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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 30 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    ormai da anni si susseguono sbarchi di immigrati irregolari nel Sud della Sardegna, perlopiù di soggetti aventi cittadinanza algerina, a mezzo di piccole imbarcazioni private, spesso non individuate, né individuabili, dalle forze di polizia che pattugliano le coste, le quali, dunque, consentono l'accesso nel territorio nazionale in assenza di qualsivoglia controllo;

    nel corso del Forum nazionale sull'immigrazione illegale svoltosi recentemente in Algeria, il Ministro dell'interno algerino ha dichiarato che nel solo 2018, oltre 200 algerini, avrebbero perso la vita in mare, in particolare nella rotta verso la Sardegna: fenomeno parzialmente limitato dall'intervento delle autorità locali che ha portato anche all'arresto di diversi trafficanti impiegati nell'organizzazione dei cosiddetti «viaggi della speranza», promossi anche a mezzo di pagine Facebook, nelle quali vengono divulgate informazioni utili avuto riguardo all'attraversata, al fine di incentivare altri soggetti ad intraprendere il medesimo viaggio;

    la situazione, che ha già superato il limite della sicurezza, potrebbe ulteriormente peggiorare in vista della prossima stagione estiva, la quale vede ormai da anni un incremento notevole degli sbarchi diretti, soprattutto in zone ad elevata affluenza turistica come Porto Pino e Sant'Antioco, con gravi ripercussioni per un territorio già notevolmente segnato dalla crisi economica ed industriale;

    qualsiasi azione attuata finora non ha consentito l'interruzione della navigazione di tali imbarcazioni sulla citata tratta e, dunque, non ha reso possibile l'arresto degli sbarchi suindicati che, infatti, sfuggono al controllo delle forze di polizia locali, incaricate del pattugliamento delle acque territoriali;

    in alcuni casi non è stato neppure possibile identificare gli immigrati in questione, i quali si sono dunque introdotti nel territorio nazionale senza essere stati adeguatamente censiti e senza che, allo stato, sia possibile conoscerne né le generalità, né la dimora: inoltre, alcuni dei citati soggetti si sarebbero pure resi colpevoli di diversi reati contro la persona e/o il patrimonio, aumentando il senso di insicurezza nella popolazione civile che, infatti, ha più volte ha espresso, anche per il tramite delle amministrazioni locali, il proprio disappunto per l'assenza di qualsivoglia controllo;

    appare necessario, da un lato, dare seguito agli accordi intervenuti con Stati del Nord-Africa, supportando le autorità locali nell'attività di contrasto al traffico di esseri umani; dall'altro lato, in assenza, impiegare navi della Marina militare nelle acque internazionali, con l'obiettivo, per un verso di intercettare le suddette imbarcazioni e, per un altro verso, di verificare l'esistenza o meno di navi d'appoggio;

    già in passato, l'Italia ha avuto modo di attivare, con l'adesione degli Stati interessati, l'intervento di un gruppo navale della Marina militare, operante anche all'interno delle acque territoriali degli Stati interessati, sia entro le tre miglia dalla costa che oltre tale distanza, al fine di impedire la partenza dei relativi flussi migratori e, pertanto, tale misura appare assolutamente praticabile, oltre che necessaria,

impegna il Governo

1) ad avviare un'attività di pattugliamento della Marina militare nelle acque internazionali antistanti gli Stati del Nord-Africa, e, in caso di accordo con gli Stati di partenza, anche nelle relative acque territoriali, al fine di in interrompere il flusso migratorio avente origine dai medesimi territori, nonché di verificare l'esistenza, o meno, di eventuali navi d'appoggio.
(1-00113) «Deidda, Rotelli, Foti, Varchi, Mollicone, Delmastro Delle Vedove, Butti, Osnato, Rizzetto, Maschio, Trancassini, Frassinetti, Zucconi, Gemmato, Caretta, Bucalo, Ferro, Acquaroli, Prisco, Lucaselli».


   La Camera,

   premesso che:

    i cammini e percorsi storico-devozionali sono vie di comunicazione culturali che accolgono attività ludiche e turistiche e che si snodano in aree in gran parte poco sviluppate dal punto di vista turistico, unendole a destinazioni e mete conosciute dal punto di vista storico, religioso e turistico;

    il programma degli itinerari culturali del Consiglio d'Europa, nato nel 1987, promuove gli itinerari europei a carattere tematico rivolti a migliorare la consapevolezza di un'identità culturale comune e di una cittadinanza europea, fondata su un insieme di valori condivisi, che diventano tangibili attorno ad itinerari che ripercorrono la storia delle influenze, degli scambi e dell'evoluzione delle culture in Europa;

    tali itinerari promuovono il dialogo fra le culture e le religioni attraverso una migliore comprensione della storia europea e attribuiscono un maggiore rilievo al turismo culturale, nell'ottica dello sviluppo sostenibile;

    i percorsi tutelano e valorizzano il patrimonio culturale e naturale inteso come fattore di miglioramento della qualità della vita e fonte di sviluppo sociale, economico e culturale;

    l'Italia si caratterizza per la presenza di percorsi storico-devozionali riconosciuti a livello europeo e mondiale ed alcuni di questi sono annoverati tra gli itinerari culturali europei del Consiglio d'Europa;

    tra i più conosciuti a livello nazionale, si ricordano la via Amerina, il cammino francescano della Marca, la via di san Francesco, il cammino dell'arcangelo Michele, la via del Volto santo, il cammino di san Benedetto e la via Francigena, parte integrante del percorso europeo, dichiarata nel 1994 «itinerario culturale del Consiglio d'Europa», assumendo così dignità sovranazionale;

    alcune associazioni, come la Rete dei cammini e l'Associazione europea delle vie francigene, promuovono la conoscenza degli itinerari dei pellegrini; altre di carattere culturale, turistico e sportivo organizzano manifestazioni, amatoriali e non, sugli itinerari di importanza storica, anche allo scopo di portarli a conoscenza di un pubblico ancora più vasto di quello tradizionalmente legato al turismo culturale e devozionale;

    le associazioni hanno contribuito in maniera sostanziale al recupero della memoria storica dei cammini e del loro percorso e continuano ad intervenire con un'incisiva azione di promozione attraverso attività a carattere culturale, ludico e sportivo;

    tali attività hanno contribuito a diffondere la cultura e la riscoperta dei territori e del loro patrimonio culturale e paesaggistico, generando un interesse diffuso anche nella movimentazione del turismo slow e culturale; tale segmento turistico ha forti ricadute economiche nei territori a bassa vocazione turistica ed è in grado di generare redditi di sostegno in aree periferiche dove insistono situazioni di criticità legate allo spopolamento ed alla crisi dei settori produttivi tradizionali;

    le associazioni diffondono, inoltre, una cultura partecipativa positiva di valorizzazione e promozione culturale dal basso, con un forte coinvolgimento della popolazione locale e con attività di volontariato e a carattere sociale, diffondendo buone pratiche di partecipazione democratica alla cultura, ai progetti e ai metodi partecipativi di valorizzazione territoriale e di riscoperta identitaria del patrimonio culturale locale;

   considerato che:

    per riconoscere tale importante patrimonio storico e culturale del nostro Paese, nel 2016, attraverso una direttiva del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, è stato indetto «l'anno dei cammini d'Italia»;

    l'intento indicato nella direttiva era quello di valorizzare il patrimonio costituito dagli itinerari escursionistici pedonali o comunque fruibili con altre forme di mobilità dolce sostenibile, di livello nazionale e regionale, che rappresentano una componente importante dell'offerta culturale e turistica del Paese;

    il Ministero per i beni e le attività culturali ha promosso una serie di azioni coordinate per la realizzazione di studi, approfondimenti ed iniziative, finalizzate alla valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale associato ai cammini nonché allo sviluppo ed implementazione di modelli di fruizione e gestione adeguati di tale patrimonio, favorendo ogni azione volta a garantire la più ampia integrazione delle componenti ambientali, paesaggistiche con le attività agricole, artigianali e turistico-culturali;

    la legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, comma 640) ha destinato per la progettazione e la realizzazione di itinerari turistici a piedi, denominati «cammini», la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018;

    il piano cultura ha stanziato un miliardo di euro del fondo sviluppo e coesione 2014-2020 per realizzare 33 interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e di potenziamento del turismo culturale, di cui 60 milioni sono stati destinati ai cammini storici suddivisi in: 20 milioni per i cammini religiosi di san Francesco e santa Scolastica con interventi strutturali e infrastrutturali nei tracciati dei percorsi francescani in Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Umbria e Marche, 20 milioni per Appia regina viarum con la valorizzazione dell'antico tracciato romano fino a Brindisi e 20 milioni per la via Francigena;

    il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60, recante «Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107», all'articolo 5, prevede l'adozione di un «piano delle arti»; in particolare, il comma 2, lettera e), dello stesso articolo prevede la promozione della partecipazione delle alunne e degli alunni e delle studentesse e degli studenti a percorsi di conoscenza del patrimonio culturale e ambientale dell'Italia e delle opere di ingegno e qualità del made in Italy;

    le misure illustrate rappresentano un primo fondamentale passo per l'approfondimento e la valorizzazione della conoscenza e della pratica dei cammini;

    come già avviene in numerosi progetti, adottati da diversi istituti scolastici italiani che prevedono la loro pratica (come nel progetto «Salute in Cammino, diecimila passi per stare bene», che vede la collaborazione di diversi comuni del territorio biellese e dell'azienda sanitaria locale), la conoscenza dei cammini è propedeutica a diffondere tra i giovani i valori connessi alle materie oggetto di studio scolastico, come la geografia, la storia, le scienze e l'arte;

    i cammini permettono agli studenti di conoscere le caratteristiche del paesaggio geografico attraverso l'esplorazione dell'ambiente naturale per promuovere una sua migliore salvaguardia e tutela;

    essi consentono lo studio dell'intervento umano sul territorio e degli aspetti storico-geografici connessi, che possono essere approfonditi dal punto di vista delle scienze fisiche, chimiche e naturali;

    sono, inoltre, un mezzo per interpretare la realtà del passato, attraverso il puntuale e continuo riferimento storico alla concreta realtà nella quale lo studente è inserito, garantendo quindi un'adeguata conservazione della memoria collettiva e dell'insieme delle tradizioni nazionali e locali;

    l'osservazione diretta e lo studio di questi antichi percorsi consentono ai bambini e agli adolescenti anche di fruire maggiormente del patrimonio artistico nazionale, materiale e immateriale, arricchendo il loro bagaglio culturale;

    inoltre, tale conoscenza offre ai giovani interessanti opportunità che possono garantire nel futuro migliori condizioni di vita sotto il profilo sociale ed economico;

    lo sviluppo dei cammini e del movimento turistico generato si sta delineando come un'occasione occupazionale per le giovani generazioni che possono usufruire delle opportunità generate dal sistema di accoglienza e dei servizi turistici;

    è quindi utile promuovere la conoscenza dei cammini nell'ambito della formazione scolastica anche per le materie turistiche legate alla ricettività ed alla produzione di servizi turistici per i territori, e di gestione dei beni culturali;

    i cammini rappresentano, inoltre, uno strumento efficace di benessere e prevenzione per la salute;

    la modifica degli stili di vita e, in particolare, dei livelli di attività fisica della popolazione è un obiettivo messo ai primi posti delle attuali e future politiche sanitarie dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), per migliorare le condizioni di salute e rendere economicamente sempre più sostenibile, in rapporto al progressivo invecchiamento della popolazione, il nostro welfare;

    l'Oms raccomanda per uno stato di salute ottimale di praticare ogni settimana almeno 150 minuti di attività fisica ad intensità moderata come camminare a passo svelto 30 minuti al giorno per raggiungere possibilmente ogni giorno 10.000 passi;

    secondo un'indagine della Commissione europea, l'Italia risulta essere tra gli ultimi Paesi europei per la pratica dell'attività fisica, a scuola e non. Per quanto riguarda l'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole, la situazione è fortemente migliorabile;

    per migliorare lo stile di vita degli studenti, il cammino rappresenta l'attività fisica più naturale, semplice ed economica, accessibile a tutti e ideale per migliorare la salute del corpo e della mente;

    per questo i cammini rappresentano un importante strumento di prevenzione dei rischi alla salute che possono insorgere fin dall'infanzia, come l'obesità infantile, o sopraggiungere in età adulta, come tumori, patologie cardiovascolari e altre malattie croniche e degenerative;

    vi sono enormi margini di miglioramento per la valorizzazione della conoscenza e della pratica dei cammini all'interno del sistema scolastico e universitario italiano;

    i cammini rappresentano un'importante occasione di apprendimento per bambini, ragazzi e giovani e possono incidere sul loro futuro occupazionale e sociale, oltre ad essere un incentivo per migliorare le proprie condizioni di salute mantenendo un corretto stile di vita,

impegna il Governo:

1) a favorire, a partire già dal sistema integrato di istruzione ed educazione da 0 a 6 anni, di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e successivamente nel prosieguo del percorso scolastico, nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa, l'adozione di progetti per bambini e adolescenti che prevedano la conoscenza, la pratica e la promozione turistica dei cammini e dei percorsi storico-devozionali e del loro patrimonio di beni materiali e immateriali, attraverso iniziative come azioni di storytelling, animazione e giochi di scoperta, uscite di cammino su percorsi di interesse locale e di valore tradizionale e l'uso dei social media;

2) a promuovere progetti ed iniziative atti a favorire la conoscenza dei principi e dei valori fondanti che sono alla base del programma degli itinerari culturali europei, diffondendo tra i giovani una maggiore consapevolezza del comune patrimonio culturale europeo e del senso di cittadinanza europea;

3) a promuovere progetti che prevedano incontri e stage presso associazioni o enti impegnati nella valorizzazione e nell'esperienza di cammini locali, nazionali ed internazionali, per approfondire la loro importanza storica e la funzione di motore di sviluppo sostenibile del territorio;

4) ad adottare iniziative per favorire, a livello universitario, la realizzazione di convenzioni con le suddette associazioni o enti per effettuare seminari, incontri, stage per lo studio, la tutela e la promozione dei cammini, prevedendo, in tale ottica, corsi di studio e assegni di ricerca dedicati;

5) a promuovere l'adozione di progetti scolastici che sviluppino gli effetti benefici sulla salute derivanti dalla pratica dei cammini, in modo da consentire a bambini e adolescenti di evitare, attraverso tale attività fisica, il rischio di malattie infantili e di prevenire patologie che in età adulta possono compromettere le loro condizioni di salute e ridurre le aspettative di vita.
(1-00114) «Di Giorgi, Cantini, Cenni, Ciampi, De Menech, Fassino, Franceschini, La Marca, Melilli, Morgoni, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Verini, Zardini, Gavino Manca, Carla Cantone».


   La Camera,

   premesso che:

    il 10 gennaio 2019, il dittatore comunista Nicolas Maduro ha assunto il secondo mandato presidenziale in Venezuela per un periodo di sei anni, sino al 2025;

    il dittatore Maduro al termine del suo primo mandato è stato sopraffatto da contestazioni di piazza per via della situazione interna di assoluta mancanza di libertà e per via del baratro economico in cui ha condotto il Paese;

    il dittatore Maduro è stato, sempre sul finire del suo mandato, formalmente accusato di aver gravemente violato i diritti umani del popolo venezuelano;

    in data 8 febbraio 2018, secondo quanto dichiarato in una nota dal procuratore capo Fatou Bensouda, la Corte penale internazionale ha annunciato l'apertura dell'esame preliminare della denuncia nei confronti del Venezuela di Maduro, sulla base delle evidenze ricevute tramite la procedura prevista dall'articolo 15 dello statuto di Roma;

    l'analisi preliminare della situazione in Venezuela, secondo quanto dichiarato dal procuratore capo Fatou Bensouda, mira a fare chiarezza sui crimini commessi nel corso delle manifestazioni anti-regime, nel cui ambito le forze di sicurezza sono state accusate di aver usato frequentemente ed eccessivamente la forza per disperdere i manifestanti e sopprimere il dissenso;

    migliaia di persone sarebbero state arrestate, perché parte o sospettate di far parte dell'opposizione, e numerosi arrestati sono stati sottoposti ad abusi e violenze durante la detenzione, mentre altri sono stati addirittura feriti o uccisi;

    il 27 settembre 2018, la Corte penale internazionale ha ricevuto anche una segnalazione contro il Venezuela, ai sensi dell'articolo 14 dello statuto di Roma, da parte di Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perù per i crimini contro l'umanità commessi dal regime del dittatore comunista Nicolas Maduro: i presidenti Mauricio Macri (Argentina), Sebastiàn Piñera (Cile), Ivan Duque (Colombia), Mario Abdo Benitez (Paraguay), Martin Vizcarra (Perù) e il primo ministro Justin Trudeau (Canada) hanno firmato una segnalazione affinché la Corte indaghi sui crimini contro l'umanità commessi in Venezuela dal 12 febbraio 2014;

    il passo compiuto da Argentina, Canada, Cile, Colombia, Paraguay e Perù non ha precedenti: sebbene procedura prevista, uno Stato non era mai stato denunciato da un altro Stato davanti alla Corte de L'Aia;

    la Corte penale internazionale ha giurisdizione su genocidi, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, eventualmente commessi sul territorio degli Stati aderenti, a partire dalla data di entrata in vigore dello statuto nel Paese, il 1° luglio 2002 nel caso del Venezuela;

    anche alla luce di quanto sopra sinteticamente riportato sulla degenerazione della situazione interna del Venezuela, la seconda elezione di Maduro è stata ampiamente contestata ed è ritenuta illegittima sia dalla comunità venezuelana che da quella internazionale;

    le contestazioni principali, oltre che sulla violenta repressione degli oppositori, vertono sull'assenza di garanzie democratiche e la presenza di irregolarità nelle operazioni di voto svoltesi il 20 maggio 2018;

    già il 20 dicembre 2018 il Gruppo di Lima, organizzazione formata da 14 Nazioni americane (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Santa Lucia), ha reso noto di non voler riconoscere i risultati delle ultime elezioni presidenziali in Venezuela e di non legittimare il nuovo mandato del presidente venezuelano;

    la predetta decisione del Gruppo di Lima è stata ufficializzata nella riunione del 4 gennaio 2018, a sei giorni dal nuovo insediamento di Maduro a Caracas;

    inizialmente l'Unione europea ha ritenuto di non riconoscere l'elezione di Maduro;

    successivamente, l'Europa ha assunto una posizione più sfumata, improntata ad un bizantinismo volto a riconoscere il secondo mandato di Maduro solo a far data dal suo insediamento del 10 gennaio 2019;

    ad aggravare la situazione, in data 21 gennaio 2019 il Tribunale supremo di giustizia, da sempre contiguo alle posizioni di Maduro, ha gravemente dichiarato nulli tutti gli atti della Assemblea Nazionale e del Presidente Juan Guaidó;

    l'elezione dell'Assemblea nazionale di Juan Guaidó si è svolta correttamente e senza contestazioni da parte della comunità internazionale e costituisce l'unico contrappeso alla dittatura di Maduro;

    a seguito della degenerata situazione interna sopra descritta, e della delegittimazione totale della Assemblea nazionale, unico organo eletto democraticamente, nella giornata di 23 gennaio 2019 si sono svolte in ogni angolo del Venezuela imponenti manifestazioni di piazza del popolo venezuelano che invocava a gran voce libertà, chiedendo a Juan Guaidó di assumere la Presidenza ad interim del Venezuela;

    l'articolo 233 della Costituzione venezuelana consente, infatti, alla Assemblea nazionale di revocare il mandato al Presidente Maduro e di conferire a Guaidó la Presidenza ad interim per indire le elezioni entro 30 giorni;

    nella medesima giornata del 23 gennaio Juan Guaidó ha raccolto la richiesta dei manifestanti e si è proclamato «Presidente ad interim» al fine di indire nuove e finalmente libere elezioni;

    gli Stati Uniti d'America, il Brasile, l'Argentina, il Cile, la Colombia, il Costa Rica, il Paraguay, il Perù e il Canada hanno già riconosciuto, al fine di concludere la transizione della feroce dittatura di Maduro, il leader Guaidó, quale Presidente del Venezuela;

    Spagna, Francia e Germania in data 26 gennaio 2019 hanno espressamente precisato che, qualora Maduro non convocasse libere elezioni nel termine di otto giorni, riconosceranno come legittimo il Presidente Guaidó;

    successivamente, l'Europa, per bocca dell'Alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini, ha chiesto a Nicolas Maduro di indire la convocazione delle elezioni, precisando che, in difetto, saranno assunte posizioni anche in relazione alla leadership del Venezuela;

    ad oggi, al netto delle profonde lacerazioni in seno alla maggioranza di Governo, il Premier Conte, con quello che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare un logorante e logorato equilibrismo, ha auspicato nuove e libere elezioni, affrettandosi a precisare la contrarietà verso non meglio precisati «interventi impositivi»;

    sembra dunque che il Governo italiano, profondamente diviso sulla questione venezuelana, si accontenti di fare vani appelli alla buona volontà di Maduro, piuttosto che assumere una chiara ed inequivocabile posizione politica sulla legittimità del suo secondo mandato;

    il Venezuela è ormai sul baratro della guerra civile e dalla settimana scorsa si contano già centinaia di feriti e decine di morti negli scontri di piazza;

    a ciò si aggiunga che tale situazione politica aggrava ulteriormente la crisi economica ed umanitaria scatenata dal regime di Maduro e che ha già costretto all'esodo circa due milioni di venezuelani e ridotto in stato di denutrizione circa undicimila minori;

    la importante e numerosa comunità di italiani in Venezuela sta attendendo una chiara posizione anche del Governo italiano;

    alcuni importanti ex ministri di Chavez hanno addirittura sottoscritto un manifesto in cui si chiede l'immediata indizione di nuove elezioni, ciò a testimonianza dell'insostenibilità della posizione di Maduro,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative volte a richiedere che siano indette libere elezioni entro sette giorni sotto l'egida dell'Onu e, per la denegata ipotesi che non siano indette, a riconoscere ufficialmente il Presidente Juan Guaidò quale legittimo Presidente ad interim del Venezuela affinché indica nuove e libere elezioni.
(1-00115) «Delmastro Delle Vedove, Lollobrigida, Meloni, Donzelli, Trancassini, Osnato, Prisco, Lucaselli, Varchi, Ferro, Fidanza, Maschio, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Deidda, Foti, Frassinetti, Gemmato, Mollicone, Montaruli, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IV e XII,

   premesso che:

    l'asbestosi è stata riconosciuta come malattia professionale da amianto già con la legge n. 455 del 1943;

    da notizie stampa e dal Registro mesotelioma Puglia si apprende che Taranto è capofila per la morte causata dall'amianto, con 472 casi di mesotelioma registrati tra i residenti del capoluogo jonico nel periodo 1993-2015;

    a febbraio 2018 la relazione della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito ha menzionato un censimento di millecento militari deceduti o ammalati per patologie asbesto-correlate solo nella Marina Militare;

    a gennaio 2019, la sezione del lavoro del tribunale di Roma ha condannato il Ministero della difesa al risarcimento dei danni nei confronti della vedova e della figlia di un militare, in servizio nella base di Luni Sarzana della Marina militare, deceduto per mesotellioma pleurico derivante dall'esposizione all'amianto nel periodo, fine degli anni settanta, in cui ha prestato servizio leva;

    gli accertamenti peritali disposti dal tribunale di Roma hanno confermato la presenza di amianto negli elicotteri, nella base di Luni ed in altri basi dove il militare ha prestato servizio e che il mesotelioma, che ha provocato la morte del militare, era riconducibile all'esposizione lavorativa mentre svolgeva il proprio incarico;

    la mappatura dei materiali coibenti, contenenti fibre di amianto, ha evidenziato la presenza di tale materiale a bordo di alcune unità navali come la Vittorio Veneto di base a Taranto, in cattivo stato di conservazione;

    nelle attività navali, la casistica elaborata da enti accreditati riferiti alla Marina militare e operai civili dell'Arsenale di Taranto indicano come la gran parte delle patologie asbestocorrelate e riconducibili ad operai dell'Arsenale di Taranto riguardano, meccanici, motoristi, elettricisti, elettronici, carpentieri, ma anche altre mansioni e sottufficiali della marina motoristi, meccanici, elettricisti, fuochisti, radaristi, con il coinvolgimento anche di altre categorie e ufficiali di grado superiore;

    l'amianto ha contaminato navi e sommergibili e le esposizioni all'asbesto nel naviglio ha costituito una pericolosa fonte di rischio dalla costruzione alla manutenzione con livelli di polveri cancerogene di amianto in alcuni casi ben superiori alle diecimila fibre litro;

    la risoluzione di Strasburgo del Parlamento europeo del 14 marzo 2013, in considerazione delle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e delle prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente, raccomanda l'adozione di misure volte a promuovere e sostenere tanto la ricerca nell'ambito delle alternative ecocompatibili, quanto le tecnologie che se ne avvalgono, nonché a garantire procedimenti finalizzati all'inattivazione delle fibre di amianto attive e alla loro conversione in materiali che non mettano a repentaglio la salute pubblica;

    il 13 novembre 2014 è stata sancita l'intesa concernente il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 il quale stabilisce, tra l'altro, come elemento strategico individuato per contrastare i fattori di rischio, di «supportare la realizzazione del Piano Nazionale Amianto» nonché include, nell'ambito del macro-obiettivo 2.7, «Prevenire gli infortuni e le malattie professionali», le fibre d'amianto come «Fattori di rischio/Determinanti» e prevede, nell'ambito del macro-obiettivo 2.8 «Ridurre le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute», come indicatore di obiettivo centrale la «Disponibilità dei dati sugli ex esposti amianto ai Centri Operativi Regionali (COR)»;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) nell'ambito della prevenzione collettiva e della sanità pubblica, all'allegato 1 prevede quale area d'intervento anche la «sorveglianza sanitaria della popolazione di lavoratori ex-esposti a cancerogeni e a sostanze chimiche/fisiche»;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017 recante «Identificazione dei Sistemi di Sorveglianza e dei Registri di Mortalità, di Tumori e di altre Patologie», tra i registri già disciplinati dalla normativa vigente a livello nazionale, riporta anche il registro nazionale e i registri regionali dei casi di mesotelioma asbesto-correlati, nonché il registro nazionale e registri regionali mesoteliomi;

    in sede di Conferenza permanente per i Rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano è stata sancita, in data 22 febbraio 2018, apposita Intesa sull'adozione del protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, che rileva la possibilità da parte delle regioni di integrare il succitato protocollo utilizzando il «Documento programmatico di proposta di un Protocollo di Sorveglianza Sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, ai sensi dell'art. 259 D.Lgs. 81/08», prodotto nell'ambito del Progetto CCM del Ministero della Salute 2012 «Sperimentazione e validazione di un Protocollo di Sorveglianza Sanitaria dei lavoratori ex esposti ed esposti ad amianto, ai sensi dell'art. 259 D.Lgs. 81/08»;

    la citata intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2018 prevede che le regioni e le province autonome trasmettano telematicamente al Ministero della salute, entro il 31 maggio di ogni anno successivo alla raccolta dei dati dell'anno precedente, i dati relativi all'attività di controllo sanitario dei lavoratori ex esposti all'amianto raccolti dalle aziende sanitarie locali e da altre strutture sanitarie sotto forma di rapporto sintetico, utilizzando lo schema allegato all'Intesa stessa,

impegna il Governo:

   a monitorare e rendere pubblica l'adozione, da parte di tutte le regioni, del protocollo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori ex esposti ad amianto, nei termini sanciti dall'intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2018, verificando che l'accesso gratuito al percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, in tempi di attesa congrui, sia garantito in maniera uniforme sul territorio nazionale;

   ad adottare concrete iniziative atte sostenere, anche finanziariamente, con appositi fondi di investimento, le attività di monitoraggio e bonifica dell'amianto non solo nei reparti di manutenzione, ma anche su navi e sommergibili nei quali risulta documentata la presenza di amianto negli impianti ed apparati;

   a valutare la possibilità di porre in essere iniziative dirette a definire un più attento iter per il riconoscimento di «vittima del dovere» per il quale è prevista una speciale elargizione;

   ad adottare azioni concrete e tempestive per la tutela dei lavoratori affinché vengano evitate le morti e le malattie che l'uso dell'amianto ha continuato a mietere nei decenni e che ancora oggi sono evidenti in questa immane tragedia che sta colpendo ed ha colpito operai e marinai, che hanno continuato a lavorare su navi e sommergibili ed in arsenali della Marina militare.
(7-00165) «Ermellino, Lorefice, Corda, Rizzo, Aresta, Chiazzese, Del Monaco, D'Uva, Frusone, Galantino, Gubitosa, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi».


   La II Commissione,

   premesso che:

    la legge 9 gennaio 2019, n. 3, ha modificato l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (O.p.) inserendo nell'elenco dei reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione ed agli altri benefici molti reati contro la pubblica amministrazione;

    il comma 6, lettera b), dell'articolo unico della citata legge infatti recita: «dopo le parole: “mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli” sono inserite le seguenti: “314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,”»;

    ciò determina l'immediata applicazione di questo nuovo regime penitenziario a tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 abbiano già concluso la loro vicenda processuale, maturando la legittima aspettativa di essere sottoposti ad un regime penitenziario meno gravoso comprensivo, in alcuni casi, persino della sospensione dell'ordine di esecuzione della pena;

    è noto infatti, che l'articolo 656, comma 9, lettera a), c.p.p. stabilisce il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena anche per i reati contemplati nel catalogo previsto dall'articolo 4-bis dell'O.p. e sue successive modificazioni;

    la citata novella viene anche a colpire tutti coloro che abbiano già usufruito di benefìci penitenziari ancora in corso e che potrebbero essere revocati in conseguenza dell'immediata applicazione della condizione della collaborazione come requisito, prima non previsto, per l'accesso a strumenti extramurari di recupero;

    né potrebbe essere eccepita, sic et simpliciter, l'applicazione del principio di irretroattività delle norme che incidono sulla pena in senso lato, ivi compresa la fase della sua esecuzione, in ossequio al principio costituzionale scolpito nell'articolo 25, secondo comma della Costituzione;

    per quanto opinabile, occorre dare conto, di un granitico orientamento giurisprudenziale secondo il quale le disposizioni concernenti le misure alternative alla detenzione, in quanto non riguardano l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena ma attengono soltanto alle modalità esecutive della pena irrogata, non hanno carattere di norme penali sostanziali, e quindi – in assenza di specifiche norme transitorie – soggiacciono al principio «tempus regit actum» e non alla disciplina dell'articolo 2 codice penale e dell'articolo 25 della Costituzione;

    in attesa di un auspicabile, per quanto ancora incerto, revirement della giurisprudenza di legittimità che si ponga in linea anche con le più recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (su tutte, C. eur. dir. uomo, terza sezione, sentenza 10 luglio 2012, pres. Casadevall – Del Rio Prada c. Spagna) occorre che sia il Parlamento ad intervenire con una disposizione transitoria che allinei la riforma al sacrosanto principio di irretroattività della norma penale – id est della materia dell'esecuzione penale-sfavorevole, considerati gli angusti margini di manovra di un possibile sindacato di legittimità costituzionale sulle scelte di politica criminale;

    è opportuno notare al riguardo che in molti casi le leggi intervenute nella soggetta materia hanno contenuto disposizioni transitorie;

    possono citarsi, in ordine cronologico, il decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, che reca disposizioni transitorie per quanto riguarda il lavoro all'esterno (articolo 21 O.p.), i permessi premio (articolo 30-ter O.p.) e l'ammissione alla semilibertà (articolo 50 O.p.): l'articolo 4 stabiliva in quel caso che le nuove norme si applicavano solo per i condannati per delitti commessi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge;

    così pure la legge 23 dicembre 2002, n. 279, che ha modificato in senso restrittivo il comma 1 dell'articolo 4-bis, presenta una norma transitoria (articolo 4) per la quale le modifiche apportate con l'articolo 1 «non si applicano nei confronti delle persone detenute per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 codice penale ovvero per delitti posti in essere per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico, commessi precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge»;

    ebbene è stato lo stesso legislatore a riconoscere la valenza del principio di irretroattività della norma penale meno favorevole anche con riferimento al regime della pena;

    d'altra parte, quando all'opposto, si è intervenuti con una disposizione transitoria in malam partem (si ricorderà l'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 recante «Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa» che aveva esteso il regime di maggior rigore a tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge stessero usufruendo di permessi premio concessi in base alla normativa previgente prevedendo la revoca del provvedimento qualora non si trovassero nella condizione per l'applicazione dell'articolo 58-ter O.p.) la Corte costituzionale (con la sentenza n. 306 del 1993) ha affermato princìpi valevoli anche oggi. Pur non prendendo posizione sulla violazione dell'articolo 25, secondo comma, della Costituzione – perché la questione venne giudicata inammissibile per manifesta infondatezza – la declaratoria di illegittimità costituzionale di quella disposizione è stata affidata ad altri parametri (segnatamente il principio di colpevolezza ex articolo 27 della Costituzione) riconoscendo che «[...] la vanificazione con legge successiva di un diritto positivamente riconosciuto da una legge precedente non può sottrarsi al necessario scrutinio di ragionevolezza» e che «[...] l'aspettativa del condannato a veder riconosciuto l'esito positivo del percorso di risocializzazione già compiuto si è trasformata nel diritto di espiare la pena con modalità idonee a favorire il completamento di tale processo»;

    dunque, ogni modifica in senso peggiorativo del trattamento penitenziario affidata a rigidi automatismi svincolati da un serio vaglio giudiziale rischia, anche su questo piano, di porsi in stridente contrasto con la legge fondamentale;

    per non parlare, infine, della disparità di trattamento che inevitabilmente questa riforma, orfana di una disposizione transitoria, è destinata a produrre per situazioni analoghe;

    coloro che hanno già eseguito la pena (magari in regime di affidamento in prova) per reati commessi anteriormente all'entrata in vigore della citata novella avranno goduto di un regime più favorevole solo perché – per ragioni tutt'affatto prevedibili – il processo ha avuto un iter di definizione più rapido rispetto a chi si troverà oggi (per fatti analoghi) a dover scontare la pena o parte di essa in un istituto penitenziario,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza volta a rivedere la normativa di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 9 gennaio 2019, n. 3, disponendo che il regime previsto dalle norme ivi introdotte non possa che disporre per l'avvenire, e dunque non sia applicabile per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
(7-00166) «Costa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   la testata giornalistica sportnewz.bz, il portale sportivo più importante e conosciuto dell'Alto Adige, in data 25 gennaio 2019, nello stilare la classifica della discesa libera di Kitzbuehel, valevole per la coppa del mondo di sci, ha apposto accanto ai nomi degli italiani Dominik Paris e Christof Innerhofer la bandiera dell'Alto Adige;

   gli atleti italiani di origine altoatesina vantano una lunga ed antica tradizione nel panorama sportivo italiano, che soprattutto negli sport invernali poggia su fondamenta ben consolidate. Nella storia dei giochi olimpici invernali, infatti, sono stati sette gli atleti altoatesini che hanno portato con orgoglio e senso di appartenenza la bandiera italiana alla cerimonia d'apertura, e due di essi, Gustav Thoni e Paul Hildartner hanno fatto da portabandiera per ben due volte;

   vedere su di un sito sportivo altoatesino così conosciuto e apprezzato la bandiera della provincia autonoma, anziché quella italiana accanto ai nomi di Paris e Innerhofer fornisce, a giudizio degli interroganti, un pessimo segnale non solo al mondo sportivo, ma anche all'intera società civile. Sono state e sono ancora troppe infatti le spinte secessioniste che arrivano da alcune frange di quella parte meravigliosa della nostra Patria. Dopo oltre un secolo è arrivato il tempo che si ponga fine a questa ormai assurda ed anacronistica disputa;

   le istituzioni, le testate giornalistiche e la società civile nel suo complesso dovrebbero evitare situazioni come queste, che possano gettare benzina su un fuoco che da molto tempo risulta essere stato domato. Riaprire queste vicende che nel passato hanno visto in campo anche momenti drammatici di terrorismo locale, è decisamente molto pericoloso, e rischia di fomentare forme di estremismo anche violento –:

   se e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per valorizzare l'importanza del Tricolore come simbolo dell'unità nazionale, anche nell'ambito di manifestazioni sportive, al fine di evitare episodi come quello descritto in premessa.
(3-00481)


   LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   si assiste ad un rapido aggravamento del fenomeno franoso che sta interessando il comune di Pomarico in Provincia di Matera determinando una grave situazione di rischio per il centro abitato;

   il suddetto fenomeno ha causato danni alle infrastrutture viarie, ad edifici, ad attività economiche e determinato l'esecuzione di ordinanze di sgombero per alcune abitazioni;

   è stata presentata una precedente interrogazione n. 3-00465, depositata in data 28 gennaio 2019, proprio in relazione all'aggravarsi della situazione;

   va considerata, inoltre, la progressiva evoluzione dell'evento calamitoso in argomento, anche in conseguenza di ulteriori eventi metereologici in piena stagione invernale;

   il fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, presenta le necessarie disponibilità;

   si ritiene necessario e improcrastinabile provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario finalizzate al superamento della grave situazione determinatasi a seguito dell'evento franoso tuttora in atto;

   suddetta situazione di emergenza, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari –:

   se il Governo intenda procedere alla deliberazione dello stato di emergenza per il comune di Pomarico, al fine di porre in essere tutte le iniziative finalizzate a mettere in sicurezza il centro abitato e ad avviare interventi di consolidamento e contrasto al dissesto idrogeologico che interessa questo comprensorio.
(3-00483)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SPERANZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 28 gennaio 2019, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che alla fine di questo mese non prolungherà la missione della Tiph (Temporary International Presence in Hebron);

   l'attuale missione fa seguito alla prima Tiph, che è stata costituita nel 1994 in seguito al massacro di 29 fedeli islamici nella Tomba dei Patriarchi da parte di un colono ebreo. La missione è stata approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, poi confermata negli accordi di Oslo fra Israele e Olp e rilanciata ancora nel convegno di Wye River nel 1998. Della missione fanno parte cinque Paesi: Italia, Svizzera, Norvegia, Svezia e Turchia;

   sulla base del memorandum d'intesa firmato il 30 gennaio 1997 i compiti del personale impiegato sono i seguenti: fornire attraverso la sua presenza un senso di sicurezza ai palestinesi di Hebron; aiutare a promuovere la stabilità e un idoneo ambiente che possano portare a un accrescimento dello stato del benessere dei palestinesi di Hebron; osservare l'accrescimento della pace e della prosperità tra i palestinesi; assistere nella promozione e nell'esecuzione dei progetti iniziati dai Paesi donatori; incoraggiare lo sviluppo economico e la crescita di Hebron; fornire rapporti; coordinare le proprie attività con le autorità israeliane e palestinesi nei modi previsti dall'accordo. Essendo la Tiph una missione civile tutti gli osservatori sono disarmati;

   l'attuale contributo italiano prevede dal 1° gennaio 2018 un impiego massimo di 16 militari (oggi sono presenti 14 carabinieri) e 4 mezzi terrestri;

   nell'annunciare la sua decisione Netanyahu ha affermato che Israele «non consentirà la prosecuzione della presenza di una forza internazionale che opera contro di noi»;

   la scelta unilaterale del Primo Ministro israeliano lede il già fragile equilibrio mediorientale –:

   se siano a conoscenza della decisione del Governo israeliano e quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare che un avamposto di legalità, quale è la missione Tiph, di cui il nostro Paese fa parte, venga smantellato.
(4-02121)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL, GIANNONE, SIRAGUSA, DE LORENZO, CUBEDDU, COSTANZO, TESTAMENTO, VIZZINI, INVIDIA, AMITRANO, VILLANI, CAPPELLANI, SARLI, SPORTIELLO, RICCIARDI, FEDERICO e DEIANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 16 aprile 2018 Arpa Puglia conduce controlli nel cantiere Tap a Melendugno (Lecce), rilevando nelle acque di rifiuto la presenza di cromo esavalente. Da queste analisi scaturisce il provvedimento di stop all'emungimento dell'acqua dei pozzi, con delibera del 4 luglio 2018 del sindaco Potì;

   il 27 settembre 2018 e il 4 ottobre 2018 Arpa Puglia preleva decine di campioni dell'acqua sotterranea, del terreno e del cemento armato delle opere sotto al cantiere. Il 14 dicembre 2018 Arpa Puglia invia a Arpa Umbria il materiale usato da Tap per ulteriori analisi. Il 16 gennaio 2019 Arpa Puglia scrive che Arpa Umbria ha accertato che il cemento rilascia 11,3 μg/l di cromo contro un limite di 10 μg/l ammesso per i «rifiuti oggetto di recupero». Sebbene «non esistano limiti normativi con cui confrontare gli esiti analitici», in quanto quelli di riferimento riportati nel decreto ministeriale 5 febbraio 1998, utilizzato come norma tecnica di riferimento per il test di cessione, si applicano ai rifiuti oggetto di recupero e non alle materie prime, Arpa precisa che «ai fini esclusivamente qualitativi», va usato come limite quello delle concentrazioni soglia della stessa sostanza definiti per le acque sotterranee (trnews.it, 16 gennaio 2019);

   nella relazione di Arpa Puglia si rileva che le acque intrappolate nel pozzo di spinta durante la sua lavorazione contenevano 350 μg/l di cromo esavalente, il cemento del pozzo di spinta rilascia 11,3 μg/l, lo stabilizzato di cava rilascia 22 μg/l. È stato quindi accertato che il cromo esavalente è contenuto nei materiali portati in cantiere da Tap ed è dagli stessi rilasciato. Di questo il direttore Arpa ha informato Asl, regione, provincia, comune di Melendugno, polizia provinciale e Tap (trnews.it, 16 gennaio 2019);

   il cromo esavalente è cancerogeno per l'uomo, scarsamente presente in natura, ed è classificato dall'Istituto superiore di sanità come agente derivante da attività industriali («Cromo VI: aspetti tossicologici», Arpa Umbria). Anche per questo la soglia massima prevista dal decreto ministeriale del 10 maggio 2004 è di 2 ppm, e la direttiva 2003/53/CE, recepita in Italia attraverso il 10 maggio 2004, proibisce la commercializzazione e l'impiego di cemento o di preparati contenenti cemento che, quando idrati, contengano più dello 0,0002 per cento (2 ppm) di cromo idrosolubile esavalente;

   sul caso indaga la procura di Lecce, che a novembre 2018 ha eseguito il sequestro dei campioni di prova in diversi laboratori analisi;

   non vi è alcuna certezza che attualmente non vi siano superi delle soglie di contaminazione in falda, in quanto le ultime analisi effettuate dall'Agenzia risalgono al 28 agosto 2018, a cantiere fermo (fonte Arpa);

   l'accertata presenza dei contaminanti nel cantiere di Tap rende evidente il rischio concreto che la prosecuzione delle lavorazioni di cantiere (l'ingresso della talpa nel pozzo di spinta e le operazioni sullo stesso per lo scavo del microtunnel) possano nuovamente compromettere suolo, sottosuolo, falda, pregiudicando la salute pubblica. Tap ha comunicato con estremo ritardo la presenza di superi dopo aver detto che le cause non erano legate ai propri materiali e aver dovuto prendere invece atto che è vero proprio il contrario (Potì, 19 gennaio 2019 su leccecronaca.it);

   67 associazioni hanno formalmente diffidato Tap a sospendere i lavori di costruzione del microtunnel. La diffida, redatta dai legali Carducci, Papadia e Cesari, si appella al diritto alla salute tutelato dalla Costituzione e al decreto del Ministero della salute del 2004 che opera in funzione dei principi europei di precauzione –:

   se il Ministro interrogato abbia intenzione di procedere a controlli e verifiche, per quanto di competenza, anche promuovendo un intervento del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in merito alle questioni connesse all'evento ambientale accertato.
(4-02127)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORETTO e DE MENECH. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   le fondazioni lirico-sinfoniche da tempo hanno avuto un regime particolare, che purtroppo ha incrementato il precariato;

   dalla recente pronuncia della Corte di giustizia europea del 25 ottobre 2018 sembrerebbe che la legislazione italiana, antecedente al «decreto dignità», sia in contrasto con la clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato;

   l'articolo 3 della legge 22 luglio 1977, n. 426, vieta, a pena di nullità, «i rinnovi dei rapporti di lavoro che comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato»;

   l'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, al comma 1, prevede che «il contratto subordinato a tempo indeterminato costituisca la forma comune di rapporto di lavoro, che un termine possa essere stabilito per ragioni di carattere tecnico, produttivo e che tali ragioni debbano essere specificate»;

   l'articolo 4 del decreto legislativo n. 368 del 2001 prevede che il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni;

   l'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 – disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali – dispone, da un lato, che l'articolo 3, quarto e quinto comma, della legge 22 luglio 1977, n. 426, continua ad applicarsi alle fondazioni lirico-sinfoniche, nonostante la loro trasformazione in soggetti di diritto privato, e, dall'altro, che le disposizioni dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 368 del 2001 non si applicano alle fondazioni lirico-sinfoniche;

   inoltre, l'articolo 11 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 – disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali – dispone, al comma 19, che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato esclusivamente a mezzo di procedure selettive pubbliche;

   infine, nel decreto legislativo n. 81 del 2015, all'articolo 29, viene confermata la specialità del personale tecnico-artistico delle fondazioni musicali a cui non si applicano le norme standard del tempo determinato;

   il susseguirsi di norme speciali senza limiti di tempo dell'utilizzo dei contratti a tempo determinato per il personale tecnico-artistico delle fondazioni musicali ha comportato un costante utilizzo della precarietà per anni dello stesso personale;

   l'entrata in vigore del «decreto dignità», che non prevede alcuna differenza tra la situazione delle fondazioni lirico sinfoniche e altri settori, ha creato problemi per il personale che da anni è stato utilizzato a termine all'interno dei teatri lirici italiani;

   a titolo di esempio, nel Veneto, le due importanti Fondazioni (il Gran Teatro La Fenice e l'Arena di Verona) senza un intervento normativo, difficilmente potranno risolvere i problemi;

   nella scorsa legislatura sono intervenute molte disposizioni volte a fronteggiare la crisi del settore lirico-sinfonico, in particolare prevedendo il riassetto della governance delle fondazioni e l'adozione di piani di risanamento ed erogando specifiche risorse. È stato, poi, previsto che dal 31 dicembre 2019 le attuali fondazioni lirico-sinfoniche saranno inquadrate, alternativamente, come fondazione lirico-sinfonica o teatro lirico-sinfonico, con conseguenti diverse modalità organizzative, di gestione e di funzionamento –:

   al fine di completare il piano di risanamento del settore avviato nella scorsa legislatura e a tutela dei tanti lavoratori, se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare iniziative per definire una norma specifica che tenga conto dell'accordo-quadro sul tempo determinato e che permetta di mantenere le professionalità dei suddetti lavoratori, che danno lustro, con i loro spettacoli, al nostro Paese.
(5-01335)


   FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   con istanza del 25 agosto 1998, la direzione generale per gli archivi richiedeva al Ministero delle finanze, l'autorizzazione a destinare il compendio denominato ex Caserma Cantore a nuova sede dell'archivio di Stato nella città di Piacenza;

   successivamente a detta richiesta, risulta che l'Archivio di Stato di Piacenza abbia ottenuto in «uso governativo provvisorio» alcuni locali della predetta ex caserma Cantore ove collocare alcuni archivi a rischio di dispersione;

   attualmente una significativa area di Palazzo Farnese risulta utilizzata, a titolo di comodato d'uso gratuito dal predetto Archivio di Stato, in attesa del recupero completo del summenzionato compendio demaniale dell'ex Caserma Cantore, recupero che dovrebbe essere attivato e concluso nell'arco di 5 anni;

   con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 25 ottobre 2018, n. 467, trasmesso all'ufficio di controllo sugli atti del Ministero il 15 novembre 2018, foglio n. 3369, veniva approvato il programma – di cui allegato del predetto decreto – relativo agli interventi finanziati con i «Fondi rinvenienti 2007-2013» per l'importo complessivo di 109.475.469,65 euro;

   il predetto decreto include tra gli interventi finanziati anche quello richiesto dalla direzione archivi, per un importo di 6.000.000,00 di euro, volto a consentire, previo espletamento dei lavori necessari, il trasferimento dell'Archivio di Stato di Piacenza nell'ex Caserma Cantore –:

   se l’iter per l'erogazione dei finanziamenti stanziati, indispensabile per realizzare gli interventi necessari al detto trasferimento risulti avviato o se si registrino difficoltà al riguardo all'interno del Ministro per i beni e le attività culturali, nel qual caso quali ne siano le motivazioni e quali siano le azioni che intenda promuovere il Ministro interrogato per superare eventuali inopinati ostacoli al raggiungimento di un obiettivo da tempo atteso dalla comunità piacentina.
(5-01342)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   FRAGOMELI, FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 consente la definizione agevolata dei debiti delle persone fisiche che versino in grave e comprovata situazione di difficoltà economica, diversi da quelli già annullati automaticamente, affidati all'agente della riscossione dal 2000 al 2017; detti debiti possono essere definiti mediante pagamento rateale della quota capitale e degli interessi in misura differenziata dal 16 al 35 per cento del debito iscritto a ruolo secondo la condizione economica del debitore definita dall'Isee comunque non superiore 20.000 euro;

   non è chiaro se anche la definizione agevolata introdotta dalla legge di bilancio 2019 comporti un impatto negativo sulle entrate degli enti locali, dal momento che si tratterebbe anche in questo caso di una sanatoria che permette di abbattere il debito iscritto a ruolo e che riguarderebbe anche le addizionali Irpef;

   secondo un chiarimento del Ministero, deve ritenersi che i carichi definibili sono solo ed esclusivamente quelli affidati agli agenti della riscossione, e non anche quelli affidati a soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione delle province e dei comuni; pertanto, la definizione agevolata riguarda le cartelle di pagamento relative ai tributi locali solo nel caso in cui l'ente abbia affidato l'attività all'Agenzia delle entrate-riscossione;

   l'applicazione eterogenea della definizione agevolata rischia di penalizzare alcuni contribuenti rispetto ad altri e mina, al contempo, la solidità dei bilanci comunali, tanto che alcuni sindaci stanno valutando l'opportunità di mantenere il rapporto con Agenzia delle entrate-riscossione, che porta come conseguenza l'applicazione della normativa statale –:

   come intenda assicurare l'omogenea applicazione delle norme al fine di non creare disparità di trattamento tra i contribuenti e, al contempo, garantire i comuni per le mancate entrate su cui gli enti avevano fatto legittimo affidamento.
(5-01344)


   CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio per il 2019 è stata modificata la disciplina relativa al regime forfettario;

   in sede di risposta all'interrogazione n. 5-01179 del 21 gennaio 2019, il Governo ha ribadito che la previsione di escludere dal regime forfettario coloro che hanno ricevuto compensi da lavoro dipendente o assimilati da uno o più datori di lavoro con cui hanno lavorato nei due anni precedenti mira «ad evitare l'avvio di iniziative professionali al solo scopo di beneficiare dell'aliquota agevolata del regime in esame, trasformando l'attività di lavoro dipendente o attività a questo assimilate in attività di lavoro autonomo»;

   sussistono partite Iva in costanza di lavoro dipendente, come ad esempio i casi di intramoenia ospedaliera, come sussistono altresì casi di lavoratori che hanno avviato l'attività autonoma con apertura della partita Iva prima della norma in questione che si ritroverebbero oggigiorno penalizzati dal rischio di una interpretazione retroattiva della norma –:

   se non ritenga urgentemente di adottare iniziative per chiarire la portata applicativa della norma in questione, valutando la possibilità di indicare, con eventuale circolare applicativa, una data di riferimento per l'apertura delle partite Iva rispetto all'instaurazione di un rapporto di lavoro dipendente ai fini dell'accesso al regime forfettario.
(5-01345)


   PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno delle pressioni commerciali improprie e vessatoria esercitate da chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso un istituto di credito sugli addetti alla vendita di prodotti finanziari, sta cominciando ad assumere contorni socialmente rilevanti;

   numerosi studi sullo stress lavoro correlato, promossi da alcuni sindacati di categoria in collaborazione con alcuni atenei italiani, hanno rivelato un alto livello di stress come conseguenza di perduranti pressioni improprie sui lavoratori bancari costretti a operare in un clima più coercitivo che collaborativo che finisce per incidere sull'essenza stessa del rapporto tra la banca ed i lavoratori, oltre che tra la banca e la sua stessa clientela, che rischia di minare alla base la fiducia verso il sistema bancario negli ultimi anni già gravemente compromessa;

   i lavoratori interessati, costretti a farsi carico dei rischi aziendali, hanno dichiarato che a causa delle suddette pressioni l'insostenibilità del lavoro pesa per il 56 per cento tra i fattori di rischio, mentre la percezione dello stress ha un peso del 64 per cento;

   l'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato quanto sia difficile il presidio della problematica trattandosi di materia che sfugge alle normali dinamiche sindacali;

   a partire dal mese di dicembre 2018 è diventata operativa la Commissione bilaterale prevista dall'accordo tra l'Abi e i sindacati bancari sulle politiche commerciali e l'organizzazione del lavoro nei cento gruppi creditizi dove lavorano 300 mila italiani, istituita nell'anno 2017 per arginare l'eccesso di sistemi incentivanti e pratiche troppo spinte in ambito lavorativo bancario, slegando gli incentivi dalla vendita di prodotti finanziari –:

   quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per arginare il fenomeno esposto in premessa e giungere alla definizione di modelli organizzativi all'interno del settore che favoriscano lo sviluppo di politiche commerciali equilibrate e rispettose delle esigenze della clientela e la competitività delle imprese bancarie.
(5-01346)


   CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 10, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018 esonera, dagli obblighi in materia di fatturazione elettronica tra privati, «i soggetti passivi che hanno esercitato l'opzione di cui agli articoli 1 e 2 della legge 16 dicembre 1991, n. 398 e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000» e aggiunge: «tali soggetti, se nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a euro 65.000 assicurano che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d'imposta»;

   sebbene ispirata a princìpi di semplificazione, la norma presenta punti oscuri: non chiarisce come i soggetti interessati possano «assicurare» che i propri obblighi di fatturazione siano adempiuti dai rispettivi cessionari o committenti e cosa fare nell'ipotesi di diniego, ritardo o omissione da parte di questi, né quale modalità di fatturazione – cartacea o elettronica – debbano adottare qualora il cliente non sia soggetto passivo di imposta o rientri tra le categorie esonerate;

   giova rammentare anche che, per effetto dell’«opzione 398», i soggetti aderenti non detraggono l'Iva assolta sugli acquisti e liquidano quella percepita sulle operazioni attive nella misura forfettaria del 50 per cento: la traslazione degli obblighi di fatturazione elettronica su cessionari e committenti – anche ove tecnicamente possibile – non può incidere su tale meccanismo, risolvendosi, de facto, in una nuova ipotesi di inversione contabile, regime peraltro inapplicabili ai citati soggetti, come risulta dalla circolare della Agenzia delle Entrate n. 14 del 27 marzo 2015;

   una possibile soluzione al caso in esame, in linea con le richiamate finalità agevolative, potrebbe essere quella di considerare l'emissione della fattura elettronica in capo ai cessionari e committenti come un beneficio facoltativo per gli interessati, lasciando a questi ultimi sempre la potestà di provvedervi direttamente ed in autonomia; ciò consentirebbe di risolvere tali incertezze tenuto conto che per la categoria di contribuenti in esame, non vige divieto di fatturazione elettronica –:

   se ritenga opportuno chiarire con quali modalità i soggetti aderenti al regime di cui agli articoli 1 e 2 della legge n. 398 del 1991 – il cui volume di proventi commerciali ha superato, nell'esercizio precedente la soglia di 65.000 euro – adempiano ai propri obblighi di fatturazione elettronica in considerazione delle disposizioni agevolative contenute nell'articolo 10, comma 1 del decreto-legge n. 119 del 2018.
(5-01347)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il comma 22 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 30 dicembre 2018) dispone che i titolari di partita Iva (che non hanno partecipazioni in società o studi associati) con ricavi nell'anno 2018 inferiori a 65.000 euro vengano esonerati, nell'emissione delle fatture, dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e dai relativi adempimenti;

   la stessa legge di bilancio estende tale esenzione anche ai titolari di partite Iva che avranno fatturato, nel corso dell'anno 2019, da 65.000 a 100.000 euro;

   tale misura, che avrebbe potuto creare benefici per i giovani professionisti, per i nuovi imprenditori o per le partita Iva in difficoltà, rischia però di essere controproducente e di creare evidenti storture nel mercato se esteso indistintamente a chi registra volumi fino a 100.000 euro;

   alcune associazioni di categoria hanno segnalato come tali disposizioni potrebbero avere effetti distorsivi sulla concorrenza, in particolar modo nei confronti dei committenti quali gli enti pubblici o i privati per i quali l'Iva rappresenta un costo non deducibile;

   per una stessa prestazione, un professionista in regime ordinario emetterà, infatti, una fattura superiore di circa il 20 per cento rispetto ad un professionista esonerato dalla recente legge di bilancio;

   appare evidente come questa norma potrebbe avere addirittura effetti controproducenti per il lavoro e l'economia. Il nuovo regime fiscale, prevedendo una esenzione Iva solo per alcuni soggetti, ha promosso di fatto un meccanismo di concorrenza sleale, non determinata da virtuose competizioni di mercato ma esclusivamente da effetti fiscali;

   in base a tale normativa i clienti pubblici negli affidamenti diretti e nelle gare a invito potrebbero, infatti, verificare preliminarmente il regime contributivo del professionista, rischiando di escludere quindi coloro che sono in regime ordinario, oppure richiedendo uno sconto maggiore per allineare le offerte con quelle dei professionisti in regime forfettario. Analogamente potrebbero comportarsi anche i clienti privati, preferendo per evidenti motivazioni i professionisti più economici al lordo degli oneri fiscali;

   al tempo stesso, la nuova normativa, prevedendo per le spese un abbattimento percentuale predeterminato dei ricavi, potrebbe penalizzare gli studi con incidenza dei costi più alta, potrebbe incentivare i professionisti a passare al regime più favorevole mediante destrutturazione del proprio studio, con effetti penalizzanti anche sull'occupazione e addirittura potrebbe incoraggiare la creazione di società fittizie con cui adottare il sistema che non prevede l'emissione dell'Iva nelle fatture –:

   quali iniziative intenda adottare per garantire che il nuovo regime fiscale introdotto dalla legge di bilancio 2019, prevedendo un'esenzione Iva solo per alcuni soggetti, non produca effetti distorsivi del mercato, in termini di concorrenza sleale, solo per effetto di politiche fiscali di convenienza.
(5-01332)

Interrogazione a risposta scritta:


   CALABRIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Roma, la Capitale d'Italia, si conferma la città con le tasse locali più alte e con il maggior esborso medio pro capite;

   a Roma le addizionali regionali e comunali sull'Irpef sono le più alte d'Italia;

   a Roma e nella regione Lazio si registra il primato delle tasse locali più alte d'Italia su imprese, famiglie, capannoni industriali e case;

   nell'anno appena trascorso per i cittadini romani, Irpef ed Imu, hanno toccato la percentuale massima consentita dalla legge, pari rispettivamente a 4,23 per cento e 1,06 per cento;

   a Roma, nel 2018 l'Irap è stata leggermente sotto il limite consentito, 4,82 per cento rispetto al tetto di 4,97, mentre la Tasi allo 0,25 per cento rispetto al «top» fissato allo 0,33;

   l'Irpef regionale pagata dai romani ammonta in media a 636 euro contro i 406 di Milano;

   l'addizionale comunale a Roma arriva a 278 euro, quindi ad un livello molto superiore alla media nazionale;

   il peso eccessivo del prelievo fiscale sui contribuenti romani incide negativamente sulla ripresa e sugli investimenti delle imprese;

   la Tari nella Capitale rischia di aumentare se i costi dello smaltimento rifiuti fuori regione nel 2019 supereranno i budget previsti dal Campidoglio;

   l'indisponibilità dell'impiantistica necessaria alla chiusura del ciclo rifiuti è uno dei fattori che più fortemente condiziona l'efficacia del servizio, sia nella qualità erogata che in quella percepita;

   la spesa per il verde pubblico ha registrato una forte diminuzione, riducendo drasticamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria;

   a Roma è altamente problematica la condizione della mobilità, soprattutto di superficie, con evidenti difficoltà da parte di Atac ad attuare puntualmente quanto programmato anche a causa del taglio dei costi per la manutenzione, che rendono quello romano un parco vetture tra i più modesti e vetusti d'Italia;

   la mancanza di pezzi di ricambio, gli scioperi e i malfunzionamenti sono alcune delle cause responsabili di una flessione in negativo del 6 per cento della qualità del trasporto pubblico percepita dagli utenti rispetto all'anno precedente;

   stando a un recente sondaggio del comune di Roma, chi abita nella Capitale considera largamente insufficiente il livello dei servizi pubblici;

   secondo un'indagine dell'Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, nel 2018 il voto medio attribuito dai romani alla qualità della vita nella loro città è 5,3 su 10;

   l'Ufficio parlamentare di bilancio ha stimato che nel 2019 la pressione fiscale salirà dal 41,9 al 42,4 per cento del prodotto interno lordo rispetto al 42 per cento del 2018;

   la legge di bilancio 2019 da poco approvata non conferma il blocco che dura ormai da tre anni (2016-2018) degli aumenti delle aliquote Irap, Imu, Tasi ed addizionali regionali e comunali all'Irpef, introducendo quindi il rischio di ulteriori aggravi sulle tasse locali –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative normative per prevedere il blocco degli aumenti delle aliquote Irap, Imu e Tasi e, con riferimento specifico alla capitale, per destinare risorse aggiuntive alla città di Roma, al fine di favorire il superamento delle criticità richiamate nei servizi al cittadino che persistono nonostante la stangata fiscale a cui sono sistematicamente sottoposti i romani.
(4-02133)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Governo, manifestando preoccupazione per il crescente numero di procedimenti penali per i quali matura la prescrizione in grado di appello, ha assunto iniziative normative per la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado; è noto che alcune corti d'appello fanno registrare percentuali altissime di prescrizioni, altre corti fanno registrare percentuali minime;

   risulta all'interrogante che molto spesso le prescrizioni maturano in appello, nonostante i procedimenti di primo grado siano stati definiti in tempi molto ravvicinati rispetto al momento del fatto; pertanto, la prescrizione è da addebitarsi alla circostanza che, per più anni, l'udienza di appello non viene calendarizzata;

   risulta altresì che fascicoli relativi a reati della medesima gravità abbiano, nella stessa corte d'appello, tempi di attesa diversi, nel senso che per alcuni le udienze vengono fissate tempestivamente, per altri non vengono «mai» fissate e si procede, dopo anni di giacenza, a «certificare» in camera di consiglio la prescrizione;

   pertanto, non si comprende quale sia il criterio che ispira «accelerazioni» o «rallentamenti» nella calendarizzazione di procedimenti penali aventi analoga gravità;

   è evidente che, senza un criterio chiaro e verificabile, tale differenza di trattamento dei fascicoli risulta arbitraria –:

   se il Ministro sia a conoscenza del fenomeno delle anomale calendarizzazioni sopra descritto e quali eventuali iniziative di competenza, anche ispettive, abbia assunto o intenda assumere in relazione alle criticità evidenziate in premessa.
(3-00482)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito degli interventi di razionalizzazione delle forze dell'ordine, il Corpo della polizia penitenziaria ha subito, sin dalla cosiddetta legge Madia (decreto legislativo n. 177 del 2016) un significativo ridimensionamento, a partire dagli interventi sul servizio navale del Corpo medesimo e, in particolare, si rileva l'eliminazione di alcune basi navali della polizia penitenziaria e, in particolare, quella di Favignana – isola minore dell'arcipelago delle Egadi – in cui è presente una casa di reclusione di nuova costruzione;

   l'isola di Favignana dista dalla terraferma circa 10 miglia marine e dalle ore 20,00 alle ore 07,30 non è servita da alcun collegamento per tramite mezzo di linea (traghetto aliscafo);

   nel carcere di Favignana, in epoca non molto lontana e, precisamente, il 28 ottobre 2017 si è verificato un evento critico ovvero l'evasione di tre pericolosi detenuti che sono stati assicurati nuovamente alla giustizia proprio grazie alla professionalità del personale operante nella base navale del Corpo della polizia penitenziaria;

   nella medesima occasione si rivelava essenziale l'attività svolta dalla motovedetta V3 – attualmente dislocata al porto di Trapani su disposizione del provveditore regionale – che, nonostante le avverse condizioni del mare, tempestivamente giungeva sull'isola per avviare la ricerca dei detenuti evasi;

   il servizio navale con i propri mezzi ha svolto nell'ultimo triennio un consistente numero di traduzioni e, segnatamente, per l'anno 2016, 135 traduzioni per un totale di 289 detenuti tradotti; per l'anno 2017, 151 traduzioni per un totale di detenuti tradotti 287; per l'anno 2018, 150 traduzioni per un totale di 256 detenuti tradotti;

   le traduzioni sono tradizionalmente appannaggio del Corpo di polizia penitenziaria il quale, con le proprie specificità svolge un lavoro non sovrapponibile né paragonabile a quello di altri Corpi e, nel caso di specie della base navale sull'isola di Favignana, ha fornito il proprio contributo anche in attività di ricerca, soccorso, salvataggio e collaborazione nel controllo dell'area marina protetta;

   il personale della base navale di Favignana appartenente alla polizia penitenziaria è un importante presidio anche sotto il profilo della sicurezza per gli abitanti del luogo, rappresentando una presenza autentica dello Stato in un'isola minore che già soffre le naturali condizioni geografiche di isolamento, aggravate dalla mancanza, in orario notturno, di mezzi che garantiscano la possibilità di trasferimenti ed, infatti, i cittadini di Favignana hanno spontaneamente sottoscritto in centinaia una petizione per sostenere la richiesta di permanenza della base navale –:

   se il Governo sia a conoscenza dei costi aggiuntivi che deriverebbero per lo Stato procedendo all'utilizzo di risorse della Guardia di finanza in luogo di quelle attualmente in uso della polizia penitenziaria, se abbia delegato il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a svolgere un'analisi costi-benefici che preveda il coinvolgimento delle forze sindacali e dei rappresentanti del territorio e se intenda adottare iniziative per procedere alla sospensione, alla revoca e/o al superamento del provvedimento che ha disposto la chiusura della base navale della polizia penitenziaria per effetto del decreto legislativo n. 177 del 2016.
(4-02126)


   BORDONALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 302 del 1998 viene disciplinata la delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto in sede di espropriazione forzata;

   con la legge n. 80 del 2005 si dispone che le operazioni di vendita possano essere affidate anche ad altri professionisti, quali avvocati e commercialisti;

   il Consiglio superiore della magistratura con delibera del 2017 ha stabilito linee guida in materia di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari, sollecitando una rotazione fra più professionisti al fine di garantire trasparenza ed efficienza;

   il Consiglio superiore della magistratura nella delibera del 2018 ha evidenziato un monitoraggio sull'andamento delle procedure esecutive immobiliari dal quale emerge un sostanzioso arretrato, di difficile riassorbimento, che determina una sofferenza del settore e un impatto negativo sul sistema economico;

   nella totalità dei tribunali le operazioni di vendita sono delegate a notai, avvocati e commercialisti, come stabilito dalla normativa;

   da una serie di segnalazioni ricevute risulta che presso il tribunale di Brescia le deleghe vengono affidate dal 1998 ad un'associazione di notai, Associazione notarile procedure esecutive (Anpe), che ha svolto e svolge tutt'oggi, in regime di monopolio, l attività delegata;

   a causa dell'esiguo numero dei notai iscritti all'Anpe (76) si sono determinati ritardi nell'aggiudicazione e nei piani di riparto, tanto che l'Ordine degli avvocati di Brescia ha richiesto l'inserimento negli elenchi di avvocati appositamente formati;

   nonostante l'elenco sia stato trasmesso nel mese di febbraio 2018, ad oggi le deleghe rimangono esclusiva dei notai appartenenti all'Anpe, diminuiti al numero di 72, poiché 4 hanno cessato la loro attività per l'associazione. Peraltro, risulta che questi ultimi abbiano visto revocate le deleghe già assunte su richiesta dell'associazione Anpe;

   nonostante le deleghe siano personali;

   risulta altresì che alcuni dipendenti dell'Anpe prestino attività lavorativa nella cancelleria delle esecuzioni;

   risulta all'interrogante, infine, che, nonostante le aste debbano essere svolte in via telematica, i delegati chiedono, ottenendole, deroghe per procedere con aste non telematiche –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa lo stato di attuazione della legge n. 80 del 2005 presso il tribunale di Brescia, con particolare riferimento al coinvolgimento di avvocati e commercialisti;

   se il Ministro interrogato non convenga sulla urgenza di adottare iniziative per assicurare l'attuazione completa della legge di riferimento.
(4-02131)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   FURGIUELE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la gestione aeroportuale calabrese è affidata alla S.A.Cal. s.p.a. ed alla SacalGHs.p.a. società controllata interamente dalla S.A.Cal.s.p.a., che si occupa gestione dei servizi di handling nello scalo di Lamezia Terme;

   entrambe utilizzano oramai da moltissimi anni lavoratori «stagionali» (la SacalGHs.p.a., per servizi ai passeggeri e agli aeromobili e la S.A.Cal.s.p.a. per il servizio di assistenza per i passeggeri a ridotta mobilità – Prm e per il servizio di pulizia), che, nonostante le condizioni di precariato, riescono comunque a garantire un servizio efficiente e di qualità;

   dal mese di gennaio 2018, in oltre un anno, in merito a un cronoprogramma per il passaggio dei lavoratori stagionali a lavoratori a tempo indeterminato, ad avviso dell'interrogante nessuna azione è stata compiuta dal nuovo management della SacalGHs.p.a. né dal vertice aziendale della S.A.Cal.s.p.a. nonostante l'allora amministratore unico della SacalGHs.p.a. avesse avviato, con le organizzazioni sindacali, un tavolo tecnico ad hoc;

   i risultati ufficiali dei traffici 2018 per il sistema aeroportuale calabrese hanno evidenziato 2.756.211 passeggeri movimentati nell'aeroporto di Lamezia Terme, 358.321 in quello di Reggio Calabria e 83.854 in quello di Crotone;

   l'aeroporto di Lamezia Terme, con un incremento di +8,7 per cento, si è dunque confermato scalo internazionale strategico, a differenza di quelli di Reggio Calabria e Crotone confermatisi scali nazionali di servizio;

   ciò dovuto principalmente alla posizione centrale di Lamezia nella regione, che la rende – da sempre – di notevole importanza dal punto di vista infrastrutturale (si pensi che la stazione ferroviaria di Lamezia è tra le più importanti della ferrovia tirrenica meridionale);

   diventa, pertanto, sempre più necessaria la realizzazione della nuova aerostazione nella scalo di Lamezia Terme, sia per garantire le condizioni di sicurezza dei passeggeri a causa della totale saturazione dell'attuale aerostazione, sia per migliorare la qualità dei servizi ai passeggeri, considerato il continuo aumento delle rotte nazionali e internazionali e l'incremento dei traffici;

   l'insufficienza degli spazi operativi disponibili nell'aerostazione rispetto al numero dei passeggeri annui attualmente movimentati, specie nei periodi «summer» e «winter» di picco di traffico, comporta il «troppo pieno» che potrebbe non garantire il rispetto delle condizioni minime di sicurezza;

   il quadro economico del progetto preliminare di ampliamento dell'aerostazione lametina, revisionato a marzo 2015, dedicato al solo traffico passeggeri in partenza, prevede un investimento complessivo di 51 milioni, per il quale la S.A.Cal.s.p.a. già dispone di un finanziamento comunitario di 16,84 milioni di euro;

   tale progetto contempla anche gli interventi di adeguamento funzionale e sismico dell'attuale aerostazione di Lamezia Terme;

   si evidenzia, altresì, che, nel mese di aprile 2018, la società di consulenza Price Water House Coopers, su incarico della S.A.Cal.s.p.a., avrebbe completato la redazione dei piani industriali trentennali della S.A.Cal., relativi alla gestione degli aeroporti di Reggio Calabria, Crotone e Lamezia Terme (dei quali, tuttavia, ad oggi non è dato conoscere i contenuti e le conclusioni), necessari per avere contezza della gestione complessiva del sistema aeroportuale calabrese, nonché delle previsioni riguardanti i risultati economico-finanziari per gli anni a venire della società S.A.Cal.s.p.a.;

   la preoccupazione dell'interrogante è che una eventuale gestione inadeguata e inappropriata, da parte degli attuali management della S.A.Cal.s.p.a. e della SacalGHs.p.a., possa determinare il tracollo finanziario delle due società, creare pericolo alla sicurezza dei passeggeri, nonché limitarne lo sviluppo futuro –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano adottare con riferimento a quanto esposto in premessa, incluse, se ne sussistano i presupposti, eventuali iniziative ispettive.
(3-00480)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   DE GIROLAMO, SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 16 gennaio 2019 è stato chiuso al traffico e posto sotto sequestro dalla procura dalla Repubblica di Arezzo per concreto pericolo di crollo, il tratto stradale della E45 all'altezza del viadotto «Puleto» tra gli svincoli di Canili e Valsavignone in corrispondenza del confine tra le province di Arezzo e Forlì-Cesena;

   dai primi sopralluoghi effettuati dagli uomini dell'Arma dei carabinieri, inviati sul luogo dalla procura, è emerso che il cemento armato dei piloni risultava usurato con ossidazione dei ferri di armatura, condizione questa che potrebbe portare il viadotto a rischio di collasso a causa del traffico di veicoli leggeri e pesanti, così come rilevato da una perizia tecnica disposta dalla stessa procura;

   fonti di stampa riportano che, allo scopo di ripristinare gli elementi strutturali ammalorati, nei mesi scorsi Anas avesse già progettato e appaltato un intervento di manutenzione straordinaria per l'adeguamento sismico e strutturale del viadotto del valore di circa 2,5 milioni di euro, nell'ambito del piano di riqualificazione della E45;

   l'intervento sul viadotto Puleto rientra nel piano di riqualificazione dell'itinerario E45-E55 Orte-Mestre, avviato da Anas negli ultimi tre anni per un investimento complessivo di 1,6 miliardi di euro;

   l'interruzione della viabilità tra Romagna e Toscana produrrà danni economici e sociali, con prevedibili disagi per quei territori interessati dal deflusso di migliaia di veicoli costretti a trovare vie secondarie per le strade dell'Appennino, comportando un aggravio in termini di costi e tempi di percorrenza;

   a fronte della chiusura al traffico della E45, non risultano esserci percorsi sostitutivi, dato che la vecchia strada statale 3-bis Tiberina è inagibile e chiusa al traffico da qualche decennio. Al contrario, le alternative stradali più vicine, pur essendoci, comportano percorrenze aggravate, dato che la viabilità alternativa per le lunghe percorrenze sulla direttrice Orte-Cesena è costituita dalle autostrade A1 Autostrada del Sole (Roma-Firenze-Bologna) e A14 Adriatica (Ancona-Cesena) –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, anche in collaborazione con le altre autorità preposte e gli enti locali interessati, per garantire la sicurezza stradale e ripristinare la viabilità su percorsi alternativi, come il tratto Valsavignone-Canili della vecchia arteria stradale strada statale 3-bis Tiberina, anche affidandone la gestione all'Anas al fine di favorire una più fluida viabilità nell'area interessata.
(5-01359)


   STUMPO e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Techno Sky è una società partecipata al cento per cento da Enav, responsabile di gestione, assistenza, manutenzione, piena efficienza operativa e disponibilità ininterrotta degli impianti, dei sistemi e dei software utilizzati per il controllo del traffico aereo nazionale;

   l'Enav ha ricevuto licenza, di Ansp (Air navigation service provider) da Enac con la responsabilità della salvaguardia della sicurezza operativa del traffico aereo, inclusi i servizi tecnici dell'assistenza al volo forniti dalla controllata Techno Sky, gestendone attività interne e servizi;

   il 19 luglio 2018 il sindacato U.s.b. ha proclamato uno sciopero nazionale per il 15 agosto 2018, in piena franchigia stabilita dalla legge sull'esercizio dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, che si è svolto con i dipendenti dei centri strategici di controllo del traffico aereo del nord Italia di Milano e dell'aeroporto di Malpensa che hanno abbandonato il servizio per l'intera giornata;

   la conflittualità interna a Techno Sky ha prodotto negli anni numerosi scioperi nei quali il personale tecnico ha abbandonata gli impianti in tutta Italia anche per 24 ore, senza che sia stato mai assunto alcun provvedimento di limitazione del traffico a salvaguardia della sicurezza degli utenti e anche per questo sciopero Enav, opportunamente avvertita da Techno Sky, non ha assunto limitazioni al traffico aereo, escludendo di fatto ogni impatto sulla sicurezza;

   la società Techno Sky ha comunque chiesto, come in precedenza, alla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, di sanzionare il sindacato ritenendo esservi stata la violazione dei diritti costituzionali degli utenti previsti dalla legge «alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione»;

   pur non essendovi stato alcun impatto per l'utenza e il servizio di trasporto ad esso funzionale, il 26 novembre 2018 la Commissione di garanzia ha effettivamente sanzionato il sindacato –:

   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, finalizzate a verificare se durante le iniziative di sciopero del personale operante in Techno Sky siano stati effettivamente salvaguardati i diritti degli utenti, con particolare riferimento alla loro sicurezza, ovvero se si siano verificate negligenze nell'ambito di una sorta di conflitto di competenze, da parte delle società Enav.
(5-01360)


   MULÈ, GAGLIARDI, BAGNASCO, CASSINELLI e SOZZANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 9 dicembre 2018 è entrato in vigore il nuovo orario invernale del servizio trasporto passeggeri di Trenitalia;

   con il nuovo orario il treno Frecciargento delle ore 6,10 da Genova Principe per Roma Aeroporto Fiumicino (arrivo ore 10,37) si ferma nella capitale nella stazione di Roma Tiburtina, invece che in quella di Roma Termini come previsto inizialmente;

   la stazione di Roma Termini, come è noto, oltre ad avere una posizione nettamente centrale nella capitale, è punto di congiunzione delle due linee di metropolitana principali, la A e la B cui si innesta la linea B1, rappresentando di fatto la soluzione maggiormente preferibile per chi giunge da fuori città e deve raggiungere le varie zone della metropoli, ivi compreso l'aeroporto di Fiumicino o la stessa stazione di Tiburtina;

   dall'area della stazione di Roma Termini partono e arrivano altresì numerose linee di bus e tram e si concentra maggiormente la disponibilità di servizi di taxi, rispetto alla stazione di Roma Tiburtina principalmente orientata al trasporto su gomma di linee da e per le aree fuori città e fuori regione;

   la scelta operata da Trenitalia ha di fatto condotto un numero rilevante di pendolari in partenza dalla stazione di Genova a rinunciare al Frecciargento delle 6,10 per Roma, considerando che questo rappresentava l'unico treno in grado di collegare Genova a Roma in 3 ore e 55 minuti, consentendo ai pendolari di raggiungere la capitale circa alle dieci del mattino;

   si tratta di una scelta che non trova spiegazioni vieppiù dopo l'impegno di Ferrovie dello Stato italiane di potenziare i collegamenti e l'offerta di servizi a seguito dell'immane tragedia del crollo del «ponte Morandi», mentre così facendo Trenitalia sta sostanzialmente contribuendo all'isolamento di Genova;

   appare incomprensibile, altresì, che ai fini di una presumibile valorizzazione dell'intermodalità treno-aereo si prolunghi un treno alta velocità/alta capacità proveniente da Genova fino all'aeroporto di Fiumicino, come se chi provenendo dal capoluogo ligure necessitasse di arrivare all'aeroporto di Roma per poter ricorrere al trasporto aereo, peraltro a discapito di uno scalo centrale come quello di Termini e dei servizi di trasporto locale ad esso connessi –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza perché ai passeggeri provenienti dalla città di Genova, e ai pendolari interessati dalla medesima linea diretti a Roma, sia garantito l'accesso a un adeguato trasporto ferroviario e intermodale con servizi di linea e non di linea.
(5-01361)


   PAITA e MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 14 gennaio 2017 è entrato in vigore il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, di attuazione dalla direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (Dafi);

   l'articolo 5, in particolare, riguarda la fornitura per il trasporto stradale e prevede, al comma 1, la creazione di un adeguato numero di punti di rifornimento per l'idrogeno, accessibili al pubblico, entro il 31 dicembre 2025;

   è stimato che, entro tale data, per consentire la circolazione di vetture ad idrogeno per lunghe distanze sul territorio nazionale (lungo le autostrade, ogni 200 chilometri o presso le superstrade o strade con traffico internazionale), occorreranno 25 stazioni;

   non ci sono, quindi, ad oggi ostacoli tecnici che impediscano la costruzione di stazioni di rifornimento di idrogeno per autotrazione. Contrariamente a molti altri Paesi europei, l'Italia ha un'unica stazione che si trova a Bolzano, sulla A22. Nell'impianto si produce idrogeno tramite energie rinnovabili, si stocca e si utilizza per rifornire veicoli a celle a combustibile (autobus utilizzati per il trasporto pubblico urbano, oltre a un parco vetture destinate al noleggio);

   nel concentrare l'attenzione e il sostegno dell'Unione europea sulla tecnologia, tra gli obiettivi il documento reca quelli di «supportare l'applicazione dell'idrogeno nei trasporti e nella mobilità e creare l'infrastruttura di rifornimento necessaria per aumentare la domanda di idrogeno» –:

   quali iniziative e investimenti il Governo intenda promuovere per raggiungere l'obiettivo della costruzione di un numero adeguato di stazioni entro il 2025, in particolare lungo la rete autostradale, e garantire anche in Italia lo sviluppo della mobilità a idrogeno.
(5-01362)


   ROTELLI, FIDANZA e DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'assegnazione, in esclusiva ad Alitalia, delle rotte in regime di continuità territoriale aerea tra i tre aeroporti sardi e quelli di Fiumicino e Linate, ha recentemente causato diversi disagi sulle prenotazioni dei voli, in particolare per la stagione estiva;

   conseguentemente all'apertura delle buste contenenti l'offerta economica per la nuova continuità, che ha visto Alitalia e Air Italy contendersi le citate rotte da e per la Sardegna, i tre aeroporti di Alghero, Olbia e Cagliari saranno collegati con Roma e Milano, anche se in via provvisoria, esclusivamente da Alitalia;

   il nuovo sistema di continuità territoriale sarà attivo a decorrere dal 17 aprile 2019 per l'intero successivo triennio, e, una volta pubblicato il bando, la compagnia aerea ha sei mesi di tempo per accettare gli oneri di servizio, anche senza compensazione economica;

   il nuovo bando ha cancellato la tariffa unica, con conseguente danno per le centinaia di migliaia di emigrati sardi, nonché per tutti gli italiani non residenti, i quali non potranno più raggiungere la Sardegna a prezzi agevolati e con frequenze adeguate;

   la Sardegna continua a non essere collegata con il Nord-est, la costa adriatica, il sud e la Sicilia;

   i biglietti, ad oggi, risultano già in vendita, nonostante Ryanair abbia proposto apposito ricorso al Presidente della Repubblica, in quanto l'aumento del numero di voli previsto dal nuovo programma non sarebbe giustificato;

   la Compagnia Air Italy sembrerebbe intenzionata a smobilitare la sede storica di Olbia, con gravi ripercussioni dal punto di vista economico e occupazionale;

   recentemente, il Governo ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno con il quale si impegnava ad attivare un tavolo per discutere un nuovo programma di continuità territoriale, oltre che per avviare un'interlocuzione con l'Unione europea finalizzata alla modifica delle regole vigenti in materia –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali urgenti iniziative intenda attuare al fine di garantire una effettiva continuità territoriale per tutti i cittadini.
(5-01363)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI e GAVINO MANCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi anni sempre più italiani hanno scelto di sottoscrivere una polizza per la responsabilità civile auto coadiuvata dall'installazione della «scatola nera»: attualmente gli automobilisti che hanno scelto di adottare questo moderno accorgimento, nel nostro Paese, sarebbero oltre il 20 per cento, ma la diffusione di questa consuetudine assicurativa risulta essere non omogenea su tutto il territorio nazionale e varierebbe fortemente di regione in regione;

   la legge 4 agosto 2017, n. 124, cosiddetta «legge sulla concorrenza», prevede sconti obbligatori sul costo dell'assicurazione per la responsabilità civile auto nel caso in cui vengano installati o siano già presenti e portabili, meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, denominati «scatola nera» o equivalenti;

   la norma prevedeva, inoltre, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, emanasse un decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge sulla concorrenza, con il quale fossero individuati, per tali dispositivi, i requisiti funzionali minimi necessari a garantire l'utilizzo dei dati raccolti, in particolare, ai fini tariffari e della determinazione della responsabilità in occasione dei sinistri;

   nel mese di giugno 2018, il presidente dell'Ivass, nelle pieghe delle sue considerazioni sulla relazione sull'attività 2017 dell'Autorità di vigilanza sulle assicurazioni, annunciando l'entrata in vigore del regolamento Ivass per fissare i criteri per calcolare gli sconti, ha altresì segnalato la mancanza del decreto ministeriale inerente alla definizione degli «alcolock», i dispositivi che bloccano il motore se rilevano che il conducente ha bevuto alcol e del decreto ministeriale per la definizione dei requisiti tecnici delle «scatole nere»;

   ad oggi, dopo 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge sulla concorrenza, mancano ancora tali provvedimenti attuativi per consentire alle compagnie assicurative di praticare la prevista scontistica, riducendo il costo delle tariffe che risulta essere particolarmente gravoso, soprattutto nel Mezzogiorno, premiando in questo modo gli automobilisti che accettano di installare una «scatola nera» a bordo del proprio veicolo –:

   quali siano i tempi di emanazione del decreto citato in premessa, senza il quale non sembra possibile finalizzare il percorso di riduzione delle tariffe assicurative, e quali siano le ragioni del ritardo accumulato che non ha permesso finora, a milioni di automobilisti italiani, di risparmiare grazie al proprio comportamento virtuoso.
(5-01336)


   BRUNO BOSSIO, DEL BASSO DE CARO, DE FILIPPO, DE LUCA e VISCOMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la giunta di Roma Capitale con apposita delibera del 17 ottobre 2018, ha deciso la delocalizzazione dell'autostazione per i mezzi adibiti alle linee di trasporto pubblico interregionali, nazionali e internazionali dal terminal di Tiburtina, che costituisce il capolinea dei servizi di trasporto con autobus a lungo raggio sulla base di specifica autorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al nodo di Anagnina;

   il terminal bus di Tiburtina, in base ai dati forniti dalla Tibus, vede transitare otto milioni e mezzo di passeggeri l'anno, in crescita costante negli ultimi anni, con 103 vettori, di cui 33 stranieri, 600 autobus giornalieri tra arrivi e partenze;

   di fronte a tale annuncio a seguito delle proteste della regione Abruzzo, una mozione del consiglio comunale di Roma del mese di novembre 2008 ha ulteriormente complicato la situazione, poiché la delocalizzazione ad Anagnina vedrebbe interessate solo per le linee provenienti dal Mezzogiorno che però rappresentano il 40 per cento del totale ma con incidenza superiore per quel che riguarda il numero complessivo dei viaggiatori;

   la localizzazione presso Anagnina evidenzia una scelta, a giudizio degli interroganti, del tutto penalizzante per l'utenza dei bus provenienti da fuori regione e, in particolare, dal Sud;

   l'area dell'Anagnina è priva di adeguati collegamenti intermodali e con il resto della città ed è inadatta ad ospitare un terminal della portata di Tiburtina anche sotto il profilo della sicurezza, considerato il degrado che attanaglia l'area in prossimità del capolinea della metro A;

   la zona tiburtina è prossima all'università La Sapienza e molti studenti fuori sede sono tra i principali utenti delle autolinee provenienti da fuori regione, anche perché domiciliati in zona;

   Roma Capitale persevera nel non dare annuncio di predisposizione di una procedura pubblica di gara per la gestione dell'attuale autostazione di Roma, né tantomeno dà riscontro alla proposta presentata (ormai da più di due anni) dalla società Tibus di un project financing – da attivare sempre con gara – che prevedeva 6 milioni di euro di finanziamenti privati per la riqualificazione dell'autostazione e dell'intera area circostante;

   l'Anav ha rappresentato l'urgenza di attivare un tavolo istituzionale con il comune di Roma, alla presenza delle parti interessate, operatori del settore, il gestore dell'autostazione Tiburtina e le stesse associazioni di categoria, al fine di trovare una soluzione concertata alla criticità richiamata –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per l'apertura di un tavolo di confronto che scongiuri il trasferimento del terminal bus da Tiburtina per le linee provenienti dal Mezzogiorno a tutela dei milioni di utenti che annualmente transitano da questo hub strategico per la mobilità di studenti e lavoratori che accedono a Roma, in considerazione della rilevanza della questione per il trasporto interregionale e nazionale e per la mobilità, in particolare, delle comunità del Sud già penalizzate da un cronico deficit di collegamenti.
(5-01337)


   ACQUAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 17 gennaio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 2018, n. 42, è stato operato l'aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni, a distanza di dieci anni dall'emanazione delle norme tecniche precedenti;

   le nuove norme tecniche per le costruzioni (entrate in vigore il 22 marzo 2018, in virtù del disposto dell'articolo 3 del decreto ministeriale 17 gennaio 2018) definiscono i principi per il progetto, l'esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità;

   tali norme forniscono, quindi, i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere;

   una delle principali novità dell'edizione 2018, rispetto alle norme del 2008, è rappresentata dalla semplificazione per l'adeguamento antisismico degli edifici esistenti, che viene introdotta al fine di consentire la realizzazione di interventi di ristrutturazione con costi sostenibili e di facilitare l'accesso al cosiddetto Sismabonus, la detrazione fiscale destinata all'adeguamento antisismico degli edifici;

   come previsto dall'articolo 2 del citato decreto ministeriale, le nuove norme tecniche non si applicano alle opere private le cui opere strutturali siano in corso di esecuzione o per le quali sia già stato depositato il progetto esecutivo. La stessa regola vale per le opere pubbliche o di pubblica utilità in corso di esecuzione, per i contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima della data di entrata in vigore delle nuove norme tecniche;

   tali norme tecniche per le costruzioni sono sprovviste ad oggi della circolare esplicativa, la quale è un supporto operativo importante per la progettazione e la realizzazione di nuove strutture e per gli interventi sulle costruzioni esistenti;

   la circolare in questione era stata approvata il 27 luglio dal Consiglio nazionale dei lavori pubblici, ma ad oggi non è stata pubblicata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   in seguito all'approvazione, il documento avrebbe dovuto affrontare lo «step» della revisione formale, indispensabile per correggere il testo da eventuali errori o inesattezze –:

   quali siano i tempi previsti per la pubblicazione della circolare esplicativa approvata il 27 luglio 2018 dal Consiglio superiore dei lavori pubblici.
(5-01338)


   SCHIRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia, per l'entità delle sue comunità migranti nel mondo, ha un forte interesse a facilitare la mobilità territoriale degli italiani che operano all'estero e delle loro famiglie;

   il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 1° dicembre 2018 ha introdotto modifiche all'articolo 93 del codice della strada in materia di formalità necessarie per la circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, con l'obiettivo di arginare la cosiddetta esterovestizione o l'intestazione fittizia dei veicoli immatricolati all'estero;

   il campo di applicazione della normativa interessa direttamente anche i cittadini italiani residenti all'estero, soprattutto in Europa (Italiani iscritti all'anagrafe consolare in Europa al 31 dicembre 2017: Paesi dell'Unione europea: 2.226.261 – Paesi europei extra Unione europea 677.622 – dati Dgit-Dgai;

   i cittadini italiani all'estero – fin dai primi giorni di applicazione delle nuove disposizioni – segnalano una serie di criticità specificatamente afferenti alla loro condizione e sollecitano le competenti autorità ad adoperarsi affinché tali criticità vengano superate con urgenza, avviando contestualmente una campagna informativa tesa a chiarire quale documentazione sia necessaria per non incorrere in sanzioni;

   le principali criticità riguardano la questione dell'iscrizione anagrafica e della residenza ed in particolare, i casi;

    1) del cittadino italiano residente all'estero, iscritto all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), alla guida di un veicolo con targa estera che, in seguito ai controlli, risulti ancora iscritto all'anagrafe del comune di provenienza (mancato allineamento delle anagrafi);

    2) del cittadino italiano che deve procedere al cambio di targa nel Paese di residenza prima di avere l'obbligo di iscrizione all'Aire (dopo 12 mesi di residenza);

    3) del cittadino iscritto all'Aire – lavoratore stagionale oppure temporaneamente rientrato in Italia – proprietario di un veicolo con targa estera alla cui guida si trovi un familiare non iscritto all'Aire e residente in Italia –:

   se il Governo non ritenga urgente adottare iniziative per chiarire quali siano i documenti ci cui il cittadino italiano residente all'estero debba dotarsi al fine di evitare le sanzioni previde dalla nuova normativa, con particolare riferimento ai casi sopracitati e che riguardano iscritti all'Aire o non iscritti all'Aire in quanto residenti all'estero da meno di 12 mesi o che non risultano iscritti AIRE a causa di un mancato allineamento dell'anagrafe;

   se il Governo ritenga di adottare le iniziative di competenza per forme di «comodato privato» al fine di consentire il regolare utilizzo di un'autovettura con targa straniera (anche per prestito) da parte di:

    a) familiari di un cittadino iscritto all'Aire residenti in Italia;

    b) cittadini italiani residenti all'estero ma non ancora iscritti all'Aire;

   se il Governo non ritenga urgente avviare una campagna informativa – utilizzando la rete diplomatico consolare e il diffuso network associativo e dei media italiani all'estero – finalizzata a fornire indicazioni circa le nuove disposizioni e i documenti necessari per evitare sanzioni.
(5-01341)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21 della Maddalena, che collega il sud del Piemonte con il sud della Francia attraverso il Colle della Maddalena e collega, in particolare, la città, di Cuneo con il comune di Gap (Hautes-Alpes, PACA), è un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno dai 600 agli 800 mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati), in parte, per il trasporto di merci tra Italia e Francia e, in parte, per il trasporto di acque minerali prodotte in valle; la sua gestione è affidata ad Anas s.p.a.;

   nel territorio del comune di Gaiola, la strada attraversa il torrente Stura mediante un ponte a più arcate in muratura, la cui costruzione è datati a inizio ‘900, detto «Ponte dell'Olla»;

   nel mese di novembre 2017, il sindaco del comune di Gaiola, Fabrizio Biolè, segnala per la prima volta ad Anas lo stato del Ponte, a seguito del ritrovamento di frammenti di laterizio sul sentiero sottostante le arcate;

   nel mese di dicembre, l'Anas risponde al comune di Gaiola: «In seguito alla segnalazione di codesta Amministrazione comunale in merito all'opera in oggetto, si comunica che il responsabile del Centro di manutenzione competente per il tratto di strada statale di che trattasi ha effettuato apposito sopralluogo in data 30 novembre. Il tecnico intervenuto ha accertato che le fessurazioni suddette riguardano elementi superficiali dell'opera d'arte in questione, e che il ponte non presenta cedimenti strutturali o altri elementi che possano presupporre il pericolo di crollo. Ad ogni modo, l'area tecnica compartimentale provvederà nell'immediato ad effettuare interventi di manutenzione ordinaria consistenti nella ricucitura delle fessurazioni riscontrate con placcaggio delle zone più estese, oltre alla pulizia delle opere idrauliche»;

   a quanto consta all'interrogante, l'Anas ha successivamente effettuato, prima in data 16 gennaio 2018 e successivamente in data 31 luglio 2018, alcune rilevazioni strumentali, del cui risultato non avrebbe messo a conoscenza l'amministrazione comunale; a tali rilevazioni ha partecipato il professor Gentile del politecnico di Milano;

   in data 22 novembre 2018 si è svolto l'ultimo intervento di monitoraggio ed ispezione alle arcate del Ponte dell'Olla, circa un anno dopo le prime segnalazioni di fessurazioni e di distacchi di materiale laterizio;

   è atteso nei prossimi mesi un aumento di produzione e di conseguente traffico di mezzi pesanti da e verso lo stabilimento delle acque minerali Sant'Anna; si prospetta, inoltre, una chiusura di due anni del traforo del Monte Bianco; entrambi questi eventi prefigurano un consistente aumento del traffico sulla strada statale 21 e dunque sul ponte in questione, per il quale diviene fondamentale programmare il prima possibile gli eventuali lavori di consolidamento;

   cittadini, imprese e turisti contattano sempre con maggior frequenza il comune di Gaiola, preoccupati dall'assistere ai rilevamenti senza conoscerne i risultati, osservando come numerose altre infrastrutture sia sul territorio (tangenziale di Fossano) sia in altre parti del Paese (E45 in provincia di Arezzo) abbiano subito danni o chiusure preventive –:

   quali siano state le tecniche di rilevamento utilizzate per il ponte dell'Olla sulla strada statale 21 della Maddalena, e quali siano i risultati emersi;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per la rapida messa in sicurezza del Ponte dell'Olla, assicurando una programmazione dei lavori coordinata con l'amministrazione locale e interventi volti al miglioramento della viabilità su tutta la strada statale 21.
(4-02120)


   PARENTELA e D'IPPOLITO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 24 febbraio 2015 «Barbieri Costruzioni S.r.l.» si aggiudica la concessione per la progettazione, costruzione e gestione delle opere relative ai lavori pubblici finalizzati alla riqualificazione delle aree prospicienti l'avio-superficie di Scalea situata nel Sic «Valle del Fiume Lao» e a pochi chilometri dalla Zps «Pollino e Orso Marzo»;

   l'importo complessivo dell'intervento in ambito Pisl, che comprende progettazione e costruzione, ammonta a 5.090.332,02, di cui 2.090.332,02 di fondi pubblici e 3.000.000,00 di investimento privato;

   il 19 maggio 2015 viene stipulato il contratto di concessione tra Giorgio Ottavio Barbieri e Pasquale Latella con cui il concessionario si impegna a completare tutte le opere relative alla quota pubblica dell'investimento entro il 10 dicembre 2015 e a realizzare, entro la stessa data, almeno il 70 per cento dei lavori finanziati con capitale privato, garantendo comunque la funzionalità dell'intera opera, essendo il restante 30 per cento relativo ad opere accessorie, da ultimarsi comunque entro il 26 febbraio 2016;

   nella recente inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro denominata «Lande desolate» risulta indagato il riferito Latella nella qualità di responsabile unico del procedimento di Scalea, in rappresentanza della stazione appaltante, poiché nelle sue vesti di pubblico ufficiale, «in attuazione del disegno criminoso», si legge nella relativa ordinanza di custodia cautelare, «redigeva la nota n. 32797 del 28 ottobre 2015, che provvedeva a trasmettere a Luigi Zinno, con la quale attestava falsamente la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla procedura pubblica negoziata» con «Aeroporto di Scalea Srl», società satellite del gruppo Barbieri;

   lo stesso Latella attestava, tra l'altro, la conclusione dei lavori complementari, nonché un avanzamento di spesa per esecuzione dei lavori principali superiore al 60 per cento dell'importo finanziato;

   sull'impresa di Barbieri i magistrati ritengono che sia «priva di adeguate capacità tecniche e finanziarie per la simultanea e positiva realizzazione di lavori di particolare complessità, abituata a colludere con altre imprese, con i locali potentati mafiosi e con i pubblici funzionari al fine sia dell'aggiudicazione delle gare pubbliche che della loro esecuzione nell'ottica della maggiore locupletazione possibile di denaro pubblico»;

   Barbieri è sottoposto alla misura restrittiva degli arresti domiciliari e Latella – tra l'altro firmatario della determina del VI settore municipale del 24 ottobre 2018 di liquidazione quale acconto di quota privata per la direzione dei lavori – alla sospensione dall'esercizio di pubblici uffici;

   con riferimento all'avio-superficie di Scalea, l'interrogante aveva presentato il 21 settembre 2016 un apposito atto di sindacato ispettivo parlamentare, l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-09555, trasformata nell'interrogazione a risposta orale n. 3-03069, nella quale venivano evidenziate criticità, anomalie, rischi e possibili illeciti della predetta infrastruttura, anche in ordine ai suddetti lavori di riqualificazione;

   l'allora sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, illustrava nella fattispecie il quadro amministrativo ricostruito in sede ministeriale, atteso il livello regionale della relativa procedura di valutazione di impatto ambientale;

   l'interrogante rappresentava la propria insoddisfazione per la risposta ottenuta dal Governo, da cui si sarebbe aspettato «un'azione più ferrea», insieme significando l'esistenza di lati oscuri in ordine agli appalti relativi all'infrastruttura, ribadendo l'avvenuta violazione di più norme vigenti e aggiungendo dell'esistenza, nei pressi, di fenomeni di erosione costiera –:

   quali siano gli orientamenti del Governo alla luce delle riassunte risultanze della citata inchiesta «Lande desolate» e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare ai fini della tutela ambientale e della sicurezza del territorio interessato, anche per scongiurare che possano avvenire abusi e concretizzarsi eventuali interessi mafiosi.
(4-02129)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, CARNEVALI e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa, si è appreso che secondo i dati diffusi dal Ministero dell'interno, i migranti sbarcati in Italia al 28 gennaio 2019 sarebbero solo 155, oltre 3.000 in meno rispetto all'anno precedente, quando sarebbero stati 3.176;

   sempre secondo fonti del Ministero dell'interno i rimpatri nei primi 20 giorni del 2019 avrebbero raggiunto il numero di 306, superando, secondo il Ministro interrogato i dati degli arrivi;

   va al contrario sottolineato che dal sito del Ministero dell'interno alla data del 25 gennaio 2019 sono spariti i dati relativi ai rimpatri effettuati dal Governo Conte, mentre viene rappresentato un curioso confronto tra i dati su base annuale del 2017, quelli su base annuale del 2018 e quelli, ovviamente, su base mensile relativi al 25 gennaio 2019;

   è sufficiente confrontare questi dati con quelli pubblicati nel 2017 dal Governo precedente per vedere facilmente come il confronto avvenisse tra dati relativi allo stesso intervallo di tempo, misurato su anni diversi, secondo le ordinarie regole applicate nelle scienze statistiche;

   tali dati appaiono, dunque, agli interroganti non solo del tutto parziali e fuorvianti, ma non tengono neppure conto di altri fattori, come quello rappresentato da tutti quei migranti, già presenti e integrati in Italia, che a seguito dell'abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari disposto dal cosiddetto decreto sicurezza, sono improvvisamente diventati clandestini, e dunque equiparabili a nuovi arrivi;

   allo stesso modo, i dati riportati sugli arrivi non tengono ovviamente conto delle persone tenute in «ostaggio», spesso in condizioni disumane e in palese violazione degli obblighi e dei trattati internazionali, firmati e sottoscritti dall'Italia, a bordo di imbarcazioni cui viene impedito di attraccare, e che dunque non figurano come arrivi;

   questo modo, a giudizio degli interroganti grottesco, di manipolare le statistiche e le informazioni relative alla gestione dell'immigrazione appare assolutamente inaccettabile per un Paese civile, mentre la questione immigrazione resta tra le più alte priorità dei cittadini italiani e deve essere trattata con serietà e senza infingimenti –:

   quando e come intenda aggiornare tutti i dati relativi alla gestione dell'immigrazione in generale, e dei rimpatri effettuati dal Governo in carica in particolare, in un'ottica di trasparenza per dare modo a tutti i cittadini di valutare l'operato del Governo nel suo complesso.
(5-01340)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito dalla legge n. 132 del 2018 «Sicurezza e immigrazione» modifica il modello di accoglienza dei migranti richiedenti asilo, ridimensionando, tra l'altro, il sistema degli Sprar a favore dei Cas, grandi centri di accoglienza di massa gestiti da soggetti privati, orientati alla ottimizzazione dei costi e massimizzazione dei profitti;

   il 25 luglio 2018 (fonte: dossier di Valori.it), è stata iscritta nel registro delle camere di commercio la società Ors Italia Srl con sede a Roma, ramo italiano della Ors Service AG, gestore di oltre 100 centri di accoglienza in Svizzera, Austria e Germania e controllata al 100 per cento da Ors Holding (partecipata per intero dalla OXZ Holding di Zurigo). Il gruppo è stato acquisito nel 2013 da un fondo di private equity, controllato dalla società londinese Equistone Partners;

   i private equity, tipicamente, acquistano una società con l'obiettivo di rivalutarla e liquidarla a distanza di qualche anno. Equistone, esempio, ha potuto beneficiare di ricavi per 99 milioni di dollari nel solo 2014, in virtù del fatturato di Ors triplicato dal 2007 al 2014;

   l'ingresso in Italia della Ors Service AG porterà con sé gli interessi economici dei veicoli finanziari di Equistone;

   Ors nel 2015 è stata coinvolta nelle polemiche per la pessima amministrazione del centro rifugiati di Traiskirchen, in Austria. USA Today ha paragonato quella gestione alla logica delle carceri private statunitensi, basata sul principio del taglio dei costi e massimo profitto;

   il 22 agosto 2018, la decisione dell'ingresso in Italia veniva così motivata dall'azienda svizzera: «L'assegnazione di appalti a fornitori di servizi privati consente di sgravare notevolmente le strutture statali. L'Italia rappresenta un primo importante passo per la nostra espansione nel Mediterraneo»;

   il dossier di Valori.it stima, inoltre, che, in virtù dei grandi numeri, i privati che gestiranno i centri di prima accoglienza, pur abbattendo i costi vivi dagli attuali 30/35 euro ai 19/26 euro a persona accolta al giorno, aumenteranno i margini di profitto azzerando i servizi utili alla formazione e all'integrazione;

   la nuova normativa consente alle prefetture di fare «ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara», previsione in contrasto con quanto rilevato dalla Corte dei conti che ha riscontrato situazioni contabili «inattendibili» all'interno delle stesse prefetture, tanto da non considerare ammissibile «l'affidamento dei servizi di accoglienza a terzi operatori economici senza adottare alcuna procedura di evidenza pubblica» –:

   se il Governo intenda fornire maggiori informazioni circa la partecipazione di Ors Italia nella gestione dei centri di accoglienza per rifugiati in Italia, specificando se la stessa sia già in contatto con il Ministero dell'interno per l'assegnazione di centri di accoglienza sul territorio italiano o se vi siano già state assegnazioni di centri a tale società;

   se intenda fornire spiegazioni circa i maggiori costi paventati per la gestione dei Cas rispetto alle strutture Sprar, gestite dai comuni, dal momento che ogni migrante nel sistema Sprar costa allo Stato 6.300 euro l'anno, mentre nei Cas il costo stimato è tra 10.000 e 14.000 euro a causa della maggiore permanenza dei migranti nei Cas (da un anno e mezzo a due) rispetto agli Sprar (sei mesi);

   con quali strumenti intenda assicurare il rispetto dei principi di trasparenza e leale concorrenza nelle nuove procedure negoziate senza bando di evidenza pubblica previste dal decreto-legge n. 113 del 2018, convertito dalla legge n. 132 del 2018, che vedranno verosimilmente interessate le grandi compagnie private, quali la Ors Italia.
(4-02122)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CIABURRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   prima dell'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, per ogni strumento che veniva insegnato nei licei musicali, non venivano previste specifiche classi di concorso. Quindi, i docenti, venivano impiegati presso i predetti percorsi sulla base delle disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, cioè in base alle abilitazioni nelle classi: per esempio, A031, A032, A077. Ai fini dell'individuazione del titolo specifico riferito al singolo strumento, invece, veniva fatto valere il cosiddetto titolo Afam. A quel punto erano le rispettive segreterie scolastiche a provvedere al manuale inserimento delle specificazioni riferite al singolo strumento;

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento», che ha provveduto all'accorpamento e alla razionalizzazione delle classi di concorso, non ha dettato delle direttive univoche e ha gettato i docenti e gli istituti in una immane confusione. Infatti, nella tabella A, codice A-55, relativa all'insegnamento degli strumenti musicali nei licei, sono confluiti senza distinzione i titoli Afam relativi sia alla «Musica classica» sia alla «Musica Jazz». Tuttavia se per quanto riguarda gli strumenti di musica classica il decreto fornisce una classe di concorso specifica, come per esempio la AC55 per il clarinetto, gli strumenti jazz non hanno ricevuto lo stesso trattamento;

   tale incoerenza normativa ha portato alla cancellazione degli insegnamenti degli strumenti jazz in alcuni licei musicali e in alcune scuole, anche per la mancanza di direttive specifiche da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che potessero andare a colmare tale incongruenza. Tali cancellazioni hanno portato alla grave conseguenza della mancata possibilità di scelta dei corsi da seguire, che invece dovrebbe essere garantita agli studenti –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza ai fini dell'integrazione immediata del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, provvedendo alla definizione di codici specifici per ogni strumento jazz, per ovviare alle gravi difficoltà in cui sono cadute le istituzioni scolastiche e i docenti.
(3-00479)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLLICONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 con il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, il jazz veniva insegnato nei licei musicali; nonostante cinque anni di esperienza fruttuosa del jazz tra il 2012 e il 2017, da due anni con il decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, «Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento», questi corsi sono stati interrotti con la motivazione che si tratta di percorsi di studio specialistici da intraprendere solo nei conservatori;

   considerato ciò, attualmente l'unica offerta formativa proposta agli studenti è esclusivamente di impronta «classica» e, quindi, terminati gli studi, gli studenti stessi, non avranno una preparazione adeguata per superare gli esami d'ammissione ai conservatori per i corsi di jazz;

   a tutto ciò va aggiunto che i docenti che posseggono un diploma accademico nelle materie jazzistiche sono esclusi dalle graduatorie d'istituto, e quindi disoccupati –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda intraprendere per promuovere l'insegnamento del jazz nei licei musicali, al fine di garantire un'adeguata preparazione agli studenti per superare gli esami d'ammissione ai conservatori per i corsi di jazz e ai docenti che posseggono un diploma accademico nelle materie jazzistiche di non essere esclusi dalle graduatorie d'istituto.
(5-01339)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   SOVERINI e SCHULLIAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la pensione ai superstiti è una prestazione economica erogata ai familiari dell'assicurato in caso di sua morte, per tutelare le esigenze di vita dei membri superstiti della famiglia;

   fruiscono del beneficio anche i figli maggiorenni, studenti universitari, per la durata del corso legale di laurea e, comunque, non oltre i 26 anni, purché a carico del deceduto e non prestanti attività lavorativa. La domanda va rinnovata ogni anno;

   con il messaggio 2866 del 17 luglio 2018, l'Inps dichiara che gli studenti superstiti iscritti ad università in Italia devono presentare solamente un'autocertificazione, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, indicando l'anno di immatricolazione e la durata del corso di studio, poiché l'articolo 22 della legge n. 903 del 1965 stabilisce che il trattamento pensionistico, sempre entro il 26° anno di età, venga riconosciuto limitatamente alla «durata legale» del corso;

   gli studenti superstiti iscritti ad università estere ottengono la pensione solo se il corso di laurea o il titolo di studio ha valore legale in Italia;

   nel medesimo messaggio, l'Inps chiarisce che i superstiti che frequentano corsi universitari all'estero devono allegare alla domanda di pensione, unitamente alla documentazione prevista, il certificato di iscrizione con relativa traduzione asseverata, ai sensi dell'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, e una dichiarazione attestante il valore in Italia del percorso di studio frequentato; inoltre, devono presentare un certificato analitico degli esami sostenuti, rilasciato dall'istituto ove è stato conseguito il titolo in originale o in copia autenticata, cioè conforme all'originale posseduto dal richiedente mediante autocertificazione) e tradotto (la traduzione deve essere giurata e asseverata); deve essere allegata alla domanda anche la dichiarazione di valore in loco della rappresentanza diplomatico-consolare;

   la produzione di questa documentazione, ogni anno, è un aggravio burocratico non indifferente per gli studenti superstiti iscritti ad università estere. I costi per le traduzioni in italiano, da traduttori giurati, sono altissimi e compromettono la situazione economica degli studenti;

   ad avviso degli interroganti si tratta di un'evidente disparità di trattamento tra studenti iscritti ad università italiane e studenti iscritti ad università estere –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare con urgenza iniziative al fine di semplificare le modalità di presentazione della domanda di pensione ai superstiti per gli studenti iscritti ad università estere, prevedendo, anche per loro, la presentazione di una semplice autocertificazione, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.
(5-01348)


   ZANGRILLO, GIACOMONI, FATUZZO e POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con la legge finanziaria 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) l'allora Governo Berlusconi disponeva, ai sensi dell'articolo 38, l'incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati con decorrenza dal 1° gennaio 2002, intervenendo concretamente a favore delle fasce più deboli con quasi venti anni di anticipo rispetto all'attuale compagine governativa;

   grazie a tale misura l'Esecutivo prevedeva la maggiorazione dei trattamenti pensionistici in favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni fino a garantire un reddito proprio pari a 516,46 euro al mese per tredici mensilità, cioè per un importo pari a 1 milione di lire;

   il medesimo beneficio incrementativo viene concesso ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni, che risultino invalidi civili totali o sordomuti o ciechi civili assoluti titolari di pensione o che siano titolari di pensione di inabilità;

   risulta agli interroganti che vi siano situazioni di pensionati di età superiore a settantanni che, nonostante abbiano tutti i requisiti per poter beneficiare dell'incremento pensionistico già disposto a decorrere dall'anno 2002, subiscano trattamenti differenziali e discriminatori, essendo privati dell'Inps della maggiorazione cui hanno diritto a norma di legge;

   a tal fine si segnala, in particolare, il caso di una persona nata il 19 settembre 1940 che già alla fine del 2017 diffidava Inps ad adempiere alla maggiorazione sociale ex articolo 38, della legge n. 448 del 2001;

   il 28 gennaio 2019 è stato pubblicato il decreto-legge n. 4 del 2019 recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni che dovrebbe, a detta dei promotori, incrementare i trattamenti pensionistici subordinandolo alla presenza di una folta serie di requisiti stringenti. Appare evidente come sia difficile se non impossibile, almeno in una condizione come quella che ha visto e vede le amministrazioni e gli enti competenti non in grado di applicare adeguatamente una normativa già in vigore dal 2002, rendere effettivamente applicabile una nuova misura di incremento pensionistico, per quanto al momento solo presunta;

   varrebbe la pena che il Governo provvedesse, pertanto, a intervenire prima su tali soggetti per garantirle il beneficio cui hanno diritto e successivamente implementare ulteriori misure –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire il riconoscimento concreto della misura di maggiorazione sociale ai pensionati italiani aventi diritto, come introdotta dal Governo Berlusconi già nel 2002.
(5-01349)


   LACARRA, CARLA CANTONE, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la vertenza della ex Om Carrelli (Om) – vicenda che si trascina ormai da 8 anni senza una soluzione definitiva per i 165 lavoratori e le relative famiglie che si trovano, ormai, senza retribuzioni da 13 mesi – necessita di un intervento chiarificatore che favorisca l'individuazione della soluzione più efficace per assicurare la continuità lavorativa;

   le organizzazioni sindacali e la regione Puglia hanno recentemente ricevuto la comunicazione, da parte della curatrice fallimentare della società Om, di non voler presentare la richiesta di cassa integrazione in deroga, adducendo ragioni di carattere giuridico, nonostante la regione avesse, da tempo, messo a disposizione le relative risorse;

   il prefetto della città di Bari, ricevendo i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ha assicurato il suo impegno per arrivare alla convocazione di un tavolo ministeriale;

   il riconoscimento della cassa integrazione in deroga consentirebbe di accompagnare i lavoratori della Om fino alle previste assunzioni che dovrebbero partire dal 2020, da parte della società Selectika, impresa che dovrebbe rilevare gli impianti e provvedere al loro adeguamento per destinarli alla trasformazione e alla lavorazione di materiali plastici e vetro –:

   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere al fine di convocare le rappresentanze della ex Om Carrelli, delle organizzazioni sindacali, della regione Puglia e delle amministrazioni locali interessate, al fine di individuare ogni soluzione utile volta ad assicurare i livelli occupazionali di detti impianti, a tal riguardo garantendo il necessario supporto giuridico volto a chiarire i termini normativi per l'eventuale riconoscimento della cassa integrazione in deroga.
(5-01350)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   400 lavoratori della Abramo Customer Care spa, della sede di Crotone, stanno vivendo una situazione drammatica, considerando che 200 sono rimasti senza lavoro, poiché l'azienda non ha proceduto alla stabilizzazione dei contratti a termine ormai giunti alla scadenza dei 24 mesi, e la stessa sorte avranno gli altri 200 lavoratori i cui contratti scadranno nei prossimi mesi, senza alcuna possibilità di rinnovo o di conversione in contratto a tempo indeterminato;

   è l'ennesimo caso di lavoratori assunti a tempo determinato che alla scadenza diventano disoccupati e tale conseguenza è attribuita, a parere di sindacati, nonché di dipendenti della stessa azienda, agli effetti negativi determinati dall'introduzione delle norme che hanno modificato la disciplina del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto decreto dignità, decreto-legge n. 87 del 2018, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96;

   la perdita di lavoro per 400 persone è un grave danno, soprattutto per un territorio dove è particolarmente forte l'esigenza di creare occupazione per i suoi cittadini;

   si ritiene, dunque, necessario assumere provvedimenti per salvaguardare i lavoratori in questione, mettendo al centro della discussione anche una seria riflessione sul caro prezzo che stanno, di fatto, pagando i lavoratori assunti a tempo determinato con l'applicazione della nuova normativa, che ha aggravato la stipula di questo contratto diminuendo il periodo massimo di durata dello stesso, reintroducendo la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementando il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, anche in somministrazione. Al riguardo, si ricorda che detta tipologia contrattuale, sebbene abbia una durata predeterminata, ha in sé tutte le tutele di un'assunzione, quindi aggravarne la stipula non ha di certo costituito una lotta al precariato, come era intenzione del Governo;

   tra l'altro, l'assenza della previsione di incentivi alle aziende per favorire la conversione del contratto a tempo determinato in indeterminato, conducono ulteriormente a non disporre rinnovi e tanto meno stabilizzazioni;

   si mette, inoltre, in evidenza che gli effetti a parere dell'interrogante devastanti della normativa in questione stanno colpendo in modo particolare il settore dei call center, come dimostra quanto sta accadendo ai lavoratori della Abramo Customer Care spa –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative a tutela dei 400 lavoratori della Abramo Customer Care spa.
(5-01351)


   MURELLI, EVA LORENZONI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, MOSCHIONI e PICCOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   gli Adp sono assistenti ad personam che operano nel mondo scolastico con il precipuo compito di facilitare la comunicazione dello studente disabile ed aiutarlo nello sviluppo della sua autonomia;

   tale figura, prevista dall'articolo 13 della legge n. 104 del 1994, è ben distinta dal docente di sostegno, assegnato invece alla classe e non all'alunno con disabilità, con il compito prioritario di attuare interventi di integrazione attraverso strategie didattiche specifiche insieme con gli insegnanti curriculari, con i quali ha la contitolarità della cattedra;

   nonostante l'Adp sia previsto dalla normativa, piuttosto intricato ed eterogeneo è il suo reclutamento, considerato che la legge prevede solo che tali figure siano gestite dagli enti locali, delegando ad essi i criteri di reclutamento e formazione del personale e la definizione dei modi in cui il servizio debba essere gestito;

   nei fatti l'Adp dipende da cooperative che concorrono con gare d'appalto presso i vari comuni e non dal comune di appartenenza (o dallo Stato come per gli insegnanti) con un contratto per cooperative sociali del terzo settore a tempo indeterminato ciclico;

   le maggiori criticità contrattuali concernono la correlazione della retribuzione esclusivamente alla presenza dell'utente a scuola (quindi nessuna retribuzione durante le vacanze natalizie, pasquali, estive ed eventuali ponti), con un monte ore variabile a seconda della disabilità da settembre a giugno;

   non solo alla chiusura delle scuole il loro contatto si «congela», perdendo ogni possibilità di percepire retribuzione, indennità di maternità, malattia e contributi, ma, se l'utente assegnato è assente per prolungati periodi (accade ad esempio nei casi di patologie gravi), l'Adp percepisce la retribuzione della sola prima ora del primo giorno di assenza, senza diritto ad alcun compenso per i giorni successivi;

   la condizione di precarietà lavorativa degli Adp è maggiormente penalizzante rispetto a quella di insegnanti e personale Ata precario;

   peraltro, avendo un contratto a tempo indeterminato di part-time misto, è preclusa agli stessi la possibilità di chiedere il sussidio di disoccupazione nei mesi estivi –:

   se e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa, in particolare valutando l'ipotesi di favorire una contrattazione nazionale che tuteli l'assistente ad personam sotto il profilo retributivo per l'intero anno solare, al pari degli insegnanti e dei collaboratori scolastici e di qualunque lavoratore dipendente.
(5-01352)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   Abet Laminati è una storica azienda di Bra, in provincia di Cuneo, nata nel 1957 a seguito della conversione della produzione della precedente Abet (Anonima braidese estratti tannici) in direzione dei laminati plastici; Abet Laminati è oggi una tra le più importanti realtà produttrici di laminati plastici decorativi; ha collaborato negli anni con numerosi designer di rilevanza internazionale ed occupa attualmente oltre 600 dipendenti;

   nel pomeriggio del 21 gennaio 2019, l'Abet ha comunicato alle rappresentanze sindacali l'apertura della procedura di esubero per 112 dipendenti fra la sede di Bra e le filiali commerciali di Reggio Emilia e Roma, che verranno chiuse, nonché la cessazione dei contratti per oltre 50 lavoratori in somministrazione, a causa di una «accresciuta competitività internazionale» nel settore e di «nuovi concorrenti operanti in Paesi a basso costo produttivo»;

   in un incontro con il sindaco di Bra, Bruna Sibille, l'azienda ha indicato la volontà di investire nella sostituzione di alcuni macchinari dello stabilimento braidese, confermando altresì la necessità di rivedere l'organizzazione aziendale a partire dal personale;

   da circa due anni, l'azienda ha iniziato la riduzione dell'organico di dipendenza diretta con l'esternalizzazione dei servizi di portineria;

   a fronte degli investimenti annunciati, non è stato presentato alcun piano industriale per il rilancio dell'azienda;

   il 29 gennaio 2019 le assemblee dei lavoratori hanno deliberato una giornata di sciopero per il 31 gennaio, con presidio davanti ai cancelli della fabbrica dalle ore 5 alle ore 18;

   appare opportuno, a fronte della riorganizzazione e del rilancio aziendale auspicati da Abet, lasciare aperta la possibilità di un futuro impiego della manodopera oggi considerata in esubero, attraverso l'attivazione di ammortizzatori sociali dedicati;

   il possibile mancato raggiungimento di un accordo fra l'azienda e i sindacati richiederà la rapida apertura di un tavolo ministeriale, in conseguenza della multiterritorialità delle sedi interessate dai licenziamenti –:

   quali iniziative intenda adottare per la salvaguardia del perimetro occupazionale della Abet Laminati di Bra, evitando il licenziamento di 112 lavoratori diretti e di oltre 50 lavoratori somministrati.
(5-01333)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   a Pieve Vergonte, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, si trova la Hydrocem Italia Srl, azienda produttrice di cloro di proprietà della multinazionale della chimica International chemical investors group (Icig), che occupa in loco 108 dipendenti e genera un'occupazione altrettanto rilevante nell'indotto sul territorio;

   la normativa sulla produzione di cloro prevede dal 2017 la sostituzione delle celle a mercurio con le più moderne e meno inquinanti celle a membrana; per lo stabilimento di Pieve Vergonte l'investimento necessario è stato stimato fra i 25 e i 30 milioni di euro;

   in data 11 dicembre 2017, è stata disposta la chiusura dell'impianto e la messa in cassa integrazione straordinaria degli addetti;

   il rinnovo degli impianti ha visto l'interesse di un importante gruppo di Novara, intenzionato a farsi totalmente carico dell'investimento, per l'ingresso in società con Hydrochem; il percorso si è sviluppato positivamente nel corso del 2018, e nel mese di novembre è arrivato il «via libera» dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'autorizzazione alla costruzione dell'impianto;

   in data 20 dicembre 2018 si è tenuto un incontro tra l'amministratore delegato Hydrochem ingegner De Giovanni e il responsabile del personale dottor Squizzi, assistiti dall'associazione degli industriali, la rappresentanza sindacale unitaria di stabilimento e le rappresentanze sindacali territoriali Filctem, Femca Cisl e Uiltec Uil, nel quale l'azienda ha comunicato una situazione di stallo dovuta a situazioni di carattere economico legate ad accordi con soggetti terzi, ostativi all'ingresso del nuovo partner; la trattativa stessa con i soggetti precedentemente interessati sarebbe stata messa in discussione;

   il 17 gennaio 2019 l'azienda ha comunicato ai sindacati l'impossibilità di ingresso del partner novarese, senza tuttavia chiarire se sarà Hydrochem stessa quindi a farsi carico dell'investimento;

   il 31 dicembre 2019 scade la cassa integrazione straordinaria degli addetti, mentre va aggravandosi la situazione finanziaria dell'azienda;

   il territorio del Verbano-Cusio-Ossola sarebbe gravemente colpito dalla perdita di 108 posti di lavoro e dell'indotto, senza considerare i rischi ambientali e paesaggistici derivanti dalla possibile presenza di uno stabilimento chimico abbandonato –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per sbloccare la situazione di stallo relativa al rinnovo dello stabilimento chimico della Hydrochem Italia Srl di Pieve Vergonte, al fine di garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.
(5-01334)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da anni le organizzazioni sindacali denunciano le pessime condizioni di lavoro nel settore dei «corrieri espressi», caratterizzate, in alcuni casi, dalla presenza di lavoro nero e, in altri casi, da contratti con orari di lavoro ridotti fittizi e corresponsione di indennità di trasferta indebite o rimborsi spese non giustificati, al fine di eludere il fisco e la previdenza sociale;

   il settore occupa, altresì, centinaia di migliaia di lavoratori «esternalizzati» mediante il ricorso ad appalti di servizi di trasporto e distribuzione: in particolare, le principali aziende del settore affidano alle cooperative i citati servizi, dimodoché i lavoratori risultano effettivamente reclutati e stipendiati da queste ultime, con gravi ripercussioni in termini di salario e garanzie contrattuali, nonché di solidità economica del datore di lavoro;

   pur essendo stato sottoscritto un contratto collettivo di lavoro del comparto, il suindicato sistema di esternalizzazione consente di aggirare le garanzie ivi previste, in particolare attraverso il meccanismo dell'iscrizione dei lavoratori quali soci delle cooperative e la frequente liquidazione delle medesime cooperative, con successiva riassunzione degli stessi lavoratori ad opera di nuove e ulteriori società cooperative;

   recentemente, i lavoratori impiegati nelle consegne della Bartolini in provincia di Sassari – assunti, anche in questo caso, da cooperative esterne – hanno indetto uno sciopero per protestare contro i carichi di lavoro impossibili: infatti, da quel che risulta, ad ogni operatore sarebbero state mediamente affidate un numero di consegne, finanche superiore a 100, impossibili da completare nell'arco delle otto ore di lavoro stabilite dal loro contratto collettivo;

   a fronte di ciò, l'azienda si è resa disponibile a un incontro con le sigle sindacali per rivedere l'organizzazione del lavoro ed, in particolare, per ridimensionare il numero delle ore di attività svolte da ogni singolo operatore e, conseguentemente, il carico di consegne al medesimo affidato giornalmente;

   le citate condizioni di lavoro riguardano, come si è già accennato, la quasi totalità dei soggetti impiegati nel settore, dimodoché si rende necessario un intervento generale, a tutela dei lavoratori, che possa consentire l'effettiva applicazione del contratto di lavoro del comparto –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine di garantire la necessaria tutela al personale impiegato nel comparto in questione.
(4-02117)


   CECCHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 24 gennaio 2019, l'Abb Italia, società che si occupa di trasformatori, ha comunicato l'intenzione di procedere ad una riorganizzazione aziendale che vedrà spostare alcune produzioni in Finlandia ed India;

   in particolare, la decisione, adottata a livello centrale, prevede la dismissione della produzione di generatori di trazione (WGX), lo spostamento della produzione dei motori a prova di esplosione (AMD alettati) nello stabilimento di Helsinki, mentre un'altra tipologia di motore (i motori Spling Ring) uscirà dalla produzione per essere sostituita, a breve, da un nuovo prodotto sviluppato e realizzato da Abb in India;

   tale decisione, motivata dalla necessità di fronteggiare la riduzione del mercato, ritarando la capacità produttiva in questo settore, mette a rischio ben 123 posti di lavoro nella sede di Vittuone, tra operai ed impiegati;

   la tensione tra i lavoratori dello stabilimento è alta e perdura oramai da mesi; nell'ultimo anno e mezzo sarebbero oltre cento i lavoratori fuoriusciti dall'Abb di Vittuone e, negli ultimi mesi, sono stati proclamati scioperi e manifestazioni di preoccupazione –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare a tutela e salvaguardia dei livelli occupazionali, nonché delle professionalità e competenze acquisite in un settore altamente strategico qual è quello dei motori e generatori;

   se non convenga sull'opportunità di convocare un tavolo con le parti interessate, le istituzioni territoriali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori al fine di valutare l'impatto sociale delle decisioni aziendali sui lavoratori e sulle loro famiglie.
(4-02118)


   BILOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   alcune decine di lavoratori appartenenti al personale amministrativo dell'azienda per il diritto allo studio della regione Campania (Adisurc) non hanno ancora ricevuto l'assegno pensionistico spettante per ritardi inspiegabili da parte degli uffici dell'Inps o degli uffici regionali scolastici richiamati nell'istruttoria delle pratiche relative;

   da segnalazioni pervenute alla interrogante, vi sarebbero connesse all'erogazione dei trattamenti pensionistici in particolare per gli ex dipendenti dell'Adisu di Salerno; se fino ad aprile 2018, questi ultimi vedevano riconosciuto il loro trattamento pensionistico dall'Inps entro qualche settimana, per le domande di pensionamento inoltrate dal 12 gennaio in poi, invece, ancora non è stato riconosciuto o erogato alcun trattamento;

   alla base del mancato riconoscimento dei trattamenti pensionistici in questione vi potrebbe essere l'accorpamento previsto dalla legge regionale 18 maggio 2016, n. 12, «Misure per potenziare e rendere effettivo il diritto allo studio universitario» che istituisce un'unica azienda per il diritto allo studio universitario della regione Campania (Adisurc) in luogo delle precedenti sette aziende su base provinciale e, quindi, il conseguente trasferimento delle pratiche pensionistiche dei dipendenti dagli uffici di Salerno a quelli di Napoli;

   decine di ex dipendenti pubblici, quindi, si trovano nell'impossibilità di disporre di un reddito utile al loro sostentamento e ai costi ordinari delle loro famiglie già dal 1o maggio 2018 e nella situazione di non sapere quando sarà riconosciuto un loro diritto che avrebbe dovuto avere tempi certi –:

   se siano a conoscenza di quella che appare situazione di mancato adempimento da parte dell'Inps dei suoi doveri istituzionali circa l'effettivo accreditamento dell'assegno pensionistico dal 1o maggio 2018 su domande regolarmente presentate dagli interessati in possesso dei requisiti e se intenda adottare le iniziative di competenza nei confronti degli uffici centrali e periferici dell'Inps medesimo per ovviare nei tempi più stretti possibile a tale ingiustizia verso il personale di cui sopra.
(4-02125)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   PANIZZUT, MURELLI, LOCATELLI e EVA LORENZONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la legge 4 luglio 2005, n. 123, concernente «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia», all'articolo 4, commi 1 e 2, prevede, che, con apposito decreto del Ministro della salute vengano fissati limiti massimi di spesa per l'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine, e che gli stessi vengano aggiornati periodicamente dal Ministro della salute sulla base della rilevazione del prezzo dei prodotti garantiti senza glutine sul libero mercato;

   con decreto del Ministero della salute il 4 maggio 2006 sono stati previsti i primi limiti di spesa, nuovamente rivisti con decreto del 10 agosto 2018, ove sono stati nettamente diminuiti;

   con circolare del Ministero della salute del 26 settembre 2018, in relazione al decreto del Ministro della salute 10 agosto 2018, è stato previsto che le regioni siano tenute ad applicare i nuovi limiti mensili di spesa a partire dal 12 settembre 2018, prevedendo così un'applicazione retroattiva per le regioni, rendendole sanzionabili, rischiando di generare un danno reale e creando confusione e disparità di trattamento dei pazienti da regione a regione;

   sempre con il decreto del Ministro della salute 10 agosto 2018 sono stati fatti notevoli tagli sulle categorie di alimenti erogabili dal servizio sanitario nazionale, così come previsto dalla «Tabella orientativa sulle tipologie di alimenti senza glutine erogabili» come, per esempio, ai surgelati che hanno prezzi superiori rispetto a quelli normali;

   il Tar Lazio, su ricorso di un'azienda, ha accordato la sospensiva del decreto 10 agosto 2018 nella parte in cui esclude dal registro nazionale degli alimenti a fini medici speciali alcune categorie di prodotto. In attesa che il Tar emetta la pronuncia di merito, prevista per il 12 febbraio 2019, il Ministero ha dato indicazioni a regioni e provincie autonome di sospendere fino a tale data l'efficacia all'articolo 2 del decreto. Per l'erogabilità gratuita a carico del servizio sanitario nazionale degli alimenti senza glutine, si dovrà tornare a fare riferimento al registro nazionale nella versione antecedente al 24 ottobre 2018, fino alla sentenza di merito del Tar laziale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative volte a reintrodurre le categorie di alimenti per soggetti affetti da celiachia, escluse dall'erogazione gratuita a carico del servizio sanitario nazionale.
(5-01353)


   MENGA, D'ARRANDO, MASSIMO ENRICO BARONI, BOLOGNA, LAPIA, MAMMÌ, NAPPI, NESCI, PROVENZA, SAPIA, SARLI, SPORTIELLO, TRIZZINO, TROIANO e VOLPI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'attività dell'informatore scientifico del farmaco (Isf) è definita dal decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006 come il complesso di informazioni relative alla composizione dei farmaci ad uso umano, alla loro attività terapeutica, alle precauzioni e modalità d'uso, compresa la concedibilità da parte del servizio sanitario nazionale, ai risultati degli studi clinici controllati concernenti la efficacia e tossicità immediata ed a distanza, destinato ai medici ed ai farmacisti, avente lo scopo di assicurare un corretto uso del farmaco;

   l'Isf, quale tramite tra ricerca scientifica e medico, deve essere in possesso di un diploma di laurea in una disciplina scientifica, come statuito dell'articolo 122, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006, ed è l'unico professionista qualificato a portare l'informazione sui medicinali ai medici;

   al fine di garantire il diritto alla cura del cittadino, il richiamato decreto legislativo n. 219 del 2006 sancisce che l'Isf deve instaurare un rapporto di lavoro con un'unica impresa farmaceutica, e riferire al Servizio scientifico, di cui ogni impresa farmaceutica deve dotarsi e che deve essere indipendente dal servizio marketing della stessa, tutte le informazioni sugli effetti indesiderati dei medicinali;

   la giurisprudenza di merito e di legittimità si è confrontata con l'annosa questione dell'inquadramento contrattuale dell'Isf, statuendo la necessità di ricondurre nell'alveo del lavoro autonomo o subordinato il rapporto di chi svolga prevalentemente l'attività di informatore medico-scientifico e non quella di agente di commercio (Tribunale di Marsala, sent. n. 131/2017; Cassazione civile sezione lavoro, n. 19394/2014);

   in data 19 luglio 2018 tra Federchimica, Farmindustria e Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Ult si è concordato il rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro comparto dei chimici, dal 1° gennaio 2019 al 30 giugno 2022;

   tuttavia tale ipotesi di contratto non è intervenuta a modificare l'area funzionale di appartenenza degli Isf, che rimangono allocati nel settore marketing, consentendo il loro impiego come agenti di commercio, spesso non laureati;

   da ciò deriva totale assenza di tutela della categoria degli Isf, con conseguenti ricadute negative sulla qualità dell'informazione scientifica offerta alla classe medica, il cui livello di aggiornamento scientifico si ripercuote sulla salute del cittadino –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a valorizzare la professionalità dell'informatore scientifico del farmaco, anche attraverso un adeguato inquadramento contrattuale, al fine di preservare il diritto alla cura del cittadino.
(5-01354)


   BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 23 gennaio 2013 autorizza l'utilizzo terapeutico, non solo del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) ma anche dei medicinali di origine vegetale a base di cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture);

   nel 2014, con l'accordo di collaborazione tra il Ministero della salute e il Ministero della difesa per l'avvio del progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis, finalizzato alla tutela del diritto alla salute, è stato individuato lo Stabilimento chimico farmaceutico quale sito per la coltivazione e la fabbricazione della sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis;

   ai sensi della normativa vigente lo Stabilimento chimico farmaceutico, dal 2014, è l'unico in Italia ad occuparsi della coltivazione e del confezionamento della stessa cannabis in imballi da distribuire, su richiesta delle regioni e delle province autonome, alle farmacie territoriali e/o alle farmacie ospedaliere, che poi le dispensano dietro ricetta medica non ripetibile, al fine di soddisfare il fabbisogno della popolazione assistita;

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, e confermato anche dal direttore dello Stabilimento, colonnello Antonio Medica, l'attuale produzione di cannabis a scopo terapeutico è insufficiente per far fronte fabbisogno nazionale, e la crescente richiesta dei pazienti in questi anni ha imposto l'acquisto della produzione di altre Nazioni, prima tra tutte l'Olanda;

   nonostante le difficoltà che l'istituto ha incontrato a causa di un drastico calo di organico dovuto al turnover e dell'insufficienza delle risorse economiche, lo stesso, in meno di quattro anni, ha raggiunto i migliori standard di qualità al mondo nella produzione di cannabis;

   appare doveroso che il Governo intervenga con un nuovo piano di investimenti pubblici per potenziare la produzione di cannabis ad uso terapeutico, mettendo in produzione i quattromila metri quadrati già disponibili presso lo stabilimento e, al contempo, aprirsi all'esportazione –:

   quale congruo investimento pubblico si intenda destinare al potenziamento della produzione di cannabis a fini terapeutici al fine di garantire il soddisfacimento della domanda interna e la possibilità di esportazione verso altri Stati.
(5-01355)


   PINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, MIGLIORE, RIZZO NERVO e DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Ministra interrogata, ha dichiarato alle agenzie di stampa in data 29 gennaio 2019 che la situazione «da un punto di vista sanitario è assolutamente sotto controllo» sulla nave Sea Watch 3, che dal 24 gennaio è nelle vicinanze del porto di Siracusa;

   il 28 gennaio 2019 la capitaneria di porto di Siracusa, sollecitata dalla prefettura, ha emesso un'ordinanza che dispone il divieto di navigazione, ancoraggio e sosta nel raggio di 0,5 miglia dalla posizione della Sea Watch per «urgenti provvedimenti di disciplina della navigazione e dell'accesso nell'area di mare circostante il punto di fonda dell'unità Sea Watch 3, nell'ambito della baia di santa Panagia, mediante interdizione del tratto di mare interessato in considerazione del fatto che la presenza e/o la navigazione di altre imbarcazioni attorno alla stessa motonave possono creare problemi riguardanti l'ordine pubblico e la sanità pubblica» — :

   quale sia la reale situazione sanitaria all'interno della Sea Watch 3 e se effettivamente sussistano criticità sul piano della tutela sanità pubblica.
(5-01356)


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 la spesa farmaceutica nazionale totale è stata pari a 29,8 miliardi di euro, di cui il 75 per cento rimborsato dal servizio sanitario nazionale; in media, per ogni cittadino, la spesa è stata di circa 492 euro;

   nell'ambito dell'assistenza farmaceutica, per identificare se il costo del medicinale è a carico dello Stato o del cittadino, è stabilita la seguente classificazione (decreto legislativo n. 539 del 1992 e successive modificazioni):

    classe «A»: farmaci essenziali e per le malattie croniche il cui costo è a carico dello Stato; gratuiti per il cittadino anche se, a seconda delle normative regionali, può essere previsto un ticket;

    classe «C»: tutti gli altri farmaci; la spesa è a totale carico del cittadino. Vengono inseriti i farmaci che curano patologie di lieve entità o, comunque, non considerati essenziali o salvavita;

   i farmaci di classe «C» sono talmente diffusi che ogni anno fanno spendere agli italiani 3 miliardi di euro, in media 180 euro a famiglia, vale a dire il 36 per cento della spesa farmaceutica privata;

   se i farmaci di classe «C» fossero venduti anche nelle parafarmacie si potrebbe garantire, per effetto della concorrenza, un risparmio annuo che va da 450 milioni a 890 milioni di euro, con un risparmio a famiglia da 27 euro a 53,45 euro all'anno;

   con l'ingresso in parafarmacia dei farmaci di classe «C» si stima l'apertura di circa 4000 nuove aziende in tre anni e la creazione di 6 mila posti di lavoro;

   la sicurezza e la tutela della salute in parafarmacia sono garantite dalla presenza obbligatoria di un farmacista laureato e abilitato;

   la normativa vigente prevede che in parafarmacia, si possano dispensare i farmaci veterinari, anche quelli con obbligo di ricetta e, i contraccettivi di emergenza, cioè prodotti di una certa rilevanza farmacologica –:

   se non ritenga di assumere iniziative finalizzate a consentire agli esercizi commerciali di cui l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di vendere, a totale carico del cittadino e dietro presentazione di ricetta medica ove prevista, tutti i medicinali di cui all'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, con esclusione dei farmaci utilizzati unicamente in ambiente ospedaliero.
(5-01357)


   NOVELLI, PEDRAZZINI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MINARDO, MUGNAI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le cronache di questi ultimi anni confermano sempre più l'aumento degli episodi di violenza che si verificano in Italia nei confronti dei professionisti della salute;

   molto spesso i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari sono esposti ad un alto rischio di atti di violenza, in quanto entrano in contatto diretto con il paziente e sono chiamati a gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività da parte del paziente stesso che si trova, il più delle volte, in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo;

   i dati dell'Inail confermano che sono mediamente più di tre al giorno gli episodi di violenza che si verificano in Italia contro medici e personale sanitario, ed è paradossale che siano proprio le persone che si prendono a cuore la salute dei cittadini a dover correre il rischio quotidiano di subire danni fisici e morali;

   la Fiaso, la Federazione di asl e ospedali, stima che siano oltre tremila i casi di aggressione l'anno, solo 1.200 denunciati all'Inail. Quelle raccolte dal sindacato degli infermieri dicono che i più esposti al rischio sono gli addetti al pronto soccorso, con 456 casi l'ultimo anno, seguiti da medici e infermieri che lavorano in corsia (400), mentre le aggressioni negli ambulatori sarebbero state 320. In 16 casi su 100 è stato necessario ricorrere alle cure di qualche collega. Ma a dover «indossare l'elmetto» sono soprattutto i medici di continuità assistenziale, le guardie mediche insomma, che sostituiscono i medici di famiglia la notte e nei festivi;

   è necessario adottare tutti gli opportuni provvedimenti al fine di garantire la sicurezza del lavoro svolto dagli operatori sanitari. L'attività svolta dall'Osservatorio permanente per la garanzia della sicurezza e per la prevenzione degli episodi di violenza ai danni di tutti gli operatori sanitari, insediatosi il 13 marzo 2018 presso il Ministero della salute, non è certo sufficiente a porre un argine contro le violenze che gli operatori sanitari sono costretti a subire –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare per garantire la sicurezza del lavoro svolto dagli operatori sanitari che quotidianamente operano con dedizione, competenza e senso del dovere.
(5-01358)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   gli stomizzati sono quei pazienti che, a seguito di patologie gravi o malformazioni, hanno dovuto subire uno o più interventi chirurgici demolitivi (anche solo parzialmente) del tratto intestinale e urinario, con il conseguente confezionamento di una o più stomie cutanee, consistenti in nuovi collegamenti (provvisori o permanenti) tra cavità interne del corpo ed esterno che, a seconda dell'apparato coinvolto, si distinguono principalmente in 3 tipologie: colostomia, ileostomia e urostomia;

   da un censimento parziale effettuato di recente, su base provinciale, è emerso che gli stomizzati in Italia sono oltre 70.000, numero che è decisamente cresciuto negli ultimi anni; non si tratta, tuttavia, di dati certi ufficiali anche in quanto ad oggi manca un registro nazionale dei portatori di stomia;

   si tratta di disabilità che hanno rilevanti implicazioni sia per i pazienti e le loro famiglie che per l'intera collettività, soprattutto se si considerano gli effetti che esse complessivamente determinano, in termini da un lato di «compressioni» della qualità di vita (anche dal punto di vista socio-relazionale) di chi ne è affetto, dall'altro di costi da sostenere e di risorse necessarie da destinare, dato il notevole «impatto economico» che esse determinano per il servizio sanitario nazionale, anche per la fornitura degli specifici dispositivi e ausili tecnici;

   nel nostro ordinamento ogni competenza in materia sanitaria, assistenziale e riabilitativa in generale è demandata alle singole regioni che vi provvedono, per il tramite delle aziende sanitarie locali, sulla base delle risorse finanziarie disponibili. Non esiste però per questi pazienti un efficace, efficiente e omogeneo sistema integrato di cura, assistenza, riabilitazione fisica e psichica che sia efficace, equo, omogeneo e liberamente accessibile sull'intero territorio nazionale;

   il 16 maggio 2017 l'Assemblea del Senato ha approvato la mozione n. 1-00614, presentata dal Partito Democratico. Tra i numerosi impegni assunti dal Governo pro tempore vi sono: listituzione di un registro regionale dei pazienti incontinenti e stomizzati, utilizzabile ai fini statistici ed epidemiologici; la predisposizione di un modello unico regionale di certificazione della patologia e dello stato di invalidità; interventi di assistenza socio-sanitaria a domicilio, nei luoghi di lavoro nonché nelle scuole di ogni ordine e grado, con particolare riferimento ai bambini stomizzati affetti da atresie ano-rettali o che necessitano di cateterismo intermittente;

   ad oggi non risulta sia stata data attuazione a nessun impegno contenuto nell'atto di indirizzo succitato –:

   se non ritenga urgente adottare iniziative in tempi brevi in linea con quanto previsto dall'atto di indirizzo citato in premessa e, in tal caso, quali siano i tempi le modalità per la realizzazione dei richiamati interventi, a partire dal succitato registro regionale.
(5-01343)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'intesa raggiunta in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 16 dicembre 2010, relativa alle «linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo», ha stabilito la permanenza dei punti nascita con un numero di parti all'anno pari o superiore a 500;

   tale requisito ha causato sinora la chiusura di oltre il trenta per cento dei punti nascita presenti sul territorio nazionale;

   inoltre, «l'accordo ha previsto la persistenza di punti nascita in deroga al volume minimo di 500 parti all'anno esclusivamente in caso di situazioni orografiche critiche, ovvero in presenza di aree geografiche notevolmente disagiate, a condizione che in tali strutture siano garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza previsti dall'accordo per le unità operative ostetriche e neonatologico/pediatriche di I livello»;

   nel mese di ottobre 2018 il Comitato percorso nascite nazionali, istituto dal decreto ministeriale 19 dicembre 2014 in attuazione del succitato accordo, sancito in sede di conferenza unificata, e con il decreto ministeriale 11 novembre 2015, è stato incaricato di esprimere «un motivato parere su eventuali richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010», ha respinto la richiesta della Regione Abruzzo di mantenere attivo il punto nascita a Sulmona;

   nel motivare la propria decisione di escludere l'ospedale di Sulmona dalle cosiddette zone disagiate, il Comitato ha affermato che «il suo bacino di utenza non dista più di un'ora dai punti nascita alternativi», e che «il disagio orografico, anche nel periodo invernale, sembra contenuto»;

   in esito a tale decisione la chiusura del punto nascita interverrà anche prima che la regione abbia potuto completare, con l'elisoccorso, una rete di protezione che comprenda il servizio di trasporto in emergenza neonatale e il servizio di trasporto assistito materno;

   il diniego avverso la richiesta di proroga per il punto nascita di Sulmona costringerà le future mamme della zona a recarsi a partorire in centri lontani dalle proprie abitazioni, mentre dovrebbe essere il servizio ad avvicinarsi a chi ne ha bisogno, secondo un criterio di prossimità, tradizionalmente posto a garanzia del diritto alla salute;

   inoltre, le motivazioni riportate dal Comitato evidenziano per l'interrogante una scarsa conoscenza rispetto alla configurazione orografica del territorio e del reale bacino di utenza di riferimento, considerando tra l'altro la condizione di crisi economica che persevera nell'area;

   errata appare anche la valutazione circa il già registrato calo di parti effettuati presso la struttura, considerato che la stessa sconta il prezzo di mancati investimenti, sia in termini di personale che in termini di tecnologie, che avrebbero consentito in questi anni un'inversione di tendenza dell'attrattività del reparto e il rilancio dell'ospedale, tagli che certo non possono essere imputati ai cittadini;

   la chiusura del punto nascita di Sulmona si risolve, quindi, per l'interrogante, nell'ennesimo atto di disattenzione nei confronti di un territorio che versa già in uno stato di grave difficoltà e determinerà un ulteriore spopolamento delle aree interne –:

   se il Ministro interrogato sia informato dei fatti esposti in premessa, e quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di scongiurare la chiusura del punto nascita di Sulmona, garantendo ai cittadini un servizio di prossimità capace di tutelare la salute dei cittadini del territorio, nel rispetto del dettato costituzionale.
(4-02119)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione Puglia, sottoposta a piano di rientro sette anni fa, risulta tuttora, malgrado tagli e sforzi economici significativi, in piano operativo;

   come è noto, l'attuale quadro costituzionale e normativo in materia di sanità pubblica obbliga le regioni ad assolvere, tramite le risorse a ciascuna destinate del fondo sanitario nazionale, tutte le necessità previste dai livelli essenziali di assistenza (Lea);

   diversi farmaci e medicinali utili alla cura di molte malattie rare non sono esplicitamente previsti nell'elenco dei Lea, sicché le regioni che intendano intervenire a vantaggio dei soggetti affetti da tali patologie, offrendo un rimborso parziale o totale per le spese mediche sostenute, possono farlo esclusivamente attingendo dal proprio bilancio ordinario;

   ciononostante, il Ministero della salute ha, tramite una comunicazione del mese di dicembre 2018, escluso da questa possibilità le regioni sottoposte a piano di rientro o, come nel caso della regione Puglia, a piano operativo;

   così facendo, la regione Puglia, malgrado la volontà di intraprendere iniziative economiche a sostegno dei pazienti affetti da malattie rare, è impedita a erogare prestazioni e medicinali a loro vantaggio a causa di mere necessità di carattere economico-finanziario;

   la decisione del Ministero, di conseguenza, comporterà un aumento significativo dei costi sostenuti dai soggetti affetti da malattie rare, i quali, oltre a vivere senza colpe condizioni di svantaggio dovute alla patologia, saranno costretti ad affrontare, senza alcun aiuto pubblico, spese di notevole portata per le cure e i farmaci –:

   se, alla luce di quanto premesso, il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziativa di competenza per permettere anche alla regioni sottoposte a piano di rientro o piano operativo l'erogazione di prestazioni o medicinali al di fuori dell'attuale elenco dei livelli essenziali di assistenza, sostenendo le relative spese con fondi propri;

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per ricondurre i farmaci e le prestazioni utili alla cura delle patologie rare tra quelli previsti dai livelli essenziali di assistenza;

   se e quali iniziative, in alternativa, il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di sostenere economicamente i soggetti affetti da patologie rare, residenti in regioni sottoposte a piano di rientro o piano operativo, per i costi che sostengono autonomamente nell'acquisto di farmaci e prestazioni mediche.
(4-02123)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   giunge all'interrogante di una perquisizione, avvenuta ai primi di dicembre 2018, da parte dei militari dell'Arma, presso gli uffici di due veterinari della Ausl Romagna, ambito di Ravenna, con sequestro di strumenti e apparecchiature informatiche;

   a seguito di tale segnalazione, attraverso il gruppo Forza Italia della regione Emilia-Romagna, si provvedeva a effettuare regolare accesso agli atti in merito alla vicenda. Sul punto gli uffici competenti rispondevano che «da informazioni acquisite dall'Azienda Usl della Romagna, si fa presente che, essendoci indagini giudiziarie in corso, non è possibile fornire informazioni, né tanto meno documentazione in quanto coperte da segreto istruttorio»;

   lungi dal voler interferire con il lavoro di indagine, di cui non si chiede in alcun modo conto in questa sede, a parere dell'interrogante sarebbe opportuno chiarire, anche dal punto di vista normativo, le modalità di gestione di casi come questi, soprattutto in relazione a quanto potrebbe essere di competenza della azienda sanitaria rispetto all'assunzione, ad esempio, di eventuali provvedimenti di sospensione e agli obblighi di comunicazione al responsabile anticorruzione –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa e se intenda adottare iniziative normative al fine di definire regole chiare rispetto alla gestione di tali casi, in particolare disciplinando l'obbligo, per le direzioni dei dipartimenti, di mettere a conoscenza di tali situazioni il responsabile dell'anticorruzione nonché la direzione generale dell'azienda sanitaria.
(4-02124)


   MAURIZIO CATTOI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 15, comma 4, ultimo periodo del decreto legislativo n. 502 del 1992; prescrive che i risultati della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione; allo stesso modo, al comma 1 dell'articolo 15-ter del medesimo decreto legislativo, è prevista anche la valutazione del collegio tecnico di cui al comma 5 dell'articolo 15 ovvero «il dirigente è sottoposto a verifica triennale; quello con incarico di struttura, semplice o complessa, è sottoposto la verifica anche al termine dell'incarico»;

   anche l'articolo 46, comma 4, della legge e della provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2001, prevede che «il/la dirigente sanitario/a con incarico di direttore/ direttrice al termine dell'incarico sia sottoposto a valutazione dal nucleo di valutazione sanitario e dal collegio tecnico»;

   dalla delibera del direttore generale n. 613/2018, si evince che allo stato attuale sia i nuclei di valutazione che il collegio tecnico non sono ancora stati istituiti;

   nonostante l'inottemperanza sia della normativa nazionale che di quella provinciale, il direttore generale sembra ritenere che la mancata nomina del nucleo di valutazione e del collegio tecnico non può compromettere il diritto dei dirigenti ad ottenere il rinnovo dell'incarico in presenza di una valutazione positiva da parte del diretto superiore;

   si apprende che il direttore generale dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige dottor Florian Zerzer, con delibera n. 613/2018 del 13 novembre 2018 ha conferito il rinnovo di un incarico quinquennale alla dottoressa Dagmar Regele, già primario uscente del servizio di igiene e sanità pubblica del comprensorio sanitario di Brunico (Bolzano);

   con protocollo dell'8 maggio 2018 n. 125687-BK e sua integrazione del 26 ottobre 2015 prot. 126539-BK, la dottoressa Marion von Sölder zu Brackenstein, in qualità di direttrice reggente della direzione territoriale presso il comprensorio sanitario di Brunico, gerarchicamente superiore della dottoressa Dagmar Regele, si è pronunciata favorevolmente riguardo il rinnovo dell'incarico;

   occorrerebbe chiarire che base la dottoressa Marion von Sölder zu Brackenstein, in qualità di direttrice reggente della direzione territoriale presso il comprensorio sanitario di Brunico, gerarchicamente superiore della dottoressa Dagmar Regele, abbia dato parere favorevole al rinnovo nonostante il dipartimento di igiene e sanità pubblica diretto dalla dottoressa Dagmar Regele, abbia registrato la più bassa copertura vaccinale a livello nazionale, che l'ex direttore dell'Istituto superiore di sanità dottor Walter Ricciardi, non ha esitato a definirle da «terzo mondo» –:

   se la prassi descritta in premessa si possa ritenere «proceduralmente» regolare per il rinnovo dell'incarico e se intenda adottare iniziative normative volte a rendere più puntuale e stringente la disciplina in materia di assegnazione e di rinnovo degli incarichi dirigenziali nelle strutture sanitarie pubbliche in modo da evitare casi come quello richiamato.
(4-02128)


   TRAVERSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia regolatrice francese (Ansm) il 17 dicembre 2018 ha disposto il ritiro dal mercato e la sospensione della commercializzazione delle protesi mammarie prodotte dall'azienda Allergan;

   dalle notizie a mezzo stampa si evince che le protesi sono state sospese perché evidenziano una possibile correlazione tra protesi ruvide («testurizzate») e una forma rara di linfoma: il linfoma anaplastico a grandi cellule (Aclc). Per questa ragione l'Ansm ha raccomandato che i professionisti del settore medicale utilizzino altre tipologie di protesi;

   dalle informazioni diffuse da Federcontribuenti sono circa 1.000 le donne che, a seguito di intervento per tumore alla mammella, hanno impiantato tale protesi mammaria. Queste donne a detta dell'associazione di consumatori citata non hanno ricevuto nessuna informazione diretta sia sulla problematica specifica, sia su quanto andrà fatto per garantire la loro salute in futuro. Si sottolinea che queste donne vivono già una condizione di difficoltà e queste notizie non supportate da informazioni specifiche non fanno altro che spaventarle;

   le donne intervistate da Federcontribuenti riferiscono di aver contattato i call center di alcune regioni, ad esempio quelli della regione Toscana, per ottenere informazioni, ma, di fatto, attualmente le regioni sembra non abbiano ricevuto indicazioni dal Ministero della salute e i call center si limitano a raccogliere i dati delle persone coinvolte –:

   se sia a conoscenza di questi fatti;

   quali iniziative di informazione siano state messe in atto affinché le regioni possano garantire informazioni puntuali e dettagliate;

   se le pazienti coinvolte abbiano ricevuto o riceveranno informazioni e comunicazioni dettagliate sui rischi, sulle problematiche e sulle eventuali azioni da compiere nel tempo per non subire eventuali danni dall'impianto delle protesi.
(4-02130)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il clima di scontro, più volte denunciato dall'interrogante in precedenti atti di sindacato ispettivo, che si registra nel settore della logistica nella città e nella provincia di Piacenza, ha raggiunto – in questi giorni – un nuovo grave picco;

   da organi di informazione (ad esempio, Libertà dal 30 gennaio 2019) risulta che Gls, nota multinazionale del settore logistico con un importante polo attivo a Piacenza, si appresta a chiudere lo stesso in ragione delle costanti perdite di esercizio dovute ai continui scioperi, nonché alle risse tra lavoratori appartenenti a sigle sindacali spurie, segnatamente Si Cobas ed USB;

   si stima, infatti, che nel 2018 l'azienda in questione abbia registrato mancati incassi per 3,8 milioni di euro e, nonostante il susseguirsi di incontri presso il Ministero dello sviluppo economico, il clima nell'ambiente di lavoro è peggiorato, rendendo di fatto impossibile lo svolgimento ordinato dell'attività lavorativa;

   Seam Srl, datore di lavoro all'interno del magazzino della Gls, ha comunicato l'intenzione di recedere dal contratto a far data dal 31 gennaio 2019;

   è di tutta evidenza che la ventilata chiusura dell'attività da parte di Gls rappresenterebbe per il territorio piacentino una grave perdita sia in termini di occupazione sia in termini di immagine, posto che, stante il clima di violenza e di impossibilità a far valere i più elementari principi contrattuali, è ragionevole pensare che altri operatori decidano a loro volta di cessare l'attività –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della gravità della situazione e quale sia il loro orientamento in merito;

   se non si ritenga necessario un intervento deciso da parte delle forze dell'ordine, anche disponendo l'invio di personale aggiuntivo, al fine di ripristinare normali condizioni di lavoro e disinnescare questa escalation di violenza che sta minando un intero comparto produttivo nel territorio piacentino;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro dello sviluppo economico al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento di Gls a Piacenza.
(4-02132)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Porchietto e altri n. 1-00103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fiorini, Mulè.

  La mozione Delrio e altri n. 1-00106, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Annibali, Bordo, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Critelli, De Luca, De Menech, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, La Marca, Lotti, Miceli, Migliore, Mor, Morani, Morgoni, Mura, Nardi, Nobili, Noja, Orfini, Pini, Pizzetti, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Sensi, Serracchiani.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Moretto e Cenni n. 5-01328, pubblicata. nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciampi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Delrio n. 1-00106, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 113 del 24 gennaio 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    le elaborazioni Anfia su dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, aggiornate all'11 gennaio 2019, indicano che in Italia nel 2018 sono state immatricolate un totale di 1.910.415 autovetture con un calo del 3,1 per cento rispetto al 2017;

    le immatricolazioni di autovetture prodotte negli stabilimenti italiani del gruppo Fca rappresentano per il mese di dicembre 2018 una quota del 26 per cento del totale, con volumi in diminuzione dell'1 per cento e, complessivamente, registrano nel 2018 una flessione del 10 per cento delle immatricolazioni rispetto al 2017;

    il dato, che certifica il primo rallentamento dal 2014, mostra inequivocabilmente un'inversione di rotta rispetto alla continua crescita registrata negli ultimi anni dal mercato dell’automotive. Grazie anche alle misure messe in campo dagli ultimi Governi di centrosinistra, quali gli incentivi della «legge Sabatini» e del «Superammortamento», si erano infatti registrati un vero boom nell'acquisto di veicoli commerciali e di autocarri, ma anche forti incrementi per le auto immatricolate acquistate dalle imprese;

    i dati citati finora sembrano riaprire scenari di crisi del settore che ci si augurava fossero definitivamente superati con la conclusione del ciclo recessivo iniziato nel 2008;

    la crisi potrebbe essere ulteriormente accentuata, stante la flessione registrata per il terzo mese consecutivo dalla produzione industriale della Germania, che è il maggiore partner industriale della filiera dell’automotive nazionale;

    gli analisti indicano che la flessione in atto possa essere attribuibile all'introduzione, a partire dal 1° settembre 2018, delle nuove normative europee Wltp sulle emissioni, al calo di fiducia dei consumatori e al rallentamento della crescita interna, che ha visto nel terzo trimestre del 2018 una diminuzione che segna il primo calo dopo un periodo di espansione protrattosi per 14 trimestri consecutivi;

    le previsioni relative all'avvio di una fase di stagnazione dell'economia nazionale, fatte dal Ministro Tria nei giorni scorsi, e la stima al ribasso del prodotto interno lordo prevista per il 2019 gettano ulteriori elementi di urgenza e di riflessione sugli interventi necessari per le nostre imprese;

    complessivamente, contando tutti i produttori e addetti indiretti, il comparto occupa in Italia 252 mila persone. L’automotive rappresenta ancora la spina dorsale della produzione industriale (7 per cento del settore manifatturiero) e di tutta l'occupazione nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi (ancora 7 per cento). Il raffronto con i principali partner europei dice che il totale degli addetti diretti conta 850.000 unità in Germania, 224.000 in Francia, 178.000 in Polonia, 168.000 in Romania e 160.000 in Italia;

    misure adottate con la legge di bilancio 2019 che prevedono il meccanismo «bonus malus» per l'acquisto attraverso la tassazione progressiva delle autovetture a combustione, a partire da quelle con emissioni superiori ai 160 g/km, e l'erogazione di incentivi per autovetture elettriche o ibride i sono state affrettatamente introdotte in un settore dove è evidente il rischio, per la filiera nazionale dell’automotive, di subire una contrazione della produzione. Ciò in quanto le industrie estere risultano al momento più avanti nella produzione di autovetture con tali caratteristiche. Il nuovo piano di investimenti di Fca intende peraltro in pochi anni colmare questo gap;

    associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, analisti e centri studi stimano per il 2019 la potenziale perdita di circa 100 mila immatricolazioni, con un impatto negativo anche sull'ecologia e sull'economia, visto che, anziché favorire il rinnovo di un parco circolante fortemente invecchiato, l'ecotassa sugli acquisti di auto nuove finirà per spingere una quota considerevole di automobilisti a rimandare ulteriormente la sostituzione della propria vettura, o ad acquistare una vettura usata;

    la suddetta misura, estemporaneamente introdotta nel corso dell'esame della legge di bilancio, non verificata con il sistema industriale, né con le rappresentanze dei lavoratori, né con gli esperti del settore, ha registrato un coro unanime di critiche e preoccupazioni, specie sui livelli occupazionali dei diversi stabilimenti di produzione Fca esistenti in diverse regioni d'Italia;

    una misura definita come «miope che non aiuta a rinnovare il parco auto» (presidente di Federmeccanica) in grado di «unire imprese e lavoratori nella protesta» (comunicato Unrae) o, ancora, «l'ennesimo schiaffo all'industria nazionale e all'ambiente. Queste norme schizofreniche sono un danno per il Paese e i lavoratori» (segretario generale della Firn Cisl);

    ad una prima verifica circa le ricadute della citata misura, gli analisti segnalano che tra i modelli che ne trarranno beneficio, tra le auto elettriche, ci sono due modelli Citroen (C-Zero ed E-Mehari), Hyundai (loniq e Nuova Kona), Nissan (Nissan ed Evalia), Peugeot (iON e Tepee), Volkswagen (eGolf ed eUP), la Smart Eq for-two e for-four, la Bmw i3, Kia Soul, Mitsubishi i Miev, Renault Zoe, Porsche Cayenne 3,0 E-Hybrid e tutti i modelli di Tesla. Mentre tra i modelli ibridi, se ne trovano tre di Kia (Niro Phev, Optima, Optima SW), due modelli Bmw (serie 2 e serie 5) e due Toyota (prius plug-in, prius full Hybrid), la Mini CoutrYman, Hyundai Ioniq, la Mercedes GLC e Mitsubishi Outlander;

    ad essere penalizzati dalla nuova tassa, invece, saranno diversi modelli del gruppo FCA: nove modelli Maserati (Ghibli B, 4pB, GT, Gran Cabrio B, Ghibli D, 4pD, Levante, GT D, Gran Cabrio D), Renegade 2000 D, 500X 2000 D, Giulietta 1,4 B, Giulia 2,0 B, Stelvio B, Ducato B: tutti prodotti negli stabilimenti italiani;

    Fca ha pertanto annunciato la volontà di un ridimensionamento del piano illustrato il 29 novembre 2018, che avrebbe previsto un complessivo piano degli investimenti in Italia per circa cinque miliardi di euro, specie per sviluppare nuovi modelli con motorizzazioni elettriche e ibride;

    anche alla luce di tali dati, è forte la preoccupazione che la prossima entrata in vigore della citata disposizione possa determinare sui livelli occupazionali negli stabilimenti della produzione automobilistica nazionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare, con la massima urgenza, un'apposita iniziativa normativa volta a modificare la disposizione che ha introdotto il meccanismo del «bonus-malus» per l'acquisto di nuove autovetture di cui alla legge di bilancio 2019;

2) ad avviare un confronto con il sistema delle imprese della produzione automobilistica e con le organizzazioni sindacali, con il supporto di esperti del settore dell’automotive, al fine di individuare le opportune misure volte a favorire il rafforzamento del sistema produttivo nazionale, nonché a definire un piano nazionale per l'occupazione nel comparto della produzione di mezzi di trasporto e dei loro componenti, ciò anche in vista delle profonde trasformazioni produttive, dell'evoluzione tecnologica e delle crescenti esigenze di tutela ambientale e di salute pubblica.
(1-00106) (Nuova formulazione) «Delrio, Lepri, Gribaudo, Enrico Borghi, Bonomo, Fregolent, Moretto, Gariglio, Giorgis, D'Alessandro, Del Basso De Caro, De Filippo, Mancini, Pezzopane, Portas, Siani, Topo, Annibali, Bordo, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Critelli, De Luca, De Menech, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, La Marca, Lotti, Miceli, Migliore, Mor, Morani, Morgoni, Mura, Nardi, Nobili, Noja, Orfini, Pini, Pizzetti, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Sensi, Serracchiani».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Mandelli n. 4-02014 del 17 gennaio 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Lacarra n. 5-01286 del 23 gennaio 2019.