ricordo che la pubblicità dei lavori della seduta odierna è assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione del presidente del Consiglio nazionale degli Attuari, Giampaolo Crenca, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione a intervenire all'audizione odierna.
  Pregherei il nostro ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica del soggetto audito che ha consegnato una documentazione resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera.
  Do, quindi, la parola al presidente Giampaolo Crenca.

  GIAMPAOLO CRENCA, presidente del Consiglio nazionale degli Attuari. Ringrazio tutti voi per avermi convocato. Non so quanti conoscano la nostra professione, quindi consentitemi solo un minuto per spiegare chi siamo.
  Siamo un Ordine professionale riconosciuto dalla legge, una delle 27 professioni regolamentate, con tanto di Albo ed esame di Stato. Siamo specializzati nelle valutazioni quantitative in presenza di incertezza (pensioni, sanità, fondi sanitari, fondi pensione, risk management, assicurazioni vita, assicurazione RCA auto).
  I fondi sanitari, tra le tante attività, ci vedono coinvolti in mille aspetti che nella nota poi ho anche specificato nei dettagli, perché ci occupiamo dei bilanci tecnici, ad esempio, quindi della stabilità tecnico-economica dei fondi sanitari, sia quelli autogestiti, sia anche quelli assicurati.
  Ci occupiamo anche degli indicatori, dello sviluppo, della gestione. Alcuni di noi sono anche in Consigli di amministrazione. Ci occupiamo non solo di questioni tecniche, ma anche, in generale, dell'organizzazione e delle modalità per portare avanti tutta l'attività di un fondo sanitario. Abbiamo una competenza sull'argomento abbastanza vasta. Molti colleghi operano all'interno e anche all'esterno attraverso un processo consulenziale.
  Nel ringraziarvi ancora, preciso che abbiamo chiesto noi questa audizione proprio per questa ragione, perché siamo molto coinvolti in questi problemi da sempre e quindi ci è sembrato utile poter dare il nostro contributo, che, ripeto, non è solo – lo sottolineo – tecnico-economico, ma è anche di più vasto raggio, tant'è che nel nostro Ordine da anni abbiamo anche varato le linee guida dell'Attuario che opera nei fondi sanitari, previa discussione con il Ministero della salute alcuni anni fa. Queste linee guida non sono solo tecnico-economiche, ma danno l'indirizzo di come l'Attuario deve muoversi in questo contesto.
  Veniamo ai nostri problemi. Una premessa è fondamentale: gli Attuari da diversi anni hanno chiesto in più realtà ai vari Governi – ho avuto personalmente anche modo di esplicitarlo – di preparare un progetto di welfare integrato e allargato, che tra l'altro è una definizione che per primi abbiamo coniato noi diversi anni fa, ma questa non è una gloria.
  Vorrei semplicemente chiedere – e mi sembra che anche gli ultimi ragionamenti e provvedimenti che il Governo sta facendo vadano in questa direzione – di creare un welfare per tutti i cittadini in modo che il nostro originario progetto, almeno su quattro aspetti chiave (pensioni, lavoro, sanità e assistenza), riceva un 6 in pagella, come dico io scherzando, cioè tutti abbiano un livello sufficiente e non ci siano insufficienze, almeno su questi quattro punti.
  Questa è una proposta – faccio questa premessa importante – che noi continuiamo a fare. L'abbiamo fatto anche nel nostro ultimo congresso, facciamo comunicati stampa, lo spieghiamo, perché riteniamo che il Paese vada messo in sicurezza con un progetto di medio termine almeno su questi quattro aspetti. Faccio questa premessa perché i fondi sanitari sono dentro Pag. 17 questo progetto, inevitabilmente, perché sono uno dei tasselli del secondo pilastro, nel caso in specie, che devono dare forza a questo nostro progetto che noi abbiamo già proposto più volte.
  Venendo alle problematiche da voi evidenziate anche nel programma d'indagine, condividiamo l'idea, proprio in funzione di un progetto più ampio, ma anche semplicemente stando sui fondi sanitari, di poter ragionare sul complesso del loro stato. Al di là delle questioni normative che, come voi stessi sottolineate, si sono a un certo punto arenate e sono un po’ incomplete, quindi andrebbero integrate, sicuramente, guardando anche ai dati che anche noi abbiamo messo nella nota di carattere generale, si rilevano per esempio due aspetti focali.
  Il primo riguarda il fatto che è ancora bassa la quota destinata agli intermediari sul fronte della spesa privata e quindi anche ai fondi sanitari. Inoltre, l’out of pocket è molto rilevante. Questi sono i due aspetti. Questo significa che il grande obiettivo che noi avremmo di costruire anche qui un sistema a tre pilastri – un primo pilastro di base, un secondo che lo supporta e un eventuale terzo privato che, peraltro, di fatto, già esiste nelle assicurazioni private – che non è stato ancora pienamente realizzato, un po’ per carenze normative, un po’ perché gli eventi socioeconomici del nostro Paese non l'hanno consentito. Bisogna tornare a lavorarci e bisogna inevitabilmente riuscire a ottenere una cosa importante, che ci sta a cuore, cioè fare in modo che il sistema sia stabile sotto tutto il profilo tecnico-economico, ma faccia anche un'altra cosa fondamentale, che poi è la stessa cosa che devono fare i sistemi pensionistici, ovvero sia anche adeguato, cioè dia anche quelle prestazioni che siano necessarie a non lasciare scoperture. Quando dico «scoperture» penso naturalmente a tutti i cittadini, non li divido tra cittadini di serie A e cittadini di serie B. Per noi il welfare integrato e allargato vale per tutti, senza alcuna distinzione, almeno come impostazione.
  Venendo al sodo delle questioni, le nostre considerazioni sono queste, fondamentalmente, come contributo, come proposta, come riflessione.
  Dal nostro punto di vista, con l'esperienza che abbiamo, che ripeto non è solo tecnica, perché non facciamo solo calcoli, intanto riteniamo che sia necessario salvaguardare tutte le forme esistenti in tutte le forme giuridiche presenti e consolidate ormai da anni, non tanto per una questione di conservazione tout-court che non ha un senso, quanto perché le conosciamo un po’ tutte, dalle società di mutuo soccorso ai fondi di un certo tipo. A parte che alcuni sono nati un secolo fa, addirittura, ma hanno ormai un'esperienza consolidata. Sia che siano autogestiti, sia che siano assicurati, hanno creato una cultura, una modalità, un'organizzazione e per certi versi anche in alcuni casi delle efficienze, delle sinergie, delle analisi e delle conoscenze talmente elevate che oggi smontarle, secondo la nostra valutazione, conoscendo da vicino questa realtà, sarebbe sbagliato. Semmai sarebbe bene prenderle, utilizzarle e svilupparle per migliorarle, sempre nell'ottica che ho detto prima. Questo sicuramente sì. Questa è la prima riflessione che volevamo girare. Questo vale sia se siano integrative sia se siano sostitutive del Servizio sanitario nazionale.
  Poi, naturalmente, chiediamo di riordinare la legislazione esistente e completarla perché a un certo punto, diversamente dai fondi pensione, ci si è bloccati a una certa data e non si è data completezza. Per esempio, manca un organismo di vigilanza come nei fondi pensione, ma c'è direttamente un riferimento al Ministero della salute; non è che non va bene, anche nell'altro caso c'è il Ministero del lavoro, però manca un organo di vigilanza specifico.
  Chiediamo di integrare i fondi sanitari in questo progetto più ampio perché sennò fine a se stesso serve a poco.
  Infine, mantenere la deducibilità fiscale, a condizione che tutte queste tre che ho detto prima ci siano. Quando tutto funziona allora la deducibilità fiscale ha un significato molto preciso, perché stiamo parlando di previdenza, in questo caso sanitaria. Pag. 18
  Non riteniamo mai che la deducibilità fiscale debba essere la molla della previdenza sanitaria o di qualsiasi previdenza, perché sennò, se manca la cultura, se manca la volontà, se manca la necessità e si agisce solo perché c'è una deducibilità fiscale, si perde completamente il senso. Quando i parametri sono a posto, la deducibilità fiscale, eventualmente potenziata, ma questo è un problema di altra natura, per noi sta in piedi.
  Infine, condividiamo questa vostra idea di rimettere mano a tutto. Il nostro suggerimento è di non fermarsi a distinguere fra LEA ed extra LEA, ma piuttosto guardare a quello che noi abbiamo chiamato l'effettivo universalismo, cioè non guardare solamente al diritto a chiedere prestazioni, ma anche al diritto di ricevere. Abbiamo messo qui tra parentesi l'esempio delle liste di attesa, che è un problema atavico del nostro sistema sanitario.
  Quando noi diciamo di non smontare i fondi sostitutivi stiamo pensando ad alcune difficoltà che ha il sistema sanitario che da qualche parte devono essere soddisfatte. Non guardiamo solo a chi chiede, ma anche a chi ha diritto di ricevere.
  Vista in quest'ottica, ritorno sul concetto di prima che, secondo noi, tutte queste forme andrebbero ben analizzate, ben studiate, ben guardate perché dentro c'è tanto, tante esperienze, tanta cultura e da questo punto di vista noi siamo pronti a metterla a vostra disposizione per rilanciarla, migliorarla e guardarla in quest'ottica che ho cercato, spero bene, di descrivere.
  Se non ci sono riuscito, magari ci riesco dopo le domande che mi farete.

  PRESIDENTE. Non essendovi richieste di intervento, salutiamo e ringraziamo il nostro ospite per essere intervenuto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.10.

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ALLEGATO 2

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