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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 28 marzo 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI e XI Commissione,

   premesso che:

    l'Italia è penultima nella classifica europea rispetto alla percentuale di donne che lavorano, che non arriva al 49 per cento;

    nell'arco della loro vita, le lavoratrici guadagnano meno degli uomini, perché lavorano un minor numero di ore retribuite e sono meno rappresentate in quei ruoli e settori, rispetto ai quali vengono riconosciute fasce retributive più elevate;

    a ciò si aggiunge la notoria disparità retributiva tra lavoratori e lavoratrici, in danno a queste ultime, che rispetto a medesime qualifiche, ma spesso anche a posizioni lavorative migliori, non vedono riconosciute in eguale modo le loro competenze da un punto di vista salariale. Ciò in evidente violazione dell'articolo 37 della Costituzione che stabilisce: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore»;

    al riguardo, secondo l'ultimo Global Gender Gap Report 2018 redatto dal World Economic Forum (WEF) che classifica gli Stati in base al gender pay gap ovvero la discrepanza in opportunità, status e attitudini tra i due sessi, pur avendo fatto qualche progresso, Italia resta molto indietro nel divario tra donne e uomini rispetto ai maggiori Paesi avanzati, poiché si colloca al 70esimo posto su 149 Paesi, dall'82esimo del 2017;

    ed ancora, molte lavoratrici sono costrette ad interrompere la loro carriera per la mancanza di adeguate politiche sociali, che spingono a rinunciare alla propria professione, per potere accudire i figli e/o assistere un parente anziano;

    secondo gli ultimi dati forniti dall'Ispettorato nazionale del lavoro su 29.879 donne che si sono licenziate, in un anno, 24.618 hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il proprio figlio, quali costi elevati neonatali e per l'infanzia, mancanza di nidi accessibili, difficoltà di conciliare lavoro e famiglia;

    analizzando la qualifica delle donne che lasciano il lavoro, emerge chiaramente che sono quelle che guadagnano di meno, tra operaie ed impiegate, ad essere costrette, di fatto, a dimettersi poiché, con stipendi bassi appare ancora meno conveniente sopportare i costi per far accudire i figli e gestire ogni altra incombenza legata al nucleo familiare, mentre si è a lavoro;

    ebbene, tale assurdo scenario rende urgente l'introduzione di provvedimenti normativi con l'obiettivo di eliminare le disparità che danneggiano la condizione della donna in ambito lavorativo, intervenendo rispetto ai più profili, per contrastare preventivamente il gap retributivo di genere, favorire l'accesso e le progressioni in carriera delle donne nell'ambito del mercato del lavoro, realizzare pienamente la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro;

    in particolare, per quanto concerne le misure per conciliare i tempi di vita e lavoro, vanno introdotti provvedimenti che garantiscano ai padri una maggiore presenza nell'assistere i figli, al fine di sanare lo squilibrio nelle normative inerenti la genitorialità;

    tali iniziative sono prioritarie, anche considerando che la mancata o non piena partecipazione delle donne nel mondo del lavoro si configura come un danno per la società intera e contribuisce allo stato di crisi economica che vede l'impoverimento di molte famiglie;

    ma vi è di più, per comprendere quanto sia prioritario un intervento del Governo in materia, si mette in evidenza quanto segue. L'indipendenza economica è presupposto fondamentale per ogni individuo affinché possa essere concretamente libero nelle proprie scelte di vita, è chiaro che, l'assenza di adeguate politiche sociali, che non consente a molte donne di essere autosufficienti sotto tale profilo pone, conseguentemente, le stesse in una condizione di assoggettamento ai propri partner. Sul punto, non a caso, nell'ambito dei fenomeni di violenza sulle donne in famiglia è molto spesso la mancanza di indipendenza economica che impedisce alle donne di lasciare uomini violenti e di garantire alternative sostenibili per se stesse e per i loro figli,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per contrastare ogni atto di discriminazione che in ragione del sesso, dello stato di gravidanza, nonché di maternità ovvero in ragione dell'esercizio dei connessi diritti, pone, anche solo potenzialmente, la lavoratrice in una condizione di svantaggio rispetto agli altri lavoratori o ne limiti la partecipazione alla vita o alle scelte aziendali ovvero ne ostacoli l'accesso alle procedure di progressione in carriera;

   ad adottare iniziative normative per superare il divario retributivo che sussiste tra lavoratori e lavoratrici, anche prevedendo specifiche procedure di controllo e monitoraggio, in conformità all'articolo 37 della Costituzione;

   a porre in essere iniziative che implementino il ruolo dei padri nella genitorialità e, dunque, in termini di condivisione della cura dei figli, riconoscendo agli stessi, tra l'altro, un maggior numero di giorni di congedo parentale;

   a porre in essere iniziative normative affinché, ai fini del raggiungimento del requisito pensionistico, i contributi figurativi riconosciuti alla lavoratrice per i periodi di tutela della maternità e per quelli di assistenza e cura del coniuge o del parente di primo grado siano moltiplicati per due;

   ad adottare iniziative per prevedere degli incentivi fiscali ai datori di lavoro e alle imprese per la realizzazione di opere finalizzate all'erogazione del servizio socio-assistenziale per la prima infanzia, da svolgere nei luoghi di lavoro a beneficio delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno prole;

   ad adottare iniziative per prevedere delle agevolazioni fiscali per l'acquisto di prodotti neonatali e per l'infanzia (a titolo di esempio: pannolini, alimenti, prodotti per l'igiene).
(7-00219) «Rizzetto, Osnato».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    è stato siglato dalla Conferenza unificata, nel dicembre 2010 l'accordo concernente «Linee d'indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo»;

    tale accordo menziona, nell'allegato 4:

     le prime linee guida sul taglio cesareo del 2010 (aggiornate poi nel 2014) finalizzate al miglioramento nella comunicazione tra le donne e gli operatori sanitari sulle modalità del parto;

     le raccomandazioni rivolte ai professionisti della salute coinvolti nel percorso di assistenza alla nascita e alle donne, per i quali è stata predisposta una versione a loro rivolta dal titolo «Taglio cesareo solo quando serve»;

    la linea guida 19 del Ministero della salute (aggiornata nel 2014) contengono un elenco di raccomandazioni per gli operatori sanitari che devono fornire alle donne le conoscenze adeguate a sostegno di scelte consapevoli sul parto;

    in particolare, le raccomandazioni indicano che tutte le donne in gravidanze devono ricevere informazioni, basate su prove scientifiche, in merito al taglio cesareo che includono tra l'altro:

     le indicazioni assolute e relative al taglio cesareo;

     i potenziali benefici e danni associati al taglio cesareo per la salute della donna e del neonato;

     le modalità di espletamento dell'intervento chirurgico;

     le implicazioni per future gravidanze e nascite dopo il taglio cesareo;

    il rapporto annuale sull'evento nascita in Italia – CeDAP 2015, ultimo rapporto disponibile, illustra le analisi dei dati rilevati per l'anno 2015 dal flusso informativo del certificato di assistenza al parto (CeDAP);

    il rapporto, tra l'altro, descrive la seguente situazione:

     si riporta la tendenza degli anni precedenti, nell'anno 2015 il 34,2 per cento dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali, che evidenziano un ricorso eccessivo all'espletamento del parto per via chirurgica;

     rispetto al luogo del parto si registra un'elevata propensione all'uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate, in cui si registra tale procedura in circa il 52,5 per cento dei parti contro il 31,9 per cento negli ospedali pubblici;

     il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 27,7 per cento dei parti di madri straniere e nel 36 per cento dei parti di madri italiane;

     per i parti vaginali dopo un precedente taglio cesareo (Vbac), si registra nel 2015, a livello nazionale, una percentuale pari al 12,6 per cento; tale fenomeno si verifica quasi esclusivamente nei punti nascita pubblici dove circa il 13,7 per cento dei parti con precedente cesareo avviene in modo spontaneo contro il 7,3 per cento nelle case di cura private accreditate e l'1,9 per cento delle case di cura private non accreditate;

     le regioni del Nord presentano generalmente percentuali di parti cesarei inferiori alla media nazionale, mentre tra le regioni del Sud si registrano anche valori superiori al 20 per cento;

    secondo le schede di dimissioni ospedaliere (Sdo) del 2016 i parti cesarei sono pressoché stabili da un anno all'altro, ma non hanno subìto riduzioni evidenti negli ultimi 10 anni (sono il 34,9 per cento nel 2016, erano il 35,4 per cento nel 2015, il 38,2 per cento nel 2010 e il 38,4 per cento nel 2007); le regioni, come sempre, presentano dati non omogenei con la media nazionale;

    il Sud, nonostante i cali di alcune regioni, resta al 42,3 per cento di media, 7,4 punti percentuali in più della media italiana;

    sono state pubblicate nel mese di febbraio 2018 le nuove linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità sulle nascite, che contengono raccomandazioni riguardanti non solo gli aspetti clinici della gestione e dell'assistenza durante il travaglio e il parto, ma anche indicazioni per i bisogni psichici ed emozionali delle donne. Il documento contiene 56 indicazioni e pone tra gli obbiettivi degli Stati la riduzione della mortalità materna e neonatale globale e la riduzione degli interventi ostetrici e dei parti cesarei, nel rispetto dei diritti umani e delle scelte di ciascuna donna;

    a Roma nel 2018 è partito un progetto di «ostetrica di famiglia e di comunità» grazie alla convenzione sottoscritta dalla Federazione nazionale collegi ostetriche (Fnco) con il Centro di pastorale della famiglia del Vicariato e con alcune associazioni;

    l'ostetrica di comunità è un modello validato dall'Organizzazione mondiale della sanità per i Paesi sia a basso reddito sia ad alto reddito: non a caso è sviluppato da decenni nel Nord Europa e in Gran Bretagna. L'obiettivo di questo modello sanitario è quello di assistere in particolare le donne in stato di disagio sociale,

impegna il Governo:

   a promuovere, di concerto con le regioni e le provincie autonome, tutte le iniziative per favorire il parto naturale su tutto il territorio del Paese, secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità;

   a sviluppare strumenti/audit con le regioni che permettano di identificare le variabili alla base delle cause dell'elevato ricorso al taglio cesareo (richieste di tagli cesarei da parte delle donne, numero e percentuali di tagli cesarei elettivi, dati epidemiologici);

   a valutare l'opportunità di promuovere un'indagine a livello nazionale per esaminare le cause che favoriscono un'elevata propensione all'uso del taglio cesareo nelle case di cura private accreditate con il sistema sanitario nazionale;

   a promuovere iniziative finalizzate a contrastare l'eccessivo ricorso al taglio cesareo e a verificare i dati della mortalità materna e neonatale legata ai parti cesarei;

   ad adottare tutte le iniziative per contrastare le disparità territoriali e sociali e per favorire il pieno accesso ai servizi sanitari per la tutela materno-infantile, migliorando la fruibilità dei servizi da parte della popolazione socialmente più debole e prevedendo misure per disciplinare il modello sanitario, così come validato dall'Organizzazione mondiale della sanità;

   ad intraprendere le iniziative di competenza per reinvestire eventuali risorse finanziarie liberate dalla riduzione dei cesarei per migliorare la preparazione al travaglio e al parto, per implementare strategie di riduzione del dolore, per assicurare il tirocinio professionale di ginecologi e ostetriche e per implementare il personale nei reparti di ostetricia ginecologia;

   a promuovere, dove ci siano le indicazioni cliniche, il parto fisiologico dopo un pregresso taglio cesareo attraverso una dettagliata informazione alla donna sulle procedure e sui controlli che si metteranno in atto durante il travaglio e la formazione adeguata a tale proposito delle ostetriche e dei medici.
(7-00218) «Sportiello, Menga, Sarli, Massimo Enrico Baroni, Leda Volpi, Mammì».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la nutrizione artificiale (Na) è una terapia medica specialistica, sostitutiva di funzione d'organo, indispensabile per la sopravvivenza dei pazienti impossibilitati ad assumere, transitoriamente o permanentemente, un'alimentazione adeguata ai propri fabbisogni;

    la Na è diretta alla prevenzione e al trattamento della malnutrizione, patologia responsabile di complicanze e morte, sia in ambito ospedaliero che domiciliare, che va contrastata al pari delle altre patologie;

    la Na è terapia che si attua con procedure spesso invasive (posizionamento di sonde enterali, ad esempio PEG e PEJ, e cateteri venosi centrali, come ad esempio PICC e Port-a-cath), non scevra da rischi e complicanze, per la quale è necessario il consenso informato da parte del paziente o di chi ne esercita la tutela legale, da attuare con personale appositamente formato;

    la Na deve essere attuata da figure professionali che compongono insieme il team nutrizionale: medico, farmacista, dietista, infermiere, ognuno per quanto di competenza, con una comprovata e documentata esperienza nella realizzazione e gestione della procedura;

    la nutrizione artificiale domiciliare (Nad), parenterale (Npd) ed enterale (Ned), è destinata ai soggetti di tutte le età che non possono alimentarsi sufficientemente per via naturale ed è finalizzata a consentire non solo la sopravvivenza di tali soggetti, ma anche un miglioramento della qualità di vita e il reinserimento sociale e lavorativo e a garantire le prestazioni necessarie, al di fuori dell'ambito ospedaliero, all'interno dell'ambiente di vita del paziente, al fine di ridurre i tempi di degenza;

    la nutrizione artificiale, quale tecnica medica per migliorare la vita del paziente, è conosciuta a livello europeo dagli anni ’60; nonostante ciò in Italia una adeguata regolamentazione stenta a realizzarsi. Tale ritardo produce costi significativi per la collettività, oltre a rappresentare un vulnus alla dignità del paziente nel proseguire con le cure più adatte alla sua esistenza;

    la nutrizione artificiale è ancora oggi sconosciuta, purtroppo, anche alla maggior parte dei medici ed operatori sanitari. In parte, sulla scarsa conoscenza, incide l'assenza di formazione specifica e di corsi dedicati alla nutrizione clinica in ambito accademico (corsi di laurea e specializzazione). È pertanto presumibile che un gran numero dei pazienti eleggibili alla nutrizione artificiale di fatto non venga trattato. Questi pazienti concretamente «muoiono di fame» anche se il decesso viene solitamente imputato all'evoluzione della malattia di base, ad esempio malattia neoplastica. La malnutrizione è infatti ampiamente associata alle patologie organiche croniche ed ampiamente diffusa nei pazienti ospedalizzati adulti e pediatrici. Inoltre, alcuni studi clinici effettuati in pazienti ospedalizzati hanno dimostrato che la malnutrizione ha un forte impatto sulla durata dei ricoveri ospedalieri;

    in realtà, la malnutrizione non rappresenta una evoluzione necessaria delle varie patologie, e in particolare della patologia neoplastica, come molti ancora ritengono. Essa può sovrapporsi alla condizione tumorale e renderne più difficile il trattamento, peggiorare la qualità di vita dei pazienti e ridurre il tempo di vita residua. Allo stesso modo può instaurarsi in tutte le altre patologie, aggravandone la prognosi con incremento di costi non solo economici, ma soprattutto umani. La malnutrizione si può e si deve curare nell'interesse di una medicina più moderna e razionale, a vantaggio anche e soprattutto di quei pazienti che, se pur con un'aspettativa di sopravvivenza ridotta, possono e devono condurre una vita residua di qualità;

    il trattamento nutrizionale comporta una diminuita incidenza delle complicanze legate alla patologia principale ed un aumento delle capacità di difesa dell'organismo del paziente. Tutto ciò si traduce in una notevole riduzione della sofferenza e del disagio legati, ad esempio, a broncopolmoniti, decubiti, infezioni alle ferite chirurgiche e altro. In particolare, nei bambini affetti da patologie croniche la malnutrizione, se non trattata, interferisce pesantemente con la crescita e lo sviluppo e favorisce l'insorgenza di complicanze dai primi anni di vita o dalla nascita che si protraggono a lungo termine. Superare tali complicanze si traduce in una degenza migliore e, anche a domicilio, in cure più dignitose, meno lunghe e meno dispendiose, con enormi vantaggi per la collettività;

    per tutte le ragioni sopra citate, in Italia, come in Europa e negli Stati Uniti, la nutrizione artificiale domiciliare è aumentata in modo significativo come dimostrano le survey della Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo (Sinpe) del 2005 e 2012 e della Società italiana di gastroenterologia e nutrizione pediatrica (Sigenp) del 2018, sottolineando l'effettiva necessità di un trattamento imprescindibile da quello della malattia stessa;

    la scarsa conoscenza del trattamento e delle problematiche ad esso legate – unitamente al fatto che alcune regioni, disattendendo la specifica delega, non hanno legiferato in materia nonostante l'Agenzia per i servizi sanitari regionali nel 2007 avesse emanato le linee guida per la nutrizione artificiale domiciliare – impongono una riflessione da parte del legislatore;

    ogni cittadino ha il diritto di accedere alla Na così come per altre procedure, con le stesse modalità su tutto il territorio nazionale. Pertanto, a fronte del diritto costituzionale alla tutela della salute non possono esistere dei cittadini di serie A o di serie B, a seconda del luogo ove abbiano il proprio domicilio;

    solo quattro regioni hanno una legge di riferimento regionale, alcune hanno delibere regionali ed altre presentano cospicue disomogeneità regolamentari. In mancanza di un quadro normativo certo ed omogeneo, al fine di assicurare il rispetto di un diritto costituzionalmente garantito, quale è la tutela della salute, la terapia viene lasciata nelle mani di questo o quel dirigente della azienda sanitaria locale, con gravi rischi sia per chi amministra, sia per chi vaglia la correttezza delle indicazioni. Il tutto riverberandosi su chi di quelle cure ha bisogno, in considerazione del fatto che metodiche e materiali usati da non esperti possono non solo essere pericolosi, ma anche comportare danno al paziente dando luogo a complicanze (sepsi, alterazioni idroelettrolitiche e metaboliche, complicanze legate all'accesso del catetere e altro), frequenti ricoveri ospedalieri, arresto della crescita in pazienti pediatrici e aumento della spesa sanitaria ad esse correlata;

    in particolare, la situazione della Nad in Italia è a «macchia di leopardo» con notevoli differenze organizzative: infatti, solo Piemonte, Veneto, Molise e Puglia hanno una legge regionale; delibere generali regionali sono presenti in Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Val d'Aosta, mentre in più del 25 per cento del territorio nazionale (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia) mancano assolutamente gli strumenti normativi;

    nella gestione della Nad in età pediatrica dovrebbero essere richieste specifiche competenze e ogni regione dovrebbe creare una specifica organizzazione per la Uo-Nad pediatrica per la gestione diretta e/o indiretta dei pazienti pediatrici siti nel proprio territorio;

    la Commissione XII affari sociali della Camera, il 14 dicembre 2016, ha reso il parere favorevole allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea) di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, atto n. 358, tra l'altro, con le seguenti osservazioni:

     «all'articolo 4, comma 1, si specifichi che il Servizio sanitario nazionale garantisce le attività e le prestazioni anche attraverso l'uso di tecnologie di monitoraggio da remoto che dimostrino una maggiore aderenza ai piani terapeutici e che non comportino costi aggiuntivi per lo stesso Servizio sanitario nazionale»;

     «all'allegato 4, richiamato dall'articolo 15, si valuti l'opportunità, sulla base delle migliori evidenze cliniche, di apportare le seguenti modificazioni: sia inserita la nutrizione artificiale domiciliare (Nad) quale procedura terapeutica»;

    analogamente la Commissione 12a igiene e sanità del Senato, nel rendere parere favorevole, rileva la necessità di prestare peculiare attenzione alle istanze di rafforzamento dell'assistenza sanitaria in relazione alle problematiche di diverse patologie tra cui la nutrizione parenterale domiciliare;

    il 14 dicembre 2017 sono state approvate in Conferenza Stato-regioni le «Linee indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici» che hanno l'obiettivo, sia di ridurre le complicanze mediche conseguenti alla malnutrizione, sia di facilitare il recupero dello stato nutrizionale e della salute fisica, tappe essenziali nella guarigione del paziente oncologico,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative per introdurre un'apposita normativa che affermi quei princìpi e quelle regole che rendano possibile l'esercizio del diritto costituzionale alla salute su tutto il territorio nazionale;

   in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano, al fine di consentire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie già esistenti sul territorio alle esigenze del malato sia adulto che bambino, ad adottare iniziative per predisporre una specifica rilevazione dei presìdi ospedalieri e territoriali e delle prestazioni assicurate in ciascuna regione dalle strutture del Servizio sanitario nazionale nel campo della nutrizione artificiale, con l'obiettivo di promuovere la loro uniformità attraverso percorsi assistenziali omogenei e lineari in tutto il territorio, evitando o quanto meno riducendo così il trasferimento da una regione all'altra;

   ad attivarsi, in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano, affinché si giunga all'implementazione delle linee guida specifiche nazionali sull'attivazione della nutrizione artificiale al domicilio del paziente, in modo da garantire, con notevole risparmio e maggior beneficio su tutto il territorio nazionale, il diritto ad una qualità della vita dignitosa, anche con riguardo alla necessità non solo di mettere a disposizione del paziente e del nucleo familiare di appartenenza le tecnologie necessarie, ma anche di garantire un'adeguata formazione sull'impiego delle stesse;

   per far fronte alle problematiche relative allo stato nutrizionale del paziente affetto da patologie oncologiche e non oncologiche, a promuovere una revisione dei programmi di studio rivolti agli operatori sanitari affinché gli aspetti nutrizionali diventino parte integrante della formazione di ciascuno di essi;

   ad attivarsi, in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano, affinché si giunga all'interno di ogni regione alla creazione di una specifica organizzazione per la Unità operativa-nutrizione artificiale domiciliare pediatrica.
(7-00220) «Carnevali, Ciampi, De Filippo, De Menech, La Marca, Gavino Manca, Noja, Rizzo Nervo, Schirò, Siani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la famiglia e le disabilità, per sapere – premesso che:

   il 21 marzo 2019 il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, relativamente all'asserito patrocinio di Palazzo Chigi al XIII Congresso delle famiglie che si svolgerà a Verona dal 29 al 31 marzo ha comunicato che: «È importante chiarire che alla mia attenzione e a quella dei miei uffici non è mai giunta alcuna richiesta di patrocinio da parte degli organizzatori dell'evento e che il patrocinio è stato concesso dal Ministro per la famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana, di sua iniziativa, nell'ambito delle sue proprie prerogative, senza il mio personale coinvolgimento né quello collegiale del Governo». Conte, inoltre ha ribadito che: «All'esito di un'approfondita istruttoria e dopo un'attenta valutazione dei molteplici profili coinvolti, ho comunicato al Ministro Fontana la opportunità che il riferimento alla Presidenza del Consiglio sia eliminato e gli ho rappresentato le ragioni di questa scelta. Rimarrà il patrocinio con esclusivo riferimento al Ministero della Famiglia e ovviamente ciascun esponente del Governo sarà libero di partecipare all'evento, esprimendo le proprie convinzioni sui vari temi che saranno oggetto di discussione»; il 22 marzo il logo di Palazzo Chigi è stato rimosso dagli organizzatori dal sito del WFC per essere sostituto dalla scritta «Ministro della Famiglia», accompagnata dall'Emblema della Repubblica Italiana, cambio è stato anche annunciato da Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie: «Per noi si tratta di un felice guadagno, dato che quello è il più alto simbolo istituzionale e rappresentativo che il Congresso Mondiale delle Famiglie possa ricevere»; il 22 marzo, Vito Crimi, sottosegretario con delega all'editoria, ha comunicato che: «In data 15 marzo il dipartimento per l'informazione e l'editoria comunicava al dipartimento per la Famiglia l'assenza di presupposti per l'utilizzo del logo della Presidenza del Consiglio dei ministri nell'ambito della manifestazione»; nei giorni precedenti, il 20 marzo, il Ministro della famiglia, Lorenzo Fontana, durante il question time alla Camera aveva ribadito che: «Vorrei chiarire alcune notizie, prive di fondamento. Il mio orientamento, quale Ministro di questo Governo è stato ed è quello di concedere il patrocinio. È un orientamento che intendo confermare, così come intendo confermare la mia partecipazione al convegno»; in un articolo apparso su LaVoce.info, Andrea De Petris, ricercatore in diritto costituzionale presso l'Università Giustino fortunato, già docente di diritto costituzionale alla Luiss Guido Carli, Edmondo Mostacci, dottore di ricerca in diritto all'Università di Genova, insegnante di diritto costituzionale presso l'Università Bocconi, Nausica Palazzo, docente di diritto pubblico presso al BSc in International Economics and Finance dell'Università Bocconi e dottoranda in diritto costituzionale comparato presso l'Università di Trento, hanno sottolineato che: «Il patrocinio del Ministero della famiglia non esiste. Il patrocinio è rilasciato da istituzioni, non da persone. E il Ministro della famiglia è un ministro senza portafoglio, ossia privo di budget e di personale amministrativo, non lo ha dunque un ministero alle sue dipendenze». Il punto emerge con chiarezza dalla circolare Uce 000901 P-2.11.1.2 del dipartimento del Cerimoniale di Stato – Presidenza del Consiglio dei ministri, del 16 febbraio 2010, che riguardo alla concessione di patrocini sia diretti che indiretti (ossia previo nulla osta della Presidenza del Consiglio) parla di «ministeri» e «dipartimenti»; i tre giuristi, inoltre, ad avvalorare la loro tesi specificano che: «Si potrebbe sostenere che un ministro senza portafoglio possa concedere il patrocinio del dipartimento affidato alla sua autorità politica», nel nostro caso, il «Dipartimento per le politiche della famiglia». Anche in questo caso, però, occorre seguire una procedura, puntualmente disciplinata da una circolare della Presidenza del Consiglio; inoltre, De Pretis, Mostaccio e Palazzo ricordano che anche nel caso del patrocinio di un Ministro singolo: «La richiesta per la concessione del logo va indirizzata al dipartimento per l'informazione e l'editoria, che ha attualmente a capo l'onorevole Vito Crimi, ed è subordinata alla previa concessione del patrocinio»; la legge del 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), all'articolo 9, che disciplina i Ministri senza portafoglio, incarichi speciali di Governo, incarichi di reggenza ad interim, al comma 2 precisa: «Ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei ministri, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei ministri» –:

   se – spettando al dipartimento per l'informazione e l'editoria, le cui funzioni rientrano nella delega del sottosegretario Vito Crimi, autorizzare il Ministro per la famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana, a concedere il «patrocinio» – siano state svolte le opportune verifiche degli atti amministrativi con i quali il Ministro Fontana, ha autorizzato ad usare l'Emblema della Repubblica italiana agli organizzatori del Congresso delle famiglie di Verona.
(2-00327) «Pini».

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale; si verificano, infatti, un danno e una perdita di mielina in più aree (da cui il nome «multipla») del sistema nervoso centrale;

   la sclerosi multipla (Sm) può presentarsi in vari modi, ma alcuni si ripetono in maniera più frequente, quali i disturbi visivi, intesi come un calo visivo rapido e significativo o uno sdoppiamento della vista o movimenti dell'occhio, i disturbi delle sensibilità con persistenti formicolii, sensazione di intorpidimento degli arti o perdita di sensibilità al tatto, la difficoltà a percepire il caldo e il freddo, la fatica e la debolezza, percepita come difficoltà a svolgere le attività quotidiane insieme alla perdita di forza muscolare;

   i malati affetti da sclerosi multipla ad oggi in Italia sono circa 118.000;

   il Ministero della salute ha in esame due provvedimenti relativi all'appropriatezza dei ricoveri riabilitativi e ai percorsi di riabilitazione ospedaliera e territoriale;

   si tratta del documento intitolato «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera», che prevede l'esclusione delle persone con sclerosi multipla dalla fruizione dei ricoveri di alta specialità in neuroriabilitazione, garantito solo per coloro che abbiano avuto almeno 24 ore di coma;

   l'altro provvedimento, «Individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione», prevede ulteriori limitazioni per l'accesso ai ricoveri ordinari per la riabilitazione intensiva e prospetta una seria difficoltà di accesso alle prestazioni di riabilitazione territoriale –:

   quali siano gli orientamenti del Governo ai fini della tutela dei malati di sclerosi multipla;

   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per garantire il diritto all'accesso alle cure riabilitative gratuite per i soggetti affetti da sclerosi multipla.
(3-00656)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ENRICO BORGHI, FIANO, BOSCHI, DE FILIPPO, PAITA, BRUNO BOSSIO, CENNI, SERRACCHIANI, BONOMO, CARNEVALI, MORASSUT, MORANI, BERLINGHIERI, MOR, DAL MORO, MORGONI, CARLA CANTONE, PEZZOPANE, CRITELLI, VERINI, ASCANI, MARCO DI MAIO, GADDA, VISCOMI, FRAILIS, COLANINNO, CIAMPI, D'ALESSANDRO, DE LUCA, TOPO, VAZIO, DE MENECH, ROSATO, NAVARRA, SCALFAROTTO, SENSI e GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 158 del 6 ottobre 2017, approvata all'unanimità nella XVII legislatura, reca misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni fino a 5.000 abitanti con l'obiettivo di contrastare: il grave spopolamento, il costante invecchiamento della popolazione residente, la perdita di servizi pubblici, l'impoverimento delle attività economiche, l'isolamento crescente;

   una piena applicazione della legge necessita dell'urgente adozione di provvedimenti attuativi:

    a) per definire, mediante decreto del Ministro dell'interno, i parametri necessari per determinare le tipologie di comuni che possono accedere ai finanziamenti previsti;

    b) per stabilire, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'elenco dei comuni che possono accedere agli indicati finanziamenti, sulla base dei puntuali criteri indicati dalla citata legge con l'articolo 1, comma 2;

    c) per predisporre il piano nazionale per la riqualificazione, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

    d) per definire il piano per l'istruzione destinato alle rurali e montane di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   inattuate risultano anche altre previsioni di sviluppo territoriale, quali la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali ed enogastronomici, diretti alla rinnovata fruizione dei percorsi collegati alla rete ferroviaria storica di competenza del Ministro per i beni e le attività culturali e l'individuazione di specifiche iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti di competenza del Ministro per la pubblica amministrazione;

   inoltre, il dipartimento per l'informazione e l'editoria avrebbe dovuto in questi due anni promuovere un'intesa fra Governo, Anci e Federazione italiana editori giornali ed i rappresentanti delle agenzie di distribuzione della stampa quotidiana, per assicurare la distribuzione di quotidiani anche nei piccoli comuni;

   la citata legge n. 158 del 2017 contiene anche una serie di disposizioni, che fissano il principio generale della salvaguardia e del mantenimento di servizi essenziali, la cui concreta applicazione, però, esige un'azione forte delle istituzioni pubbliche. Così per i servizi postali per i quali sono contemplate iniziative dirette a svilupparne, anche attraverso l'eventuale ripristino di uffici postali, l'offerta complessiva, «valorizzando la presenza capillare sui territori degli uffici postali» medesimi;

   strategico è anche lo sviluppo della banda ultra larga per l'accesso alle reti a connessione veloce e ultraveloce; inoltre, i progetti informatici riguardanti i piccoli comuni hanno la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dei programmi di e-government;

   secondo l'articolo 6, è possibile per i piccoli comuni l'acquisizione di stazioni ferroviarie disabilitate e di case cantoniere dell'Anas per destinarle a presidi di protezione civile e di salvaguardia del territorio, ovvero a sedi di promozione dei prodotti tipici locali. Anche in questo caso occorre un'azione mirata verso l'Anas e Ferrovie dello Stato italiane s.p.a. per addivenire ad una applicazione generalizzata e la più possibile vantaggiosa per lo sviluppo dei piccoli comuni;

   il fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni ha una dotazione di 100 milioni euro per il periodo 2017-2023, a cui sono stati aggiunti, dalla legge di bilancio 2018 ulteriori 10 milioni di euro all'anno. Tutte queste risorse finanziarie sono allo stato rimaste inutilizzate;

   va attivata ogni iniziativa per incrementare il fondo istituito per i piccoli comuni nel bilancio dello Stato, in occasione di ogni provvedimento legislativo avente impatti finanziari sugli enti locali –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda finalmente attivare con la massima sollecitudine per la integrale e completa attuazione della legge n. 158 del 2017, evitando altri gravi e ingiustificati ritardi che già hanno cagionato nel primo anno della XVIII legislatura pesanti pregiudizi.
(5-01789)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 5 della legge n. 113 del 1983 «Autorizzazione a cedere al comune di Praia a Mare il compendio demaniale marittimo ricadente nel comune suddetto» fa divieto agli acquirenti dei lotti di alienare a qualsiasi titolo il terreno acquistato e il relativo diritto di superficie per un periodo di venti anni;

   la legge n. 177 del 1992 recante «norme riguardanti aree demaniali nelle province di Belluno, Como, Bergamo e Rovino», pur trattando della medesima materia, fa divieti di alienazione solo per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di stipula del contratto –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative al fine di superare la evidenziata difformità da regione a regione nell'applicazione del divieto di alienazione, in particolare apportando una modifica alla legge n. 113 del 1983 al fine di consentire l'alienazione dei lotti allo scadere dei cinque anni dalla stipula del contratto in luogo dei venti attuali.
(4-02599)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il corrispondente della Rai a Mosca, Marc Innaro, è stato respinto alla frontiera con l'Ucraina, insieme al suo operatore, mentre si stava recando nel Paese per seguire le imminenti elezioni presidenziali di domenica 31 marzo 2019. Il giornalista è stato trattenuto per quattro ore all'aeroporto di Kiev prima di essere espulso e imbarcato sul primo aereo per Mosca;

   Marc Innaro era già stato accreditato e nessuno, in sede di convalida dell'accredito, aveva sollevato obiezioni, anche perché si tratta di uno stimato inviato Rai. Tuttavia, le guardie di frontiera ucraine gli hanno negato l'ingresso a causa di «insufficienti spiegazioni sul motivo della sua presenza in Ucraina»;

   questo atto getta sul Governo di Kiev il sospetto che voglia «oscurare» le elezioni presidenziali di domenica 31 marzo 2019;

   di recente, le autorità ucraine hanno inserito nella «black list» di persone che non possono entrare in Ucraina a causa dei rapporti con la Russia il cantante Al Bano e lo stesso trattamento è stato richiesto da alcuni deputati per Toto Cotugno, che tuttavia ha deciso di tenere ugualmente il concerto che aveva in agenda per il 23 marzo –:

   in quale modo il Ministro interrogato intenda sollevare formalmente la questione con il Governo ucraino e chiedere la revoca del provvedimento contro Marc Innaro.
(5-01785)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i Com.It.Es. (Comitati per italiani all'estero) istituiti nel 1985 sono organismi rappresentativi della collettività italiana, eletti direttamente dai connazionali residenti all'estero;

   ad oggi operano 101 Com.It.Es. elettivi a cui si aggiungono 5 di nomina consolare; 47 si trovano in Europa, 42 nelle Americhe, 10 in Asia e Oceania e 7 in Africa;

   i componenti di tali organismi assicurano il corretto funzionamento dei Comitati, adoperandosi in forma del tutto volontaria, senza ricevere alcuna forma di compenso;

   i Com.It.Es. rappresentano, insieme ai rappresentanti eletti all'estero, al Consiglio generale degli italiani all'estero e alle associazioni, la voce delle comunità italiane nel mondo e costituiscono lo strumento territorialmente più prossimo e, quindi, più utile per rilevare problemi e indicare tematiche interessanti gli italiani nel mondo;

   le attività ed i progetti dei Com.It.Es. si rivolgono, da un lato, alle comunità degli italiani nel mondo e, dall'altro, alla promozione del «sistema Italia» nel mondo;

   nell'ultima legge di bilancio non sono stati confermati gli stanziamenti precedentemente previsti per il funzionamento e i progetti dei Com.It.Es. con un ammanco di circa un milione di euro;

   le attività già programmate e i progetti in corso si basavano su stanziamenti a cui oggi il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non potrà più fare fronte, mettendo in difficoltà ad avviso dell'interrogante non solo l'onorabilità dei Com.It.Es. e dei suoi rappresentanti ma anche dell'Italia –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per reintegrare le risorse a disposizione dei Com.It.Es.
(4-02598)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il rumore rappresenta uno dei principali fattori di criticità ambientale, con ricadute negative sulla qualità della vita e salute della popolazione esposta. L'inquinamento acustico è definito, dall'articolo 2 della legge n. 447 del 26 ottobre 1995, «introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi»;

   con direttiva 2002/49/CE, recepita con decreto legislativo n. 194 del 19 agosto 2005, sono stati fissati obiettivi di riduzione della popolazione esposta a livelli di rumore ambientale considerati dannosi, attraverso politiche di prevenzione e mitigazione;

   in Italia la normativa fissa valori limite per le sorgenti sonore in funzione delle destinazioni d'uso e delle caratteristiche di fruizione del territorio, con particolare attenzione a strumenti di pianificazione;

   all'interno delle fasce di pertinenza delle infrastrutture di trasporto si applicano limiti di immissione stabiliti da specifici regolamenti previsti dalla citata legge n. 447. Il decreto ministeriale 29 novembre 2000 stabilisce i criteri tecnici per la predisposizione, da parte dei gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani di contenimento del rumore prodotto dalle infrastrutture stesse, da attuare entro 15 anni;

   il 20 maggio 2018 sul sito www.ferrovie.it si riporta il comunicato «Rumore Ferroviario: disponibile il piano d'azione aggiornato» in cui si legge: «Il piano di azione per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 30.000 convogli all'anno è stato elaborato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo del 19 agosto 2005, n. 194 Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale. Esso include anche il piano d'azione per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli all'anno, aggiornandone la versione pubblicata nel 2013.»;

   per quanto concerne il rumore ferroviario, nonostante Rfi spa abbia provveduto nel 2002 a elaborare il piano di risanamento, solo una minima parte degli interventi previsti sono stati completati. Nella regione Abruzzo, il piano prevede l'installazione di barriere di lunghezza complessiva pari a 128 chilometri nel territorio di 23 comuni;

   risulta all'interpellante che l'unico intervento portato a termine riguarderebbe la città di Pescara, dove sono state installate barriere nel tratto tra la stazione centrale e il confine con Montesilvano;

   il comune di Vasto, in provincia di Chieti in data 15 novembre 2013 ha richiesto all'Arta Abruzzo (Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente) la verifica dei limiti di immissione di rumore ai sensi della legge n. 447 del 1995, per il traffico ferroviario della linea adriatica Pescara-Foggia in località Marina di Vasto, in corrispondenza del Parco dei limoni e del Parco Fortunato;

   l'Arta Abruzzo, nella relazione tecnica datata 28 febbraio 2014, evidenzia il superamento del limite di emissioni durante la notte con valori di 67 dBA rispetto il limite consentito di 60 dBA;

   la normativa prevede precisi adempimenti per ridurre l'esposizione della popolazione al rumore sia per l'intera rete ferroviaria che per quella autostradale del Paese;

   sul sito www.acustica-aia.it del 28 marzo 2018 «Rapporto SNPA 2018 – Presentati i dati sull'inquinamento acustico in Italia» si legge che lo strumento di pianificazione risulta scarsamente utilizzato sul territorio nazionale; dai dati disponibili, solo 62 comuni dei 4.688 dotati di classificazione acustica hanno approvato il piano di risanamento, confermando negli anni una percentuale di poco superiore all'1 per cento, una situazione di stasi delle politiche di risanamento acustico in ambito comunale;

   nel documento «Abruzzo, rapporto sullo stato dell'ambiente 2018» è indicato che (… i comuni devono approvare un piano di classificazione acustica e, nel caso di superamento dei valori limite, un piano di risanamento. In Abruzzo lo stato di attuazione dei piani di classificazione acustica è largamente insoddisfacente (approvati solo in 35 dei 305 comuni abruzzesi, nessun piano di risanamento approvato), nonostante la Regione si sia dotata di una propria legge sull'inquinamento acustico (L.R. n. 23 del 17/07/2007) e di linee guida applicative (DGR 770/P del 14/11/2011)) –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare per accertare lo stato dell'inquinamento acustico sui principali assi della Rete ferroviaria italiana e i relativi piani di classificazione acustica;

   quali iniziative ritengano di porre in essere, per quanto di competenza, per affrontare il problema dell'inquinamento acustico derivante dal trasporto ferroviario sul territorio nazionale;

   se non si intenda, per il tramite delle strutture preposte, provvedere a rendere noti i dati dell'inquinamento acustico relativi al transito sull'intera rete autostradale nazionale.
(2-00324) «Grippa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARBONARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati di Arpa Emilia-Romagna, integrati dai rilevamenti effettuati dal progetto «Aria pesa», sono circa 10.000 gli studenti di ogni ordine e grado delle scuole bolognesi che ogni giorno frequentano aule e istituti dove i livelli della qualità dell'aria sono da considerare critici. Di questi, circa 5.000 appartengono alla fascia d'età 0-6 o frequentano le scuole elementari;

   rilevatori di biossido di azoto (No2), installati nelle case e finanziati dai cittadini, hanno raccolto i dati sugli inquinanti dal 16 ottobre al 13 novembre del 2018 e, dopo l'elaborazione delle statistiche, è stato presentato il report finale alla cittadinanza;

   a destare preoccupazione, in particolare, sono i valori di biossido di azoto (No2), molto alti anche in prossimità degli istituti scolastici. Un istituto su dieci in città ha un livello di inquinamento come quello di porta San Felice, dove si respira l'aria peggiore. Sul 70 per cento di istituti monitorati, in totale, circa il 35 per cento presenta valori di biossido di azoto (No2) superiori al limite di legge (massimo 40 microgrammi al metro cubo come concentrazione annuale);

   gli esperti che hanno curato l'analisi, i genitori che hanno finanziato il progetto e l'Ordine dei medici di Bologna sostengono che i dati sono particolarmente allarmanti –:

   se e quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per tutelare la salute degli studenti, anche promuovendo un piano straordinario di protezione degli istituti scolastici dagli inquinanti atmosferici, con particolare riferimento e urgenza alle zone del Paese maggiormente esposte a tali sostanze inquinanti.
(5-01784)


   RUFFINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'applicazione delle norme relative alle limitazioni disposte per riutilizzo di borse in materiale plastico non biodegradabile sta determinando gravi problemi agli operatori commerciali;

   la questione attiene all'interpretazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 così come modificate dal decreto-legge n. 91 del 2017 in particolare: a) l'articolo 226-bis che vieta la commercializzazione di borse in sola plastica con spessore inferiore a 15 micron utilizzabili per il trasporto dei prodotti acquistati; b) l'articolo 226-ter che limita la commercializzazione di borse «utilizzate a fini di igiene o come involucro primario per alimenti sfusi» di spessore superiore a 15 micron;

   le due norme sono radicalmente diverse, perché nel caso dell'articolo 226-bis è disposto un divieto assoluto censurato con sanzioni economiche pesantissime anche di parecchie migliaia di euro, mentre l'articolo 226-ter contiene limitazioni e oneri (obbligo di far pagare tali involucri) in termini che non sembrano modificare sostanzialmente la disciplina previgente in merito;

   benché il legislatore abbia usato in entrambi i casi il termine «borse» sembra evidente che la distinzione riguardi l'utilizzo di detti contenitori, nel senso che l'articolo 226-bis si riferisce alle borse vere e proprie nelle quali viene posta la spesa per trasportarla dopo l'acquisto, mentre l'articolo 226-ter riquadra i sacchetti utilizzati per l'igiene degli alimenti o per contenere prodotti sfusi;

   gli operatori del settore commerciale lamentano, invece, ormai parecchi casi in cui l'utilizzo dei sacchetti di cui alla seconda fattispecie è stato sanzionato ai sensi del precedente articolo relativo alle borse vere e proprie: in termini economici draconiani, con verbali che comminano anche 5.000 euro di sanzione;

   tali iniziative hanno peraltro sortito effetti manifestamente contrari alle finalità della norma; sono molti i commercianti che si sono visti costretti ad adottare le vaschette di materiale plastico da sempre utilizzate per alimenti con liquidi: strumenti che non sono vietati anche se, anche agli occhi di un profano, appaiono essere molto più inquinanti dei «vecchi» sacchetti;

   ciò è il frutto della mancata precisione del testo adottato dal legislatore che ingenera dubbi interpretativi. Peraltro, l'entità delle sanzioni può pregiudicare la stessa continuità operativa di esercizi di commercio di vicinato, specie se operanti in aree a rischio di desertificazione commerciale –:

   se non ritenga indispensabile, alla luce delle criticità esposte in premessa, adottare iniziative per rivedere le suddette norme del codice dell'ambiente, al fine di chiarire la portata delle medesime ed evitare le attuali discrezionalità interpretative che determinano una grave discriminazione anticoncorrenziale tra imprenditori commerciali;

   se, nelle more di un intervento normativo, non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per emanare quanto prima una circolare, al fine di limitare i danni prodotti da una redazione di norme poco chiare come quelle indicate in premessa.
(5-01788)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLO, PARENTELA, SARLI, SPORTIELLO, TESTAMENTO, DI LAURO, MANZO, DEL SESTO e GRIPPA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   le ville vesuviane sono costituite da un complesso di 122 dimore settecentesche, presenti tra le campagne e la costa del golfo di Napoli, nei territori compresi da S. Giovanni a Teduccio a Torre Annunziata e realizzate da noti architetti del 700, tra cui Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga, che hanno dato vita a opere uniche, prevalentemente in stile tardo barocco;

   la Fondazione Ente ville vesuviane ha lo scopo di conservare e salvaguardare il notevole patrimonio architettonico ed ambientale delle ville vesuviane del XVIII secolo;

   la Fondazione ha sottoposto al Ministero per i beni e le attività culturali un piano strategico annuale delle attività che si intendono svolgere non solo presso le ville sotto la propria tutela, ma anche presso strutture di diversi comuni, che permette di riscoprire anche le dimore di proprietà di soggetti privati, situate in tutto il territorio;

   da anni sono note le condizioni di degrado in cui versa Villa Letizia, una delle monumentali ville del Miglio d'Oro, e il mancato rispetto delle norme di tutela e controllo del patrimonio culturale da parte delle istituzioni preposte;

   tale degrado vide il proprio inizio con i lavori post terremoto, quando le due dipendenze gemelle della Villa, site nei giardini laterali, vennero separate dalla stessa, a seguito della distruzione dei muretti laterali e della loro sostituzione con mura più alte, queste caratterizzate da elementi architettonici delle mura posteriori di confine;

   i lavori di recupero della Villa Letizia sono sempre stati considerati come una straordinaria opportunità per realizzare «un intervento di grande rilevanza sociale e culturale»; una concreta valorizzazione della Villa richiede un notevole impegno di tutti gli attori coinvolti e la necessità di attribuire ad essa una finalità educativa. Al riguardo, si ricordi che in tale area vi è la più alta percentuale registrata di bambini sotto i 5 anni, il cui percorso di formazione potrebbe essere valorizzato grazie al recupero della Villa e alla conoscenza del sito –:

   se il Ministro interrogato ritenga necessario mettere in atto iniziative volte a rafforzare la conservazione delle ville, prevedendo lo stanziamento di ulteriori risorse per la Fondazione Ente ville vesuviane con lo scopo, anche attraverso l'acquisizione delle dimore, di ampliare il numero di edifici monumentali sotto la sua diretta gestione e tutelare dimore di unico valore, come la citata Villa Letizia di Napoli e la Reggia di Portici;

   se ritenga importante adottare iniziative affinché la Fondazione possa esprimere un parere in merito agli eventi previsti nelle ville vesuviane che non siano sotto la propria diretta tutela e gestione, al fine di garantire una maggior tutela;

   quali iniziative intenda adottare per poter attuare il piano strategico annuale proposto dalla Fondazione, opportunamente coordinato e in armonia con le finalità e gli interventi previsti dal Grande Progetto Pompei e dalla risoluzione n. 8/00006 approvata dalla VII Commissione della Camera dei deputati l'8 novembre 2018, comprese le programmazioni di carattere culturale, artistico e musicale di respiro internazionale;

   se intenda adottare iniziative per prevedere risorse ordinarie per la Fondazione oltre a quelle stanziate dalla regione, valutando il possibile inserimento della Fondazione medesima tra le istituzioni beneficiarie del decreto interministeriale di ripartizione dei contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi relativi al prossimo anno finanziario;

   quali urgenti iniziative intenda adottare per valorizzare Villa Letizia e se tra queste intenda considerare delle iniziative di respiro internazionale da svolgersi al suo interno, per favorire contestualmente la rinascita di un territorio noto purtroppo per il degrado che l'assenza istituzionale trasforma in un perfetto pabulum a favore della criminalità.
(5-01786)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   il ponte sul Brenta di Bassano del Grappa, detto Ponte Vecchio o Ponte degli alpini, edificato nel 1209, è uno dei ponti più noti e caratteristici d'Italia. L'attuale struttura, totalmente realizzata in legno, anche se riedificata nel 1748, nel 1821 e nel 1948, è ancora oggi basata sul progetto di Andrea Palladio del 1569;

   da qualche anno però la struttura presenta problemi di cedimento strutturale che impongono un intervento di restauro;

   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel corso del 2015, ha stanziato un contributo di tre milioni di euro, per il progetto di ripristino e consolidamento del ponte;

   l'intervento del Ministero intendeva valorizzare la natura culturale e artistica del manufatto ligneo realizzato nella seconda metà del Cinquecento su progetto di Andrea Palladio;

   il ponte è stato inserito dal Palladio nel III tomo dei «Quattro libri dell'architettura», del 1570;

   il citato intervento di restauro e consolidamento è stato più volte sospeso e rinviato a causa di contrapposizioni tra il comune di Bassano del Grappa e la società inizialmente incaricata dei lavori, la Vardanega Srl, che ha presentato più volte precise rimostranze per supposte carenze progettuali;

   il 5 settembre 2018 la Vardanega è stata sostituita nell'esecuzione dei lavori dalla Inco Srl;

   nel gennaio 2019 sono ripresi i lavori di ripristino del ponte, lavori che hanno portato al riallineamento del livello dell'impalcato e alla totale rimozione delle due stilate est del ponte;

   le stilate lignee – le prime due nel corso del 2019 e le altre due nel 2020 – verranno ricostruite e non sottoposte a restauro conservativo, come indicato nel progetto dei professori Carbonara e Modena, che il comune aveva incaricato e le cui proposte di soluzione erano state presentate al pubblico;

   mentre il restauro conservativo avrebbe imposto di preservare le stilate dell'ing. Casarotti perché erano presenti al momento del progetto, la loro completa eliminazione non ostacola più l'esecuzione del progetto di Andrea Palladio, come disegnato nel suo «I quattro libri di architettura», trattato notissimo e molto pubblicato anche all'estero, che consente a tutti di riscontrare la falsificazione della ricostruzione in corso;

   i lavori in corso non sono esempi di come lo straordinario patrimonio artistico monumentale costituito dal ponte palladiano andrebbe valorizzato;

   la decisione di sostituire completamente le stilate ha trasformato il progetto in una vera e propria ricostruzione del ponte, discostandosi dall'iniziale volontà di procedere a un intervento di restauro conservativo –:

   se il Governo condivida la scelta di operare un intervento di ripristino che – pur non essendo più un restauro conservativo – continua a discostarsi dall'originale progetto palladiano e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché, con l'avvenuta demolizione delle stilate, si valuti la possibilità di realizzare finalmente il geniale disegno di Andrea Palladio.
(4-02607)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la recente sentenza sul caso Tercas del 19 marzo 2019, il Tribunale dell'Unione europea di primo grado ha annullato la decisione della Commissione europea con la quale era stato impedito il ricorso, nel 2015, al fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) per il salvataggio Tercas, in quanto l'operazione era considerata aiuto di Stato;

   nello specifico, per poter partecipare a un aumento di capitale, la Banca popolare di Bari aveva chiesto un sostegno di 300 milioni di euro provenienti dal fondo interbancario. A quel punto da Bruxelles arrivò una netta opposizione alla operazione, in quanto quelle risorse andavano annoverate tra gli aiuti di Stato;

   secondo il Tribunale europeo, la Commissione non è riuscita a dimostrare né che la decisione rispetto all'utilizzo del fondo fosse imputabile allo Stato né che le risorse fossero pubbliche;

   la sentenza è indubbiamente destinata a fare giurisprudenza e, se confermata in appello, potrebbe far ripensare all'intero assetto normativo dell'Unione europea in materia di salvataggio bancario e aiuti di Stato;

   a seguito della sentenza, Antonio Patuelli, presidente dell'Associazione bancaria Italia, ha chiesto le dimissioni della commissaria europea Margrethe Vestager e il rimborso dei risparmiatori, penalizzati dal mancato ricorso al Fitd, da parte della Commissione stessa;

   la decisione della Commissione europea aveva infatti, conseguentemente, imposto interventi di salvataggio bancario molto più onerosi, come nel caso della Cassa di Ferrara per la quale l'intervento del Fitd era già stato approvato, pesando inoltre anche sulle operazioni che riguardarono Banca Marche e Popolare dell'Etruria;

   pertanto, si è dovuto fare ricorso al meccanismo del burden sharing che ha comportato il sacrificio degli investimenti di azionisti e obbligazionisti, con ricadute anche sui bond subordinati – sottoposti al burden sharing – nei quali avevano investito i risparmiatori;

   per Carife, in particolare, sarebbe stato possibile garantire il salvataggio mediante l'ingresso in banca del Fitd in sede di sottoscrizione dell'aumento di capitale;

   duri, a tal proposito, sono i commenti della Fondazione Carife, oggi sull'orlo della liquidazione, e che chiede il giusto risarcimento per una ingiustizia subita nel 2015 e «che ha cambiato la storia non solo della Fondazione ma anche della città e del suo sistema economico». La vicenda Carife ha infatti visto andare in fumo milioni e milioni di azioni, danneggiando e «azzerando» oltre 30 mila risparmiatori –:

   in relazione ai salvataggi bancari compiuti senza la possibilità di ricorrere al Fondo interbancario di tutela dei depositi, quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato nei confronti della Commissione europea e se, nello specifico, abbia adottato iniziative per richiedere le dimissioni della commissaria europea alla concorrenza nonché un rimborso per i risparmiatori danneggiati;

   se il Governo abbia avviato un approfondimento circa gli effetti che avrà la sentenza di cui in premessa nella gestione delle crisi bancarie, a seguito del superamento della interpretazione eccessivamente restrittiva in materia di aiuti di Stato della Commissione europea;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per consentire il ricorso al Fitd anche nella gestione delle crisi di banche minori e, in particolare, per interventi preventivi finalizzati alla tutela dei depositi e dei risparmi;

   se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per una revisione della normativa europea volta a limitare la discrezionalità della Commissione europea in relazione alle decisioni da assumere in tema di aiuti di Stato e salvataggi bancari.
(3-00655)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25-undecies del decreto-legge n. 119 del 2018 è intervenuto, con una novella all'articolo 31 della legge n. 448 del 1998, sulla disciplina relativa alla determinazione del prezzo massimo per la cessione del diritto di proprietà o del diritto di superficie delle singole unità abitative edificate in regime di edilizia residenziale convenzionata;

   la disposizione prevede che il vincolo del prezzo massimo di cessione possa essere rimosso con atto pubblico o scrittura privata autenticata, a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile (e non più, come attualmente previsto, mediante convenzione in forma pubblica stipulabile con il comune solo da parte del singolo proprietario), dietro il pagamento del corrispettivo di affrancazione del vincolo;

   dalla lettura della norma si evince che la determinazione di tale corrispettivo debba essere stabilita, anche con l'applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il medesimo decreto individua, altresì, i criteri e le modalità per la concessione da parte dei comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo;

   si ricorda che, prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 119 del 2018, con l'approvazione dell'articolo 29, comma 16-undecies, del decreto-legge n. 216 del 2011 era stato stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la percentuale relativa alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative di edilizia residenziale pubblica (Erp), nonché del canone massimo di locazione fosse stabilita dai comuni;

   allo stato attuale non è stato ancora emanato alcun decreto dal Ministero dell'economia e delle finanze e non risulta chiaro quale sia l'oggetto che detto decreto dovrebbe disciplinare;

   questa situazione sta determinando un rallentamento delle attività di compravendita nel settore immobiliare –:

   quale sia la ragione del ritardo nell'emanazione del decreto e quale sia l'ambito oggettivo che il suddetto decreto dovrà disciplinare.
(5-01781)


   GADDA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 2019, trova applicazione un nuovo trattamento Iva dei voucher (buoni-corrispettivo), in virtù del decreto legislativo n. 141 del 2018, che recepisce la direttiva (UE) 2016/1065 e inserisce gli articoli 6-bis, 6-ter, 6-quater e 13, comma 5-bis, al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;

   secondo la nuova normativa, il «buono» deve contenere l'obbligo di essere accettato come corrispettivo totale o parziale a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi che andranno indicati sul buono. In particolare, si hanno due categorie di buono: «monouso» e «multiuso»;

   «monouso» è il buono per il quale, in ogni suo trasferimento, è nota la «disciplina Iva» applicabile alla cessione dei beni o alla prestazione di servizi sottesa. Per ciascun passaggio del buono monouso sarà dovuta l'imposta sul valore aggiunto;

   per differenza, «multiuso» è il buono non qualificabile come monouso. Ogni trasferimento del buono multiuso antecedente al suo riscatto è irrilevante ai fini Iva, mentre il tributo sarà dovuto solo all'utilizzo dello stesso;

   tali nuove regole previste per la circolazione del buono sono state introdotte a livello europeo, in quanto le precedenti non erano sufficientemente chiare o esaustive e tali da garantire un trattamento fiscale omogeneo comunitario;

   quindi, queste intendono regolare i passaggi intermedi dei buoni (i cosiddetti «passaggi di mani»), soprattutto a livello «intra-Ue». Detti buoni indicano una o più operazioni e sono «in grado di circolare» all'interno di una catena più o meno ampia di distributori;

   in tale nuovo contesto sembrano, invece, non ricomprendersi i buoni welfare – documenti di legittimazione – (articolo 51, comma 3-bis, del Tuir) che consentono l'erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi, da parte del datore di lavoro ai propri dipendenti;

   secondo il decreto ministeriale 25 marzo 2016, detti voucher devono essere nominativi, ossia sin dalla loro emissione devono individuare il beneficiario (lavoratore);

   inoltre, i voucher welfare sono buoni, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale, che non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare singolarmente diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l'intero valore nominale, senza integrazioni a carico del titolare. Si sostanziano, quindi, in un mero titolo di legittimazione alla fruizione di una data prestazione o alla consegna di un dato bene, di cui è del tutto inibita la circolazione;

   stando così le cose, ai voucher welfare, aventi la mera funzione di identificare il possessore che fruirà della prestazione o del bene ivi indicato, non si applica la nuova disciplina dei buoni introdotta dal decreto legislativo n. 141 del 2018;

   piuttosto, per i beni e servizi individuati dai voucher welfare, l'Iva sarà dovuta, ex articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 al momento del pagamento del corrispettivo al prestatore del servizio o cedente del bene o, se precedente, a quello dell'emissione della fattura da parte dello stesso;

   si segnala che il decreto legislativo n. 141 del 2018, nulla dispone sui cosiddetti buoni welfare, mentre la relazione illustrativa allegata allo stesso si preoccupa solo di escludere i servizi di telefonia (articolo 74, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) e i buoni pasto –:

   tenuto conto che i buoni welfare sono nominativi e non possono circolare, se intenda adottare iniziative per confermare la loro esclusione dall'ambito del decreto legislativo n. 141 del 2018, con conseguente rilevanza ai fini Iva del solo utilizzo degli stessi, ex articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (confermando la risoluzione n. 21 del 2011).
(5-01782)


   MARTINO, GIACOMONI, BIGNAMI, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   durante la discussione alla Camera del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 119 del 2018 recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (C. 1408), in data 13 dicembre 2018, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/01408/012 nell'ambito del quale si evidenziava che il provvedimento riguardava anche gli eventi sismici del 2012, essendo stata introdotta, nel corso dell'esame presso il Senato, una disposizione con cui si prevede che i finanziamenti agevolati in favore di imprese agricole ed agroindustriali di cui ai provvedimenti dei presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012 sono erogati dalle banche, in deroga a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, sul conto corrente bancario vincolato intestato al relativo beneficiario, in un'unica soluzione entro il 31 dicembre 2018, e posti in ammortamento a decorrere dalla data di erogazione degli stessi. Alla stessa data del 31 dicembre 2018, matura in capo al beneficiario del finanziamento il credito di imposta, che è contestualmente ceduto alla banca finanziatrice e calcolato sommando alla sorte capitale gli interessi dovuti, nonché le spese una tantum strettamente necessarie alla gestione del medesimo finanziamento. Le somme depositate sui conti correnti bancari vincolati di cui alla disposizione in esame sono utilizzabili sulla base degli stati di avanzamento lavori entro la data di scadenza indicata nei provvedimenti di cui al primo periodo e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2020. Vi sono ulteriori situazioni di profondo disagio che riguardano i territori colpiti da eventi sismici negli anni passati come l'Abruzzo rispetto ai quali sarebbe opportuno intervenire al fine di favorire lo sviluppo economico e la ripresa produttiva;

   in particolare, l'ordine del giorno richiamato impegnava il Governo a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa nel prossimo provvedimento utile, finalizzata a gestire fiscalmente i territori del 1° e 2° cratere 2009 e anni successivi per un periodo non inferiore a 20 anni alla stessa stregua del comune frontaliero di Livigno –:

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di dare seguito all'impegno contenuto nel citato ordine del giorno n. 9/01408/012.
(5-01790)


   BIGNAMI, GIACOMONI, MARTINO, BARATTO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'8 febbraio 2019 il gruppo Unipol annuncia la cessione alla collegata Bper Banca di Unipol Banca (258 sportelli e 2200 dipendenti) alla valutazione di 220 milioni di euro;

   contestualmente, UnipolReC acquisisce 1,3 miliardi di euro di sofferenze da Bper, di cui il 32 per cento contro garantito, al corrispettivo di 130 milioni di euro;

   Bper delibera l'acquisizione da Fondazione Sardegna di 10.731.789 di azioni ordinarie del Banco di Sardegna, tramite emissione riservata di 33.000.000 di azioni Bper, con un concambio pari a 3,074 azioni Bper per azione ordinaria Banco di Sardegna;

   Bper delibera altresì un prestito obbligazionario riservato e agevolato da una remunerazione dell'8,75 per cento sull'importo nominale a favore della Fondazione Sardegna convertibile, a semplice richiesta, in 35.714.286 azioni Bper, valorizzate a 4,2 euro l'una;

   il 5 marzo il Consiglio di amministrazione Bper delibera una offerta pubblica di scambio di 7.883.368 azioni di nuova emissione a fronte di 3.378.586 azioni di risparmio Banco di Sardegna con un concambio riservato al mercato pari a 2,33 euro, molto inferiore a quello riservato alla minorities Fondazione Sardegna e notevolmente superiore alla valutazione di mercato dell'azione di risparmio Banco di Sardegna;

   tali operazioni delineano una radicale trasformazione del controllo di Bper. A regime il capitale sociale sarà rappresentato da 560.000.000 di azioni con maggiore azionista la Fondazione Sardegna (che deteneva all'ultima assemblea 17.251.581 azioni pari al 3,5 per cento del capitale) con circa 86.000.000 di azioni pari al 15,3 per cento del nuovo capitale consolidando, con i 72.700.000 di azioni oggi detenute dal gruppo Unipol (che ha dichiarato di voler ulteriormente incrementare la propria quota), un assoluto controllo della Banca, di cui il gruppo Unipol risulterà essere anche il miglior cliente. Si produrranno, pertanto, rapporti di rilevantissima entità, con un potenziale di grande rischiosità per Bper;

   dai dati della semestrale 2018 di Unipol Banca e dai comunicati Bper del 28 febbraio emergono 1,4 miliardi da gruppo Unipol contro gli 8,1 miliardi di impieghi complessivi; 1,9 miliardi da Gruppo Unipol contro i 10,1 miliardi di raccolta diretta complessiva; 43,3 miliardi da gruppo Unipol contro i 48,6 miliardi di raccolta indiretta complessiva;

   tali operazioni potrebbero produrre una forte diluizione di circa il 14 per cento dell'attuale azionariato, il cui bilanciamento proporzionale dei valori patrimoniali non trova altrettanta equipollenza nelle redditività degli istituti fusi o concambiati, producendo, nel tempo, un possibile depauperamento patrimoniale per le decine di migliaia di piccoli azionisti formatisi nel recente passato di Banca Popolare;

   il 28 febbraio 2019, dopo l'acquisizione, Bper pubblica il piano strategico: 230 filiali chiuse, 1.700 risorse uscite con costi per 200 milioni di euro, Banco di Sardegna autonomo, profondo change management interno, introduzione «sistemi IT» di Unipol Banca, estensione del perimetro recupero crediti in outsourcing, estensione di alcune attività bancarie alla rete degli assicuratori del gruppo Unipol (Assurbanca);

   il controllo della Banca, radicata nel contesto emiliano, passa così sotto la Fondazione di Sardegna con un trasferimento di azioni non transitate sul mercato ma deciso all'interno di operazioni di ingegneria finanziaria –:

   di quali elementi disponga il Governo, anche alla luce dei poteri di vigilanza sulle fondazioni bancarie, in relazione al depauperamento patrimoniale che le siffatte operazioni di «diluizione», che vedono protagonista la Fondazione di Sardegna, potrebbero apportare alle decine di migliaia di piccoli azionisti di provenienza della ex Banca popolare, nonché in relazione al trasferimento dell'azionista di controllo dall'Emilia (public company) alla medesima Fondazione di Sardegna (socio principale di riferimento) tramite operazioni non transitate dalla borsa valori;

   quali orientamenti intenda esprimere, per quanto di competenza, in relazione a un contesto che potrebbe determinare il ritorno a una governance politica delle banche, visto il ruolo della Fondazione di Sardegna che è amministrata da esponenti designati anche da istituzioni elettive.
(5-01791)


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come è noto l'articolo 1, comma 3, lettera a), n. 10), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) ha esteso, a decorrere dal 1° gennaio 2018, la possibilità di cedere il credito corrispondente alla detrazione spettante per tutti gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici richiamati nell'articolo 14 del decreto-legge n. 43 del 2013, ivi compresi quelli effettuati sulle singole unità immobiliari;

   la medesima norma ha confermato che il credito può essere ceduto ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché ad altri soggetti privati, con la facoltà per gli stessi di successiva cessione del credito, con esclusione delle banche e degli intermediari finanziari;

   la legge, inoltre, permette la cessione del credito anche alle banche e agli intermediari finanziari da parte dei soli contribuenti che ricadono nella «no tax area»;

   la norma, però, risulta inapplicata, poiché risulterebbe mancante il provvedimento attuativo dell'Agenzia delle entrate che dovrebbe disciplinare le modalità operative per procedere (codici tributo, istruzioni, procedura informatica e altro) e per acquisire il credito ceduto relativo alle singole unità immobiliari –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente delle difficoltà operative nell'attuazione della norma e se e quali iniziative intenda adottare affinché le necessarie istruzioni vengano al più presto comunicate con la massima visibilità ed evidenza, per mettere i contribuenti nelle condizioni di usufruire delle disposizioni in questione.
(5-01792)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLICANI e MORETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la questione relativa alle carceri rappresenta sicuramente una delle principali criticità per quanto concerne l'amministrazione della giustizia;

   l'interrogante ha avuto modo nell'ambito delle prerogative parlamentari di visitare la casa circondariale di Santa Maria Maggiore (carcere maschile) e la casa di reclusione della Giudecca (carcere femminile) di Venezia;

   in entrambe le realtà sono palesi i deficit strutturali e la necessità di procedere a interventi di ristrutturazione;

   l'istituto penitenziario di Santa Maria Maggiore presenta gravi carenze strutturali e necessita di interventi urgenti di riqualificazione che riguardano le parti comuni, ma non solo;

   molte celle sono piccole e si sta riproponendo drammaticamente il problema del sovraffollamento; al 31 dicembre 2018, risultavano essere ospitati 249 detenuti a fronte di 161 posti: 96 sono italiani e 153 stranieri di varie nazionalità, tra cui 34 tunisini, 25 rumeni, 25 albanesi, 16 marocchini;

   all'interno della casa circondariale sono poche le attività lavorative riservate ai detenuti, e in pochi possono contare su occasioni di impegno durante la giornata, come piccole attività di laboratorio e lavori legati ai servizi carcerari;

   si segnala una rilevante carenza di personale dell'amministrazione penitenziaria e della polizia penitenziaria con l'organico ridotto e la conseguenza che gli agenti sono costretti a fare turni di 8 ore, anziché di 6 come previsto;

   la caserma riservata al personale non è del tutto funzionale alle esigenze degli agenti;

   il carcere della Giudecca rappresenta uno dei pochi istituti penitenziari femminili presenti in Italia e ospita attualmente 88 detenute, a fronte di circa 130 posti disponibili;

   in questa realtà operano circa un centinaio di agenti penitenziari, 34 dei quali hanno preso servizio da poche settimane con una grave difficoltà di sistemazione all'interno della caserma del carcere, tanto che alcune stanze ospitano 5 agenti;

   anche questa struttura è ospitata in un antico convento all'interno della città e necessita di interventi urgenti di ristrutturazione che riguardano il corpo centrale e le parti comuni ed è uno dei pochi carceri a non essere dotato di un sistema di videosorveglianza, che va quanto prima installato;

   è quanto mai necessario intervenire per il recupero della cosiddetta «ala 17» per ampliare le attività laboratoriali, considerato che rappresenta un'esperienza pilota in Italia, in quanto la maggior parte delle detenute è impegnata in diverse attività lavorative;

   il carcere della Giudecca è inoltre una delle poche strutture italiane in cui è presente un Icam (Istituto a custodia attenuata per madri detenute) e attualmente accoglie 7 bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni;

   è giunto il momento che il Governo affronti questo tema, partendo dalle previsioni della legge n. 62 del 2011, attivando le case famiglia protette, in particolare nei casi di detenute condannate a reati non gravissimi, per tutelare sia il diritto delle donne alla maternità, che quello dei bambini a essere maggiormente protetti –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per prevedere tempestivi interventi di ammodernamento delle suddette strutture penitenziarie e per accogliere le richieste provenienti dalla competente amministrazione penitenziaria e dalle organizzazioni di rappresentanza della polizia penitenziaria e se intenda procedere all'istituzione di un apposito osservatorio per monitorare i percorsi educativi e formativi dei bambini dell'Icam, partendo proprio dalla realtà della Giudecca, anche per individuare eventuali nuovi strumenti normativi e misure idonee ad assicurare un miglioramento delle loro condizioni.
(5-01783)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   Rete ferroviaria italiana (Rfi) del gruppo Ferrovie dello Stato italiane riveste il ruolo di gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale con il compito – tra gli altri – di sviluppare la tecnologia dei sistemi e dei materiali, assicurare la piena fruibilità e il costante mantenimento in efficienza delle linee e delle infrastrutture ferroviarie e destinare gli investimenti al potenziamento, all'ammodernamento tecnologico e allo sviluppo delle linee e degli impianti ferroviari;

   Rfi, svolgendo attività mirate a sviluppare l'infrastruttura ferroviaria nazionale, ha una rete ferroviaria che si estende su tutto il territorio nazionale, occupando circa 27.000 dipendenti in tutta Italia. Ciò ha comportato per l'azienda uno sviluppo organizzativo fortemente caratterizzato da una copertura capillare del territorio;

   le unità produttive dislocate sul territorio sono 16 e assumono il nome di compartimenti;

   ciascun compartimento ha la facoltà di operare assunzioni di personale;

   accade che molti dipendenti, assunti da un compartimento (che comprende anche il territorio di più regioni) con sede in una determinata regione, permangano nel territorio ove ha sede il compartimento con la speranza e l'aspettativa di poter fare ritorno nella regione di residenza, facendo successivamente domanda di trasferimento in altro compartimento;

   l'articolo 50, comma 7, del contratto collettivo nazionale della mobilità dell'attività ferroviaria prevede che: «È facoltà del lavoratore fare domanda di trasferimento. Nel caso di più domande di trasferimento per la medesima sede di lavoro avanzate dai lavoratori, le aziende, a parità di caratteristiche professionali richieste terranno conto nell'ordine: a) della maggiore anzianità maturata nella figura professionale rivestita; b) della maggiore anzianità di servizio complessiva in azienda; c) della maggiore età anagrafica; d) del numero dei figli minori a carico. A livello aziendale saranno definiti i criteri per valutare le anzianità di cui alla precedente lettera a) nel caso di cambio di figura professionale»;

   ogni compartimento è tenuto a pubblicare la graduatoria dei dipendenti che chiedono il trasferimento dando conto dell'applicazione dei criteri previsti e dell'ordine della graduatoria;

   ciascun compartimento di Rfi può procedere all'assunzione di nuovo personale cosicché è sempre opportuna una verifica preliminare della presenza di eventuali dipendenti che abbiano fatto richiesta di trasferimento nella zona di pertinenza del compartimento che procede alla nuova assunzione;

   come si apprende dalla stampa online sarebbe in corso il perfezionamento della fusione tra la ex Fcu (Ferrovia centrale umbra) ed Rfi e ciò potrebbe favorire anche l'avvio delle domande di trasferimento dei dipendenti e il loro collocamento nelle sedi richieste –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, al fine di verificare la correttezza, la trasparenza e la pubblicazione in locali idonei delle graduatorie dei dipendenti Rfi che richiedono il trasferimento da un compartimento all'altro;

   se il Governo sia a conoscenza del numero dei dipendenti di Rfi che richiedono il trasferimento da un compartimento all'altro;

   se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire la mobilità dei dipendenti che presentano domanda di trasferimento e il loro collocamento nelle sedi richieste.
(4-02606)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel mese di dicembre 2018 un noto imprenditore di Castellammare di Stabia, Adolfo Greco, sarebbe stato arrestato assieme ad altre dodici persone per collusione e legami con i clan della camorra dell'area stabiese nell'ambito di un'indagine investigativa denominata «Olimpo»;

   sempre da notizie a mezzo stampa, starebbe emergendo un quadro complesso che vede, da un lato, uno stretto, collegamento di questo imprenditore con diverse realtà sociali, politiche e imprenditoriali alcune delle quali fortemente legate alla criminalità organizzata; e dall'altra, gli intensi legami del medesimo imprenditore anche con numerosi esponenti della classe politica locale;

   in attesa che gli organi inquirenti concludano le proprie attività investigative, non è chiaro se gli intensi legami fin qui emersi dell'imprenditore sopra-citato con esponenti della criminalità organizzata, da un lato, ed esponenti della classe politica locale, dall'altro, siano atti a configurare significativi elementi di turbativa dell'attività politica su questo territorio;

   nelle more che gli inquirenti completino le proprie indagini, appare opportuno verificare quanto prima se i gravi episodi di corruttela e i traffici di influenze emersi dalle notizie a mezzo stampa siano tali da alterare e influire negativamente sugli atti compiuti dall'amministrazione in carica e se vi siano elementi univoci e coerenti volti a far ritenere un collegamento tra l'amministrazione in carica e i gruppi criminali, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 143 del Tuel;

   se si intendano adottare le iniziative di competenze per l'istituzione di una commissione d'indagine per l'esercizio dei poteri di accesso e di accertamento di cui all'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali alla luce degli elementi evidenziati in premessa che interessano il comune di Castellammare di Stabia e dell'estesa ingerenza della criminalità organizzata in quest'area, come riportato dagli organi di stampa.
(5-01794)


   FRAGOMELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di giugno del 2018, in corrispondenza della tornata di elezioni a livello amministrativo, si svolgevano anche le elezioni nel comune di Teglio, un comune italiano di poco più di 4.500 abitanti, della provincia di Sondrio, in Lombardia, situato nella media Valtellina;

   fin dalla costituzione della giunta, avvenuta tra la fine di giugno e i primi di luglio 2018, diverse sono state le anomalie giuridiche contestate da taluni consiglieri eletti, che in particolare avevano lamentato non solo il mancato rispetto delle quote di genere nella composizione della giunta, in violazione di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 137, della legge n. 56 del 2014, e oggetto di altra interrogazione, ma anche il mancato rispetto della separazione dei ruoli tra amministratori e tecnici e la nomina dello stesso sindaco quale capogruppo consiliare;

   da notizie a mezzo stampa, si è appreso altresì che della questione è stato investito lo stesso prefetto, che in data 8 agosto 2018 avrebbe mandato una prima lettera al sindaco nella quale avrebbe confermato i rilievi sollevati da taluni consiglieri, e in particolare sul punto avrebbe ricordato che il sindaco, il consiglio e i gruppi svolgono ruoli distinti, come si evince anche dall'articolo 42 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che enuncia dettagliatamente le attribuzioni e le competenze dei consigli comunali;

   tuttavia, trascorsi sette mesi, nonostante i numerosi rilievi sollevati dai consiglieri per violazione dei regolamenti e della legge, e nonostante della questione sia stato ripetutamente investito il prefetto competente, nessun intervento o azione è stata posta in essere per il ripristino della legalità e della correttezza dell'azione amministrativa;

   a parere dell'interrogante la sovrapposizione tra la carica di sindaco, in quanto componente della giunta comunale, e quella di capogruppo di un gruppo consiliare della maggioranza fa venir meno le condizioni minime di agibilità democratica nel comune di Teglio –:

   quali iniziative di competenza abbia adottato o intenda adottare il prefetto alla luce delle richiamate segnalazioni e della persistenza delle suddette criticità per favorire quanto prima il ripristino delle condizioni minime di trasparenza, rispetto della legalità e correttezza dell'azione amministrativa nel comune di Teglio.
(5-01795)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo dei vigili del fuoco svolge un ruolo di primaria importanza nelle operazioni di soccorso in occasione degli eventi dannosi, di origine naturale o meno, che purtroppo continuano a colpire il territorio nazionale;

   la carenza di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è un problema nazionale aggravato dalle conseguenze della «riforma Madia», di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, eredità del precedente Governo, emanato in attuazione della legge n. 124 del 2015, che ha sancito, a partire dal 1o gennaio 2017, l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato in diverse amministrazioni statali, attribuendo in particolare all'Arma dei carabinieri le funzioni già esercitate dal Corpo in materia forestale e ambientale, ad eccezione, ad esempio, di quelle assegnate ai vigili del fuoco in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi;

   l'attuazione del citato provvedimento ha originato svariate problematiche di natura organizzativa, logistica e personale, al punto tale da rendere necessario un pronunciamento, fortemente atteso, da parte della Corte costituzionale;

   con la soppressione del Corpo forestale dello Stato è stato eliminato, tra gli altri, il reparto prevenzione ed antincendio boschivo, costituito da uomini e mezzi con esperienza decennale in questo campo. A ciò si aggiunge il fatto che l'attività di spegnimento aereo, assicurato dalla flotta elicotteri del Corpo forestale, è stata demandata dalle regioni a soggetti privati, con costi elevatissimi;

   solo nel 2017 sono andati bruciati per incendi, dolosi e non, 101 mila ettari di territorio, con conseguenze devastanti per fauna e flora, e a fronte di un numero specifico di incendi poco superiore a quello dell'anno precedente si è avuto invece un raddoppio dei territori interessati. È evidente che la soppressione del Corpo forestale dello Stato ha penalizzato l'efficienza e l'efficacia degli interventi, privando il territorio di quella presenza vigile e costante che il Corpo garantiva;

   il comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento soffre in maniera particolare la suddetta mancanza di organico e opera con distaccamenti in numero esiguo su un territorio vasto e ad alto rischio sismico e idrogeologico che si sviluppa su superfici rurali e boschive molto estese con centri abitati distanti tra loro e mal collegati, stante la mancanza di infrastrutture adeguate: l'insieme di tutti questi fattori da’ come risultato l'estrema vulnerabilità delle popolazioni a qualsiasi evento catastrofico;

   nonostante ciò, lo sforzo profuso per fronteggiare le emergenze è stato immane, poiché i vigili hanno sopperite alle carenze di organico, strutturali e organizzative con uno straordinario senso del dovere che, tuttavia, non può essere sufficiente a risolvere tutti i casi, come quello verificatosi il 28 agosto 2018 dove a bruciare per un intero pomeriggio è stato quasi tutto il monte Caruso, caratterizzato da costoni impervi, difficile da raggiungere con i mezzi a disposizione: le fiamme, avanzate disastrosamente in mancanza di mezzi terrestri adatti ad affrontare il difficile terreno e di quelli aerei atti allo spegnimento, hanno cancellato coltivazioni, macchia mediterranea, un'antica pineta fino ad arrivare a lambire alcune abitazioni e l'eremo di San Michele;

   spesso nella provincia di Benevento è stato necessario ricorrere all'ausilio di vigili del fuoco operanti nelle province confinanti di Campobasso e Napoli, con tutti i risvolti negativi del caso, come quello del tempo impiegato per giungere sul posto e rientrare, dopo difficoltosi interventi, nella propria sede;

   come più volte evidenziato anche dal sindacato Co.Na.Po., da ultimo in una denuncia del 17 marzo 2019, si registra, in particolare, una situazione di grave carenza di personale autista vigile permanente che interessa il comando dei vigili del fuoco di Benevento, le cui criticità sono destinate ad acuirsi con l'approssimarsi dei mesi più caldi e del periodo in cui il personale dovrebbe usufruire delle ferie estive: il rischio è che l'intero dispositivo di soccorso tecnico urgente della provincia di Benevento sia messo in ginocchio, non concedendo peraltro la necessaria serenità al personale che espleta questo difficile e particolare lavoro –:

   quale sia l'orientamento del Governo in merito alla cosiddetta «riforma Madia», di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, emanato in attuazione della legge n. 124 del 2015;

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto rispetto all'evidente necessità di incremento di risorse e mezzi da destinare al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in particolare, al comando provinciale dei vigili del fuoco di Benevento.
(4-02601)


   LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in base all'articolo 97 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «il comune e la provincia hanno un segretario titolare», che «svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti»;

   il comune di Subiaco risulta essere privo di tale figura professionale dalla data del 1° ottobre 2018, a causa del pensionamento del dottor Pietro La Torre, e da tale data decorre, quindi, il periodo di vacanza della sede di segretaria;

   successivamente all'apertura del periodo di vacanza della sede di segreteria, e del suo pensionamento, il dottor La Torre ha partecipato a ben due commissioni giudicatrici di concorso, prima per il reclutamento di un Istruttore tecnico e successivamente per la copertura di un posto di Istruttore amministrativo contabile;

   in data 26 settembre 2018, il comune di Subiaco, con decreto n. 10, ha nominato il vice segretario comunale nella persona del dottor Pierluigi Floridi, attribuendogli la reggenza della segreteria sino al 31 gennaio 2019;

   il comune di Subiaco ha prorogato per ben tre volte la reggenza del vice segretario, dapprima per i mesi di febbraio e di marzo, con decreti adottati in data 2 febbraio e 25 febbraio 2019, e, con l'adozione di un nuovo decreto di proroga adottato in data 28 marzo 2019, per tutto il mese di aprile 2019;

   l'articolo 15 del regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, dispone che «In caso di vacanza della sede di segreteria (...) le funzioni di segretario sono svolte dal vicesegretario» e che «La procedura di nomina del segretario titolare è avviata entro sessanta giorni dalla data della vacanza e deve concludersi entro centoventi giorni dalla stessa data»;

   come stabilito dalla sentenza n. 02268/2010 della IV sezione del Consiglio di Stato, del 21 aprile 2010, «la reggenza del vice segretario in caso di vacanza della sede di segreteria non può eccedere i 120 giorni dal verificarsi della vacanza. Pertanto decorso tale termine il Ministero e l'Albo nazionale dei Segretari provvederanno ad inviare presso la sede un segretario reggente»;

   la medesima sentenza ha altresì chiarito che «Il termine di 120 giorni (...) va inteso come perentorio, in quanto mira ad assolvere lo scopo prefissato dal legislatore, per la funzionalità del sistema in cui è inserita la previsione normativa»;

   per il comune di Subiaco il termine di reggenza concesso ai sensi di legge è scaduto il 31 gennaio 2019, ma a tutt'oggi non è ancora stata conclusa la procedura per la copertura della segreteria comunale;

   il comune di Subiaco sta, al contrario, di fatto reiterando la reggenza del vice segretario, con proroghe oltre il termine perentorio dei 120 giorni;

   successivamente alla scadenza del termine di 120 giorni sono stati compiuti atti di rilevante importanza da parte del comune di Subiaco, come l'approvazione del bilancio di previsione 2019, approvato con delibera 8-9 del consiglio comunale del 15 marzo 2019 –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per porre fine alla vacanza della sede di segreteria in corso nel comune di Subiaco dal 1° ottobre 2018;

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire se gli atti compiuti successivamente alla collocazione a riposo per raggiunti limiti di età in casi analoghi a quello del dottor Pietro La Torre nel comune di Subiaco siano conformi alle normative vigenti;

   se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire se gli atti compiuti dal vicesegretario comunale successivamente alla scadenza del termine di supplenza, che nel caso di specie è avvenuta il 31 gennaio 2019, siano validi ed efficaci ancorché non si è provveduto alla nomina di un segretario titolare o reggente.
(4-02608)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto di studi giuridici internazionali (Isgi) è l'unico organo scientifico del Consiglio nazionale della ricerca (Cnr) che svolge attività di ricerca, formazione e alta consulenza nel settore del diritto internazionale e dell'Unione europea;

   l'istituto è stato fondato nel 1994, ma già dal 1986 operava come centro di studi del Cnr e della Società italiana per l'organizzazione internazionale (Sioi) creato su progetto dell'insigne giurista e accademico italiano Roberto Ago. L'istituto ha successivamente ampliato le sue competenze e linee di ricerca con l'acquisizione, nel 2001, del Centro di studi giuridici latino-americani Cnr dell'Università di Roma Tor Vergata e, nel 2006, dell'ex Istituto di diritto agrario internazionale e comparato. La missione e le linee di ricerca dell'Isgi corrispondono, tuttora e in misura sempre crescente, a funzioni fondamentali che la scienza giuridica è chiamata a svolgere nell'attuale contesto economico e sociale, caratterizzato dagli effetti della globalizzazione, da un accelerato sviluppo scientifico e tecnologico e, conseguentemente, da rapide trasformazioni normative e istituzionali nel mondo, in Europa, nelle altre regioni geopolitiche e in Italia;

   la notizia di una possibile riorganizzazione degli istituti giuridici del Cnr e, in particolare, l'ipotesi di fusione dell'Isgi e dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie (Issirfa) prospettata dal dipartimento scienze umane e sociali, patrimonio culturale, Dsu, desta non poche preoccupazioni. I ricercatori e tecnologi dell'Isgi affermano che tale fusione non garantirebbe a pieno la continuità delle attività di ricerca dell'istituto, che rappresentano un patrimonio da mantenere e valorizzare; per converso, una riorganizzazione non sorretta da un chiaro e valido progetto scientifico rischierebbe di minarne l'efficacia e di confonderne la specificità in un ambito più vasto e generico;

   fra Isgi e Issirfa vi sono divergenze sostanziali e profonde nel modo di raffigurare un possibile percorso comune, dovute a differenze di impostazione scientifica e metodologica insuperabili, e i due istituti non possono essere oggetto di una mera aggregazione, priva di contenuto e di progettualità scientifica. Inoltre, anche la perdita del nome ridurrebbe la riconoscibilità dell'Isgi diffusamente noto e apprezzato tra gli studiosi del settore, in Italia e all'estero, anche in termini di perdita di opportunità di finanziamento –:

   quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, il Ministro interrogato intenda assumere per garantire nel modo più pieno la continuità della missione e delle attività dell'Istituto di studi giuridici internazionali del Cnr nella forma che ha fino ad oggi garantito ottimi risultati, preservandone l'autonomia e il patrimonio scientifico acquisito in oltre trent'anni di attività.
(4-02597)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   dalle pagine del quotidiano il Tirreno si apprende che in una scuola superiore di Pisa un'insegnante, trovando un'alunna impreparata, dopo averle assegnato un brutto voto l'avrebbe costretta, a scrivere cento volte su un foglio la frase: «Vivi secondo ragione». Infine, avrebbe affisso la pagina sulla porta della classe;

   la studentessa ha eseguito il compito punitivo davanti ai compagni di classe e da quel giorno non è più tornata a scuola;

   a parere dell'interrogante, tale episodio dovrebbe davvero far riflettere, perché è veramente difficile, se non impossibile, capire il senso e le motivazioni educative di questa punizione umiliante da parte di un'insegnante che avrebbe dovuto limitarsi, nell'esercizio del suo prezioso ruolo, a certificare il voto senza per questo mortificare l'alunna davanti all'intera classe;

   adesso che quella ragazza non vuole più frequentare la scuola appare palese come l'unica conseguenza di questo gesto sia stata quella di aver creato una situazione di grave disagio;

   nonostante le tardive scuse della docente per il suo gesto considerato un «fraintendimento» e giunte solo dopo che la notizia è diventata di dominio pubblico, è comunque necessario un intervento dell'ufficio scolastico regionale della Toscana, affinché si proceda a un'ispezione in quella scuola per ricostruire esattamente gli eventi e prendere le dovute contromisure;

   l'utilizzo di metodi di questo tipo non ha nulla a che fare con l'insegnamento alle nuove generazioni e comportamenti di questo tipo andrebbero severamente sanzionati –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza e anche attraverso l'ufficio scolastico regionale della Toscana, per avviare un'attività ispettiva all'interno della scuola dove si sarebbero verificati i fatti esposti in premessa al fine di acquisire tutti gli elementi utili a chiarire quanto denunciato e, ove i fatti venissero confermati, per valutare, qualora ne esistano i presupposti, l'avvio di un procedimento disciplinare dal momento che, a parere dell'interrogante un comportamento come quello descritto in premessa è da ritenersi contrario a qualsiasi principio educativo.
(4-02605)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZO, AMITRANO, GIANNONE, PALLINI, TRIPIEDI, SIRAGUSA, SEGNERI, CUBEDDU, COSTANZO, CIPRINI, DAVIDE AIELLO, VILLANI e VIZZINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   lo Stato e gli enti territoriali sono tenuti, in primis e a maggior ragione quando rivestono le vesti della parte datoriale, a fornire il giusto esempio nell'assicurare una piena tutela dei diritti del lavoratore, parte «debole» del rapporto di lavoro;

   nell'ambito di un trasferimento d'azienda tra due partecipate del comune di Napoli ovvero tra la Napoli Sociale s.p.a. (in liquidazione volontaria) e la Napoli servizi s.p.a. c'è stato un passaggio di personale da una partecipata all'altra e in data 3 novembre 2016 circa 300 lavoratori, per poter continuare a lavorare con la Napoli Servizi, hanno dovuto sottoscrivere presso la direzione territoriale del lavoro di Napoli un verbale di conciliazione lesivo dei propri diritti;

   in data 3 novembre 2016 i lavoratori hanno depositato presso la direzione territoriale del lavoro di Napoli una dichiarazione con cui manifestavano di non condividere i contenuti del verbale e di firmarlo perché costretti dalla necessità di mantenere il proprio lavoro;

   molti di questi lavoratori hanno instaurato diversi giudizi dinanzi al tribunale di Napoli, sezione lavoro, impugnando i verbali di conciliazione per mancanza del requisito del consenso per violenza morale;

   in data 30 gennaio 2019 l'avvocato Quattromini, difensore di un gruppo di lavoratori coinvolti in tale vicenda, presentava un esposto all'Ispettorato del lavoro a livello nazionale e territoriale con il quale chiedeva di esperire tutte le indagini del caso. L'Ispettorato in risposta all'esposto si limitava ad affermare che l'Ispettorato del lavoro di Napoli «con nota prot. n. 10509 del 22 febbraio 2019 ha precisato che nel caso specifico come per ogni conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura penale, il lavoratore è stato edotto del contenuto del verbale che avrebbe sottoscritto in quella sede»;

   il tribunale di Napoli, sezione lavoro con la sentenza n. 1093 del 2019 ritiene che: «la prova della coazione diretta ad estorcere il consenso delle lavoratrici alla sottoscrizione della conciliazione sia emersa [...] dalla stessa documentazione agli atti. Assume rilevanza fondamentale il contenuto della comunicazione di Napoli Servizi in vista della futura stipula del contratto di assunzione. In essa si legge che la proposta di assunzione alle proprie dipendenze è subordinata all'accettazione da parte delle lavoratrici di determinate condizioni, tra cui, la rinuncia ad azioni dirette e/o di natura solidaristica relative al rapporto intercorso con Napoli Sociale; che l'assunzione stessa e le condizioni ivi indicate avrebbero dovuto essere trasposte in un verbale di conciliazione ex articolo 411 del codice di procedura penale». Nella stessa si legge che: «evidente è che il consenso alla sottoscrizione del verbale di conciliazione sia stato indotto dal comportamento del futuro datore di lavoro che, nella comunicazione esaminata, nella sostanza, minacciava la non prosecuzione del rapporto di lavoro in caso in cui le lavoratrici non avessero accettato di essere assunte exnovo con rinuncia alle guarentigie dell'articolo 2112 del codice civile. L'idoneità della coazione ad indurre alla sottoscrizione della conciliazione non è affatto dubitabile, ponendo alle lavoratrici l'alternativa tra la perdita definitiva del lavoro, poiché in mancanza dell'accordo non sarebbero state assunte, e la possibilità di continuare a lavorare anche se in spregio delle tutele apprestate dall'ordinamento in caso di trasferimento di azienda». In considerazione di ciò il tribunale annulla i verbali di conciliazione per difetto del requisito del consenso ex articoli 1427 e 1435 del codice civile, perché come scritto in sentenza: «mai le lavoratrici avrebbero sottoscritto il verbale di conciliazione se non indotte dalla minaccia di non poter altrimenti continuare a lavorare» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di garantire un maggiore controllo e una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori da parte dell'Ispettorato del lavoro e da parte dei datori di lavoro.
(5-01793)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il controllo medico fiscale è normato, a livello giuridico, dal diritto del lavoro italiano con l'articolo 5 della legge n. 300 del 1970, statuto dei lavoratori; mediante tale normativa il datore di lavoro ha il diritto di richiedere la visita medesima nei confronti del proprio dipendente non presente sul luogo di lavoro a causa di malattia;

   l'accertamento può essere attivato, oltre che dal datore di lavoro in ambito privato, dall'ente pubblico ove lavora il dipendente che si trova a casa per malattia e, per quest'ultimo, vi è l'obbligo della reperibilità nella fascia oraria in cui può avvenire la visita fiscale;

   tra le malattie figura anche l’ictus che, in numerosissimi casi, non ha conseguenze fisiche; a seguito di degenza ospedaliera, la persona ritorna a ritmi di vita del tutto normali;

   pertanto, le persone colpite da ictus sono soggette a visite fiscali: in particolare, per i dipendenti pubblici le visite vanno dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18, impossibilitando dunque la persona a uscire di casa per un lungo periodo vista la specifica casistica;

   le visite fiscali rappresentano un costo piuttosto ingente per gli imprenditori, i quali devono, conseguentemente, rimborsare la visita all'Inps;

   al fine di conseguire una maggiore semplificazione sarebbe opportuno, ad avviso dell'interrogante, valutare se, in presenza di alcune malattie come l’ictus, che comportano una degenza ospedaliera, si possa essere esentanti dalle visite fiscali –:

   se il Ministro interrogato intenda porre in essere iniziative volte a eliminare progressivamente la visita fiscale per dipendenti in ambito pubblico e privato che non hanno riportato situazioni invalidanti, a livello psico-fisico, a seguito di patologie come l’ictus e che hanno già intrapreso il percorso di cura e riabilitativo durante la degenza;

   se, in un'ottica di risparmio per gli enti pubblici e per il settore privato, intenda adottare iniziative per aggiornare l'elenco delle situazioni esenti dal controllo della visita fiscale, a maggior ragione se il percorso di cura e riabilitazione è stato effettuato durante la degenza e il paziente non ha riportato conseguenze invalidanti o danni psico-fisici;

   se abbia già previsto di porre in essere un piano per una razionalizzazione delle casistiche sottoposte al controllo della visita fiscale in ambito pubblico e privato.
(4-02603)


   GAGLIARDI, CASSINELLI, PASTORINO, BAGNASCO, ZANGRILLO e MULÈ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la società Qui! Group spa, con sede a Genova, opera nel settore dei buoni pasto, erogando servizi connessi all'emissione, alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione, a qualsiasi titolo di servizio e in qualsiasi forma, per sé e per conto terzi di buoni pasto, buoni acquisto, buoni sconto, buoni lavoro, voucher e titoli similari, in forma sia cartacea che elettronica, per l'acquisto di beni di consumo relativamente a tutti i settori merceologici;

   con ricorso presentato in data 8 agosto 2018, la suddetta società Qui! Group spa ha chiesto al tribunale di Genova la dichiarazione dello stato di insolvenza ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria;

   il 7 settembre 2018, la sezione fallimentare del tribunale di Genova ha dichiarato il fallimento di Qui! Group;

   si tratta di un'azienda in fallimento, con debiti per decine di milioni di euro, in buona parte sulle spalle di bar, ristoranti e negozi di alimentari, che fino a poco tempo fa hanno continuato ad accettare i suoi buoni pasto, in forza della convenzione in essere con la medesima Qui! Group, con ammanchi per singola impresa che superano mediamente i 50 mila euro;

   è indispensabile tutelare lavoratori e imprese, anche perché il Governo, dopo un primo e unico incontro al Ministero dello sviluppo economico, nel settembre 2018, non ha fatto più nulla;

   a ciò si aggiunga – come ricorda un articolo del Secolo XIX – che per i nuovi buoni pasto della ditta Sodexo, l'azienda vincitrice dell'ultima gara per i buoni pasto bandita dalla Consip, viene chiesto il 16 per cento di commissioni agli esercenti;

   il problema è che, alle percentuali di sconto applicate alle amministrazioni, corrisponde la percentuale di commissioni richiesta agli esercenti, il 16 per cento appunto. «Qui! Ticket» applicava una commissione del 4,5 per cento, cifra analoga chiedono le altre principali compagnie fornitrici;

   come riporta il medesimo articolo del SecoloXIX.it, «il caso dei nuovi ticket ha già avuto alcuni focolai di protesta a Catania e Milano. A Genova, però, con le ferite fresche del crack Fogliani, la situazione rischia di deflagrare con la prima presa di posizione nazionale della Fiepet Confesercenti. Che, ieri, ha cominciato a distribuire i volantini nei locali dei suoi associati. Così, dove fino a pochi mesi fa si trovava il cartello “Non si accettano buoni Qui!”, ora ne è comparso uno nuovo che spiega ai clienti come mai vengano respinti i buoni Sodexo dei dipendenti pubblici»;

   il vice di Confesercenti, Paolo Barbieri, ha dichiarato: «Genova fa da capofila alla protesta contro Consip. Non citiamo Sodexo perché lo Stato deve fare la sua parte: prima seleziona un'azienda che non ci paga (Qui! Ticket), ora permette uno sconto netto del 15,97 per cento a un'altra compagnia che, con i vari servizi connessi, arriva a farci pagare una commissione quasi del 20 per cento» –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare per risolvere le criticità di cui in premessa;

   se non si intenda aprire un tavolo di crisi per risolvere il problema, che coinvolge migliaia di lavoratori e imprese.
(4-02604)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'ordine del giorno a prima firma dell'interrogante, n. 9/01334-AR/295, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea dell'8 dicembre 2018, è stata affrontata la vicenda di 799 docenti transitati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca all'Inps nell'anno 1998 per effetto dell'ordinanza ministeriale del 6 maggio 1998, n. 217, di definizione dei criteri di procedura di mobilità intercompartimentale;

   negli anni si sono susseguite vertenze e giudizi di merito in tema di riconoscimento agli ex docenti dell'anzianità di servizio maturata presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e sul riassorbimento dell'assegno ad personam, attribuito in sede di passaggio all'Inps;

   ciò fino alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 settembre 2011, n. 108 del 2010 che ha considerato il riassorbimento dell'assegno un inammissibile «peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente»;

   in una nota del 24 febbraio 2012 indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Inps stesso definisce tale situazione «un'ingiusta discriminazione tra il personale ex docente ed il restante personale ugualmente transitato in Inps da altri comparti, la cui dinamica contrattuale ha reso evidente, quale RIA non riassorbibile, il valore per classi e scatti, scorporandolo dallo stipendio tabellare» –:

   quali iniziative abbia assunto il Governo in relazione alla questione di cui all'ordine del giorno riportato in premessa;

   in quali tempi il Governo intenda adottare le iniziative normative volte a sanare le criticità di cui in premessa e a garantire il giusto riconoscimento ai 799 docenti coinvolti nella vicenda in questione.
(4-02602)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO RUSSO e MANDELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni il Ministero della salute ha disposto il richiamo e il divieto di vendita di quattro inchiostri per tatuaggi: verde (Green beret), nero (Black mamba), rosso (Sailor jerry red) e rosa (Hot pink), in quanto all'interno degli stessi sono state individuate sostanze cancerogene;

   precedentemente anche altri pigmenti erano stati individuati come pericolosi per la presenza di sostanze chimiche a rischio di cancro. Si tratta di inchiostri prodotti dalle aziende statunitensi Eternal Ink, Black Ink e World Famous Tattoo Ink. Sotto accusa sono le ammine aromatiche, riconosciute come cancerogene per l'uomo; le analisi effettuate dall'Agenzia protezione ambiente Arpa del Piemonte hanno, infatti, rilevato la presenza di anisidina;

   ad oggi non esiste una legislazione che controlla tutti i pigmenti. In un articolo de «La Repubblica.it», il direttore unità operativa di dermatologia infettiva e allergologia dell'Istituto San Gallicano di Roma, dottor Antonio Cristaudo, ricorda che «in realtà non ci sono norme sulla composizione chimica degli inchiostri per tatuaggi. Vengono utilizzate quelle dei cosmetici che, però, a differenza degli inchiostri non sono iniettati nella pelle. La situazione, quindi, è complessa anche perché questi colori si possono comprare pure su internet, dove non c'è nessun controllo»;

   in occasione dell’European Academy of Dermatology and Venereology, tenutosi a Parigi a settembre 2018, gli esperti avevano, infatti, chiesto di rafforzare la normativa sugli inchiostri dei tatuaggi;

   pochi anni fa uno studio condotto dall'istituto San Gallicano di Roma in collaborazione con l'istituto superiore di sanità, ha indagato proprio sulla presenza di metalli tossici in alcuni colori per tatuaggi. Avendo come riferimento la legislazione sui cosmetici, i metalli risultavano essere in quantità superiore rispetto ai limiti consentiti. In particolare, sono stati presi in considerazione il nichel, il mercurio, il cobalto, il cromo e il cadmio;

   nell'inchiostro utilizzato per il tatuaggio non ci sono solo sostanze inorganiche come i metalli. Sono presenti anche sostanze organiche ed è tra queste che rientrano le ammine aromatiche individuate appunto dall'Arpa nei prodotti richiamati dal Ministero della salute. Queste sostanze possono dare altri effetti; per esempio le ammine aromatiche, definite cancerogene dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, sono associate al rischio di cancro –:

   se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile avviare le opportune iniziative, anche normative, volte a garantire la salute delle persone che si sottopongono a tatuaggi, anche prevedendo un rafforzamento della disciplina sugli inchiostri utilizzabili;

   quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di disciplinare, previo parere motivato dell'Istituto superiore di sanità, le modalità di utilizzo e di immissione in commercio dei prodotti e degli strumenti per tatuaggio e pratiche correlate, nonché le modalità e gli elementi per la valutazione dei rischi ad essi connessi.
(5-01787)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNONE, FEDERICO, CASA, DE LORENZO, CUBEDDU, SIRAGUSA, INVIDIA, COSTANZO, AMITRANO, SEGNERI e VIZZINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dal quotidiano Leccesette, la segreteria della Fp Cgil Lecce e i suoi rappresentanti sindacali del Presidio Ospedaliero di Scorrano ritengono indispensabile denunciare, a tutti i livelli, la gravissima carenza di personale in cui versa l'ospedale «Veris Delli Ponti»: da tempo, secondo quanto riferito, il flusso di pazienti verso la struttura ospedaliera risulta in costante aumento. All'incremento dei dati di attività del presidio si contrapporrebbe quello dei carichi di lavoro sconsiderato, creato anche dalla «marcata riduzione di personale medico, infermieristico e di supporto in tutti i reparti e servizi»;

   il segretario Floriano Polimeno, in una lettera, ha evidenziato come a peggiorare la situazione si aggiunga «il fenomeno della extra locazione, determinata dalla scelta aziendale di aumentare i posti letto per la extra locazione di pazienti di pertinenza medica precisamente nei reparti di Ortopedia, Chirurgia e Ostetricia»: «Una scelta – precisa – che sta causando un alto livello di stress lavorativo e che mette a dura prova la resistenza fisica e psichica di tutto il personale»;

   da quanto si apprende da fonti di stampa le sale operatorie del nosocomio di Scorrano sono in una situazione emergenziale dal mese di febbraio 2019, la cui causa sarebbe l'assenza di personale medico anestesista (sanitasalento.net);

   nosocomio durante le ore notturne è sprovvisto di medico chirurgo che viene reperito tramite chiamata solo in emergenza;

   le liste di attesa, a causa di questa situazione, subiranno inevitabili ritardi;

   secondo quanto riportato sempre da Leccesette «nel reparto di Medicina e Lungodegenza, la carenza di personale medico, infermieristico e OSS è diventata sempre più grave: il reparto conta ben 52 posti letto distribuiti su 2 piani, ben oltre il numero previsto e deliberato dalla giunta regionale col nuovo piano ospedaliero. “Qui – chiarisce Polimeno – il personale collocato a riposo non è stato mai sostituito. In tale contesto malgrado l'abnegazione e la massima collaborazione di tutto il personale, sovente non si riesce a coprire i normali turni di servizio”»;

   anche nella dirigenza medica è presente una grave carenza, tanto che la Fp Cgil chiede come sia possibile che le richieste reiterate di personale siano rimaste a tutt'oggi disattese, al punto che nell'ultimo semestre del 2018 non sono state adottate neppure le sostituzioni. L'emergenza influenzale coinvolgerà, inevitabilmente, la unità operativa complessa (Uoc) di radiologia che è già da ora «in permanente collasso». Il blocco operatorio ha implementato la propria attività anche in considerazione della chiusura del reparto di ostetricia e ginecologia di Casarano e con l'aumento dell'attività chirurgica dell'Uoc di chirurgia generale e ortopedia, scaturita anche dalla chiusura dei reparti di chirurgia generale e ortopedia di Galatina;

   l'attività del servizio di dialisi ha necessità di essere garantita in sicurezza per i pazienti, così come la Uoc di chirurgia generale che esprime un raggruppamento omogeneo di diagnosi (Drg) di notevole complessità, con un organico scarsissimo. Anche la Uoc di ortopedia e traumatologia sarebbe fortemente in sofferenza, così come la cardiologia e l'Unità di terapia intensiva cardiologica. Il pronto soccorso registra un costante aumento di accessi non supportato da adeguato personale;

   la Fp Cgil Lecce ritiene che il presidio ospedaliero di Scorrano, per i casi trattati e le potenzialità che offre, debba essere messo nelle condizioni di diventare un dipartimento di emergenza/urgenza e accettazione (Dea) di I livello e quindi di offrire le prestazioni previste, così come sancito dal piano di riordino regionale. Diventa urgente il «reclutamento di 20 infermieri e di 30 Oss», oltre al «potenziamento del personale medico nei rispettivi reparti» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se la situazione critica del presidio ospedaliero di Scorrano sia connessa alle esigenze di razionalizzazione determinate dal piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza.
(4-02600)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   il 27 marzo 2019 il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha scritto al presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, in merito al massiccio aumento dell'importazione dell'acciaio dall'Indonesia, chiedendo di rivedere immediatamente l'elenco dei Paesi in via di sviluppo a cui si applicano le misure di salvaguardia in base alle cifre di importazione disponibili nel 2018;

   l'autorevole iniziativa è stata adottata a seguito della lettera congiunta inviata alla metà di marzo 2019 dai produttori e dai sindacati dei lavoratori siderurgici, riuniti nella European Steel Association e nella IndustriAll Europa (la lettera è firmata sia dal direttore dell'associazione dei produttori siderurgici Axel Eggert, sia dal segretario generale del sindacato europeo Luis Colunga), al commissario europeo per il commercio e l'industria, Malmström, volta a sensibilizzare la Commissione sull'aggiramento delle regole di salvaguardia che si sta verificando in particolare a partire dalla seconda metà dell'anno 2018;

   la richiesta di intervento prende le mosse dagli ultimi dati ufficiali sulle quote di mercato delle importazioni di acciaio inossidabile dall'Indonesia: l’import di piani a caldo, per esempio, è passato dallo 0 per cento del 2017 al 10,1 per cento del 2018 (18,2 per cento se si considera solo la seconda metà del 2018);

   la netta crescita delle esportazioni del Paese asiatico verso l'Unione europea in sede di riscrittura del regolamento di salvaguardia nel luglio 2018, non era stata considerata in quanto il provvedimento di contenimento dell’import ha inserito l'Indonesia tra i Paesi esenti da contingente, dal momento che tra il 2015 e il 2017 la sua media di importazioni era nulla e pertanto ben al di sotto di quella soglia del 3 per cento utilizzata per definire i Paesi in via di sviluppo;

   secondo le associazioni europee di settore la «... massiccia espansione della capacità produttiva indonesiana è alimentata sia dalle imprese siderurgiche cinesi che ricevono sussidi statali, sia dagli stessi sussidi indonesiani. Ciò si somma alle restrizioni all’export di materie prime. Questi vantaggi possono essere considerati concorrenza sleale e consentono ai produttori indonesiani di beneficiare di costi di produzione significativamente inferiori rispetto ai competitor e di distorcere i prezzi dell'acciaio inossidabile in tutto il mondo. Di conseguenza, l'industria europea dell'acciaio inossidabile, che rappresenta più di 100 mila posti di lavoro diretti e indiretti, ha visto le proprie vendite sul mercato interno calare in modo significativo (-5,3 per cento su base annua nella seconda metà del 2018) e a cascata i prezzi base sono scesi del 30 per cento, con conseguenze negative considerevoli sui margini del settore...»;

   le misure di protezione dell'industria europea dell'acciaio adottate nel luglio 2018, accolte dall'unanime sostegno dagli Stati membri dell'Unione europea, erano concentrate in particolare sull'importazione dell'acciaio da altri Paesi verso il mercato dell'Unione europea a seguito delle restrizioni all’import adottate dagli Stati Uniti nel giugno 2018, le quali avevano sottoposto a dazi del 25 per cento l'acciaio e del 10 per cento sull'alluminio, colpendo quasi 5 milioni di tonnellate di prodotti europei. L'introduzione dei dazi statunitensi ha colpito anche acciaio proveniente dall'Asia esponendo l'Europa a divenire il luogo verso cui dirottare milioni di tonnellate di prodotto asiatico, che non trovavano più sbocco sui mercati del nord-America;

   l'aggiornamento dell'elenco dei Paesi in via di sviluppo cui applicare le misure di salvaguardia si basa su uno schema puramente meccanico e su statistiche relative alle importazioni. Secondo le associazioni europee del settore acciaio «... ritardare la valutazione dei livelli di import a luglio 2019 non farebbe che incoraggiare un ulteriore aumento delle importazioni dall'Indonesia e promuovere l'accumulo di scorte per coprire il mercato dell'Unione per la restante parte dell'anno...»;

   l'allarme era stato lanciato già nell'autunno scorso dai sindacati operanti presso le acciaierie di Terni, in quanto presso la Acciai speciali Terni (AST) erano in lavorazione semilavorati provenienti dall'Indonesia;

   AST opera in tal caso come centro servizi, ma il timore subito sollevato dai sindacati è che, con tale modalità operativa, l'acciaieria potrebbe fare a meno dei forni con ricadute occupazionali pesantissime. Nonostante le rassicurazioni aziendali che parlavano di un episodio sporadico il fenomeno pare stia continuando;

   giova rilevare come l'aggiramento delle regole di difesa dell'Unione europea sopra esposto appare agli interpellanti accortamente studiato e posto in essere, facendo leva sulla rigidità e sulle lentezze sia decisionali, sia applicative che affliggono l'Unione, nel quadro di una politica sistematica ed aggressiva di dumping economico, che ha rilevantissimi effetti sociali –:

   se il Governo non ritenga necessario farsi promotore di una iniziativa nelle opportune sedi dell'Unione europea, al fine di rivedere immediatamente l'elenco dei Paesi in via di sviluppo a cui si applicano le misure di salvaguardia in materia di import di acciaio;

   se intenda adottare specifiche e soprattutto rapide iniziative, a livello nazionale, volte a salvaguardare l'industria italiana dell'acciaio.
(2-00325) «Nevi, Barelli, Brunetta, Carrara, Fiorini, Porchietto, Polidori, Squeri».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   le importazioni di gas in Italia negli ultimi anni sono tornate a crescere ed è cresciuto il nostro grado di dipendenza dalle forniture estere che ha raggiunto, stando agli ultimi dati forniti dall'Arera, il 92,7 per cento. Si tratta di un dato destinato ad essere confermato nel breve-medio periodo, in ragione del ruolo fondamentale che il gas riveste nel processo della transizione energetica del nostro Paese verso la decarbonizzazione;

   con riferimento ai quantitativi di gas approvvigionato, sono aumentate – con la sola eccezione dei volumi provenienti dall'Olanda – le importazioni da tutti gli altri Paesi da cui l'Italia acquista gas compresa la Russia che resta la nostra principale fornitrice, con oltre il 42 per cento di gas importato da questo Paese;

   è attualmente in costruzione il gasdotto offshore Nord Stream 2 che raddoppierà la portata del Nord Stream 1, inaugurato nel 2012, portandola a complessivi 110 miliardi di metri quadri l'anno di gas naturale – più di un quarto del consumo medio annuale di gas dell'Unione europea – che transiteranno dalla costa baltica russa passando nelle acque territoriali della Finlandia, Svezia, Danimarca fino a giungere a Greifswald in Germania, poco distante dallo sbocco del Nord Stream 1, dove avverrà l'allacciamento alla rete di distribuzione dell'Unione europea, ovvero ai gasdotti tedeschi Transitgas e Tag;

   la Russia oggi non solo detiene il primato della esportazione di gas in Europa ma dal febbraio 2019 è divenuta anche la principale fonte di Gnl, facendosi largo in un segmento di mercato, quello del gas naturale liquefatto, fino ad oggi considerato lo strumento in grado di allentare – almeno parzialmente – la dipendenza europea dalla fornitura, russa. Durante il mese di febbraio 2019 risultano, infatti, partiti da Yamal Lng –, impianto ubicato sulla costa artica della Russia, 19 carichi di Gnl (per un totale di 1,41 milioni di tonnellate) destinati principalmente ai rigassificatori nord europei, superando fornitori storici come il Qatar, la Nigeria, l'Algeria e anche gli Stati Uniti che, in ragione di una temporanea riduzione della capacità dei terminal per gli export, hanno visto una riduzione delle vendite di Gnl verso i clienti europei (solo 9 spedizioni per 0,64 milioni di tonnellate, il livello più basso dallo scorso novembre);

   il calo della domanda e del prezzo del Gnl sui mercati asiatici ha di fatto reso più appetibili le destinazioni europee per gli esportatori russi il cui prodotto riesce ad arrivare con prezzi più competitivi; ne consegue che la dipendenza dalla Russia in un settore strategico come quello dell'approvvigionamento energetico sta aumentando ulteriormente;

   in tale contesto la Germania, consapevole di essere lo snodo cruciale per lo smistamento del gas russo in Europa, si appresta ad attuare politiche che generano preoccupazione per il nostro Paese: è di questi giorni la notizia che l'Autorità energetica tedesca Bundesnetzagentur avrebbe deciso, nell'ambito della riforma della struttura tariffaria regolatoria del trasporto di gas, di applicare una nuova metodologia di prezzo, spostando una quota significativa degli oneri per la remunerazione delle infrastrutture di trasporto del gas sul cosiddetto «exit», ossia sul gas che transita dai punti di uscita della rete nazionale verso l'estero, incluso perciò quello che dal Nord Europa transita in Germania verso l'Italia;

   tale decisione determinerebbe, già a partire dal 2019, un'influenza diretta sul mercato del gas italiano che fonte autorevole dell'Arera ha quantificato in 500 milioni di euro in più all'anno, considerando i flussi attuali provenienti da Olanda e Norvegia, ma è facilmente intuibile l'ulteriore aggravio per i costi energetici italiani laddove iniziassero a transitare per la Germania verso l'Italia anche i volumi crescenti di gas russo che si avrebbero con l'avvio del Nord Stream2;

   le barriere tariffarie che si vogliono introdurre ostacolano la creazione di un mercato unico del gas, generano una distorsione delle regole della concorrenza a favore della sola Germania le cui aziende beneficerebbero di una riduzione dei costi infrastrutturali del gas a scapito degli altri concorrenti europei;

   il Parlamento europeo, con una risoluzione approvata a larga maggioranza, ha manifestato sfavore verso il progetto Nord Stream 2 che andrebbe a rafforzare la dipendenza europea degli approvvigionamenti di gas russo, «minaccia il mercato interno e non è in linea con la politica energetica dell'Unione europea o con i suoi interessi strategici» –:

   quale sia la posizione del Governo in merito al progressivo spostamento verso Nord del baricentro dei traffici energetici tra Russia ed Europa e, in particolare, riguardo all'imminente completamento del progetto Nord Stream 2;

   quali iniziative si intendano intraprendere riguardo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento al fine di diminuire la dipendenza energetica dell'Italia dall'estero e, in particolare, dalla Russia;

   se non ritenga opportuno farsi promotore di una iniziativa nelle opportune sedi dell'Unione europea in difesa delle regole della concorrenza nel mercato energetico interno all'Unione e a sostegno del comparto del gas italiano.
(2-00326) «Squeri».

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Raduzzi n. 5-01761, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Cunial.