Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ATTUAZIONE DELLA LEGGE 15 MARZO 2010, N. 38, IN MATERIA DI ACCESSO ALLE CURE PALLIATIVE E ALLA TERAPIA DEL DOLORE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'AMBITO PEDIATRICO.
Audizione del sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi.
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3
Bartolazzi Armando , sottosegretario di Stato per la salute ... 3
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7
Trizzino Giorgio (M5S) ... 7
Novelli Roberto (FI) ... 8
Siani Paolo (PD) ... 9
D'Arrando Celeste (M5S) ... 10
De Filippo Vito (PD) ... 10
Lorefice Marialucia , Presidente ... 11
Bartolazzi Armando , sottosegretario di Stato per la salute ... 11
Lorefice Marialucia , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE
La seduta comincia alle 13.05.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione della legge 15 marzo 2010, n. 38, in materia di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, con particolare riferimento all'ambito pediatrico, del sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi.
L'audizione odierna conclude il ciclo di audizioni previsto nell'ambito dell'indagine conoscitiva suddetta. Ricordo che all'intervento del sottosegretario Bartolazzi seguiranno le domande dei deputati e quindi la replica del sottosegretario.
Do la parola al sottosegretario Bartolazzi.
ARMANDO BARTOLAZZI, sottosegretario di Stato per la salute. Grazie, presidente.
Innanzitutto desidero ringraziare tutti i componenti di questa Commissione, perché leggendo la resocontazione dell'attività di questa indagine conoscitiva ho avuto modo di constatare in ogni intervento una serietà e un'attenzione altissima nei confronti di un tema che non può conoscere divisioni e che deve vedere tutti accomunati nella direzione di una sempre più piena realizzazione della legge n. 38 del 2010.
Ritengo che il ruolo del Ministero della salute, da me rappresentato in questa procedura conoscitiva, debba essere quello, al termine delle audizioni che hanno riguardato rappresentanti dei diversi settori professionali, nonché delle associazioni dei pazienti, di fornire i dati ufficiali più significativi in modo da delineare un quadro il più possibile oggettivo sullo stato di attuazione della predetta legge.
Nello svolgere questo compito sono, in realtà, facilitato dai contenuti dello specifico rapporto al Parlamento che, finalmente, dopo anni di mancata presentazione, sarà a breve consegnato alle Camere in modo da essere da voi consultato in tutte le sue dettagliate parti.
Nel rimandare dunque a quel documento che, come dicevo, conterà dati molto puntuali sui vari aspetti delle cure palliative, anche in relazione alle diverse realtà territoriali, voglio subito dire in questa sede che emerge un quadro dello stato di attuazione della legge n. 38 del 2010 caratterizzato da luci e ombre con forti disomogeneità a livello regionale e locale.
In linea generale, tuttavia, si può dire che si vada verso un lento e progressivo miglioramento della qualità delle cure, con una crescita dell'offerta assistenziale nei regimi domiciliari e residenziali e un progressivo sviluppo delle reti regionali e locali sia di cure palliative, sia di terapia del dolore.
Le conclusioni del rapporto – ritengo utile anticiparle – dimostrano anche che per proseguire in questo percorso di crescita risulta necessario rafforzare la programmazione dei servizi sanitari, in primo Pag. 4luogo quelli territoriali, e investire sulla collaborazione tra gli operatori sanitari coinvolti nella gestione del malato con bisogno di cure palliative e terapia del dolore, a partire dai medici di base e dai pediatri di libera scelta fino ai medici specialisti operanti presso le strutture ospedaliere e territoriali. Tutto ciò senza dimenticare, peraltro, il ruolo fondamentale delle associazioni di tutela dei malati.
Piuttosto che segnalare i passi in avanti che sono stati compiuti in questi ultimi anni, credo di cogliere il senso più intimo e costruttivo di questa indagine conoscitiva per segnalare quelle che tuttora restano le criticità del sistema, in modo che su di essi si concentri l'impegno di tutti noi. Le riassumo brevemente con poche sintetiche considerazioni.
Innanzitutto, bisogna prendere atto che lo sviluppo delle reti locali di cure palliative e l'identificazione dei requisiti minimi per l'accreditamento e l'adozione di modelli organizzativi uniformi sono obiettivi non ancora raggiunti da tutte le regioni, dal momento che le regioni Abruzzo, Molise e Valle d'Aosta e la provincia autonoma di Bolzano e non hanno ancora recepito l'intesa del 25 luglio 2012.
I dati contenuti nel rapporto testimoniano come prevalga ancora in Italia la mortalità in ospedale, a conferma dell'insufficiente sviluppo delle alternative offerte dalle reti locali di cure palliative, soprattutto per quanto riguarda le unità di cure palliative domiciliari indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui Livelli essenziali di assistenza, come unità di offerta distinta dalla tradizionale assistenza domiciliare integrata.
Inoltre, i percorsi assistenziali di presa in carico del paziente con bisogni di cure palliative differiscono molto tra le diverse regioni e non è ancora sviluppata e diffusa ovunque una metodologia «proattiva» con il coinvolgimento del paziente e della sua famiglia.
I servizi della rete locale di cure palliative si confrontano ogni giorno con la necessità di fornire risposte nuove e adeguate ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani in considerazione di cronicità avanzate, spesso complesse, che sviluppano bisogni di cure palliative.
I medici e l'organizzazione in ospedale e sul territorio non sono, tuttavia, ancora sufficientemente preparati a riconoscere e ad affrontare per tempo questi bisogni e ad offrire un intervento precoce integrato e complesso in grado di leggere la multidimensionalità dei bisogni sulla base non solo delle patologie che li provocano, ma anche delle condizioni cliniche, dei problemi psicosociali e della fragilità, promuovendo una medicina realistica nei suoi obiettivi che eviti trattamenti gravosi e inefficaci.
L'offerta formativa per gli operatori sanitari di cure palliative, relativamente alla formazione universitaria e al conseguimento dei crediti in educazione continua in medicina, è tuttora abbastanza disomogenea sul territorio nazionale, anche se, come peraltro già evidenziato dal dottor Scaccabarozzi nel suo intervento, la situazione dovrebbe migliorare a seguito dell'istituzione di crediti formativi universitari.
Infine, resta ancora particolarmente critica la situazione delle reti di cure palliative e terapia del dolore pediatriche fortemente carenti in quasi tutto il territorio nazionale, ma su questo punto, che forma oggetto specifico di questa procedura informativa, mi soffermerò tra poco.
Prima credo, infatti, sia importante fornire i dati relativi alla realizzazione di strutture residenziali di cure palliative, i cosiddetti «hospice». Essa, come è noto, è stata prevista dalla legge n. 39 del 26 febbraio 1999, che ha sancito il diritto del cittadino ad accedere all'assistenza fornita da tali strutture e ha avviato un programma nazionale con una disponibilità finanziaria pari a circa 206 milioni di euro.
La legge e il relativo decreto attuativo del 28 settembre del 1999 disponevano che le regioni presentassero all'allora Ministero della sanità sia i progetti di strutture residenziali che i programmi di organizzazione delle reti assistenziali di cure palliative sul territorio.
Ebbene, dai dati in possesso del ministero emerge che negli anni dal 2015 al Pag. 52017 il numero totale di hospice ha raggiunto il totale di 240 strutture (erano 231 nel 2014), mentre il numero dei posti letto risulta di 2.777 unità, con 226 posti letto in più rispetto al 2014.
Con riferimento, inoltre, all'attività degli hospice, il monitoraggio effettuato descrive in particolare il rapporto percentuale tra il numero di assistiti in hospice e il numero di deceduti per tutte le cause.
Ebbene, il valore medio nazionale si attesta intorno al 6,66 per cento per il 2015, intorno al 6,82 per cento per il 2016 e al 7,15 per cento nel 2017, facendo dunque registrare un lieve aumento rispetto al 2014 (6 per cento circa).
I valori più elevati si osservano in alcune regioni del nord (Valle d'Aosta, provincie autonome di Bolzano e di Trento, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna) e centro Italia (Lazio), mentre nelle restanti regioni del centro e del sud Italia il rapporto appare generalmente al di sotto del valore nazionale.
Con riferimento alle cure palliative domiciliari, nel 2015 il numero totale di pazienti in fase terminale assistiti al proprio domicilio è stato pari a 33.138, di cui 27.152 in stato terminale per malattia oncologica, e 6.627 in stato terminale per malattia non oncologica.
Nel 2016 il numero totale di pazienti assistiti a domicilio è aumentato a 38.198 unità, così come il numero dei pazienti in stato terminale per malattia oncologica, 31.337, e in stato terminale per malattia non oncologica, 8.026. Nel 2017 il numero totale di pazienti assistiti a domicilio ha raggiunto le 40.849 unità. Rispetto all'anno 2014 si registra, dunque, un aumento del numero totale di pazienti assistiti che è pari al 32,19 per cento.
Nel 2016 il tasso dei pazienti in fase terminale assistiti a domicilio per 10.000 abitanti sulla popolazione residente è stato pari a 6,30, di cui 5,17 malati oncologici e 1,32 malati non oncologici, con significative differenze nelle diverse regioni. Nel 2017 il tasso è stato pari a 10,02 per 10.000 abitanti; i malati oncologici sono stati 8,63 e i malati non oncologici 2,10.
Anche questa rilevazione dimostra, dunque, un incremento abbastanza significativo di questa tipologia di assistenza, a conferma di un trend comunque positivo, sul quale tuttavia occorre ancora lavorare.
Passo ora all'argomento che ha interessato particolarmente questa Commissione, e cioè allo stato di realizzazione e sviluppo delle reti regionali di terapia del dolore e di cure palliative pediatriche.
Come già sapete, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 28 marzo 2013, è stata istituita la sezione O del Comitato tecnico sanitario del Ministero della salute per l'attuazione dei princìpi contenuti nella legge 15 marzo 2010, n. 38. Successivamente, nel 2016, all'interno della predetta sezione è stato istituito uno specifico gruppo tecnico con il compito di effettuare un'analisi a livello nazionale dello stato di realizzazione e sviluppo delle reti regionali di terapia del dolore e di cure palliative pediatriche.
Per realizzare l'obiettivo, il gruppo ha articolato la propria attività in quattro fasi.
La prima fase è stata dedicata all'analisi delle normative regionali. Al riguardo, sono state reperite tredici delibere delle giunte regionali in merito a alle CPP (cure palliative pediatriche) e alla TD (terapia del dolore), riferite a quattordici regioni. Le regioni Piemonte e Val d'Aosta, infatti, si sono unite nella creazione di un'unica rete di servizi in grado di rispondere alle esigenze della popolazione territoriale secondo quanto previsto dalla Conferenza Stato-Regioni del 25 luglio 2012.
Due delibere, quelle delle regioni Campania e Puglia, riguardano la sola terapia del dolore in ambito pediatrico. La prima delle due ha previsto l'attivazione del progetto «NET CPaP, network campano per le cure palliative pediatriche».
Non hanno ad oggi ancora deliberato le regioni Calabria, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Umbria.
In nove delibere sono chiaramente identificati centri di riferimento per la terapia del dolore e le CPP. Le regioni che dichiarano di aver attivato il servizio sono Basilicata, Liguria, Lombardia, Piemonte, Val d'Aosta, Sicilia, Toscana, le province autonome Pag. 6 di Trento e di Bolzano e il Veneto. I criteri e i percorsi per l'attivazione dei centri di riferimento sono descritte in sole sei delibere della giunta regionale.
Tre hospice pediatrici sono oggi attivi sul territorio nazionale (Veneto, Basilicata e Piemonte), mente cinque sono in fase di costruzione o attivazione (in Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Toscana), dove è già attivo un posto letto struttura residenziale in leniterapia.
Una rete di assistenza domiciliare pediatrica specialistica in terapia del dolore e cure palliative pediatriche strutturata è presente in cinque regioni: Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, province autonome di Trento e di Bolzano e Veneto. Non è chiara la strutturazione dei servizi pediatrici di CPP e TD nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Val d'Aosta e Toscana.
L'assistenza domiciliare specialistica e dedicata in terapia del dolore e CPP è assente nel resto del panorama nazionale. Dall'analisi delle delibere di giunta regionale si evidenzia, dunque, una situazione per nulla omogenea a livello nazionale in merito all'erogazione delle prestazioni in ambito di terapia del dolore e cure palliative pediatriche.
Differenti sono i criteri, le modalità e le risorse attivate per la presa in carico dei minori eleggibili alla terapia del dolore e alle CPP. Particolarmente critiche sono la risposta domiciliare con specificità pediatrica territoriale e la risposta residenziale con spazi hospice dedicati all'età.
La seconda fase è stata dedicata all'analisi della reale attuazione delle normative regionali.
Dico subito che essa ha evidenziato che, pur a fronte di una normativa già esistente, cinque regioni (in particolare, Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche e Molise) non hanno una reale e attiva organizzazione in cure palliative pediatriche e terapia del dolore. In altre regioni, dove la rete è stata strutturata secondo la normativa, essa tuttavia risulta parziale, senza garanzia di continuità e prevalentemente centrata sull'assistenza ospedaliera. Solo tre regioni (Basilicata, Liguria e Veneto) e le due province autonome di Trento e di Bolzano nonché la provincia di Pordenone in Friuli Venezia Giulia hanno un'effettiva assistenza domiciliare pediatrica specialistica. Solo due regioni (Basilicata e Liguria) e la provincia autonoma di Trento inseriscono, infine, dati nei flussi ministeriali.
La numerosità dei minori seguiti dalle unità di cure palliative adulto e nei centri di cure palliative pediatriche è molto esigua in tutte le regioni italiane, soprattutto se confrontata con la stima dei bisogni: 109 minori seguiti versus 12.000/35.000 minori eleggibili sul territorio nazionale.
Dai dati raccolti si possono trarre alcune considerazioni.
Il numero di minori seguiti dai nuclei di cure palliative per gli adulti è praticamente nullo, e questo potrebbe essere un elemento positivo, data la specificità di risposte pediatriche dedicate sancite dalla legge n. 38 del 2010 e successivi provvedimenti attuativi e confermata come necessaria e ottimale da più lavori della letteratura scientifica.
La carenza, però, di centri e reti attivate specifiche e dedicate a cure palliative e terapia del dolore pediatrica evidenzia una grave mancanza di risposte assistenziale ai minori con inguaribilità e alta complessità assistenziale e/o problemi di dolore che richiedono interventi specialistici.
L'inserimento di dati nel flusso Cruscotto sembra essere ancora poco perseguito, venendo così a mancare un importante dato di monitoraggio della qualità dell'assistenza in terapia del dolore e cure palliative offerta ai pazienti di tutte le età.
Con riferimento alla terza fase, inerente la ricognizione degli specifici percorsi formativi, è emerso che i dati raccolti purtroppo confermano l'estrema carenza di offerta formativa sia durante il percorso curricolare delle diverse professioni sanitarie che nei percorsi opzionali post lauream. Tale carenza formativa, da un lato, genera a cascata un'importante carenza di competenze disponibili in grado di offrire risposte competenti e, dall'altro, rallenta drammaticamente un cambiamento di attitudini nel riconoscere il problema dell'inguaribilità e del dolore pediatrico a livello Pag. 7sociale, professionale, programmatico, riconoscimento indispensabile per determinare finalmente quel cambiamento di gestione del minore con patologie inguaribili o dolore grave sancito come diritto del paziente dalla legge n. 38 del 2010.
Nell'ultima fase di lavoro, sono state elaborate, a fronte della situazione di grave criticità dell'implementazione della rete di cure palliative e di terapia del dolore pediatrica evidenziate dall'indagine, alcune proposte che rimetto alla valutazione e alla discussione di questa Commissione.
La prima proposta è quella di individuare in sede di Conferenza Stato-regioni una quota parte definita di risorse nell'ambito della cura palliativa e terapia del dolore da dedicare all'organizzazione e al mantenimento delle cure palliative pediatriche e terapia del dolore in ambito sia domiciliare sia residenziale.
La seconda proposta è quella di stimolare le regioni, anche attraverso la proposta di progetti di ricerca finalizzati, affinché lavorino sull'implementazione dei dati pediatrici nei flussi ministeriali.
La terza è sollecitare le regioni che ancora non hanno recepito la legge n. 38 a farlo nel più breve tempo possibile, considerato il già notevole ritardo rispetto a quanto previsto dalla normativa.
Il quarto punto è garantire, soprattutto durante il percorso di formazione curricolare delle professioni sanitarie, un'adeguata e competente formazione nell'ambito delle cure palliative pediatriche e terapia del dolore, prevedendo anche percorsi abilitativi in ambiti clinici specifici e traendo ispirazione dal core curriculum dell’équipe in cure palliative pediatriche e terapia del dolore.
La quinta proposta è quella di attuare campagne di informazione sociale capillari, in modo da fornire conoscenze e strumenti nei confronti del problema, informazioni sulle possibili soluzioni e sull'offerta assistenziale messa a disposizione dal Servizio sanitario nazionale.
L'ultima è quella di proporre percorsi di formazione sul concetto di salute nelle scuole di ogni livello e grado, con progetti e obiettivi formativi adeguati all'età e all'indirizzo scolastico, in modo da iniziare un processo di cambiamento profondo di cultura e di attitudine nei confronti della malattia e della potenzialità della medicina.
Sono queste, dunque, le linee di azione che si ritiene di dover intraprendere per accelerare il percorso di realizzazione della legge n. 38, con particolare riferimento alle cure palliative pediatriche, e che in ogni caso potranno essere ulteriormente arricchite dagli ulteriori contributi che perverranno anche dalla sede parlamentare in esito a quest'indagine conoscitiva.
Vi informo, inoltre, che una relazione dettagliata sull'argomento, con tutta l'analisi della situazione a livello regionale, anche di mortalità relativa a malattie, sarà fornito credo in una decina di giorni, quindici, a tutti voi e sarà pubblicato. Questa documentazione è in corso di validazione nel nostro gabinetto. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Bartolazzi.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIORGIO TRIZZINO. Ringrazio il sottosegretario, perché la relazione è veramente dettagliata. Credo che sia un po’ il frutto di quello che verrà documentato con la relazione al Parlamento.
Mi chiedo e le chiedo: possiamo ritenerci soddisfatti dei numeri evidenziati e che certamente sono indice di una progressiva crescita, se soltanto un quarto della popolazione che ha diritto in questo momento alle cure palliative riesce a usufruirne?
Noi dobbiamo certamente puntare a numeri più elevati. Sono trascorsi trent'anni dalla legge n. 39 del 1999, e certamente il numero dei posti letto in hospice, il numero delle reti domiciliari è un indice, è uno standard interessante, ma se all'interno di questi standard andiamo a vedere poi effettivamente quali sono i risultati, direi che sono trent'anni molto deludenti.
Ancora oggi, infatti, confondiamo ad esempio sul livello domiciliare in molte regioni le cure palliative domiciliari e l'assistenza Pag. 8 domiciliare integrata (ADI). Elevati numeri di pazienti vengono assistiti in ADI, con interventi frammentari, poco efficaci, gestiti soltanto su un livello medio-basso di intensità assistenziale. Questo è molto grave. Non può avvenire, avendo a disposizione una rete di cure palliative che funziona a latere dell'ADI. Questo è uno degli elementi di preoccupazione, su cui credo che il ministero, attraverso il controllo dei flussi, dovrebbe effettuare immediatamente delle verifiche, delle ricerche.
L'altro aspetto riguarda la qualità dei pazienti che vengono ricoverati negli hospice. A me risulta che in alcune regioni, fortunatamente non tutte, molti posti letto hospice sono vuoti, ed è qui che la cultura della classe medica deve migliorare. Sono vuoti! È incomprensibile che questo avvenga. Interi reparti hospice, ad esempio nella mia regione, sono pieni al 10 per cento, perché ancora non si comprende l'importanza di un ricovero qualificato in tali strutture, ancora c'è il riserbo, c'è la preoccupazione di farsi ricoverare in luoghi dove si va a morire.
È un profondo cambiamento culturale quello che ci impone il nostro futuro. Dobbiamo cambiare veramente regime, dobbiamo convincere prima di ogni altra cosa la classe medica. Non posso dimenticare i primi anni di conflitto con gli oncologi, quando ritenevano che questi pazienti venissero tolti dalle loro competenze e anche dagli interessi economici. Ce n'è voluto di tempo per far comprendere che le cure palliative sono cosa ben diversa, sono un diritto dell'uomo al termine della propria vita.
Come ho detto in precedenti incontri, il nostro Paese si distingue per parlare molto di cure palliative, la cosiddetta «pallilalia». Anche qui se n'è parlato molto, ma è stato veramente minimo il risultato che alla fine in legge di bilancio siamo riusciti a trarre, soltanto consentendo la proroga ai medici che hanno operato negli ultimi tre anni nelle reti di cure palliative per poter esercitare. Sembra una cosa minima, ma c'è voluta una fatica incredibile.
La verità è una soltanto in questo Paese: le reti ci sono, ma sono vuote, non ci sono medici che possono operare all'interno di queste, e i malati continuano a morire disperati nei loro letti di ospedale o a casa, senza che nessuno se ne possa prendere cura, ancor di più per la fascia pediatrica, con bambini totalmente abbandonati. Forse, all'interno dei reparti di pediatria e di oncoematologia pediatrica qualcosa si riesce a fare. Le assicuro, però, sottosegretario, che ci sono molti ospedali in cui non esiste un anestesista in grado di gestire il dolore di un bambino.
Questa deve essere una priorità per il nostro Paese, una priorità rispetto a tante altre che possono fare un passo indietro. Sulla morte e sulla complessità della gestione dei sintomi alla fine della vita noi non dobbiamo arretrare mai e dobbiamo certamente ancora investire tanto.
La ringrazio, perché capisco che lo sforzo è grande rispetto alle esigenze che ha il Paese, però su questo, mi creda, dobbiamo puntare.
ROBERTO NOVELLI. Anch'io desidero ringraziare il sottosegretario, perché la relazione che ci ha appena illustrato è una sintesi chiara, lucida della fotografia in questo Paese delle cure palliative, in particolare pediatriche, e della terapia del dolore.
È evidente, dopo quello che abbiamo ascoltato e dopo le conoscenze che abbiamo acquisito in questo periodo, che non possiamo lasciar passare ulteriore tempo invano. Quello che lei ha elencato nella relazione e che noi abbiamo ascoltato durante le audizioni, come strumento per poter implementare la rete delle cure palliative e l'efficienza delle cure stesse, in particolare riguardo ai bambini, ha bisogno sicuramente di una procedura di implementazione dell'aspetto culturale e formativo anche della classe medica; ha bisogno sicuramente di investimenti; ha bisogno anche di procedure che rendano questi investimenti più veloci e sicuri.
Ricordo, per quanto ho di fronte come panorama regionale, la regione Friuli Venezia Giulia, situazioni in cui, per realizzare un hospice, ci sono voluti decenni. Tutto questo è assolutamente incompatibile con le funzioni che l’hospice svolge. Allo Pag. 9stesso tempo, torno su quanto ho detto ormai più volte nell'ambito delle discussioni che ci hanno visto attori: bisognerebbe riuscire a trovare una dinamica per individuare le responsabilità che vanno a ostruire certi passaggi sostanziali per poter dare delle risposte ai cittadini. Non so come si possa fare, ma certamente abbiamo tutti gli strumenti in mano per poter pensare a delle soluzioni.
Inoltre, credo che sia importante, vista la disomogeneità, più volte evidenziata, nell'offerta dei servizi nelle nostre regioni, trovare un sistema che possa stimolare le regioni indipendentemente dalla loro libertà programmatoria e dalla legislazione concorrente. Anche in questo caso, non credo sia più plausibile, a seconda delle sensibilità o semplicemente di decisioni, legate molto spesso ai bilanci, trascurare un aspetto così importante.
Lo diceva prima l'onorevole Trizzino: di fronte all'ultimo passaggio della vita, o comunque a un passaggio così difficile della vita, in particolare per i bambini, che provoca una sofferenza che non è neanche quantificabile e qualificabile per le persone che purtroppo ne soffrono, ma anche per i familiari, credo che non si possa assolutamente arretrare di un millimetro nel trovare le responsabilità e nel decidere percorsi sicuri, certi e anche draconiani. E in tutto questo la politica incide, ma incide fino a un certo punto, perché poi c'è l'apparato, ci sono gli alti funzionari della sanità che governano le regioni che devono dare le risposte.
Se posso, anche senza una competenza specifica nel settore, sottosegretario, proporrei che fosse il Governo a convocare un incontro, naturalmente legato alla politica, ma soprattutto alla burocrazia e ai tecnici, in cui si metta in evidenza una serie di elementi che a questo punto abbiamo e conosciamo molto bene, ma che li ponga di fronte a delle responsabilità e dia loro degli obiettivi, anche se non coercitivi, ma di cui prima o poi queste persone debbano rispondere.
Alla fine, per risolvere il problema, parliamo di persone. Possiamo lavorare in astratto quanto vogliamo, ma le decisioni vengono prese dalle persone, e le persone hanno delle funzioni, e le aziende sono diventate aziende perché ci sono dei manager. Al vertice c'è il direttore centrale della salute della regione. Allora, qualche risposta anche queste persone devono darla, sentendosi responsabilizzate.
Questo non significa che in questo modo risolveremo i problemi completamente, ma forse riusciremo a dare in quota parte un'ulteriore accelerazione verso una procedura che deve riuscire a essere la più progressiva e veloce possibile.
Poi, naturalmente, c'è tutto l'aspetto della formazione, i medici di medicina generale, la sensibilità personale, che possiamo cercare di costruire.
Sottosegretario, in questo caso, come dovrebbe accadere molto spesso in questa Commissione, non parlo da avversario politico; insieme a molti colleghi penso che, se alla fine del nostro mandato qui dentro riusciamo a realizzare qualcosa per il bene e la salute di tutti, potrebbe essere il più bel risultato possibile per tutti noi.
PAOLO SIANI. La ringrazio molto, sottosegretario, e aspetto di leggere con attenzione la sua bella relazione.
Le sei proposte mi trovano molto d'accordo, ma voglio farle una notazione. Noi abbiamo in Italia una legge molto avanzata, la n. 38, ma per nulla applicata. Allora, lo sforzo che questa Commissione sta facendo, avendo fatto tantissime audizioni... Abbiamo ascoltato, dalle famiglie e dai colleghi che si prodigano per queste cose, un quadro disastroso dell'Italia, che tra l'altro ci costa un sacco di soldi. I pazienti muoiono in rianimazione e ci costano molti più soldi che se fossero negli hospice.
Il nostro obiettivo, dopo quest'ultima audizione, è di verificare ciò che accade nelle regioni e poi offrire al Parlamento una serie di considerazioni e proposte, ovviamente partendo dalle sue sei. È fondamentale che lo Stato e le regioni mettano risorse. Se comprendono che si risparmia, diventa un gioco facile.
Voglio ringraziarla e mi auguro di averla al nostro fianco in questa battaglia che faremo. Qui si tratta, come diceva il collega Novelli, di cambiare un sistema, di mettere Pag. 10in rete un sistema che sulla carta è perfetto, ma in pratica non funziona quasi per nulla, meno che mai in alcune regioni, specie quelli del sud.
L'ultima cosa che voglio dire, che lei pure ha detto, che tutti hanno detto, riguarda la formazione. Qua ci vuole un contatto col Ministero dell'istruzione. Se non formiamo i medici già dai sei anni di medicina e poi nelle specializzazioni, il salto non lo facciamo. Anche su questo le chiedo di essere al nostro fianco per sensibilizzare il Ministro dell'istruzione a darci una mano su questo.
CELESTE D'ARRANDO. Ringrazio il sottosegretario, perché credo che avere un quadro completo dello stato di attuazione di questa legge, che è una legge importante, dia la possibilità di capire quali siano i margini di miglioramento e dove dobbiamo agire a livello governativo, ma soprattutto dal punto di vista parlamentare.
L'aspetto che più mi interessa delle cure palliative è quello della formazione. Essendo stata anche un operatore sociosanitario, e quindi avendo vissuto quella parte di formazione, dico che nella formazione degli operatori che comunque agiscono nella sanità sia come operatori sociosanitari sia come infermieri, oltre che come medici, la parte delle cure palliative non viene per nulla trattata. Questo non permette di conoscere un ambito molto importante, in cui la figura dell'operatore sociosanitario, ma non solo, ha una rilevanza notevole.
L'operatore sociosanitario fa assistenza, ma non solo ai bisogni primari: banalmente, alimentazione, cura della persona e altro, che sono fondamentali della vita quotidiana. L'aspetto relazionale che può mettere in campo, però, con i pazienti, soprattutto in quella fase della loro vita delicata, può essere sicuramente un supporto sia alle famiglie sia alle persone affette da una malattia anche a livello terminale. Soprattutto, sono quel collante tra tutte le figure professionali che poi vanno a relazionarsi con il paziente.
Un altro aspetto fondamentale è la multidisciplinarietà, che molto spesso si legge nei vari testi normativi, ma che poi nella pratica non viene mai messo in campo e che è fondamentale. Ogni figura è importante, dal medico, all'infermiere, all'operatore sociosanitario, alla famiglia, al care giver familiare, ancora oggi non riconosciuto e che speriamo che al Senato faccia il suo percorso e possa diventare legge il prima possibile.
Sicuramente, sono tante le azioni da fare. Quanto all'impegno di Governo e Parlamento, credo non ci sia colore politico in questo, ma che si tratti di trovare delle soluzioni concrete che rispondano a dei reali bisogni di queste persone.
VITO DE FILIPPO. Anch'io mi aggiungo sulla diligente attenzione che il sottosegretario sta manifestando su questo tema. Io vorrei raccontare a questa Commissione qualcosa proprio in un minuto e mezzo.
Quando, all'avvio di questa legislatura, l'onorevole Siani propose al nostro gruppo quest'indagine, capimmo immediatamente che si trattava di porre una grandissima attenzione verso l'argomento, che era stato sicuramente affrontato con programmi, piani nazionali, linee guida, le tante e anche insufficienti azioni che abbiamo sentito raccontare in questi mesi nelle audizioni, che sono state tutte veramente di grandissima qualità.
Siamo contenti che nella fase ulteriore sia cresciuta l'attenzione, e complessivamente anche il giudizio, mi pare di capire, di tutti i gruppi. Io sono qui innanzitutto per ringraziare tutti i gruppi, ma ovviamente per riconoscere al collega Siani il merito di aver individuato una sostanziale e straordinaria attività.
Mi fa anche molto piacere che il quadro che registriamo su questo dibattito sia quello che io ho più volte auspicato nella Commissione. Spero che si tramuti anche in azioni operative e concrete. Ovviamente, sono pronto a essere smentito, ma ho qualche perplessità sul tema delle risorse, degli investimenti nel quadro che stiamo commentando sul decreto fiscale, ma anche sulla legge di bilancio.
Vorrei ricordare sommessamente a tutti i colleghi che la Conferenza Stato-regioni, che è un luogo esaltante di rapporti e di relazioni istituzionali, non ha un bilancio, non ha un euro. Se alle regioni – lo dico Pag. 11anche con qualche piccola esperienza – chiediamo elenchi di nuovi adempimenti, di nuove attività, ma le risorse finanziarie restano sempre quelle, è difficile avere esaltanti risultati in futuro.
Nella sanità, come in tanti altri campi, ci vuole sicuramente un lavoro importante di governance, anche di spending review, di battaglia verso gli sprechi, ma anche in questo caso, senza soldi, troppe messe non se ne cantano.
I punti che ha indicato il sottosegretario sono tutti interessanti. Ovviamente, con il nostro lavoro e con il fondamentale, decisivo, insostituibile lavoro del Governo nei prossimi mesi, saremo sicuramente pronti a una grande iniziativa, a una grande attività. Il tema delle cure palliative e della declinazione di queste, soprattutto in età pediatrica, soprattutto in relazione ai bambini, il tema dei bambini, il tema di una conclusione o anche di un accompagnamento verso uno dei momenti più struggenti, più delicati, ma consustanziale alla vita, quale può essere quello della morte, sono argomenti che riempiono la nostra attività, la nostra riflessione con una prospettiva assolutamente rilevante.
Noi siamo veramente pronti a dare a questo tema la priorità e anche l'attenzione che sicuramente merita. Le parole del sottosegretario vanno in questa direzione. Speriamo che, come può capitare anche nella sua esperienza, non sia solo, perché la dinamica istituzionale pretende il coinvolgimento di ben altre e più importanti, purtroppo per noi, responsabilità.
PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento.
Cedo la parola al sottosegretario per la replica.
ARMANDO BARTOLAZZI, sottosegretario di Stato per la salute. Vorrei innanzitutto ringraziare tutti, anche perché non so quanti di voi lo sanno, ma avete toccato delle corde molto, molto importanti e sensibili per quanto mi riguarda.
Oltre a essere un anatomopatologo, sono un oncologo e quindi ho vissuto per oltre trentacinque anni vedendo la morte tutti i giorni, anche nell'Istituto Tumori Regina Elena dove sono cresciuto. Questa problematica non è che la sposo, questa problematica è stata la mia vita per trentacinque anni e continua a esserlo tuttora.
Il problema grosso e gravissimo – invito tutti a interfacciarsi con il MIUR – riguarda la formazione. Ho studiato oncologia, per formarmi, sia in ambiente internazionale che nazionale. Quello che manca – a me nessuno ha mai fatto un corso di studi dedicato alla morte, al fine vita – è una preparazione specifica nelle università italiane su questo. Anche nei corsi delle professioni sanitarie, dove io ho insegnato, non sono previste materie dedicate a questo aspetto. È questo il gap culturale che va sanato.
Poi, e mi prendo la responsabilità di quello che dico, noi abbiamo oncologi di fama mondiale, ma abbiamo pochissimi oncologi medici. L'oncologo applica protocolli, combinazioni di farmaci, farmaci innovativi. Quando non c'è più niente da fare l'oncologo dimentica che è un medico. Il paziente viene quasi sempre scaricato a casa, non viene più chiamato, non viene più convocato e, cosa grave, non viene nemmeno informato dell'esistenza di queste reti sul territorio.
Questa non è una lotta trasversale, questa è veramente una guerra. Bisogna che tutti quanti ci rimbocchiamo le maniche perché ci sono le possibilità e, secondo me, anche le competenze, ma bisogna interfacciarsi con il MIUR, rivedere l'intera formazione della specializzazione di oncologia.
Ognuno di noi ha avuto a che fare con questo tipo di problema, ma sfido chiunque a trovare un medico oncologo che abbia empatia con il paziente alla fine del percorso. Li «giustifico» pensando che sia anche una sorta di autodifesa, perché vi assicuro, e ve lo dico per esperienza personale, che vedere morti tutti i giorni è pesante. Alla fine, o cambi carattere e diventi un po’ più coriaceo o ti suicidi.
Io ho smesso di frequentare i reparti di oncologia pediatrica perché non ce l'ho fatta. Questo è stato un mio limite. Io ho cominciato a dedicarmi ad anatomia patologica, alla diagnostica, perché con il mio Pag. 12carattere in oncologia pediatrica non riuscivo a lavorare. Non è una cosa semplice, ma è una cosa che va chiaramente iniziata, e va iniziata con la formazione specifica del personale.
Vorrei ricordare a tutti che questa fase terminale della vita richiede competenze molto, molto elevate. È importante anche la multidisciplinarità negli hospice. L’hospice non deve essere visto come il posto dove uno manda il malato, scarica il malato per morire, ma ci deve essere assistenza, ci deve essere il nutrizionista, ci deve essere la persona abilitata e preparata nell'alimentazione parenterale, ci deve essere lo psicologo, l'accompagnatore e pure qualcuno che gli faccia fare una risata ogni tanto.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario per essere intervenuto.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13.50.