XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il conflitto in Yemen ha avuto inizio nel 2015, quando i ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, hanno deposto il presidente del Paese riconosciuto a livello internazionale, il quale ha successivamente fatto intervenire una coalizione multinazionale, guidata dall'Arabia Saudita, per combattere i ribelli e le truppe ad essi alleate;
il conflitto in atto nello Yemen è giunto al quarto anno e ha causato ormai decine di migliaia di morti; più di 22 milioni di persone (circa l'80 per cento della popolazione yemenita) necessitano di sostegno umanitario; le persone in condizioni di insicurezza alimentare sono più di 17 milioni e oltre otto milioni rischiano di morire di fame; 2.500 bambini sono stati uccisi nel conflitto, mentre, secondo l'organizzazione non governativa Save the Children, nel solo 2017 più di 50 mila bambini sono morti per malnutrizione o per problemi igienico-sanitari;
dal mese di giugno 2018 la coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti è impegnata in un'offensiva per prendere la città di Hodeidah – il porto più importante dello Yemen – che compromette il transito del cibo e degli aiuti umanitari nel Paese; parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il coordinatore delle Nazioni Unite per gli affari umanitari Mark Lowcock ha annunciato il pericolo di una imminente carestia in Yemen;
alcune organizzazioni non governative hanno iniziato a documentare violazioni del diritto internazionale avvenute nel conflitto già a partire dal 2016. Queste violazioni sono state riconosciute internazionalmente da una organizzazione sovranazionale per la prima volta il 28 agosto 2018, nelle conclusioni del gruppo di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, secondo cui detti interventi possono costituire crimini di guerra;
a questo rapporto ha fatto seguito nel settembre 2018 la relazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha concluso, per la prima volta, che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra;
è in vigore un embargo internazionale sulle armi nei confronti dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran;
il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (ultima di una lunga serie con le medesime richieste) che «invita il Consiglio a raggiungere una posizione comune per imporre, a livello dell'UE, un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita e a rispettare la posizione comune 2008/944/PESC; chiede un embargo sull'esportazione di sistemi di sorveglianza e di altri prodotti a duplice uso suscettibili di essere utilizzati in Arabia Saudita a fini repressivi»;
in una successiva risoluzione datata 14 novembre 2018 relativa all'implementazione della posizione comune dell'Unione europea sull’export di armamenti lo stesso Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio d'Europa e all'Alto Rappresentante per la politica estera di «estendere tale embargo anche a tutti gli altri membri della coalizione a guida saudita nello Yemen»;
nella seduta del 19 settembre 2017 è stata votata dal Parlamento una mozione che impegnava il Governo italiano, tra l'altro, «a favorire, nell'ambito delle regolari consultazioni dell'Unione europea a Bruxelles, una linea di azione condivisa in materia di esportazioni di materiali di armamento dando sostegno concreto alle iniziative internazionali per la cessazione delle ostilità e adeguandosi immediatamente alle prescrizioni o ai divieti che fossero adottati nell'ambito delle Nazioni Unite o dell'Unione europea»;
sia le Nazioni Unite che l'Unione europea hanno preso posizioni sulla sospensione della vendita di armi utilizzabili nel conflitto in Yemen all'Arabia Saudita, visto il riconoscimento a livello internazionale delle violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Arabia Saudita in Yemen a seguito del conflitto in corso;
Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda hanno recentemente annunciato la sospensione delle forniture militari che possono venire utilizzate nel conflitto in Yemen oltre che all'Arabia Saudita anche agli Emirati Arabi Uniti, anche a seguito dell'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, oltre che in seguito ai pronunciamenti del 28 agosto 2018 del panel di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e del settembre 2018 dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati;
una risoluzione in materia di sospensione della vendita di armi è stata avviata in Commissione affari esteri della Camera dei deputati già dal mese di ottobre 2018, ma il Governo non ha comunque preso posizione;
nell'aprile 2019 la Camera dei rappresentanti statunitense ha adottato una risoluzione per porre fine a qualsiasi forma di assistenza militare degli Usa all'intervento saudita in Yemen; la stessa risoluzione era stata votata dal Senato statunitense nel mese di marzo;
da quando il re saudita Salman bin Abdul Aziz Al Saud ha nominato suo figlio, Mohammed bin Salman, come principe ereditario nel giugno 2017, le Nazioni Unite e numerose organizzazioni internazionali non governative, quali Amnesty International, hanno denunciato sempre più gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Arabia Saudita, con frequenti detenzioni arbitrarie di attivisti, ecclesiastici di alto profilo, dirigenti d'azienda, giornalisti e commentatori dei social media;
queste gravi violazioni, sono sfociate, in ultimo, nell'uccisione, il 2 ottobre 2018, del giornalista dissidente, Jamal Khashoggi, all'interno del Consolato saudita di Istanbul e poi cremato in un forno presente nella residenza del console;
il rapporto indipendente delle Nazioni Unite redatto dalla relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard, reso noto il 19 giugno 2019, parla di una «esecuzione deliberata e premeditata» che richiede «ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» Mohammad bin Salman. Si legge anche che ci sono «prove credibili che richiedono ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» – pur specificando comunque che «non ci sono conclusioni sui colpevoli» – ma che è necessario, avviare «un'inchiesta penale internazionale»;
nel mese di maggio 2019, e anche in questi giorni, a Genova e poi a Cagliari, è approdata una nave della compagnia Bahri, la più grande flotta della monarchia saudita composta da sei navi-cargo per un carico di armamenti. A Genova, grazie alle proteste e alla mobilitazione delle associazioni e dei camalli, il carico incriminato è rimasto a terra, mentre a Cagliari, sono stati caricati 44 container;
un plauso va a questa categoria di lavoratori che si è opposta al carico, ma certamente, non si può caricare sulle scelte etiche dei lavoratori portuali, decisioni che deve invece prendere il Governo, scegliendo una posizione da tenere in merito;
il Presidente del Consiglio Conte nella Conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato: «il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita e si tratta solamente di formalizzare questa posizione»,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per sospendere tutte le forniture di armi e materiali d'armamento, utilizzabili per il conflitto, ai Paesi coinvolti direttamente nella guerra in Yemen, come già deciso da Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda e come in discussione in altri Parlamenti di Stati membri dell'Unione;
2) ad operare uno sforzo politico e diplomatico in sede multilaterale per il riconoscimento dello stato di conflitto armato in Yemen ai fini del diritto internazionale umanitario e dell'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, della posizione comune 2008/944/PESC e del Trattato internazionale sul commercio delle armi, già ratificato dall'Italia;
3) a farsi promotore a livello di Consiglio dell'Unione europea di una forte iniziativa politica che porti all'embargo di materiale militare di tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, come ripetutamente richiesto dal Parlamento europeo;
4) a sostenere gli sforzi profusi dall'inviato speciale per lo Yemen del segretario generale delle Nazioni Unite volti a rilanciare il processo politico e a raggiungere una soluzione negoziata e inclusiva della crisi, nonché ad assicurare ogni intervento utile per consentire un immediato e completo accesso umanitario alle zone colpite dalle ostilità in Yemen, al fine di assistere efficacemente la popolazione in stato di bisogno attraverso prioritari programmi di cooperazione internazionale, anche con l'implementazione degli stessi da parte della cooperazione italiana;
5) a sostenere, anche nel ruolo di membro eletto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, la prosecuzione di indagini efficaci e indipendenti sulle violazioni e sui crimini commessi in Yemen dalle parti in conflitto e a promuovere l'istituzione di un tribunale internazionale indipendente per accertarne e condannarne le responsabilità.
(1-00202) «Quartapelle Procopio, De Maria, Ceccanti, Scalfarotto, Fassino, Bruno Bossio, Fragomeli, Carla Cantone, Mor, Bonomo, Sensi, Frailis, Benamati, Paita, Fiano, Fregolent, Marco Di Maio, Serracchiani, Buratti, Giorgis, Ungaro, De Menech, Siani, Moretto, Nardi, Berlinghieri, Madia, Pezzopane, Pellicani, Schirò, Navarra, Carnevali, Rizzo Nervo, Di Giorgi, Noja».
La Camera,
premesso che:
dal marzo del 2015 in Yemen è in corso una guerra civile, quando le forze ribelli Huthi hanno preso il controllo della capitale, Sana'a, dopo avere deposto l'allora presidente ’Abd Rabbih Mansur Hadi, tuttora riconosciuto dalla comunità internazionale;
da allora, il regno dell'Arabia saudita – supportato da una coalizione internazionale formata da Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Marocco, Senegal, (e in passato anche Qatar, Egitto e Sudan) e con l'appoggio iniziale di Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Francia e Turchia – conduce attacchi e bombardamenti incessanti su città e villaggi yemeniti;
questa azione militare non ha mai ricevuto un avallo formale o un preciso mandato dell'Onu che tuttavia, attraverso il Consiglio di sicurezza, ha approvato più risoluzioni che non sono riuscite a far cessare le violenze e a dare al via una soluzione negoziata del conflitto;
secondo quanto affermato da Mark Lowcock, segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite agli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi d'urgenza, in Yemen siamo di fronte «alla peggiore crisi umanitaria del pianeta»;
secondo le Nazioni Unite quasi l'80 per cento della popolazione yemenita ha bisogno di assistenza o protezione umanitaria. A causa del conflitto, oltre 20 milioni di persone su una popolazione totale di 24 non hanno cibo sufficiente, 9,6 milioni sono sull'orlo della carestia e 240 mila si trovano nella cosiddetta «fase cinque», ossia sopravvivono a malapena alla fame. Dall'inizio del conflitto, oltre tre milioni e 300 mila yemeniti hanno lasciato le loro case, 600 mila nel solo 2018;
secondo una recente nota diffusa dall'Unicef in occasione della conferenza di Ginevra dei Paesi donatori sulla crisi dello Yemen, 11,3 milioni di bambini, pari all'80 per cento di tutti quelli nel Paese, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di questi, 1,8 milioni soffrono di malnutrizione acuta, fra cui circa 360.000 bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave. Secondo Unicef, almeno 2 milioni non vanno a scuola e 8,1 milioni non hanno accesso ad acqua sicura e a servizi igienico sanitari;
un report di esperti pubblicato dal Conscio dei diritti umani delle Nazioni Unite diffuso il 28 agosto 2018, ha accusato le forze governative dello Yemen, la coalizione a guida saudita che li appoggia, e i ribelli del movimento Huthi di non aver fatto nulla per impedire o ridurre la morte di civili;
secondo lo stesso report, poi diffuso a settembre dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, i Governi della Yemen, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, si sarebbero resi responsabili anche di crimini di guerra come stupri, torture, sparizioni forzate e privazione del diritto alla vita;
anche le milizie ribelli degli Huthi secondo il report, si sarebbero rese responsabili di crimini di guerra nel Paese arabo, verso cui, a differenza degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, è in vigore un embargo sulle forniture di armamenti;
in data 30 ottobre 2018, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiesto una immediata cessazione degli attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita contro i ribelli sciiti Huthi nelle aree popolate da civili e, allo stesso tempo, uno «stop» anche agli attacchi condotti dagli Huthi in territorio saudita. Secondo Pompeo: «è arrivato il tempo per la cessazione delle ostilità, inclusi i bombardamenti con missili e droni dalle aree controllate dagli Huthi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza dovranno cessare anche i raid della coalizione saudita verso le aree popolate da civili nello Yemen»;
nella stessa data Jim Mattis, ex Segretario della difesa degli Stati Uniti, ha invitato le parti in conflitto in Yemen a imporre un cessate il fuoco per intraprendere negoziati di pace;
a seguito degli appelli e della disponibilità della Svezia ad ospitare i colloqui di pace, nel mese di dicembre 2018 sono iniziati a Stoccolma i colloqui di pace tra le parti che combattono in Yemen, poi proseguiti con delle riunioni tecniche in Giordania a febbraio che hanno interessato le questioni principali, dallo scambio dei prigionieri fino al raggiungimento di un compromesso preliminare sull'attuazione della tregua e sul ritiro delle rispettive truppe dal porto di al Hodeidah;
la situazione umanitaria in Yemen è devastante e come raccontano i dati recentemente diffusi, in continuo peggioramento. Occorre uno sforzo affinché tutte le parti in conflitto adempiano alle loro responsabilità, consentendo l'erogazione senza impedimenti degli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e medicinali, a favore della popolazione civile;
è quindi estremamente urgente porre quanto prima fine ai combattimenti, al fine di rendere lo Yemen uno Stato pacifico e pluralistico nell'interesse di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla etnia o fede e libero dalle ingerenze esterne;
a tal fine la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, nelle settimane passate, ha approvato una risoluzione finalizzata a ritirare il sostegno militare degli Stati Uniti per la campagna a guida saudita nello Yemen, mentre la Germania ha sospeso le esportazioni di armi, a partire dal prossimo 9 marzo, verso l'Arabia Saudita «fino a quando non vi saranno sviluppi nel processo di pace con lo Yemen». Stessa cosa hanno già fatto Danimarca, Finlandia, Norvegia e Olanda in Europa, sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2018 che chiedeva l'adozione di un embargo totale sulla vendita di armamenti all'Arabia Saudita, date le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrate da questo Paese e accertate da autorità competenti delle Nazioni Unite;
anche in ragione delle licenze di esportazione di materiali d'armamento italiano all'Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti e agli altri Paesi coinvolti nel conflitto, sarebbe opportuno che venissero assunte iniziative per favorire e supportare, ove possibile, la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento, ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237,
impegna il Governo:
1) a chiedere, in tutte le sedi competenti, l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare in Yemen;
2) a continuare a sostenere l'iniziativa dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Martin Griffiths, affinché si arrivi, se necessario, al ritiro delle truppe in campo;
3) a proseguire, con gli altri partner internazionali, nell'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione yemenita, come stabilito nella Terza conferenza dei donatori che si è svolta a Ginevra;
4) a valutare l'avvio di una iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di una moratoria sulle bombe d'aereo e relativa componentistica nei confronti di tutti i Paesi coinvolti nella guerra in Yemen;
5) a promuovere l'istituzione di un'inchiesta internazionale o di un tribunale internazionale per accertare e condannare le responsabilità per eventuali crimini commessi dalle parti in conflitto in Yemen;
6) ad assumere iniziative affinché si applichino rigorosamente le disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e della posizione comune 2008/944/PESC, ovvero per sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e relativa componentistica verso l'Arabia Saudita fino a quando non vi saranno sviluppi nel processo di pace per lo Yemen;
7) ad assumere iniziative per favorire e supportare, anche attraverso la destinazione di specifici incentivi, la differenziazione dei materiali d'armamento prodotti dalle aziende del settore, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali.
(1-00203) «Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Deidda, Ferro».
La Camera,
premesso che:
da quando, nel marzo del 2015, le forze Huthi hanno preso il controllo della capitale Sana'a dopo avere deposto l'allora presidente ’Abd Rabbih Mansur Hadi, tuttora riconosciuto dalla comunità internazionale, in Yemen è in corso una guerra civile;
da allora, il regno dell'Arabia Saudita – supportato da una coalizione internazionale formata da Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto, Sudan e Senegal (e in passato anche Qatar e Marocco) – è intervenuto militarmente a sostegno del Governo legittimo dello Yemen, conducendo attacchi e bombardamenti su città e villaggi yemeniti;
secondo quanto affermato dall'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Un-Ocha), in Yemen si è di fronte «alla peggiore crisi umanitaria del pianeta»;
secondo le Nazioni Unite quasi l'80 per cento della popolazione yemenita ha bisogno di assistenza o protezione umanitaria. A causa del conflitto, oltre 24 milioni di persone su una popolazione totale di 28 non hanno cibo sufficiente, 9,6 milioni sono sull'orlo della carestia e 240 mila si trovano nella cosiddetta «fase cinque», ossia sopravvivono a malapena alla fame. Dall'inizio del conflitto, oltre tre milioni e 300 mila yemeniti hanno lasciato le loro case, 600 mila nel solo 2018;
secondo una recente nota diffusa dall'Unicef in occasione della conferenza di Ginevra dei Paesi donatori sulla crisi dello Yemen, 11,3 milioni di bambini, pari all'80 per cento di tutti quelli nel Paese, hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di questi, 1,8 milioni soffrono di malnutrizione acuta, fra cui circa 360.000 bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave. Secondo Unicef, almeno 2 milioni non vanno a scuola e 8,1 milioni non hanno accesso ad acqua sicura e a servizi igienico sanitari;
in base a un recente calcolo della Armed Conflict Location and Event Data Project (Acled), un'organizzazione non governativa legata a molte istituzioni e università anglosassoni, nella guerra civile ad oggi hanno perso la vita già 70.000 persone;
un report di esperti pubblicato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite diffuso il 28 di agosto 2018, ha accusato le forze governative dello Yemen, la coalizione a guida saudita che li appoggia, e le forze Huthi di non aver fatto nulla per impedire o ridurre la morte di civili;
secondo lo stesso report, i Governi dello Yemen, degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, si sarebbero resi responsabili anche di crimini di guerra come stupri, torture, sparizioni forzate e privazione del diritto alla vita;
anche le forze Huthi secondo il report, si sarebbero rese responsabili di crimini di guerra nel Paese arabo. A differenza degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita, verso le forze Huthi è in vigore un embargo sulle forniture di armamenti;
in data 30 ottobre 2018, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha chiesto una immediata cessazione degli attacchi aerei condotti dalla coalizione a guida saudita contro le forze Huthi nelle aree popolate da civili e, allo stesso tempo uno «stop» anche agli attacchi condotti dalle forze Huthi in territorio saudita. Secondo Pompeo: «è arrivato il tempo per la cessazione delle ostilità, inclusi i bombardamenti con missili e droni dalle aree controllate dalle forze Huthi verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Di conseguenza dovranno cessare anche i raid della coalizione saudita verso le aree popolate da civili nello Yemen»;
nella stessa data l'allora Segretario della difesa degli Stati Uniti, Jim Mattis, ha invitato le parti in conflitto in Yemen a imporre un cessate il fuoco per intraprendere negoziati di pace;
a seguito degli appelli e della disponibilità della Svezia ad ospitare i colloqui di pace, nel mese di dicembre 2018 sono iniziati a Stoccolma i colloqui di pace tra le parti che combattono in Yemen, poi proseguiti con delle riunioni tecniche in Giordania a febbraio che hanno interessato le questioni principali, dallo scambio dei prigionieri fino al raggiungimento di un compromesso preliminare sull'attuazione della tregua e sul ritiro delle rispettive truppe dal porto di al Hodeidah;
la situazione umanitaria in Yemen è devastante e come raccontano i dati recentemente diffusi, in continuo peggioramento. Occorre uno sforzo affinché tutte le parti in conflitto adempiano alle loro responsabilità consentendo l'erogazione senza impedimenti degli aiuti umanitari, compresi cibo, acqua e medicinali, a favore della popolazione civile;
a causa della mancanza di strutture mediche pienamente funzionanti, dell'accesso all'acqua pulita o di servizi igienici adeguati, dilagano le malattie ed è in particolare il colera a colpire la popolazione, poiché dal gennaio 2018, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità si annota il più grande focolaio mai registrato, che ha provocato 724.405 casi sospetti e 1.135 decessi collegati;
è quindi estremamente urgente porre quanto prima fine ai combattimenti, al fine di stabilizzare lo Yemen nella cornice di uno Stato pacifico e pluralistico nell'interesse – oltre che della regione di riferimento – di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalla etnia o fede e libero dalle ingerenze esterne;
la Germania ha sospeso temporaneamente le proprie licenze di esportazioni di armi verso l'Arabia Saudita fino al 30 settembre. A loro volta Danimarca, Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi in Europa hanno sospeso l'erogazione di nuove licenze verso l'Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, sulla scia della risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 25 ottobre che chiedeva l'adozione di un embargo totale sulla vendita di armamenti all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, date le gravi violazioni del diritto umanitario internazionale perpetrate da questi Paesi e accertate da autorità competenti delle Nazioni Unite, mentre il governo del Regno Unito – pur preannunciando un ricorso in appello – ha deciso di sospendere le nuove forniture di armi all'Arabia Saudita e agli altri Paesi della coalizione coinvolta nella guerra nello Yemen dopo il verdetto della Corte d'appello di Londra che ha dichiarato illegale una delle procedure finora seguite;
anche in ragione delle licenze di esportazione di materiali d'armamento italiano ai Paesi coinvolti nel conflitto, sarebbe opportuno che venissero assunte iniziative per favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento, ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237,
impegna il Governo:
1) a proseguire, in tutte le sedi competenti, l'azione volta ad ottenere l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare in Yemen, continuando a sostenere, in particolare, l'iniziativa dell'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen Martin Griffiths affinché si giunga quanto prima al ritiro delle truppe in campo;
2) a proseguire, con i partner internazionali, nell'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite per alleviare le sofferenze della popolazione yemenita, come stabilito nella terza conferenza dei donatori che si è svolta a Ginevra;
3) a valutare l'avvio e la realizzazione di iniziative finalizzate alla futura adozione, da parte dell'Unione europea, di un embargo mirato sulla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, prevedendo al contempo consultazioni con gli altri Stati membri dei consorzi internazionali in relazione ai programmi di coproduzione industriale intergovernativi attualmente in essere;
4) a continuare ad assicurare un'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, e ad adottare iniziative per sospendere le esportazioni di bombe d'aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile e loro componentistica verso l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen.
(1-00204) «Cabras, Formentini, Ehm, Billi, Cappellani, Caffaratto, Carelli, Coin, Colletti, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Sabrina De Carlo, Grimoldi, Del Grosso, Ribolla, Di Stasio, Zoffili, Emiliozzi, Grande, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».
La Camera,
premesso che:
il maltrattamento dei bambini costituisce un serio problema sociale e di salute pubblica nel nostro Paese, con conseguenze di lungo termine per la salute mentale, riproduttiva e fisica dei bambini e per lo sviluppo della società intera;
le dimensioni del problema nel nostro Paese sono ora chiare, anche se ancora non si ha in Italia un registro nazionale per cui i dati disponibili derivano da studi di popolazione condotte ad hoc. Il più recente, condotto nel 2013 (ricerca Terre des Hommes/Cismai, su 251 comuni, per un bacino di 2,4 milioni di residenti minori in Italia, pari al 25 per cento dei minori residenti) stima che circa lo 0,9 per cento dei minori residenti sono vittime di abuso, il 4 per cento di questi vittime di abuso sessuale. Si tratta di dati sottostimati, come dimostrano studi di popolazione condotti in Italia con il metodo del self report (Pellai 2004, Sos Infanzia Onlus 2004), che conferma una sottorilevazione di 75 volte per il maltrattamento fisico e di 30 volte per l'abuso sessuale;
l'analisi dei dati riportati mostra che il reato con il maggior numero di vittime rimane il maltrattamento in famiglia, 1.723 bambini in un solo anno (+6 per cento rispetto al 2016), e che l'abuso è la patologia più frequente, cronica e ad elevato rischio di ricorrenza: dati che indicano quanto sia necessario e urgente il lavoro da fare in termini di supporto alla genitorialità, di intercettazione precoce di situazioni familiari instabili e di protezione del minore;
la violenza nei confronti dei bambini e dei minori è prova che il sistema di prevenzione e di protezione nel nostro Paese non sta funzionando. Sono troppi infatti i casi registrati anche negli ultimi mesi di bambini maltratti e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere. È indispensabile promuovere una cultura di responsabilità collettiva verso l'infanzia e i minori nel nostro Paese, affinché come adulti ci si senta tutti sentinelle della loro sicurezza e del loro benessere;
è necessario mettere in campo un'azione multisettoriale più incisiva e capillare, sia di tipo preventivo che protettivo, attraverso interventi preventivi basati sull'evidenza, rafforzando la risposta dei servizi sanitari in ambito preventivo, attraverso il miglioramento delle competenze professionali di operatori dell'infanzia, la raccolta delle informazioni e il monitoraggio continuo;
a tal fine, il coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali preposti alla cura e al sostegno delle famiglie e dei minori a livello regionale e nazionale diventa strumento indispensabile;
tale strumento, per legge, è l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che si occupa di monitoraggio, raccolta e coordinamento tra tutte le realtà regionali, e che, va ricordato, non grava sulle finanze pubbliche visto che la partecipazione dei soggetti è a carico degli stessi;
dall'avvio della presente legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza non sono stati ancora riattivati creando, in tal modo, non solo un vuoto di quasi un anno su quell'attività fondamentale per la programmazione e il monitoraggio su tutto il territorio nazionale da cui derivano gli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti dei minori, ma la ancora mancata attivazione dell'osservatorio sta privando il nostro Paese dei risultati del monitoraggio svoltosi nei due anni 2015-2017, da cui emerge quali siano le urgenze che sta vivendo il nostro Paese in merito anche alle situazioni di violenza e maltrattamenti sui minori;
l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, istituito insieme alla Commissione parlamentare per l'infanzia con la legge 23 dicembre 1997, n. 451, e regolato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, costituisce la base istituzionale e sociale in grado di garantire un contributo competente, articolato e partecipato alla definizione dell'azione del Governo nel campo delle politiche per l'infanzia. Tra i suoi obiettivi c'è quello di garantire forme di collaborazione, sinergie e supporto tra l'Osservatorio e l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, di predisporre ogni due anni il piano nazionale di azione e d'interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, di conferire priorità ai programmi rivolti alle persone di minore età e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo;
ogni due anni, l'Osservatorio predispone la relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti (rapporto alle Nazioni Unite) e ogni 5 anni deve redigere lo schema del rapporto del Governo all'Onu, sull'applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989;
l'ultimo Osservatorio ha prodotto il V e VI rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che illustra le politiche e i programmi a favore delle persone di minore età realizzati dal Governo italiano nel periodo 2008-2016. Tale rapporto è frutto della stretta collaborazione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le politiche della famiglia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, il Comitato interministeriale per i diritti umani, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – direzione generale per gli affari politici e di sicurezza, il Ministero della difesa, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza;
con il decreto interministeriale del 24 marzo 2017 sono stati designati i nuovi membri dell'Osservatorio, di cui fanno parte rappresentanti di pubbliche amministrazioni nazionali e locali, di enti e associazioni, di organizzazioni del volontariato e del terzo settore ed esperti in materia di infanzia e adolescenza, che hanno un incarico biennale;
le attività dell'Osservatorio sono, dunque, a oggi ferme, essendosi concluso il mandato dei membri dell'Osservatorio nel mese di marzo 2019;
per rispondere all'urgenza del problema legato alla violenza sui minori è compito di un Governo serio e lungimirante, attento ai diritti dei più giovani dei cittadini, quello di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per agire tempestivamente sulla base di dati realistici e oggettivi, validati da ricerche e monitoraggi fatti sul territorio ed in coordinamento con tutta la rete delle istituzioni preposte al mondo dell'infanzia e adolescenza,
impegna il Governo:
1) ad adottare le iniziative di competenza per provvedere in tempi brevi alla nomina dei nuovi membri dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, dato che le relative attività sono bloccate da un anno, formato da tutte le istituzioni che si occupano di infanzia e adolescenza, associazioni del terzo settore e membri esperti, il cui costo non è previsto sia a carico della finanza pubblica;
2) ad adottare iniziative per convocare in tempi rapidi l'Osservatorio nominato, cosicché possa approvare il monitoraggio del IV piano infanzia, ultimato nel mese di luglio 2018, ma il cui iter non si è ancora definitivamente concluso, da cui emergono le aree oggi di intervento più urgenti e impellenti per il Paese;
3) ad adottare iniziative per prevedere strumenti di prevenzione per il sostegno alle genitorialità a rischio e visite a domicilio, soprattutto nella fascia 0-3 anni, nella quale troppi bambini possono restare fuori dal «radar» dei servizi pubblici obbligatori, al fine di intercettare situazioni di fragilità e intervenire prontamente nei casi di rischio e forte disagio per i minori;
4) ad adottare iniziative per prevedere che la prevenzione del maltrattamento venga pienamente incorporata nei curricula degli operatori sanitari e, in generale, degli operatori dell'infanzia.
(1-00205) «Emanuela Rossini, Gebhard, Schullian, Plangger».
La Camera,
premesso che:
la criminalità minorile è un fenomeno in costante crescita che spesso si traduce in episodi di aggressione di bande di minori nei confronti di adolescenti. L'aggregazione giovanile in bande o in organizzazioni criminali è spesso legata a una situazione di disagio personale e familiare. Dalla relazione della direzione investigativa antimafia emerge un dato alquanto preoccupante che riguarda l'interesse sempre più forte ed esteso delle nuove generazioni all'interno dei clan camorristici. «Particolare attenzione merita il rapido diffondersi di episodi riprovevoli e violenti commessi dalle cosiddette baby gang, espressione di una vera e propria deriva socio-criminale» scrivono gli analisti. Questi sono gruppi composti spesso da «ragazzi considerati a rischio di devianza per problematiche familiari o perché cresciuti in contesti che non offrono momenti di aggregazione sociale: fattori che concorrono ad un percorso di arruolamento nelle fila delle consorterie criminali. I minori, infatti, rappresentano un “esercito” di riserva per la criminalità, da impiegare, in particolare, nelle attività di spaccio delle sostanze stupefacenti ove, come più volte emerso dalle attività investigative, partecipano persino i bambini» che vengono impiegati come «pony express» per le consegne a domicilio. Le azioni delle baby gang «spesso sfociano in episodi di bullismo metropolitano e vandalismo connotati da una violenza ingiustificata»;
sono sempre più frequenti episodi di cronaca che riguardano atti di criminalità commessi da adolescenti, che si consumano nel contesto scolastico o vicino ad esso, interessando aree sia delle periferie, sia del centro cittadino. Si pensi a quanto avvenuto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio (Na), dove un uomo è stato atrocemente ucciso a pochi metri dall'istituto comprensivo statale «Vittorino da Feltre», in presenza del nipote di soli tre anni ed avanti agli occhi dei piccoli alunni della scuola. Un altro triste episodio si è verificato nel comune di Manduria (Taranto), dove otto persone tra cui sei minorenni, hanno aggredito, nella propria abitazione, un pensionato di 65 anni, deceduto il 23 aprile 2019 dopo essere stato picchiato e seviziato. I ragazzi sono stati sottoposti a fermo con le accuse di tortura, danneggiamento, violazione di domicilio e sequestro di persona aggravati dalla crudeltà. Altro preoccupante avvenimento si è registrato a Milano, nell'area dell'Arco della Pace, dove numerose vittime, nella maggior parte dei casi minorenni, hanno subito atti di violenza e minacce con l'uso della forza e di armi, da parte di una baby gang criminale, composta da ragazzi tra i 15 ed i 20 anni provenienti da diverse zone della provincia, oltre che dalla stessa città di Milano. Infine, si consideri quanto avvenuto nel piccolo comune di Macomer (Nuoro), dove un giovane diciottenne, Manuel Careddu, è stato ucciso da cinque suoi coetanei per un debito di pochi euro, e poi gettato in un lago. Quest'ultimo episodio evidenzia che tali fenomeni non siano riferibili alle sole realtà metropolitane o periferiche, ma anche a piccoli paesi caratterizzati da zone rurali;
strettamente interconnesso alla criminalità minorile è il fenomeno dell'abbandono scolastico che, anche se con caratteristiche diverse, accomuna tutte le regioni italiane e che si interseca con il fenomeno dei «neet»: i giovani non impiegati né nello studio né nel lavoro che in Italia sono 3,3 milioni e hanno un costo annuale di 32 miliardi secondo il rapporto giovani 2019 dell'istituto Giuseppe Toniolo;
dai dati dell'edizione 2019 del rapporto sui giovani dell'istituto Giuseppe Toniolo emerge la forte incidenza del capitale culturale delle famiglie di origine sulla carriera scolastica dei giovani. In pratica, la scuola in questi anni non è riuscita a compensare il gap di dotazione culturale delle famiglie. Il rischio è quello che la spirale della povertà educativa si perpetui dai padri ai figli, traducendosi per i giovani in un rischio di marginalità lavorativa e sociale e in alcuni casi criminale;
la fiducia nelle istituzioni e la propensione verso le attività sociali, come il volontariato, tendono progressivamente a crescere in rapporto con i titoli di studio più alti. Solo il 5,7 per cento dei giovani dichiara di essere impegnato nel volontariato, e questa percentuale si abbassa fino all'1,4 per cento nel gruppo dei giovani che non hanno un titolo di studio secondario superiore;
per arginare la dispersione scolastica è necessario intervenire sugli aspetti connessi alla formazione, fornendo agli studenti maggiori strumenti di consapevolezza di sé e del proprio ruolo nella società, quanto su quelli legati alle dinamiche sociali, coinvolgendo attivamente le famiglie nella strategia dell'inclusione;
è necessario concentrare le azioni di contrasto alla dispersione scolastica sulle aree del Paese che presentano maggiori criticità, ponendo attenzione agli studenti caratterizzati da particolare fragilità o contraddistinti da esigenze specifiche;
la scuola è da intendersi quale polo di aggregazione per la comunità sociale che si estende nel quartiere di riferimento, al fine di puntare al ridimensionamento dei fenomeni di abbandono, rappresentando allo stesso tempo un luogo di utilità sociale al servizio della comunità, in grado di favorire l'integrazione dei gruppi più deboli e la promozione dell'economia sociale. Tale scopo può essere raggiunto, inoltre, attraverso l'importante contributo dei gruppi già attivi sul territorio, come enti pubblici, soggetti del terzo settore e privati;
all'interno del documento di economia e finanza (Def), approvato alla Camera dei deputati in data 18 aprile 2019, si afferma che la lotta alla dispersione scolastica ed alla criminalità minorile passa anche per un incremento delle opportunità formative sul territorio. In questo senso sono state avviate, per il tramite dei fondi europei, una serie di misure per il potenziamento delle competenze di base e per la lotta alla dispersione anche attraverso offerte formative in spazi e tempi ulteriori rispetto alle ordinarie attività didattiche. L'Italia è riuscita a ridurre il tasso di abbandono scolastico negli ultimi anni, passando dal 25,1 per cento degli under 24 nel 2000 al 14 per cento nel 2017. Comunque, ancora distante dall'obiettivo fissato nell'ambito di Europa 2020 di arrivare sotto il 10 per cento. A tal fine, la legge di bilancio per il 2019 ha incrementato il tempo pieno e prolungato, prevedendo 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria. Con particolare riguardo agli strumenti per una educazione inclusiva e di qualità per tutti, sono allo studio diverse misure per garantire le prestazioni e i servizi necessari per raggiungere la piena inclusione scolastica e assicurare il diritto allo studio agli studenti diversamente abili o con bisogni educativi speciali. In funzione di questo sarà anche rafforzata la formazione iniziale dei docenti di sostegno, definendo degli indicatori per misurare la qualità dei processi di inclusione in ogni scuola anche al fine di ottimizzare le risorse e ridurre le disparità regionali, nell'ottica dell'armonizzazione del servizio su tutto il territorio nazionale;
a gennaio 2019 sono state individuate le 60 scuole situate in aree a rischio alle quali saranno destinati 2 milioni per la creazione di ambienti digitali di apprendimento. Tale misura contribuirà a contrastare la dispersione scolastica, grazie al fatto che le scuole beneficiarie sono state individuate tra quelle con i più alti indici di disagio negli apprendimenti, di status socio-economico familiare, di deprivazione territoriale e di abbandono scolastico;
sempre in tema di minori, di infanzia e di adolescenza, a valere sul fondo «per la solidarietà alle vittime di crimini domestici», potranno essere previsti interventi a tutela di situazioni di vulnerabilità socioeconomica, con particolare attenzione al disagio minorile, anche con riferimento al contrasto del cyberbullismo, a favore del quale è stata avviata una campagna istituzionale di sensibilizzazione. Ulteriori risorse pari a 55 milioni annui per il triennio 2019-2021 sono state altresì destinate al rifinanziamento degli interventi di contrasto della povertà educativa minorile;
ai fini dell'inclusione scolastica, è stata disposta, infine, nell'arco del triennio 2019-2021, l'assunzione di 40 mila insegnanti di sostegno e sono state stanziate risorse per la formazione di tali docenti sulla lingua italiana dei segni (Lis), in relazione alla quale e stato anche istituito un apposito fondo per la diffusione dei relativi servizi di interpretariato;
il presidente dell'Inps Pasquale Tridico a partire dalle domande per il reddito di cittadinanza ipotizza un surplus di risorse di circa 1 miliardo derivante dalle minori domande, che potrebbe essere impiegato nel sociale, in aiuti alle famiglie e in politiche attive del lavoro;
«c'è una connessione profonda tra questione sociale e questione criminale che diviene di anno in anno sempre più ineludibile. Le politiche economiche hanno determinato l'ascesa delle diseguaglianze» sono le parole dell'intervento del procuratore generale Roberto Scarpinata all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Palermo il 27 gennaio 2018;
secondo gli studi dei professori Maria Luisa Iavarone e Francesco Girardi «La Povertà Economica spesso è causa di Povertà Educativa. Il presente lavoro, attraverso l'analisi comparata di fonti statistiche, di indagini sociologiche e di documenti istituzionali evidenzia la stretta relazione tra povertà educativa e devianza minorile violenta. L'analisi del caso baby gang nella città di Napoli – così come di tutti gli episodi avvenuti sul territorio nazionale – mostra come le politiche che si concentrano esclusivamente su interventi repressivi dei fenomeni criminali – o le proposte di intervento che si basano sull'abbassamento dell'età “non punibile” da quattordici a dodici anni – non possono ottenere i risultati desiderati. Con riferimento all'abbassamento dell'età imputabile, infatti, risulterebbe fortemente ingiusto far ricadere sui minori gli effetti delle problematiche sociali e presenti nel nucleo familiare, soprattutto se si considera la carenza di investimenti da parte di una società fortemente bilanciata verso il solo mondo degli adulti ed in grado di rispondere ai problemi dell'infanzia e dell'adolescenza, in questo caso, con le sole proposte di politiche repressive, piuttosto che basate sulla prevenzione e sul Welfare»;
«Il contrasto alla criminalità violenta esige una combinazione equilibrata di politiche sociali ed educative in grado di accompagnare l'offensiva giudiziaria e repressiva. Le agende istituzionali che trascurano gli interventi integrati di sostegno sociale e di educazione trasformativa producono risultati di breve periodo rendendosi colpevoli di un crimine sociale capace di avvelenare progressivamente i contesti urbani»,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per prevedere la creazione di un fondo interministeriale per la realizzazione di reti stabili pluriennali di soggetti che operano a supporto delle istituzioni scolastiche che si riuniscano sotto un unico patto educativo territoriale, culturale, sociale e di legalità, al fine di amplificare e potenziare l'azione dei presidi culturali degli operatori del terzo settore, enti locali, biblioteche, librerie, teatri, spazi aperti, parchi, centri sportivi, educativi e di politiche attive del lavoro, considerato che i soggetti coinvolti, collegati tra di essi in un'unica rete e coordinati dai dirigenti scolastici del medesimo ambito territoriale, con le proprie attività culturali e di innovazione sociale, nonché di politiche attive del lavoro, possono fungere da supporto alle scuole per attività extrascolastiche, soprattutto in territori con problematiche di criminalità e dispersione scolastica;
2) ad avviare tutte le iniziative di competenza necessarie per un piano di assunzioni straordinario ed il coinvolgimento di assistenti sociali formati per intervenire in contesti familiari a rischio di devianza, contrastando la dispersione scolastica, anche aumentando il personale scolastico sul tempo pieno e promuovendo iniziative educative, culturali e sociali previste dal patto educativo territoriale volte a disincentivare azioni e comportamenti violenti messi in atto da minori;
3) ad adottare iniziative per prevedere che le scuole di ogni ordine e grado attivino un processo di monitoraggio, dal momento dell'iscrizione all'inizio dell'anno scolastico, dei rischi di devianza possibili all'interno dei contesti familiari, anche attraverso la collaborazione con i consultori familiari, al fine di raccogliere le informazioni riguardanti situazioni problematiche e di disagio presenti nei nuclei familiari degli studenti e per attivare politiche sociali, in coordinamento con gli enti locali, previste all'interno del patto educativo territoriale;
4) ad adottare iniziative per prevedere aiuti alle famiglie che vivono in territori con forti problematiche socio-economiche e che presentano, all'interno del proprio nucleo familiare, situazioni di disagio, attivando politiche sociali, politiche attive del lavoro, per la formazione e l'inserimento lavorativo dei genitori e degli studenti, al fine di contrastare l'abbandono scolastico ed il fenomeno delle baby gang;
5) ad adottare iniziative per attuare un piano di videosorveglianza all'esterno delle scuole, con particolare riguardo agli istituti situati in territori che presentano problematiche socio-economiche e di criminalità rilevanti;
6) ad adottare iniziative per rendere disponibili risorse umane ed economiche per raccogliere e sistematizzare o realizzare ricerche quali-quantitative volte ad analizzare il fenomeno in tutta Italia, al fine di supportare l'adozione delle politiche volte a contrastare il fenomeno dei comportamenti violenti di minori ed il fenomeno della dispersione scolastica, anche coinvolgendo figure professionali adeguate per il contrasto ai fenomeni citati;
7) ad adottare le iniziative di competenza per prevedere specifiche équipe territoriali formate da docenti, assistenti sociali, operatori di comunità per minori, sociologi, pedagogisti, per progettare ed adottare percorsi di educazione attiva e modelli educativi innovativi utili a contrastare la diffusione di comportamenti violenti di minori e l'abbandono scolastico;
8) a promuovere provvedimenti di regolamentazione volti a contrastare la violenza verbale sempre più diffusa nei principali canali media, quali tv, internet e social network, prevedendo delle azioni educative, coinvolgendo ogni scuola di ordine e grado, al fine di fornire i giusti strumenti per un'analisi critica delle informazioni reperibili dai media e sui pericoli a cui i giovani utilizzatori di internet sono soggetti;
9) ad adottare iniziative per prevedere, con cadenza biennale, un monitoraggio e quindi un reindirizzo delle politiche svolte a disincentivare azioni e comportamenti violenti di minori e contrastare la dispersione scolastica, messe in atto dalle singole scuole, attraverso l'analisi dei dati relativi agli indicatori del dei Bisogni educativi speciali (Bes) monitorati dall'Istat e dei dati raccolti e trasmessi dalle scuole al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dagli assistenti sociali al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
(1-00206) «Gallo, Del Sesto, Troiano, Suriano, Perantoni, Sarli, Bilotti, Bologna, Nappi, Adelizzi, Casa, D'Arrando, Nesci, Lattanzio, Caso, Villani, Trizzino, Testamento, Siragusa, Barbuto, Ruocco».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
la situazione della gestione dei rifiuti a Roma è di piena emergenza. Nel 2018, per la prima volta da dieci anni, la raccolta differenziata ha subito una contrazione e perfino l'Ama ha dovuto ammettere che non vi è alcuna possibilità, come ha sempre dichiarato il sindaco, di arrivare al 70 per cento entro il 2021. Nella migliore delle ipotesi si arriverà al massimo il 55 per cento, mentre la fotografia attuale vede la raccolta differenziata fermarsi al 46 per cento;
la produzione dei rifiuti, quella che, nelle intenzioni del sindaco, doveva ridursi progressivamente, è invece esplosa: 1,7 milioni di tonnellate nell'ultimo anno, con un'inversione di tendenza che non si registrava dal 2010;
nella notte tra il 10 e l'11 dicembre 2018, un vasto incendio ha interessato l'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati di Via Salaria, rendendolo inutilizzabile;
tre mesi dopo, il 24 marzo 2019, un altro incendio ha interessato l'impianto di trattamento rifiuti di Rocca Cencia a Roma, l'ultimo Tbm di proprietà dell'Ama;
dopo il rogo del Tmb al Salario, il vifcepresidente del Consiglio e capo politico del M5S, Di Maio, dichiarava che a Roma «stiamo costruendo 3 impianti per i rifiuti». In realtà, si tratta di progetti per piccole strutture di compostaggio, finora nemmeno autorizzate. Fino al 2016, gli impianti dell'Ama trattavano il 50 per cento dell'indifferenziata prodotta in città, ora solo il 25 per cento. Aumentano quindi le spese per trattare e smaltire la spazzatura fuori Roma;
con l'aumento delle temperature e l'arrivo dell'estate, è diventato insopportabile il cattivo odore prodotto da montagne di rifiuti lasciati a putrefare sui marciapiedi anche per una settimana e cassonetti stracolmi che non vengono svuotati. E con il caldo si rischia l'emergenza sanitaria;
migliaia di cassonetti stradali sono vecchi e buona parte di questi sono danneggiati in modo irreparabile. Il che li rende spesso inutilizzabili dai cittadini e dai camion dell'Ama per il loro svuotamento; ciò si traduce in tonnellate di cumuli di sacchetti abbandonati lungo i marciapiedi;
secondo una stima molto prudenziale ci sono almeno 1.000 tonnellate di spazzatura abbandonata sulla strada;
a questo si aggiunga una raccolta porta a porta di fatto mai nata;
il Codacons ha annunciato che presenterà un esposto alla procura ipotizzando rischi per la salute –:
posto che la situazione di Roma e quella che gli interroganti giudicano l'incapacità capitolina nel gestire il ciclo dei rifiuti sembrano aver dato luogo a una vera e propria emergenza ambientale e sanitaria, quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano adottare per avviare a soluzione la gravissima crisi nella gestione dei rifiuti della città di Roma, anche valutando la possibilità di adottare iniziative straordinarie per garantire il necessario rapido ritorno alla normalità.
(2-00431) «Spena, Calabria, Barelli, Battilocchio, Marrocco, Giacomoni, Ruffino, Gagliardi, Mazzetti, Giacometto, Labriola».
Interrogazione a risposta scritta:
LOLLOBRIGIDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
da alcune segnalazioni, supportate anche da materiale fotografico, giunte all'interrogante, risulterebbe che agenti della polizia federale austriaca (Bundespolizei) in divisa, armati e con le auto di servizio, facciano ingresso sovente in territorio italiano attraverso il confine di Stato per recarsi nel paese di Brennero al bar, in pizzeria, al centro commerciale o al discount per pranzare o fare acquisti;
l'ingresso dei poliziotti austriaci in divisa sul territorio italiano risulterebbe essere in palese violazione delle vigenti leggi internazionali e comunitarie, nonché degli accordi bilaterali italo-austriaci che consentono l'attraversamento del confine solo per determinati casi specifici, quali l'inseguimento transfrontaliero, previa comunicazione ed autorizzazione della polizia della Nazione in cui ci si sta recando;
agli agenti austriaci in divisa – a seguito delle intese intercorse tra Italia ed Austria – sarebbe consentito l'accesso a Brennero unicamente per servizio e per recarsi in stazione ferroviaria mezz'ora prima della partenza dei treni internazionali diretti in Austria;
i ripetuti sconfinamenti in territorio italiano, invece, a quanto pare avverrebbero senza avvisi, senza giustificazioni e senza la prevista autorizzazione da parte delle autorità italiane –:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per chiedere conto alle autorità di Governo austriache delle incursioni non giustificabili di poliziotti austriaci in divisa in territorio italiano, per motivi apparentemente non riconducibili ad alcuna attività istituzionale, e per assicurare il rispetto dei vincoli di relazione internazionale.
(4-03154)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
MANDELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito della legge 21 dicembre 2001, n. 443, legge obiettivo in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici, e in ossequio agli accordi europei per lo sviluppo delle reti ferroviarie ad alta velocità, rientra la realizzazione di una linea ad alta velocità nella tratta Milano-Como-Chiasso a prevalenza di merci collegata alla galleria svizzera del Gottardo, in sinergia con il progetto elvetico «Alptransit»;
sulla linea è previsto, a regime, il transito di 330-340 convogli al giorno nell'arco delle 24 ore; nel tratto tra Monza Boschetti e Monza Centrale si prevede che, già a partire dal 2020, la frequenza dei treni potrebbe raggiungere la soglia dei 200 transiti giornalieri;
per la maggior parte i treni che andranno a collegare la tratta Rotterdam-Genova saranno convogli lunghi 750 metri, composti da carrelli porta container e porta semirimorchi, lunghi fino a 800 metri, con un ingombro di 4 metri in altezza e un carico medio che supera le 2.000 tonnellate ciascuno; si stima che nel 13 per cento dei casi il materiale trasportato sia classificato come pericoloso;
questi treni merci transiteranno dentro la città di Monza, nelle zone del centro storico, a ogni ora del giorno e della notte, a velocità elevate;
ciò nonostante, i comitati cittadini abbiano richiesto, anche commissionando studi tecnici, la valutazione di una soluzione alternativa: la cosiddetta «Gronda est», una deviazione ferroviaria che salterebbe la Brianza, Monza e Milano, a costi contenuti, su terreni pianeggianti, senza passare nel tessuto urbano; Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha provveduto a effettuare alcuni interventi sul percorso preesistente per permettere il passaggio del Tav merci;
appare di estrema urgenza la posa in opera delle barriere antirumore sufficienti a tenere indenne la popolazione dall'inquinamento acustico originato dall'aumento dei treni merci sulla tratta;
durante un sopralluogo effettuato dal sindaco e dai parlamentari del territorio con i rappresentanti dei comitati anti-rumore e di Rfi il 7 giugno 2019, il responsabile della produzione in Lombardia di Rfi ha rassicurato in merito al posizionamento di barriere antirumore per un tratto di 4,2 chilometri, impegnandosi all'avvio dei cantieri, nonostante il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ancora dato il necessario benestare –:
se il Ministro interrogato abbia acquisito le necessarie informazioni relativamente al posizionamento di barriere antirumore nella città di Monza nella tratta San Rocco-San Biagio;
se il progetto presentato da Rfi sia in regola per ottenere il benestare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare considerata l'urgenza di limitare i danni per la popolazione di Monza.
(4-03153)
MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il decreto ministeriale 0000267 dell'8 agosto 2018 istituisce, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la cabina di regia per la sostenibilità del ciclo dei rifiuti quale luogo di confronto politico tra gli enti territoriali competenti, per l'individuazione e la risoluzione delle problematiche connesse al sistema impiantistico per la gestione e il trattamento dei rifiuti urbani nel territorio della città metropolitana di Roma Capitale;
il decreto ministeriale 0000267 dell'8 agosto 2018 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'articolo 1, riporta: 1) ferme restando le competenze attribuite dalla legge in materia di ciclo dei rifiuti, al fine di rafforzare il dialogo interistituzionale e assicurare la migliore collaborazione tra i differenti livelli di governo per l'individuazione e la risoluzione delle problematiche connesse al sistema impiantistico per la gestione e il trattamento dei rifiuti urbani nel territorio della Città Metropolitana di Roma Capitale, è istituita, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Cabina di regia per la sostenibilità del ciclo dei rifiuti (di seguito «Cabina di regia») quale luogo di confronto politico tra gli enti territoriali competenti. 2) La Cabina di regia è coordinata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed è composta dalla dr.ssa Paola Basilone in qualità di Prefetto di Roma, dai dott. Massimiliano Valeriani in qualità di assessore alle Politiche abitative, Urbanistica, Ciclo dei rifiuti e impianti di trattamento, smaltimento e recupero della Regione Lazio, Matteo Manunta in qualità di consigliere metropolitano all'Ambiente e alla Tutela del territorio della Città metropolitana di Roma Capitale e dalla dr.ssa Giuseppina Montanari in qualità di assessore alla Sostenibilità ambientale di Roma Capitale. 3) L'Ufficio di Gabinetto del Ministro assicura le funzioni di segreteria della Cabina di regia nell'ambito delle risorse umane ed economiche disponibili legislazione vigente;
il medesimo decreto ministeriale, all'articolo 3, riporta: 1) Entro quindici giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, è convocata la prima riunione del Gruppo di lavoro. 2) Il Gruppo di lavoro si riunisce almeno due volte al mese, nonché su richiesta del coordinatore della Cabina di regia, al fine di verificare la situazione di fatto e di diritto relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti nel territorio della Città Metropolitana di Roma e di acquisire ed esaminare dati operativi per l'individuazione e la risoluzione delle problematiche connesse al sistema impiantistico per la gestione e il trattamento dei rifiuti urbani nel suddetto territorio, con l'obiettivo di individuare le possibili soluzioni tecniche per la risoluzione della problematica. 3) Al termine di ciascuna riunione del Gruppo di lavoro, il verbale è trasmesso tempestivamente alla Cabina di regia per le valutazioni di competenza. 4) Il Gruppo di lavoro, entro il 30 novembre 2018, trasmette alla Cabina di regia una relazione finale sull'attività svolta, con indicate le soluzioni tecniche possibili per la risoluzione della problematica. 5) Nei cinque giorni successivi alla ricezione della relazione di cui al comma 4, la Cabina di regia si riunisce al fine di valutare le soluzioni proposte. 6) La Cabina di regia e il Gruppo di lavoro cessano la propria attività al 31 dicembre 2018 –:
se la relazione finale prevista dall'articolo 3, comma 4, del citato decreto sia stata redatta ovvero se sia stata inviata ai membri della Cabina di regia;
se la Cabina di regia si sia riunita per valutare le soluzioni proposte così come previsto dall'articolo 3, comma 5, del citato decreto;
quali siano le eventuali soluzioni proposte contenute all'interno della relazione finale prevista dall'articolo 3, comma 4, del citato decreto.
(4-03156)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIACOMONI e SPENA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito dei bilanci delle banche di credito cooperativo (Bcc) è presente all'interno del patrimonio netto una voce generalmente denominata «riserve indivisibili»;
tale voce corrisponde a una posta di bilancio che si è andata formando negli anni ed è costituita da accantonamenti di utili di esercizi non distribuiti;
ad avviso degli interroganti, con un'apposita disposizione normativa, si potrebbe consentire di trasferire a capitale sociale la consistenza della suddetta riserva, ponendo come condizione che i soci cooperatori sottoscrivano e versino aumenti di capitale per almeno il 50 per cento della riserva stessa. L'importo trasferito, inoltre, potrebbe essere sottoposto a imposta sostituiva pari al 10 per cento. In buona sostanza, ad esempio, qualora nel bilancio della banca di credito cooperativo considerata vi fosse una riserva indivisibile pari a 1.000.000 euro, la sottoscrizione di aumento del capitale sociale e il relativo versamento (in denaro) di 500.000 euro farebbero scattare l'aumento di capitale sociale per 1.400.000 euro e un introito erariale per 100.000;
in questo modo si realizzerebbe un triplice effetto positivo dovuto alla conseguente capitalizzazione delle Banche di credito cooperativo, alla creazione di valore per il socio cooperatore ed infine al gettito rinveniente per l'Erario –:
quali elementi il Governo intenda fornire alla luce di quanto descritto in premessa, anche in relazione alla consistenza del gettito per la finanza pubblica, e se non intenda intervenire sul punto con apposite iniziative di carattere normativo.
(5-02336)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
DEIDDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con una precedente interrogazione a risposta orale n. 3-00061 sono state segnalate le ataviche problematiche del sistema penitenziario sardo, a partire dalle gravi carenze d'organico;
nonostante le rassicurazioni fornite con risposta in aula dal sottosegretario per la giustizia Morrone, in data 10 luglio 2018, la situazione, a distanza di un anno, non sembra migliorata ma anzi peggiorata, a causa dell'aumento dei detenuti e dalla mancanza di risposte concrete alle problematiche denunciate;
solo 4 direttori su 10 istituti risultano titolari dell'incarico, condizione denunciata, oltre dall'interrogante un anno fa, dai sindacati della polizia penitenziaria e dal provveditore regionale della Sardegna;
addirittura in sedi penitenziarie di una certa rilevanza, come quella di Sassari risulta essere assente un dirigente/funzionario di polizia penitenziaria con funzioni di comandante del reparto;
a questo si deve aggiungere che è cronica l'assenza anche di tutte quelle figure intermedie sia del Corpo di polizia penitenziaria (ispettori e sovrintendenti) che del comparto Ministeri necessarie per il buon andamento del mondo penitenziario sardo;
ultimo a denunciare queste problematiche è il segretario generale dell'Osapp durante la visita agli istituti penitenziari sardi;
complessivamente in Sardegna, in un mese, è aumentato il numero di detenuti passati da 2.148 del 30 aprile a 2.190 del 31 maggio. I reclusi definitivi sono 1.734;
non da meno viene denunciata la carenza di risorse economiche che non permettono nemmeno una puntuale gestione dell'ordinario –:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda adottare al fine di superare, nel più breve tempo possibile, lo stato di emergenza in cui versa il sistema penitenziario sardo, in particolare a causa della carenza d'organico, avuto riguardo sia alle figure apicali che agli agenti di polizia penitenziaria e alla precaria situazione economica.
(3-00814)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FOTI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
risulta incomprensibile, oltre che inaccettabile, il fatto che la società Rfi proceda a chiudere per lavori, nei prossimi mesi estivi, la ferrovia Porrettana nel tratto Pistoia-Porretta, in concomitanza proprio con l'avvenuta interruzione della strada Statale a causa di una recente frana nella frazione di Pavana, principale arteria di collegamento tra il pistoiese e l'Alto Reno;
il tessuto economico dei due territori interessati (l'Alta Valle del Reno nel bolognese, da una parte, ed il comune di Sambuca Pistoiese, dall'altro) ha già subito ingenti danni in tutti questi mesi di chiusura forzata della strada Porrettana (le associazioni di categoria denunciano un vertiginoso calo delle entrate per le attività commerciali), e l'annunciata sospensione anche del collegamento ferroviario tra i due territori non farebbe altro che determinare la definitiva emarginazione degli stessi;
l'Anas, pur con deplorevole ritardo, sta procedendo all'esecuzione dei lavori per la sistemazione della sede stradale, che tuttavia non vedranno un parziale ripristino della viabilità se non dopo l'estate. È quindi necessario che a fronte di questo eccezionale evento la società Rfi riveda la propria programmazione dei lavori di manutenzione alla ferrovia, affinché gli uni non si sommino agli altri, privando così di fatto i suddetti territori dell'unico collegamento oggi percorribile;
le attività economiche negli Appennini, così come il tessuto dei territori periferici in generale, possono sopravvivere solamente se le istituzioni sono in grado di garantire quantomeno le condizioni minime di vivibilità, a partire proprio dalle infrastrutture di collegamento, attese le quotidiane necessità di mobilità di cittadini, aziende, lavoratori, turisti –:
se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché l'Anas proceda all'esecuzione dei summenzionati lavori nel più breve tempo possibile (quantomeno con l'introduzione del senso unico alternato) e la società Rfi rinvìi la manutenzione della tratta Pistoia-Porretta a quando la viabilità stradale sarà definitivamente ripristinata.
(5-02334)
RAFFA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il servizio Internet tramite wi-fi di bordo, introdotto dal 2010 sulle linee ad alta velocità, a bordo dei treni freccia di Trenitalia s.p.a., attivo gratuitamente, per permettere ai passeggeri di navigare online, informarsi e poter anche lavorare durante il viaggio, a bordo dei treni non è disponibile nelle tratte a sud di Salerno dirette in Sicilia e parzialmente in Puglia, in particolare come specificato dallo stesso sito del gruppo FS il servizio non è presente nella Salerno-Reggio Calabria e nella Caserta-Lecce;
Trenitalia spa sul portale Frecce dichiara, comunque, per queste tratte, la presenza di un sistema di ripetizione del segnale mobile che, nei punti in cui è disponibile la rete 3G/4G, permette l'accesso individuale ad internet tramite chiavetta o direttamente da tablet/smartphone dotato di Sim abilitata al traffico dati;
secondo quanto riportato in molti forum di viaggiatori e per l'esperienza diretta dall'interrogante tale affermazione risulta non applicabile nelle tratte meridionali, in quanto ove anche il sistema risultasse funzionante, è praticamente impossibile, quando il treno è in movimento, accedere al web in maniera stabile ed adeguata per poter svolgere alcuna attività lavorativa;
nonostante i servizi dei treni freccia siano offerti in regime di libero mercato, Trenitalia Spa opera in una situazione di sostanziale monopolio in tutto il Meridione;
avere accesso ad internet ed al web rappresenta una condizione importante, per poter comunicare, informarsi e che è spesso necessaria per coloro che sono tenuti a viaggiare per motivi di lavoro, che hanno bisogno di continuare a lavorare anche durante i viaggi di collegamento tra una città ed un'altra e fuori dal proprio ufficio di lavoro –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa, e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché sia garantito l'accesso a un servizio gratuito di connessione sui treni freccia e su tutte le tratte del territorio nazionale, per i viaggiatori.
(5-02335)
FORNARO e STUMPO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
i sindaci di Ovada e dei comuni limitrofi, pendolari e cittadini, hanno, recentemente, partecipato a un sit-in di protesta contro la chiusura della biglietteria, l'ultima operativa sulla Aqui-Genova, da Visone a Sampierdarena, non più in funzione dai primi giorni di giugno 2019, nella stazione di Ovada;
tra i promotori della manifestazione c'è il Comitato difesa trasporti Valli Stura e Orba, determinato a contrastare la decisione assunta da Trenitalia, sulla quale sono state raccolte 2.500 firme; a detta anche del sindaco di Ovada, Paolo Lantero, non è stato ascoltato il parere delle amministrazioni comunali e tanto meno della popolazione;
la chiusura della biglietteria con personale avviene dopo che sono stati spesi 4 milioni di euro per ristrutturare la stazione di Ovada;
si tratta di ribadire un'esigenza della città e di tutto un territorio con una utenza che afferisce al servizio della linea ferroviaria Genova-Ovada-Acqui Terme, ma finora Trenitalia non ha fornito alcuna forma di risposta né ha attivato alcuna forma di ascolto alle richieste;
gli effetti della chiusura della biglietteria della stazione di Ovada si riverberano non solo su una singola città, ma su un intero territorio. La soluzione alla chiusura della biglietteria sarebbe semplice e comporterebbe una spesa annua non superiore a 50.000 euro, tenuto conto che l'amministrazione comunale aveva già accettato la riduzione di orario di apertura, con l'apertura della biglietteria solo al mattino;
ora la biglietteria è stata sostituita da un distributore self service. I tagliandi, inoltre, potranno essere acquistati nelle tabaccherie convenzionate, ma questo non è sufficiente, perché in particolare le persone anziane e i turisti hanno necessità di informazioni;
il servizio di biglietteria è un servizio quindi indispensabile per l'utenza che utilizza la stazione di Ovada –:
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, nei confronti di Trenitalia, affinché incontri i sindaci e le associazioni dei pendolari fine di definire le modalità per la riapertura della biglietteria nella stazione di Ovada nel più breve tempo possibile.
(5-02339)
VIANELLO, ERMELLINO e LOVECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:
si apprende da fonti di stampa che nella serata del 14 giugno 2019 intorno alle ore 21 si siano staccati alcuni calcinacci e pezzi di cemento dal solaio della Galleria Mauro, cadendo sulla strada statale 100 che collega Bari a Taranto all'incirca all'altezza di Mottola;
al momento transitavano poche auto, fra cui quella di un testimone che, dopo aver tentato di mettere in sicurezza il tratto, ha allertato i vigili del fuoco e i carabinieri. Si ha notizia dell'arrivo sui luoghi anche di un tecnico dell'Anas che avrebbe provveduto alla verifica dello stato dei luoghi;
la strada statale 100, in base al rapporto sull'incidentalità redatto dall'Agenzia regionale per la mobilità nella regione Puglia, figura tra le strade più incidentate della regione; anche per il piano regionale dei trasporti (Prt 2015-2019) la strada statale 100 vanta il drammatico dato del più alto numero di incidenti stradali mortali, circa il 5 per cento del totale regionale;
già con l'interrogazione n. 5-00265 l'interrogante poneva all'attenzione la necessità di garantire il completamento funzionale e la messa in sicurezza della strada statale 100;
quanto da ultimo occorso dimostra l'urgenza di un intervento puntuale ed efficace, che, oltre a un complessivo ammodernamento, si riferisca anche alla struttura della galleria;
nota invece è la posizione della regione che intende procedere con il raddoppio di carreggiata fino a San Basilio, lasciando inalterata la parte limitrofa a Mottola che comprende appunto la galleria oggetto di interrogazione;
giova ricordare che l'intervento di ammodernamento previsto nel Prt della regione Puglia impinge sul piano operativo del fondo di sviluppo e coesione infrastrutture 2014-2020, approvato con delibera del Cipe del 28 febbraio 2018 –:
se i Ministri interrogati intendono fornire elementi sulle circostanze dell'accaduto illustrando lo stato di salute della galleria e il complessivo stato di messa in sicurezza della strada statale 100.
(5-02340)
Interrogazione a risposta scritta:
MAGI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici», all'articolo 1, comma 1, lettera f), prevedeva una riformulazione dell'articolo 36, comma 2, del codice dei contratti pubblici in base alla quale per lavori di importo compreso tra 40.000 euro e 200.000 euro, e per le forniture ed i servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, era previsto il ricorso a una procedura negoziata previa consultazione di almeno tre operatori per i lavori, e per i lavori di importo compreso tra 200.000 euro e la soglia comunitaria la procedura aperta di cui all'articolo 60;
durante l'esame parlamentare, la soprarichiamata riformulazione dell'articolo 36, comma 2, del codice dei contratti è stata modificata, e ad esito della conversione in legge del decreto e della pubblicazione della legge 14 giugno 2019, n. 55, l'articolo sopramenzionato prevede, tra le altre cose, che le stazioni appaltanti possano procedere, per l'affidamento di lavori tra 150.000 euro e 350.000 euro, attraverso la procedura negoziata di cui all'articolo 63 previa consultazione di almeno 10 operatori economici, e per l'affidamento di lavori tra 350.000 euro e 1.000.000 di euro sempre attraverso la procedura negoziata di cui all'articolo 63, previa consultazione di almeno 15 operatori economici;
la procedura di cui all'articolo 63 – alla quale rimanda il riformulato articolo 36, comma 2, lettere c) e c-bis) – è la cosiddetta «procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara»;
la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, tenuto conto degli effetti pregiudizievoli sulla concorrenza indotti dalle procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara e dunque della necessità di ammettere la possibilità di farvi ricorso «soltanto in circostanze del tutto eccezionali», con l'articolo 26, paragrafo 6, stabilisce quanto segue: «Nei casi e nelle circostanze specifici espressamente previsti all'articolo 32, gli Stati membri possono prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici ricorrano a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. Gli Stati membri non consentono l'applicazione di tale procedura in casi diversi da quelli di cui all'articolo 32»;
per effetto della sopradescritta modifica all'articolo 36, comma 2, del codice dei contratti pubblici, l'ordinamento italiano ammette la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara non soltanto nei casi e nelle circostanze specificati nell'articolo 63 – la disposizione con la quale sono state recepiti l'articolo 26, comma 6, e l'articolo 32 della direttiva 2014/24/UE – ma in tutti i casi nei quali una stazione appaltante intenda procedere, attraverso detta procedura, all'affidamento di lavori tra 150.000 euro e 1.000.000 euro senza alcun obbligo di motivazione –:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per risolvere il conflitto tra la disposizione approvata in sede di conversione in legge del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, e la richiamata norma della direttiva 2014/24/UE, in base alla quale gli Stati membri sono vincolati a non consentire l'applicazione della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, al di fuori dei casi elencati e descritti nell'articolo 32 della medesima direttiva;
se e quali iniziative intenda assumere per prevenire il rischio che la Commissione europea avvii nei confronti delle autorità italiane una nuova procedura di infrazione in materia di appalti pubblici, specificatamente riferita alla norma in questione, e per orientare il comportamento amministrativo dei soggetti chiamati ad applicare le disposizioni del codice dei contratti pubblici, posto che il novellato articolo 36, comma 2, non appare conforme al diritto dell'Unione europea.
(4-03155)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DONZELLI, DEIDDA, VARCHI, MOLLICONE, PRISCO e OSNATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
i collettivi di estrema sinistra usano ripetutamente l'ateneo de La Sapienza a Roma come locale a cielo aperto per feste illegali a pagamento;
il rettore ha più volte denunciato pubblicamente la situazione fuori controllo. Da articoli di stampa si apprende che avrebbe anche avvertito ufficialmente la questura;
si erano già svolti in questi mesi il Teppa Fest (ovvero il festival della «teppaglia») che ha trasformato il pratone in un rave con migliaia di persone e alcune feste danzanti;
Il 20 e il 21 giugno i collettivi di estrema sinistra hanno organizzato all'interno de La Sapienza una serie di iniziative abusive con somministrazione di alcolici e ingresso a pagamento senza alcuna autorizzazione;
un ragazzo di 26 anni tentando di scavalcare il muro di cinta per partecipare senza pagare alla «Disco-Sapienza» è caduto in viale dell'università, di fronte al civico 30, e dopo aver riportato gravi ferite è deceduto nelle ore successive;
il tutto nell'indifferenza di quanti, in viale della Minerva, hanno continuato a ballare e bere fino a notte fonda;
sull'ingresso dello storico ateneo la notte vigilano i collettivi, che trasformano La Sapienza in un locale all'aperto a pagamento, ma senza rispettare alcuna regola –:
quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare, per quanto di competenza, per far rispettare la legge all'interno de La Sapienza e delle università italiane troppo spesso in balia dei collettivi universitari che con violenza impediscono le iniziative legittime dei gruppi studenteschi di destra e organizzano invece continuamente feste e iniziative abusive;
se il Governo abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza per liberare tutte le aule occupate illegalmente negli atenei e prevedere controlli antidroga durante le iniziative dei collettivi.
(5-02342)
ROTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il cronista di Repubblica, Paolo Berizzi, il 26 giugno 2019 presenterà nella Sala Lucchi di Verona il suo nuovo libro inchiesta sulla galassia nazista in Italia;
nei giorni scorsi alcuni esponenti di Forza Nuova hanno preso posizione contro l'evento, chiedendo «all'amministrazione comunale nella persona del Sindaco Sboarina di non concedere sia l'adiacente Sala Lucchi, né altre sale pubbliche a chi viene appositamente per infangare il nome della nostra città a scopo di lucro, sputando gratuito odio comunista su Verona ed i veronesi». La nota diffusa da Forza Nuova si concludeva con un annuncio alquanto esplicito: «Forza Nuova Verona annuncia l'adesione a qualsiasi forma di mobilitazione di piazza atta a bloccare ed impedire anche fisicamente questa infame sfida alla nostra città»;
Paolo Berizzi in questi anni ha svolto una preziosa opera di documentazione e inchiesta sulla organizzazioni di estrema destra nel nord Italia e, per questo, dal mese di febbraio 2019 è sotto scorta. E oggi non solo riceve minacce di morte da singoli personaggi, ma addirittura c'è sul web un invito alla mobilitazione da parte di Forza Nuova per impedire, anche fisicamente, la presentazione del libro «Nazitalia» a Verona;
è gravissimo che ci sia un gruppo organizzato che istighi alla violenza verbale e fisica nel silenzio delle istituzioni;
nei giorni scorsi un eletto nella lista di centrodestra «Battiti per Verona» che sostiene la giunta comunale del sindaco Federico Sboarina, ha lanciato una petizione su Change.org per chiedere lo spostamento della presentazione del libro di Berizzi in un altro luogo, lontano dallo stadio, per non infastidire i tifosi dell'Hellas Verona come se tale quartiere fosse appannaggio dell'estrema destra;
questo è solo l'ultimo di una serie di episodi che registrano il moltiplicarsi di atti volenti o intimidatori con i pestaggi romani contro i ragazzi del cinema America (apostrofati e picchiati, in quanto «antifascisti»), le aggressioni omofobe e antisemite, le intimidazioni di strada e online, i festeggiamenti per il compleanno di Hitler, le pietre d'inciampo in memoria degli italiani ebrei deportati divelte;
si tratta di episodi di violenza e intimidazione molto gravi che richiederebbero maggiore attenzione da parte delle autorità competenti;
a Verona, per esempio, si vuole limitare l'esercizio della libertà di parola, impedendo a un giornalista di presentare il proprio libro;
in un Paese democratico non ci può essere nessuno spazio per gruppi o associazioni che seminano odio, violenza, antisemitismo, razzismo, avvelenando il clima politico e sociale attraverso intimidazioni continue;
il nostro Paese, profondamente legato ai valori storici della Resistenza, non può continuare a tollerare chi fa dell'apologia del fascismo e della violenza la propria ragion d'essere;
le ripetute violenze cui si è assistito, causate direttamente o meno da forze che si dichiarano neofasciste, richiedono un'urgente verifica;
sarebbe opportuno chiarire una volta per tutte l'incompatibilità di queste organizzazioni con la Costituzione, tenendo presente che le leggi «Scelba» e «Mancino» e due sentenze della Corte costituzionale del ’57 e del ‘58, nonché diverse sentenze della Corte di Cassazione, esigono il controllo dei giudici per tutti gli atti di violenza idonei a determinare il pericolo di ricostituzione del partito fascista –:
se sia a conoscenza di tale fatto;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per fermare questa ondata di violenza;
se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per applicare le leggi dello Stato in materia di organizzazioni dichiaratamente fasciste.
(5-02343)
FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dal 21 giugno al 25 giugno 2019 si terrà a Torino la tradizionale festa patronale della città con le celebrazioni in onore di San Giovanni;
con apposite ordinanze comunali sono state definite le modifiche alla viabilità che interesseranno le vie e le piazze cittadine in occasione di tale ricorrenza che ha il suo momento più atteso nella serata del 24 giugno con lo spettacolo di droni, luci, acqua e musica dalle ore 22,30 in piazza Vittorio;
in occasione dello spettacolo sarà vietato portare all'interno di piazza Vittorio bottiglie di vetro, lattine o altro materiale ingombrante o potenzialmente pericoloso, mentre il pubblico potrà accedere ai varchi dalle ore 18;
il comune ha vietato dalle ore 16 di lunedì e sino a cessate esigenze di martedì 25 giugno la somministrazione, la vendita e la detenzione per asporto di bevande con contenitori idonei all'offesa della persona non solo agli esercenti di piazza Vittorio ma anche a quelli presenti in una vastissima porzione del centro storico che interessa corso Cairoli, Lungopo Diaz, Lungopo Cadorna, via Giolitti, via Bonafous, via Maria Vittoria, via delle Rosine, via Principe Amedeo, via Accademia delle Scienze; piazza Carlo Emanuele II, via Principe Amedeo, piazza Castello, via Verdi e corso San Maurizio;
se risulta comprensibile interdire la vendita di bevande in contenitori di vetro nei pressi di piazza Vittorio, appare totalmente incomprensibile vietare alle attività ricettive di gran parte del centro storico la somministrazione, ai propri clienti e all'interno dei locali stessi, di calici e bottiglie di vetro necessari per la degustazione dei prodotti;
il comune ha inoltre vietato l'utilizzo dei dehors dalle ore 16 in poi della giornata di lunedì, compromettendo ulteriormente la potenziale attività ed attrattiva di ristoranti e locali;
tali scelte dell'amministrazione comunale, legate a una scarsissima comunicazione nei confronti degli esercenti sull'organizzazione e sulla logistica dello spettacolo di piazza Vittorio, sta creando gravissimi disagi agli esercizi ristorativi del centro di Torino;
con la mancanza di direttive precise, si legge sugli organi di stampa, «sono tanti i locali che giunti al 24 non sanno ancora se tenere aperto o optare per la serrata» con perdite e spese aggiuntive che nessuno rimborserà;
sempre secondo i media ad incitare ancora più gli animi dei commercianti vi sarebbe la presenza continua dei venditori abusivi: «loro possono vendere tranquillamente alcolici in bottiglie di vetro per strada, mentre noi dobbiamo fare attenzione a qualsiasi piccolezza altrimenti ci multano» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi problemi che sta causando agli esercenti commerciali di Torino l'organizzazione della festa patronale di San Giovanni e di quali elementi disponga circa le ragioni di ordine pubblico che hanno portato a imporre alla cittadinanza scelte unilaterali e non condivise che coinvolgono zone oggettivamente distanti dall'area dello spettacolo del 24 giugno 2019 che interessa comunque solo piazza Vittorio;
se non ritenga necessario adottare iniziative per intensificare il contrasto ai venditori abusivi nel corso degli eventi previsti per le celebrazioni di San Giovanni.
(5-02344)
Interrogazioni a risposta scritta:
RAFFA, TERMINI, GRIPPA e PIGNATONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il fenomeno criminale dei furti di rame colpisce prevalentemente infrastrutture di aziende operanti nel settore dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni;
i furti provocano spesso l'interruzione di pubblici servizi essenziali con notevoli ripercussioni di natura economica e sociale e possono avere conseguenze per quanto riguarda la sicurezza e l'ordine pubblico;
il 24 febbraio 2012 è stato firmato il protocollo d'intesa per la costituzione dell'Osservatorio nazionale sui furti di rame presso il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale della polizia criminale, con l'obiettivo di monitorare il fenomeno e mantenere alto il livello di attenzione delle istituzioni preposte alla tutela dei beni e della sicurezza del cittadino;
il fenomeno dei furti di rame resta tutt'oggi frequente e preoccupante nonostante il calo avvenuto nel 2013 a seguito di una modifica introdotta dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, che ha disposto tra le circostanze aggravanti previste dall'articolo 625 del codice penale anche: «se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica»;
in data 1° giugno 2019 una serie di furti di cavi di rame, da parte di ignoti, ha mandato in tilt i treni sulla linea Catania-Caltagirone, causando rallentamenti e anche la sospensione della circolazione ferroviaria per metà giornata. Ogni mese i media riportano notizie di furti di cavi di rame che arrecano problemi alla circolazione e di conseguenza ai cittadini –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per contrastare in maniera più incisiva il fenomeno del furto di rame soprattutto nelle zone maggiormente interessate da tali episodi.
(4-03150)
BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
sta facendo molto discutere la recente conferma della condanna in appello, a quattro anni e undici mesi, per Walter Onichini, macellaio della provincia di Padova, accusato di tentato omicidio per aver sparato a un ladro che, insieme ad altri complici, di cui uno mai identificato, nel luglio 2013, si era introdotto nella sua proprietà;
all'udienza di appello il procuratore generale aveva formulato richiesta di assoluzione per l'imputato Onichini ma la Corte ha confermato la sentenza di condanna di primo grado;
il ladro ferito, un 27enne albanese, con diversi precedenti per furti, più volte colpito da provvedimenti di espulsione e probabilmente parte di una banda di «trasfertisti» era stato poi caricato in auto da Onichini, in direzione dell'ospedale. Ma dopo poche centinaia di metri il malvivente lo avrebbe minacciato con un cacciavite estratto dalla tasca, ordinandogli di lasciarlo scendere, come risulta da alcune fonti stampa;
intanto i Carabinieri, la cui caserma è a pochi metri dall'abitazione di Onichini, erano giunti sul posto dopo aver udito lo sparo. L'albanese viene individuato poco dopo e trasportato in ospedale;
all'esito delle indagini, l'albanese viene rinviato a giudizio per furto in abitazione e Onichini per il reato di tentato omicidio; all'udienza preliminare il primo sceglie di essere giudicato con il rito abbreviato, condannato poi alla pena di 3 anni e otto mesi di reclusione, mentre per Onichini il giudice dispone il processo;
da fonti stampa del dicembre 2017 si rileva che «il predone albanese [...] avrebbe potuto essere arrestato e trasferito in carcere il 19 giugno scorso quando arrivò in aula per testimoniare nel ruolo di vittima. E per reclamare il risarcimento di 324 mila euro. Era appena diventata definitiva la condanna a 3 anni e 8 mesi pronunciata il 9 febbraio dal gup [...] al termine di un giudizio abbreviato. [...] Sei mesi fa, poco dopo essere entrato nell'aula del tribunale, il 26enne protagonista dell'assalto a casa Onichini, aveva saputo che rischiava l'arresto. Tutta “colpa” di una verifica che s'era preoccupato di fare l'avvocato Ernesto De Toni, difensore del commerciante-imputato, finito a processo per aver sparato a lui, il ladro, che non aveva fatto appello. E così la sentenza di condanna per il furto era passata in giudicato. Eppure quel 19 giugno, nessuno s'è mosso. Per tradurre in pratica una sentenza definitiva, infatti, serve una “carta”, l'ordine di carcerazione. E, invece, al condannato quel giorno non fu notificato alcun ordine. Ndreca tagliò subito la corda e sparì dall'Italia dov'era rientrato in forza di un'autorizzazione in quanto colpito da un decreto di espulsione da lui impugnato»;
tali vicende alimentano un profondo senso di ingiustizia, nonché di sfiducia nelle Istituzioni che non riescono sufficientemente a tutelare chi si difende in casa propria;
chi difende, come in questo caso, è poi costretto a subire un calvario giudiziario destinato a durare anni, che segna per sempre la sua vita, oltre alla beffa di dover subire un procedimento in sede civile per il risarcimento dei danni al malviventi –:
quali iniziative normative si intendano adottare per garantire la certezza della pena e per velocizzare le procedure di emissione e di esecuzione degli ordini di carcerazione, evitando dunque situazioni paradossali come quella di cui in premessa;
se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative di carattere normativo per escludere l'ipotesi di costituzione di parte civile per i malviventi che si introducono nella proprietà altrui, che mettono in pericolo l'altrui incolumità o che si rendono, in generale, responsabili di aggressioni.
(4-03151)
SABRINA DE CARLO, PENNA e TROIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
le politiche di riammissione hanno assunto, negli ultimi anni, una posizione centrale all'interno del dibattito politico sia italiano che europeo. Queste avvengono attraverso la stipulazione di accordi internazionali di riammissione i quali, essendo conclusi in modo celere, permettono l'attuazione dell'intento politico;
l'articolo 3, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, definisce il rimpatrio come «il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente: — nel proprio paese di origine, o — in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o — in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato»,
gli accordi di riammissione costituiscono anche la premessa per una gestione di favore con lo Stato interessato. Infatti, comportano la riserva di quote privilegiate in ambito di «decreto flussi» e al contempo la negoziazione di accordi in materia di lavoro che conseguentemente permettono la creazione di una banca dati dove è presente l'abbinamento della domanda e dell'offerta di manodopera. Tale negoziazione prevede, inoltre, l'istituzione di corsi di formazione professionale e linguistica anche in loco;
dal 1996 l'Italia ha iniziato a stipulare una serie di accordi bilaterali finalizzati alla riammissione di immigrati nei territori di provenienza o di transito. Gli stessi prevedono, inoltre, una cooperazione tra forze di polizia. A questi si aggiungono gli accordi relativi al controllo dell'immigrazione e delle frontiere. L'obbligo di riammissione riguarda le persone che non soddisfano (o non soddisfano più) le condizioni di ingresso e soggiorno negli Stati contraenti secondo procedure diversificate a seconda degli accordi;
nel rimpatrio deve essere tutelata l'integrità della persona e la sua dignità rispettando in questo modo i diritti fondamentali delle persone che si trovano sul territorio nazionale, anche irregolarmente;
attualmente l'Unione europea ha stipulato accordi di riammissione con: Albania, Armenia, Azerbaijan, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Macedonia del Nord, Georgia, Hong Kong, Macao, Moldova, Montenegro, Pakistan, Russia, Serbia, Sri Lanka, Turchia, Ucraina;
il Ministero dell'interno ha concluso protocolli esecutivi (che regolano le procedure operative di esecuzione a livello bilaterale degli accordi di riammissione dell'Unione europea) con Albania, Bosnia Erzegovina, Moldova, Montenegro, Russia, Serbia;
nel 2017 i rimpatri dei cittadini stranieri espulsi, ritenuti secondo la legge irregolari, sono stati 6514. Da gennaio 2018, 1283 espulsioni sono avvenute su base volontaria, non ricorrendo quindi al rimpatrio forzato ma con la partenza volontaria del soggetto irregolare;
a gennaio 2018 il Ministro aveva dichiarato di voler rimpatriare tutti gli immigrati irregolari presenti sul territorio nazionale. Con l'entrata in vigore del «decreto sicurezza» sono stati cancellati molti permessi di soggiorni per motivi umanitari che hanno comportato quindi, un aumento dei soggetti irregolari presenti nel nostro Paese;
è positiva sicuramente la diminuzione degli sbarchi, che nell'ultimo anno sono stati ridotti del 92 per cento permettendo un calo dei numeri dei migranti che arrivavano via mare –:
considerando gli accordi bilaterali attualmente in vigore con i Paesi extra-Unione europea (Algeria, Egitto, Filippine, Kosovo, Nigeria e Tunisia), con quanti altri Paesi il Governo intenda stipulare nuovi accordi e quali siano le trattative già avviate e i tempi per la loro realizzazione.
(4-03152)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
già con interpellanza n. 20 di questa legislatura, il sottoscritto denunziava la gestione divenuta insostenibile del conservatorio Santa Cecilia di Roma – ente sottoposto a vigilanza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur) – dovuta al direttore insediatosi nel novembre 2016;
in tali atti si faceva, in particolare, richiamo all'indicazione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (circolare prot. 5259/MGM del 27 luglio 2012), per cui le istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (Afam) devono provvedere alla redazione di graduatorie permanenti aggiornabili di anno in anno, così da mantenere in servizio il personale che senza demerito ha svolto il servizio;
tali graduatorie sono finalizzate all'assunzione a tempo indeterminato ovvero al rinnovo annuale del contratto quando richiesto, nel conservatorio di appartenenza ovvero in altra istituzione dell'alta formazione artistica e musicale. Esse, tra l'altro, consentono di non creare nuovo precariato;
alla stessa prassi si era attenuto anche il conservatorio di S. Cecilia che, con decreto del presidente prot. 9566/PR13 del 25 ottobre 2016, aveva bandito la relativa procedura di redazione delle graduatorie, rispettivamente per collaboratori di biblioteca, assistenti e coadiutori. L'articolo 8 del citato bando dispone; «le graduatorie sono permanenti. Il conservatorio provvede annualmente all'aggiornamento delle stesse, verificando – mediante procedura d il maturare dei requisiti previsti»;
improvvisamente, il conservatorio anziché procedere, come dovuto, all'aggiornamento delle graduatorie, in data 3 ottobre 2017 ha emanato un bando pubblico per l'assunzione di personale del profilo di assistente, senza procedere all'aggiornamento delle graduatorie permanenti, con l'evidente rischio di escludere chi ha già maturato l'anzianità prevista dalle vigenti normative per l'immissione in ruolo (24 mesi di servizio);
la conseguenza di tale modus operandi è stata che 3 persone, in servizio nel 2017 nel profilo di assistente, di elevatissima qualificazione e che avevamo già svolto servizio con apprezzamento dei conservatori e delle accademie di tutta Italia, sono state licenziate. Una tra queste persone ha adito le vie legali ed è risultata vittoriosa (sentenza TAR Lazio, sezione Terza bis, del 3 giugno 2019). Contro la colpevole inerzia della direzione del conservatorio nel dar seguito alla sentenza, la persona interessata per quanto risulta all'interpellante si è vista costretta ad agire in ottemperanza, anche qui risultando vittoriosa, tuttavia – con grave danno per la parte lavoratrice e per le casse del conservatorio – il direttore non esegue il giudicato;
in data 14 dicembre 2017, i revisori dei conti hanno dato un giudizio assai pesante sul «contratto decentrato di istituto» sottoscritto dal direttore Giuliani e dal presidente per la parte pubblica, da due organizzazioni sindacali non rappresentative in conservatorio e dalla minoranza della rappresentanza sindacale unitaria, muovendo rilievi contabili e gestionali molto penetranti;
il direttore aveva infatti ottenuto dal consiglio d'amministrazione l'approvazione di una delibera che aveva destinato al fondo per il contratto decentrato più di 326 mila euro, proponendo alle organizzazioni sindacali (con l'esito già ricordato) un contratto dimensionato su tale cifra. Senonché i revisori, già il 7 dicembre 2017, avevano espresso su quella determinazione un parere contrario per patente violazione di norma di legge, in particolare dell'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017;
acquisito tale parere negativo, senza il dovuto nuovo passaggio con i sindacati per definire il contratto secondo le indicazioni ricevute dai revisori, il consiglio di amministrazione nella seduta dell'11 dicembre 2018 – di cui il direttore è componente di diritto – ha unilateralmente determinato il nuovo montante contrattuale;
il 14 dicembre i revisori hanno obiettato che la riduzione del fondo operata in tal modo non era intelligibile, poiché – a parte l'irregolarità procedurale della mancata consultazione con le organizzazioni sindacali, imprescindibile per determinare dove la decurtazione dovrà incidere – non indicava le modalità operative della riduzione (questa anomalia gestionale è stata poi rilevata in sede di ispezione del Ministero dell'economia e delle finanze);
i revisori hanno imputato al conservatorio, di cui il direttore è rappresentante legale, di non aver dato riscontro agli altri rilevi precedentemente resi. In seguito a questi fatti, il Ministro dell'economia e delle finanze ha ordinato un'ispezione; la relazione redatta all'esito dell'ispezione è assai pesante per il direttore Giuliani. Vi si legge infatti che: il rendiconto per il 2017 è stato approvato con grave ritardo; il conservatorio non ha fatto accantonamenti per il cospicuo contenzioso nel quale è spesso soccombente; esso non impone in modo uniforme ai docenti – come dovrebbe – l'obbligo dell'uso del cartellino marcatempo; ha gestito i fondi della contrattazione integrativa in modo contrastante con la normativa vigente; non ha adeguato il sito web istituzionale alle norme anticorruzione;
appare urgentissimo ristabilire il buon andamento e l'imparzialità nell'azione amministrativa del conservatorio, visto che questo tipo di gestione espone l'erario pubblico ad azioni risarcitorie che potrebbero finire per danneggiare il patrimonio pubblico –:
se non intenda verificare immediatamente se sussistano i presupposti per adottare le iniziative di competenza per la rimozione del direttore e il commissariamento del conservatorio Santa Cecilia di Roma.
(2-00432) «Pastorino».
Interrogazione a risposta scritta:
PEZZOPANE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende della chiusura del Convitto nazionale Cotugno, a L'Aquila, con annessi i licei;
l'istituto scolastico — presente da due secoli nella città capoluogo di regione — a settembre 2019 non avvierà le attività didattiche. Sono meno di 16 gli iscritti a fronte del tetto minimo di 40 studenti imposto dai parametri ministeriali;
il decreto di chiusura del convitto sembrerebbe essere stato già approvato e diffuso dall'ufficio scolastico regionale;
con la chiusura, oltre a perdere validi studenti e non garantire il servizio alle tante famiglie che da anni scelgono questo percorso scolastico, si rischia di perdere molte professionalità di personale docente e non docente, oltre 20 per il solo convitto;
dopo il terremoto, pur di salvare la struttura furono investite molte risorse, ma sulla ricostruzione dell'immobile si sono accumulati enormi ritardi e, anche per questo, l'istituto ha perso iscritti, passando dai circa cinquanta che contava nel 2009 ai 18 di oggi;
si auspica che il Ministro si attivi concretamente per scongiurare un evento penalizzante quanto inconcepibile –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare le iniziative di competenza, in tempi rapidi, per una soluzione adeguata e urgentissima, a tutela di una porzione importante del territorio.
(4-03149)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Errebi Communicaemotion spa è un'agenzia di pubblicità specializzata nel fornire ai clienti interessati promoter, hostess e merchandiser;
la sede risulta situata in corso Lombardia 21 a Torino;
secondo quanto riportato dall'articolo del quotidiano La Stampa pubblicato in data 14 giugno 2019 l'ultimo segnale di vita della ditta Errebi è arrivato il 1° aprile 2019 quando è stato comunicato ai dipendenti che sarebbe cessato il rapporto di lavoro. «Da allora ho cercato di mettermi in contatto con qualcuno. Niente, tutto inutile, lo capisco che possa succedere di tutto, ma sparire così no, non va bene» ha dichiarato uno dei dipendenti al quotidiano torinese;
la ditta, secondo quanto riportato dal sito Torino Today in data 15 giugno 2019, sembra sparita, visto che i cancelli sono chiusi da settimane e non pare esserci più nulla all'interno. A quanto risulta ci sarebbero ancora delle commesse da evadere e una serie di impegni da rispettare con i clienti, ma anche una serie di pagamenti inevasi per promoter e hostess che hanno prestato la loro attività per Errebi ma che ad oggi non hanno ottenuto i loro compensi;
alcuni dipendenti, che sono voluti rimanere anonimi vista la situazione di grave difficoltà, hanno spiegato a Torino Today come sia arrivata loro una comunicazione di cessato rapporto lavorativo per il 1° aprile. «Adesso siamo a metà giugno e non abbiamo avuto più notizie. Non sapremo se otterremo gli stipendi arretrati e il trattamento di fine rapporto e neanche se potremo godere degli ammortizzatori sociali. Anche perché ai numeri di telefono che abbiamo, nessuno risponde. Come se si fossero volatilizzati, spariti»;
al momento ci sono voci contrastanti sul possibile fallimento della ditta, dal momento che non vi sarebbe traccia, in tribunale a Ivrea, dei libri contabili e della procedura di fallimento;
secondo quanto riportato da La Stampa, il sito dell'azienda non esiste più, restano solo i commenti di chi ha lavorato e non è mai stato pagato. C'era chi veniva chiamato per convegni o meeting, ma anche chi aveva contratti da 17 ore la settimana per 6 euro lordi l'ora per promuovere un prodotto nei centri commerciali o per sistemare i prodotti sugli scaffali;
poco per volta chi ha lavorato per Errebi si sta radunando sul gruppo Facebook «Promoter e merchandiser Errebi Torino» con l'obiettivo di mettere insieme storie e idee ed eventualmente per promuovere una class action che chiami a rispondere i responsabili dell'agenzia di Venaria in attesa dell'arrivo di un curatore fallimentare –:
quali iniziative il Governo intenda porre in essere, per quanto di competenza, per verificare lo stato di salute dell'azienda Errebi Communicaemotion spa e per garantire una prosecuzione della sua attività;
se il Governo intenda, per quanto di competenza e anche in accordo con le istituzioni regionali del Piemonte, adoperarsi per tutelare i dipendenti dell'azienda a cui non sono stati corrisposti gli stipendi e che rischiano di vedere interrotto senza preavviso il loro rapporto di lavoro.
(5-02338)
COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Manitalldea spa è un'azienda di servizi alle imprese con sede a Ivrea che lavora con appalti pubblici e privati su tutto il territorio nazionale, in particolare nel settore delle pulizie, occupando circa 5.000 lavoratori;
gli appalti coinvolti nella provincia di Torino riguardano Fca spa, Fpt spa, Alutek spa, Telecom, Iveco, Inps, Inail, Guardia di finanza, Agenzia del demanio Piemonte e Valle d'Aosta, Equitalia, e Trenitalia, Aci di Asti, e altri comuni della provincia interessati (Nichelino, Città metropolitana, Pianezza, Asti, Alpignano);
l'11 giugno 2019 si è svolto un presidio di 150 persone davanti alla prefettura di Torino, come riportato dal sito TorinOggi, per protestare contro il ritardo di due mesi (aprile e maggio 2019) nel pagamento dello stipendio da parte della società Manitalldea e consorziate (Euralba e Mr. Job) a lavoratrici che molto spesso sono l'unica fonte di sostegno economico in famiglia e ottengono retribuzioni dai 400 ai 700 euro al mese;
«In provincia di Torino – spiega Francesco Abatangelo Uil Trasporti Torino al quotidiano on-line TorinOggi in data 11 giugno – sono circa un migliaio le persone che aspettano da oltre 60 giorni i soldi, che non riescono più ad andare avanti: solo in alcuni appalti come Trenitalia e Fca sono abbastanza regolari. Negli scorsi mesi abbiamo incontrato la Manital diverse volte, ma senza esito positivo»;
i mancati pagamenti di Manitalldea si ripetono oramai da anni, come nel caso degli episodi di settembre 2017 a Torino in cui, come riportato dal quotidiano La Repubblica in data 15 settembre 2017, i lavoratori avevano svolto presidi denunciando il consorzio, o come nel caso della diffida inviata a Manitalldea dal comune di Nichelino a febbraio 2018, o ancora, recentemente, nel caso dei mancati pagamenti per i lavoratori delle pulizie di alcune stazioni ferroviarie liguri, denunciato dal sito Business Journal Liguria in data 21 febbraio 2019;
la situazione d'incertezza legata ai mancati pagamenti di Manitalldea coinvolge appalti su tutto il territorio nazionale: solo a Palermo e provincia, 400 famiglie denunciano ritardi nei pagamenti da parte di Manitalldea, come riportato dal sito BlogSicilia in data 13 giugno 2019;
anche in Liguria, secondo quanto riportato dal sito Riviera24.it in data 3 giugno 2019, si è concluso con un mancato accordo tra le parti un vertice in prefettura a Genova convocato dalle sigle sindacali per il mancato pagamento degli stipendi di trenta lavoratori in tutta la Liguria della Manitalldea Spa, che ha in appalto la pulizia delle stazioni ferroviarie liguri;
un altro fronte di crisi si è aperto in Valle d'Aosta, con il mancato pagamento degli stipendi per circa 70 lavoratrici delle pulizie negli uffici pubblici della regione, come riportato dal sito Aostacronaca.it in data 19 giugno 2019;
«Il 12 Giugno scorso – hanno spiegato i sindacati su AostaCronaca.it in data 19 giugno – l'incontro tra le Parti, avvenuto a Roma, non ha prodotto risultati significativi in quanto il mancato pagamento degli stipendi è stato attribuito dall'Azienda con una laconica dichiarazione di mancanza di liquidità. Nella stessa settimana è stato erogato lo stipendio riferito al mese di aprile con l'assenza di garanzie per i mesi successivi» –:
quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché l'azienda Manitalldea spa eroghi i pagamenti arretrati ai suoi lavoratori e alle sue lavoratrici;
se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza nei confronti dell'azienda Manitalldea avviando un'istruttoria sul caso, in considerazione del reiterarsi delle condotte lesive della dignità dei lavoratori e ormai ripetute costantemente da anni.
(5-02341)
Interrogazione a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende da un articolo pubblicato sul sito Fanpage.it il 19 giugno 2019, alcuni operai della Gruccia Creations di Prato, azienda a conduzione cinese specializzata nella fabbricazione di grucce per vestiti nel cuore del comparto del tessile più importante d'Italia, sono stati aggrediti e picchiati e una decina di loro hanno dovuto ricorrere a cure ospedaliere, perché da tempo denunciano condizioni di vero e proprio sfruttamento in fabbrica;
i lavoratori, colpiti con pugni e calci in faccia e nelle costole, sarebbero stati aggrediti da una squadra inviata dal proprietario e sotto gli occhi della polizia presente sul posto;
da settimane gli operai della Grucce Creations sono, come centinaia di altri delle fabbriche tessili della città toscana, in forte stato di agitazione e denunciano condizioni di lavoro irregolare e anche seri problemi di sicurezza negli stabilimenti;
alcuni di questi lavoratori settimane fa raccontavano di essere assunti con contratti da 4 ore lavorandone in realtà 12 e di non vedersi riconosciute ferie e malattia;
inoltre, lavorerebbero senza protezioni né per gli occhi né per le mani e se qualcuno si ammala i fondi verrebbero trattenuti dalla busta paga;
a parere dell'interrogante quei lavoratori scioperavano per chiedere un contratto regolare e il rispetto dei diritti, visto che, a quanto pare, lavoravano spesso a nero e in condizioni di «schiavitù» –:
se il Governo non intenda avviare una verifica ispettiva, per il tramite dell'ispettorato nazionale del lavoro, presso la Gruccia Creations di Prato al fine di verificare la veridicità delle denunce avanzate dai lavoratori, le reali condizioni di lavoro e il rispetto da parte della proprietà delle norme sui contratti e sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
se il Governo intenda verificare tramite la questura e la prefettura di Prato se le forze dell'ordine presenti durante l'aggressione esposta in premessa siano intervenute a difesa dei lavoratori che protestavano e, in caso contrario, quali siano stati i motivi per cui non sono intervenute per impedire che i lavoratori venissero picchiati e quali iniziative le stesse abbiano adottato per individuare gli aggressori.
(4-03157)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
MORETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) riporta stime di crescita allarmanti della demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all'anno (uno ogni 4 secondi) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l'anno, con incremento progressivo;
secondo i dati dell'Osservatorio demenze dell'Istituto superiore di sanità, in Italia, un milione di persone sono affette da demenza di cui 600 mila sono colpite da Alzheimer e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell'assistenza dei loro cari;
il morbo di Alzheimer colpisce sia gli uomini che le donne ed è caratterizzato dalla perdita graduale e irreversibile delle funzioni cerebrali, dovuta a una lenta e progressiva degenerazione dei neuroni in tutte le aree della corteccia cerebrale e si manifesta con turbe delle funzioni intellettive (memoria a breve termine, orientamento nel tempo e nello spazio, linguaggio, utilizzo degli oggetti e altro) che portano con il tempo a una progressiva perdita di autonomia;
anche se tale malattia normalmente viene considerata una tipica malattia della vecchiaia, il 5 per cento delle persone che ne soffrono riscontra un'insorgenza precoce, nota anche come «insorgenza anticipata» che spesso appare quando una persona ha tra i quaranta e cinquant'anni, o tra i cinquanta e sessant'anni;
nonostante il «Piano nazionale demenze – Strategie per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze», approvato con accordo del 30 ottobre 2014 dalla Conferenza unificata tra il Governo, le regioni e le province autonome, fornisca indicazioni strategiche per la promozione e il miglioramento degli interventi nel settore, non soltanto con riferimento agli aspetti terapeutici specialistici, ma anche al sostegno e all'accompagnamento del malato e dei familiari lungo tutto il percorso di cura e il successivo accordo del 26 ottobre 2017, n. 130, contenente le «Linee di indirizzo nazionali sui Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) per le demenze» e «Linee di indirizzo nazionali sull'uso dei Sistemi informativi per caratterizzare il fenomeno delle demenze», le persone colpite da Alzheimer e specialmente quelle colpite in età precoce e le loro famiglie sono costrette a iter burocratici e sanitari lunghi e difficoltosi per vedersi riconosciuta la malattia e poter essere così supportati nell'assistenza, nella riabilitazione, nell'informazione, nel sostegno morale, tutti elementi necessari a garantire una seppur minima presa in carico –:
se il Governo non ritenga opportuno individuare, all'interno dello schema di decreto volto a definire i criteri di appropriatezza nell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera, dei protocolli specifici di presa in carico delle persone affette da Alzheimer con insorgenza anticipata tali da garantire una riabilitazione continuativa in grado di mantenere e stimolare le abilità residue;
se il Governo non ritenga necessario individuare specifici livelli essenziali di assistenza relativi alla presa in carico dei pazienti affetti da Alzheimer con insorgenza anticipata.
(5-02337)
Interrogazione a risposta scritta:
MANTOVANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il morbo di Alzheimer è la patologia neurodegenerativa più frequente: ne soffrono 50 milioni di persone a livello globale di cui seicentomila in Italia. Secondo proiezioni elaborate dall'Istat nel 2050 saranno colpiti circa due milioni di cittadini, in prevalenza donne;
l'Alzheimer viene definita malattia «familiare» perché coinvolge il nucleo familiare dell'individuo che ne soffre. Trattasi di patologia ancora poco conosciuta dal punto di vista scientifico; per tale ragione migliorare la qualità di vita è l'obiettivo che si deve raggiungere a tutela dei soggetti coinvolti;
corretti stili di vita e diagnosi precoce rappresentano i più efficaci strumenti per contenere la diffusione della patologia, ma sono necessarie cure appropriate e assistenza specialistica per migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie;
anche grazie ad una progressiva diffusione di centri specializzati, come le unità di valutazione Alzheimer, sono oggi incrementate le prescrizioni di farmaci specifici, capaci di rallentare la malattia nelle fasi iniziali. Nel corso degli ultimi anni, inoltre, gli enti competenti hanno implementato alcuni servizi assistenziali come i centri di residenzialità, i centri diurni e l'assistenza domiciliare;
nonostante queste evoluzioni, dinnanzi all'insorgere di questa patologia l'assistenza rimane limitata e permangono differenziazioni territoriali in termini di quantità di offerta e di qualità degli standard dei servizi; è necessario omogeneizzare normative e requisiti, nonché la diffusione delle reti di servizi capaci di integrare aspetti sanitari e supporto alle famiglie/caregiver;
dal G8 di Londra (2013), interamente dedicato all'Alzheimer, si è diffuso un forte orientamento a considerare le demenze una priorità. Orientamento confermato più recentemente dal piano globale sulle demenze dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2017;
tra i più significativi piani di azione appare di rilievo quello Gallese, varato nel mese di febbraio 2019, un piano di politiche pluriennale che si fonda su una serie di azioni collegate: in primis una forte promozione di adeguati stili di vita per ridurre il rischio di sviluppare demenze, in secondo luogo azioni volte alla scoperta della malattia nelle fasi iniziali migliorando dunque la tempestività e la capacità di diagnosi; un terzo elemento è individuato nella opportunità di mantenere il paziente il più possibile al proprio domicilio almeno sino a quando le sue condizioni lo consentano; un quarto è l'investimento in formazione di nuovi operatori per il supporto a chi ha ricevuto una diagnosi di demenza, con particolare attenzione per il personale da destinare alla assistenza primaria e domiciliare. Un quinto fattore è, la formazione per gli operatori impegnati all'interno di ambienti sanitari e sociosanitari, affinché siano in grado di fornire ai pazienti assistenza con standard di qualità elevati. Infine, ma non in ordine di importanza, il sostegno a quanti, in particolare società scientifiche e organizzazioni di tutela, sono impegnati nella promozione di campagne per la sensibilizzazione della comunità su questi temi –:
quali iniziative intenda assumere per:
a) prevenire e contrastare la diffusione di demenze nella popolazione, con particolare riferimento alla malattia di Alzheimer;
b) sostenere la ricerca medico-scientifica sulle demenze, con particolare riferimento alla malattia di Alzheimer;
c) incrementare la diffusione di centri ad alta specializzazione, come le unità di valutazione Alzheimer, necessari per supportare i medici di medicina generale – oltre a ai pazienti – nelle fasi di diagnosi;
d) sostenere e formare adeguatamente le famiglie/caregivers dei soggetti affetti da demenza, con particolare riferimento alla malattia di Alzheimer;
se intenda adottare iniziative per varare un piano di azioni con lo scopo di coordinare l'insieme delle politiche sopra richiamate.
(4-03148)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
PEZZOPANE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende dell'ultimo «no» pronunciato dal competente Tar in risposta al ricorso contro la realizzazione della centrale di compressione (Snam) che dovrebbe sorgere a Sulmona, in provincia dell'Aquila, in località Case Pente, a servizio della tratta di metanodotto, Brindisi-Minerbio;
dopo il «no» al ricorso presentato dalla regione Abruzzo, il Tribunale amministrativo ha respinto anche il ricorso presentato dal comune di Sulmona;
suddetto ricorso avverso alla realizzazione della centrale di compressione era sostenuto anche dai comuni di Anversa degli Abruzzi, Campo di Giove, Cansano, Cocullo, Corfinio, Goriano Sicoli, Pacentro, Pettorano Sul Gizio, Pratola Peligna, Prezza, Raiano, Roccacasale e Vittorito;
per il Tribunale amministrativo regionale nessuna delle diverse argomentazioni presentate dall'avvocato del comune di Sulmona sono risultate essere pertinenti e di qui il respingimento del ricorso;
i reiterati ricorsi sono finalizzati alla delocalizzazione di un'opera – il gasdotto Snam-Rete Adriatica e la relativa centrale di decompressione a Sulmona – che non comporta alcun vantaggio per il territorio interessato e si ritiene comunque poco sicura per le popolazioni;
si tratta per gli enti locali e anche per l'interrogante di un'opera pericolosa, perché interessa tra l'altro territori, purtroppo, ad altissimo rischio sismico;
si evidenzia come il suddetto gasdotto attraversi, inoltre parchi nazionali, riserve naturali, aree d'interesse comunitario;
nelle diverse campagne elettorali le attuali forze di Governo avevano assicurato il blocco dell'opera qualora avessero avuto responsabilità di Governo –:
quali siano gli orientamenti del Governo in relazione a questa opera e se intenda dare precisa indicazione di delocalizzare il tracciato o se continuerà come ha fatto in questo primo anno di Governo a far andare avanti l'attuale procedura, nonostante la netta contrarietà delle comunità locali; se il Governo non intenda porre in essere, per quanto di competenza, in tempi rapidissimi, iniziative di confronto con tutti i soggetti interessati, considerato che Snam in questi giorni sta attivando le prime azioni di realizzazione della infrastruttura energetica.
(3-00815)
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Fornaro e altri n. 1-00198, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Magi.
La mozione Siani e altri n. 1-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pezzopane, Sensi, Morani, Ascani.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-02244, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Serracchiani.
L'interrogazione a risposta orale Donzelli e Mollicone n. 3-00794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.
L'interrogazione a risposta orale Deidda e altri n. 3-00806, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Spena n. 1-00191, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 185 del 5 giugno 2019.
La Camera,
premesso che:
la violenza nei confronti dei minori, in tutte le sue forme, rappresenta una chiara violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione che sanciscono il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo e dell'uguaglianza, nonché parità di dignità sociale di tutti i cittadini innanzi alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizione personale e sociale;
la violenza sui minori è, infatti, costituita da tutte quelle forme di maltrattamento fisico, psicologico, sessuale nonché di abbandono e solitudine che ha come conseguenza un danno reale o potenziale per la salute stessa dei bambini, fino ad arrivare a gravi attentati all'integrità fisica;
come si evince dai recenti episodi di cronaca, la violenza nei confronti dei minori di età, all'interno delle mura domestiche, sta assumendo sempre di più i tratti di una grave ed inarrestabile emergenza;
la famiglia, che dovrebbe garantire la tutela e la crescita personale del minore, in diversi casi diviene il luogo in cui si consumano gravi episodi di violenza fisica e psicologica, che vengono messi in atto dalle persone che dovrebbero salvaguardare il minore, ovvero dai familiari e, in numerosi casi, dagli stessi genitori;
quanto accaduto negli ultimi mesi mostra tutta la gravità della situazione: il 22 giugno 2019, nel salernitano, una bambina di otto mesi è arrivata in ospedale priva di vita riportando sul corpo lividi, ecchimosi ed escoriazioni; a Novara un bambino di appena 20 mesi è stato massacrato di botte e ucciso a causa delle violente percosse; a Piacenza, un bimbo di due anni ha perso la vita dopo che suo padre lo ha dimenticato in auto per otto ore sotto il sole, mentre era al lavoro; a Taranto, una bambina di 6 anni è stata lanciata dal balcone dal padre; in provincia di Roma (Genzano) una bimba di 22 mesi è stata picchiata dal suo patrigno, perché piangeva; a Padova un bimbo di 5 anni è stato narcotizzato dalla mamma per ucciderlo; in provincia di Frosinone una donna ha strangolato il figlio perché faceva i capricci; a Milano un piccolo di 2 anni è stato ucciso dal padre dopo avergli bruciato le piante dei piedi; in provincia di Napoli (Cardito), il piccolo Giuseppe di soli sette anni è stato trovato morto adagiato sul divano mentre la sorellina di otto anni è stata trasportata all'ospedale in gravissime condizioni, in quanto entrambi erano stati picchiati dal compagno della madre;
in particolare, quest'ultimo caso dimostra l'inefficienza delle normative attualmente vigenti, poiché dalle intercettazioni risulta che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica condizione dei due piccoli che più volte si erano presentati a scuola con tumefazioni e lividi. Le maestre, data la loro particolare qualifica, avevano un obbligo di segnalare l'accaduto, se non l'hanno fatto risponderanno di questo, subendo le sanzioni previste dalle normative vigenti;
molto spesso, intorno ai minori vittime di violenza, si creano delle vere e proprie barriere di omertà in cui i parenti, i vicini, i compagni di classe, pur essendo a conoscenza degli episodi di violenza, maltrattamenti e abusi, decidono di non denunciare l'accaduto alle autorità competenti;
sul punto, è da evidenziare, come in Italia, non esista un obbligo di denuncia, che risulterebbe invece fondamentale nel verificarsi di fatti di una gravità elevata come quelli summentovati;
purtroppo, i fatti di cronaca, come quelli appena riportati, sono da considerarsi quale punta di un iceberg di un fenomeno molto più ampio, in gran parte sommerso e purtroppo sottovalutato sotto il profilo psicologico, sociologico e anche statistico, soprattutto perché la violenza domestica sui bambini è un'emergenza da troppo tempo trascurata nel nostro Paese;
se in Italia il tema della violenza sui minori è ancora oggi poco presente nel dibattito pubblico, trattandosi di un fenomeno che viene spesso socialmente occultato, nel resto d'Europa e soprattutto nei Paesi nordeuropei è stato già affrontato da tempo attraverso l'istituzione di strumenti di protezione adeguati;
ed in effetti, la realtà nazionale pone dinnanzi alla mancanza di un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni di minori, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato dell'Onu (Raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4/punto 44). La priorità è di fornire una fotografia aggiornata del fenomeno per poterlo comprendere e analizzare in modo da predisporre delle risposte ad hoc;
i dati, seppur parziali, si possono ricavare dall'ultima indagine condotta nel 2015 dall'Autorità garante per l'infanzia, dal Cismai e da Terre des Hommes che fotografano una situazione allarmante. Quattro bambini e adolescenti su 1000 sono in carico ai servizi sociali, per un totale di 457.453 bambini. L'indagine rileva che oltre la metà dei bambini maltrattati subisce una grave forma di trascuratezza e la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare;
purtroppo, ancora oggi, molti episodi di violenza non vengono denunciati, poiché le giovani vittime, soprattutto adolescenti, provano sentimenti di vergogna e paura che spesso determinano l'attivazione di stigma e stereotipi negativi nei loro confronti, con conseguenze difficili da controllare e i bambini, specialmente neonati, in considerazione della tenera età non possono chiedere aiuto con la loro voce;
a ciò si aggiunge che molto spesso le giovani vittime trovano difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle scuole e nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre specificatamente formato per affrontare fattispecie così complesse dove è necessaria una formazione specifica, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, quando è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;
il fenomeno complesso della violenza sui minori comprende anche la cosiddetta violenza assistita intrafamiliare da considerarsi, a tutti gli effetti, una forma di maltrattamento, poiché obbliga il minore, suo malgrado, ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza (fisica, verbale, psicologica, sessuale e/o economica) rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando la propria esistenza in modo indelebile con effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;
in passato sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro le violenze perpetrate a danno dei minori; non ci si può esimere a tal riguardo dal dare atto che durante il Governo Berlusconi IV, con la legge 4 maggio 2009, n. 41, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 5 maggio come Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori;
in questa occasione possono essere organizzate iniziative volte a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla lotta contro la violenza sui minori, per abbattere il muro di silenzio che troppo spesso si forma intorno a questo fenomeno di assoluta gravità, con l'obiettivo di sensibilizzare, far conoscere nonché educare;
per assicurare a livello nazionale la piena attuazione e la tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, la legge 12 luglio 2011, n. 112, ha istituito l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza a cui è affidato il compito di garantire la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;
dall'avvio della XVIII legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dall'Osservatorio nazionale sulla famiglia non sono stati ancora riattivati, generando, in questo modo, un evidente vulnus in merito ad attività di fondamentale importanza per la programmazione e il monitoraggio degli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti delle persone minori di età, nonché azioni cardine per la creazione di risposte tarate, quanto più, su bisogni ed esigenze specifiche;
la legge n. 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali indica i principi fondamentali della materia, le funzioni rimesse allo Stato, alle regioni e agli enti locali, le fonti di finanziamento del sistema e, all'articolo 18, istituisce il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali quale strumento di programmazione per individuare i principi e gli obiettivi della politica sociale;
nei casi in cui vi sia un sospetto di violenza, abuso o maltrattamento sui minori, i servizi sociali svolgono un'attività preziosa, soprattutto al fine di raccogliere informazioni e/o elementi di valutazione utili per prevenire, in particolar modo nelle famiglie già prese in carico, situazioni critiche che possano sfociare in eventi drammatici e irreparabili;
la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza svolge un ruolo fondamentale per la concreta attuazione dei diritti di bambini e adolescenti e, in particolar modo nella XVIII legislatura, sta promuovendo attività concrete nonché opportune sinergie, al fine di poter proporre al legislatore misure idonee per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;
i numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti neonati, bambini e adolescenti vittime di maltrattamento, abusi sessuali e violenze, talvolta sino alla morte, da parte di persone in ambito familiare ed extra-familiare, dimostrano come allo stato attuale il sistema di protezione non è in grado né di proteggere chi non ha i mezzi per potersi difendere, né di abbattere il muro di silenzio che talvolta circonda le situazioni di violenza e che coinvolge perlopiù i vicini di casa e il personale scolastico e sociosanitario;
è opportuno che il legislatore prenda in seria considerazione il fatto che l'abuso sui minori esiste nella misura in cui la società in cui si perpetra lo rende possibile, dimostrandosi incapace di riconoscere in un atto tanto meschino e spregevole un segnale evidente di profonda violenza,
impegna il Governo:
1) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale in merito alla violenza sui minori e campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;
2) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni misura ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche, predisponendo concrete iniziative normative ed amministrative che possano, da subito, far fronte ad ogni forma di violenza intramurale che si concreti nella violenza sessuale, in abusi fisici e psicologici, nel maltrattamento e nello sfruttamento, sino alla morte;
3) ad adottare iniziative per istituire un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni delle persone di minore età, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato Onu sui diritti dell'infanzia, al fine di fornire una descrizione particolareggiata e costantemente aggiornata del fenomeno, necessaria per la programmazione di azioni preventive e di contrasto;
4) ad assumere le opportune iniziative di competenza volte a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali al fine di potenziare la rete territoriale dei servizi sociali, in modo da favorire una maggiore protezione dei bambini maltrattati e di prevenzione in tale ambito;
5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;
6) ad assumere le opportune iniziative volte ad istituire un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori, con la finalità di analizzare le reali dimensioni e cause del fenomeno, di accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e dei soggetti competenti a svolgere attività di prevenzione e assistenza, nonché di promuovere la ricerca nel settore delle metodologie di intervento;
7) ad adottare iniziative per rivedere le attuali normative poste a tutela del minore, intervenendo concretamente per colmare le gravi lacune evidenziate dagli ultimi, drammatici, fatti di cronaca, che dimostrano la necessità di adeguare l'attuale sistema normativo di natura penale, civile e di assistenza sociale al dilagante fenomeno della violenza;
8) ad adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori, in particolare tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;
9) a promuovere politiche educative e di sensibilizzazione indirizzate all'opinione pubblica ed a tutti coloro i quali si trovano, per lavoro o per altre ragioni, regolarmente a contatto con i minori, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, incrementando negli stessi la capacità di riconoscere gli indizi di abuso al fine di poter intervenire immediatamente;
10) a promuovere politiche educative indirizzate a tutte le persone di minore età, in particolar modo alle vittime di abusi e maltrattamento, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza del fenomeno, facendo sì che si sviluppi negli stessi la capacità di azione e riconoscimento degli atti di violenza;
11) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;
12) a predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi;
13) ad adottare i protocolli e le tecnologie più efficaci ed avanzate per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza entro le mura domestiche attraverso corsi di prevenzione per tutti i soggetti che mostrano indizi di violenza nei confronti dei minori;
14) a programmare iniziative volte ad approfondire e prevenire il fenomeno criminogenetico della violenza intramuraria.
(1-00191) (Nuova formulazione) «Spena, Gelmini, Marrocco, Versace, Calabria, Aprea, Bagnasco, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Casciello, Cassinelli, Fatuzzo, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marin, Milanato, Mulè, Musella, Napoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Sozzani, Tartaglione, Siracusano, Maria Tripodi».
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Ruggiero n. 4-02990 del 30 maggio 2019.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il Ministro interrogato, nel corso della sua visita alla biblioteca nazionale di Napoli, ha annunciato l'abolizione delle prime domeniche del mese gratuite nei musei, affermando che andavano bene come «lancio pubblicitario» ma che porterebbero ad una direzione sbagliata;
il progetto delle domeniche gratuite, attivo dall'estate del 2014, ha avuto sui grandi numeri molto successo, con un aumento di visitatori in tanti luoghi d'arte italiani, ha rappresentato un fatto culturale e sociale che ha coinvolto circa 10 milioni di persone gran parte delle quali è andata in un museo per la prima volta. Solo nel 2017 più di 3,5 milioni di persone hanno potuto visitare gratis il patrimonio artistico e culturale italiano; abolire questo progetto porterebbe una discontinuità politica alla cultura;
a poche ore dall'annuncio del ministro di cancellare le domeniche gratuite nei musei, è stata lanciata una petizione online per contestare questa decisione, che in meno di 48 ore ha raggiunto oltre 10000 firme –:
se il ministro interrogato abbia valutato l'impatto di questa decisione;
in tal caso, come intenda garantire il diritto alla fruizione del patrimonio culturale e favorire l'accesso ai luoghi della cultura e la diffusione della conoscenza, a prescindere dalla condizione economica dei cittadini.
(4-00982)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questo Ministero ha valutato le conseguenze derivanti dalle modifiche alle domeniche gratuite, progetto attivo dall'estate 2014, e come intende garantire il diritto alla fruizione del patrimonio culturale e favorire l'accesso ai luoghi della cultura.
Come è noto, con decreto ministeriale del 9 gennaio 2019, n. 13, pubblicato sulla Gazzette Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2019, entrato in vigore il 28 febbraio 2019, sono state apportate alcune modifiche alle norme regolamentari che disciplinavano il libero accesso ai luoghi della cultura ogni prima domenica del mese.
La disposizione regolamentare richiamata ha introdotto alcune modifiche al decreto ministeriale 11 dicembre 1997, n. 507 e successive modifiche e integrazioni, intervenendo in particolare sull'articolo 4.
Con la modifica al comma 2, secondo periodo, in luogo del libero accesso in ogni prima domenica del mese, la gratuità è mantenuta per le prime domeniche dei mesi da ottobre a marzo, nonché nella settimana dedicata alla promozione dei musei e dei luoghi della cultura compresa nei mesi da gennaio a marzo e individuata ogni anno dal Ministro.
Per il corrente anno la settimana di ingressi gratuiti è stata stabilita dal 5 al 10 marzo.
Il nuovo comma 2-bis, consente a ciascun direttore del polo museale regionale e, per i musei e istituti autonomi, al rispettivo direttore, di stabilire ulteriori otto giornate di libero accesso o, in alternativa, fasce orarie di libero accesso (sempre per complessive otto giornate) tenendo conto del bacino di utenza e delle caratteristiche dell'ambito territoriale in cui insiste l'istituto.
Con la modifica apportata al comma 6, ai cittadini dell'Unione europea di un'età compresa tra diciotto e i venticinque anni, il costo del biglietto per l'accesso ai luoghi della cultura è stato ridotto a due euro.
È prevista, ai sensi del comma 7-bis, una verifica biennale degli effetti prodotti dalle disposizioni su richiamate, tramite apposita relazione al Ministro.
Evidenziate le modifiche apportate con il decreto ministeriale n. 13 del 2019, si evince che l'accesso libero è stato dunque ampliato passando dalle precedenti 12 giornate a 19 (o a 20 a seconda di quando capiti la settimana dedicata alla promozione dei musei) nell'arco di ciascun anno, fermo restando, inoltre, quanto già previsto dal primo periodo del comma 2 relativamente alla possibilità di libero accesso in occasione di particolari avvenimenti o in attuazione di specifiche direttive del Ministro.
Il provvedimento in esame ha, quindi, l'obiettivo di razionalizzare i periodi di libero accesso ai luoghi della cultura, non già nel senso di una loro diminuzione ma in quello di una diversificazione e modulazione delle occasioni di ingresso libero, in considerazione delle specifiche esigenze del bacino di utenza e del territorio di riferimento di ciascuna istituzione culturale, sempre nell'ottica di incoraggiare lo studio e la conoscenza dell'arte, quali stimoli e incentivi per un generale progresso civico e culturale.
Il medesimo intento è perseguito dalla riduzione del costo del biglietto per i giovani di età fissato a due euro.
La necessità di variare, nel senso prospettato, il libero ingresso nei luoghi della cultura è derivata, inoltre, dalla constatazione che i flussi turistici propri di alcuni periodi dell'anno e in alcuni dei maggiori siti italiani, ostacolano la normale e ordinata fruizione dei luoghi stessi e mettono a rischio le azioni di tutela sui beni culturali.
In definitiva, la gratuità, che è importante, è rimasta ed è stata aumentata per rendere più fruibile il nostro immenso patrimonio culturale a un grande numero dicittadini, indipendentemente dalle condizioni economiche.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
BALDELLI, GELMINI, MORELLI, FIDANZA, DELLA FRERA, PEREGO DI CREMNAGO, SACCANI JOTTI e ZANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi anni, con l'adozione di strumenti di rilevamento automatico, le multe comminate per violazioni del codice stradale sono andate via via aumentando in maniera esponenziale;
in attesa dei dati definitivi basti pensare che nel 2017 gli introiti sono stati di 1,7 miliardi di euro annui (+18 per cento rispetto al 2016); il comune di Milano si attesta ai vertici della classifica nazionale per multe comminate;
lo stesso capoluogo lombardo, in forza di un singolare accordo di protocollo con il comune di Segrate, che non risulta più rinnovato dal 2013, aveva installato telecamere per monitorare corsie di bus e taxi, realizzando una grande quantità di contravvenzioni, sempre più spesso contestate in ragione della inadeguatezza della segnaletica in relazione alla modifica della viabilità sul tratto interessato della zona aeroportuale di Linate;
sullo specifico caso, gli interroganti presentarono un atto di sindacato ispettivo (n. 3-02781 del 9 febbraio 2017) relativamente alla competenza territoriale di Milano nell'area di Segrate, senza ricevere alcuna risposta. La questione è ancora oggi al centro di una controversia che, nel settembre 2018, ha visto il comune di Milano perdere il secondo grado di giudizio;
altresì, nei verbali delle infrazioni recapitati agli automobilisti durante il primo periodo di attivazione dei dispositivi di controllo automatico, il comune avrebbe indicato Milano quale luogo di rilevazione delle violazioni, malgrado l'aeroporto di Linate sorga sul territorio del comune di Segrate;
le multe irrogate a Linate attraverso le rilevazioni effettuate dal 2013 in avanti, infatti, secondo il giudice sono tutte viziate, a causa del mancato rinnovo del richiamato accordo prefettizio, scaduto appunto nel 2013, poiché gli agenti e i dispositivi di rilevazione automatica del comune di Milano non avrebbero avuto più alcuna competenza sul territorio di Segrate;
la sentenza ha in tal modo invalidato anche l'integrazione al protocollo effettuata con ordinanza n. 7 del 2015 del direttore dell'Ente nazionale aviazione civile (Enac) successivamente alla scadenza;
da notizie di stampa si apprende che il comune di Milano avrebbe addirittura proposto ricorso in Cassazione, nonostante lo stesso vicesindaco del capoluogo lombardo, Anna Scavuzzo, nel corso di una riunione con il sindaco di Segrate e il prefetto di Milano, svoltasi il 31 maggio 2018, abbia ammesso gli errori commessi, spiegando, come riporta il sito web www.automoto.it e il Giornale, che «Un agente della polizia locale di Milano, in assenza di una convenzione che sia pienamente in vigore, non avrebbe il potere di elevare sanzioni per una violazione commessa nel territorio di competenza di Segrate, con conseguente invalidità/annullabilità della medesima», confermando quindi che «il Comune sospenderà le notifiche dei verbali emessi nel periodo antecedente ad oggi»;
vale la pena ricordare che tale ricorso, come quello in appello, comporterà ulteriori oneri finanziari a carico delle casse pubbliche e quindi dei cittadini;
risulta che, oltre al ricorso in Cassazione, l'amministrazione milanese abbia disatteso l'impegno assunto nel corso dell'incontro del maggio 2018, continuando a perseguire i soggetti multati nel 2016 che non abbiano ancora regolarizzato il pagamento, dando quindi seguito alla procedura sanzionatoria invece di sospenderla, come previsto;
il disattendere gli impegni da parte del comune di Milano potrebbe, infine, condurre all'ipotesi di danno erariale per aver sottratto gli introiti da multe comminate, illegittimamente, sul territorio del comune di Segrate o per aver impiegato risorse umane e strumentali in attività sanzionatorie della cui nullità la stessa amministrazione è consapevole –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
se e quali iniziative intenda assumere al riguardo, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-02154)
Risposta. — L'aeroporto «Enrico Forlanini» di Linate – noto come aeroporto di Milano Linate – è situato sul territorio dei comuni di Milano, Segrate e Peschiera Borromeo, e tale circostanza ha reso necessario il coordinamento delle attività di polizia stradale, al fine di garantirne l'omogeneo e capillare esercizio.
Dal novembre 2013 il direttore dell'aeroporto di Milano Linate, ha autorizzato l'installazione di sistemi automatici per il controllo dell'accesso nelle corsie riservate antistanti l'aerostazione di Linate Nord, prevedendo che le operazioni di vigilanza ed accertamento delle violazioni venissero svolte dagli organi di polizia locale a ciò adibiti, anche attraverso il collegamento con la centrale operativa del comune di Milano.
Pertanto il personale della polizia locale di Milano, coinvolto a norma degli articoli 11 e 12 del Codice della strada, risulta titolato ad accertare le violazioni rilevate da remoto relative all'accesso delle corsie riservate dell'aeroporto.
Con ordinanza 7 del luglio 2015, emanata dal citato direttore, è stato disposto che le sanzioni emesse tramite i sistemi di rilevazione elettronica venissero gestite dalla centrale controllo traffico del comune di Milano.
Successivamente, il 14 marzo 2017, il direttore dello scalo aeroportuale ha emesso un'ulteriore ordinanza con la quale l'attività di vigilanza e l'accertamento delle infrazioni è assegnata alle Polizie locali dei territori su cui insiste lo scalo aereo.
In merito ai più recenti sviluppi della vicenda, c'è da segnalare che il 7 maggio 2018, il sindaco di Segrate ha chiesto alla prefettura di Milano la convocazione di un tavolo di coordinamento tra i tre comuni coinvolti, anche in ragione del fatto che il citato protocollo per la gestione dei servizi di polizia locale non era stato più rinnovato.
In effetti, solo il 20 febbraio 2019 si è arrivati alla firma di un nuovo protocollo, di durata biennale, da parte dei comuni di Milano, Peschiera Borromeo, Segrate e la S.E.A. s.p.a. per la gestione dei servizi di polizia locale nell'area aeroportuale in questione.
Nel protocollo è previsto, tra le altre cose, che i proventi delle sanzioni irrogate, in conformità a quanto disposto dall'articolo 208 del Codice della strada, saranno devoluti al comune dal quale dipende l'agente di polizia locale che ha accertato la violazione e, nel caso degli ausiliari/ispettori della sosta, al comune che ha disposto la nomina degli stessi.
Quanto al contenzioso che vede coinvolto il capoluogo lombardo, si evidenzia che il tribunale ordinario di Milano con sentenza n. 3878 del 4 aprile 2018, anche alla luce delle disposizioni contenute nell'ordinanza Enac n. 7/2015 sul monitoraggio mediante apparecchiature di rilevazione elettronica gestite dal comune di Milano dell'accesso alle corsie riservate nel sedime aeroportuale di Milano Linate, ha accolto l'appello presentato dall'Amministrazione relativo ai ricorsi presentati da due cittadini avverso i verbali di accertamento elevati dalla polizia locale del capoluogo per la violazione dell'articolo 6 del Codice della strada.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
BARATTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il confine tra Veneto e Trentino, quanto al complesso montuoso della Marmolada, veniva definito con protocollo di data 13 maggio 2002, tra regione Veneto e regione Trentino Alto Adige, nonché i comuni di Canazei e Rocca Pietore;
in data 20 marzo 2017 il comune di Canazei disconosceva la valenza del protocollo;
l'Agenzia del territorio di Roma, a partire dall'anno 2017, veniva interessata alla questione e convocava le parti firmatarie per colloqui che avvenivano susseguentemente con i rappresentanti di regioni, province e comuni interessati;
la Marmolada rappresenta per il Veneto un complesso turistico dall'indotto economico e lavorativo cruciale;
l'importanza di tale complesso è ancor più rilevante, anche alla luce della recente candidatura del Veneto ed in particolare di Cortina, alle olimpiadi invernali del 2026;
la decisione assunta dall'Agenzia del territorio di Roma, che ha trasferito la Marmolada alla provincia autonoma di Trento, non può che avere, come avrà, immediate conseguenze negative sul tessuto economico e turistico della provincia di Belluno e del Veneto –:
se non ritenga opportuno valutare se sussistono i presupposti per promuovere immediatamente, per quanto di competenza, un'ispezione presso gli uffici dell'Agenzia del territorio che ha adottato il provvedimento, affinché sia raccolta tutta la documentazione assunta in fase istruttoria, ivi compresa quella inerente all'individuazione dei responsabili del procedimento, anche al fine di comprendere se l'Agenzia abbia travalicato i propri poteri.
(4-00658)
Risposta. — Con il documento in esame, l'interrogante chiede di sapere quali iniziative si intendano adottare al fine di verificare se, con riferimento alla questione relativa all'aggiornamento della cartografia catastale che ha determinato il conseguente trasferimento della Marmolada dalla provincia di Belluno alla provincia autonoma di Trento, l'ex Agenzia del territorio, ora Agenzia delle entrate – Divisione servizi – Direzione centrale servizi catastali, non abbia travalicato i propri poteri.
Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
In accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica presentato nel lontano 1973 dal Comune di Canazei, con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, emanato su conforme parere del Consiglio di Stato, la linea di confine nella zona Marmolada tra il comune stesso e quello di Rocca Pietore (linea che costituisce anche confine tra le rispettive Province e tra le Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige) venne riconosciuta coincidente con l'ex confine di Stato quale fissato nel 1911 da apposita Commissione internazionale, con facoltà, per il Ministero dell'interno, di apportare alcuni «correttivi» alla cartografia presentata dal menzionato Comune per consentire un migliore allineamento con il crinale montano, raccogliendo, ove possibile, l'avviso dei Comuni interessati.
In particolare, l'organo consultivo aveva ritenuto decisive le deliberazioni assunte dalla citata Commissione internazionale, incaricata di dirimere talune incertezze relative ai punti di confine tra i due Stati, emerse dal confronto tra la cartografia italiana e quella austriaca, con il compito di meglio chiarire quanto già stabilito nell'atto finale di confinazione tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, firmato a Venezia, in data 22 dicembre 1867, a seguito del Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866.
Il protocollo finale per l'accertamento e la definizione – sul terreno e sulla cartografia – della linea di confine legale fu rilasciato dalla predetta commissione in data 28 ottobre 1911 e fu approvato dal Governo italiano il 21 agosto 1912.
La decisione resa con il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982 sopra citato, venne contestata dal Comune di Rocca Pietore che la impugnò con ricorso avanti il Tar Lazio, proposto contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e nei confronti di varie amministrazioni ed enti, fra cui le Regioni Veneto e Trentino-Alto Adige, la Provincia autonoma di Trento e il Comune di Canazei. Analogo ricorso venne presentato dalla Regione Veneto. Riuniti i ricorsi, il giudizio si è concluso con sentenza di rigetto.
Il provvedimento decisorio appena menzionato è stato, a sua volta, oggetto di impugnativa dinanzi al Consiglio di Stato che ha rigettato l'appello proposto dal medesimo Comune di Rocca Pietore (nonché quello, analogo, presentato dalla Regione Veneto) e riconfermato la valenza della demarcazione operata nel 1911 dalla Commissione internazionale.
In considerazione di quanto statuito in sede giurisdizionale, il Ministero dell'interno, atteso il mutato quadro normativo di riferimento e l'intervenuta abrogazione dell'articolo 267 del testo unico n. 383 del 1934, con nota inviata anche agli enti locali territoriali interessati, ha ritenuto che il compito di dare concreta esecuzione al giudicato formatosi spettasse all'amministrazione del catasto e all'Istituto geografico militare (I.G.M.), organi cartografici dello Stato.
Ad avviso del suddetto Dicastero, inoltre, non vi era alcun margine di discrezionalità amministrativa nella tracciatura del confine, che si sarebbe sostanziata in un «... mero compimento di atti tecnici con lo scopo di attribuire ufficialità alla rappresentazione geografica e topografica del confine legale riconosciuto conforme a diritto.».
L'attività di trasposizione della linea di confine sulle mappe costituiva, come evidenziato dal menzionato Dicastero «... semplice adeguamento dello stato di fatto ... allo stato e alla situazione di diritto...» risultanti dalle sentenze in esecuzione. L'espletamento di detta attività, peraltro, richiedeva l'effettuazione di specifici adempimenti tecnico/operativi, anche in loco, e le amministrazioni territoriali interessate, in un primo momento, avevano manifestato il proposito di trovare un'intesa sull'esatto posizionamento, negli atti catastali, della linea confinaria.
Al riguardo, si ritiene utile segnalare che, in disparte eventuali profili afferenti i relativi poteri, nel 2002 era stato anche predisposto un apposito protocollo di intesa ed un progetto di identificazione del confine firmato dal Comune di Canazei, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione Veneto, dalla Provincia di Belluno.
Successivamente, nell'ambito di una riunione del 10 ottobre 2003 cui avevano partecipato il Sindaco del Comune di Rocca Pietore e rappresentanti delle amministrazioni a vario titolo interessate, la «conterminazione» e la «demarcazione» del confine condiviso di cui al suddetto Protocollo di intesa, sono state riportate mediante una spezzata costituita da 49 vertici su una cartografia della provincia di Trento, alla scala 1:10.000 e una tabella contenente le coordinate Nord ed Est di ciascuno dei 49 vertici, nel sistema di riferimento nazionale vigente all'epoca.
Nelle more della ratifica del progetto condiviso di conterminazione e demarcazione, la competente Direzione centrale dell'agenzia aveva propedeuticamente trasformato le coordinate dei 49 vertici del confine dal sistema di riferimento nazionale al sistema di riferimento catastale in proiezione Cassini-Soldner con origine Pordenone, al fine di consentire la trasposizione della nuova linea di confine sulle mappe del catasto del Comune di Rocca Pietore.
Nel 2017, rimasto infruttuoso un ultimo tentativo di raccogliere una posizione condivisa tra le amministrazioni territoriali interessate – le quali prendevano atto, come verbalizzato, che «... in assenza di un nuovo accordo, l'Agenzia ritiene di non poter inserire la dividente in argomento (quella dell'accordo del 2002, n.d.r.) nella cartografia catastale» – per doveroso raccordo istituzionale, anche considerata la delicatezza della vicenda, la questione è stata portata all'attenzione di questo Dicastero.
L'Agenzia delle entrate, Direzione centrale servizi catastali, cartografici e di pubblicità immobiliare – individuato quale organo tecnico per l'esecuzione del giudicato dal Ministero dell'interno – ha provveduto sia ad acquisire presso l'Archivio storico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale la documentazione ufficiale riguardante il confine definito nel 1911, riconosciuto dal giudice amministrativo come il corretto riferimento per l'attuale tracciatura, sia a richiedere all'IGM gli elementi utili per poter tradurre tale confine in una linea dividente con caratteristiche idonee per poter essere riportata nelle mappe catastali, con particolare riferimento alle coordinate dei vertici.
Attesi gli elementi acquisiti, necessari alla trasposizione in mappa del confine quale indicato dalla Commissione internazionale, l'Agenzia delle entrate e l'IGM hanno provveduto ad individuare – utilizzando i dati e le procedure tecnologicamente più avanzati disponibili allo stato – il crinale montano cui riferirsi e a rappresentarne il tracciato con adeguata precisione.
Al riguardo, si fa presente che, con l'utilizzo dei dati e della tecnologia oggi disponibili, si è potuto individuare la linea fisica «delle creste o delle cime» con maggior precisione rispetto al passato, mediante le coordinate di ben 802 punti, espresse in tutti i sistemi di riferimento cartografici di interesse.
La questione oggi riproposta riguarda, in realtà, non il monte Marmolada, ma alcuni scostamenti in entrambi i versanti, rispetto alla linea ipotizzata nel Protocollo del 2002.
Il direttore centrale servizi catastali, cartografici e di pubblicità immobiliare ha, dunque, fornito tutte le indicazioni necessarie alla competente direzione provinciale di Belluno per riportare la predetta dividente nella cartografia catastale, curando anche le necessarie operazioni tecniche. Tali operazioni, necessarie per il completo allineamento dei dati cartografici e censuari dei due Comuni catastali (Rocca Pietore e Canazei), sono in corso di effettuazione da parte dei due uffici competenti (Ufficio provinciale-territorio della Direzione provinciale di Belluno e Servizio catasto della Provincia autonoma di Trento).
La linea tracciata nella cartografia catastale segue la linea di cresta, come indicato dal Consiglio di Stato, partendo dalla cima della Marmolada fino a Punta Serauta, proseguendo poi in linea retta fino al Cippo 10, materializzato sul terreno, e quindi al Passo Fedaia.
In considerazione della presenza di alcuni sbancamenti per l'edificazione delle due stazioni di monte della esistente funivia, per ragioni di evidente opportunità, tese a non far attraversare i fabbricati dalla linea di confine, ed in coerenza con la possibilità di correzioni tecniche richiamata dal supremo Giudice amministrativo, la tracciatura non interseca la sagoma dei fabbricati, lasciando integre le due stazioni. Del resto, in quei tratti l'originaria linea di cresta non è più fisicamente esistente in quanto, per la costruzione delle Stazioni Serauta e Punta Rocca (avvenuta in epoca successiva al 1911), sono stati effettuati degli sbancamenti che hanno reso di fatto pianeggiante l'area di edificazione.
Dell'avvenuto aggiornamento è stata data notizia al Ministero dell'interno e alla Provincia autonoma di Trento, oltre che, per conoscenza, al Ministero dell'economia e delle finanze, a quello della difesa, all'IGM e alla Regione Veneto. Contestualmente si è provveduto a comunicare l'intervenuto aggiornamento anche all'Avvocatura generale dello Stato, in considerazione del presumibile impatto che detto aggiornamento, effettuato medio tempore, poteva avere sulle attività defensionali.
Sulla complessa questione, si ritiene inoltre utile segnalare che, in data 12 ottobre 2017, il Comune di Canazei aveva presentato contro il Ministero dell'interno e il Comune di Rocca Pietore un ricorso al TAR del Lazio per l'ottemperanza al giudicato amministrativo di cui trattasi, ricorso notificato per notizia anche all'Agenzia delle entrate.
Per completezza, si segnala che recentemente, con nota protocollo n. S133/2018/7.2.1-2017-132-RR/mp, pervenuta il 10 agosto 2018, il Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento ha comunicato di aver a sua volta provveduto ad aggiornare la cartografia catastale del Comune di Canazei, inserendo la linea di confine con il Comune di Rocca Pietore come definita da questa Amministrazione di concerto con l'IGM.
Atteso tutto quanto sopra esposto, non si ritiene che l'Agenzia abbia «travalicato i propri poteri», avendo adottato ogni ragionevole cautela nell'esecuzione del compito prescritto, in uno con l'IGM.
Nell'espletamento di tale compito ha infatti agito, come indicato dal Ministero degli Interni, in applicazione dello iussum contenuto nelle decisioni del Giudice amministrativo, acquisendo la documentazione ufficiale riguardante il confine definito dalla Commissione internazionale a ciò deputata, in quanto riferimento per l'attuale tracciatura. Sotto il profilo tecnico/operativo, coinvolti senza proficuo esito gli enti territoriali interessati, ha utilizzato i dati e le procedure tecnologicamente più avanzati disponibili allo stato per tracciare la linea di confine, per come individuata in esecuzione del più volte citato decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982 e dei conseguenti giudicati tutti.
Si ritiene, in ultimo, utile segnalare che il Presidente della Giunta Regionale del Veneto ha portato la questione in argomento all'attenzione del Signor Ministro degli Interni. In particolare, la Regione Veneto rappresenta alcuni elementi che, a suo avviso, evidenzierebbero uno «sviamento comportamentale» di questa amministrazione, che avrebbe «... contravven[uto] ai presupposti dell'incarico ricevuto e alla situazione processuale pendente». Per tale motivo, nell'invitare il Ministero dell'interno «... a desistere da ogni ulteriore iniziativa rivolta alla definizione e/o all'affermazione del confine amministrativo tra Veneto e Trentino Alto Adige che abbia a fondamento la linea di confine catastale rilevata dalla Direzione Centrale Servizi Catastali, Cartografici e di Pubblicità Immobiliare della Agenzia delle entrate con la relazione del 24 maggio 2018 ...», chiede che «... le determinazioni della menzionata Direzione Centrale ... possano essere riesaminate in autotutela in contraddittorio formale anche con la Regione Veneto...», auspicando comunque in «... una soluzione di mediazione laddove la conflittualità confinaria dovesse proseguire».
La vicenda ha inoltre trovato un ulteriore seguito in sede contenziosa, essendo stato notificato all'Agenzia delle entrate, in data 20 settembre 2018, il ricorso al TAR con il quale la Regione Veneto chiede, in sostanza, la condanna delle amministrazioni resistenti ad individuare nuovamente i confini tra il Comune di Rocca Pietore e quello di Canazei, nel tratto del massiccio della Marmolada di cui trattasi (che va da Punta Penia al cippo n. 10), tenendo conto anche del Protocollo di intesa del 2002 e, in alternativa, di operare un nuovo accertamento della medesima linea di confine.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Massimo Bitonci.
BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il monumento a Giuseppe Verdi è un'opera in granito e bronzo situata in piazzale della Pace a Parma. L'attuale memoriale è costituito dall'ara centrale di un maestoso monumento dedicato al maestro Giuseppe Verdi, danneggiato durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale;
il monumento fu realizzato in occasione del centenario della nascita del maestro Giuseppe Verdi;
l'opera, alta quanto il Palazzo della Pilotta, è stata realizzata dallo scultore Ettore Ximenes e fu inaugurata il 22 febbraio 1920;
la parte anteriore è costituita da un grande altorilievo che rappresenta al centro Giuseppe Verdi in meditazione, contornato dalle Muse che gli suggeriscono, nell'ordine, l'ispirazione, la melodia, il canto, il ritmo della danza, l'amore e la morte;
nella parte posteriore sono collocati tre ulteriori altorilievi: sulla sinistra si riporta la scena in cui viene proclamato il risultato della votazione, all'unanimità, da parte delle province parmensi, dell'annessione al regno dell'Alta Italia, tenutasi il 12 settembre 1859; nel centro si rappresenta la festosa accoglienza del popolo riservata a Verdi al suo arrivo a Torino, in qualità di delegato del parmense a rappresentare al Re gli esiti del plebiscito; sulla destra viene rappresentata la consegna al Re Vittorio Emanuele II, avvenuta a Torino in data 15 settembre 1859, da parte di Verdi accompagnato da altri notabili, dei risultati del plebiscito di annessione al Piemonte da parte delle province emiliane;
i tre altorilievi sono illustrati da un'epigrafe, suggerita dal senatore Mariotti: «Sull'ara/sacra all'unità della patria/per voto unanime dei rappresentanti del popolo/proponenti Giuseppe Verdi e altri animosi/Parma/ribelli ai divieti di Villafranca e Zurigo/le secolari autonomie e la corona ducale/deponeva/il XII settembre MDCCCLIX/quel voto di genti libere/auspicio di nuove più alte fortune d'Italia/Giuseppe Verdi recava al Gran Re/il XV settembre MDCCCLIX»;
il monumento verserebbe in condizioni di incuria e l'epigrafe in questione sarebbe difficilmente leggibile per coloro che si recano a visitare l'Ara a Giuseppe Verdi;
l'opera ha un indubbio valore storico, poiché, oltre a celebrare il genio musicale di Giuseppe Verdi, evoca momenti riguardanti il processo di unità nazionale –:
se ed entro quali termini intenda attivarsi per avviare le procedure di restauro dell'Ara a Giuseppe Verdi ubicata a Parma;
se sia già stata effettuata una mappatura dei monumenti evocativi della storia della storia dell'unità nazionale, con particolare riferimento alle loro condizioni manutentive, finalizzata al contrasto dell'incuria e del degrado;
se, per tali scopi, siano state stanziate risorse e per quali importi.
(4-01769)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali interventi il Ministero intende intraprendere per il recupero del monumento a Giuseppe Verdi sito in piazzale della Pace a Parma e se per tale scopo siano state stanziate specifiche risorse.
Sulla base degli elementi forniti dalla competente soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggi di Parma, si rappresenta quanto segue.
Il monumento in questione (identificato al catasto territoriale del Comune di Parma al foglio 28, part. H) con decreto ministeriale n. 6392 del 5 maggio 1989 è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ed è, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa.
Se quanto appena esposto attiene al regime giuridico vincolistico del bene, per quanto riguarda l'aspetto conservativo si fa presente che il medesimo è stato sottoposto a diversi interventi.
Un primo intervento di restauro conservativo è stato effettuato nel 2000, seguito nel 2007 da lavori di pulitura manutentiva mediante un trattamento biocida-linchenicida-battericida delle superfici bronzee e lapidee.
Un nuovo intervento manutentivo di pulitura è stato effettuato nel 2013.
Stante il recente intervento manutentivo del 2013 alla data attuale non è dato conoscere la pianificazione di interventi di prossima manutenzione sul monumento a Verdi da parte dell'ente proprietario (Comune di Parma) che comunque ha sottoposto a preventiva autorizzazione della soprintendenza, ex articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004, l'articolato progetto di riqualificazione del piazzale della Pace, entro cui è collocato il monumento a Verdi.
I lavori di sistemazione del predetto piazzale, attualmente in corso, contribuiscono in via indiretta alla valorizzazione del bene in questione, migliorando l'area di accesso e la percorribilità pedonale anche ai diversamente abili attorno al monumento stesso, mediante l'adozione di piccola rampa d'accesso prospiciente il monumento a Verdi e pavimentazione pertinenziale in stabilizzato in calcare idoneo al contesto.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
BIGNAMI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
con decreto ministeriale del 25 ottobre 2018 è stato approvato il programma POIn/Fesr relativo agli interventi finanziati con i «Fondi rinvenienti 2007-2013» per oltre 109 milioni di euro da destinarsi a importanti interventi di messa in sicurezza del patrimonio culturale nazionale, come archivi di Stato e biblioteche. Tra gli interventi programmati figura, al numero 81, anche quello per il trasferimento dell'Archivio di Stato di Piacenza da Palazzo Farnese al monastero di Sant'Agostino (ex Caserma Cantore), finanziato per 6 milioni di euro;
l'intervento risulta particolarmente atteso perché si tratta di salvaguardare un patrimonio culturale inestimabile, secoli di storia testimoniati anche da documenti particolarmente preziosi. È dunque necessario che al decreto ministeriale faccia seguito la pronta erogazione delle risorse per consegnare alla preziosa documentazione dell'Archivio di Stato una collocazione adeguata e dotata di tutti i requisiti di sicurezza, in un immobile demaniale d'interesse storico-artistico qual è il monastero agostiniano;
il congruo finanziamento anzidetto, che permetterebbe anche l'adeguamento e il restauro di un edificio d'indubbio pregio, come è atteso da tempo dai cittadini di Piacenza, segue un primo finanziamento, erogato con la legge speciale n. 190 del 2014, per la progettazione architettonica, strutturale e impiantistica della nuova sede;
l'Archivio di Stato ha sede attualmente nel Palazzo Farnese, di proprietà comunale in base all'accordo del 22 dicembre 2014 fra il comune di Piacenza e l'Agenzia del Demanio, perfezionato al tavolo tecnico presso la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia Romagna. L'accordo, tra l'altro, oltre a sancire il trasferimento di proprietà al comune di Piacenza a titolo gratuito, prevedeva che i locali, occupati in comodato d'uso dall'Archivio di Stato, fossero liberati completamente nell'arco dei successivi cinque anni e rilasciati in stato di ordinaria manutenzione;
da recenti fonti stampa, inoltre, si apprende di una presunta situazione di stallo in relazione alla erogazione dei suddetti fondi, con le pratiche che sarebbero «ferme» presso il Ministero per motivi non meglio specificati –:
quali siano le tempistiche per l'erogazione dei fondi di cui in premessa e quale la programmazione complessiva rispetto alla realizzazione dei lavori in progetto e al trasferimento completo dell'Archivio di Stato di Piacenza dal Palazzo Farnese al Monastero di Sant'Agostino (ex Caserma Cantore);
se corrisponda al vero che vi sia una situazione di stallo relativamente all'erogazione dei sei milioni di euro per trasferimento dell'Archivio di Stato di Piacenza e, in caso affermativo, quali ne siano le motivazioni.
(4-02148)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le tempistiche per l'erogazione dei fondi di cui al decreto ministeriale 25 ottobre 2018 n. 467 con il quale, tra gli interventi previsti, figura anche uno stanziamento di 6 milioni di euro per l'archivio di Stato di Piacenza.
Sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale archivi, si rappresenta quanto segue.
Le finalità degli interventi finanziati dal decreto erano espressamente riferite «al fine di attuare gli adempimenti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 in materia di sicurezza antincendio» (articolo 2, comma 1).
L'individuazione degli stanziamenti era stata preceduta da una ricognizione, avviata con circolare del segretario generale n. 20 del 9 maggio 2018, riguardante la stima dei fabbisogni in materia di sicurezza antincendio per l'attuazione del succitato Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, sulla base della quale elaborare un programma specifico di interventi.
In esito a tale ricognizione è stato assunto, per l'archivio di Stato di Piacenza, un dato esigenziale di euro 6.000.000,00, comunicato dall'istituto, la cui adeguatezza alle specifiche finalità del decreto, stante l'entità dell'importo, doveva evidentemente essere oggetto di verifica, anche al fine di non sottrarre risorse ad altri istituti rispetto all'urgenza, segnalata nel provvedimento, di «innalzare il livello di prevenzione e protezione dei rischi di incendio e/o di incidenti potenzialmente riconducibili al funzionamento degli impianti e all'attuazione dei protocolli all'interno delle strutture del ministero e dei luoghi della cultura».
Pertanto, la somma di euro 6.000.000,00 per l'archivio di Stato di Piacenza «risulta destinata al completamento dei lavori di ristrutturazione di una nuova sede e non appare compatibile con le finalità del decreto, con il quale sono finanziati interventi per la sicurezza del patrimonio culturale».
In data 1° febbraio 2019 è stata avviata, con circolare n. 2 del segretario generale, cui ha fatto seguito la circolare n. 6 del 4 febbraio 2018 della direzione generale Archivi, diretta a tutti gli istituti archivistici, una nuova ricognizione presso gli istituti e i luoghi della cultura e sedi soggetti al controllo di prevenzione, finalizzata anche all'elaborazione, da parte delle direzioni generali del prospetto «relativo alle voci di spesa che concorrono alla definizione dell'importo preventivato per la messa a norma delle eventuali criticità o per l'adempimento delle eventuali prescrizioni impartite in materia di prevenzione incendi».
Parimenti, in data 6 febbraio 2019, il segretario generale con nota n. 1856 ha precisato che «gli interventi di manutenzione impiantistica, ad eccezione di quella straordinaria, rientrano fra le spese di funzionamento e pertanto esulano dalle finalità del decreto in oggetto (“attuare gli adempimenti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151 in materia di sicurezza antincendio”), trovano collocazione nell'ambito delle programmazioni ordinarie».
In esito alla ricognizione della direzione generale archivi, il RUP (responsabile unico del procedimento) dei lavori per l'archivio di Stato di Piacenza, con mail del 15 febbraio 2019 e il direttore dell'archivio di Stato medesimo con nota prot. n. 136 del 18 febbraio 2019 hanno indicato in euro 1.442.178,26 l'importo necessario alla progettazione e alla realizzazione delle opere ai fini degli adempimenti in materia di sicurezza antincendio, previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
Tale rimodulazione dei finanziamenti, afferenti al progetto sicurezza per l'archivio di Stato di Piacenza, è stata comunicata al segretariato generale entro il 20 febbraio 2019, così come indicato con la circolare n. 2 del medesimo.
Pertanto, i 6.000.000,00 di euro inizialmente previsti per l'archivio di Stato di Piacenza verranno in parte riassegnati (per la differenza di euro 4.557.821,74) ad altri istituti che necessitano di attuare gli adempimenti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011 in materia di sicurezza antincendio.
Precisato quanto sopra, si fa presente che per il trasferimento dell'archivio di Stato di Piacenza da Palazzo Farnese alla sede del Monastero S. Agostino - ex caserma Cantore sono stati stanziati:
euro 10.305,00 (diecimilatrecentocinque/00), per l'anno 2018 ai sensi della programmazione ordinaria lavori pubblici 2018-2020 per interventi di manutenzione ordinaria sugli impianti;
euro 2.500.000,00 (duemilionicinquecentomila/00), ai sensi del programma triennale 2016-2018 con le risorse derivanti dalla legge n. 190 del 2014, per lavori di adeguamento, recupero funzionale e restauro.
I lavori presso la nuova sede dell'archivio di Stato di Piacenza proseguono e il trasferimento definitivo avverrà quando tutti gli interventi previsti, necessari per assicurare l'adeguatezza e la messa in sicurezza della nuova sede, saranno terminati.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
BILOTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
l'area della cosiddetta «zona archeologica di Paestum» nel comune di Capaccio – provincia di Salerno, è sottoposta a vincolo di tutela e inedificabilità ai sensi della legge n. 220 del 5 marzo 1957 (Costituzione di zona di rispetto interno all'antica città di Paestum e divieto di costruzione entro la cinta muraria) e a vincolo di tutela assoluta in relazione alla perimetrazione dell'antica città di Paestum; è dato apprendere dalla stampa locale e dagli atti amministrativi prodotti a seguito di richiesta di accesso agli atti che il comune di Capaccio Paestum ha autorizzato l'esecuzione di opere edilizie all'interno della cinta muraria dell'antica città di Paestum con acquisizione del parere favorevole della competente soprintendenza di Salerno e Avellino;
il fabbricato oggetto dell'intervento edilizio ancora in corso è ubicato a pochi metri dalla cinta muraria antica, dal tempio di Nettuno e dalla Basilica, con notevole incongruenza e danni derivanti anche da un ingiustificabile impatto archeologico e paesaggistico, con la realizzazione di nuovi manufatti edilizi in calcestruzzo e laterizi;
per la realizzazione delle nuove opere edilizie, è manifesta la condizione di incongruenza, essendo stata fatta richiesta di un intervento di «restauro e risanamento conservativo» si ritrova che non contempla assolutamente l'esecuzione di nuove opere edilizie, bensì la conservazione degli elementi caratteristici e di pregio, ancorché da considerare spuri (non autentici), che nulla hanno a che vedere con quanto disposto all'articolo 3, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001;
in particolare, fra le opere previste e autorizzate dal permesso a costruire come «restauro conservativo» si ritrova la trasformazione di un lastrico solare in terrazzo calpestabile, eventualità che la normativa corrente e tutti gli indirizzi giurisprudenziali annoverano nel campo delle ristrutturazioni edilizie. In particolare, secondo la giurisprudenza, «La sostituzione della preesistente copertura inclinata con un terrazzo calpestabile che forma parte funzionalmente integrante dei locali medesimi, comporta un evidente incremento della superficie dello stabile: tale modifica configura un intervento di ristrutturazione edilizia» (T.A.R. Liguria, Sez. I, 1 dicembre 2016, n. 1177); «La trasformazione di un tetto di copertura in terrazzo calpestabile modifica gli elementi tipologici formali e strutturali dell'organismo preesistente – risolvendosi in ultima analisi in una alterazione di prospetto e sagoma dell'immobile – e, quindi, non rientra nella categoria del restauro e risanamento conservativo, bensì in quella della ristrutturazione edilizia» (T.A.R. Lazio – Latina, Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 870) –:
se intenda assumere, per quanto di competenza, iniziative volte ad accertare i fatti rappresentati e chiarire le modalità di intervento per la realizzazione delle opere murarie sopra descritte.
(4-01270)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto chiarimenti riguardo ad interventi edilizi autorizzati nell'ambito della zona archeologica di Paestum.
Sulla base degli elementi forniti dalla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Salerno e Avellino, si rappresenta quanto segue.
La legge del 5 marzo 1957 n. 220, emanata per «costituire una zona di rispetto della profondità di mille metri all'esterno della cinta muraria dell'antica Paestum», oltre al «divieto di eseguire qualsiasi fabbricato in muratura» consente di «ampliare o modificare una costruzione già esistente».
Inoltre la legge prevede che «qualora si renda indispensabile ampliare o modificare una costruzione già esistente, il proprietario è tenuto a chiedere la preventiva autorizzazione» alla soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Salerno e Avellino.
Quest'ultima, si esprime sui progetti relativi agli interventi da eseguire sui fabbricati esistenti, avendo cura di evitare che le opere possano «recare pregiudizio all'attuale stato della località».
Ciò premesso, l'immobile in questione afferisce ad un complesso rurale posto all'interno della cinta muraria dell'antica città di Paestum inserito nel 1977 nel censimento operato dalla soprintendenza beni ambientali e architettonici di Napoli.
In data 24 ottobre 2006 con prot. n. 8174 la soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Salerno ed Avellino, esaminato il progetto degli interventi da eseguire sul predetto fabbricato, riportato in catasto al foglio 49, part.lle 530, 531, 532, esprimeva parere favorevole alla realizzazione delle opere ritenendo la proposta progettuale, così come rappresentata sui grafici, non pregiudizievole e rispettosa dello stato della località.
Il 3 maggio 2017 il comune di Capaccio Paestum rilasciava per il restauro e risanamento conservativo dell'edificio di cui sopra il permesso di costruire n. 44.
In data 2 agosto 2018 il cantiere del fabbricato è stato oggetto di un accertamento da parte del personale del comune e a seguito di tale verifica è stata emanata l'ordinanza n. 146 del 9 ottobre 2018 di rimozione delle opere realizzate in difformità e non contemplate nel titolo abilitativo intimando un termine perentorio di 90 giorni per l'esecuzione.
In esecuzione di tale ordinanza si rassicura l'interrogante che la soprintendenza vigilerà, per quanto di propria competenza, sul rispetto di tale provvedimento, attivando tutte le procedure previste dal decreto legislativo n. 42 del 2004 nel caso di inadempienza del proprietario.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
BRAGA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
dal quotidiano La Tribuna di Treviso del 7 gennaio 2019 si apprende che, anche per ragioni di squilibrio di bilancio, è intenzione di Fondazione Cassamarca, promuovere e rifinanziare un vasto progetto di sviluppo dell'area metropolitana dei comuni di Casier e Preganziol (TV), comprendente la villa, il parco «Albrizzi-Franchetti» e le aree ad esso adiacenti;
si tratta di un megaprogetto di 543 mila metri cubi di edilizia a carattere residenziale e direzionale che ricalca un tentativo già promosso molti anni fa e poi naufragato;
una precedente intesa sottoscritta tra il comune di Preganziol e la Fondazione Cassamarca, il 7 gennaio 2002, privilegiava un utilizzo dell'area per funzioni pubbliche, come un complesso universitario, rispetto a destinazioni industriali o ad edificazioni di tipo commerciale o residenziale;
Villa Albrizzi-Franchetti è una villa veneta del XVII secolo di altissimo pregio, artistico e architettonico situata a San Trovaso nel comune di Preganziol: consta di un edificio centrale caratterizzato dalle forme tipiche dei palazzi signorili veneti, due barchesse arretrate rispetto al corpo centrale e un grandioso parco di 11 ettari;
Villa Albrizzi-Franchetti è una villa sottoposta a vincolo conservativo, già ai sensi della legge n. 1089 del 1939, e risulta censita nell'elenco di salvaguardia dell'istituto regionale Ville Venete;
la villa e l'annesso parco Albrizzi-Franchetti, pari a circa 411.000 metri quadrati, sono inseriti in un'area di alto pregio paesaggistico e agricolo, come l'asse delle ville venete tra Treviso e Venezia e il territorio, per entrambi i comuni coinvolti, compreso nel «Consorzio per la tutela del radicchio rosso di Treviso»;
è opportuno ricordare che la Corte costituzionale, nella sentenza del 16 dicembre 2009, n. 340, dichiarò illegittima la prassi seguita dai comuni di cambiare destinazione d'uso agli edifici cittadini senza passare per la variante urbanistica;
in merito all’«accordo di programma Villa Albrizzi-Franchetti» la regione del Veneto ha espresso in una nota della direzione urbanistica del 15 settembre 2009, prot. n. 503540, il seguente parere: «la Regione osserva che, mentre l'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, nonché l'urgenza dei lavori e la variazione degli strumenti urbanistici, l'Accordo di Programma prevede la sola variazione degli strumenti urbanistici. Sarebbe stato invece auspicabile una maggior definizione progettuale dell'intervento per risolvere la relazione tra i nuovi volumi e il rispetto dei corridoi ecologici, del contesto figurativo di villa e parco storico»;
nella risposta all'interrogazione 4-06501 del 10 gennaio 2012 l'allora Ministro per i beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi, sentita la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, oltre a riportare un elenco puntuale di precise prescrizioni sia per l'edificio che per il relativo parco, affermava che: «L'autorizzazione all'alienazione è stata rilasciata tenuto conto della destinazione d'uso preposta a centro internazionale universitario e sede di corsi master, nel pieno rispetto degli edifici (villa e barchesse), del parco e dei suoi padiglioni. Successivamente è stata rilasciata, in data 7 febbraio 2007, con nota protocollo n. 1459 dal Soprintendente regionale pro tempore, l'autorizzazione per il cambio d'uso del compendio architettonico purché avente finalità culturali. [....] Si sottolinea che, per effetto del provvedimento di notifica del 14 giugno 1965, ogni intervento atto a modificare il bene o la sua destinazione dovrà essere sottoposto a preventiva autorizzazione della Soprintendenza territorialmente competente»;
è in corso una civile protesta promossa da un numeroso comitato di cittadini per ottenere una radicale revisione del progetto volto a una riqualificazione architettonicamente compatibile e a uniche finalità scientifiche e di pubblica utilità –:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo per il tramite degli uffici territoriali competenti, al fine valutare l'impatto paesaggistico e architettonico del nuovo sopraccitato progetto di Fondazione Cassamarca in un'area così preziosa dal punto di vista paesaggistico e storico-artistico.
(4-01941)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo ministero intende intraprendere al fine di valutare l'impatto paesaggistico ed architettonico del progetto di Fondazione Cassamarca nell'area di sviluppo dei comuni di Casier e Preganziol (TV) comprendente la villa, il parco «Albrizzi-Franchetti» e le aree adiacenti.
Sulla base delle precisazioni fornite dalla competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Treviso e Padova, si rappresenta quanto segue.
La notizia di programmi edificatori riguardanti l'area retrostante il complesso di Villa Albrizzi-Franchetti è apparsa sul giornale locale La Tribuna di Treviso del 7 gennaio 2019.
Alla soprintendenza nulla è pervenuto da parte dei due comuni interessati (Preganziol e il comune confinante di Casier) o dalla Regione Veneto, né richiesta di pareri per specifici progetti e/o per eventuali varianti urbanistiche.
Si precisa che il compendio monumentale di Villa Albrizzi-Franchetti è di proprietà della Provincia di Treviso e dato in concessione alla Fondazione Cassamarca.
L'autorizzazione rilasciata in data 20 febbraio 2004 conteneva varie prescrizioni di conservazione ed il titolare della concessione non era individuato.
Per tale motivo, la soprintendenza prescrisse di comunicare, nel termine di 30 giorni dalla stipulazione, l'avvenuto passaggio di proprietà.
Passaggio che non risulta mai avvenuto.
Agli atti della soprintendenza non vi sono atti di compravendita del bene in argomento e la Fondazione Cassamarca gestisce il complesso in «comodato».
Per quanto concerne eventuali programmi edificatori sulle aree retrostanti e/o laterali al parco vincolato, la soprintendenza, non avendo ricevuto richieste in tal senso, ha chiesto informazioni presso gli uffici urbanistica dei Comuni di Casier e Preganziol dai quali è emerso quanto segue:
la Fondazione Cassamarca nel 2008 ha presentato alla regione Veneto un'istanza, mediante un accordo di programma, per un progetto denominato «centro servizi universitari». Tale progetto venne archiviato dalla stessa regione nel 2014 in quanto la fondazione non presentò la documentazione richiesta;
la Cassamarca, per tenere vivo l'interesse del progetto, chiese che lo stesso non venisse archiviato.
Tuttavia risulta che alla regione non sia più stata presentata alcuna istanza in merito.
Successivamente, in data 5 agosto 2015, ai comuni di Preganziol e Casier perviene da parte della Provincia di Treviso, una richiesta di parere di tipo urbanistico (cubature permesse, tipo di interventi, ecc.) relativamente alle aree agricole retrostanti il complesso monumentale, finalizzate alla preparazione di un progetto a carattere misto pubblico-privato.
I sindaci dei comuni di Preganziol e Casier, non condividendo il progetto presentato dalla provincia, affidarono ad una società denominata «K CITY» l'incarico di redigere uno studio di fattibilità, finalizzato ad ottenere un piano di sostenibilità tecnico-economica al fine di valorizzare le risorse costituite dalla presenza del compendio di villa Franchetti.
Detto studio, pervenuto ai comuni alla fine del 2016, suggeriva di costruire molto meno del previsto in quella zona e di fare delle permute con aree ed edifici esistenti, di non costruire a lato del parco storico e spostare tutto più in là vicino ad una caserma dismessa.
Al momento, non si conosce l'esito di questa proposta.
Va comunque evidenziato che l'area confinante con il complesso di Villa Albrizzi, ricadente in prevalenza nel territorio del comune di Casier, è soggetta a tutela soltanto in parte, poiché il vincolo paesaggistico relativo alla strada del Terraglio non copre tutta l'area agricola libera retrostante il parco della Villa.
In ogni caso, qualunque progetto che dovesse riguardare il complesso monumentale vincolato con decreto ministeriale 14 giugno 1965 ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004 dovrà ottenere l'autorizzazione della soprintendenza ai sensi dell'articolo 21 del suddetto decreto legislativo; inoltre, eventuali richieste di cambio di destinazione d'uso dell'area agricola in argomento che dovessero apportare cambiamenti agli strumenti urbanistici, dovrebbero seguire apposite procedure (mediante la regione) che prevedono l'acquisizione del parere della soprintendenza.
Al momento nulla risulta pervenuto.
Recentemente la soprintendenza ha effettuato uno specifico sopralluogo all'interno del complesso monumentale vincolato, comprendente villa, barchesse, manufatti vari e parco, riscontrando abbandono e degrado su parte del compendio e precisamente sulla zona perimetrale del parco, sulle barchesse e sui pregevoli manufatti inclusi in questa area del parco.
Soltanto il corpo villa può definirsi ben conservato.
L'ufficio ha eseguito anche un rilievo fotografico del complesso.
A seguito di detto sopralluogo la soprintendenza ha inviato una lettera al nuovo presidente della Cassamarca e alla Provincia di Treviso richiamando gli obblighi di conservazione stabiliti dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 42 del 2004 chiedendo di predisporre con urgenza un progetto per l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza degli immobili degradati.
Si è anche segnalata la possibilità di ottenere contributi per l'esecuzione di opere di restauro, offerta dal decreto del 24 ottobre 2018 del Ministero per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Ovviamente il progetto dovrà ottenere l'autorizzazione della competente soprintendenza ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
presso il tribunale di Rovereto (Trento) si è concluso il procedimento giudiziario 1/17 – R.G. G.I.P. 17/152 nei confronti di Antonino La Grutta (direttore dell'azienda pubblica di servizi alla persona di Mori), Alessia Bonola (impiegata amministrativa presso l'Asp) e Renzo Colpo (consigliere comunale di Mori) con la sentenza 18/156; il procedimento ha avuto avvio il 6 agosto 2015, all'indomani delle elezioni comunali di Mori del maggio 2015, a seguito di un esposto dei consiglieri del Partito Autonomista Trentino Tirolese, i quali ipotizzavano un'assunzione sospetta collegata agli esiti elettorali e ha originato il procedimento n. 711/2016, presso il tribunale di Rovereto a carico di La Grutta e Bonola. In seguito, il 24 gennaio 2017, il sostituto procuratore generale di Trento Giuseppe Di Benedetto ha ritenuto di avocare a sé il fascicolo, rinominato 1/2017, disponendo ulteriori atti di indagine, inserendo tra gli indagati Colpo e richiedendo il rinvio a giudizio in data 29 novembre 2017;
la stampa locale ha seguito il procedimento che si è dilungato per più di tre anni riportando accuse e dichiarazioni senza soluzione di continuità (a titolo d'esempio: Ottobre accusa: «Assunzione sospetta» – Trentino 19 giugno 2015; Assunzione diretta in Rsa, tre indagati – L'Adige, 17 ottobre 2017; il consigliere del M5S indagato – Trentoday, 18 ottobre 2017; L'inchiesta su Colpo finisce a puntate sul web – L'Adige 31 ottobre 2017; Mori, assunzione sospetta indagini finite per Colpo – Trentino, 31 ottobre 2017; Per l'assunzione in Rsa chiesto il rinvio a giudizio (sottotitolato: Per la procura generale fu abuso d'ufficio: tre gli imputati) – L'Adige, 16 ottobre 2018, pubblicato in piena campagna per le elezioni della provincia autonoma di Trento del 21 ottobre 2018;
nelle motivazioni della «sentenza di non luogo a procedere a carico di tutti gli imputati» il G.U.P. Riccardo Dies ha evidenziato che:
«il fatto non sussiste, non emergendo alcun concreto elemento a carico ed anzi sussistendo specifici elementi probatori a discarico, tali da rendere del tutto inutile il vaglio dibattimentale.» (pag. 3, 1° capoverso);
«Tali essendo le risultanze delle indagini svolte, ritiene questo Giudice che l'esito naturale delle indagini di questo tipo fosse non l'esercizio dell'azione penale ma una richiesta di archiviazione, per essere gli elementi raccolti manifestamente inidonei a sostenere l'accusa in giudizio ed anzi indicativi che il fatto contestato non sussiste.» (pag. 4, 4° capoverso);
«La realtà è che gli esposti dai quali è nato il presente procedimento costituiscono un comune e banale tentativo di strumentalizzare il processo penale a fini politici e per screditare l'avversario presso l'elettorato e l'opinione pubblica, secondo un diffuso malcostume che pretende di trasferire la lotta politica nelle aule giudiziarie. Tra l'altro anche la tesi di fondo degli esposti non manca di mostrare palesi lacune ed incongruenze, perché lo scambio illecito prospettato, tra assunzione della figlia e sostegno al candidato a sindaco di centro sinistra nel turno di ballottaggio non sta in piedi davvero, se si considera, da un lato, che tra il Comune e la casa di cura non vi è alcun rapporto di dipendenza o anche solo di influenza...» (pag. 5, 6° capoverso) –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati e se alla luce di quanto sopra esposto, intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-02834)
Risposta. — Con l'interrogazione presentata nella seduta del 15 gennaio 2019 l'interrogante, espone, per quanto a sua conoscenza, le vicende inerenti il procedimento giudiziario promosso nei confronti di Antonino La Grutta, Alessia Bonola e Renzo Colpo, promosso all'indomani delle elezioni comunali del maggio del 2015, a seguito dell'esposto dei consiglieri del partito autonomista Trentino Tirolese, i quali ipotizzavano un'assunzione sospetta collegata agli esiti elettorali.
In particolare ricostruisce che, a seguito della riunione di due distinti fascicoli, dopo l'avocazione dal procuratore generale della Corte D'appello di Trento, sono stati disposti ulteriori atti di indagine iscrivendo anche Renzo Colpo – essendo indagati in precedenza soltanto gli altri due soggetti sopra indicati – e richiedendo il rinvio a giudizio per tutti e tre.
La vicenda si concludeva con sentenza di non luogo a procedere per tutti gli imputati, depositata in data 28 novembre 2018, quindi tre anni dopo l'esposto, anni in cui diverse testate giornalistiche locali avevano costantemente riportato su stampa «accuse e dichiarazioni di colpevolezza».
Si chiede dunque se questo Ministro sia a conoscenza delle circostanze sopra descritte e se alla luce di quanto esposto intenda valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
Attivate le dovute verifiche sulla vicenda sopra rappresentata, attraverso i chiarimenti forniti dal procuratore generale e dal Presidente della Corte d'appello di Trento è possibile affermare che nessuna violazione di legge può essere imputata alla locale magistratura, tantomeno è possibile addebitare alla stessa il battage pubblicitario che è derivato dalla vicenda.
Ed infatti emerge dalla ricostruzione riportata nelle relazioni a firma degli organi apicali degli uffici giudiziari di Trento che, dopo attenta, scrupolosa e approfondita attività di indagine, gli elementi investigativi sono stati posti al vaglio del giudice per le indagini preliminari che nell'udienza di rinvio a giudizio ha ritenuto gli stessi elementi inidonei a sostenere proficuamente l'accusa in giudizio, circostanza questa per la quale proceduralmente è prevista sentenza di non luogo a procedere.
Emerge peraltro che i tempi processuali sono stati perfettamente in linea con quanto prescritto dal codice procedura penale.
Pertanto non sussistendone i presupposti si è ritenuto non promuovere alcuna iniziativa ispettiva.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.
CARÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
i Com.It.Es. (Comitati per italiani all'estero) istituiti nel 1985 sono organismi rappresentativi della collettività italiana, eletti direttamente dai connazionali residenti all'estero;
ad oggi operano 101 Com.It.Es. elettivi a cui si aggiungono 5 di nomina consolare; 47 si trovano in Europa, 42 nelle Americhe, 10 in Asia e Oceania e 7 in Africa;
i componenti di tali organismi assicurano il corretto funzionamento dei Comitati, adoperandosi in forma del tutto volontaria, senza ricevere alcuna forma di compenso;
i Com.It.Es. rappresentano, insieme ai rappresentanti eletti all'estero, al Consiglio generale degli italiani all'estero e alle associazioni, la voce delle comunità italiane nel mondo e costituiscono lo strumento territorialmente più prossimo e, quindi, più utile per rilevare problemi e indicare tematiche interessanti gli italiani nel mondo;
le attività ed i progetti dei Com.It.Es. si rivolgono, da un lato, alle comunità degli italiani nel mondo e, dall'altro, alla promozione del «sistema Italia» nel mondo;
nell'ultima legge di bilancio non sono stati confermati gli stanziamenti precedentemente previsti per il funzionamento e i progetti dei Com.It.Es. con un ammanco di circa un milione di euro;
le attività già programmate e i progetti in corso si basavano su stanziamenti a cui oggi il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale non potrà più fare fronte, mettendo in difficoltà ad avviso dell'interrogante non solo l'onorabilità dei Com.It.Es. e dei suoi rappresentanti ma anche dell'Italia –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per reintegrare le risorse a disposizione dei Com.It.Es.
(4-02598)
Risposta. — Con riferimento ai finanziamenti annuali destinati ai Comitati degli italiani all'estero (Com.It.Es) si specifica che il valore degli stanziamenti programmati nel triennio 2017/2019 dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) è rimasto sostanzialmente invariato: nel 2017 erano previsti euro 1.267.838, nel 2018 euro 1.227.962, nel 2019 euro 1.248.138. Per quanto riguarda il 2018, un emendamento parlamentare nel corso dell’iter di approvazione della legge di bilancio dispose, unicamente per tale esercizio finanziario, l'attribuzione di un ulteriore milione di euro, assegnando dunque un totale di euro 2.227.962 al capitolo 3103, a carico del quale il Maeci eroga i finanziamenti ai Comitati degli italiani all'estero.
Non essendosi verificata la medesima circostanza in occasione dell'approvazione della legge di bilancio per il 2019, lo stanziamento sul capitolo 3103 riporta per il corrente esercizio finanziario l'ammontare inizialmente attribuito, senza che vi sia dunque stata alcuna decurtazione né alcuna intenzione da parte del Governo di penalizzare i Com.It.Es, di cui è apprezzata l'attività svolta in favore delle comunità italiane all'estero.
Per il corrente anno, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha già chiesto al Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie) di indicare i parametri percentuali relativi ai criteri di ripartizione delle assegnazioni ai singoli comitati, previsti dall'articolo 3 della legge n. 286 del 2003. Il Cgie ha indicato le sottostanti percentuali quale metodo di ripartizione dello stanziamento complessivo, che il Maeci ha ritenuto di condividere:
a) composizione del comitato: 25 per cento;
b) consistenza numerica della comunità italiana di riferimento: 35 per cento;
c) estensione territoriale della circoscrizione in cui agisce il comitato: 10 per cento;
d) realtà socio-economica del Paese in cui opera il comitato: 10 per cento (in base al sistema di riferimento applicato dall’International civil service commission dell'Onu per calcolare il costo della vita);
e) percentuale da distribuire tra i comitati per i quali l'assegnazione risulti insufficiente a coprire le spese di gestione: 14 per cento (dell'assegnazione totale del capitolo 3103);
f) percentuale di accantonamento per finanziare progetti integrativi o esigenze sopravvenute: 6 per cento (dell'assegnazione totale del capitolo 3103).
Sugli importi assegnati ai singoli Comitati degli italiani all'estero nel 2019 influirà dunque l'applicazione dei nuovi parametri percentuali sopraindicati, nonché l'accantonamento di una quota maggiore per far fronte alle richieste di finanziamenti integrativi per spese di funzionamento: tale quota nel 2019 è pari al 20 per cento – vedasi punti e) ed f) di cui sopra – contro il 5 per cento del 2017, anno comparabile per ammontare dell'assegnazione complessiva sul capitolo 3103.
Fermo restando quanto sopra riportato, e confermando la disponibilità del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a ripartire ulteriori risorse laddove rese disponibili, si ricorda che i predetti Comitati possono far fronte alle spese di funzionamento nonché ad eventuali progetti specifici ricorrendo a risorse proprie ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della citata legge n. 286 del 2003.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.
CASCIELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
con il decreto del 7 febbraio 2018, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha assegnato il sito archeologico di Elea – Velia alla gestione del polo museale regionale di Napoli;
il parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, con deliberazione del consiglio nazionale n. 23 del 22 dicembre 2016 e il comune di Ascea, con deliberazione consiliare n. 3 del 31 gennaio 2017, avevano fatto richiesta al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di adottare ogni provvedimento di propria competenza affinché il sito archeologico di Elea – Velia ed il sito della certosa di Padula venissero equiparati, da un punto di vista gestionale ed organizzativo, al parco archeologico di Paestum, prevedendo una gestione integrata ed unitaria dei tre siti;
numerose erano state le iniziative dalle forze politiche locali e regionali e le interrogazioni parlamentari nel corso della XVII legislatura finalizzate a sollecitare provvedimenti in tal senso;
le risposte date dal Ministero pro tempore alle interrogazioni erano state tutte confortanti e possibiliste rispetto all'ipotesi di una gestione organica da parte di un unico soggetto in considerazione del fatto che tale ipotesi avrebbe potuto semplificare la governance del sito stesso, riducendo il numero di soggetti da coinvolgere nel coordinamento interistituzionale e rendendo quindi più immediata una parte dell'azione gestionale;
il sito archeologico di Elea-Velia ha uno straordinario valore archeologico, paesaggistico e culturale, ed è noto anche per essere stato culla della scuola eleatica di Parmenide;
l'area archeologica di Velia, il parco archeologico di Paestum e la certosa di Padula sono parte di un più esteso sito denominato «Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano» con le aree archeologiche di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, iscritto nella lista del patrimonio mondiale dal 1998;
il passaggio di competenza a Napoli ha, dunque, rappresentato una brutta e inattesa notizia per quanti speravano in un rilancio dell'area garantendone l'autonomia come avvenuto con Paestum, dove è stata svolta una lodevole azione di valorizzazione e promozione, con importanti e oggettivi risultati;
si chiedeva di aprire una nuova fase nelle politiche dei beni culturali con un'organizzazione omogenea dei siti di Elea-Velia, di Paestum e della certosa di Padula affinché una struttura amministrativa unitaria ed una gestione integrata potessero ottimizzare le risorse e al contempo estendere le attività di promozione e valorizzazione ad un contesto paesaggistico e culturale più ampio;
per la sottrazione di Velia dalla gestione del polo museale di Napoli che non ha alcun legame con il territorio sono già partite iniziative di protesta e petizioni per chiedere al Governo più attenzione per il sito archeologico dell'antica città al fine di garantire una gestione autonoma e coordinata con Paestum;
di tale accorpamento Velia e la Certosa di Padula avrebbero tratto sicuro beneficio, laddove invece le soluzioni adottate esporranno ad ulteriore isolamento entrambe, anche in considerazione della posizione geografica e delle carenze infrastrutturali relative ai non agevoli collegamenti viari –:
per quali ragioni si sia giunti alla determinazione di assegnare il sito archeologico di Elea – Velia alla gestione del polo museale regionale di Napoli e se si intendano rivedere le decisioni prese e assumere iniziative per accorpare l'area archeologica di Velia e la certosa di Padula all'autonomia amministrativa e gestionale del parco archeologico di Paestum, anche al fine di uniformarla, coerentemente all'iscrizione nella lista dell'Unesco del patrimonio dell'umanità, assicurando così una gestione unica e sinergica dei tre siti;
a che punto sia il progetto «Velia, città delle acque», finanziato nell'ambito del Pon «cultura e sviluppo» 2014/2020, i cui lavori erano stati annunciati nei primi mesi del 2018.
(4-00566)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questo ministero intende assumere iniziative per accorpare l'area archeologica di Velia e la Certosa di Padula al Parco Archeologico di Paestum, al fine di uniformare l'area in parola con quella riferita all'iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco ed assicurarne una gestione unica.
Chiede, inoltre, informazioni sul progetto «Velia, città delle acque».
Come noto, l'area archeologica di Velia, il Parco archeologico di Paestum e la Certosa di Padula sono parte di un più esteso sito denominato «Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con le aree archeologiche di Paestum e Velia e la Certosa di Padula», iscritto nella lista del patrimonio mondiale dal 1998.
Il sito è iscritto come «paesaggio culturale» di eccezionale valore, testimonianza di un'occupazione antica e continuativa da parte dell'uomo sin dalla preistoria.
Si tratta di un sito di estensione particolarmente notevole, pari a circa 159.000 ettari con circa 178.000 ettari di buffer zone.
Come per tutti i siti del patrimonio mondiale, la richiesta di iscrizione nella lista del patrimonio mondiale è accompagnata da un piano di gestione in cui viene descritto in che modo l'eccezionale valore del sito sarà tutelato al fine di garantirne la trasmissione alle future generazioni e che ha, come obiettivo fondamentale, la conservazione dei valori riconosciuti dall'Unesco e posti a base dell'iscrizione, e precise indicazioni sul sistema di gestione del sito stesso.
In ciascun caso ed in special modo per un sito esteso su scala territoriale come quello del Parco del Cilento e del Vallo di Diano, la struttura di gestione è chiamata ad assicurare un giusto equilibrio tra conservazione, sostenibilità e sviluppo, in modo che tutte le componenti del sito possano essere tutelate attraverso attività adeguate e con il coinvolgimento attivo anche degli enti locali e dei soggetti che, a tutti i livelli, contribuiscono allo sviluppo socio-economico e alla qualità della vita delle comunità nel quale il sito Unesco è inserito.
Tale obiettivo richiede un efficace sistema di coordinamento tra i numerosi e diversi soggetti (proprietari, gestori diretti, enti competenti per la tutela o per il governo del territorio ai diversi livelli).
Di norma, attraverso atti d'intesa, ogni struttura nomina un referente principale (il cosiddetto «site manager») che per il sito «Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano con le aree archeologiche di Paestum e Velia e la Certosa di Padula» è attualmente individuato nella figura del Direttore del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Il processo di elaborazione del piano di gestione del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano con le aree archeologiche di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, ha preso avvio, con il coinvolgimento del segretariato generale del ministero per il consueto supporto tecnico procedurale.
L'ipotesi di una gestione unitaria da parte di un unico soggetto non può escludersi a priori considerato che tale ipotesi potrebbe semplificare, in qualche modo, la governance del sito stesso, riducendo di fatto il numero di soggetti da coinvolgere nel coordinamento interistituzionale e rendendo quindi più immediata una parte dell'azione gestionale; essa tuttavia non appare condizione indispensabile per la gestione dell'intero sito Unesco che è, di per sé, ben più complessa e che, riguardando un contesto fisico, naturale e istituzionale ampio, con caratteristiche e necessità peculiari, richiede, piuttosto, un efficace ed attento sistema di coordinamento.
Si sta anche valutando la proposta del consiglio comunale di Ascea (delibera consiglio comunale n. 3 del 31 gennaio 2017) che ha auspicato una gestione integrata ed unitaria dei siti di Velia e Paestum.
La vicinanza dei luoghi, infatti, potrebbe favorirne la promozione e la valorizzazione congiunta.
Dal punto di vista organizzativo, comunque, non sembra altrettanto compatibile l'integrazione della Certosa di Padula, monumento con caratteristiche e tipologiche completamente diverse.
Si rassicura comunque l'interrogante che, in considerazione dell'eccezionale valore dei siti in questione, questa Amministrazione valuterà, mediante opportuni e necessari approfondimenti, le varie opzioni organizzative e gestionali per la tutela e valorizzazione dei siti in argomento.
Riguardo all'area di Velia, si rappresenta che quest'ultima è stata destinataria di ingenti finanziamenti nell'ambito del Programma operativo nazionale PON «Cultura e Sviluppo 2014/2020».
Il progetto, noto come «Velia, città delle acque» prevede un finanziamento di 9,9 milioni di euro, di cui:
1) Velia, città delle acque – lavori di restauro e valorizzazione (importo totale euro 9.646.236,59);
2) Velia, città delle acque – servizi e forniture per la fruizione (importo totale euro 349.000,00). Tale intervento, prevede la progettazione e implementazione di un piano di comunicazione per la valorizzazione del Parco archeologico attraverso la realizzazione di un marchio d'identità visiva per il sito archeologico di Elea-Velia, azioni di animazione territoriale, iniziative con le scuole.
È previsto anche un intervento di pianificazione del verde all'interno del parco (diserbo mirato e ricostruzione del paesaggio vegetale) e la creazione di fasce tagliafuoco e piazzole di sosta in caso di incendio.
Inoltre, con la messa in sicurezza del percorso che dalla città bassa conduce all'acropoli – la cui riapertura è ormai prossima in considerazione dell'ultimazione dei lavori – saranno nuovamente visitabili la Cappella Palatina (con la cosiddetta «testa di Parmenide») e la chiesa di Santa Maria, ambienti dove sono collocati i reperti di maggior valore.
In definitiva, questo Ministero nel confermare gli importanti sforzi finanziari assunti nei confronti dei due siti in argomento, evidenzia il proprio impegno nella prospettiva di crescita del complessivo contesto socio-culturale del territorio.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
CASO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il parco archeologico dei Campi Flegrei, «Istituto dotato di autonomia speciale» dal 2016, sorge in un'area vulcanica estesa ed attiva, con caratteristiche ambientali e storiche assolutamente originali, composto da circa 25 siti, tra parchi archeologici, complessi monumentali e singoli monumenti sparsi nel territorio di quattro comuni flegrei;
tra i principali siti: il parco archeologico di Cuma, il parco archeologico delle Terme di Baia, l'anfiteatro Flavio di Pozzuoli, il museo archeologico dei Campi Flegrei e il parco archeologico Sommerso di Baia;
il museo archeologico dei Campi Flegrei, con 47 sale aperte (su 56) e circa 1.500 reperti, molti dei quali sculture di altissimo livello, è il più importante museo di arte classica della Campania dopo il Mann ospitato presso il Castello di Baia nel comune di Bacoli (Napoli);
il 13 febbraio 2018 Il Mattino informava on line dell'appello dell'Associazione culturale Michele Sovente presieduta da Nestore Antonio Sabatano, sottoscritto da altre 4 associazioni locali, che segnalavano la chiusura «da anni di due sale museali “fiore all'occhiello” del Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Nella prima, Sacello degli Augustali di Miseno, è ricostruita la facciata del Sacello di Misenum (...). Nella seconda sala, quella del Ninfeo Imperiale di Punta Epitaffio, l'allestimento riproduce l'unicità paesaggistica e artistica del ninfeo triclinio voluto dall'imperatore Claudio (41-54 d.C.). La struttura archeologica originale, per effetto del bradisismo, si trova attualmente ad una profondità di circa 7 metri sotto il livello del mare» ed è visitabile su richiesta con un battello o tramite immersioni;
tra i siti cosiddetti «minori» vi sono «perle» come la Piscina Mirabilis una tra le più grandi cisterne dell'antichità, di epoca augustea, risalente al 27 a.C.;
attualmente si conterebbero 92 unità, a fronte di 172 risorse, nonostante recenti assunzioni e l'arrivo per settembre di 2 architetti e 2 archeologi;
la percentuale del personale in servizio rispetto a quello realmente previsto sarebbe per talune categorie carente o mancante, ad esempio: funzionari restauratori: 0 su 2 (-100 per cento); informatici (II e III area): 0 su 3 (-100 per cento); tecnologi: 0 su 6 (-100 per cento); amministrativi (II e III area): 5 su 17 (-70 per cento); vigilanza: 40 su 100 (-60 per cento);
la pianta organica necessiterebbe di figure tecniche qualificate: archeologi, architetti, restauratori, geometri, informatici, nonché personale preposto all'accoglienza e vigilanza;
il parco, per la costante cura e conservazione dei numerosi resti monumentali sparsi sul territorio e delle opere presenti nel museo, necessita di un costante afflusso di fondi e di una qualificata struttura economico-amministrativa per la efficace gestione degli stessi;
la quotidiana gestione dell'enorme patrimonio monumentale procurerebbe i caratteri dell'emergenza;
il nuovo parco archeologico dei Campi Flegrei è unico per il patrimonio culturale che offre al pubblico;
i monumenti del parco registrano un numero annuo limitato di visitatori, per le difficoltà legate anche ai collegamenti locali, ciò nonostante la vicinanza con la città di Napoli, che potrebbe favorire un elevato flusso di turisti, già diretti ai siti di Pompei, Ercolano e Paestum;
nel 2017 sono stati 178.386 i visitatori –:
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di valorizzare il prezioso patrimonio archeologico e storico del parco archeologico dei Campi Flegrei;
quale sia la situazione ad oggi circa i fondi destinati alla realtà archeologica menzionata;
se non si intenda potenziare la pianta organica con le figure tecniche richieste o mancanti per consentire al parco archeologico di offrire un adeguato servizio ai propri visitatori.
(4-00962)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende assumere al fine di valorizzare il prezioso patrimonio archeologico del parco dei Campi Flegrei.
Sulla base degli elementi forniti dalle competenti direzioni generali di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
Il parco archeologico dei Campi Flegrei, istituito con decreto ministeriale del 23 gennaio 2016, è uno degli istituti dotati di autonomia speciale.
L'istituto nasce per raccogliere i principali complessi archeologici dell'area flegrea e i numerosi monumenti minori disseminati nel territorio, che costituiscono un patrimonio unitario dal punto di vista storico-archeologico, sotto un'unica gestione che risulti anch'essa unitaria per indirizzo e organizzazione.
A tale scopo sono stati coinvolti già in fase istitutiva i quattro comuni (Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Giugliano) nei cui territori si situano i luoghi della cultura, immobili e complessi assegnati al parco con decreto ministeriale n. 198 del 9 aprile 2016.
Recentemente, è stata completata la procedura concorsuale indetta con decreto ministeriale 23 novembre 2018 ed è stato nominato come direttore del sito l'archeologo Fabio Pagano, scelto dal direttore generale musei tra una terna di candidati, tutti in possesso di una indiscussa professionalità, indicati da apposita commissione composta da cinque esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale.
Completata tale procedura – la direzione era affidata ad interim – si procederà ad esaminare la struttura organizzativa e la relativa pianta organica del parco archeologico.
La questione della carenza di organico, ben nota a questo Ministero, riguarda molti istituti.
A tal fine, questa amministrazione ha già ottenuto una prima autorizzazione a reclutare nuovo personale con la legge 30 dicembre 2018, n. 145.
La carenza di organico del Ministero e dei suoi organi periferici è una questione prioritaria e questa Amministrazione sta collaborando attivamente con il Ministero della funzione pubblica per un piano straordinario volto al reclutamento del personale, dirigenziale e non.
L'intenzione, dopo anni, è di invertire finalmente la tendenza con piani di completamento della pianta organica.
Comunque, si fa presente che con la recente procedura di assunzione degli idonei del concorso pubblico di 500 funzionari tecnici sono stati assegnati al parco archeologico dei Campi Flegrei n. 2 funzionari architetti e n. 2 funzionari archeologi.
Mancano – come rappresentato dall'interrogante – altre figure professionali che si ritiene di poter inserire nella struttura organizzativa del parco non appena saranno espletate e completate le predette procedure concorsuali.
Riguardo all'aspetto finanziario, si fa presente che con decreto ministeriale del 19 febbraio 2018 è stata approvata la rimodulazione delle risorse finanziarie stanziate ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 in cui, nell'ottica di riqualificazione dell'area archeologica del parco, sono stati finanziati per un totale di euro 800.000,00, ripartiti nel triennio 2018-2020, quattro progetti volti essenzialmente alla rimozione delle barriere architettoniche e all'adeguamento funzionale dei vari sistemi impiantistici sia del parco che dell'annesso Museo archeologico nel Castello di Baia.
Sono stati, inoltre, assegnati euro 850.000,00 per le spese di funzionamento.
Inoltre, il Ministero per i beni e le attività culturali utilizzando il riparto del fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese potrà avvalersi di risorse aggiuntive per quasi un miliardo di euro nel periodo tra il 2021 e il 2033.
Tra i 966 interventi che il Ministero ha programmato a livello nazionale, 78 sono destinati alla Campania, di cui cinque riguardano l'area flegrea con uno stanziamento complessivo di 16 milioni di euro destinati a Pozzuoli: in particolare 5 milioni di euro per l'Anfiteatro Flavio, 5 milioni di euro per il parco archeologico di Cuma, ma attenzione è data anche al castello di Baia a Bacoli che avrà fondi per la ristrutturazione di un milione di euro.
L'ulteriore stanziamento di 6 milioni di euro è destinato alla progettazione e interventi di riduzione della vulnerabilità sismica delle aree archeologiche.
Si conferma, in conclusione, grande attenzione nei confronti del parco archeologico dei Campi Flegrei.
Questo Ministero è ben consapevole dell'importanza che esso riveste per l'intera area, non solo dal punto di vista storico-archeologico, ma anche in termini di ricaduta culturale, sociale, economica ed occupazionale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il problema della viabilità in Costiera amalfitana continua a rappresentare una situazione di emergenza che per decenni è stata oggetto di tavoli tecnici, discussioni e provvedimenti con risultati purtroppo fallimentari;
la strada statale 163 costituisce la principale arteria di collegamento tra la Costiera amalfitana, Salerno e la Penisola sorrentina ed è caratterizzata da peculiarità paesaggistiche, architettoniche e artistiche che fanno della Costiera un patrimonio culturale, prima ancora che economico, apprezzato a livello mondiale e che per tale ragione deve essere preservato e tramandato;
nonostante la sua importanza – storica – il tratto stradale presenta gravi falle, a più riprese denunciate nel corso degli incontri istituzionali presso la prefettura di Salerno da enti e associazioni territorialmente interessati, che rendono difficoltosa la viabilità, minando la sicurezza di coloro che quotidianamente – turisti e residenti – percorrono la strada statale 163;
in particolare, il tracciato è accidentato e non di rado si verificano frane che impediscono totalmente la viabilità, la carreggiata presenta dimensioni limitate (massimo 3,30 metri), parapetti e ringhiere pericolanti e fatiscenti che non rispettano le norme vigenti in materia di sicurezza stradale con il concreto e serio pericolo che in caso di incidente le autovetture e cicli/motocicli coinvolti possano precipitare in mare;
inoltre, le problematiche legate alle carenze strutturali della tratta si acuiscono a causa del continuo traffico impossibile da sostenere soprattutto nel corso della stagione estiva caratterizzata da un forte flusso turistico con l'arrivo di autobus turistici, mezzi pesanti e roulette;
in particolare, le autolinee private, circa n. 70 corse giornaliere (n. 70 bus ogni giorno percorrono la strada statale 163), che si aggiungono a quelle pubbliche, a causa delle dimensioni dei propri bus – alcune volte superiori a quelle previste per il transito in loco – creano ingorghi tremendi e la totale paralisi della viabilità della Costiera amalfitana;
si osserva che le dimensioni ridotte delle carreggiate rendono, di fatto, difficile se non impossibile il transito di due bus contemporaneamente che presentano una larghezza di metri 2,50 per una lunghezza che varia dai 10 ai 12 metri;
questi, infatti, provenendo da direzioni opposte, incontrandosi in punti caratterizzati da particolari ristrettezze o tortuosità della strada, non riescono più a proseguire se non dopo reiterate e pericolose manovre;
la situazione descritta e denunciata da più parti reca con sé gravi conseguenze economiche, di inquinamento acustico e ambientale che inevitabilmente si ripercuotono sulla vita e sulla salute dei residenti nonché sulla sicurezza di quanti circolano lungo questa strada, automobilisti, centauri, ciclisti e pedoni –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza ritenga opportuno, adottare al fine di fronteggiare l'annoso problema della viabilità della strada statale 163 Costiera amalfitana, nonché di accertare l'effettiva violazione delle norme di sicurezza stradale se non intenda prevedere, in collaborazione con l'Anas, un piano di programmazione e regolamentazione della viabilità, unitamente a un programma di potenziamento delle vie del mare.
(4-02058)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla società Anas e dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Va premesso che il tracciato della strada statale 163 Amalfitana, nel tratto tra Positano e Vietri, è caratterizzato dalla presenza di molti tornanti e da una carreggiata limitata ai lati dalle pareti collinari e dal mare, in un territorio sottoposto a vincoli di preservazione paesaggistica.
In una siffatta cornice, nell'ottica della prevenzione della sicurezza stradale, è stato disposto dall'ufficio territoriale di Governo di Salerno il divieto di transito contemporaneo ai mezzi pesanti nei due sensi di marcia ed è, pertanto, in vigore una ordinanza di limitazione della circolazione veicolare che impone il senso unico di marcia in direzione Positano/Vietri sul mare agli autobus turistici privati di lunghezza superiore ai 10,36 metri.
Per garantire il rispetto della suddetta prescrizione, accertando e sanzionando eventuali violazioni, è stata rinnovata la Convenzione tra la citata società di gestione e l'amministrazione provinciale di Salerno.
In virtù di tale adempimento, anche per la prossima stagione estiva sarà attivato un presidio con l'impiego di ausiliari del traffico nei punti più critici del percorso.
Ciò posto, non vi è dubbio che il volume di traffico registrato annualmente lungo la strada statale in argomento, in uno agli alternati sensi di marcia disposi in via precauzionale dalla premessa ordinanza, causino ripercussioni sulla viabilità stradale.
Al riguardo, nel condividere l'auspicato intento di pianificare una mobilità sostenibile che valorizzi i collegamenti marittimi in ambito locale, si riferisce il «Metrò del Mare», servizio marittimo attivato nelle trascorse stagioni estive per collegare via mare la costiera amalfitana e Capri a Napoli e Salerno, è un servizio pubblico che fa capo all'ente regionale.
Cionondimeno, si coglie l'occasione per comunicare che Anas ha in corso la procedura di affidamento di un intervento di messa in sicurezza dei costoni rocciosi a protezione del percorso stradale che attraversa i comuni di Amalfi, Conca dei Marini, Furore e Positano.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 13 agosto 2008, l'Anas ha ordinato la chiusura della carreggiata sud del viadotto «Pietrastretta» del raccordo autostradale che collega Sicignano (Salerno) a Potenza (Potenza), dopo aver riscontrato problemi strutturali. Nei mesi successivi furono riscontrati problemi sui viadotti Torre I, Torre II e Marmo in direzione Potenza;
il traffico leggero, sia in direzione Potenza che Salerno, ha transitato per anni a doppio senso sulla carreggiata nord o è stato deviato attraverso il percorso alternativo della strada provinciale 94 e nelle contrade vietresi;
i lavori, che hanno visto gli impalcati dei viadotti demoliti, nel tratto tra Vietri di Potenza e quello di Balvano in direzione Salerno, sono fermi da quasi sei mesi;
si apprende che numerosi utenti hanno scritto all'ANAS, la quale giustifica lo «stop» nei cantieri a causa delle avverse condizioni meteorologiche;
a parere dell'interrogante tale spiegazione non sarebbe sufficiente a discolpare l'ANAS per la mancata conclusione dei lavori, in quanto solamente negli ultimi due mesi (gennaio 2019-febbraio 2019) vi sono stati due episodi di abbondanti nevicate (con disagi perdurati per una sola settimana), mentre da settembre a dicembre non si è verificato alcun evento meteorologico al di fuori dell'ordinario. La situazione grava sugli abitanti della Basilicata e sulla regione stessa che, senza un'accelerazione delle opere di messa in sicurezza delle due arterie, rischia un isolamento dal resto d'Italia –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per accelerare la conclusione dei suddetti lavori, che si protraggono ormai da anni, affinché sia definitivamente ripristinata la circolazione.
(4-02404)
Risposta. — Con riferimento al l'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla società Anas e dalla direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con riguardo al percorso stradale di mirato interesse, la società Anas ha comunicato di aver attuato, nell'ultimo quinquennio, 19 interventi di manutenzione straordinaria, con una media di quasi quattro interventi all'anno e per un investimento complessivo pari all'importo di circa 67 milioni di euro.
Alla luce dei dati premessi, sia in relazione alle operazioni propedeutiche all'esecuzione dei lavori sia in occasione dello svolgimento dei pianificati interventi di ripristino strutturale degli impalcati, l'ente proprietario e di gestione ha avuto necessità, a presidio della pubblica e privata incolumità, di imporre talune limitazioni al transito, con inevitabili ripercussioni sulla circolazione veicolare.
Nel merito, Anas ha precisato di aver completato i lavori di manutenzione straordinaria dei viadotti «Pietrastretta», «Torre I», «Torre II» e «Marmo», in direzione Potenza, i quali hanno consentito la demolizione e la ricostruzione in loco di tutti gli impalcati, la sostituzione degli appoggi, l'impermeabilizzazione, la regimentazione delle acque di piattaforma e la realizzazione di una nuova sovrastruttura stradale con barriere di protezione.
Nello specifico, poi, per i viadotti «Marmo» e «Torre II», in direzione Sicignano, risulta altresì conclusa la ricostruzione dei sostegni di appoggio atti alla collocazione delle travi in cemento armato precompresso.
Cionondimeno, l'associazioni temporanea d'impresa (Ati) appaltatrice non si è attenuta al cronoprogramma dei lavori pattuito, talché la più volte citata società di gestione, nella qualità di parte committente, ha intimato a quest'ultima di procedere al completamento a regola d'arte dei lavori avviati, in particolare sollecitando la fabbricazione e successiva installazione delle travi in cemento armato precompresso.
All'attualità, considerato il cospicuo ritardo accumulato nell'esecuzione dei lavori, specie in relazione al pregiudizio arrecato alla comunità locale, Anas ha informato di aver intrapreso, in aderenza alla normativa vigente, contestazioni formali finalizzate all'avvio della procedura di risoluzione del contratto d'appalto a motivo della grave inadempienza dell'anzidetta impresa esecutrice.
Ciò posto, nel confermare che questo organo di vertice permarrà vigile sul completamento dell'intervento in argomento, si evidenzia che, ad esito dello scioglimento del summenzionato rapporto contrattuale, sarà cura dell'ente proprietario reimpostare, con ogni consentita urgenza, la prosecuzione ed ultimazione dei lavori interrotti.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la crisi in Venezuela, un Paese governato dal dittatore Maduro, continua a mietere vittime;
il blocco degli aiuti umanitari inviati attraverso le vie istituzionali non garantisce l'ausilio previsto a chi ne necessita;
i nostri connazionali in loco di I e II generazione, iscritti e non all'Aire, oltre a quelli residenti in loco per lavoro, sono innumerevoli, oltre 40.000 ufficiali solo a Maracaibo;
la necessità di un servizio diplomatico efficiente, disponibile, attento e pronto è quanto mai necessario nei momenti di crisi, come quello che sta vivendo oggi il Paese sudamericano;
non si comprende, dunque, il motivo della decisione appresa dal sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dall'Aise, Agenzia italiana della stampa estera, relativa alla chiusura del consolato di Maracaibo, a partire dal 15 marzo 2019 e sino a data da destinarsi;
con una nota del medesimo giorno, 15 marzo 2019, la sede ha comunicato ai connazionali tale decisione chiarendo che «in relazione alla grave crisi che ha recentemente colpito le infrastrutture del Paese, determinando la momentanea impossibilità di operare per il Consolato a Maracaibo, le attività di questo Ufficio sono temporaneamente sospese»; il Consolato riaprirà «non appena le condizioni esterne permetteranno la ripresa» delle attività –:
quali siano i motivi per i quali è stata sospesa l'attività del consolato generale d'Italia a Maracaibo, che abbandona a loro stessi oltre 40.000 connazionali, proprio in un momento in cui l'incolumità personale è ad altissimo rischio;
se il Governo non intenda riconsiderare la decisione circa la chiusura del consolato generale d'Italia di Maracaibo, e provvedere ad una sua celere riapertura e quali iniziative intenda assumere, nelle more di una sua riapertura, utili a predisporre soluzioni urgenti, idonee adeguate, per supplire alla chiusura del suddetto consolato.
(4-02641)
Risposta. — In merito al primo quesito si conferma che la decisione di sospendere le attività del Consolato di Maracaibo è stata assunta in ragione della grave crisi che ha colpito le infrastrutture del Paese e, in particolare, delle conseguenze derivanti dal severo blackout elettrico che a partire dal 7 marzo 2019 ha interessato l'intero Paese e – in particolare – lo Stato di Zulia, ove si trova la città di Maracaibo.
Mentre nella capitale il ripristino graduale della corrente elettrica consentiva un lento ritorno a condizioni sostenibili di sicurezza e operatività, il protrarsi del blocco energetico a Maracaibo, oltre a condizionare in modo drastico l'erogazione di servizi, metteva in ginocchio la catena di approvvigionamento della città, in cui diventava, sempre più complicato reperire beni di ogni genere – in particolare benzina per alimentare generatori d'emergenza in assenza di energia elettrica – e aumentavano in modo sensibile gli episodi di saccheggio e assalti in città, esponendo il personale del Consolato a rischi concreti e crescenti per la propria incolumità.
Il deterioramento delle condizioni di sicurezza, unito alla crisi delle infrastrutture che ha condotto alla momentanea impossibilità di erogare servizi da parte del Consolato, è quindi all'origine della decisione di sospenderne temporaneamente le attività.
Come richiamato anche dall'interrogante, la temporanea sospensione delle attività è stata tempestivamente comunicata attraverso una comunicazione pubblicata sul sito dell'Ambasciata di Caracas e del consolato stesso, oltre a essere affissa all'ingresso di quest'ultimo.
Nelle more di una effettiva riapertura del Consolato a Maracaibo, dove quello italiano è l'unico consolato di carriera esistente, la nostra struttura consolare a Caracas – presso cui è stato temporaneamente trasferito il personale di ruolo in servizio a Maracaibo – continua a offrire assistenza, nei limiti del possibile, anche alle richieste dei connazionali di Maracaibo. Sono inoltre state diramate apposite istruzioni alle sedi della rete diplomatico-consolare dei Paesi limitrofi al Venezuela affinché prestino ogni possibile assistenza ai connazionali già residenti a Maracaibo che eventualmente vi si dovessero rivolgere.
La Farnesina è naturalmente consapevole delle comprensibili preoccupazioni della Comunità di connazionali residenti nella circoscrizione consolare di Maracaibo e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero pari a circa 20.000 unità. Dal 17 al 19 aprile 2019, l'ambasciatore a Caracas ha personalmente effettuato, assistito da un adeguato dispositivo di sicurezza, una visita nella città per valutare le prospettive di ripresa delle attività del Consolato. Con l'occasione l'Ambasciatore ha incontrato una nutrita rappresentanza di cittadini italiani presso Casa Italia, rassicurandoli circa la natura del tutto temporanea della sospensione.
Allo stato attuale, sebbene non sia possibile affermare che l'emergenza che ha avuto inizio a marzo sia del tutto superata (permangono episodi ricorrenti di sospensione prolungata dell'energia elettrica e di altri servizi essenziali che continuano a suggerire un approccio prudente), l'ambasciata a Caracas ha recentemente riferito circa un lento e graduale miglioramento della situazione a Maracaibo, che si auspica non sia di natura momentanea.
A seguito di approfondita valutazione, in data 15 maggio 2019 la Farnesina ha pertanto confermato la prossima riattivazione del consolato d'Italia a Maracaibo, al servizio della comunità italiana in Venezuela. Contestualmente tale decisione veniva comunicata a Caracas dal Sottosegretario Merlo e dall'ambasciatore Mignano in occasione di un incontro con la collettività in Residenza. La Farnesina conferma che continuerà a seguire con estrema attenzione la situazione e ribadisce il suo fermo impegno a tutelare la sicurezza e gli interessi dei nostri connazionali in Venezuela.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.
DEL SESTO e GALLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
nel centro storico del comune di Piedimonte Matese (Caserta) si erge un maestoso Palazzo ducale, risalente al secolo XV, già dimora nobiliare della famiglia Gaetani d'Aragona, che rappresenta una delle più significative testimonianze storico-architettoniche della provincia;
l'immobile, dichiarato di «interesse particolarmente importante» e vincolato con decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali dell'8 maggio 1990, veniva alienato con atto pubblico di compravendita del 7 marzo 2003, notificato alla competente Soprintendenza il successivo 1° aprile;
il comune di Piedimonte Matese, con nota prot. n. 403/U.G.S./8333 del 28 aprile 2003, chiedeva all'amministrazione provinciale di Caserta di esercitare il diritto di prelazione sullo storico edificio ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo n. 490 del 1999; in tal senso il consiglio provinciale di Caserta deliberava con atto n. 62 del 27 maggio 2003; il competente Ministero assentiva a tale richiesta con decreto del 28 maggio 2003, n. 18149;
il Palazzo ducale, già in precario stato di conservazione, subiva crolli e fessurazioni per le forti scosse sismiche del 29 dicembre 2013, il cui epicentro veniva localizzato proprio nel comune di Piedimonte Matese, e del 20 gennaio 2014, che provocano danni, anche al patrimonio monumentale ed abitativo della cittadina;
la Camera dei deputati nella seduta del 27 marzo 2014 approvava la mozione n. 1-00387 con la quale si impegnava il Governo pro tempore ad adoperarsi affinché, unitamente alla regione Campania, venisse verificata la possibilità di utilizzare adeguate risorse finanziarie al fine di assicurare adeguati interventi di riparazione nelle aree interessate dagli eventi sismici;
a tal proposito, la regione Campania con delibera di giunta regionale n. 344 dell'8 agosto 2014, si assumeva l'impegno a finanziare in overbooking l'intervento di messa in sicurezza e risanamento conservativo del Palazzo ducale per 2,5 milioni di euro, con fondi a valere sull'asse 1 – obiettivo operativo 1.7 del Por Campania, Fesr 2007/2013, approvando lo schema di protocollo d'intesa con la provincia di Caserta, proprietaria del bene, che veniva sottoscritto tra le parti il 20 settembre 2014;
nonostante le raccolte di firme e le continue sollecitazioni provenienti dai comitati civici sorti spontaneamente per denunciare lo stato di totale abbandono dell'edificio storico, dal 2014 la provincia di Caserta non effettuava alcun tipo di intervento conservativo sull'immobile, il cui degrado è avanzato a tal punto da minacciare il collasso delle murature perimetrali, mettendo a rischio sia il monumento stesso, sia la pubblica incolumità;
in data 30 gennaio 2018 veniva sottoscritto un protocollo d'intesa per la valorizzazione del Palazzo ducale tra la provincia di Caserta e il comune di Piedimonte Matese, al fine di poter candidare l'immobile, inserito nel piano provinciale di alienazioni, ai finanziamenti previsti dalla mappatura sulla piattaforma i.Ter. Campania, giusta D.D. della regione Campania n. 274 del 27 dicembre 2017; a esso è seguito il decreto del presidente della provincia n. 7/Pres. del 20 febbraio 2018, con il quale si autorizzava il comune a presentare istanza per l'assegnazione di fondi per la riqualificazione e la valorizzazione dell'immobile; con deliberazione n. 18 del 7 maggio 2018 il consiglio provinciale prendeva atto del protocollo d'intesa e del decreto presidenziale sopra citati;
le già precarie condizioni si sono ulteriormente aggravate a causa dei recenti crolli di parte dei tetti verificatisi nella notte tra il 22 ed il 23 ottobre 2018, in seguito alle abbondanti piogge cadute nei giorni precedenti –:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di agevolare un intervento di messa in sicurezza del Palazzo ducale di Piedimonte Matese (Caserta) e per sostenere un progetto più ampio di riqualificazione dell'intero edificio storico.
(4-01508)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere quali iniziative questo Ministero intende adottare al fine di agevolare un intervento di messa in sicurezza del Palazzo Ducale di Piedimonte Matese.
Sulla base degli elementi forniti direttamente dalla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Caserta, si rappresenta quanto segue.
Il Palazzo dell'Aquila D'Aragona – noto come Palazzo Ducale – è sottoposto a vincolo con decreto ministeriale dell'8 maggio 1990.
L'edificio, elevato sui resti di un antico castello a protezione della via d'accesso all'antico abitato di Piedimonte Matese, riveste elevato interesse architettonico per il suo impianto tipologico-architettonico, la presenza di affreschi, decorazioni pittoriche e scultoree di grande interesse per la storia dell'arte campana ma anche perché testimone tangibile del prestigio e dell'influenza esercitata dall'illustre famiglia Caetani, specie tra la fine del seicento e gli inizi del settecento quando Aurora Sanseverino trasforma l'immobile in meta obbligata di poeti, filosofi, letterati e artisti dell'Arcadia.
Al fine di salvaguardare l'immobile, acquisito in parte da privati e in parte dalla provincia di Caserta, nell'ottobre 2009 la soprintendenza ha collaborato con l'amministrazione comunale di Piedimonte Matese alla redazione del «Progetto di recupero, restauro ed adeguamento statico, funzionale dell'immobile denominato Palazzo Ducale» – Programma Operativo Regionale Campania Fondo Europeo sviluppo regionale 2007/2013 Asse 1 – obiettivo operativo 1.7 «edifici pubblici sicuri».
L'intervento in progetto per un importo complessivo di 15.400.000 euro fu autorizzato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni con nota prot. 21275 del 27 ottobre 2009 e ai sensi dell'art. 146 con autorizzazione paesaggistica del Comune di Piedimonte Matese (prot. n. 2812U.U./20203 del 23 ottobre 2009).
Il progetto, tuttavia, non fu ammesso a finanziamento dalla Regione Campania cosicché l'amministrazione comunale presentò ricorso al Tribunale amministrativo della Campania avverso il diniego di inserimento dell'intervento nella graduatoria regionale dei finanziamenti fondo europeo sviluppo regionale 2007/2013.
In data 26 giugno 2014, in riscontro alla nota della Provincia di Caserta prot. n. 58005 del 5 giugno 2014 relativa a «Protocollo di intesa valorizzazione Palazzo Ducale di Piedimonte Matese», la soprintendenza, nel precisare la committenza del progetto in parola, si dichiarava disponibile a fornire ogni utile contributo al riguardo.
Nei primi mesi dell'anno scorso, con nota prot. n. 4266 del 15 marzo 2018, la soprintendenza in risposta al quesito formulato dal Comune di Piedimonte Matese sulla validità dell'autorizzazione concessa nel 2009, confermava la validità della stessa per i lavori previsti dal progetto di recupero, restauro ed adeguamento statico e funzionale del Palazzo dell'Aquila d'Aragona, riservandosi di dettare eventuali nuove prescrizioni in fase di esecuzione dei lavori.
In data 6 novembre 2018 con nota prot. 17543 la soprintendenza si è resa, inoltre, disponibile a partecipare al tavolo tecnico istituito dal comune per la messa in sicurezza dell'immobile e, considerate le avverse condizioni climatiche del periodo, ha chiesto all'ente, con nota prot. n. 18691 del 27 novembre 2018, di conoscere tutte le iniziative intraprese per assicurare la conservazione del bene tutelato.
La mancanza di riscontro alla su citata nota, non consente, attualmente, di fornire ulteriori informazioni sulla possibilità di attuazione del progetto autorizzato o quanto meno sulla possibilità di effettuare un intervento di manutenzione straordinaria alla copertura dell'edificio, che costituisce la causa principale del suo stato di degrado.
Pertanto, nel condividere la preoccupazione degli interroganti, circa la necessità di intervenire al più presto per evitare ulteriori danni al complesso, si ritiene che anche gli interventi iniziali di messa in sicurezza necessitano di risorse finanziarie ingenti (data la consistenza planovolumetrica del bene) rapportata all'importo complessivo del predisposto progetto, da aggiornare all'attualità dato il tempo trascorso (anno 2009).
La provincia, per la parte di sua proprietà, potrebbe avviare una raccolta fondi ai sensi della legge n. 106 del 2014, cosiddetto art bonus, al fine di sostenere almeno una parte del progetto di recupero del bene in questione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da alcune notizie riportate sulla stampa (ad esempio, l'Eco di Bergamo e Corriere della Sera 24 aprile 2018) risulterebbe in atto uno smantellamento del distaccamento del commissariato di polizia stradale di Treviglio;
già nel 2014 il Governo in carica aveva tentato la soppressione del distaccamento. L'interrogante con l'atto n. 4/03783, aveva pertanto interrogato il Ministro dell'interno, ottenendo rassicurazioni sul fatto che la logica con la quale si sarebbe predisposto il piano di riparto di pubblica sicurezza, sarebbe stata improntata per il perseguimento di «esclusive esigenze di efficientamento, senza che ne venga a soffrire la qualità del prodotto sicurezza»;
tuttavia, quanto accaduto nei giorni scorsi, sconfessa tale logica di prossimità al cittadino: i recenti trasferimenti in uscita del personale della Polstrada, infatti, non sono stati rimpiazzati. Quindi, si assiste ad un distaccamento sotto organico, che corrisponde a una diminuzione dell'attività sul territorio;
a fronte di un depauperamento dell'organico della Polstrada, si assiste di contro all'espansione di tutta la zona della bassa pianura bergamasca, e al rafforzamento di alcune grandi opere, quali la Brebemi, che coinvolge direttamente la città di Treviglio, e che ha in essa il punto nevralgico di snodo tra Brescia e Milano;
al commissariato di Treviglio fanno capo 38 comuni della bassa bergamasca e, di conseguenza, la sua chiusura lascerebbe completamente sguarnita una grande area in forte espansione –:
quali siano le intenzioni del Ministro interrogato per quel che riguarda la chiusura del commissariato di Treviglio e se non intenda adottare con urgenza misure idonee a rafforzare i ridotti organici delle forze dell'ordine in provincia di Bergamo.
(4-00122)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede notizie in merito all'eventuale chiusura del distaccamento della polizia stradale di Treviglio, in provincia di Bergamo, auspicando un'opportuna rinuncia all'iniziativa.
Si premette che la linea d'intervento che il Governo intende attuare, con determinazione, sul versante della sicurezza dei cittadini ha come obiettivo primario l'innalzamento dell'azione di prevenzione e contrasto delle Forze di polizia rispetto ai diversi fenomeni di illegalità.
Il raggiungimento di tale risultato richiede, come passaggio necessario, il potenziamento della capacità operativa delle diverse componenti del sistema sicurezza, da realizzare sia attraverso l'attuazione di un più efficace modello organizzativo degli uffici e dei reparti esistenti sia attraverso un mirato piano di potenziamento straordinario degli organici in alcuni settori strategici.
In tale quadro il dipartimento della pubblica sicurezza ha già predisposto un progetto per la revisione delle dotazioni organiche delle questure e per la definizione di un nuovo modello organizzativo delle stesse e dei commissariati di pubblica sicurezza; ciò sulla base di parametri e indicatori che fanno riferimento alla complessità dei contesti territoriali di riferimento e, in particolare modo, agli indici di delittuosità generali e al radicamento della criminalità organizzata, all'esistenza di condizioni di particolare conflittualità sociale, oltre naturalmente all'incidenza dei fenomeni migratori.
Intendo precisare che il nuovo impianto, per il quale è in corso un confronto con le organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, non prevederà in nessuna sede riduzioni di personale.
Il Governo sta procedendo, infatti, ad un potenziamento degli organici.
Su tale versante va segnalato lo stanziamento di 500 milioni di euro inserito nel disegno di legge di bilancio, approvato dal Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2018, finalizzato al piano straordinario di assunzioni per poliziotti, magistrati e personale amministrativo.
Per quanto riguarda il Ministero dell'interno, il piano straordinario di potenziamento riguarderà, oltre alla Polizia di Stato, anche il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il personale della carriera prefettizia e quello dell'amministrazione civile, al fine di assicurare il mantenimento dei necessari standard di funzionalità anche in relazione ai peculiari compiti in materia di immigrazione e di ordine pubblico e di favorire, altresì, il necessario ricambio generazionale.
Per la Polizia di Stato, l'intenzione è quella di procedere ad un ripianamento al 100 per cento del turn-over del personale attraverso l'attuazione di un piano quinquennale di assunzioni per azzerare le carenze di organico, con evidenti benefici anche sul piano dell'abbassamento dell'età media del personale in servizio.
Per quanto riguarda il caso specifico, ossia l'eventuale chiusura del distaccamento della Polizia stradale di Treviglio, si rappresenta che questo Governo, in ragione delle peculiarità dei presidi delle specialità della Polizia di Stato sul territorio, ha ritenuto di non dare seguito al piano di chiusura che aveva approntato il precedente Esecutivo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nicola Molteni.
FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il 16 luglio 2015 Terme di Salsomaggiore e di Tabiano spa – società a partecipazione pubblica (comune di Salsomaggiore Terme, provincia di Parma e regione Emilia Romagna) – in persona del legale rappresentante, presentava innanzi al tribunale di Parma ricorso di accesso alla procedura di concordato preventivo ex articolo 160 e 161, comma 6 della legge fallimentare. Il piano concordatario veniva omologato con decreto del 29 maggio 2017, depositato il 7 giugno 2017 e passato in giudicato in assenza di controdeduzioni da parte dei creditori;
in detto piano concordatario era – come è – incluso lo «Stabilimento Berzieri» (immobile di proprietà della succitata società, di pregio architettonico, in stile Liberty) sottoposto alle norme del codice dei beni culturali e del paesaggio, in forza del decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali del 15 novembre 1993. Così anche per la «Palazzina Warowland,» sottoposta a vincolo ai sensi del decreto del 26 febbraio 1993;
nella nota n. 1, pagina 4, lettera a), del decreto del tribunale di Parma (doc. 1 citato), titolata «Conclusioni relazione ex articolo 161, comma 3 legge finanziaria», si legge: «è di tutta evidenza che i valori dell'attivo patrimoniale indicati in domanda nella voce Immobili non coperti da offerta, per euro 15.295.000 (al netto del fondo svalutazione relativo stanziato per euro 9.500.000) rappresentano circa il 50 per cento dell'attivo totale della procedura. È indubbio che l'attivo patrimoniale come sopra indicato è in gran parte formato da beni molto particolari, in primis immobile “Berzieri”, la cui vendita sebbene giuridicamente come indicato in domanda attuabile, è di difficile valutazione sia relativamente all'importo della vendita che ai tempi della stessa»;
nella relazione depositata il 27 febbraio 2017 dalla consulente incaricata dal tribunale di Parma per «l'analisi degli aspetti legali connessi alla scissione del ramo miniere, nonché della cessione degli immobili sottoposti a vincolo della Soprintendenza», risulta che il decreto con cui lo «Stabilimento Berzieri» – ma lo stesso vale per la «Palazzina Warowland» – veniva dichiarato immobile di interesse particolarmente importante, ai sensi della legge n. 1089 del 1o giugno 1939, ne consentiva l'alienazione, previa richiesta di autorizzazione della proprietà alla Soprintendenza e accoglimento della stessa, con riferimento, quindi alla disciplina di cui all'articolo 55 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Del resto, la commissione regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, venne interessata del vaglio autorizzativo (e delle sue modalità attuative) anche quando il comune di Salsomaggiore Terme propose di concedere in comodato lo «Stabilimento Berzieri», il 30 settembre 2016;
ritiene l'interrogante, stante quanto sopra esposto, che «l'autorizzazione a vendere» non è solo necessaria, oggi, nella fase liquidatoria dei beni tutti oggetto di concordato, ma dovesse essere propedeutica e condicio sinequa all'epoca (nel 2015) della formulazione della domanda del concordato e, quanto meno, al momento dell'accoglimento della stessa da parte del Tribunale di Parma, essendo presupposto fondamentale della sostenibilità formale e di merito del piano oggetto di domanda concordataria. È, infatti, possibile – non solo in astratto – che la «autorizzazione a vendere» non sia assentita o, in ipotesi migliore, sottoposta a condizioni stringenti e, quindi, non appetibili per compratore alcuno;
risulta all'interrogante che la Soprintendenza di Parma – ad oggi – non abbia concesso (o quanto meno comunicato) l'autorizzazione a vendere né per lo «Stabilimento Berzieri», né per la «Palazzina Warowland» –:
se quanto rappresentato sia noto al Ministro interrogato, quali siano le valutazioni in merito e quali – per quanto di competenza – le iniziative assunte al riguardo.
(4-01928)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo alla vendita dello «Stabilimento Berzieri» e della «Palazzina Warowland» entrambi sottoposti alle norme di tutela del codice dei beni culturali.
Sulla base delle precisazioni fornite dalla soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Parma, si rappresenta quanto segue.
L'immobile denominato «Stabilimento Termale Lorenzo Berzieri», identificato al catasto del comune di Salsomaggiore Terme al fg. 21, partt. 230, 338, 339, è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge n. 1089 del 1939 con decreto ministeriale n. 1205 del 15 novembre 1993.
Il complesso, come rappresentato dall'interrogante, comprende il Palazzo delle Terme Berzieri (part. 230), significativa testimonianza di architettura e decorazione di inizio Novecento improntata agli stilemi del liberty (progetto degli architetti Ugo Giusti e Giulio Bernardini e decorazione di Galileo Chini, grande pittore e ceramista toscano), l'edificio della centrale termica (part. 338) e il coevo Istituto Chimico (part. 339).
Anche l'immobile denominato «Palazzina Warowland», identificato al catasto del comune di Salsomaggiore Terme al fg. 21, part. 231, è stato dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge n. 1089 del 1939 con decreto ministeriale n. 4355 del 26 novembre 1993.
Evidenziato quanto sopra dal punto di vista giuridico vincolistico, si fa presente, riguardo alla procedura di autorizzazione all'alienazione, che né Terme s.p.a. né il tribunale di Parma hanno mai trasmesso alla predetta soprintendenza il piano di concordato preventivo, né, tanto meno, è stata inoltrata dalla proprietà richiesta di autorizzazione all'alienazione per entrambi gli immobili in questione.
Il predetto ufficio è venuto a conoscenza del suddetto piano di concordato preventivo in maniera del tutto autonoma e per propria iniziativa.
Precisato quanto sopra, l'unica transazione prevista all'interno del piano concordatario sopracitato ed autorizzata dal tribunale di Parma, di cui la soprintendenza ha curato l'istruttoria ex articolo 57-bis del decreto legislativo n. 42 del 2004, è stata quella relativa alla concessione in comodato d'uso del Palazzo Berzieri (part. 230), in quanto sede dell'attività del ramo d'azienda «Mari d'Oriente», piscine tematiche e centro benessere «Salus per Aquam» nonché annesse attività termali.
La richiesta di autorizzazione avanzata da Terme Spa, è stata accolta positivamente dalla soprintendenza in considerazione degli obiettivi dichiarati di conservazione e salvaguardia del «Palazzo Berzieri» sanciti al punto 6 del contratto di comodato.
Il predetto parere è stato confermato dalla commissione regionale per il patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna nella seduta del 29 settembre 2016 e recepito nel decreto n. A0091 del 30 settembre 2016, con le seguenti prescrizioni:
mantenimento dell'attuale destinazione d'uso a stabilimento termale (e relativi servizi), attività ricettive e sanitarie;
l'immobile non dovrà comunque essere destinato ad usi, anche a carattere temporaneo, suscettibili di arrecare pregiudizio alla sua conservazione o comunque non compatibili con il carattere storico artistico del bene medesimo;
l'esecuzione di lavori, opere ed interventi di qualunque genere devono essere sottoposti a preventiva autorizzazione della competente soprintendenza.
Il predetto decreto è stato trascritto presso i servizi di pubblicità immobiliare dell'agenzia del territorio di Parma ai numeri 21881/15878 del 28 novembre 2018.
Con atto a rogito notaio Mario Rossi in data 30 settembre 2016 (numero repertorio 51769/9675) è stato stipulato il contratto di comodato di ramo d'azienda tra la società Terme di Salsomaggiore e di Tabiano S.p.A. ed il Consorzio Terme Berzieri (con sede in Salsomaggiore Terme, Piazzale Berzieri n. 7) per la durata di 36 mesi, eventualmente prorogabili, regolarmente denunciato alla Soprintendenza ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
In data 25 gennaio 2017 l'avvocatessa Valentina Gastaldo, nominata, nell'ambito del concordato preventivo con provvedimento del giudice delegato dottor Rogato del tribunale di Parma quale consulente per l'analisi degli aspetti legali connessi alla scissione «ramo miniere», nonché della cessione degli immobili sottoposti a vincolo della soprintendenza, ha fatto richiesta di accesso agli atti ai sensi della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, in esito al quale le sono state consegnate con nota protocollo n. 824 del 1° febbraio 2017:
1) copia conforme in carta semplice del decreto di autorizzazione al comodato d'uso n. A009 del 30 settembre 2016, emesso ai sensi dell'articolo 57-bis, del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, corredato della relativa nota di trascrizione presso il servizio di pubblicità immobiliare dell'agenzia del territorio di Parma reg. gen. 21881/reg. part. 15878;
2) file Word relativo alle n. 491 schede di catalogo OA (opere e oggetto d'arte) redatte dalla professoressa Bonatti Bacchini, tra il 1995 e il 1997; le schede cartacee, di cui una copia è stata consegnata alla proprietà, mentre l'originale è conservato presso l'ufficio catalogo beni mobili, furono sottoscritte dall'allora presidente delle Terme Spa architetto Lino Gilioli.
Si fa presente che la soprintendenza, proprio in considerazione della eccezionale importanza storico-artistica del complesso immobiliare delle terme Berzieri e della situazione fallimentare della società proprietaria, si è attivata a partire dal 2015 per avere informazioni in merito al patrimonio mobile di pertinenza delle terme ed in particolare relativamente a quel cospicuo nucleo (n. 491 unità) che è stato catalogato tra gli anni 1995 e 1997 dalla dottoressa Maurizia Bonatti Bacchini, su incarico e a spese dell'allora soprintendenza per beni artistici e storici di Parma, comprendente diverse tipologie di beni, tra cui, per citarne alcune, le opere di ebanisteria e gli arredi lignei della bottega Spicciani di Lucca, i pezzi erratici in gres, ceramica e scagliola della manifattura Chini (modelli e stampi di decorazione, decorazioni plastiche, formelle, fioriere, piastrelle, tegole, eccetera), gli arredi in ceramica (portaombrelli, lampade a muro, vasi), i salottini in bambù, i vetri (flaconi, imbuti, beute, densimetri, eccetera). Dal momento che sia parte di questo materiale, e precisamente la collezione «Ceramiche Chini», che le schede stesse erano state date in deposito al comune di Salsomaggiore, in data 10 ottobre 2016 il comune ha provveduto a riconsegnare il tutto alle Terme spa, che attualmente lo conserva nei locali del palazzo.
La soprintendenza ha inoltre richiamato le Terme spa con note protocollo n. 235 del 15 gennaio 2016 e protocollo n. 2956 del 21 aprile 2016 indirizzate al suo presidente dottor Massimo Garibaldi e per conoscenza al sindaco del comune di Salsomaggiore dottor Filippo Frittelli al rispetto della normativa di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 relativa alla procedura di alienazione dei beni immobili pubblici.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
alla Cattedrale vegetale, ideata dal defunto artista lodigiano Giuliano Mauri, veniva data attuazione in due fasi: la prima, costituita da un rinforzo arginale, si esauriva nel 2015; la seconda, riguardante la costruzione dell'architettura (posa di fondazioni in acciaio e montaggio delle parti in legno), si concludeva il 23 aprile 2017 con l'inaugurazione dell'opera, realizzata dal comune di Lodi con il sostegno della regione Lombardia, di grandi nomi dell'arte italiana, di sponsor privati e con il patrocinio de La Triennale di Milano, garante della qualità culturale del progetto;
la localizzazione della Cattedrale vegetale nel comune di Lodi, nel contesto dell'ambiente perifluviale, in sponda sinistra del fiume Adda, su una porzione dell'area denominata «ex Sicc», comportava alcuni complessi interventi preliminari alla realizzazione dell'opera; in particolare: la bonifica dei terreni e la predisposizione di un terrapieno per la soprelevazione della Cattedrale a un livello di 3 metri oltre il piano dell'argine fluviale;
il 24 settembre 2018 si verificava il cedimento di alcune delle colonne lignee della «Cattedrale vegetale»: il soffio di un fortissimo vento, cui si assommavano le condizioni già precarie delle strutture, provocava il crollo di 3 delle 108 «gabbie» in legno costituenti l'opera. Molte altre colonne risultavano significativamente inclinate, pur restando in piedi. In seguito al detto cedimento venivano tempestivamente disposte le preliminari attività di messa in sicurezza dell'area e ne veniva inibito l'accesso;
il 27 settembre 2018 il sindaco di Lodi emanava l'ordinanza contingibile e urgente n. 9 che – tra l'altro – prevedeva l'assoluto divieto di accesso all'opera in questione e all'area pertinenziale ad essa adiacente. Inoltre, atteso anche il pericolo per la pubblica incolumità, il sindaco disponeva che gli uffici competenti provvedessero alla verifica statica di tutte le colonne lignee, finalizzata ad accertare le cause del cedimento delle stesse, le condizioni di sicurezza dell'intera struttura lignea e la sussistenza di ulteriori situazioni di pericolo. Infine, l'ordinanza fissava in giorni 60 dalla data di emanazione l'efficacia della stessa;
il 21 ottobre 2018 nuove forti raffiche di vento concorrevano ad ulteriormente danneggiare la Cattedrale vegetale. Al riguardo, si evidenzia che, successivamente, veniva prorogato per 90 giorni il termine di scadenza della predetta ordinanza e che entro il 24 dicembre 2018 doveva essere consegnata la perizia del tecnico a cui era stato affidato l'incarico peritale dal comune di Lodi, e ciò al fine di avere contezza dello stato di conservazione e di sicurezza statica della struttura, individuare le cause dei danni subiti dalle colonne della Cattedrale vegetale e valutare la tipologia di interventi da porre in essere –:
se, alla luce dell'importanza che dalla critica di settore è attribuita alla Cattedrale vegetale, il Governo abbia acquisito informazioni al riguardo, in particolare sulle risultanze della perizia tecnica di cui in premessa, anche al fine di valutare la possibilità da parte del Ministero per i beni e le attività culturali di concorrere al ripristino della Cattedrale vegetale;
se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, ogni utile verifica sui profili amministrativo-contabili, anche attivando un intervento dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato della funzione pubblica, con specifico riferimento al fatto che un'opera inaugurata da soli 18 mesi già si trova in una situazione di non fruibilità.
(4-01985)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie in merito all'opera in oggetto che a seguito di condizioni meteorologiche avverse ha subito il cedimento di alcune colonne lignee e risulta in una situazione di non fruibilità come da ordinanza del sindaco del comune di Lodi del 27 settembre 2018.
Sulla base degli elementi acquisiti dai competenti uffici di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
La Cattedrale vegetale è un intervento di Art in Nature progettato dall'artista lodigiano Giuliano Mauri (1938-2009), realizzata nel 2016 seguendo le volontà dell'autore di lasciare un segno del suo lavoro nella sua terra natale.
La costruzione dell'opera si è resa possibile grazie all'Associazione Giuliano Mauri, al Comune di Lodi e al sostegno della Regione Lombardia, con il patrocinio de La Triennale di Milano, come progetto connesso con Expo 2015.
L'opera è situata nella sponda sinistra del fiume Adda, in una porzione dell'area industriale «ex Sicc» ed è soggetta a tre vincoli paesaggistici ai sensi dell'articolo 142, lettere c) e f) del codice dei beni culturali che di seguito si evidenziano:
area di rispetto corsi d'acqua tutelati – Roggia Mozzanica;
area di rispetto corsi d'acqua tutelati – fiume Adda;
parco regionale dell'Adda sud.
Sin dal 2015, sono stati effettuati importanti interventi preliminari per rinforzare gli argini del fiume.
L'opera è infatti complessa e di notevoli dimensioni: consta di 108 colonne di legno (diametro 1,20 metri) alte circa 18 metri, poste in maniera da formare cinque navate di una cattedrale.
Ciascuna colonna ospita un albero, guidandone la crescita.
L'opera occupa un'area di 1.618 metri quadrati.
La Cattedrale vegetale di Lodi è la terza versione dell'opera.
La prima idea risale agli anni ottanta e nel 1993 a Cottbus, nei pressi di Dresda, in Germania, l'artista ne costruisce una prima versione embrionale.
Nel 2001, grazie al progetto Arte Sella (Borgo Valsugana, Trento), il principale centro propulsivo di Art in Nature in Italia, Mauri costruisce il primo esempio compiuto dell'opera, che diventa lavoro centrale del progetto e immagine simbolo della valle.
Un'ulteriore versione è nel Parco delle Orobie (Bergamo) ed è stata portata a termine dopo la morte dell'artista, nel 2010.
La Cattedrale vegetale rappresenta l'opera più importante di Giuliano Mauri, tra i maggiori esponenti dell’Art in Nature italiana, tendenza artistica europea nata negli anni settanta come contraltare alla Land Art americana con lo scopo principale di intervenire in maniera minima sulla natura, con uno spiccato accento alla volontà di difesa nei confronti del paesaggio.
In quest'ottica di rilettura dello spazio naturale, la critica e il sistema dell'arte hanno riconosciuto Mauri come figura fondamentale del rapporto tra vivere e natura: nel 1976 è invitato alla XXXVII Biennale di Venezia da Enrico Crispolti, nella mostra della sezione italiana, L'ambiente come sociale e nel 1992 alla XVIII Triennale di Milano (La Vita tra Cose e Natura: il progetto e la sfida ambientale).
In merito a quanto richiesto nell'interrogazione non risultano pervenute ai competenti uffici di questo ministero informazioni tramite note o documenti ufficiali, né riguardo le vicende recenti dell'opera, né ai risultati della perizia tecnica.
Tuttavia, si ritiene che l'opera rappresenti un importante intervento artistico su suolo italiano negli ultimi anni, il cui valore è riconosciuto, oltre che da un'ampia attenzione dell'opinione pubblica, anche della critica di settore.
Per questo motivo, oltre che per rispettare la volontà dell'artista di lasciare al suo territorio di origine un segno della propria opera, si ritiene opportuno – previa autorizzazione paesaggistica – il ripristino dell'istallazione da parte del Comune di Lodi, seguendo in maniera attenta e scrupolosa le indicazioni date dall'autore nel progetto, dopo le eventuali verifiche tecniche e di sicurezza.
Si ritiene altresì necessaria una continua attività di manutenzione anche in virtù alla natura organica dell'opera.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i reiterati appelli alla prudenza e a prestare la massima attenzione nell'acquisto on line di polizze per la responsabilità civile auto non si rilevano sufficienti a evitare truffe e raggiri;
anche di recente organi di informazione on line (http://www.snachannel.it) riferiscono di vicende poco commendevoli verificatesi proprio in ragione di un ricorso non attento all'acquisto di polizze on line, conclusosi con danno e beffa per l'acquirente;
malgrado le segnalazioni dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) volte a mettere in guardia da siti internet che propongono inverosimili offerte tariffarie, malgrado l'impegno costante del Sindacato nazionale agenti di assicurazione (S.n.a.) nel segnalare i tanti, troppi casi di raggiri, vi è ancora chi si affida alla rete ad occhi chiusi, salvo poi dovere confrontarsi con un risveglio che, il più delle volte, ha le caratteristiche dell'incubo;
come detto, proprio in questi giorni, un ulteriore caso di truffa on line ha coinvolto un incauto internauta di Reggio Emilia il quale, navigando nel web a caccia di soluzioni assicurative oltremodo convenienti, è finito nella bocca del «leone» di turno: un truffatore abile nell'allestire un accattivante sito internet. Ne è conseguito l'acquisto on line della polizza con tanto di copertura per l'assistenza stradale, il trascorrere del tempo senza il ricevimento dei documenti comprovanti la stipula della polizza, nonostante l'avvenuto bonifico dell'importo preteso; la verifica da parte dell'interessato della copertura assicurativa dell'auto e la sorpresa che la targa del suo veicolo non risultava fra quelle in regola –:
se i fatti siano noti al Governo e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di meglio tutelare il consumatore da truffe on line che, come quella sopra descritta, non solo sono possibili ma che, oramai giornalmente, si verificano su tutto il territorio nazionale.
(4-02089)
Risposta. — Si risponde all'atto di sindacato ispettivo in esame, anche sulla base delle informazioni acquisite dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass).
Con il tema in argomento, l'interrogante richiama l'attenzione sul fenomeno delle truffe online nel settore assicurativo, che vede operatori ingannare migliaia di consumatori proponendo polizze assicurative a costi ribassati. Ciò che vengono operati, dunque, sono veri e propri raggiri informatici a danno degli acquirenti.
Viene altresì rilevato come il numero dei siti internet fantasma che vendono polizze assicurative, identificate dall'istituto in un solo anno, risultino pari a circa 100 unità, per un giro d'affari di svariati milioni di euro, potenzialmente in grado di provocare enormi danni economici al mercato e ai singoli consumatori.
Con particolare riguardo al fenomeno in argomento, l'Ivass ha evidenziato che le truffe online non sono una peculiarità del settore assicurativo, ma investono svariati ambiti. Ha precisato, altresì, che non sono gli «operatori» del settore (imprese assicurative e intermediari assicurativi), vigilati dall'istituto medesimo, ad attuare tali illeciti. Si tratta, piuttosto, di un fenomeno criminoso posto in essere da persone estranee (abusivi) che si spacciano per operatori di settore facendo ricorso a denominazioni che, spesso, si avvicinano a quelle di operatori regolari o che evocano al loro interno la parola «assicurazione» o suoi derivati e propongono soluzioni accattivanti.
I dati riferiti dall'istituto indicano che la raccolta assicurativa nel ramo r.c. auto avviene tramite agenzie per l'84,4 per cento, per il 3,8 per cento tramite broker, per il 2,9 per cento tramite sportelli bancari/promotori e per l'8,4 per cento tramite vendita diretta. I contratti del ramo r.c. auto sono fra quelli meno complessi e senz'altro i più diffusi.
Come noto, l'attività di vigilanza dell'Ivass sui casi di abusivismo online è pressante e continua, tenuto conto che i siti in argomento sono dei veri e propri siti «trappola», in quanto attirano il potenziale cliente invitandolo a compilare un form, che dà luogo a un successivo contatto a distanza (telefonico, WhatsApp o via e-mail).
Benché l'istituto non abbia il potere di oscurare tali siti, è stata, comunque, attuata un'intensa azione di contrasto mediante la creazione di una «rete» di contatti con soggetti autorizzati ad intervenire (forze dell'ordine, registro italiano dei domini (NIC), provider, google (ai fini dell'oscuramento dei siti stessi), imprese assicurative, Poste Italiane S.p.A. (al fine di bloccare tempestivamente le carte prepagate e i conti correnti sui quali viene chiesto di effettuare i pagamenti per le presunte polizze).
Riguardo alla specifica richiesta dell'interrogante di conoscere quali provvedimenti si intenda adottare per arginare più efficacemente il fenomeno descritto, va segnalato che con l'entrata in vigore delle recenti disposizioni nel Codice delle assicurazioni private, a partire dal 1° ottobre 2018, l'iscrizione al Rui (Registro unico degli intermediari) del titolare del nome a dominio è condizione di legittimità per l'esercizio dell'attività di intermediazione assicurativa via web.
Ne consegue, quindi, che non è conforme alla normativa vigente ed è, perciò, vietata l'attività di promozione e collocamento di polizze assicurative mediante siti internet il cui nome a dominio non è riferibile ad un soggetto regolarmente iscritto nel Rui.
Tra le azioni intraprese al fine di prevenire le descritte problematiche, si ricordano inoltre le attività di moral suasion messe in campo dall'Ivass, anche con il contributo del Ministero dello sviluppo economico, al fine di sensibilizzare gli utenti sul fenomeno delle truffe online ad ampio raggio, attraverso «raccomandazioni» pubblicate su organi di stampa, interviste, interventi in programmi Tv orientati alla tutela dei consumatori e campagne di comunicazione nazionale.
Altra importante iniziativa è il progetto di nuova preventivazione pubblica online, sviluppato dall'istituto in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico, sulla base del provvedimento regolamentare recante l'offerta del cosiddetto contratto base rc auto, che consentirà, tra l'altro, al cliente di avere un contatto diretto con le compagnie autorizzate e non con «operatori» falsi.
Il testo è in fase conclusiva e sono in corso i dovuti approfondimenti degli elementi rilevanti da parte dei competenti uffici del ministero, al fine di assumere le decisioni più opportune al riguardo.
Occorre altresì evidenziare che l'utilizzo di internet è espressamente previsto dalla direttiva europea sulla distribuzione assicurativa (direttiva del Parlamento europeo 2016/2017), la quale dispone che «le imprese di assicurazione che vendono direttamente prodotti assicurativi sono incluse nell'ambito di applicazione della presente direttiva analogamente agli agenti e ai mediatori di assicurazione».
La distribuzione tramite internet, sia da parte delle imprese che da parte degli intermediari, è altresì oggetto di specifica disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni private (articolo) 106 che prevede la possibilità di distribuzione tramite internet o altri mezzi di informazione; articolo 107-bis, 108 e 109), nel regolamento Ivass 40/2018, parte terza – esercizio dell'attività di distribuzione – capo III – promozione e collocamento di contratti di assicurazione mediante tecniche di comunicazione a distanza (articoli da 69 a 83) e nel regolamento 41/2018, articolo 42 (che consente il pagamento del premio assicurativo successivo al primo, tramite sistemi informatici).
In conclusione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico tiene conto delle possibili ripercussioni che le truffe assicurative online possono avere sui consumatori e, nell'ambito delle proprie specifiche competenze, valuterà l'opportunità di adottare eventuali misure tecnicamente percorribili, anche normative, volte a inibire tale fenomeno e a tutelare i diritti dei consumatori e utenti della rete, nonché tutti gli operatori del settore.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Dario Galli.
FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a Pavia, in occasione della cerimonia ufficiale del 25 aprile era stato scelto come oratore il giornalista Piero Scaramucci, per decenni autorevole giornalista Rai autore di inchieste sulle stragi fasciste, ex direttore di Radio Popolare, un professionista che ha dedicato la sua carriera all'impegno civile;
il nome di Scaramucci sarebbe stato indicato dall'ex sindaco di Pavia, ma tale nome, evidentemente, non sarebbe stato gradito dal presidente della provincia di Pavia che avrebbe spiegato al commissario prefettizio Flavio Ferdani, che sta guidando il comune dopo le dimissioni del sindaco, che la personalità di Scaramucci sarebbe stata troppo «connotata» politicamente, soprattutto alla vigilia del prossimo appuntamento elettorale;
la prefettura di Pavia avrebbe quindi convocato d'urgenza il comitato cittadino chiamato ad organizzare le manifestazioni per il 25 aprile decidendo di indicare quale oratore ufficiale il rettore dell'Università di Pavia; a parere dell'interrogante il fatto che un commissario prefettizio, evidentemente preoccupato dal profilo professionale e di impegno civile di Piero Scaramucci, si attivi per revocare l'invito a tenere l'orazione ufficiale in piazza per il 25 aprile è assolutamente incredibile e sconcertante;
così come non è ammissibile, ad avviso dell'interrogante, che un funzionario dello Stato si permetta di censurare un giornalista sulla base dei suoi orientamenti politico-culturali, escludendolo a ridosso dell'evento, tanto che, durante il percorso del corteo erano ancora visibili i manifesti che indicavano Scaramucci come oratore, e per di più, stando alle cronache, dopo un intervento del presidente della provincia;
contro tale scelta hanno protestato anche la Federazione nazionale della stampa, l'Associazione lombarda dei giornalisti e Articolo 21, parlando di scelta che disonora la Costituzione –:
se il Ministro interrogato intenda verificare quanto descritto in premessa e quali siano state le effettive motivazioni per cui il commissario prefettizio di Pavia ha deciso di escludere il giornalista Piero Scaramucci dal programma delle celebrazioni del 25 aprile a Pavia e, ove venisse confermato che tale esclusione sia avvenuta perché Scaramucci è stato considerato troppo «connotato» politicamente, quali iniziative il Ministro intenda intraprendere nei confronti del commissario prefettizio in relazione a tale scelta che all'interrogante appare fortemente discriminatoria.
(4-02810)
Risposta. — Il 29 marzo 2019, l'ex sindaco di Pavia, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni poi divenute irrevocabili il 2 aprile 2019, presiedeva una seduta del comitato cittadino per definire il programma della celebrazioni del 25 aprile e per individuare il nominativo dell'oratore ufficiale. In quella sede indicava a tal fine il giornalista RAI Piero Scaramucci.
Durante la riunione, alla quale partecipavano – per la cura dei successivi aspetti organizzativi – anche due dipendenti della Prefettura di Pavia, il rappresentante dell'Anpi, non condividendo il nominativo, proponeva di affidare l'orazione ufficiale al dottor Davide Conti, storico e consulente dell'Archivio storico del Senato della Repubblica. Proposta, condivisa e sostenuta anche dal rappresentante dell'amministrazione provinciale.
Ciò nonostante, il predetto primo cittadino manteneva ferma la propria scelta.
Successivamente all'insediamento del Commissario prefettizio al Comune di Pavia, il Presidente della Provincia, riproponeva allo stesso la questione della scelta dell'oratore ufficiale, ribadendo il proprio dissenso nei confronti della individuazione operata dall'ex Sindaco.
Inoltre, il 17 aprile 2019, il commissario prefettizio veniva contattato, via mail, dal presidente della sezione pavese dell'Anpi e dal vicepresidente Anpi provinciale, per avere ulteriori informazioni in merito al programma della cerimonia in questione.
Percependo il permanere di un clima di divisione creatosi intorno all'evento, e lungi da ogni valutazione fondata su asserite preclusioni in ordine alla connotazione del giornalista precedentemente scelto il commissario riteneva, pertanto, opportuno approfondire la scelta operata e ricercare una figura istituzionale, alternativa alle due proposte, legata al territorio e tale da poter ricomporre le differenti posizioni.
Con operato di massima trasparenza, dunque, il commissario informava del proprio intendimento sia il Presidente della Provincia che l'ex Sindaco, al quale, acquisitane la non contrarietà, affidava il compito di disimpegnare il dottor Scaramucci.
Conseguentemente, il predetto commissario convocava in Prefettura, per il 19 aprile 2019, una riunione a cui partecipavano i rappresentanti dell'amministrazione provinciale, delle Forze dell'ordine, di Assoarma e Anpi provinciale.
In tale sede, il commissario proponeva il nominativo del Magnifico rettore dell'Università di Pavia, professor Fabio Rugge.
Detta indicazione veniva apprezzata e condivisa dal presidente della Provincia e dai rappresentanti di Assoarma, ma non dai rappresentanti dell'Anpi che evidenziavano l'inopportunità, a loro avviso, della figura scelta, ritenendo che l'accademico non si fosse dimostrato «super partes» in precedenti cerimonie pubbliche quali l'inaugurazione dell'Anno accademico.
Tenuto conto della maggioritaria condivisione registrata sul nome e che le osservazioni dei rappresentanti dell'Anpi non apparivano giustificative della ricerca di un ulteriore nominativo, né i tempi consentivano l'individuazione di un «quarto» relatore, il commissario chiudeva l'incontro confermando nel rettore, l'oratore ufficiale della cerimonia in questione.
Il 25 aprile 2019 si è tenuta la manifestazione che si è articolata attraverso alcune deposizioni di corone, la celebrazione della Santa Messa e la manifestazione finale in piazza Italia con la presenza di circa 500 persone.
Nel momento in cui il rettore ha tenuto la propria orazione, un gruppo di circa 50 persone appartenenti ad una sezione dell'Anpi e militanti della Rete antifascista hanno dato vita a forme di disturbo che, tuttavia, non hanno provocato alcuna interruzione dell'intervento dell'oratore, né incidenti o problematiche di ordine e sicurezza pubblica.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
GALLO, VILLANI, DORI, CASA, SARLI, NAPPI, CARLA GIULIANO, PALMISANO e PERANTONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Gori S.p.A., gestore del servizio idrico integrato nell'ambito distrettuale sarnese-vesuviano della regione Campania e partecipata da Acea al 37 per cento attraverso la controllata Sarnese Vesuviano s.r.l., gestisce il servizio idrico in settantasei comuni tra le province di Napoli e Salerno;
sulla base di quanto riportato da un articolo pubblicato da «Il FattoQuotidiano» del 9 febbraio 2019, la procura di Torre Annunziata (Napoli), a seguito di un'indagine di quasi dieci anni su fatti antecedenti al 2010, ha affermato nell'atto giudiziario di richiesta di archiviazione, l'avvenuta assunzione clientelare di centinaia di lavoratori presso la Gori S.p.A., segnalati dai sindaci ed amministratori dei comuni consorziati con l'ente D'Ambito Sarnese Vesuviano. Tale ente avrebbe dovuto svolgere il ruolo di «controllore» in quanto titolare del 51 per cento del capitale sociale della stessa Gori;
secondo una ricostruzione del quotidiano, basata sulle testimonianze, intercettazioni e documenti raccolti, l'intenzione di Acea è stata di consolidare il proprio titolo in Borsa negli anni precedenti al 2009 e per farlo, era necessario il sostegno dei sindaci e amministratori con i quali, in cambio di numerose assunzioni, è stato possibile approvare bilanci positivi e piani di sviluppo della controllata Gori;
nell'articolo si conferma altresì che, sulla base di quanto emerso dalle indagini, le consulenze affidate dalla Gori, gli appalti ed il cospicuo numero di assunzioni pari a circa 674, queste ultime caratterizzate da lavoratori in parte non in possesso delle competenze necessarie allo svolgimento delle mansioni richieste, siano state elemento di scambio tra socio pubblico e privato, al fine di portare a compimento il proficuo business della privatizzazione dell'acqua, avviata nel 2002;
si ritiene siano doverose le dimissioni dell'attuale amministratore delegato della Gori S.p.A. ed ex dirigente Acea Giovanni Paolo Marati, già incaricato del medesimo ruolo dal 2009 al 2014, il cui nome era iscritto nel registro degli indagati in merito all'inchiesta sopra esposta;
con la richiesta di archiviazione della procura per prescrizione dei reati, ormai non più perseguibili in quanto commessi da più di dieci anni, resteranno impuniti i responsabili della cattiva gestione di uno dei principali operatori nazionali nel settore idrico ed energetico, con ingenti effetti negativi che si ripercuoteranno sui consumatori e sulle finanze dello Stato –:
se sussistano i presupposti per procedere all'invio di ispettori ministeriali presso la procura di Torre Annunziata, al fine di verificare l'avvenuto regolare svolgimento del procedimento penale.
(4-02836)
Risposta. — Con l'interrogazione in esame gli interroganti chiedono di sapere «se sussistano i presupposti per procedere all'invio di ispettori ministeriali presso la Procura di Torre Annunziata, al fine di verificare l'avvenuto regolare svolgimento del procedimento penale» che ha interessato la Gori s.p.a., società che gestisce il servizio idrico integrato di 36 comuni delle province di Napoli e Salerno.
Lamentano infatti che dopo circa 10 anni di indagini il procedimento sarebbe stato archiviato per intervenuta prescrizione dei reati, e che, secondo quanto ricostruito da un articolo pubblicato da «Il Fatto Quotidiano» il 9 febbraio 2019, sarebbe emerso che la società avrebbe proceduto alla «assunzione clientelare di centinaia di lavoratori presso la Gori s.p.a., segnalati dai sindaci ed amministratori dei comuni consorziati con l'ente d'Ambito Sarnese Vesuviano».
Ringraziando per la sollecitazione, devo immediatamente precisare che dalle informazioni assunte dal procuratore generale della Corte d'Appello di Napoli, opportunamente interpellato sulla vicenda, non è stato ravvisato alcun elemento idoneo a iniziare procedure ispettive nei confronti dell'ufficio giudiziario che ha gestito il procedimento penale in questione.
Risulta infatti dalle informazioni assunte che la procura competente si è doverosamente attivata per acquisire elementi volti all'accertamento dei fatti, ed ha scrupolosamente vagliato ogni aspetto della vicenda.
Il procedimento si è caratterizzato per una complessissima attività di intercettazione, che ha portato nel corso delle indagini stesse alla contestazione del reato, di abuso d'ufficio, falso, corruzione, turbativa d'asta e truffa aggravata, che avrebbero interessato 26 indagati per condotte poste in essere in epoca antecedente al 2010, e pertanto non più perseguibili per intervenuta prescrizione.
Sotto il precipuo aspetto delle assunzioni clientelari, a seguito di rivelazioni fatte da alcuni lavoratori stessi, sono tutt'ora in corso i doverosi accertamenti investigativi e gli opportuni riscontri.
Tutto ciò premesso non si è ritenuto di attivare procedure ispettive.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.
IORIO, BUOMPANE, DEL SESTO, DEL MONACO, GRIMALDI e GIOVANNI RUSSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
con avviso di vendita prot. n. 19943 del 29 novembre 2018, la direzione regionale Campania dell'Agenzia del demanio, ha posto in vendita, unitamente ad altri 26 lotti, i locali a piano terra prospicienti su piazza Dante in Caserta e ubicati nel padiglione «Demanio Trieste», costituenti il lotto n. 16;
il fabbricato «Padiglione Trieste», cui appartiene l'immobile del lotto n. 16, è stato dichiarato di interesse storico-architettonico con decreto n. 378 del 2017;
il comune di Caserta, come riportato nella delibera di giunta comunale n. 2 del 2019, non ha attivato il diritto di prelazione a causa dello stato di dissesto economico finanziario dell'ente;
i locali del lotto di cui sopra ospitano, nella loro intera superficie, il Circolo nazionale di Caserta, sodalizio che affonda le sue radici nel lontano 1836, istituito per volontà di Ferdinando II di Borbone e inizialmente intitolato come «Casina militare»;
la storia del sopra citato sodalizio, si fonda, non solo sul patrimonio bibliografico sopravvissuto all'incuria del tempo e alle vicende belliche, ma sulla specifica documentazione conservata presso l'archivio di Stato. Il primo statuto risulta essere datato 1861, quando la primitiva denominazione di «Casina militare» viene mutata in «Casina nazionale», divenendo poi, nel 1867, «Circolo nazionale»;
il circolo nazionale di Caserta si connota, oggi come ieri, quale imprescindibile punto di riferimento per un dibattito culturale aperto, all'insegna del dialogo, dell'ascolto civile, della partecipazione intorno ai grandi temi della società contemporanea. Con la sua multiforme attività – dai numerosi incontri sui temi di interesse scientifico, economico storico, letterario, artistico, teatrale e sociale, alle diverse attività ricreative, oltre che una biblioteca che vanta oltre 2000 volumi – il Circolo nazionale di Caserta, negli storici locali di cui sopra e oggetto di vendita, raccoglie attorno a sé la cittadinanza casertana e si pone come l'autentico laboratorio culturale del centro cittadino –:
se si ritenga di adottare iniziative, per il tramite della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, per verificare, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 se ci siano le condizioni per apporre un vincolo di interesse storico-culturale al sodalizio di cui sopra e consequenzialmente garantirne la continuità.
(4-02029)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere se questo Ministero, per il tramite della soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, intende adottare ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004 un vincolo di interesse storico-culturale al complesso demaniale denominato «Padiglione Trieste di Caserta».
Sulla base delle precisazioni fornite dalla competente soprintendenza territoriale, si rappresenta quanto segue.
In data 3 novembre 2017 la soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Casera e Benevento, ha inoltrato al segretariato regionale per la Campania del Ministero per i beni e le attività culturali gli atti relativi alla procedura di verifica dell'interesse culturale di un cespite immobiliare denominato padiglione demanio grande sito in corso Trieste, 44 a Caserta.
La proposta sottoposta all'attenzione della commissione regionale per il patrimonio culturale della Campania, è confluita nel provvedimento di dichiarazione dell'interesse culturale n. 378 del 10 novembre 2017.
In quella sede, pur tenendo conto delle funzioni storiche allocate nel fabbricato, non si ritenne di fissare particolari vincoli funzionali e di destinazione, riservando a successive valutazioni di merito le modalità di assolvimento delle esigenze conservative del bene in conformità al dettato normativo.
Infatti, la struttura dell'edificio ed i caratteri storico-artistici che presenta furono ritenuti sufficienti ad assicurare la possibilità di definire gli interventi sulla base di progetti di restauro, da sottoporre alle procedure autorizzative di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004, idonei a garantirne la conservazione.
Allo stato non sono emersi nuovi elementi che suggeriscano una diversa valutazione, in considerazione del fatto che, come riportato in bibliografia e come risulta agli atti giacenti e consultati presso il proprio archivio, il circolo nazionale di Caserta, in più tornate, nel corso degli eventi bellici legati all'ultimo conflitto, ha subito la perdita di quasi tutto il patrimonio mobile (costituito dagli arredi, libri, dipinti e altro), che avrebbe potuto consentire di imprimere agli ambienti in questione una specifica connotazione tale da indurre la soprintendenza a formulare una proposta di un vincolo di destinazione, in aggiunta alle valutazioni che hanno portato, invece, all'emanazione del solo provvedimento di tutela succitato.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il Governo canadese, negli ultimi tredici anni (2006-2018), ha concesso 3.371.318 permessi di residenza permanente nel Paese a stranieri che ne avevano fatto richiesta in base alle normative in vigore in questo settore;
i permessi di residenza permanente riconosciuti ai cittadini italiani nello stesso periodo ammontano a 7.519, equivalenti allo 0,19 per cento del totale;
un dato così esiguo contrasta con l'entità e la consistenza della comunità di origine italiana che, secondo i dati ufficiali di provenienza pubblica, attualmente supera il milione e mezzo di persone (1.587.960) e, oltre ad essere una delle più rilevanti sul piano numerico, ha raggiunto livelli di integrazione elevati e consolidati, dando un significativo apporto alla costante modernizzazione e allo sviluppo del Paese;
l'interesse dei cittadini italiani per la destinazione canadese, per altro, è elevato e costante, sia per la notevole ripresa dei flussi in uscita dal Paese, sia per il richiamo che le relazioni familiari e di conoscenza con italo-canadesi esercitano in modo capillare in ampie aree sociali e zone territoriali dell'Italia;
l'adozione, da parte del Governo canadese, del provvedimento «Express Entry», che prevede requisiti linguistici di partenza e complesse procedure amministrative, non sembra facilitare l'attenuazione e il superamento del gap che di fatto si manifesta nei confronti dei nostri connazionali;
allo stato, inoltre, non è possibile intravedere un intento politico orientato a regolarizzare la posizione degli stranieri presenti in Canada senza documenti, tra i quali non sono pochi gli italiani, né una sanatoria nei loro confronti;
lo stesso numero di visti per vacanze-lavoro concordato tra i due Paesi (1.000 all'anno) è insufficiente a soddisfare la domanda e, inoltre, essi non includono le categorie degli Young Professional e dell’International Co-Op, riconosciute invece a favore di altri Paesi –:
se non intenda avviare iniziative bilaterali con le autorità canadesi, in virtù anche degli ottimi rapporti che intercorrono tra i due Paesi, al fine di valutare la possibilità di rafforzare il sistema dei visti vacanza/lavoro per i giovani che intendano usufruire di tale modalità di formazione e di ingresso nel mondo lavorativo, allargandolo anche alle altre categorie escluse, e di aumentare la concessione dei permessi di residenza permanente per gli italiani nel rispetto degli ordinamenti e delle leggi di entrambi i Paesi.
(4-01681)
Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sostiene da tempo la definizione di nuovi accordi bilaterali riguardanti programmi di scambi per vacanze-lavoro, quale valido strumento di creazione di opportunità per i giovani italiani.
In questa materia è in vigore con il Canada un memorandum of understanding, firmato ad Ottawa il 18 ottobre del 2006, che ogni anno consente a 1.000 giovani tra i 18 e i 35 anni per ciascuno dei due Paesi di trascorrere fino a 12 mesi nel Paese partner, svolgendo un'attività temporanea di lavoro, regolarmente retribuito, per un periodo di sei mesi.
La normativa italiana, tuttavia, impone che su sei mesi di attività lavorativa non più di tre possano essere trascorsi con il medesimo datore di lavoro (confronta articolo 27, comma 1, lettera r), del testo unico n. 286 del 1998 e successive modifiche ed integrazioni e articolo 40, comma 20, del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni), al contrario del Canada che non pone tale limite.
Il Governo canadese ha lamentato questa mancata corrispondenza, ritenendo in particolare che la divisione del semestre di lavoro in due diversi impieghi costituisse un disincentivo nella scelta dell'Italia come destinazione per il programma «vacanze-lavoro»; un disincentivo tale, nella visione canadese, da spiegare il perché il numero dei giovani canadesi che partecipano al programma sia stato finora costantemente di gran lunga inferiore a quello degli italiani.
Da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si è ritenuto quindi opportuno – acquisito il parere positivo dei competenti Ministeri dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali – proporre alla controparte una revisione del testo dell'accordo con la previsione di un permesso di lavoro aperto per un intero anno. Tale estensione, implicando il superamento dei limiti temporali e procedurali imposti dalla normativa italiana, necessitava che il Memorandum of understanding fosse elevato al rango di trattato internazionale e soggetto a ratifica parlamentare.
Al fine di avviare i negoziati, nel dicembre 2015 una bozza di accordo è stata sottoposta all'attenzione delle competenti autorità canadesi. Finalizzate tutte le procedure interne per iniziare il negoziato, la controproposta canadese è giunta per le vie ufficiali nel settembre 2018.
Il nuovo testo di accordo, sul quale si sta lavorando, oltre ad accogliere la proposta italiana di cui sopra, allarga la partecipazione ad altre due categorie di partecipanti: Young Professionals, dedicato a coloro i quali, già in possesso di un titolo di studio post-secondario (equivalente a una nostra laurea triennale), intendano acquisire un'esperienza lavorativa professionale nel Paese ospite e international coop, rivolto a studenti che, al fine di completare il proprio corso di studi postsecondario, intendano effettuare un tirocinio curricolare su materie correlate al proprio percorso di studio presso un'azienda operante nel Paese ospite.
L'inserimento di young professionals (YP) e international coop (IC) nell'ambito dell'accordo in negoziazione consentirebbe al nostro Paese di sfruttare tutte le opportunità offerte dal cosiddetto International experience Canada, ampliando l'offerta per i giovani italiani che desiderino trascorrere limitati periodi in Canada acquisendo esperienza, senza rinunciare o diminuire le quote per le cosiddette vacanze lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.
LATTANZIO e NITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il 27 agosto 2018 sono iniziati i lavori per l'edificazione di 10 villini nell'area del villaggio neolitico del quartiere di Palese, a Bari;
l'area in questione è stata interessata da indagini archeologiche a partire dal 2012, al fine di definire l'estensione e la consistenza del deposito archeologico in vista proprio del progetto di nuove edificazioni a uso residenziale;
la direzione generale archeologia del Ministero per i beni e le attività culturali riportava che il sito è «uno dei più significativi della costa adriatica pugliese in quanto a estensione (4 ettari) durata (VI-IV millennio a.C.)». Sebbene tale scoperta fosse ritenuta dunque di particolare rilievo archeologico, nel gennaio 2015 la Soprintendenza ha rilasciato comunque il nulla osta all'edificazione dell'area;
in una nota inviata dal Soprintendente di Bari, Luigi La Rocca, alla direzione generale archeologia il 29 agosto 2018, veniva evidenziato che l'indagine archeologica del 2012 (portata avanti fino al 2014) aveva stabilito che il giacimento fosse già stato compromesso nel suo stato di conservazione, oltre che per la costruzione di edifici moderni nell'area limitrofa, anche da una intensa frequentazione in antico del luogo, a seguito di ravvicinate operazioni di bonifica e rifacimento. Per tali motivi si rendeva complessa un'opera di conservazione attraverso restauri duraturi in un'area considerata già fortemente urbanizzata e priva di rilevanza paesaggistica. In tal modo si è determinato l'esaurimento dell'esigenza di tutela dell'area da un punto di vista archeologico;
d'altro canto, tale decisione non è stata condivisa da più fronti: si sono infatti susseguiti numerosi tentativi di sensibilizzazione per la salvaguardia dell'area del villaggio Neolitico, sia da parte di comitati civici che da parte di attori istituzionali locali, sia a livello regionale che comunale;
negli ultimi mesi, le indagini archeologiche nell'area dell'aeroporto di Palese hanno portato alla luce i resti di una ulteriore zona soggetta ad antropizzazione risalente a circa 6000 anni fa: tale scoperta lascia intendere l'elevata possibilità che nel territorio di Palese siano ancora molte le aree archeologiche non ancora scoperte e che sia, quindi, necessaria una maggiore attenzione ed un livello più approfondito di indagini archeologiche in tutta la zona interessata –:
il 29 agosto 2018 il «Comitato promotore per l'Arcipelago Neolitico» – comitato civico composto da esperti in materia archeologica, di civiltà classica, geologia ed urbanistica – ha rilasciato un comunicato stampa per richiedere il fermo dei lavori per la costruzione delle nuove abitazioni, proprio per la possibilità che il villaggio prosegua ben oltre la ristretta area indagata, evidenziando anche l'esempio di Matera, dove proprio la sua cultura neolitica ha permesso il suo posizionamento come Capitale della cultura 2019;
il 3 settembre 2018 una delegazione del Movimento 5 Stelle – sostenuta dai deputati Paolo Lattanzio e Michele Nitti, coinvolgendo i consiglieri regionali Antonella Laricchia e Gianluca Bozzetti, ed il consigliere comunale Sabino Mangano – ha incontrato formalmente il Soprintendente di Bari al fine di approfondire le dinamiche relative al sito di Palese e i possibili sviluppi. In tale occasione è stata inoltrata la richiesta di ricezione dell'inventario completo dei reperti ritrovati nell'area di Palese, a cui la Soprintendenza ha risposto il 24 settembre 2018, fornendo quanto richiesto –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti summenzionati e se intenda tener conto delle perplessità degli attori che sostengono il valore culturale del sito di Palese;
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle motivazioni che, secondo la Soprintendenza, ostacolano la musealizzazione del sito di Palese.
(4-01378)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di sapere se questo Ministero è a conoscenza delle motivazioni che ostacolano la musealizzazione del sito di Palese.
Sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, previa acquisizione di elementi istruttori forniti dalla soprintendenza competente per il territorio, si comunica quanto segue.
L'area destinata alla edificazione di dieci villini, inserita in un contesto fortemente antropizzato, è stata interessata da un lungo procedimento di tutela avviato nel 2011 e concluso, per gli aspetti di competenza, con il rilascio del parere favorevole da parte della soprintendenza archeologia della Puglia in data 19 gennaio 2015, prot. n. 558.
A seguito di esposti e richieste di chiarimenti inoltrate da soggetti diversi, riferiti a presunte irregolarità procedurali e all'opportunità di preservare in loco quanto emerso, più volte la soprintendenza ha fornito elementi istruttori circa le indagini di verifica preventiva dell'interesse archeologico effettuate e le risoluzioni prese in merito alla destinazione dei contesti archeologici presenti dell'area.
Ad un esposto presentato il 27 febbraio 2015 dal presidente dell'associazione ecomuseale del Nord Barese, la soprintendenza archeologia della Puglia ha risposto con una circostanziata e approfondita relazione (nota n. 3222 del 23 marzo 2015).
Elementi informativi inerenti alla tutela del luogo sono stati inoltre inviati, con nota n. 3533 del 31 marzo 2015, dalla soprintendenza competente al segretariato generale della Presidenza della Repubblica.
Anche la successiva ispezione in loco, disposta dal segretariato generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con nota n. 5315 del 5 maggio 2015, ha portato l'archeologo dirigente ispettore Mariarosaria Barbera a concludere di non aver «individuato irregolarità né nel rilascio dell'autorizzazione, né nella conduzione delle indagini» (relazione n. 6389 del 27 maggio 2015).
Nello stesso anno con il decreto di Archiviazione n. 495/2016, relativo all'esposto collettivo presentato dal presidente dell'associazione ecomuseale nord barese e all'ipotesi di reato notificata al soprintendente dalla procura della Repubblica di Bari, il tribunale di Lecce rilevava l'assenza di qualsivoglia violazione di legge.
Le questioni inerenti alla tutela del luogo sono state recentemente oggetto di un ulteriore esposto a firma dell'architetto Eugenio Lombardi, analogo nei contenuti al precedente del 2015.
Su richiesta della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio, la competente soprintendenza di Bari, ha nuovamente fornito riscontro all'esposto con nota n. 10338 del 17 settembre 2018 che, ad ogni buon fine, si trascrive:
«Entrando nel merito di quanto evidenziato dal firmatario dell'esposto, per quanto di competenza di questo Ufficio che, come noto, non ha titolo a rilasciare concessioni edilizie, pare opportuno ricordare, sebbene in sintesi, i termini della questione.
A seguito della trasmissione, da parte del Comune di Bari, di un progetto per la realizzazione di civili abitazioni in un'area di proprietà privata ricadente in pieno centro urbano di Palese (Bari), in zona di completamento edilizio B/5 del PRG di Bari nonostante il fatto che l'area medesima non fosse interessata da alcun tipo di vincolo ai sensi del vigente Codice di tutela dei beni culturali e del Paesaggio, la allora Soprintendenza Archeologia della Puglia richiese l'esecuzione di indagini preventive per valutare la presenza di eventuali stratigrafie archeologiche. Esse consentirono di individuare, in una zona circoscritta rispetto all'intera superficie interessata dal progetto, l'esistenza di un deposito archeologico di epoca preistorica determinando, di conseguenza, l'approfondimento delle ricerche cosicché tra il 2012 e il 2014 l'area è stata interessata da 5 successive campagne di scavo stratigrafico dirette dalla Soprintendenza e la cui esecuzione è stata affidata a imprese abilitate e in possesso della qualificazione OS25, con la conduzione sul campo da parte di archeologi professionisti del settore preistorico, integrati da specialisti afferenti alle discipline bioarcheologiche e paleoantropologiche per lo studio dei reperti organici. Gli scavi, eseguiti a mano e senza alcuna presenza di mezzi meccanici, hanno sfogliato l'intera sequenza stratigrafica fino al raggiungimento del terreno vergine, ossia della bancata calcarenitica naturale procedendo secondo la prassi metodologica propria della disciplina archeologica che costituisce sempre, come potrà ricavarsi dalla lettura di un qualsiasi manuale dedicato alla materia, evento distruttivo dal momento che si attua attraverso la rimozione dei livelli archeologici, da quelli più recenti a quelli più antichi. È stato in tal modo possibile acquisire la conoscenza quanto più esaustiva possibile delle diverse fasi di occupazione del sito databile tra il VI e il IV millennio a.C. e caratterizzato dalla presenza di cumuli di pietre derivati dal disfacimento di strutture sottostanti, di sepolture talora ricavate all'interno dei cumuli medesimi, di scarsi resti struttivi, tra cui parte di un muro di terrazzamento e di una superficie lastricata destinata ad attività non ben definite. Al tempo stesso lo scavo ha consentito di valutare la notevole incidenza, sul grado di conservazione del deposito archeologico di fenomeni erosivi naturali e, soprattutto, di danni arrecati dalle fondazioni in profondità degli interventi moderni dal momento che l'area era interessata dalla presenza di alberature e di resti strutturali diffusi di un vecchio giardino quali vasche e cisterne, di due edifici risalenti ai primi del secolo scorso e di una villa di più recente costruzione, con relativi sotto servizi, il tutto in un evidente stato di degrado. Alla luce della tipologia e della consistenza delle evidenze strutturali prive di continuità pianimetrica ed estremamente precarie essendo realizzate in terra, argilla e pietre disposte a secco e del fatto che il giacimento fosse, come detto, fortemente compromesso nel suo stato di conservazione, non si è ritenuto che ci fosse la possibilità di una musealizzazione in situ che avrebbe, tra l'altro, reso necessari interventi di restauro particolarmente e inutilmente invasivi. È d'altra parte molto ampia la trattatistica relativa alla sostanziale impossibilità di conservazione in situ delle evidenze preistoriche all'aperto e di conseguenza prevalente la scelta di procedere con lo scavo stratigrafico condotto fino all'esaurimento del deposito e, quindi, delle esigenze di tutela, secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 9 lettera a) del decreto legislativo n. 50 del 2016 in materia di verifica preventiva dell'interesse archeologico (basti pensare, trai numerosi esempio, ai casi della Base Militare Americana Dal Molin di Vicenza o della Base Nato di Gricignano di Aversa realizzate successivamente allo scavo di vasti insediamenti preistorici).
Ad ogni buon conto, ai fini di una migliore valutazione della procedura messa in atto si elencano di seguito le attività condotte:
scavo archeologico stratigrafico a mano delle unità stratigrafiche in estensione, sino al completo raggiungimento della bancata calcarenitica di base;
posizionamento dei resti archeologici in pianta:
documentazione fotografica generale e di dettaglio di tutte le unità stratigrafiche individuate:
documentazione grafica (rilievi, piante e sezioni) di tutte le unità stratigrafiche individuate;
rilievi fotogrammetrici con drone teleguidato per viste zenitali dall'alto;
campionamento mirato di sedimenti per le analisi sedimentologiche e micromorfologiche; concotti e sedimenti per la flottazione (avvenuta sul campo) per le analisi paleobotaniche; mappatura delle alterazioni termiche su alcuni piani di frequentazione; mappatura della tipologia del materiale lapideo su alcuni piani;
setacciatura con setaccio a maglie strette di parte del sedimento;
flottazione di parte del sedimento per la raccolta di resti carboniosi;
trasferimento dei reperti presso magazzini, e laboratori della Soprintendenza;
restauro, catalogazione e studio dei reperti.
Si è trattato, come più volte ribadito e come evidenziato anche nella relazione ispettiva sopra citata, di una approfondita attività di archeologia preventiva, condotta secondo una prassi adottata in tutta Europa e che consente anche in caso di rinvenimenti la realizzazione di progetti di interesse pubblico e/o privato assicurando, al tempo stesso, attraverso lo scavo e l'analisi scientifica dei reperti, la conoscenza delle emergenze archeologiche che è a tutti gli effetti un'azione di tutela. La ricchissima documentazione realizzata dagli archeologi, il fatto di avere potuto recuperare i reperti mobili e le conoscenze derivate dagli studi e dalle analisi in corso, consentono infatti, grazie anche alle moderne tecnologie, innumerevoli possibilità di comunicazione e diffusione delle conoscenze, che è la vera valorizzazione di quanto rinvenuto e su cui si è già al lavoro per la redazione di progetti che possano essere concretamente attuati.
Si precisa inoltre che, a differenza di quanto asserito dal firmatario della nota, nessun camion ha mai “arato” il suolo interessato cancellando alcunché, laddove lo stesso intenda forse riferirsi ai lavori di sistemazione dell'area al termine dello scavo mediante il riporto del terreno derivato dallo scavo eseguiti, in ogni caso, in presenza di tecnici della soprintendenza e dei Carabinieri del Nucleo TPC di Bari.
Si precisa ancora che, nonostante le sollecitazioni del medesimo Lombardi, l'allora Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bari, Barletta, Andria, Trani e Foggia non ha ritenuto meritevole di un provvedimento di tutela ai sensi dell'art. 10 del Codice la cosiddetta “grande masseria dell'ottocento” e che non vi è traccia agli atti dell'ufficio di uno “Studio per un Arcipelago neolitico metropolitano”.
Si precisa che l'interesse del rinvenimento non è mai stato sottaciuto ma anzi più volte pubblicamente comunicato in assoluta trasparenza e che, tuttavia, non si comprende il nesso, più volte richiamato dal sig. Lombardi nelle sue note, tra la rilevanza di un dato archeologico ai fini della conoscenza e della ricostruzione storica, e l'opportunità, se non l'obbligo, di conservazione in situ, sempre a comunque di un qualsivoglia rinvenimento a prescindere da valutazioni di natura tecnica che possano suggerire soluzioni differenti.
Si precisa che le continue azioni di tutela poste in essere dalla Soprintendenza nelle sue diverse denominazioni almeno a partire dagli anni ’80 del secolo scorso hanno evidenziato come l'area di Palese, ancorché fittamente urbanizzata, sia effettivamente interessata dalla presenza di evidenze di epoca neolitica distribuite in maniera puntiforme su un territorio piuttosto vasto. Di tali evidenze è stato al momento possibile conservare in situ solo alcune strutture nell'area di proprietà demaniale della “Punta”, prospiciente la linea di costa, il cui stato di degrado e gli usi impropri a cui è stata di volta a volta adibita sono stati più volte segnalati dalla Soprintendenza alla Città Metropolitana di Bari, proprietaria dell'area e alla cui salvaguardia non risulta che il sig. Lombardi o le associazioni firmatarie degli appelli abbiano mai riservato alcuna attenzione.
Si precisa ancora che le scoperte nell'area dell'aeroporto a cui il Lombardi fa riferimento sono conseguenza di una attenta analisi preventiva del rischio archeologico prescritta dalla Soprintendenza in margine a lavori di realizzazione della pista di resa e che la riferita “entusiasta” disponibilità di Aeroporti di Puglia a sostenere eventuali attività di valorizzazione di quanto rinvenuto è conseguenza di sollecitazioni e ipotesi di lavoro che, sebbene in via del tutto preliminare, sono oggetto di confronto tra i responsabili dei lavori e la Soprintendenza».
Da quanto sopra riportato, la nota, nel riassumere l’iter della vicenda relativa alla tutela dell'area e alla possibilità di procedere alla musealizzazione, ribadisce la conformità delle risoluzioni prese della Soprintendenza con quanto previsto dall'articolo 25, comma 9, lettera a) del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
LEGNAIOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
organi di stampa di questi giorni riportano la notizia secondo la quale l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, aprendo i lavori del Consiglio dell'Onu per i diritti umani, riunito a Ginevra fino al 28 settembre 2018, avrebbe dichiarato che l'organizzazione ha intenzione di inviare personale in Italia per valutare il riferito forte incremento di atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e Rom, e che una squadra sarà inviata, per motivi analoghi, anche in Austria;
secondo il funzionario dell'Onu, il Governo italiano avrebbe negato l'ingresso di navi di soccorso delle organizzazioni non governative con conseguenze devastanti per molte persone già vulnerabili, e che, anche se il numero dei migranti che attraversano il Mediterraneo è diminuito, il tasso di mortalità per coloro che compiono la traversata è risultato nei primi sei mesi dell'anno ancora più elevato rispetto al passato;
l'Italia negli ultimi anni ha accolto 700 mila immigrati, molti dei quali clandestini, e non ha mai ricevuto collaborazione dagli altri Paesi europei –:
se non si ritenga opportuno precisare a quanto ammonti il contributo erogato dall'Italia nel corso degli anni all'organizzazione delle Nazioni Unite, precisando al contempo quali iniziative la medesima Organizzazione abbia sviluppato a favore dell'Italia.
(4-01069)
Risposta. — Le Nazioni Unite vengono finanziate mediante contributi obbligatori, che ogni Stato è tenuto a versare in quanto firmatario della carta Onu del 1945, alla quale l'Italia ha aderito nel 1955 divenendo così membro dell'organizzazione. Ai contributi obbligatori si possono aggiungere eventuali contributi volontari a carattere variabile, la cui componente preponderante è costituita dalle risorse per il sistema di sviluppo Onu, finanziato appunto nella quasi totalità attraverso contributi volontari (vedi tabella all'allegato n. 2). In questo modo ogni stato membro partecipa a pieno titolo alla vita dell'organizzazione. L'appartenenza alle Nazioni Unite, unica organizzazione a vocazione globale, è, d'altra parte, componente essenziale del profilo internazionale di ogni Stato.
I contributi obbligatori all'Onu sono determinati in base a una scala di ripartizione che viene negoziata dagli Stati Membri in assemblea generale ogni tre anni e che tiene conto anche dell'andamento del Pil di ciascun Paese. Tali contributi alimentano il bilancio ordinario dell'organizzazione, che viene approvato con cadenza regolare dagli Stati Membri in assemblea generale (ogni due anni, e, dal 2019, ogni anno a seguito della riforma promossa dal segretario generale Guterres). Esso include le spese di funzionamento, di personale e per le principali attività delle Sedi centrali (tra le quali, oltre a New York, Vienna e Nairobi, figura anche Ginevra, dove ha sede l'officio dell'alto commissario per i diritti umani – Ohchr) e degli uffici regionali dell'Organizzazione, di alcuni programmi e delle missioni politiche speciali. Oltre al bilancio ordinario, i contributi obbligatori sono diretti a finanziare anche il bilancio delle operazioni di mantenimento della pace (peacekeeping), approvato anch'esso dagli Stati membri in assemblea generale.
Il contributo dell'Italia al bilancio ordinario ammonta a circa 91,1 milioni di USD per il 2018, mentre quello al bilancio del peacekeeping a circa 266,6 milioni di USD per il periodo 1o luglio 2017-30 giugno 2018. Con riguardo ad entrambe le tipologie di bilancio (ordinario e di peacekeeping), il contributo italiano è stato determinato sulla base della citata scala di ripartizione che per il triennio 2016-2018 prevede che l'Italia contribuisca con una quota pari al 3,748 per cento del totale (per il triennio precedente era stata fissata a 4,448 per cento). Tali dati sono pubblici e possono essere ricostruiti consultando il sito del «Chief executive board for coordination» Onu e del «committee on contributions» dell'assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo storico dei dati relativo ai contributi obbligatori erogati dall'Italia dal 2015 a oggi è, inoltre, consultabile nella tabella dell'Allegato n. 1 (disponibile presso il Servizio Assemblea).
Le iniziative che l'ONU pone in essere su impulso degli Stati membri sono volte principalmente a perseguire i fondamentali obiettivi di assicurare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, promuovere e tutelare i diritti umani e favorire lo sviluppo sostenibile (cosiddetti tre pilastri interconnessi dell'azione Onu). L'Italia, sin dal suo ingresso nelle Nazioni Unite, partecipa attivamente alle iniziative onusiane nel quadro di una scelta a favore del multilateralismo che rappresenta uno dei perni della politica estera italiana e che si sostanzia nella promozione del ruolo centrale delle Nazioni Unite nell'affrontare le attuali sfide globali. Il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, la tutela dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile, i cambiamenti climatici, la gestione ordinata del fenomeno migratorio, la promozione di grandi campagne di sviluppo umano (lotta alla malnutrizione, tutela della salute, contrasto alle pandemie, promozione dell'eguaglianza di genere) sono infatti sfide che nessun Paese può raccogliere se non inserito nelle grandi dinamiche di cooperazione internazionale.
I contributi volontari ai fondi, agenzie, programmi e ad altre istituzioni del sistema Onu per lo sviluppo sono deliberati dal comitato congiunto istituito dalla legge 125/14. Essi ammontano nel 2018 a 66,65 milioni di euro come risulta dalla tabella di cui all'Allegato n. 2 (disponibile presso il Servizio Assemblea). I contributi hanno lo scopo di consentire alle Istituzioni dell'Onu di svolgere in modo autonomo il loro mandato e sono strutturati sulla base di criteri che vanno dalla coerenza delle attività delle Nazioni Unite con la strategia d'intervento della Cooperazione Italiana, al sostegno all'attività di istituzioni che ospitiamo in Italia, come il polo agro-alimentare dell'ONU di Roma. Analogamente al mantenimento della pace, essi producono benefici indiretti anche al nostro Paese, come, ad esempio, nel caso dei fattori che incidono sui flussi migratori (povertà, fame, ecc.). Essi vengono computati dall'Ocse come aiuto pubblico allo sviluppo, rispondono agli obblighi di solidarietà che fanno capo a tutti i Paesi sviluppati o a specifici impegni sottoscritti a livello politico in occasione di incontri internazionali come i Vertici del G7 e si riverberano in modo positivo sull'immagine internazionale dell'Italia.
I contributi volontari consentono al nostro Paese di essere più influente negli organi di «governance» delle varie istituzioni, e la destinazione di alcuni di essi viene decisa di comune accordo con l'organizzazione beneficiaria. In tale modalità, essi possono produrre ritorni immediati per l'Italia, come nel caso del contributo al dipartimento affari economici e sociali dell'Onu (Undesa) che confluisce in parte sul programma junior professional officers che finanzia l'impiego di giovani italiani qualificati – 43 nel 2018 – per un biennio nei vari organismi Onu al livello iniziale della carriera internazionale e costituisce il principale meccanismo d'ingresso di personale italiano nell'organico dell'Onu.
La partecipazione al sistema Onu consente, in una parola, a ogni Stato Membro di svolgere con piena legittimazione, credibilità e autorevolezza il proprio ruolo nella comunità internazionale. Ciò determina anche importanti ritorni di tipo politico, oltre che di carattere economico e tecnico.
Da un punto di vista politico, l'azione a tutto campo dell'Italia presso le Nazioni Unite consente di incidere sui meccanismi decisionali dell'organizzazione e di indirizzarne l'azione con fondamentali ricadute per la sicurezza e il prestigio del nostro Paese. Si pensi all'obiettivo della stabilizzazione della Libia, realizzabile solo nella cornice onusiana, assicurando il pieno sostegno al rappresentante speciale del segretario generale Ghassan Salamé; o all'azione delle Nazioni Unite a favore del Sahel, ampiamente condivisa dall'Italia, come ribadito da ultimo in occasione della conferenza Italia Africa del 25 ottobre scorso. Il nostro Paese ha rafforzato la sua presenza nell'area attraverso l'apertura delle ambasciate a Njamey e Conakry (e a breve a Ouagadogou), partecipa alla missione Onu in Mali (Minusma), è partner dell'Alliance Sahel, sostiene il G5 Sahel e la sua forza congiunta (FC-G5S), di cui abbiamo appoggiato la creazione durante il nostro mandato di membro non permanente del consiglio di sicurezza. O ancora si pensi al risultato ottenuto, ad esempio, grazie anche alla nostra azione negoziale, in materia di migrazioni: tale tema è stato portato al centro del dibattito dell'assemblea generale dell'Onu nel 2016 con l'adozione della dichiarazione di New York sui rifugiati e sui migranti, permettendo l'affermazione, per la prima volta a livello internazionale, della dimensione globale della sfida migratoria, nonché dei principi di responsabilità condivisa nella gestione dei fenomeni migratori e di partenariato tra Paesi di origine, transito e destinazione.
Il recente mandato come membro non permanente del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2017, e quello che si è appena avviato grazie all'avvenuta elezione dell'Italia al consiglio diritti umani dell'Onu per il triennio 2019-2021, costituiscono sia fora di azione che cassa di risonanza per il prestigio internazionale dell'Italia, peraltro anche in continuità con la presidenza del G7 che il nostro Paese ha esercitato nel 2017, e quella Osce nel 2018 e hanno consentito, e consentiranno, di promuovere in maniera più incisiva la visione e le priorità dell'Italia su questioni afferenti la sicurezza internazionale, la promozione e tutela dei diritti umani, e lo sviluppo sostenibile. L'Italia è stata eletta sette volte membro non permanente del consiglio di sicurezza. A titolo di esempio saliente, ancorché non esaustivo, si ricorda che la presenza all'interno del principale organo decisionale delle Nazioni Unite ha permesso al nostro Paese di portare nel 2017 (e nel 2018 grazie all'azione coordinata con gli altri Paesi membri del consiglio di sicurezza) all'attenzione del consiglio le aree geografiche nelle quali abbiamo maggiori interessi (Libia, Libano, Mediterraneo, Sahel, Corno d'Africa) e le principali tematiche trasversali con un impatto sulla sicurezza e prioritarie per l'Italia: le migrazioni di massa e il traffico di esseri umani, la lotta al terrorismo, la protezione dei civili da gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, la promozione del ruolo delle donne nei processi di pace, la tutela del patrimonio culturale in situazioni di crisi, il contrasto ai cambiamenti climatici. Si tratta di tematiche che continuiamo a promuovere, nei nostri contatti quotidiani con gli altri Stati membri delle Nazioni Unite e con i vertici dell'organizzazione e delle sue molteplici articolazioni, e nel corso delle riunioni dell'assemblea generale, del consiglio di sicurezza, dell'Ecosoc e delle loro commissioni o comitati. Mantenere una politica di alto profilo sui diritti umani garantisce un prestigio internazionale adeguato al peso dell'Italia nella comunità internazionale e consente di orientare il dibattito e i negoziati su tali temi assicurandone la coerenza con le nostre priorità nazionali.
Nel corso del suo mandato triennale nel consiglio diritti umani dell'Onu, che è iniziato lo scorso 1o gennaio, l'Italia promuove un approccio rigoroso verso il rispetto dei diritti umani nel mondo. In particolare, rivolgerà la massima attenzione ad alcuni temi che reputa prioritari: la lotta contro ogni forma di discriminazione; i diritti delle donne e dei bambini; la moratoria universale della pena di morte; la libertà di religione o credo e la protezione delle minoranze religiose; la lotta contro la tratta di esseri umani; i diritti delle persone con disabilità; la protezione del patrimonio culturale e religioso; i difensori dei diritti umani.
La rilevante presenza di funzionari italiani presso le Nazioni Unite contribuisce, altresì, a rafforzare l'autorevolezza del nostro Paese presso l'organizzazione e ad aumentare il peso politico dell'Italia. Sono circa un migliaio gli italiani che lavorano nel sistema Onu e tra di essi ve ne sono due che rivestono posizioni apicali: l'alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, e il generale di divisione Stefano Del Col, Force Commander della missione Unifil in Libano.
Occorre, infine, sottolineare come l'Italia svolga un ruolo di primo piano nelle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite non soltanto dal punto di vista dei contributi finanziari. Con circa 1.100 militari impiegati sul terreno, siamo infatti il primo contributore di «caschi blu» tra i Paesi occidentali. Tale partecipazione attiva permette al nostro Paese di essere riconosciuto come fornitore globale di sicurezza, rafforzandone il patrimonio di credibilità di fronte ai principali partner internazionali. La nostra presenza nelle missioni Onu genera altresì ritorni in termini di sicurezza nazionale. Si pensi, a titolo di esempio, al nostro principale contingente dislocato in Libano nell'ambito della missione Unifil, che contribuisce alla stabilizzazione di un'area per noi strategica.
Da un punto di vista economico, per altro verso, l'articolata presenza di strutture onusiane su tutto il territorio nazionale costituisce un importante valore aggiunto in primis per il prestigio legato al ruolo di Paese ospite e poi per l'indotto che essa genera nel nostro Paese, soprattutto in termini di occupazione e di commesse. Hanno, difatti, sede in Italia il «Polo agro-alimentare delle Nazioni Unite» (FAO, PAM e IFAD), le cui strategie hanno una rilevanza centrale nel favorire il percorso di sviluppo del continente africano; a Brindisi, la Base Logistica delle Nazioni Unite che – quale «Centro Globale di Servizi» – fornisce sostegno logistico a tutte le operazioni di pace dell'ONU, incluso nei settori dell'informatica e delle telecomunicazioni, e si sta profilando come struttura di eccellenza e di innovazione per la gestione dell'impatto ambientale delle operazioni Onu; sempre a Brindisi, la base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite, che è in grado di inviare aiuti di prima necessità in qualsiasi parte del mondo entro 24-48 ore; lo United nations system staff college di Torino e il Polo di ricerca scientifica delle Nazioni Unite che ha sede a Trieste. Infine, il sistema di gare per la fornitura di beni e servizi alle Nazioni Unite, il cosiddetto «procurement», genera opportunità per un valore superiore ai 17 miliardi di dollari annui, se alle gare bandite dalla United nations procurement division (UNPD) si uniscono quelle delle singole agenzie. Le aziende italiane si aggiudicano già circa il 2 per cento delle forniture (in particolare quelle per Wfp, Ifad e Unpd), pari a oltre 300 milioni di dollari l'anno (338 milioni di dollari nel 2016, 330 nel 2017), che pongono l'Italia tra i primi 15 Paesi al mondo per valore delle commesse acquisite. Le aziende italiane guardano inoltre con crescente interesse a queste opportunità.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.
LOLLOBRIGIDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in base all'articolo 97 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «il comune e la provincia hanno un segretario titolare», che «svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti»;
il comune di Subiaco risulta essere privo di tale figura professionale dalla data del 1° ottobre 2018, a causa del pensionamento del dottor Pietro La Torre, e da tale data decorre, quindi, il periodo di vacanza della sede di segretaria;
successivamente all'apertura del periodo di vacanza della sede di segreteria, e del suo pensionamento, il dottor La Torre ha partecipato a ben due commissioni giudicatrici di concorso, prima per il reclutamento di un Istruttore tecnico e successivamente per la copertura di un posto di Istruttore amministrativo contabile;
in data 26 settembre 2018, il comune di Subiaco, con decreto n. 10, ha nominato il vice segretario comunale nella persona del dottor Pierluigi Floridi, attribuendogli la reggenza della segreteria sino al 31 gennaio 2019;
il comune di Subiaco ha prorogato per ben tre volte la reggenza del vice segretario, dapprima per i mesi di febbraio e di marzo, con decreti adottati in data 2 febbraio e 25 febbraio 2019, e, con l'adozione di un nuovo decreto di proroga adottato in data 28 marzo 2019, per tutto il mese di aprile 2019;
l'articolo 15 del regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, dispone che «In caso di vacanza della sede di segreteria (...) le funzioni di segretario sono svolte dal vicesegretario» e che «La procedura di nomina del segretario titolare è avviata entro sessanta giorni dalla data della vacanza e deve concludersi entro centoventi giorni dalla stessa data»;
come stabilito dalla sentenza n. 02268/2010 della IV sezione del Consiglio di Stato, del 21 aprile 2010, «la reggenza del vice segretario in caso di vacanza della sede di segreteria non può eccedere i 120 giorni dal verificarsi della vacanza. Pertanto decorso tale termine il Ministero e l'Albo nazionale dei Segretari provvederanno ad inviare presso la sede un segretario reggente»;
la medesima sentenza ha altresì chiarito che «Il termine di 120 giorni (...) va inteso come perentorio, in quanto mira ad assolvere lo scopo prefissato dal legislatore, per la funzionalità del sistema in cui è inserita la previsione normativa»;
per il comune di Subiaco il termine di reggenza concesso ai sensi di legge è scaduto il 31 gennaio 2019, ma a tutt'oggi non è ancora stata conclusa la procedura per la copertura della segreteria comunale;
il comune di Subiaco sta, al contrario, di fatto reiterando la reggenza del vice segretario, con proroghe oltre il termine perentorio dei 120 giorni;
successivamente alla scadenza del termine di 120 giorni sono stati compiuti atti di rilevante importanza da parte del comune di Subiaco, come l'approvazione del bilancio di previsione 2019, approvato con delibera 8-9 del consiglio comunale del 15 marzo 2019 –:
quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per porre fine alla vacanza della sede di segreteria in corso nel comune di Subiaco dal 1° ottobre 2018;
se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire se gli atti compiuti successivamente alla collocazione a riposo per raggiunti limiti di età in casi analoghi a quello del dottor Pietro La Torre nel comune di Subiaco siano conformi alle normative vigenti;
se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per chiarire se gli atti compiuti dal vicesegretario comunale successivamente alla scadenza del termine di supplenza, che nel caso di specie è avvenuta il 31 gennaio 2019, siano validi ed efficaci ancorché non si è provveduto alla nomina di un segretario titolare o reggente.
(4-02608)
Risposta. — In relazione alla questione della copertura della sede di segreteria comunale presso il comune di Subiaco (Roma), giova premettere che il predetto servizio è stato svolto in convenzione con i comuni limitrofi di Affile e Roiate fino al 31 dicembre 2018, data in cui – a seguito della volontà del comune di recedere unilateralmente dalla convenzione – la prefettura di Roma ne ha disposto lo scioglimento con decreto n. 152 del 2018.
Durante la vigenza della convenzione, precisamente in data 1° ottobre 2018, il segretario comunale dottor Pietro La Torre è stato collocato a riposo. Nulla risulta in merito agli incarichi, successivamente conferiti a detto segretario, cui fa riferimento l'interrogazione.
In data 27 settembre 2018, in prossimità del collocamento a riposo del predetto, è stata comunicata alla prefettura di Roma la nomina del vicesegretario del comune di Subiaco, con incarico sino al 30 gennaio 2019.
Successivamente, solo in data 5 aprile 2019, il comune ha trasmesso i decreti sindacali del 25 febbraio e del 28 marzo 2019, con cui l'incarico al vicesegretario veniva, rispettivamente, prorogato fino al 1° aprile 2019 e al 1° maggio 2019.
Inoltre, con nota del 12 aprile 2019, la prefettura ha richiamato all'attenzione del sindaco la normativa vigente in materia, dalla quale emerge che, qualora il regolamento comunale preveda la figura del vicesegretario, la nomina è legittima in caso di vacanza della sede, ma la relativa reggenza non può eccedere il 120° giorno dall'inizio della vacanza della stessa.
In ordine alla validità ed efficacia dell'attività posta in essere dal vicesegretario nel periodo eccedente il suddetto termine, si evidenzia che eventuali profili di illegittimità possono essere rilevati esclusivamente in sede giudiziaria.
Per completezza di informazione si rappresenta, inoltre, che, all'indomani della scadenza della convenzione e, dunque, alla data del 1° gennaio 2019, è stata avviata apposita procedura per la copertura della sede di segreteria vacante presso il predetto comune, conclusasi con decreto n. 8 del 28 marzo 2019 con cui il sindaco di Subiaco ha individuato il nuovo segretario comunale, poi assegnato a quella sede con decreto prefettizio del 2 aprile 2019.
Il medesimo ha preso servizio il successivo 8 aprile.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
LONGO, LORENZIN, SOVERINI e TOCCAFONDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la situazione gravissima che sta attraversando il Venezuela si acuisce ogni giorno e soprattutto dopo il 23 gennaio 2019, quando per mettere fine alla disastrosa dittatura di Maduro, Juan Guaidò si è autoproclamato presidente;
in attesa degli esiti, si spera positivi, della riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea a Bucarest, per cercare di risolvere la grave crisi, è da rilevare la grande preoccupazione per gli abitanti del Venezuela e soprattutto per gli italiani residenti in questo Paese che vivono in una condizione di precarietà per una gravissima situazione sociale ed economica che sta generando, tra l'altro, forti conflittualità tra la popolazione;
la comunità formata da circa 140.000 persone che lavorano come imprenditori, impiegati, commercianti, agricoltori nei settori chiave del Venezuela, si è in questi giorni appellata al Governo italiano perché riconosca Guaidò come presidente al fine di riportare il Venezuela in una condizione di stabilità sociale ed economica e di superare le drammatiche condizioni di povertà della popolazione causate dalla politica del Presidente Maduro;
la politica estera italiana negli anni passati a Caracas, si è sempre allineata alla posizione dell'Unione europea, ossia di un'opposizione alla dittatura di Maduro che, come evidenziato, ha portato il Venezuela in una gravissima situazione economica;
da notizie riportate dalla stampa del 31 gennaio 2019 il Ministro degli affari esteri Moavero ha dichiarato, sostenendo la linea dell'Unione europea, di avere l'obiettivo di arrivare ad elezioni libere, democratiche e trasparenti. Sempre da notizie riportate dalla stampa il 31 gennaio 2019 il Parlamento dell'Unione europea ha riconosciuto Guaidò come Presidente ufficiale del Venezuela in attesa, come detto, di libere elezioni –:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Governo per sostenere ed aiutare i connazionali italiani che si trovano in grave e perdurante difficoltà viste le tensioni sociali che esistono nel Paese sudamericano;
quali iniziative urgenti intenda adottare, nell'interesse della popolazione del Venezuela, al fine di riconoscere, come oggi ha fatto il Parlamento dell'Unione europea, Guaidò come presidente in attesa di arrivare a libere elezioni per riportare nel Paese la democrazia;
se la posizione ufficiale del Governo sia favorevole al sostegno di Guaidò in linea con quanto espresso dal Ministro degli affari esteri e dall'Unione europea.
(4-02144)
Risposta. — In merito al primo quesito posto dall'interrogante (le iniziative a tutela dei nostri connazionali in difficoltà), si precisa innanzitutto che i cittadini italiani residenti in Venezuela sono circa 143.000 e che da tempo il Governo italiano ha adottato specifici provvedimenti in tal senso. Tra questi: l'integrazione del minimo pensionistico attraverso l'adozione di un tasso di cambio, il Dicom, più vantaggioso rispetto a quello ufficiale, il bolivar soberano; il piano straordinario di assistenza ai gruppi più vulnerabili, tramite il quale nel 2018 sono stati erogati aiuti aggiuntivi per un totale di 1.972.900 Euro, pari ammontare si intende per il momento assicurare anche per il 2019; la sospensione da parte di questo Dicastero dell'adeguamento automatico della tariffa percepita per i servizi consolari al tasso di svalutazione della moneta venezuelana.
Giova ricordare che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) si è da tempo profuso per permettere la fornitura diretta di beni di prima necessità e medicinali irreperibili sul mercato locale. Il piano, denominato «programa de donación de medicamentos para ciudadanos italianos en Venezuela», del valore complessivo di 1 milione di euro, è stato avviato all'inizio del corrente anno. Ha recentemente avuto luogo l'importazione del primo quantitativo di medicinali (valore 144.000 euro), che è attualmente in corso di distribuzione in tutto il Paese attraverso 24 filiali di una società locale.
Quanto al riconoscimento di Juan Guaidò come Presidente ad interim, il Ministro Moavero nel febbraio scorso ha illustrato i punti rilevanti che riassumono e sintetizzano la posizione italiana sulla vicenda.
La prima preoccupazione del Governo è l'emergenza umanitaria. L'obiettivo è quello di trovare soluzioni non conflittuali che consentano, da un lato, le forniture essenziali dei beni base, medicinali e derrate alimentari, senza indugio, e, dall'altro, l'assistenza alle migliaia di profughi che dal Venezuela sono andati nei Paesi vicini. L'Italia è impegnata con lo stanziamento di appositi fondi (2 milioni di euro) nel quadro dell'aiuto internazionale umanitario diretto e nel pieno rispetto dei principi del diritto umanitario.
Inoltre, il Governo italiano condanna fermamente ogni tipo di violenza e repressione, violazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani. Si è favorevoli, infatti, a un processo di soluzione pacifica inclusiva che, nel quadro di una riconciliazione nazionale, consenta di percorrere appieno la via della democrazia.
Più recentemente il Ministro Moavero ha ribadito che non riconosciamo la legittimità dell'elezione a presidente di Nicolas Maduro e, dunque, non lo riteniamo il presidente legittimo. Con altrettanta chiarezza il Ministro ha precisato che sono state legittime le elezioni per l'Assemblea nazionale, il cui presidente legittimo è Juan Guaidò.
Infine, la posizione italiana è stata ulteriormente definita dal Presidente del Consiglio attraverso una lettera aperta pubblicata l'11 maggio ed indirizzata al Presidente Guaidò. Il Presidente Conte ha infatti affermato che l'Italia, assieme agli altri Paesi dell'Unione europea, ha sempre distinto, in modo lineare e coerente, gli organi democraticamente eletti, quale l'assemblea nazionale, dagli organi privi di legittimità democratica, quale la Presidenza della Repubblica.
Ci siamo pertanto attivati su vari fronti, a partire da quello internazionale, promuovendo una soluzione pacifica, attraverso un dialogo politico finalizzato allo svolgimento di libere elezioni presidenziali. Abbiamo condannato fermamente qualsiasi escalation di violenze e abusi e abbiamo pubblicamente protestato per ogni limitazione delle prerogative dei deputati venezuelani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Guglielmo Picchi.
MAGLIONE, MARAIA e CILLIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Consorzio agrario provinciale (Cap) di Benevento è in amministrazione coatta dal 1994;
l'attuale commissario liquidatore è la dottoressa Valentina Rettino nominata con decreto n. 8 dell'8 novembre 2013 del Ministero dello sviluppo economico;
la camera di consiglio del tribunale di Benevento – sezione II civile fallimentare ha decretato inammissibile la proposta di concordato presentata dal Cap di Benevento in liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio, in persona del commissario ad acta pro tempore;
alla suddetta sentenza del tribunale di Benevento – sezione II civile fallimentare, il commissario ha presentato opposizione anch'essa respinta con decreto n. 1769/ 2018 dell'8 giugno 2018 dalla corte di appello di Napoli – prima sezione civile;
in data 16 novembre 2018 la «direzione generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali» del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ha dato l'avvio del procedimento per l'applicazione dell'articolo 9, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, assegnando il termine di 30 giorni per le controdeduzioni;
in data 3 gennaio 2019 la Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Benevento, saputo dell'avvio della suddetta procedura da parte del Ministero dello sviluppo economico, con una nota indirizzata alla direzione generale della divisione VI dello stesso, lamentava di non essere stata coinvolta dal commissario nelle vicende del consorzio, al pari della Cooperativa dei Viticoltori del Taburno, cooperativa per azioni che rappresenta circa 300 soci e circa 110.000 quintali di uve, peraltro soci conferitori di uve della cantina del Consorzio;
in data 15 gennaio 2019 la Federazione Agrocepi, saputo dell'avvio della suddetta procedura da parte del Ministero dello sviluppo economico, con una nota indirizzata alla direzione generale della divisione VI dello stesso, lamenta, al pari della Cia, una scarsa trasparenza da parte del commissario nelle vicende del Consorzio;
da nota giornalistica del 21 marzo 2019 si apprende che la Guardia di finanza di Benevento ha effettuato sia delle perquisizioni presso la sede del Cap, sia altre perquisizioni in città e provincia di Benevento nell'ambito di una inchiesta sul Consorzio agrario di Benevento condotta dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e del sostituto Patrizia Filomena Rosa. Vi sono una decina di persone chiamate in causa a vario titolo in un'indagine che ipotizza reati fallimentari, abuso d'ufficio e falso –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle vicende relative all'intervento della Guardia di finanza così come riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare;
se, alla luce di quanto esposto in premessa, con particolare riferimento all'intervento della Guardia di finanza degli scorsi giorni e considerando anche le perplessità sulla gestione di questa fase da parte della Cia e di Agrocepi, non si renda indispensabile adottare le iniziative di competenza per la revoca dell'attuale commissario e la nomina di un nuovo commissario liquidatore.
(4-02751)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
Il Consorzio agrario provinciale (CAP) di Benevento è stato posto in liquidazione coatta amministrativa con decreto 14 giugno 1996 del Ministero delle politiche agricole e forestali, con autorizzazione all'esercizio provvisorio d'impresa, ai sensi dell'articolo 206 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. L'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio d'impresa, invero, riposava sulla considerazione dell'opportunità e della convenienza economica del mantenimento dell'attività d'impresa, in vista del rientro del consorzio alla gestione ordinaria, con l'omologa del concordato.
In via preliminare, si rammenta che nel corso della procedura liquidatoria de qua si sono avvicendati diversi commissari liquidatori:
nel 1996, il decreto ministeriale di liquidazione coatta ha contestualmente nominato commissario liquidatore il dottor Vincenzo Cavalluzzo;
con decreto ministeriale 10 marzo 2003 è stata nominata una terna commissariale, poi confermata con decreto ministeriale 28 aprile 2006;
con decreto ministeriale 8 marzo 2007, è stato nominato commissario liquidatore l'ingegnere Bruno Casamassa in sostituzione dei commissari in carica;
nel 2009 è stato poi nominato l'avvocato Giacomo Papa;
da ultimo, con decreto ministeriale 8 novembre 2013, è stata nominata commissario liquidatore del consorzio la dottoressa Valentina Rettino.
In via generale, l'organo commissariale, dura in carica fino alla chiusura della procedura liquidatoria, salvo casi particolari in cui si proceda, ad esempio, ai sensi dell'articolo 9, primo comma della legge 23 luglio 2009, n. 99 (che prevede «[...] Per i consorzi agrari in liquidazione coatta amministrativa per i quali sia accertata la mancanza di presupposti per il superamento dello stato di insolvenza e, in ogni caso, in mancanza della presentazione e dell'autorizzazione della proposta di concordato, l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione revoca l'esercizio provvisorio dell'impresa e provvede a rinnovare la nomina dei commissari liquidatori») ovvero ad una revoca da parte del tribunale, ai sensi dell'articolo 37 L.F.
Fatta questa premessa, venendo nel merito dei quesiti posti dall'interrogante, si rappresenta che con decreto del 9 marzo 2017, il tribunale di Benevento aveva dichiarato inammissibile una proposta di concordato precedentemente presentata dal Consorzio.
Con reclamo, depositato in data 26 aprile 2017 presso la Corte d'appello di Napoli, il consorzio agrario aveva chiesto che fosse dichiarata la nullità del decreto con il quale il Tribunale di Benevento aveva dichiarato inammissibile la proposta di concordato ex articolo 214 L.F. e, in via subordinata, la riforma del decreto reclamato e l'omologa del concordato.
La Corte d'appello di Napoli procedeva poi al rigetto del citato reclamo, manifestando alcune perplessità sull'ammissibilità di una proposta di concordato fallimentare mediante cessio bonorum; ma il fulcro del rigetto dell'omologazione sembrerebbe consistere nella valutazione negativa in ordine alle due transazioni stipulate con i creditori ipotecari.
Alla luce del citato decreto di rigetto della Corte d'appello di Napoli, si era inizialmente ritenuto che fosse preclusa per il Consorzio la possibilità di tornare alla gestione ordinaria e che la procedura dovesse essere orientata alla liquidazione totale dell'attivo, al pagamento dei creditori ed alla conseguente chiusura.
Inoltre, il 27 novembre 2017 il Commissario in carica aveva comunicato, alla direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, che un nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, aveva fatto accesso ai locali del Consorzio agrario provinciale richiedendo l'esibizione della documentazione relativa alla procedura liquidatoria, alla luce di alcune indagini in corso.
Alla luce dei fatti descritti, la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico comunicava al commissario liquidatore del consorzio, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'avvio del procedimento per l'applicazione dell'articolo 9, primo comma, della citata legge n. 99 del 2009, assegnando il termine di 30 giorni per le controdeduzioni.
In proposito, si informa che nel corso del procedimento il commissario liquidatore ha fatto pervenire le proprie controdeduzioni, e ha sottolineato che la pronuncia di inammissibilità della proposta concordataria non comporta alcun giudicato preclusivo ad una nuova proposta di concordato, modificata ed emendata secondo necessità. Inoltre, il commissario ha sottolineato che il disposto di cui all'articolo 9, primo comma, della citata legge n. 99 del 2009, laddove parla di «accertata mancanza di presupposti per il superamento dello stato di insolvenza», si riferisce ad ipotesi diverse da quelle che interessano il consorzio agrario di Benevento, e precisamente a quelle situazioni nelle quali l'importo della massa creditoria prededucibile e privilegiata sopravanzi già il valore della massa dell'attivo e per le quali non risulti, quindi, ipotizzabile alcuna proposta concordataria.
Il commissario, invece, riteneva che per il consorzio fosse possibile superare lo stato di insolvenza, posto che: l'ultima relazione semestrale sulla gestione, aggiornata al 30 giugno 2018, aveva esposto un utile di gestione dell'esercizio d'impresa, frutto della riorganizzazione aziendale e del contenimento dei costi, che rende più agevole il superamento dell'insolvenza; e delle iniziative assunte al fine di effettuare transazione delle poste passive rientranti tra i crediti prededucibili, rendendo più basso il «fabbisogno concordatario».
Il Commissario comunicava, inoltre, che il consorzio aveva ricevuto due proposte da parte di alcuni operatori economici che consentirebbero il proseguimento di tutte le attività aziendali: una per l'affitto dell'azienda, l'altra per un'ipotesi concordataria.
In data 18 ottobre 2018, il Nucleo di polizia economico finanziaria di Benevento ha acquisito, presso la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, la documentazione inerente il consorzio agrario in esame. La Guardia di finanza di Benevento ha richiesto che venisse trasmessa ogni ulteriore documentazione prodotta in seguito, avente interesse investigativo nei confronti del consorzio. In adempimento a tale richiesta, la competente direzione generale ha successivamente inviato aggiornamenti su tutti gli atti relativi prodotti al consorzio.
In data 17 gennaio 2019 la direzione generale competente ha pertanto inviato al commissario una nota con la quale, prendendo atto delle valutazioni rappresentate nelle controdeduzioni e considerando le motivazioni di opportunità connesse alla prosecuzione dell'esercizio d'impresa, si sospende il procedimento per un termine di 45 giorni al fine di consentire il proseguimento delle interlocuzioni in corso con gli operatori economici.
In particolare, nella nota si prescrive al commissario di valutare le offerte ricevute e di decidere se perseguire l'ipotesi concordataria o quella dell'affitto/vendita del ramo d'azienda, sulla base di valutazioni tecniche e contabili di sua esclusiva competenza; si chiede inoltre di assicurare la massima forma di pubblicità della ipotesi concordataria, garantendo un accesso generalizzato alla documentazione del consorzio, al fine di permettere a tutti i soggetti interessati di eseguire la due diligence finalizzata alla eventuale presentazione di proposte concordatarie, ovvero pubblicare l'offerta di affitto/acquisto ricevuta, al fine di consentire ad eventuali altri soggetti interessati di presentare ulteriori offerte migliorative.
Con nota del 28 febbraio 2019, il commissario liquidatore ha inviato la relazione conclusiva, con la quale ha riferito l'intenzione di procedere all'avvio di una procedura competitiva per l'affitto del ramo d'azienda, previa predisposizione di apposito disciplinare della procedura di gara e di bozza del contratto di affitto di azienda, il tutto corredato da stima del valore del capitale economico del Consorzio e valutazione del congruo canone di affitto.
In data 20 marzo 2019 la direzione generale competente ha dunque comunicato al commissario la chiusura del procedimento, atteso che il consorzio risulterebbe nelle condizioni di superare la condizione di insolvenza attraverso l'affitto del ramo d'azienda a seguito di procedura competitiva.
In data 26 marzo 2019, il commissario liquidatore ha inviato comunicazione in ordine agli ultimi accessi effettuati dalla Guardia di finanza in data 20 marzo 2019, presso la sede amministrativa consorzio agrario provinciale di Benevento, enopolio di Foglianise, e presso lo studio personale del Commissario, in esecuzione del «Decreto di perquisizione locale, personale ed informatica e consequenziale sequestro – informazione di garanzia agli indagati», emesso il 2 marzo 2019 dal Procuratore aggiunto e dal Sostituto della Procura della Repubblica di Benevento.
Allegati alla comunicazione erano i verbali degli accessi effettuati, nonché avviso di garanzia notificato al commissario stesso dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Benevento, ai sensi dell'articolo 369 c.p.p., per il reato di cui all'articolo 216 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e articoli 323, 479, 40, comma 2, articolo 110 del codice penale. Allo stato, detto procedimento risulta essere ancora in corso.
In conclusione, si informa che il Ministero è a conoscenza dei fatti descritti, sta costantemente monitorando la situazione, anche al fine di effettuare tutte le valutazioni di propria competenza, ed auspica, quanto prima, la conclusione della procedura liquidatoria in corso.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Dario Galli.
MANDELLI e GELMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il prolungamento della metropolitana M5 da Milano sino a nord di Monza, è una infrastruttura determinante per il territorio lombardo, nonché la prima metropolitana in Italia a collegare due città. Si tratta di un progetto che prevede un tracciato, quasi completamente interrato, di quasi tredici chilometri e dodici nuove stazioni, che incrocia la linea 1 milanese a Bettola, zona cruciale di interscambio locale, con un parcheggio da oltre mille posti e vicino alla strada Rho-Monza e alla statale 36;
peraltro, l'infrastruttura insisterebbe su un'area che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico;
nella stessa nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza 2018, il Governo ha posto tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo del trasporto pubblico e del trasporto ferroviario locale, nonché la promozione dell'interscambio;
l'importanza dell'infrastruttura si evidenzia, tra l'altro, ricordando che: a) Monza e Brianza sono, insieme a Napoli, le aree in Italia con la maggiore densità di abitanti per chilometro quadrato, e rappresentano il primo asse industriale italiano; b) nel rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente, Monza e Brianza sono agli ultimi posti per i parametri di qualità ambientale tra i quali l'inquinamento e il trasporto pubblico; c) sono tra le aree del Paese a maggiore densità di traffico. A ciò si aggiunga che la perdurante crisi economica ha fatto aumentare sensibilmente la domanda di trasporto pubblico;
l'opera, considerata irrinunciabile per il territorio, e in grado di portare lavoro e mobilità sostenibile, costa 1.250 milioni di euro e, secondo gli accordi di massima, 900 di questi dovrebbero essere stanziati dal Governo, mentre i restanti 350 sarebbero da suddividere tra tutti gli enti locali interessati;
le giunte comunali stanno via via approvando il progetto di fattibilità tecnica e il relativo protocollo di intesa. Poi, si dovrebbe passare alla fase operativa, per poter immaginare l'avvio dei cantieri nel 2021 e la consegna della linea nel 2026. Il Governo però, nonostante le promesse non ha previsto lo stanziamento dei necessari fondi per rispettare il cronoprogramma per l'avvio dell'opera;
il 29 novembre 2018, presso la Villa Reale di Monza, si è tenuto un consiglio comunale «speciale» composto dai consigli comunali di Milano e Monza e le delegazioni dei comuni attraversati dal tracciato dell'infrastruttura, per sollecitare il Governo a dare seguito agli impegni, e individuare le iniziative per consentire la realizzazione del prolungamento della metropolitana M5;
a tal fine è indispensabile che il Governo faccia la sua parte. Lo stesso sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato: «non voglio raccontare bugie ai miei cittadini: se il Governo non finanzia il 60-70 per cento, una metropolitana non si può fare. Bisogna essere sinceri» –:
se non ritenga indispensabile adottare le iniziative di competenza per provvedere, quanto prima, all'atteso stanziamento delle risorse necessarie a consentire, nei tempi programmati, la realizzazione della metropolitana M5 da Milano a Monza, quale infrastruttura importantissima per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico.
(4-01862)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia che il quesito formulato, concernente le iniziative da adottare per provvedere allo stanziamento di risorse finalizzate alla realizzazione della metropolitana M5 da Milano a Monza, è stato risolto dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante bilancio di previsione dello Stato per fanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.
L'articolo 1, comma 95, della predetta legge ha infatti istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato ed allo sviluppo del Paese, destinandone esplicitamente una quota alla realizzazione, allo sviluppo ed alla sicurezza dei sistemi di trasporto pubblico di massa.
Nello specifico, il successivo comma 96, destina complessivamente 900 milioni di euro al prolungamento della anzidetta linea metropolitana a valere sulla dotazione finanziaria del citato fondo, come di seguito articolati:
15 milioni di euro per il 2019;
10 milioni di euro per il 2020;
25 milioni di euro per il 2021;
95 milioni di euro per il 2022;
180 milioni di euro per il 2023;
245 milioni di euro per il 2024;
200 milioni per il 2025;
120 milioni di euro per il 2026;
10 milioni di euro per il 2027.
Tali risorse, secondo quanto disposto dal comma 98, devono essere ripartiti con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle economia e delle finanze.
Ciò posto, si assicura che questo organo di vertice, condividendo l'obiettivo di avviare quanto prima i cantieri per la realizzazione dell'infrastruttura in parola, in un'ottica di decongestionamento del traffico veicolare e, correlatamente, di riduzione delle emissioni inquinanti nell'atmosfera, sta seguendo con la massima attenzione il relativo iter approvativo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
MINARDO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la tratta ferroviaria Scicli-Modica-Ragusa attraversa il cuore del Val di Noto; queste città infatti rappresentano il triangolo del Val di Noto, riconosciuto bene dell'umanità, che racchiude un'unica straordinaria opera d'arte;
la tratta ferroviaria Scicli-Modica-Ragusa ha più di 100 anni e attraversa il più grande sito Unesco al mondo caratterizzato dal fascino del paesaggio ibleo: uliveti, distese di carrubi e l'impareggiabile ragnatela di muri a secco;
oggi purtroppo la sopracitata tratta è in declino e rischia di morire; considerata un «ramo secco», è dimenticata da tutti anche se attraversa luoghi meravigliosi, pieni di storia, una grande ricchezza italiana che pochi italiani conoscono;
nel 2007 la tratta ferroviaria in questione fu interessata all'iniziativa MaratonArte organizzata dal Ministero per i beni e le attività culturali in collaborazione con la Rai per raccogliere fondi per recuperare il patrimonio artistico italiano. In totale furono raccolti quasi 3 milioni di euro, tramite le donazioni degli italiani anche via sms, per il restauro e la valorizzazione di sette siti culturali italiani. Di questi fondi però nemmeno un centesimo sarebbe stato speso per la tratta Scicli-Modica-Ragusa;
con la legge 9 agosto 2017, n. 128 «Disposizioni per l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione, situate in aree di particolare pregio culturale, naturalistico o archeologico», sono state istituite in Italia ben 18 linee, di cui quattro in Sicilia: Alcantara-Randazzo; Castelvetrano-Porto Palo di Menfi; Agrigento Bassa-Porto Empedocle; Noto-Pachino –:
avendo la citata normativa la finalità della salvaguardia e della valorizzazione delle tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, che comprendono i tracciati ferroviari, le stazioni e le relative opere d'arte e pertinenze, se non si intendano adottare iniziative per inserire nell'elenco delle linee turistiche da istituire anche quella di Scicli-Modica-Ragusa;
come siano stati utilizzati i tre milioni di euro raccolti attraverso l'iniziativa MaratonArte del 5-6-7 ottobre 2007 e se e quante risorse siano state destinate alla tratta ferroviaria Scicli-Modica-Ragusa ed eventualmente come siano state utilizzate.
(4-01295)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie riguardo al progetto relativo alla tratta ferroviaria Siracusa-Modica-Ragusa finanziato mediante la raccolta fondi voluta da questo ministero assieme alla Rai e sostenuta da Vodafone, Unicredit banca, Ferrovie dello Stato, Autogrill, American Express e Fipe.
Per la predetta iniziativa, fu costituito nel 2007 su iniziativa, in qualità di soci fondatori, del Mibac e del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato MartonArte Onlus con l'obiettivo di salvare sette siti italiani di importanza culturale, ricchi di storia e bellezza, attraverso una maxi maratona televisiva.
I progetti, proposti dai comuni e dalle soprintendenze, riguardavano:
Santa Maria del Cedro in Calabria;
Serre Reali di Racconigi, in Piemonte;
Palazzo Pallavicini Sforza a Cremona per il restauro degli strumenti a corda;
Museo Omero di Ancona;
Treno Museo Siracusa-Modica-Ragusa;
Palatino, Casa di Augusto a Roma;
Necropoli di Sulky, a Sant'Antioco in Sardegna.
Il progetto relativo alla Necropoli di Sulky, sita a Sant'Antioco in Sardegna, è stato poi stralciato dal piano delle erogazioni del comitato ed inserito nel programma di finanziamenti degli interventi di tutela di questo Ministero per l'anno 2008.
Analogamente, va rilevata l'estraneità di ogni obbligo finanziario da parte del comitato per il progetto Palatino-Casa di Augusto a Roma, presentato dalla soprintendenza di Roma, che prevedeva una contribuzione di euro 300.000,00 come donazione vincolata promessa dal World monument found.
Precisato quanto sopra, sulla base della relazione predisposta in data 7 maggio 2009 dal consiglio direttivo del comitato Maratonarte onlus e relativa al resoconto delle attività svolte si rappresenta quanto segue.
In data 21 aprile 2008 – dopo aver deliberato all'unanimità un accantonamento di euro 47.000,00 per spese e costi di gestione – il comitato ha approvato il piano di ripartizione delle risorse finanziarie tra i progetti sopra elencati sulla base delle somme che alla predetta data risultavano accreditate sul conto corrente di Maratonarte istituito presso la banca Unicredit, pari ad euro 1.424.000,00:
Santa Maria del Cedro euro 400.000,00; Serre Reali di Racconigi euro 394.000,00; Cremona, restauro degli strumenti a corda, Palazzo Pallavicini Sforza euro 283.000,00, Museo Omero di Ancona euro 300.000,00; Totale euro 1.377.000,00.
Contestualmente, è stato dato incarico al Segretario generale di questo ministero di comunicare ai soggetti interessati l'avvenuta delibera dell'erogazione dei fondi come sopra ripartiti, da assegnare previo ricevimento di apposita dichiarazione di accettazione delle liberalità senza alcuna riserva ed a garanzia della totale copertura del progetto.
Nella successiva riunione del 10 settembre 2008, il Consiglio direttivo ha dato informativa ai componenti del comitato di una lettera pervenuta in data 25 luglio 2008, con la quale il Presidente delle ferrovie dello Stato con riferimento al progetto relativo alla valorizzazione della linea ferroviaria del Barocco Siracusa-Modica-Ragusa ed alla realizzazione del treno museo, comunicava di aver già realizzato i lavori di ripristino e di adeguamento della stazione di Modica attraverso la propria controllata Rfi e chiedeva notizie sull'erogazione dei fondi da parte di Maratonarte Onlus.
Tenuto conto del saldo bancario rilevato alla data del 10 settembre 2008, pari ad euro 1.612.992,61, delle erogazioni a favore dei progetti già deliberate pari ad euro 1.377.000,00, dell'accantonamento già deliberato per euro 47.000,00, il restante saldo di euro 188.992,61 è stato quindi destinato all'impegno per il Treno Museo sopra descritto.
Il consiglio ha quindi dato mandato al Presidente di inviare apposita comunicazione al presidente delle Ferrovie dello Stato anche per definire tempi e modalità per l'erogazione del contributo.
Il 13 novembre 2008 essendo pervenuta tutta la documentazione necessaria all'erogazione dei fondi per i progetti di Santa Maria del Cedro e di Cremona Restauro degli strumenti a corda (palazzo Pallavicini Sforza) il consiglio direttivo ha deliberato di procedere all'erogazione dei fondi per i due progetti sopra citati e ha dato mandato al Segretario generale di provvedere a tale adempimento.
Il 17 dicembre 2008 il consiglio direttivo ha preso atto dell'avvenuta erogazione per i progetti di Santa Maria del Cedro e di Cremona - Restauro degli strumenti a corda (palazzo Pallavicini Sforza).
Il 21 gennaio 2009 anche di quella per il progetto del Museo Omero di Ancona, a seguito della formale accettazione dell'erogazione da parte dei soggetti responsabili del museo.
Il 31 marzo 2009 è stata quindi completata l'erogazione dei fondi per il progetto relativo alle Serre Reali di Racconigi ed il 7 aprile 2009 quella per il progetto relativo alla valorizzazione della linea ferroviaria del Barocco Siracusa - Modica - Ragusa ed alla realizzazione del Treno Museo.
Dopodiché, essendo per Statuto la costituzione del comitato temporanea, si è provveduto ad avviare le procedure per la messa in liquidazione dello stesso.
Da quanto sopra esposto, ne consegue che tutti i fondi effettivamente introitati con le donazioni (pari a euro 1.565.992,61 al netto dei 47.000,00 euro accantonati per spese di gestione) sono stati regolarmente assegnati e corrisposti ai soggetti titolari dell'esecuzione dei progetti.
Per quanto a conoscenza di questo ministero, la tratta in questione è stata attivata ed il percorso si svolge a bordo di una locomotiva diesel, due carrozze «Centoporte» e un vagone-mostra per rivalorizzare la storica linea Siracusa-Modica-Ragusa che risale alla fine dell'Ottocento.
Si tratta, però, di un collegamento ferroviario organizzato in alcune date specifiche, nei mesi estivi e che prevede la partenza dalla stazione di Siracusa e soste nelle varie città barocche patrimonio dell'Unesco: Noto, Scicli, Modica e Ragusa.
Spetta, comunque, ai comuni interessati, alla regione Sicilia e alla fondazione FS, valorizzare il collegamento ferroviario in questione costituendo una interessante alternativa turistica.
Si rappresenta, infine, che ai sensi dell'articolo 2 della legge 128 del 2017 l'individuazione delle tratte ferroviarie ad uso turistico è demandata ad apposito decreto del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministero delle politiche agricole (a seguito del trasferimento del settore turismo effettuato con legge 97 del 2018) e del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
MUGNAI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
come apparso sulla stampa locale fiorentina in data 30 ottobre 2018, si evidenzia che dalla fine del 2006 a Firenze fu installata prima una grande gru presso il piazzale degli Uffizi e successivamente a distanza di un anno ne fu installata una seconda a pochi metri di distanza in piazza Castellani, per i noti lavori alla Galleria degli Uffizi, ufficializzati con il primo lotto partito in data 9 ottobre 2006, ma ad oggi mai terminato, nonostante questo lotto dovesse concludere suoi lavori in data 2010;
sono passati ormai 12 anni da quando sono partiti i lavori ed ancora non si hanno notizie del termine previsto per la conclusione definitiva;
nell'attesa della fine dei lavori restano comunque installate nella zona della Galleria degli Uffizi due enormi gru che danneggiano pesantemente da più angolazioni della città il suo skyline, causando problemi alla immagine della città medesima ed a coloro che vogliono visitarla e fotografarla –:
quale sia la situazione dei lavori in corso per la Galleria degli Uffizi e se esista un cronoprogramma dei lavori medesimi che ne stabilisca un effettivo termine finale;
se le suddette due gru siano in sicurezza, e se siano stati fatti i controlli periodici visto il luogo «delicatissimo» dove esse insistono, caratterizzato da monumenti e opere d'arte di rilevanza artistica mondiale, e da una presenza quotidiana e costante di tantissimi turisti;
quale sia il costo annuale per la pubblica amministrazione di queste due gru ferme per i lavori suddetti, ma lì presenti da ormai 12 anni.
(4-01509)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede di conoscere lo stato dei lavori alle Gallerie degli Uffizi.
Sulla base degli elementi forniti direttamente dall'istituto, si rappresenta quanto segue.
Il progetto dei Nuovi Uffizi prevede la realizzazione di un'opera pubblica di grande valore «strategico» per la città di Firenze, sia sotto il profilo culturale che sotto quello socio-economico.
Nel corso di tutti i lavori, a partire dal 2006, il museo non ha mai dovuto chiudere neanche per un giorno a causa dei lavori stessi.
Il progetto generale, unitariamente concepito e approvato nel dicembre del 2004, è stato suddiviso in due lotti dal momento che i finanziamenti allora disponibili non consentivano di appaltare l'intero intervento.
1. DURATA DEI LAVORI DEL LOTTO
Nel maggio del 2006, a seguito di una gara europea, è stato affidato il primo lotto dei lavori. I lavori del primo lotto, per complessivi 32.403.560,51 euro, sono stati ultimati il 29 aprile 2016.
L'intervento dei Nuovi Uffizi consiste in un complesso di interventi che coinvolgono l'intero comparto monumentale, dalle fondazioni fino alle strutture di copertura, e che si svolgono contemporaneamente in diverse aree di cantiere, ubicate sia all'interno che all'esterno, compresi tetti e facciate.
La durata complessiva dei lavori del I lotto, prevista dal contratto in 1650 giorni, è stata in gran parte determinata, oltre che dalle iniziali difficoltà di allestimento e gestione del cantiere in concomitanza con la modifica della viabilità a seguito della pedonalizzazione del centro storico, da varie criticità intervenute nel corso dei lavori, tra cui le modifiche alla normativa sulla sicurezza delle costruzioni in zona sismica (2008), che hanno reso necessario effettuare studi specialistici e adeguare il progetto di consolidamento delle strutture, la sostituzione del RUP e della struttura tecnica all'atto del commissariamento (2009), il contenzioso instaurato dallo sponsor, società Sercom, per mancati introiti pubblicitari che ha determinato ritardi nell'aggiornamento degli elaborati progettuali oggetto dell'accordo di sponsorizzazione (2010), oltre alle oggettive difficoltà organizzative incontrate all'atto dei lavori di adeguamento della Galleria storica che, al fine di garantire la massima fruibilità di visita da parte del pubblico, sono stati frazionati in piccoli cantieri oppure eseguiti per fasi successive durante gli orari di chiusura del museo.
Primo e secondo stralcio dei lavori del II lotto
I lavori si sono conclusi nei tempi contrattuali, rispettivamente il 27 settembre 2016 e il 5 febbraio 2018.
I finanziamenti provenivano dal protocollo di intesa sottoscritto dal Ministero e dal Comune di Firenze il 13 gennaio 2011 per il primo stralcio (8.720.971,09 euro), e dalla legge 112 del 2013 (decreto Cultura) per il secondo stralcio (4.169.723,90 euro).
Risultati conseguiti
Per quanto riguarda gli spazi espositivi, il progetto dei Nuovi Uffizi, che ha fra gli obiettivi quello di adeguare l'intero complesso monumentale degli Uffizi per la destinazione museale secondo i più aggiornati criteri tecnico-scientifici e gli attuali standard di funzionamento e sviluppo dei musei e di migliorare le condizioni di fruizione pubblica della Galleria degli Uffizi e la sua attrattività nell'ambito del turismo culturale, ha permesso un incremento delle relative superfici utili di oltre il 70 per cento e un aumento del numero delle sale della Galleria che dalle 45 sale originarie sono passate alle 105 sale attuali oltre alla nuova «Aula Magliabechiana» dedicata interamente alle mostre temporanee e a nuovi servizi per il pubblico.
2. SITUAZIONE DEI LAVORI IN CORSO (terzo e quarto stralcio)
Il completamento delle opere previste dal progetto Nuovi Uffizi è finanziato con i fondi del Piano strategico grandi progetti beni colturali (decreto ministeriale) 1° settembre 2015) per 18 milioni di euro per il terzo stralcio del secondo lotto dei lavori e con i fondi del Piano.
Stralcio cultura e turismo (Cipe Fsc 2014-2020) per 40 milioni di euro per il quarto conclusivo stralcio.
Lo stralcio finanziato con il Piano strategico grandi progetti beni culturali consentirà, fra l'altro, la realizzazione dei nuovi spazi destinati al servizio di accoglienza e biglietteria e del nuovo ristorante.
Per lo stralcio conclusivo e di completamento dei lavori, che prevede, fra l'altro, la realizzazione di una nuova scala di collegamento, della nuova uscita su piazza del Grano, del guardaroba e il completamento del raddoppio degli spazi museali destinati ad esposizione permanente, l'Amministrazione è in possesso del Progetto definitivo e procederà, pertanto, entro breve all'affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori.
La durata dei lavori del terzo e quarto stralcio, dalla data di consegna, è di circa 5 anni e dovrebbero concludersi, quindi, entro il 2024.
Pareri a supporto dell'iter amministrativo contrattuale
Gli affidamenti dei singoli stralci del secondo lotto dei lavori dei Nuovi Uffizi sono stati fatti a seguito di richiesta di parere all'Ufficio legislativo del Ministero e all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze.
L'affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori del III stralcio del secondo lotto, a conclusione di un lungo e complesso iter amministrativo che ha fatto seguito all'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti, è avvenuto dopo che la Sezione regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti ha registrato senza osservazioni il decreto di approvazione del contratto relativo al III stralcio.
3. LE GRU INSTALLATE A SERVIZIO DEI LAVORI
Per quanto riguarda le gru a torre esistenti nelle aree logistiche principali, situate nel piazzale degli Uffizi e piazza Castellani, la loro collocazione è motivata dal fatto che in entrambe tali aree avviene sia lo stoccaggio dei materiali in ingresso e in uscita sia la movimentazione dei carichi a servizio delle diverse aree di cantiere e delle relative piattaforme alle quote di copertura dislocate tanto nell'Ala di Levante che nell'Ala di Ponente. Infatti, vista la particolare conformazione planimetrica e la notevole estensione del complesso architettonico degli Uffizi e considerata la prossimità di Palazzo Vecchio e della Torre di Arnolfo, non sarebbe stato possibile prevedere l'installazione di una sola gru avente un raggio di azione più ampio tale da raggiungere ambedue i bracci del fabbricato.
Riguardo all'utilizzo delle gru nell'arco della giornata di lavoro, premesso che nei cantieri edili e soprattutto in quelli di restauro, tali apparecchi non sono sempre in movimento, si fa presente che, in particolare nel cantiere degli Uffizi per ragioni di sicurezza del pubblico che transita nelle immediate vicinanze, il sollevamento e la movimentazione dei carichi avvengono preferibilmente durante le prime ore della mattina, prima dell'apertura della Galleria, e nelle giornate di lunedì a museo chiuso. Pertanto, è assai probabile che, nonostante la presenza media giornaliera di 80 operai al lavoro, non si siano osservate frequenti movimentazioni di carichi tramite le gru durante le ore di normale frequentazione del centro storico.
Entrambe le gru sono state costantemente utilizzate durante il corso dei lavori fin qui eseguiti senza soluzione di continuità e, seppure in alcuni periodi sono state utilizzate alternativamente in funzione dell'effettiva disponibilità delle aree di cantiere determinata dall'esigenza di garantire la fruizione pubblica della Galleria, non si è ritenuto opportuno prevederne lo smontaggio ed il successivo rimontaggio tenuto conto della complessità di tali operazioni e del conseguente disagio che ne sarebbe derivato per il contesto del centro storico. Pertanto, dato che entrambe le gru a torre risultano indispensabili anche per la realizzazione dei futuri lavori previsti in progetto, il loro smontaggio potrà avvenire solo alla conclusione dell'intervento.
Per quanto riguarda le perplessità sollevate in merito alla sicurezza di tali strutture, si evidenzia che oltre ad essere state progettate, realizzate e collaudate secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia, tutti gli apparecchi di sollevamento presenti in cantiere, comprese le due gru a torre, sono oggetto di verifiche, manutenzioni e collaudi periodici, anch'essi stabiliti per legge, sotto la sorveglianza del coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva, nonché sottoposti a controllo agli ispettori incaricati dalla Asl, che nel corso di questi anni non hanno mai rilevato irregolarità nella gestione di tali apparecchi. Si significa inoltre che, ad oggi, non si sono verificati malfunzionamenti o incidenti di sorta nell'utilizzo delle gru, né si sono mai evidenziati problemi o rischi potenziali neanche in occasione di alcuni eccezionali eventi meteorologici accaduti a Firenze nel recente passato.
Infine, è doveroso puntualizzare che il costo delle attrezzature di cantiere, compreso il noleggio delle gru, è compreso nel prezzo delle singole lavorazioni e, pertanto, è indipendente dalla durata dei lavori ma è commisurato solo all'entità dei lavori previsti in progetto.
Opere Connesse Al Completamento Dei Nuovi Uffizi
Per il completamento dei Nuovi Uffizi è prevista, inoltre, la realizzazione della Loggia Isozaki (la durata dei lavori dalla consegna è di 2 anni) e l'esecuzione dei lavori per la riapertura del Corridoio Vasariano (entro il 2020).
Il tempo necessario per l'esecuzione di queste opere rientra, pertanto, nella tempistica prevista per il completamento dei lavori.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
MUGNAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), introdotto dall'articolo 29-bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, come modificato dalla legge di conversione 1o dicembre 2018, n. 132, prevede che «salvo quanto previsto dal comma 1-ter è vietato a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all'estero»;
il comma 1-ter recita: «nell'ipotesi di veicolo concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un'impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, nonché nell'ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un'impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento, sottoscritto dall'intestatario e recante data certa, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità, del veicolo. In mancanza di tale documento, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente»;
con la nuova normativa anche i dipendenti di imprese di garage italiane residenti in Italia da più di sessanta giorni che conducono un'autovettura con targa straniera di un cliente da hotel a garage o da garage ad altro garage contravvengono alla legge e sono soggetti alle sanzioni previste;
detta situazione sta bloccando questo tipo di servizio che interessa un numero rilevante di lavoratori e mette a rischio i livelli occupazionali e la fattispecie in questione necessita di un intervento normativo che ne salvaguardi l'operato;
la fattispecie in questione non ha evidentemente niente a che fare con l'obiettivo che la norma si propone di raggiungere –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per salvaguardare il lavoro dei dipendenti di imprese di garage italiane residenti in Italia da più di sessanta giorni che conducono un'autovettura con targa straniera di un cliente da hotel a garage o da garage ad altro garage.
(4-02484)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, per quanto di stretta competenza ed entro i limiti delle dirette attribuzioni di questo Ministero, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla direzione generale per la motorizzazione, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le modifiche apportate all'articolo 93, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dall'articolo 29-bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 – convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132 – impongono il divieto di circolazione ai veicoli, immatricolati all'estero, nella disponibilità di soggetti che abbiano stabilito la propria residenza in Italia da più di sessanta giorni.
In aderenza a tale riformata disciplina, non si ritiene di poter condividere alcuna iniziativa legislativa volta ad introdurre deroghe al divieto posto dal summenzionato articolo del codice della strada che non siano già espressamente previste dal successivo comma 1-ter.
Cionondimeno, non può non osservarsi che il quesito posto dall'interrogante attiene ai profili applicativi della sopra richiamata norma, che impattano cioè sulle attività di polizia stradale.
In tal senso, ad avviso dello scrivente, la questione prospettata potrà essere rimessa alle valutazioni del Ministero dell'interno, nell'auspicato intento di trovare una specifica soluzione, che tenga altresì conto delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario, cui del resto il summenzionato comma 1-ter offre rinvio.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
MURONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il cimitero tedesco di Costermano ha compiuto 50 anni; per questo il 5 agosto 2017, si è svolta una cerimonia in ricordo degli oltre 22 mila caduti germanici della seconda guerra mondiale, organizzato dalla Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge (VDK) con il comune di Costermano sul Garda. L'amministrazione comunale ha anche presentato il progetto dei sei parchi che intende realizzare nelle tre frazioni di Marciaga, Castion e Albarè e nel capoluogo di Costermano. Tra questi c'è anche il parco dell'amicizia dei popoli o della memoria, che circonda il cimitero tedesco;
il comune, infatti, ha acquistato 80 mila metri quadrati di terreni e ha partecipato a un bando pubblico per il finanziamento di opere volte alla valorizzazione dell'area. Ebbene, sugli oltre 7 milioni previsti per l'intera operazione del parco della memoria, 4,5 milioni saranno finanziati dall'Inail, l'istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, che lo ha inserito nel suo piano investimenti 2018-2020, per la costruzione di un ostello con piscina affacciato sul cimitero;
il progetto, però, ha sollevato le proteste delle opposizione «Cittadini Consapevoli per Costermano»: i quattro consiglieri Barbara Gelmetti, Delia Scala, Tiziana Calabrese e Adriano Boni hanno scritto al prefetto, al presidente della provincia, al console tedesco di Milano e all'associazione VDK che gestisce i cimiteri dei caduti tedeschi; nella missiva spiegavano: «7 milioni per un parco è già di per sé una cifra esorbitante, ma quel che è peggio, è che il progetto iniziale che prevedeva un museo, un ostello, zone accoglienza per i visitatori e altro, si è trasformato in un hotel di 20-30 camere con piscina a 50 metri dal Cimitero tedesco, riducendo la fascia di rispetto cimiteriale dei 200 metri che impone la legge regionale 4 del 2015. L'obiettivo di riqualificare l'area si è trasformato così in una speculazione edilizia, che toglierà la quiete e il silenzio che fino ad oggi caratterizzava il cimitero tedesco»;
quanto denunciato si realizza purtroppo con l'approvazione del progetto definitivo, delibera n. 193 del 12 ottobre 2017, che prevede la costruzione di una struttura ricettiva di 30 camere, a 50 metri dal cimitero militare tedesco, di cui soltanto 4 saranno riservate ad ostello; le altre 26 stanze saranno normali camere d'albergo. La destinazione primaria dell'edificio non è dunque, ad evidenza, quella di una struttura di pubblica utilità (requisito del bando Inail) quali appunto possono essere «strutture sanitarie e assistenziali, scolastiche, uffici pubblici, residenze universitarie», a servizio della collettività o delle giovani generazioni, bensì di un vero e proprio albergo con piscina, mascherato da ostello, fruibile soltanto a una ristretta fascia di clientela;
di fronte a questa decisione il presidente dell'associazione VDK, così come il console, hanno espresso in forma scritta la loro preoccupazione per la costruzione di una struttura alberghiera di tale tipologia e dimensioni. Il motivo è semplice, il progetto che a loro era stato sottoposto prevedeva soltanto un semplice ostello, di modesta entità e senza piscina o punto ristoro, destinato a gruppi di giovani, e finalizzato alla sensibilizzazione sul tema della fraternità tra i popoli;
di fatto la struttura ricettiva non possiede più le caratteristiche dell'interesse pubblico e nuoce incontestabilmente all'esigenza di tutela della tranquillità dei luoghi prevista dalla normativa citata –:
se non intendano avviare, per quanto di competenza, in merito alle autorizzazioni rilasciate per il suddetto progetto in materia di vincoli paesaggistici, monumentali, ambientali e architettonici a tutela di tale bene storico-culturale qual è il cimitero tedesco di Costermano.
(4-01999)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le eventuali iniziative che questo ministero intende intraprendere per preservare il cimitero tedesco di Costernano sul Garda, atteso che il comune nel suo piano di investimenti ha previsto la costruzione, in prossimità del medesimo, di una struttura alberghiera.
Sulla base delle informazioni acquisite per il tramite della competente soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona, si rappresenta quanto segue.
L'area oggetto d'intervento ed il cimitero militare tedesco di Costernano sul Garda (Verona) non risultano assoggettati alle disposizioni di tutela monumentale di cui alla Parte II – beni culturali – del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni la soprintendenza è stata interessata della questione limitatamente agli aspetti relativi al rilascio di un'autorizzazione paesaggistica a seguito dell'attivazione, da parte dell'amministrazione comunale di Costernano sul Garda, delle procedure relative all'acquisizione del parere vincolante ai sensi dell'articolo 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e integrazioni di compatibilità paesaggistica di un intervento finalizzato alla realizzazione di una struttura ricettiva all'interno del «Parco dell'Amicizia dei Popoli o della Memoria».
Al riguardo, si precisa che in sede di valutazione della compatibilità paesaggistica dell'intervento, la soprintendenza, per quanto di stretta competenza, sulla scorta della documentazione prodotta in allegato all'istanza e sulla base dell'esito del riesame istruttorio effettuato dall'amministrazione comunale, non ha ritenuto sussistessero motivi validi per giustificare l'adozione di provvedimenti finalizzati al rigetto della richiesta, in quanto la realizzazione della struttura ricettiva di progetto, per conformazione, tipologia, per gli interventi di mitigazione proposti, per la sua posizione schermata rispetto al cimitero militare tedesco di Costernano sul Garda, è stata ritenuta coerente all'interno dell'area di progetto senza arrecare particolare pregiudizio ai valori espressi dal contesto paesaggistico.
In merito agli altri aspetti evidenziati nell'interrogazione parlamentare, riferibili a questioni di tipo urbanistico o che hanno visto coinvolti altri enti, ovvero non riconducibili direttamente all'attività di tutela che la soprintendenza svolge nell'ambito delle sue specifiche competenze, si è provveduto a richiedere al comune di Costernano sul Garda dettagliati chiarimenti.
L'Amministrazione comunale, con nota acquisita al prot. 4949 del 25 febbraio 2019, ha rappresentato, in sintesi, quanto segue:
di non aver rilevato la necessità di richiedere qualsiasi autorizzazione da parte di enti non italiani; gli interventi sono programmati tutti su aree esterne al cimitero militare di Germania;
di essersi sempre rapportata positivamente con gli enti di gestione del cimitero. Tale volontà ha trovato la prima importante conferma strategica nella conferenza dei Servizi del P.A.T tenutasi il 18 dicembre 2012 e poi nella delibera della giunta della regione Veneto n. 4 del 9 gennaio 2013, pubblicata sul Burv n. 10 del 25 gennaio 2013, ove negli obiettivi dello strumento urbanistico di «Rilevanza Sovracomunale» la stessa ha riportato quanto segue: «il Cimitero Militare Tedesco, che costituisce un luogo di memoria, degli avvenimenti della storia in zona collinare, a sud del centro abitato del capoluogo, accoglie le salme di circa 22.000 morti nell'alta Italia ed è caratterizzato a un giardino con aiuole omogenee in cui emergono croci dal cuscino di erica a tre a tre. Il P.A.T. prevede la tutela e la valorizzazione del Cimitero Militare Tedesco attraverso la riqualificazione dell'area esterna a ridosso del cimitero e la previsione di un centro di accoglienza con relative strutture di supporto ai fini di promuovere un turismo visitazionale, culturale e didattico»;
di aver acquistato da privati tutte le aree ad est del cimitero militare di Germania (oltre 60 mila metri quadrati) per attuare quella riqualificazione che rientra nel progetto denominato «Parco dell'Amicizia dei Popoli» dove verrà creata una grande zona verde che unita al cimitero-giardino ha l'obiettivo di ridare dignità all'area e al contempo correre ai ripari dell'emorragia di visite che il luogo sta subendo (erano circa 70.000 annue nel 1960, sono poco meno di 4.000 visite annue oggi), questo a causa della morte dei parenti delle vittime di guerra. Si auspica che l'area sia in futuro un vero luogo della memoria frequentato da giovani di tutta Europa, si è ideato e creato un Parco per il loro ritrovo e le strutture pubbliche di supporto così da attrarre persone che possano apprezzare un turismo visitazionale, culturale e didattico.
Si rappresenta, comunque, che nell'ambito dei pareri espressi nella suddetta procedura autorizzativa, la soprintendenza, si è tuttavia riservata la facoltà d'impartire ulteriori direttive nel corso dei lavori in merito a tutte le fasi e le categorie d'intervento previste in progetto, qualora ritenute necessarie alla migliore riuscita dei lavori nel rispetto dell'interesse paesaggistico tutelato.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
ORLANDO e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 17 novembre 2016 il prefetto di Bari ha nominato la commissione d'accesso agli atti per il comune di Valenzano (Bari), per l'esame e la valutazione dei presupposti di un eventuale scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa;
in seguito alla relazione elaborata da detta commissione e alla conseguente relazione del Ministro dell'interno, il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 23 settembre 2017, ha deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Valenzano, a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Il 25 settembre il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto di scioglimento dell'ente;
conseguentemente si è insediata una commissione straordinaria per la gestione del comune di Valenzano. L'ex sindaco di Valenzano Antonio Lomoro ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento di scioglimento;
il 31 gennaio 2019, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, «tenuto conto che non risulta ancora conclusa l'azione di recupero e di risanamento delle istituzioni locali dai condizionamenti esercitati dalla criminalità organizzata», a norma dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha deliberato la proroga, per sei mesi, dello scioglimento del consiglio comunale di Valenzano (Bari);
con sentenza pubblicata l'8 marzo 2019, il Tar Lazio ha invece accolto il ricorso proposto dall'ex sindaco Antonio Lomoro; di conseguenza, la prefettura di Bari ha nominato un commissario prefettizio per l'amministrazione del comune di Valenzano, per il periodo strettamente necessario a rinnovare gli organi elettivi nella prossima tornata elettorale –:
se il Governo abbia intenzione di fare appello avverso la decisione del Tar ricorrendo al Consiglio di Stato, al fine di contemplare «l'azione di recupero e di risanamento delle istituzioni locali dai condizionamenti esercitati dalla criminalità organizzata»;
quali ulteriori iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per assicurare una condizione di legalità nell'ente locale e per contrastare l'azione della criminalità organizzata nel comune di Valenzano.
(4-02539)
Risposta. — Come riferito nell'interrogazione, con decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2017, su proposta del Ministro dell'interno e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, è stato disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Valenzano, ai sensi dell'articolo 143 del TUEL, ed è stata affidata la gestione del comune, per la durata di diciotto mesi, ad una commissione straordinaria.
Avverso il suddetto decreto l'ex sindaco Antonio Lomoro ha proposto ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio.
La situazione del comune di Valenzano è stata oggetto di un nuovo approfondimento in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nella riunione del 18 gennaio 2018, nel corso della quale è stata ritenuta opportuna la prosecuzione della gestione commissariale.
Con decreto del Presidente della Repubblica il 1° febbraio 2019, la durata dello scioglimento del Consiglio comunale di Valenzano è stata prorogata per la durata di sei mesi, al fine di proseguire il percorso di ripristino dei principi democratici e di legalità già avviati.
Successivamente, tuttavia, il TAR Lazio con sentenza n. 3101/2019, pubblicata l'8 marzo 2019, ha annullato il suddetto provvedimento di scioglimento.
In conseguenza di quanto statuito dal giudice amministrativo e tenuto conto che nel mese di maggio 2018 era sopraggiunta la scadenza naturale del mandato elettivo del sindaco e del consiglio comunale di Valenzano, si è reso necessario, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, la nomina di un commissario per la provvisoria gestione dell'ente per il tempo strettamente necessario a rinnovare gli stessi, in occasione del turno elettorale amministrativo della primavera 2019.
Il 5 aprile 2019, il Ministero dell'interno ha proposto appello avverso la summenzionata sentenza del TAR Lazio, con contestuale istanza di provvedimento monocratico d'urgenza per la sospensione dell'efficacia della sentenza di primo grado.
Il giorno seguente, con decreto n. 1857/2019, il Presidente della III sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensione della esecutorietà della succitata sentenza del TAR Lazio e fissato per il 18 aprile successivo la discussione in camera di consiglio, ritenendo prevalente l'interesse pubblico generale a far proseguire l'opera di risanamento e di rimozione di ogni possibile interferenza mafiosa nell'amministrazione comunale in argomento, mediante la gestione commissariale prorogata.
In esecuzione del giudicato la commissione straordinaria si è reinsediata e, conseguenzialmente, la prefettura ha adottato un provvedimento di revoca della convocazione dei comizi elettorali per l'elezione diretta del sindaco e per il rinnovo del consiglio comunale.
Si informa, infine, che con ordinanza del Consiglio di Stato – Sezione terza n. 02053/2019, pubblicata il 19 aprile 2019, è stata accolta l'istanza cautelare di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata e fissata al 4 luglio 2019 l'udienza pubblica per l'esame dell'appello nel merito.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la normativa tributaria italiana mostra particolare attenzione per le persone con disabilità e per i loro familiari, riservando loro numerose agevolazioni fiscali;
il quadro normativo delle diverse situazioni cui sono riconosciuti benefici fiscali in favore di contribuenti portatori di disabilità è estremamente complesso, poiché frutto della stratificazione di numerosi atti legislativi e amministrativi che, nel corso degli anni, sono intervenuti in materia, regolandone l'ambito soggettivo, le modalità e le procedure relative all'accesso ai benefici fiscali;
tale complessità ostacola la conoscibilità e la piena consapevolezza per i cittadini potenzialmente beneficiari delle agevolazioni fiscali esistenti nel nostro ordinamento;
per ovviare a tali inconvenienti, l'Agenzia delle entrate provvede alla redazione di una guida informativa ufficiale per facilitare l'accesso dei cittadini a tali informazioni;
tale guida informativa necessiterebbe, in ragione dei continui sviluppi in materia, di un continuo aggiornamento che permetta di recepire le modifiche apportate alla normativa;
l'ultimo aggiornamento della guida informativa ufficiale alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilità, pubblicata a cura dell'Agenzia dell'entrate (sezione pubblicazioni on line dell'ufficio comunicazione) sul proprio sito ufficiale, risale al mese di gennaio 2017;
tale guida rappresenta uno strumento informativo di grande importanza sia, in via diretta, per i soggetti beneficiari delle suddette agevolazioni, sia per gli enti di prossimità, i quali svolgono fondamentali attività di diffusione delle informazioni in favore dei beneficiari –:
se il Governo ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché l'Agenzia delle entrate provveda a un aggiornamento annuale della guida informativa in modo tale da rendere più agevole la diffusione delle informazioni inerenti alle agevolazioni fiscali per persone con disabilità, anche per il tramite degli enti di prossimità.
(4-02304)
Risposta. — Con il documento in esame, l'Interrogante, dopo aver rilevato la complessità del quadro normativo in materia di benefici fiscali riconosciuti in favore di contribuenti portatori di disabilità, fa presente che l'Agenzia delle entrate, al fine di agevolare i potenziali beneficiari circa le agevolazioni esistenti, provvede alla redazione e alla pubblicazione sul proprio sito ufficiale di una guida informativa in materia. A tale proposito l'Interrogante chiede di sapere se si intenda provvedere ad un aggiornamento annuale della guida informativa in modo tale da rendere più agevole la diffusione delle informazioni inerenti alle agevolazioni fiscali per persone con disabilità.
Al riguardo, sentiti gli uffici competenti, si fa presente quanto segue.
La Sezione pubblicazioni on line dell'Ufficio comunicazione dell'Agenzia ha predisposto nel corso degli ultimi due anni quattordici guide fiscali della collana «L'Agenzia informa»:
ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali;
l'Agenzia ti scrive: lettera di invito a regolarizzare possibili errori;
sisma bonus: le detrazioni per gli interventi antisismici;
bonus mobili ed elettrodomestici;
le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico;
la fattura elettronica e i servizi gratuiti dell'Agenzia delle entrate;
le agevolazioni fiscali sulle spese sanitarie;
gli incentivi fiscali per l'attrazione del capitale umano in Italia;
locazioni brevi: la disciplina fiscale e le nuove regole per gli intermediari;
lavoratori italiani all'estero: come evitare la doppia tassazione e usufruire del credito d'imposta;
comunicazioni sui controlli delle dichiarazioni;
il contenzioso tributario;
guida per l'acquisto della casa: le imposte e le agevolazioni fiscali;
agevolazioni fiscali per le persone con disabilità.
Le guide sono soggette ad un aggiornamento periodico in rapporto alle modifiche normative che intervengono in maniera sostanziale sugli argomenti trattati.
A tal proposito nel corso del 2019, a seguito delle modifiche normative, intervenute con la legge di Bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018 – articolo 1, comma 67), sono stati interessati da revisione quattro testi della collana «L'Agenzia informa»: «Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali»; «Sisma bonus: le detrazioni per gli interventi antisismici»; «Bonus mobili ed elettrodomestici»; «Le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico».
Per quanto riguarda la «Guida alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilità», il documento è aggiornato alla legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), l'ultimo intervento legislativo di rilievo in materia di agevolazioni per i disabili operato con la legge sul «Dopo di noi» (legge n. 112 del 2016). Nell'ambito della revisione sistematica dei testi, è stato inserito anche il riferimento all'aumento (da 516.46 a 1.000 euro) della detrazione forfettaria per le spese sostenute dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida, previsto dalla legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 27 e articolo 15, comma 1-quater, Tuir).
Per tali motivi, pur recando la dizione aggiornata a gennaio 2017, la guida «Agevolazioni fiscali per le persone con disabilità» è da ritenersi in linea con le disposizioni normative vigenti.
Si rappresenta, inoltre, che negli scorsi mesi l'Agenzia delle entrate ha attivato un progetto per la creazione di una guida congiunta con l'Inps sulle agevolazioni fiscali e le misure di sostegno di carattere previdenziale per coloro che hanno una disabilità.
Il nuovo testo dovrebbe vedere la luce nei prossimi mesi.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Massimo Bitonci.
PALAZZOTTO, MURONI e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Movimento delle Agende Rosse intende organizzare per il 21 marzo 2019 a Monfalcone, una giornata in ricordo delle vittime di mafia;
a quanto risulta agli interroganti da uno scambio di mail tra esponenti del Movimento della Agende Rosse e il prefetto di Gorizia e il comune di Monfalcone che si erano offerti di collaborare nell'organizzazione dell'evento, sembrerebbe che il signor prefetto Massimo Marchesiello abbia indicato come persona non gradita all'evento una delle relatrici indicata dagli organizzatori;
la relatrice in questione è l'ex deputata friulana Serena Pellegrino, ex vicepresidente della commissione ambiente durante la XVII Legislatura ed esperta in ecomafie, invitata dal Movimento delle Agende Rosse proprio per tale competenza, essendo il tema delle ecomafie uno degli argomenti da trattare durante l'iniziativa del 21 marzo;
a parere degli interroganti le motivazioni addotte dal prefetto Massimo Marchesiello affinché l'ex deputata Pellegrino non sia tra i relatori dell'evento pubblico sono gravi e incomprensibili;
il prefetto di Gorizia, infatti, avrebbe sostenuto che l'ex deputata Pellegrino non sarebbe gradita perché avrebbe fatto «valutazioni politiche» in merito alla «struttura governativa anche di Gradisca» che, per inciso, nulla ha a che vedere con l'oggetto del convegno del 21 marzo e quindi non se ne comprende il collegamento;
in democrazia, le valutazioni politiche espresse nei limiti, nei modi e nelle forme previste dalla Costituzione sono ancora legittime e permesse ad ogni cittadino e non possono in alcun modo diventare motivo di discriminazione, specialmente da parte di chi, in un territorio, rappresenta lo Stato e dirige un organo periferico del Governo;
se tale affermazione rispondesse al vero prefetto di Gorizia, facendosi lui stesso promotore del profilo che debbano avere gli ospiti di un'iniziativa organizzata da un'associazione, avrebbe sicuramente travalicato, per gli interroganti, il proprio ruolo e probabilmente abusato dei suoi poteri;
inoltre, sottolineando il carattere «apolitico» dell'iniziativa e poi proponendo di invitare degli amministratori, che per definizione sono dei politici, il prefetto sembra contraddire sé stesso;
si sottolinea inoltre che le «valutazioni politiche» contestate all'ex deputata Pellegrino sono state espresse durante il suo mandato parlamentare e quindi, l'interessata non solo aveva il diritto, ma anche il dovere di esprimere quelle «valutazioni» proprio perché rientranti nel pieno espletamento delle sue funzioni da deputata della Repubblica;
alla luce dei fatti esposti, se confermati, secondo gli interroganti ci si troverebbe di fronte ad una pesante ingerenza da parte di un organo di Governo che limiterebbe la democrazia con motivazioni assolutamente non chiare e attraverso un atto che agli interroganti appare di «arroganza istituzionale» –:
se il Ministro interrogato intenda accertare se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in tal caso, quali iniziative di competenza intenda intraprendere in relazione al comportamento del prefetto di Gorizia dottor Massimo Marchesiello dal momento che, invitare di fatto il Movimento delle Agende Rosse ad escludere la ex deputata Serena Pellegrino dai relatori invitati alla giornata della legalità che dovrebbe tenersi a Monfalcone il 21 marzo 2019, rappresenterebbe, a parere degli interroganti, una grave limitazione della democrazia.
(4-02497)
Risposta. — Il 20 febbraio 2019 il prefetto di Gorizia ha manifestato ad un esponente regionale del movimento delle agende rosse la volontà di organizzare nel comune di Monfalcone una manifestazione commemorativa in occasione della giornata delle vittime di mafia, con il coinvolgimento degli studenti di quel territorio comunale.
Nell'occasione risulta che il predetto esponente regionale del movimento abbia aderito all'invito, proponendo di includere tra i relatori, già individuati dal prefetto, anche la dottoressa Serena Pellegrino, deputata nella scorsa legislatura.
In un successivo colloquio telefonico il rappresentante del Governo ha comunicato al citato referente dei movimento che l'iniziativa avrebbe dovuto assumere un taglio istituzionale e, quindi, assolutamente apolitico e neutro, e che, quindi, non risultava opportuno estendere l'invito alla predetta dottoressa Pellegrino, anche in considerazione del suo pregresso impegno politico.
Osservazioni che il medesimo referente dichiarava, nel corso della conversazione, di comprendere e condividere.
Tuttavia, con una mail del 22 febbraio 2019, il predetto referente si è rammaricato per le considerazioni formulate da prefetto, annunciando di voler organizzare, comunque, una manifestazione per il 21 marzo successivo in ricordo delle vittime di mafia, cui invitare anche la predetta ex deputata, in qualità di esperta in ecomafie.
Il prefetto di Gorizia, al fine di fornire una corretta interpretazione alle informazioni erroneamente riportate dal rappresentante dell'associazione, faceva successivamente presente che la sollecitazione espressa in ordine alla natura dell'evento era stata mal compresa.
In particolare, nel precisare che il convegno che si intendeva organizzare per il 21 marzo nella sede messa a disposizione dal comune di Monfalcone avrebbe avuto un taglio squisitamente istituzionale e, quindi, necessariamente apolitico, il prefetto ha riferito che a tale evento sarebbe stata più utile la sola presenza di esponenti ed amministratori direttamente impegnati, per ruolo istituzionale, al contrasto di tale fenomeno.
Il medesimo si era, comunque, riservato di organizzare altro evento sulle ecomafie e di contattare, per la circostanza, esponenti ed appartenenti agli organismi preposti alla vigilanza in quella materia specifica, sottintendendo un invito rivolto anche alla ex deputata Pellegrino.
Il convegno in questione risulta poi essersi svolto, senza l'adesione del movimento Agende Rosse, presso il Kinemax del comune di Monfalcone con l'intervento di un gruppo di relatori istituzionali e con la partecipazione degli studenti delle scuole superiori.
Al termine del convegno si è tenuta una breve cerimonia nella piazza Falcone e Borsellino del citato comune, alla presenza delle autorità istituzionali, con deposizione di una corona alla lapide dedicata alle vittime di mafia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
RIPANI e MUGNAI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il gruppo Editoriale GEDI (ex Finegil), è titolare, tra gli altri quotidiani, anche de il Tirreno e La Repubblica;
il 12 giugno 2018 il gruppo ha reso nota ai sindacati la decisione di procedere a chiusura — nell'ambito di una ristrutturazione nazionale e a partire dal 1o novembre 2018 — del centro stampa di proprietà Gedi Printing spa nella città di Livorno;
il centro occupa 29 lavoratori poligrafici;
la città di Livorno, già area di crisi complessa, vive un momento di grande fragilità occupazionale;
data la decisione dell'azienda, è necessario entrare nel merito della riorganizzazione del servizio e, più specificatamente, della ricollocazione dei 29 lavoratori poligrafici attualmente impiegati su Livorno, a tutela dell'occupazione e dei diritti dei lavoratori;
al momento, è previsto il riassorbimento nella nuova sede di stampa dei quotidiani, a Firenze, solamente di 2/3 unità, mentre ai rimanenti poligrafici sarebbero state proposte nuove sedi di lavoro tra Torino e Mantova –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, di concerto anche con la regione Toscana e i sindacati, al fine di individuare percorsi di salvaguardia dei livelli occupazionali che assicurino la piena ricollocazione dei 29 lavoratori, addivenendo al tempo stesso a soluzioni che impattino nel minor modo possibile sulla loro condizione esistenziale, familiare e professionale.
(4-00539)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente e sentito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
Gli onorevoli interroganti espongono la situazione del centro stampa di proprietà Gedi Printing spa nella città di Livorno e dei suoi lavoratori rappresentando che il citato centro stampa «ha reso nota ai sindacati la decisione di procedere a chiusura — nell'ambito di una ristrutturazione nazionale e a partire dal 1° novembre 2018 — del centro stampa di proprietà Gedi Printing spa nella città di Livorno [il quale] occupa 29 lavoratori poligrafici».
A riguardo si rappresenta che, per la gestione dei 29 lavoratori impiegati nello stabilimento di Livorno, la società e le organizzazioni sindacali dei poligrafici hanno sottoscritto in data 10 luglio 2018 un verbale di accordo nel quale sono state concordate misure rivolte all'intero organico, e specificamente: la ricollocazione presso lo stabilimento di Firenze della Poligrafici Printing; la ricollocazione presso i centri stampa di Roma, Mantova e Padova della GEDI Printing S.P.A.; un piano di esodo incentivato.
Per effetto delle misure sopra richiamate, alla data di sottoscrizione del verbale di esame congiunto, il 4 dicembre 2018, l'esubero è risultato ridotto a complessivi 11 lavoratori, di cui 8 in distacco presso la Poligrafici Printing, la società che ha acquisito la commessa di stampa. In occasione della sottoscrizione del verbale, si è convenuto di ricorrere alla cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per cessazione di attività fino ad un massimo di 11 dipendenti, con la precisazione che la CIGS non sarebbe stata attivata nei confronti degli 8 lavoratori in distacco.
Il 7 febbraio 2019 è stata accertata la condizione di cessazione dell'attività aziendale per il periodo che va dal 15 dicembre 2018 al 30 settembre 2020 e, per il medesimo periodo, è stata autorizzata la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di 3 lavoratori poligrafici impiegati presso l'unità di Livorno.
Invero, va specificato che con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 agosto 2015 sono state accertate le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per il polo produttivo ricompreso nell'area dei comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo.
Con successivo decreto del Ministero dello sviluppo economico del 1° ottobre 2015 è stato costituito il gruppo di coordinamento e controllo, il quale ha approvato la proposta di «Progetto di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI)», finalizzato alla salvaguardia e consolidamento delle imprese dell'area di crisi industriale complessa della costiera livornese, all'attrazione di nuove iniziative imprenditoriali e al reimpiego dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Nel gruppo di coordinamento e controllo sono rappresentati i due ministeri interessati, Ministero dello sviluppo economico e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Presidenza del Consiglio dei ministri, membri della regione Toscana e della provincia di Livorno, l'Autorità portuale di Livorno, oltre che referenti dei comuni coinvolti.
In data 20 ottobre 2016 è stato poi firmato l'Accordo di Programma (AdP) per l'attuazione del citato PRRI. L'Accordo è stato firmato dagli stessi organi che compongono il gruppo di coordinamento e controllo, ai quali si aggiungono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Rete ferroviaria italiana e l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (Invitalia).
Come esposto nell'articolo 3 dell'Accordo di programma, le principali linee di intervento sulle quali si concentra il PRRI sono: il potenziamento delle attività portuali e infrastrutturali, la razionalizzazione e lo sviluppo di infrastrutture energetiche, il rafforzamento dei settori produttivi in grado di sostenere l'economia locale, nonché il ricollocamento lavorativo del personale appartenente a uno specifico bacino, tramite azioni volte alla riqualificazione e reimpiego dei lavoratori.
Per le azioni di propria competenza, il Ministero dello sviluppo economico concorre agli adempimenti finanziari nel limite di 10 milioni di euro, a valere sulle risorse della legge 15 maggio 1989, n. 181. La regione Toscana, invece, concorre agli adempimenti finanziari nel limite di 225,70 milioni di euro.
Con circolare direttoriale del 4 novembre 2016 (circolare n. 107080) è stato emanato l'avviso pubblico per la selezione di iniziative imprenditoriali, per un ammontare di 10 milioni di euro a valere sulle risorse della citata legge n. 181 del 1989; e successivamente, con circolare del 5 giugno 2018 è stato aperto un nuovo sportello con dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro.
I soggetti proponenti gli investimenti sono tenuti a impegnarsi, nell'ambito del rispettivo fabbisogno di addetti, e previa verifica della sussistenza dei requisiti professionali, prioritariamente all'assunzione del personale appartenente al bacino di riferimento dei lavoratori da ricollocare individuato dalla regione Toscana e costituito da:
disoccupati (ad eccezione dei licenziati per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo) che siano stati licenziati, successivamente all'8 maggio 2008, da unità produttive localizzate nel territorio dei comuni di Livorno, Rosignano Marittimo e Collesalvetti o nel territorio degli altri comuni indicati nel protocollo di intesa per il rilancio e la valorizzazione dell'area livornese del 14 maggio 2015 (Comuni di Castagneto Carducci, Cecina, Bibbona) oppure risultino essere residenti nei medesimi comuni;
lavoratori di unità produttive localizzate nei medesimi comuni sopra indicati, oppure residenti in tali comuni che al momento dell'assunzione risultino percettori di ammortizzatori sociali.
Infine, si rappresenta l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un apposito tavolo di confronto con alcune parti interessate dalla crisi nel settore dei poligrafici, proprio al fine di individuare percorsi di salvaguardia dei livelli occupazionali e di addivenire a soluzioni condivise.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Davide Crippa.
ROSATO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il protrarsi della crisi libica, conseguente alla caduta del regime di Gheddafi nel 2011 e la crisi economica e sociale venezuelana cominciata nel 2013, intensificatasi in queste settimane con la contesa del governo del Paese, hanno recato grave pregiudizio a cittadini, enti e società italiane operanti nei due Stati;
in conseguenza di questi eventi, molti dei crediti vantati da tali soggetti hanno subito una svalutazione o sono divenuti col tempo inesigibili, causando perdite e l'impossibilità per alcuni di disporre della necessaria liquidità;
l'articolo 1, comma 268, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, a tal fine ha disposto l'istituzione di un fondo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2018, 5 milioni per l'anno 2019 e 10 milioni per l'anno 2020, al fine di concedere ai cittadini, enti e società che hanno subito le perdite di cui sopra un contributo a parziale compensazione di tali danni economici;
il medesimo comma ha rimesso ad un decreto del Ministro il compito di stabilire entro 60 giorni i termini e modalità di presentazione delle istanze dirette al conseguimento del contributo, nonché dei criteri e delle modalità di corresponsione del contributo medesimo;
all'interrogante risulta che ad oggi, il Ministro interrogato non abbia emanato il decreto di attuazione di cui in argomento –:
quali tempistiche il Ministro interrogato preveda per l'emanazione del decreto di cui in premessa e quale sarà il contenuto circa termini e modalità di presentazione delle istanze e criteri e modalità di corresponsione del contributo;
quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per sostenere i cittadini, gli enti e le società italiane che hanno subito una perdita economica in conseguenza del protrarsi delle crisi libica e venezuelana.
(4-02134)
Risposta. — L'articolo 1, comma 268, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 («Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020»), in vigore dal 1° gennaio 2018, prevede: «Ai cittadini italiani nonché agli enti e alle società italiane già operanti in Venezuela e in Libia, che alla data in entrata in vigore della presente legge abbiano crediti che abbiano subìto svalutazione o che siano divenuti inesigibili a seguito della situazione politico-economica determinatasi in Venezuela dall'anno 2013 e in Libia dall'anno 2011, può essere concesso un contributo a parziale compensazione delle perdite subìte, previa ricognizione delle richieste e ripartizione proporzionale delle risorse disponibili».
La norma rinvia quindi ad un decreto ministeriale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, la fissazione di termini e modalità per la presentazione delle istanze dirette al conseguimento del contributo nonché la definizione di criteri e modalità di corresponsione del contributo medesimo. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si era immediatamente attivato, in contatto con il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di dare attuazione alla previsione normativa.
Preliminarmente è stato necessario verificare la compatibilità della previsione normativa in oggetto con il regime europeo degli aiuti di Stato.
Al riguardo, la Commissione europea ha fatto pervenire, il 22 giugno 2018, il proprio parere negativo, a seguito del quale ci si è orientati ad applicare ai contributi in parola, destinati alle imprese, il regime «de minimis» consentito dalle norme europee.
La norma primaria inoltre, data la sua genericità, implica diverse criticità in fase di attuazione, con le quali ci si è dovuti confrontare in sede di stesura del decreto attuativo. Tra queste: l'esatta definizione dei requisiti degli aventi diritto al contributo, siano essi imprese italiane o connazionali; la natura e controparte dei crediti da ritenere ammissibili al contributo e la documentazione richiesta per dimostrare l'esistenza e la sopravvenuta inesigibilità del credito; le modalità di subentro dello Stato nella porzione di credito oggetto di contributo.
Si è confermata inoltre – per garantire le professionalità tecniche indispensabili ad una corretta istruttoria delle domande implicanti la valutazione dei titoli di credito divenuti inesigibili – la necessità di ricorrere ad un soggetto gestore esterno dotato di competenze qualificate ed adeguate per gestire la procedura di istruttoria delle richieste, individuato conformemente al codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché dell'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
Il testo di decreto ministeriale è attualmente in fase di concerto tra dicasteri competenti. Successivamente, avendo ritenuto opportuno attribuire al decreto ministeriale natura regolamentare ex lege n. 400 del 1988, si procederà alla sua trasmissione al Consiglio di Stato ai fini dell'espressione del parere di competenza.
Il suddetto testo di decreto ministeriale prevede, fra l'altro:
la definizione di termini e modalità per la presentazione delle istanze volte ad ottenere un contributo per le perdite subite;
le funzioni rimesse al soggetto gestore, le modalità di sua individuazione e remunerazione e le funzioni di vigilanza e controllo sullo stesso;
la definizione dei soggetti beneficiari del provvedimento e cioè i cittadini italiani, o i loro aventi causa, nonché gli enti e società italiane già operanti in Venezuela e in Libia, che al 1° gennaio 2018 avevano crediti nei confronti di amministrazioni pubbliche venezuelane o libiche e che abbiano subito svalutazione o che siano divenuti inesigibili a seguito della situazione politico-economica determinatasi in Venezuela dall'anno 2013 e in Libia dall'anno 2011. Esso delinea le condizioni cui debbono ottemperare le imprese ai fini dell'accesso ai contributi, così come pure quelle cui debbono ottemperare i cittadini richiedenti il beneficio;
la definizione delle modalità e tempistica per la presentazione delle istanze e della documentazione che va allegata alle stesse, ivi compresa, per le imprese, una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà attestante l'eventuale percezione, negli ultimi tre esercizi finanziari, di aiuti pubblici «de minimis» ai sensi della normativa europea.
In aggiunta al ristoro – necessariamente limitato – delle perdite subite che provvedimenti del tipo di quello descritto possono comportare per le imprese, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è impegnato, sia in Libia che in Venezuela, in attività di sensibilizzazione delle competenti autorità dei due Paesi per avviare il processo di riconoscimento e ripagamento dei crediti dovuti. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha inoltre avviato una campagna informativa della comunità imprenditoriale per la diffusione della cultura del sistematico ricorso a strumenti di assicurazione dei crediti che consentano – al sorgere di problemi di esigibilità degli stessi – di poter essere coperti e non dover sostenere i relativi rischi politici o di controparte.
Per quanto concerne nello specifico il sostegno ai nostri cittadini in Venezuela, negli ultimi anni sono stati adottati alcuni provvedimenti per tutelare i connazionali in difficoltà. Il più importante è il piano straordinario di assistenza ai gruppi più vulnerabili, avviato nel 2017 (per un valore di 1.265.000 euro), potenziato nel 2018 (1.972.900 euro) e che quest'anno si punta a mantenere almeno inalterato nel valore.
Inoltre sin dai primi tempi dell'aggravarsi della crisi economica e sociale in Venezuela il Ministero degli esteri ha esercitato pressioni sul Governo di Caracas per permettere la fornitura diretta di beni di prima necessità e medicinali irreperibili sul mercato locale. Il piano, denominato «Programa de donación de medicamentos para ciudadanos Italianos en Venezuela», del valore complessivo di 1 milione di euro, è stato avviato all'inizio del corrente anno. Da ultimo ha avuto luogo l'importazione del primo quantitativo di medicinali (valore 144.000 euro), che è attualmente in corso di distribuzione in tutto il Paese attraverso 24 filiali di una società locale, la Corporaciòn Korclass. L'ambasciata a Caracas ha informato che tale operazione viene gestita con discrezione attraverso i nostri canali istituzionali e quelli legati all'associazionismo italiano, onde evitare le conseguenze negative che deriverebbero da una eccessiva pubblicità.
Abbiamo inoltre deciso di sospendere l'adeguamento automatico della tariffa percepita per i servizi consolari al tasso di svalutazione della moneta venezuelana, onde evitare ulteriori ripercussioni negative sulla comunità italiana residente nel Paese. Va anche menzionata l'integrazione del minimo pensionistico attraverso l'adozione di un tasso di cambio, il DICOM, più vantaggioso rispetto a quello ufficiale, il bolivar soberano. Quest'ultimo nel 2018 ha subito una fortissima svalutazione a causa della spirale inflazionistica, che si attesta ben oltre il 4.000 per cento. Di tale programma hanno beneficiato 3.870 pensionati.
Infine, per quanto concerne i servizi consolari, l'attività dei consolati di Caracas e Maracaibo è sensibilmente aumentata per venire incontro ai disagi dei connazionali causati dalla crisi (peraltro, a causa del grave deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, lo scorso marzo era stata decisa la temporanea sospensione delle attività del consolato a Maracaibo di cui ora si sta predisponendo la riattivazione). In particolare, nonostante le difficoltà di organico, nel 2018 sono stati rilasciati quasi il 50 per cento di passaporti in più rispetto all'anno precedente. E per favorire i connazionali residenti in aree distanti dalle due Sedi, sono stati inviati a due uffici consolari onorari dei dispositivi mobili per la rilevazione delle impronte digitali e l'invio telematico agli uffici consolari per il rilascio del passaporto, incrementando di conseguenza il numero di passaporti rilasciati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.
SCALFAROTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ZAN e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa che il 3 aprile 2019 entreranno in vigore nel Brunei leggi ispirate alla sharia che prevedranno, tra l'altro, la lapidazione per chi ha relazioni omosessuali e per chi tradisce il coniuge, l'amputazione degli arti per i ladri e la fustigazione per l'aborto;
la nuova normativa, voluta dal sultano Hassanal Bolkiah, si applicherà solo ai cittadini musulmani (ovvero la maggior parte della popolazione) e si inserisce sulla «scia» della direttiva del sultano del Brunei, uno dei leader più ricchi del mondo e che vanta un patrimonio di 20 miliardi di dollari;
si apprende, inoltre, che importanti associazioni che operano a sostegno dei diritti umani hanno preso una posizione fortemente critica circa l'emanazione di tale legge: Amnesty International ha definito tali sanzioni «profondamente sbagliate» e la legge da «fermare immediatamente»; la stessa ha sottolineato come «rapporti consensuali tra individui dello stesso sesso non dovrebbero neanche essere considerati reato». Human Rights Watch ha invece definito il progetto delirante;
a tali dichiarazioni si aggiunge anche l'appello dell'Alto Commissario per i diritti dell'uomo, Michelle Bachelet, che ha affermato: «Mi appello al governo affinché blocchi l'entrata in vigore di questo nuovo codice penale draconiano che, se verrà applicato, segnerà una grave battuta d'arresto per la tutela dei diritti umani»;
a seguito di ciò, alcuni attori americani hanno invitato i lettori a manifestare la propria indignazione, boicottando nove lussuosi alberghi in Occidente di proprietà del sovrano asiatico –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito; quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo al fine di contrastare tali leggi feroci e liberticide che minano i diritti umani della popolazione del Brunei;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in sede di Unione europea, affinché l'Unione medesima si faccia parte attiva per ristabilire la piena tutela dei diritti dei cittadini e delle cittadine del Brunei.
(4-02652)
Risposta. — L'Italia è fortemente impegnata a favore della protezione e della promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel mondo, anche nell'ambito del mandato triennale (2019-2021) in Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite (CDU).
La situazione dei diritti umani nel Sultanato del Brunei è oggetto di attenzione e monitoraggio. Il nuovo codice penale basato sulla Sharia è stato approvato nel 2013 ma è integralmente in vigore dal 3 aprile 2019. Questo prevede disposizioni quali la pena di morte per impiccagione nel caso di omicidio, la lapidazione per chi commette adulterio o compie atti omosessuali; l'amputazione degli arti per chi commette furto o rapina. Le disposizioni in parola si applicano a tutti i cittadini musulmani del Brunei, sia residenti nel Sultanato sia all'estero, nonché ai cittadini stranieri in Brunei.
Molte pene si applicano solo ai fedeli musulmani. Anche a seguito delle critiche mosse a livello internazionale, il 5 maggio 2019 il Sultano ha annunciato che manterrà la moratoria sulla pena di morte attualmente in vigore nel Paese, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice penale.
L'Italia è operativa nella lotta contro ogni forma di discriminazione, incluse quelle basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, come dimostrano sia il recente ingresso del nostro Paese nel «LGBTI Core Group» (gruppo interregionale di Paesi e organizzazioni che promuove questi temi in ambito Nazioni Unite) sia la partecipazione all’«Equal Rights Coalition» (ERC).
Quest'ultima è una piattaforma di cooperazione tra Paesi che mira allo scambio di informazioni e buone pratiche e al coordinamento dell'azione globale in tema di diritti LGBTI. L'11 aprile 2019, in particolare, l'Italia ha aderito ad una dichiarazione dell'ERC sulla situazione in Brunei, nella quale si esprime profondo sgomento per l'entrata in vigore della nuova normativa e per l'impatto che questa potrà avere su alcuni gruppi vulnerabili, quali le persone LGBTI, le donne e i bambini. Si tratta di persone che più di altre potrebbero essere esposte a ulteriori forme di discriminazione, persecuzione e violenza.
La dichiarazione ERC sollecita inoltre il Brunei ad abrogare le nuove disposizioni e ad assicurare che qualsiasi nuova misura introdotta nell'ordinamento sia coerente con gli obblighi e gli impegni assunti dal Paese a livello internazionale.
In ambito ONU, il Brunei ha partecipato il 10 maggio 2019 alla Revisione periodica universale (UPR), esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri dell'ONU si sottopongono ogni quattro anni nell'ambito del CDU. Nell'occasione, l'Italia ha espresso profondo rammarico per l'entrata in vigore del nuovo codice penale e ha raccomandato al Paese di procedere immediatamente alla sua abrogazione, al fine di rispettare le Convenzioni internazionali in materia di diritti umani, di adottare una moratoria formale sulla pena di morte, di prendere in considerazione l'adesione a tutti i principali strumenti internazionali sui diritti umani di cui non è ancora parte, di ratificare la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, e di garantire in modo efficace la libertà di religione o credo.
In ambito UE, l'entrata in vigore del nuovo codice penale del Brunei è stata oggetto di una dichiarazione del Servizio di Azione Esterna (SEAE) del 3 aprile, nella quale si sottolinea come alcune disposizioni contenute nel codice equivalgano ad atti di tortura o trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Il SEAE ha pertanto esortato il Brunei al rispetto dei diritti umani e degli obblighi derivanti da convenzioni internazionali o regionali sottoscritte dal Paese, nonché a mantenere in vigore la moratoria de facto della pena di morte.
L'Italia continuerà a monitorare attentamente la situazione dei diritti umani nel Brunei e l'attuazione della nuova normativa.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.
SCALFAROTTO, QUARTAPELLE PROCOPIO, FASSINO, ZAN e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa che all'inizio del mese di marzo 2019 è stata arrestata in Egitto nella sua casa Malak al-Kashif, giovane donna transgender ormai prossima all'intervento di riassegnazione chirurgica del sesso;
Malak, non avendo quindi ancora ottenuto la rettifica dei dati anagrafici ed essendo di conseguenza registrata come uomo, è stata incarcerata in una prigione maschile senza precisa comunicazione dell'ubicazione del penitenziario;
tale decisione, come rilevato da Magdalena Mughrabi, responsabile di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa comporta che «ci sono reali timori per l'integrità fisica e il benessere psicologico di Malak al-Kashif. A causa della sua identità di genere Malak è ad alto rischio di tortura da parte della polizia, incluso lo stupro e la violenza sessuale, come anche di aggressioni da parte di altri detenuti»;
Magdalena Mughrabi rileva inoltre che «Le autorità egiziane sono responsabili della sua sicurezza fisica e psicologica. Devono immediatamente rivelare dove si trova e, in attesa della sua liberazione immediata e incondizionata, assicurarsi che sia protetta dalla tortura e da altri abusi»;
sempre da organi di stampa si apprende anche che la condizione delle persone Lgbti in Egitto registra un progressivo peggioramento a partire dal 2017, quando un giovane fu arrestato nel corso del concerto di una band libanese, dopo aver sventolato una bandiera arcobaleno. In tale occasione, all'epoca, si registrò una vasta campagna di repressione contro persone sospettate di essere omosessuali;
nonostante si rilevi il fatto che in Egitto i rapporti omosessuali non siano formalmente vietati dal codice penale, un articolo della legge anti-prostituzione, varata oltre mezzo secolo fa, commina da tre a cinque anni di reclusione a chi «incita alla dissolutezza e all'immoralità», e determina una normativa ambigua che consente di fatto il perseguimento giuridico delle persone Lgbti –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo al fine di ristabilire condizioni di sicurezza per Malak al-Kashif e per seguire con attenzione gli sviluppi della situazione;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere in sede di Unione europea, affinché l'Unione medesima si faccia parte attiva nel garantire la piena tutela dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali in Egitto.
(4-02653)
Risposta. — Il caso dell'attivista egiziana Malak Al Kashif viene seguito dall'Italia attraverso l'ambasciata al Cairo, la quale partecipa attivamente al coordinamento in loco con gli altri Paesi dell'Unione europea e con alcuni Paesi «like-minded» in materia di diritti umani.
Sebbene alla data odierna non risultino ancora chiare le circostanze dettagliate dell'arresto di Al Kashif, gli elementi finora acquisiti indicano che questa è stata posta in stato di arresto nei giorni successivi al tragico incidente ferroviario occorso presso la stazione di Ramses del Cairo il 27 febbraio scorso. A, seguito delle proteste innescate dall'incidente, le Autorità egiziane hanno proceduto al fermo di alcune persone tra cui l'interessata, la quale attualmente risulta essere sottoposta a misura detentiva in isolamento nel carcere maschile di Tora. Pur restando ancora da appurare le accuse mosse nei confronti di Al Kashif, il 19 maggio 2019 la Procura per la sicurezza dello Stato – che ha giurisdizione sui reati più gravi – ha prorogato di ulteriori 15 giorni la sua custodia cautelare.
Più in generale, il Governo italiano, assieme ai partner dell'Unione europea, attribuisce grande rilevanza alle questioni inerenti la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Egitto, incluse le condizioni dei componenti della comunità LGBTI.
L'Italia offre inoltre un importante contributo alla definizione della posizione dell'Unione europea sulla situazione dei diritti umani in Egitto in ambito ONU, in particolare nel Consiglio diritti umani a Ginevra e nella terza Commissione dell'Assemblea generale a New York.
Nel corso della sessione del Consiglio diritti umani del marzo 2019, anche su impulso italiano l'Unione europea ha menzionato l'Egitto nel proprio intervento sulle situazioni Paese che richiedono l'attenzione del Consiglio per la loro gravità («item 4»), tornando altresì ad incoraggiare il Paese a fare piena luce sulle circostanze della morte di Giulio Regeni.
Nell'ambito della revisione periodica universale del Consiglio diritti umani (esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri ONU si sottopongono ogni quattro anni a Ginevra), l'Italia solleva regolarmente con apposite raccomandazioni la tematica della decriminalizzazione dell'omosessualità e della lotta alle discriminazioni e violenze di cui sono vittime le persone LGBTI nei Paesi terzi.
L'Italia ha anche sostenuto le risoluzioni del Consiglio diritti umani in materia adottate nel 2011, nel 2014 e nel 2016.
L'impegno italiano in favore dei diritti delle persone LGBTI è inoltre confermato dal nostro recente ingresso nel «LGBTI Core Group» (gruppo interregionale di Paesi e organizzazioni che promuove questi temi in ambito Nazioni Unite) e dalla partecipazione all’«Equal Rights Coalition», piattaforma di cooperazione tra Paesi che mira allo scambio di informazioni e buone pratiche e al coordinamento dell'azione globale in tema di diritti LGBTI.
Con riferimento alla specifica situazione dei cittadini e delle cittadine omosessuali in Egitto, l'Italia monitora attentamente l'eventuale approvazione da parte del Parlamento di un disegno di legge che per la prima volta criminalizzerebbe espressamente l'omosessualità. Laddove la bozza di legge dovesse proseguire il suo iter parlamentare, si tratterà di intraprendere un'opera di sensibilizzazione nei confronti delle autorità egiziane, analogamente a quanto già fatto in passato.
L'Italia continuerà a seguire attentamente il caso di Malak Al Kashif attraverso la propria partecipazione attiva al coordinamento, comunitario e non, al Cairo in materia di diritti umani, anche con riferimento alle condizioni detentive e alle esigenze di assistenza medica dell'attivista.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.
SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
al 31 dicembre 2017 risultavano registrati presso l'anagrafe del consolato generale d'Italia a Monaco 114.482 connazionali (annuario statistico 2018, Maeci) a fronte dei 110.625 dell'anno precedente;
in linea con le tendenze generali, anche il consolato di Monaco registra un incremento di richieste nel settore dei documenti da parte dei nostri connazionali. Ad esempio, nel 2017 le richieste per i passaporti sono passate a 3.882 rispetto alle 3.631 del 2016;
attraverso la sua pagina internet, il consolato informa i connazionali che, a causa della carenza di personale, è necessario «procedere con ampio anticipo – entro i 6 mesi dalla scadenza – alla richiesta di emissione del nuovo passaporto»;
sono costanti e diffuse le segnalazioni di cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare di Monaco che lamentano la difficoltà di ottenere appuntamenti prima di sei-otto mesi attraverso il sistema di prenotazione on-line che, per altro, risulta spesso inattivo;
la fonte principale di disagio è il «Sistema di prenotazione on-line» che non consentirebbe di prenotare un appuntamento prima di 6-8 mesi;
gli utenti segnalano che il sistema avrebbe a disposizione un numero molto limitato di slot giornalieri, esauriti i quali il sistema verrebbe disattivato. Conseguentemente, nel tentativo di acquisire uno degli slot a disposizione, gli utenti sono costretti ad accedervi di notte o nelle primissime ore del mattino, con incerti risultati, e comunque a trascorrere molte ore davanti al pc per poter intercettare la disponibilità di un appuntamento in tempi ragionevoli ancorché lunghi;
non risulterebbe possibile scaricare la «Guida all'uso del sistema di prenotazione online degli appuntamenti»;
viene segnalata altresì l'impossibilità di richiedere preventivamente informazioni per telefono e, in diversi casi, per posta elettronica, rendendo difficile qualsiasi pratica, specie per chi proviene da fuori Monaco;
sembra evidente l'esigenza di un adeguamento dell'organico della sede per evitare riflessi sempre più negativi sulla qualità dei servizi consolari prestati, parzialmente compensata dal personale che, con dedizione e professionalità, tenta di supplire a tale situazione –:
quali iniziative urgenti si intendano assumere, alla luce delle crescenti difficoltà operative del consolato generale di Monaco e, in particolare, se siano previste integrazioni all'organico esistente, al fine di evitare inevitabili riflessi negativi sulla qualità dei servizi consolari prestati agli utenti;
quali iniziative si intendano assumere per migliorare il funzionamento del sistema di prenotazioni on-line adeguandolo alle reali esigenze dei cittadini e per rimuovere gli ostacoli nell'accesso alle informazioni e alle prenotazioni per coloro che non possono accedere ad internet.
(4-02395)
Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale tiene nella massima considerazione i problemi della rete consolare all'estero ed in particolare degli uffici su cui gravano collettività italiane numericamente consistenti, peraltro nella consapevolezza che tale rete è stata messa a dura prova dal drastico calo di personale addetto intervenuto nell'ultimo decennio (-33 per cento circa) come conseguenza del blocco del turn over.
Pur in questo difficile contesto, presso il Consolato generale d'Italia a Monaco sono in servizio nove unità di personale di ruolo e, proprio per la cospicua presenza di nostri connazionali, esso è stato rafforzato con l'invio di tre funzionari consolari in assegnazione temporanea. È stata inoltre di recente disposta un'assegnazione breve per supportare la sede in vista degli adempimenti connessi alle elezioni europee. Questa amministrazione sta quindi facendo ricorso a tutti gli strumenti di flessibilità a disposizione per consentire al consolato generale a Monaco di operare con continuità.
Per quanto riguarda il personale assunto in loco ai sensi dell'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, l'attuale dotazione del Consolato generale di Monaco è di 17 unità e, sempre a riprova della massima attenzione rivolta alle esigenze della sede, sarà presto autorizzata l'assunzione di un'ulteriore unità a contratto a tempo indeterminato da adibire a mansioni consolari, a valere sulle 50 unità aggiuntive complessivamente autorizzate con la legge di bilancio 2019.
Ben consapevoli delle necessità del Consolato generale a Monaco e dell'intera rete diplomatico-consolare, occorre prendere atto che ogni ulteriore rafforzamento degli uffici all'estero sarà possibile solo a fronte della disponibilità di nuove risorse umane e finanziarie. Per questo il Governo si è impegnato per un'inversione della tendenza alla continua diminuzione di risorse umane e con l'ultima legge di bilancio il Maeci è stato autorizzato ad assumere 100 funzionari da inquadrare nella III area e fino a 200 unità da inserire nei ruoli di II area, oltre al già menzionato aumento di 50 unità del contingente del personale a contratto. Tali unità andranno ad aggiungersi ai 177 funzionari amministrativi, contabili e consolari e ai 44 appartenenti all'area della promozione culturale la cui assunzione venne autorizzata dalla precedente legge di bilancio, assunzioni che dovrebbero aver luogo a partire dalla fine del corrente anno.
In relazione all'utilizzo del sistema di prenotazioni on-line, va sottolineato che esso si configura come un sistema che non sostituisce del tutto la ricezione diretta del pubblico, soprattutto nei casi di persone anziane e che non hanno dimestichezza con il computer. Il Consolato generale di Monaco, per specifiche tipologie di servizi, si avvale altresì della facoltà che ha ciascuna Sede di utilizzare modalità di prenotazione complementari alla piattaforma prenota online (ad esempio posta elettronica o call center, e altro), compatibilmente con le proprie possibilità di presidiare tali canali. Il Consolato generale a Monaco, inoltre, si sta riorganizzando per creare un ufficio polifunzionale che consenta di verificare preliminarmente la completezza e correttezza della documentazione presentata dall'utenza. Tale sistema permetterà un consistente risparmio di risorse umane e una più tempestiva resa del servizio.
Considerare il servizio di prenotazione on-line come modalità principale di accesso ai servizi consente anche di differenziare gli utenti, destinando all'appuntamento soprattutto quelli che arrivano da più lontano o che accettano di buon grado una dilazione nel tempo della prenotazione, a fronte della comodità della resa del servizio in giorni e ora prestabiliti e in alcuni casi a vista.
Si segnala peraltro che il portale prenota online, inoltre, è in costante aggiornamento. In particolare, modifiche sono state introdotte per aumentare i controlli sul richiedente passaporto e arginare il fenomeno delle cosiddette agenzie di intermediazione, nonché meccanismi automatici di prenotazione. L'indisponibilità di appuntamenti sul portale e dunque l'impossibilità di prenotare non è tuttavia dovuta a malfunzionamenti tecnici, bensì dal divario tra i numeri di appuntamenti disponibili – calcolati da ciascuna sede diplomatico-consolare in base alle proprie dotazioni umane e materiali – e la domanda di appuntamenti da parte dei richiedenti. Si conferma pertanto l'importanza di poter continuare ad assumere nuove risorse che possano essere destinate al rafforzamento degli uffici all'estero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.
SGARBI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
stando alle unanimi risultanze della critica, la cosiddetta «Tavola Doria» è ritenuta estranea alla mano di Leonardo, e risulta essere, oltre che di qualità infima, priva di interesse documentario;
con un'operazione internazionale assolutamente sproporzionata, nel 2012 il Comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, a parere dell'interrogante attraverso indagini approssimative e inadeguate, ha sostanzialmente trascinato nel ridicolo istituzioni come il Ministero per i beni e le attività culturali e la Procura della Repubblica di Roma, arrivando, con dispendio di energie e danaro, a esporre l'opera, grazie all'attribuzione a Leonardo, nelle sale del Quirinale, e coinvolgendo irresponsabilmente gli Uffizi in una vera e propria trattativa tra una fantomatica fondazione giapponese, la Fuji Art Museum di Tokyo, e le principali istituzioni dello Stato italiano. Considerato che lo sforzo del recupero è stato assolutamente sproporzionato rispetto al valore dell'opera, v'è da chiedersi perché il Comando Carabinieri già citato, secondo l'interrogante evidentemente autoreferenziale, non abbia ritenuto di avvalersi della consulenza di esperti adeguati –:
se risultino le ragioni per le quali sia stata posta in essere quella che appare all'interrogante un'inutile e dispersiva azione di recupero di una «crosta», e per quanto tempo debba durare questa sostanziale finzione, sopravvalutando un'opera destinata ai depositi degli Uffizi, i quali risultano tuttora costretti a onerosi scambi con Tokyo, mentre si «infligge» all'Italia di esporre la «Tavola Doria» al Castello dei Conti Guidi di Poppi fino al 6 gennaio 2019, a causa di quelle che, ad avviso dell'interrogante, appaiono patetiche e infondate attribuzioni.
(4-01827)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere elementi informativi riguardo alla cosiddetta «Tavola Doria».
Sulla base degli elementi forniti dal comando carabinieri tutela patrimonio culturale si riportano le attività, svolte dal predetto comando, che hanno consentito il recupero e il rimpatrio del dipinto ad olio su tavola, cm. 85x115, di pittore anonimo toscano del XVI secolo, raffigurante «Lotta per lo stendardo nella battaglia d'Anghiari», universalmente noto come «Tavola Doria».
In ottemperanza agli obblighi ricadenti sulla polizia giudiziaria, nel 1982, avendo appreso che negli anni ’60 il bene in argomento era stato illecitamente esportato dall'Italia, si inoltrava una comunicazione di notizia di reato alla competente autorità giudiziaria, e si procedeva al suo inserimento nella banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti.
La tavola Doria, dalle ricerche effettuate, risultava menzionata nei seguenti documenti:
DATA |
LUOGO |
DOCUMENTO |
DESCRIZIONE |
RIFERIMENTO |
|
a) |
1617 |
Genova |
Archivio di Stato di Napoli AdA I, fascio 52/7, cc. 2r-22r |
Inventario dei quadri, argenti ed altro che esisteva in casa di Agostino Doria |
n. 442. Una battaglia di soldati a cavallo di Leonardo da Vinci, 300 scudi |
b) |
1625-1641 |
Genova |
Archivio di Stato di Napoli AdA I, fascio 52/7, cc. 33r-52v |
Inventario e robbe che sono in casa del quondam Sig. Gio Carlo Doria |
n. 218. Una battaglia de cavali da Leonardo da Vinci |
c) |
12 giugno 1641 |
Genova |
Archivio di Stato di Napoli AdA I, fascio 55/39, cc. 13r-30r |
Testamento di Marcantonio Doria che lascia il dipinto al primogenito Nicolò principe di Andria e duca di Eboli unitamente ad altre opere |
n. 361. Uno de cavalli di Leonardo da Vinci |
d) |
7 novembre 1690 |
Genova |
Archivio di Stato di Napoli AdA I, fascio 52/11, cc. 3r-41v |
Estimo dei quadri ereditati del Sig. Nicola Doria redatto da Giovan Domenico Piola, pittore genovese |
n. 10. Il groppo de cavalli di palmi 3½ copia di Leonardo da Vinci Lire sessanta 60 |
e) |
1766 |
Genova |
G. Ratti, Guida di Genova, 1766 |
Palazzo Giuseppe Doria |
|
f) |
1845 |
Napoli |
Napoli e luoghi celebri, vol. II p. 334. 1845 |
Palazzo Doria d'Angri |
|
g) |
1937 |
Napoli |
J.K. Suter, «Das Ratsel von Leonardos Schlochtenbild» Strasburgo, Heitz, 1937, p. 91 |
L'opera viene e studiata e pubblicata, per la prima volta, da J.K. Suter che la osserva a Napoli |
|
h) |
9 maggio-20 ottobre 1939 |
Milano |
Mostra di Leonardo e delle Invenzioni Italiane, Milano, Palazzo dell'Arte 1939 |
La Tavola Doria viene esposta per la prima ed unica volta in una mostra su Leonardo «Maestro toscano del XVI sec.» – «Lotta per lo stendardo» |
|
i) |
26 febbraio-1° marzo 1940 |
Napoli |
Catalogo della venditad'asta Napoli 1940 – Galleria Ciardiello di Firenze |
Asta delle raccoltedel Principe Marcantonio Doria d'Angri, curato dalla galleria Ciardiello di Firenze |
cat. n. 177. «Maestro toscanodel XVI sec.» – «Lotta per lo stendardo» |
Inoltre, il Comando accertava che:
l'8 novembre 1939, su proposta del soprintendente di Napoli, professor Bruno Malajoli, il competente Ministro dell'epoca procedette alla «notifica» del dipinto;
il 25 gennaio 1941, fu emessa una seconda «notifica» nei confronti del marchese Giovan Niccolò De Ferrari, di Genova, che nel frattempo aveva acquistato l'opera.
Le indagini di polizia giudiziaria, espletate dal 1982, sia in campo nazionale che internazionale (Usa, Svizzera e Germania) consentivano, nel 2010, di individuare il bene all'interno di un caveau nel porto franco di Ginevra (Svizzera).
L'autorità giudiziaria procedente, debitamente informata dal comando carabinieri TPC, chiedeva e otteneva, mediante l'emissione di una richiesta di assistenza giudiziaria in materia penale, la collaborazione degli omologhi uffici giudiziari del cantone di Ginevra potendo così accertare che la Tavola Doria:
era stata esportata illecitamente dall'Italia in data, non meglio precisata, antecedente al 1962;
il 4 maggio 1962 giungeva, attraverso la Svizzera, grazie alla mediazione di un antiquario di Locarno non meglio identificato, nelle mani del mercante d'arte George Hoffman di Monaco di Baviera (Germania);
il 24 novembre 1971, a seguito del fallimento della galleria d'arte di quest'ultimo, veniva ipotecata dalla «Bansa Bank KG»;
il 29 settembre 1987, veniva acquistata dalla società di consulenza finanziaria «BHB Beratungs & Vennittlungskontor fur Finanzierungsfragen mbh», che aveva rilevato i crediti della banca tedesca sopra citata;
nel 1992 un antiquario giapponese non meglio identificato, dopo averla acquistata, la rivendeva al «Tokyo Fuji Art Museum» per una somma che, oggi, potrebbe corrispondere a circa 20.000.000 di euro;
la direzione del museo nipponico, venuta a conoscenza – dopo l'acquisto – che si trattava di un bene sottoposto a notifica da parte dello Stato italiano, provvedeva a trasferirla al porto franco di Ginevra ove, il 27 luglio 2011, in esecuzione della menzionata richiesta di assistenza giudiziaria e alla presenza di militari del comando carabinieri TPC, la Polizia elvetica provvedeva a sequestrarla;
il 12 giugno 2012, veniva siglato un accordo tra il Ministero per i beni e le attività culturali e il «Tokyo Fuji Art Museum» a seguito del quale il predetto comando, il 3 giugno 2012, poteva procedere al rimpatrio del dipinto e, successivamente, affidarlo all'opificio delle pietre dure di Firenze che ne ha curato il restauro e ha eseguito le indagini scientifiche e diagnostiche, compendiate nella pubblicazione «La Tavola Daria tra storia e mito», presentata il 22 giugno 2014 presso la biblioteca Magliabecchiana.
Gli esami tecnico-scientifici e storico-artistici sulla riconducibilità a Leonardo da Vinci del dipinto in oggetto sono attività che, non rientrando nelle competenze e attribuzioni della polizia giudiziaria non sono state condotte dal comando carabinieri TPC che, all'autorità giudiziaria procedente e in tutte le occasioni e contesti, l'ha sempre presentata come opera realizzata da «pittore anonimo toscano del XVI secolo» e non attribuita/realizzata a/da Leonardo da Vinci.
Si riportano, di seguito, i riferimenti di alcune delle principali pubblicazioni che contengono informazioni inerenti agli studi effettuati sull'opera:
catalogo della mostra «Tavola Doria. Il rientro di un grande capolavoro», Roma Palazzo del Quirinale, 28 novembre 2012-13 gennaio 2013, a cura di Louis Godart, Cangemi Editore;
«La Tavola Doria tra Storia e Mito» (copyright 2015), a cura di Cristina Acidini e Marco Ciatti, collana «dal restauro agli studi», Edifir – Edizioni Firenze e opificio delle pietre dure;
catalogo della mostra «Leonardo da Vinci, 1452-1519, il disegno del mondo», Milano, palazzo Reale, 16 aprile-19 luglio 2015, a cura di Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio, edizioni Skira.
L’iter operativo e procedurale che ha consentito l'individuazione, il recupero e il rimpatrio della Tavola Doria, così come l'entità delle risorse umane e materiali che vi sono state impegnate, corrispondono a quelli che vengono normalmente adottati e impiegati in tutte le indagini riguardanti beni appartenenti al patrimonio culturale italiano, provento di attività penalmente rilevante, che si trovino all'estero.
Al riguardo, si è espressa anche la competente direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio la quale ha rappresentato quanto segue.
La cosiddetta Tavola Doria – raffigurante l'episodio centrale della Battaglia di Anghiari fu vincolata dalla soprintendenza napoletana l'8 novembre 1939, mentre si trovava ancora nella collezione Doria d'Angri di Napoli da cui prende il nome e, dopo la dispersione della raccolta nel 1940, rimase presso una collezione privata italiana fino al 1942.
Come hanno stabilito le indagini coordinate dalla procura della Repubblica di Roma, con l'assistenza della procura del cantone di Ginevra, il dipinto venne esportato illecitamente in Svizzera prima del 1962, nei primi anni sessanta fu acquistato dal mercante di Monaco di Baviera Georg Hoffmann, quindi entrò a far parte dei beni di garanzia di una società tedesca in liquidazione riconducibile a lui e fu acquistato da un antiquario giapponese, che, infine, nel 1992, lo vendette al Tokyo Fuji Art Museum, per una somma equivalente a circa 20 milioni di euro.
I carabinieri del comando tutela patrimonio artistico iniziarono le indagini nel 1982 e, fra il 2009 e il 2010, riuscirono a localizzare la tavola in un caveau nel porto franco di Ginevra e a sequestrarla. La battaglia legale si è conclusa nel 2012 con la donazione del dipinto all'Italia, nell'ambito di un accordo di collaborazione culturale con il museo Fuji.
Lo Stato italiano è dunque riuscito a recuperare, senza dover corrispondere alcun indennizzo all'acquirente, un'opera vincolata e uscita illegalmente, secondo una procedura che, negli ultimi decenni, ha riguardato moltissimi beni archeologici e artistici, secondo la strategia della diplomazia culturale che tanto feconda si sta dimostrando nei confronti delle istituzioni straniere, tanto da indurre molte di esse a segnalare spontaneamente oggetti di sospetta provenienza italiana nelle loro collezioni.
Il momento del rientro in Italia della Tavola Doria, resa finalmente visibile al pubblico, è stato celebrato con una esposizione dell'opera presso il palazzo del Quirinale, come era già avvenuto in casi analoghi (si pensi ad esempio alla mostra esposizione «Nostoi. Capolavori ritrovati», palazzo del Quirinale, dicembre 2007-marzo 2008). È infatti consuetudine dare il giusto risalto ai momenti che attestano il successo sia sul piano giuridico, sia sul piano culturale delle azioni dell'amministrazione statale che abbiano consentito la restituzione di opere sottratte illecitamente al patrimonio italiano.
Si fa presente che l'attribuzione a Leonardo della tavola, che in forma dubitativa era stata formulata per la prima volta dal Ratti nel 1776, non era stata raccolta nel decreto di vincolo, né nel catalogo della mostra che si svolse a Milano sempre nel 1939, né quello di vendita della collezione Doria D'Angri l'anno successivo, nel quale si parla soltanto di «artista toscano del Cinquecento».
Carlo Pedretti, che aveva visionato l'opera in Germania, dopo aver proposto il nome di Raffaello avanzò quello di Leonardo e alcuni studiosi hanno aderito a questa attribuzione. La grande maggioranza, tuttavia, concorda con quanto scrisse nel 2003 Frank Zoellner, ossia che si tratta della «migliore e più dettagliata copia dipinta della Battaglia di Anghiari».
Dopo il rientro dell'opera in Italia è stato possibile approfondire con studi ed indagini scientifiche la conoscenza dell'opera, nel tentativo di meglio definirne i caratteri e la natura.
Una giornata di studi si è svolta infatti nel 2014 agli Uffizi.
Sembra oggi prevalere l'orientamento a datarla verso la seconda metà del Cinquecento, riferendola a un artista della cerchia di Giorgio Vasari.
Ulteriori approfondimenti sono stati condotti in tempi ancor più recenti e pubblicati proprio in occasione della mostra allestita nel 2018 presso il castello di Poppi citata dall'interrogante, nel contesto della quale il dipinto viene attribuito da Alexander Louis Waldman all'allievo di Vasari Francesco Morandini detto il Poppi.
È comunque un'ipotesi, nell'ambito di un dibattito ancora aperto.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
SGARBI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il patrimonio artistico italiano è difeso da una precisa e consolidata normativa che, in base all'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 22 gennaio 2004, n. 42, attribuisce al Ministero la funzione di tutela e, con l'articolo 5, comma 1, prescrive che le regioni, i comuni, città metropolitane e le province, cooperino con il Ministero con concorde spirito;
inoltre, l'oggetto della tutela è definito dall'articolo 10, comma 1, e l'articolo 20, comma 1, recita: «i beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico e artistico oppure tale da recare pregiudizio alla loro conservazione»;
l'articolo 26 e l'articolo 29, comma 4, indicano i limiti della conservazione e del restauro in operazioni «finalizzate all'integrità materiale e al recupero del bene medesimo»;
il comune di Ferrara ha, ad avviso dell'interrogante indebitamente, proceduto a indire un concorso non per il restauro ma per l’«ampliamento di Palazzo dei Diamanti», con l'obiettivo concreto di realizzare il progetto vincitore, per precedenti garanzie e complicità politiche, nonostante i principi e le norme sopra ricordati –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative affinché gli uffici competenti, vigilino sul rispetto della legge che non consente, e non ve ne sono precedenti, per edifici del valore universale di Palazzo dei Diamanti, in una città del Rinascimento dichiarata patrimonio mondiale dell'Unesco, manomissioni, alterazioni, integrazioni, ampliamenti, che ne compromettano la secolare «integrità materiale», come hanno richiamato luminari della tutela come Christoph Frommel, Arturo Carlo Quintavalle, Andrea Emiliani, Eugenio Riccomini, Giuseppe Cristinelli, Vittorio Emiliani, Elio Garzillo, Luigi Malnati, Massimo Osanna, alcuni dei quali sovrintendenti emeriti del Ministero per i beni e le attività culturali.
(4-02021)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame con il quale l'interrogante ha chiesto se questo Ministero intende adottare iniziative affinché gli uffici competenti vigilino sul rispetto della legge che non consente per edifici del valore universale di palazzo dei Diamanti, in una città del Rinascimento dichiarata patrimonio mondiale dell'Unesco, manomissioni, alterazioni, integrazioni, ampliamenti, che ne compromettano la secolare «integrità materiale».
Al riguardo, si rappresenta che la competente direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio – che ai sensi dell'articolo 16, comma 1, lettera e), del decreto legislativo, n. 165 del 2001 nonché dell'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 23 gennaio 2016, n. 44 «esercita i poteri di direzione, indirizzo, coordinamenti e controllo» sulle attività di tutela svolte dalle soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio – ha emesso con nota protocollo 1526, del 17 gennaio 2019, un apposito atto di indirizzo.
Con tale atto il direttore generale ha disposto «che il Soprintendente Archeologia, belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, ferme restando le necessità di approfondimento già avanzate in merito agli interventi al Palazzo, esprima parere negativo, con richiesta di revisione, per la parte del progetto presentato che inerisca alla realizzazione dei nuovi volumi».
L'atto citato (rammentando i principali documenti di indirizzo tecnico-metodologico sia nazionali che internazionali sui quali si fonda l'azione di tutela e di conservazione dei monumenti ed in generale del patrimonio culturale, considerando contenuto e prescrizioni del provvedimento «di importante interesse storico ed artistico» emanato ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364, relativo a palazzo dei Diamanti e notificato il 1° settembre 1914 e rilevando, altresì, che il «Progetto di edificazione di un padiglione nello spazio retrostante il monumento costituirebbe una oggettiva modificazione, in termini deteriori, del reciproco rapporto visuale fra Palazzo e spazio verde») ha disposto, nel caso del progetto di ampliamento di palazzo dei Diamanti, quanto segue:
«Le necessità di nuovi spazi per far fronte alle accresciute esigenze espositive, nonché il ripristino dell'anularità del percorso di visita, dovranno pertanto trovare diversa soluzione:
1. Il ripristino dell'anularità del percorso [...] potrà avvenire — previe ulteriori indagini archeologiche — anche per mezzo della realizzazione di un collegamento ipogeo tra le due ali, anche al fine, nell'ordine di rimuovere le strutture temporanee [...] che attualmente consentono di passare da un lato all'altro del complesso senza essere del tutto esposti agli agenti atmosferici [...] tale percorso non dovrà avere (anche) destinazioni espositive ma unicamente distributiva»;
2. Il reperimento di spazi supplementari per mostre di grandi dimensioni potrà attuarsi attraverso il restauro e la riutilizzazione di edifici di proprietà comunale o altri enti pubblici posti nel Quadrivio e quindi logisticamente utilizzabili come sede distaccata e prossima al Palazzo dei Diamanti [...], anche con la riattivazione di eventuali accordi interistituzionali, al fine di portare a compimento la valorizzazione del «quadrivio rossettiano» e delle funzioni espositive del palazzo dei Diamanti;
Tale provvedimento si inquadra in una attenta e costante azione di direzione, coordinamento e controllo che la direzione generale sta svolgendo nei confronti degli istituti periferici sia su casi specifici ma esemplari, sia attraverso l'emanazione, di atti di indirizzo di portata generale, tutti intesi a garantire una sempre maggior coerenza, incisività ed efficacia dell'azione di tutela del nostro patrimonio culturale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
la necropoli longobarda di Castel Trosino, frazione di Ascoli Piceno, è venuta alla luce nell'aprile del 1893;
si tratta di un complesso archeologico di notevole importanza storica e artistica: il sito è, infatti, la prima necropoli longobarda scoperta nel centro Italia ed è costituito da circa trecento ricche tombe;
i reperti rinvenuti nel sito furono immediatamente portati a Roma per essere messi a disposizione di esperti e studiosi, con l'impegno dell'allora Ministro e Sottosegretario di Stato competente, come si rileva da notizie di stampa locale dell'epoca, che parte considerevole di essi sarebbe stata restituita al luogo di origine;
tale impegno venne altresì ufficializzato dal Ministro competente nella risposta a una interrogazione del senatore Mariotti del Collegio di Pesaro, risalente al 1893, di protesta per il trasferimento dei reperti rinvenuti nella necropoli di Castel Trosino;
nel 1967, i corredi di Castel Trosino entrarono a far parte della collezione del neocostituito Museo nazionale dell'Alto Medioevo (Mame);
la collocazione dei reperti di Castel Trosino in una cornice museale lontana dal sito di origine degli stessi è considerata da sempre, anche dai non ascolani, quanto meno non appropriata, anche in considerazione del fatto che come risulta da numerosi testi storici, i longobardi, arrivati come «invasori» ad Ascoli, si integrarono perfettamente con la popolazione locale;
nei decenni passati numerose sono state le richieste dei sindaci e dei consiglieri comunali ascolani, unite alle proteste di sindacati, associazioni e semplici cittadini, per far sì che tali reperti tornassero ad Ascoli Piceno e al suo territorio. Tra le tante richieste, si ricorda una petizione, risalente al 1995, da parte del presidente dell'azienda di promozione turistica di Ascoli, consegnata al Ministro competente e un'altra petizione popolare, con annessa raccolta firme, risalente all'anno 2012, che in pochi giorni raccolse migliaia di adesioni;
nei suddetti reperti è scritta la cultura picena e ne sono incise le testimonianze della storia. Quel tesoro appartiene al luogo d'origine e può contribuire a divenire volano di uno sviluppo socio-economico di un territorio fortemente colpito dagli eventi sismici e che sta vivendo, oltre ad una crisi economica, anche un significativo spopolamento, soprattutto nelle frazioni e nei comuni collinari e montani. Non possono non essere riconsegnati al suo territorio una simile ricchezza culturale e una possibilità così significativa per il rilancio dell'economia e del turismo;
la frazione di Castel Trosino, la città di Ascoli Piceno e buona parte dei comuni di cui Ascoli è capoluogo di provincia, ad oggi, risultano inseriti all'interno degli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, ovvero tra i comuni colpiti dagli eventi sismici che hanno interessato il Centro Italia a partire dal 24 agosto 2016;
i reperti potrebbero essere allocati in un edificio storico di proprietà comunale con le spese di gestione e servizi ad esso addebitate, mentre lo Stato, potrebbe, anche in sinergia con la regione, provvedere a coprire almeno i costi di allestimento del museo –:
quali siano le ragioni che giustifichino la permanenza dei suddetti reperti nel Museo nazionale dell'Alto Medioevo di Roma e se sia possibile restituirli, in una parte considerevole, al comune di Ascoli Piceno, considerando per la loro allocazione l'ipotesi sopra descritta, anche con riguardo al fatto che il comune e il territorio di cui è capoluogo di provincia risultano inseriti, per più della metà del territorio provinciale, negli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, ovvero tra i comuni colpiti dagli eventi sismici che hanno interessato il Centro Italia a partire dal 24 agosto 2016.
(4-01879)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto di conoscere le ragioni che giustificano la permanenza dei reperti rinvenuti nella necropoli longobarda di Castel Trosino presso il Museo nazionale dell'Alto Medioevo di Roma.
Come già rappresentato dal Ministro durante il question time alla Camera, rispondendo a un'interrogazione della deputata Giorgia Latini, la collocazione dei corredi di Castel Trosino al Museo dell'Alto Medioevo di Roma non è casuale e non risponde a logiche meramente centralistiche, ma risulta funzionale a una maggiore articolazione di progetti di studio, valorizzazione, promozione, anche turistica, di cui il comune e il museo di Ascoli non possono che giovarsene.
Il Tesoro dei Longobardi è composto da 34 arredi funebri dell'enorme necropoli longobarda rinvenuta a Castel Trosino con oltre 200 sepolture databili tra il VI e il VII secolo dopo Cristo.
Si tratta di qualcosa trovato già nel XVIII secolo ma poi in particolare negli scavi sistematici condotti nel 1893 e che furono in parte portati a Roma nel 1895 per rappresentare la realtà storica e archeologica dei Longobardi.
Questo nucleo divenne nel 1967 parte significativa dell'allestimento del Museo nazionale dell'Alto Medioevo di Roma.
Dal 2016 questo museo è parte del Museo delle Civiltà, che è ad autonomia speciale.
Il materiale proveniente da Castel Trosino è integralmente esposto al Museo nazionale dell'Alto Medioevo di Roma che è regolarmente aperto, svolge numerose iniziative didattiche di valorizzazione, nel 2018 è stato visitato da 50 mila persone con un trend in crescita ed è base di studio e ricerca per diverse università italiane e straniere.
Nel 2019, con un progetto europeo in accordo con l'associazione «Italia-Longobardorum», sono in programma al Museo nazionale dell'Alto Medioevo di Roma mostre temporanee ed eventi.
Una parte rilevante dei corredi di Castel Trosino è comunque esposta al museo di Ascoli Piceno e da 15 anni si pratica, con un accordo tra questo museo e quello dell'Alto Medioevo di Roma, un prestito a rotazione per consentire nel tempo la visione nella città marchigiana di tutto il materiale di Castel Trosino in modo dinamico e con una efficace sinergia tra musei centrali e musei territoriali.
In data 26 marzo 2019 il sindaco di Ascoli, Guido Castelli e Filippo Gambari direttore del Museo delle Civiltà dell'Eur a Roma, hanno stipulato la nuova convenzione che prevede scambi di reperti fra territori che hanno una storia medievale, nonché percorsi comuni di civiltà e identità culturale.
Presenti alla stipula anche l'assessore alla cultura Piersandra Dragoni, il sindaco di Nocera Umbra Giovanni Bontempi, il direttore dei Musei Ascolani Stefano Papetti e il consigliere Andrea Maria Antonini.
«A Castel Trosino – come dichiarato dal direttore del Museo delle Civiltà – deve essere assolutamente valorizzata la necropoli e il corredo funebre che ne fa parte. Un patrimonio storico che va collegato al suo territorio come testimonianza del passaggio in questo territorio della civiltà longobarda. La prima convenzione tra il Comune di Ascoli e il Museo dell'Alto Medioevo risale al 2004, ma era più un accordo di carattere “patrimoniale” sulla “spartizione dei reperti” fra le città interessate. Oggi questo secondo e nuovo accordo serve invece per valorizzare il patrimonio archeologico e il territorio».
Infatti, come ricordato dallo stesso direttore, anche il Ducato di Spoleto contiene importanti testimonianze insieme ad altri due centri di insediamento longobardo che sono Nocera Umbra e Castel Trosino.
La conoscenza di questi territori incentiva un certo tipo di turismo e la città di Ascoli può trarne vantaggio, poiché in collaborazione con la Soprintendenza dei beni culturali si può realizzare un progetto che mobiliti le persone e il loro interesse nei confronti di questi siti.
I reperti trovati finora non sono solo gioielli, ma sono oggetti che vanno restituiti ai loro riferimenti originali, alle genti ed alla civiltà di cui sono espressione.
I Longobardi non furono degli invasori, ma trovarono in Italia una società già strutturata, un contesto culturale già ben solido, per cui si integrarono alla cultura e alla civiltà italica e latina, realizzando una fusione naturale con essa.
I Longobardi sono una realtà del territorio italiano, bisogna capire meglio questa realtà senza degenerare nei vari «regionalismi».
In definitiva, il nuovo accordo ha l'obiettivo di far conoscere ancor più Ascoli Piceno e di rafforzarne il profilo culturale e turistico.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
SPERANZA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il 28 gennaio 2019, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che alla fine di questo mese non prolungherà la missione della Tiph (Temporary International Presence in Hebron);
l'attuale missione fa seguito alla prima Tiph, che è stata costituita nel 1994 in seguito al massacro di 29 fedeli islamici nella Tomba dei Patriarchi da parte di un colono ebreo. La missione è stata approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, poi confermata negli accordi di Oslo fra Israele e Olp e rilanciata ancora nel convegno di Wye River nel 1998. Della missione fanno parte cinque Paesi: Italia, Svizzera, Norvegia, Svezia e Turchia;
sulla base del memorandum d'intesa firmato il 30 gennaio 1997 i compiti del personale impiegato sono i seguenti: fornire attraverso la sua presenza un senso di sicurezza ai palestinesi di Hebron; aiutare a promuovere la stabilità e un idoneo ambiente che possano portare a un accrescimento dello stato del benessere dei palestinesi di Hebron; osservare l'accrescimento della pace e della prosperità tra i palestinesi; assistere nella promozione e nell'esecuzione dei progetti iniziati dai Paesi donatori; incoraggiare lo sviluppo economico e la crescita di Hebron; fornire rapporti; coordinare le proprie attività con le autorità israeliane e palestinesi nei modi previsti dall'accordo. Essendo la Tiph una missione civile tutti gli osservatori sono disarmati;
l'attuale contributo italiano prevede dal 1° gennaio 2018 un impiego massimo di 16 militari (oggi sono presenti 14 carabinieri) e 4 mezzi terrestri;
nell'annunciare la sua decisione Netanyahu ha affermato che Israele «non consentirà la prosecuzione della presenza di una forza internazionale che opera contro di noi»;
la scelta unilaterale del Primo Ministro israeliano lede il già fragile equilibrio mediorientale –:
se siano a conoscenza della decisione del Governo israeliano e quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare che un avamposto di legalità, quale è la missione Tiph, di cui il nostro Paese fa parte, venga smantellato.
(4-02121)
Risposta. — Il 29 gennaio 2019 il Primo ministro Netanyahu ha annunciato di non volere rinnovare il mandato semestrale della missione TIPH. Ai sensi dell'accordo istitutivo del TIPH del 21 gennaio 1997, per il prosieguo della missione è necessario il consenso di entrambe le parti. Alla luce della decisione israeliana, dal 1° febbraio 2019 la missione non ha più un mandato per svolgere i propri compiti ed ha terminato definitivamente la sua operatività il 15 maggio 2019.
In tale contesto, il Governo italiano, congiuntamente agli altri Paesi contributori (Norvegia, Svezia, Turchia e Svizzera), ha formalmente espresso attraverso un comunicato dei cinque Ministri degli esteri il profondo rammarico per la decisione presa dal Governo israeliano, ribadendo al contempo la piena disponibilità a continuare la missione qualora ciò fosse richiesto da entrambe le parti. Inoltre l'Unione europea ha invitato Israele a rivedere la decisione assunta.
A giudizio del nostro Governo, come indicato nel comunicato sopra citato, la missione TIPH ha svolto nei suoi 22 anni di attività sul terreno un lavoro essenziale, contribuendo a prevenire la violenza e a promuovere un senso di sicurezza tra la popolazione ad Hebron, dove la situazione rimane tesa.
L'Italia, in coordinamento con gli altri Paesi contributori, continuerà a monitorare attentamente la situazione a Hebron e a sensibilizzare le autorità israeliane circa l'esigenza di operare in linea con le responsabilità e gli obblighi cui le stesse sono soggette sulla base del diritto internazionale. L'Italia ribadisce peraltro la sua disponibilità a dispiegare nuovamente la missione TIPH qualora le parti lo richiedessero.
Dal punto di vista politico-militare, l'Italia garantisce comunque una presenza militare di sicurezza e stabilizzazione adeguata nel quadrante geografico di riferimento complessivo, attraverso i contingenti nazionali impiegati nella forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (United Nations Interim Force in Lebanon – UNIFIL), nella Missione militare bilaterale italiana in Libano (MIBIL), nella Missione addestrativa italiana MIADIT in favore delle forze di sicurezza palestinesi, nell’European Union Border Assistance Mission for the Rafah Crossing Point (Eubam Rafah) e nella Multinational Force and Observers (MFO) Sinai.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.
TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Ferrovie dello Stato italiane può contare sulla professionalità di 550 unità, tra dirigenti ed ingegneri della direzione tecnica nazionale situata in viale Lavagnini a Firenze;
a meno di un anno dalla scadenza della locazione del palazzo di viale Lavagnini, dove lavorano 550 persone del gruppo di Ferrovie dello Stato italiane non risultano tuttora esserci ancora certezze sulla realizzazione della nuova sede e sui tempi e i modi del trasferimento, un ritardo che preoccupa i lavoratori e rischia di trasformarsi in costi pesantissimi per le ferrovie. Durante l'incontro del 18 maggio 2018 tra sindacati e dirigenza di Trenitalia Toscana, per fare il punto della situazione, su tutta la vicenda è calato il silenzio, dopo che i progetti erano ultimati da tempo e la gara per l'affidamento dei lavori alla fase finale terminato; infatti, non ci sono stati sviluppi e tutto sembra fermo;
in viale Lavagnini hanno sede gli uffici della direzione tecnica, del trasporto regionale, di alcune strutture a staff di Trenitalia e della società Ferservizi;
il contratto di locazione scade a giugno 2019 e per la nuova realizzazione ci vorrà tempo, risulta quindi più che concreta la possibilità di dover rimanere ancora in un ambiente non di proprietà, pagando circa 2,6 milioni di euro all'anno, con la possibilità di una clausola obbligatoria di un contratto per non meno di ulteriori 6 anni;
la nuova sede dovrebbe sorgere nella zona del Romito, in un'area già di proprietà di Ferrovie dello Stato. Tutti i permessi sono stati rilasciati dagli enti preposti, comune e città metropolitana di Firenze, regione, Soprintendenza e genio civile, i finanziamenti necessari, per circa 17 milioni di euro, sono già stati deliberati da Trenitalia ed è stato fatto il bando di gara e individuata la società che dovrà realizzare i lavori della nuova palazzina;
ci si chiede se Ferrovie dello Stato abbia nel frattempo cambiato idea e deciso diversamente in merito alla nuova palazzina e agli uffici sopracitati –:
se trovi conferma la volontà della realizzazione della nuova sede della direzione tecnica nazionale di Ferrovie dello Stato italiane a Firenze e quale sia la tempistica della realizzazione, e se verrà confermata la centralità della direzione tecnica del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e della sua sede storica.
(4-00861)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dal gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e dalla Direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La società Trenitalia ha confermato di aver dato corso all'annunciata strategia aziendale di trasferire la sede degli uffici della direzione tecnica di Ferrovie dello Stato nell'area ferroviaria di Firenze Romito.
Inoltre, ha comunicato che la gara per l'affidamento dei lavori ha subito un oggettivo ritardo a causa di taluni approfondimenti documentali che si sono resi necessari in corso d'opera.
Successivamente allo scioglimento di tale riserva istruttoria, i lavori sono stati appaltati all'impresa esecutrice Manelli ed il termine per la relativa ultimazione e correlata consegna alla società committente è fissato entro il mese di novembre del 2020.
Si comunica, infine, quanto al periodo transitorio, ovvero all'arco temporale ricompreso tra la scadenza della locazione dell'immobile attualmente in uso e la suddetta data di conclusione dei lavori ed apertura della nuova sede, che Trenitalia ha precisato di avere tuttora in atto la valutazione delle alternative possibili, quali una proroga del contratto di locazione in corso di validità ovvero la delocalizzazione, in via temporanea, dell'organizzazione aziendale presso la sede di Porta al Prato.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
TRANCASSINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il Coordinamento unitario dei proprietari immobiliari, composto dalle associazioni Arpe-Federproprietà, Uppi e Confappi, ha firmato la Convenzione nazionale a seguito della quale è stato adottato il decreto interministeriale del 16 gennaio 2017, recante criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché dei contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari, ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 2 e 3 della stessa legge;
in particolare, il citato decreto all'articolo 1, comma 8, prevede che le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possano essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori; se le parti decidono di non farsi assistere, è prevista comunque un'attestazione che deve essere fornita da almeno una organizzazione firmataria dell'accordo, che certifichi la rispondenza del contenuto del contratto, sia sotto il profilo economico che normativo, all'accordo territoriale, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali;
il Coordinamento unitario dei proprietari immobiliari ha avuto notizia, attraverso plurime segnalazioni, che diversi comuni non hanno convocato, e non convocano, tutte le associazioni nazionali che hanno sottoscritto la suddetta convenzione;
peraltro, a queste associazioni che, in dispregio del principio di collegialità e di rappresentanza, non sono state convocate senza ragione o motivazione alcuna, non viene neanche riconosciuto il diritto di aderire successivamente agli accordi territoriali, sulla base della motivazione che non ne avrebbero diritto, non avendo partecipato alle trattative, o addirittura che, come indicato nella nota del 3 gennaio 2019 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, «la richiesta di adesione all'accordo territoriale è opportuno che sia condivisa dalle organizzazioni firmatarie mediante apposita clausola interpretativa»;
le organizzazioni convocate dai comuni non hanno alcun potere interpretativo di alcuna norma;
non consentire alle associazioni firmatarie della originaria convenzione nazionale di aderire successivamente agli accordi territoriali già sottoscritti da altre associazioni convocate dai comuni, negando loro, quindi, il diritto di rilasciare le attestazioni necessarie ai sottoscrittori dei contratti di locazione per ottenere le previste agevolazioni fiscali, o subordinare la loro possibilità di aderire agli accordi territoriali eventualmente già stipulati «ad apposite interpretazioni da parte delle altre organizzazioni firmatarie della Convenzione nazionale e degli accordi territoriali», appare inammissibile, anche perché determina una disparità di trattamento tra cittadini, anche a livello fiscale, con quelle che appaiono all'interrogante evidenti e manifesti risvolti di incostituzionalità e/o di possibile disapplicazione giudiziale di quanto eventualmente e comunque illegittimamente inserito in merito, a livello interpretativo, negli accordi territoriali per i canoni di locazione –:
se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di consentire alle organizzazioni firmatarie della convenzione nazionale, laddove non avessero partecipato per qualunque motivo agli accordi territoriali già sottoscritti, di aderirvi successivamente mediante comunicazione ai singoli comuni interessati e alle organizzazioni firmatarie degli accordi.
(4-02536)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla direzione generale per la condizione abitativa, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La legge 9 dicembre 1998, n. 431 concernente «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo», nel definire le modalità di stipula o rinnovo dei contratti di locazione a canone concertato di cui all'articolo 2, comma 3, individua due distinti contesti procedurali, entrambi propedeutici alla determinazione dei canoni.
Il primo, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della predetta legge, consiste nella adozione, da parte di questo Ministero, della convenzione nazionale recante i criteri generali per la definizione dei canoni di locazione ed il secondo, in attuazione del citato articolo 2, comma 3, nell'organizzazione del livello procedurale finalizzato alla sottoscrizione degli accordi in sede locale.
A dette fasi partecipano, rispettivamente, le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale già accreditate dallo scrivente e le organizzazioni sindacali individuate dai singoli comuni in ambito locale.
Con riguardo a quest'ultima, va da sé l'importanza del ruolo svolto dai comuni nell'attivazione delle procedure di definizione degli accordi locali, in quanto spetta ad essi sia l'individuazione sia la convocazione delle associazioni sindacali stimate maggiormente rappresentative del territorio di riferimento, le quali, tenuto conto dell'articolata conformazione socio-territoriale del Paese, potrebbero non coincidere con quelle riconosciute a livello nazionale.
In tal senso, è appena il caso di evidenziare che tale (eventuale) circostanza né può inficiare la correttezza della procedura una volta completata, né è suscettibile di interesse per il livello centrale della contrattazione.
Cionondimeno, corre l'obbligo di informare che non confligge con la descritta cornice normativa la facoltà, che versa in capo ai singoli comuni, di valutare l'opportunità di consentire, ad organizzazioni inizialmente non convocate e non firmatarie, di aderire all'accordo già sottoscritto.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
VARCHI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
con la legge n. 124 del 2017, chi consulta un documento d'archivio o un volume a stampa in biblioteca non più coperto da diritto d'autore, sarà ora libero di riprodurlo analogamente a quanto accade nei musei pubblici dal 2014, peraltro in linea con le policy di un numero sempre crescente di istituti culturali in tutto il mondo;
con la suddetta legge gli studiosi e tutti gli interessati — nel rispetto del diritto d'autore — hanno la possibilità di fotografare i volumi storici ed i documenti conservati negli archivi di Stato e nelle biblioteche di tutta Italia, purché le riproduzioni siano eseguite, senza flash e senza treppiedi, con dispositivi a distanza che non determinino contatto diretto con il supporto;
le circolari n. 33 e 39 della Direzione generale archivi hanno introdotto una regolamentazione di dettaglio al fine di garantire un'applicazione uniforme delle nuove disposizioni normative in materia, accogliendo altresì due raccomandazioni contenute nella mozione del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del 16 maggio 2016: l'avvio di una procedura semplificata per le pubblicazioni di immagini in canali editoriali convenzionalmente definiti «non a scopo di lucro» prevedendo, altresì, la cessione gratuita delle digitalizzazioni già disponibili;
l'archivio di Stato di Palermo nega a tutt'oggi questo diritto e vincola la possibilità di scattare fotografie con mezzi propri ad una formale richiesta di autorizzazione preventiva da parte dell'utente che viene spesso rigettata per asserite – e comunque non verificabili dall'utenza – ragioni di tutela dei documenti;
l'utenza, dunque, si trova nell'impossibilità di poter ricorrere al mezzo proprio per la riproduzione della documentazione già liberamente consultabile dagli utenti nella propria postazione;
infine, la stessa direzione dell'archivio di Stato di Palermo sottopone a tariffa la cessione di digitalizzazioni già predisposte dall'istituto, in luogo di garantire la gratuità prevista dalle circolari della direzione generale archivi precedentemente citate;
più volte gli utenti dell'archivio di Stato di Palermo hanno rappresentato alla direzione tale anomalia, sollecitando peraltro il Ministero competente per materia a vigilare affinché l'archivio di Stato di Palermo si adegui alle normative vigenti ed applicate pressoché uniformemente –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare per far sì che anche l'archivio di Stato di Palermo operi in conformità alla legge 4 agosto 2017, n. 124.
(4-01926)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie in merito all'applicazione, da parte dell'archivio di Stato di Palermo, delle nuove misure inerenti alla riproduzione di beni bibliografici ed archivistici, introdotte dalla legge n. 124 del 4 agosto 2017, che ha apportato modifiche all'articolo 108 del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia, appunto, di canoni di concessione, corrispettivi di riproduzione, cauzione.
In particolare, la nuova disposizione, vigente dal 29 agosto 2017, prevede che siano in ogni caso libere le attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale, inerenti la riproduzione di beni culturali diversi dai beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del titolo II del codice, attuata nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l'esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all'interno degli istituti della cultura, l'uso di stativi o treppiedi, e la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro.
Poiché l'atto parlamentare fa riferimento all'applicazione delle nuove norme presso l'archivio di Stato di Palermo, si ritiene necessario chiarire i fatti anche sulla base della normativa di tutela così come dettagliatamente riferita dalla direzione generale degli archivi.
La direzione generale degli archivi a seguito della novella apportata all'articolo 108 del codice dei beni culturali ha proceduto all'emanazione della circolare n. 33 del 2017 nella quale si chiarisce che l'applicazione delle nuove disposizioni non può prescindere dalle cautele che vanno necessariamente adottate al fine di tutelare l'integrità dei documenti d'archivio, spesso caratterizzati dalla fragilità dei supporti o da altre condizioni di criticità.
La richiesta preventiva da parte dell'utente al direttore dell'archivio di Stato, per la riproduzione con mezzo proprio, risponde appunto all'esigenza di consentire la valutazione dello stato materiale in cui si trovano i documenti, nonché di accertare l'eventuale presenza di dati sensibilissimi.
Il principio della libera fruizione deve, di conseguenza, necessariamente contemperarsi con misure che ne garantiscano l'adeguata conservazione anche in futuro.
A tal fine, nella circolare 33 del 7 settembre 2017 si è sottolineato come gli utenti debbano «impegnarsi ad accettare le norme e condizioni di tutela stabilite dalle vigenti normative per assicurare la conservazione del materiale archivistico oggetto di consultazione».
A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, la direzione dell'archivio di Stato di Palermo ha ribadito le necessarie cautele, finalizzate a tutelare l'integrità dei documenti d'archivio.
Con comunicazione di servizio n. 16 del 28 settembre 2017, la predetta direzione ha sottolineato la complessa attività di tutela del patrimonio archivistico conservato nell'istituto, che comprende numerose serie costituite da cosiddette «carte sciolte» che sfuggono al nesso della cartulazione e, di converso, presentano difficoltà specifiche di gestione da parte di ricercatori e archivisti.
In particolare, è richiesto un controllo costante e continuativo sugli utenti in sala studio per evitare alterazioni del processo di stratificazione documentaria.
Numerose sono altresì le singole unità archivistiche, o anche intere porzioni di complessi documentari, caratterizzate dalla rarità e fragilità del supporto, delle quali deve essere costantemente monitorato lo stato di conservazione.
La comunicazione di servizio, richiamandosi all'articolo 88, comma 4, del regio decreto 2 ottobre 1911, n. 1163 (tuttora in vigore a norma dell'articolo 130 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), ribadisce perciò l'esigenza di valutare la possibilità di escludere motivatamente dalla riproduzione di documenti in cattivo stato di conservazione o soggetti a rischio di danneggiamento.
Al fine di garantire la massima trasparenza, la direzione dell'Archivio di Stato di Palermo, con decreto n. 1 dell'8 gennaio 2018, ha approvato l'elenco dei complessi documentari da ritenersi esclusi dalla riproduzione con mezzo proprio per i motivi sopra indicati.
Tale decreto è inserito sul sito Internet dell'istituto ed è inoltre reso disponibile in sala di studio.
Giova infine rammentare che, ove presso l'archivio sia esistente la riproduzione digitale dei documenti di particolare rarità, antichità e/o fragilità, è sempre stata garantita la possibilità di ottenere riproduzioni a titolo gratuito, salvo il rimborso delle spese sostenute dall'amministrazione concedente (articolo 108, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004 come novellato dalla legge n. 124 del 2017).
A tal fine, sono state adottate misure agevolative degli utenti impegnati in effettive attività di studio e ricerca e, in particolare, degli studenti, anche attraverso convenzioni e/o forme di collaborazione con Istituti universitari e di cultura.
Si rammenta, infine, che il Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici, nella seduta del 16 maggio 2016, aveva auspicato:
1) che la riproduzione con mezzo proprio dei beni bibliografici e archivistici, a fini personali e di studio, fosse resa gratuita e senza limitazioni nel numero di scatti in caso di testi di pubblico dominio;
2) che in presenza di mezzi di riproduzione a distanza (fotocamera o smartphone) non si determinasse un contatto diretto con il supporto potenzialmente lesivo per l'integrità del bene;
3) che, in caso di materiale particolarmente fragile, si ponessero precauzioni in sede stessa di consultazione mantenendo un principio di equivalenza tra consultazione e riproduzione.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.
VARRICA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la mobilità in Sicilia, soprattutto nell'entroterra, si basa in buona parte sul sistema di strade provinciali con una rete di oltre 26.000 chilometri;
l'esperienza normativa regionale con riferimento alla riforma degli enti di area vasta, unitamente all'importante prelievo di risorse da parte dello Stato per il risanamento della finanza pubblica, ha creato una profonda crisi finanziaria e istituzionale per le ex province;
tale crisi ha compromesso, tra le altre cose, lo stato di manutenzione delle infrastrutture viarie provinciali, come facilmente riscontrabile analizzando le risposte inviate per il tramite del provveditorato delle opere pubbliche della Sicilia e della Calabria al Ministero da parte degli enti di area vasta siciliani sulle emergenze infrastrutturali di ponti è viadotti;
sussiste una carenza crescente per gli enti di area vasta siciliani in termini di personale tecnico e risorse finanziarie;
è stata diffusa la notizia dalla regione siciliana di un imminente accordo con l'Anas per il monitoraggio di ponti e viadotti e delle situazioni più critiche rilevate nelle strade provinciali;
va tenuto conto delle competenze tecniche e della mission di Anas e dell'esperienza del protocollo tra la regione Marche e l'Anas per la gestione delle strade provinciali –:
se e in che maniera il Governo intenda favorire, per quanto di competenza, la sigla di un protocollo tra la regione siciliana e Anas per la gestione di una porzione della sua rete di strade provinciali.
(4-01525)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base delle informazioni al riguardo acquisite dalla società Anas, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 24 agosto 2018 il presidente della Regione Sicilia ha convocato una riunione, cui hanno partecipato rappresentanti della predetta società, del Consorzio autostrade Siciliane, dell'ex province e della Protezione civile, tesa alla ricognizione delle attività di controllo e monitoraggio esercitate dagli enti gestori della viabilità su ponti e viadotti ricompresi nella rete stradale siciliana.
Nel corso della predetta riunione, Anas ha spiegato le modalità attraverso le quali adempie al proprio incarico di gestione illustrando il sistema operativo Bridge Management System, sistema informatizzato di monitoraggio dei ponti e viadotti in gestione alla citata società.
In tale contesto, il Presidente della regione ha chiesto ad Anas di mettere a fattor comune detto know-how, estendendone la funzionalità anche alla rete stradale delle ex province regionali a mezzo della stipula di uno specifico accordo istituzionale con la Regione Sicilia.
Dopo una breve istruttoria, mediante la quale l'Ente regionale ha partecipato l'elenco delle opere di competenza delle ex Province da inserire nel piano dell'accordo, Anas ha predisposto una bozza di convenzione, poi inoltrata alla Regione siciliana, unitamente alla stima del corrispettivo dei servizi proposti.
All'attualità, risulta che la società in argomento sia in attesa di indicazioni da parte dell'ente proponente in ordine alla firma dell'atto.
Ciò posto, corre l'obbligo di evidenziare la recente istituzione di un commissario straordinario incaricato di sovraintendere alle attività di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi sulla rete viaria della Regione siciliana, disposta dal comma 6, dell'articolo 4, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.
Tale norma, infatti, riconoscendo esplicitamente la situazione di grave degrado in cui versa la rete viaria della Regione siciliana, anche in relazione agli eventi meteorologici di natura eccezionale che hanno interessato di recente vaste aree del territorio, prevede che entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto sia attuata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la nomina del commissario di cui sopra, che sarà proposto da questo ministero, sentito il ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con il Presidente della giunta regionale, siciliana.
In tal senso, nella consapevolezza della descritta, urgente cornice di riferimento, lo scrivente organo di vertice ha già dato corso ad opportune linee di azione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.
VIETINA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il 66esimo reggimento fanteria aeromobile è ospitato nella caserma De Gennaro a Forlì dal 1° ottobre 1975. Nel periodo successivo al 1997 iniziava la trasformazione del personale militare dal ruolo di leva a quello di servizio permanente, incrementando quindi il numero di personale residente in città;
tuttavia, la disponibilità di alloggi è rimasta la medesima dei primi anni Ottanta, fatta eccezione per una piccola percentuale che, a seguito della cessione dell'ex distretto militare, il comune di Forlì concesse al personale a seguito di convenzione (peraltro a prezzi tutt'altro che calmierati);
si contano infatti 6 unità abitative in via Beltramelli, 9 in via Pigafetta, 4 in viale Roma c/o Poligono tiro a segno nazionale alle quali vanno aggiunti gli alloggi di piazza Gialli del Calvario, a fronte di centinaia di famiglie che, a vario titolo, sono legate alla caserma De Gennaro;
nel caso specifico va rilevato che la maggioranza del personale proviene da regioni lontane dalla Romagna; il personale in uniforme e le loro famiglie vivono quindi una condizione di disagio legata al peculiare impiego, dovuta al distacco obbligatorio. Una maggiore disponibilità di alloggi limiterebbe anche il pendolarismo dai luoghi di origine, fonte di ulteriore aggravio per i militari;
negli anni scorsi era stata addirittura paventata la chiusura della caserma stessa, poi smentita: situazione, in ogni caso, che appare essere indice di una carenza di investimenti;
giunge inoltre segnalazione all'interrogante dell'esistenza di una costruzione mai ultimata, abbandonata da circa 10 anni, che occuperebbe un'area prospiciente la caserma De Gennaro che, dunque, non può essere destinata ad altro uso. In altre parole, quell'unico tentativo di costruire nuovi alloggi, pare essere purtroppo naufragato lasciando, tra l'altro, una situazione di degrado e abbandono;
la precaria offerta strutturale per il personale si completa con il parcheggio antistante la caserma, di proprietà del demanio ma che non è ad uso esclusivo del personale militare: in tal caso si attende un intervento per chiudere almeno le profonde buche che lo costellano –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti;
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza al fine di programmare investimenti per adeguare l'offerta di alloggi per i militari del 66esimo Reggimento fanteria aeromobile ospitato nella caserma De Gennaro, e, in caso affermativo quali siano le tempistiche di tali investimenti;
di quali elementi conoscitivi si disponga in relazione alla costruzione abbandonata da dieci anni in un'area prospiciente la caserma e quali eventuali iniziative di competenza siano previste nell'area stessa.
(4-02390)
Risposta. — Con riferimento alle iniziative finalizzate ad incrementare la disponibilità alloggiativa per i militari del reggimento citato nell'interrogazione, si rende noto che la Forza armata ha già realizzato, in passato, interventi infrastrutturali presso la caserma «De Gennaro» per circa 1,2 milioni di euro, prevedendone ulteriori, nell'ambito della programmazione infrastrutturale scorrevole 2019-2023, per un importo complessivo pari a circa 4,4 milioni di euro.
L'infrastruttura in argomento è stata inserita nello Studio grandi infrastrutture – caserme «Verdi» che, in prospettiva, ne prevede la riqualificazione unitamente all'adeguamento dell'area alloggiativa.
Con riferimento «alla costruzione abbandonata da dieci anni in un'area prospiciente la caserma», si tratta di un manufatto relativo a un contratto centralizzato (n. 2455 di repertorio, in data 26 novembre 2007) avente per oggetto «l’Appalto integrato per la progettazione e l'esecuzione dei lavori di costruzione palazzine alloggi per volontari dell'esercito nella caserma Ciarpaglini – Budrio e caserma De Gennaro – Forlì».
L'attività lavorativa nel cantiere di Forlì è sospesa dal 12 febbraio 2014 a causa di alcune criticità verificatesi nella fase esecutiva dell'appalto e per l'intervenuto fallimento della mandataria, dichiarato con sentenza in data 12 dicembre 2017.
In forza della suddetta pronuncia, la società mandante ha proposto all'Amministrazione, ai sensi del disposto di cui all'articolo 37 comma 18 del decreto legislativo n. 163 del 2006, applicabile ratione temporis alla fattispecie, stante l'intervenuto fallimento della mandataria, di proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico costituito mandatario in possesso dei requisiti adeguati ai lavori ancora da eseguire.
L'Amministrazione ha ritenuto di ricorrere all'esercizio di tale potere potestativo al fine di addivenire alla finalizzazione delle opere; la complessità delle problematiche insorte nell'esecuzione/gestione dell'appalto ha comportato un'articolata istruttoria caratterizzata da approfondimenti di carattere tecnico-amministrativo, allo stato in fase conclusiva.
All'esito di tali approfondimenti, si provvederà a predisporre un atto di negoziazione contrattuale regolante gli essenziali elementi costitutivi contrattuali.
Una volta stipulato l'atto di rinegoziazione, occorrerà attendere il perfezionamento dello stesso (registrazione presso ufficio centrale di bilancio, controllo di legittimità della Corte dei conti) per poter riavviare, di fatto, i lavori.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.
ZANICHELLI, PARENTELA, SPADONI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
che con delibera della giunta del comune di Reggio Emilia n. 50 del 29 marzo 2018 è stato approvato il «piano stralcio “cultura e turismo”», con dotazione del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 – Progetto «Ducato Estense» – «Intervento di restauro e valorizzazione della passeggiata settecentesca di collegamento tra il Palazzo e la Reggia, corso Garibaldi (tratto della Piazza Roversi)»;
tale delibera contiene l'elencazione di tutto quanto costituisce il complesso degli elaborati progettuali e le relazioni costituenti il progetto approvato;
il progetto è finanziato con fondi erogati dal Ministero per i beni e le attività culturali, nell'ambito di risorse contenute nel fondo sviluppo e coesione 2014-2020 piano stralcio «Ducato Estense» e definito sulla base del decreto n. 180 del 2017 relativo al segretariato generale del Ministero per i beni e le attività culturali per l'Emilia-Romagna;
quanto agli elaborati che costituiscono parte del progetto approvato, a quanto consta all'interrogante, mancherebbe di fatto, tra gli allegati alla delibera della giunta, la relazione che attesti la conformità del progetto ai contenuti del decreto del Presidente della Repubblica del 24 luglio 1996, n. 503 «Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici»;
il suddetto decreto del Presidente della Repubblica si applica nel caso dell'intervento edilizio di piazza Roversi a Reggio Emilia, in forza del disposto dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica stesso che prevede «Si applichino altresì agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilità e la visitabilità, almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso» –:
il progetto esecutivo approvato dalla giunta del comune di Reggio Emilia n. 50 del 29 marzo 2018 contiene rilevanti interventi che vanno di fatto a limitare l'accessibilità alla piazza Roversi per le persone con disabilità; i lavori di rifacimento e riqualificazione comportano, infatti, la presenza di barriere architettoniche e di problemi di accessibilità nella zona;
gli interventi di cui si fa sopra menzione comprendono: piani inclinati, bordi a spigolo dei piani inclinati, percorsi non vedenti e ipovedenti, mancanza di attraversamento pedonale al centro della piazza e parcheggi per i disabili e carico e scarico;
come anticipato, il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, prevede di fatto, all'articolo 20, comma 2, la predisposizione della relazione tecnica che invece manca nel progetto esecutivo approvato il 29 marzo 2018 –:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se la documentazione progettuale sia conforme alla legge; in caso contrario, se sia comunque finanziabile il progetto esecutivo del restauro di piazza Roversi con i fondi erogati dal Ministero per i beni e le attività culturali, nonostante non risulti allegata la relazione prevista dall'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 e quindi non sembri rispettato il requisito di cui alla legge n. 41 del 1986, articolo 32, comma 20.
(4-01989)
Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie in merito all'intervento di restauro in oggetto.
Sulla base delle informazioni fornite dai competenti uffici periferici di Bologna, si rappresenta quanto segue.
Il progetto relativo alla passeggiata settecentesca di Reggio Emilia, collegamento tra il palazzo ducale e la reggia di Rivalta, fa parte del progetto «Ducato Estense», finanziato dal piano stralcio «Cultura e Turismo», fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020, articolo 1, comma 703, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), con l'assegnazione di 70 milioni di euro stanziati dal Cipe con delibera del 1° maggio 2016.
Il Segretariato regionale per l'Emilia-Romagna, su richiesta del segretariato generale del Ministero – Servizio II, ha rivestito un ruolo di intermediazione tra il Ministero e il territorio coinvolto dal progetto nella fase preliminare in cui sono state accolte le richieste dei comuni e, attualmente, è incaricato di occuparsi dell'attività parallela di valorizzazione e comunicazione, prevista dal progetto, incentrata sulla realizzazione di un brand distintivo con il fine di promuovere i territori e il patrimonio di matrice estense ancora esistente.
Il progetto, che interessa anche edifici danneggiati dal sisma del 2012, prevede interventi di restauro e riqualificazione delle eccellenze architettoniche e paesaggistiche di impronta estense che ne costituiscono l'unicità.
Con riferimento alle competenze specifiche della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna, quest'ultima svolge compiti di alta sorveglianza dei lavori, già giunti ad un significativo stato di avanzamento, sia per quanto riguarda la tutela architettonica che per quella archeologica.
Attività espletate mediante un costante monitoraggio dei cantieri da parte dei funzionari competenti per territorio.
Riguardo all'ottemperanza del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 «Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici», si specifica che la relativa relazione di conformità non è stata trasmessa alla predetta soprintendenza in quanto materia non di competenza dell'ufficio.
Al fine di fornire elementi utili in tal merito, si riporta comunque un estratto della relazione illustrativa generale nella quale, alla pagina 19 si specifica che: «Tutta la piazza è accessibile alle persone con ridotta mobilità e/o portatori di fragilità (come per esempio i non vedenti) rendendola, di fatto, uno spazio per tutti. Tutte le pendenze sono contenute entro i limiti previsti dalla normativa vigente e rese accessibili».
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Gianluca Vacca.