XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 196 di martedì 25 giugno 2019
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 20 giugno 2019.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Borghese, Colletti, Comaroli, Delrio, Gebhard, Guidesi, Liuzzi, Lorenzin, Pastorino, Ravetto, Rosato, Paolo Russo, Schullian e Vitiello sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2). (Doc. XVI, n. 2) (ore 9,34).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2) (Doc. XVI, n. 2).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
Avverto, inoltre, che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.
(Discussione - Doc. XVI, n. 2)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione difesa, onorevole Iovino.
LUIGI IOVINO, Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, la presentazione della deliberazione governativa circa la partecipazione italiana a missioni internazionali costituisce un importante momento di verifica e di approfondimento degli indirizzi della nostra politica estera e di sicurezza, permettendo al Parlamento di acquisire una visione d'insieme del contributo che il nostro Paese fornisce al mantenimento della pace internazionale, a fronte di minacce sempre più multidimensionali e pervasive, e a sostegno della stabilizzazione delle aree di crisi.
Con specifico riguardo alle parti di competenza della Commissione difesa, segnalo innanzitutto che per l'anno 2019 il Governo intende avviare una missione bilaterale di cooperazione in Tunisia, intesa a fornire supporto per la costituzione di tre comandi regionali, a guida dell'Esercito, per la gestione delle attività di controllo del territorio. Con riferimento, invece, alle missioni che il Governo intende prorogare per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, mi preme evidenziare, in primo luogo, che la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi sarà pari a 7.343 unità, con una riduzione, rispetto al precedente periodo, di 624 unità.
Quanto alle aree geografiche in cui verranno schierati i nostri contingenti, il continente africano è quello in cui sono presenti il maggior numero di missioni, ma, con riferimento alla consistenza numerica delle unità impiegate nei diversi teatri operativi, il maggior numero di militari autorizzato è in Asia, a seguire in Europa e Africa.
Entrando nel merito, occorre per prima cosa sottolineare come in tale documento sia precisato che l'Italia intende mantenere un ruolo attivo e di primo piano fuori dal contesto nazionale e nelle operazioni per il ripristino della stabilità internazionale, definendo una missione complessiva per la difesa nei contesti di maggiore rilevanza per il Paese. I nostri contingenti verranno, pertanto, schierati nei teatri di quelle missioni che il Governo valuta rispondenti agli interessi vitali nazionali e che sono ritenute idonee a garantire anche la sicurezza nazionale, in particolare nel contesto delle organizzazioni internazionali di riferimento per la pace e la stabilità. Per questi obiettivi rimane centrale il ruolo del nostro Paese nella regione euro-mediterranea, a partire dalle aree a noi più prossime, come quella dei Balcani occidentali, di rinnovata attualità strategica sia per monitorare le criticità correlate ai flussi migratori che attraversano quest'area, non per ultima la minaccia terroristica, sia per consentire la completa integrazione euro-atlantica.
Sempre per quanto riguarda la sicurezza dell'area euro-mediterranea, passando per l'area africana, risultano prorogate per tutto il 2019 le attività della missione dell'Unione europea EUNAVFOR Med operazione Sophia. Ricordo, a tal proposito, che le Commissioni congiunte hanno deliberato che l'Italia non può essere e non può restare l'unico porto del Mediterraneo.
Per quanto riguarda più direttamente la Libia, la stabilità di questo Paese resta una nostra priorità strategica, essendo necessario continuare a seguire l'evoluzione della situazione politica interna libica, anche alla luce del recente deterioramento generale del quadro della sicurezza e per sostenere le autorità locali nella pacificazione e nella stabilizzazione del Paese. La presenza italiana più consistente è nella missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, con 400 unità di personale militare, appunto tratti dal dispositivo “Mare Sicuro”, come i 130 mezzi terrestri e navali.
Per quanto attiene poi alla partecipazione italiana alla missione bilaterale in Niger, il cui obiettivo è focalizzato sull'incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, è previsto un impiego di personale massimo di 290 unità. Anche in questo teatro i nostri militari si dedicheranno alle attività formative concordate a favore delle forze di sicurezza e delle istituzioni locali, al fine di accrescerne le capacità nell'ambito della richiamata attività di contrasto.
Passando all'Asia, la relazione analitica evidenzia che la sicurezza nella regione medio-orientale non beneficia ancora di una risoluzione pacifica e definitiva del contrasto civile in Siria, ove continuano a operare ancora formazioni dell'estremismo jihadista. Pertanto, in Iraq, nell'ambito della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh, proseguirà la rimodulazione, sia capacitativa sia quantitativa, del nostro contingente militare.
La relazione analitica evidenzia poi il nostro ruolo fondamentale in Libano nell'ambito della missione UNIFIL, di cui abbiamo il comando, nonché nella missione bilaterale di assistenza e supporto in Libano, con cui sviluppiamo, sulla base delle richieste pervenuteci dalle autorità libanesi, programmi di formazione e addestramento a favore delle Forze armate e sicurezza locali. Ricordo che l'Italia è il maggior contributore di truppe di UNIFIL. Dall'inizio della seconda fase di questa missione, per quattro volte è stato scelto quale comandante della missione stessa un generale italiano, alle dipendenze del quale attualmente operano quasi 10.500 militari provenienti da 42 Paesi.
Il contributo italiano all'azione di contrasto del terrorismo svolta dalla comunità internazionale prevede anche la prosecuzione della nostra partecipazione alla missione NATO in Afghanistan Resolute Support. In particolare, con specifico riferimento alla configurazione degli assetti per l'anno 2019, il Governo, nella scheda relativa a questa missione, precisa che il contributo nazionale sarà progressivamente ridotto di circa 200 unità nel 2019, entro la fine del mese di luglio. Più in generale, il Governo specifica che continuerà a seguire costantemente l'evoluzione della situazione in Afghanistan in relazione agli sviluppi del processo di pace intra-afgano.
Infine, ricordo anche che la proroga del nostro contributo, sempre in chiave di solidarietà alleata, al potenziamento di dispositivi della NATO, nel quadro della rafforzata deterrenza e difesa. In particolare, prosegue la partecipazione alle attività di sorveglianza nello spazio aereo dell'Alleanza e al rafforzamento della presenza alleata nell'ambito delle misure di rassicurazione lungo il confine orientale.
Da ultimo, segnalo che, per la prima volta da quando è stata introdotta la procedura di autorizzazione prevista dalla legge quadro sulle missioni internazionali, legge n. 145 del 2016, oltre alle consuete comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali rese dai Ministri degli Affari esteri e della Difesa, presso le Commissioni riunite affari esteri e difesa, nella seduta del 31 maggio 2019, è stata svolta anche l'audizione del Capo di Stato maggiore della difesa e del Comandante del Comando operativo di Vertice interforze. Tale attività ha consentito alle Commissioni di approfondire i principali aspetti già tratteggiati nella deliberazione, acquisendo altresì la consapevolezza che, con i nostri militari dispiegati su un vasto territorio che va dall'Africa occidentale sino al Medio Oriente, l'Italia si distingue per capacità di intervento e di prevenzione, per eccellenza addestrativa e per uno specifico approccio umanitario, teso innanzitutto a salvaguardare e proteggere le vite umane, a sostenere le popolazioni civili e, in particolare, gli individui più esposti alle conseguenze dei conflitti. La relazione all'Assemblea, che insieme al collega Formentini abbiamo presentato e che le Commissioni hanno approvato, ha proposto pertanto di autorizzare per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019 la prosecuzione di tutte le missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione indicati nella relazione analitica, nonché la partecipazione dell'Italia per il periodo 1° marzo-31 dicembre 2019 alla missione bilaterale di cooperazione in Tunisia, di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione affari esteri, onorevole Formentini.
PAOLO FORMENTINI, Relatore per la III Commissione. Presidente, le Commissioni riunite affari esteri e difesa, il 6 giugno scorso, hanno trasmesso alla Presidenza della Camera una relazione a quest'Aula per proporre l'autorizzazione della partecipazione dell'Italia a missioni internazionali in corso o da avviare nel 2019, conformemente al dettato della legge quadro n. 145 del 2016. La legge - lo ricordo -, in stretta osservanza con la nostra Costituzione, ha ridefinito il rapporto tra Governo e Parlamento rispetto a una decisione fondamentale per la collocazione geostrategica dell'Italia nello scacchiere internazionale e regionale per la tutela della vita e dell'incolumità di cittadine e cittadini che, in divisa e non, si impegnano con orgoglio, abnegazione e disponibilità al sacrificio più alto per la costruzione di pace e sicurezza a livello globale. Con la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata il 23 aprile scorso, oltre a valutare l'autorizzazione di una nuova missione in Tunisia, che risponde alle intese intercorse con Tunisi nell'ambito delle attività di cooperazione bilaterale per il controllo delle frontiere e la lotta al terrorismo, il Parlamento è chiamato a valutare la proroga, fino al 31 dicembre 2019, degli impegni di natura sia militare sia civile già in essere, e autorizzati da ultimo con la risoluzione adottata nel dicembre dello scorso anno. Con questo provvedimento, nel pieno rispetto del dettato normativo, si torna pertanto a delineare il quadro di impegni internazionali dell'Italia per un arco di dodici mesi, e dunque in un orizzonte strategico più ampio, con evidenti effetti positivi per l'affidabilità e prevedibilità dell'azione dell'Italia in tema di missioni.
Sottolineo che la presentazione della deliberazione governativa circa la partecipazione italiana a missioni internazionali costituisce un importante momento di approfondimento degli indirizzi della nostra politica estera, permettendo di acquisire una visione più articolata sul nesso tra sicurezza interna ed esterna, a fronte di minacce crescenti e sempre più pervasive. Le missioni internazionali costituiscono il presupposto per il conseguimento di una maggiore centralità dell'Italia nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese-cerniera tra Europa e Mediterraneo.
Ciò premesso, mi preme evidenziare che la deliberazione governativa si colloca in chiara continuità con gli impegni che il nostro Paese ha assunto nel quadro delle sue alleanze tradizionali, in particolare della nostra tradizionale vocazione euro-atlantica, su cui convergono, in modo pressoché unanime, le forze politiche. La deliberazione reca tuttavia rilevanti elementi di novità nell'approccio, dal momento che la nostra presenza nelle missioni internazionali è saldamente ancorata all'interesse nazionale: non vi è dubbio che la crescente instabilità dello scenario internazionale, che sta riscrivendo gli assetti economici, sociali e demografici in prossimità dei confini nazionali, rischia di avere pericolose ricadute sul nostro Paese.
Le missioni internazionali intervengono dunque su un arco di crisi particolarmente ampio, il quale, estendendosi dall'Africa occidentale sino all'Afghanistan, attraversa l'intero Medio Oriente, nell'ambito di un approccio orientato a favorire i processi di dialogo ed a porsi, ove possibile, come mediatore tra le parti in conflitto. Terrorismo, traffico di esseri umani, proliferazione di armi di distruzione di massa, instabilità regionali, criminalità organizzata: le sfide che ci circondano rendono necessario un approccio innovativo, che consenta di unire le più tradizionali esigenze di sicurezza con il rafforzamento delle istituzioni locali, coniugando la stabilizzazione con lo sviluppo. In particolare, la situazione in Libia, i flussi migratori dall'Africa, i massicci arrivi di rifugiati dalla Siria, la diffusione di Daesh sono stati shock che le classi di Governo europee hanno sottovalutato, alimentando la pericolosa illusione che il destino dell'Europa fosse separato da queste sfide e dal futuro del Mediterraneo. Ciò ha condotto le istituzioni statali e sovranazionali a inseguire gli eventi: una rincorsa in cui è mancata un'iniziativa politica forte, adeguata rispetto all'enormità delle sfide da affrontare.
La risposta italiana è nelle azioni della nostra diplomazia e dei nostri militari sul campo. Ci siamo distinti per capacità di intervento, prevenzione di attacchi terroristici, salvataggio di vite umane, identificazione ed espulsione dal nostro territorio degli estremisti violenti e azioni diplomatiche. Le missioni internazionali hanno un ruolo fondamentale in questa strategia, tesa nel lungo periodo a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulle sponde Sud ed Est del Mediterraneo, rendendoli più sicuri.
In questo contesto, ricordo ai colleghi che l'Italia è riuscita ad ottenere, nei mesi scorsi, un successo diplomatico di grande rilievo: il riconoscimento dell'esigenza di consolidare il lato Sud della NATO attraverso il potenziamento del ruolo dell'hub di Napoli, come baluardo per contrastare le insorgenti minacce legate al terrorismo e alle migrazioni di massa incontrollate. Segnalo, altresì, che il Quartiere generale della NATO a Napoli non agirà solo come struttura militare, ma avvierà relazioni ed iniziative comuni con i Paesi del Mediterraneo e dell'Unione africana, e con le organizzazioni non governative impegnate nel quadrante Sud, nell'intento precipuo di consolidare la stabilità regionale.
Con riferimento alla crisi libica, la fine del lungo periodo di transizione politica e la stabilizzazione sostenibile e duratura del Paese continuano a rappresentare una priorità strategica per l'Italia, elementi imprescindibili per la stabilità, lo sviluppo e la prosperità dell'intera regione mediterranea, e per il contrasto alla diffusione del terrorismo e delle reti criminali di trafficanti di esseri umani. Ricordiamo che, come si è ribadito anche nel corso dell'esame del provvedimento, l'Italia chiede la modifica del meccanismo europeo che individua il nostro Paese come unico porto di sbarco nell'ambito della missione EUNAVFOR-Med - Operazione Sophia.
Un ulteriore terreno di impegno nell'area mediterranea è rappresentato dall'avvio di una nuova missione bilaterale italo-tunisina, per la gestione delle attività di controllo del territorio, che risponde alle intese intercorse con Tunisi nell'ambito delle attività di cooperazione bilaterale per la sicurezza. L'Italia, come ha confermato il Vertice intergovernativo bilaterale del 30 aprile scorso, considera la Tunisia un fattore di grande stabilità per il Mediterraneo, e segue quindi con grande interesse il processo di transizione democratica in atto in quel Paese.
Un'altra missione di particolare rilevanza che si propone di autorizzare è quella in corso in Libano (UNIFIL), elemento centrale per la stabilizzazione della regione. Tra l'altro, merita segnalare che ci è stato da poco riconfermato il comando di questa missione, a ulteriore conferma dell'unanime apprezzamento per il ruolo guida svolto dall'Italia nell'ambito della coalizione.
Nella convinzione del legame indissolubile tra pace e sicurezza, crescita, sviluppo e diritti umani e del carattere multidimensionale delle crisi e dei conflitti, l'Italia adotta un approccio onnicomprensivo e pone un'enfasi particolare sulla prevenzione dei conflitti, anche mediante un ricorso sistematico alla mediazione e all'attività di stabilizzazione post conflitto, al fine di contrastare il riemergere delle crisi. Per quanto riguarda la cooperazione italiana, essa è strumento indispensabile della politica estera italiana. Terrorismo globale, conflitti etnico-religiosi, flussi migratori spesso disordinati e massicci sono le problematiche con le quali il nostro Paese deve confrontarsi, anche per i profili di sicurezza interna ed internazionale che esse rivestono.
I Paesi del Medio Oriente in cui è attiva la cooperazione italiana si trovano al centro delle più importanti crisi geopolitiche internazionali. La guerra civile in Siria, le devastazioni provocate dal Daesh a cavallo fra Siria ed Iraq e gli spostamenti forzati della popolazione che questi eventi hanno determinato, rappresentano attualmente le sfide più drammatiche alla pace e alla stabilità dell'intera regione, con riflessi importanti, per il tramite delle attività terroristiche, dei flussi di rifugiati e migranti sugli stessi Paesi europei.
Sul fronte umanitario la cooperazione italiana intende continuare a fornire il proprio sostegno alla popolazione civile colpita dalla crisi, non solo in Siria ma anche nei Paesi limitrofi, con iniziative di assistenza e protezione, a cominciare da quelle rivolte alle minoranze cristiane e alle altre minoranze religiose ed etniche.
In generale, la deliberazione del Consiglio dei ministri stima il fabbisogno complessivo finanziario per l'attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, di competenza del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, in 296 milioni di euro per il 2019, con un aumento di 10 milioni rispetto all'anno precedente. Centoquindici milioni di euro saranno destinati ad iniziative di cooperazione allo sviluppo e sminamento umanitario in Paesi quali Afghanistan, Eritrea, Etiopia, Iraq, Libia, Mali, Niger, Myanmar, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen. I progetti comprendono: la ricostruzione civile in situazioni di conflitto o post conflitto, la sicurezza alimentare, il miglioramento delle opportunità lavorative in loco; ulteriori iniziative mirano a promuovere i processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza in Nord Africa, Africa subsahariana e Medio Oriente, nonché in America latina e caraibica.
Particolare interesse rivestono le azioni di salvaguardia del patrimonio archeologico e di contrasto alle violenze interconfessionali: si tratta di due ambiti nei quali l'Italia fa valere le proprie peculiarità di custode dell'arte e della storia, nonché di garante del dialogo e della pacifica convivenza tra culture diverse.
È, inoltre, previsto un apposito stanziamento di 18 milioni di euro per contributi a fondi e organizzazioni internazionali con la partecipazione italiana a iniziative in ambito regionale tra cui l'Iniziativa Centro Europea (Ince) di cui l'Italia ricopre la presidenza di turno.
In conclusione, auspico l'approvazione della relazione predisposta dalle Commissioni affari esteri e difesa con la più ampia maggioranza possibile come segno tangibile dell'unità del Paese sulle strategie di politica estera e sul sostegno alle donne e agli uomini impegnati tanto nelle missioni militari quanto nell'attività di cooperazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO (FI). Grazie, signora Presidente. Mi consenta, innanzitutto, di osservare come la discussione si svolga in assenza dei Ministri competenti e anche in assenza per la verità, mi spiace dirlo, dei presidenti di Commissione, immagino tutti impegnati altrove. Eppure, questo è l'atto più importante di politica estera e di difesa del nostro Paese, del Governo e del Parlamento.
Forse non siamo riusciti ancora, signora Presidente, a far intendere bene la portata e lo spirito della legge di riforma sulle missioni internazionali che il Parlamento votò nella scorsa legislatura e della procedura che il Parlamento ha voluto statuire con tale deliberazione, che non a caso infatti viene discussa un po' distrattamente oggi, a fine giugno, cioè trascorsi quasi sei mesi dall'inizio dell'anno, anche perché per la verità il Governo l'ha presentata a fine aprile.
Mi auguro, quindi, che con il prosieguo dell'evoluzione del dibattito politico e istituzionale possa essere meglio recepito il valore e il senso di quella legge. Forza Italia - l'onorevole Tripodi, nostro capogruppo in Commissione difesa lo comunicherà e motiverà - voterà a favore della relazione delle Commissioni per tre ordini di ragioni che brevemente cercherò di riepilogare.
Ringrazio i relatori Iovino e Formentini per la loro ampia relazione che abbiamo condiviso - le ragioni sono anche contenute nella loro relazione - così come ringrazio il sottosegretario Volpi per la consueta disponibilità e cortesia nei confronti del Parlamento e anche per la sua competenza.
La prima ragione è la continuità della politica estera: la politica estera e di difesa ha nella sua continuità un vero e proprio valore costituzionale. L'Italia e le democrazie liberali, i Paesi occidentali non hanno imperatori a vita, come altri Paesi importanti del mondo; non hanno delle dinastie che si succedono al potere; non hanno una longevità pluridecennale di uomini importanti che gestiscono il potere, anzi sono piuttosto esposte ad una certa variabilità del potere con l'alternanza, con la periodicità delle elezioni e ciò è un valore delle democrazie, è una forza che consente di sottoporre periodicamente alla verifica del popolo le politiche economiche, le politiche sociali, le politiche di giustizia, le politiche culturali: non è un elemento di debolezza delle democrazie liberali dell'Occidente, a condizione che restino immutati i valori e resti immutata la collocazione in base a quei valori dell'Occidente sui principi di democrazia, libertà, perseguimento e mantenimento della pace.
La risoluzione viene attuata in base alla legge 21 luglio 2016, n. 145, non a caso infatti sulle norme dell'articolo 11 della Costituzione: l'appartenenza dell'Italia alle organizzazioni internazionali e gli obiettivi di mantenimento della pace. Può mai esistere una Repubblica italiana al di fuori dell'Unione europea? Al di fuori dell'appartenenza all'ONU? Al di fuori dell'appartenenza alla NATO? Assolutamente no, perché queste appartenenze, questi organismi internazionali sono la radice costitutiva della nostra Repubblica e appartengono ai valori che non possono essere messi in discussione dalle politiche del Governo e dalle scelte legislative.
Eppure in questa legislatura - diciamocelo con franchezza - per incertezze compiute dal Governo, per contraddizioni e anche per qualche discussione che c'è stata in Parlamento sembra quasi come se ciò potesse invece accadere, come se si potesse mettere in discussione l'appartenenza dell'Italia al quadro geopolitico occidentale o, addirittura, l'appartenenza agli organismi internazionali multilaterali dei quali facciamo parte sin dalla loro costituzione. Per tale ragione la risoluzione è importante: perché segna la nostra continuità di politica estera e di difesa, la continuità di collocazione nello scacchiere internazionale e anche la continuità di appartenenza alle organizzazioni internazionali, che è una continuità che arriva sino al dettaglio della partecipazione alle missioni.
Il Ministro della Difesa un po' improvvidamente aveva dichiarato che ci saremmo ritirati dall'Afghanistan. Ora noi guardiamo con interesse alle trattative che gli Stati Uniti stanno facendo per uno sviluppo positivo della crisi in quel Paese, ma non è possibile che l'Italia da sola prenda una decisione del genere, perché l'Italia appartiene ad una coalizione, perché quella missione internazionale è autorizzata all'interno di un'organizzazione internazionale, la NATO, e le decisioni vengono prese all'interno di tale organizzazione.
Questo è il senso, quindi, anche di queste missioni, tanto è vero che la riduzione quasi simbolica del contingente che è oggi prevista dalla deliberazione era già prevista dal piano che era stato fatto negli anni precedenti e il numero medio di militari che parteciperanno, oltre seimila, è praticamente identico a quello dello scorso anno e anche la nuova risoluzione che è stata fatta con la Tunisia rappresenta un piccolo cambiamento rispetto a quella che c'era lo scorso anno.
Quindi, siamo in piena continuità di politica estera e di difesa e sono contento che i partiti che oggi stanno nella maggioranza di Governo, Lega e 5 Stelle, abbiano superato le perplessità degli anni scorsi quando manifestavano voti contrari o di astensione sulla partecipazione dell'Italia ad alcune di queste missioni.
Anche per tale motivo credo che possa e debba essere accolto l'auspicio espresso dai relatori di votare ad ampia maggioranza - ma io auspico anche all'unanimità come è accaduto lo scorso anno - l'approvazione della risoluzione delle Commissioni, perché non è in discussione una singola scelta di politica estera del Governo, come si vorrebbe fare ad esempio sull'immigrazione, ma è in discussione la scelta del mantenimento della nostra collocazione negli organismi internazionali multilaterali e la scelta di continuità della politica estera e di difesa.
Tale scelta di continuità di politica estera e di difesa - sottosegretario Volpi, lei lo sa bene - comprende anche naturalmente il mantenimento degli impegni che la Difesa ha preso ai fini di poter essere adeguatamente e tecnologicamente dotata per le sfide che le missioni richiedono.
Sono contento che si parli di missioni militari che sono per il mantenimento della pace e non potrebbero essere altrimenti ma sono missioni militari. Si restituisce - sottosegretario Volpi, so che era d'accordo con me - finalmente alle Forze armate la funzione propria per la quale esistono, ossia la funzione militare.
Ora, è naturale che, in tempi di emergenza, le Forze armate svolgano anche funzioni di supporto alla popolazione civile e alle crisi - oggi leggo anche dei medici militari o dei provvedimenti in base ai quali si facevano tappare le buche nelle varie città - ma esse non appartengono alle funzioni proprie delle Forze armate: possono essere svolte solo in condizioni di emergenza temporanea, ma non possono essere strutturalmente affidati alle Forze armate compiti civili, peraltro per crisi prevedibili che riguardano la nostra sanità o le nostre strutture cittadine.
Quindi, credo che anche per questo motivo il provvedimento del Governo vada guardato con attenzione perché è l'unico atto che restituisce alle Forze armate la loro propria funzione militare.
La pace, vengo alla terza parte dell'intervento. Che cos'è la pace? Non ha nulla a che vedere con il pacifismo, che è un'ideologia rispettabile come tante ideologie, ma la pace è un'altra delle strutture e delle categorie valoriali costitutive del nostro Paese e del sistema occidentale. La pace è un dono, è un auspicio, è un regalo che si fa non tanto a se stessi per tacitare la propria coscienza ma soprattutto agli altri, agli avversari, ai diversi, ai nemici, ai quali si auspica la pace.
La pace è lo Shalom: la pace sia con te, rivolta al diverso da sé. Oggi sembra quasi che questo l'abbiamo dimenticato: pensavo anche alla discussione che c'è stata ieri su alcune mozioni, perché poi alla fine un pochino tutto sempre si lega. È chiaro che se noi finiamo per non voler… noi abbiamo un'ottima legge sull'export militare delle armi: rispettiamola, punto. Perché poi altrimenti si finisce per confondere pace e pacifismo e, in nome del pacifismo, se uno non vuole aiutare una parte, indirettamente finisce per aiutare l'altra parte e, allora, non è più poi pacifismo ma è un'altra cosa.
Ma veniamo alla pace. Se la pace è questo, è la ragione costitutiva della nostra Repubblica e del sistema occidentale che è il rispetto dell'altro, del diverso da sé, del non andare a conquistare con la guerra, con la forza, i beni, i territori, i valori, le istituzioni altrui.
Ma questo significa che noi possiamo esimerci dal difendere i nostri valori, i nostri territori, i nostri beni quando questi sono minacciati dal terrorismo, da situazioni di guerra, che pure persistono in vari territori…? Sicuramente no. Ecco perché il valore della pace comporta il valore del mantenimento della pace in tutte le zone del mondo dove essa è minacciata e dove noi siamo richiamati a difenderla in base all'appartenenza alle organizzazioni internazionali di cui dicevo all'inizio. Ecco perché questi 6.400 donne e uomini del nostro Paese oggi sono impegnati, in cinque continenti, in una trentina di missioni internazionali di Paesi diversi. Sembrano cose lontane dall'Italia? Dobbiamo vedere, come dice il Ministro della Difesa, che ci sia un immediato interesse attuale della partecipazione di quei militari rispetto agli interessi nazionali? Non sempre questo è possibile, ma l'interesse del nostro Paese risiede nella nostra stessa appartenenza alle organizzazioni internazionali e nella nostra partecipazione alle missioni internazionali. Già questo è un nostro interesse, oltre quello che dicevo prima di far svolgere alle Forze armate le funzioni militari proprie per le quali esse sono chiamate.
Queste sono in sintesi le ragioni per le quali Forza Italia ha sempre sostenuto - al Governo, in maggioranza e all'opposizione - la partecipazione del nostro Paese alle missioni internazionali, ha sempre votato a favore, anche per dare il senso, come giustamente era stato richiesto, che quelle donne e quegli uomini, che rappresentano il nostro Paese, non rappresentano una maggioranza di Governo, ma rappresentano l'Italia, come sempre deve essere, sotto la bandiera nella quale ci riconosciamo tutti. Ecco perché io mi auguro che, anche in questo caso, ci possa essere un voto favorevole ed ampio da parte del Parlamento.
Questo assolverà tutte le discussioni di politica estera e di difesa? Sicuramente no, signora Presidente. Ci dovrà essere, poi, un'altra sede che dalla conferma della continuità della politica estera e di difesa, dalla conferma della nostra appartenenza alle organizzazioni internazionali tutte, perché anche EUNAVFOR MED Sophia, che è stata richiamata, è una missione dell'Unione europea. Voi giustamente chiedete un punto che non è conferente con questa missione, ma sapete bene che, in ordine a questa delibera proposta dal Governo - che noi voteremo nei prossimi giorni, mi auguro che il punto venga definito, Presidente, meglio -, noi proponiamo di rinnovarla sino al 31 dicembre di quest'anno, mentre invece le politiche di Governo ne stanno discutendo di tre mesi in tre mesi e, per adesso, è prorogata sino al 30 settembre, senza la partecipazione di navi di Paesi europei, pur mantenendo l'Italia la guida di quella missione militare con l'ammiraglio Credendino. Quindi, è una contraddizione di Governo, in questo caso, enorme. Ma qui, giustamente, si conferma EUNAVFOR MED Sophia sino al 31 dicembre: quello che il Governo nelle sedi bilaterali e multilaterali europee non fa, perché questo è il presupposto sul quale tu puoi chiedere delle modifiche che, per la verità, non appartengono a Sophia, ma appartengono ai Trattati di Dublino e seguenti, ma tant'è.
Quindi, mi auguro che ci sia, poi, una sede per discutere di politica estera, per discutere di difesa, per discutere delle politiche dell'immigrazione: avremo un nuovo decreto che è stato presentato alla Camera, naturalmente, ma quella è una parte, non è tutto. Però l'importante è che queste scelte di politica estera e di politica di difesa avvengano nell'alveo della collocazione internazionale del nostro Paese UE, NATO, ONU: solo in base a questa appartenenza noi, oggi - lo conferma la legge quadro, ma non potrebbe essere diversamente -, possiamo partecipare alle missioni internazionali, possiamo far svolgere alle Forze armate lo strumento militare che sono state chiamate a svolgere per costituzione e per giuramento e possiamo anche rivendicare, con orgoglio, il peso dell'Italia, che è uno dei maggiori contribuenti a queste missioni internazionali, un peso che si misura proprio dal riconoscimento della professionalità dei nostri uomini e delle nostre donne, tant'è vero che non c'è stata sinora una missione internazionale che, nella rotazione, non ha visto dei nostri uomini al comando di queste missioni internazionali eccellere in questo comando; penso, una per tutte, a quella del Libano.
Quindi, concludo così, signora Presidente, auspicando che ci possa essere una migliore definizione, in sede di organizzazione dei lavori di questa settimana, della votazione di questo punto delle deliberazioni, perché non vorrei che una collocazione un po' distratta non favorisca la maggiore e più autorevole partecipazione dei componenti del Governo e dello stesso Parlamento, anche per recuperare il senso e lo spirito di quella riforma fatta nella scorsa legislatura, che vuole che quest'atto di indirizzo sia uno degli atti costitutivi non solo della legislatura, ma, confermato annualmente, della politica estera e di difesa del nostro Paese; non è sicuramente collocabile in uno strumento ordinario che può avere una incerta e non definita collocazione nei nostri lavori parlamentari o nella stessa presentazione delle delibere da parte del Consiglio dei ministri.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Olgiati. Ne ha facoltà.
RICCARDO OLGIATI (M5S). Grazie, Presidente. Lo scorso 23 aprile, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, ha deliberato in ordine alla partecipazione dell'Italia ad una nuova missione internazionale, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 145 del 2016, cosiddetta legge quadro sulle missioni internazionali, nonché in ordine alla relazione analitica sulle missioni internazionali svolte nell'ultimo trimestre del 2018, anche ai fini della loro prosecuzione per l'anno 2019, ai sensi dell'articolo 3 della medesima legge. Successivamente, in data 8 maggio, la deliberazione è stata trasmessa alla Camera per la discussione e le conseguenti deliberazioni parlamentari.
Nello specifico, l'allegato 1 della delibera reca la deliberazione del Consiglio dei ministri in ordine alla nuova missione bilaterale di cooperazione in Tunisia relativa al periodo 1° marzo 2019-31 dicembre 2019; l'allegato 2, invece, reca la relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, con l'indicazione delle relative proroghe. Il Governo ha puntualmente indicato, per ciascuna missione, l'area geografica di intervento, gli obiettivi da raggiungere, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, la durata programmata e, infine, il fabbisogno finanziario per l'anno in corso, così come previsto dalla nuova legge quadro sulle missioni internazionali. Alla deliberazione è stata anche allegata una relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri finanziari concernenti le nuove missioni e quelle oggetto di proroga.
Dalla data di entrata in vigore della legge n. 145 del 2016, il Governo ha presentato alle Camere diverse deliberazioni: la prima, in data 14 gennaio 2017, concernente la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali ed alle iniziative di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione per l'intero anno 2017. Successivamente, una seconda delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2017 verteva sulla partecipazione dell'Italia alla missione internazionale in supporto alla guardia costiera libica, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 145 del 2016.
La delibera del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018 riguardava, poi, sia la partecipazione dell'Italia a nuove missioni internazionali nel 2018, sia la relazione analitica delle missioni internazionali del 2017, anche ai fini della loro prosecuzione per i primi nove mesi del 2018. Infine, una deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2019 in merito alla partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni internazionali per il periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018 e alla relazione analitica sulle missioni internazionali svolte nei primi mesi del 2018, anche ai fini della proroga per l'ultimo trimestre del 2018, entrambe adottate dal Consiglio dei ministri il 28 novembre.
Per quanto concerne l'esame parlamentare delle richiamate deliberazioni, in relazione alla deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri il 14 gennaio 2017, con gli atti di indirizzo approvati dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica l'8 marzo 2017, è stata autorizzata la partecipazione alle missioni e alle attività previste nella citata deliberazione. Per quanto concerne la seconda deliberazione del 28 luglio 2017, con gli atti di indirizzo approvati dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 2 agosto 2017, è stata autorizzata la partecipazione dell'Italia alla missione internazionale in supporto alla guardia costiera libica. In relazione alla terza deliberazione alla Camera, la relazione per l'Assemblea, approvata dalle Commissioni affari esteri e difesa nel corso della seduta del 16 gennaio 2018, è stata approvata dall'Aula nel corso della seduta del 17 gennaio. Al Senato, il 15 gennaio, le Commissioni esteri e difesa hanno approvato le risoluzioni n. 93 e n. 94, con le quali si è espresso parere favorevole in merito all'avvio e alla prosecuzione delle missioni internazionali indicate nella deliberazione del Consiglio dei ministri il 28 novembre 2018.
Da ultimo, con la risoluzione n. 6-00039, l'Aula della Camera, nel corso della seduta del 19 dicembre 2018, ha approvato la relazione della Commissione affari esteri e difesa, con la quale è stata autorizzata la partecipazione alle missioni e alle attività previste nella deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018.
Infine, il 13 dicembre 2018, al Senato, le Commissioni esteri e difesa hanno approvato le risoluzioni nn. 2 e 3 riferite alla prosecuzione delle missioni internazionali previste nella deliberazione del Consiglio del 28 novembre 2018.
All'interno dell'allegato 2 della deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 è stata illustrata la nuova missione bilaterale di cooperazione in Tunisia che il Governo intende avviare nell'anno 2019, dal 1° marzo al 31 dicembre e, come tale, da sottoporre all'autorizzazione delle Camere ai sensi dell'articolo 2 della richiamata legge n. 145. La nuova missione bilaterale di cooperazione in Tunisia è intesa a fornire supporto per la costituzione di tre comandi regionali, Centres conjoints de planification et de commandement des opérations per la gestione delle attività di controllo del territorio. Nel dettaglio, come precisato dal Governo nella scheda analitica relativa a questa missione, i comandi regionali a guida esercito dovrebbero essere rispettivamente dislocati sulla base del progetto tunisino a Jendouba Nord, a Kasserine centro e in una in una località del sud della Tunisia, allo stato non definita. Ai richiamati comandi spetterà il compito di pianificare e condurre operazioni congiunte di contrasto al terrorismo e di controllo delle frontiere.
L'Italia intende partecipare alle missioni relativamente al periodo 1° marzo - 31 dicembre 2019, con 15 unità di personale militare istruttore e la spesa prevista per questa missione è pari a 2.072.880 euro. In relazione alla partecipazione italiana a questa nuova missione, il Governo precisa che nel proporre questa nuova partecipazione intende, al contempo, concludere la partecipazione italiana alla missione NATO di supporto in Tunisia, da ultimo prevista dalla scheda n. 3 della deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2018. La missione traeva origine da una richiesta della Tunisia alla NATO di assistenza nella costituzione di un comando di livello “brigata” nell'ambito delle attività di cooperazione per la sicurezza della NATO, previste tra i compiti essenziali dell'Alleanza, come definite nel concetto strategico del 2010.
Nell'allegato 1 della deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile, nel riferire alle Camere sull'andamento delle missioni internazionali e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo e sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione autorizzati nel periodo 1° ottobre - 31 dicembre 2018, sono indicate le missioni internazionali che il Governo intende proseguire nel 2019, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione da porre in essere nel medesimo anno. Oltre alle schede analitiche delle missioni, contenenti l'indicazione dell'area geografica di intervento, gli obiettivi della missione, la base giuridica di riferimento della composizione degli assetti da inviare, la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l'anno in corso, è, inoltre, allegata la relazione tecnica di quantificazione degli oneri riferiti alla durata programmata, che tiene conto delle quote di spesa relative all'adempimento di obbligazioni esigibili nell'anno 2019, ovvero nell'anno 2020.
In relazione alla partecipazione italiana nel suo complesso, il Governo precisa che si tratta di interventi che tengono conto delle linee consolidate d'azione e della postura assunta storicamente dall'Italia in questo ambito, ma che restano in evoluzione quanto a tipologia di assetti e azioni svolte, in linea con gli sviluppi sul terreno e dello scenario internazionale.
Per quanto riguarda le missioni di cui si propone la proroga nell'anno 2019, dai dati forniti dal Governo emerge che la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi è pari a 7.343 unità, con una riduzione, rispetto al precedente periodo, 7.967, di 624 unità.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 10,15)
RICCARDO OLGIATI (M5S). La consistenza media è pari a 6.290 unità, con una riduzione rispetto al precedente periodo di 19 unità. Il fabbisogno finanziario per la durata programmata è pari complessivamente a un miliardo 130.480.331 euro, di cui: Ministero della difesa-Forze armate, euro 1.100.835. 456 euro; Ministero dell'interno-Forze di polizia, euro 7.722.305 euro; Ministero dell'economia e delle finanze-Guardia di finanza, euro 6.923.570 e, infine, Presidenza del Consiglio dei ministri- AISE, euro 15 milioni.
Il maggior numero di missioni è presente nel continente africano, ma con riferimento alla consistenza numerica delle unità impegnate nei diversi teatri operativi, il maggior numero di militari autorizzato è in Asia e, a seguire, in Europa e Africa. Per quanto concerne l'Europa, le missioni che impegnano il maggior numero di militari italiani sono la missione NATO Joint Enterprise nei Balcani e la missione dell'Unione europea denominata EUNAVFOR MED Sophia.
Alla missione NATO Joint Enterprise nei Balcani, frutto della riorganizzazione della presenza NATO nei Balcani, operata alla fine del 2004, partecipa un contingente di 538 unità, con 204 mezzi terrestri. Alla missione EUNAVFOR MED Sophia, l'Italia partecipa con un contingente di 520 unità, una unità navale e tre mezzi aerei. L'operazione Sophia risulta potenziata per quanto concerne gli assetti aerei da inviare, in quanto è stata aggiunta una unità aerea alle due già autorizzate e va ricordato che il Consiglio dell'Unione europea del 29 marzo 2019 ha prorogato il mandato della missione fino al 30 settembre. Contestualmente il Comitato politico e di sicurezza dell'Unione, che esercita il controllo e la direzione strategica della missione, ha dato mandato al suo comandante di sospendere temporaneamente per sei mesi il dispiego degli assetti navali. La missione continuerà, pertanto, ad attuare il suo mandato, rafforzando la sorveglianza aerea e proseguendo il sostegno alla Guardia costiera e alla Marina libica nelle attività di applicazione della legge in mare, attraverso un monitoraggio rafforzato anche a terra e il proseguimento della formazione.
Per quanto concerne l'Asia, la partecipazione italiana è più significativa nella missione UNIFIL in Libano e, a seguire, nella missione della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh e nella missione Resolute Support in Afghanistan. Alla missione UNIFIL partecipano 1.076 militari, 278 mezzi terrestri e sei mezzi aerei. Dal 7 agosto 2018, il nostro Paese ha assunto nuovamente l'incarico di Head of mission and Force Commander, con il generale di divisione Stefano Del Col. Alle dipendenze del generale Del Col operano quasi 10.500 militari provenienti da 42 Paesi.
Con riferimento alla partecipazione italiana alla coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh, si prevede per il 2019 una partecipazione di 1.100 unità, 305 mezzi terrestri e dodici mezzi aerei. Le unità complessivamente autorizzate, compresi i mezzi terrestri aerei, sono inferiori rispetto al precedente anno, così come l'autorizzazione di spesa relativa a questa missione.
Per quanto concerne la missione Resolute Support in Afghanistan, l'Italia partecipa alla missione con 800 unità, 900 nel 2018, di personale militare che dovrebbe essere progressivamente ridotto a 700 unità, entro la fine del mese di luglio. Analogamente all'anno 2018, si prevede altresì l'invio di 145 mezzi terrestri e otto mezzi aerei.
Da ultimo, per quanto riguarda il continente africano, la presenza italiana più consistente è nella missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, con 400 unità di personale militare, 130 mezzi terrestri, mezzi navali e aerei tratti dal dispositivo Mare Sicuro, nella missione UE antipirateria denominata Atalanta, con 407 unità di personale militare, due mezzi aerei e due mezzi navali, nella missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger, con 290 unità di personale complessive di due unità in Mauritania, 160 mezzi terrestri e 5 mezzi aerei.
Per quanto riguarda in generale l'area del Mediterraneo centrale si segnala, inoltre, che nell'ambito della cosiddetta operazione Mare Sicuro, comprensiva del supporto alla Guardia costiera libica richiesto dal Consiglio presidenziale del Governo di accordo libico, l'Italia partecipa con 754 unità di personale militare e con l'impiego di sei mezzi navali e cinque mezzi aerei. Infine, nell'ambito della partecipazione del personale militare italiano al potenziamento di dispositivi NATO, la consistenza più rilevante riguarda la missione per la sorveglianza navale dell'area Sud dell'Alleanza, dove l'Italia partecipa con 259 unità e due mezzi aerei.
Riguardo alle missioni nell'ambito della politica di sicurezza e difesa dell'Unione europea, si tratta in larga parte di azioni a sostegno di riforme della polizia, del sistema giudiziario e delle dogane e di rafforzamento della capacità che facilitano accordi di cessazione delle ostilità e ne assicurano il rispetto.
Il Consiglio dell'Unione europea, nella riunione del 6 marzo 2017, ha adottato delle conclusioni nelle quali ha concordato alcune iniziative, al fine di potenziare le strutture di pianificazione e controllo delle missioni dell'Unione europea condotte in ambito PSDC, rafforzando le sinergie tra le missioni civili e quelle militari. In particolare, il Consiglio dell'Unione europea ha concordato l'istituzione, in seno allo Stato maggiore dell'Unione europea a Bruxelles, di una capacità militare di pianificazione e condotta, incaricata della pianificazione operativa e condotta delle missioni militari senza compiti esecutivi, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza. Attualmente, l'Unione europea ha in corso tre missioni militari, senza compiti esecutivi, nella Repubblica Centrafricana, in Mali e in Somalia. Infine, ha previsto di riunire le competenze civili e militari delle missioni PSDC nell'ambito di una cellula comune di coordinamento a Bruxelles, per la cooperazione civile e militare nella pianificazione operativa e condotta delle missioni PSDC civili e militari, senza compiti esecutivi.
Attualmente, le missioni e le operazioni militari e civili dell'Unione europea nel mondo sono 16, oltre ad una non operativa nel quadro della PSDC.
In merito al finanziamento delle missioni PSDC, l'articolo 41 del Trattato sull'Unione europea prevede che le spese amministrative siano a carico del bilancio dell'Unione oltre a quelle operative, a eccezione di quelle derivanti da operazioni nel settore militare della difesa che sono a carico degli Stati membri secondo un criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo. Da ciò deriva che le spese operative per le missioni civili rientrano tra quelle a carico del bilancio dell'Unione europea.
Per le missioni UE nel settore militare della difesa si applica, dunque, la regola per cui i costi sono sostenuti direttamente dagli Stati membri e per alcuni dei costi relativi a operazioni militari è stato predisposto, fin dal 2004, un meccanismo denominato “meccanismo Athena” basato sui contributi degli Stati membri in proporzione dei rispettivi PIL nazionali. In pratica, solo una parte molto limitata delle spese relative alle operazioni militari di gestione crisi è messa in comune. Al “meccanismo Athena” partecipano tutti gli Stati membri, a eccezione della Danimarca che ha un opt-out sulla PSDC. L'Italia contribuisce al “meccanismo Athena” secondo un criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo per 12,10 per cento mentre attualmente sono in corso presso il Consiglio dell'Unione europea i lavori per la revisione di tale meccanismo per ampliare la lista delle spese comuni.
Si segnala, inoltre, che l'Alto rappresentante Mogherini ha presentato, il 13 giugno 2018, la proposta di istituire, al di fuori del bilancio dell'Unione europea, un fondo in grado di dotare l'Unione europea di mezzi e strumenti adeguati nell'ambito della difesa e della sicurezza.
Lo strumento europeo per la pace, finanziato attraverso i contributi degli Stati membri dell'Unione europea sulla base di un criterio di ripartizione fondato sul reddito nazionale lordo, estenderebbe la portata dei costi comuni per le missioni sostituendo l'attuale “meccanismo Athena”. Lo strumento europeo per la pace dovrebbe disporre di risorse per 10,5 miliardi di euro per il periodo relativo al prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e la proposta risulta attualmente all'esame del Consiglio dell'Unione europea.
L'esame del Documento XXV, n. 2 è iniziato presso le Commissioni riunite III e IV in data 14 maggio ed è stato concluso il 6 giugno 2019. Il Governo, invece, è stato audito presso le Commissioni congiunte di Camera e Senato in data 31 maggio. La proposta di relazione all'Assemblea approvata è stata quella dei relatori ma è stato approvato anche un emendamento riformulato, a prima firma dell'onorevole Quartapelle Procopio, che prevede, con riferimento alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, di cui alla scheda n. 23/2019, di autorizzarla impegnando il Governo a una verifica stringente e costante che le imbarcazioni fornite dall'Italia alla Libia, con particolare riguardo ai modelli dei guardacoste Corrubia, montino solo la strumentazione utile al controllo e alla sicurezza nel contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, nonché alle attività di soccorso in mare in rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di embargo.
Le Commissioni III e IV della Camera dei deputati hanno esaminato la deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile, e la Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione riferita al periodo 1° ottobre - 31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019, adottate ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145.
Premetto che la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali assicura centralità e prestigio al nostro Paese, quale attore di politica estera impegnato nel promuovere dialogo, pace e sicurezza a livello globale soprattutto laddove terrorismo, traffico di esseri umani, proliferazione di armi di distruzione di massa e instabilità regionali impongono di coniugare le esigenze di sicurezza con il rafforzamento delle istituzioni locali e la promozione dello sviluppo.
A tali sfide l'Italia deve rispondere, così come ha sempre fatto negli anni passati, in maniera puntuale grazie a un fruttuoso dialogo politico-diplomatico, a un incisivo intervento militare sul campo e a un sostegno concreto alle popolazioni locali.
Nel permanere di uno scenario internazionale a elevata instabilità e con un livello crescente di conflitti, le linee di impegno internazionale dell'Italia si esplicano attraverso una proiezione esterna dello strumento militare e l'azione di aiuto allo sviluppo. Non dimentichiamoci mai che è grazie ai nostri militari, dispiegati lungo un arco di crisi che va dall'Africa occidentale fino all'Afghanistan attraverso l'intero Medio Oriente, che l'Italia si distingue per capacità di intervento e di prevenzione, per eccellenza addestrativa e per uno specifico approccio umanitario verso le popolazioni civili e, in particolare, verso le categorie più vulnerabili ed esposte alle conseguenze dei conflitti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Maria. Ne ha facoltà.
ANDREA DE MARIA (PD). Grazie, Presidente. L'impegno internazionale che l'Italia profonde ricorrendo alla leva delle missioni militari per gli interventi di natura civile negli scenari di crisi costituisce la necessaria risposta a persistenti minacce di carattere transnazionale e asimmetrico - il terrorismo, la radicalizzazione, l'insicurezza cibernetica, i traffici illeciti - e a fenomeni di instabilità potenzialmente pericolosi per la pace e la sicurezza della regione euromediterranea.
Tale impegno si fonda su un approccio onnicomprensivo alle crisi proprio dell'Unione europea e pienamente condiviso negli anni dall'Italia, che correla all'intervento di carattere militare iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento nell'istruzione e nella cultura, alla protezione e all'attenzione ai diritti delle donne, dei giovani e delle minoranze.
Così è impostato l'impianto della legge n. 145 del 2016, che rappresenta uno strumento normativo innovativo di riordino e di razionalizzazione che ha fin qui assicurato una forte interazione tra l'azione del Governo e quella del Parlamento finalizzata alle decisioni sulle missioni internazionali, realizzando un inedito grado di trasparenza e di profondità e permettendo di contemperare il doveroso carattere democratico della dinamica decisionale su una materia tanto delicata anche sul piano dell'impianto finanziario alla necessaria celerità del relativo processo decisionale, nel superiore interesse della tutela della pace nonché della vita e dell'integrità degli uomini e delle donne impegnati sul terreno nei numerosi teatri operativi.
Da questo punto di vista, voglio sottolineare come la presenza dei nostri militari e dei nostri operatori civili è particolarmente apprezzata nelle aree di crisi, è caratterizzata da un altissimo livello di umanità, di professionalità e da una forte capacità di rapporto con le popolazioni di quei Paesi e credo che di questo tutti noi - e sicuramente lo fa il gruppo del Partito Democratico - dobbiamo ringraziare i nostri militari e i nostri operatori civili per come lavorano ed essere sempre al loro fianco anche perché si tratta spesso di presenze difficili e anche pericolose sul piano dell'incolumità personale.
La vocazione transatlantica ed europeista della nostra politica estera, ideale nel quale crediamo fortemente e profondamente, purtroppo è stata più volte messa in discussione dall'azione dell'attuale Governo con attacchi nei confronti e all'interno delle istituzioni europee, con il legame poco trasparente di un partito fondamentale della maggioranza, come la Lega, con la Russia di Putin e da episodi gravi e inumani come, ad esempio, la scellerata chiusura dei porti alle navi delle ONG e persino alle navi della nostra Marina militare.
Temiamo che questa impostazione nelle politiche del Governo, con un conflitto permanente fra le forze della maggioranza e anche una certa insipienza nell'azione governativa, stiano mettendo in discussione la forza della nostra presenza internazionale, quella tradizione, appunto, di credibilità e di capacità di azione che caratterizza l'Italia e che dobbiamo prima di tutto ai nostri militari e ai nostri operatori civili. Speriamo da italiani che, su questo, il Governo cambi passo e torni ad essere all'altezza, come lo erano i Governi precedenti, delle responsabilità dell'Italia, dei problemi del nostro Paese, dell'interesse del nostro Paese e anche, appunto, della professionalità e delle qualità dei nostri operatori che agiscono nei contesti internazionali.
Da questo punto di vista, nella nostra iniziativa stiamo dedicando una particolare attenzione a quello che sta accadendo in Libia e su questo voglio concentrare una parte di questo mio intervento a nome del gruppo del Partito Democratico. Infatti, dobbiamo sapere che il crescere del conflitto in Libia rappresenta un pericolo molto serio per il nostro Paese. Sta esponendo le popolazioni civili di quel Paese a rischi molto gravi e molto seri e credo debba portarci a una riflessione su come rilanciare l'iniziativa politico-diplomatica del nostro Paese in Libia, perché purtroppo noi riteniamo di essere di fronte, da parte del Governo Conte, a una grave mancanza di iniziativa in quello scacchiere che espone il Paese a rischi molto seri.
Si tratta di un'assenza per noi di straordinaria gravità perché la stabilizzazione della Libia dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni italiane. Qualsiasi cosa succede in Libia espone inevitabilmente a rischi il nostro Paese, a rischi di instabilità e di sicurezza dal punto di vista energetico, della gestione dei flussi migratori, della prevenzione di minacce terroristiche, persino belliche. Questo vale a maggior ragione oggi, quando, da un contesto di instabilità in qualche modo controllata, quel Paese sta scivolando nella guerra civile.
Come sapete, dallo scorso aprile, tra le truppe del generale Haftar e le milizie che controllano Tripoli e Misurata sotto l'egida del Governo internazionalmente riconosciuto di Serraj, insediato in base alla risoluzione ONU n. 2259, è in corso una vera e propria guerra civile, un conflitto che ha provocato centinaia di vittime, che è lontano da una cessazione completa delle ostilità anche in questi giorni e su cui insistono anche mire delle potenze regionali in contesa fra loro, a sostegno delle due parti contrapposte.
Dopo la visita, che noi riteniamo sostanzialmente propagandistica, del Ministro Salvini nel campo per i rifugiati di Tripoli nel giugno 2018 e l'iniziativa della Conferenza di Palermo sulla Libia promossa dal Premier Conte, dal Governo, i cui risultati sono stati nei fatti evanescenti, il Governo italiano non è più riuscito a impostare nessun tipo di iniziativa neanche nel momento in cui in Libia è scoppiata una vera e propria guerra civile. Il Governo si è limitato a dichiarazioni a ruota degli altri attori internazionali, ha messo in campo qualche incontro di facciata, ma manca un'iniziativa efficace del Governo italiano in quel contesto. Il Governo, poi, non è stato solo assente: si è nei fatti anche adoperato per dimenticare la Libia, per isolarla, smantellando quelle forme di cooperazione e sostegno alle autorità libiche che avevano evitato tanti morti in mare e avevano permesso all'Italia di essere un attore chiave nel difficile cammino di transizione e consolidamento della Libia, che è lontano dall'essere completato, che, però, per il nostro Paese è davvero ineludibile e necessario.
Il Governo, al grido di “mai con l'Europa”, ha coscientemente boicottato l'operazione navale europea Sophia, che sorvegliava i confini italiani con risorse europee. Nel tempo l'operazione aveva salvato 45 mila migranti in difficoltà, fermato 151 sospetti scafisti e neutralizzato 551 imbarcazioni. Ora l'operazione di fatto non esiste più, i Paesi dell'Unione europea si limitano a un pattugliamento aereo di quanto accade nel Mediterraneo e l'Italia ha dovuto stanziare 25 milioni di euro in più rispetto all'anno precedente per coprire con assetti italiani quello che l'operazione Sophia faceva con quelli europei. La criminalizzazione dell'operato delle ONG ha fatto il resto: le ONG si sono in parte ritirate, oggi la traversata e la rotta del Mediterraneo centrale è diventata molto più pericolosa, nonostante siano diminuite le partenze. Rispetto alle ONG voglio anche sottolineare un altro tema, che invece riguarda le ONG che erano presenti in Libia, con alcune delle quali ho anche contatti personalmente, che si stanno anch'esse, nei fatti, disimpegnando dal contesto libico, anche di fronte al crescere dei rischi dovuti all'evoluzione della situazione dei combattimenti e dei conflitti in quel Paese.
L'attuale Governo ha poi di fatto arretrato il raggio d'azione del dispositivo militare previsto da Mare sicuro, affidando alle autorità libiche anche funzioni di controllo, monitoraggio e coordinamento; funzioni che la guardia costiera e le forze di sicurezza libiche non possono garantire secondo gli standard del dispositivo italiano sia in termini di capacità operative sia in termini di garanzia della tutela dei diritti umani. E, quindi, noi siamo convinti che serva una svolta nell'azione del Governo rispetto alla Libia perché è nell'interesse del nostro Paese realizzare una politica di stabilità in Libia e essere presenti in Libia con la giusta autorevolezza nel favorire una soluzione diplomatica dei conflitti in atto e la ricostruzione di un contesto il più forte possibile di stabilità delle istituzioni di quel Paese.
Il Governo italiano non ha dato seguito e non ha più richiesto alle autorità libiche il rispetto di quanto contenuto nel memorandum tra l'Italia e la Libia del 2 febbraio 2017, negli accordi fra Gentiloni e Serraj, recepiti e sostenuti dall'Unione europea, che - voglio ricordare - prevedono un sistema articolato di interventi come l'adeguamento dei centri di accoglienza con la fornitura di medicinali e attrezzature mediche ai centri stessi e l'assistenza ai migranti, la formazione del personale libico all'interno dei centri di accoglienza, il sostegno alle organizzazioni internazionali che hanno ripreso e provano a continuare a operare in Libia, in particolare per ciò che riguarda i rimpatri volontari assistiti, il controllo dei confini a sud della Libia, il sostegno - ne accennavo prima - alle ONG italiane per interventi in Libia, che il Governo precedente stava finanziando con il Fondo Africa che era stato istituito ancora precedentemente dal Governo Renzi, la programmazione regolare di corridoi umanitari fra Libia e Italia, programmi di sviluppo in campo sanitario, educativo e delle energie rinnovabili nelle regioni più colpite dai processi migratori, con progetti presentati dalle municipalità libiche e finanziati dall'Unione europea.
Il Governo italiano ha cancellato, di fatto, questi impegni e si è limitato a consegnare le motovedette ai libici e a mantenere un'attività di formazione della guardia costiera libica. E, quindi, noi chiediamo al Governo che quanto previsto negli accordi firmati, che ho ricordato, con la Libia sia realizzato e sia messo in opera. La gestione della condizione dei migranti e dei flussi migratori non si risolve con gli slogan sulla chiusura dei porti italiani, ancora meno con il blocco di ogni percorso di integrazione, ma con un insieme di politiche che avevamo messo in campo. L'Italia oggi è impegnata in Libia in quattro missioni, due multilaterali, quella dell'ONU e quella dell'Unione europea, e poi nell'ambito di due, invece, iniziative di rapporti bilaterali - questo è l'impegno più oneroso in termini di uomini, 400, e di risorse - che riguardano la missione bilaterale di assistenza e di supporto in Libia, che riguarda soprattutto la gestione dell'Ospedale di Misurata, e poi l'impegno italiano a sostegno della guardia costiera libica, con 25 uomini impegnati nell'addestramento e manutenzione delle motovedette donate.
La presenza di un conflitto così vicino alle nostre coste e di una situazione umanitaria drammatica che coinvolge migliaia di persone recluse nei centri in Libia sollecita le nostre coscienze e il nostro impegno. Abbiamo sostenuto le missioni dell'ONU, dell'Unione europea, quelle bilaterali, perché pensiamo che l'Italia debba essere parte attiva nel promuovere diritti umani, stabilità e pace in Libia. Oggi riconfermiamo l'importanza della presenza italiana nel Mediterraneo centrale e chiediamo modifiche nella gestione della missione militare perché il conflitto in corso cambia naturalmente il dispositivo e le condizioni di azione dei nostri militari ed espone l'Italia a nuovi rischi. Ad esempio, abbiamo chiesto di rimettere a punto il supporto che i nostri militari danno all'azione delle motovedette che abbiamo donato alla Libia. Soprattutto, riteniamo che la strategia del disinteresse e del disimpegno del Governo rispetto alla Libia sia sbagliata e che occorra tornare a essere protagonisti pienamente in quello scacchiere.
In materia, poi, di aiuto allo sviluppo, si segnala la nostra contrarietà alle riduzioni di spesa rispetto all'anno precedente di alcune delle azioni in materia di cooperazione e all'utilizzo improprio delle iniziative di cooperazione e stabilizzazione previsto dalla deliberazione sulle missioni per finanziare interventi di cooperazione fuori dalle disposizioni previste dalla legge n. 125 del 2014 in Paesi stranieri finora non coinvolti in missioni internazionali a cui partecipa l'Italia, e, ancora una volta, il rammarico - ne ho parlato anche prima - per il non rifinanziamento del cosiddetto Fondo Africa, con l'obiettivo di promuovere il controllo del territorio e il contrasto ai traffici illeciti, a partire da quello degli esseri umani.
L'attuale Governo non ha provveduto neanche fino ad ora a incrementare le risorse per l'aiuto pubblico allo sviluppo, nonostante nei cinque anni della scorsa legislatura almeno una delle componenti dell'attuale compagine governativa abbia sempre sostenuto la necessità dell'impegno dell'Italia a favore della pace anche e soprattutto attraverso la cooperazione allo sviluppo. Nella risoluzione che presenteremo quando voteremo in Aula troverete anche indicazioni specifiche che riguardano in particolare le missioni NATO in Afghanistan e le azioni di finanziamento e coordinamento delle missioni in ambito europeo.
In questo intervento voglio limitarmi a sottolineare altre due cose, che sono queste: la prima riguarda il fatto che la deliberazione del Consiglio dei ministri è stata trasmessa al Parlamento con un notevole ritardo rispetto ai tempi previsti nella legge quadro sulle missioni internazionali, privando i nostri militari impegnati nei teatri operativi dell'indispensabile copertura politica e finanziaria e facendo anche in qualche modo venire meno il ruolo del Parlamento, che deve autorizzare l'avvio di nuove missioni o la prosecuzione di quelle in corso, e non semplicemente ratificare decisioni che hanno esaurito i propri effetti. Ricordo che in questa deliberazione il Parlamento si trova, ad esempio, ad autorizzare la proroga fino al 31 marzo 2019, quindi una data ampiamente superata, di una delle missioni, la missione “Hebron”, a più di due mesi appunto dalla conclusione della stessa missione.
Aggiungo infine che in area mediorientale gli sviluppi recenti della tensione tra Libano e Israele confermano il valore strategico della missione UNIFIL. Siamo anche orgogliosi che ancora una volta questa missione sia a guida italiana, ma destano grandi preoccupazioni le dichiarazioni rese qualche tempo fa dal Vicepresidente del Consiglio dei ministri Salvini rispetto all'azione in quell'area, che hanno avuto ripercussioni politiche significative per i nostri militari. Più in generale, segnalo che bisogna essere prudenti nelle esternazioni di componenti dell'Esecutivo su questioni di politica estera, di difesa e di sicurezza, perché quando si parla di luoghi in cui sono impegnati i nostri militari e i nostri operatori civili li si espone a rischi e disagi, e bisogna appunto essere, invece, prima di tutto al loro fianco, per il lavoro preziosissimo che mettono in campo.
Riassumendo, come gruppo del Partito Democratico, noi siamo a sostegno dei nostri militari, dei nostri operatori civili, orgogliosi del loro lavoro, riteniamo che serva un nuovo protagonismo internazionale dell'Italia e del nostro Governo - che oggi non c'è - prima di tutto nel settore delicatissimo della Libia. Crediamo che tutte le forze parlamentari debbano essere accanto ai nostri operatori, ma proprio per questo ci sentiamo, in questa discussione e nel lavoro che metteremo in campo, di esercitare tutte le azioni politiche possibili perché appunto ci sia finalmente di nuovo un salto di qualità nella politica estera dell'Italia all'altezza della storia del nostro Paese e anche del lavoro che i Governi precedenti avevano svolto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, signor Presidente, signori del Governo. Il provvedimento di cui discutiamo questa mattina è un provvedimento complesso, riguarda l'impegno internazionale dell'Italia su molteplici scenari internazionali le cui condizioni sono anch'esse molto articolate e diverse. Intanto un giudizio complessivo su un aspetto non irrilevante, che riguarda l'impatto di carattere finanziario di una risoluzione come questa, l'autorizzazione alla prosecuzione di molteplici missioni internazionali, che riguarda in particolare non soltanto la dimensione complessiva quantitativa di questo impatto, quanto la sua composizione qualitativa. Su questo permettetemi di segnalare subito un elemento di dissenso e di preoccupazione che viene da parte nostra a fronte di un'ulteriore riduzione, taglio della spesa per interventi legati alla cooperazione e allo sviluppo e, invece, di un trasferimento di ulteriori risorse, nell'ambito complessivo della spesa prevista, verso missioni di carattere militare. Credo che questo contribuisca a immaginare un dispositivo della nostra presenza sugli scenari internazionali che oggi non aiuta a sviluppare forme di intervento che abbiano al centro iniziative non solo legate alla promozione della pace, ma anche legate alla costruzione di percorsi che favoriscano stabilizzazioni e autonomia degli scenari che oggi, invece, su scala internazionale continuano a segnalare preoccupanti e significativi livelli di instabilità.
Come è già accaduto in molte altre occasioni, da parte del nostro gruppo e da parte mia ci sarà un giudizio articolato sulle singole missioni, e questo giudizio è riportato nella risoluzione presentata a prima firma Fornaro, il nostro capogruppo: ci sono missioni di cui proponiamo l'autorizzazione e la prosecuzione e altre di cui invece proponiamo la non autorizzazione. Sono in particolare, tra queste, le missioni in Afghanistan, le missioni in Libia - tutte quelle che oggi ci vedono impegnati sullo scenario libico e su cui poi mi concentrerò subito dopo questa breve introduzione -, la missione EUNAVFOR Med, la missione di controllo del Mediterraneo, le missioni in Niger, in Mali e alcune delle missioni che riguardano il potenziamento dei dispositivi nazionali della NATO anche sulla scena europea, e tra queste, in particolare, segnalo quella in Lettonia. Ciò detto, vorrei, come ho annunciato, concentrarmi in particolare sulla vicenda libica e sulla nostra presenza in quello scenario. Come tutti e tutte sapete, la Libia è un Paese che vive una condizione di particolare instabilità ormai da molti anni, potremmo datare l'inizio di questa fase di particolare turbolenza nel 2011, dopo la guerra che determinò la fine dell'era del colonnello Gheddafi, e questa instabilità si è ulteriormente accentuata, ormai da qualche mese, perché l'esplosione esplicita del conflitto tra le milizie del Governo riconosciuto, di al-Sarrāj, e quelle del colonnello Haftar hanno ulteriormente aggravato la condizione. Il conflitto esploso e tutt'oggi in corso, e di cui si fatica a vedere una conclusione positiva, continua quotidianamente a produrre morti, feriti, a distruggere le infrastrutture civili a rendere insicura la permanenza in quel Paese per gli abitanti libici, per i libici che là risiedono, ma anche e in particolare per i rifugiati che in Libia si trovano in una condizione di restrizione della propria libertà, già da questo punto di vista molto pesante rispetto alla tutela e al rispetto dei diritti fondamentali della persona, ma naturalmente, come è facile capire, particolarmente aggravata dalla situazione di conflitto che in queste settimane e in questi mesi è esplosa e appunto provoca le conseguenze a cui accennavo. Da questo punto di vista, la Libia, in questa condizione, si trova in una situazione nella quale è definitivamente impensabile immaginare quel Paese come uno Stato unitario. Forse non lo è mai stato fino in fondo, certamente dopo il 2011 questa condizione non è mai stata assicurata, a prescindere dal Governo riconosciuto dalla comunità internazionale. Tutti sappiamo che la Libia da molto tempo è un Paese nel quale il conflitto tra milizie ed etnie diverse segna nei fatti l'organizzazione dei rapporti di forza e dunque anche il controllo del territorio, ma naturalmente, in questo contesto, questi fattori, che ripeto, sono già presenti nella storia e nella composizione di quel Paese, sono particolarmente accentuati e provocano conseguenze ancora più drammatiche e gravi. Da questo punto di vista, se mai fosse stato possibile considerare la Libia come un luogo sicuro per i migranti e i rifugiati - cosa naturalmente che noi abbiamo sempre contestato per ragioni che hanno a che fare con il riferimento al diritto internazionale, come tutti sappiamo, e al di là dei giudizi politici e delle valutazioni che ciascuno e ciascuna di noi può fare rispetto ai propri desiderata -, la definizione di un luogo come porto sicuro rispetto ai migranti è definita sulla base di trattati e di convenzioni internazionali, prima fra tutte la Convenzione di Ginevra del 1951, che la Libia non ha mai ratificato. Oggi, però, come dicevo, in questa condizione questa valutazione appare ancor più impraticabile e incredibile. La Libia ha recentemente definito una propria zona SAR di competenza, la zona SAR, come anche qui tutti e tutte sanno o dovrebbero sapere, è la zona di ricerca e soccorso nella quale il Paese che la determina e la definisce assume la responsabilità del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso di chi si trova in mare in condizioni di difficoltà o di pericolo. Il problema, però, è che quella zona SAR, la definizione stessa di quella zona SAR, risulta in contraddizione - ed è una contraddizione molto stridente, appunto - con l'assenza strutturale di qualsiasi POS in territorio libico, cioè di qualsiasi porto sicuro.
È come se qualcuno avesse il coordinamento rispetto a un'area di mare per il salvataggio di persone che rischiano di perdere la propria vita ma non fosse in condizione, una volta salvate quelle persone dal naufragio, di riportarle in un posto sicuro, dunque di completare correttamente, rispetto alle definizioni internazionali che riguardano la procedura del salvataggio di completare in modo corretto quel salvataggio consentendo alle persone salvate dal naufragio di essere accompagnate in un luogo in cui siano rispettati effettivamente e senza dubbio alcuno i loro diritti fondamentali.
In questo senso (è ciò su cui vorrei concentrare l'attenzione del Governo, dei colleghi e delle colleghe) la partecipazione italiana e l'iniziativa italiana di collaborazione con le cosiddette autorità libiche - in particolare in rapporto alla missione bilaterale di sostegno e di addestramento della guardia costiera libica, non solo con la donazione delle nostre motovedette, ma anche con l'addestramento dei militari libici - si configurano nei fatti in questa condizione come la partecipazione italiana a operazioni che hanno il segno del respingimento illegale di migranti verso Paesi nei quali non sia garantita la sicurezza di quelle persone. Ogni volta che in questo Paese qualcuno festeggia perché la guardia costiera libica è intervenuta per impedire un naufragio e dichiara la guardia costiera libica come soggetto in grado di salvare delle persone dalla morte, qualcuno in questo Paese festeggia un respingimento collettivo, dunque un atto illegale rispetto alle convenzioni internazionali.
Da questo punto di vista, la responsabilità del nostro Paese, anche con questa missione oltre che con la cosiddetta politica dei porti chiusi, è una responsabilità molto pesante. In questi ultimi mesi i rapporti delle agenzie internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite, dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati, ci raccontano di come nel Mediterraneo centrale (da tempo considerata la più pericolosa rotta al mondo per chi cerca di attraversarla cercando un futuro migliore) sia aumentata in modo impressionante la percentuale dei morti: anche in presenza di una riduzione significativa delle partenze, dei flussi lungo quella rotta, la percentuale di chi durante quella rotta perde la vita è aumentata in modo molto significativo. Ed è aumentata perché, ancora una volta secondo i rapporti delle agenzie internazionali, in questi ultimi tempi i Paesi europei, ed in particolare il nostro Paese, che aveva sempre svolto una funzione decisiva, importante e meritoria di coordinamento degli interventi in quell'area, oltre che di intervento diretto con alcune missioni a suo tempo cancellate, prima fra tutte quella di Mare Nostrum, ebbene, i Paesi europei, ed in particolare il nostro, hanno sostanzialmente ritirato quasi tutti gli assetti di coordinamento, gli assetti navali da quell'area del Mediterraneo centrale. La mancanza di una presenza, in grado di intervenire in situazioni di particolare difficoltà, o la reiterata tendenza, ormai consolidata anche da parte del nostro Paese, del nostro centro di coordinamento marittimo, ad affidare al centro di coordinamento marittimo libico le operazioni di soccorso e ricerca nel Mediterraneo, determinano una condizione che appunto ha conseguenze drammatiche e molto gravi sulla vita di disperati che cercano di fuggire da quello che è stato definito da moltissime fonti di carattere giornalistico, ma anche da moltissime istituzioni internazionali un vero e proprio inferno, come quello dei campi di detenzione libica.
Ecco, da questo punto di vista dunque è arrivato il momento di segnare una svolta, una svolta profonda: non solo come ha chiesto e ricordato nell'intervento che mi ha preceduto l'onorevole De Maria, ponendosi il problema di un'applicazione più organica e complessiva degli accordi stipulati dal precedente Governo, ma mettendo in discussione, in modo radicale e definitivo, proprio quegli accordi. Oggi è necessario che il nostro Paese si ritiri dagli accordi bilaterali con la Libia, di fronte ad una semplice constatazione: in Libia oggi rispetto alla condizione delle istituzioni di quel Paese, alla condizione generale di quel Paese, non è possibile garantire in alcun modo il rispetto dei diritti umani fondamentali. Di fronte a questa considerazione, è necessario che quelle missioni vengano immediatamente interrotte.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferro. Ne ha facoltà.
WANDA FERRO (FDI). Signor Presidente, ringraziando la presenza del presidente della Commissione difesa, dei relatori, ed in particolare quella del sottosegretario Volpi, che ringrazio per come svolge, con senso delle istituzioni, il proprio ruolo all'interno di un settore, di un comparto fondamentale per la nostra nazione, devo però stigmatizzare, devo dire con grande chiarezza, che l'assenza del Ministro in questo caso diventa un atto inaccettabile, considerato l'argomento che stiamo dibattendo, considerato il rispetto che si dovrebbe a quest'Aula, ai parlamentari, e soprattutto il rispetto verso il ruolo che ricopre, che probabilmente ancora non riesce ad incarnare.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 11)
WANDA FERRO (FDI). Tornando a noi, Presidente, signori del Governo, colleghi, quando si è trattato di dare sostegno ai nostri militari nelle missioni internazionali, alla sicurezza del nostro Paese, Fratelli d'Italia ha sempre fatto la sua parte: abbiamo sempre dato il nostro appoggio, non ai Governi ma alla nostra nazione, soprattutto quando si è trattato di contrastare il terrorismo e di filtrare soprattutto l'origine dei flussi migratori dalla costa meridionale del Mediterraneo. Abbiamo sempre dato questo nostro sostegno e la nostra vicinanza agli uomini ed alle donne in divisa: siamo stati dalla loro parte, soprattutto nei momenti più difficili, quando sono stati non soltanto sotto l'attacco delle armi, ma ahimè, siamo stati ancor più vicini quando… Perché l'attacco delle armi, ovviamente per la missione che hanno incarnato, l'avevano già messo in conto. Ma soprattutto nei momenti più difficili, quando c'è stato l'attacco infame di una certa politica che ha fatto del vilipendio della divisa una ragione di esistere.
Una visione che purtroppo sembra essere condivisa da una parte di questa maggioranza, da quel MoVimento 5 Stelle che pensa di poter dedicare la celebrazione del 2 giugno all'inclusione, ai rom, agli immigrati. Ci aspettiamo che ora proponga, come devo dire, probabilmente di sostituire alle forniture di munizioni quelle magari di fiorellini di campo.
Dopo tutto cosa aspettarci da questo Ministro, dal Ministro Trenta, tarantella a parte? Che anziché impegnarsi ai tavoli del Governo per potenziare le dotazioni delle nostre Forze armate e per dare ai nostri uomini e alle nostre donne in divisa equipaggiamenti sempre più moderni, una formazione sempre più all'avanguardia, e per aumentare l'efficienza, la sicurezza e la dignità del loro lavoro, si dice disposta… Ed influenzando anche il Premier Conte, il quale ha proposto di rinunciare all'acquisto di cinque fucili per finanziare una borsa di studio per la pace.
Siamo fortemente preoccupati, sapendo che il destino dei nostri militari è nelle mani di un Ministro che li disprezza, un Ministro che, in nome del pregiudizio ideologico, è disposto a sacrificare l'interesse nazionale: come dimostrato anche dalle assurde posizioni assunte contro il blocco navale. Voglio ricordare, e mi dispiace sia uscito, al collega De Maria che per noi il blocco navale non è mai stato uno slogan: gli slogan li lasciamo ad altri, soprattutto rispetto al ruolo dell'Italia nello scenario internazionale.
Non posso dimenticare che questo Governo è arrivato persino a censurare uno spot emozionante, che mostrava ciò che davvero fanno i militari italiani per garantire la sicurezza e la pace nel nostro Paese. Noi non consentiremo mai di mortificare questi uomini, che hanno da sempre dimostrato sul campo le loro indiscutibili capacità: sempre con onore, sempre i migliori tra quelli delle forze internazionali impegnate nelle missioni all'estero. I nostri militari si sono sempre distinti nella prevenzione degli attacchi terroristici, nel salvataggio delle vite umane nel Mediterraneo, nonché nell'identificazione ed espulsione degli estremisti violenti.
Nonostante la minaccia rappresentata dal Daesh continui a perdurare anche dopo la fine del controllo diretto di una parte di territorio, c'è una diminuzione dell'impegno italiano nell'area, sia in termini di personale sia in termini di mezzi. Non si può continuare a rincorrere in maniera disordinata e confusa ciò che accade nello scenario del Mediterraneo, come se il destino dell'Europa e del nostro Paese potesse essere separato da quello dell'area della costa meridionale ed orientale del nostro mare. Il nostro Paese deve confrontarsi necessariamente con una situazione internazionale che è in continua e costante evoluzione, sconvolta da cambiamenti di natura epocale. Fuori dai nostri confini nazionali c'è un mondo che sta cambiando: cambiano gli assetti economici, sociali, demografici, e non si può pensare che gli effetti non ricadano direttamente sull'Italia e sui suoi concittadini. Servono iniziative politiche forti ed adeguate rispetto alle sfide da affrontare, di cui bisogna comprendere la reale portata: parlo dei flussi migratori economici dall'Africa, ma anche dell'arrivo dei rifugiati dalla Siria, della preoccupante minaccia rappresentata dalla diffusione del Daesh dalla Tunisia all'Iraq.
Sarebbe auspicabile che il Governo facesse maggiore chiarezza sul futuro del contingente italiano operante in Afghanistan, oltre che sulla sicurezza delle oltre 500 unità impegnate in Libia, stante il radicale mutamento del contesto politico e di sicurezza del Paese. Servono investimenti in personale, mezzi, tecnologie, addestramento. Gli stanziamenti per il comparto Difesa devono essere adeguati a quelli degli altri Paesi occidentali. Se il deficit venisse utilizzato per investimenti pubblici, anziché che per misure assistenziali o marchette elettorali, le risposte sarebbero subito disponibili.
Serve - ne siamo convinti - una diversa guida al Ministero della Difesa che restituisca dignità e orgoglio a un comparto che viene continuamente mortificato dai rappresentanti del MoVimento; un comparto che invece di sentirsi tutelato, si sente costantemente abbandonato al proprio destino e forse ulteriormente messo in pericolo durante le rischiose attività sugli scenari internazionali; un comparto a cui noi di Fratelli d'Italia daremo sempre il nostro sostegno, ribadendo ai nostri militari il nostro affetto e il senso di orgoglio per il loro straordinario impegno. A loro rivolgiamo la nostra vicinanza, alle loro famiglie che soffrono per la lontananza e soprattutto a chi ha perso una persona cara. Noi non li dimentichiamo, non dimentichiamo chi ha scelto di servire in armi la nostra patria e lo ha fatto per proteggere da migliaia di chilometri di distanza, da luoghi spesso ostili e inospitali i nostri meravigliosi territori, le nostre famiglie, il nostro futuro, non certo gli interessi neocolonialisti di altri Paesi europei che oggi fanno gli ipocriti predicatori di solidarietà e accoglienza. L'impegno italiano nelle missioni internazionali è fondamentale anche perché rafforza il ruolo dell'Italia nelle politiche di sicurezza e di difesa nell'Unione europea; incrementa la capacità dell'intera Unione di agire sulla scena internazionale anche attraverso iniziative di carattere civile che, senza il supporto militare, perderebbero certamente efficacia.
Noi siamo favorevoli all'impegno dell'Italia in Tunisia e nei Balcani con l'obiettivo principale di stabilizzare quei territori e mettere a freno il traffico di esseri umani e i flussi di immigrati che giungono nel nostro Paese. Siamo consapevoli del ruolo chiave della Tunisia per la stabilità del Mediterraneo anche ai fini della pacificazione in Libia: la stabilizzazione di quel Paese non può che essere una priorità strategica per l'Italia perché fondamentale per lo sviluppo dell'intera regione del Mediterraneo ma anche e soprattutto per il contrasto alla diffusione del terrorismo e delle reti criminali di trafficanti di esseri umani.
Siamo pure consapevoli della attualità strategica delle missioni nei Balcani occidentali, con riferimento ai flussi migratori che attraversano quest'area e che rafforzano la minaccia terroristica. Se, infatti, sono effettivamente in netto calo gli arrivi dei migranti via mare, sono invece in forte crescita quelli che arrivano via terra, soprattutto pachistani, attraverso la rotta balcanica che porta in Friuli Venezia Giulia. Non a caso il governatore della regione Friuli Venezia Giulia ha invocato la sospensione del Trattato di Schengen. Centinaia sono gli irregolari fermati dalle forze di polizia. Si registra un raddoppio degli arrivi dalla Slovenia rispetto al 2018 solo nel primo semestre di quest'anno.
Siamo d'accordo sulla risoluzione: vorremmo soltanto che ci fossero meno scelte schizofreniche a tempo determinato, quindi il rinvio e comunque la proroga di tre mesi in tre mesi. Ci aspettiamo ovviamente da parte del Ministro e del Governo che ci sia al più presto una scelta molto chiara e una visione coerente dell'impegno e soprattutto dell'impiego dei nostri militari, perché credo che oggi - ahimè, mi dispiace sottolinearlo - il Ministro Trenta ha messo in campo tutto ciò che rivela in qualche modo evidentissimi limiti in questa azione e in questo comparto. Vedete, c'è una frase che parla ovviamente del genere umano quando si dice che un uomo, ma in questo caso devo dire voglio parlare di genere, una donna va giudicata dalle scelte non soltanto dalle scelte giuste ma soprattutto dalla capacità di uscire dalle scelte sbagliate: purtroppo, ahimè, con grande rammarico devo dire che nel caso del Ministro Trenta sono scelte sbagliate dalle quali non sa uscire.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
(Annunzio di risoluzioni – Doc. XVI, n. 2)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Iovino, Formentini ed altri n. 6-00080, Quartapelle Procopio ed altri n. 6-00081, Fornaro n. 6-00082 e Palazzotto, Orfini, Magi, Benedetti ed altri n. 6-00083, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).
Il rappresentante del Governo, anche al fine di esprimere il parere sulle risoluzioni presentate, si riserva di intervenire in altra seduta. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Cenni ed altri: Disposizioni in materia di limitazioni alla vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari sottocosto e di divieto di aste a doppio ribasso per l'acquisto dei medesimi prodotti. Delega al Governo per la disciplina e il sostegno delle filiere etiche di produzione (A.C. 1549-A) (ore 11,09).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1549-A: Disposizioni in materia di limitazioni alla vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari sottocosto e di divieto di aste a doppio ribasso per l'acquisto dei medesimi prodotti. Delega al Governo per la disciplina e il sostegno delle filiere etiche di produzione.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 giugno 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 giugno 2019).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1549-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Gagnarli.
CHIARA GAGNARLI, Relatrice. Grazie, Presidente. La proposta di legge in esame mira ad introdurre nell'ordinamento norme per limitare il fenomeno della vendita sottocosto dei prodotti agricoli ed agroalimentari che penalizza intere filiere, con ripercussioni dirette sulle dinamiche di produzione e sui rapporti di lavoro nelle campagne, e a promuovere dunque un'agricoltura di qualità attenta alla salute dei consumatori, all'ambiente e ai diritti dei lavoratori impiegati. La vendita sottocosto, infatti, pur non interessando direttamente l'acquisto del prodotto agricolo a un prezzo inferiore al costo di produzione, incide indirettamente su questo fenomeno in quanto facilita accordi commerciali tra i produttori e venditori che includono clausole per le vendite promozionali spesso a svantaggio di un'equa remunerazione del costo di produzione.
Il testo oggi all'esame dell'Assemblea rappresenta il frutto di un lavoro condiviso dalla Commissione agricoltura che, lo scorso mercoledì, a larga maggioranza ha votato il mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sul nuovo testo della proposta. L'esame in sede referente è stato avviato il 13 marzo scorso. La Commissione ha svolto quindi un ciclo di audizioni informali ascoltando i rappresentanti delle organizzazioni agricole aderenti alla sigla Agrinsieme, Coldiretti, FAI-CISL, FLAI-CGIL, UILA-UIL e UGL. La Commissione ha poi ascoltato i rappresentanti di Terra! ONLUS, Oxfam Italia, Osservatorio Placido Rizzotto e infine i rappresentanti di Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, ANCC COOP e ANCD Conad. Alla luce di tali audizioni, ho quindi presentato un nuovo testo successivamente emendato. Le principali modifiche apportate alla proposta di legge originaria a seguito dell'esame in sede referente riguardano la disciplina della vendita sottocosto dei prodotti agricoli e agroalimentari deperibili; l'introduzione del divieto di asta al doppio ribasso relativamente al prezzo di acquisto per i prodotti agricoli e agroalimentari e la soppressione della disciplina in materia di etichettatura dei prodotti alimentari al fine di tener conto di recenti interventi normativi in materia che erano già stati fatti.
Prima di passare ad illustrare i contenuti della proposta di legge in esame, faccio presente che la Commissione affari costituzionali, la Commissione giustizia, la Commissione finanze, la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici, la Commissione politiche dell'Unione europea e la Commissione per le questioni regionali in sede consultiva hanno espresso parere favorevole. Il Comitato per la legislazione ha formulato una condizione ed osservazioni chiedendo con il primo rilievo, che è stato recepito, che fosse introdotta una definizione più compiuta delle filiere etiche di produzione; mentre la X Commissione attività produttive ha espresso parere favorevole con una condizione, che è stata recepita, e un'osservazione. Con tale ultimo rilievo la Commissione attività produttive ha chiesto alla Commissione di merito di valutare l'opportunità di sostituire all'articolo 1, comma 1, le parole “programmate e concordate” con le parole “programmate o concordate”. La Commissione di merito ha ritenuto di non dover dar seguito a tale indicazione, poiché essa avrebbe di fatto vanificato la portata innovativa dell'intervento normativo sulla vendita sottocosto.
Venendo più in dettaglio ai contenuti del provvedimento, esso si compone di due capi e cinque articoli. Il capo I è intitolato Limitazioni alla vendita sottocosto e divieto di aste a doppio ribasso per i prodotti agricoli e agroalimentari. In tale ambito l'articolo 1 prevede disposizioni in materia di vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili.
Mentre il testo iniziale del provvedimento prevedeva che il Governo fosse autorizzato a modificare l'articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001, n. 218, che disciplina i casi in cui è ammessa la vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili nel senso di vietare tale vendita in generale, il testo approvato dalla Commissione prevede che la modifica debba essere nel senso di ammettere la vendita sottocosto solo nel caso in cui si registri dell'invenduto a rischio deperibilità o nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate in forma scritta con il fornitore, fermo restando il divieto di imporre unilateralmente, in modo diretto o indiretto, la perdita del costo della vendita sottocosto al fornitore.
Ricordo al riguardo che, a norma dell'articolo 1 del DPR n. 218 del 2001, si intende, per vendita sottocosto, la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata a un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa contenuta nella natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo, purché documentati. Secondo la definizione riportata, il sottocosto si riferisce, dunque, al rapporto tra il prezzo di acquisto del prodotto e il prezzo di vendita, il secondo inferiore al primo.
L'articolo 2, modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce, al comma 1, il divieto di asta al doppio ribasso relativamente al prezzo di acquisto per i prodotti agricoli e alimentari. Nel testo originario, tali aste erano considerate pratiche sleali. Il comma 2 prevede che chiunque contravvenga al divieto, salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa da 2 mila a 50 mila euro, calcolata in relazione all'entità del fatturato. Il comma 3 dispone, poi, che, in caso di violazioni di particolare gravità o di reiterazione, è disposta la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a 20 giorni. Al riguardo, faccio presente che il sistema delle aste al doppio ribasso fa sì che alcune grandi aziende di distribuzione chiedono ai fornitori un'offerta di vendita per i propri prodotti; una volta raccolte le diverse proposte, viene indetta una seconda gara nella quale viene usata come base di partenza non l'offerta qualitativamente migliore, ma, al contrario, quella di prezzo inferiore. Le offerte vengono esercitate al buio, senza che i partecipanti possano sapere con chi concorrono. L'articolo 3 dispone, introducendo un comma aggiuntivo all'articolo 56 del codice dei contratti pubblici, il divieto di aste elettroniche per gli appalti diretti all'acquisto di beni e servizi nella ristorazione collettiva e nella fornitura di derrate alimentari.
L'articolo 4 dispone in materia di pubblicazione dei nominativi dei soci affiliati nell'elenco delle organizzazioni dei produttori.
L'articolo 5 reca, infine, una delega al Governo per la disciplina di filiere di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti alimentari e agroalimentari, che osservino parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, denominate “filiere etiche di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti alimentari ed agroalimentari”. A tal fine, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la disciplina di tali filiere sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: definizione dei parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica di tali filiere; introduzione di agevolazioni fiscali e sistemi premianti per le imprese dei settori agricoli e agroalimentari che concorrono alla realizzazione dei progetti per la creazione di filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti alimentari e agroalimentari; definizione di sinergie tra sistemi di classificazione e tracciabilità delle produzioni, compresa la pubblicazione dell'elenco dei fornitori da parte delle imprese della grande distribuzione organizzata e dell'industria di trasformazione alimentare; introduzione di agevolazioni e sistemi premianti per le imprese agricole che aderiscono alla Rete del lavoro agricolo di qualità. I successivi commi disciplinano, poi, il procedimento di adozione dello schema di decreto e recano la clausola di invarianza.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo: si riserva di farlo successivamente. È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Manca. Ne ha facoltà.
ALBERTO MANCA (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il contesto delle promozioni nel comparto del largo consumo in Italia è diventato molto complesso. Secondo uno studio condotto da una nota società di consulenza, nel 2016, su 100 euro di spesa per beni alimentari e bevande, ben 32 erano stati spesi in presenza di un'offerta promozionale. Uno degli obiettivi di questa proposta di legge è proprio quello di regolamentare pratiche commerciali come questa, quando la medesima ha ad oggetto la vendita di prodotti agricoli e agroalimentari.
La situazione attuale ha reso sempre più esasperata la contrattazione tra i giganti delle catene dei supermercati e gli altri attori della filiera agroalimentare. Una contrattazione progressivamente inferocitasi fino a minare la stabilità di un sistema retto da equilibri sottilissimi, perché è caratterizzato da un enorme vulnus, ossia la palese asimmetria contrattuale tra i diversi contraenti. Quest'ultima ha nel tempo generato un meccanismo in base al quale chi non si adegua alla legge del più forte viene escluso dalle successive negoziazioni. In questo sistema, alcune pratiche di compravendita, se non configurabili come vere e proprie pratiche commerciali sleali, hanno senza dubbio determinato effetti distorsivi del mercato e lesivi della dignità personale, tanto dei produttori agricoli, quanto dei trasformatori, con ripercussioni sulla stabilità dei redditi di queste categorie di soggetti.
Una delle attività promozionali più utilizzate dalla grande distribuzione organizzata è senza dubbio quella della vendita sottocosto. Questo fenomeno vede gli acquirenti riconoscere ai fornitori prezzi talmente bassi che i conseguenti ricavi di questi ultimi, di fatto, non bastano a coprire i costi di produzione. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2001 definisce il sottocosto come la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo, purché questi siano documentati.
Tutti noi conveniamo sul fatto che questa delicatissima materia necessiti di una disciplina che vada finalmente a tutelare l'anello debole della filiera agroalimentare. Il ricorso smisurato e sregolato al sottocosto ha, di fatto, trasformato il cibo in mera merce. Ognuno di questi beni è considerato uguale a quelli della medesima categoria, indipendentemente dal modo in cui viene prodotto. Potremmo dire che il cibo è stato gradualmente trasformato in commodity, permettendo alla grande distribuzione organizzata di imporre prezzi più bassi ai fornitori. È indubbio che un sistema così concepito, con specifico riferimento ai prodotti alimentari freschi e deperibili, non consente di valorizzare al meglio la specificità delle nostre produzioni di qualità. In tale ottica, è doveroso tutelare i produttori attraverso fatti concreti. Perché ciò sia possibile dobbiamo, in primis, creare le condizioni affinché il minore introito derivante dal sottocosto non venga più imputato al produttore primario, come, invece, accade ormai sempre più spesso. Il ricorso a tale pratica facilita quel genere di accordi commerciali tra i produttori e i venditori che includono clausole per le vendite promozionali, spesso, a svantaggio di un'equa remunerazione del costo di produzione.
La soluzione elaborata nell'articolo 1 della proposta di legge in parola, frutto delle modifiche apportate durante l'esame della XIII Commissione (Agricoltura), pone le basi per una disciplina che ammette la vendita sottocosto di prodotti alimentari freschi e deperibili, ma solo nel caso in cui si registri dell'invenduto a rischio deperibilità o nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate in forma scritta. Sarà fatto divieto alla grande distribuzione organizzata di imporre unilateralmente, in modo diretto o indiretto, la perdita o il costo della vendita sottocosto direttamente al fornitore.
Un'altra condizione imprescindibile per una piena ed efficace tutela dell'anello più debole della filiera è rappresentata da un intervento volto alla regolamentazione delle aste online mediante l'introduzione del limite previsto dall'articolo 2. Il divieto delle aste elettroniche al doppio ribasso in riferimento al prezzo di acquisto dei prodotti agricoli ed agroalimentari è un importante strumento di tutela delle imprese agricole dai comportamenti sleali. Valga per tutti la seguente esperienza: durante gli scorsi mesi, nel pieno imperversare della protesta sollevata dai pastori sardi, della quale si è parlato anche in quest'Aula, volta al riconoscimento di un prezzo equo e remunerativo del latte ovino, che, ricordo, è frutto di un lavoro duro nei campi, una nota catena della grande distribuzione mise in atto un'asta al buio e al doppio ribasso, che permise l'acquisto di 10 mila quintali di pecorino sardo al prezzo irrisorio di 5 euro al chilogrammo. Un prezzo inidoneo persino a coprire i costi di produzione, talmente biasimevole che, pochi mesi dopo, la stessa catena decise di ritoccare al rialzo, anche in ragione delle veementi proteste e manifestazioni di sdegno sollevatesi in Sardegna e non solo.
Va dato atto che l'azienda decise di riconoscere un maggiore introito ai pastori, con l'impegno di non incrementare il prezzo di vendita al dettaglio, ma questo elemento non deve distogliere l'attenzione dal problema di fondo, ossia l'assoluta ingiustizia di un sistema che permette e tollera pratiche architettate per forzare al ribasso la contrattazione, scatenando autentiche guerre tra i poveri; i poveri, in questo caso, diventano proprio i fornitori, i produttori, coloro che risultano diventare l'anello debole della filiera agroalimentare. Le aste al doppio ribasso si servono di un meccanismo per cui i fornitori sono costretti a fare una prima offerta di vendita dei propri prodotti su richiesta delle grandi aziende di distribuzione, senza sapere chi e quanti siano i concorrenti. Al termine dell'asta condotta per via telematica si procede ad una seconda battuta, la quale usa come base di partenza non l'offerta qualitativamente migliore, bensì quella di prezzo inferiore. È chiaro quali siano gli effetti distorsivi sui rapporti di filiera provocati da simile pratiche, effetti distorsivi che, con l'approvazione di questa legge, non vedremo più, grazie al divieto previsto nell'articolo 2, il quale prevede importanti sanzioni amministrative per i contravventori, come quella del pagamento di una somma fino a 50 mila euro, da determinare in base al fatturato dell'azienda artefice dell'eventuale violazione e, nei casi più gravi, la sospensione dell'attività di vendita fino a 20 giorni.
In questo modo, vogliamo restituire piena dignità a tutti gli attori della filiera; contrastare e vietare le pratiche scorrette è importante, ma non basta, è necessario altresì diffondere e sostenere le buone pratiche contro lo sfruttamento in agricoltura, riferito tanto alla capacità produttiva del lavoratore, alla natura del rapporto e alla qualità degli ambienti di lavoro, quanto alla capacità produttiva della terra e delle sue risorse.
Per questa ragione, con l'articolo 5 della presente proposta di legge, il Governo è delegato ad adottare un decreto che disciplini le filiere etiche di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti alimentari, definendo adeguati parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, anche con riferimento alla tracciabilità dei prodotti e al benessere degli animali, lungo tutte le fasi della filiera agroalimentare. Inoltre, la delega consentirà al Governo di introdurre sistemi premianti per le imprese che concorrono alla progettazione e alla realizzazione delle filiere etiche. Allo stesso modo, saranno agevolate e premiate le aziende che aderiscono alla rete del lavoro agricolo di qualità, cioè quelle realtà virtuose che si distinguono per il rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Considerato tutto ciò, ribadita la necessità di favorire una migliore redistribuzione del valore all'interno della filiera agroalimentare a vantaggio dei produttori, auspico una rapida approvazione della proposta di legge in questione da parte di questa Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Incerti. Ne ha facoltà.
ANTONELLA INCERTI (PD). Grazie, signora Presidente. Colleghi, signor sottosegretario, la proposta di legge n. 1549 Cenni, che portiamo oggi all'attenzione dell'Aula, su proposta, peraltro, del Partito Democratico, se pure si è avvalsa di un lavoro congiunto, all'interno appunto della Commissione agricoltura, rappresenta un altro, ulteriore passo, dopo altre recenti disposizioni normative - io ne cito solo alcune brevemente, elencandole, parlo del protocollo sottoscritto pochi anni fa dalla Federdistribuzione e dal Ministero dell'Agricoltura, proprio per promuovere pratiche commerciali leali lungo l'intera catena alimentare, così come la recentissima direttiva europea pubblicata, appunto, lo scorso aprile, contro le pratiche commerciali sleali e, ancora, aggiungo, la legge n. 199 del 2016 sul caporalato -, per garantire alla filiera agricola e agroalimentare maggiore trasparenza, certezza nella definizione dei prezzi, riduzione delle disuguaglianze che si verificano all'interno della filiera stessa. Una legge dall'articolato snello, ma chiaro, efficace negli obiettivi, che mette al centro la questione di un'equa remunerazione del prodotto agricolo, una qualità del prodotto offerto al consumatore e, da ultimo, ma non certo per importanza, il benessere dei lavoratori, più in generale di chi opera nell'intero settore.
Il fenomeno delle pratiche sleali commerciali nelle filiere in oggetto è stato più volte portato all'attenzione, lo ricordava poc'anzi anche il collega Manca, da casi negativi e clamorosi, perché meccanismi sempre più aggressivi di marketing, di offerte sensazionali che invadono l'attenzione dei consumatori, hanno finito, in più occasioni, per pressare la filiera alimentare, gravando su dinamiche di produzione con effetti diretti sugli anelli più deboli della catena produttiva che, spesso, come dicevo prima, sono poi i lavoratori agricoli, i braccianti, prima di tutto. Due esempi di queste pratiche che venivano ricordate sono le vendite sottocosto e le aste elettroniche a doppio ribasso. Il tema del sottocosto, che il dispositivo di legge affronta nell'articolo 1, non vietando, ma piuttosto regolamentando in particolare i prodotti alimentari freschi e deperibili, questo anche a seguito delle numerose audizioni che abbiamo avuto e dal confronto con più categorie e più attori della filiera, non è solo un problema di mercato che può indurre a concorrenza sleale, è, nel suo complesso, un elemento che favorisce una illegalità diffusa; è il settore, come dicevo prima, dove finiscono per soccombere sempre i più deboli e questo vale a maggior ragione per le vendite all'asta con doppio ribasso, affrontato, poi nell'articolo 2, di cui si chiede espressamente il divieto.
Abbiamo, dicevo prima, esempi emblematici; ne cito uno, il caso di un prodotto di largo consumo, come il pomodoro, che, di fatto, è diventato solo un prodotto merce, e di una catena che non molto tempo fa ha acquistato a 31,5 centesimi l'una venti milioni di bottiglie di passata di pomodoro con un'asta online a doppio ribasso; quindi, con un sistema di contrattazione non trasparente che penalizza la filiera produttiva. Le aste a doppio ribasso, lo ricordiamo, si affidano infatti a due gare e la base d'asta della seconda è il prezzo minore raggiunto durante la prima. Così, è tutta la filiera che si impoverisce e così si finirà per favorire un fenomeno che invece abbiamo cercato, anche a livello legislativo, di fermare, come il caporalato, costringendo i produttori a tenere il più basso possibile, soprattutto, il costo del lavoro. Sono gli stessi produttori che lo dicono, che commentarono immediatamente dopo quest'asta: se teniamo conto della materia prima, del confezionamento, si arriva a 32 centesimi, se aggiungiamo il costo dell'energia e il costo del lavoro, allora, ci si perde e anche di tanto. Eppure, molti sono disposti a lavorare in perdita, risparmiando sul costo della materia prima, quindi, diminuendo fortemente la qualità di prodotti, i nostri, che sono la nostra specificità in termini di qualità, e a cascata così via, ogni attore si rivale sull'anello più debole, le aziende sono strozzate dalle aste e cercano quindi di ottenere il prodotto agricolo a prezzi più bassi e così i produttori risparmiano sul costo del lavoro. Ho citato il pomodoro, ma è stato citato poc'anzi il tema del pecorino sardo, dove occorre ricordare che si è dovuta ritirare un'asta anche a seguito delle proteste che immediatamente si verificarono.
È pur vero che abbiamo disposizioni normative che, in qualche modo, salvaguardano il produttore nella definizione dei prezzi, così come ci sono, è vero, altri meccanismi di regolazione, ad esempio, ISMEA fornisce una tabella destinata agli addetti ai lavori, dove è possibile trovare prezzi di produzione, mese per mese, di prodotti destinati alla nostra tavola, ma, in realtà, questi meccanismi sono, troppe volte, solo teorici, perché nella realtà sono vari e più disparati gli elementi che concorrono alla definizione del prezzo, quindi, non solo il rapporto quantità offerta e domanda, ma, nel cammino dal produttore al trasformatore e, infine, al distributore, intervengono tanti altri elementi, non da ultimo, appunto, questi meccanismi non equi.
Tuttavia, pratiche come le aste elettroniche a doppio ribasso finiscono per aggirare tutti questi meccanismi, penso anche agli accordi quadro, di controllo e di formazione del prezzo. L'intento è, quindi, di inserire le aste tra le pratiche sleali e vietarle, per quei meccanismi che, quindi, tendono a far crollare in modo surrettizio il prezzo di acquisto dei prodotti agricoli. In questa direzione, quindi, di garantire una qualità del prodotto, vi è anche la proposta di modifica al codice dei contratti pubblici proposta nell'articolo 3, che vieta queste aste elettroniche anche negli appalti diretti all'acquisto di prodotti nei settori della ristorazione collettiva.
Ma, oltre a questi obiettivi, c'è un punto, a mio avviso, che diventa centrale, molto più ampio e che sottende proprio più complessivamente il senso di questa proposta di legge, cioè il sostegno alle filiere etiche. L'articolo 5, infatti, mette in campo un sistema di agevolazioni fiscali e di accesso ai fondi per quelle imprese che concorrono a realizzare quei progetti che creano filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari, in primis, vorrei ricordarlo, quelli che sono in grado di certificare l'applicazione dei contratti nazionali collettivi, creando così, oltre a buoni prodotti, buona occupazione.
Vanno, quindi, sostenuti i contratti di filiera, incoraggiando in modo particolare l'integrazione verticale, perché fa crescere e fa specializzare i settori, con riflessi positivi anche per il contrasto al caporalato, perché richiede personale più qualificato e specializzato.
A questo proposito, questa legge può, quindi, dare un decisivo impulso alla rete del lavoro agricolo di qualità, la cui cabina di regia, istituita presso l'INPS nazionale e fortemente potenziata dalla legge n. 199 del 2016, che però stenta a funzionare e, invece, potrebbe essere lo strumento che racchiude le imprese regolari e a cui riconoscere questi bonus fiscali, e ciò aumenterebbe l'iscrizione di queste aziende appunto nella stessa rete.
Quindi, nel complesso una legge che va a incontrare oltremodo una sensibilità sempre più diffusa e attenta dello stesso consumatore verso l'acquisto di prodotti etici che siano rispettosi dell'ambiente, della legalità e dei diritti dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Golinelli. Ne ha facoltà.
GUGLIELMO GOLINELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sottosegretario, noi ci troviamo ad affrontare questa proposta di legge in quanto sono emersi dei problemi pesanti, negli ultimi anni, per il comparto agricolo e per la redditività degli agricoltori, che deve essere il faro della nostra azione politica. Quando parliamo di mercato agricolo parliamo di un mercato imperfetto, partendo sicuramente dal presupposto che sono differenti i mezzi di produzione e i costi di questi - basti pensare a chi produce in montagna rispetto a chi produce in pianura - così come è presente un forte rischio biologico. Abbiamo assistito in questi giorni nella mia terra, in provincia di Modena e in provincia di Bologna, a forti grandinate, che hanno raso al suolo la produzione di un intero anno agricolo. E a monte assistiamo a un oligopolio nella sostanza, cioè tanti produttori, gli agricoltori, che conferiscono a pochissimi venditori che in quest'ultimi decenni, in cui si parla di distribuzione moderna, sono rappresentati dalla distribuzione organizzata. Questo oligopolio trova anche poco profittevole la vendita di prodotti agroalimentari. Il business della grande distribuzione è dato da un consumismo spinto, ma non sicuramente dalla vendita di carne, di verdura o di frutta che vede spesso questo sistema in perdita. Queste perdite sono state spesso scaricate su chi c'è a monte, cioè sui nostri produttori, e questo è dimostrato dalla bassissima redditività che ha il settore agricolo. Questo si vede nella scarsità di ricambio generazionale che hanno le nostre aziende agricole o nella perdita di superficie agricola utilizzata che c'è stata negli ultimi trent'anni (si parla di un 20 per cento di superficie persa).
Ecco, questa proposta di legge si inserisce in questo quadro e cerca di limitare dei comportamenti protratti dalla grande distribuzione e dai soggetti più forti nei confronti dei soggetti più deboli, appunto andando a limitare azioni date da posizioni dominanti.
Per entrare nel merito del progetto di legge, che ha visto la Lega appoggiare i principi e gli intenti di questa proposta, ricordo che l'iter del testo è iniziato il 13 marzo 2019 e si è concluso il 19 giugno 2019. È stato condiviso dalla Lega ed è stato approvato a larghissima maggioranza in Commissione agricoltura alla Camera. La proposta di legge in particolare mira a introdurre nell'ordinamento norme per limitare il fenomeno della vendita sottocosto dei prodotti agricoli e agroalimentari e a promuovere un'agricoltura di qualità attenta alla salute dei consumatori, all'ambiente e ai diritti dei lavoratori impiegati. La vendita sottocosto a oggi, pur non interessando direttamente l'acquisto del prodotto agricolo a un prezzo inferiore al costo di produzione, facilità accordi commerciali tra i produttori e i venditori che includono clausole per le vendite promozionali, spesso a svantaggio di un'equa remunerazione del costo di produzione. Vi è la disciplina della vendita sottocosto dei prodotti agricoli ed agroalimentari deperibili ovvero di ammettere la vendita sottocosto solo nel caso in cui si registri un invenduto a rischio di deperibilità o nel caso di operazioni commerciali programmate e concordate in forma scritta con il fornitore, fermo restando il divieto di imporre unilateralmente, in modo diretto o indiretto, la perdita o il costo della vendita sottocosto al fornitore.
Con l'introduzione del divieto di asta a doppio ribasso relativamente al prezzo di acquisto per i prodotti agricoli e alimentari, si prevede che chiunque contravvenga al divieto, salvo che il fatto costituisca reato, è punito con una sanzione amministrativa, dai 2 mila ai 50 mila euro, calcolata in relazione all'entità del fatturato. Si dispone poi, in caso di violazione di particolare gravità o di reiterazione, che è disposta la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. Poi, vi è il divieto di aste elettroniche per gli appalti diretti all'acquisto di beni e servizi nella ristorazione collettiva e della fornitura di derrate alimentari, introducendo un comma aggiuntivo all'articolo 56 del codice dei contratti pubblici.
Vengono sancite disposizioni in materia di pubblicazione dei nominativi dei soci affiliati all'elenco nazionale dell'organizzazione dei produttori e si dà delega al Governo per la disciplina di filiera di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti alimentari e agroalimentari che osservino parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, denominata “filiera etica di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti alimentari e agroalimentari”. Anche su questo problema noi assistiamo a un mercato al ribasso per quanto riguarda le nostre produzioni, perché spesso le importazioni provengono da Paesi che non hanno i nostri stessi parametri produttivi e non hanno i nostri stessi standard qualitativi, però il prodotto sul mercato viene venduto indistintamente rispetto al nostro, magari indicando anche in maniera poco visibile la provenienza reale di questo prodotto. Ecco, andare a porre degli standard, cercare anche di alzare la qualità, di parametrarla alla nostra e indicare al consumatore quali sono questi parametri e quali sono i prodotti che non li rispettano sicuramente può fornire un aiuto per quanto riguarda i prezzi.
Poi, si dà delega al Governo ad adottare un decreto legislativo sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: definizione dei parametri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica di tale filiera, anche con riferimento alla tracciabilità dei prodotti e al benessere animale nell'ambito dei processi produttivi di lavorazione, di trasformazione, di confezionamento e di fornitura dei prodotti alimentari e agroalimentari; introduzione di agevolazioni fiscali e di sistemi premianti per le imprese dei settori agricolo e agroalimentare che concorrono alla realizzazione di progetti per la creazione di filiere etiche di produzione, distribuzione e commercializzazione di prodotti alimentari e agroalimentari; definizione e sviluppo di sinergie tra i sistemi di classificazione e tracciabilità delle produzioni, compresa la pubblicazione dell'elenco dei fornitori da parte delle imprese della grande distribuzione organizzata e dell'industria di trasformazione alimentare; introduzione di agevolazioni e di sistemi premianti per le imprese agricole che aderiscono alla Rete del lavoro agricolo di qualità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.
AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Pare che negli ultimi anni della sua vita Elsa Morante si dilettasse nell'andare in giro tra i suoi amici a chiedere quale fosse, secondo loro, la più bella frase d'amore e tutti le rispondevano grandi cose. Poi lei si soffermava, li contraddiceva e replicava: “No, la frase che maggiormente esprime un affetto è: hai mangiato?”. Ecco, quella frase, quell'espressione, quel ragionamento correva alla fine degli anni Settanta e agli inizi degli anni Ottanta. Oggi siamo nel 2019 e se quella stessa frase la ripetessimo senza porci il problema se il nostro interlocutore abbia mangiato qualcosa preso da uno scaffale, magari pagato sottocosto, magari scaduto, allora non sarebbe una grande frase d'amore ma sarebbe la più grande manifestazione d'odio che potremmo esprimere nei confronti di un nostro amico, di un nostro parente o di un nostro conoscente.
Ecco perché il legislatore si è impegnato, negli ultimi anni, a intervenire nella materia e sono circa dieci anni, in realtà, che la politica italiana dibatte sul tema dei prodotti agroalimentari e sulla loro collocazione nel mercato.
Allocazione che trova purtroppo molto spesso delle pratiche sleali e, infatti, per ben due volte il Parlamento è stato sollecitato - questo Parlamento in questa legislatura - in materia, dapprima quando si doveva dare un parere rispetto alla direttiva europea che è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 aprile e, successivamente, in data odierna con questo provvedimento. Un provvedimento che in realtà la direttiva europea recepisce, seppur si inneschi in uno spazio temporale molto breve, perché la direttiva individua ben sedici pratiche sleali. Tra queste sedici pratiche sleali ci sono sicuramente le aste a doppio ribasso e la vendita sottocosto così come formulata nella sua definizione dal provvedimento di legge che oggi abbiamo in esame. Di questa vendita sottocosto pare che l'Italia sia ai record: se le pratiche sleali nel proprio complesso cubano circa 10 miliardi di euro di perdite tra tutti i Paesi membri dell'Unione europea e 4,4 miliardi sugli operatori del settore, si individua l'Italia come la maglia nera nella collocazione dei prodotti agroalimentari nei supermercati in relazione alla pratica sleale - lo possiamo dire oggi che c'è la direttiva - della vendita sottocosto. E perché è così importante oggi intervenire in questa materia?
Perché ne va della certezza, della certezza giuridica ad agricoltori, a produttori, a cooperative, che potranno finalmente, con un divieto generale, ma con delle eccezioni, operare su un piano di equità, ma anche di trasparenza, e nelle loro relazioni commerciali tra di loro, e, soprattutto, con un occhio di riguardo a quel consumatore, a quel destinatario finale, a questo nostro innamorato a cui chiediamo “hai mangiato?”, che ci premuriamo che nel piatto non abbia un prodotto scaduto, un prodotto che venga da una filiera non etica. Aste, quindi, a basso ribasso che impongono un ribasso a loro volta a tutto il mercato, e, dall'altra parte, prezzi stracciati, che nascondono spesso illegalità, abusi, sfruttamenti del lavoro, ambiente e pratiche non etiche. E allora, se vogliamo ridare un giusto valore a ogni parte della filiera, da chi produce a chi consuma, evidentemente era necessario intervenire sia con la direttiva europea, che peraltro ha visto degli italiani in Parlamento europeo farsi capofila, e ve ne rendo merito, colleghi dell'altra opposizione, e attraverso questo provvedimento.
Provvedimento che, devo dire, ha avuto quella che in gergo viene chiamata una flessibilità intelligente, che si applica per una volta anche ai nostri membri di Commissione, perché il provvedimento nasceva in un determinato modo, ma successivamente, attraverso gli emendamenti, attraverso le modifiche che si sono fatte in Commissione, ha raggiunto un equilibrio, perché al divieto assoluto di vendita sottocosto inizialmente previsto e proposto si sono introdotte delle eccezioni, che anche queste posso definire rientrino nell'etica del rapporto tra noi e il cibo, tra noi e la produzione di cibo e tra noi e la collocazione del cibo, perché esiste senza dubbio anche un tema che è quello della ricerca del cibo da parte delle fasce più deboli, da parte delle fasce più sensibili ai prezzi stracciati, come li abbiamo chiamati prima, che non è che cercano il prezzo stracciato per un diletto personale, ma perché, molto probabilmente, alla fine della giornata devono mettere insieme il piatto, il cibo, l'amore, la propria famiglia. E quindi anche a loro si doveva evidentemente pensare. Quindi, Fratelli d'Italia ha accolto con propositività, ma, allo stesso tempo, con favore, le eccezioni che sono state poste al divieto assoluto inizialmente pensato dai proponenti; divieto assoluto che con quelle eccezioni va incontro, attraverso quella flessibilità intelligente che ho detto prima, alle reali esigenze dei nostri consumatori, che poi alla fine sono le nostre famiglie, a cui molto spesso interessa poco della filiera, ma che non per questo non dobbiamo attenzionare su temi così delicati. E se, quindi, la vendita sottocosto è un abuso, una dipendenza economica, un danno per le imprese fornitrici, che sono costrette, quindi, a consegnare a prezzo più basso di quello di produzione, dall'altra parte è un torto nei confronti delle famiglie italiane. E, quindi, venire incontro alle loro esigenze, coniugando un divieto con quelle eccezioni, certamente rende questo provvedimento più intelligente di come era stato inizialmente concepito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.
FEDERICO FORNARO (LEU). Signora Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, come è stato ampiamente descritto da chi mi ha preceduto, l'obiettivo di questa meritevole proposta di legge a prima firma della collega Cenni non intende vietare le vendite sottocosto, ma regolamentarle, questo è un primo punto che credo vada sottolineato; e, in particolare, ovviamente, la vendita sottocosto dei prodotti agricoli e della filiera agroalimentare. Qual è il rischio, e credo che sia questo quello che è emerso in questi anni di vendite sottocosto molto spinte, diventate uno strumento di marketing molto usato dalla grande distribuzione? È che alla fine nella filiera finisca per pagare inevitabilmente il prezzo più alto l'anello più debole, e quindi gli agricoltori e, scendendo giù ancora nella filiera, ovviamente i lavoratori, la sicurezza sul lavoro. Quando si scende troppo, evidentemente, si mette a rischio l'intero sistema, e le vicende legate anche a episodi drammatici, legati alle vicende del caporalato, evidentemente, risalendo in questo caso la filiera, possono tranquillamente trovare una risposta. L'obiettivo, quindi, quale dovrebbe essere? A nostro giudizio - in questo, devo dire, anche grazie al lavoro in Commissione, mi sembra un obiettivo che si sia raggiunto - è quello dell'equilibrio. Qui non si tratta di demonizzare nessuno, lo dico chiaramente, tanto meno la grande distribuzione, che appartiene alla nostra vita ormai, alla vita di ognuno di noi, ma è quello di trovare un equilibrio tra i tre soggetti fondamentali della filiera, in questo caso il produttore, la grande distribuzione e il consumatore. Credo che questo testo di legge vada in questa direzione, vada nella direzione giusta, cioè di ricercare questo equilibrio attraverso un'equa remunerazione, che è anche garanzia per il consumatore. Qua ci sarebbe un tema molto più ampio, su cui credo ci sia la possibilità di riflettere poi in seguito, che è il tema, ovviamente, dell'educazione alimentare, del pagare il giusto, sostanzialmente; e anche - credo che questa proposta di legge centri anche questo obiettivo - rilanciare un tema di dimensione etica dell'economia. Quindi, no allo sfruttamento, no allo stress portato alle estreme conseguenze, che porta ad alterare quell'equilibrio che ricordavo prima. Noi siamo convintamente contrari, lo avevamo fatto anche presentando interrogazioni, al sistema delle aste elettroniche a doppio ribasso. Prendiamo atto che il sistema della grande distribuzione, con poche, in questo caso non lodevoli, eccezioni, ha aderito sostanzialmente ad un accordo con il Ministero, impegnandosi a non usare questo strumento, che, però, è ancora presente. E, quindi, credo che sia giusto ribadire con forza di legge la contrarietà a questo strumento, che pone soltanto il prezzo come unica discriminante, in buona sostanza, e in un continuo succedersi, in questo caso doppio, di ricerca del prezzo più basso.
Così come credo che sia giusto sottolineare positivamente che nel provvedimento oggi all'esame c'è il divieto delle aste elettroniche per gli appalti nella ristorazione collettiva e per la fornitura delle derrate alimentari, e questo è un altro tema. Noi abbiamo non soltanto un tema di stress sui costi a danno della qualità e dell'eticità delle forniture nella grande distribuzione, ma ce l'abbiamo nella ristorazione collettiva, che vuol dire in molti casi quello che mangiano tutte le mattine milioni di studenti e di scolari delle nostre scuole. Credo che, da questo punto di vista, porre anche qui un alt molto chiaro a che sia di nuovo soltanto il prezzo e solo il prezzo l'unica discriminante sia un passaggio importante anche, se mi consentite, di tipo culturale, perché significa avere un approccio differente, come è stato ricordato anche da chi mi ha preceduto, al tema del mangiare sostanzialmente; siamo quello che mangiamo, come si suol dire.
In ultimo - e credo che sia giusto sottolinearlo - non ci può essere soltanto una parte sul lato repressivo, perché ci sono, giustamente, norme anche di carattere penale per chi non rispetterà i divieti contenuti in questo provvedimento, ma ci deve essere anche la parte di valorizzazione, quindi il sostegno - e mi rivolgo ovviamente qui al rappresentante del Governo, perché questa è una partita importante - alle filiere etiche di produzione, che vanno aiutate, sostenute, e la Rete del lavoro agricolo di qualità, già prevista dalla normativa, che può essere una strada che divide, quindi aiuta gli agricoltori che rispettano le leggi, che rispettano la sicurezza, che rispettano i lavoratori, che quindi, alla fine, vanno aiutati, sostenuti e inseriti in modo tale da garantire, anche qui, un equilibrio che non vada poi a penalizzare il consumatore, che deve pagare un equo prezzo per quello che acquista.
Quindi, noi convintamente sosterremo questo provvedimento, ringraziando ancora la collega Cenni per averlo presentato e ringraziando davvero anche i colleghi della Commissione per il buon lavoro, e ovviamente la relatrice. Mi sembra che, alla fine, il risultato finale sia un risultato di equilibrio, che vada nella direzione giusta (Applausi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1549-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Gagnarli, che non intende farlo. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.
Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14 con l'esame della questione pregiudiziale riferita al decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 14,05.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Dieni, Gallinella, Gallo, Vito e Zennaro sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centoundici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 14,25.
La seduta, sospesa alle 14,06, è ripresa alle 14,30.
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica (A.C. 1913) (Esame e votazione di una questione pregiudiziale).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Bazoli ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A) presentata al disegno di legge n. 1913: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 1913)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame della questione pregiudiziale presentata.
Il deputato Ceccanti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Bazoli ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.
STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Il punto chiave, o meglio i due punti chiave, di questa pregiudiziale sono relativi a cose che ci sono e non ci dovrebbero essere e a cose che non ci sono e ci dovrebbero essere. La prima cosa che c'è e non ci dovrebbe essere per tanti motivi è l'argomento che potremmo chiamare dei “terroristi masochisti”: ci sarebbero, secondo questo testo, dei terroristi masochisti che, nonostante siano organizzati in grandi reti internazionali, non prendono aerei ma, a loro rischio e pericolo, vanno sui barconi. Una figura molto originale, di cui fino a questo momento non si rintraccia prova alcuna. Chiederemo magari al Governo, in Commissione, un'analisi dell'impatto della regolamentazione con nomi, cognomi, fatti da cui si possa sostenere questa tesi, segnalo però alcuni corollari di questa tesi che, se fosse vera, sarebbero un po' inquietanti. Se è vero che dei terroristi arrivano tramite i barconi, quando noi abbiamo chiesto alla Conferenza episcopale italiana o alle Chiese evangeliche di accogliere le persone arrivate, gli stavamo dirottando dei terroristi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Quando noi chiediamo all'Olanda o alla Germania di accogliere quelli che sbarcano, gli stiamo mandando terroristi? Quando noi chiediamo di rivedere il Trattato di Dublino per fare un asilo europeo vuol dire che noi vogliamo socializzare i terroristi? Immaginiamo con quale soddisfazione gli altri Paesi accettino modifiche del diritto di Dublino o accettino le prossime proposte di rimpatrio. Ma ci rendiamo conto di quello che stiamo sostenendo? E tutto per avere un escamotage per giustificare di passare le competenze a Toninelli e a Salvini, quindi evochiamo i terroristi sui barconi solo a questo fine, provocando però evidentemente degli effetti di delegittimazione fortissima nell'azione del nostro Governo. L'altro aspetto che c'è - e non ci dovrebbe essere - è il modo piuttosto curioso in cui si sostiene l'urgenza. Ora, nei decreti, le condizioni di necessità e urgenza devono essere entrambe presenti, non una sola delle due, e l'urgenza è caratterizzata dalla indifferibilità della decisione. Ma dov'è l'urgenza e l'indifferibilità della decisione quando si dice testualmente - pagina 2 -: “L'intervento normativo si rende necessario, indifferibile e urgente in considerazione dell'evidenza che gli scenari geopolitici internazionali possono rischiare” – possono rischiare – “di riaccendere l'ipotesi di nuove ondate migratorie”? “Possono rischiare” non è urgente, non è indifferibile, è un'eventualità; non c'è un'urgenza generica di provvedere che giustifichi un decreto.
Ma poi, andando al punto chiave del merito, evidentemente qualcuno vi ha fatto notare che l'idea di respingimenti di navi è comunque soggetta agli obblighi internazionali, perché l'articolo 117, comma 1, della Costituzione ci dice che la legislazione interna è soggetta a questi vincoli internazionali. Ora, però qui non c'è quello che ci dovrebbe essere: la formula generica dell'articolo 117 è trasposta nell'articolo 1, ma nella parte motivazionale, che si estende per pagine e pagine e parla dell'universo mondo, manca il principio chiave, manca l'esplicitazione del principio chiave, che è il principio di non-refoulement, articolo 33 della Convenzione di Ginevra. Non ci possono essere respingimenti collettivi verso situazioni non sicure perché questo nega in radice il diritto internazionale umanitario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è il punto. Allora, quando voi, nell'articolo 1, proponete questi respingimenti delle navi, volete violare o no il non-refoulement? Tra tutte le parole che avete usato e le argomentazioni questo non lo dite perché vi riservate di violarlo, ma violandolo voi ci proponete un testo incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Vinci. Ne ha facoltà. Con l'occasione chiedo ai colleghi deputati di non interloquire con il Governo. Se poteste prendere cortesemente posizione, oppure accomodarvi altrove, fareste sicuramente una cortesia a tutti coloro i quali devono prendere parte a questo dibattito. Prego, deputato Gianluca Vinci.
GIANLUCA VINCI (LEGA). Grazie, Presidente, grazie onorevoli colleghi. Io, devo dire la verità, su un decreto come il decreto “sicurezza-bis” mi sarei aspettato qualcosa di diverso. Quando sono andato a leggermi le questioni pregiudiziali su un decreto come questo, che va in qualche modo a toccare la vita di tutti i cittadini, perché si parla di sicurezza, c'era veramente e concretamente il rischio che ci fosse un pericolo anche dal punto di vista della tutela degli interessi dei cittadini, anche a livello costituzionale.
Cosa ci siamo trovati in questa questione pregiudiziale? Ci siamo trovati un'unica questione, il problema dell'urgenza, e non sto neanche ad esaminare come i Governi passati abbiano risolto il problema dell'urgenza nei decreti-legge.
Vogliamo entrare nello specifico? Entrando nello specifico, si legge che il decreto fa riferimento al rischio che si possano riaccendere ipotesi di nuove ondate migratorie in considerazione degli scenari geopolitici internazionali. Beh, penso che sia sotto gli occhi di tutti che questa è una situazione che ad oggi c'è, è presente, è presente in Libia come in altri scenari e non si capisce per quale motivo il Partito Democratico, che ogni tanto sventola la paura di scenari geopolitici internazionali, in questo caso invece dica che tutto va bene, che non c'è una situazione di emergenza. Quando non è interesse di una parte politica sollevare l'urgenza, viene sollevato il fatto che tutto va bene, ma così non è: il pericolo sicurezza, il pericolo terrorismo è un pericolo concreto. A me l'ilarità dell'onorevole Ceccanti lascia allibito, perché parlare di terrorismo in modo così superficiale, come se in passato non ci fosse mai stato nessun terrorista, è assurdo. È chiaro che, a proposito di barconi, quando c'eravate voi, ne sbarcavano 180 mila all'anno e allora verificare se alla Caritas arrivava un terrorista o due su 180 mila persone era un problema; la stragrande maggioranza non lo era, ma il pericolo terrorismo c'è, è un pericolo attuale - non si può dire il contrario - e questo decreto serve a limitare questo problema.
Guardo alla vostra pregiudiziale - perché è su questo che si sta discutendo-: sono quattro pagine, la questione pregiudiziale si ferma ai primi due capoversi, dopodiché diventa un lungo intervento di tipo politico, che va ad analizzare tutti i successi nel campo dell'immigrazione, sostenuti dal PD in questi anni, quindi il blocco dell'immigrazione fatto dal PD: chiaramente tutti sanno bene che così non è stato.
Allora, visto che siete stati così bravi, voglio ricordare solo un episodio, che va a toccare proprio questo punto: il 7 agosto 2017 c'è stato un Consiglio dei ministri del Governo passato dove un vostro Ministro si è dimenticato di andare, ha ritardato, perché, trovandosi nella veste di Ministro dell'Interno, aveva un problema evidente di tipo governativo-politico con un altro Ministro, il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, che non gli consentiva di bloccare i porti; cioè, un Ministro delle Infrastrutture che, invece di controllare le infrastrutture, si interessava delle politiche di sicurezza del nostro Stato.
Questa normativa va a sanare quello che era un problema che anche voi avevate in qualche modo dovuto affrontare, ma non eravate stati in grado. Noi siamo in grado di affrontarlo, la pregiudiziale è del tutto infondata; non è neanche insuperabile, è un problema che non esiste e il voto sarà sicuramente contrario. Questa pregiudiziale è totalmente strumentale e politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente. Appurato tristemente, con le parole dell'onorevole Vinci, che in un'Aula parlamentare è ormai diventato inutile far notare che un decreto-legge non ha connotati e criteri di necessità e urgenza, perché il collega Vinci ci dice: beh, è sotto gli occhi di tutti, e questo è l'argomento che testimonia l'urgenza di questo provvedimento, passiamo a vedere, invece, quali sono i profili di costituzionalità che ci portano a votare favorevolmente su questa pregiudiziale. Ce ne sono molti, toccano i criteri di ragionevolezza e di uguaglianza di questo decreto, ne prendo uno solo, a mio avviso molto grave: con questo provvedimento si dà al Ministro dell'Interno la possibilità di vietare l'ingresso nelle acque territoriali italiane ad imbarcazioni nel caso in cui si sia di fronte alla violazione di legge, in particolare alla violazione del testo sull'immigrazione, e di fronte al reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Ora, a me risulta che l'accertamento dei reati lo debbano fare le procure e la magistratura. Nei fatti - ecco il corto circuito principale che c'è con questo decreto - si aggira l'operato e l'azione della magistratura, sottoponendo a sanzione amministrativa quello che ancora non è verificato, ma soprattutto, quello che noi sappiamo nella totalità dei casi, di fronte all'azione di molte delle organizzazioni che fanno salvataggio in mare, si è di fronte a uno stato di necessità, non c'è una sentenza di condanna rispetto a queste azioni, c'è stata sempre assoluzione o c'è stata sempre archiviazione. Quindi, nei fatti, è solamente una crociata che questo Governo prosegue, sanzionando per via amministrativa quello che non è possibile sanzionare per via penale e travolgendo la separazione dei poteri e degli ordini costituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mirella Cristina. Ne ha facoltà.
MIRELLA CRISTINA (FI). Grazie. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, prima di entrare nel merito della questione pregiudiziale, è necessaria una breve e fondamentale premessa. Il decreto che stiamo esaminando a seguito dell'approvazione del primo decreto sicurezza assume un particolare significato, poiché dal 2013 fino ad oggi è mancata una coerente e organica gestione dei flussi migratori, con grave peggioramento della situazione.
Questo provvedimento rappresenta un'altra occasione importante, oltre a quella del primo decreto sicurezza, per cercare di riannodare un'efficace azione di contrasto all'immigrazione clandestina, iniziata nel susseguirsi dei Governi Berlusconi; una buona politica che fu interrotta traumaticamente e che adesso dovrà avere un nuovo e ulteriore sviluppo, riprendendo anche in questa occasione, in materia di sicurezza e immigrazione, le linee essenziali del programma presentato dal centrodestra agli elettori per il voto del 4 marzo scorso.
In generale, noi di Forza Italia non possiamo che prendere volentieri atto dell'approccio del Governo su questo provvedimento, anche per l'urgenza che continua a muovere il Ministro dell'Interno nel tentativo di coniugare immigrazione e pubblica sicurezza.
Proprio sul tema dell'immigrazione colgo l'occasione per ricordare agli esponenti del Governo e in particolar modo ai colleghi del gruppo del Partito Democratico, proponenti della questione pregiudiziale, che i veri risultati in politica estera sono stati raggiunti durante i Governi Berlusconi. Infatti, contrariamente a quanto riportato nella pregiudiziale, in cui viene lodata l'attività sul fronte dell'immigrazione del Governo Gentiloni, è fondamentale puntualizzare che, soltanto grazie alla politica del Governo di centrodestra, fatta di accordi con i Paesi amici della sponda Sud e nel contempo di massima severità nei confronti dell'immigrazione clandestina, nel 2009 gli sbarchi furono 9.573 e nel 2010 4.406. Successivamente, invece, si è messo in moto un processo inverso, in continuo crescendo, giunto nel 2017, sotto il Governo Gentiloni, alla punta massima di 180 mila migranti in un anno. L'Italia ha pagato pesantemente la cattiva gestione dei flussi migratori fatta in quegli anni, dove, alle navi delle ONG, veniva permesso di essere usate come taxi.
Come vedete, a parlare sono i numeri, prova del fatto che noi di Forza Italia abbiamo dimostrato nel tempo di avere idee chiare e abbiamo dato prova di saper ben gestire il fenomeno sotto tutti i propri aspetti. Il fenomeno migratorio in questi anni è di portata eccezionale, dovuto alla combinazione di più fattori demografici, economici, climatici, di conflitti etnici e religiosi. È un'ondata che deve essere costantemente ben controllata per evitare che possa abbattersi ulteriormente sull'Italia e sull'Unione Europea, sia dal sud che dal Mediterraneo, sia ad est, via terra, attraverso la rotta balcanica. È un'emergenza che deve essere affrontata con fermezza, altrimenti il rischio sarà quello di essere travolti, rendendo l'Italia e l'Europa anche più facilmente penetrabili da elementi appartenenti al terrorismo jihadista ed esposta all'infiltrazione della criminalità organizzata.
La verità è che il peso specifico dell'Esecutivo è pari a zero. Siamo isolati e continuiamo a subire gli effetti negativi di trattati pesanti e varati in tempi dove i fenomeni migratori non erano ancora ben compresi e, pertanto, non adeguatamente governati. Il caso dei migranti sedati e rispediti dalla Germania in Italia è emblematico di cosa siano diventate certe regole, ormai non più praticabili. A ciò si aggiunga che il nostro Governo, se fosse stato autorevole e rispettato, avrebbe imposto di cambiare determinate regole, quando invece si limita solo a chiudere i porti. Serve cambiare le regole europee: sul tema dell'accoglienza, per noi di Forza Italia rappresenta da sempre un principio fondamentale della nostra azione politica. Dovremmo saper cogliere nel profondo quanto sostenuto dal Presidente Mattarella durante la Giornata del rifugiato. Egli stesso ha tenuto a puntualizzare che il superamento della logica emergenziale e la definizione delle risposte lungimiranti, fondate sui principi di responsabilità e solidarietà, vanno concertati e condivisi dalla comunità internazionale e anzitutto a livello europeo, come sancito dai trattati.
Pertanto, attraverso gli oligarchi della maggioranza pentastellata, continuano a denunciare riforme del diritto penale processuale, penale e civile, prospettando soluzioni di vaghezza che si accompagnano alla volontà di restringere garanzie e diritti della difesa, e noi di Forza Italia questo non lo accetteremo mai perché siamo convinti difensori dei diritti costituzionalmente garantiti.
Alla luce delle evidenti perplessità che riscontriamo nella questione pregiudiziale ed in particolar modo sui principi richiamati dalla stessa in materia di immigrazione e al contempo sugli strumenti di natura prettamente penali previsti nel testo del decreto-legge, annuncio il voto di astensione del gruppo di Forza Italia sulla questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Federico Conte. Ne ha facoltà.
FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. La questione pregiudiziale è fondata, le norme del decreto sicurezza bis violano pacificamente i trattati internazionali e la nostra Costituzione. Esse sono delle norme ad personam - questo mi pare il modo di definirle più adeguatamente - perché tentano di legittimare ex post le scelte e le azioni poste in essere dal Governo e segnatamente dal Ministro dell'Interno nei mesi scorsi, nella passata stagione, condotte delle quali la magistratura non si è potuta occupare, ed evidentemente mirano a precostituire una nuova stagione di propaganda politica.
Sono in definitiva delle norme che piegano il diritto al potere, che viene accentrato tutto nelle mani del Ministro dell'interno, a discapito degli altri suoi colleghi, degli altri Ministri, che per legge esercitavano funzioni e competenze sul traffico marittimo.
Questa forzatura dovrebbe essere giustificata da una formula generica quanto suggestiva: invocare ragioni di ordine e sicurezza pubblica; in base a queste ragioni noi dovremmo derogare la regola consacrata nelle Convenzioni SOLAS e SAR, secondo le quali lo Stato che coordina le azioni di salvataggio, se non riesce a garantire un porto sicuro più vicino ai migranti che sono in mare, deve garantirlo sul proprio territorio nazionale. La prima regola è il porto più sicuro (missione Themis), la regola generale è che comunque va garantito un approdo sul proprio territorio nazionale. Perché dovremmo disattendere questa regola internazionale? Per ragioni di sicurezza ed ordine. Quali sono? Chi le stabilisce? Come sono codificate? La risposta a queste domande non può essere certo “Salvini, il Ministro dell'interno”; a meno che (e questo il Parlamento lo sappia) non si voglia concedere ad un uomo solo un potere indiscriminato, incontrollato, ad libitum.
Del resto, a dirla tutta, questo decreto-legge mi pare la prova giuridica della prostrazione politica in cui versa il MoVimento 5 Stelle. Consentire questo significa disattendere ogni norma di civiltà giuridica. Se fosse stato reale l'intento di aiutare il Governo nel gestire le emergenze, bastava il richiamo al secondo punto per vietare o limitare l'ingresso, il transito, la permanenza alle navi commerciali nei nostri mari, cioè il punto che richiama la Convenzione di Montego Bay, la violazione dei diritti umani nella tratta dei migranti. Richiamare indistinte ragioni di ordine e sicurezza significa voler legittimare la lotta contro le ONG, l'abolizione di fatto del principio di non-refoulement, e sanare ex post le violazioni passate dei Trattati internazionali.
Sul piano costituzionale, il decreto è assolutamente inqualificabile in termini di assoluta necessità e urgenza: perché o è vera la premessa propagandistica secondo la quale gli approdi sono azzerati, i reati si sono ridotti al minimo storico, cioè il successo dell'azione di Salvini; o è vera questa premessa, o non c'è nessuna necessità di intervenire, non c'è nessuna urgenza di intervenire. E, del resto, nella parte premessa queste norme - Presidente, vale ricordarlo - si aggiungono a quelle del pacchetto decreto-legge “sicurezza” che abbiamo votato pochi mesi fa, cioè sono un addendo, un intervento normativo che non ha nessun fatto storico che le giustifichi e le legittimi; ebbene, se quella premessa della previsione di una recrudescenza degli sbarchi è tale, siamo davanti ad un fatto prevedibile, ed un fatto prevedibile non è mai un fatto urgente, anzi normalmente è un fatto evitabile.
E, allora, Presidente, lo scollamento che queste norme vogliono ancora di più marcare tra il potere formale ed il potere sostanziale, il rispetto delle competenze funzionali garantite nel nostro ordinamento, tra il potere esecutivo e il potere legislativo e nell'esercizio del potere esecutivo, crea un problema molto serio: perché è vero e non ci sfugge che esiste una Costituzione materiale, che diversamente da quella formale vive del tempo, delle azioni politiche, ma tra le due vi dev'essere compenetrazione, e maggiore è la distanza, più esse si allontanano - ricordava Costantino Mortati -, più è ampio e significativo e grave il rischio per la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
Passiamo al voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Bazoli ed altri n. 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).
Cogliamo intanto l'occasione per salutare una rappresentanza degli Istituti di istruzione secondaria “Cucuzza-Euclide” e “Carlo Alberto dalla Chiesa” di Caltagirone, in provincia di Catania (Applausi).
Seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kazakhstan, dall'altra, con allegati, fatto ad Astana il 21 dicembre 2015, e Protocollo sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (A.C. 1648-A).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1648-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kazakhstan, dall'altra, con allegati, fatto ad Astana il 21 dicembre 2015, e Protocollo sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale.
Ricordo che nella seduta del 3 giugno si è conclusa la discussione generale.
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
(Esame degli articoli - A.C. 1648-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, nel testo della Commissione, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 2).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 5).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1648-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, Presidente. Solo per fare un appunto: quello in esame rientra all'interno di una serie di trattati che abbiamo ratificato in quest'Aula riguardanti il Kazakhstan. In questo caso si tratta di un Accordo di partenariato che riguarda anche l'Unione europea su diverse materie, la cui ratifica è sicuramente importante perché contiene al suo interno una serie di materie di cooperazione che possono aiutare lo sviluppo di un Paese come il Kazakhstan dove le libertà civili e democratiche sono messe in crisi da una finta democrazia, da una finta repubblica che tra l'altro oggi attraversa in questo momento una fase particolare di instabilità a seguito delle dimissioni del Presidente eletto continuamente dalla fine dell'Unione Sovietica, quindi dall'indipendenza del Kazakhstan fino ad oggi, con percentuali che sfioravano il 97 per cento nelle ultime elezioni. Di fatto parliamo di uno Stato padronale in cui il Presidente della Repubblica adesso si è dimesso pare per tutelare il proprio patrimonio che coincideva sostanzialmente con quello dello Stato, essendo tra l'altro l'unico depositario dei conti correnti di quel Paese. È un Paese che è finito all'attenzione di diversi rapporti di organizzazioni non governative. Da ultimo rientra sempre nei rapporti di Amnesty International per i livelli di persecuzione delle opposizioni politiche e per la mancanza di garanzie anche rispetto ai detenuti e alle condizioni carcerarie. Ritengo che, nello stesso momento in cui ratifichiamo l'Accordo, è utile che il nostro Parlamento e il nostro Governo si impegnino nella ricerca di un percorso di transizione democratica di quel Paese. Abbiamo votato contro diverse ratifiche di accordi di partenariato tra il nostro Paese e il Kazakhstan quando si trattava di materie delicate e sensibili, comprese quelle riguardanti la cooperazione in campo militare e il commercio di armamenti all'interno di una dinamica più generale in cui spesso il commercio di armamenti non ha trovato da parte del nostro Paese alcuna limitazione e spesso le armi che abbiamo fornito a Governi autoritari, come quello del Kazakhstan, sono state utilizzate dentro processi di repressione delle opposizioni e della libertà di espressione. È il motivo per cui oggi, pur votando favorevolmente all'Accordo, ci teniamo a sottolineare che non basta semplicemente costruire un partenariato se a questo non conseguono politiche che favoriscono lo sviluppo della cultura dei diritti umani e della democrazia in Paesi come il Kazakhstan (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cappellacci. Ne ha facoltà.
UGO CAPPELLACCI (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il voto che ci accingiamo ad esprimere sull'Accordo in esame è oggi rinforzato da un ulteriore elemento. Infatti se questo passaggio già si inseriva in una complessiva scelta di politica comune europea, è bene ribadire che un orientamento di questo tipo è stato ulteriormente rinforzato da un più recente pronunciamento del Consiglio degli affari esteri dell'Unione Europea che ha adottato una nuova strategia per l'Asia centrale, conformando il proprio alle nuove opportunità che sono emerse nella regione. Condivido le preoccupazioni quando si guarda al percorso interno al Paese, alla necessità di ribadire i passaggi che vanno a tutelare i diritti umani, che vanno a tutelare i processi di democrazia, di libero scambio, tutti quei processi che devono garantire un presidio democratico e di civiltà. Ma se andiamo a leggere il Trattato che ci accingiamo a ratificare, troviamo la risposta a tali preoccupazioni. Infatti proprio dagli articoli che vanno dall'articolo 4 all'articolo 13 del Titolo II si può rilevare che gli stessi fanno chiaro riferimento alla cooperazione al fine di promuovere l'osservanza del diritto internazionale, il rispetto dei diritti umani e dei principi dello Stato di diritto. Peraltro, come ricordato anche dal nostro relatore Andrea Orsini, recentemente la Camera ha approvato un Accordo analogo tra l'Unione europea e Cuba, nonostante anche in tal caso non siano garantiti allo stato attuale i diritti umani né i principi democratici. Ben venga allora un Accordo che, senza ipocrisie e senza omissioni, affronta la questione e diventa esso stesso strumento di diffusione dei valori che devono rappresentare e rappresentano un patrimonio condiviso di tutte le forze politiche rappresentate in quest'Aula.
Oggi facciamo un altro passo avanti: lo facciamo interpretando nel miglior modo possibile il nostro ruolo in seno all'Unione Europea e andiamo avanti in un cammino di amicizia tra popoli lontani, di scambi commerciali che possono e devono diventare anche condivisione di diritti, di libertà e di giustizia. Per questa ragione, a nome del gruppo di Forza Italia, dichiaro il voto a favore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Scalfarotto. Ne ha facoltà.
IVAN SCALFAROTTO (PD). Grazie, Presidente. Intervengo per annunciare il voto favorevole del Partito Democratico sull'Accordo di cooperazione molto ampio firmato dall'intera Unione Europea nell'ottica di un rafforzamento delle relazioni con un Paese estremamente importante dell'area del centro Asia, un Paese strategico per il suo posizionamento, per la sua importanza. Per ciò che riguarda gli aspetti dell'approvvigionamento energetico il Kazakhstan è uno dei Paesi produttori di gas naturale più importanti al mondo. È anche un Paese del quale naturalmente conosciamo le criticità dal punto di vista della maturità democratica, come già il collega Palazzotto ha ricordato qualche minuto fa: si tratta di un Paese che non ha mai completato la sua transizione democratica dopo la caduta dell'Unione Sovietica; nel quale il Presidente Nazarbayev che, sebbene abbia lasciato da poco, diciamo, formalmente il potere, è di fatto il dominus assoluto della situazione. Ma riteniamo che, quando vi sono situazioni nelle quali i diritti umani e i diritti democratici non hanno raggiunto un grado di maturità, la cosa migliore che possa fare l'Unione europea, che probabilmente è lo spazio internazionale nel quale i diritti umani e i diritti democratici sono più maturi, è proprio accompagnare tali Paesi in un percorso di transizione. Quindi pensiamo che sia sicuramente un'occasione da cogliere la firma di un Trattato, di un Accordo onnicomprensivo che parla e stabilisce obblighi anche in capo al Kazakhstan per condurre tale transizione.
Devo dire che è anche un'occasione da cogliere dal punto di vista commerciale: l'interscambio tra i due Paesi supera i 3 miliardi di euro. Noi siamo ovviamente in rosso con la nostra bilancia commerciale perché siamo importatori in particolare di materie legate all'energia e, di conseguenza, stiamo facendo un lavoro per migliorare anche la nostra attitudine ad esportare verso il Kazakhstan ed è chiaro che un Accordo di questo tipo, che favorisce anche la transizione del Kazakhstan verso un'economia di mercato matura, ricordiamo che, sebbene il Kazakhstan abbia aderito all'Organizzazione mondiale del commercio, non è, a tutt'oggi, considerata una vera e propria economia di mercato. Ecco, anche in quest'ottica, l'Unione Europea può svolgere una utile funzione di accompagnamento. Ricordo che dal punto di vista della cooperazione e dal punto di vista commerciale c'è un interessante spunto per quello che riguarda le nostre indicazioni geografiche, è una cosa che sta molto a cuore all'Italia, che è uno dei Paesi che produce il numero maggiore di indicazioni geografiche tipiche, di indicazioni geografiche protette e, quindi, anche in questo settore, le nostre imprese cominciano a fare un passo affinché, non solo le indicazioni geografiche, ma anche i diritti di proprietà intellettuale siano maggiormente riconosciuti in quell'importante Paese che, ricordiamo, ha anche una posizione particolare, lì, proprio attaccata alla Cina, tra la Cina e la Russia e, quindi, svolge una funzione di cuscinetto che per noi è, evidentemente, estremamente importante e strategica.
Quindi, posto che si tratta di un accordo che aiuta e garantisce all'Unione europea un ruolo importante di partenariato rispetto a un Paese che ancora dimostra di avere ampi spazi di crescita, da molti punti di vista, pensiamo che sia importante che l'Italia ratifichi questo trattato e si aggiunga agli altri Paesi europei e consenta, quindi, all'Unione europea di svolgere una funzione importante nelle relazioni con un Paese come il Kazakhstan.
Per questa ragione, il gruppo del Partito Democratico annuncia il suo voto favorevole alla ratifica di questo Accordo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vito Comencini. Ne ha facoltà.
VITO COMENCINI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge riguarda la ratifica e l'esecuzione di un Accordo di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Kazakhstan, dall'altra, fatta in occasione dell'undicesima riunione ministeriale Unione europea-Asia centrale. Dal momento della sua indipendenza, il Kazakhstan, sotto la guida del Presidente Nazarbayev, ha intrapreso una politica estera multivettoriale. È dato ritenere che, anche con il suo successore, Tokayev, eletto presidente del Paese lo scorso 9 giugno, la politica estera non cambi e il Kazakistan prosegua l'implementazione del programma presidenziale Path to Europe, adottato nel 2008, volto ad avvicinare il Paese euroasiatico all'Unione europea.
L'Accordo che andiamo a ratificare è un passo importante per una maggiore cooperazione con il principale attore dell'Asia centrale, atto a superare l'ormai desueto Accordo di partenariato e cooperazione del 1999 che non è più adatto a regolare i rapporti bilaterali. Questo Accordo assume ancor più importanza dal momento che è il primo con un Paese dell'Asia centrale e tra i primi con un Paese extra UE che gioca un ruolo chiave. È un accordo che dalla cooperazione economica alla regolamentazione del quadro giuridico, politico e istituzionale tra Astana e Bruxelles crea ancora maggior forza in questi rapporti.
Particolare importanza rivestono le disposizioni del Titolo secondo dedicate alla cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza, in particolare la prevenzione e la lotta al terrorismo e al radicalismo islamico. L'Asia centrale, nel suo insieme, è una regione fragile, da questo punto di vista, caratterizzata soprattutto, nel suo fianco meridionale, dal proliferare di gruppi islamici radicali e organizzazioni terroristiche alimentate da nuclei che si riversano dal vicino Afghanistan. La stabilità del Paese e dell'intera area rappresenta un interesse vitale per tutti gli attori operanti nell'area.
Anche l'aspetto economico è rilevante, dal momento che l'Unione europea è il principale partner commerciale del Kazakhstan, quasi metà degli investimenti esteri in Kazakhstan proviene da Paesi dell'Unione europea che rappresentano lo sbocco del 40 per cento dell'export del Paese dell'Asia centrale. Voglio qui sottolineare che il Kazakhstan è ricchissimo di risorse naturali e nel suo sottosuolo si trovano quasi tutti gli elementi chimici presenti nella tavola periodica di Mendeleev. Di questi elementi ne sono stati individuati 99, esplorati 70 e se ne estraggono 60.
ENI, fin dall'indipendenza del Paese, è presente e partecipa attivamente al Consorzio di estrazione petrolifera dei giacimenti di Karachaganak e Kashagan, quest'ultimo è riconosciuto essere uno dei campi petroliferi offshore con le più grandi riserve di petrolio scoperte negli ultimi trent'anni. Le condizioni climatiche ed ambientali particolarmente ostili del sito Kashagan hanno permesso ad ENI di sviluppare un know-how di primordine. Infatti, il Kazakhstan assume un'importanza particolare anche nel settore agricolo. Con i suoi 428 mila chilometri quadrati di superficie, quasi interamente pianeggiante, è in grado di ospitare svariati settori della produzione agricola e, soprattutto, della produzione di cereali. Pertanto, il gruppo Lega-Salvini Premier voterà convintamente a favore di questo Accordo che crea un'alleanza economica, politica e istituzionale con un partner strategico che si trova proprio al centro della direttrice euroasiatica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Iolanda Di Stasio. Ne ha facoltà.
IOLANDA DI STASIO (M5S). Presidente, colleghi, come chi mi ha preceduto, ricordo che l'Accordo in esame si inquadra nell'ambito della strategia dell'Unione europea per l'Asia centrale, adottata dal Consiglio europeo già nel 2007 e rinnovata nel 2012 e nel 2015. Tale Accordo costituisce un accordo di seconda generazione, che allarga altresì i settori di collaborazione in materia di dialogo politico e cooperazione nei settori della politica estera e sicurezza, come descritto nel Titolo II, commercio ed impresa, nel Titolo III, cooperazione nei settori economici e dello sviluppo sostenibile, come sancito nel Titolo IV, libertà, sicurezza, giustizia, come sancito nel Titolo V, cultura, protezione civile e tutela dei consumatori, come sancito nel Titolo VI.
Tale disegno di legge si compone di quattro articoli che ne contengono l'autorizzazione e l'ordine di esecuzione. Abbiamo pertanto auspicato un rapido completamento dell'iter in coerenza con la rilevanza strategica che rivestono le relazioni bilaterali tra Italia e Kazakhstan, ricordando i rilevanti interessi economici che vedono l'Italia quale primo partner commerciale europeo e terzo a livello globale. Pertanto, dichiaro il voto favorevole da parte del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare il relatore, deputato Orsini. Ne ha facoltà.
ANDREA ORSINI, Relatore. Grazie, Presidente. Solo per rivolgere un ringraziamento a tutti i colleghi che hanno partecipato con grande serietà al dibattito in Commissione oltre che in Aula, ma soprattutto per rivolgere un ringraziamento non formale alla presidente della III Commissione, la collega Marta Grande, che oggi non è in Aula, perché in missione, ma lo faccio per suo tramite, per aver voluto scegliere un parlamentare dell'opposizione come relatore di un provvedimento che, certo non è controverso, ma è un provvedimento non banale e significativo. È un atto di fair play istituzionale che credo meriti di essere sottolineato, in un momento in cui il fair play istituzionale non è sempre la virtù più diffusa (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e MoVimento 5 Stelle).
(Coordinamento formale - A.C. 1648-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1648-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1648-A: “Ratifica ed esecuzione dell'Accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kazakhstan, dall'altra, con allegati, fatto ad Astana il 21 dicembre 2015, e Protocollo sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale”.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 6).
Seguito della discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord, fatto a Bruxelles il 6 febbraio 2019 (A.C. 1660) (ore 15,19).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1660: Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord, fatto a Bruxelles il 6 febbraio 2019.
Ricordo che nella seduta del 3 giugno si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame degli articoli - A.C. 1660)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica, ai quali non sono state presentate proposte emendative. Li porrò dunque direttamente in votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il relatore dovrebbe cortesemente prendere posto nel banco del Comitato dei nove, che in questo momento è sguarnito. Attendiamo che arrivi il relatore per dare regolarità ai nostri lavori.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 7).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 8).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il relatore cortesemente deve stare nella sua posizione.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 9).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1660)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, Presidente. Anche qui perché il rito - diciamo - della ratifica dei trattati internazionali non sia semplicemente una pratica abituale in quest'Aula senza che, invece, proviamo a discutere di quello che anche la politica dei trattati internazionali rappresenta sul piano della politica estera. Noi abbiamo dato parere favorevole e voteremo a favore su questa ratifica nonostante le contraddizioni che pone e lo facciamo perché siamo consapevoli che questa ratifica arriva alla fine di un lungo processo negoziale che ha visto, tra l'altro, per la prima volta la firma e la sottoscrizione di un accordo storico, ratificato anche con un referendum, tra la Grecia e la Macedonia che pone fine a un contenzioso e anche a tensioni che in quel tratto di Europa fino a oggi si erano consumate.
Però, questo accordo pone anche delle questioni problematiche, che non riguardano in sé e per sé il semplice Trattato di adesione alla NATO della Macedonia del Nord ma riguardano, più in generale, il tema della politica di vicinato verso Est dell'Europa. Cioè, noi non ci troviamo semplicemente a discutere dell'adesione di un singolo Paese all'Alleanza atlantica, contestualmente all'adesione all'Alleanza atlantica, è in discussione al Consiglio europeo l'adesione della Macedonia all'Unione europea. Infatti, in realtà noi in questi anni abbiamo prodotto un processo di espansione dell'Unione europea a Est che è stato legato principalmente a un'espansione militare, per cui l'adesione di molti Paesi dell'Europa dell'Est è stata anticipata dall'adesione alla NATO, non c'è stato alcun Paese che ha aderito prima all'Unione europea senza avere iniziato quanto meno la trattativa di adesione alla NATO. Abbiamo determinato dentro questa vicenda, io credo, un disastro dal punto di vista dell'integrazione politica europea, perché abbiamo sacrificato sull'altare di una convenienza geostrategica militare il processo d'integrazione politica con quei Paesi, da un lato; dall'altro, abbiamo utilizzato questo processo di espansione a Est dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica come un elemento di politica aggressiva nei confronti della Russia, e le tensioni che oggi registriamo fanno parte di una politica di militarizzazione del confine a Est che affronteremo nel seguito della discussione del provvedimento sulle missioni militari.
PRESIDENTE. Chiedo scusa. Se può pazientare un attimo; le blocchiamo il tempo.
Voglio, come al solito, rammentare ai deputati presenti in Aula che è necessario rispettare chi sta parlando. Chi vuole conversare può tranquillamente recarsi altrove, non in Aula perché chi deve intervenire ha il diritto di poterlo fare in santa pace. Prego.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, Presidente. A questo mi riferivo quando parlavo del rituale stanco delle ratifiche, che vengono viste, diciamo, come elementi semplicemente procedurali e che, in realtà, andrebbero valutate rispetto alla valenza politica e strategica di politica estera che esse rivestono.
Stavo dicendo che noi abbiamo, in questi anni, attraverso il processo di espansione a Est della NATO, seguito dal processo di espansione dell'Unione europea, praticato una politica di militarizzazione del confine Est che è assolutamente priva di alcun senso.
È che noi siamo parte di questo disegno e l'Europa dell'Est diventa appunto una frontiera militarizzata. Dicevo che ne discuteremo dopo, nel decreto missioni, di quanto questa cosa sia avvenuta negli ultimi anni e di quanto stia continuando attraverso l'installazione di sistemi missilistici, di missioni che vengono prorogate o implementate anche dal nostro Paese, per esempio nel Baltico, dove si sta producendo un'escalation militare che, dicevo, è priva di senso. Ed è priva di senso perché, se noi pensiamo che il tema del rapporto con la Russia si possa risolvere attraverso la via militare e non attraverso il ristabilimento di relazioni diplomatiche, politiche, economiche e commerciali che provino in qualche modo a cambiare il corso della storia, noi rischiamo di essere semplicemente, dentro questa vicenda, il vaso di coccio.
Ed è veramente drammatico vedere come l'Europa oggi, nell'assenza di una visione di politica estera e nel fatto che la politica estera europea venga determinata dagli assetti della NATO, si stia in qualche modo limitando ad essere terreno di battaglia e di scontro politico tra altre potenze mondiali. Questo è quello che noi stiamo facendo.
Allora, ho voluto cogliere l'occasione anche di un trattato come quello sulla Macedonia, su cui, ripeto, noi voteremo favorevolmente proprio per il processo che ha preceduto la ratifica di questo Accordo, che però, ripeto, ha anche un passato alle spalle, per dire che questo Accordo rientra comunque dentro una strategia di allargamento a Est dell'Unione Europea e dei confini dell'Alleanza atlantica che fino a qui non ha prodotto alcun risultato utile per l'Europa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cappellacci. Ne ha facoltà.
UGO CAPPELLACCI (FI). Presidente, onorevoli colleghi, il fatto che siamo chiamati alla ratifica di questo protocollo a settant'anni di distanza dalla firma a Washington del Trattato istitutivo della NATO credo che carichi di un significato profondo, un significato alto, il voto che ciascuno di noi sta per esprimere.
L'Italia fu tra i Paesi fondatori. Appare, credo, utile, doveroso forse anche, ricordare le parole pronunciate dal Presidente De Gasperi proprio in quell'occasione, in quest'Aula, per sostenere le ragioni di quella scelta. De Gasperi disse: questa, onorevoli colleghi, è la via per preservare la pace e per salvare la libera democrazia in Italia. Il popolo italiano, che cerca la sua unità in mezzo alle sofferenze del dopoguerra, ritroverà ancora le sue virtù tradizionali nelle pacifiche conquiste dell'ingegno e del lavoro. Il contegno fazioso, che accentuate, non mi toglie la fede nel popolo italiano e nel suo avvenire. Per questo popolo, per questo avvenire, non per un Governo, non per un partito, non per un gruppo, vi chiedo il vostro voto.
Ebbene, la storia ha dimostrato, credo, che De Gasperi avesse ragione; aveva ragione. Settant'anni dopo c'è un altro popolo che si avvicina al suo appuntamento con la storia, quello della Repubblica di Macedonia del Nord. Ha intrapreso certamente un cammino travagliato, pieno di ostacoli, ha attraversato fasi in cui tutto sembrava perduto. Basta pensare al percorso che ha portato al superamento della disputa trentennale sull'uso del nome “Macedonia”, fino al perfezionamento degli Accordi di Prespa, la rinuncia delle rivendicazioni territoriali, a tutti i passi che hanno condotto fin qui.
Siamo arrivati quasi al traguardo, rappresentato dall'ingresso della Macedonia del Nord nella NATO, che è cruciale anche per un altro passaggio storico: l'ingresso anche di questo Stato nell'Unione europea, in quell'Europa che, sempre raccogliendo indegnamente il testimone di De Gasperi, vorremmo fosse il retaggio europeo comune, morale e unitario che esalta la figura e la responsabilità della persona umana, con il suo fermento di fraternità evangelica, con il suo culto del diritto ereditato dagli antichi, con il suo culto della bellezza affinatasi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un'esperienza millenaria.
Con questa speranza e con il nostro impegno a dare un contributo e a fare la nostra parte, a nome del gruppo di Forza Italia, dichiaro il voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.
ANDREA ROMANO (PD). Grazie, Presidente. Dunque, credo che l'adesione della Macedonia del Nord alla NATO sia una buona notizia sotto molti punti di vista. Innanzitutto, è una buona notizia per i cittadini della Repubblica della Macedonia del Nord, che ottengono finalmente un risultato importante in termini di sicurezza e di integrazione internazionale dopo un lungo periodo di incertezza, come ricordava anche il collega Cappellacci; un lungo periodo di incertezza segnato da tensioni etniche, rivendicazioni nazionalistiche e un costante rischio di isolamento internazionale. Sono, infatti, quasi trent'anni quelli che sono trascorsi dalla dissoluzione della ex Jugoslavia, e dunque dall'indipendenza della Macedonia del Nord, e per tutto questo periodo questo Stato balcanico, piccolo, ma centrale per quella regione, è stato attraversato da una molteplicità di tensioni etniche e non aveva ancora trovato finora un approdo stabile in termini, per l'appunto, di integrazione internazionale.
La NATO è un primo, ma fondamentale, approdo in questo senso sulla strada di una più ampia integrazione della Macedonia del Nord nella rete delle istituzioni sovranazionali europee e transatlantiche, che vanno viste insieme anche da questo punto di vista, e quindi anche in vista dell'adesione auspicabile della Macedonia del Nord all'Unione europea.
Da questo punto di vista, voglio ricordare il passo importante che è stato compiuto qualche giorno fa, in Commissione esteri, grazie all'adesione unanime alla mozione presentata dal Partito Democratico, a prima firma del collega Piero Fassino, che, per l'appunto, auspicava un'adesione più ampia dei Balcani occidentali all'Unione Europea.
E anche con questo passaggio, con il passaggio che abbiamo compiuto in Commissione esteri, con il passaggio che compiamo oggi, credo con il consenso di tutte le forze politiche presenti in questo Parlamento, noi facciamo la nostra parte, che è quella di dimostrare concretamente come si incrocia l'interesse nazionale italiano con la solidità, con il lavoro da compiere per la solidità delle istituzioni sovranazionali.
Ma la seconda buona notizia credo che riguardi la NATO, che dimostra anche in questo caso di essere un'istituzione molto diversa dalla caricatura che ne fanno i nostalgici della Guerra fredda, i nostalgici della divisione bipolare del mondo, perché l'Alleanza atlantica - e lo dimostra anche nel caso della Macedonia del Nord - ha saputo dimostrare una trasformazione efficace delle proprie funzioni, della propria missione, diventando negli anni uno strumento fondamentale di stabilizzazione in chiave multilaterale.
Una trasformazione positiva, che deve proseguire, che deve essere incoraggiata, nonostante l'ostilità di chi vorrebbe tornare al passato e di chi fomenta le divisioni e la conflittualità tra gli europei.
In questo caso, Presidente, vorrei rivolgermi, attraverso di lei, anche al collega Palazzotto, che poco fa ha toccato un punto autentico, quello delle nostre relazioni con la Federazione russa. Ma, da questo punto di vista, ricordiamo, a proposito di Macedonia, i tentativi della Russia di Putin di condizionare la discussione pubblica macedone anche su questo punto; i tentativi riconosciuti da più parti di sabotare il referendum che, nel settembre del 2018, ha accolto la proposta di cambiamento di nome dello Stato macedone, quel referendum che ha aperto le porte alla pacificazione tra la Macedonia del Nord e la Grecia, e ha dunque facilitato, reso possibile, l'entrata della Macedonia del Nord nell'Alleanza atlantica.
Quei tentativi, che sono molto simili, per un altro verso, ai tentativi di ingerenza della Russia che si sono verificati in alcune tornate elettorali europee anche recenti e che - diciamocelo con franchezza - sono tentativi che puntavano e puntano a fomentare le pulsioni nazionalistiche, a fomentare le divisioni, a fomentare il conflitto nelle società europee e tra europei, perché, per carità, ha ragione il collega Palazzotto quando dice che non dobbiamo, non dovremmo - come non dobbiamo e non facciamo - rivolgerci alla Federazione russa con un atteggiamento bellicoso, ci mancherebbe altro. La Russia, mi viene da dire con una battuta, è l'ultimo Paese verso il quale nutrire pulsioni bellicose. Però, dobbiamo anche dirci con franchezza che c'è chi lavora per la divisione e chi lavora per l'integrazione, chi lavora per la cooperazione e chi lavora per la disgregazione. E in questi anni la Federazione russa, purtroppo, ha lavorato concretamente per la divisione tra gli europei in molti casi specifici, compreso il caso della Macedonia del Nord.
La terza buona notizia riguarda l'Italia, Presidente, e mi avvio alla conclusione, nel senso che il nostro voto unanime sull'adesione della Macedonia del Nord all'Alleanza Atlantica dimostra la distanza che corre concretamente tra una retorica nazionalistica nella quale è immersa questa maggioranza e quanto invece serve concretamente agli interessi nazionali italiani e agli interessi dell'Europa, perché noi siamo davvero contenti, siamo davvero lieti di vedere la Lega, per esempio, impegnata oggi a sostenere l'allargamento della NATO. E ci rallegriamo dell'ampio sostegno parlamentare all'adesione della Macedonia del Nord all'Alleanza atlantica, ma è ovvio, inevitabile e necessario notare e sottolineare che questo sostegno va in direzione del rafforzamento delle istituzioni multilaterali, di una gestione condivisa dei conflitti etnici e nazionali, e dunque di un superamento di quel suprematismo etnico che nei Balcani ha significato concretamente morte e distruzione e che qualcuno, dai banchi della maggioranza attuale, forse dai banchi di quella maggioranza che - mi rivolgo ai colleghi di Fratelli d'Italia - alcuni vorrebbero costruire, una maggioranza che vorrebbe importare il suprematismo etnico nella nostra discussione pubblica come strumento di lotta politica (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora, e davvero concludo…
PRESIDENTE. Deputato Mollicone!
ANDREA ROMANO (PD). Se i colleghi di Fratelli d'Italia non si sentono punti nel vivo, mi permetto di concludere…
PRESIDENTE. Non facciamo dialoghi! Deputato Mollicone! Prosegua.
ANDREA ROMANO (PD). Io invito, per tramite suo, Presidente…
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, non c'è né presidente né relatore!
PRESIDENTE. Il relatore ha preso postazione comunicandolo, quando sarà il suo turno lo spiego. È autorizzato, deputato Fiano, perché vuol fare la dichiarazione di voto dai banchi del proprio gruppo, e ne ha tutto il diritto. Prego.
ANDREA ROMANO (PD). La ringrazio, Presidente. Io vorrei invitare pacatamente, attraverso di lei, Presidente, il collega Mollicone, che ha reagito in modo così stizzito al mio riferimento al suprematismo etnico, lo vorrei invitare, con grande pacatezza, a rivedersi anche soltanto un po' di rassegna stampa relativa alle guerre balcaniche e a vedere lì concretamente cosa ha significato mettere un'etnia contro un'altra etnia… (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Deputato Mollicone! Deputati di Fratelli d'Italia, quando è il vostro turno prendete la parola, rispondete e dite quello che ritenete utile e giusto, adesso dovete tacere e far parlare il deputato Romano.
ANDREA ROMANO (PD). Mi limitavo solamente a salutare con favore…
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Analfabeta!
PRESIDENTE. Deputato Mollicone, la richiamo all'ordine!
ANDREA ROMANO (PD). Mi limitavo pacatamente a salutare con favore il fatto che anche da Fratelli d'Italia, come spero, venga l'adesione ad un atto parlamentare che saluta in qualche modo il superamento di conflitti etnici che ci sono stati concretamente nei Balcani e che hanno portato morte e distruzione. E se questo significa mettere da parte, anche solo per poche ore, una retorica nazionalistica che ha fatto male a quei Paesi, come noi crediamo possa fare male anche all'Italia, c'è solo da rallegrarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Formentini. Ne ha facoltà. Come già ho detto prima, il deputato Formentini, che è il relatore di questo provvedimento, ha chiesto di poter svolgere la sua dichiarazione di voto tra i banchi del suo gruppo, quindi è momentaneamente sguarnita la postazione del Comitato dei nove. A lei la parola, deputato Formentini.
PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Voglio ricordare anch'io, ancora una volta, che si è arrivati al Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord solo in seguito alla soluzione della trentennale disputa sulla denominazione ufficiale dello Stato. Con gli Accordi del Lago Prespa, infatti, la denominazione dello Stato è mutata da FYROM, Former Yugoslav Republic of Macedonia, a Repubblica di Nord Macedonia, riconoscendo poi anche a livello costituzionale la nuova denominazione e dando così il via all'iter che farà sì che, dopo la ratifica dei 29 Stati membri, entro l'inizio del 2020 possa divenire il trentesimo Stato membro dell'Alleanza.
Come ricordato da altri colleghi, proprio quest'anno ricorrono i settant'anni dell'Alleanza atlantica, alleanza politico-militare che è la più duratura e la più efficace che la storia ricordi. Chiaro è il sostegno del nostro Paese all'Alleanza, ci riconosciamo pienamente infatti in quei valori che portarono alla sua fondazione nel 1949 e che ancora animano l'Alleanza, come ha ribadito con forza il Vicepremier Matteo Salvini durante il recente viaggio a Washington. Costante, peraltro, la partecipazione dell'Italia alle missioni NATO. Voteremo a favore, perché siamo certi che l'ingresso della Repubblica di Nord Macedonia nella NATO contribuirà alla stabilizzazione dell'area balcanica e alla sicurezza di tutto il bacino del Mediterraneo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cristian Romaniello. Ne ha facoltà.
CRISTIAN ROMANIELLO (M5S). Presidente, in osservazione delle ragioni che sono già state degnamente dette dai colleghi che mi hanno preceduto, annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Presidente, intervengo rispetto a quanto è accaduto poco fa in Aula, soltanto per chiedere di verificare il verbale, perché il collega Romano - e questo ha portato alla nostra irritazione -, nonostante noi stessimo ascoltando rispettosamente, ha sostenuto che Fratelli d'Italia ha introdotto nel dibattito politico elementi di suprematismo etnico, che vuol dire razzismo biologico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Per cui, noi rimandiamo al mittente questa accusa!
PRESIDENTE. Deputato Mollicone capisco la delicatezza dell'argomento, ma non è un richiamo all'ordine dei lavori. Concluda.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Fratelli non è razzista, non lo è mai stato e non lo sarà mai! E il collega Romano rispetti Fratelli d'Italia!
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1660)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 1660: "Ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord, fatto a Bruxelles il 6 febbraio 2019".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 10).
Rinvio del seguito della discussione della proposta di legge: S. 960 - D'iniziativa dei senatori: Ferrara ed altri: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo (IDLO) relativo alla sede dell'organizzazione, fatto a Roma il 14 giugno 2017 (Approvata dal Senato) (A.C. 1680) (ore 15,45).
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla proposta di legge di ratifica, già approvato dal Senato, n. 1680: Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra la Repubblica Italiana e l'Organizzazione internazionale di diritto per lo sviluppo. Osservo, tuttavia, che non è presente la relatrice del provvedimento né il presidente di Commissione o i due vicepresidenti, pertanto non è possibile procedere al suo esame. Il provvedimento stesso si intende pertanto rinviato ad altra seduta.
EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, la ringrazio. Solo per sottolineare il fatto che, a calendario e programma dei lavori deciso e pattuito dalla Conferenza dei capigruppo, non è che io abbia tanta memoria del fatto che, in assenza di preventiva comunicazione, il relatore o la relatrice, collega Suriano, o il presidente della Commissione non siano presenti, saltano i provvedimenti. Non è un fatto particolarmente usuale, come lei, Presidente, avendo la medesima esperienza, potrà ben ricordare. Credo che, a fronte di impegni parlamentari, il relatore e il presidente di una Commissione dovrebbero essere presenti. Rimarco questo fatto perché non è affatto positivo sull'ordine dei lavori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Le faccio presente, deputato Fiano, che i deputati i citati sono assenti per altri impegni parlamentari. Tuttavia, il fatto accaduto è obiettivamente anomalo, però, come si dice in queste circostanze: apprezzate le circostanze, non abbiamo, in termini regolamentari, altra strada da percorrere. Rimane agli atti quello che lei comunque ci ha voluto sottolineare.
Seguito della discussione della proposta di legge: Golinelli ed altri: Istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino (A.C. 622-A) (ore 15,48).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, d'iniziativa dei deputati Golinelli ed altri, n. 622-A: Istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino.
Ricordo che nella seduta del 3 giugno si è conclusa la discussione generale e il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
(Esame degli articoli - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione.
Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sui due emendamenti riferiti all'articolo 1.
ROBERTO PAOLO FERRARI , Relatore. Grazie, Presidente. Riguardo ai due emendamenti relativi all'articolo 1, sull'emendamento 1.10 Palazzotto il parere è contrario e sull'emendamento 1.100 della Commissione il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo?
ANGELO TOFALO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.10 Palazzotto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie Presidente. Prendo la parola rispetto a questo provvedimento e a questo emendamento. Lo diremo meglio poi in dichiarazione di voto, ma questo emendamento è il motivo per cui oggi si sta discutendo dentro quest'Aula questo provvedimento, che sarebbe potuto passare in sede legislativa presso la Commissione difesa. E c'ho tenuto a che questa legge, che pure ha un valore importante, fosse discussa in Aula perché il nodo che ora stiamo per votare è quello che cambia anche il significato di una proposta di legge di questo tipo e dell'istituzione di una Giornata della memoria per il Corpo degli alpini. E allora il nodo su cui vorrei richiamare l'attenzione dell'Aula, Presidente, è la data individuata per celebrare la Giornata della memoria del sacrificio degli Alpini. Il 26 Gennaio, che si richiama al 26 Gennaio del 1943, è l'anniversario della battaglia di Nikolajewka, una battaglia sanguinosissima, nella quale persero la vita tantissimi connazionali e tantissimi alpini, che si trovarono coinvolti in quella che era una campagna di aggressione, una campagna di invasione dell'allora Unione Sovietica, in alleanza con i reparti delle truppe naziste. Quella fu una battaglia violentissima, dove appunto si registrò una sconfitta enorme e dove persero la vita migliaia di persone. Noi, oggi faremmo un torto al Corpo degli alpini, riconoscendo questa come data per istituire una giornata della memoria e lo dico perché, invece - e questa è la proposta di emendamento che stiamo discutendo - si sarebbe potuto scegliere un'altra data, il 15 Ottobre del 1872, la data di fondazione del Corpo degli alpini, provando in questo modo a celebrare, non soltanto il sacrificio durante una guerra di invasione alleati dei nazisti, ma anche tutte le azioni eroiche che il Corpo degli alpini ha svolto, non soltanto durante le azioni militari, ma nei processi di stabilizzazione, nei processi di pace, nei processi di State Building, in cui sono stati impegnati e che ci hanno reso orgogliosi di quel Corpo, nella storia e nel mondo. Ecco, io penso che quello di oggi sia un grave errore; ho provato a sottolinearlo ai colleghi in Commissione che sarebbe stato un errore celebrare la Giornata della Memoria in questa data e provo adesso qui, rivolgendomi attraverso di lei, Presidente, a tutti i colleghi, perché questo non è un tema che riguarda una parte politica.
Qui non c'è nessuno che non vuole riconoscere il valore e l'importanza del Corpo degli alpini nella storia di questo Paese rispetto anche al processo di unità nazionale che si è compiuto, ma c'è il tema di ricordarlo e di riconoscere quel valore per quello che meritano e non purtroppo per pagine buie della nostra storia (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
ROBERTO PAOLO FERRARI , Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO PAOLO FERRARI , Relatore. Grazie, Presidente. Solamente per chiarire, un'ulteriore volta, al collega Palazzotto, per suo tramite, che la Commissione ha approfondito e valutato la data in cui sottolineare questa Giornata della memoria e del sacrificio degli Alpini e la data del 26 Gennaio non è un torto al Corpo degli alpini, anzi, come abbiamo avuto l'opportunità di apprendere, attraverso le audizioni anche dell'Associazione nazionale alpini, che perpetua la memoria di quella data, è il giorno in cui gli alpini stessi in armi e in congedo sottolineano il sacrificio profuso in quella battaglia a favore degli altri commilitoni, affinché potessero aver salva la vita. Ed è stata trasformata dagli alpini in una data in cui viene fatta memoria di quella battaglia attraverso gesti di solidarietà. L'abbiamo ribadito in molte occasioni durante il dibattito in Commissione: quella data è diventata gesto di solidarietà in patria, abbiamo esempi sul territorio nazionale, dove sono stati create cooperative sociali a favore dei più svantaggiati, ma soprattutto, dove ebbe sede il Corpo d'armata alpino in Russia, ad opera dell'Associazione nazionale alpini è stato creato un orfanatrofio, proprio per trasformare e far crescere, da quel sangue sparso in quell'occasione, un gesto di solidarietà e un gesto di riparazione. Ecco perché gli alpini riconoscono nella loro totalità questa data e non altre, quale data da riconoscersi come elemento fondativo ed elemento unificante del Corpo stesso. Per tutti questi motivi, abbiamo ritenuto e riteniamo valida questa data, non come gesto che sottolinea una battaglia frutto di un'aggressione - nessuno lo mette in discussione -, ma per questi altri motivi, che sono il frutto di quel sangue versato, riteniamo congrua la data del 26 Gennaio (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.10 Palazzotto, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 12).
Passiamo alla votazione dell'articolo 1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato De Menech. Ne ha facoltà.
ROGER DE MENECH (PD). Grazie, Presidente. Intervengo solo per sottolineare che, nell'importante lavoro in Commissione, siamo riusciti, credo, con uno spirito di collaborazione dei membri della Commissione difesa, ad introdurre un elemento, al comma 2 di questo articolo, secondo noi molto importante. Prima si è parlato del valore di questa Giornata della memoria, del sacrificio alpino. Ecco, dentro il valore noi abbiamo voluto inserire il giusto merito e la rappresentanza dell'Associazione nazionale degli Alpini. Inserendo questo comma, noi chiediamo, quindi, dentro la legge, che l'Associazione venga coinvolta ufficialmente nel percorso della memoria.
È una memoria non sterile, non fine a se stessa, una memoria che deve prendere in maniera importante quello che è stato il vissuto e la storia del nostro Paese e anche della storia degli alpini e delle loro gesta, in tutto il territorio nazionale e anche fuori in tutta Europa, ma deve prendere quell'esempio e, soprattutto, deve prendere l'esempio dell'Associazione nazionale oggi. Perché oggi l'Associazione nazionale sicuramente dà un contributo importante e notevole sul fronte del volontariato, del volontariato sociale; lo sappiamo tutti, io vengo da una terra che ha vissuto una tragedia immane come quella del Vajont e in quelle ore, nelle primissime ore, gli alpini c'erano, erano presenti, erano presenti con gli alpini in servizio, i militari, ma erano presenti anche e soprattutto con le associazioni di volontariato.
Oggi, quell'Associazione di volontariato, dentro l'articolo 2, viene riconosciuta, le viene dato l'incarico - come dicevo - di costruire insieme alle istituzioni il percorso della memoria.
Ma approfitto anche per dire che poi, anche all'articolo 4, altro elemento importante, oltre all'Associazione nazionale degli alpini, noi cerchiamo di coinvolgere soprattutto il mondo delle scuole, i ragazzi insomma, perché la memoria sia una memoria vissuta, con gli esempi virtuosi di questa Italia, che soprattutto si rimbocca le maniche quando c'è bisogno di un aiuto, anche e soprattutto dentro questa Associazione, come, devo dire la verità, nelle tantissime associazioni di volontariato che lavorano in caso di necessità durante i disastri che succedono nella nostra penisola.
Ecco, dentro questo percorso della memoria i ragazzi della scuola e il mondo del volontariato, con l'ANA, vengono coinvolti. E credo che questo sia il significato più importante per fare in modo di riempire di contenuti questo momento di memoria, questo momento importante per costruire assieme una società migliore, fatta soprattutto di solidarietà e di aiuto nei confronti dei più deboli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 14).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 15).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 16).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 17).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Erasmo Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, Presidente. Io proverò ad aggiungere poche cose a quelle che ho già detto, perché, come è del tutto evidente, nessuno di noi è contrario all'istituzione di questa Giornata. Penso, però, che si sia fatto un grave errore, lo ribadisco, penso che si è persa anche un'occasione per dare al Corpo degli alpini un riconoscimento anche più grande.
Vedete, noi non stavamo discutendo dell'istituzione della Giornata della memoria per la battaglia di Nikolajewka, noi stavamo discutendo dell'istituzione della Giornata della memoria e del sacrificio del Corpo degli alpini, che sono due cose ben diverse, perché, nell'anniversario della battaglia di Nikolajewka, si svolgono già in tutta Italia celebrazioni per ricordare quanti sono morti e anche gli atti di eroismo che hanno permesso a tanti di salvarsi, ma sono due cose diverse, distinte e separate. Istituire, invece, una Giornata nazionale della memoria del Corpo degli alpini in quella data, come dicevo prima, rischia anche di offenderlo quel Corpo, perché istituisce la Giornata della memoria in una data sconveniente, che focalizza l'attenzione solo sulla parte che riguarda le azioni militari e per di più in una campagna di invasione alleata delle truppe naziste.
È, guardate, quasi surreale dover discutere di questo; ed è ancora più singolare, perché poi la casualità della storia vuole che quella battaglia avvenga il 26 gennaio, e noi stiamo discutendo di istituire la Giornata della memoria del Corpo degli alpini il 26 gennaio, nel giorno di una battaglia di invasione, alleati dei nazisti, il giorno prima della Giornata della memoria che riguarda l'Olocausto. Vedete, noi rischiamo veramente di trovarci dentro un paradosso in questa vicenda. E lo dico con rammarico, perché nella Commissione c'è stato finora un lavoro tranquillo, avevamo provato; ma su questo punto non c'è stata assolutamente la possibilità di discutere. Oggi discutiamo di questa cosa in Aula perché è giusto che ognuno di voi sia a conoscenza, sia consapevole di quello che noi stiamo facendo.
Probabilmente, anzi, è sicuramente un provvedimento secondario rispetto ai grandi problemi di questo Paese, ma è un punto simbolico che riguarda anche la nostra memoria collettiva. Noi oggi in questo modo stiamo facendo un torto alla nostra memoria collettiva, e lo stiamo facendo anche utilizzando dentro questa vicenda il Corpo degli alpini, che avrebbe meritato più rispetto che essere utilizzato dentro una campagna complessiva che ha molto di revisionismo storico e poco, invece, oggi di conservazione della memoria. Ecco, questo è il motivo per cui noi, pur riconoscendo il valore, la necessità, l'urgenza anche di istituire una giornata di questo tipo, di rendere onore, omaggio anche al Corpo degli alpini, che ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nella vita del nostro Paese, purtroppo saremo costretti ad astenerci su questa proposta di legge. E lo dico con grande dispiacere, perché non è che non avevamo sul campo una proposta accettabile: noi avevamo indicato la data di fondazione del Corpo degli alpini; era solo questo, uno spostamento di data. Ma purtroppo oggi, dentro questa discussione, dentro la dinamica di questa legislatura, anche le cose semplici non si riescono a fare; c'è un irrigidimento che spesso finisce per farci fare delle cose, che sarebbero state utili e buone, per farcele fare male. Questo è il motivo per cui noi ci asterremo, nonostante siamo d'accordo con l'istituzione di una Giornata per la memoria del Corpo degli alpini (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luca De Carlo. Ne ha facoltà.
LUCA DE CARLO (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, la nostra nazione, l'Italia, è tale perché è l'unione fra noi e chi è stato italiano prima di noi, in attesa e preparazione di chi verrà dopo di noi: un legame stretto e indissolubile, un legame che sentiamo nel cuore come nel pensiero. Non è quindi una sorpresa che un partito come il nostro, convintamente patriottico, più nei fatti che nelle parole, sia legato alla nostra storia e ai nostri simboli: non può essere diversamente. E tra i simboli più sacri dell'Italia c'è la penna, quella degli alpini: non c'è un bambino che non sia rimasto colpito vedendo la penna sul cappello, e non c'è bambino che, mentre sfilano gli alpini, non l'abbia voluta toccare. Non solo per curiosità, ma anche perché istintivamente tutti noi sappiamo che dove ci sono gli alpini, là c'è quella casa più grande che noi chiamiamo da sempre “patria”.
Tutti conoscono la penna nera, che è poi il soprannome degli alpini, ma, a seconda dei gradi, viene utilizzata quella marrone o quella bianca, ma è sempre una penna. Perché la penna sul cappello la indossava il protagonista montanaro e ribelle dell'opera Ernani di Francesco Maria Piave e Giuseppe Verdi, un'opera che parla di libertà, che invoca la libertà. E proprio con la musica di Verdi tanti patrioti partirono volontari per le guerre d'indipendenza del nostro Risorgimento, partirono con una penna sul cappello come simbolo di libertà e di giustizia. Giuseppe Verdi, l'opera lirica, la musica, la libertà e la guerra: tanto di quello che passa tra la grandezza della nostra storia e l'eroismo delle nostre tragedie è rappresentato dalla penna che gli alpini di ieri e di oggi indossano con orgoglio; la indossano e l'indossiamo consapevoli che averla vuol dire far parte di una comunità straordinaria. La nostra penna è nera, marrone e bianca, ma è sempre una penna, e non c'è differenza di grado capace di renderci altro rispetto a quello che siamo: figli del nostro motto, “Di qui non si passa” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Che vuol dire difendere i confini, difendere chi sta accanto alla propria comunità, ma soprattutto vuol dire porsi ad argine contro il male, qualunque sia la sua forma, qualunque sia il costo da pagare.
Come durante la battaglia di Nikolajewka, che oggi viene presa a simbolo del sacrificio degli alpini: su 57 mila uomini, oltre 34 mila non tornarono a casa, un tributo di sangue terribile. Eppure quanti altri poterono ritornare grazie a questo sacrificio? Quante sono le case di cui i padri, i mariti, i fratelli sono ritornati dalla guerra quando tutto sembrava perduto? Quanti hanno saputo che mentre i propri parenti riuscivano a tornare, gli alpini (non da soli, certo) si facevano massacrare sul posto, affinché altre mogli, altre madri, altri figli potessero essere felici di riabbracciare i propri cari (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?
Gli alpini non volevano di certo morire, come nessuno vuole morire, ma bisogna farlo. Di qui non si passa: e allora sono rimasti lì, si sono sacrificati, pregando che i loro cari li ricordassero con più orgoglio che tristezza. Orgoglio, perché sono stati eroi; orgoglio, perché si sono sacrificati sull'altare della giustizia e dell'Italia.
Questo sacrificio è il legame che non può essere rotto, perché è stato scritto con la nostra penna: una penna che si è dimostrata spesso, troppo spesso fedele al giuramento, così fedele che i colori tradizionali ne coprono il colore vero, quello rosso del sangue e del sacrificio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Rossa è la nostra penna, e rosso è l'inchiostro con cui gli alpini hanno saputo scrivere storie di coraggio, di amore per l'Italia e per il prossimo. Cosa sarebbe rimasto dell'Italia se gli alpini non avessero fermato e poi sconfitto l'Austria-Ungheria sui monti della Prima guerra mondiale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? L'impresa del Monte Nero, il Col di Lana che diventa “col di sangue”, e tutte le battaglie fino ad arrivare al Grappa, a quello spicchio di monte che ha salvato l'Italia e che poi le ha dato la vittoria; ed ovunque è un alpino a conquistare un passo, una roccia, a fare scudo con il proprio petto.
Cosa sarebbe dei paesi distrutti dai terremoti o dal fango, in Italia o all'estero, senza gli alpini ad arrivare dove nessun altro può? Quando tutto crolla, quando la neve o il fango sono così alti che ogni passo è una tortura, là state sicuri che accorreranno gli alpini. Quando ci vedete nei luoghi del nostro sacrificio, provate a guardarci negli occhi: ci troverete i nomi di tutti quelli che, fedeli al giuramento, non sono scesi dalle montagne, in guerra come in pace; quelli che anche dopo il sacrificio più grande rimangono come patroni laici dell'Italia, pronti a tornare nei gesti di chi ne saprà amare il ricordo. E allora guardateci negli occhi, in questi occhi pieni di eredità, in questi occhi troppo spesso vuoti di riconoscimento, se non quello del commilitone o dei bambini che con noi cantano le nostre canzoni; e anche se sarebbe giusto qualcosa di più, e se a volte quello che c'è non basta, noi ce lo facciamo bastare. Perché noi non siamo hippy, noi non siamo peace and love e gesti inopportuni: siamo custodi della pace e amanti dell'Italia, siamo soldati; questo è il nostro dovere, e questo facciamo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!
E allora quando sulle cime trovate le croci, trovate gli alpini: quelli che cantano ad alta voce nei raduni, quelli famosi perché bevono forte (certo, è vero), ma soprattutto quelli che, non importa davvero siano credenti o meno, rivolgono a Dio la preghiera di essere all'altezza dell'amore che abbiamo per i nostri cari, per la nostra patria, per la nostra millenaria civiltà cristiana (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ed è per questo che le croci sui monti resistono alle intemperie: perché noi le rendiamo vive col ricordo e con l'eredità; quel sangue versato è lo stesso che scorre in noi, quello del dovere: perché là dove scorre la vita non può esserci crollo o intemperia così terribile da impedire ad un alpino di arrivare.
Noi che veniamo dalla montagna, da quando siamo nati sappiamo che quando la neve è troppo alta, quando il fango tende ad ogni passo una tortura, quando il freddo, il gelo e il vento diventano insopportabili, possiamo chiuderci in casa davanti al camino, con una grappa in mano, sì, ed essere tranquilli, al sicuro, perché là fuori, e non importa che inferno ci sia, un alpino raggiungerà chi è in pericolo, un alpino difenderà un confine, un alpino ci renderà ancora orgogliosi di essere italiani; perché là fuori un alpino di oggi, insieme allo spirito degli alpini di ieri, raggiungerà la vetta. E allora, Presidente, io sono orgoglioso di essere un parlamentare italiano, sono orgoglioso di essere il sindaco del mio paese, ma sono anche orgogliosamente, ancor di più orgogliosamente l'alpino Luca De Carlo della Brigata alpina “Cadore” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Sul foglio matricolare, Presidente, c'è scritto “congedato”, ma è solo una scritta, perché quando sei alpino lo rimani per sempre. E allora da alpino, da sindaco di un paese di montagna, da parlamentare italiano oggi, da rappresentante di Fratelli d'Italia ho l'orgoglio di dire a testa alta: noi votiamo convintamente “sì” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guido Germano Pettarin. Ne ha facoltà.
GUIDO GERMANO PETTARIN (FI). Onorevoli colleghi, 76 anni fa - lo abbiamo ripetuto diverse volte - il 26 gennaio 1943, in una pianura battuta da un gelidissimo respiro della Siberia, il vento che si chiama buran, si scriveva una delle più tragiche e allo stesso tempo gloriose pagine della storia militare italiana: per noi italiani, per noi alpini la battaglia di Nikolajewka, episodio di disperata abnegazione, di coraggio sovrumano, è motivo di intensa e di non retorica commozione.
La tragica ritirata del Don iniziò la notte del 17 gennaio 1943. In Italia della tragedia che ne seguì si sarebbe saputo soltanto a distanza di mesi con il ritorno dei primi sopravvissuti. Degli alpini ne tornarono solo 11.000 su 57.000 schierati su quel fronte: erano i nostri migliori reparti, furono annientati combattendo in pianura con fucili e cannoncini anticarro contro il mitra Parabellum e i T34 dell'Armata Rossa. Morirono crollando a terra vinti dal freddo, implorando un aiuto che pochi avevano la forza di dare; morirono di freddo sui carri merci scoperti che li portavano nei campi di prigionia; morirono di fame prima e di tifo poi nelle mani dei russi penosamente impreparati a riceverli ed indifferenti alla loro sorte dopo che avevano visto perire 20 milioni di loro connazionali assassinati dai nazisti. Quando la colonna, ridotta forse a un quinto delle dimensioni originarie, giunse a Nikolajewka la Julia e la Cuneense non esistevano più. C'era solo la Tridentina che, con i resti frantumati di altri reparti, dovette andare all'assalto del villaggio dove passava la ferrovia: una linea ferrata che per tutti arrivava diritta a baita, a casa. Nessuna parola, nessun racconto, nessuna descrizione potrà mai essere sufficiente per descrivere quanto è accaduto il 26 gennaio 1943.
Gli alpini furono costituiti ufficialmente il 15 ottobre 1872 come specialità dell'Arma di fanteria destinata all'impiego nella difesa dei valichi e nella guerra in montagna. Il loro simbolo, la penna nera, è motivo di orgoglio per la storia d'Italia: spirito di corpo unico, grande determinazione e reclutamento territoriale furono i punti di forza delle truppe alpine. Dall'atto della loro costituzione gli alpini si sono sempre contraddistinti non solo per il carattere regionale e locale delle loro unità, fonte di straordinaria coesione nei momenti di maggiore difficoltà, ma per il fatto di costituire una comunità legata al territorio che non è composta solo dai militari in servizio ma da tutti coloro che si trovano anche in congedo. Nella loro lunga storia gli alpini sono stati impiegati in ogni teatro operativo. In tempo di pace gli alpini hanno svolto sia compiti militari di difesa dell'arco alpino sia compiti di soccorso ed assistenza in occasione di calamità naturali. Nel corso delle numerose calamità naturali che si sono abbattute sul nostro Paese, l'ANA si è distinta per l'altruismo e lo slancio con cui ha prestato il proprio soccorso alle popolazioni colpite grazie a una operatività che si fonda, oltre che sul personale militare professionale, anche sui volontari in grado di coordinare con efficienza e con tempestività tutte le attività di intervento e di soccorso. Tra le più importanti operazioni di soccorso gli alpini si distinsero in quelle di soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto di Messina nel 1908, nel disastro del Vajont del 1963, nei terremoti del Friuli, dell'Irpinia e del Molise, nell'alluvione della Valtellina del luglio 1987 e, ancora dopo, nel sisma in Umbria e nelle Marche del 1997 e nel recente terremoto de L'Aquila. Tale valore è stato solennemente riconosciuto dal Presidente della Repubblica che ha insignito l'ANA della medaglia d'oro al valor civile. I valori che incarnano gli alpini nella difesa della sovranità e dell'interesse nazionale e nell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato meritano di essere celebrati e raccontati ai nostri ragazzi e alle future generazioni. I nostri figli devono sapere che gli alpini rappresentano una lunga e nobile tradizione di coraggio e sacrificio al servizio della patria e della comunità italiana, simbolo di identità nazionale e di dedizione assoluta. I valori che incarnano gli alpini nella difesa della sovranità e dell'interesse nazionale e nell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato sono di esempio per tutti noi, per chi ogni giorno lavora nelle istituzioni ma anche per tutti i cittadini chiamati ogni giorno a contribuire alla vita e alla crescita del nostro Paese. Il grande valore degli alpini acquista oggi un rilievo fondamentale considerato anche, ad esempio, il recente settantatreesimo anniversario della Repubblica italiana e ricordando tutti coloro che hanno combattuto per donarci la libertà e che tutti i giorni, sia in patria sia nelle missioni all'estero, onorano il tricolore.
Il sacrificio alpino, Presidente, colleghi e colleghe, è l'altra faccia della medaglia dello spirito alpino: onore, coraggio, dedizione, umanità e rispetto per le istituzioni e per gli uomini. “Alpin jo, mame!”: vorremmo essere tutti alpini e, con questa norma che stiamo per votare, un po' lo diventiamo. Preannuncio quindi il voto favorevole del gruppo di Forza Italia: viva gli alpini! Viva l'Italia! Mandi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buratti. Ne ha facoltà.
UMBERTO BURATTI (PD). Grazie, Presidente. Con il provvedimento sull'istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini non intendiamo celebrare solo un fatto d'arme, una battaglia, la data del 26 gennaio 1943, quando, dopo l'accerchiamento che c'era stato alle nostre truppe nella località Nikolajewka, esse riuscirono a sfondare l'accerchiamento. Ma vogliamo ricordare il sacrificio di quegli uomini che, come ha scritto nel suo ultimo libro Marco Mondini, tutti giovani su vent'anni, trovarono nella disperazione di quel momento la forza per andare oltre e per poi, da lì, fare ritorno alle loro case. Io ho fatto il servizio militare come ufficiale di complemento negli alpini, 104° corso della scuola allievi ufficiali di Aosta, e poi il servizio di prima nomina a Bolzano, alla caserma Huber, e qua ci sono altri colleghi del mio gruppo che hanno avuto lo stesso onore di servire il nostro Paese in quella caserma. Ho conosciuto tanti alpini che avevano vissuto quel momento della battaglia di Nikolajewka. Ebbene loro erano i primi a dire: mai più guerra, mai più guerra; ed invece è necessario impegnarci per la pace. In che modo? In che forma? Lo spirito alpino, già è stato detto, è quello dell'Associazione nazionale alpini che ha un motto: per ricordare e celebrare i nostri morti aiutiamo i vivi e l'Associazione nazionale alpini svolge in tutto il Paese l'attività di volontariato, l'attività di Protezione civile. Gli alpini sono i primi e sono anche organizzati per poter portare con il loro ospedale da campo, in poche ore, aiuto a popolazioni in difficoltà. Questo è il Corpo degli alpini di oggi. Dobbiamo ricordare che tra l'altro la formazione del Corpo degli alpini, dopo la costituzione dello Stato unitario dell'Italia, non veniva vista di buon occhio cioè avere reparti che venivano costituiti con popolazioni provenienti dai territori ma, al contrario, la caserma doveva essere la scuola di formazione della giovane Italia e allora chi era del nord andava al sud e chi era del sud andava al nord. Ebbene invece fu fatta da parte di Perrucchetti ma anche del generale Cesare Ricotti Magnani la proposta di costituire truppe che provenivano dalle località di montagna e, quindi, vicine a quei territori perché erano esperti e quindi con la conoscenza dei luoghi potevano svolgere la loro attività e il loro servizio per la patria.
Dicevamo di Nikolajewka e di quel tremendo momento. Mario Rigoni Stern ha scritto pagine che credo tutti noi abbiamo avuto modo di apprezzare: in quelle pagine si legge la disperazione ma al contempo anche l'umanità.
Dunque, proprio nella giornata del 26 gennaio, diceva: gli alpini salvati da un compagno, gli ufficiali che muoiono alla testa dei loro uomini, gli attendenti che si fermano per piangerli, come si farebbe con un bambino, sono gli episodi che formano il vario affresco del 26 gennaio, il giorno della battaglia di Nikolajevka che culmina nella scena del generale Reverberi, comandante della Tridentina, il quale, nel momento cruciale della battaglia, guida personalmente i superstiti all'assalto.
Già nella discussione generale, ho avuto modo di ricordarlo, ma lo voglio fare anche questa sera; in quei momenti ci sono stati veramente dei gesti eroici, dai quali poi sono venuti riconoscimenti al valor militare, ma sono tantissimi quelli che non hanno avuto l'onore di una medaglia e di un riconoscimento, come il mio concittadino, Lirio Barberi, un medico, il quale, subito dopo lo sfondamento di Nikolajevka, anziché tornare con gli altri e, quindi, prendere la via di casa, decise di fermarsi ad aiutare i feriti, gli alpini e gli altri soldati. Perché non ci dimentichiamo che, oltre agli alpini, c'erano anche altre formazioni militari, e decise di rimanere lì, sul campo, ad aiutare i feriti. Sono grandi gesti di umanità; in quella battaglia, ci fu qualcosa di particolare, non era più una battaglia, era diventato un luogo nel quale si cercava di uscire da quella tremenda sciagura a cui erano stati portati i nostri militari, per tornare alle loro case o, come diceva Rigoni Stern, per tornare a “baita”.
Ebbene, io vorrei terminare questo mio intervento, nel ricordare che da sempre l'Associazione nazionale alpini celebra questo anniversario nel mese di gennaio e noi, quindi, oggi, ci troviamo a codificare quella celebrazione, quell'anniversario, però, dando quei valori che dicevamo prima, perché, poi, alla fine, chi erano gli alpini? Erano il popolo, era gente comune, erano uomini che avevano lasciato le loro case, ma in quel momento avevano il desiderio di far ritorno alle loro case, e si erano trovati in una terra così lontana; sono tanti anche quei momenti nei quali c'è stato un rapporto di amicizia o quasi con i russi e con quelle popolazioni; del resto, i racconti sono tanti.
Ma, come dicevo, voglio terminare questo mio intervento, anche nel segno di una speranza, che sono le parole del canto alpino “Io resto qui, addio”, musicato dal maestro Giorgio Susana che dice: “Io resto qui, Addio! Stanotte, mi coprirà la neve e voi che tornerete a casa pensate qualche volta a questo cielo di Russia. Io resto qui, addio! Con altri amici in questa terra e voi che tornerete a casa sappiate che anche qui, dove io riposo, in questo campo vicino al bosco di betulle, verrà la primavera” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Roberto Paolo Ferrari che, per ragioni analoghe a quelle della precedente dichiarazione di voto, preferisce rimanere nei banchi del suo gruppo parlamentare. Prego, ne ha facoltà.
ROBERTO PAOLO FERRARI (LEGA). Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, stiamo per esprimere il voto finale ad una proposta di legge di per sé semplice, composta di pochi articoli e che ha trovato largo consenso tra i gruppi politici, ma che, al contempo, rappresenta un gesto significativo e ricco di contenuti nei confronti di un Corpo militare che ha da sempre, fin dalla sua costituzione, rappresentato un riferimento sicuro per le popolazioni del nostro Paese.
Il Corpo degli alpini fu costituito il 15 ottobre 1872 su intuizione del capitano di Stato maggiore Giuseppe Perrucchetti e di impulso dell'allora Ministro della guerra Ricotti Magnani. Con decreto firmato dal re Vittorio Emanuele II a Napoli.
Lombardo il primo, piemontese il secondo, entrambi uomini di pianura che, attraverso un decreto firmato in una delle capitali del sud Italia, hanno permesso la nascita del primo Corpo di fanteria di montagna al mondo, immagine di come la sintesi delle diverse identità sia la bellezza e la grandezza di questo Paese ed anche di come, come spesso è accaduto nella storia, i nostri ingegni abbiano precorso i tempi.
Una specialità, quella degli Alpini a reclutamento territoriale, che da subito è divenuta l'orgoglio delle genti di montagna e dei valligiani che l'hanno alimentata con la loro migliore gioventù.
Il primo impiego di queste truppe non fu militare, bensì di soccorso a favore delle popolazioni di Alpago nel Bellunese, colpite da un terremoto nel luglio del 1873, mentre il battesimo del fuoco non l'ebbero sulle Alpi, bensì in terra d'Africa, nel 1896 nella battaglia di Adua, per la quale fu conferita anche la prima medaglia d'oro al valor militare alla memoria ad un alpino.
Un valore dimostrato sui campi di battaglia e in tutti gli impieghi militari del Paese che, da allora, non è mai venuto meno per questo glorioso Corpo del nostro esercito. Un sacro dovere di difesa della patria, come recita l'articolo 52 della Costituzione, a cui gli alpini, ogni volta che fu loro chiesto, non si sottrassero. Gli alpini, infatti, come recita il loro inno, il famoso “33”, furono e saranno sempre pronti con fierezza e valore alpino a difendere la frontiera e là sul confin tenere alta la bandiera (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia).
Anche per queste ragioni, gli alpini pure in epoca repubblicana sono stati schierati nelle più significative missioni internazionali, dal Mozambico ai Balcani, dall'Afghanistan al Libano ed, inoltre, come per il loro impiego nel lontano 1873, non hanno mai mancato di aiutare le vittime delle calamità.
È utile ricordare, infatti, che dal terremoto di Messina del 1908, passando per la tragedia del Vajont, alle alluvioni della Valtellina e del Piemonte, ai terremoti del Friuli, dell'Irpinia, dell'Umbria, delle Marche, de L'Aquila e del Centro Italia, questi nostri soldati hanno cercato di alleviare le ferite dei fratelli colpiti.
Al fianco degli uomini e delle donne in servizio si schierano, poi, esattamente da cento anni, le centinaia di migliaia di penne nere in congedo, che fanno dell'Associazione nazionale alpini, con i suoi 350 mila iscritti, di gran lunga la più grande associazione d'arma del Paese, presenza viva e vitale che annualmente viene testimoniata dalle adunate oceaniche che si svolgono nelle città d'Italia, come l'ultima, quella del centenario, tenutasi lo scorso 12 maggio a Milano.
Si tratta di un'associazione che testimonia, attraverso l'impegno sociale dei suoi scritti, i valori alpini appresi durante il servizio militare. È, infatti, ben noto agli amministratori locali l'apporto dato dai gruppi e dalle sezioni dell'ANA alle attività di natura sociale e manutentiva nelle situazioni in cui si sono resi necessari interventi di protezione civile.
Altruismo che mai si è limitato alle aree geografiche di provenienza delle truppe alpine, bensì è sempre stato pronto con slancio ad aiutare chiunque ne abbia avuto bisogno e il Libro Verde pubblicato ogni anno raccoglie il tanto fatto dalle penne nere in congedo. A testimonianza di ciò l'Associazione è stata insignita di due medaglie d'oro al valor civile e della medaglia della pubblica benemerenza di prima classe della Protezione civile (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
Tornando alle truppe di questa nostra fanteria di montagna, esse hanno una storia corredata di avvenimenti importanti e gesti eroici, ma per onorare la memoria del sacrificio degli alpini si è individuata una data, ricorrenza di una battaglia in cui questo eroismo e il sacrificio sono stati portati allo spasmo.
La battaglia di Nikolajewka, avvenuta il 26 gennaio 1943, è infatti riconosciuta dalla storiografia militare come esempio di coraggio, spirito di sacrificio ed alto senso del dovere, la più significativa di quelle combattute per consentire il ripiegamento dell'armata italiana e rompere l'accerchiamento nemico sul Don, durante la ritirata della campagna di Russia. Una lotta impari, in condizioni estreme, per consentire la salvezza a quanti più commilitoni possibili, combattuta al grido di “Tridentina avanti!”, che costò la vita a quasi 40 mila uomini, su un contingente di 60 mila. Questo fu il sacrificio alpino.
Testimonianze di quell'epopea drammatica ci sono state trasmesse da alpini che vollero cristallizzare nei loro libri i patimenti e l'eroismo di tanti. Nacquero così, per citare i più significativi, Centomila gavette di ghiaccio di Giulio Bedeschi, Mai tardi. Diario di un alpino in Russia, di Nuto Revelli e il celebre Sergente nella neve di Mario Rigoni Stern.
Mi piace poi ricordare quanto narrato nel Cristo con gli alpini del beato don Carlo Gnocchi, cappellano al seguito delle truppe alpine dell'Armir che volle testimoniare di come, anche nell'abisso della guerra, la fede semplice di tanti uomini abbia prodotto gesti di profonda umanità nei confronti sì dei compagni, ma anche di coloro che erano in quel momento nemici (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
Voglio in questa occasione ricordare anche il nome di un reduce di quella folle campagna militare: il soldato Mario Corti, classe 1918, andato avanti nel 2005, che nulla dirà ai componenti di questa Camera se non a un ragazzino che sedeva sulle sue ginocchia ascoltando brandelli di racconti di quei tormentati ricordi, che la famelica curiosità di un giovane cercava di strappare al dolore sempre vivo per la tragedia vissuta ed al gelo pungente che ancora attanagliava l'anima di chi, nel corpo e nella mente, quello strazio aveva dovuto sopportare. Quel ragazzino ha il privilegio di parlare oggi a quest'Aula e ha il grande onore di essere relatore del provvedimento che ha il compito di perpetuare la memoria di quel valore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
L'istituenda Giornata, collocata in quella specifica ricorrenza, vuole quindi anche testimoniare del sacrificio e del valore manifestati, così come ho cercato in estrema sintesi di tratteggiare. Una battaglia sì della Seconda guerra mondiale ma che la straordinaria peculiarità di questo corpo ha permesso fosse una memoria viva e spesa a favore dei più fragili e degli ultimi, una memoria resa fertile dal tanto sangue versato. Un esempio su tutti è il monumento vivente degli alpini edificato a Brescia. Si tratta di una grande struttura edificata nel 1983 e donata come sede della cooperativa sociale e scuola “Nikolajewka”, nata per erogare attività a favore delle persone con grave disabilità motoria. All'interno dell'atrio della struttura è collocata una lapide su cui è scritto: “Nel quarantesimo anniversario della battaglia di Nikolajewka, nel ricordo di quanti senza odio ma senza viltà caddero combattendo per l'onore della bandiera e la salvezza dei fratelli, gli alpini hanno edificato con amore e lieta fatica questa scuola di mestieri perché a coloro che meno hanno avuto dalla sorte si schiuda un più sereno avvenire”. Credo davvero che in queste parole sia condensato lo spirito di Nikolajewka, lo spirito del valore alpino. Ecco perché il 26 gennaio per gli alpini e già Giorno della memoria e del sacrificio del valore. Ecco perché, come spesso accade, noi stiamo solo andando a statuire ciò che il sentimento di questi militari in servizio e in congedo già riconosce.
Per tutti questi motivi, non senza emozione, annuncio il convinto voto favorevole del gruppo della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanni Luca Aresta. Ne ha facoltà.
GIOVANNI LUCA ARESTA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, istituire una Giornata nazionale del sacrificio degli alpini significa voler anzitutto celebrare e raccontare alle giovani generazioni i valori nella difesa della sovranità, nell'etica della partecipazione civile e della solidarietà che, nella fattispecie, caratterizzano il corpo costituito il 15 ottobre 1872 come specialità dell'Arma di fanteria, destinato all'impiego della difesa dei valichi e nelle guerre di montagna. La data prescelta dai presentatori è il 26 gennaio nel ricordo della battaglia di Nikolajewka dove il sacrificio degli alpini, di tutta la nostra formazione presente, consentì il ripiegamento dei militari italiani superstiti della campagna di Russia. Le penne nere che, al pari di tutte le armi e specialità furono impegnate sul fronte russo nel Corpo di spedizione italiano in Russia prima e dopo nell'Armata italiana in Russia durante il Secondo conflitto mondiale, sono motivo di orgoglio per la storia d'Italia. Uno spirito unico e distintivo e una grande determinazione furono, in particolare, i punti di forza delle truppe italiane, di tutte le truppe italiane e non soltanto, dunque, di quelle alpine. Esse dall'atto della loro costituzione, proprio così come è stato per gli alpini, si sono sempre contraddistinte non solo per il carattere della loro unità ma soprattutto perché fonte di straordinaria coesione nei momenti di maggiore difficoltà e per il fatto di costituire una comunità legata ai territori che non è composta solo dai militari in servizio bensì da coloro i quali anche si trovano in congedo. Basti pensare ai raduni delle associazioni d'Arma che richiamano tuttora centinaia di migliaia di partecipanti in tutto il territorio nazionale.
Dunque, la data prescelta rimanda a una delle più importanti e sanguinose battaglie che videro in prima linea il Corpo d'armata alpino nella Seconda guerra mondiale, in particolare nella campagna di Russia durante il ripiegamento delle residue forze dell'Asse a seguito del crollo del fronte sul Don dopo la grande offensiva dell'Armata Rossa iniziata il 12 gennaio 1943. Ricordare le tragedie di Russia tra il 1942 e il 1943 significa fare dunque memoria dell'ultima di una lunga serie di guerre volute dal fascismo e dalle forze economiche e industriali che appoggiarono la sua politica estera di aggressione e di conquista. Ricordare la Russia in primo luogo significa allora condividere la verità storica su cui quel conflitto bellico scatenò il nazismo e il fascismo, suo alleato e corresponsabile di tale immane tragedia. I milioni di morti che si contarono alla fine del 1945 vanno ascritti tutti alla loro responsabilità: 26 milioni di cittadini e cittadine dell'ex Unione Sovietica, “sottospecie umana” - cito testualmente - furono aggrediti e sterminati non solo dai tedeschi ma anche dalle nostre truppe composte da alpini, carabinieri, artiglieri, fanti, bersaglieri e personale del genio. Se la storia va studiata, ricordata e insegnata anche con le sue tragedie, oggi possiamo affermare solennemente, anche alla luce dei princìpi costituzionali, che le Forze armate della nostra Repubblica non saranno mai più utilizzate in guerre di aggressione come, invece, fu la guerra di Russia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Tutte le nostre forze in campo furono impiegate sia per combattere sul campo di battaglia sia in rastrellamenti, distruzioni di villaggi, fucilazioni. Se le nostre unità per il numero e le disposizioni ebbero un ruolo minore nelle operazioni belliche esso non fu per questo meno criminale. Stavamo dalla parte sbagliata e facevamo una guerra come tutte le guerre in cui si uccide o si viene uccisi perché “pietà l'è morta”. In questo c'è una sola conduzione che accomuna tutte le nostre Forze armate ora come allora: l'ineguagliabile spirito di corpo, la generosità, la formidabile volontà, la calda umanità, la capacità di affrontare i pericoli della vita e lo spirito di sacrificio che diedero la forza a questi uomini di uscire a testa alta da tale tremenda odissea. A quei valorosi soldati che con grande dignità e senso di responsabilità affrontarono durissimi sacrifici e sofferenze tali che la nostra mente oggi non riesce a concepire, a tutti i caduti che sulle gelide nevi della steppa russa e nei letali lager sovietici immolarono la loro vita vada la nostra riconoscenza e il nostro imperituro ricordo.
Oggi abbiamo il dovere morale di ricordare il prezioso patrimonio che ognuno di essi ha lasciato alle nuove generazioni: l'amore di patria, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio e di umana solidarietà, il senso di responsabilità, il desiderio di vivere in pace e libertà, insomma i valori che i nostri militari hanno portato e tuttora portano sempre dentro i loro cuori e che noi tutti abbiamo il dovere di fare nostri.
A tal proposito dichiaro il voto favorevole del gruppo del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
ROBERTO PAOLO FERRARI , Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO PAOLO FERRARI , Relatore. Grazie, Presidente, e così diamo il tempo anche ai colleghi di riprendere posto.
Mi corre l'obbligo di ringraziare tutti i componenti della Commissione a partire dal presidente, perché il lavoro che si è svolto durante le discussioni in Commissione e le audizioni hanno consentito di giungere a un testo largamente condiviso e che rende merito, come abbiamo sentito negli interventi dei colleghi, a quella che fu una battaglia combattuta in una guerra sbagliata, ma che seppe dimostrare l'eroismo di uomini che, a sacrificio della propria vita, permisero ad altri di conservarla. E, soprattutto, di come questa memoria è stata trasformata in un gesto di assoluta solidarietà da parte degli Alpini in congedo.
Detto questo, quindi ringraziando tutti coloro che hanno partecipato a questo lavoro, spero che vi possano essere altri momenti come questi, di unione del Parlamento su provvedimenti di legge come quello che ci accingiamo a votare.
PRESIDENTE. La Presidenza si associa ai suoi ringraziamenti.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 622-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 622-A, con il seguente nuovo titolo:
"Istituzione della Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione) (I l deputato B uratti mostra un cappello degli A lpini - A pplausi).
Deputato Buratti, per cortesia, l'abbiamo vista e abbiamo lasciato correre.
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 18) (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia e di deputati del Gruppo Misto).
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare alla discussione delle mozioni Lazzarini, D'Arrando, Gemmato ed altri n. 1-00145, Siani ed altri n. 1-00200 e Pedrazzini ed altri 1-00201 concernenti iniziative per la cura e l'assistenza del paziente oncologico.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame di tali mozioni è differito alla prossima settimana.
Discussione delle mozioni Spena ed altri n. 1-00191, Ascari, Bisa ed altri n. 1-00196, Siani ed altri n. 1-00197 e Emanuela Rossini ed altri n. 1-00205 concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza sui minori (ore 16,51).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Spena ed altri n. 1-00191 (Nuova formulazione), Ascari, Bisa ed altri n. 1-00196, Siani ed altri n. 1-00197 e Emanuela Rossini ed altri n. 1-00205, concernenti iniziative volte a prevenire e contrastare la violenza sui minori (Vedi l'allegato A).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 7 giugno 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 7 giugno 2019).
Avverto che è stata presentata la mozione Rostan e Fornaro n. 1-00207, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente.
Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare la deputata Marrocco, che illustrerà anche la mozione Spena ed altri n. 1-00191 (Nuova formulazione), di cui è cofirmataria.
PATRIZIA MARROCCO (FI). Grazie, Presidente. La violenza nei confronti dei minori, in tutte le sue forme, rappresenta una chiara violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione, che sanciscono il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo e dell'uguaglianza, nonché parità di dignità sociale di tutti i cittadini innanzi alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La violenza sui minori è infatti costituita da tutte quelle forme di maltrattamento fisico, psicologico, sessuale, nonché di abbandono e solitudine che ha come conseguenza un danno reale o potenziale per la salute stessa dei bambini, fino ad arrivare a gravi attentati all'integrità fisica. Come si evince dai recenti episodi di cronaca, la violenza nei confronti dei minori di età all'interno delle mura domestiche sta assumendo sempre di più i tratti di una grave ed inarrestabile emergenza.
La famiglia, che dovrebbe garantire la tutela e la crescita personale del minore, in diversi casi diviene il luogo in cui si consumano gravi episodi di violenza fisica e psicologica che vengono messi in atto dalle persone che dovrebbero salvaguardare il minore, ovvero dai familiari e, in numerosi casi, dagli stessi genitori. Quanto accaduto negli ultimi mesi mostra tutta la gravità della situazione: il 22 giugno 2019 nel salernitano una bimba di otto mesi è arrivata in ospedale priva di vita, riportando sul corpo lividi, ecchimosi ed escoriazioni; a Novara, un bambino di appena venti mesi è stato massacrato di botte e ucciso a causa delle violente percosse; a Piacenza, un bambino di due anni ha perso la vita dopo che suo padre lo ha dimenticato in auto per otto ore sotto il sole, mentre era al lavoro; a Taranto, una bambina di sei anni è stata lanciata dal balcone dal padre; in provincia di Roma, a Genzano, una bimba di ventidue mesi è stata picchiata dal suo patrigno perché piangeva; a Padova, un bimbo di cinque anni è stato narcotizzato dalla mamma, per poi ucciderlo; in provincia di Frosinone, una donna ha strangolato il figlio perché faceva i capricci; a Milano, un piccolo di due anni è stato ucciso dal padre, dopo avergli bruciato le piante dei piedi; in provincia di Napoli, il piccolo Giuseppe, di soli sette anni, è stato trovato morto adagiato sul divano, mentre la sorellina di otto anni è stata trasportata all'ospedale in gravissime condizioni, in quanto entrambi erano stati picchiati dal compagno della madre. In particolare, quest'ultimo caso dimostra l'inefficienza delle normative attualmente vigenti, poiché dalle intercettazioni risulta che le maestre erano pienamente a conoscenza delle drammatiche condizioni dei due piccoli, che più volte si erano presentati a scuola con tumefazioni e lividi. Le maestre, data la loro particolare qualifica, avevano l'obbligo di segnalare l'accaduto; se non lo hanno fatto, risponderanno di questo, subendo le sanzioni previste dalle normative vigenti.
Molto spesso intorno ai minori vittime di violenza si creano delle vere e proprie barriere di omertà, in cui i parenti, i vicini e i compagni di classe, pur essendo a conoscenza degli episodi di violenza, maltrattamenti e abusi, decidono di non denunciare l'accaduto alle autorità. Sul punto è da evidenziare come in Italia non esista un obbligo di denuncia, che risulterebbe, invece, fondamentale nel verificarsi di fatti di gravità elevata. Purtroppo i fatti di cronaca come quelli appena riportati sono da considerarsi quale punta di un iceberg di un fenomeno molto più ampio, in gran parte sommerso e purtroppo sottovalutato sotto il profilo psicologico, sociologico e anche statistico, soprattutto perché la violenza domestica sui bambini è un'emergenza da troppo tempo trascurata nel nostro Paese.
Se in Italia il tema della violenza sui minori è ancora oggi poco presente nel dibattito pubblico, trattandosi di un fenomeno che viene spesso socialmente occultato, nel resto d'Europa e soprattutto nei Paesi nordeuropei è stato già affrontato da tempo attraverso l'istituzione di strumenti di protezione adeguati. E, in effetti, la realtà nazionale pone dinanzi alla mancanza di un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni di minori, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato dell'ONU. La priorità è di fornire una fotografia aggiornata del fenomeno, per poterlo comprendere e analizzarlo in modo da predisporre delle risposte ad hoc. I dati, seppur parziali, si possono ricavare dall'ultima indagine condotta nel 2015, solo quattro anni fa, dall'Autorità garante per l'infanzia, dal Cismai e da Terre des Hommes, che fotografano una situazione allarmante: quattro bambini e adolescenti su mille sono in carico ai servizi sociali, per un totale di 457.453 bambini. L'indagine rileva che oltre la metà dei bambini maltrattati subisce una grande forma di trascuratezza e la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa. Circa un bambino su cinque tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare.
Purtroppo, ancora oggi, molti episodi di violenza non vengono denunciati poiché le giovani vittime, soprattutto adolescenti, provano sentimenti di vergogna e paura che spesso determinano conseguenze difficili da controllare, e i bambini, specialmente i neonati, in considerazione della tenera età non possono chiedere aiuto con la loro voce.
A ciò si aggiunge che molto spesso le giovani vittime trovano difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle scuole e nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre formato per affrontare fattispecie così complesse, dove è necessaria una formazione specifica, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta sia dopo, a violenza avvenuta, quando è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato.
Il fenomeno complesso della violenza sui minori comprende anche la cosiddetta violenza assistita intra-familiare, da considerarsi a tutti gli effetti una forma di maltrattamento, poiché obbliga il minore, suo malgrado, ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza, fisica, verbale, psicologica, sessuale e o economica rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando la propria esistenza in modo indelebile, con effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale.
In passato sono state poste misure di tutela contro le violenze perpetrate ai danni dei minori. Durante il governo Berlusconi IV, con la legge 4 maggio 2009, n. 41, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 5 maggio come Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori. In questa occasione possono essere organizzate iniziative volte a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla lotta contro la violenza sui minori per abbattere il muro di silenzio che troppo spesso si forma intorno a questo fenomeno di assoluta gravità, con l'obiettivo di sensibilizzare, far conoscere, nonché educare.
Per assicurare a livello nazionale la piena attuazione della tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, la legge 12 luglio 2011, n. 112, ha istituito l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, cui è affidato il compito di garantire la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza. Dall'avvio della XVIII legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dall'Osservatorio nazionale sulla famiglia non sono stati ancora riattivati, generando in questo modo un evidente vulnus in merito al monitoraggio degli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti delle persone minori di età, nonché azioni cardine per la creazione di risposte tarate quanto più sui bisogni ed esigenze specifiche.
La legge n. 328 del 2000, per la realizzazione del Sistema integrato di interventi e servizi sociali, istituisce il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali quale strumento di programmazione per individuare i principi e gli obiettivi della politica sociale. Nel caso in cui vi sia un sospetto di violenza, abuso o maltrattamento sui minori, i servizi sociali svolgono un'attività preziosa, soprattutto al fine di raccogliere informazioni e o elementi di valutazione utili per prevenire, in particolar modo nelle famiglie già prese in carico, situazioni critiche che possono sfociare in eventi drammatici e irreparabili. I numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti neonati, bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti, abusi sessuali o violenze, talvolta sino alla morte, da parte di persone in ambito familiare ed extra familiare, dimostrano come allo stato attuale il sistema di protezione non è in grado né di proteggere chi ha i mezzi per potersi difendere né di abbattere il muro di silenzio che talvolta circonda le situazioni di violenza e che coinvolge per lo più i vicini di casa e il personale scolastico e socio-sanitario. È opportuno che il legislatore prenda in seria considerazione il fatto che l'abuso sui minori esiste nella misura in cui la società in cui si perpetra lo rende possibile, dimostrandosi incapace di riconoscere in un atto tanto meschino e spregevole un segnale evidente di profonda violenza.
Forza Italia promuove campagne d'informazione e sensibilizzazione a livello nazionale in merito alla violenza sui minori e campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori, a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica affinché venga adottata ogni misura ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche, ad adottare iniziative per istituire un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni delle persone di minore età. Inoltre, ad assumere le opportune iniziative di competenza volte a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali al fine di potenziare la rete territoriale dei servizi sociali, in modo da favorire una maggiore protezione dei bambini maltrattati e di prevenzione in tale ambito; a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori; ad assumere le opportune iniziative volte a istituire un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori, con la finalità di analizzare le reali dimensioni e cause del fenomeno, di accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e dei soggetti competenti a svolgere attività di prevenzione e assistenza, nonché di promuovere la ricerca nel settore delle metodologie di intervento; ad adottare iniziative per rivedere le attuali normative poste a tutela del minore, intervenendo per colmare le gravi lacune evidenziate dagli ultimi drammatici fatti di cronaca, che dimostrano la necessità di adeguare l'attuale sistema normativo di natura penale, civile e di assistenza sociale al dilagante fenomeno della violenza; ad attuare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori; a promuovere politiche educative e di sensibilizzazione indirizzate all'opinione pubblica e a tutti coloro i quali si trovano regolarmente a contatto con i minori; a promuovere politiche educative indirizzate a tutte le persone di minore età, in particolar modo alle vittime di abusi e maltrattamento, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza del fenomeno, facendo sì che si sviluppi negli stessi la capacità di azione e riconoscimento degli atti di violenza; ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile; a predisporre apposite linee guida basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza al fine di creare una coscienza collettiva; ad adottare i protocolli e le tecnologie più efficaci ed avanzate per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza entro le mura domestiche attraverso corsi di prevenzione per tutti i soggetti che mostrano indirizzi di violenza nei confronti di minori; a programmare iniziative volte ad approfondire e prevenire il fenomeno criminogenetico della violenza intramuraria (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Stefania Ascari, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00196. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI (M5S). Presidente, quella che voteremo oggi è una mozione di vitale importanza per la tutela del nostro futuro e per la credibilità della società in cui viviamo. Le cronache dei nostri giorni, purtroppo, ci riportano continuamente casi di maltrattamento e addirittura omicidio di bambini, molto spesso aggrediti dai genitori o dai conviventi dei genitori. Un elenco triste ed emblematico, che svela una situazione grave e l'urgenza di iniziative che non si possono più rimandare. Un elenco che racconta la storia di Cinzia, una bambina di sei anni che lo scorso ottobre è stata lanciata dal padre dal balcone di un palazzo di Taranto ed è rimasta in coma per un mese e mezzo; di Giuseppe, che a gennaio di quest'anno, a Cardito, in provincia di Napoli, è stato picchiato fino alla morte dal compagno della madre, mentre la sorella, di 8 anni, è stata ricoverata in ospedale in gravissime condizioni per le percosse ricevute; o ancora, di una bambina di 22 mesi che lo scorso febbraio è stata picchiata selvaggiamente, quasi a morte, dal compagno della madre perché piangeva troppo, a Genzano di Roma.
Una moltitudine di bambine e di bambini che anche nel nostro Paese e ancora nel 2019 vedono violati i loro diritti.
Questo Parlamento non può rimanere indifferente. Non dimentichiamoci che saranno loro, domani, i giovani e gli adulti che avranno in mano le redini di questo Paese. La tutela della loro integrità psico-fisica pertanto dovrebbe essere il primo elemento, imprescindibile, dal quale ogni discussione sul futuro del nostro Paese dovrebbe partire. Per questo è fondamentale che vengano adottate tutta una serie di misure affinché lo Stato protegga questi minori e ne garantisca una crescita sana e priva di traumi. Organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali, nei loro rapporti periodici, mostrano in tutta la loro gravità quanto sia profondo e radicato il fenomeno dei maltrattamenti e degli abusi sui minori. Il rapporto 2017 dell'Unicef sulla violenza contro i bambini e gli adolescenti, ad esempio, ha reso noti dati allarmanti: nel mondo, ogni 7 minuti, un adolescente viene ucciso in modo violento; non solo, tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni, circa 300 milioni in tutto il mondo, subiscono in casa aggressioni psicologiche e fisiche e circa il 60 per cento dei bambini di un anno di età sono regolarmente vittime di un'educazione violenta. Il 25 per cento dei bambini sotto i cinque anni, 176 milioni in tutto il mondo, vivono insieme a una madre vittima di un partner violento. Quest'ultimo è un dato chiave, che ci riporta ad un altro gravissimo problema di cui ci siamo occupati solo pochi mesi fa, con la discussione sul “Codice rosso” in quest'Aula: le donne vittime di violenza. Quando una donna subisce violenza in famiglia, anche i bambini purtroppo la subiscono con lei. Circa 15 milioni di ragazze, tra i 15 e i 19 anni, nel mondo, sono state costrette, contro il proprio volere, a rapporti sessuali o ad altri tipi di violenza di natura sessuale, nella quasi totalità dei casi da parte di una persona che la vittima già conosceva, dati che ci devono far riflettere e che devono essere letti e messi a sistema con le politiche di contrasto alla violenza di genere.
Un altro importante e recente documento è il dossier della Campagna Indifesa 2018 di Terre des Hommes, sulla condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo, che apre le proprie pagine con due dati allarmanti: nel mondo, 700 milioni di donne si sono sposate prima del compimento della maggiore età e 200 milioni di donne hanno subito la mutilazione dei propri genitali. Una realtà che sembra distante anni luce dalla nostra, mentre invece ci riguarda, perché in Italia sono circa 70 mila le donne di origine straniera di prima generazione che hanno subito una mutilazione genitale, 70 mila, un numero spaventoso, che deve farci correre ai ripari. Anche per questo abbiamo previsto un reato ad hoc contro i matrimoni combinati all'interno del “Codice rosso”.
Se guardiamo i reati contro i minori commessi nel nostro Paese si capisce come il fenomeno sia in drammatico aumento: secondo i dati sui minori vittime di reati del Comando interforze della Polizia di Stato, il numero delle piccole vittime era di 5.788 nel 2017, l'8 per cento in più dell'anno precedente, il 43 per cento in più rispetto a dieci anni fa. Numeri che ci devono far riflettere, che ci dovrebbero togliere il sonno la notte, perché danno la misura di come in tutti questi anni si sia ampiamente e irresponsabilmente sottovalutato questo gravissimo fenomeno, che ha bisogno di risposte efficaci e urgenti. In particolare, il reato più diffuso e forse in crescita riguarda maltrattamenti contro familiari o conviventi. E questo ci riporta nuovamente all'altra grande emergenza: la violenza di genere e i femminicidi. Segnano una altrettanto preoccupante crescita anche i casi di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e violenza sessuale aggravata. In estrema sintesi, il quadro dipinto da Terre des Hommes non può che definirsi estremamente inquietante, evidenziando in maniera chiara ed evidente una forte necessità di maggiore protezione a bambine e ragazze.
Non è più prorogabile, dunque, una serie di misure in grado di affrontare e contrastare al cuore il fenomeno. Servono, però, risorse e mezzi adeguati e il coinvolgimento di tutte le istituzioni. Il principale luogo di prevenzione e informazione è innanzitutto la scuola; è qui, infatti, che i giovani maturano la propria personalità e dove si verificano non di rado casi di bullismo e cyber bullismo, che possono anche portare al suicidio. La specializzazione dei docenti e l'integrazione del sistema scuola-famiglia è un'importante leva d'azione per intervenire in maniera efficace. È fondamentale che il corpo docenti, amministrativo e dirigente, sia formato in maniera adeguata per riconoscere il fenomeno e per mettere in atto tutte le azioni necessarie per evitare l'insorgere di casi di violenza e maltrattamento. Una situazione che può essere affrontata anche tramite l'istituzione di centri di ascolto scolastico e assistenza psicologica. È prioritario essere al fianco delle comunità, dei genitori e dei bambini stessi per prevenire la violenza attraverso programmi concreti, quali corsi sulla genitorialità e le iniziative contro la violenza domestica, perché la conoscenza di questo tema nei suoi dettagli è ancora troppo scarsa e una presa di conoscenza collettiva del fenomeno può sicuramente ottimizzare gli sforzi compiuti dalle istituzioni nel raggiungere i propri obiettivi.
Questo Governo ha già dato risposte concrete a questi problemi, ma dobbiamo fare ancora di più. Nella legge di conversione del decreto “sblocca cantieri” abbiamo istituito un fondo, attivo nei prossimi anni e fino al 2024, di 80 milioni di euro in favore dei comuni per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia a tutela dei minori, nonché per l'acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato. I sistemi di videosorveglianza infatti possono rappresentare un deterrente, nel momento in cui i bimbi piccoli non possono difendersi e non possono riferire quanto accaduto.
Non solo: nell'iter di discussione del disegno di legge cosiddetto Codice rosso, che ha visto la partecipazione di tutte le forze politiche, sono state approvate numerose norme per tutelare in maniera efficace le vittime della violenza familiare, a partire dalle parti più fragili e indifese, le bambine e i bambini.
Votando questa mozione, ci apprestiamo a chiedere al Governo ulteriori e più mirate misure: in particolare, si chiede di intervenire sui soggetti per i quali è stato accertato il compimento di reati contro i minori, prevedendo percorsi di cura e assistenza sociale, psicologica e psichiatrica, volti al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento nella società di queste persone.
La mozione chiede che siano attivate iniziative informative sia per sensibilizzare l'opinione pubblica, incentivando così l'emersione della violenza domestica e degli abusi, sia per educare bambini, genitori, insegnanti e membri delle comunità a riconoscere la violenza e denunciare subito.
Si vuole, inoltre, potenziare e monitorare l'attività dei servizi sociali comunali, anche con riguardo ai minori stranieri non accompagnati, provvedendo anche al coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e sull'adolescenza, al momento eccessivamente frammentate.
Quello che chiediamo è di promuovere un approccio preventivo, sistemico e interdisciplinare, sia tramite progetti di cooperazione internazionale e attuazione di trattati internazionali, sia tramite sinergie e accordi che coinvolgano i settori della giustizia, dell'istruzione, dell'assistenza sociale e sanitaria.
Infine, si chiede l'istituzione di una banca dati, che possa raccogliere informazioni sul fenomeno dei maltrattamenti, delle violenze sui minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento, per predisporre politiche adeguate di prevenzione e contrasto.
Questa mozione ha l'obiettivo di stimolare l'organizzazione di un nuovo sistema di repressione e prevenzione del fenomeno della violenza sui minori. Sono loro la linfa vitale del nostro Paese, loro il futuro che dobbiamo coltivare con cura, ma soprattutto proteggere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca Rizzo Nervo, che illustrerà anche la mozione Siani ed altri n. 1-00197, di cui è cofirmatario.
LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente. È un fatto importante e meritevole di sottolineatura il fatto che il Parlamento, nella programmazione dei suoi lavori, abbia condiviso l'urgenza di una discussione sulla condizione minorile, con riferimento al rischio di abusi e di violenza fisica, psicologica ed emotiva nei confronti dei bambini e delle bambine, e dei minori in genere. Un'attenzione importante, che deve essere il presupposto di un impegno concreto, strutturato, non episodico, non condizionato dai soli eventi e dalla loro dimensione mediatica, capace di una programmazione e di una verifica della necessaria efficacia degli interventi, in grado di aggiornare e rafforzare la rete di protezione dei minori, a tutela della loro incolumità psicofisica e del loro complessivo benessere; un impegno che potrà e dovrà, oltre i voti di oggi, trovare continuità anche nel lavoro della Commissione bicamerale sull'infanzia.
Oggi, intanto, con questa mozione che presentiamo e, in generale, con le mozioni che sono state presentate, cerchiamo di enucleare le priorità su cui questo impegno si dovrà esprimere, partendo dalla consapevolezza che il tema dei maltrattamenti sui minori è problema complesso, multidimensionale, che chiama in causa una pluralità di responsabilità da coordinare e armonizzare, che sfugge a ogni semplificazione sbrigativa, chiede di acquisire un patrimonio di informazioni oggi ancora frastagliato e incerto, ed immaginare conseguentemente strategie di prevenzione differenziate a seconda del contesto, dell'età delle vittime, del tipo di relazione fra vittima e autore della violenza, specie quando questa è relazione intrafamiliare, come nella maggioranza dei casi. Un impegno che muova da una riflessione sulla situazione delle famiglie, su cui vi è uno sguardo che le identifica, spesso in una generica astrazione, come un ammortizzatore e un armonizzatore sociale, quale nella stragrande maggioranza dei casi sono, senza però indagare con sufficiente interesse la necessità di supportare le responsabilità genitoriali, che ne riconosca anche le fragilità e ne rafforzi, laddove necessario, in una logica preventiva, gli strumenti.
Nel corso degli ultimi decenni, in Italia, la situazione delle famiglie, infatti, è stata caratterizzata da profonde modificazioni di ordine sociale, culturale, economico, dalla trasformazione dei ruoli parentali alle modalità di esercizio delle funzioni genitoriali di cura ed educative. Tali cambiamenti sono stati spesso strettamente connessi ai processi di trasformazione a livello economico, sociale e culturale, che hanno interessato l'intera società italiana e hanno evidenziato, accanto alle vecchie, nuove forme di fragilità sociali, educative e relazionali.
Ciò richiede al sistema dei servizi pubblici, sociali, sanitari, educativi, alla comunità in senso lato, da una parte, di mettere in campo interventi di supporto alla genitorialità nelle situazioni in cui essa risulta caratterizzata da maggiore fragilità e, dall'altra parte, di realizzare le linee d'azione innovative nei processi di accompagnamento al sostegno e al recupero delle competenze parentali nelle situazioni in cui i genitori manifestano condizioni di inadeguatezza. In tutte queste fattispecie, particolare attenzione deve essere garantita alla rilevazione delle condizioni di pregiudizio e di rischio psicofisico e sociale dei minori.
Il quadro normativo, internazionale e nazionale, sottolinea la priorità di prevenzione dell'allontanamento delle persone di minore età dal proprio ambito familiare, la necessità invece di attuare soprattutto interventi precoci di sostegno e potenziamento delle competenze e delle risorse familiari. Una dimensione di tutela, che trova una sua eminente espressione nella Convenzione per i diritti del fanciullo, che l'articolo 19 riconosce, il diritto ad essere protetto da ogni forma di maltrattamento, violenza, negligenza e abuso fisico o mentale, nelle situazioni contingenti in cui i fanciulli vivono. La Convenzione individua, nel superiore interesse del minore, la bussola e la regola di tutti gli interventi a sua tutela, interpretandolo come preminente rispetto ai diritti degli altri soggetti, e come la migliore prospettiva nella valutazione concreta di differenti soluzioni di fatto.
Nel corso del tempo il minore è divenuto, insomma, non più soltanto oggetto di diritto, ma soggetto di diritti, ed in questo senso è cambiato conseguentemente il suo rapporto con i genitori, che progressivamente sono stati intesi non più quali titolari di un potere, di una potestà, sul minore, bensì esercenti di una responsabilità nell'interesse dei figli minorenni.
In questa prospettiva, il concetto di responsabilità genitoriale si colloca oggi nell'accezione più ampia del termine, riprende l'origine etimologica che deriva dal latino respondeo, dare risposte: così definito, sembra oggi voler ricordare che essere genitori significa rispondere sempre del proprio comportamento verso i figli e non avere poteri indiscussi su di loro. In questo quadro di riferimento, il riconoscimento del benessere psicofisico del minore deve essere garantito anche, ripeto, in presenza di genitorialità fragile e vulnerabile; come a dire che le diverse responsabilità in capo ai genitori corrispondono alle diverse responsabilità, corrispondono a diritti sempre esigibili dal figlio, anche quando non più minorenne, eventualmente sostenuti e promossi dai servizi.
Tutto questo definisce l'importanza della prevenzione come prima dimensione da sviluppare e rafforzare, come diciamo nella mozione presentata. L'importanza dell'azione preventiva che si colloca prima della patologia sta nel sostegno, ripeto, alle relazioni familiari, che è pensabile in una prospettiva culturale che guarda la famiglia come luogo aperto, che non dimentica la responsabilità sociale e comunitaria verso tutti i bambini e tutte le famiglie, che non reclude, insomma, in una dimensione esclusivamente privata la famiglia, ma la fa oggetto di uno sguardo comunitario che è relazione d'aiuto.
Il Ministero del Welfare, dentro le passate responsabilità politiche e di governo, ha sviluppato negli anni programmi, come il Programma P.I.P.P.I., dal nome stravagante ma dall'efficacia certificata, proprio nell'orientare gli interventi sociali, sanitari ed educativi nella prevenzione dell'allontanamento dei minori dalle loro famiglie, quando ovviamente questo non è necessario, definendo metodologie e tecniche che permettono di raggiungere standard accettabili su tutto il territorio nazionale. È necessario consolidare e finanziare adeguatamente le prospettive di simili interventi realizzati negli anni. La cultura della prevenzione deve farsi sempre più concreta e scientifica, puntando all'impegno delle istituzioni e alla qualificazione degli operatori; una prevenzione che preveda, quindi, interventi larghi, mirati al sostegno delle reti di relazione familiare e comunitaria, assicurando una presenza capillare sul territorio di servizi educativi, di sostegno e di consulenza.
Noi nella mozione indichiamo, nell'istituzione di uno sportello unico per le famiglie, lo strumento possibile, da condividere in sede di Conferenza unificata, come il punto di accesso unitario per le famiglie in relazione alle esigenze e alle difficoltà tipiche del nucleo familiare, con funzioni di informazione, consulenza e supporto, anche in relazione all'accesso ai servizi sociali. Prevenzione è anche garantire - è stato detto - una qualificazione agli operatori dei nidi, della scuola, della medicina di base, in grado di intercettare ma ancora prima di aiutare. Migliorare le competenze di chi lavora con e per i bambini è un obiettivo strategico, promuovendo una formazione specifica nei curriculum di studi degli operatori tutti e, dall'altro lato, predisporre in tutti i servizi educativi pubblici e privati e convenzionati, rivolti ai bambini dell'età 0-6, un sistema di prevenzione e tutela in grado di proteggere i bambini e le bambine da abusi, maltrattamenti e ogni condotta inappropriata. Misure preventive che devono riguardare l'attenzione e la prevenzione del burnout degli operatori e del loro supporto psicologico e formativo, che è strategia ben più efficace e duratura che inserire gli operatori di cura della relazione educativa in una sorta di Grande Fratello, di controllo sociale fatto di telecamere, di sole telecamere, e di presunzione di colpevolezza.
Un secondo elemento di impegno che richiamiamo nella mozione è quello della conoscenza del fenomeno, di una sua analitica osservazione, un'osservazione non solo numerica. La rilevazione dei dati, ad oggi, continua ad essere incerta e non univoca; si parla di un'incidenza della violenza sui minori pari allo 0,9 della popolazione minorile, ma questo dato non coincide con altre rilevazioni esistenti. Proponiamo, quindi, che ci si doti di un Osservatorio nazionale epidemiologico, che indaghi il fenomeno degli abusi e dei maltrattamenti sui minori e che metta in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica, caratterizzata dalla semplicità nella produzione dei dati necessari, nella flessibilità e nell'accettabilità da parte delle persone tenute a fornire le informazioni, nell'affidabilità, nell'utilità, nella sostenibilità e puntualità del sistema stesso. Osservatorio che potrebbe rappresentare un punto di riferimento nazionale anche per favorire la concertazione fra le diverse istituzioni coinvolte, sanitarie, sociali, educative, tra le quali va evidenziata anche la magistratura, minorile ed ordinaria.
È necessario che anche su quel fronte ci sia specializzazione e che si individuino modalità del lavoro integrato, mai scontate e certe per sempre e più difficoltose a causa delle sofferenze del mondo giudiziario e a tutti ben note, a partire dagli organici carenti, dalle riforme incompiute, dal rischio di perdere la peculiare specializzazione minorile, in qualche caso nell'ipotesi di una sua abolizione, che per ora speriamo scongiurata.
“Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, recita un proverbio africano ormai scontatissimo, ma sempre efficace per ricordare com'è necessaria la pluralità di un sistema intero per occuparsi dell'infanzia, ed anche per assicurare una cura efficace, duratura, laddove la prevenzione non riesca ad impedire comportamenti maltrattanti ed abusanti e i danni gravi che ne conseguono. I costi personali, sociali, sanitari sono di portata immensa, e la cultura è un altro elemento a cui va posta grande attenzione. Riconoscere gli aspetti patologici, formare gli specialisti in grado di curare, assicurare standard nazionali certi è un altro elemento sfidante per tutti noi. Il Sistema sanitario deve assumere come prioritario anche questo obiettivo di cura: le cure a carattere psicoterapeutico per i bambini ed anche i loro genitori, affinché possano evitare la ricaduta in circuiti viziosi dove l'abusato diventa spesso abusante e il maltrattato il maltrattante. Sono parte essenziale di una strategia complessiva che voglia occuparsi di questo tema.
Insomma (e concludo, Presidente), intorno a questi obiettivi, che nella mozione dettagliamo, che la mozione richiama, vi è la concretezza di un impegno di protezione e promozione dei bambini e delle bambine, che la politica deve assumere in una dimensione prioritaria nell'agenda politica, perché farlo non è solo occuparci di loro, ma del futuro di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 17,30)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00205. Ne ha facoltà.
EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Presidente, rappresentanti del Governo, trovo che questo dibattito e questo momento siano fra i più importanti, perché affrontiamo un problema che sta a cuore a tutti, è trasversale politicamente, e la necessità di mettere in campo un'azione più incisiva nel nostro Paese è condivisa da tutti gli schieramenti politici e da tutti noi.
I dati di questo fenomeno sono noti, li abbiamo sentiti anche dalle precedenti mozioni. Cito solo due cose: che il reato con il maggior numero di vittime minori rimane il maltrattamento in famiglia, con un aumento del 6 per cento dal 2016; e che il reato più frequente è l'abuso, l'abuso sessuale: abbiamo dei dati purtroppo che ci confermano questo. Entrambi questi elementi ci fanno pensare che sia estremamente importante mettere in campo azioni a supporto della genitorialità, ma soprattutto di prevenzione: la parola “prevenzione” deve diventare veramente il faro delle politiche e anche di un rafforzamento dei servizi sociali, perché solo con la prevenzione noi riusciamo anche ad intercettare quelle situazioni familiari fragili e ad intervenire tempestivamente a protezione del minore.
La nostra mozione mette in luce e fa richieste molto chiare. Sento anche la responsabilità di far pervenire al Governo uno degli appelli che ho sentito maggiormente nell'ambito di chi opera a contatto coi servizi per l'infanzia e l'adolescenza: l'appello è quello di rinominare l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, il cui mandato è scaduto a marzo 2019, ma che è fermo da un anno in quanto… Mi chiedeva qualcosa…
PRESIDENTE. Mi dica, onorevole.
EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). L'Osservatorio è fermo da un anno, in quanto a luglio 2018 avrebbe dovuto essere presentata la relazione sul monitoraggio compiuto negli anni 2015-2017. Quindi noi siamo ancora privi dei dati di quel monitoraggio, solo sulla base dei quali possono essere pensate anche quali priorità, perché il monitoraggio mette in evidenza le criticità del Paese, quali sono proprio le aree più urgenti su cui intervenire.
Quindi la richiesta di attivare, nominare il nuovo Osservatorio e riattivarlo tempestivamente, proprio per approvare quel monitoraggio, e quindi poter venire a conoscenza anche della relazione.
Solo per conoscenza, l'Osservatorio per l'infanzia e l'adolescenza è formato da tutte quelle istituzioni pubbliche che si occupano di infanzia e adolescenza, ed anche di tutti i soggetti che fanno parte del terzo settore in questo campo; ed il cui costo - ci tengo a ricordarlo - non è previsto a carico delle finanze pubbliche: ciascuno ha a carico la propria presenza ed il proprio lavoro. È lo strumento principe che noi abbiamo per coordinare anche a livello regionale, e quindi tenere monitorato come avviene la prevenzione su tutti i territori.
Oltre a ciò, in questa mozione cito due interventi, che mi preme molto ricordare anche al Governo; sono questi. È molto importante, c'è un'età, 0-3 anni, in cui… Scusi, onorevole Presidente… Scusate, non riesco a sentirmi nemmeno io.
PRESIDENTE. Onorevole Sgarbi, lei è stato richiamato…
EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Mi scusi se l'ho fatto io…
PRESIDENTE. Prego, prego. Ha altri 20 secondi, onorevole Rossini.
EMANUELA ROSSINI (MISTO-MIN.LING.). Va bene.
C'è un intervento citato nella mozione, su cui chiedevo un'attenzione: quella di prevedere un sostegno alla genitorialità a rischio e visite a domicilio soprattutto nella fascia 0-3 anni, perché sono ancora troppi i bambini che restano fuori dal radar dei servizi sociali obbligatori. Pertanto su questo quasi tutti i Paesi in Europa stanno e hanno già implementato quelle che si chiamano le home visit, le visite a domicilio, proprio per tenere monitorata quella fascia di età così cruciale per la crescita poi dell'individuo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dori. Ne ha facoltà.
DEVIS DORI (M5S). Presidente, gentili colleghi, parlare dei diritti dei minorenni tocca le nostre corde più profonde; ma trattare dei diritti violati dei minorenni interroga altresì le nostre responsabilità come adulti, genitori e legislatori.
Prima di entrare nel merito dell'oggetto della mozione, ritengo doverosa anzitutto una precisazione terminologica: quando parliamo di bambini e adolescenti sforziamoci di utilizzare l'espressione “minorenni”, oppure l'espressione completa “minori di età”, e non semplicemente il termine “minori”; un piccolo sforzo linguistico che però porta con sé un significato culturale: bambini e adolescenti sono infatti soggetti titolari di diritti pari o superiori a quelli degli adulti, e di minore quindi rispetto agli adulti hanno solo l'età. Quando si parla di diritti non diamo nulla per scontato e diamo il giusto nome ad ogni cosa.
Pochi giorni fa qui a Montecitorio la Garante per l'infanzia e l'adolescenza, la dottoressa Albano, nell'illustrazione della Relazione annuale dell'Autorità garante, prendendo spunto da una lettera ricevuta da un bambino nell'ambito di un progetto scolastico volto a promuovere la conoscenza della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ha affermato che ogni bambino ha diritto a guardare il mondo non dal basso, ma salendo sulle spalle dei genitori. Questa immagine ci consente di riflettere sul nostro ruolo di adulti, mettendo i minorenni al centro, non come soggetti titolari di diritti scritti solamente sulla carta, ma di diritti che vivono e si sviluppano in un mondo che a loro non può essere indifferente. Ciò significa non solo indicare gli orizzonti, ma anche accompagnare verso questi orizzonti assumendo il nostro ruolo di guida e di protezione.
Come legislatori dobbiamo focalizzare l'attenzione su alcuni ambiti prioritari di intervento. Le emergenze dell'infanzia a cui le istituzioni devono dare una risposta riguardano i rapporti familiari, i casi di violenza, la condizione dei figli dei detenuti, le varie forme di dipendenza e la prossimità ad ambienti criminali: tutti temi su cui occorre un proficuo impegno per attuare efficaci tutele.
Per comprendere l'effettiva portata di queste drammatiche realtà sul territorio nazionale, è sufficiente richiamare i dati statistici in nostro possesso. Un'indagine condotta dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza mostra ciò che accade ad un bambino su cinque in Italia, ossia vivere, subire e addirittura apprendere modelli violenti.
Migliaia i bambini maltrattati nel nostro Paese e il 19 per cento di questi è vittima di violenza in ambito familiare. Nel nostro Paese non esiste un sistema ufficiale di rilevazione dei dati della violenza ai danni dell'infanzia e dell'adolescenza che permetta di definire esattamente i contorni dell'attuale disagio sociale. Rilevazioni di questo tipo necessitano di un ampio investimento che permetta di garantire la periodicità dell'informazione e soprattutto la sua completezza, in una società che evolve a grande velocità. Occorre definire e accertare i tipi di violenza esistenti, per attivare un processo di consapevolezza individuale e collettiva. Partire da una fotografia della violenza emersa consente anche interventi di supporto alla genitorialità, per prendere piena coscienza della delicatezza del ruolo genitoriale, creando contesti familiari al sicuro dal germe della violenza. Se è doveroso fotografare la violenza emersa, altrettanto necessario è trovare strumenti e strategie per far emergere quel sommerso difficilmente rilevabile. Per raggiungere tale risultato è necessario superare le reazioni di negazione e di minimizzazione del fenomeno e riconoscere, sin dai primi sintomi, l'esistenza della violenza ai danni dei più piccoli. Questa presa di coscienza è imposta dalla responsabilità, a cui non possiamo sottrarci. Solo una cultura inclusiva può sensibilizzare e indurre a denunciare. A tal fine è importante che siano noti gli strumenti e le modalità attraverso i quali denunciare e che siano facilmente accessibili le strutture cui rivolgersi per ricevere assistenza. Per questo motivo chiediamo al Governo di impegnarsi a rafforzare la prevenzione e il contrasto alla violenza contro i minorenni, con un approccio interdisciplinare che coinvolga il settore della giustizia, dell'istruzione e dell'assistenza sociale e sanitaria. Siano anche potenziati gli strumenti per rendere la rete Internet un luogo più sicuro per i minorenni anche mediante campagne informative di sensibilizzazione. Tutto ciò presuppone un coinvolgimento di tutti i soggetti, ai vari livelli, compresi gli enti locali, perché un risultato efficace è realizzabile solo con un lavoro sinergico. Non lasciamo soli i quasi 10 milioni di minorenni che vivono in Italia: i loro diritti non si difendono da soli; nessun minorenne porti su di sé e in sé ferite fisiche o psicologiche. Impegniamoci a riconoscere le specifiche esigenze di ogni età in fase evolutiva perché è questo che i bambini ci chiedono, di essere portati sulle nostre spalle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Versace. Ne ha facoltà.
GIUSEPPINA VERSACE (FI). Grazie, Presidente. Ci tengo a ringraziare soprattutto la collega Spena, che ha fortemente voluto presentare la mozione che io ho convintamente firmato, anche perché Forza Italia non è la prima volta che accende i riflettori su temi di questo tipo a tutela dei minori e dei più fragili. Trovo doveroso ricordare anche il successo ottenuto con l'iniziativa di legge delle colleghe Calabria e Giammanco per l'introduzione delle telecamere negli asili nido che spesso sono diventati scenari di atroci sevizie verso i bambini incapaci di denunciare e di difendersi. Numerosi sono i fatti di cronaca, già citati dalla collega Marrocco, purtroppo ci hanno dimostrato come proprio la famiglia, il nido sicuro per molti, può essere proscenio di atrocità e orrore a discapito dei più piccoli, e non solo. Recenti indagini sui reati contro i minori nel nostro Paese mettono in evidenza che i bambini e le bambine sono maltrattati soprattutto nell'ambiente familiare, che più di tutti dovrebbe garantire loro sicurezza e protezione. Non va sottovalutato il fatto che essere esposti a violenza nell'ambiente familiare genera un drammatico circolo vizioso che porta a introiettare la violenza come risposta adeguata a situazioni di stress. Di conseguenza chi è vittima di maltrattamento e trascuratezza durante l'infanzia rischia di perpetuare il ciclo della violenza, maltrattando, a sua volta, i figli o il partner, e questo si chiama cattivo esempio. I numeri crescono? Non lo so o, meglio, forse nessuno può saperlo davvero con certezza perché l'omertà che dilaga nel nostro Paese non consente di accertare davvero il numero dei casi. Tumefazioni e lividi sui corpicini indifesi dei bambini e dei ragazzi portati addosso come medaglie di orrore e inciviltà davanti alle quali troppo spesso qualcuno fa finta di non vedere o di non sapere. Facciamoci i fatti nostri: questa è la frase tipica frutto dell'omertà assassina, pronunciata a volte anche dai parenti, dai vicini di casa, dai conoscenti, gente che troppo spesso sottovaluta il problema o preferisce non vedere e non sapere. Aggiungiamo a questo anche il senso di vergogna che poi si genera in chi, sottomesso, violentato, abusato, picchiato, inizia a soffrire sentendosi diverso o a volte addirittura anche in colpa ed ecco crearsi una cortina di silenzi e bugie che isola la vittima nel suo dramma e diventa la salvezza del vile carnefice. Io non ci sto, e francamente nessuno di noi dovrebbe starci. Abbiamo il dovere di combattere quest'omertà, che induce troppa gente a tacere: dobbiamo aiutare i vicini di casa a farsi i fatti degli altri, perché davanti ai lividi, alle urla e alle situazioni ambigue non si devono temere ripercussioni e vendette, non si può tacere. Lo Stato deve formare, informare, normare, attenzionare e soprattutto aiutare a denunciare. Se anche noi legislatori giriamo la faccia dal lato opposto, allora sì che sarà difficile immaginare un futuro migliore.
Mi onoro di far parte della Commissione bicamerale d'infanzia ed adolescenza e di certo io e i colleghi del gruppo di Forza Italia non intendiamo rimanere ad assistere a questo scempio in maniera silente. Forse, anzi certamente, ciò che è stato fatto finora non basta. I media ogni giorno danno una notizia di cronaca che nessuno di noi vorrebbe sentire. In Italia sono oltre 400 mila i bambini vittime di violenza tra le mura domestiche, e la violenza - lo voglio ricordare - può assumere anche diverse forme: abusi, abbandono, sfruttamento, spesso sessuale o del lavoro e nella maggior parte dei casi ha delle conseguenze che non sono solo fisiche, anche e soprattutto psicologiche. Queste ultime, peraltro, sono le più difficili da affrontare: ferite dolorose, spesso silenti, invisibili, ancora più lunghe da guarire.
Il Cismai e la Rete italiana di centri e servizi pubblici e privati contro il maltrattamento e l'abuso d'infanzia insieme a Terre des Hommes da qualche tempo sollecitano le istituzioni affinché l'Italia si doti di un sistema di raccolta dati statisticamente affidabile, in grado di quantificare le dimensioni del fenomeno del maltrattamento all'infanzia nel nostro Paese. Ecco, con questa mozione chiediamo di dare loro ascolto e ci uniamo al loro appello, ma chiediamo anche di assumere opportune iniziative volte anche a istituire un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto della violenza su minori, con la finalità di analizzare le reali dimensioni e le cause del fenomeno. Al riguardo, chiediamo anche di riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Gli osservatori sono strumenti preziosi che vanno utilizzati e non ignorati. La direzione della nostra mozione è proprio questa: vuol essere un faro acceso che possa essere da stimolo al Governo. Auspico davvero che questa mozione possa essere uno stimolo per le vostre coscienze e possa avviare un rapido processo, serio, nell'ottica di curare e soprattutto prevenire altri casi di violenza su minori che – lo voglio ricordare - spesso non hanno voce (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole D'Orso. Ne ha facoltà.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, oggi abbiamo portato all'attenzione e all'esame di quest'Aula una mozione divenuta ormai necessaria, avente ad oggetto un tema, quello della violenza sui minori, su cui è francamente difficile e delicato intervenire, soprattutto in questo momento in cui i recenti fatti di cronaca ci raccontano di episodi di una violenza e crudeltà inaudita nei confronti dei minori, al limite della barbarie, che ci lasciano sgomenti e attoniti, tanto più nell'apprendere che la maggior parte di essi sono avvenuti all'interno delle mura domestiche o delle comunità scolastiche, luoghi che dovrebbero garantire protezione e sicurezza ai nostri piccoli e che, invece, diventano trappole senza alcuna via d'uscita, luoghi dove si dovrebbe poter crescere serenamente e che, invece. recano conseguenze devastanti per lo sviluppo e il benessere psico-fisico dei bambini, costretti a portarsi tali ferite per tutta la vita. Lo scorso weekend, due bimbe, Iolanda, di otto mesi, a Nocera Inferiore, e Gloria, di due anni e mezzo, a Cremona, secondo quanto riferiscono gli organi di stampa, sulla base delle prime ricostruzioni degli inquirenti, sarebbero state uccise per mano di un genitore. Tali fatti di cronaca, insieme ai dati statistici raccolti sia a livello nazionale che internazionale, ci costringono a guardare in faccia una realtà scomoda.
Il problema del maltrattamento e dell'abuso sui minori è un dramma che affligge non solo i Paesi cosiddetti del sud del mondo, ma anche quelli con un elevato sviluppo socio-economico e culturale come l'Italia. Tutto ciò, nonostante sia a livello nazionale che internazionale si siano prodotti molti strumenti normativi a protezione e a tutela dei minori, prima fra tutti, trent'anni fa, la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel novembre del 1989, ratificata in Italia con la legge n. 176 del maggio 1991, la prima Carta internazionale che riconosce ad ogni bambino e adolescente il diritto alla protezione da ogni tipo di abuso, sfruttamento e violenza. Un importante traguardo per la tutela e la promozione dei diritti delle persone di minore età che, fino al secolo precedente, non trovavano alcuna protezione giuridica.
L'interesse superiore dei più piccoli è, poi, al centro anche dei diritti fondamentali della Carta di Nizza, nel Trattato di Lisbona, che ha inserito la promozione e la tutela dei diritti dei minori tra gli obiettivi dell'Unione europea, della Convenzione di Lanzarote, della nostra Costituzione, all'articolo 2, proprio tra i diritti fondamentali, e all'articolo 31, laddove recita che la Repubblica protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
La legislazione italiana ha raggiunto un livello avanzato di tutela, a partire dal decreto legislativo n. 39 del 2014, con il quale è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, sino alla proposta di legge recante le disposizioni per la prevenzione e il contrasto alla violenza domestica e di genere e per la tutela dei minori, già approvata alla Camera e, oggi, all'esame del Senato, che non solo mira ad inasprire le pene per i delitti contro i minori, ma intende introdurre nuove fattispecie di reato ai danni dei minori, come il fenomeno delle cosiddette spose bambine ovvero il matrimonio forzato o indotto, mira a dare per la prima volta rilevanza alla cosiddetta violenza assistita e vuole incrementare di 7 milioni di euro, a decorrere dal 2020, la dotazione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati intenzionali violenti, nonché agli orfani per crimini domestici.
Da ultimo, poi, nemmeno un paio di settimane fa, nella legge di conversione del decreto-legge “sblocca cantieri”, questa maggioranza ha voluto istituire un fondo con una dotazione complessiva, fino al 2024, di 80 milioni di euro, finalizzata all'erogazione, a favore di ciascun comune, delle risorse finanziarie occorrenti per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia, proprio a tutela dei minori.
Ma, tutto ciò, non basta; c'è ancora molto da fare innanzi allo scenario allarmante delineato dai casi di cronaca già citati; non possiamo far finta di non vedere. Questa mozione può essere il primo passo per attivare un processo di presa di coscienza individuale e collettiva per superare quei meccanismi inconsci di negazione e minimizzazione del fenomeno, quella tentazione di considerare queste tragedie ipotesi isolate ed eccezionali, forse per difendersi e autoassolversi davanti a tanto orrore.
Dobbiamo sentire, invece, tutta la responsabilità di dare attuazione ai diritti e ai principi generali sanciti nelle varie Carte internazionali, nei diritti fondamentali di cui all'articolo 2 della nostra Carta costituzionale e nella normativa nazionale. Normalmente, fisiologicamente, direi, spetta alle principali comunità affettive ed agenzie educative, quali la famiglia e la scuola, proteggere i minori dai rischi che questi possono incontrare nel loro percorso di crescita e dare loro gli strumenti per superarli e vanno per questo, dallo Stato, sempre sostenute in questo difficile compito. È quando la famiglia e la scuola nelle ipotesi, per così dire, patologiche, di cui ci raccontano gli ultimi tragici episodi di cronaca, non sono in grado di svolgere questo compito, spetta sempre e comunque allo Stato individuare istituzioni e soluzioni alternative, che affianchino famiglia e scuola, per garantire comunque ai fanciulli un ambiente di vita in cui crescere in modo sereno e pieno.
Alla luce di ciò, come parlamentari impegnati su questo tema, abbiamo il dovere di non abbassare la guardia, mai, e di continuare sulla strada già intrapresa da questo Governo, ossia continuare nell'attività di contrasto, ma anche di prevenzione della violenza sui minori, impegnando con questa mozione il Governo con azioni ancora più concrete e visibili, a partire da interventi specifici, sia di tipo economico che di altro genere, iniziando dalla prevenzione delle situazioni di difficoltà e di disagio dei genitori e delle famiglie, spesso costretti a vivere situazioni di degrado ed emarginazione, soprattutto nelle periferie di questo Paese, anche per il tramite dell'attivazione di percorsi di sostegno alla genitorialità.
È indispensabile che venga potenziata la rete dei servizi sociali territoriali, ma ancor prima è necessario promuovere campagne di sensibilizzazione che provochino un cambiamento culturale radicale.
È innegabile, infatti, che soprattutto nei contesti più deficitari di opportunità esistenziali, ma, ultimamente, non solo in tali contesti, la presenza dei servizi sociali sia vissuta, a volte, come un'invasione, un'ingerenza nell'intimità familiare e negli equilibri connessi e non sia vista, piuttosto, come un'occasione per ottenere un prezioso supporto verso l'esercizio di una genitorialità responsabile.
Poi, abbiamo la scuola; è necessario che si dotino le scuole di personale altamente qualificato, preparato, affidabile, capace di affrontare tale fenomeno e di proporre strategie volte a spingere bambini e adolescenti a denunciare gli abusi, attraverso, ad esempio, la previsione di centri di ascolto scolastico e assistenza psicologica, visto che oggi appare ancora insufficiente la propensione dei dirigenti scolastici e del personale docente a segnalare alle autorità preposte fatti o comportamenti che possano essere riconducibili ad episodi di violenza consumata in ambito intra-familiare.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole D'Orso. Colleghi, pregherei maggior silenzio in Aula.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Bisogna inoltre rafforzare a livello nazionale la rilevazione statistica del fenomeno, sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello qualitativo, nonché introdurre un unico sistema di monitoraggio, essendo la fotografia del fenomeno presupposto indispensabile per l'analisi del problema e la conseguente adozione di una strategia generale e di consequenziali misure concrete, idonee sia a livello politico che culturale per contrastare il fenomeno in maniera efficace.
Un'altra misura importante da prendere è quella di interdire i condannati per reati sessuali in danno ai minori o per adescamento dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi, come previsto, del resto, dall'articolo 10 della citata direttiva del 2011 dell'Unione europea relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, oltre ad assumere iniziative atte a prevedere programmi di trattamento realmente efficaci per gli autori di reati sessuali, come i centri per l'ascolto a cui rivolgersi per manifestare i propri disturbi legati alla pedofilia, in linea con gli altri Paesi europei.
È necessario, dunque, ribadire con forza come sia imprescindibile prevedere misure per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro i bambini, rafforzando quelle esistenti, attraverso un approccio preventivo, sistemico e interdisciplinare, con il coinvolgimento non solo delle famiglie e delle scuole, ma anche del ruolo attivo dell'autorità giudiziaria, delle forze dell'ordine e dei servizi sociali, potenziandone i relativi strumenti, quest'ultimi facendosi seriamente e concretamente responsabili dell'immediata presa in carico delle vittime.
Il senso di questa mozione è quello, infatti, di andare oltre, di dare un contenuto allo sgomento che ci coglie di fronte agli episodi di violenza e al quale non si può e non si deve fare l'abitudine, una lacerazione profonda che ci interroga sull'effettività dei traguardi e delle conquiste che un'era moderna di diritti, quale è quella che viviamo, dovrebbe averci consegnato, quell'effettività che oggi ci pone degli interrogativi ai quali dobbiamo rispondere, con misure e azioni concrete, perché, Presidente, la sicurezza e la serenità dei bambini sono la cosa più importante e noi, tutti insieme, maggioranza e opposizione, con spirito costruttivo, dobbiamo farcene carico.
Diceva Chesterton: “Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”. Ebbene, adoperiamoci allora, tutti insieme, per far sì che i draghi raccontati nelle fiabe ai bambini possano essere sconfitti, affinché la loro vita, se non possa essere proprio una fiaba, possa essere almeno un bel racconto tutto da scrivere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Il Governo chiederebbe una sospensione di venti minuti, per meglio stendere definitivamente i pareri, visto che sono giunte ulteriori mozioni dell'ultima ora.
PRESIDENTE. Va bene, credo che non ci siano problemi.
Infatti è stata presentata testé la mozione Bellucci ed altri n. 1-00208. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).
Sospendo, quindi, la seduta che riprenderà alle ore 18,15.
La seduta, sospesa alle 17,55, è ripresa alle 18,19.
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta.
C'è una richiesta che è pervenuta non capisco se dai gruppi, dal Governo…
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, io ho bisogno dei capigruppo…
PRESIDENTE. Colleghi! Onorevole Rossini, onorevole Rossini! Prego, sottosegretario Zoccano.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, io devo verificare con i capigruppo e quindi chiederei ulteriori dieci minuti (Commenti) e chiedo venia…
PRESIDENTE. Colleghi!
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. …ma il tema è tale per cui non vorremmo affrontarlo con troppa superficialità. Quindi, chiederei ulteriori dieci minuti gentilmente.
PRESIDENTE. La superficialità non va mai utilizzata e, quindi, sospendo per altri dieci minuti. Prego, però, tutti di essere puntuali alle ore 18,30.
La seduta, sospesa alle 18,20, è ripresa alle 18,30.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Prego, signor sottosegretario.
VINCENZO ZOCCANO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Dunque, io devo registrare - e devo dire con una certa contentezza - la disponibilità dei gruppi a giungere a un testo unitario su questo tema che, ci siamo sempre detti, è un tema che non deve e non può nascondere nessuna differenza di tipo ideologico. Qui stiamo parlando dei nostri figli, dei minori, dei bambini che hanno necessità di certezza dei loro diritti e del diritto a non essere violati nella loro infanzia.
Quindi, chiederei la ricalendarizzazione della discussione della mozione alla prossima settimana, proprio per riuscire ad addivenire a un testo condiviso da parte di tutti i gruppi.
PRESIDENTE. Sta bene. Se non ci sono obiezioni da parte dei gruppi…
Ha chiesto di parlare il collega Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, non ci sono obiezioni. Voglio solo sottolineare che nella giornata di oggi, dopo due settimane impegnate su un decreto-legge che ha bloccato l'Assemblea per diversi giorni, la maggioranza arriva in quest'Aula con undici provvedimenti previsti, otto dei quali non sono svolgibili in un caso per l'assenza della presidente della Commissione e della relatrice del provvedimento, in un altro caso per una richiesta del tutto accoglibile di rinvio e, Presidente, in tutti gli altri casi - meno l'ultimo - perché non è presente il parere della Commissione bilancio e nell'ultimo caso perché pare che si possa addivenire a una mozione unitaria.
Io non credo, Presidente, che questo - e ovviamente da parte della maggioranza e non da parte della Presidenza - sia un buon modo di comunicare all'esterno di quest'Aula la capacità di lavoro dei parlamentari della Repubblica. Se c'è un programma stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo con all'ordine del giorno numerosi provvedimenti, allora si arriva da parte della maggioranza, che presiede tutte le Commissioni referenti e, in particolare, la Commissione bilancio e le Commissioni competenti per le altre questioni che hanno necessitato il rinvio dei provvedimenti, qui pronti per lavorare, perché per questo noi siamo pagati dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fiano. Non registro, però, obiezioni al rinvio e alla ricalendarizzazione della mozione in esame. Peraltro, per domani è convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo che sicuramente provvederà alla definizione di un calendario dei lavori diverso. Comunque, questo punto dell'ordine del giorno viene rinviato ad altra seduta.
MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Signor Presidente, questa Camera si accinge a votare sui componenti del collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Ebbene, tra le candidature pervenute e pubblicate sul sito della Camera dei deputati vi è la candidatura del dottor Luca Palamara, che nel curriculum vitae espone i suoi studi e le sue attività come componente degli uffici della procura di cui ha fatto parte, come componente di ANM, come componente del CSM. Non vi è menzione, però, dell'indagine per corruzione nei suoi confronti, non vi è menzione sorprendentemente della sua specializzazione nella gestione del potere giudiziario in Italia…
PRESIDENTE. Collega Varchi, collega Varchi, se discutiamo dell'ordine dei lavori le do la parola, altrimenti no.
MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Sto terminando, Presidente. E allora, siccome astrattamente il dottor Luca Palamara è eleggibile ed è votabile da parte di quest'Assemblea, io vorrei capire, innanzitutto da parte della maggioranza di Governo, se egli sia effettivamente candidabile o eleggibile e, poi, se non sia opportuno, tra i tanti rinvii che sono stati disposti oggi, magari rinviare anche questa votazione per fare in modo che la lista dei candidati sia vagamente accettabile (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Onorevole Varchi, come sa le discussioni sulle candidature e sulle persone che sono oggetto di candidature non sono senz'altro ammesse in questa fase della discussione. Poi, come ascolterà tra un minuto, stiamo dando notizia - e credo che a lei fosse noto - che la votazione per l'elezione dei membri dell'Authority per la protezione dei dati personali viene rinviata.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative di competenza per l'effettiva interruzione della esportazione e del transito di armamenti verso l'Arabia Saudita ed altri Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen sarà collocato al primo punto all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 26 giugno.
Sempre secondo le medesime intese, la votazione per schede per l'elezione di due componenti del Garante per la protezione dei dati personali -come dicevo prima - è differita ad altra seduta; se ne occuperà domani la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buratti. Ne ha facoltà.
UMBERTO BURATTI (PD). Grazie, Presidente. Sabato prossimo, 29 giugno, ricorrono i dieci anni da quella notte terribile della strage alla stazione di Viareggio, dove alle ore 23,48 si scatenò l'inferno. Il ricordo di quella tragedia è ancora vivo in tutti noi. Dieci anni fa ero sindaco a Forte dei Marmi e ricordo come tutta la comunità versiliese si strinse attorno alla città ferita e all'impegno delle forze dell'ordine, di tutti i volontari. Ricordo ancora la Pubblica Assistenza Croce Verde, così come le case che erano costruite attorno alla stazione, che furono distrutte. Le persone pensavano di stare tranquille a casa, le loro case furono invase da quel gas, e poi la scintilla, e poi fu la tragedia. La giustizia sta facendo il suo corso e la Corte d'appello di Firenze, nel confermare l'impianto della sentenza di primo grado del tribunale di Lucca, ribadisce che non è stato uno spiacevolissimo episodio, il caso o la malasorte la causa del terribile disastro, ma precise responsabilità.
Le condanne non potranno alleviare le sofferenze dei familiari delle vittime, ma possono, e questo è il dovere della politica, indicare la strada affinché una tragedia simile non debba e non possa più accadere. Dobbiamo continuare a seguire e tenere viva l'attenzione su questa vicenda, lo dobbiamo alle 32 vittime innocenti e alle loro famiglie che con l'associazione Il mondo che vorrei, oltre a chiedere giustizia per i loro cari, si sono battute e si battono per sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica su quanto sia importante la sicurezza dei mezzi di trasporto.
È questo il testimone che Parlamento e Governo devono raccogliere affinché tutti quanti noi per il futuro possiamo dire “mai più” (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donno. Ne ha facoltà.
LEONARDO DONNO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, ci credereste che, pur di collezionare voti, un sindaco sia disposto ad attivare tutte le sue conoscenze per accontentare i capricci del boss del suo Paese, persino il sushi a domicilio a tarda sera? E purtroppo questa non è fantascienza, ma è realtà, ed è quella raccontata in un'ordinanza del GIP leccese Sergio Tosi. Oggi, ancora una volta, mi ritrovo qui ad intervenire sull'ennesimo episodio che riguarda arresti eccellenti per infiltrazioni mafiose nella mia terra, il Salento. Ieri, all'alba, i carabinieri di Lecce e Maglie, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito 30 arresti, tra carcere e domiciliari. Diverse le accuse: associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione abusiva di armi, estorsione, ricettazione, sequestro di persona e violenza privata.
Ebbene, ancora una volta tra gli indagati c'è un pubblico amministratore, un sindaco, che è quello di Scorrano. I suoi collettori di voti alle scorse elezioni sognavano di mettere in piedi una vera e propria banda della lupara. A loro il primo cittadino avrebbe promesso l'aggiudicazione di appalti e servizi pubblici, ottenendo come contropartita il sostegno del clan alle urne. Secondo gli investigatori, ai quali va il mio personale plauso, la sua stessa elezione nel giugno del 2017 sarebbe avvenuta con il sostegno del clan. Si tratta del quarto comune della provincia di Lecce macchiato da infiltrazioni mafiose.
La nostra riforma anticorruzione restituirà all'Italia la giusta dignità agli occhi del mondo, e di questo, soprattutto alla luce di questa ennesima brutta pagina di politica, oltre che di cronaca, dobbiamo essere felici e orgogliosi. Consentitemi di farlo in quest'Aula davanti a tutti: oggi la legge “spazza corrotti” la dedico a tutti i cittadini onesti del Salento, a tutti gli imprenditori che vogliono solo lavorare rispettando le regole, a tutte le persone che credono che un vantaggio personale scompaia di fronte al bene collettivo.
Lo faccio per dare un segnale ai miei conterranei: non lasciate che episodi come questi vi scoraggino, vi spingano a mollare, vi tolgano la speranza in un mondo migliore. Supereremo anche questo e faremo in modo che non accada più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carla Giuliano. Ne ha facoltà.
CARLA GIULIANO (M5S). Presidente, colleghi, ogni attacco all'avvocatura è un attacco alla libertà, ed è per questo che quale deputato, quale componente della Commissione giustizia, ma soprattutto quale avvocato, sento il dovere istituzionale e morale di portare all'attenzione di quest'Aula l'episodio di inaudita gravità accaduto sabato scorso a Cerignola, importante centro cittadino della mia provincia, Foggia. Una stimata collega avvocatessa, Mariapia Bonavita, è stata brutalmente aggredita, a quanto pare da alcune controparti, esclusivamente perché colpevole di avere accettato un incarico delicato in materia di affidamento di minori; colpevole esclusivamente di avere svolto il proprio ministero con la determinazione che necessita; colpevole solo di avere fatto l'avvocato.
La violenza è sempre grave e non ha mai giustificazioni, ma, quando tocca in maniera vile il ruolo e le funzioni dell'avvocato, la gravità è di portata esponenziale, perché la libertà di ognuno di noi passa anche attraverso il diritto di difesa, prerogativa dell'avvocatura, che non può e non deve mai subire alcun condizionamento. È bene allora rammentare, soprattutto in questa sede, l'intimo rapporto che intercorre tra la nostra suprema Carta e la figura, nonché il ruolo e le funzioni, dell'avvocato. La Costituzione fa esplicito riferimento agli avvocati in quattro occasioni, ma più pregnante ancora è il dato implicito contenuto nella Costituzione, e in particolare nell'articolo 24, che afferma: la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
I padri costituenti ci hanno lasciato in eredità questi preziosi principi, sui quali anche quest'Aula ha il dovere di vigilare. Lo Stato, che qui rappresentiamo, ha l'onere di vigilare e di porre in essere qualsiasi iniziativa, anche di natura legislativa, affinché i principi restino liberi non solo sulla carta, ma anche nella loro attuazione. La difesa degli avvocati è la difesa della libertà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente. L'operazione Grimilde della Polizia è scattata alle 4 di questa mattina a Brescello, primo comune emiliano a essere sciolto per mafia nell'aprile 2016. Sono stati arrestati Francesco Grande Aracri, fratello di Nicolino, il boss già coinvolto nell'indagine Aemilia nel gennaio 2015, i figli Salvatore e Paolo e altre 13 persone. Le accuse sono pesanti: associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro, danneggiamento, truffa aggravata dalle finalità mafiose. Trecento sono i poliziotti coinvolti nel blitz e oltre cento le perquisizioni effettuate a Bologna, Reggio Emilia, Parma, Viadana e Piacenza, dove è stato arrestato il presidente del consiglio comunale, Giuseppe Caruso. Quello che gli investigatori hanno descritto è un sistema criminogeno, che avrebbe inquinato profondamente la vita economica e democratica della regione da cui provengo.
Il presidente del consiglio comunale di Piacenza, Caruso, è accusato di aver favorito una truffa sui finanziamenti europei per l'agricoltura in favore della cosca Grande Aracri. Un fatto gravissimo, che, se confermato, costituirebbe un danno enorme per la nostra regione. Il processo Aemilia, dunque, non ha segnato la fine della presenza mafiosa sul nostro territorio e l'operazione di questa mattina è la prova tangibile che rimuovere le radici che la mafia ha messo nel tessuto economico e politico dell'Emilia Romagna non è facile né immediato. Sedici arresti, 60 indagati, 67 perquisizioni, 300 uomini delle forze dell'ordine impiegati e maxi sequestro di denaro e beni immobili.
Questi i numeri dell'operazione, che casualmente prende il nome della strega di Biancaneve, la perfida Grimilde, che, come la mafia, uccide avvelenando. Unico argine a questa deriva velenosa è la legge; la legge e la cultura della legalità che la buona politica deve sostenere e incoraggiare. Per questo sento di dover ringraziare i magistrati e le forze dell'ordine per il loro instancabile lavoro; lo dico anche e soprattutto da membro della Commissione antimafia.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
STEFANIA ASCARI (M5S). Noi continueremo ad essere presenti sul territorio e a tenere i riflettori puntati su queste vicende, e chiediamo che al comune di Piacenza si insedi la commissione prefettizia d'accesso per battere legalmente e culturalmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)…
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ascari.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Novelli. Ne ha facoltà.
ROBERTO NOVELLI (FI). Signor Presidente, tra due giorni esatti, il 27 di questo mese, la sala stampa della Camera dei deputati ospiterà un incontro con la stampa dal titolo “Libertà di scelta terapeutica”, che è stato promosso da Corvelva, che è una associazione apertamente contraria all'obbligo vaccinale. Dietro il titolo, che richiama un'autodeterminazione alla libertà di scelta, temo si celi l'ennesimo tentativo di mettere in discussione le evidenze scientifiche e propagare tesi infondate e pericolose. Passi quando queste sono esposte in sedi private, signor Presidente, ma è semplicemente inaccettabile che i responsabili di quello che a volte è stato ed è un terrorismo psicologico nei confronti dei vaccini usino il Parlamento come pulpito, la sala stampa come palcoscenico. Nel gennaio scorso, in occasione di un evento analogo, il Presidente della Camera ha preso le distanze dall'evento promosso anche da una deputata dell'allora MoVimento 5 Stelle, la stessa che interverrà all'incontro di giovedì prossimo. Oggi, a due giorni dall'evento, siamo ancora in tempo per impedire la celebrazione dell'orgoglio No-vax a Montecitorio. Presidente, l'associazione “Patto Trasversale per la Scienza”, nata da un manifesto promosso dei professori Guido Silvestri e Roberto Burioni e firmato da centinaia di scienziati, politici e uomini di cultura, ha scritto una lettera aperta ai Presidenti della Camera e del Senato che li esorta a non dare ospitalità a chi si schiera contro la scienza: confido che l'autorevole appello possa essere accolto e che la Camera cancelli l'evento e si impegni a non ospitarne altri in futuro di analoghi.
PRESIDENTE. Onorevole Novelli, va precisato che non è un evento della Camera dei deputati.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pretto. Ne ha facoltà.
ERIK UMBERTO PRETTO (LEGA). Gentile Presidente, il popolo Veneto, riconosciuto dallo statuto della regione Veneto, si caratterizza distintamente per una storia, una cultura, un'identità e un patrimonio linguistico ben precisi. Da anni molti docenti universitari parlano espressamente dell'opportunità di tutelare e valorizzare la lingua veneta. Lo Stato italiano già riconosce alcune lingue parlate sul territorio nazionale come il friulano, il ladino e il sardo. Anche il Veneto merita di essere riconosciuto ufficialmente, essendo lingua di illustre tradizione storica e letteraria parlata da milioni di persone nel mondo. La lingua veneta è già riconosciuta dall'Unesco e la Commissione europea ha già aperto alla disponibilità di fondi europei volti alla sua tutela. La regione Veneto, con apposite leggi regionali, tutela, valorizza e promuove il patrimonio linguistico e culturale veneto. La lingua veneta è già riconosciuta da Brasile e Slovenia. Ricordo in modo particolare che in Brasile si contano oltre 700 mila parlanti. In Italia diverse sono le proposte di legge di iniziativa parlamentare depositate al riguardo. Il 12 febbraio 2019, il comitato per il riconoscimento della lingua veneta ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare per il riconoscimento della lingua veneta, con l'obiettivo di raccogliere 50 mila firme presso gli uffici comunali entro il 20 settembre di quest'anno. Un'iniziativa lodevole, che auspico possa portare presto il Parlamento italiano a prendere coscienza di questa forte istanza territoriale. Stati esteri e organismi internazionali si sono già attivati, ora tocca all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà. Onorevole D'Ambrosio, prima che lei cominci, potrei pregare i colleghi che non sono interessati a questa fase della seduta di consentire, a chi vuole fare un intervento, di poterlo fare in tranquillità? Non c'è obbligo di voto, quindi non c'è neanche la necessità di essere in Aula. Prego, onorevole D'Ambrosio.
GIUSEPPE D'AMBROSIO (M5S). Presidente, immagini la scena: ieri sera, un parco giochi pieno di bambini, tante famiglie, caldo, tantissimo caldo, quindi famiglie che si godono comunque un po' di pausa, di rinfresco, e ad un certo punto spari nella folla, tra i bambini, una persona rimane a terra morta ed un'altra gravemente ferita. Questo è quello che ieri sera è accaduto ad Andria, la mia città, in un parco giochi, tra i bambini.
Questo è soltanto l'ultimo degli episodi, perché qualche minuto fa c'è stata un'ulteriore rapina, tranquillamente, anche a mano armata, ed è quello che da tanto tempo stiamo manifestando all'interno di una provincia che sta soffrendo.
Con il nostro Governo da tempo abbiamo per fortuna accelerato la presenza della questura, che quindi è in via di definizione nel cantiere e che presto, speriamo nel 2020, verrà finalmente aperta con un presidio di polizia, ma sono qui, Presidente, tramite la sua persona, a chiedere al Ministero dell'Interno che adesso, in questo momento, immediatamente, si mettano in moto delle azioni per rinforzare quello che è il presidio della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di finanza all'interno di tutta la provincia e ad Andria nello specifico, dove stanno aumentando questi episodi, perché, se ieri ci rimaneva un bambino a terra, oggi stavamo parlando di una tragedia, come quella accaduta qualche tempo fa, che è diventata triste attualità.
Presidente, chiedo, tramite la sua persona, di stimolare fortemente questo intervento, affinché giunga al Ministro. Lo faremo anche noi come MoVimento 5 Stelle, ma davvero sono qui a gridare da parte di tutti i cittadini andriesi fortemente questo segnale, perché le assicuro, Presidente, che diventare una città malfamata solo per una quota molto minoritaria di cittadini disonesti rende invivibile la città per tutti gli onesti.
Credo che questo, un Governo che, come il nostro, pretende di essere il Governo del cambiamento non lo può permettere. Quindi, la ringrazio per questo intervento, ma soprattutto mi consenta di abbracciare tutti i cittadini onesti del mio territorio che ogni giorno si alzano e cercano di combattere contro questi delinquenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gerardi. Ne ha facoltà.
FRANCESCA GERARDI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in quest'Aula per portare all'attenzione del Parlamento un grave problema che sta affliggendo la provincia di Frosinone in queste ore. Domenica 23, un importante e violento incendio ha avvolto lo stabilimento della Mecoris, in provincia di Frosinone, un'azienda privata che si occupa di smaltimento di rifiuti speciali, per lo più ospedalieri ma anche e soprattutto di amianto. Con difficoltà e dopo molte ore l'incendio è stato domato, ma purtroppo si è alzata una nube definita tossica che dai primi monitoraggi e anche nelle successive ore ha fatto registrare dei livelli di PM10 molto, molto, molto alti. E anche a distanza di due giorni e con i successivi monitoraggi questo livello è rimasto molto alto. Il sindaco della città capoluogo, nelle ore successive all'incendio, ha emanato molte ordinanze, addirittura è stata disposta la chiusura di tutte le aziende che si trovano nella zona limitrofa all'incendio, all'azienda Mecoris, sono stati chiusi addirittura i centri commerciali, gli asili, ed è stata disposta anche un'ordinanza di chiusura per quanto riguarda il tribunale di Frosinone. La Protezione civile ha disposto la distribuzione di mascherine, cosa che in altri casi non era mai avvenuta, questo denota la pericolosità della situazione. È stato fatto divieto di raccolta di frutta, di ortaggi che si trovano in quella zona, quindi la paura è tanta. Purtroppo la provincia di Frosinone non è nuova a questi episodi legati ad una mal gestione del circolo dei rifiuti e tutela dell'ambiente. Il nostro territorio è stato scambiato dalla regione Lazio e dalla giunta Zingaretti per una discarica, e questo non è più possibile.
Sono tante le bombe ecologiche pronte ad esplodere che sono disseminate su tutta la provincia di Frosinone, e la gente malgrado continua a respirare puzza e a morire per patologie e neoplasie legate molte volte all'inquinamento. In quest'Aula e per suo tramite, Presidente, chiedo l'intervento del Ministro Costa affinché ci sia più rispetto per un territorio già fortemente provato da questa situazione, e soprattutto che la provincia di Frosinone non diventi una nuova Chernobyl. Noi questo non lo permetteremo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.
PAOLO FORMENTINI (LEGA). Presidente, ho voluto intervenire proprio perché oggi è stata istituita la Giornata della memoria del sacrificio dell'alpino, ma in quest'Aula purtroppo si è mancato di rispetto ad una terra ed ai suoi alpini, a Brescia. A Brescia la tragedia di Nikolajewka è conosciuta da tutti, i bambini la conoscano, tutti assistono alle sfilate dei reduci, ma Nikolajewka per ogni bresciano è simbolo di opere di bene, di solidarietà, di fratellanza, quello spirito che nella tragedia immane della steppa russa si è forgiato, è nato, lo spirito del Corpo degli alpini, e davvero noi non possiamo accettare che venga ridotto a revisionismo quello che invece è qualcosa di nobile, un simbolo di amore per il prossimo. Non c'era nessun desiderio di conquista nella battaglia di Nikolajewka, nessuna voglia di conquistare un territorio, c'era solo questa manovra di sfondamento per tornare “a baita”. I nostri alpini son tornati “a baita” e ci hanno portato in dono un grande dono, la solidarietà per il prossimo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 26 giugno 2019 - Ore 11:
(ore 11 e ore 16)
1. Seguito della discussione delle mozioni Fornaro ed altri n. 1-00198, Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00202, Lollobrigida ed altri n. 1-00203, Cabras, Formentini ed altri n. 1-00204 e Valentini ed altri n. 1-00209 concernenti iniziative di competenza per l'effettiva interruzione della esportazione e del transito di armamenti verso l'Arabia Saudita ed altri paesi coinvolti nel conflitto in Yemen .
2. Seguito della discussione del disegno di legge:
Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione (Testo risultante dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 123-bis, comma 1, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 12 marzo 2019, degli articoli da 6 a 11 del disegno di legge n. 1603). (C. 1603-bis-A)
Relatore: BELOTTI.
3. Seguito della discussione della proposta di legge:
CENNI ed altri: Disposizioni in materia di limitazioni alla vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari sottocosto e di divieto di aste a doppio ribasso per l'acquisto dei medesimi prodotti. Delega al Governo per la disciplina e il sostegno delle filiere etiche di produzione. (C. 1549-A)
Relatrice: GAGNARLI.
4. Seguito della discussione della proposta di legge:
COSTA: Modifiche agli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale, in materia di riparazione per ingiusta detenzione ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati. (C. 1206-A)
Relatore: ZANETTIN.
5. Seguito della discussione del disegno di legge:
Delega al Governo in materia di turismo. (C. 1698-A)
Relatrice: ANDREUZZA.
6. Seguito della discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1° ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2). (Doc. XVI, n. 2)
Relatori: FORMENTINI, per la III Commissione; IOVINO, per la IV Commissione.
(ore 15)
7. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta termina alle 18,55.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nella votazione n. 1 la deputata Scanu ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nelle votazioni nn. 10 e 17 la deputata Carnevali ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 11 le deputate Latini e Frate hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 12 le deputate Latini e Frate hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 15 il deputato Iovino ha segnalato che ha erroneamente votato a contro a mentre avrebbe voluto votare a favore;
nella votazione n. 17 la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 18 il deputato Acunzo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | Ddl 1913 - quest. preg. n. 1 | 434 | 365 | 69 | 183 | 106 | 259 | 97 | Resp. |
2 | Nominale | Ddl 1648-A - articolo 1 | 435 | 433 | 2 | 217 | 433 | 0 | 96 | Appr. |
3 | Nominale | articolo 2 | 434 | 432 | 2 | 217 | 432 | 0 | 96 | Appr. |
4 | Nominale | articolo 3 | 440 | 438 | 2 | 220 | 438 | 0 | 96 | Appr. |
5 | Nominale | articolo 4 | 434 | 432 | 2 | 217 | 430 | 2 | 96 | Appr. |
6 | Nominale | Ddl 1648-A - voto finale | 441 | 439 | 2 | 220 | 439 | 0 | 96 | Appr. |
7 | Nominale | Ddl 1660 - articolo 1 | 449 | 449 | 0 | 225 | 449 | 0 | 95 | Appr. |
8 | Nominale | articolo 2 | 451 | 451 | 0 | 226 | 451 | 0 | 95 | Appr. |
9 | Nominale | articolo 3 | 448 | 448 | 0 | 225 | 448 | 0 | 95 | Appr. |
10 | Nominale | Ddl 1660 - voto finale | 443 | 442 | 1 | 222 | 442 | 0 | 94 | Appr. |
11 | Nominale | Pdl 622-A - em. 1.10 | 441 | 352 | 89 | 177 | 23 | 329 | 94 | Resp. |
12 | Nominale | em. 1.100 | 444 | 442 | 2 | 222 | 441 | 1 | 94 | Appr. |
13 | Nominale | articolo 1 | 455 | 440 | 15 | 221 | 440 | 0 | 94 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nominale | articolo 2 | 455 | 454 | 1 | 228 | 454 | 0 | 94 | Appr. |
15 | Nominale | articolo 3 | 453 | 452 | 1 | 227 | 451 | 1 | 94 | Appr. |
16 | Nominale | articolo 4 | 460 | 459 | 1 | 230 | 459 | 0 | 94 | Appr. |
17 | Nominale | articolo 5 | 456 | 455 | 1 | 228 | 455 | 0 | 94 | Appr. |
18 | Nominale | Pdl 622-A - voto finale | 466 | 459 | 7 | 230 | 459 | 0 | 92 | Appr. |