Sulla pubblicità dei lavori:
Parolo Ugo , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA «PER UNA RIFORMA DELLA FISCALITÀ IMMOBILIARE, EQUITÀ, SEMPLIFICAZIONE E RILANCIO DEL SETTORE»
Audizione di rappresentanti dei Consigli nazionali del notariato e dei dottori commercialisti.
Parolo Ugo , Presidente ... 3
Gelosa Gilberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 3
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 5
Postal Maurizio , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 6
Parolo Ugo , Presidente ... 8
Martino Roberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato ... 8
Monteleone Giampiero , notaio ... 10
Forte Nicola , componente della commissione studi tributari del ... 12
Parolo Ugo , Presidente ... 14
Sciascia Salvatore ... 14
Marino Mauro Maria ... 14
De Bertoldi Andrea ... 14
Forte Nicola , componente della commissione studi tributari del ... 15
De Bertoldi Andrea ... 15
Fenu Emiliano ... 15
D'Alessandro Camillo (PD) ... 15
Parolo Ugo , Presidente ... 15
Gelosa Gilberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 16
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Marino Mauro Maria ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Marino Mauro Maria ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Marino Mauro Maria ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Marino Mauro Maria ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Fenu Emiliano ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Fenu Emiliano ... 17
Saggese Pasquale , responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti ... 17
Postal Maurizio , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 18
Fenu Emiliano ... 18
Postal Maurizio , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 18
Gelosa Gilberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili ... 19
Martino Roberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato ... 19
Parolo Ugo , Presidente ... 19
Martino Roberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato ... 19
Marino Mauro Maria ... 19
Martino Roberto , consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato ... 19
Parolo Ugo , Presidente ... 19
Forte Nicola , componente della commissione studi tributari del ... 19
Parolo Ugo , Presidente ... 20
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
UGO PAROLO
La seduta comincia alle 8.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming, con modalità sperimentale, sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dei Consigli nazionali del notariato e dei dottori commercialisti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito della indagine conoscitiva «Per una riforma della fiscalità immobiliare, equità, semplificazione e rilancio del settore», l'audizione dei rappresentanti del Consiglio nazionale del notariato, in rappresentanza del quale intervengono il consigliere nazionale notaio Roberto Martino, il notaio Giampiero Monteleone, nonché il dottor Nicola Forte, componente della Commissione studi tributari, e dei rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, in rappresentanza del quale intervengono i consiglieri nazionali Gilberto Gelosa e Maurizio Postal e il dottor Pasquale Saggese, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti.
L'audizione odierna è volta a conoscere il punto di vista del Consiglio nazionale del notariato e del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili circa il possibile utilizzo della leva fiscale o di altri strumenti per supportare la ripresa del settore dell'edilizia e le questioni connesse all'indagine conoscitiva in materia di fiscalità immobiliare.
Ringrazio i nostri ospiti, ai quali cedo la parola nell'ordine che ritengono di scegliere. Iniziano i commercialisti e proseguono i notai. Prego.
GILBERTO GELOSA, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Buongiorno a tutti.
Innanzitutto esprimo il mio più vivo ringraziamento, anche a nome del Consiglio nazionale, per l'opportunità che questa onorevole Commissione parlamentare ci offre per formulare le nostre osservazioni e proposte sulle tematiche relative a una riforma della fiscalità del settore immobiliare. Ci focalizzeremo soprattutto su una riforma nel segno dell'equità, della semplificazione e del rilancio del settore.
Saltando ogni preambolo, ricordiamo che la necessità di un riordino delle disposizioni relative alla fiscalità immobiliare si rinviene in modo esplicito già nell'ambito della legge n. 244 del 2007, la legge finanziaria per il 2008, all'indomani di una riforma molto controversa attuata nell'estate del 2006 e che aveva riguardato in modo più circoscritto i profili di fiscalità indiretta degli immobili posseduti dalle imprese. Da quella condivisibile enunciazione legislativa faccio notare che sono ormai trascorsi dodici anni, tre legislature e sei Governi senza mai giungere concretamente a un punto di arrivo. Anzi, a maggior ragione, in questo arco di tempo la fiscalità immobiliare, a nostro avviso, è stata oggetto di interventi che ne hanno ulteriormente accentuato in modo significativo non solo il peso in termini di pressione fiscale esercitata sul comparto, ma anche la complessità e la farraginosità Pag. 4 sia per i contribuenti che per gli enti impositori.
In altre parole, nelle more di un auspicato riordino, su cui siamo stati convocati oggi per l'audizione, si è assistito a un'accentuazione della complessità. Quali sono le ragioni, a nostro avviso, note? Da un lato, il grave stato di urgenza in cui si sono trovate le finanze pubbliche alla fine del 2011; dall'altro lato, i contrastanti interventi normativi sulla tassazione della prima casa susseguitisi e dettati da visioni politiche differenti sul tema.
Peraltro, proprio il repentino e brusco innalzamento della pressione fiscale esercitata sugli immobili ha determinato nei primi anni successivi all'inizio della crisi del 2008 un clima di diffidenza e di sfiducia tale verso le scelte del legislatore in materia di immobili da far naufragare, in sede di decreti delegati, anche il tentativo di una riforma organica del catasto, che pure avrebbe dovuto costituire uno dei punti più qualificanti della riforma del sistema fiscale, di cui alla legge delega n. 23 del 2014 approvata nella passata legislatura.
Qual è il risultato? Dodici anni fa, prima della crisi economica che ha pesantemente inciso sul valore del patrimonio immobiliare e prima della tempesta sui conti pubblici che si è in larga parte scaricata proprio sulla leva fiscale esercitata dagli immobili, comprimendo quindi le possibilità di mercato, già allora risultava sufficientemente chiara l'esigenza di un riordino della fiscalità del settore immobiliare, al punto da enunciarla in norma. Oggi questa esigenza è ancora maggiore, quindi è un'esigenza che trova, a nostro avviso, la necessità di essere presa in considerazione per un intervento di natura radicale.
Ciò premesso, cogliamo questa occasione per portare alla vostra attenzione alcuni capisaldi da cui, a nostro avviso, non si può pensare di prescindere nel momento in cui si intende concretamente impostare ed attuare una riforma della fiscalità immobiliare, come avevo anticipato, nel segno di equità, semplificazione e rilancio del settore.
Noi ci concentreremo soprattutto su riforma del catasto, valorizzazione ridotta ai fini delle imposte di possesso degli immobili soggetti a inutilizzo prolungato, estensione generalizzata del meccanismo del prezzo-valore, parità di trattamento ai fini delle imposte sui redditi degli immobili utilizzati nell'esercizio di imprese e nell'esercizio di arti e professioni, riaccorpamento della TASI (tributo per i servizi indivisibili) nell'IMU (imposta municipale unica) e integrale deducibilità dell'IMU ai fini delle imposte sui redditi. A nostro avviso, questi sono alcuni – non tutti – interventi che potrebbero essere oggetto di una più ampia e articolata riforma della fiscalità immobiliare, nell'ottica di equità, semplificazione e rilancio del settore. Sono quelli sui quali, con pragmatismo, abbiamo scelto di porre l'accento e sui quali speriamo di aver acceso anche la vostra attenzione.
A questo punto, passerei ai vari temi che abbiamo trattato, introdurrei la riforma del catasto, dopodiché lascerei la parola ai colleghi.
In particolare, per quello che concerne il piano equitativo, appare imprescindibile una riforma del catasto che consenta di aggiornare, allineare, razionalizzare i valori catastali che oggi vengono utilizzati come parametro legale e su cui si innestano i meccanismi di calcolo delle basi imponibili di imposte d'atto sui trasferimenti (registro, ipotecarie e catastali), imposte locali di possesso (IMU e TASI) e, in talune fattispecie, le imposte sui redditi. Ovviamente, siamo ben consapevoli della complessità tecnica e della delicatezza politica di quest'opera di aggiornamento, di allineamento, di razionalizzazione, ma dobbiamo essere altrettanto consapevoli del fatto che non può esistere al mondo alcun mix di aliquote, detrazioni, deduzioni, esenzioni, agevolazioni che possa concorrere a costituire un prelievo fiscale equo, quando i meccanismi di calcolo della base imponibile del tributo cui si riferiscono si fondano su presupposti che nel tempo non sono diventati più altrettanto equi.
A nostro avviso, si può fare tesoro del lavoro svolto in occasione dell'ultima tentata riforma del catasto, così come degli errori commessi in tale occasione. Un esempio è il caso degli immobili di interesse Pag. 5storico o artistico, per i quali è a dir poco fondamentale disegnare regole su misura per la determinazione dei valori catastali e non semplici adattamenti - perché lì, a nostro avviso, sono impossibili - più o meno incisivi delle regole applicabili alla generalità degli immobili.
Ovviamente, deve restare un punto fermo, considerato quanto detto in premessa, che da questa revisione del catasto non può derivare un inasprimento della pressione fiscale già esercitata sul comparto immobiliare, altrimenti si tramuterebbe, oltre che in una complessità, anche in un ulteriore danno e in una impossibilità di far ripartire il settore.
Lascio, adesso, la parola a Pasquale Saggese.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Buongiorno a tutti anche da parte mia.
Un aspetto molto importante che, a nostro modo di vedere, dovrebbe essere considerato nell'istante in cui si mette mano a una riforma della fiscalità immobiliare, attiene alla necessità di interrogarsi sull'attuale sistema di tassazione degli immobili tenuti a disposizione. Noi sappiamo che attualmente, nell'ambito della disciplina fiscale, sia ai fini delle imposte sui redditi che delle imposte d'atto e delle imposte patrimoniali a livello locale, tipo IMU e TASI, vi è una tassazione di questi immobili penalizzante, nel senso che, ai fini dell'imposizione sul reddito gli immobili tenuti a disposizione sono tassati addirittura con un aggravamento e una maggiorazione della rendita catastale pari a un terzo rispetto a quella ordinaria; ovvero, ai fini delle imposte d'atto, quindi imposte di registro catastali e imposte locali, IMU e TASI, addirittura questo aspetto non viene tenuto in considerazione.
Se questo aspetto poteva avere un senso quando queste norme sono nate, cioè negli anni Settanta, quando effettivamente c'era un eccesso di domanda sul mercato immobiliare rispetto all'offerta, secondo me nell'istante in cui oggi il mercato immobiliare soffre una crisi pazzesca, chiaramente è opportuno, anzi necessario rivedere il sistema di tassazione degli immobili tenuti a disposizione. Oggi, semmai, bisogna avere una tassazione non dico agevolata, ma che tenga in considerazione il fatto che io, pur volendo mettere sul mercato quell'immobile e pur volendo fittarlo, non ci riesco perché non c'è una domanda sufficiente. Anziché incentivare il fatto di riuscire a mettere sul mercato questi immobili, oggi sono penalizzati attraverso una tassazione addirittura maggiorata. Anche ai fini delle imposte locali bisognerebbe tener presente questo aspetto e semmai, vista la tassazione su base catastale di questi immobili nelle imposte locali, tener conto del fatto che un immobile tenuto a disposizione con il passare degli anni perde di valore, perché non viene manutenuto. A questo punto, forse, bisognerebbe tener conto, nella determinazione della base imponibile, del fatto che il valore di quell'immobile semmai è diminuito, se non addirittura rimasto inalterato.
Un secondo aspetto che ci sembra importante attiene, invece, al trattamento fiscale degli immobili nell'ambito della disciplina del reddito di lavoro autonomo. Come sapete, da sempre esiste una differenza di trattamento tra gli immobili strumentali degli imprenditori, anche individuali (quello è il paragone che possiamo fare), rispetto agli immobili strumentali dei professionisti. Da sempre, ai fini del reddito d'impresa, è riconosciuta la deduzione dal reddito delle quote di ammortamento del costo di acquisto, mentre ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo queste quote di ammortamento ancora oggi non sono riconosciute, a parte una piccola finestra temporale che riguarda gli immobili acquistati nel triennio dal 2007 al 2009. Solo per tali immobili ci fu una norma dell'epoca che riconobbe... Ancora oggi chi ha acquistato in quell'epoca deduce le quote di ammortamento, ma dal 2010 in poi, per chi ha acquistato un immobile e lo destina esclusivamente all'esercizio della propria attività, facendolo diventare il proprio studio professionale, quell'immobile non è deducibile sotto forma di quote di ammortamento. Pag. 6
Tutto questo è aggravato da ulteriori interventi normativi. Se io acquisisco in leasing lo studio professionale, deduco il canone di leasing (questo lo dice l'Agenzia delle entrate in alcuni documenti di prassi); se, invece, lo acquisto in piena proprietà, le quote di ammortamento non sono deducibili, creando in questo modo una disparità di trattamento tra acquisizione in leasing e acquisizione in piena proprietà assolutamente inaccettabile e anche contraria a una serie di precedenti documenti di prassi che avevano sempre affermato che il trattamento fiscale del leasing e il trattamento fiscale dell'acquisto in piena proprietà devono essere assolutamente identici.
Nell'istante in cui noi chiediamo l'equiparazione della tassazione degli immobili dei professionisti rispetto a quelli dell'imprenditore individuale, ci teniamo a sottolineare che questa equiparazione deve essere fatta adeguando il sistema a quello dell'imprenditore individuale. Attualmente per gli imprenditori individuali, all'articolo 65 del Testo unico, è previsto che l'imprenditore può decidere, nel momento in cui acquisisce l'immobile strumentale, se inserirlo nell'inventario, quindi farlo diventare fiscalmente rilevante, dedurre le quote di ammortamento e, a quel punto, all'atto della rivendita semmai tassare anche l'eventuale plusvalenza realizzata, ovvero può decidere - con una scelta che deve fare all'inizio dell'acquisizione - se metterlo fuori dall'inventario. A quel punto, quell'immobile rimarrà irrilevante ai fini della determinazione del reddito, non dedurrà le quote di ammortamento, ma non sarà tassato all'atto dell'eventuale rivendita del suo studio professionale.
Questo è il sistema oggi previsto per gli imprenditori individuali. Crediamo sia opportuno estenderlo anche ai professionisti.
Io mi fermo qui e lascio la parola al dottor Postal per ulteriori osservazioni.
MAURIZIO POSTAL, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Proseguo con le proposte del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Passo alla quarta proposta che riguarda l'estensione del meccanismo del prezzo-valore negli atti di trasferimento immobiliare. Va ricordato che la riforma dell'imposta di registro risale al DPR n. 131 del 1986. Saggiamente, in quella stesura normativa l'articolo 52 prevedeva che, qualora nei trasferimenti immobiliari fosse rispettato come prezzo, come valore (meglio) il valore catastale, cioè il valore attribuito agli immobili nel catasto, l'atto non era rettificabile da parte dell'Agenzia delle entrate (allora Ufficio del registro). Era evidentemente una norma che dava certezza agli scambi e dava trasparenza, tutto sommato, agli oneri tributari e agli atti immobiliari, pensata in una logica di semplificazione. Questa norma è stata disattivata nel 2006. Una volta disattivata fu introdotto il sistema del cosiddetto «prezzo-valore», un sistema altrettanto interessante voluto molto dai commercialisti, ma anche dal notariato. Ricordo che fu una proposta dell'allora presidente del notariato Paolo Piccoli. È un mio conterraneo, quindi lo ricordo sempre con piacere.
Il prezzo-valore sgancia il prezzo dichiarato nell'atto rispetto alla base imponibile della tassazione, che resta il valore catastale, il valore attribuito all'immobile in catasto. Nel 2006 questa riforma, intelligente per molti aspetti, come vedremo, fu limitata ai soli atti riguardanti gli immobili abitativi trasferiti da soggetti privati. Dagli sguardi dei rappresentanti del notariato mi sembra di capire che l'intervento si svolgerà anche su questa linea.
Nel 2006, quindi, ci fu questo cambio, che doveva essere positivo, ma che fu, in realtà, abbastanza negativo, perché venne limitato solo a uno spicchio del panorama degli atti immobiliari che vengono costantemente posti in atto dal sistema economico.
In questa situazione, la maggior parte degli atti immobiliari, ad esempio tutti quelli che riguardano gli immobili non abitativi, è soggetta a rettificabilità da parte delle Agenzie delle entrate. Questo sul campo concretamente avviene. Troviamo, quindi, una situazione per cui i trasferimenti immobiliari, ma non solo, anche quelli di aziende Pag. 7che contengono immobili, vengono abbastanza sistematicamente ripresi dagli uffici locali delle Agenzie delle entrate. In questo modo, si apre una negoziazione, in sostanza, con le parti che arrivano a definire una sorta di transazione, di accordo, di adesione con l'Agenzia delle entrate. Questo sistema, evidentemente, non dà certezza agli oneri di trasferimento degli immobili e crea una perturbazione del sistema economico nel campo del mercato immobiliare.
La nostra proposta è di riprendere l'idea lungimirante e intelligente del prezzo-valore ed estenderla a tutti gli immobili (come era stata pensata), garantendo in questo modo quelle esigenze di certezza e di trasparenza negli atti immobiliari, con positive ricadute – riteniamo – anche sul versante del contrasto al riciclaggio di denaro. Nel momento in cui il prezzo viene sempre portato totalmente alla luce, almeno nelle speranze, nelle intenzioni, perché da esso non dipende la tassazione dell'atto, che è legata al valore catastale, e c'è la sanzione, per chi non rispetta questa trasparenza nell'atto, di perdere la non rettificabilità dell'atto, evidentemente c'è una spinta verso le parti di una transazione immobiliare a essere totalmente trasparenti e corrette.
La quinta proposta del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti riguarda l'accorpamento dell'IMU e della TASI. Le due imposte locali colpiscono la proprietà immobiliare. Ricordiamo che erano partite con uno sdoppiamento che inizialmente aveva un senso perché la TASI andava a colpire anche l'utilizzo degli immobili, non solo la proprietà. Nel 2016 c'è stata un'esenzione totale dell'abitazione principale anche ai fini TASI. Quindi, l'abitazione principale non ha più questa possibilità di tassazione per gli utilizzatori degli immobili, e non solo per i proprietari degli immobili. Dal 2018 il dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze ha consentito ai comuni di azzerare non solo l'intera TASI, ma anche unicamente la quota del detentore, applicandola esclusivamente alla quota del possessore. Ci troviamo, quindi, molti comuni che non applicano la TASI sui detentori, ma solo sui proprietari. Sostanzialmente, abbiamo comuni in cui non viene applicata e comuni in cui diventa un inutile duplicato dell'IMU, perché va a colpire la stessa base imponibile.
Inoltre, il pagamento della TASI richiede adempimenti paralleli, ma autonomi, separati rispetto al pagamento dell'IMU. In sintesi, riteniamo non vi siano ragioni serie per conservare un assetto legislativo che rappresenta comunque, con questa doppia tassazione della proprietà immobiliare, un unicum probabilmente nel panorama europeo ed internazionale.
Si propone, quindi, di abolire del tutto la TASI, garantendo l'invarianza di gettito e provvedendo a revisionare e semplificare la disciplina dell'IMU, che deve restare l'unica imposta patrimoniale a livello locale.
Sesta, ed ultima, proposta del Consiglio nazionale. Tra le molte che avremmo potuto portare a questo tavolo, abbiamo scelto quelle per noi più pregnanti. In un'ottica di rilancio del settore immobiliare, soprattutto guardando al settore produttivo, riteniamo intanto di condividere pienamente la linea del Governo di aumentare la quota di deducibilità dal reddito d'impresa dell'IMU dovuta sulla proprietà degli immobili strumentali delle imprese. Ricordiamo - anche se in questa sede non servirebbe farlo - che prima la legge di bilancio ha portato al 40 per cento la quota di deducibilità rispetto all'IMU dovuta e che il decreto-legge «crescita» n. 34 del 2019 la porta gradualmente al 70 per cento. Riteniamo che l'obiettivo sia di arrivare, evidentemente, all'integrale deducibilità di questo onere tributario dovuto sulla proprietà degli immobili strumentali.
Conclusivamente, il Consiglio nazionale vi ha portato sei proposte. Le riepilogo velocemente: una riforma del catasto; una valorizzazione ridotta o, comunque, di favore per gli immobili che non riescono a trovare un utilizzo sul mercato, quindi non per volontà del proprietario; un'estensione generalizzata del meccanismo del prezzo-valore; una parificazione del regime degli immobili per i professionisti e per i lavoratori autonomi rispetto alle imprese; un Pag. 8accorpamento della TASI nell'IMU, con una evidente semplificazione; infine, l'integrale deducibilità dell'IMU ai fini delle imposte sui redditi nel reddito d'impresa.
Con questo chiudo e vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ringrazio i dottori commercialisti per l'importante contributo.
Lascio la parola ai rappresentanti del Consiglio nazionale del notariato.
ROBERTO MARTINO, consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato. Buongiorno a tutti. Anche il Consiglio nazionale del notariato vi ringrazia per averci invitato a questa indagine conoscitiva.
In gran parte le nostre proposte si sovrappongono a quelle dei dottori commercialisti. Questo fa anche capire la necessità e l'urgenza di intervenire. Se operatori che certamente operano nello stesso campo, ma non con professionalità identiche, sentono l'esigenza di un cambiamento (mi riferisco, per esempio, al catasto e al sistema del prezzo-valore), evidentemente è perché i problemi esistono.
Il Consiglio nazionale del notariato ritiene vi siano tre direttrici di intervento. La prima riguarda le banche dati dell'Anagrafe tributaria, la seconda la revisione del catasto e la terza il contenimento del consumo del suolo e il riutilizzo, il cosiddetto «riuso» di quello edificato. Su quest'ultimo punto interverrà il notaio Monteleone. Riteniamo importantissimo un intervento, in quanto sarebbe un intervento di carattere ambientale, sociale ed ecologico di cui il nostro Paese in certe zone ha senz'altro bisogno. Attraverso la leva fiscale si potrebbe convenientemente intervenire.
Faccio una brevissima premessa. Qui ci saranno sicuramente addetti ai lavori, ma non tutti immagino lo siate. Per questo motivo cercherò di utilizzare un linguaggio più divulgativo. Se ci sono necessità, siamo disponibili a rispondere.
Partiamo dalle banche dati dell'Anagrafe tributaria. Come sapete, il sistema attualmente è incentrato su due banche dati: le conservatorie dei registri immobiliari, dove si trascrivono gli atti di trasferimento e si iscrivono le ipoteche, che è una banca dati di tipo soggettivo, nel senso che se voglio fare una ricerca su questa banca dati devo inserire il nome di Tizio e di Caio e non i dati dell'immobile; vi è, poi, una banca dati su base oggettiva, ossia quella del catasto. Queste due banche dati – attualmente non bisogna buttare via tutto – tutto sommato funzionano. Soprattutto quella dei registri immobiliari, che viene alimentata da titoli autentici e pubblici o scritture private autenticate, è una banca dati estremamente attendibile, che ci è stata copiata da altri sistemi che non fanno parte dell'area dell'Unione europea.
Nel 2010, con il decreto-legge n. 78, è stata istituita l'Anagrafe immobiliare integrata, nella quale, nell'idea di chi l'ha concepita, dovevano confluire i dati sia soggettivi che oggettivi. Noi crediamo che questa idea, che continua a essere una buona idea, a cui però non si è data attuazione (ci risulta che soltanto per alcuni pezzetti dell'Italia sia stata adottata), potrebbe essere una banca in grado di intrecciare e di incrociare i dati soggettivi e oggettivi, il che comporterebbe anche l'eliminazione di barriere per il cittadino che vuole accedervi. Il cittadino che oggi vuole accedere a queste banche dati si trova obiettivamente in difficoltà ad effettuare le ricerche. Non è difficile per noi che siamo addetti ai lavori, ma non bisogna pensare soltanto alle categorie professionali. Credo che anche questo Governo abbia interesse ad abbattere o, comunque, ad eliminare le barriere che dividono i cittadini dal fisco. Questo, in qualche misura, è un obiettivo che ci si deve porre, anche da parte delle categorie professionali.
A nostro parere, questa banca dati costituita dall'Anagrafe immobiliare integrata potrebbe essere non solo una banca dati di secondo livello, che recepisce i dati della banca dati conservatoria e della banca dati catasto, ma anche direttamente alimentata da soggetti (ovviamente noi siamo in prima fila) e automaticamente attraverso l'invio di modelli unici informatici nel momento in cui noi stipuliamo, per esempio, degli atti. Potremmo sicuramente studiare con l'Agenzia delle entrate – facilmente, direi – Pag. 9un sistema che consenta di inviare un atto di trasferimento immobiliare alla conservatoria, al catasto e nello stesso tempo a questa nuova banca dati, in cui – ripeto – si potrebbero facilmente integrare i dati oggettivi con quelli soggettivi.
Secondo argomento: la revisione del catasto. Vedo che siamo in buonissima compagnia. Ho letto anche l'audizione dell'Agenzia delle entrate, che va anch'essa verso questa direzione. D'altra parte, non è un progetto nuovo quello di una revisione degli estimi catastali. L'impianto del catasto, che risale al 1939, è sostanzialmente rimasto immutato. Ha quasi cent'anni e ha bisogno di una rinfrescatina. Come sapete tutti, il catasto è stato per lungo tempo l'emblema dell'inefficienza della pubblica amministrazione.
Ricordo che, quando ho iniziato a fare il praticante notaio e poi i primi anni di professione, per noi il catasto era una Cenerentola, perché veniva alimentato («aggiornato» è un termine addirittura eccessivo, perché le volture catastali avvenivano nell'arco di un decennio) dall'uomo su base cartacea. Ricordo che quando andavo in catasto, da giovane, per fare le visure era un disastro. Piano piano il sistema, effettivamente, è stato molto migliorato con il modello unico informatico, però risente ancora di questo vecchio impianto. Ho letto che anche l'Agenzia delle entrate - e noi siamo d'accordo - è favorevole a un superamento del classamento attraverso i vani catastali. Come sapete, il classamento oggi avviene (da cent'anni avviene così) verificando una planimetria in scala da 1 a 200, con l'indicazione dei vani, corretta dall'individuazione di zone censuarie. È chiaro, però, che è un sistema che ha portato progressivamente a un disallineamento tra i valori di mercato e i valori catastali. Se io ho un vano grosso così fa sempre un vano e se ho un vano grosso così fa sempre un vano. È ovvio che questo sistema, dal punto di vista del classamento e della valutazione fiscale di un immobile, è fuori tempo.
È chiaro, però, che bisogna stare attenti, sposando per esempio l'idea della superficie, che già oggi è contenuta nelle visure catastali, ma spesso non corrisponde alla realtà, a non andare in una direzione che comporti, poi, una vessazione del contribuente, da un lato, e che, dall'altro, apra un oceano di contenziosi, di cui sicuramente non abbiamo bisogno, anche perché i contenziosi sulle valutazioni catastali degli immobili sono, sostanzialmente, oggi ridotte quasi a zero. È chiaro che bisogna trovare un sistema equilibrato che consenta di allineare e di revisionare questi valori all'effettiva consistenza del bene.
Ci piaceva proporre e andare verso la direzione del cosiddetto «fisco amico», di cui avevo parlato prima con la dottoressa, secondo la quale l'intervento non dovrebbe essere calato dall'alto; altrimenti, come ho detto prima, questa situazione aprirebbe un contenzioso difficilmente controllabile. Si potrebbe andare verso l'autovalutazione del contribuente attraverso, ovviamente, categorie professionali abilitate, che consentirebbero, da un lato, di acquisire queste dichiarazioni, queste autovalutazioni e, dall'altro, di limitare moltissimo i contenziosi sui nuovi valori.
È chiaro che ci vorrebbe anche un adeguato contemperamento delle imposte che gravano sui trasferimenti e delle altre imposte relativamente alle quali la rendita catastale costituisce la base imponibile per calcolarle. Si potrebbero rivedere, eventualmente, le aliquote sui trasferimenti, proprio per mantenere l'invarianza del carico fiscale sui trasferimenti, sulle imposte di successione, sull'IMU e sulle altre imposte che gravano sugli immobili.
Altre proposte del notariato. Non sto a ripetere quella del prezzo-valore, perché è stata molto ben illustrata dai dottori commercialisti. Anche noi siamo d'accordo nell'estendere questo meccanismo anche ad altri immobili. Lo spiego per chi non è addetto ai lavori. Oggi il cosiddetto «prezzo-valore» opera in questo modo: riferito solo alle persone fisiche che trasferiscono, riferito soltanto alle persone fisiche che acquisiscono, ha per oggetto soltanto immobili residenziali e loro pertinenze. Se, per esempio, viene trasferito un negozio, questo meccanismo non si può applicare, con la questa conseguenza, già evidenziata dai dottori commercialisti: mentre nei trasferimenti Pag. 10degli appartamenti noi non abbiamo alcun contenzioso (il contenzioso ormai è ridotto a zero) e i prezzi delle transazioni sono effettivamente i prezzi reali pattuiti tra le parti (con il meccanismo del prezzo-valore ho, per esempio, prezzo 200.000 e tassazione su 120.000, quindi le parti sono indotte a dichiarare interamente il prezzo; non ha senso dichiarare un prezzo inferiore, in quanto la tassazione rimane invariata) e negli atti vengono indicati i mezzi di pagamento, il che costituisce anche una lotta al riciclaggio; se ho un negozio, invece, questo meccanismo non può operare. Così come non può operare – questo, però, ci porterebbe lontano e so che i dottori commercialisti, probabilmente, essendoci vincoli comunitari, lo impedirebbero – negli atti che hanno per oggetto trasferimenti soggetti a IVA. Questo meccanismo non si può applicare. Noi, come notai, tutti i giorni ci rendiamo conto che vi è una differenza tra i prezzi dichiarati dal costruttore e quelli dichiarati dal privato. Se si vuole andare veramente verso un contrasto all'evasione, qualcosa si potrebbe fare anche lì.
Qualche altra cosa si potrebbe fare anche in ambito di tassazione delle plusvalenze, cioè dei maggiori valori tra il valore di acquisto (o di acquisizione) e il valore di rivendita e la tassazione del delta. Si potrebbero, per esempio, prevedere plusvalenze graduate con un'aliquota minima in relazione all'utilità sociale dell'intervento, per esempio sul riutilizzo di immobili fatiscenti da ristrutturare o da demolire e ricostruire, e massima per le aree non lottizzate. Si potrebbe, per esempio, anche intervenire nei passaggi generazionali degli immobili, che oggi sono parzialmente agevolati, ma soltanto per determinate categorie parentali e, in sostanza, nella sistemazione degli immobili tra parenti in linea retta (genitori-figli, nonni-nipoti). Si potrebbe estendere questo tipo di tassazione agevolata anche ai trasferimenti intra-familiari tra parenti collaterali, ad esempio zio-nipote. Vi assicuro che ce ne sono. Inoltre, non dimentichiamo che oggi le famiglie non sono più quelle di una volta. Le famiglie oggi sono un bailamme, non si capisce più niente. Non sono più le famiglie a cui eravamo abituati. Ci possono essere sette figli da sette genitori diversi o da genitori non sposati.
Anche il passaggio tra conviventi – mi viene in mente ora; non l'ho segnato – alcune volte necessiterebbe di un'agevolazione. Queste persone, che magari vivono trent'anni insieme, ma che non si sposano perché non vogliono o perché non possono, tutto sommato, ovviamente a determinate condizioni, secondo me, avrebbero diritto a ottenere lo stesso trattamento della famiglia tradizionale che oggigiorno - ripeto - è confinata in una percentuale ancora alta, ma non più quella di una volta.
Si potrebbe anche intervenire sul meccanismo dell'ipoteca legale. L'ipoteca legale è quella che spetta per legge al venditore sull'immobile che sta vendendo quando si prevede una dilazione del prezzo e che consente al venditore di essere garantito sull'effettiva riscossione di questa dilazione. Oggi l'ipoteca legale non viene utilizzata, o meglio dal 1942 – data di entrata in vigore del codice civile – non è praticamente mai stata utilizzata, perché la tassazione è troppo cara. Anche lì, invece, in una situazione di crisi del mercato immobiliare come questa, dove le dilazioni di fatto esistono, non si possono praticare per l'eccessiva incidenza fiscale di questo meccanismo.
Lascio la parola, per quello che riguarda il riutilizzo, il riuso del suolo, al notaio Giampiero Monteleone, che è stato prima di me il coordinatore della Commissione studi tributari del Consiglio nazionale ed è una vecchia conoscenza di molti di voi.
GIAMPIERO MONTELEONE, notaio. Circa il contenimento del consumo di suolo e il riuso del suolo edificato, qui non possiamo trattare una serie di aspetti ambientali, sociali e urbanistici che questi fenomeni comportano. Ci limitiamo solo a osservare che ci appare condivisibile l'opinione espressa dalle Reti professioni tecniche (RPT) nell'audizione al Senato del 6 dicembre 2018, secondo la quale, più che una legge sul risparmio del suolo che contenga riferimenti alla rigenerazione urbana, occorrerebbe una legge sulla promozione della rigenerazione urbana come principale azione Pag. 11per contrastare lo spreco del suolo. Infatti, è stato osservato, sempre in quell'audizione, che le migliori esperienze italiane ed europee dimostrano che la reale risposta alle riduzioni del consumo del suolo deve essere ricercata nella rigenerazione urbana. La rigenerazione urbana, però, richiederebbe complessi interventi sulla normativa urbanistica e la rielaborazione di un quadro generale di riferimento, tenendo anche conto del fatto che il modello di crescita urbana che si è sviluppato prima del 2008 e fino al 2008 oggi ha esaurito la sua spinta propulsiva.
A prescindere da un intervento globale sulla rigenerazione urbana, noi riteniamo che comunque, per favorire processi di rigenerazione urbana, occorra agire sulla leva fiscale, prevedendo probabilmente agevolazioni fiscali relative a tributi erariali e a tributi locali per gli immobili compresi in piani urbanistici specifici e programmi di intervento per la rigenerazione urbana adottati dagli enti territorialmente competenti.
Crediamo anche che la possibilità dell'introduzione di queste agevolazioni non andrebbe preventivamente respinta per mere ragioni di gettito fiscale, come purtroppo è capitato più volte in passato, ma andrebbe valutata più attentamente ponendo a raffronto l'andamento delle entrate in condizioni di inutilizzazione degli immobili predetti - in altre parole, immobili che attualmente producono un reddito bassissimo - con l'andamento delle entrate previsto applicando il regime agevolato in seguito all'attivazione del processo di rigenerazione.
Abbiamo anche proposto, nella nostra relazione, un sistema suggerito da uno studioso dell'efficacia delle regolamentazioni legislative, cioè una sorta di analisi retrospettiva degli effetti che hanno prodotto queste agevolazioni dopo un certo tempo, per verificare se queste agevolazioni devono essere riviste, semplificate, rafforzate o eliminate. Ci sembra che in questa logica si muova l'articolo 7 del decreto crescita, il decreto-legge n. 34 del 2019, che prevede l'applicazione dell'imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa per i trasferimenti di interi fabbricati – leggo il testo della norma – a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare che entro i successivi dieci anni provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi, conformemente alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica A o B, anche con variazione volumetrica rispetto al fabbricato preesistente, nonché all'alienazione degli stessi. Questa norma presenta delle criticità sulle quali ci riserviamo di ritornare in seguito. Ci limitiamo a segnalare le principali, che sono tre. La prima è la mancata estensione dell'agevolazione alla ristrutturazione edilizia cosiddetta «pesante» di cui all'articolo 10 del DPR n. 380 del 2001, cioè quella attuata senza la demolizione e ricostruzione del fabbricato, nonostante la normativa urbanistica equipari le due forme di ristrutturazione.
La seconda è la mancata regolamentazione dell'acquisto dell'intero fabbricato non con un unico atto ma, come presumibilmente avverrà in pratica, con una pluralità di atti diluiti nel tempo e riferiti a singole parti di essi, il cosiddetto acquisto step by step o a tappe; ipotesi che, a nostro giudizio, deve comunque ritenersi compresa nell'ambito applicativo dell'agevolazione.
La terza, che è la più problematica, è la mancata previsione di uno specifico trattamento fiscale di favore per l'ipotesi di acquisto dell'intero fabbricato non da un privato, ma da un soggetto IVA, con la creazione di un'ingiustificata disparità di trattamento oltre a quelle di cui accennavamo poc'anzi.
Su questo specifico aspetto interverrà dopo il dottor Forte.
Nella stessa logica era anche la disposizione di alcuni anni fa, l'articolo 190 del decreto legislativo n. 50/2016, che prevede il cosiddetto «baratto amministrativo», cioè riduzioni o esenzioni di tributi amministrati dagli enti locali, quindi non di tributi erariali, in corrispondenza di attività in senso lato di rigenerazione urbana svolte da cittadini attivi.
Ci consta che il baratto amministrativo, sulla base di appositi regolamenti, sia stato attuato in molti comuni. Non sappiamo ancora gli esiti di questa sperimentazione. Non sappiamo neanche, perché gli studiosi Pag. 12sono assolutamente incerti, se il baratto amministrativo possa essere applicato a tributi diversi da quelli amministrati dagli enti locali.
In ogni caso anche qui sarebbe opportuno mettere in campo un sistema organico di agevolazioni riguardante la rigenerazione urbana, probabilmente da articolare, secondo l'indicazione di uno studioso della materia, in quattro fasi: tassazione del patrimonio da rigenerare, tassazione delle attività per realizzare il programma di rigenerazione, tassazione del patrimonio rigenerato, tassazione delle attività produttive negli ambiti di rigenerazione. Ovviamente, ci proponiamo per contribuire alla costruzione di tale sistema relazionandoci con tutti gli organismi competenti.
Più in generale dobbiamo ribadire un'idea che abbiamo più volte espresso, cioè che sia giunto il momento di ripensare al rapporto tra normativa urbanistica e normativa tributaria. Ci sembra, infatti, che la normativa tributaria non abbia adeguatamente accompagnato l'evoluzione nel tempo della normativa urbanistica, creando una serie di disarmonie e discrasie.
Facciamo un esempio per capirci. Oggi i piani regolatori generali non esistono più, esistono i piani strutturali comunali, che hanno una logica completamente diversa; piani strutturali comunali che necessitano, per essere attuati, di piani ulteriori operativi. Però, la valutazione di edificabilità si fa in base a una norma tributaria in astratto, cioè sulla base del semplice piano strutturale comunale. Questa è una delle tante stranezze che sussistono. Mi ha colpito molto una notizia che ho reperito tempo fa secondo la quale da un'indagine compiuta nel 2015 su un campione di comuni toscani, circa il 54 per cento del territorio regionale, è emerso che ben oltre la metà, il 63 per cento, hanno ricevuto negli ultimi anni richieste da parte dei privati di cancellazione dell'edificabilità già riconosciuta dagli strumenti urbanistici.
Questo per dirvi che oggi l'edificabilità, la mera edificabilità di un suolo, spesso non è un vantaggio, ma è uno svantaggio notevole, è una penalizzazione perché le aree edificabili soprattutto subiscono una tassazione pesantissima. A nostro giudizio è arrivato il momento di prendere atto che il modello di sviluppo urbanistico è cambiato e cercare quantomeno di evitare le storture maggiori che la normativa tributaria crea.
Prima del 2014 avevamo una norma che in qualche modo favoriva i processi di rigenerazione urbana, ed era la norma contenuta nell'articolo 5 della legge n. 168 del 1992, la cosiddetta «legge Formica».
Questa norma prevedeva imposte di registro ipotecarie e catastali in misura fissa per i trasferimenti di immobili compresi in piani di recupero. Questa norma, a far tempo dal 1° gennaio 2014, è stata eliminata. Secondo noi, l'assenza di questa norma ha prodotto un vuoto non facilmente colmabile.
A prescindere, però, da un intervento organico sulla normativa tributaria relativo alla rigenerazione urbana, una misura abbastanza semplice che potrebbe contrastare lo spreco del suolo è, a nostro giudizio, la riduzione dell'aliquota assai pesante del 15 per cento dell'imposta di registro prevista per le cessioni di terreni agricoli qualora permanga l'uso agricolo o qualora si ritenga che il suolo non venga utilizzato a scopo di costruirci delle case sparse per un certo periodo di tempo, perché questa aliquota attualmente comporta un eccessivo costo del trasferimento dei terreni agricoli a fronte di un valore spesso irrisorio dei terreni – penso ad alcune regioni, tra cui la mia – ed ostacola la ricomposizione fondiaria.
La previsione, a nostro giudizio, si potrebbe ben inquadrare nell'ambito di una politica di sviluppo territoriale volta a perseguire la tutela e la valorizzazione della funzione agricola e a contenere il consumo del suolo.
Passo la parola al dottor Forte.
NICOLA FORTE, componente della commissione studi tributari delConsiglio nazionale del notariato. Grazie. Farò un paio di considerazioni veloci, anche perché arrivo per ultimo e i colleghi, il notaio Martino e il notaio Monteleone, hanno già tracciato un quadro sufficientemente completo. Pag. 13
Un paio di considerazioni ai fini IVA. Parto con un paio di esempi per andare subito al cuore del problema. Oggi – è un dato oggettivo – acquistare un immobile da un costruttore, in termini di oneri fiscali, è più costoso, sostanzialmente per due ragioni. La principale, il vincolo comunitario, la base imponibile IVA e il corrispettivo: 500.000 euro costo di acquisto di un immobile, IVA al 10 per cento, quindi costo di 50.000 euro rispetto al registro sul prezzo di valore.
Abbiamo rigidissimi vincoli comunitari e proponiamo una soluzione, perché esporre solo problemi forse avrebbe poco senso. Come possiamo pensare di alleggerire l'onere e quindi incentivare i privati a rivolgersi indifferentemente a un costruttore o a un altro privato? Operando sul versante imposte sui redditi.
Per esempio, una soluzione a cui noi avevamo pensato è effettuare una differenza tra il corrispettivo, nell'esempio i 500.000 euro, su cui continuo ad applicare l'IVA al 10 o al 4, senza sottrarre IVA, che è un tributo armonizzato, il cui gettito è destinato all'Unione europea, ma se ho un valore catastale su quell'immobile di 200.000, il differenziale è una base di calcolo di un credito d'imposta.
Potremmo discutere poi sulla percentuale, ma non proponiamo nulla di nuovo. Già c'era una norma che è durata solo due anni. Questa norma prevedeva una detrazione IRPEF, quindi si agiva sul versante delle imposte sui redditi per salvaguardare i vincoli comunitari in percentuale sull'IVA. Questa norma è durata un anno, poi prorogata, immagino, anche per vincoli di gettito. Però, era sicuramente una norma che equilibrava il sistema, lo facilitava, perché avevo un motivo per potermi rivolgere anche a un costruttore senza subire un aggravio di imposizione. Questo su un versante.
Sul versante appena affrontato dal notaio Monteleone abbiamo un problema simile. Se questo fabbricato, per il quale il trasferimento non è soggetto a imposta di registro, fattispecie del decreto crescita, viene trasferito da un'impresa costruttrice, l'IVA si applicherà sempre, perché anche se fosse un fabbricato vecchio l'impresa costruttrice che vende l'intero fabbricato avrà interesse ad applicare l'IVA, perché se non applicasse l'IVA sarebbe un'operazione esente e avrebbe il problema che tutta l'IVA sugli acquisti diventerebbe un costo.
È evidente che anche qui ho rigidi vincoli comunitari, ma nel sistema, in passato, ho individuato delle norme che, non a regime, hanno parzialmente sterilizzato questi problemi, nel senso che con l'introduzione di un meccanismo che attribuisce un credito, un beneficio e che quindi induce l'impresa costruttrice a non applicare l'IVA, consentendole in parte, ovviamente, il recupero, perché altrimenti tutta l'IVA sugli acquisti diventerebbe un costo, questo per cercare di ampliare l'ambito di applicazione di questa disposizione, che, viceversa, avrebbe ovviamente un raggio molto più limitato.
Ultima considerazione, e anche qui mi aggancio a una norma recente contenuta nella legge di bilancio, quella che ha esteso l'applicazione della cedolare secca ai negozi.
Vado a investire, e quindi faccio muovere immobili, in un negozio, in un capannone, in un ufficio, chiaramente se non esercito questa attività, pur sapendo che se poi devo mettere a frutto, a rendita, questo immobile con la locazione, magari per coprire in parte i costi dell'IMU e della TASI, il canone di locazione di questo immobile viene assoggettato a una tassazione ordinaria. Abbiamo una cedolare secca che la legge di bilancio ha esteso ai negozi – vi racconto la mia esperienza in sintesi – e io già inizio a discutere con l'Agenzia delle entrate.
L'Agenzia delle entrate dice che va tutto benissimo, ma questa norma, la cedolare secca, la devo applicare solo se concedo in locazione il negozio a un privato che non esercita un'attività, quindi – lo dico professionalmente – mai. Quindi, è una norma che non ha alcun effetto.
Quindi, o l'Agenzia, e questo è compito dell'Agenzia, interviene chiaramente dicendo il contrario o la norma deve essere puntualizzata. Questo è un problema che Pag. 14abbiamo da sempre e che riguarda anche gli immobili abitativi.
La norma deve esprimere chiaramente che anche se il privato concede un bene in locazione a un soggetto, come è normale che sia, che utilizza quell'immobile nell'esercizio dell'attività d'impresa, si applica il 21 per cento, così non dobbiamo più interpretare nulla.
Chiaramente ci saranno vincoli di gettito, lo comprendo, ma perché ai negozi sì e a un ufficio (A10) no? Se dobbiamo in qualche modo far muovere questi immobili, dobbiamo pensare a meccanismi che incentivino anche l'acquisto di un negozio, un ufficio, un capannone rispetto a chi non esercita un'attività.
Il tema è l'utilizzo – e qui chiudo il mio intervento – della leva fiscale proprio per incentivare la movimentazione nell'ambito del mercato immobiliare.
Mi fermo qui. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio davvero sia i dottori commercialisti che i rappresentanti del Collegio del notariato per questi importantissimi contributi.
Immagino che diversi colleghi componenti della Commissione siano stati stimolati a fare domande o comunque a prendere atto di questi suggerimenti e di queste valutazioni, che ritengo veramente preziose.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SALVATORE SCIASCIA. Due considerazioni. Innanzitutto rivolgo i miei ringraziamenti per la chiarissima esposizione da parte degli interlocutori. Ho particolarmente apprezzato la questione della tassazione dei terreni, che mi ha visto sconfitto dall'Agenzia delle entrate, perché sono un senatore da parecchio tempo e nella passata legislatura avevo fatto la proposta di diminuire la tassazione del 15 per cento, prendendo ad esempio il caso del signore che vuole comprarsi 500 metri di terreno per fare il suo giardino e deve pagare una follia. Mi è stato detto «solo se esercita l'attività agricola». Siamo rimasti – i notai lo rammenteranno – alla questione della piccola proprietà contadina dell'anno 1948. Purtroppo, siamo rimasti sconfitti.
Un'altra questione, che è l'ultima che volevo fare ai colleghi commercialisti, è questa: non è stato affrontato un problema – io faccio il tributarista – che è un po’ pesantino, ovvero la questione dei canoni di locazione non riscossi. Voi mi insegnate che se io ho un canone di qualsiasi tipo e non ricevo il pattuito comunque sono soggetto a tassazione e dovrò aspettare anni e anni perché venga dichiarata la chiusura, la determinazione giudiziale del mio credito.
Grazie per l'attenzione.
MAURO MARIA MARINO. Una cosa velocissima, sempre in sintonia con il ragionamento che abbiamo fatto un paio di volte con il senatore Sciascia. Voi tutti avete fatto riferimento ad una necessità più che mai condivisa della revisione del catasto, adducendo motivazioni assolutamente comprensibili.
Siccome sappiamo la complessità di questo tema, che era già iniziato nella sua trattazione nella scorsa legislatura tramite l'articolo 2 della legge delega fiscale, e senza nascondercelo chiaramente aveva fatto sì che l'Agenzia del territorio – questa è una domanda che ho fatto anche all'Agenzia delle entrate – avesse elaborato un testo che penso sia più o meno noto a tutti, coglierei questa occasione di un confronto molto franco e utile per sapere se quel testo, come immagino, vi sia noto, che era già il frutto dell'elaborazione di quello che doveva essere a valle dell'articolo 2, e se lo condividete nella sua struttura. Quello potrebbe essere un elemento abbastanza importante più che altro per operare un'accelerazione su un'istanza che viene sentita come necessaria, ma che rischia di rimanere molto teorica e poco realizzabile.
Questi incontri in Commissione dovrebbero permettere un approfondimento utile da questo punto di vista.
ANDREA DE BERTOLDI. Molto sinteticamente, perché anch'io devo poi scappare in un'altra Commissione. Intanto ringrazio Pag. 15 sia la mia categoria, i dottori commercialisti, che i colleghi notai. Condivido quasi tutte le osservazioni che sono state esposte e spero che per quanto ci riguarda come legislatori possano almeno in parte essere considerate e soprattutto attuate.
In particolare, volevo fare due brevissime domande. Una è ai colleghi commercialisti, sostanzialmente sul tema immobili inutilizzati, ma più in generale sul tema immobili. Mi riferisco all'annoso problema delle società di comodo. Ci tenevo a sentire da voi come la vedete al riguardo, considerato anche il peso che gli immobili hanno nelle società di comodo. Non entro nel merito perché tanto parliamo di temi che sono noti a tutti.
Per quanto riguarda, invece, i notai, ho una domanda un po’ più strana, magari, ma che è collegata anche alla mia regione di provenienza.
Io, come il collega Postal, sono trentino, quindi vengo dall'ex Impero austro-ungarico e per noi, in merito alle conservatorie, c'è il sistema tavolare. Mi incuriosisce chiedere a voi cosa ne pensereste di una ipotetica estensione del sistema tavolare. Questo è il punto di domanda.
NICOLA FORTE, componente della commissione studi tributari delConsiglio nazionale del notariato. Negativo per i tempi.
ANDREA DE BERTOLDI. Come funzionalità è un sistema perfetto.
EMILIANO FENU. Molto probabilmente è la stessa domanda che ho fatto anche la scorsa volta.
Non so ancora se può essere utile ai fini di una rigenerazione urbana. Siccome c'è l'esigenza anche di molte imprese di costruzione di affittare direttamente, anziché vendere i propri immobili, perché questa è la nuova domanda soprattutto nelle grandi città, volevo chiedere a entrambe le categorie cosa ne pensavate di una riconduzione dei redditi da locazione di fabbricati abitativi nell'ambito del reddito di impresa, con tutto quello che ne consegue, quindi deduzione di tutti i costi.
Ovviamente, tutto questo è legato a una ristrutturazione che si può stabilire anche nel 50 per cento del valore dell'immobile oppure alla nuova edificazione con classi energetiche A o B. Questo per stimolare anche una riqualificazione energetica degli immobili. Volevo chiedervi il vostro parere.
CAMILLO D'ALESSANDRO. Ringrazio per la presenza e la ringrazio veramente, presidente, perché ci sta conducendo ad approfondire ogni aspetto e ogni dettaglio. Volevo fare solo una riflessione e non una domanda, più che altro a lei, per questo ho chiesto la parola.
Ci sono argomenti che hanno un tempo di gestazione, secondo me, in termini legislativi più lunghi e ci sono argomenti che, invece, hanno la possibilità di una maggiore accelerazione.
Vorrei che nell'ambito del nostro lavoro si potesse in qualche maniera immaginare un doppio binario. La riforma del catasto, complessiva, sicuramente ha un tempo. Alcune richieste che provengono dagli auditi possono essere immediate. Per esempio, nel decreto crescita possiamo integrare alcuni argomenti in un lavoro congiunto con le Commissioni competenti di Camera e Senato per arrivare possibilmente in questo caso a emendamenti condivisi o comunque ad emendamenti tra le varie forze politiche che poi abbiano la forza di convergere in Commissione, perché ci sono alcune cose che possono essere introdotte subito se si vogliono fare. Poi, c'è la riforma complessiva.
Non sappiamo i tempi della legislatura – questo è un dibattito politico che esula da qui – però ci possiamo porre il tema di essere immediatamente utili con i provvedimenti che sono immediatamente disponibili. Questo era un approccio che volevo consigliarle, ma sono sicuro che lei avesse già immaginato questo lavoro. Grazie, presidente.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Alessandro. In realtà mi ha anticipato, come se mi avesse letto nel pensiero. Non volevo tirare delle conclusioni, ma volevo esprimere una considerazione che credo sia un po’ condivisa da tutti. Pag. 16
Il preziosissimo contributo che è venuto oggi, sia dai notai che dai commercialisti, ci porta esattamente, credo, a fare questo tipo di considerazione: abbiamo preso atto di una serie di questioni aperte, che sono puntuali e che poi, in un documento conclusivo da consegnare alle Camere, che potremmo redigere naturalmente tutti insieme, potrebbero essere elencate e poi riprese in puntuali provvedimenti di legge o anche in più provvedimenti di legge o anche in un provvedimento di legge organico.
Poi, però, c'è un tema credo più profondo, più generale, che lega tutti questi aspetti e credo sia proprio la questione della riforma del catasto, perché tante delle storture che anche voi oggi ci avete in qualche maniera fatto presente nascono proprio dal fatto che il catasto è un catasto oggi non più attendibile dal punto di vista dell'equità fiscale e della equità dei valori che vengono poi dichiarati.
Vengo al nocciolo della questione, perché credo che questo, alla fine, sarà il vero tema sul quale anche noi come Commissione dovremo discutere e confrontarci. C'è una visione che prevede e ipotizza, com'è in atto, la revisione del catasto partendo da un percorso disciplinato dall'alto e quindi con delle Commissioni, come nel caso della riforma attuale, che si articolano su base territoriale.
Tutto nasce, però, dall'azione pubblica. C'è una visione, che in parte avete fatto anche trapelare nei vostri interventi oggi, che invece prevede un rapporto paritario tra cittadini e amministrazione pubblica, con il cittadino che ha un'azione attiva.
Aggiungo che oltre alla questione dei vani catastali, delle superfici, eccetera, credo che – l'avete toccato anche voi nei vostri interventi, soprattutto i notai – ci siano tanti altri aspetti che oggi dovrebbero essere considerati nella determinazione del prezzo/valore catastale, come per esempio quello urbanistico, che oggi il catasto trascura completamente o, per esempio, la questione degli affacci.
L'altro giorno ero in una nota cittadina balneare. Non siamo in piena stagione, però lo stesso tipo di immobile che aveva l'affaccio sul mare aveva una presenza di persone come se fossimo in piena stagione, la via immediatamente laterale era deserta, desolatamente deserta, e quei due immobili sicuramente dal punto di vista catastale hanno la stessa rendita e lo stesso valore. Il non considerare l'affaccio, il non considerare la previsione urbanistica, il non considerare tutti questi aspetti porta a una stortura. Quindi, ci si chiede come possa essere possibile che solo l'amministrazione pubblica possa determinare questi aspetti.
È una domanda credo un po’ provocatoria e forse anche inutile, ma serve per chiarire ulteriormente quale può essere la vostra visione da questo punto di vista. Pensate che sia possibile partire da una revisione del catasto in un rapporto paritario tra cittadini e pubblica amministrazione, con elementi regolatori come avete sottolineato sia come commercialisti sia come notai, cioè da parte dell'Amministrazione pubblica? Credete che questo sia possibile?
A questo punto vi chiederei di rispondere – abbiamo ancora un quarto d'ora di tempo – a tutte le richieste, anche se non è semplice. Poi, magari, potete anche produrci ulteriori documenti.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
GILBERTO GELOSA, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Io ho segnato tre punti, ne lascio uno al dottor Saggese.
Partiamo dalle cose semplici, dalla richiesta sulle società di comodo. Per noi è uno strumento ormai divenuto obsoleto da tutti i punti di vista. Quindi, anche nel comparto immobiliare il tema della società di comodo sarebbe qualcosa da rivedere.
Non abbiamo trattato il tema della morosità dei canoni perché è attualmente in una fase di rivisitazione dal punto di vista normativo, anche se non pienamente, nel decreto semplificazioni. Se fosse esteso integralmente a tutte le ipotesi di morosità sarebbe opportuno, però il motivo era semplicemente questo. Comunque, condividiamo l'osservazione che non ha senso quello che sta accadendo, però è in corso una modifica di tipo normativo.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Io rispondo al senatore Marino per quel discorso della vecchia riforma, la legge delega n. 23 del 2014. A mia memoria – credo di condividere con i notai – in occasione della tentata riforma del catasto di allora ricordo che fu prodotto un decreto legislativo di attuazione, ma era il primo di quella vasta riforma del catasto, che era quello sulle commissioni censuarie.
MAURO MARIA MARINO. Non mi sono spiegato. Io allora ero presente alla Commissione e sono stato relatore di uno di questi nella scorsa legislatura. L'unica cosa che venne fatta fu il decreto legislativo di revisione, che poi oltretutto ebbe difficoltà a partire anche per via del ruolo dell'Agenzia delle entrate.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Quello lo ricordo, sì.
MAURO MARIA MARINO. Venne lasciato, invece, inevaso l'articolo 2, l'essenza, dove oltretutto c'era una clausola particolare, che era quella sul tema dell'invarianza di gettito, che era uno degli elementi fondamentali.
Sulla base di questo, però, l'Agenzia del territorio aveva già elaborato uno schema di decreto legislativo...
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Ma noi non lo abbiamo.
MAURO MARIA MARINO. Tant'è vero che poi io e il senatore Sciascia, che è andato via, ripresentammo con un disegno di legge autonomo l'articolo 2 proprio perché era stato fatto un po’ come gioco di sponda. Erano circolate cose uscite sul Sole 24 Ore. Pensavo che ci fosse un livello di conoscenza diversa e quindi era un'occasione.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Onestamente questo non lo ricordo.
MAURO MARIA MARINO. Troviamo il modo per recuperare una parte di quel materiale perché comunque quello è un lavoro che è stato fatto, anche se non ufficializzato e non formalizzato, ma che è circolato tra i fiscalisti, in alcuni settori particolari. È stato uno scambio di informazioni.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Il senatore Fenu aveva parlato del riconoscimento del reddito da locazione e reddito d'impresa, se non mi sbaglio. Attualmente la disciplina prevede che io possa dedurre la rendita...
EMILIANO FENU. L'articolo 90 attualmente è ricondotto alla rendita fondiaria, con un limite di esenzione del 15, mi pare.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Esatto. C'è un sistema di tassazione secondo cui se io affitto, ovviamente, verrà ricondotto a tassazione il canone di locazione con una riduzione percentuale fino a un massimo del 15 per cento delle spese di manutenzione ordinaria, che sono quelle che non sostiene il proprietario.
EMILIANO FENU. Quindi equivale a zero.
PASQUALE SAGGESE, responsabile area fiscalità della Fondazione nazionale commercialisti. Equivale a zero perché, purtroppo, quando fecero questa modifica si voleva un po’ recuperare gettito e quindi si mise questa norma che effettivamente è fatta male. Prima c'era un 15 per cento forfettario di deduzione per tener conto dei costi di produzione del reddito. Però, quello resta un reddito che viene tassato nel reddito d'impresa, quindi è la modalità di concorso di quell'immobile alla formazione del reddito di impresa, che cambia secondo il sistema catastale che abbiamo illustrato poc'anzi. Pag. 18
Oggi noi già abbiamo una riconduzione del reddito da locazione di un immobile affittato da un imprenditore nel reddito d'impresa, ma lo abbiamo con questo sistema particolare in cui se io sostengo le spese di manutenzione straordinaria, che sono quelle che sostiene il proprietario, non le posso dedurre dal mio reddito, perché quella norma dice che io devo tassare il reddito da locazione, cioè il canone.
In quel caso vado per competenza e neanche per cassa, perché sto nel reddito di impresa e mi deduco, fino a un massimo del 15 per cento, le spese di manutenzione ordinaria, che sono quelle che io non sostengo come proprietario.
Se proprio un intervento dobbiamo fare, si tratta o di ripristinare la percentuale di abbattimento forfettario del 15 per cento, che esisteva prima, o riconoscere, fino a un massimo del 15 per cento, le spese di manutenzione straordinaria o comunque le spese in genere, senza fare questa distinzione e questa precisazione sulle spese di manutenzione ordinaria che, ripeto, nel 99 per cento dei casi sono le spese che, invece, sostiene il conduttore e non certo il proprietario che affitta l'appartamento.
Noi abbiamo già un sistema di tassazione degli immobili ad uso abitativo nel reddito d'impresa secondo il sistema della determinazione del reddito fondiario. Con questa particolarità che derivò, se non ricordo male, nel 2006, quando ci fu la riforma anche lì del sistema di tassazione degli immobili nel reddito di impresa e quindi questo sicuramente andrebbe rettificato.
Questo è un aspetto da valorizzare. Ripeto, secondo me, la cosa più giusta sarebbe dire che fino a un massimo del 15 per cento, le spese, qualunque siano, straordinarie od ordinarie, se sono inerenti a quell'immobile, vanno dedotte. Mi sembra logico riconoscerne la deducibilità.
MAURIZIO POSTAL, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Tornando sull'argomento ed estendendo la tua risposta, forse il senatore Fenu intendeva dire che questi immobili, che sono ingabbiati in questo regime catastale, che è penalizzante...
EMILIANO FENU. È un'attività tipica anche delle imprese di costruzione. Il reddito da locazione va fatto rientrare nell'attività tipica anche delle imprese di costruzione, con tutto ciò che ne consegue, quindi la piena deducibilità di qualsiasi costo.
MAURIZIO POSTAL, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Le alternative sarebbero due. La prima, il caso A, sarebbe quella di abbandonare la tassazione su base catastale per le società immobiliari. Il caso B potrebbe essere quello di creare la possibilità di uscire da questo regime e spostarsi al regime d'impresa allorché si ristrutturi completamente l'immobile, su un intervento di tipo...
Tornando brevissimamente sul fatto che l'onorevole D'Alessandro ci ha ricordato che c'è il decreto crescita che, ovviamente, consente una corsia privilegiata per qualche intervento, vorrei ricordare che oltre all'articolo 7, che è stato citato da un rappresentate dei notai, che sicuramente è molto importante, ancorché vada migliorato, siamo d'accordo assolutamente sulle tre proposte di miglioramento dell'articolo 7, che consente questa acquisizione agevolatissima per le imprese che poi ristrutturano, c'è anche l'estensione, nell'articolo 8, del sisma bonus, che estende a circa 5.500 comuni in Italia su 8.000 la possibilità di dare delle detrazioni che arrivano all'85 per cento sugli interventi di adeguamento ovviamente alle misure antisismiche: 75 o 85 per cento, a seconda dei casi, su una cifra di 96.000 euro forfettizzata per i costruttori.
Questo significa che per chi acquisisce un credito d'imposta base di circa 70.000-75.000 euro può essere un grandissimo incentivo, un po’ sostitutivo di quello che il dottor Forte suggeriva per attenuare il peso dell'IVA sulle compravendite. Forse lavorando ancora un po’ su questo articolo 7 si può arrivare a...
GILBERTO GELOSA, consigliere nazionale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Da ultimo, su suo suggerimento per quanto riguarda il catasto, in una riforma complessiva riteniamo che queste osservazioni debbano essere tenute in considerazione. Siamo favorevoli in un certo senso.
ROBERTO MARTINO, consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato. Ho due brevissime osservazioni. Sul decreto crescita c'è tempo per migliorare. Noi insistiamo su questa estensione anche alle ristrutturazioni, perché ci sono situazioni nelle quali l'immobile non si può demolire integralmente. Pensiamo ai centri storici, pensiamo agli immobili vincolati culturalmente, che sono fatiscenti e ci sono delle situazioni nelle quali non si può demolire. Però, la ristrutturazione è pesante perché riguarda tutto l'immobile, ma urbanisticamente, come abbiamo detto prima, è parificabile alla demolizione. Questa estensione è assolutamente opportuna perché, altrimenti...
PRESIDENTE. Mi scusi, si tratta di un chiarimento. Se ho capito bene, la norma non lo vieta, ma potrebbe essere interpretata in maniera non estensiva.
ROBERTO MARTINO, consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato. Però, letteralmente, si parla di demolizione, demolizione e ricostruzione.
Se si potesse, invece di arrivare al chiarimento, proprio intervenire letteralmente sul testo sicuramente sarebbe meglio. È chiaro che un'impresa non sa se deve pagare l'imposta piena o 200 euro. C'è una bella differenza. Sarebbe opportuno intervenire su quel punto.
Riguardo alla riforma del catasto, come ho detto prima, per noi è fondamentale che il cittadino abbia un ruolo importante e che la riforma non venga calata dall'alto, anche per recuperare un rapporto diverso tra fisco e cittadino, che oggi è un po’ difficile e non c'è, e per avvicinarsi un pochettino sotto questo profilo ai Paesi anglosassoni, perché i Paesi anglosassoni questo rapporto di un certo genere tra il cittadino e il fisco ce l'hanno tradizionalmente.
Da noi sembra un orizzonte lontano, ma dobbiamo lavorare su questo aspetto.
MAURO MARIA MARINO. Lì c'è un diverso livello di compliance.
ROBERTO MARTINO, consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato. Ha ragione, però se non iniziamo mai...
PRESIDENTE. Anche perché, seppure magari a spese dei cittadini, in quel caso, ma di fatto la riforma del catasto terreni è stata fatta in questo modo, cioè attraverso i frazionamenti. Certo, lì è più semplice perché non ci sono in ballo valori fiscali, sostanzialmente. È chiaro che qui il meccanismo non può essere fatto in quel modo, anche perché lì i costi sono stati riversati, di fatto, attraverso il sistema delle reti delle professioni, sui cittadini.
È chiaro che bisogna trovare un meccanismo equilibrato, però, probabilmente, questa potrebbe essere una direzione. Grazie mille.
NICOLA FORTE, componente della commissione studi tributari delConsiglio nazionale del notariato. Una battuta visto che era stato fatto, non ricordo da chi, un inciso sulla normativa sulle società di comodo.
A mio modo di vedere sono cambiate tutte le condizioni che hanno determinato l'introduzione di quella normativa. Per me oggi quella normativa va completamente cancellata. Ci sono altri strumenti per verificare se una società è o non è di comodo. Abbiamo l'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI), abbiamo gli ISA (Indici sintetici di affidabilità). Rispetto a quindici anni fa c'è una rivoluzione, ma con il vantaggio, e si parla tanto di semplificazioni, di semplificare la vita a tutti gli operatori, perché fare quel famoso test, se lo si vuol fare bene, significa una Pag. 20giornata di lavoro, a meno che non si lanci la moneta e si riempia il quadro.
Questa è la realtà. Ci dobbiamo dire esattamente come stanno le cose. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie davvero a tutti voi, grazie ai colleghi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.05.