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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 6 di martedì 17 aprile 2018

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta comincia alle 15,30.

CARLO SIBILIA , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 aprile 2018.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boschi, Cirielli, De Micheli, Ferri, Gregorio Fontana, Franceschini, Giacomelli, Lotti, Picchi e Pizzetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente quattordici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sui recenti sviluppi della situazione in Siria (ore 15,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sui recenti sviluppi della situazione in Siria.

Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per dieci minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni.

PAOLO GENTILONI SILVERI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi giorni la Siria ha riproposto a tutti noi, come cittadini e soprattutto come parlamentari, un dilemma angoscioso, e cioè se possiamo noi, se può la comunità internazionale, a cento anni dalla conclusione della prima guerra mondiale, adattarsi all'idea di convivere di nuovo con le armi chimiche, riammettere in qualche modo le armi chimiche come un elemento legittimo del panorama della storia. Credo che la risposta di tutti noi, la risposta unanime a questo dilemma sia molto semplice e molto chiara: non possiamo accettare che si torni, un secolo dopo la fine della grande guerra, all'uso e alla legittimazione dell'uso delle armi chimiche. Non possiamo accettarlo (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico)!

Da sette anni il conflitto che insanguina la Siria si è rivelato come uno dei peggiori del dopoguerra. Sappiamo che ci sono stati circa 200 mila morti, 10 milioni tra sfollati interni e rifugiati; questi ultimi, i rifugiati, si sono stabiliti in gran parte in Turchia e poi in Giordania, in Libano, alcuni in Europa. E sappiamo che, nel corso di questo prolungato e terribile conflitto, il regime di Bashar al-Assad ha fatto ripetutamente uso di armi chimiche.

L'informativa riguarda, in particolare, quello che è accaduto negli ultimi dieci giorni. La premessa, naturalmente, è che nella notte del 7 aprile la città di Douma, che era l'ultima roccaforte dei ribelli di Jaish al-Islam, è stata oggetto di un attacco in cui, secondo ogni evidenza, si è ripetuto l'uso di armi chimiche: probabilmente si parla di cloro miscelato con sarin o agenti assimilabili.

Fonti diverse, tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità, hanno confermato che l'attacco chimico ha provocato decine di morti e centinaia di feriti. Abbiamo visto tutti immagini che non dovremmo mai vedere, delle persone intossicate, dei bambini intossicati, immagini che interpellano, credo, le coscienze di tutti i cittadini. E non abbiamo alcun elemento, alcun indizio, per pensare che quelle immagini siano state falsate o manipolate.

Abbiamo, invece, la certezza, purtroppo, del fatto che, in seguito al veto della Russia, la proposta in Consiglio di sicurezza di una iniziativa per accertare la verità e le responsabilità è stata bloccata.

Abbiamo la realtà degli esperti dell'Opac, l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, che sono stati a lungo bloccati a Damasco - mi auguro che proprio in queste ore si stia risolvendo questa situazione incresciosa - senza poter neanche raggiungere Douma, dove tra l'altro la loro missione non sarebbe nemmeno quella di stabilire chi sia stato responsabile di quell'attacco chimico, ma soltanto di certificare che in quel contesto, nella realtà di Douma, sono state utilizzate armi chimiche. Questa è la realtà.

E ci sono, inoltre, i precedenti: ricorderete tutti l'incertezza nella risposta da parte dell'amministrazione Obama, che aveva essa stessa fissato alcuni anni fa una linea rossa invalicabile circa l'utilizzo di armi chimiche da parte del regime siriano, che poi, dopo una discussione piuttosto complicata nella stessa amministrazione Obama, si risolse a non intervenire. Sta di fatto che il meccanismo investigativo congiunto tra quella organizzazione, l'Opac, e le Nazioni Unite ha asseverato l'anno scorso che nel corso della guerra ci sono stati almeno tre attacchi con armi chimiche da parte del regime siriano, in particolare con uso di cloro, e che, sempre secondo il meccanismo investigativo congiunto, si chiama così, Opac-ONU, c'è stato un attacco con l'utilizzo aereo di gas sarin, un anno fa, nella località di Khan Sheikhoun. Ricorderete che, proprio in seguito a quell'attacco, ci fu una risposta americana esattamente un anno fa.

E dunque, onorevoli colleghi, queste sono le ragioni per le quali, da Presidente del Consiglio, nell'immediato susseguirsi di questa risposta, poche ore dopo, ho definito come motivata - lo stesso aggettivo che avevo utilizzato un anno fa, peraltro, in seguito alla risposta in quell'occasione all'attacco chimico a Khan Sheikhoun - la risposta del 14 aprile da parte degli Stati Uniti e dei due Paesi europei militarmente più impegnati in Siria, e cioè la Francia e il Regno Unito. Una risposta motivata, mirata e circoscritta; non ci sono state, infatti, o comunque non ci sono indicazioni di vittime civili, né di significativi danni collaterali e questo conferma che si è trattato di una risposta circoscritta, indirizzata, come sapete, a tre installazioni di potenziale fabbricazione di armamenti chimici. E l'assenza di incidenti con forze russe e siriane indica che l'azione è stata anche coordinata con gli attori presenti in quell'area, per scongiurare confronti diretti e coinvolgimento della popolazione civile.

Un attacco al quale, come sapete, l'Italia non ha partecipato. Abbiamo, anzi, esplicitamente condizionato la nostra disponibilità ad attività di supporto logistico: le attività basate sui trattati bilaterali tra l'Italia e gli Stati Uniti del 1954 e del 1995. Abbiamo condizionato questo supporto, che si è svolto in particolare dalla base aerea di Aviano, in provincia di Pordenone, al fatto che dal nostro territorio non partissero azioni dirette a colpire il territorio siriano, e così è stato.

Sul piano politico-diplomatico abbiamo chiarito ai nostri alleati, sin dall'inizio, la nostra contrarietà ad ogni escalation e abbiamo ribadito la convinzione italiana sulla impossibilità di giungere a una soluzione di un conflitto che si protrae da così lungo tempo soltanto con l'uso della forza e con l'idea di cacciare manu militari il dittatore Bashar al-Assad da Damasco. Non si tratta, onorevoli colleghi, di una posizione recente o improvvisata, questa. È quanto andiamo ripetendo da anni ai nostri alleati; è quanto, purtroppo, la realtà di questi mesi conferma giorno dopo giorno. Il conflitto è un conflitto senza fine, il regime è responsabile di crimini inauditi, e, tra l'altro, a chi si domanda in questi giorni il famoso cui prodest, cioè perché mai Bashar al-Assad avrebbe dovuto, in un momento in cui, tutto sommato, sul piano militare sta riconquistando gran parte del suo Paese, accanirsi con armi chimiche sulla popolazione di Douma, io risponderei che di ragionevolezza in questi sette anni di conflitto, francamente, ne ho vista ben poca. Dov'è la ragionevolezza nei barili-bombe che sono stati utilizzati continuamente nel conflitto siriano e che sapete che conseguenze provocano? Dov'è la ragionevolezza nel negare accesso umanitario a città assediate in cui l'esito militare del confronto ormai è definito, ma ci si ostina, come ci si è ostinati per settimane, per mesi, a negare alle Nazioni unite, alla Croce Rossa, ogni accesso umanitario? Quindi, io ho visto francamente in questi anni solo l'irragionevole logica del terrore, e quindi non mi domando dove sia la ragionevolezza nell'utilizzo di armi chimiche contro il proprio popolo. Purtroppo, siamo di fronte alla tragedia di una guerra orribile e di un regime orribile.

Eppure, con questo regime orribile, ripete l'Italia da anni, il negoziato è inevitabile. L'idea coltivata da molti, anche da molti nostri alleati, che si potesse cominciare con la cacciata di Assad. Quante volte, nella mia posizione di Ministro degli affari esteri, in questi anni mi sono sentito ripetere da tanti colleghi attorno a questi tavoli: no, ma non si può fare un negoziato, sulla base dell'input che veniva dalle Nazioni Unite, con Bashar al-Assad, prima bisogna cacciare manu militari il dittatore siriano. Questa idea che il ripetersi dei raid aerei, ai quali, come sapete, l'Italia, molto impegnata in Iraq, non ha mai partecipato, i raid aerei in Siria, o la presenza, peraltro molto limitata, come sapete, di forze sul terreno, potesse risolvere militarmente il problema politico siriano, il problema della guerra civile siriana, si è rivelata, mese dopo mese, anno dopo anno, una pia illusione.

E oggi il problema, molto semplicemente, dopo Douma, dopo la Ghouta orientale, dopo Afrin, è evitare altre stragi, altri spargimenti di sangue. Ci sono ancora zone della Siria occupate da ribelli o occupate da curdi che possono diventare, non nei prossimi anni, ma nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, teatro di nuove stragi. Quindi, la situazione siriana continua a interpellare tutti noi e la comunità internazionale. E noi sfidiamo su questo terreno la Russia, la sfidiamo a contribuire, con gli Stati Uniti, con l'Iran, con il mondo arabo, con l'Europa, alla soluzione negoziale di questa questione.

C'è un percorso tracciato dalle Nazioni Unite, la risoluzione 2254, c'è un lavoro che si può fare in questa direzione. Bisogna farlo con il contributo di tutti - il ruolo della Russia, da questo punto di vista, è fondamentale - e bisogna farlo ora. Ora che la battaglia contro Daesh, dal punto di vista del controllo territoriale, a Raqqa e in Siria, è stata vinta - ovviamente, tutt'altro che vinta è la minaccia indiretta, la minaccia dei foreign fighters -, ora che si parla di ricostruzione in Siria, noi dobbiamo dire forte e chiaro che non ci sarà ricostruzione se non ci sarà transizione. La ricostruzione ha bisogno di una transizione che metta le diverse forze di un Paese che ha diversi credi religiosi, diverse componenti etniche, che è teatro di una guerra civile infinita da sei o sette anni… quale ricostruzione è possibile, se non ci sarà una transizione.

E la Russia può essere e deve essere, credo, sfidata su questo terreno, sul terreno del contributo a questo negoziato, perché sono profondamente convinto che la Russia non abbia nessun interesse a fare fino in fondo il gioco di Bashar al-Assad, ora che, grazie al suo intervento, Bashar al-Assad comunque è rimasto nel gioco. E questo deve essere, credo, il contributo italiano, in modo particolare che si avvale dell'autorevolezza che deriva dal fatto che questa posizione è una posizione che noi abbiamo conservato con coerenza in tutti questi sei o sette anni, e che, con il passare del tempo, si è rivelata ogni mese, ogni anno di più, giustificata e inevitabile.

È il momento, oggi, di lavorare in questa direzione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia non è un Paese neutrale, non è un Paese che sceglie di volta in volta con chi schierarsi tra l'Alleanza atlantica e la Russia. L'Italia è un coerente alleato degli Stati Uniti da molti decenni, ed è un coerente alleato non di questa o quella amministrazione americana, voglio essere molto chiaro da questo punto di vista. È un coerente alleato degli Stati Uniti, gli Stati Uniti di Kennedy o di Nixon, gli Stati Uniti di Reagan o di Clinton, gli Stati Uniti di Bush o di Obama. L'Italia è sempre stata da questa parte. È una scelta di campo? Sì, è una scelta di campo, è la nostra scelta di campo (Applausi dei deputati dei gruppiPartito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente), ed è la nostra scelta di campo perché in gioco, onorevoli colleghi, non c'è solo la riconoscenza per chi ha liberato il nostro Paese dal nazifascismo, non c'è in gioco solo la difesa del nostro Paese. Ci sono in gioco i valori di libertà, di democrazia, i diritti, il libero commercio, e nessuna stagione sovranista può portare al tramonto dell'Occidente e dei suoi valori, almeno questa è la mia convinzione. Scelta di campo, naturalmente, non vuol dire rinuncia all'autonomia e al perseguimento dei nostri interessi nazionali, non ha mai voluto dire questo. Dobbiamo tranquillamente convincerci, perché questa è la storia del nostro Paese, e non da qualche mese, ma da molto tempo, che si può essere coerentemente nell'Alleanza Atlantica e, contemporaneamente, si possono marcare delle differenze, sottolineare degli interessi nazionali, perseguire degli obiettivi, magari mirando gradualmente a fare di questa impostazione l'impostazione che si rafforza e che coinvolge anche l'insieme dell'Alleanza.

È così che in fondo abbiamo agito anche in quest'ultima crisi, gli italiani e i tedeschi, e tanti altri Paesi, non considerando l'idea di partecipare attivamente sul piano militare a queste operazioni, ma non facendo mancare il nostro sostegno ai nostri alleati.

È così che noi non abbiamo mai rinunciato in questi anni e non dobbiamo rinunciare a quella impostazione che, in gergo, si definisce del “doppio binario”, cioè che associa, da un lato, la fermezza nei confronti della Russia, quando ci sono violazioni palesi del diritto internazionale o dello status quo in Europa, ma, contemporaneamente, si batte per tenere sempre aperta la porta del dialogo nei confronti della Russia. Questa è la posizione italiana. Qualcuno l'ha accusata, nel corso di questi anni, di essere troppo morbida, troppo aperta, troppo tenera nei confronti della Russia, ma io non ci sto a una rappresentazione che ripropone al contesto internazionale di oggi i cliché della guerra fredda o addirittura i cliché dell'inizio della seconda guerra mondiale. Noi siamo contemporanei e nel nostro mondo di oggi abbiamo bisogno di associare alla fermezza l'apertura e il dialogo con un grande vicino dell'Europa come la Russia. E non ci rassegniamo neanche a cancellare l'intesa con l'Iran sul nucleare, perché la consideriamo una delle scelte importanti che la diplomazia internazionale ha conseguito negli ultimi anni e pensiamo che sia giusto mantenerla. Insomma, colleghi, questi sono alcuni dei capisaldi della nostra politica estera, capisaldi sui quali io credo che sia molto importante che si manifesti la convergenza parlamentare più ampia possibile. Penso che questo non sia nell'interesse del Governo dimissionario; penso che sia nell'interesse dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha chiesto di parlare la deputata Giulia Grillo. Ne ha facoltà.

GIULIA GRILLO (M5S). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, innanzitutto il contesto istituzionale in cui ci troviamo oggi, con un Governo dimissionario e in carica per l'ordinaria amministrazione che informa le Camere su una questione delicatissima come la crisi siriana, ci mette davanti a un'evidenza: questo Paese ha urgentemente bisogno di un nuovo Esecutivo nella pienezza delle sue funzioni, che sia espressione delle scelte degli elettori italiani dello scorso 4 marzo. Detto questo, l'attacco di Douma ci ha riportato davanti agli occhi uno scenario che in realtà si protrae ormai dal 2011. In Siria c'è una guerra che perdura da sette anni e in cui sono morte quasi 500 mila persone. Secondo l'Alto Commissariato ONU per i rifugiati si contano circa 7 milioni 600 mila sfollati interni e oltre 5 milioni di rifugiati all'estero. Insomma, quella in corso non è una tragedia politica e umanitaria cominciata oggi, né con Douma né con l'attacco missilistico di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Da tempo sentiamo, infatti, parlare di guerra per procura poiché sul territorio siriano operano compagini specifiche, attori specifici che da una parte, come nel caso di Washington e Riad, chiedono le dimissioni di Assad e dall'altra, come nel caso di Teheran e Mosca, chiedono che Assad resti al potere.

Su questo martoriato popolo si stanno ingiustamente e pervicacemente scaricando le tensioni politiche e militari del mondo intero: Stati Uniti, Arabia Saudita, Russia, Israele, Iran, Francia e Regno Unito, con i relativi apparati di intelligence. In altri termini, in Siria si stanno contrastando due blocchi: USA, sauditi e Israele, da una parte; Russia, Teheran e Assad, dall'altra. Si contrastano in una partita dall'esito tutt'altro che già scritto e dalle alleanze non chiaramente decifrabili. Sulla scena siriana risultano, pertanto, protagonisti definiti e altri attori si sono autoinvitati, rendendo la questione delicatissima e complicatissima nell'ambito internazionale…Mi fermo, Presidente? È successo qualcosa?

PRESIDENTE. Aspettiamo un attimo, deputata Grillo.

Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,59, è ripresa alle 16.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Poi ci accerteremo delle condizioni del deputato. Prego, deputata Grillo.

GIULIA GRILLO (M5S). Grazie, Presidente. La principale vittima di tutto questo caos è stato ed è ancora oggi il popolo siriano, a cui va tutta la nostra umana vicinanza. Per questo riteniamo necessario che siano immediatamente incrementati i canali di assistenza umanitaria ma al contempo, Presidente, riteniamo necessario che in Siria si percorra la strada che porti rapidamente a una soluzione diplomatica e di pace perché, pur manifestando la volontà di voler restare sotto l'ombrello dell'Alleanza Atlantica, volevo ricordare che l'articolo 11 della nostra Costituzione italiana recita solennemente: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. In questa cornice ci auguriamo anche che l'Unione europea sappia mostrarsi coesa e compatta ma che soprattutto l'ONU torni ad essere il tavolo al centro del quale portare le controversie internazionali e individuare le rispettive risoluzioni che, ripeto, devono essere diplomatiche e non militari, di pace e non di guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

L'utilizzo di armi chimiche in Siria è semplicemente abominevole e a tal proposito ribadisco che la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche costituisce, per noi, uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda il sistema di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. È un dovere politico, civile e soprattutto morale che sia lasciato campo libero agli ispettori dell'Opac affinché accertino sul terreno la veridicità e l'oggettività dei fatti per poi individuare i responsabili degli attacchi. Questo lo dobbiamo ai nostri popoli, alle nostre democrazie e, soprattutto, al popolo siriano. Sia monito, tutto questo, anche per indirizzare finalmente il mondo - e non solo la Siria - verso un disarmo completo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Parigi sulla proibizione delle armi chimiche. Concludo, Presidente e onorevoli colleghe e colleghi, sottolineando quanto ribadito al principio del mio intervento. L'Italia, alla luce dei rapidi sviluppi in corso in Medio Oriente - ma non solo: penso anche al Mediterraneo, ad esempio -, ha un improcrastinabile bisogno di un Governo legittimato che riporti il nostro Paese al centro dell'agenda internazionale, restituendogli quel ruolo politico e geostrategico che in questi anni ha sempre mancato di mostrare, ovvero quello di ponte e anche di speranza tra l'Oriente e il nostro Occidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Guglielmo Picchi. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO PICCHI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, colleghi, la sua informativa ci lascia molti dubbi e molte zone d'ombra sulla ricostruzione dei fatti e sul cui prodest. Sebbene sia stato oggetto di una narrativa seguita da tanta stampa e da tanti esperti del settore, non si capisce, però, come mai gli ispettori dell'Opac siano arrivati dopo l'attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia e non prima. Se si voleva accertare quello che effettivamente era avvenuto sul campo probabilmente gli ispettori avrebbero dovuto essere là prima dell'attacco. L'altra cosa che ci lascia estremamente perplessi è stato il richiamare in maniera non corretta la NATO e mettere in dubbio anche la posizione della Lega sull'Alleanza Atlantica.

Ricordiamo a tutti che l'Alleanza atlantica è un'alleanza difensiva, che nessun ruolo ha svolto nella crisi siriana e che, quando la NATO, su mandato ONU, svolge missioni di polizia internazionale o missioni di pace internazionale, esiste il mandato ONU. Qui il mandato ONU non c'era (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)! Stiamo parlando di un'iniziativa di tre nostri alleati - certamente nostri alleati - che però hanno unilateralmente deciso di intervenire in Siria.

Qui non mettiamo in discussione l'uso delle armi chimiche: noi condanniamo sempre e comunque l'utilizzo delle armi chimiche, chiunque ne faccia utilizzo; è indegno che siano utilizzate armi chimiche, su qualsiasi scenario.

Ricordiamo anche che tre anni fa gli ispettori dell'OPAC ci avevano detto che la Siria era libera da armi chimiche. Questo ci avevano detto gli ispettori dell'OPAC. E ricordiamo che vennero a Gioia Tauro - ci fu una discussione in quest'Aula - le navi per prendere il materiale chimico e trasferirlo e portarlo in altri luoghi perché venisse neutralizzato. Questo è il vero scenario dove siamo. E se concordiamo con la cautela del Governo sulla posizione, non possiamo non evidenziare, però, grosse contraddizioni, come l'assenza totale dell'Unione europea. Chiamiamo sempre “Europa, Europa, Europa”, ma questa è stata completamente assente. Non si è sentita una sola voce sull'Europa. Niente, il nulla. Ci saremmo aspettati che il nostro Paese, seppure in un momento in cui il Governo non è nella pienezza delle sue funzioni, potesse svolgere quel ruolo di mediazione che invece noi rivendichiamo con forza.

E sulla Russia, il suo termine di “sfidare” la Russia non ci pare corretto. Noi vogliamo far sì che la Russia collabori su tutti i dossier internazionali: sulle grandi questioni, sulla lotta al terrorismo, sull'immigrazione, sui grandi processi di pace. Questo è il ruolo che l'Italia deve svolgere. L'Italia deve avere una politica estera assertiva, deve far sentire la propria voce in tutti i contesti, bilaterali e multilaterali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Questo non ha fatto in questi anni, questo non è avvenuto.

Abbiamo gli strumenti per ingaggiare i russi, siamo anche presidenti di turno dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che lei ben conosce, Presidente del Consiglio. Noi vogliamo essere molto chiari: la Russia è un partner; la consideriamo parte della storia dell'Europa, lo ricordiamo, basta vedere dal Congresso di Vienna alle due guerre mondiali: la Russia è parte della nostra storia, è inaccettabile che una parte dell'opinione pubblica, penso in particolare alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti, torni a concetti di russofobia, che erano caratteristici dell'Ottocento e del grande gioco che avveniva in Asia tra l'Impero britannico e l'Impero russo. La storia è andata avanti. La Russia è parte di questa storia, il che non vuol dire che, se noi dovessimo essere chiamati a una scelta di campo, non saremmo fedeli alla nostra Alleanza atlantica, dove siamo e vogliamo essere attivi. Ma in Siria non si è parlato di NATO, quindi sgombriamo il campo da questa questione NATO, che non c'è. Noi siamo leali ai nostri alleati, ma quando i nostri alleati sbagliano vogliamo dirlo con forza: non sono le bombe che possono portare la pace in Siria (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)!

Non lo sono state nel 2011, quando abbiamo scatenato le primavere arabe; non lo sono state in Libia successivamente, quando è caduto Gheddafi; non sono mai portatrici di pace, le bombe. Questo dobbiamo averlo tutti ben chiaro e tenerlo tutti bene in mente.

Allora, richiamo il Governo a continuare nello sforzo diplomatico, a incrementarlo, a farlo valere in tutti i fora, bilaterali e multilaterali. Noi come Lega facciamo la nostra parte, utilizzando quel poco che abbiamo - ancora per poco - la nostra diplomazia parlamentare per costruire fiducia tra le parti e far sì che la soluzione in Siria sia una soluzione diplomatica. Richiamiamo, in un momento così difficile, tutti a una grande, grande cautela (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-SalviniPremier,Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piero Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD). Presidente, signor Presidente del Consiglio, il nostro gruppo condivide la posizione assunta dal Governo in questi giorni e da lei qui riassunta efficacemente. Le immagini di bambini, donne, anziani, intere famiglie soffocate dai gas tossici hanno suscitato indignazione ed emozione in tutto il mondo, e di fronte a tanta sofferenza la reazione sanzionatoria verso chi ne è responsabile non poteva che essere necessaria e inevitabile. Anche per questo, per la delicatezza e la complessità di quell'azione, è necessario accertare tutte le responsabilità, consentendo, come lei ha detto, piena libertà di azione agli ispettori dell'OPAC.

Ma, in particolare, condividiamo la scelta di non essere stati partecipi e operativi dell'intervento militare, non per un venir meno di solidarietà a Paesi alleati, ma perché sempre l'Italia, come lei ha ricordato, ha perseguito e sostenuto una soluzione politica e negoziale.

Intanto, questo vogliamo qui ribadire: non possiamo ignorare che ciò che è accaduto nella città di Douma è l'ultimo drammatico atto di una tragedia che da sette anni martirizza la Siria; una guerra civile atroce, a cui via via si sono sovrapposti altri conflitti, intorno a cui si giocano molteplici equilibri: tra Assad e i suoi oppositori, tra ISIS e islamici non integralisti, tra curdi e i Governi dell'area, tra sciiti e sunniti, tra Iran e Arabia Saudita, tra Arabia Saudita e Qatar, tra Iran e Israele, tra Israele e palestinesi, tra fazioni opposte in Yemen, e con la presenza sul terreno di Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, uniti sì nella lotta all'ISIS, ma divisi e su fronti opposti nel sostegno ai protagonisti di quei conflitti.

Pensare che una situazione così complessa possa essere risolta con le armi è pura velleità, come lei ha giustamente ribadito. A quei conflitti si può dare soluzione solo se si imbocca con determinazione la via del negoziato per ricercare soluzioni condivise. La Siria potrà uscire dalla guerra civile solo se Assad e i suoi oppositori saranno sollecitati, sostenuti e accompagnati nella ricerca di un punto di compromesso; e così per il conflitto israelo-palestinese, che torna a conoscere in queste settimane un'escalation di violenza. In Yemen, solo un negoziato potrà far uscire quel Paese da un conflitto che sta già pericolosamente coinvolgendo altre nazioni come l'Arabia Saudita; e solo con soluzioni negoziali si potrà dare soddisfazione all'aspirazione curda nel veder riconosciuta l'autonomia della propria identità. Insomma, serve una svolta, ma perché questo avvenga occorre un salto di qualità da parte della comunità internazionale, in primo luogo dai tanti attori di quella crisi.

La crisi siriana ci mette di fronte a un'innegabile verità, che troppo spesso e a lungo ci si ostina ad occultare: non si governa un mondo globale sulla base soltanto di politiche nazionali. Da sette anni entrano nelle nostre case immagini terribili di morte, sofferenza, distruzioni, e chiunque di noi, anche noi che siamo qui, si è chiesto: ma cosa deve ancora accadere per fermare quella mattanza? La risposta a questo interrogativo giusto, di buonsenso, civile, è che non si interviene perché non vi è un'autorità titolata a farlo. O meglio, un'autorità ci sarebbe, perché la Carta dell'ONU prevede un right to intervene e una responsibility to protect: un diritto di intervenire per proteggere le popolazioni dai conflitti. Ma quella possibilità è subordinata a un'autorizzazione del Consiglio di sicurezza, dove le decisioni si prendono sulla base delle decisioni dei rappresentanti degli Stati; e se tra loro, come nella vicenda siriana, non c'è accordo, ogni decisione si ferma.

Insomma, è tempo di dire che, se non si supera la gelosia delle nazioni, la gelosia della loro potenza, della loro sovranità, della loro influenza, di fronte a ogni conflitto la comunità internazionale e le sue istituzioni saranno sempre impotenti. In un mondo interdipendente e globale servono sedi di sovranità globale, capaci di gestire e governare i conflitti che nessuna politica nazionale da sola può dirimere. Per questo condividiamo la scelta dell'Italia, che lei, signor Presidente, ha ribadito nel suo discorso all'Assemblea dell'ONU, nel settembre scorso, di sostenere il rafforzamento delle istituzioni multilaterali e sovranazionali dotandole di poteri, strumenti e risorse necessari a esercitare la loro funzione di governance.

Questo vale anche per l'Europa, che è vitalmente interessata e direttamente investita da ciò che accade in quella regione strategica che va dallo Stretto di Gibilterra al Golfo Persico. Basterebbe pensare a come la crisi siriana - e la crisi di altri Paesi mediterranei - abbia generato imponenti flussi di profughi e di migranti, approdati in Italia e in Europa, per comprendere che quel che accade là ci riguarda direttamente. Ma proprio per questo, anche l'Unione europea deve fare un salto di qualità: per contare bisogna parlare con una sola voce, bisogna agire con una sola mano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), mentre, di fronte alle tante crisi che scuotono il Mediterraneo e il Medio Oriente, molte nazioni europee, a partire dalle più potenti, tendono ad agire in proprio. Il risultato è una Babele di azioni che non consente di arginare i conflitti, riduce l'autorevolezza, la credibilità e la capacità di azione dell'Unione europea. E se un merito va riconosciuto all'Italia - e io credo che lo dovremmo rivendicare di più tutti, al di là delle appartenenze politiche singole di ciascuno di noi -, è che l'Italia ha sempre pensato e compiuto le proprie scelte di politica estera dentro la dimensione europea, scegliendo non l'effimero prestigio di avventure solitarie, ma l'impegno a far sì che l'Unione europea potesse esprimere una politica efficace nell'interesse comune di tutti i suoi Paesi membri e, in primo luogo, di tutti i cittadini europei.

Per tutte queste ragioni, consideriamo un passaggio importante la Conferenza internazionale che l'ONU e l'Unione europea hanno convocato per il prossimo 24 aprile, tra qualche giorno, a Bruxelles, con la presenza di tutti i protagonisti di quel teatro. La Conferenza deve essere l'occasione per aprire una fase nuova, sospendere il ricorso alle armi, attivare un corposo programma di interventi umanitari, rilanciare il negoziato tra le parti.

Noi incoraggiamo il nostro Governo a sostenere, in ogni forma, le proposte che lì saranno avanzate dal rappresentante dell'ONU Staffan de Mistura e dall'Alto rappresentante europeo Federica Mogherini.

Insomma, non c'è più tempo davanti a noi; ogni nazione, ogni Governo, ogni istituzione internazionale, ogni parte in conflitto, è chiamata ad assumere le proprie responsabilità e ognuno di noi ha la responsabilità di non far mancare il sostegno a ogni iniziativa utile a restituire pace e vita laddove, per troppi anni, hanno prevalso guerra e morte. A nessuno saranno perdonate indifferenza, passività, opportunismi, di fronte al prezzo di sangue, sofferenze e distruzioni che la Siria ha pagato e continua a pagare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Signor Presidente, a più di tre giorni dall'attacco aereo che ha colpito la Siria, l'opinione pubblica continua a porsi alcuni interrogativi fondamentali: l'attacco era veramente necessario e aveva la legittimità ai sensi del diritto internazionale? Qual è il ruolo che compete al nostro Paese in questa situazione?

Sono interrogativi fondamentali perché l'Italia, per la sua collocazione geografica, per i suoi interessi strategici, per la sua scelta di campo occidentale, che da settant'anni è prima di tutto una scelta di valori, è direttamente coinvolta in ciò che sta accadendo dall'altra parte del Mediterraneo.

Abbiamo sentito le parole del Premier Gentiloni, parole ispirate a prudenza, a equilibrio, ma forzatamente limitate dalla particolare condizione politica di queste settimane, dal fatto che il Governo non sia nella pienezza dei suoi poteri, dall'assenza di un orizzonte temporale per le politiche del nostro Esecutivo.

Il Premier britannico Theresa May, invece, ha potuto assumere una posizione molto più netta: ha definito l'attacco legale, perché vi sarebbero prove evidenti della responsabilità diretta di Assad nell'uso di armi chimiche e perché l'attacco era stato portato proprio per alleviare e prevenire ulteriori sofferenze della popolazione.

La posizione del Regno Unito, che del resto sostanzialmente coincide con quella degli Stati Uniti e della Francia, è comprensibile, ma pone seri problemi giuridici e politici. Né la Carta dell'ONU, infatti, né il diritto internazionale riconoscono la dottrina dell'interventismo militare umanitario e la legittimazione di una tale dottrina da parte di singoli Stati non può essere riconosciuta come consuetudine senza minare la supremazia della Carta stessa.

In questo caso, poi, non è stata condotta finora un'indagine dell'OPAC e non vi sono, quindi, prove certe dell'attacco chimico. Deplorare il regime di Assad è certamente legittimo e, forse, doveroso; agire in assenza di una prospettiva politica chiara e di una cornice di legalità internazionale univoca crea grandi problemi e grandi pericoli.

La via d'uscita deve essere quella di una risposta autorevole da parte delle organizzazioni internazionali, sia per ottenere il supporto dell'opinione pubblica, sia soprattutto per scongiurare l'impressione che qualunque Paese possa rivendicare l'uso della forza come intervento umanitario dettato dallo stato di necessità.

In questo senso, la risoluzione che è stata ieri approvata dai Ministri degli esteri dell'Unione europea, nel condannare l'uso ripetuto e continuato delle armi chimiche da parte del regime siriano, pone dei paletti alla legittimazione, nel considerare l'intervento solo come mirato e con l'unico obiettivo di prevenire l'uso ulteriore di sostanze chimiche da parte di Assad per uccidere il proprio popolo. Qui si lega, visto il carattere circoscritto di tale intervento, la questione se fosse realmente necessario o se si è trattato soltanto di una rischiosissima azione dimostrativa con il rischio di una pericolosissima escalation. Difficile dare una risposta univoca, almeno se il nostro scopo è quello di affrontare in modo serio una situazione molto complessa e se non ci accontentiamo di cercare un posizionamento tattico ai fini della sola politica interna. Così come è difficile stabilire quando si pone l'esigenza di intervenire ogni qual volta vengano usate armi chimiche o anche quando si compiano stragi e atrocità sulle popolazioni civili con l'impiego delle armi cosiddette convenzionali, ma non meno feroci e letali.

Forte è l'impressione che ci troviamo dinanzi a un gesto e non a una strategia, non soltanto in relazione all'uso delle armi chimiche in sé, ma in relazione al conflitto siriano in generale, dove altri attori, nel vuoto rappresentato dall'Occidente, hanno preso iniziative che non necessariamente andranno nel nostro interesse in futuro in un'area chiave per l'Europa e per il nostro Paese, e che alla fine lasceranno anche un senso di impunità del regime di Assad, con conseguenze terribili in previsione di quelle che si annunciano le prossime fasi di questo conflitto.

Un intervento legale di protezione umanitaria da parte dell'Occidente nelle fasi iniziali della rivolta siriana avrebbe probabilmente impedito massacri e l'esodo della metà della popolazione. Però dobbiamo definire il concetto di protezione umanitaria, perché nel precedente della Libia questo termine è stato usato per presentare agli occhi del mondo un vero e proprio rovesciamento di regime, del quale ancora oggi il popolo libico, ma anche l'Italia, paga conseguenze molto gravi, allorché in Siria si pagano le esitazioni e le contraddizioni della comunità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Allora, l'altra domanda è: qual è, allora, il ruolo che spetta al nostro Paese in queste circostanze? Come Italia, innanzitutto, dobbiamo stare attenti al pieno rispetto del diritto internazionale e ce lo impone la nostra Costituzione, all'articolo 10 e all'articolo 11. Occorre che le operazioni intraprese dai nostri alleati siano conformi al diritto e occorre anche che il Parlamento, soprattutto in assenza di un Governo forte, sia messo in condizione di pronunciarsi, di autorizzare l'uso del territorio nazionale secondo termini di legalità internazionale, di finalità costituzionali, in ottemperanza ai trattati e alle nostre alleanze.

Come scrive il Presidente Berlusconi, in una lettera al Corriere: l'Italia ha bisogno al più presto di un Governo nella pienezza dei poteri, autorevole e capace di farsi ascoltare dalle maggiori potenze, in virtù del nostro ruolo indiscusso all'interno del sistema di alleanze e di relazioni euroatlantiche.

In questi anni il ruolo delle Nazioni Unite si è affievolito fino al punto che molti si chiedono se abbia ancora un senso un'organizzazione internazionale di questo tipo. Per chi, invece, come noi, crede nel diritto internazionale, questa deve essere un'occasione nella quale le Nazioni Unite debbono tornare ad essere il luogo di garanzia e legalità internazionale.

In questo quadro, da occidentali alleati dell'America e partner dell'Europa, siamo fermamente convinti del fatto che la Russia di Putin vada vista come un partner strategico e non come avversario. Questo non significa che non vi possono essere visioni diverse o interessi in contrasto; significa che tali contrasti vanno risolti dialogando e non in conflitto con Mosca, non rischiando incidenti sul terreno o imprevedibili escalation. Guardando la Siria di oggi, non è realistico pensare di sostituire Assad, ma va messo in condizione di non nuocere alla sua stessa popolazione e di non costituire un focolaio permanente di destabilizzazione e di minaccia per i Paesi limitrofi, a cominciare da Israele.

Non vi può essere una soluzione militare a questo conflitto, ma solo un processo politico che porti ad un accordo inclusivo, in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza; questo si ottiene dialogando con la Russia, che è il solo Paese in grado di condizionare le scelte di Damasco.

Quindici anni fa, ha scritto il Presidente Berlusconi sempre nell'articolo citato prima, il nostro Governo mise intorno a un tavolo, a Pratica di Mare, Russia, Stati Uniti e Europa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) in uno storico accordo che avrebbe potuto inaugurare una nuova epoca di alleanza e non più di contrapposizione.

Quello spirito per noi non è morto; vive nel rispetto della democrazia, dei diritti dell'uomo e della dignità della persona; si fonda su valori condivisi, sul rispetto delle norme del diritto internazionale e deve ispirare l'azione della nostra diplomazia e del nostro Paese.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, la politica estera non può essere un accessorio delle nostre dinamiche e delle nostre tattiche interne (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente); è, invece, la discriminante che definisce i valori, la cultura, gli interessi di una nazione. Per mezzo secolo, l'appartenenza all'Occidente ha definito la nostra identità politica e, addirittura, la nostra identità morale. Oggi, questo rimane, ma non basta più; l'Italia non può pensare di fare da sola, mai, senza l'Europa, senza l'Alleanza atlantica. Una politica estera siffatta sarebbe soltanto una illusione provinciale. Ma non è velleitario, invece, com'è nella migliore vocazione del nostro Paese, portare un contributo di saggezza, di diritto, di equilibrio. Siamo al centro del Mediterraneo, crocevia di molte tensioni del XXI secolo, possiamo starci da protagonisti o da vittime. La scelta dipende da noi, dal nostro grado di autorevolezza e di responsabilità. Pensiamoci, alla vigilia di scelte di governo che potrebbero decidere il futuro del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Giorgia Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI (FDI). Grazie, Presidente. Presidente Gentiloni, Fratelli d'Italia ha apprezzato la scelta del Governo italiano di non partecipare all'attacco in Siria, di non concedere le basi italiane per condurre quegli attacchi. Ma, se abbiamo apprezzato quella scelta, se l'abbiamo condivisa, dobbiamo, invece, dirle che abbiamo parecchie riserve sulle parole che il Governo ha espresso anche in questa sede. Perché, vedete, da una parte, voi dite: noi non partecipiamo a quell'attacco, e, dall'altra, sostenete che l'attacco di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna in Siria era legittimo, era la legittima risposta agli attacchi con armi chimiche da parte del regime di Bashar al-Assad, che il compito dell'Italia è quello di garantire il suo sostegno e che quelli che, invece, sono contrari, sostanzialmente, al sostegno a quell'attacco, lo fanno perché sono amici di Putin e di Assad. Insomma, una ricostruzione un po' bambinesca, buona per i tweet, buona per la propaganda elettorale, abbastanza distante dalla serietà che si richiederebbe in un dibattito di politica estera nel quale si parla di guerra, di missili, di crimini di guerra.

Allora, credo che valga la pena ribadire un paio di cose: Fratelli d'Italia è uno di quei movimenti che è stato contrario all'attacco in Siria. Non contrario alla partecipazione italiana, contrario all'attacco e non perché siamo amici di Putin o di Assad. Vede, noi siamo un movimento di patrioti e in quanto tali non siamo mai stati né filoamericani né filorussi, non abbiamo fatto le ragazze pon pon di Trump, di Putin, della Merkel, di Macron, di nessuno. Noi in politica estera - e mi rendo conto che può essere difficile da capire per i troppi che pensano che la politica estera italiana debba risolversi nello scodinzolare sugli scenari internazionali - abbiamo un unico faro e quel faro è la difesa dell'interesse nazionale italiano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ora, questo non significa, ovviamente, mettere in discussione le proprie alleanze; significa, però, avere la pretesa di partecipare alle organizzazioni internazionali con dignità. L'Italia fa parte della NATO, dell'Alleanza atlantica ed è giusto che mantenga i suoi impegni internazionali; però, la partecipazione all'Alleanza atlantica prevede due cose: l'impegno a una difesa collettiva, ossia l'intervento automatico in caso di aggressione di uno degli Stati membri, e la possibilità di concordare azioni e interventi comuni per specifiche esigenze di sicurezza comune o su mandato delle Nazioni Unite. L'Italia ha sempre rispettato questi patti, in Iraq, in Afghanistan, nelle oltre 24 missioni internazionali senza ombrello ONU, nelle quali vale la pena di ricordare che abbiamo perso 73 soldati. Siamo sempre stati leali e con la stessa lealtà, oggi, però, dobbiamo dirci che non rientra, invece, tra gli impegni connessi con l'appartenenza alla NATO l'obbligo di seguire e neanche di condividere, Presidente Gentiloni, azioni militari unilaterali decise da uno o da più Stati membri. Vedete, è un principio di buonsenso, perché la tattica del “se parte uno, partiamo tutti, e meniamo a testa bassa senza fare domande” è buona per le risse da bar, non per la politica internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); la politica internazionale è una cosa più seria.

Allora, noi non vogliamo mettere in discussione la nostra appartenenza alla NATO, però vogliamo ribadire che l'Italia non è uno Stato vassallo, che l'Italia è uno Stato sovrano, che l'Italia fa le sue scelte, difendendo il proprio interesse nazionale. E, allora, dobbiamo, vogliamo ribadire, in quest'Aula, che noi reputiamo che un'azione militare contro uno Stato, per punire un presunto crimine di guerra, debba essere fatta in seno alle Nazioni Unite o, almeno, con una vasta e trasversale partecipazione della comunità internazionale e non con azioni unilaterali di singoli Stati; e questo non solo - guardi - per senso di giustizia, ma anche per evitare il caos totale nelle relazioni internazionali, perché se passa il principio che ha senso un attacco unilaterale verso qualcuno accusato di violenza contro i civili, ci rendiamo conto che noi stiamo sostanzialmente autorizzando l'attacco di buona parte degli Stati del mondo o mi volete dire che la Siria è l'unico? Vogliamo parlare dello Yemen, della Birmania, della Somalia, della Corea del Nord, vogliamo parlare dell'Arabia Saudita? Vogliamo dire che speriamo che qualcuno non bombardi anche l'Italia, visto che Amnesty International ha dichiarato che anche noi abbiamo violato i diritti umani, per i nostri accordi con la Libia in tema di immigrazione irregolare? Se passano questi principi, noi sappiamo dove si inizia e non sappiamo dove si finisce.

Si dice: l'operazione militare è una risposta al presunto attacco chimico avvenuto nella città di Duma; tutti siamo contrari all'utilizzo di armi chimiche e tutti vogliamo combattere contro l'utilizzo di armi chimiche; ma c'è un problema: che le Nazioni Unite ancora non si sono espresse su cosa sia accaduto a Duma e su chi sia stato, eventualmente, il responsabile. Ad oggi, noi non abbiamo certezze, abbiamo solo dubbi e contraddizioni. Lei stesso viene in quest'Aula e parla di evidenze, di fonti, di “altamente probabile”. Allora, qualcosa diciamolo; avete citato in più di un'occasione l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e, allora, forse vale la pena di ricordare che nell'attacco dell'altra notte, la maggior parte dei missili è stato lanciato contro il centro di ricerca di Barzah a Damasco, indicato come centro di produzione di armi chimiche e qualcosa non torna, Presidente Gentiloni, perché il centro di Barzah è stato ispezionato due volte dagli osservatori internazionali dell'OPAC e questi osservatori hanno stilato tre rapporti, l'ultimo dei quali lo scorso 23 marzo, e sa che dicono? Che nel centro di Barzah non vengono prodotte le armi chimiche, quindi qualcosa non torna, signori. Che cos'è? Una cospirazione internazionale? Abbiamo, dopo le scie chimiche, le armi chimiche che vengono negate dagli operatori dell'Organizzazione contro le armi chimiche? Non so, per me qualcosa non torna.

Trump e Macron affermano che loro hanno le prove del fatto che quell'attacco c'è stato e che è stato Assad, però non le possono fare vedere, perché è questione di intelligence. Theresa May, più prudente - come lei - parla di “evidenze”, “siamo quasi convinti che sia stato Assad”. E, quindi, già, quella certezza non c'era, evidentemente. Allora, io vi chiedo: dovrebbero bastare questi elementi per dare il sostegno internazionale, il sostegno della comunità internazionale a un conflitto che noi sappiamo dove inizia e non sappiamo dove finisce, che può avere degli esiti imprevedibili, che coinvolge soprattutto il Mediterraneo e, quindi, soprattutto l'Europa e, quindi, soprattutto l'Italia? O forse è legittimo avere dei dubbi, soprattutto se si considera il fatto che non possiamo far finta di non sapere che le nazioni che intervengono in Siria hanno degli interessi geopolitici in Siria, signori. Non è che siamo solamente dei filantropi, eh, ci sono degli interessi geopolitici che qualcuno sta difendendo; sono i nostri interessi geopolitici? Permettetemi di avere qualche dubbio.

Allora, penso che l'Italia, oggi, debba scegliere se difendere il diritto internazionale e, quindi, dire “no” alle azioni militari unilaterali, oppure stabilire che vige la legge del più forte, dove il diritto internazionale lo stabilisce chi ha la maggiore capacità militare. Capisco che possa essere utile a potenze nucleari come gli Stati Uniti, la Francia o la Gran Bretagna. Non mi è esattamente chiaro perché dovrebbe essere utile, a una nazione militarmente un tantino - diciamo - meno attrezzata come l'Italia, disconoscere le Nazioni Unite e stabilire la legge del più forte. Francamente, non mi è chiarissimo.

Consentitemi, anche, di spendere una parola sull'Unione europea, sulla sua assenza totale, anche in questa occasione. Unione europea presentissima, quando c'è da fare atti di bullismo contro le popolazioni terremotate dell'Aquila, ma assolutamente incapace di esistere ogni qual volta c'è bisogno di sentire la sua voce, per esempio, in campo di politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

E forse anche Federica Mogherini, arrivati a questo punto, dovrebbe seriamente riflettere sull'inutilità del suo ruolo e trarne le inevitabili conseguenze.

Allora vedete, colleghi, quello in corso a livello internazionale è un processo che può mettere l'Italia in grande difficoltà. E la mente non può che correre alla Libia, quando, qualche anno fa un attacco analogo, un'altra azione militare, giustificata da ragioni umanitarie, ha finito per portare grandi vantaggi economici a chi aveva deciso quell'attacco e per mettere, invece, in difficoltà chi quella decisione l'aveva subita, come l'Italia, che fu privata degli accordi sull'approvvigionamento energetico fatti con Gheddafi e che da lì, da quella scelta, deve il caos sull'immigrazione irregolare e incontrollata.

Allora - e concludo e vi ringrazio - Fratelli d'Italia, in nome dell'interesse nazionale italiano, ribadisce la sua assoluta contrarietà ad ogni azione militare unilaterale, anche se viene giustificata con l'idea credibile delle ragioni umanitarie e anche se viene compiuta dai nostri storici alleati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il gruppo di Liberi e Uguali ha richiesto tra i primi la convocazione del Parlamento per un'informativa sulla crisi siriana e lo ha fatto per un duplice motivo.

Da un lato, per chiarire la vicenda dell'uso del gas contro i civili, avvenuto a Douma il 7 aprile scorso, e la conseguente azione unilaterale messa in atto dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dalla Francia, un'azione e una vicenda che giungono dopo sette anni di una guerra che ha distrutto un'intera nazione, martoriato un popolo, provocato centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi. Ma l'abbiamo chiesto anche per una forte preoccupazione, che ho sentito poco in quest'Aula, di una possibile escalation, non soltanto della guerra in Siria, di un ulteriore elemento di destabilizzazione dell'intera aria mediorientale, che, dopo la guerra in Siria, potrebbe provocare un allargamento e altre guerre.

È quindi da quest'Aula, la massima espressione della volontà popolare, che i deputati di Liberi e Uguali vogliono riaffermare la condanna ferma e netta dell'uso delle armi chimiche, nella convinzione che si debba individuare e consegnare al più presto alla giustizia internazionale i responsabili di questo crimine contro l'umanità; riaffermare anche che, con le bombe e con i missili, non si risolve la crisi siriana e non si porta pace in Medioriente; riaffermare che deve essere ricercato con determinazione e pazienza ogni spiraglio diplomatico per fermare questa escalation; riaffermare anche che non sono in discussione le alleanze internazionali dell'Italia, ma con la stessa nettezza il nostro Paese deve dire che non possono essere condivise azioni militari unilaterali, come quella avvenuta negli scorsi giorni.

Ed è giusto ricordare oggi, insieme ai morti e ai tanti morti causati dal gas, anche quelli del massacro di Afrin, un massacro passato nell'indifferenza e nel silenzio, complice di larga parte della comunità internazionale.

Liberi e Uguali dice con forza “no” all'avventurismo militare privo di strategie politiche e diplomatiche per gestire il dopo, ricordando, al contrario, come si possono affrontare in altro modo crisi anche in una zona difficile e complessa, storicamente complessa, come quella del Medioriente, come quando l'Italia fu protagonista nel 2006 di un'azione diplomatico-militare di pace in Libano, un'azione positiva e duratura, di cui oggi credo sia giusto rivendicarne il merito al nostro Paese.

È dalla nostra identità di nazione libera e democratica che dobbiamo trarre, nei momenti di difficoltà, il punto fondamentale per guardare avanti, dicendo con chiarezza comunque che per noi, per Liberi e Uguali - e anche questo deve essere posto con grande nettezza -, l'utilizzo delle nostre basi deve essere inibito ai mezzi che partecipano a raid e azioni militari in Siria.

Come dicevo, è nei momenti di difficoltà che occorre andare a rileggere il testo base della nostra identità di nazione libera e democratica, che è la nostra Carta costituzionale. E per noi ogni azione, sia essa diplomatica, sia essa di peacekeeping, deve essere orientata dall'articolo 11 della nostra Costituzione, la Costituzione italiana, che quest'anno compie settant'anni. L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: questa deve essere la guida, la linea guida per dare il nostro contributo, il contributo dell'Italia, di un grande Paese, alla soluzione della crisi siriana, impedendo un allargamento del conflitto all'intera area del Medioriente, con conseguenze disastrose sotto ogni punto di vista, a cominciare da quello delle popolazioni civili. Tacciano, quindi, le armi e lavorino con determinazione e volontà positive le diplomazie dei maggiori Paesi, con l'Italia da protagonista in prima fila (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Soverini. Ne ha facoltà.

SERSE SOVERINI (MISTO-CP-A-PS-A). Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, è a nome della componente del gruppo Misto, la componente Area Civica e Civica Popolare e socialisti, che le dichiaro, signor Presidente del Consiglio, il nostro apprezzamento per la posizione di equilibrio e di limitato coinvolgimento, che il suo Governo ha assunto nell'ambito dell'operazione militare, americana, inglese e francese. E anche il nostro apprezzamento per il suo appello ad evitare un'escalation.

Si tratta ovviamente di un'operazione, quella militare, che va pensata come limitata a un caso specifico. La crisi siriana - è ovvio - non può essere risolta con l'uso della forza. Una soluzione duratura per la Siria va cercata nel negoziato e nel coinvolgimento di tutti i principali attori in campo, per una transizione politica in Siria, guidata dall'ONU e in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 2254.

Tuttavia, noi ci teniamo a sottolineare che l'uso delle armi chimiche in Siria da parte del regime è un atto e un crimine contro l'umanità, una gravissima violazione del diritto internazionale, oltre che una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali. Diciamo questo perché il regime siriano ha già usato armi chimiche contro la sua popolazione. Negli anni della guerra civile in Siria, le forze armate siriane hanno ripetutamente utilizzato agenti chimici quale parte integrante della propria tattica militare. Nei diversi rapporti, nei rapporti di agosto e ottobre 2016, il meccanismo utilizzato anche in questi casi dal regime siriano è lo stesso.

Vogliamo quindi testimoniare l'orrore della guerra in Siria e i tanti morti avvenuti in questi anni, nonché sostenere e richiedere con forza di trovare una soluzione europea e perseguire tutte le strade possibili per avere una soluzione europea unitaria (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, essendo la fine del dibattito intervengo in maniera molto sintetica.

Primo: noi ribadiamo con forza che rimaniamo e stiamo nel Patto atlantico. Rimaniamo come componente fondamentale con il nostro ruolo e con la nostra dignità. Avere un ruolo e avere una dignità vuol dire essere protagonisti del Patto atlantico, vuol dire giocare un ruolo fondamentale di contributo e di guida in questo Patto, l'Italia e l'Europa.

E il primo contributo che dobbiamo dare in questo momento è quello di dire con forza che il mondo non ha bisogno di una nuova guerra fredda, il mondo non ha bisogno di nuove guerre. Saggiamente sul Corriere della Sera, è stato ripreso dal collega onorevole Valentino Valentini, il Presidente Berlusconi ha richiamato uno spirito, che è lo spirito di tutti: lo spirito del patto di Pratica di Mare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia), cioè il ruolo che le nazioni devono svolgere in questo momento fondamentale, e che solo un contributo alla pace può creare lo sviluppo. Questo è il primo punto!

Il secondo riguarda la Siria: è evidente che in Siria si stanno giocando due guerre, una guerra civile interna ed un conflitto molto chiaro e molto evidente in cui è in gioco una supremazia regionale. Nella guerra civile interna - lo dobbiamo dire anche qui con molta chiarezza - non c'è un bene e un male. Non c'è il bene del dittatore e il male di coloro che si oppongono o viceversa: c'è una guerra cruenta, una guerra che rappresenta due mali e che ha come vittime la popolazione siriana. Questo va detto con chiarezza; e va detto con chiarezza che, su questo tema, la politica internazionale, il ruolo delle Nazioni Unite, il ruolo dell'Europa deve giocarsi.

Terzo elemento fondamentale. Lo dico con molta chiarezza a coloro che ogni tanto (e concludo) pensano sempre all'Occidente guerrafondaio e mai al lavoro per la pace possibile: la guerra in Siria non è iniziata con il bombardamento del 15 aprile, purtroppo la guerra in Siria è iniziata sette anni fa e ha già mietuto 350 mila vittime. È questa la domanda che tutto il mondo si deve porre: come contribuire alla fine di questa guerra, ma a creare una pace che sia duratura in tutto il mondo. Questo è il ruolo che l'Italia deve avere, questo è il ruolo che l'Europa deve avere nell'adesione convinta al Patto Atlantico; questo è il contributo che noi possiamo dare, senza falsi infingimenti e smettendola con le battaglie ideologiche magari di casa nostra, che non servono a nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Alessandro Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, ci teniamo anzitutto a ringraziare il Presidente del Consiglio per il lavoro di queste settimane, perché è un lavoro prezioso di mantenimento in attesa che si formi un Governo. Decidere se bombardare o meno, al netto delle attenuanti generiche delle circostanze che sono state richiamate, non è necessariamente un atto di ordinaria amministrazione; e quindi lo ringraziamo perché sta mantenendo con lucidità un ruolo di grande equilibrio, nel rispetto del quadro storico delle alleanze dell'Italia ma non senza una valutazione di merito importante, che parte dalla contingenza e da questa crisi specifica. E lo voglio ringraziare in particolare per il richiamo che ha fatto in chiusura, questo richiamo lungo alla storia del Paese.

Sulla Siria la nostra preoccupazione è che questo momento possa non essere quello più difficile, e che le settimane a venire portino ad una situazione ancora più drammatica. Andiamo verso maggiore, non minore instabilità, potenzialmente verso più massacri e violenza, non meno. In particolare siamo molto preoccupati da quello che potrebbe avvenire a Idlib, perché tutto lascia pensare che sia quello il terreno del prossimo scontro.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). In questo scenario (e vado in chiusura) non siamo sicuri che lo spazio di manovra politica per l'Europa sia stato usato appieno, ma non per colpa dell'Europa: per colpa di quei Governi che non hanno fatto abbastanza per costruire una politica estera comune; e riteniamo che se veramente abbiamo a cuore il ruolo dell'Italia, la cosa più urgente da fare (e lo dico a chi in quest'Aula ha la maggioranza relativa) è: ognuno per conto suo serva a fare una dichiarazione di meno e uno sforzo in più per mettere il Presidente la Repubblica nelle condizioni di trovare una strada per uscire dall'impasse. Se noi non siamo in grado di fare questo, inevitabilmente continueremo a discutere fra di noi, mentre gli altri continueranno a decidere anche per noi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri.

Affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia-Berlusconi Presidente ha reso noto che ai deputati Roberto Occhiuto e Simone Baldelli è stato affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che l'esame in Assemblea del decreto-legge recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità di regolazione per l'energia, reti e ambiente (ARERA) avrà luogo a partire da lunedì 7 maggio, per la discussione sulle linee generali. Il seguito dell'esame del provvedimento avrà luogo martedì 8 maggio, alle ore 15, con eventuale prosecuzione nella giornata successiva.

Il termine per la presentazione di emendamenti è fissato alle ore 13 di lunedì 7 maggio.

Si è altresì convenuto che nella seduta di domani, mercoledì 18 aprile, alle ore 15 avrà luogo la votazione per l'elezione di ulteriore segretario di Presidenza, a norma dell'articolo 5, commi 5 e 6, del Regolamento.

Annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune.

PRESIDENTE. Comunico infine che il Parlamento in seduta comune è convocato domani, mercoledì 18 aprile, alle ore 10, per procedere alle votazioni per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale (primo scrutinio) e di due componenti il Consiglio superiore della magistratura (primo scrutinio).

La chiama avrà inizio dai senatori.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Carlo Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente Fico, mi scuso per la voce un po' rauca; ieri mattina ero addirittura totalmente afono. La ringrazio di avermi dato la parola: voglio dire che proprio ieri mattina…

PRESIDENTE. Quindi chiedo un po' di silenzio per favore, anche perché così ascoltiamo meglio. Prego.

CARLO FATUZZO (FI). No, ma altrimenti sono… Grazie, Presidente.

Devo dire che ieri mattina ho tenuto un presidio… Io sono segretario nazionale del Partito Pensionati eletto in Forza Italia, con grande riconoscenza per questo movimento e per il suo Presidente Silvio Berlusconi; e mi sono recato davanti all'INPS di Milano, via Gustavo Silva 38, per manifestare, insieme a tanti attivisti pensionati, con bandiere nostre e di Forza Italia, bandiere del Partito Pensionati e di Forza Italia, perché venga consegnato a tutti i pensionati ogni anno il prospetto della propria pensione, che da quattro anni a questa parte non viene più loro consegnato: talché si presentano davanti all'ufficio postale o alla banca trepidanti, perché non sanno se gli daranno la stessa pensione o verrà decurtata. In questa situazione è particolarmente importante, e questo abbiamo rivendicato, che venga anche spiegato al pensionato cui viene diminuita la pensione, per quale motivo, in modo chiaro, semplice e umano direi, oltre che doveroso per l'Istituto nazionale della previdenza sociale.

Debbo esprimere la mia riconoscenza e la mia gratitudine al presidente dell'INPS di Milano Via Silva, che si chiama Dotto e come dotto si è comportato, veramente, perché è un esempio per tanti altri funzionari pubblici. Alla mia richiesta di dare informazioni su una vedova, la vedova O.P. (trascuro il nome e cognome per la privacy), perché le sia stata diminuita la pensione e non le siano stati pagati, dopo otto mesi, 4 mila euro di arretrati, questa mattina, venendo in treno qui per la seduta, ho ricevuto una e-mail di questo direttore dell'INPS di Milano,…

PRESIDENTE. Concluda.

CARLO FATUZZO (FI). …che mi ha comunicato di avere disposto, e chiedendo scusa alla vedova, il pagamento immediato di quanto dall'INPS dovuto. Mi scuso e ringrazio.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 18 aprile 2018 - Ore 15:

1. Votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, commi 5 e 6, del Regolamento.

La seduta termina alle 16,55.