XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 119 di venerdì 1° febbraio 2019
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI
La seduta comincia alle 9.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Brescia, Delmastro Delle Vedove, Gebhard, Giaccone, Giachetti, Lazzarini, Lorefice, Molinari, Novelli, Ruocco, Schullian, Siani e Trizzino sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,03).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative a tutela dei soggetti maggiormente esposti agli effetti della crisi della Banca Carige - n. 2-00230)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Zanichelli ed altri n. 2-00230 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Davide Zanichelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Sì, Presidente, illustro. Grazie, Presidente Spadoni, grazie Ministro Di Maio. Siamo qui perché, a cavallo tra il 2018 e il 2019, abbiamo assistito all'aggravarsi della crisi di Banca Carige - che è uno dei più importanti istituti di credito del nostro Paese, un istituto che ha avuto diverse difficoltà negli ultimi anni, come è stato ricordato anche nelle audizioni che ci sono state in questi giorni qui alla Camera dei deputati - una crisi nella quale il Governo del cambiamento è intervenuto con tempestività i primi giorni dell'anno con il decreto n. 1, che è ora in discussione qui alla Camera per la conversione. Una crisi - lo sappiamo - è determinata da diversi fattori, tra cui un contesto internazionale difficile per le nostre banche, una serie di motivi economici e anche di governance per quanto riguarda il contesto bancario internazionale, che non è facile per il sistema bancario italiano. Ma è anche una crisi determinata da una serie di scelte sbagliate di natura creditizia e ce lo fa pensare l'ammontare dei crediti deteriorati: 3,5 miliardi di euro, secondo quanto riportato dalla banca stessa, altrimenti non si spiegherebbe perché alcune banche non abbiano problemi nonostante lavorino sul medesimo territorio con le medesime aziende e alle medesime condizioni. Se, infatti, ci sono problemi in Banca Carige è perché una percentuale troppo elevata di debitori, di grossi debitori, non hanno restituito alla banca il loro debito. E allora vogliamo sapere - dato che lo Stato italiano è intervenuto - , se tra i nomi di quei debitori, di quei grossi debitori che si sono dimostrati insolventi e cioè non hanno ripagato il loro debito alla banca, ci sono i soliti nomi, cioè ci sono coloro i quali hanno il potere di influenzare le scelte dell'istituto tramite le loro amicizie, le loro relazioni, magari sono amici della vecchia politica. Ecco, sono magari loro che non hanno restituito i soldi alla banca, che poi sono i soldi dei risparmiatori di Banca Carige. Perché, signor Ministro, noi sappiamo che, se un ragazzo o una coppia si presenta in banca per chiedere un prestito o un mutuo la banca chiede garanzie su garanzie, e non ci piace constatare il fatto che, se ci sono grossi amici che chiedono prestiti, questi non hanno il dovere o non si sentono in dovere di restituire con la stessa fermezza il prestito alle banche. Non possiamo accettare che, per colpa dei grossi prestiti non restituiti, i cosiddetti crediti deteriorati, venga danneggiato il cosiddetto credito buono perché sono alla fine i piccoli creditori che pagano, con tassi più alti, i loro fidi, le scelte improprie di un istituto di credito, che presta il denaro, diciamo, in maniera improvvida. Questo, signor Ministro, lo sappiamo perché è successo nel recente passato con qualche banca toscana e la cronaca giudiziaria già in queste ore ha fatto emergere con le sue sentenze proprio queste relazioni fra la vecchia politica e alcune banche.
Ecco, signor Ministro, di questo sono preoccupati i risparmiatori, di questo sono preoccupati anche i lavoratori di Banca Carige e quindi, visto che questo Governo, il Governo del cambiamento, è attento ai risparmiatori - come ha dimostrato anche nella manovra, con il provvedimento per il ristoro dei truffati delle banche -, assieme ai cofirmatari di questa interpellanza io le chiedo quali iniziative il Governo intenda intraprendere per assicurare, anche attraverso una maggior trasparenza, che le risorse pubbliche messe a disposizione non vengano utilizzate da chi ha contribuito o è stato causa diretta o indiretta di questo dissesto. Infine, le chiedo quali iniziative il Governo intenda intraprendere a tutela dei risparmiatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO, Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente, grazie deputato Zanichelli. Banca Carige è l'ennesima banca italiana portata sull'orlo del fallimento a causa di una gestione scellerata, che non è stata causata solo dall'incompetenza dei manager, ma - come vedremo - anche dalle commistioni con la politica. Il 2 Gennaio, il Consiglio direttivo della BCE ha messo la banca in amministrazione straordinaria e siamo al lavoro affinché paghi il conto chi è responsabile e non chi è vittima, ossia i risparmiatori: quello che è successo negli scorsi anni non deve più accadere. Ad ora, non sappiamo se dovremo intervenire con fondi pubblici, ma se decideremo di mettere soldi dei cittadini nella banca, allora la banca diventerà dei cittadini. È un principio che dovrebbe essere banale, ma vale la pena di sottolinearlo perché in passato i soldi degli italiani sono stati usati solo ed esclusivamente per coprire quello che avevano causato pochi manager o politici legati a quella banca. In questo modo, eviteremo che imprese e lavoratori del territorio debbano pagare le scelte scellerate di chi ha gestito la banca in questi anni. Se interverremo con soldi pubblici, la banca avrà la missione di dare più credito alle piccole e medie imprese, di dare più mutui alle famiglie e di finanziare i progetti innovativi di giovani imprenditori.
Per rispondere alla domanda che mi viene posta sui rischi legati alla perdita di posti di lavoro e alla stretta creditizia per le imprese, rispondo, da Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, che l'eventuale intervento dello Stato serve proprio ad evitare questi rischi. Il decreto che abbiamo varato l'8 Gennaio 2019 crea le condizioni per essere pronti a salvare e tutelare i risparmi dei cittadini. Il risparmio degli italiani per noi è sacro ed è per questo che nella legge di bilancio abbiamo stanziato un miliardo e mezzo di euro per i truffati delle banche. Il nostro obiettivo, però, è fare in modo che simili casi non avvengano più. È chiaro ed evidente che, se i cittadini metteranno i loro soldi per la risoluzione della crisi della Carige, i responsabili di questo disastro, a partire dai grandi debitori della banca, dovranno essere resi pubblici e dovranno pagare le conseguenze dei loro errori. I risparmiatori invece non dovranno pagare – come è accaduto in passato - le colpe e le inadempienze dei manager. A questi signori il Governo chiederà di restituire i mega bonus che hanno incomprensibilmente incassato, visto il disastro che hanno combinato. Ricordo anche che in Carige, negli ultimi tre anni, dopo il disastro della precedente gestione oggetto di pesanti condanne in secondo grado in attesa della Cassazione per il dottor Berneschi e i suoi collaboratori, si sono alternati numerosi presidenti e amministratori delegati, contribuendo pesantemente a rendere ancora più grave una situazione già critica. La verità è sotto gli occhi di tutti, oserei dire che è il segreto di Pulcinella. La vecchia politica e le banche sono sempre andate a braccetto e Banca Carige non fa eccezione. Il politicante metteva un suo uomo nella banca e lui finanziava la qualunque, fregandosene dei danni ai risparmiatori e preoccupandosi del beneficio per il politico, per il partito e per la sua poltrona. Carige è una piccola MPS, ma nel territorio i danni non sono inferiori. Il problema è che, alla fine, non paga mai nessuno e non si dice mai chiaramente come stanno le cose, chi c'è dietro la cortina di fumo dei nomi più o meno sconosciuti di amministratori e dirigenti, quando invece, per unire i puntini, basta solo un po' di onestà intellettuale. Questa mattina qui in Aula voglio pronunciare i nomi e i cognomi non solo di chi ha contribuito al fallimento della banca, ma anche dei loro sponsor politici. Basta infatti leggere le carte per vedere che all'interno del CdA della Banca, nel periodo in cui si sono registrate le maggiori sofferenze, erano presenti membri legati al mondo politico, che hanno giocato a fare i banchieri: l'ex vicepresidente di Carige è l'ex parlamentare Alessandro Scajola, fratello dell'ex Ministro nei vari Governi Berlusconi, nonché sindaco di Imperia, Claudio Scajola. Un ex consigliere del CdA è Luca Bonsignore, figlio di Vito Bonsignore, ex eurodeputato sempre nel Popolo delle Libertà. Un altro ex consigliere è Giovanni Marongiu, sottosegretario nel Governo di centrosinistra, guidato da Romano Prodi. L'ex direttore centrale di Carige è Alberto Repetto, ex presidente della provincia di Genova con il centrosinistra e parlamentare dell'Ulivo. Come vedete, si spazia da destra a sinistra: l'intera classe politica precedente ha le sue colpe e le ha scaricate sui risparmiatori. Il funzionamento del meccanismo è semplice e lo si capisce dalle operazioni temerarie della stessa banca. Per un lungo periodo, Carige ha assunto rischi troppo alti su numerose operazioni, diciamo, “discutibili”. Come hanno riportato numerosi organi di stampa, la banca ha accumulato perdite sui crediti per diversi miliardi di euro dovuti. Tra questi, troviamo un debito di circa 450 milioni per i finanziamenti erogati al gruppo Messina; 250 milioni concessi con estrema leggerezza - come ha sottolineato anche Bankitalia - al Parco degli Erzelli, una cittadella tecnologica fortemente voluta dalla politica ligure, realizzata solo a metà sulla collina di Cornigliano; 35 milioni di euro per il mutuo concesso al gruppo Acqua Marcia, di Francesco Bellavista Caltagirone; 20 milioni erogati al gruppo facente capo a Beatrice Cozzi Parodi. Prestiti o fidi, in parte sanati, ma che hanno causato sofferenze alla banca sono stati erogati per svariate decine di milioni di euro ad alcune società riconducibili al dottor Enrico Preziosi e per 20 milioni alla Prelios, società che faceva capo a Pirelli RE, del gruppo Pirelli. Oggi sono qui da Ministro a leggervi questi nomi ma, guardando al futuro, ci sono due cose che porteremo avanti per evitare che queste storie si ripetano e per spezzare il legame deleterio per i cittadini tra partiti e banche. Prima di tutto, mi auguro che con la nuova Commissione d'inchiesta sulle banche venga avviata una seria inchiesta sul caso Carige. Inoltre, come Governo e come maggioranza abbiamo intenzione di approvare nei prossimi mesi nuove norme, tra cui l'approvazione del Glass-Steagall Act che prevede la distinzione tra banche commerciali e banche d'affari; un fondo di garanzia per i risparmiatori delle banche ottenuto trattenendo fino al 60 per cento dei bonus dei manager per cinque anni; una norma sulle porte girevoli; una seria legge sul conflitto di interessi; nuovi vertici per Consob e la riforma della vigilanza bancaria a livello europeo; l'istituzione di un fondo di garanzia dell'Unione europea per i risparmiatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Zanichelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie, Ministro Di Maio. Grazie, sono soddisfatto della sua risposta e sono soddisfatto del suo coraggio per le parole pronunciate poc'anzi da lei in quest'Aula. Sono soddisfatto anche delle intenzioni del Governo del cambiamento che, finalmente, ha messo all'ordine del giorno la prevenzione, per non intervenire sempre a posteriori nelle crisi bancarie ma individuare misure per far sì che le crisi bancarie non avvengano e, in modo principale, sradicare quel capitalismo facile tra politica e banche che abbiamo visto creare enormi problemi al tessuto bancario italiano e che costituisce una tassa occulta per i risparmiatori e per gli italiani. Grazie ancora (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Chiarimenti e iniziative in merito allo stato della trattativa circa la crisi di Industria italiana autobus (Iia), a sostegno dei lavoratori e della continuità aziendale - n. 2-00210)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Benamati ed altri n. 2-00210 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Andrea De Maria se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ANDREA DE MARIA (PD). Industria italiana autobus è una grande attività imprenditoriale nata dall'unificazione, nel 2015, fra Bredamenarini e Irisbus di Avellino. Bredamenarini è una presenza imprenditoriale industriale fondamentale nella storia di Bologna e dell'Emilia Romagna. Insieme queste due realtà rappresentavano e rappresentano, con la fusione che hanno fatto, il principale riferimento di un polo pubblico di produzione di autobus e di mezzi per il trasporto collettivo. Dal 2016 Industria italiana autobus attraversa una grave crisi finanziaria che ne ha messo in pericolo l'attività produttiva e ha messo in pericolo l'occupazione. Parliamo di 154 lavoratori a Bologna e di 290 lavoratori ad Avellino. Da allora il Ministero per lo Sviluppo economico ha assunto un'iniziativa volta a promuovere e favorire una ristrutturazione produttiva che consentisse la piena ripresa dell'attività produttiva dell'impresa e garantisse l'occupazione, peraltro occupazione molto valida sul piano della qualità, delle capacità produttive, oltreché molto significativa sul piano numerico. L'8 ottobre, al MiSE, vi è stato un incontro dove Ferrovie dello Stato ha manifestato interesse a partecipare al progetto, Leonardo l'intenzione di incrementare la propria partecipazione societaria all'azienda e Invitalia la volontà di proseguire nell'operazione di rilancio. Poi questo percorso si è sostanzialmente interrotto: l'11 dicembre gli azionisti hanno deciso di ricapitalizzare l'azienda, che ora al 70 per cento è proprietà di un socio turco che prima era in minoranza e solo del 30 per cento di Leonardo. Da fonti ministeriali abbiamo appreso che si tratterebbe di una soluzione tampone volta a evitare il fallimento dell'azienda in attesa che ritorni un controllo pubblico e una iniziativa pubblica a sostegno dell'attività produttiva. Devo dire che in tutti questi mesi il Governo ha fatto tante promesse, ha preso tanti impegni e lo stesso Vicepresidente del Consiglio ha incontrato i lavoratori dell'azienda ma, fino ad ora, siamo sostanzialmente a uno stallo che conferma un grande pericolo per la permanenza dell'attività produttiva e per l'occupazione. Peraltro, gli ordinativi ci sono, la possibilità di un forte rilancio di un polo pubblico di produzione di autobus e di mezzi per il trasporto collettivo c'è e voglio sottolineare in particolare che la regione Emilia-Romagna, in tutti questi mesi, è intervenuta direttamente, ed è accogliendo la richiesta della regione che le aziende di trasporto pubblico dell'Emilia Romagna hanno anticipato pagamenti di commesse anche per permettere di continuare a erogare gli stipendi e le retribuzioni ai lavoratori e per evitare che la situazione sfuggisse totalmente di mano. Voglio sottolineare l'ultimo impegno di 1,4 milioni di euro per il pagamento di nuovi mezzi da parte della Tep di Parma.
Ora noi siamo molto preoccupati della situazione e riteniamo che ai tanti impegni presi debbano seguire fatti. Chiediamo al Governo aggiornamenti sullo stato dell'arte, sulle iniziative che sta assumendo e intende assumere. Vogliamo anche dire subito che, come Partito Democratico, tutte le iniziative vere e concrete che verranno messe in campo avranno il nostro sostegno e anche, tuttavia, che saremo molto rigorosi e attenti a verificare il fatto che gli impegni presi, come non è accaduto finora, siano effettivamente rispettati.
PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche Sociali, Luigi Di Maio, ha facoltà di rispondere.
LUIGI DI MAIO, Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente e grazie deputati, Questa interpellanza mi dà l'opportunità di ripercorrere la storia della crisi della società Industria italiana autobus, la storia del calvario dei lavoratori e delle loro famiglie. L'azienda è nata nel 2015, quando l'allora Viceministro dello sviluppo economico De Vincenti fuse l'ex Bredamenarini di Bologna con l'Irisbus di Avellino e le mise in mano all'imprenditore Stefano Del Rosso. Grazie alla sua storia e alla capacità dei suoi dipendenti l'azienda è stata in grado di aggiudicarsi diversi appalti pubblici per fornire migliaia di pullman a comuni e regioni italiani. Ma Del Rosso - scelta sbagliata - non è riuscito a far rispettare le commesse e ha fatto entrare in società l'azienda turca Karsan. Morale della favola: gli autobus non sono mai stati fatti né ad Avellino, né a Bologna. È una follia che si fatica anche solo a raccontare. Di conseguenza l'azienda non è mai decollata, la produzione di autobus in Italia si è azzerata e i comuni e le regioni compravano mezzi prodotti in Turchia. Questa è la situazione che ci siamo trovati a dover gestire in condizioni di emergenza, perché i lavoratori venivano da anni di esasperazione e senza alcuna certezza sul proprio futuro.
La prima cosa che abbiamo fatto come Ministero è stato incontrarli e parlare con loro per ascoltare le loro richieste. Con loro abbiamo preso due impegni: non far fallire l'azienda, cioè non portare i libri in tribunale, e fare entrare lo Stato con una partecipazione. Ci siamo subito messi all'opera e in una riunione del 10 settembre 2018 i miei diretti collaboratori hanno chiesto alle società garanzie in merito al pagamento degli stipendi arretrati e dei contributi dei dipendenti, nonché al pagamento delle utenze. Invitalia, presente alla riunione, ha proposto di valutare l'acquisizione di una partecipazione di minoranza. Successivamente, l'8 ottobre scorso, la società Leonardo ha fatto sapere di voler acquistare altre quote della società. A fine gennaio ho firmato il decreto autorizzativo dell'accordo di programma tra il Ministero dello Sviluppo economico e la regione Campania, e ho dato mandato ad Invitalia di entrare nella compagine societaria dell'azienda al fine di implementare il rilancio produttivo dei due siti di Bologna e Avellino. Il 29 gennaio scorso l'assemblea straordinaria di Industria italiana autobus ha pareggiato le perdite e ha deliberato l'aumento di capitale di 30 milioni di euro, già sottoscritto per complessivi 21 milioni di euro da Leonardo. L'aumento di capitale è stato in parte riservato ad un nuovo socio industriale che dovrà sottoscrivere la propria quota entro i prossimi sei mesi.
Quindi, Industria italiana autobus potrà ora implementare il nuovo piano industriale di recente elaborato e condiviso dagli attuali soci che, differentemente da quanto riferiscono gli interpellanti, è così costituito: il 50 per cento è una partecipazione statale, di cui il 20 per cento Leonardo-Finmeccanica e il 29,95 per cento di Invitalia, il 20 per cento è di Karsan e il 29,95 per cento del nuovo socio industriale. Industria italiana autobus non è fallita e lo Stato ha acquisito più del 50 per cento delle quote per accompagnarla nel suo rilancio. Le due promesse che avevamo fatto ai lavoratori sono state mantenute; ora, andiamo avanti per far sviluppare l'azienda con l'obiettivo di far tornare a fabbricare gli autobus in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Gianluca Benamati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
GIANLUCA BENAMATI (PD). Grazie, signora Presidente. È ovvio che non sono soddisfatto della risposta, ma lo dico, per suo tramite, al Ministro, con molto rispetto, non per una questione meramente formale e per un gioco delle parti, il Governo risponde e l'opposizione non è soddisfatta, un gioco che in quest'Aula prosegue da anni, è un fondamento del regime parlamentare, ma lo dico proprio per la sostanza, per il modo, per il contesto con cui si è sviluppata questa crisi.
Vede, signor Ministro, lei oggi ci ha dato delle notizie che sono anche positive, ciò che non riteniamo positivo è come si è sviluppata tutta questa vicenda. Un anno fa, in campagna elettorale, lei con i dipendenti, lo ricordava adesso, ha fatto delle promesse, ha scattato dei selfie, ha detto delle cose su un'azienda che, voglio ricordarle, comunque, aveva un accordo di programma molto forte, con circa 25 milioni di euro, aveva, a luglio dell'anno scorso, 1.100 ordinativi in portafoglio, aveva poco meno di 500 lavoratori; si tratta, quindi, di una risorsa preziosa e, mi spiace dirlo, con il suo Governo, nell'ambito delle attività del suo Governo in questo periodo, si è raggiunto l'orlo del fallimento.
Certo, lei ci dice che è colpa dei Governi precedenti, fa nomi e cognomi, indica persone che, peraltro, hanno contribuito a salvare una situazione che era già degradata e stava volgendo alla chiusura. È un gioco al quale faccio fatica a partecipare; in questi giorni è in voga, per esempio, cercare chi sia il responsabile della recessione in questo Paese.
Guardi, signor Ministro, quando si occupa la sua alta carica, lei sa che ho stima di lei, è tema osservare le situazioni e assumersi le proprie responsabilità. Nel gioco del vedere chi c'era prima potremmo arrivare a Romolo e Remo, in questa città, e sarebbe una cosa abbastanza divertente.
Quello che è vero è che sostanzialmente gli stipendi in questo periodo, sono stati pagati, lo diceva il collega De Maria, grazie agli interventi di aziende e di regioni, come l'Emilia Romagna, che hanno anticipato pagamenti; i famosi trasferimenti del 10 di settembre di Invitalia non sono stati quelli che hanno sbloccato i pagamenti degli stipendi. Perché, vede, per noi la politica in questi casi non è politica di parte, noi riconosciamo e vogliamo riconoscere il lavoro positivo svolto, sapendo che sia maggioranza sia opposizioni cambiano le posizioni, le entità territoriali possono essere di un colore o dell'altro, ma bisogna riconoscersi la buona fede, se non ci si riconosce la buona fede c'è un problema.
Allora, vede, signor Ministro, quando lei dice: abbiamo ottemperato alla nostra promessa, io però vorrei sommessamente ricordarle che fra settembre e dicembre abbiamo assistito a un balletto francamente problematico. Quando lei dichiarava, il 13 settembre, che Ferrovie dello Stato sarebbe entrata nel capitale sociale, dando vita a un polo dei trasporti - mi permetto, anche qui, sommessamente, di dire: andiamo cauti con Ferrovie dello Stato, già abbiamo Alitalia, poi gli autobus, andiamo cauti con Ferrovie dello Stato -; su questa cosa il Cda dell'azienda, il 9 di ottobre, apriva un percorso che rasentava il codice civile, perché le perdite imponevano la ricapitalizzazione, che non veniva fatta in attesa di questi passaggi. Passaggi che hanno portato Karsan ad essere socio di riferimento, per un periodo, di maggioranza, dell'azienda, e, quindi, a mettere l'azienda in mano turca. Era un momento, era un passaggio, come stiamo vedendo in queste ore, nessuno ha fatto troppa polemica su questo e, nell'epoca del “decreto dignità”, con la sua parte di delocalizzazioni, sarebbe stato facile farla, però così è andata la storia, lo ripeto, così è andata, gli autobus si sono prodotti in parte in Turchia e gli ammortizzatori sociali hanno spirato a dicembre.
Oggi, lei ci dice di questa nuova compagine; noi siamo contenti che si vada in una direzione di salvaguardia e a quel 49,95 pubblico costituito da Leonardo e Invitalia manca ancora quel 29 per cento del socio privato, del socio industriale, di colui che sugli autobus può dire qualcosa; leggiamo di voci, di tedeschi più che di altri, però questo manca e, allora, signor Presidente, per suo tramite, mi rivolgo al Ministro, quella che manca – e da qui la nostra insoddisfazione su questa vicenda - è la chiarezza. Ci sono state promesse, c'è uno sviluppo abbastanza contraddittorio, come dicevo, Ferrovie è sparita, ci sono poche cose certe e altre da definire. Di sicuro c'è stata l'attività delle regioni, sia dell'Emilia Romagna quanto della Campania, ad accostarsi a sostenere questi poli industriali. Di sicuro ci sono gli ordini in portafoglio, di sicuro c'è la possibilità, signor Ministro, per il suo Governo, di indirizzare uno sviluppo del trasporto pubblico e, quindi, questa azienda produttrice di autobus verso un trasporto sostenibile, sistemi a gas, sistemi elettrici che potrebbero far riprendere competitività a un settore industriale. Oso sperare che non avvenga come il famigerato bonus malus di rottamazione che avete messo nella legge di bilancio, perché, se no, anche questo procedimento qualche problemino potrebbe averlo.
Quello che ci manca, oggi, signor Ministro, e lo dico con spirito costruttivo, è il socio privato, è questo piano industriale di cui stiamo discutendo e che ci auguriamo il Ministero vorrà seguire con attenzione sulla redazione e sulla sua preparazione, anche alla luce degli obiettivi di Paese, e manca sostanzialmente, questo mi consenta, un forte collegamento con i lavoratori e con i sindacati. C'è una lamentela giusta, in queste ore, in questi giorni, di una mancanza di momenti di confronto con le rappresentanze dei lavoratori. Sia la FIOM che la FIM e tutte le rappresentanze dei lavoratori di settore lamentano una mancanza di collegamento verso di loro da parte del Governo, nella gestione di una crisi che, francamente, come ho avuto modo di dire, qualche aspetto di criticità lo ha avuto. Da questo punto di vista, la invitiamo veramente a riaprire anche un tavolo, in questo senso, anzi, a riattivare, non a riaprire, a riattivare un tavolo con le parti sociali e, come è già stato detto, noi ci saremo per dare una mano alla soluzione di questa crisi, senza troppe vene polemiche e politiche, ma guardando alla sostanza delle cose.
Lei, signor Ministro, se intenderà fare lo stesso, troverà in questa parte politica una sponda solida; se percorrerà altre vie, ovviamente, ci sarà un aspro confronto; ma se saremo uniti nell'interesse vero del sistema produttivo italiano e dei lavoratori forse potremo scrivere finalmente una pagina importante per questo sistema industriale, che è centrale nella mobilità del nostro Paese.
(Iniziative in merito alla situazione finanziaria della provincia di Verbano Cusio Ossola, con particolare riferimento al mantenimento nella disponibilità dell'ente di parte del proprio gettito - n. 2-00240)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Enrico Borghi n. 2-00240 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Enrico Borghi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. Intervengo e cercherò di utilizzare il tempo che il Regolamento mi attribuisce per questa interpellanza urgente per inquadrare il tema di carattere più generale all'interno del quale si colloca la problematica specifica che è oggetto di questa interpellanza urgente e che ha davvero la caratteristica di una sostanziale emergenza, che impone, dal nostro punto di vista, una risposta risolutiva da parte del Governo, un risposta che si deve inserire, però, all'interno di un tema di carattere più strutturale.
È per questo motivo che, approfittando anche della presenza del Vicepremier Di Maio, vorrei partire dalla genesi del fenomeno, che non riguarda soltanto questa provincia in particolare, anche se per i motivi che illustrerò questa provincia ha delle caratteristiche del tutto peculiari che esigono e impongono una risposta risolutiva, ma affronta un tema che il Governo, sin qui, non ha ancora voluto affrontare. Mi riferisco al tema della riorganizzazione dalla finanza locale alla luce del mutato assetto degli equilibri conseguenti alla nota vicenda del referendum costituzionale del 2016 e del mantenimento all'interno dalla nostra Carta costituzionale della previsione dell'ente provincia quale ente costituzionalmente previsto all'articolo 114 della nostra Costituzione.
Come tutti quanti sapete - e lo sapete, visto che ai banchi del Governo siedono importanti esponenti del partito del MoVimento 5 Stelle che sul tema dell'abolizione delle province ha fatto una campagna molto ficcante e molto rilevante -, il tema della riorganizzazione del livello intermedio provinciale nel nostro Paese da anni conosce un dibattito, ahimè, ancora in fieri.
Fin dai provvedimenti avviati dai Governi Berlusconi prima, dal Governo Monti successivamente e in tutta la scorsa legislatura si era imboccata una strada che tendeva, da un lato, alla decostituzionalizzazione dell'ente, immaginandolo, quindi, secondo una diversa riorganizzazione di carattere istituzionale, quindi, come un soggetto legato all'associazionismo intercomunale piuttosto che come un ente costituzionalmente autonomo, e dall'altro, conseguentemente, vi è stata anche una riduzione delle risorse, dei trasferimenti e dell'autonomia tributaria che a questi enti venivano assicurati. Questo ha comportato una situazione di progressiva riduzione della messe finanziaria a disposizione delle province. L'intervento più radicale sotto questo profilo risale al decreto n. 66 del 2014, che ha contratto le spese delle province andando in una direzione di riorganizzazione della spesa pubblica locale, ma che non è avvenuta a seguito delle conseguenze degli esiti del referendum costituzionale. Tutto questo ha comportato, ad una provincia piccola ma di una significativa parte del nostro territorio, interamente montano e confinante per due terzi con uno Stato come la Svizzera - quindi, uno Stato non comunitario - una particolarità del tutto assoluta, cioè che le uniche due fonti di entrata autonoma che la provincia aveva e di cui disponeva - quindi l'imposta sull'assicurazione per la responsabilità civile delle auto, da un lato, e l'imposta provinciale di trascrizione, dall'altro - vengono trattenute interamente alla fonte da parte dello Stato. Sostanzialmente, la provincia non ha più autonomia di entrata, se non legata a trasferimenti da parte dello Stato e da parte della regione, trasferimenti che, per quanto riguarda lo Stato, sono andati via via diminuendo. Peraltro, nella legge di bilancio di quest'anno non è stato ripristinato il Fondo di 2 milioni di euro che il decreto n. 66 avrebbe consentito, visto che il taglio dei 2 milioni di trasferimento esauriva la propria funzione e la propria gittata lo scorso anno; d'altra parte, questi trasferimenti regionali sono stati assicurati grazie a un provvedimento contenuto all'interno della cosiddetta riforma Delrio, che ha attribuito a questa provincia una particolarità di autonomia sulla base di tre ulteriori funzioni attribuite dalla legge dello Stato, una condizione che ha consentito alla regione Piemonte di poter attivare ulteriori meccanismi di trasferimento, che l'ente ha utilizzato anche in anticipazione di cassa per coprire le spese derivanti dalle funzioni statali, per le quali - ripeto - non vi è nessuna copertura.
Ora, in questo contesto, il 4 gennaio di quest'anno, a fronte della problematica, il consiglio provinciale e l'amministrazione provinciale hanno richiesto un intervento del Governo nella persona del sottosegretario Candiani, ma l'intervento del sottosegretario non è andato nella naturale dimensione di risoluzione del problema. Infatti, signori del Governo, noi siamo po' ragazzi di paese e siamo abituati forse a una tradizione un po' desueta, cioè che il Governo deve affrontare i problemi e li deve risolvere: non li deve amplificare e far esplodere. Invece, questo è quello che è accaduto, perché il sottosegretario per l'Interno si è presentato in una sede istituzionale, quella del consiglio provinciale, peraltro male informato rispetto all'effettiva dimensione della massa debitoria dell'ente, e, partendo da una conoscenza errata e sulla base di dati non rispondenti alla realtà, ha proposto sostanzialmente l'avvio della procedura di dissesto dell'ente, senza tuttavia dire che cosa intenda fare lo Stato per ripristinare le condizioni di autonomia tributaria che, sulla base della prerogativa costituzionale mantenuta dal referendum, a questo punto deve essere garantita. Contemporaneamente, ciò ha innescato una serie di reazioni, giustificate a livello territoriale, da parte di aziende, di fornitori, di dipendenti, di società e di aziende appaltatrici e di amministrazioni locali, perché autorevoli esponenti della maggioranza di Governo hanno sostanzialmente paragonato il dissesto della provincia a una sorta di concordato preventivo, se non addirittura di fallimento in sede civilistica.
Quindi, come risolvere il tema della massa debitoria pregressa? In una maniera molto semplice: diminuendo il livello dei pagamenti attraverso una transazione con i creditori e con i fornitori, quindi, anziché ristorare al cento per cento coloro i quali hanno degli impegni nei confronti della provincia, transare e pagare - magari al 30 o al 40 per cento - le imprese che hanno pulito le strade dalla neve, piuttosto che quelle che hanno assicurato la pulizia delle scuole. Questo, naturalmente, ha comportato una legittima e molto opportuna sollevazione da parte delle organizzazioni di categoria del territorio, da parte delle amministrazioni locali e da parte delle organizzazioni sindacali, le quali hanno posto al Governo e hanno posto alla regione Piemonte la necessaria responsabilizzazione rispetto al tema dell'assunzione di responsabilità in ordine alla copertura delle spese e all'assicurazione dell'erogazione dei servizi fondamentali.
Lo scorso 11 gennaio si è tenuto a Torino un confronto tra la provincia in questione e la regione Piemonte sulla base del quale sono arrivate una serie di prime risposte sia in termini di anticipazione di cassa, per consentire all'ente di pagare, sia in termini di maggiori disponibilità da parte della regione, per finanziare le funzioni fondamentali che afferiscono alla competenza e alla materia di carattere regionale, tuttavia resta aperto, signori del Governo, tutto un vulnus, perché noi abbiamo una legge dello Stato che attribuisce alla provincia una serie di funzioni di natura statale - cioè, la provincia sta assicurando, svolgendo ed erogando servizi di competenza statale quali viabilità, scuola ed edilizia scolastica - e per l'erogazione di questi servizi, che peraltro attengono a diritti di cittadinanza fondamentale dei cittadini, lo Stato attribuisce zero euro a questa provincia.
Allora, qui è di tutta evidenza che occorre porre mano a questa situazione di assoluta peculiarità, perché stiamo parlando di un territorio nel quale l'erogazione di questo tipo di servizi ha, peraltro, un'incidenza maggiore di onerosità, perché tutte le strade sono strade di montagna e, quindi, hanno un costo più alto in termini di realizzazione e in termini di manutenzione e perché questa è una provincia che essendo interamente montana è inserita all'interno di una determinata fascia climatica che comporta il fatto che bisogna accendere prima i riscaldamenti e bisogna spegnerli dopo.
È di tutta evidenza che non è possibile consentire ulteriormente che si crei una situazione di sperequazione per la quale il meccanismo delle anticipazioni di cassa, a valere sui trasferimenti di altre competenze, sta rischiando di mettere l'ente in una condizione di assoluta incapacità di garantire l'equilibrio finanziario.
Conseguentemente, sotto questo profilo - e concludo, signora Presidente - la nostra interpellanza è finalizzata a richiedere al Governo quali siano le iniziative urgenti affinché venga garantito alla provincia di Verbano Cusio Ossola il ripristino di quelle condizioni di autonomia tributaria e di autonomia finanziaria prevista all'articolo 119 della Costituzione. Sotto quest'ultimo profilo, spendo l'ultimo minuto che ho a disposizione per dire al Governo la nostra proposta. Noi riteniamo che si debba agire su due versanti, il primo dei quali è un intervento di carattere immediato, attivando peraltro una serie di procedure che già in passato hanno assicurato la sopravvivenza finanziaria di questo tipo di enti: reintrodurre la moratoria del pagamento degli interessi sui mutui, che consenta una flessibilità e un ossigeno in termini di cassa; l'istituzione di un fondo di pre-dissesto per le province che sono in questa condizione su tutto il territorio nazionale - stiamo parlando, signori del Governo, di una cifra irrisoria per il bilancio dello Stato, 30 milioni di euro, che però consentono di mettere in salvaguardia l'erogazione di servizi che comunque dovrebbero essere garantiti, perché mandare in dissesto la provincia non significa chiudere una scuola o chiudere una strada - e inserire un meccanismo sulla base del quale almeno un'aliquota dal percentuale dell'RCA e delle IPT possa ritornare nelle casse provinciali. Poi c'è un tema di carattere più strutturale, ne discuteremo con il “decreto semplificazione” la prossima settimana, ma noi siamo dell'opinione che occorra stabilire all'interno del processo di ridefinizione dei canoni legati alle grandi concessioni idroelettriche un meccanismo garantito per legge statale sulla base del quale una percentuale fissata da quel gettito legato alla rinegoziazione e alla riattribuzione delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica venga assicurato al territorio in maniera tale da uscire da questa fase di emergenza permanente, di urgenza costante, che troppo spesso è una delle caratteristiche del nostro Paese che poi non consente di potere effettuare delle operazioni strutturali quali, invece, in questo caso e sul tema degli enti locali più in generale, occorrerebbe mettere in campo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, signori deputati, la questione posta va inquadrata alla luce delle scelte di Governo degli ultimi anni, che hanno determinato significative ricadute sull'ordinamento e sulla finanza degli enti di area vasta, in particolare delle province. Mi riferisco chiaramente alle iniziative legislative che hanno ridimensionato il ruolo delle province in attesa di una riforma costituzionale - poi respinta con il referendum del 2016 - che ne avrebbe dovuto certificare la soppressione, nonché alle norme che ne hanno ridotto le capacità finanziarie. A tal riguardo, ricordo che nella legge di stabilità 2015, legge n. 190 del 2014, è stato previsto una rilevante concorso alla finanza pubblica da parte delle province e delle città metropolitane, in ragione del quale è stata disposta una riduzione della spesa corrente dei predetti enti per l'importo complessivo di 3 miliardi di euro nell'arco del triennio 2015-2017, di cui 2,7 miliardi di euro a carico delle sole città metropolitane e province delle regioni a statuto ordinario. Quindi, negli anni passati, 2015-2017, c'è stato un taglio di 3 miliardi di euro. Tale opzione era stata legata prevalentemente al risparmio di spesa che il comparto in questione avrebbe dovuto conseguire per effetto del processo di riforma delle funzioni previsto dalla legge n. 56 del 2015, la cosiddetta legge Delrio, cosa che poi nei fatti non è accaduto. Il quadro finanziario delle province, così compromesso, unitamente alle criticità ordinamentali legate anche alla nuova configurazione di ente di secondo livello, ha prodotto indiscutibilmente una diffusa sofferenza funzionale, con ricadute negative sull'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini. Le evidenti difficoltà di funzionamento delle province ha determinato quindi la necessità di adottare successivi provvedimenti normativi per il finanziamento delle funzioni fondamentali loro affidate, in particolare di quelle connesse alla viabilità, all'edilizia scolastica e al trasporto dei disabili.
Venendo ora alla specifica situazione della provincia di Verbano Cusio Ossola, è stato segnalato che, alla data del 1° gennaio 2019, l'ente si è trovato in una situazione di blocco totale dell'attività di cassa, causato dal massiccio ricorso all'utilizzo dell'anticipazione di tesoreria per l'assolvimento delle spese fisse ed obbligatorie. La provincia ha comunicato, inoltre, che l'attuale massa debitoria ammonta a poco più di 13 milioni di euro, accumulati per l'assolvimento delle proprie funzioni. I debiti, che se secondo quanto riferito dall'ente non sono dichiarati fuori bilancio, risultano non saldati nei termini di legge a causa dell'assenza di idonei e costanti flussi di cassa. A fronte di tale criticità, il 10 gennaio scorso, a seguito di un accordo raggiunto da provincia e regione Piemonte, quest'ultima ha assegnato all'ente l'importo complessivo di 3.499.000 euro, accredito che ha consentito lo sblocco del conto di tesoreria. Tale operazione ha generato una disponibilità netta pari a 2.600.000 euro. Rammento inoltre che, per quanto attiene alla procedura di riequilibrio in corso, la provincia di Verbano Cusio Ossola ha approvato, il 15 dicembre 2017, l'ulteriore aggiornamento del piano già riformulato nel 2016. Il travagliato percorso posto in essere finora dall'amministrazione provinciale per raggiungere l'obiettivo di risanamento della situazione di squilibrio, manifestatasi già nel dicembre 2013, potrà a breve trovare compimento con l'esame del piano aggiornato da parte della competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, che si pronuncerà dopo l'approvazione della relazione da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali.
Evidenzio intanto che l'ultima legge di bilancio ha previsto l'attribuzione di un contributo pari a 250 milioni di euro alle province delle regioni a statuto ordinario per gli anni dal 2019 al 2033, per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole. Ovvero, quello che con 3 miliardi veniva tagliato nella finanziaria del periodo 2015-2017, oggi noi, piano piano, cerchiamo di ridare, conferendo un po' di linfa con questi 250 milioni di euro alle province. Il relativo decreto attuativo interministeriale, a seguito di intesa sancita in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è in fase di adozione, e prevede per la provincia di Verbano Cusio Ossola l'attribuzione di un contributo di circa 2 milioni di euro. Inoltre, sarà perfezionato a breve il trasferimento alla provincia del contributo di circa 1.400.000 euro previsto dal decreto interministeriale Interno-Economia e finanze, del febbraio scorso, per gli enti interessati alle procedure di riequilibrio finanziario. Segnalo altresì l'importante previsione introdotta nel testo del “decreto semplificazione” - che sarà in discussione alla Camera e che mi auguro, anche per queste norme contenute al suo interno, possa essere approvato velocemente, dopo l'approvazione del Senato il 29 gennaio - secondo la quale il 60 per cento del canone corrisposto semestralmente dai concessionari di grandi derivazioni idroelettriche alle regioni andrà direttamente alle province il cui territorio è interessato dalle derivazioni. Tale disposizione consentirà di assicurare liquidità alle casse delle province italiane interessate, in particolar modo anche a quella in questione, cioè quella di Verbano Cusio Ossola. Desidero infine sottolineare che è intenzione di questo Governo riattivare un percorso di revisione organica delle province, e in tale direzione si iscrive l'iniziativa in corso del Ministero dell'Interno con la quale è stato avviato un confronto tecnico-politico tra lo Stato e il sistema delle autonomie finalizzato alla redazione di linee guida per la revisione organica della disciplina degli enti locali ed il riassetto complessivo della governance locale. Dal momento che sono state fatte delle proposte in questa sede, non posso entrare nel merito, mi vien da pensare e da dire, però, che questa situazione, come gli interpellanti sanno bene, permane da diversi anni, certamente non dagli ultimi sei mesi, quindi mi domando per quale motivo il Governo precedente non ha preso in considerazione le proposte che venivano testé descritte.
PRESIDENTE. Il deputato Enrico Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ENRICO BORGHI (PD). Signora Presidente, vedo che non riusciamo ad emendarci dal nostro dibattito da una volontà costante di volere attribuire da parte del Governo una sorta di bilancia del bene e del male sulla base della quale chi è stato in precedenza responsabilizzato da compiti di natura pubblica è di per sé il male per definizione, mentre il Governo attuale, non si capisce bene sulla base di quale indicazione e di quale valutazione di carattere etico-morale, debba essere per forza di cose, per autodefinizione del Governo, il bene assoluto.
Se continuiamo su questa strada, lo dico in maniera molto esplicita ai membri del Governo, noi non facciamo il bene comune e noi non facciamo quanto le nostre comunità attendono, perché in questo momento noi non stiamo parlando di rapporti politici. Noi stiamo parlando di istituzioni, e le istituzioni sono di tutti, non della maggioranza pro tempore che la regge sia a livello locale che a livello nazionale. E quindi, signor sottosegretario, proviamo a fare questo sforzo culturale di salto in avanti per definire che, quando si parla di istituzioni, possiamo magari ogni tanto lasciar perdere la casacca, il tifo, le responsabilizzazioni faziose e provare a risolvere i problemi. Bene, allora, sotto questo profilo, ho colto un elemento di reticenza e un elemento di incomprensione nella sua risposta, perché lei mi ha riepilogato e mi ha fatto l'excursus di una serie di vicende.
Perfetto, il Governo in questa sede ha confermato che vi è una situazione di particolarità e di peculiarità. Mi fa piacere, signora Presidente, che il Governo in questa sede non abbia ripetuto le parole che ha ripetuto nell'altra sede istituzionale, e quindi è già un passo in avanti. Cioè, il Governo non ritiene che questa provincia debba andare in dissesto; bene, è già qualcosa, le prese di posizione del territorio, delle forze sindacali e delle forze politiche del territorio hanno fatto cambiare idea rispetto alla valutazione originaria del 4 gennaio del Governo.
La provincia non deve andare in dissesto e non deve essere messa in condizione di dichiarare il dissesto. Bene, è un primo punto, ma bisogna andare avanti, perché, signor sottosegretario, le misure contenute all'interno della legge di bilancio non sono funzionali a risolvere strutturalmente il tema; sono, sotto questo profilo, un pannicello caldo. E voi - visto che me la tira la polemica, gliela replico -, voi che eravate il Governo del cambiamento, non state facendo né più e né meno di quello che è stato fatto in precedenza: un pannicello caldo che non risolve strutturalmente il problema, perché le risorse a cui ha fatto riferimento lei, e cioè il tema di 1,9 milioni e 1,4 milioni, sono riferiti a interventi di natura manutentiva che non possono essere messi sulla parte corrente. Signor sottosegretario, debbono essere messi tra le spese di investimento, perché, se intervengo per cambiare il tetto di una scuola o per rifare un chilometro di strada, questo è un investimento, è un appalto, va in un'altra parte del bilancio della provincia.
Noi qui stiamo discutendo del problema dello squilibrio di parte corrente, ed è il motivo per il quale - ve lo anticipo - non attendetevi risposte risolutive da parte della Corte dei conti, perché, non avendo questo ente un'autonomia di entrate, non ci sarà nessuna Corte dei conti che potrà approvare un piano di rientro se l'ente non ha nessuno ingresso di risorse. Infatti, possiamo anche stabilire che l'ente possa rientrare della sua massa debitoria in dieci anni, venti anni, trent'anni, ma venti, dieci o trenta moltiplicato zero dà sempre zero, e quindi, se noi non sblocchiamo l'autonomia tributaria e finanziaria dell'ente, cosa che non state facendo neanche voi, come lei mi ha confermato, noi non risolviamo strutturalmente il problema.
Di conseguenza, noi abbiamo bisogno che il Governo subito intervenga sotto questo profilo; poi ne discuteremo, ed è un elemento positivo quello che, sotto questo profilo, il Governo qui ha dato, perché ha colto il messaggio che ho voluto dare rispetto alla disponibilità del Partito Democratico a ragionare dal punto di vista della questione dell'impegno sulle risorse delle grandi concessioni idroelettriche, ma, attenzione, questo deve essere un tema legato agli investimenti dell'ente, legato alle politiche di sviluppo, legato alla copertura di quelle funzioni fondamentali di specificità montana inserite all'interno della legge n. 56.
Il Governo e lo Stato non si possono, sotto questo profilo, sottrarre alla responsabilità di assicurare l'autonomia tributaria e finanziaria dell'ente attraverso un'imposta specifica, né possono far finta di niente rispetto al fatto che lo Stato si tiene tutti i soldi che già oggi dovrebbero essere di competenza di quell'ente, perché la caratteristica del mantenimento statale dell'IPT e dell'RCA era stata fatta in via transitoria proprio per le motivazioni che il sottosegretario ha ricordato in precedenza. Voi state facendo diventare quella trattenuta transitoria una trattenuta strutturale, permanente, costante, e questo, da un lato, è un elemento di oggettiva iniqua operazione, oltre che un'operazione grandemente centralista, che la Lega per tanti anni ha contestato e contrastato e che oggi, invece, sta confermando, ma, dall'altro, non consentite che l'ente possa avere delle entrate proprie per assicurare una copertura della propria spesa corrente.
Insomma, e concludo, signora Presidente, sotto questo profilo non posso dichiararmi soddisfatto perché, dopo questa risposta, l'ente continuerà a non avere una capacità di autonomia di entrata. Vi è un affidavit generale, su cui discuteremo la prossima settimana e su cui noi abbiamo già presentato una serie di emendamenti all'interno del decreto semplificazione, ma le risposte che mi attendevo e che il territorio si attendeva rispetto al tema di carattere urgente e strutturale non sono arrivate.
(Iniziative volte a convocare un tavolo istituzionale con Anas, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, al fine di affrontare le gravi criticità attinenti alla sicurezza della strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga - n. 2-00205)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fragomeli ed altri n. 2-00205 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Sensi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Nei giorni scorsi gli organi di informazione, sulla base di uno studio realizzato dall'ACI che analizza la localizzazione di oltre 36 mila incidenti stradali avvenuti in Italia nel 2017, hanno dato ampio risalto alla notizia che la strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga risulti essere la strada extra urbana più pericolosa del Paese, addirittura più pericolosa delle strade di Roma, che sono crivellate dalla pessima amministrazione del sindaco Raggi. Sono stati ben 311 gli incidenti nel solo 2017, su un'arteria lunga complessivamente 141 chilometri, che attraversa le province di Lecco e di Monza-Brianza. Di questi, 180 incidenti si sono registrati negli appena 23 chilometri del tratto della provincia brianzola. Si tratta, dunque, di una strada molto frequentata dai pendolari anche per raggiungere le località sciistiche della Valtellina, di Bormio e Livigno, che sono, tra l'altro, in corsa per le Olimpiadi del 2026, che, sempre da informazioni di stampa, non sembrano essere più sostenute con grande lena e con grande piglio dall'attuale Esecutivo.
Secondo ANAS, nel mese di ottobre la strada statale 36 è risultata essere la strada più trafficata di tutto il Nord Italia: parliamo di punte di 78 mila transiti al giorno. Vanno considerate poi - lo dico a lei, Presidente - la rilevanza della strada statale in questione e la preoccupazione di istituzioni locali, dei cittadini, delle associazioni e delle organizzazioni sociali per l'evidente criticità in termini di sicurezza di questo tratto stradale. Chiediamo, dunque, al Governo, per il suo tramite, Presidente, quali iniziative intenda assumere al fine di convocare in tempi rapidissimi un tavolo istituzionale con ANAS, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, istituzionali e non, comprese le parti sociali, per affrontare l'emergenza sicurezza della strada statale 36, con l'obiettivo di migliorarne la segnaletica, soprattutto nei tratti più pericolosi, e ancora, di adottare un sistema capillare di videosorveglianza del tracciato, di un rafforzamento della presenza della Polstrada finalizzato alla riduzione dei sinistri e degli incidenti e a un'effettiva sicurezza per chi è chiamato a percorrerla quotidianamente.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. In premessa, ANAS evidenza che, al fine di garantire la sicurezza stradale sulla propria rete viaria, effettua una costante attività di controllo attraverso il personale di esercizio, che provvede con le attività di ordinaria manutenzione a garantire servizi di sgombero neve e di antighiaccio, di sfalcio dell'erba e di pronto intervento. L'intero itinerario della strada statale 36, così come tutta la viabilità lombarda di competenza della medesima società, è oggetto di costante presidio anche attraverso il servizio di videosorveglianza.
Nell'ambito dell'attività di manutenzione programmata e già finanziata sulla SS 36, ANAS sta investendo notevoli risorse, con 21 cantieri già attivi, per un importo di oltre 45 milioni di euro e con altri 16 cantieri in fase di attivazione, per un importo di circa 32 milioni.
Infine, il Ministero dell'Interno rileva che la predetta arteria stradale, di particolare rilevanza per i collegamenti viari tra le province lombarde di Milano, Monza-Brianza, Lecco e Sondrio, è interessata da elevati volumi di traffico, specialmente nella tratta che attraversa la provincia brianzola dove, peraltro, si sono verificati gli incidenti più gravi. Pertanto, la polizia stradale assicura l'attività di vigilanza sulla SS36 nell'arco delle 24 ore mediante l'impiego di pattuglie della sezione di Milano, Lecco e Sondrio e il considerevole impegno espresso si riassume nell'impiego, per il solo 2018, di 3.607 pattuglie.
PRESIDENTE. Il deputato Sensi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.
FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Evidentemente no, e non soltanto per il gioco che prima richiamava il collega Benamati, dell'opposizione che si dichiara insoddisfatta e dell'Esecutivo che ci racconta le sue storie, ma perché di quello che noi abbiamo chiesto in questo atto ispettivo non c'è traccia nella replica dell'Esecutivo. Non c'è traccia della possibile convocazione di un tavolo istituzionale dell'ANAS, non c'è traccia di un potenziamento della videosorveglianza in quel tratto, che, ripeto, è interessato da un numero incredibile di incidenti, e non c'è traccia del rafforzamento della presenza e del presidio della polizia stradale. Tutto questo, tra l'altro, trincerandosi il sottosegretario dietro numeri di investimenti, insomma una sorta di “pagherò”, che avverrà nell'anno del mai e nel giorno del poi, chissà quando, e intanto la gente muore oppure la gente ha un incidente proprio lì, in quel tratto che lo stesso sottosegretario richiamava come interessato da numero incredibile di sinistri.
Quindi, non solo sono insoddisfatto di questa replica vaga, fumosa e, come al solito, rimpallata a chissà quando, ma la trovo un insulto alle preoccupazioni delle popolazioni, dei cittadini, delle associazioni e delle organizzazioni che vedono, di nuovo, la strada statale 36 crivellata di incidenti, di sinistri, di pericolo, di rischio sicurezza e, a fronte di questo, dal Governo vengono generiche raccomandazioni, rassicurazioni che, evidentemente, non rassicurano più neanche loro, visto che sul tema sicurezza è ormai chiaro che questo Esecutivo può fare soltanto propaganda e mettere assolutamente niente - niente - nella bisaccia dei cittadini.
(Chiarimenti sullo stato di avanzamento dello studio relativo alla realizzazione di un terminal crocieristico nell'area della prima zona industriale di Porto Marghera e orientamenti circa i progetti volti alla soluzione della questione del passaggio delle grandi navi a Venezia - n. 2-00246)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pellicani ed altri n. 2-00246 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Pellicani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
NICOLA PELLICANI (PD). Grazie, Presidente. Il tema delle grandi navi a Venezia va inquadrato, più in generale, sul problema del futuro della città, una città internazionale per cui tutto il mondo ci guarda, alla quale, al momento, il Governo purtroppo non pare molto interessato. Mi riferisco innanzitutto alle grandi questioni, a partire dalla conclusione e dalla gestione del Mose, un'opera che molti di noi non avrebbero mai realizzato, ma con riferimento alla quale siamo già giunti ad oltre il 95 per cento dei lavori, che attualmente sono fermi, e ancora non si parla, non si discute di quale sarà la modalità della gestione e della manutenzione di un'opera così complessa, che è in via di conclusione. Ma non è solo questo, perché ora, proprio in questi giorni, al problema della conclusione e della gestione dell'opera si somma il problema di occupazione dei lavoratori del Consorzio Venezia Nuova, di Tethis che operano materialmente per realizzare il Mose.
E, poi, mi riferisco alla questione della gestione dei flussi turistici, che è il problema dei problemi di Venezia, di Venezia oggi, e per il quale bisogna ragionare non solamente in termini di governo dei flussi, ma anche di prospettiva di investimenti per evitare la monocultura turistica della città e sviluppare attività in aree diverse, a partire da Porto Marghera.
Ma mi riferisco anche alle questioni inerenti alla salvaguardia fisica della città e alla fragilità conseguente della laguna di Venezia, dove si inserisce anche il tema delle grandi navi. Vede, Presidente, l'allontanamento delle grandi navi da crociera dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca rappresenta un'urgenza non più rinviabile ed è ormai opinione condivisa dall'opinione pubblica nazionale ed internazionale che è un intervento che va fatto in tempi rapidi. Però, il tema è all'ordine del giorno da molto tempo e, dopo la tragedia della Costa Concordia nel 2012, c'è stato il primo intervento del Governo con il ormai famoso “decreto Clini-Passera”, che fissava il limite dei transiti a 40 mila tonnellate, alle navi di 40 mila tonnellate di stazza, elevando un tetto che è stato elevato subito dopo a 96 mila con l'ordinanza della capitaneria di porto, che poi è stata successivamente impugnata dal TAR. Quindi, si è giunti ad una situazione di autoregolamentazione, fissando il limite sempre alle 96 mila tonnellate.
Quindi, dal 1° luglio dello scorso anno, la capitaneria di porto ha emanato una nuova ordinanza, introducendo una nuova modalità attraverso un algoritmo che filtra i transiti non solo valutando la stazza delle navi, ma attraverso una serie di parametri, tra cui l'inquinamento, il moto ondoso provocato, l'impatto visivo e altri parametri. La sostanza non cambia, perché i transiti sono, più o meno, sempre gli stessi: stiamo parlando circa di 1.200 transiti del periodo che va da aprile a ottobre, che significa circa 600 navi all'anno.
Rispetto a questa situazione, che allarma non solo la città di Venezia, ma, come dicevo, l'opinione pubblica internazionale, lo scorso Governo si era impegnato ed aveva individuato, insieme agli enti locali e insieme alla città di Venezia, una soluzione per trasferire il terminal delle navi da crociera e per evitare il passaggio dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca, ovvero individuando nell'area della prima zona industriale di Porto Marghera un'area adeguata dove si poteva sperimentare la progettazione per trasferire il terminal. Questo incarico è stato dato al porto, al “comitatone” che, come sa, è il comitato interministeriale che riunisce tutti i soggetti che devono gestire gli interventi legati alla legge speciale e distribuire anche le risorse previste. Ne approfitto per dire che non si riunisce dal 2017, appunto dal 7 novembre, e che, quindi, sono fermi anche 265 milioni utili, indispensabili per interventi di salvaguardia della città, che però, finché non si riunisce il “comitatone”, non potranno essere stanziati. Ebbene, quel “comitatone”, il 7 novembre del 2017, aveva incaricato l'autorità portuale di verificare la fattibilità progettuale della realizzazione del terminal nell'area di Porto Marghera.
Io vorrei chiedere al Governo se questa progettazione è andata avanti e quali risultati ha dato, ma non solo, perché, nel novembre dello scorso anno, il Ministro Toninelli, dopo un incontro con l'autorità portuale, ha chiesto al porto di produrre delle schede su tutte le soluzioni studiate fino ad oggi per il trasferimento delle grandi navi fuori dalla laguna. Si parla circa di otto soluzioni a quanto ho potuto ricostruire, che rapidamente vado ad elencare: la soluzione già presentata da vari anni dalla società Duferco, che prevede la realizzazione di un terminal alla bocca del porto del Lido; una seconda soluzione, che prevede la realizzazione del terminal nell'attuale terminal petrolifero a San Leonardo, dove oggi, però, c'è una concessione ventennale dell'ENI; il trasferimento del terminal alla bocca di porto di Malamocco a Santa Maria del Mar, oppure addirittura a otto miglia marine, dove era previsto il porto d'altura e, quindi, in mare aperto; il progetto che prevede la realizzazione del terminal davanti alle spiagge di San Nicolò, sempre al Lido; poi, sempre al Lido, un avamporto galleggiante davanti alla bocca di porto; infine, il trasferimento del terminal nella città di Chioggia.
Ecco, a quanto pare, tutte le soluzioni, secondo la stessa autorità portuale, la Capitaneria di porto e tutti i soggetti a vario titolo interessati, sarebbero difficilmente praticabili sia sotto il profilo nautico che sotto quello della sicurezza.
Io chiedo però, visto che queste proposte sono tutte ormai da qualche settimana sul tavolo del Ministro, se avete fatto qualche valutazione rispetto a queste soluzioni, se sono praticabili e se intendete proporre una proposta in tempi rapidi per una soluzione del problema.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie Presidente, sul tema delle grandi navi a Venezia il Governo condivide pienamente l'esigenza di trovare al più presto una soluzione condivisa che tuteli il patrimonio artistico, unico al mondo, della città di Venezia, come peraltro indicato anche dall'UNESCO, l'ambiente e i diversi interessi coinvolti. Negli anni passati si è parlato del problema del transito delle grandi navi nel Canale della Giudecca, senza tuttavia giungere ad una decisione risolutiva. Confermo che, nel novembre 2018, il Ministro Toninelli ha chiesto all'autorità del sistema portuale del mare Adriatico settentrionale di fornire progetti ed elaborati per svolgere una ricognizione tecnica delle diverse soluzioni proposte nel tempo. Nel successivo mese di dicembre, l'autorità portuale ha prodotto un report con 13 ipotesi di localizzazione del nuovo terminal crocieristico. Evidenzio che solo una di queste ipotesi è attualmente corredata da un vero progetto, anche se solo preliminare. Su tale report il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha avviato un'analisi preliminare, di concerto con i tecnici del Ministero dell'Ambiente e del Ministero dei Beni culturali, oltre che con un rappresentante dell'UNESCO. Attualmente, siamo quindi in fase di approfondimento delle diverse ipotesi, al fine di valutarne la fattibilità in termini di costi-benefici, per individuare una soluzione che coniughi le esigenze di sicurezza, quelle di tutela dell'ambiente e paesaggistiche, occupazionali e sociali, tenendo sempre conto della forte attrattività turistica di Venezia e dei conseguenti vantaggi economici e di immagine per la città e l'intera regione.
PRESIDENTE. Il deputato Nicola Pellicani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
NICOLA PELLICANI (PD). Grazie, Presidente. Sì, non sono soddisfatto evidentemente perché è ancora un lanciare la palla avanti e poi, quando sentiamo pronunciare la parola magica “costi-benefici” abbiamo quasi la certezza che allora non si farà nulla.
Non è possibile però strumentalizzare tutto sulla pelle di una città come Venezia. Lei, prima, sottosegretario, richiamava appunto l'UNESCO, che ha pesantemente richiamato la città di Venezia ad assumere delle soluzioni su questo tema in particolare, pena anche l'esclusione della città di Venezia tra i luoghi patrimonio dell'umanità.
Vede, questo è il solito gioco delle parti, perché i 5 Stelle fanno la propaganda e sono il partito del non fare, mentre la Lega e gli alleati fanno il partito del fare. Questo l'abbiamo visto anche a Venezia: il Ministro Toninelli è venuto qualche mese fa, anticipato da un'intervista in cui diceva: “va bene, possiamo realizzare il terminal crocieristico a Porto Marghera”, dopodiché è arrivato il giorno dopo un comunicato stampa che smentiva il tutto, perché appunto cercava una soluzione alternativa alla luce di quelle che sarebbero state le analisi costi-benefici. Poi, però, un mese dopo è arrivato il Vice Ministro Rixi, dicendo che va benissimo per la Lega la realizzazione del terminal a Tessera. Ora, dovete mettervi d'accordo tra di voi, non tanto per far piacere a noi, ma dovete farlo nell'interesse della città e nell'interesse del mondo - io dico - perché ogni volta che passa un “grattacielo” davanti a piazza San Marco tutti si indignano. Siamo di fronte a un Governo che non è in grado di assumersi le sue responsabilità e questo, io credo, signor Presidente, sia il momento di assumere decisioni in relazione ai problemi di Venezia, perché, vede, non c'è sempre una Venezia da salvare, una Venezia che muore e una Venezia che affonda. Venezia rappresenta una grande opportunità per il Paese, che ospita ogni anno 30 milioni di turisti e per cui tutto il mondo ci guarda. Ecco, rispetto a questo noi abbiamo delle responsabilità e in particolare le ha il Governo in carica.
Ecco, io credo che responsabilità e riconoscimento della specialità di Venezia siano le due parole chiave sulle quali bisogna lavorare e sulle quali il Governo non può più scappare dalle responsabilità che si deve assumere, perché non può esserci una parte che è sempre “no TAV”, “no TAP”, “no grandi navi” e una parte che invece è per fare le grandi opere. Noi dobbiamo dare le risposte ai cittadini, signor Presidente, e mi pare che non lo stiamo facendo, e questo aggrava non solo la situazione della città di Venezia, ma di tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Iniziative di competenza per la verifica della sussistenza di gravi rischi idrogeologici connessi alla realizzazione del parcheggio “la Fara” a Bergamo, nonché in relazione a criticità amministrativo-contabili - n. 2-00236)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi e altri n. 2-00236 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Devis Dori se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
DEVIS DORI (M5S). Sì, grazie Presidente, la illustro.
Grazie, Presidente, rappresentanti del Governo, gentili colleghi. Questa interpellanza parla di una ferita, una ferita inferta al cuore di una città, la città di Bergamo, e in particolare Bergamo alta, da tutti conosciuta come città alta. Città alta è circondata da una cerchia muraria di circa 6 chilometri, che nel 2017 è entrata nell'elenco dei siti patrimonio dell'umanità UNESCO, che comprende anche porte, baluardi, polveriere, aperture per bocche da fuoco, costruite nella seconda metà del XVI secolo, quando Bergamo rappresentava l'estremità occidentale dei domini di terraferma della Repubblica di Venezia. Ebbene, poco dopo Porta Sant'Agostino, si apre il grande piazzale della Fara, sul quale si affaccia all'ex Convento di Sant'Agostino, della fine del Duecento, che ospita oggi l'Aula Magna dell'Università di Bergamo. Sopra, sul colle di Sant'Eufemia, c'è la Rocca di Bergamo, che da una parte domina dall'alto la pianura, e dall'altra guarda la corona delle Orobie. Sotto, le mura venete e, più in basso ancora, Porta San Lorenzo, detta Porta Garibaldi, perché da lì, nel 1859 passò Giuseppe Garibaldi entrando a Bergamo, città anche definita “città dei Mille”, per il grande contributo dato dei bergamaschi nella spedizione che portò all'unificazione dell'Italia. Ecco, tra il Colle della Fara e quello di Sant'Eufemia, nel luogo in cui ci furono i primi insediamenti, che risalgono a un'epoca addirittura precedente a quella romana, noi ci aspetteremmo da parte di tutti, soprattutto dalle amministrazioni pubbliche, la massima sensibilità ambientale, cura e attenzione per la tutela e la conservazione di un luogo così prezioso per l'identità stessa della città. Invece, cosa si progetta di realizzare? Si progetta uno sbancamento collinare per realizzare un parcheggio di nove piani, per un totale di quasi 500 posti auto. Questa è una storia che inizia nel 2003 e che prosegue tuttora. I lavori partono nel 2008. Sin dall'inizio, le analisi geologiche risultano carenti. Nel dicembre dello stesso anno, infatti, si verificano due frane, frane che mettono a rischio anche l'incolumità dei residenti delle abitazioni confinanti. Tecnici e geologi rilevano un rischio di crollo per un bastione della Rocca e per il Chiostro di San Francesco. Si pensa, quindi, di tamponare il movimento franoso con l'apporto di 25 mila metri cubi di terra di scavo. Come si interviene? La ditta incaricata interviene con materiale inidoneo e contenente rifiuti, fatti che hanno portato alla condanna in primo grado, del 13 settembre 2017, per discarica abusiva. Il materiale non è mai stato rimosso; si tratta di 25 mila metri cubi di rifiuti speciali, che necessitano anche di apposite forme di smaltimento, con il rischio concreto di inquinamento della falda acquifera.
Parallelamente alla questione ambientale e di tutela del patrimonio storico-artistico, va valutata anche la modalità di gestione amministrativo-contabile del progetto, con la necessità di verificare se tutto sia stato gestito correttamente dal punto di vista delle concessioni e delle autorizzazioni.
Ciò premesso, con la presente interpellanza, si chiede se il Governo intenda promuovere una verifica da parte del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente rispetto al rischio idrogeologico e ambientale connesso al progetto di parcheggio e alla presenza abusiva di rifiuti; se intenda avviare una verifica delle criticità amministrativo-contabili legate al progetto di realizzazione del parcheggio alla Fara da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato e quali iniziative si intendano attuare per prevenire i gravi rischi per la sicurezza dei cittadini e per tutelare un'area urbana tanto cara ai bergamaschi che da sempre hanno come punto di riferimento visivo e identitario le mura venete, patrimonio dell'UNESCO (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con riferimento alle questioni poste occorre evidenziare in via preliminare alcuni aspetti di carattere normativo che trovano applicazione nel caso in questione. Com'è noto, la valutazione di impatto ambientale all'interno della quale si colloca la fase di verifica di assoggettabilità a VIA, come prevede l'articolo 19 del decreto legislativo n. 152 del 2006, riguarda i progetti definiti dall'articolo 5 del medesimo decreto con la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere e di altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo. Relativamente ai progetti soggetti alla valutazione di impatto ambientale occorre, inoltre, tenere distinte la verifica di assoggettabilità alla VIA dalla VIA vera e propria in quanto, nel titolo terzo della parte seconda del Codice dell'ambiente, si rinvengono procedure specifiche per ciascuna di esse. Dunque, la procedura di VIA, definita dalla legge, individua un percorso che si pone come una sorta di canale all'interno del quale la proposta di un'opera entra come progetto preliminare e dal quale, qualora ricorrano le condizioni di compatibilità ambientale, esce in forma di progetto definitivo, con tutte le indicazioni necessarie per la progettazione esecutiva e la successiva realizzazione. A ciò si aggiunga che, richiamando ancora una volta il già citato articolo 19 del decreto legislativo n. 152 del 2006, qualora l'autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, la stessa specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato 5 e, ove richiesto dal proponente, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.
Alla luce della normativa di settore poc'anzi richiamata, con particolare riferimento al caso in esame, si fa presente che il comune di Bergamo ha evidenziato di aver svolto un'ampia interlocuzione sulla questione con i vari soggetti istituzionali competenti quali la regione Lombardia, l'ANAC, la Soprintendenza e l'UNESCO. La predetta amministrazione comunale ha comunque ribadito che il progetto definitivo dell'opera è stato approvato il 30 dicembre 2003, epoca in cui non vi era fonte normativa che prescrivesse l'attivazione di una procedura di VIA in quanto le opere, ora in corso di realizzazione, non erano previste nelle categorie progettuali contemplate dal decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996. Ed infatti l'allegato B del predetto decreto nella parte dedicata alle opere infrastrutturali, al punto 7, non ricomprende i parcheggi. Il comune ha evidenziato, altresì, che il progetto in argomento non sarebbe assoggettabile ratione temporis alla disciplina del decreto legislativo n. 152 del 2006, in quanto definitivamente approvato in data antecedente all'entrata in vigore del predetto decreto ed ha precisato inoltre che le successive variazioni al progetto, approvate dal punto di vista tecnico nel giugno 2015 dalla giunta comunale, sono di tipo esecutivo, lasciando invariati i caratteri originari fissati dal progetto definitivo dell'opera risalente, come detto, al 2003. Per completezza l'amministrazione comunale ha posto in luce che, in ogni caso, le medesime opere non rientrerebbero neppure nel campo di applicazione del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, in quanto in quest'ultimo è previsto l'assoggettamento a procedura di VIA per parcheggi con capienza pari a 500 posti auto e, quindi, superiore ai 469 posti in corso di realizzazione. Ad avviso della più volte citata amministrazione comunale non appaiono applicabili al parcheggio in questione neanche le disposizioni di cui al decreto ministeriale 30 marzo 2015 che prevede la riduzione del 50 per cento delle soglie numeriche, assoggettando quindi a tale procedura i parcheggi da 250 posti in zone di interesse paesaggistico, in quanto riferite esclusivamente ai nuovi progetti. A ciò si aggiunga che, sempre secondo quanto riferito dal comune di Bergamo, l'opera ha acquisito tutte le autorizzazioni in ogni ambito, in particolare sotto il profilo ambientale e culturale da parte del Parco regionale dei Colli di Bergamo e da parte delle competenti soprintendenze che seguono con estrema attenzione l'esecuzione dei lavori. Lo stesso dicasi per quanto attiene all'autorizzazione paesaggistica. Si segnala infine che sia la regione Lombardia sia la prefettura di Bergamo hanno confermato quanto rappresentato dal comune relativamente all'opera in argomento.
La prefettura ha evidenziato, peraltro, che, sulla questione, l'amministrazione comunale ha puntualmente riferito anche all'ANAC nel giugno 2018. Ferme restando le considerazioni esposte si fa presente comunque che il Ministero dell'Ambiente, per quanto di competenza e salvo gli aspetti di regolarità amministrativo-contabile di pertinenza di altra amministrazione, continuerà a svolgere l'attività di monitoraggio e a tenersi informato circa la realizzazione dell'opera affinché siano in ogni caso garantiti elevati livelli di tutela ambientale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il deputato Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente Spadoni e grazie al sottosegretario Sibilia. Sono soddisfatto per la risposta che conferma il ruolo che il Governo del cambiamento ha assolto nella vicenda tanto triste. A mio parere è un film horror: potremmo chiamarlo The parking. I parcheggi in Pianura Padana sono stati spesso lo zampino diabolico della criminalità anche organizzata: penso al parcheggio Mondadori a Mantova che, dopo quasi dieci anni, ora è uno stagno pieno di serpi; penso al parcheggio del gazometro a Reggio Emilia con inchieste che portano anche al sospetto di infiltrazioni della 'ndrangheta. Non servono le auto nei centri e verso i centri storici: a Bergamo quest'area di pregio addirittura è stata posta da poco sotto la tutela dell'UNESCO che vede un progetto in capo all'ente locale che non sa o forse non può fermare questo scempio.
Le norme citate nella risposta del sottosegretario non sono retroattive per cui non si può imporre una valutazione di impatto ambientale da parte dei Ministeri all'amministrazione comunale di Bergamo che, quindi, è pienamente responsabile della vicenda del passato, del presente e del futuro. Il primo episodio potremmo chiamarlo il film L'idea insana. Nasce tra il 2003 e 2004 quando c'era un sindaco di Centrodestra, Veneziani. Proposta la costruzione, la concessione viene data a Bergamo Parcheggi, società mista fra privati al 70 per cento e ATB, partecipata del comune di Bergamo che si occupa di mobilità. L'accordo prevede la gestione per ventinove anni e la vendita di alcuni dei 469 posti già citati, oltre agli introiti derivanti dai parcheggi blu lungo le mura fino al giorno del collaudo. Il comune in seguito ha impegnato una quota della spesa, 1.700.000 euro. Il secondo episodio, The parking 2 il terremoto, risale al 2008. Ci sono persone che hanno scoperto per caso che le fondamenta delle loro abitazioni avrebbero dovuto fungere da tiranti per questo parcheggio di nove piani: le proprie case e le proprie famiglie erano destinate a sostenere un'idea insana di opera inutile. Le perizie geologiche erano chiaramente carenti. I proprietari confinanti allarmati si opposero alla prosecuzione delle opere citate e furono addirittura citati in giudizio dalla Bergamo Parcheggi. Nel dicembre 2008, dopo appena tre mesi dall'inizio dei lavori di sbancamento della collina ad opera dell'impresa Locatelli, si verificarono due frane. Tecnici e geologi rilevarono il rischio di crollo di un bastione della Rocca, la Casa della Marchesa, il Chiostro di San Francesco. Gli abitanti della zona stavano percependo il rischio che crollasse tutta Bergamo Alta per realizzare un nido di automobili che rischiava di sostituire il nido di molte famiglie che rischiavano di rimanere sotto le frane. Il terzo episodio lo chiamo the skull island dal nome della più grande opera dell'uomo, la discarica di New York. Presso Bergamo Alta, per mettere un tappo alla frana, furono utilizzate 25.000 tonnellate di rifiuti, chiaramente in maniera illecita e con inchieste che ancora non hanno portato alla bonifica. Gli abitanti della zona, dopo il rischio frana, sono esposti ora a decine di migliaia di tonnellate di rifiuti di cui si fa fatica a ipotizzare la bonifica anche perché, se rimossi, rischiano di far crollare Bergamo Alta e le falde sono chiaramente a rischio di grave inquinamento. Le frane si verificarono sotto la giunta di centrosinistra del sindaco Bruni. Chiamo il quarto episodio Monkey, un sindaco cieco, sordo e muto, che non ha visto nulla di quanto era accaduto e continuava ad accadere una volta sospesi i lavori, l'attuale sindaco Gori. Nell'ottobre del 2016 fece una transazione con Bergamo Parcheggi in cui venne in pratica rinnovato l'accordo iniziale ed è stato detto anche nella risposta.
Nella sostanza, il progetto non è mai cambiato e appena si è cominciato a praticarlo ha iniziato a crollare la collina; quindi, il progetto non è stato cambiato, è stato confermato, poco fa, dal sottosegretario e si vuole andare avanti con questa cosa.
Dal 2004 Bergamo parcheggi ha continuato ad introitare le risorse dei parcheggi blu lungo le mura; secondo quanto riportato l'8 ottobre 2017 dall'Avvenire, le strisce blu, già peraltro regalate fin dal 2004 a Bergamo parcheggi, costituiscono, secondo il parere ministeriale del 2006, un'anomala fonte di reddito che, finora, ha fruttato - era il 2017 - 2 milioni e mezzo di euro. Gli aspetti di natura amministrativa e contabile sono di competenza di altre amministrazioni e, quindi, non si possono escludere rilievi di ANAC dopo il contatto con l'amministrazione comunale nel giugno 2018. Il testo unico degli enti locali parla comunque chiaro, il sindaco Gori, che ha perso tempo candidandosi come “governatore” della Lombardia a inizio 2018, ora può recuperare il tempo perduto ed evitare il crollo di una parte nobile della sua città. È solo per un incastro normativo che tale progetto non deve essere sottoposto a VIA, è stata una vincita sfortunata alla videolottery, da cui è uscito appunto questo film dell'orrore, è tutto un gioco d'azzardo. Questo, però, non esenta da responsabilità, non servono le auto in quella zona, servono servizi di trasporto pubblico più efficienti.
Bergamo ha già 127 giorni di sforamento tra PM10 e ozono, Bergamo è al nono posto in Italia per superamenti delle polveri sottili, chissà se Gori lo ha scritto all'UNESCO; le polveri sottili sono cancerogene e le direttive europee chiedono di stare sotto ai 35 giorni di superamento per garantire salute ai propri cittadini, qui siamo già a quattro volte tanto. Il comune ha imposto a Bergamo parcheggi di consegnare l'opera finita entro 22 mesi. La ditta ha ritenuto i tempi chiaramente stretti, ma ha accettato, chiedendo la deroga ai rumori, per cui si potranno tenere fino a 85 decibel dalle 7 del mattino alle 21 e i residenti per sedici ore al giorno dovrebbero sopportare questo livello di rumorosità.
Da fonti di stampa risulta che la procura di Bergamo abbia aperto un fascicolo esplorativo nel mese di novembre 2018 per indagare sulla procedura di realizzazione. Si fermi, Gori, non attenda l'ANAC, la procura o i caschi blu, tra l'altro, li ha l'ONU e non l'UNESCO.
Io scrissi la prima interpellanza su questi fatti nella scorsa legislatura, oggi, finalmente ho una risposta, grazie al Governo del cambiamento. Le normative non possono sostituire il buonsenso, il sindaco è il primo responsabile della salute dei cittadini e si occupa anche del loro portafoglio. Nel novembre 2018, nello scambio con lo storico dell'arte Montanari, Gori scrive: «È vero che la mia amministrazione, non potendo modificare gli equilibri economici della convenzione che il comune aveva sottoscritto anni addietro, è riuscita a modificare la “funzione” del parcheggio», non la struttura, non il progetto. Gori, quindi, usa sul parcheggio toni assai meno trionfalistici che nel passato, non lo definisce più una rivoluzione che avrebbe permesso di proteggere e valorizzare la bellezza di Bergamo alta, come faceva solo nel settembre 2017. Gori scelga tra berlusconismo e sostenibilità e ricordi che ora è dipendente dei cittadini di Bergamo e non più di Mediaset, ponga fine a questo film dell'orrore di basso livello, che non farà aumentare lo share a nessun canale, scriva lui il quinto e ultimo episodio, decida lui se fare black parking down oppure the green stroll, una passeggiata verde in uno dei centri storici più belli del mondo. Ci si può arrivare con i mezzi pubblici o da un parcheggio scambiatore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative per il rilancio degli investimenti delle aziende pubbliche o partecipate, dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità, nonché per la prevenzione del rischio idrogeologico e la riparazione del danno causato da calamità naturali - n. 2-00251)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Ettore ed altri n. 2-00251 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Felice Maurizio D'Ettore se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, questa interpellanza, quando è stata proposta, dava già un quadro prospettico sulle condizioni economiche del Paese in funzione della legge di bilancio. Ci abbiamo azzeccato, in questa interpellanza, perché già credevamo che la quota di spesa d'investimento fosse del tutto difficile da prospettare rispetto alle previsioni di bilancio, visto che la crescita economica non poteva essere quella prevista nella legge di bilancio e che già in quest'ultimo periodo noi avremmo avuto una recessione tecnica, cosa almeno prevedibile dai primi dati che scorrevano.
Quindi, è chiaro che questa interpellanza si fonda sull'utilizzo della massa di investimenti dormienti; è un suggerimento anche al Governo, un tentativo, come altre interpellanze che ho fatto, di andare a verificare tutti questi investimenti che potrebbe essere, come dire, attivati, sollecitati, anche perché è chiaro che siamo in una situazione del tutto particolare. Siamo di fronte a un sostanziale blocco delle risorse del Fondo sviluppo e coesione, su questo avevo già fatto un'interpellanza, a una drastica riduzione dei cofinanziamenti ai programmi operativi nazionali e regionali, anche su questo avevo interpellato il Governo, ai limiti di spesa posti a carico degli enti territoriali, in parte attenuati dall'utilizzo degli avanzi di amministrazione della legge di bilancio, ma, a tutto ciò, si sommano ora gli effetti alla contrazione del prodotto interno lordo, che riduce i margini di agibilità per la spesa prevista fuori dai vincoli di bilancio.
Quindi, è chiaro che questo è il quadro nuovo in cui ci andiamo a collocare. Il deficit al 2,04, computato su una base ipotetica di incremento del prodotto interno lordo all'1,5 è attualmente fuori da ogni previsione, è troppo ottimistico, se è lo 0,5, è già tanto. Allora, in questo quadro, l'ANCE, di recente, ci ha quantificato in 24,6 miliardi, a cui si aggiungono i 4,7 per la TAV, il valore delle opere sopra i 100 milioni di euro bloccate da vari vincoli burocratici che il decreto “semplificazioni” non risolverà, perché lavora, il decreto “semplificazioni”, sul livello più basso, non sul livello programmatico di spesa.
È evidente, quindi, che se noi ci poniamo in questa necessità di dare forza agli investimenti e creare una leva occupazionale, dobbiamo riuscire anche a capire, come dice di recente anche il presidente di Confindustria, che un'attivazione dei cantieri in questi settori, rispetto ai 24,6 miliardi e ai 4,7, che sono fermi e bloccati dalla burocrazia, porterebbe almeno a 400 mila posti di lavoro. Quindi, rispetto alla situazione economica attuale, ai dati non positivi, si potrebbe partire da quella previsione della legge di bilancio e, realmente, riempirla di contenuto. In particolare, se i cantieri non partono, l'Italia si ferma. Io capisco che alcune parti della maggioranza seguano quest'idea costi-benefici. Però, qui, ora, quando “c'è da fa ciccia”, come dicono in Toscana, “c'è da fa ciccia”, perché qui c'è da fare il portale degli investimenti. Non possiamo stare fermi a dormire.
Ci sono, in controtendenza, almeno tre categorie di spesa sulle quali si può intervenire: la prima, gli investimenti in capo alle aziende pubbliche o partecipate; poi, gli interventi per la riduzione del rischio o la riparazione del danno derivante da calamità naturali, che sono neutralizzate ai fini del calcolo dei saldi di bilancio; e gli investimenti previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità (acqua, gas, energia elettrica, rifiuti). È indispensabile, quindi, muoversi su queste categorie, nelle quali esistono le risorse per poter agire.
Con evidenza, abbiamo una massa effettiva e dormiente di investimenti previsti nelle tre categorie, con particolare riferimento alla cospicua mole di spesa in conto capitale interamente coperta dalla tariffa idrica, del gas ed elettrica; quindi, se, da un lato, i cittadini li graviamo delle tariffe, dall'altro, queste risorse sono dormienti e non sono investite.
Qui andiamo a uno dei punti: l'ARERA. Uno dei primi voti che abbiamo fatto, a inizio della nostra legislatura, era sull'ARERA, se vi ricordate. In tale ambito, L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente dispone di tutti i dati necessari a verificare l'effettivo stato di avanzamento della spesa d'investimento in capo ai soggetti gestori. E va evidenziato come l'Autorità si sia concentrata finora nel ruolo regolatorio e sanzionatorio, e non in quello della funzione di impulso.
Quindi, il Governo, che ha tutto nelle sue previsioni della legge di bilancio, io mi sono collocato nella vostra prospettiva, deve in qualche modo, questa massa, almeno in quelle categorie di investimenti dormienti, cominciare a farla muovere, soprattutto agendo dalla Presidenza del Consiglio ai Ministeri competenti e all'ARERA.
Il caso della regione Campania, per esempio, è uno dei più rilevanti; nel 2015, la proposta della regione fu bocciata dall'allora Autorità per l'energia elettrica e il gas, che comminò una sanzione, in riferimento alla tariffa dell'acqua, di circa 190 milioni di euro. La regione, con un ravvedimento operoso ha risposto, era pronta, ancora, mi pare ci siano degli sviluppi recenti, ma la regione è bloccata e ogni giorno si perde qualche milionata di euro rispetto a questi investimenti, per ritardi nella utilizzazione di queste risorse.
E, allora, a questo punto è chiaro che le domande sono le seguenti: quali sono iniziative che si intendono adottare al fine di accelerare con funzione anticiclica gli investimenti previsti nei piani di soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità, anche in coordinamento con ARERA ma con la funzione direttiva di indirizzo politico del Governo e della Presidenza del Consiglio; se non si ritenga opportuno avviare una ricognizione - finalmente - della massa di investimenti - che io continuo a dire dormienti - immediatamente attivabili, cioè quelli che possiamo attivare subito, individuati nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità adottando e, se del caso, anche le iniziative di competenza necessarie alla loro immediata cantierizzazione; se non appaia indispensabile fare oggetto di ricognizione la quota di spesa di investimento in capo alle aziende pubbliche o partecipate, promovendone l'accelerazione e la qualificazione, perché quella quota di investimento esiste e non possiamo dire che non sia attivabile per ragioni misteriose che poi sono ragioni di orpelli e vincoli burocratici che impediscono, anche al vostro Governo, di poter realizzare quelle che sono le previsioni rispetto alla legge di bilancio. In questo momento di difficoltà - e di ancora maggiore difficoltà - il compito di un deputato di Forza Italia, che è quello di fare il bene per il Paese, di suggerirvi e di darvi anche indicazioni, non è in contrasto con la politica del Governo. Secondo noi sbagliate molto sulla politica degli investimenti ma almeno quello che potete fare fatelo, riattivando quelli che sono gli investimenti attivabili.
E l'ultima parte, non secondaria, è se non appaia opportuno dar corso a un piano operativo per la mitigazione del rischio idrogeologico, la difesa del suolo e la riparazione del danno causato dalle calamità naturali. So che su questo piano operativo la Presidenza del Consiglio sta lavorando, però bisogna accelerare i tempi e non basta il decreto-legge “semplificazione”, perché non si crea la semplificazione con un decreto-legge. È, invece, l'indirizzo politico, la forza del Governo, la capacità di entrare e di dare immediatamente agli investimenti dormienti la giusta collocazione. Ieri sentivo il Ministro Salvini dire: Faremo sicuramente una norma per sbloccare i cantieri, “sblocca cantieri”. Ma li possiamo già sbloccare a normativa vigente - a normativa vigente! - e al di là delle norme, che se saranno fatte saranno sicuramente positive per sbloccare i cantieri, ci sono questi investimenti, queste tre categorie di cui dicevo prima e, in particolare, le categorie che poi riguardano i servizi di pubblica utilità e le risorse che sono lì collocate e che devono essere attuate.
Quindi, o l'ARERA svolge il suo compito o, se non lo svolge, si sostituisca il Governo e ci pensi lui, ma in maniera decisa e immediata. Questo l'avevo fatto anche per i Fondi di sviluppo e coesione. Ci sono, vi ricordate? Il 23 marzo dell'anno scorso il CIPE aveva indicato 53 miliardi, con impieghi pari al 3,7 per cento. C'è una massa di investimenti e di somme a cui dobbiamo far fronte perché nessuno è contento della recessione e, allora, bisogna rispondere. Poi, lo farà questo Governo e vi prenderete il merito se riuscirete a farvi fronte, ma oggi siamo in recessione e la responsabilità - siete voi al Governo - non può essere sempre di quelli dopo. Ora avete gli strumenti e i mezzi, almeno per la politica di investimento, per poter agire, ma lo dovete fare con grande decisione e soprattutto, se mi posso permettere, andando a guardare chi avete rimesso o lasciato nei vari Ministeri a svolgere i ruoli apicali perché, quando vedo i vostri provvedimenti che arrivano anche in Commissione, io non parlo di “manine” ma certo c'è qualche cosa che non torna in tanti provvedimenti per come sono costruiti. Siccome io sono per il buon andamento dell'amministrazione vedete se c'è qualcuno che rema contro, chiunque esso sia. A me interessa che l'indirizzo politico, che poi si forma dal Governo dentro le Camere, sia realizzato e ho tutto l'interesse - e noi abbiamo tutto l'interesse, come Paese - a far fronte a questo momento di difficoltà e qui abbiamo i mezzi per poterlo fare e almeno è una parte rilevante.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Ringrazio il deputato D'Ettore e gli altri interpellanti che, in relazione alla riduzione delle previsioni di crescita dell'economia italiana, chiedono, in sostanza, di conoscere le iniziative del Governo e quali intenda assumere in funzione anticiclica e per accelerare gli investimenti, con particolare riguardo a quelli previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità. Va preliminarmente evidenziato che tutta l'azione del Governo, attraverso le diverse misure fin qui adottate e quelle di prossima adozione, è volta a rilanciare la crescita e lo sviluppo del Paese con rilevanti investimenti che sono realizzati con l'intento - il sicuro intento - di stimolare l'economia e far crescere il prodotto interno lordo.
Per quanto attiene agli specifici quesiti posti, si rappresenta che anche le maggiori società pubbliche, RFI e ANAS, stanno ponendo in essere importanti investimenti. In particolare, è in fase di completamento, con l'emanazione del decreto interministeriale MIT-MEF, l'iter di approvazione del contratto di programma quinquennale 2017-2021-parte investimenti stipulati con RFI, cui sono stati apportati gli adeguamenti volti a recepire le osservazioni delle Commissioni parlamentari competenti. Il perfezionamento dell'iter del contratto determinerà lo sblocco di risorse per oltre 13 miliardi di euro, consentendo l'avvio degli investimenti ivi previsti.
Con riguardo agli investimenti sulla rete stradale di competenza dell'ANAS, il vigente contratto di programma, 2016-2020 approvato con decreto interministeriale MIT-MEF il 27 dicembre 2017, ha una portata finanziaria di 15,9 miliardi di euro e, ai sensi dell'articolo 1, comma 873, della legge n. 208 del 2015, qualora dovessero sorgere impedimenti nelle diverse fasi del processo realizzativo delle opere finanziate o eventi ed emergenze che incidano sulla programmazione del contratto, l'ANAS, previa comunicazione al MIT, può rimodulare gli interventi ivi previsti per realizzare le opere previste nel piano pluriennale ovvero ulteriori opere aventi carattere di urgenza. Tale facoltà, quindi, risponde a un criterio di flessibilità volto al più efficace utilizzo delle risorse disponibili e all'accelerazione degli investimenti.
Inoltre, per quanto concerne gli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico e la riparazione del danno derivante da calamità naturali, si rappresenta che la legge di bilancio per il 2019 ha autorizzato la spesa di 800 milioni di euro per l'anno 2019 e 900 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, finalizzata all'avvio e alla realizzazione di investimenti strutturali e infrastrutturali urgenti, finalizzati alla mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico e all'incremento della resilienza delle strutture e infrastrutture. Si tratta, quindi, di interventi da realizzare secondo le modalità previste dall'ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione civile n. 558 del 15 novembre 2018 afferenti a deliberazione del Consiglio dei Ministri di dichiarazione dello stato di emergenza ancora in corso al 1° gennaio 2019 o terminati da meno di sei mesi dalla stessa data. Allo stato è in corso un tavolo, sotto la regia della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la definizione di un piano nazionale contro il dissesto idrogeologico.
Nell'ambito della manovra per il 2019 la Commissione europea ha accettato la richiesta del Governo italiano di una flessibilità di bilancio per l'anno 2019, trattandosi di spese eccezionali, per le iniziative connesse alla messa in sicurezza dei territori colpiti dalle alluvioni e della rete di collegamento italiana per un importo di circa 3,6 miliardi di euro, corrispondente a circa lo 0,2 per cento del PIL. Per quanto concerne gli investimenti previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità, la legge di bilancio per l'anno 2018 ha previsto l'adozione di un piano nazionale di interventi nel settore idrico suddiviso in sezione invasi e sezione acquedotti, in cui è direttamente coinvolta l'autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico - quindi ARERA -, per individuare interventi prioritari da finanziare sugli acquedotti. La stessa legge di bilancio per il 2018 ha stanziato, nelle more dell'adozione del piano citato, 250 milioni di euro per il quinquennio 2018-2022, ai fini dell'attuazione del piano straordinario. Tale piano straordinario è stato recentemente adottato con decreto interministeriale MIT-MIPAAFT n. 526 del 6 dicembre 2018 e ha permesso l'avvio di trenta interventi; con le risorse derivanti dal comma 1072 della legge di bilancio per il 2018 sono in corso di valutazione ulteriori progetti sugli invasi per un costo complessivo di circa 200 milioni di euro e, quindi, anche questo è sbloccare quei fondi che avevamo.
Il primo stralcio del piano nazionale idrico, con l'individuazione dei progetti strategici nei settori acquedotti e invasi, è in fase di predisposizione e coinvolge, in modo specifico, le autorità di distretto e la citata ARERA. Tale stralcio viene finanziato, per le risorse autorizzate dalla legge di bilancio per l'anno 2019, nell'ordine di un miliardo di euro nel periodo 2019-2028, di cui 600 milioni per la parte invasi e 400 milioni per la parte acquedotti (quindi, soldi pronti e disponibili subito). Allo stato sono stati già individuati i fabbisogni per oltre tre miliardi di euro relativi a 157 proposte di intervento nella sezione invasi e per oltre tre miliardi di euro nella sezione acquedotti.
All'interno dell'azione complessiva del Governo di rilancio degli investimenti va anche sottolineato che la legge di bilancio per il 2019 ha previsto la costituzione di un'apposita struttura per la progettazione di beni e edifici pubblici, a supporto delle amministrazioni centrali e degli enti locali, al fine di favorire lo sviluppo e l'efficienza della progettazione e degli investimenti pubblici.
Per lo svolgimento dei compiti affidati alla struttura è stata autorizzata l'assunzione di un massimo di 300 unità di personale, di cui almeno il 70 per cento con profilo tecnico (quindi proprio con l'intenzione di massimizzare questa struttura alla produzione, ovviamente dell'investimento). La stessa legge di bilancio, sempre con l'obiettivo di accelerare gli investimenti pubblici, ha previsto l'istituzione di una struttura di missione denominata InvestItalia, per il supporto delle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell'indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati, anche in accordo con la cabina di regia Strategia Italia, con compiti di analisi e valutazione di programmi di investimento riguardanti le infrastrutture materiali e immateriali, verifica degli stati di avanzamento dei progetti infrastrutturali, elaborazione di studi di fattibilità economico-giuridica di progetti di investimento e di individuazione di soluzioni operative in materia di investimento, in collaborazione con uffici del Ministero dell'Economia e delle finanze in affiancamento alle pubbliche amministrazioni nella realizzazione dei piani e programmi di investimento, nonché l'individuazione degli ostacoli e delle criticità della realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni utili al loro superamento.
Questo per citare il quadro sul quale si inserisce questa struttura ulteriore, che si raccorderà con la cabina di regia Startegia Italia. Quindi, InvestItalia e Strategia Italia, faranno appunto questo lavoro di “incrementazione” o meglio aumento esponenziale e rapido degli investimenti nel nostro Paese, che penso risponda a quella che era l'esigenza che veniva posta dagli interpellanti.
PRESIDENTE. Il deputato Felice Maurizio D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, prendo atto dello sforzo nel tentativo di voler fare emergere alcuni elementi positivi dal punto di vista organizzativo in ordine al tema degli investimenti dormienti. Resta però fermo che occorre una capacità di intervento molto maggiore e che ci vorrebbe una cabina di regia attuata solo per questo. Poi non capisco perché non ci sia una risposta in ordine a due punti fondamentali, cioè alla ricognizione della massa di investimenti immediatamente attivabili - la risposta c'è solo in parte - e alla ricognizione della quota di spesa per investimenti in capo alle aziende pubbliche o partecipate, perché ci sono molte altre somme attivabili, forse fino a 15 miliardi e non solo 13, e comunque quei 13,7 miliardi sono, se non sbaglio, sicuramente già individuabili. Bisogna fare una ricognizione complessiva e immediatamente arrivare a una cantierizzazione; bisogna superare tutta una serie di vincoli. L'ARERA, in questo momento, ostruisce i flussi di investimento: si sta facendo questo in questo momento, non si sta aiutando, perché invece di essere d'impulso essa svolge un ruolo di sindacato, sanzionatorio. Oggi tutti sono a sanzionare: chi sanziona da un lato, chi dall'altro, chi inibisce, chi non fa fare. È questo il tema fondamentale.
Lo ripeto, serve una semplice disciplina normativa sulla semplificazione, che lavori sul livello più basso. Cantieri sempre aperti? Belli i titoli, belle rubriche delle leggi e degli articoli, però il tema è puramente di indirizzo politico e di forza del Governo nel far ripartire, a normativa vigente, tutto quello che si può far ripartire. Questa massa di investimenti dormienti bisogna che in tutti i modi - anche perché molto deriva dai cittadini che pagano per l'acqua o il gas - vengano attivati, ma nessuno li attiva: li tengono fermi da parte perché non c'è da parte del Governo questa attività.
È chiaro che i rivoli dei Ministeri non consentono ciò; ci vuole un organismo, una cabina di regia veloce, forte, a livello della Presidenza del Consiglio, che metta insieme tutto. Basterebbe un provvedimento molto semplice, anche un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, coperto, al limite, da una legge che in qualche modo stabilisca le funzioni organizzative.
In parte - sì - c'è questo tentativo, però oggi l'esigenza è quella di dare immediate risposte e di mettere immediatamente in cantiere queste somme e soprattutto queste risorse, che in quelle categorie che ho elencato sono assolutamente già attivabili, come gli investimenti in capo alle aziende pubbliche o partecipate, gli interventi per la riduzione del rischio o la riparazione del danno derivante dalle calamità, che sono neutralizzati nel calcolo dei vincoli di bilancio, nonché gli investimenti previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità.
Questa è un'operazione che deve essere fatta, che solo il Governo può fare e che si può fare, in primo luogo, con un'attività di monitoraggio immediata, perché su quella non c'è risposta. In questo momento siamo deficitari da questo punto di vista, perché abbiamo un quadro di risulta ma non un quadro totale chiaro, costruito direttamente attraverso un'indagine diretta del Governo sulle società partecipate: è quello il punto.
Inoltre, serve anche un impulso forte dell'ARERA, che o fa quello che deve fare oppure bisogna agire anche su quell'ente, perché non può ostruire gli investimenti. Qui siamo alla Camera; per fortuna noi siamo stati eletti dai cittadini, ma quelli sono nominati, quindi bisogna anche vedere quello che fanno, perché alla fine i risultati devono essere portati sul tavolo.
Il Governo deve far fronte a un momento di recessione, ma in un Paese come il nostro non ci si può permettere di attendere ulteriori periodi. Abbiamo, poi, la spada di Damocle degli obblighi di salvaguardia su IVA e accise, quindi la politica degli investimenti deve essere la priorità assoluta e la Presidenza del Consiglio su quella deve agire immediatamente. Ecco perché non posso ritenermi soddisfatto.
Ringrazio il sottosegretario Sibilia, che poi ha risposto su una materia che non è neanche di sua competenza, posto che è stato mandato qui a parlare di un argomento che forse spettava a qualcun altro (c'era prima il Ministro Di Maio, quindi poteva benissimo dircelo lui cosa voleva fare anche su questi temi), tuttavia apprezzo comunque lo sforzo. Ci sarà un monitoraggio anche da parte nostra, ma - ripeto - si tratta di un interesse nazionale prioritario, cioè quello della politica degli investimenti, che deve passare anche oltre certi infingimenti dei Cinquestelle in ordine al rapporto costi-benefici: ma che costi-benefici! Qui ci sono i soldi e si può agire! Fate tutte le analisi che volete, non dormiteci la notte, fate quello che volete, ma i soldi ci sono e gli investimenti è possibile attivarli. Ci sono le risorse, quindi mettiamole immediatamente a disposizione, perché quando c'è un momento di difficoltà nel Paese l'investimento pubblico, la leva pubblica, diventa fondamentale. Qualcuno di voi, che viene pure dalla sinistra, dovrebbe avere pure in mente questa idea, altrimenti diventate comunisti.
Fate qualcosa che in qualche modo liberi il Paese. Se volete fare un cambiamento vero, il cambiamento è quello di attivare queste politiche di investimento, prendere queste risorse che ci sono e immediatamente renderle cantierizzabili, per arrivare immediatamente a un risultato. Nella risposta che lei ha dato - sì - sono elencati una serie di profili organizzativi, ma quando si quaglia, sottosegretario? Quand'è il tempo? Queste cose, poi, sono lunghe, laddove invece si potrebbe, a normativa vigente, già fare ciò. Se non siete in grado, per diverse ragioni, noi dell'opposizione, noi di Forza Italia, siamo disponibili, nelle Commissioni, anche a darvi suggerimenti. Se volete possiamo anche scrivervi la normativa e mandarla al Presidente Conte, il quale, però, dovrebbe saper scrivere da sé queste cose.
Noi siamo disponibili a collaborare, in questo senso, a collaborare nell'interesse del Paese. Vi trovate in difficoltà su questi temi? Tutti noi tifiamo perché il Paese riparta, nonostante il vostro tentativo d'affossarlo. Nessuno di noi tifa perché duri la recessione, ma il vostro tentativo va in senso completamente diverso. Se avete difficoltà su questo piano, la forza del Parlamento su questo può essere decisiva, perché le assicuro, sottosegretario, che grazie a questa interpellanza, così come con altre che ho presentato, alla fine le risposte formali del Governo - comunque in questo caso articolata e con dei contenuti - sono importanti, ma chiaramente agiscono direttamente anche sulla parte burocratica, perché lo sanno che questo tema comincia ad essere attenzionato e lo sapete anche voi. Quindi, il nostro lavoro può essere utile e il Parlamento può dare un sostegno molto forte a questa attività del Governo per attivare finalmente una politica di investimenti che dia risposte a questo Paese in tempi brevi. Dobbiamo attivarci entro il mese di marzo o aprile. Non abbiamo più tempo: dobbiamo cantierizzare subito questi soldi, oppure, se i funzionari non si trovano, firmate gli atti - come fanno i sindaci nei comuni, i quali si prendono le responsabilità - e andate avanti.
(Chiarimenti circa il Patto per la Salute 2019-2021, con particolare riguardo alla rete delle malattie rare, nell'ambito della riorganizzazione delle reti strutturali, e alla disciplina relativa all'accesso ai farmaci orfani - n. 2-00229)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Bologna ed altri n. 2-00229 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Fabiola Bologna se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FABIOLA BOLOGNA (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. La Repubblica italiana, come recita l'articolo 32 della Carta costituzionale, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Le malattie rare necessitano di un importante impegno del Sistema sanitario nazionale, in quanto richiedono un approccio multidisciplinare di alta specialità e lo sviluppo di percorsi assistenziali personalizzati. Gli obiettivi del Piano nazionale per le malattie rare per gli anni 2013-2016 sono stati in parte disattesi e vi è la necessità di una rivalutazione complessiva.
L'aggiornamento dovrà tenere conto dei nuovi livelli essenziali di assistenza, della ricognizione dei centri di riferimento del nostro Paese mediante l'individuazione di criteri indicatori per la competenza e per il monitoraggio, della creazione delle reti di riferimento europeo, della definizione di modelli di integrazione delle reti con il supporto del Centro nazionale delle malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, anche per monitorare il flusso dei dati clinico-epidemiologici dai registri regionali al registro nazionale. Dovrà tener conto della promozione del confronto con i professionisti esperti e con i rappresentanti delle associazioni. Dovrà facilitare l'accesso alle cure innovative, anche con il supporto del Centro nazionale ricerca e valutazione preclinica e clinica dei farmaci.
In particolare, il farmaco è definito orfano quando, sulla base di quanto previsto dal regolamento n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1999, risponde ai seguenti criteri: deve essere indicato per una patologia che mette in pericolo la vita o sia debilitante in modo cronico; deve essere indicato per una condizione clinica rara, definita da una prevalenza di non più di 5 soggetti ogni 10 mila individui, calcolata a livello dell'Unione europea; non devono essere disponibili trattamenti validi o, se sono già disponibili dei trattamenti, il nuovo farmaco deve rappresentare un beneficio clinico significativo.
Nella legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 abbiamo approvato un emendamento che modifica la legge n. 167 del 2016 in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori, e in particolare: lo screening neonatale è esteso anche alle malattie neuromuscolari genetiche, alle immunodeficienze congenite severe e alle malattie da accumulo lisosomiale e prevede l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza della diagnosi precoce di queste patologie genetiche. Questo consentirà terapie precoci, che modificheranno l'andamento della malattia. Sempre nella legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 515, per gli anni 2020 e 2021, l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento rispetto al valore stabilito per l'anno 2019 è subordinato alla stipula, entro il 31 marzo 2019, di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il Patto per la salute 2019-2021 che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi.
All'articolo 1, comma 516, è previsto che le misure di cui al comma 515 devono riguardare, in particolare: il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale, in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e dell'assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d'attesa; l'implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale, tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell'ambito del sistema tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico; la promozione della ricerca in ambito sanitario.
La legge di bilancio 2019, inoltre, elimina l'anomalia generata dalla presenza di due liste per i medicinali orfani, quella europea e quella italiana. La distribuzione del ripiano dell'eccedenza di spesa viene ripartita su tutte le aziende farmaceutiche che concorrono alla spesa degli acquisti diretti sulla base delle quote di mercato. Tutto ciò premesso, chiediamo: se, nell'ambito della riorganizzazione delle reti strutturali, il Patto per la Salute 2019-2021 si occuperà anche della rete delle malattie rare per l'accesso alla diagnosi, al trattamento, alla presa in carico omogenea sul territorio, allo sviluppo della ricerca, all'inserimento lavorativo dei pazienti, e, nell'ambito delle nuove disposizioni di politica farmaceutica sui farmaci orfani, se siano previste modifiche relativamente all'accesso ai farmaci per i pazienti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.
ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Presidente, stimati onorevoli, quella delle malattie rare è sempre stata un'area assistenziale cui il Ministero della salute ha dedicato grande attenzione, approvando gli atti e adottando le misure che hanno portato l'Italia, fin dal 2001, prima tra i Paesi europei, a disporre di un sistema integrato e coerente di tutela dei pazienti, basato sulla disciplina delle esenzioni dalla partecipazione alla spesa sanitaria e sulla costruzione di una rete di presidi sanitari specializzati nella diagnosi e nel trattamento delle malattie rare. I traguardi raggiunti e le problematiche ancora aperte sono ben descritte nel Piano nazionale delle malattie rare, approvato nel 2012, ma ancora attualissimo. Nell'ultimo quinquennio molti passi avanti sono stati fatti soprattutto per quanto riguarda il consolidamento delle competenze specialistiche dei presidi della rete nazionale, che consente di offrire ai malati rari diagnosi e trattamenti di qualità sempre più elevata.
Quest'ultima circostanza, peraltro, ha trovato conferma nel riconoscimento di ben 188 strutture come membri delle reti europee e di tre strutture con funzioni di coordinamento delle stesse. Ciò nonostante, come detto, è giunto il momento di avviare i lavori di aggiornamento del Piano, anche accogliendo le sollecitazioni che provengono da alcune associazioni di malati rari. Il rinvio del progetto, a suo tempo, era stato motivato dalla convinzione che i LEA costituissero il presupposto indispensabile per garantire una tutela omogenea sul territorio nazionale alle persone affette da malattia rara. Tenuto conto che allo stato devono ancora essere perfezionati ulteriori interventi previsti dal DPCM LEA del 2017, relativi all'assistenza specialistica ambulatoriale, e l'assistenza protesica su misura, in attesa del decreto del Ministro della salute di definizione delle tariffe delle prestazioni, da adottarsi di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di superare le criticità a ciò connesse, è intenzione del Ministero costituire quanto prima un tavolo di lavoro con la partecipazione delle regioni, delle principali associazioni dei malati, dell'Istituto superiore di sanità e degli altri interlocutori del mondo delle malattie rare, con l'obiettivo di rivedere, se necessario, le caratteristiche e le modalità di funzionamento delle reti regionali e della rete nazionale, che dovranno sempre più integrarsi all'interno della rete europea, dando vita a sinergie che eviteranno duplicazioni di competenze e sprechi di risorse.
L'obiettivo, infatti, dovrà essere quello di razionalizzare l'assistenza, concentrando l'offerta nelle strutture di elevata specializzazione effettivamente competenti, piuttosto che garantire la presenza di numerosi presidi, solo nominalmente esperti perché hanno avuto la possibilità di diagnosticare e trattare solo pochissimi casi. Lo stesso tavolo potrà riprendere l'attività di raccolta delle segnalazioni da parte dei pazienti e delle associazioni per trasferire le richieste di aggiornamento dei LEA alla commissione appositamente costituita e, contemporaneamente, riportare alle regioni gli esiti del monitoraggio effettuato nell'ambito del comitato per l'effettiva erogazione dei LEA. Quanto, invece, agli aspetti relativi ai farmaci orfani, si precisa quanto segue: si chiarisce fin da subito che le nuove disposizioni recate dall'articolo 1, commi 574 e seguenti, della legge 31 dicembre 2018, n. 145, né modificano né incidono in alcun modo sulle garanzie di cura assicurate a tutti i pazienti, inclusi quelli affetti da malattie rare.
Tutti i pazienti affetti da malattie rare continueranno a ricevere le terapie di cui hanno bisogno e queste permangono a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Nel merito, la disposizione in esame, nel modificare le modalità di ripiano dello sfondamento del tetto della spesa farmaceutica per gli acquisti diretti da parte delle strutture del Servizio sanitario nazionale, si è posta l'obiettivo di riprogrammare il calcolo del payback, rafforzando i criteri di equità, semplificazione e trasparenza. Il principio di equità contenuto nella richiamata normativa prevede che la distribuzione del ripiano dell'eccedenza di spesa, attraverso regole semplificate, sia ripartita su tutte le aziende farmaceutiche che concorrono alla spesa degli acquisti diretti sulla base delle quote di mercato. La legge n. 145 del 2018 elimina l'anomalia generata dalla presenza di due liste per i medicinali orfani, quella europea e quella italiana.
I medicinali non presenti nella lista europea dei farmaci orfani non saranno più considerati tali in Italia. Questo processo di semplificazione consente una maggiore trasparenza, eliminando la sperequazione secondo cui un medicinale non presente nella lista UE, perché privo di requisiti o per scelta strategica dei titolari dei farmaci, ma considerato orfano in Italia, benefici nel nostro Paese del vantaggio economico di essere escluso dal ripiano dell'eccedenza di spesa generata.
Il nuovo impianto normativo muove da una duplice esigenza: assicurare l'erogazione dei LEA, in quanto i farmaci sono uno strumento di tutela della salute e vengono erogati dal Servizio sanitario nazionale in quanto inclusi nei LEA, nel rispetto della compatibilità finanziaria del Servizio sanitario nazionale, nonché semplificare e razionalizzare il sistema di calcolo della quota di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche.
Facendo specifico riferimento al ripiano della spesa per i farmaci orfani, la relazione tecnica alla legge di bilancio per il 2019 precisa che, a normativa vigente - ovviamente, si riferisce alla normativa in essere fino al 31 dicembre 2018, oramai superata -, in caso di ripiano dello sfondamento del budget per i farmaci orfani, l'onere del ripiano è ripartito pro quota tra tutti i titolari di autorizzazione all'immissione in commercio dei prodotti non innovativi e/o non orfani coperti da brevetto. Pertanto, riguardo ai farmaci orfani, nonostante contribuiscano allo sfondamento, le aziende produttrici non sono chiamate ad effettuare ripiano.
In estrema sintesi, la precedente normativa disponeva, infatti, che le eccedenze di spesa generate dai farmaci orfani e dai farmaci innovativi venissero ripianate da tutte le altre aziende. In considerazione dell'incertezza della previsione di tali eccedenze, si generavano potenziali distorsioni in termini di programmazione per le aziende stesse. Va a questo punto segnalato che, in ordine alla scelta operata a suo tempo dal legislatore, si è registrata una serie di criticità in quanto è stata sollevata la questione di mancanza di equità, si sono registrati numerosi ricorsi in materia da parte delle aziende produttrici di medicinali non orfani chiamate a ripianare anche per lo sfondamento dei medicinali orfani.
In particolare, la Corte costituzionale, con sentenza n. 70 del 2017, ha evidenziato che il bilanciamento tra le esigenze di diffusione e promozione dell'innovazione farmaceutica e, quindi, di tutela della salute pubblica, e quelle di razionalizzazione e contenimento della spesa sanitaria è realizzato dalla disposizione “censurata” (articolo 5, comma 3, lettera a) del decreto-legge del 1° ottobre 2007 n. 159, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge del 29 novembre 2007 n. 222, attraverso una compressione dei margini ricavabili dalle aziende produttrici di farmaci non innovativi coperti da brevetto.
In coerenza con i principi enunciati in materia dalla stessa Corte, nel caso in esame, è stato ritenuto non irragionevole il bilanciamento delle molteplici istanze di garanzia coinvolte. In particolare, è stato sottolineato dalla Corte che l'evoluzione legislativa circa la distribuzione dell'onere di ripianamento, se rende evidente la maggiore gravosità della disposizione censurata rispetto ad altre soluzioni possibili, ne sottolinea tuttavia la temporaneità.
Ciò premesso, la nuova legge di bilancio 2019 ha introdotto, ai fini del calcolo della quota di ripiano, una franchigia di 3 milioni di euro a tutela delle piccole imprese. Si tratta di un incentivo che favorisce la ricerca e lo sviluppo di nuove molecole, in particolare per le malattie rare, che richiedono investimenti alti, ma generano un piccolo volume di vendite. Ecco perché si può affermare che la legge di bilancio 2019 continua a garantire a tutte le aziende titolari di farmaci orfani procedure negoziali con processo anticipato di presentazione del dossier per la richiesta di prezzo e rimborso, nonché l'accesso alla procedura negoziale accelerata. Inoltre, ai farmaci orfani a cui viene riconosciuto il carattere di innovatività vengono attribuiti ulteriori benefici, quali l'accesso diretto ai prontuari terapeutici regionali e gli incentivi economici, che si aggiungono ai numerosi incentivi già previsti dalla normativa europea, tra cui l'esclusività di mercato estesa a dieci anni per favorire la ricerca e lo sviluppo.
PRESIDENTE. La deputata Bologna ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
FABIOLA BOLOGNA (M5S). Grazie, Presidente. Mi ritengo molto soddisfatta della risposta del sottosegretario, che ringrazio. In particolare, siamo convinti che la costituzione del tavolo di lavoro con la partecipazione delle regioni, delle principali associazioni dei malati, dell'Istituto superiore di sanità e degli altri interlocutori del mondo delle malattie rare sarà importante per ridefinire le caratteristiche e le modalità di funzionamento delle reti regionali, della rete nazionale e, quindi, della rete europea per evitare duplicazioni di competenze e sprechi, liberando risorse e riallocandole nelle prestazioni necessarie, per riprendere anche l'attività di raccolta delle segnalazioni da parte dei pazienti e delle associazioni, per trasferire le richieste di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e consentirne l'effettiva erogazione con particolare attenzione ai bisogni assistenziali.
È importante l'empowerment dei pazienti, che ci permette di prendere coscienza degli aspetti critici più rilevanti legati alle malattie rare e alle eventuali inadempienze del sistema che coinvolgono le persone affette e i familiari che se ne devono prendere cura. Tra queste criticità bisogna ricordare, ancora oggi, il lungo percorso per arrivare alla diagnosi e la possibilità di rimanere per molto tempo senza una diagnosi eziologica; il capitolo dei tumori rari, dove ancora è carente una sistematica raccolta di dati che sono fondamentali per la ricerca e l'avanzamento nella cura e per la diagnosi; l'andamento cronico invalidante, che richiede il trattamento della disabilità e la riabilitazione con percorsi assistenziali adeguati e, molto spesso, personalizzati; la necessità di integrazione della persona con diverse abilità e il supporto alle esigenze emergenti nelle diverse fasi della vita: la scuola, il lavoro, gli aspetti relazionali della vita quotidiana, l'assistenza domiciliare fino alle cure palliative, quando necessarie. I pazienti e le famiglie chiedono a gran voce e reclamano l'attenzione alle diverse fasi della vita e all'integrazione ogni volta che li incontriamo. Inoltre, il monitoraggio dei centri di riferimento, che devono garantire la presa in carico del paziente, soprattutto, nel passaggio dall'età pediatrica all'età adulta e, quindi, devono poter garantire multidisciplinarietà, multiprofessionalità e multidimensionalità.
L'obiettivo, poi, di razionalizzare l'assistenza e concentrare l'offerta nelle strutture di elevata specializzazione effettivamente competenti, come detto dal sottosegretario, dovrà essere, però, bilanciata dalla presenza omogenea dei centri sul territorio nazionale e, quindi, in tutte le regioni, con un'organizzazione e percorsi che possano essere facilmente accessibili, anche tramite i sistemi di informatizzazione, telemedicina da parte del medico di base e dei pazienti stessi per evitare un'eccessiva mobilità sanitaria che comporta ulteriori disagi ai pazienti.
È bene sottolineare ancora una volta che i pazienti affetti da malattie rare continueranno ad avere accesso a tutti i farmaci di cui hanno bisogno a carico del Servizio sanitario nazionale, come riportato dal sottosegretario e dalla recente informativa AIFA e si garantirà anche la tutela delle piccole e medie imprese produttrici di farmaci orfani. L'AIFA, oltretutto, mantiene tra i suoi obiettivi istituzionali la promozione della ricerca scientifica indipendente, incentivando lo sviluppo di farmaci orfani attraverso il finanziamento di studi clinici no profit.
I regolamenti comunitari definiscono criteri e procedure per beneficiare degli incentivi volti a promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'immissione in commercio dei farmaci orfani e i farmaci orfani continuano ad essere valutati in via prioritaria, anche attraverso sedute straordinarie delle Commissioni entro il termine di cento giorni. Resta confermata anche l'ulteriore agevolazione per le aziende di presentare domanda di classificazione e prezzo prima del rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio.
Abbiamo istituito un intergruppo per le malattie rare trasversale qui alla Camera e al Senato proprio per arginare fenomeni di strumentalizzazione su questi temi. Questo richiede l'impegno quotidiano di tutti gli aderenti per evitare informazioni parziali o, addirittura, non veritiere e scongiurare inutili allarmismi nei pazienti e nelle loro famiglie, che sono già in una situazione di fragilità. Crediamo, quindi, fortemente nella collaborazione delle associazioni, con le quali dobbiamo mantenere un dialogo costante per veicolare le informazioni corrette e programmare i servizi che rispondano alle esigenze di salute dei pazienti affetti da malattie rare.
(Iniziative urgenti per scongiurare i rischi riconducibili alla presenza di sostanze chimiche potenzialmente pericolose nei pannolini monouso per bambini - n. 2-00249)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galizia ed altri n. 2-00249 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Galizia se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FRANCESCA GALIZIA (M5S). Grazie, Presidente, procedo con l'illustrazione. L'Agenzia nazionale di sicurezza sanitaria francese (Anses) ha lanciato in questi giorni un allarme rivolto ai consumatori per la presenza di sostanze potenzialmente pericolose riscontrate all'interno dei pannolini monouso per bambini, anche quelli che si definiscono ecologici.
Nell'ambito di una ricerca biennale svolta dall'Anses di recente pubblicazione, i pannolini delle principali marche vendute in Francia conterrebbero, infatti, diversi residui, come alcuni composti chimici usati per conferire profumazione ai pannolini: idrocarburi aromatici, diossine a tracce di alcuni pesticidi - lindano, quintozene ed esaclorobenzene - vietati nell'Unione europea già dal 2004.
Gli esperti dell'Agenzia francese hanno rilevato che, fatta eccezione per i profumanti, tali sostanze tossiche non sarebbero state aggiunte intenzionalmente, ma deriverebbero, nella maggior parte dei casi, da una contaminazione da materie prime, dall'utilizzo di sottoprodotti, come colle e sostanze usate per lo sbiancamento, o dalla comparsa durante il processo di produzione (riscaldamento, candeggio).
Pertanto l'Agenzia francese ha invitato i produttori a controllare meglio l'origine delle materie prime e migliorare i processi di produzione. Tra le sostanze incriminate, sarebbero state riscontrate all'interno dei pannolini usa e getta anche tracce di glifosato, l'erbicida sviluppato dall'Agenzia di biotecnologia agraria Monsanto, il diserbante più venduto al mondo, che, nonostante le campagne e le mobilitazioni in tutta Europa, è ancora utilizzato, pur essendo stato classificato dall'Organizzazione mondiale della sanità come possibile cancerogeno e pericoloso interferente ormonale.
Il rapporto dell'Anses si basa sugli studi condotti in Francia dall'Istituto francese dei consumi e dal Servizio comune dei laboratori, che hanno realizzato, tra il 2016 e il 2018, test scientifici su 23 diversi modelli di pannolini usa e getta delle principali marche disponibili sul territorio nazionale francese, alcune delle quali sarebbero vendute anche in Italia. Sui pannolini sottoposti ad analisi sono state trovate ben sessanta sostanze chimiche: in alcuni casi sono le colle usate per gli scotch delle chiusure laterali a contenere idrocarburi oltre i limiti, mentre quasi sempre a destare preoccupazioni sono i profumanti aggiunti volontariamente dai produttori, oppure molecole che si formano nel processo di fabbricazione (diossine, Pcb e furano). In particolare, stando al citato rapporto dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria in Francia, si tratterebbe di sostanze chimiche pericolose “che possono migrare nelle urine ed entrare in contatto prolungato con la pelle dei bambini e aggredirla”, mentre altre sostanze, aggiunte intenzionalmente, come i profumi, “possono procurare allergie cutanee” ed altre ancora “possono venire da materie prime contaminate”, compresa la diossina, tossica e cancerogena. L'Agenzia francese Anses ha dunque chiesto ufficialmente alle agenzie produttrici di prendere misure per rimuovere questi residui. Secondo il direttore generale Gerard Lasfargues dell'Anses non è infatti possibile escludere un rischio per la salute “perché si osserva un superamento delle soglie sanitarie per alcune sostanze”. Pertanto, nonostante il Ministro della Salute francese non riporti prove di un vero e proprio pericolo grave e immediato e benché l'Anses abbia sottolineato quanto il pericolo dipenda sostanzialmente dalle “condizioni di utilizzo”, i produttori e i distributori dovranno prendere misure, in primo luogo, per eliminare l'uso di sostanze profumanti, quelle che potrebbero presentare effetti sensibilizzanti sulla pelle, migliorare il controllo dell'origine delle materie prime naturali, che possono essere contaminate anche prima della produzione, migliorare i processi di produzione e rafforzare il controllo delle sostanze chimiche nei pannolini usa e getta sul mercato.
Stando alle notizie di stampa, il Governo francese avrebbe immediatamente convocato i produttori per chiedere di dettagliare un piano d'azione entro due settimane, nonché maggiore trasparenza sulla composizione dei pannolini, in linea con le istanze dei consumatori. Quello sui pannolini monouso, pubblicato in Francia dall'Anses, è un rapporto inquietante, da non sottovalutare. La preoccupazione principale degli scienziati risiede nel fatto che i pannolini usa e getta siano utilizzati da oltre il 90 per cento delle famiglie in tutta l'Unione europea e che i bambini, nei primi di vita anni, siano costantemente a contatto con i pannolini. Per fare qualche numero, ne indossano circa 4.000 in 36 mesi, con il rischio che questi composti superino la barriera della pelle e penetrino nell'organismo. Come in Francia, anche in Italia la maggior parte dei genitori utilizza per i bambini nei primi anni di vita pannolini monouso. Va anche diffondendosi tra i più sensibili al tema ambientale l'importanza di un ritorno all'antico. L'unica vera alternativa ecologica infatti, che potrebbe mettere a riparo i bambini delle sostanze pericolose contenute nei pannolini, è fornita dai lavabili, che ci permettono anche di risparmiare denaro ed evitano la produzione di inquinamento. Giusto per dare qualche dato, oggi i pannolini rappresentano il 15 per cento dei rifiuti non riciclabili. Diverse associazioni si impegnano da anni nell'opera di diffusione della conoscenza dell'uso dei moderni pannolini lavabili, evidenziando quanto l'uso di questi prodotti generi un grande vantaggio economico per la collettività e anche per le famiglie. Tuttavia, bisogna scontrarsi con la realtà: la scelta dei pannolini lavabili non è possibile per molte mamme per i ritmi moderni e la difficoltà di conciliare il doppio ruolo di madri e donne lavoratrici. Per questo, è fondamentale garantire che i pannolini monouso siano prodotti sicuri.
Le chiediamo pertanto, e glielo chiediamo anche in qualità di madri, perché lei sa che in questo Parlamento ci sono sedute tantissime mamme, che sono preoccupate e attente alla salute dei nostri figli, a seguito dell'allarme francese, inerente al rilevamento di sostanze chimiche, talvolta in quantità superiore a quella di sicurezza, potenzialmente pericolose nei pannolini monouso per bambini, quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere, intervenendo presso le competenti sedi istituzionali, al fine di attivare, anche nel nostro Paese, un sistema di monitoraggio e controllo del fenomeno, così da scongiurare qualsiasi tipo di rischio a tutela della salute dei più piccoli, i nostri bambini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.
ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente, stimati onorevoli, per quanto la problematica segnalata nell'atto ispettivo in esame abbia ricevuto notevole eco solo di recente, in occasione del comunicato del Governo francese in data 23 gennaio 2019, sono lieto di illustrare le iniziative che il Ministero della Salute ha intrapreso ben prima di tale data, in relazione alla possibile presenza di sostanze chimiche nei pannolini e al potenziale rischio per i bambini.
Fin dal 2017 infatti il Ministero della Salute, tenuto conto di uno studio realizzato dall'associazione francese per la salute e l'ambiente, ha avviato un'indagine conoscitiva sui pannolini per bambini presenti nel territorio italiano. Nel corso dell'indagine, l'Istituto superiore di sanità, ha analizzato quattordici campioni di tredici differenti marche di tali prodotti, rilevando la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, IPA, su dodici di essi, a conferma di quanto evidenziato dall'Asef. Le quantità di idrocarburi policiclici aromatici determinate nei prodotti in questione sono risultate, tuttavia, ben al di sotto del valore limite fissato dal Regolamento europeo n. 1907 del 2006 “Reach”. Sulla base dei risultati analitici ottenuti e considerando che il limite normativo attualmente in vigore, ai sensi del Regolamento Reach, si basa su una valutazione del rischio quantitativa, specifica per la tipologia di popolazione vulnerabile esposta (in questo caso neonati e lattanti) e rappresenta pertanto una concreta misura di gestione del rischio per la salute che gli IPA possono costituire a causa delle loro caratteristiche di pericolosità, nel marzo 2018 l'indagine si è conclusa.
La questione, oggetto dell'interpellanza si interseca tuttavia con un'altra problematica, cui pure questo Ministero ha dedicato particolare attenzione. Sempre nel 2018 infatti anche la sicurezza dei prodotti per l'igiene femminile, come assorbenti igienici, proteggi slip, assorbenti interni e coppette mestruali, è stata oggetto di discussione in Europa, a seguito di studi condotti in Francia, Svezia e Danimarca, che hanno dimostrato la presenza di sostanze pericolose, ad esempio fragranze, pesticidi, diossine e furani in tali prodotti. Nel Giugno scorso, l'Agenzia francese per la salute e sicurezza dell'alimentazione, dell'ambiente e del lavoro, Anses, ha pubblicato un rapporto sui risultati di uno studio condotto su detti prodotti, che riporta la presenza di tracce di fragranze, idrocarburi policiclici aromatici e pesticidi cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione, nonché capaci di interferire con il sistema endocrino o di sensibilizzare la pelle. Alcuni dei pesticidi individuati, come il lindano e il quintozene sono vietati nell'Unione europea, ad eccezione di una fragranza, il butylphenyl methylpropional, (Lilial). Tali sostanze non sono state aggiunte intenzionalmente nei prodotti in questione, ma provenivano probabilmente da materie prime contaminate o erano sottoprodotti indesiderati risultanti dai processi di produzione quali trattamenti sbiancanti o processi di incollaggio. Anche uno studio dell'agenzia svedese delle sostanze chimiche riportava per 35 prodotti analizzati la presenza in tracce di sostanze pericolose, mentre uno studio sulle coppette mestruali, condotto dal Danish Consumer Council ha evidenziato l'emissione, da parte di questi prodotti, di consistenti quantità di sostanze organiche e volatili. In merito a tali circostanze, l'Unione europea sta tuttora raccogliendo informazioni sui rischi potenziali per la salute derivanti da queste sostanze nei prodotti in questione. Nelle more di dette attività di indagine, il Ministero della Salute, nell'ambito delle attività di ricerca a supporto dell'applicazione del Regolamento Reach, ha finanziato, a fine 2018, un'attività di studio propedeutica alla definizione della migliore misura regolatoria di gestione del rischio a livello europeo, concernente la presenza di sostanze pericolose in prodotti per l'igiene femminile e le connesse attività di informazione per sensibilizzare le imprese e i consumatori.
Tale progetto prevede una ricognizione delle varie tipologie di prodotti immessi nel mercato nazionale da sottoporre ad analisi per la determinazione delle sostanze di interesse, la valutazione del rischio nello scenario d'uso ragionevolmente prevedibile per i prodotti oggetto di studio, l'attuazione di attività di tutela della salute, anche mediante predisposizione di una proposta di restrizione di cui al regolamento REACH.
Concludo assicurando, alla luce di quanto di recente comunicato dal Governo francese in data 23 gennaio 2019, che questo Ministero valuterà l'estensione della menzionata ricognizione anche ai pannolini per bambini ed avvierà uno scambio di informazioni con gli istituti scientifici di altri Stati membri dell'Unione europea quali, ad esempio, l'Anses francese, con la Commissione europea e con l'Agenzia europea per le sostanze chimiche al fine di ottimizzare gli sforzi a tutela della salute
PRESIDENTE. La deputata Ianaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Galizia ed altri n. 2-00249, di cui è cofirmataria.
ANGELA IANARO (M5S). Grazie, Presidente. Sì, sono molto soddisfatta. Ringrazio il sottosegretario Bartolazzi proprio perché il problema sollevato dalla interpellanza di oggi, ovvero il ritrovamento di sostanze potenzialmente pericolose all'interno di pannolini monouso ma, in generale, sostanze pericolose per la salute umana assume un particolare rilievo ed è particolarmente grave perché la popolazione colpita, i neonati e i lattanti, è particolarmente fragile e vulnerabile. Il fatto poi che sia stata direttamente l'Anses, l'agenzia francese per la sicurezza sanitaria, per la sicurezza ambientale e del lavoro, a denunciare la presenza di IPA, idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi cancerogeni, mutageni e tossici per la riproduzione, già vietati dal 2004 nell'Unione europea, induce a ritenere che sarà effettivamente effettuata una forma di maggior controllo da parte delle competenti autorità d'Oltralpe, anche alla luce del fatto che tali sostanze non sono state intenzionalmente introdotte, a differenza dei profumanti di cui parlava la collega, ma che derivano, quindi, da una non una corretta esecuzione degli adeguati controlli legati al ciclo produttivo. Quindi, è importante sottolineare che è necessaria una maggiore accuratezza sulle fasi di controllo della produzione che dovrebbero, quindi, eliminare il problema delle materie prime utilizzate e contaminate. Quindi, il monito rivolto ai produttori, finalizzato ad effettuare controlli maggiori e più efficaci, in grado di tutelare al meglio la salute dei piccoli utilizzatori, intervenendo sui processi di produzione, è assolutamente necessario.
Un'altra importante notizia, che trovo estremamente rassicurante, è apprendere che il Governo abbia intenzione di avviare un'indagine conoscitiva sulla presenza delle suddette sostanze pericolose nei pannolini monouso, che andrà ad affiancarsi e ad integrare lo studio già avviato alla fine del 2018 volto a definire, a livello europeo, misure regolatorie comunitarie per la gestione dei rischi connessi alla presenza di sostanze potenzialmente pericolose all'interno dei prodotti destinati all'igiene intima femminile. Quindi, in qualità di donna, di mamma, mi sento particolarmente rassicurata.
Poi, ritornando al problema dell'interpellanza, ovvero alla richiesta di accertamento, vorrei sensibilizzare il Governo riprendendo le parole della collega Galizia sulla necessità di avviare campagne informative sull'utilizzo dei pannolini lavabili e compostabili che sicuramente, oltre ai già citati motivi di convenienza da un punto di vista economico perché sono sicuramente molto più economici, hanno un minore impatto ambientale. Abbiamo ricordato che c'è un utilizzo di circa 5 mila pannolini nei primi tre anni di vita, che producono una tonnellata di rifiuti, quindi un grosso impatto sull'ecosistema, ma sono soprattutto più sicuri ovviamente per la salute dei bambini, perché non sto qui a ricordare tutte quante le problematiche connesse con un non corretto utilizzo dei pannolini monouso che porta ad un incremento della temperatura di circa un grado ogni ora e, quindi, potenzialmente anche danni a livello dell'apparato urinario dei bambini.
D'altronde, come donna, come mamma, mi rendo perfettamente conto che non è sempre possibile conciliare, però avviare una campagna informativa lo ritengo un processo estremamente utile.
Per questo motivo accolgo con soddisfazione l'intenzione del Governo di accertare con rapidità, con accuratezza i casi di presenza di sostanze chimiche, e attivare le strutture che sono preposte a questo tipo di controlli nell'ambito del nostro Stato è assolutamente necessario, così come un monitoraggio costante e attento può rendere più sicuro l'uso di pannolini monouso e dei prodotti per l'igiene intima femminile affinché non presentino rischio alcuno e sia tutelata al meglio la salute delle donne e dei bambini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative di competenza volte ad assicurare l'efficienza, la funzionalità e la produttività dell'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno, con particolare riferimento alla selezione su base meritocratica delle figure dirigenziali - n. 2-00250)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vitiello e Schullian n. 2-00250 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Vitiello se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
CATELLO VITIELLO (MISTO-MAIE-SI). Grazie, Presidente. Illustro brevemente.
Sottosegretario, buongiorno. È noto a tutti, è noto a lei e è noto a me, e in quest'Aula penso tutti sappiano che la sanità in Campania versa in condizioni assai critiche, tanto da rendere la regione penultima per livelli essenziali di assistenza, e la principale causa di ciò è la precarietà gestionale e assistenziale. Un esempio di queste condizioni è rappresentato dall'azienda ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona” di Salerno, nella quale questo citato stato di precarietà sembra la regola in cui vengono gestiti i ruoli cruciali per il buon funzionamento del nosocomio, con un'innegabile ricaduta sui cittadini, sugli assistiti e naturalmente anche sugli studenti perché questa azienda ospedaliera è anche universitaria. In questa situazione, è attualmente in costruzione nella città di Salerno un nuovo plesso ospedaliero quale sede della citata azienda ospedaliera universitaria, nonché del prestigioso dipartimento di medicina dell'Università di Salerno. Il nuovo plesso certamente porterà lustro alla sanità salernitana. Si tratta naturalmente di una prospettiva importante e si auspica che a tutto quello che verrà di buono, dal punto di vista infrastrutturale, poi segua anche l'efficienza e il rispetto delle regole. Attualmente, purtroppo, la gestione dell'ospedale è ispirata ad altri principi. Ebbene, sappiamo che l'elemento cardine della funzionalità e della produttività di un'amministrazione pubblica sono l'attenta selezione su base meritocratica delle figure dirigenziali e da qui il paradosso di quello che sta accadendo e di quello che accade al Ruggi d'Aragona. Nell'azienda ospedaliera universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona”, appunto, l'attuale direttore sanitario occupa la posizione dirigenziale quale facente funzione, ex articolo 18 del contratto collettivo, che consente comunque la riproposizione di figure, naturalmente per una questione emergenziale, individuate ad hoc senza bandire alcun concorso. Il direttore generale non ha ancora bandito il concorso e tale posizione è ancora rivestita dallo stesso direttore sanitario da circa due anni, nonostante l'articolo 18 preveda che comunque si debba, ogni sei mesi, aggiornare e verificare la possibilità di bandire effettivamente il concorso. Viceversa, al Ruggi d'Aragona, quando i concorsi vengono regolarmente svolti, lo stesso direttore generale non provvede, da oltre un anno, alla nomina del legittimo vincitore: è una cosa assai grave.
Per quanto riguarda l'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione della medesima azienda la situazione è emblematica, visto che il concorso è stato bandito nel maggio 2017 ed espletato addirittura a gennaio dell'anno scorso, 2018, senza che ad oggi, a quanto risulta agli interpellanti, ovvero ad oltre un anno dalla conclusione delle operazioni concorsuali si sia proceduto alla nomina del primario da parte del direttore generale. Al primo posto della terna di idonei è risultata una professoressa di anestesiologia dello stesso dipartimento di medicina presso la medesima azienda, con grave ed evidente pregiudizio per gli studenti e per gli assistiti, nonché per il personale sanitario, guidato da anni da una figura dirigenziale precaria. Non vi sono motivazioni per tale mancata nomina, cioè, sottosegretario, non sappiamo ad oggi perché non è stato nominato. Il concorso è stato fatto, la nomina dovrebbe essere d'emblée rispetto alla prima della terna, ma questo ancora non è avvenuto, e tanto meno si è data indicazione per un secondo, magari motivando perché si è preferito il secondo rispetto al primo. Assolutamente nulla di tutto questo.
Alla professoressa associata, posizionatasi prima fra gli idonei - tra parentesi già abilitata addirittura all'ordinariato di anestesia dello stesso dipartimento - è stato attribuito, al momento del pensionamento del precedente primario, anche il primariato di anestesia a Cava dei Tirreni, plesso minore ma sempre di pertinenza dell'Azienda ospedaliera universitaria Ruggi d'Aragona, ove la professoressa, oltre all'attività sanitaria, svolge anche quella didattica, purtroppo con mezzi inadeguati e scarse risorse.
La cosa assurda di tutto questo discorso è che noi stiamo parlando di un interno, cioè di qualcuno che, all'interno della medesima azienda, già è medico, già è primario facente funzioni del plesso minore e, addirittura, è professoressa associata con l'abilitazione all'ordinariato. Nonostante l'esito del concorso, quindi, il direttore generale, tale Giuseppe Longo - che non conosco personalmente -, allo stato, a giudizio degli interpellanti, senza alcun valido motivo, non procede a nominare il primario dell'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione dell'Azienda ospedaliera universitaria Ruggi d'Aragona.
Allora, noi vorremmo sapere innanzitutto se il Ministro è a conoscenza di questa situazione e poi quali iniziative - naturalmente ben conoscendo che è tutto di competenza del commissario ad acta alla sanità in Campania - voglia intraprendere il Ministro per evitare quelli che, a giudizio degli interpellanti, risultano essere atti che nascondo dannosi personalismi, che potrebbero danneggiare gravemente un importantissimo e alquanto delicato servizio reso ai cittadini nella sanità pubblica, in particolare quella campana.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.
ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Presidente, onorevole Vitiello, innanzitutto voglio premettere che questo Ministero è estremamente sensibile alla questione da lei posta e le garantisco che approfondirà il tema nelle sedi più opportune.
Preliminarmente, però, occorre evidenziare che le questioni poste dagli interroganti afferiscono ad ambiti di stretta competenza regionale; inoltre, su tali questioni non sono pervenute segnalazioni prima del presente atto ispettivo.
Il Ministero della salute, dunque, al fine di poter corrispondere alle richieste degli interroganti, ha dovuto acquisire elementi informativi direttamente dalla regione Campania, la quale ha innanzitutto voluto precisare che, contrariamente a quanto sostenuto nell'interrogazione, il direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno è stato regolarmente nominato con atto deliberativo del direttore generale aziendale. A tal riguardo occorre ricordare che nell'ordinamento vigente tale incarico è conferito dal direttore generale ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre anni e non superiore ai cinque, rinnovabile e stipulato in osservanza delle norme del codice civile.
Relativamente all'ulteriore questione connessa alla mancata nomina del direttore di struttura complessa di anestesia e rianimazione da parte della stessa Azienda ospedaliera universitaria, ad oltre un anno dalla conclusione delle operazioni concorsuali, si rammenta che la disciplina normativa per il conferimento degli incarichi di struttura complessa degli enti del Servizio sanitario nazionale è contenuta nel DPR n. 484 del 1997 e nell'articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992. In particolare, l'articolo 4 del decreto-legge 13 settembre 2012 n. 158, convertito con modificazioni dalla legge dell'8 novembre 2012 n. 189, nell'integrare il predetto articolo 15 con il comma 7-bis, ha introdotto rilevanti novità in ordine ai criteri e alle procedure di attribuzione degli incarichi di struttura complessa. Relativamente al conferimento degli incarichi ai dirigenti sanitari appartenenti al Servizio sanitario nazionale, le lettere a) e b) della richiamata disposizione prevedono che la selezione sia effettuata da una commissione composta dal direttore sanitario e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire, individuati tramite sorteggio da un elenco nazionale nominativo, costituito dall'insieme degli elenchi regionali dei direttori di struttura complessa dei ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale e che il direttore generale individui il candidato da nominare nell'ambito della terna predisposta dalla Commissione; ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il miglior punteggio, deve motivare analiticamente la scelta.
L'Azienda di Salerno è annoverata tra le aziende ospedaliere universitarie e, in quanto tale, soggiace a una speciale disciplina di settore, dettata dal decreto legislativo n. 517 del 1999. In base a quanto previsto dal citato decreto legislativo, nell'ambito delle aziende ospedaliere universitarie sono presenti strutture complesse a direzione ospedaliera e strutture complesse a direzione universitaria. Per queste ultime, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 517 del 1999, nel dettare disposizioni in materia di personale, al comma 5, prevede che l'attribuzione e la revoca ai professori e ai ricercatori universitari dell'incarico di direzione di una struttura è effettuata dal direttore generale di intesa con il rettore, sentito il direttore di dipartimento, mentre non sono prescritte le procedure previste dalle disposizioni sopra indicate per l'attribuzione degli incarichi di struttura complessa nelle aziende del Sistema sanitario nazionale.
Peraltro, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, con il documento Linee guida recante i criteri generali per l'applicazione dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge del 13 settembre 2012 n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 n. 189, ha precisato che, riguardo all'attribuzione degli incarichi di struttura complessa di direzione universitaria, ciascuna regione, fermo restando quanto previsto dalle lettere c) e d) dell'articolo 15, comma 7-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, può promuovere, secondo i rispettivi ordinamenti, la regolamentazione delle procedure per l'attribuzione degli incarichi di struttura complessa di direzione universitaria nelle aziende ospedaliere universitarie e negli altri enti ove siano presenti strutture a direzione universitaria, al fine di garantire l'applicazione dei medesimi princìpi previsti nel decreto-legge n. 158 del 2012.
Dagli elementi forniti dalla regione Campania emerge che la procedura in esame concerne il conferimento di un incarico di struttura complessa a conduzione ospedaliera, in quanto unica procedura ad oggi non portata a termine. Poiché nell'ambito della terna degli idonei si sarebbe collocata al primo posto una docente universitaria che, a quanto consta, già ricopre presso la medesima azienda un incarico di struttura complessa a conduzione universitaria, la regione riferisce di aver avviato approfondimenti sulla posizione giuridica della stessa con il competente ufficio legale dell'università, al fine di verificare possibili situazioni di incompatibilità.
Restando pertanto impregiudicata ogni valutazione sulla congruità dei tempi rappresentati dalla regione per portare a conclusione le procedure per il conferimento dell'incarico, sulla base degli elementi forniti dalla regione stessa, in merito ai quali occorre precisare che il Ministero della salute, proprio in ragione delle pregnanti prerogative regionali, non detiene particolari strumenti di verifica, non sembrano emergere violazioni delle disposizioni regolanti la materia.
PRESIDENTE. Il deputato Catello Vitiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
CATELLO VITIELLO (MISTO-MAIE-SI). Grazie, Presidente. Assolutamente no, perché io sono ben consapevole - e l'ho detto anche in premessa - che certamente la sanità è appannaggio della regione: ci mancherebbe altro. Tuttavia, qui bisogna esercitare un controllo e una verifica in concreto di quello che nella fattispecie non si fa. Quello che le è stato detto - non so da chi, sottosegretario - è parzialmente vero: è vero che c'è quell'articolo 5, ma non le hanno detto che nel bando di concorso non si faceva riferimento a questo, cioè non c'era questa preclusione; è vero che c'è questo articolo 5, comma 16 - insomma, ho ben presente quel decreto legislativo - però non le hanno detto e non le hanno spiegato che questa normativa vige soltanto quando - e non va neanche richiamata nei bandi - al concorso il docente universitario partecipa all'interno di un'azienda esclusivamente ospedaliera, mentre il Ruggi d'Aragona non è questo. Quindi costoro non possono assolutamente trincerarsi dietro una disposizione normativa che non appartiene e non apparterrà al Ruggi d'Aragona! Allora, le pongo una domanda, che poi è quella che mi sono fatto fin dall'inizio: ma se è vero tutto questo, serve tempo per fare questi approfondimenti? E quanto tempo?
Una settimana, un mese? È passato un anno e quasi un mese dall'espletamento del concorso, bandito due anni prima, cioè due anni fa, a maggio del 2017, come ho già detto! E allora, sottosegretario, io davvero non riesco a comprendere. Ho apprezzato tanto quello slogan che il MoVimento da ieri sta utilizzando: “quello che diciamo facciamo”. L'ho apprezzato perché è veloce, immediato e ci fa capire che, tutto sommato, c'è chi vuole rimboccarsi le maniche, però c'è un problema, un risvolto negativo: e quello che non dite? C'è quello che non dite o che fate finta di non sentire rispetto a una problematica reale!
Io sono, naturalmente, consapevole del fatto che il MoVimento 5 Stelle in Campania sta facendo tantissimo. Conosco personalmente alcuni consiglieri regionali che si stanno veramente battendo contro il sistema sanitario per come viene gestito. Però, evidentemente, questo non basta e ci vuole un controllo dall'alto, sottosegretario: bisogna comprendere, bisogna ispezionare, bisogna andare a fondo delle questioni!
Io ne approfitto oggi perché c'è anche il sottosegretario Ferraresi insieme a lei. Si è parlato tanto di anticorruzione, di prescrizione e di quale sia l'antidoto: è uno solo! Mi rivolgo a entrambi i sottosegretari: è la meritocrazia! C'erano dei giovani qui - vengono ogni giorno - e mi dispiace se ne siano andati, ma noi dobbiamo ciò ai nostri figli e ai nostri ragazzi. L'unica regola vera è che chi merita va avanti!
E, allora, diciamo a questa professoressa che lei ha vinto il concorso, certamente, ma non può andare avanti. Non può andare avanti perché deve naturalmente sottostare a criteri di illogica quotidianità della sanità campana. Non è giusto ed è un'ingiustizia che noi possiamo in qualche modo curare e dobbiamo farlo. Ricordiamoci la meritocrazia. Perché dimentichiamo il valore? Chi è capace e chi studia per diventare capace, deve andare avanti e merita di andare avanti. Questo dev'essere un sillogismo che deve appartenere al Governo del cambiamento e io mi aspetto ciò dal Governo del cambiamento rispetto a quello che non è stato fatto fino ad ora, rispetto a quanto leggiamo sulle macerie della sanità campana.
Io so che in Campania tante cose sono state fatte anche in maniera egregia, per esempio, ci sono alcune infrastrutture come il plesso che si sta costruendo a Salerno, ma non è soltanto un problema di infrastrutture, sottosegretario: non è soltanto quello perché c'è anche un problema di qualità della sanità. Lo dicevo anche al Ministro Bonafede: noi ragioniamo sempre sui numeri e sulle quantità, ma non è soltanto questo a fare la differenza. Se vogliamo fare la differenza, facciamola sulla qualità del prodotto. Abbiamo un concorso ed è stato vinto, ma perché fino ad oggi non ci hanno detto: “Va bene, preferiamo il secondo perché tu, professoressa universitaria, sei troppo brava e non puoi fare il primario, nonostante tu già lo faccia”. Attenzione, anche su questo passaggio - perché nonostante l'incipit della sua nota, che non è sua, in realtà, ma è quella che le hanno trasmesso dalla regione Campania e non so a firma di chi sia - a me non interessa del direttore sanitario perché conosco il codice civile e le ho citato io quell'articolo 18, quindi ne ero ben consapevole. Non mi interessa neanche il motivo di tutto ciò, ma è un paradosso, tutto ciò è emblematico di un paradosso che si verifica nella sanità campana.
A me sta bene se dice che bisogna correre ai ripari, che non abbiamo il tempo per fare i concorsi e quindi che affidiamo, ex articolo 18, certe mansioni, mansioni che, peraltro, le voglio dire, non sono di natura privatistica - e mi perdonerà che io le sottolinei ciò - in quanto quello che le hanno detto alla regione è valido fino a un certo punto. Infatti noi possiamo mutuare ragioni privatistiche perché c'è un'emergenza a cui sopperire, ma quando passano gli anni l'emergenza - almeno il senso e la percezione di questa emergenza - comincia a stemperarsi rispetto alla capacità di poter bandire un concorso e di dire che chi merita avrà quel posto. Però, questo non avviene e non viene espletato il concorso! Benissimo, d'accordo, avranno le loro ragioni, rispettabilissime, però poi mi devono spiegare perché, quando il concorso si fa, serve oltre un anno per darci una risposta e oggi a lei dicono: “Noi stiamo approfondendo”.
Ma cosa significa “approfondire”? Una risposta gliel'hanno data, laddove hanno detto: “No, non lo può fare perché è professoressa universitaria”. Allora, lo mettessero nero su bianco e dessero la possibilità alla professoressa di impugnare! Ma di che cosa hanno paura? Di cosa hanno paura? Glielo dico io, sottosegretario: hanno paura del merito!
(Iniziative ispettive urgenti presso il carcere di Viterbo, a tutela dei diritti dei detenuti - n. 2-00247)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00247 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Riccardo Magi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi, secondo quanto denunciato dalla moglie, il detenuto Giuseppe De Felice, trentunenne ristretto nel carcere di Viterbo, sarebbe stato picchiato selvaggiamente dagli agenti penitenziari. De Felice, precedentemente recluso a Rebibbia, era nel carcere di Viterbo da circa un mese e si trovava nel quarto piano D1, quando, come riferito dalla moglie e riportato da un articolo del quotidiano Il Dubbio, dell'8 dicembre 2018, “….gli hanno perquisito la cella, messo a soqquadro tutto e hanno calpestato la foto che ritraeva noi due. Mio marito ha reagito urlandogli contro e prendendoli a parolacce”. A quel punto un agente penitenziario lo avrebbe portato sulla rampa delle scale e una decina di agenti penitenziari, senza farsi vedere in volto, lo avrebbero massacrato di botte. De Felice ha raccontato alla moglie che gli agenti avrebbero indossato dei guanti neri e una mazza bianca per picchiarlo. Poi, lo avrebbero portato in infermeria, ma senza visitarlo, dopodiché lo avrebbero messo in isolamento per un'ora.
Il capogruppo di +Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio, Alessandro Capriccioli, si è recato in visita ispettiva presso la Casa circondariale di Viterbo e ha incontrato il detenuto in questione, che ha ribadito la versione dei fatti riportata dalla moglie.
La moglie di De Felice ha poi contattato Rita Bernardini, del Partito Radicale, che ha inviato una segnalazione urgente agli organismi preposti, al Garante nazionale, Mauro Palma, e a quello regionale, Stefano Anastasia, oltre che al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al direttore del carcere di Viterbo, pregandolo di verificare quanto denunciato dalla signora e di far visitare urgentemente il detenuto, in modo da mettere agli atti della sua cartella clinica il relativo referto, come è previsto dalla legge. Si tratterebbe, se confermato, di un episodio gravissimo, tra l'altro in un carcere che ha fama di essere un istituto “punitivo” e in cui negli ultimi mesi si sono verificati due suicidi.
Nel giugno 2018 il Garante regionale per i diritti delle persone private della libertà, Anastasia, ha presentato un esposto alla procura di Viterbo nel quale si legge che diversi detenuti da lui incontrati in quel carcere hanno riferito di essere stati vittime di violenze per mano di agenti di polizia penitenziaria. Una parte di essi mostrava “…segni evidenti di contusioni e lacerazioni sul corpo”. Si riportavano, poi, le testimonianze di detenuti - tutti stranieri - che descrivevano modalità e dettagli tali da rendere credibili i racconti. Le vittime sostenevano, inoltre, di non essere state visitate da medici se non dopo diversi giorni o, in altri casi, addirittura dopo diversi mesi.
Sono, inoltre, in corso delle indagini per il suicidio di un detenuto italiano, avvenuto quest'estate. A quanto si apprende, sempre, dall'articolo sempre del quotidiano Il Dubbio, già citato, i vicini di cella avrebbero chiesto agli agenti di intervenire dopo che il detenuto, in stato di forte agitazione, aveva urlato che si sarebbe suicidato, ma gli agenti avrebbero sottovalutato il problema e sarebbero tornati dopo due ore, quando ormai il ragazzo era morto con il cappio ricavato dal lenzuolo.
Sempre a Viterbo, il 23 luglio 2018, si è suicidato Hassan Sharaf, un egiziano di 21 anni, che avrebbe finito di scontare la pena il 9 settembre, ma è stato trovato impiccato nella cella di isolamento dove era stato trasferito da appena due ore. Il ragazzo, durante la visita di una delegazione del Garante regionale dei detenuti, mostrò all'avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia che lo avrebbero picchiato il giorno prima. Il Garante Anastasia ha fatto un esposto sulla vicenda di Hassan, che aveva riferito al Garante di avere “molta paura di morire”. Ad oggi non è noto se la procura competente abbia avviato o meno le indagini per verificare l'accaduto.
Secondo quanto riportato da un articolo de Il Dubbio dell'11 dicembre, la moglie di De Felice ha ricevuto una sua lettera nella quale il marito ha scritto di essere stato visitato e che gli è stata diagnosticata la perdita di udito in un orecchio. Sulla vicenda riportata non vi è stata alcuna dichiarazione da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, né da parte del Ministro interpellato. Evidentemente è necessario che le autorità competenti facciano rapidamente luce sull'accaduto, perché avere certezza sulle reali condizioni e sul rispetto dei diritti negli istituti penitenziari è una priorità che non riguarda solamente i detenuti ma tutti i cittadini.
Siamo, quindi, a chiedere se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interpellato non ritenga di dover promuovere con urgenza un'ispezione presso il carcere di Viterbo per verificare il rispetto della legge e dei diritti dei detenuti, diritti garantiti dalla nostra Costituzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza urgente in oggetto gli onorevoli interpellanti fanno riferimento ad un articolo pubblicato lo scorso mese di dicembre sulla testata giornalistica Il Dubbio, avente ad oggetto la denuncia della moglie di De Felice Giuseppe, soggetto ristretto nel carcere di Viterbo, relativa ad una grave aggressione che quest'ultimo avrebbe subito ad opera di agenti di polizia penitenziaria, i quali, dopo aver messo a soqquadro la cella nel corso di una perquisizione, calpestando anche una foto di famiglia, muniti di guanti neri e di una mazza bianca, lo avrebbero picchiato selvaggiamente, conducendolo successivamente in infermeria ma senza sottoporlo a visita, per poi collocarlo in isolamento per un'ora.
Gli onorevoli interroganti, nel richiamare altresì un esposto presentato alla procura di Viterbo lo scorso mese di giugno dal Garante regionale per i diritti dei detenuti, Stefano Anastasia, per presunti atti di violenza che diversi detenuti da lui incontrati lamentano di aver subito per mano di agenti di polizia penitenziaria, nonché i suicidi di un detenuto italiano e di un detenuto egiziano recentemente consumatisi nel medesimo istituto, chiedono di sapere se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interpellato non ritenga il dover promuovere con urgenza un'ispezione presso il carcere di Viterbo per verificare il rispetto della legge e dei diritti dei detenuti, garantiti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, al fine di evitare in futuro il ripetersi dei fatti riportati in premessa.
Va preliminarmente osservato che tutte le vicende menzionate nell'interpellanza sono attualmente al vaglio della procura della Repubblica di Viterbo, presso cui sono stati iscritti distinti fascicoli. In particolare, con riferimento alle percosse e alle lesioni denunciate dal detenuto De Felice, è stato iscritto un procedimento penale a carico di ignoti. Secondo gli elementi informativi forniti dalla procura di Viterbo, nel rispetto dei limiti del segreto investigativo, ovviamente, sono in corso le indagini volte alla compiuta ricostruzione dei fatti e all'individuazione degli agenti coinvolti. A tal fine, sono state raccolte dichiarazioni sia dalla persona offesa, unitamente alla quale si è proceduto anche con un sopralluogo, onde verificare in quali spazi sia avvenuto il presunto pestaggio, che da altre persone informate sui fatti, e si è proceduto all'acquisizione delle immagini video disponibili e alla documentazione sanitaria di interesse.
Con riferimento al suicidio di un detenuto italiano avvenuto quest'estate presso la medesima struttura, la vicenda in questione attiene al suicidio, mediante impiccagione, avvenuto il 21-05-2018 del detenuto Di Nino Andrea. Sempre in base alle informazioni fornite dalla procura di Viterbo, anche in tal caso risulta iscritto un procedimento penale a carico di ignoti, nell'ambito del quale si è proceduto ad assumere informazioni dalle persone presenti ai fatti, a requisire documentazione sanitaria e ad espletare consulenza medico-legale al fine di accertare le cause ed i tempi del decesso. Si è, inoltre, proceduto a un'ulteriore attività di consulenza medico-legale e psichiatrica, al fine di verificare se l'evento fosse in qualche modo prevedibile e scongiurabile.
In relazione, poi, al tentativo di impiccagione posto in essere dal detenuto egiziano Sharaf Hassan, mentre lo stesso si trovava ristretto presso la sezione ROT – cosiddetto isolamento –della casa circondariale di Viterbo, è stato aperto un procedimento penale a carico di ignoti, ipotizzando il reato di cui all'articolo 580 del codice penale: istigazione o aiuto al suicidio. Occorre chiarire che il pronto intervento del personale di polizia penitenziaria e di quello sanitario permetteva, negli istanti immediatamente successivi, di rianimare il detenuto, che veniva trasportato d'urgenza presso il reparto di rianimazione dell'ospedale Belcolle, di Viterbo, dove il 30 luglio scorso veniva dichiarato clinicamente morto – morte cerebrale con cuore battente – e rimaneva collegato ai macchinari, che la tenevano in vita fino al giorno successivo, quando il suo cuore cessava di battere. Nel corso delle indagini veniva acquisita tutta la documentazione sanitaria, e nell'interesse si procedeva a perizia necroscopica sul cadavere. Venivano, altresì, acquisite le immagini di sorveglianza interna della casa circondariale, le telefonate intercorse tra il detenuto e la madre – unica persona con la quale egli aveva contatti durante il periodo di detenzione – e le lettere ricevute. Inoltre, la polizia giudiziaria, delegata alle indagini, provvedeva all'escussione di numerose persone informate sui fatti.
Per ciò che riguarda il procedimento relativo agli ulteriori detenuti indicati nell'esposto presentato da Stefano Anastasia, secondo quanto precisato dalla procura di Viterbo, è stato aperto un fascicolo, allo stato, per fatti non costituenti notizia di reato, cosiddetto “modello 45”, nel cui ambito è stata acquisita documentazione amministrativa e sanitaria al fine di vagliare eventuali ipotesi di reato. Sono tuttora in corso degli accertamenti. Va rimarcato, però, che, a seguito dell'insediamento dell'attuale formazione governativa, lo scorso mese di giugno questo Ministero si è prontamente attivato nell'ambito delle proprie competenze.
In particolare, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per il tramite della direzione generale dei detenuti e del trattamento, in data 31-7-2018, subito dopo il decesso del detenuto egiziano Sharaf Hassan, dava disposizione al provveditorato regionale del Lazio di eseguire un'indagine ispettiva volta a ricostruire le cause e le modalità dell'evento, dei cui esiti si è tuttora in attesa. In data 11-12-2018, a seguito della pubblicazione dell'articolo relativo all'aggressione che avrebbe subito il De Felice, il dipartimento dall'amministrazione penitenziaria richiedeva all'ufficio competente di effettuare le verifiche necessarie alla ricostruzione degli eventi. In data 14-12-2018, il predetto ufficio richiedeva al provveditorato regionale di procedere, con urgenza, allo svolgimento degli accertamenti ispettivi in merito alla vicenda, previo nulla osta della competente autorità giudiziaria, che, come sa, e necessario.
Il provveditorato del Lazio comunicava che, allo stato, l'autorità giudiziaria di Viterbo ha aveva ancora rilasciato il nulla osta allo svolgimento degli accertamenti ispettivi richiesti, in quanto sono tuttora in corso attività di indagini.
In conclusione, preme evidenziare che, rispetto alle questioni legate alle varie criticità del circuito penitenziario, massimo è il livello di attenzione di questo Dicastero, che, con specifico riferimento alle vicende in esame, si riserva sin da ora l'adozione di ogni più incisiva e mirata iniziativa in relazione a quelli che saranno gli esiti degli accertamenti ispettivi intrapresi e quelli che si vorranno intraprendere.
PRESIDENTE. Il deputato Riccardo Magi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario. Evidentemente, la richiesta di una ispezione da parte del DAP - ispezione che era già stata disposta e avviata - trova una soddisfazione appunto nel fatto che questa ispezione era stata avviata, ma il fatto è che, a distanza di mesi, non ha avuto conclusione, anche per i motivi che ha detto il sottosegretario, e che, nel frattempo, si continuino a ripetere casi gravissimi e tragici, gli stessi casi, i casi di suicidi che vedono lì una frequenza assolutamente preoccupante. Ogni suicidio che avviene nelle nostre carceri è preoccupante, ma quando abbiamo una frequenza di questo tipo nello stesso istituto penitenziario, e quando abbiamo una sequenza di atti denunciati, addirittura denunciati dalle istituzioni preposte, è evidente che c'è qualcosa di grave e qualcosa che non va.
L'attività ispettiva del Ministero è importante e può avere un effetto anche al di là di quello che è il lavoro, parallelo, delle procure. Luigi Manconi, poco tempo fa, ha potuto descrivere con parole che non potrei trovarne di migliori la questione del carcere di Viterbo: «La leggenda nera dell'istituto penitenziario di Viterbo sembra ancora più antica nel tempo, intessuta di violenze e autolesionismo, di paura e omertà. È come se costituisse una sorta di zona franca, un territorio di impunità che sopravvive ai cambi di direttori e persino di comandanti della polizia penitenziaria. E colpiscono soprattutto la reiterazione e ciò che appare come l'inarrestabile riprodursi all'infinito del fenomeno».
Quello che a me appare molto grave - e potrei qui entrare anche nel merito della politica che questo Governo sta adottando nei confronti delle carceri - è che noi abbiamo, se allarghiamo un po' il campo, una criticità di sovraffollamento, che è tornata, anche qui, in maniera preoccupante, abbiamo situazioni che rendono nei fatti impossibile accedere a misure alternative. Questo Governo ha portato a termine una riforma dell'ordinamento penitenziario che è mancante proprio di quella parte, della parte più importante su cui il precedente Governo aveva lavorato. Non è sufficiente dire: costruiremo nuove carceri, perché basti vedere quante carceri servirebbero e che tipo di investimento finanziario servirebbe, oltre a comprendere che quella delle misure alternative è l'unica vera soluzione per evitare la recidiva e per dare veramente attuazione alle nostre leggi e al nostro dettato costituzionale.
Ma, tornando sul caso specifico di Viterbo - e concludo -, quello che più ci ha lasciati di stucco è stato il silenzio del Ministero; il silenzio del Ministero di fronte alle cronache in cui si denunciavano questi fatti e di fronte ad altre denunce di soggetti istituzionali come i garanti dei detenuti.
Il fatto che sia stata aperta un'ispezione nel mese di luglio scorso evidentemente è un fatto positivo; il fatto che questa ispezione non sia ancora conclusa e non si sia arrivati a nulla è assolutamente negativo.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Interventi di fine seduta
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sensi. Ne ha facoltà.
FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Tanto tuonò che piovve: ieri l'Istat ha certificato che l'ingresso dell'Italia in una preoccupante recessione coincide, ma tu guarda, con la presa di Palazzo Chigi, anzi, del balcone di Palazzo Chigi, - ricorda, Presidente, l'abolizione della povertà: appare un secolo, era solo qualche settimana fa - da parte del Governo Lega-5 Stelle, anzi, prima era 5 Stelle-Lega, oggi i numeri dei sondaggi hanno portato a una bruciante, per il MoVimento 5 Stelle in caduta libera, inversione di ruolo. Oggi, però, a danno si è sommato danno: la informo, infatti, Presidente, che l'indice che riguarda il settore manifatturiero, settore strategico per la nostra economia, fa registrare questa mattina il valore più basso da cinque, sottolineo, cinque anni a questa parte; il più basso dal maggio 2013, il sesto mese consecutivo di contrazione degli ordinativi.
Sei mesi: ci fa venire in mente qualcosa? Una frenata preoccupante, che dovrebbe spingere l'Esecutivo a fare rapidamente la sua parte, se ne è capace; temo di no, viste le baldanzose dichiarazioni del Presidente Conte, che parla adesso di un bellissimo, sic, 2019 e di ripresa incredibile. Traduco: non credibile. L'inverno non sta arrivando, Presidente, è arrivato; occhio allo spread di oggi. E il brutto è che rischia di somigliare a una manovra bis sulla pelle degli italiani e a una sonora patrimoniale, del cambiamento, si intende.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. Vorrei richiamare all'attenzione dell'Aula e della Presidenza, in particolare, per chiedere che vi sia un intervento sul Governo, sulle dichiarazioni che sono appena state rese, pochi minuti fa, al di fuori di quest'Aula, da parte del Vicepresidente Di Maio, il quale, dopo avere terminato il suo intervento questa mattina sulle interpellanze urgenti, conversando con i giornalisti, ha dichiarato che è intenzione del Governo italiano non riconoscere né il Governo venezuelano guidato da Guaidò né il Governo guidato da Maduro. Ora, signora Presidente, c'è un limite a tutto: alle parole, alle parole in libertà, anche alle stupidaggini.
Però ci sono parole che pesano e hanno delle conseguenze immediate. Dire che noi non riconosciamo il Governo Maduro significa avere come conseguenza il ritiro dell'ambasciatore dal Venezuela. È questo che il Governo italiano intende fare? Noi abbiamo, in queste drammatiche ore del Venezuela, 140 mila nostri concittadini che rischiano, per queste parole in libertà, di non avere più dei punti di riferimento. Dove si rivolgono questi nostri concittadini? E, più in generale, qual è la posizione del Governo? Stiamo assistendo in queste ore a tante parole in libertà…
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ENRICO BORGHI (PD). …contraddittorie fra loro - concludo, signora Presidente - e l'unico che non parla è il Ministro degli affari esteri. Allora, noi abbiamo depositato - ne approfitto per comunicarlo alla Presidenza - una mozione: chiederemo l'immediata calendarizzazione, dev'essere chiara qual è la posizione dell'Italia sotto questo profilo, ma chiediamo che venga immediatamente messo fine a questo balletto delle posizioni, le cui conseguenze rischiano di essere pagate dai nostri concittadini.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 5 febbraio 2019 - Ore 11:
(ore 11, con votazioni non prima delle ore 15)
1. Discussione del disegno di legge:
S. 989 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione (Approvato dal Senato). (C. 1550)
La seduta termina alle 12,20.