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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 204 di lunedì 8 luglio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 14,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 1° luglio 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (E' approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Braga, Brescia, Buffagni, Businarolo, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallo, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Parolo, Picchi, Rizzo, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

CARLO FATUZZO (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente, ho letto sui giornali, purtroppo, ma avrei voluto sentirlo ed è per questo che intervengo: vorrei chiedere che venisse richiesto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte di venire in Aula, dove solo si dovrebbe parlare di questi argomenti, a riferire se sia vero quello che ho sentito, quello che è stato scritto, quello che, in interviste di vari nostri colleghi e miei colleghi, è stato riferito anche da parte di Ministri e sottosegretari, oltre che dello stesso Presidente del Consiglio, che si sarebbe evitata la procedura di infrazione dell'Unione europea che era pronta o quasi pronta, se non decisa in questi giorni, “grazie” al fatto che circa un miliardo e mezzo che dovevano essere spesi a favore della “quota 100” - cioè dei pensionati che attendono da anni di avere la pensione - e per il reddito di cittadinanza, che, a detta dello stesso Governo, era destinato a risolvere i problemi della povertà in Italia, di qualunque età, non sarebbe stato speso questo miliardo e mezzo, sarebbe rimasto inutilizzato e anziché, come richiesto da questo Parlamento in numerose richieste di emendamento della legge di bilancio prima e della legge “quota 100” e reddito di cittadinanza, specialmente dei componenti della Commissione competente - la onorevole Renata Polverini, Zangrillo, ricordo da parte dell'altra opposizione Carla Cantone e altri colleghi e me stesso personalmente - che se fosse avanzato, come io avevo previsto, dato che il reddito di cittadinanza per i pensionati è un fantasma, non esiste, e infatti si è verificato questo.

Ancora una volta ricade sui pensionati la salvezza finanziaria dello Stato: prima è accaduto nel 2011 con la legge Fornero, poi è accaduto con la riduzione della spesa che in un primo tempo era prevista di circa 7-8 miliardi per ciascuno dei due Vice Primi ministri delle due componenti, Cinque Stelle da una parte e Lega dall'altra, si è diminuito di molto questo tentativo di rimediare ai circa mille miliardi che sono stati sottratti a tutti i cittadini quando andranno in pensione, sia quelli che ci stavano per andare sia quelli che hanno cominciato a lavorare ieri, tutti, sette anni di meno di pensione per le donne, due anni gli uomini e così via non voglio tediare i colleghi e lei Presidente, ma è cosa nota e adesso sono stati tagliati altri due miliardi e mezzo nella rivalutazione della pensione nominale, perché effettiva sarebbe molto più alta naturalmente, e non basta: sono avanzati - avanzati si fa per dire - non si è riusciti a spendere un miliardo e mezzo e con quello si evita la procedura di infrazione, ma almeno siamo rispettosi…

PRESIDENTE. Deputato Fatuzzo, ha chiesto la parola sull'ordine dei lavori: dovrebbe almeno fare la proposta sull'ordine dei lavori.

CARLO FATUZZO (FI). Che venga convocato il Primo Ministro Giuseppe Conte a riferire se sia vero o meno che ha evitato la procedura di infrazione all'Italia a motivo del non pagamento ai pensionati di quelle somme che erano state loro destinate.

PRESIDENTE. Va bene, la ringrazio.

Discussione della proposta di legge: Fogliani ed altri: Modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico (A.C. 1822-A) (ore 14,38).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1822-A: Modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1822-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Giovanni Battista Tombolato.

GIOVANNI BATTISTA TOMBOLATO , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta di legge n. 1822, di iniziativa dei deputati Fogliani ed altri, prevede modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico e consta di due soli articoli.

In particolare, l'articolo 1, comma 1, dispone il differimento al 1° gennaio 2020 del termine per l'applicazione della disposizione del codice della nautica da diporto che prevede l'obbligo della patente nautica per la conduzione di unità aventi motori di cilindrata superiore a 750 centimetri cubi a iniezione a due tempi. L'articolo 29 del decreto legislativo del 3 novembre 2017, n. 229, ha modificato la disciplina delle patenti nautiche prevista dal codice della nautica da diporto, disponendo l'aggiornamento delle cilindrate dei motori. In considerazione dell'evoluzione tecnologica dei propulsori marini che, a parità di cilindrata, erogano oggi maggiori potenze, la novella introdotta ha pertanto reso obbligatoria la patente nautica per la navigazione delle unità da diporto su cui sono installate determinate categorie di motori, in particolare con iniezione elettronica, la cui conduzione, alla luce della previgente normativa, non richiedeva, invece, il possesso della citata patente.

Conseguentemente, con l'entrata in vigore della nuova disciplina, gli operatori commerciali si sono trovati nella condizione di non poter più locare le unità dotate delle citate motorizzazioni a persone non in possesso della patente nautica, determinando un evidente nocumento alle attività delle imprese che avevano acquistato i citati propulsori proprio in ragione della possibilità di conduzione senza obbligo di patente nautica. Analogamente, i possessori delle unità su cui sono installati i citati motori, che non erano in possesso della patente nautica, si sono trovati nell'impossibilità di condurli.

Per evitare danni economici alle imprese e all'intero settore della nautica da diporto, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, ha disposto il differimento dell'applicazione della nuova disciplina al 1° gennaio 2019. Ciò ha consentito, per la stagione estiva 2018, di evitare gravi danni agli operatori commerciali del settore. Tuttavia, il differimento si è rivelato troppo breve in relazione al periodo di ammortamento del costo di acquisto di un motore marino, che non può essere limitato ad un anno.

Si rende, pertanto, necessario un ulteriore differimento dell'efficacia delle disposizioni relative all'obbligo della patente nautica per la conduzione di unità aventi motori di cilindrata superiore a 750 centimetri cubi a iniezione a due tempi, prevedendone l'applicazione a partire dal 1° gennaio 2020. Ciò consentirebbe di evitare danni economici agli operatori del settore e di contribuire, al contempo, allo sviluppo del turismo nautico, in linea peraltro con le finalità della riforma del Codice. I motori in oggetto sono, infatti, circa 7 mila, molti dei quali acquistati dalle 217 società italiane di locazione di piccoli natanti, che, alla luce delle vigenti disposizioni, vedrebbero di fatto paralizzato il loro settore di attività.

Il comma 2 dell'articolo 1, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede, invece, la proroga al 31 ottobre 2020 dell'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 29 luglio 2016, n. 206, per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine, e al rilascio dell'abilitazione all'esercizio dell'attività di assistente bagnante.

Sono, contestualmente, prorogate alla medesima data le autorizzazioni all'esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento delle attività di salvamento acquatico, rilasciate entro il 31 dicembre 2011.

L'articolo 2, in considerazione della necessità di una tempestiva operatività delle disposizioni in esame, prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

Prendo atto che si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Raffaele Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, oggi siamo qui per parlare di un settore importantissimo nel nostro Paese, quello della nautica, che negli ultimi quattro anni ha realizzato una crescita di circa il 60 per cento rispetto a quel brutto anno nero del 2013. Un ruolo fondamentale per il mercato della nautica e il suo sviluppo lo svolgono anche i piccoli porti, con le loro imbarcazioni e l'indotto turistico che ne consegue.

Con questo provvedimento, intitolato “Modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico”, differiamo al 1° gennaio 2020 il termine per l'applicazione della disposizione del Codice della nautica da diporto, che prevede l'obbligo della patente nautica per la conduzione di unità aventi motori di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi; un differimento che consente di scongiurare danni economici agli operatori del settore - parliamo di modelli di imbarcazioni già in commercio e acquistate - e di contribuire, al contempo, allo sviluppo del turismo nautico.

Il MoVimento 5 Stelle ha seguito da vicino la questione, proprio con l'obiettivo di garantire l'ordinato e regolare svolgimento delle attività nautiche relative alle piccole e piccolissime imbarcazioni da diporto già nella stagione turistica in corso.

Questo intervento normativo era atteso dagli operatori del settore e, in particolare, dalle imprese che operano nel settore del noleggio delle unità da diporto.

Stando ai dati forniti da UCINA in audizione, parliamo di una platea di circa 6 mila-8 mila privati e di alcune centinaia di aziende che hanno acquistato motori di cilindrata superiore a 750 cc a iniezione a due tempi, al fine di utilizzarli per la locazione a soggetti non necessariamente titolari di patente nautica. Queste piccole imprese si sono trovate spiazzate dalla novità legislativa e alla vigilia della stagione balneare non potevamo non tenerne conto.

Altro passaggio di questo provvedimento è quello relativo alla formazione. Si proroga al 2020 anche il termine per l'applicazione delle disposizioni del decreto ministeriale n. 206 del 2016 per l'individuazione di soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione, al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine, e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante e la validità delle autorizzazioni all'esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento delle attività di salvamento acquatico rilasciate entro il 31 dicembre 2011.

Presidente, colleghi, come è evidente, questa norma mette al centro l'importanza del settore nautico e dell'indotto che, anche in termini di turismo, esso genera nel nostro Paese. La stagione turistica in corso ci impone di dare sostegno a una serie di soggetti, privati e piccoli operatori, che traggono sostentamento dal noleggio di imbarcazioni e hanno fatto investimenti rilevanti prima che intervenisse una norma a paralizzarli. In un Paese che ha 8 mila chilometri di coste e un'industria nautica, che è il fiore all'occhiello del made in Italy, l'importanza di questo intervento è sotto gli occhi di tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Gariglio. Ne ha facoltà.

DAVIDE GARIGLIO (PD). Grazie, Presidente. La proposta di legge che è oggetto dei lavori d'Aula consta, come bene ha detto il relatore, di due articoli e dispone, all'articolo 1, comma 1, il differimento del termine per l'applicazione della disposizione del Codice della nautica da diporto, che prevede l'obbligo della patente nautica per la conduzione di unità aventi motore di cilindrata superiore a 750 cc ad iniezione a due tempi.

Precedentemente alla riforma che è stata introdotta con il decreto legislativo n. 229 del 2017 e che era entrata in vigore il 13 febbraio 2018, la patente nautica era necessaria con riferimento alla conduzione di unità con motori di cilindrata superiore a 750 centimetri cubi, ma inferiori ai 1000 centimetri cubi, solo per i motori a carburazione a due tempi, mentre non era necessaria per i motori ad iniezione.

Vi era già stato un differimento con il “decreto milleproroghe” al 1° gennaio 2019 dell'obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di questa unità. Ora, con la presentazione di questa proposta di legge, si propone l'ulteriore differimento. Sappiamo che tale intervento, soprattutto adesso che è iniziata la stagione estiva, è atteso dagli operatori del settore e in particolare da quel segmento che opera nell'attività di noleggio in cui queste imbarcazioni sono presenti, non trovando una facile collocazione di mercato, e sappiamo anche che vi è apprensione per il relativo regime sanzionatorio.

In Commissione vi è stato un confronto franco con i colleghi, trovando un punto di caduta oggettivamente condivisibile, che porta un ulteriore differimento, ma con un orizzonte temporale più ravvicinato di quello che era stato proposto inizialmente, che era di due anni e non uno.

Come gruppo del Partito Democratico abbiamo cercato di svolgere al meglio la nostra funzione, consapevoli dei nostri limiti, per cercare di far sì che la legislazione fosse in qualche modo non penalizzante di un'intera categoria economica.

Sappiamo che vi sono diverse criticità proprio in ordine a questa questione nell'ambito del nuovo Codice della nautica, ma anche nell'affrontare questa problematica, noi siamo partiti dal presupposto che occorre prestare molta attenzione, in via assolutamente prioritaria, alla questione della sicurezza. In altri Paesi, vorrei ricordare che la patente nautica viene adottata per motori con potenze inferiore a quelle di cui stiamo qui trattando.

Poi, sappiamo benissimo, oggi la tecnologia fa sì che vi siano motori di potenza inferiore che sono più potenti di quelli che sono oggetto della norma e, comunque, la proposta che è stata poi accolta in Commissione di ridurre l'orizzonte temporale della proroga, non deve essere vista semplicemente in materia sanzionatoria e punitiva, ma come incentivo a trovare presto una nuova formulazione in base alla quale coniugare innovazione tecnologica e sicurezza, perché dobbiamo intervenire prima e non dopo, perché la logica delle deroghe e delle proroghe non è utile a nessuno.

L'auspicio - e a tal proposito annuncio sin da ora la presentazione di un ordine del giorno - è che questo lasso di tempo individuato come differimento del termine di entrata in vigore possa essere utilizzato, a partire dalla Commissione trasporti, per intervenire ed affrontare questa problematica in maniera più organica.

Per questo propongo che possa essere costituito un tavolo di lavoro con la partecipazione del Governo per individuare le modifiche più opportune al codice della nautica al fine di superare le logiche della mera deroga e arrivare al merito dei nodi da sciogliere. L'unico principio a cui non possiamo derogare, non vogliamo derogare, è quello della sicurezza. Ricordo infine, come peraltro ha già fatto bene il collega Tombolato, che nell'articolo 1, comma 2, è stato introdotto dai lavori della Commissione una proroga, anche qui di un anno, per l'entrata in vigore del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio dell'abilitazione all'esercizio dell'attività di assistente bagnante.

Anche qui mi permetto di dire che il Ministero dei Trasporti, retto da un Ministro il cui cambiamento è una delle linee guida, un faro ispiratore dell'azione, dovrebbe trovare il tempo, tra le molteplici attività a cui è preposto, anche per occuparsi dei bagnini, perché che il nostro Ministero dei Trasporti sia in difficoltà con la TAV, con altre opere e con le grandi infrastrutture è in qualche modo cosa notoria, risaputa e, per certi versi, anche comprensibile; che ci sia difficoltà nel Ministero anche di trovare un modo per normare i corsi di formazione per assistenti bagnanti lo trovo indice della situazione di degrado a cui sono giunte le istituzioni guidate dagli esponenti del cambiamento, che invocano il cambiamento quando sono sugli scranni dell'opposizione, ma che non sanno nemmeno gestire l'ordinaria attività nel momento in cui si trovano a rivestire incarichi di Governo.

Infine, voglio sottolineare come la convergenza che abbiamo raggiunto su questo testo dimostri che, quando si vuole, è possibile addivenire, specie nel lavoro di Commissione, a punti di incontro. In questo caso noi, pur da una posizione di opposizione, lo abbiamo fatto per accogliere le istanze che provengono da un segmento importante del mondo economico. Noi auspichiamo che ci sia analoga disponibilità ad ascoltare istanze che provengono da altri settori economici del mondo dei trasporti e che anche su questi settori, su queste categorie, ci sia la possibilità di aprire un ascolto e aprire, eventualmente, anche ad interventi normativi, se necessari, perché la responsabilità di Governo, la responsabilità di legislatori è una cosa che noi ci sentiamo addosso, e quindi abbiamo cercato di ispirare la nostra azione a questa responsabilità, ma di questa responsabilità devono dare in primis conto coloro che rappresentano i gruppi di maggioranza, i gruppi che esprimono l'Esecutivo.

Auspichiamo, quindi, che nei prossimi mesi, con lo stesso spirito costruttivo, si riesca ad affrontare in questa sede anche una serie di problemi che riguardano, ad esempio, l'ambito del trasporto persone non di linea e su cui in questi mesi in Commissione non si è riuscito a fare nessun passo avanti. Quindi, ci auguriamo che questa modalità di confronto possa essere propedeutica per affrontare altre e non meno delicate questioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stumpo. Ne ha facoltà.

NICOLA STUMPO (LEU). Grazie, Presidente. Utilizzerò molto meno dei trenta minuti messi a disposizione per alcune ragioni semplici. La prima è che la conclusione di questa legge a cui si è giunti nel dibattito di Commissione ci vede tutti favorevoli, anche perché - lo dico non perché siedo all'opposizione - ci troviamo a dover prorogare dei termini già scaduti. Quindi non solo stiamo facendo una proroga dei termini, ma stiamo cercando di sanare per evitare che persone che in questo momento stanno compiendo un lavoro, stanno prestando un servizio per conto terzi, si trovino nella condizione di essere multate per responsabilità non proprie. Quindi credo che sia giusto - lo dicevano prima tutti i colleghi che sono intervenuti prima di me - intervenire con una certa rapidità, evitare i disservizi, evitare danni economici a delle categorie di una parte del turismo, non del turismo complessivamente, ma, in un momento come questo, penso sia doveroso farlo con una certa velocità.

Due questioni soltanto e mi avvio a concludere. Credo che sia giunto il momento di dire basta proroghe però, nel senso che prorogare una proroga inizia a essere un po' complicato. Per cui chiedo, nel dire che siamo tutti d'accordo, che però il 1° gennaio del 2020 debba essere risolto in modo diverso rispetto a una proroga al 1° gennaio 2021, questo che sia chiaro a tutti noi, perché sarebbe irrispettoso anche in ragione di alcune questioni. Le vicende di cui stiamo parlando, ora si potrebbe entrare un po' troppo nei tecnicismi, per cui non voglio farlo, ma il passaggio dei motori da due a quattro tempi non è stato soltanto un fatto musicale del rumore del motore, ma è anche una questione di sicurezza, di basse emissioni e di bassi consumi. E allora, in una società che vuole andare avanti, penso che bisogna guardare sicuramente alla sicurezza, e in questo caso parliamo di quella di chi si trova su quelle barche, perché un motore a quattro tempi ha delle caratteristiche tali, proprio per le ragioni di cui si parlava, per cui con dei giri più bassi riesce a fare prestazioni simili a quelle dei due tempi, e delle basse emissioni di CO2, e quindi di ciò che comporta, dei costi aggiuntivi che avrà poi lo Stato, che avranno i cittadini a loro carico. Credo sia giunto il momento di dire basta, di andare a dare un indirizzo verso alcune situazioni più moderne e più attuali. Con queste ragioni sono favorevole alle cose che sono state dette prima dal collega Gariglio rispetto alla modalità di trovare da subito, nei prossimi mesi, la soluzione per fine anno. Credo che con queste attenzioni si possa approvare questo testo di legge, e poi, però, affrontare in modo risolutivo il tema in materia.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1822-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano ad intervenire in sede di replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Piccoli Nardelli ed altri: Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura (A.C. 478-A); e delle abbinate proposte di legge: Belotti ed altri; Mollicone ed altri; Frassinetti ed altri; Casciello ed altri (A.C. 1410-1516-1614-1686) (ore 15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 478-A: Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura; e delle abbinate proposte di legge nn. 1410-1516-1614-1686.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 478-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Alessandra Carbonaro.

ALESSANDRA CARBONARO , Relatrice. Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in esame, frutto di un intenso lavoro di condivisione e confronto tra tutti i gruppi parlamentari, è volta alla promozione e al sostegno della lettura quale mezzo per lo sviluppo della conoscenza, la diffusione della cultura e la promozione del progresso civile, sociale ed economico della nazione. Al principio del suo esame in Commissione è stata assunta come testo base la proposta di legge n. 478, presentata dalla collega onorevole Piccoli Nardelli, poi modificata e arricchita, sempre in modo condiviso, con la prima firmataria.

Ciò, alla luce del contributo di riflessione e di proposta di tutti i gruppi e, in particolare, dei colleghi che hanno presentato proposte di legge sulla stessa materia o su materie connesse, facendo altresì tesoro dei suggerimenti emersi nel ciclo di audizioni informali che sono state svolte dalla Commissione. Attraverso l'introduzione di nuovi strumenti di programmazione di incentivi all'acquisto dei libri per le fasce più deboli della popolazione, di meccanismi di sostegno al sistema pubblico delle biblioteche, al coinvolgimento attivo delle istituzioni scolastiche si intende dare piena attuazione al principio di uguaglianza sostanziale consacrato nell'articolo 3 della Costituzione, secondo cui: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Soprattutto oggi, nell'epoca dell'informazione digitale, dei social network, del rapido e superficiale consumo ipertestuale delle notizie, l'effettivo esercizio delle libertà democratiche dipende in maniera crescente dal grado di accesso alla conoscenza. Poiché appare sempre più difficile distinguere il falso dal vero, è fondamentale che ciascuno sia posto in condizione di accedere con consapevolezza al pluralismo delle fonti, in modo da poter maturare una propria autonoma visione della realtà. La conoscenza, la cultura, l'abitudine al pensiero lungo, la possibilità di godere di un tempo lento per riflettere rappresentano strumenti cardine per orientarci in un mondo in rapida trasformazione; tuttavia, ancora oggi, le persone con minore possibilità di accesso a questi strumenti corrono il pericolo di cadere in una trappola di povertà culturale che si autoalimenta, condannando gli individui alla forzata permanenza in un limbo cognitivo nebuloso, fortemente penalizzante per la strutturazione consapevole di percorsi di vita non solo lavorativa.

La proposta di legge vuole, quindi, contrastare il preoccupante fenomeno del cosiddetto analfabetismo di ritorno e del calo del consumo di libri, fenomeno che ha assunto in Italia una proporzione allarmante. Le trasformazioni culturali e sociali in corso, che vedono l'innovazione tecnologica giocare un ruolo sempre più centrale, non ci tragga in inganno: le statistiche sulla diffusione dei libri elettronici è abbastanza modesta e non tale da compensare il calo delle vendite della lettura di libri cartacei. Da ciò ne possiamo ricavare che un'intera generazione di lettori non stia passando dall'analogico al digitale, ma si stia semplicemente perdendo. Per questa ragione abbiamo cercato, all'interno della legge, di mettere in campo tutte le strategie possibili al fine di valorizzare l'immagine sociale del libro: il nostro fine è quello di mirare a una sempre maggiore consapevolezza da parte del cittadino sul ruolo della lettura.

Se è vero che ogni lettore quando legge, legge se stesso, sosteneva Proust, alimenta quindi la propria consapevolezza di sé, nutre il proprio pensiero di linfa vitale, è altrettanto vero che deve essere messo nella condizione di poterlo fare. Oltre a promuovere la diffusione della lettura dal lato della domanda, la proposta di legge in esame intende supportare, attraverso precise politiche del prezzo di cui vi dirò più avanti, quelle piccole realtà, come le piccole librerie indipendenti e di qualità che, spesso, svolgono un ruolo di presidio culturale, in assenza di altri luoghi della cultura, nei quartieri delle nostre città. Basti pensare che, in otto anni di applicazione della “legge Levi”, la n. 128 del 2011, la lettura è calata all'11 per cento e l'ecosistema della filiera del libro ha registrato una preoccupante contrazione; infatti, dal 2011 al 2016, hanno chiuso, tra librerie e cartolibrerie, 2.038 imprese, con la perdita di più di 4 mila posti di lavoro, ma, soprattutto, sono più di 13 milioni di italiani che non hanno la possibilità di beneficiare della presenza di una libreria nel proprio luogo di residenza. La desertificazione dell'offerta commerciale di libri, specie nelle piccole realtà delle aree interne del Mezzogiorno, comporta un effetto domino negativo anche su altri servizi ai cittadini, contribuendo in maniera sensibile alla dinamica di spopolamento in atto.

Il testo che illustrerò qui di seguito è quello presentato dalla Commissione all'Assemblea, ma voglio dire fin da ora che è mia intenzione, di accordo con l'onorevole Piccoli Nardelli e con il Governo, apportare alcune ulteriori modifiche al testo attraverso emendamenti che mi riservo di sottoporre al Comitato dei nove. Passando all'analisi del dettaglio, l'articolo 1 (Principi e finalità), oltre a precisare che la Repubblica favorisce e sostiene la lettura, in attuazione degli articoli 2, 3 e 9 della Costituzione, afferma che all'attuazione delle finalità indicate dal provvedimento devono contribuire lo Stato e gli enti territoriali secondo il principio di leale collaborazione nel rispetto delle proprie competenze. In particolare, la Repubblica è chiamata a promuovere interventi per sostenere e incentivare la produzione, la conservazione, la circolazione, la fruizione dei libri in quanto strumenti preferenziali per l'accesso ai contenuti e per la loro diffusione, nonché per il miglioramento degli indicatori del benessere equo e sostenibile.

L'articolo 2 (Piano nazionale d'azione per la promozione della lettura) prevede un Piano nazionale d'azione per la promozione della lettura da adottarsi ogni tre anni, nel quale sia garantita l'equilibrata distribuzione territoriale degli interventi; per la realizzazione di quest'ultima è prevista un'autorizzazione di spesa, nel limite di 3,5 milioni di euro annui.

La predisposizione della proposta del Piano d'azione, nonché il coordinamento, l'attuazione e il monitoraggio delle relative attività, sono affidate al Cepell, il Centro per il libro e la lettura. Il primo Piano dovrà essere adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Nell'individuazione delle priorità del Piano si dovrà tenere conto di una serie di obiettivi prioritari che sono elencati dal provvedimento, quali diffondere l'abitudine alla lettura, a favorire l'aumento del numero dei lettori, valorizzando l'immagine sociale del libro e della lettura, anche attraverso attività programmate di lettura comune e pratiche fondate sulla condivisione dei testi e la partecipazione attiva dei lettori; promuovere la frequentazione di biblioteche e librerie, nonché la conoscenza della produzione libraria italiana; valorizzare e sostenere le buone pratiche di promozione della lettura realizzate da soggetti pubblici e privati, anche in collaborazione tra loro e, in particolar modo, quelle tra le istituzioni pubbliche, gli operatori e le associazioni professionali del settore librario, favorendone la diffusione nel territorio nazionale; valorizzare e sostenere la lingua italiana, favorendo la conoscenza delle opere e degli autori italiani e la loro diffusione all'estero, anche tramite le biblioteche; valorizzare la diversità della produzione editoriale nel rispetto delle logiche di mercato e della concorrenza; promuovere la formazione continua e specifica degli operatori di tutte le istituzioni coinvolte nella realizzazione dello stesso Piano; promuovere la dimensione interculturale e plurilingue della lettura nelle istituzioni scolastiche e nelle biblioteche; promuovere la lettura presso i teatri, all'interno delle programmazioni artistiche e culturali, nonché durante i festival; prevedere interventi mirati per specifiche fasce di lettori e per i territori con più alto tasso di povertà educativa e culturale. Inoltre, il Piano dovrà contenere indicazioni circa azioni volte a favorire la lettura nella prima infanzia, anche attraverso il coinvolgimento dei consultori e delle ludoteche; promuovere la lettura nelle strutture socio-assistenziali per anziani e negli ospedali, con iniziative a favore delle persone ricoverate per lunga degenza, nonché negli istituti penitenziari, con particolare riferimento agli istituti penali per minorenni (Applausi del deputato Fatuzzo) e promuovere la parità di accesso alla produzione editoriale da parte delle persone con difficoltà di lettura ovvero disabilità fisiche e sensoriali.

L'articolo 3 prevede che le regioni e gli altri enti territoriali diano attuazione al Piano d'azione nazionale attraverso la stipula di patti locali per la lettura, ai quali partecipano anche altri soggetti pubblici, in particolare biblioteche e scuole private operanti nel territorio. Più nello specifico, i patti locali prevedono, sulla base degli obiettivi generali individuati dal Piano d'azione nazionale e delle specificità territoriali, interventi finalizzati ad aumentare il numero dei lettori abituali. A tal fine, sono previsti specifici finanziamenti nell'ambito dei bilanci degli enti territoriali e degli altri soggetti coinvolti. Il censimento periodico e la raccolta di dati statistici relativi all'attuazione dei patti locali sono, anche in questo caso, affidati al Cepell, che vi provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.

L'articolo 4 prevede che, a decorrere dal 2020, il Consiglio dei Ministri assegna annualmente ad una città italiana il titolo di capitale italiana del libro. Questo all'esito di una selezione basata su progetti presentati dalle città che si candidano al titolo. I progetti presentati dalla città assegnataria del titolo saranno finanziati nei limiti di 500 mila euro annui.

L'articolo 5 reca interventi per favorire la digitalizzazione delle opere. In particolare dispone che i soggetti pubblici realizzano e promuovono iniziative di digitalizzazione, anche attraverso contratti o convenzioni al fine di assicurare e incrementare l'accesso al patrimonio culturale, compreso quello custodito presso le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e la sua libera fruizione nel rispetto dei diritti sussistenti sulle opere, contribuire a sostenere l'innovazione tecnologica nel settore editoriale, favorire l'utilizzo di strumenti didattici in versione digitale nel rispetto del Piano nazionale per la scuola digitale. È prevista l'erogazione di contributi per il finanziamento delle iniziative di digitalizzazione a valere su un apposito fondo, con una dotazione di un milione di euro per ciascuno degli anni 2020-2021-2022.

L'articolo 6 coinvolge le scuole nello sforzo di promozione della lettura. In particolare, si prevede che, con appositi bandi, gli uffici scolastici regionali individuino, nella rete fra scuole di ciascun ambito territoriale, una scuola che operi quale polo responsabile del Servizio bibliotecario scolastico di ogni ordine e grado. Nello specifico, ciascuna scuola-polo è chiamata a promuovere la collaborazione tra le scuole della rete e le istituzioni del territorio, con particolare riferimento alle biblioteche di pubblica lettura e alle altre istituzioni e associazioni culturali al fine di promuovere la lettura tra i giovani. I relativi progetti sono realizzati con le risorse disponibili a legislazione vigente, incluso l'organico dell'autonomia, ma possono avvalersi dell'utilizzo dei materiali delle teche Rai e delle opportunità offerte dai patti locali per la lettura. Inoltre, ciascuna scuola-polo organizza la formazione del personale delle scuole della rete impegnato nella gestione delle biblioteche scolastiche. A tal fine è autorizzato la spesa di un milione di euro annui a decorrere dal 2020. L'articolo 7 prevede, al fine di contrastare la povertà educativa e promuovere la diffusione della lettura, l'istituzione di una Carta della cultura.

Si tratta, in particolare, di una carta elettronica destinata all'acquisto di libri, anche digitali, muniti di codice ISBN, nonché di prodotti e servizi culturali da parte dei cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale e appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati. I requisiti per ottenere l'assegnazione della carta e le modalità di attribuzione di utilizzo della stessa saranno definiti con decreto del Ministero per i Beni e le attività culturali, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

L'articolo 8 (donazioni librarie) esclude dal campo di applicazione dell'IVA le cessioni gratuite di libri a favore di enti pubblici o privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche.

L'articolo 9 modifica la disciplina del prezzo dei libri recata dalla legge n. 128 del 2011. In particolare, viene ridotta la percentuale massima di scontro sulla vendita di libri, comprese le vendite effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali nella rete Internet. In generale, la percentuale massima di sconto è fissata nel 5 per cento, elevata al 15 per i libri adottati nelle istituzioni scolastiche come libri di testo. I limiti di sconto indicati non si applicano alle vendite di libri nelle biblioteche, purché i libri siano destinati all'uso dell'istituzione, restando esclusa la loro rivendita. Le case editrici, per un solo mese all'anno e per ciascun marchio editoriale, con esclusione dei titoli pubblicati nei sei mesi precedenti a quello in cui si svolge la promozione, possono praticare sconti fino al 20 per cento. I venditori al dettaglio sono liberi di non aderire a queste campagne promozionali. In un solo mese nell'anno, scelto tra uno dei mesi che saranno individuati da un apposito decreto ministeriale, si potranno applicare sconti sui libri fino a un massimo del 15 per cento. Si introduce poi il divieto, nei confronti di chiunque, di promuovere iniziative commerciali che accordino sconti superiori ai suddetti limiti anche nel caso in cui prevedano la sostituzione dello sconto diretto con la consegna di buoni spesa utilizzabili contestualmente o successivamente all'acquisto dei libri sui quali sono riconosciuti. Le funzioni di vigilanza sul rispetto dei divieti stabiliti dalla legge n. 128 del 2011 vengono ora attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che a tal fine si potrà avvalere della Guardia di finanza nonché, all'occorrenza, della collaborazione degli altri organi dello Stato, come già previsto per lo svolgimento di altre funzioni. Alla stessa Autorità, inoltre, sono attribuite le funzioni di accertamento delle infrazioni e di irrogazione delle sanzioni, già previste dalla normativa vigente.

L'articolo 10 prevede l'istituzione presso il Ministero per i Beni e le attività culturali dell'albo delle librerie di qualità. L'iscrizione nell'albo attribuisce al punto di vendita, e non all'impresa commerciale, il diritto di utilizzo del marchio di librerie di qualità, per un periodo di tre anni, rinnovabile a domanda. L'iscrizione è riservata alle librerie che esercitano in modo prevalente l'attività di vendita al dettaglio di libri in locali accessibili al pubblico e che assicurano un servizio innovativo caratterizzato da continuità, diversificazione dell'offerta dei libri e realizzazione di iniziative di promozione culturale nel territorio. Nella definizione dei requisiti per l'iscrizione all'albo si dovrà tenere conto di aspetti come l'assortimento diversificato dei titoli offerti in vendita, la qualità del servizio, l'attività di proposta di eventi culturali, l'adesione ai patti locali per la lettura, ove attivati, ma anche la specificità del territorio in cui è sita la libreria.

L'articolo 11 incrementa di 3.750.000 euro annui, a decorrere dal 2020, il limite di spesa pubblica autorizzato per la concessione del credito d'imposta di cui possono usufruire gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati o nel settore di vendita al dettaglio di libri di seconda mano.

L'articolo 12 provvede alla copertura finanziaria delle varie misure e l'articolo 13 stabilisce che le disposizioni della legge si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Prima di concludere ricordo che sul testo si sono espresse tutte le Commissioni competenti in sede consultiva, fuorché la Commissione bilancio, che renderà il suo parere all'Assemblea. Hanno formulato osservazioni, nei loro pareri, la Commissione affari costituzionali e la Commissione parlamentare per le questioni regionali, che entrambe hanno suggerito di prevedere l'intesa, anziché il semplice parere, della Conferenza unificata sul piano di azione per la promozione della lettura. Gli altri pareri sono stati tutti favorevoli.

Concludo con l'auspicio che il dibattito in Aula possa arricchire maggiormente il lavoro fin qui compiuto. La promozione e il sostegno alla lettura sono compiti alti, ai quali la politica ha il dovere di tendere, al fine di garantire quell'accesso alla conoscenza fondamentale per il pieno sviluppo della persona umana (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

GIANLUCA VACCA, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali. Presidente, non voglio ovviamente replicare l'ottima illustrazione del provvedimento che ha fatto la relatrice con questa relazione, però ci tenevo a testimoniare innanzitutto quanto detto dalla relatrice, cioè l'importanza che ha un argomento come quello della promozione alla lettura nell'azione di questo Governo, sia anche la collaborazione e il confronto continuo che il Governo ha avuto con il Parlamento, con i membri della Commissione, che hanno lavorato e stanno lavorando - di questo va dato atto - in maniera collegiale e senza nessun attrito derivante appunto dell'appartenenza politica, ma in maniera costruttiva e collegialmente, segno di un'attenzione particolare che il tema riceve da parte di tutte le forze politiche.

È un provvedimento, questo, che ci arriva dalla scorsa legislatura, e anche nella scorsa legislatura c'è stato questo clima collaborativo tra tutte le forze politiche, a testimonianza di quanto sia importante l'argomento della promozione della lettura.

È un provvedimento complesso, e da parte del Governo, del Ministero per i Beni e le attività culturali, e di tutto il Governo c'è la disponibilità a continuare a lavorare su questo tema, per fare in modo che i provvedimenti contenuti in questa proposta di legge, arricchiti ed eventualmente migliorati con le modifiche che potranno essere apportate nelle fasi successive del dibattito parlamentare, arrivino appunto all'obiettivo di promuovere quello che è un settore troppo fragile, a nostro avviso, che è quello appunto della lettura nel sistema Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

LUIGI GALLO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario Gianluca Vacca per l'intervento che ha fatto, che ha mostrato come Governo e Parlamento cerchino di collaborare su un tema importante, che è quello della lettura e della promozione della cultura. I miei ringraziamenti vanno anche, naturalmente, a tutta la Commissione e a tutte le forze politiche, che hanno collaborato e hanno fatto in modo che le idee migliori che ogni forza politica ha portato avanti confluissero in un testo unico, per dare quel senso di unità rispetto ad una battaglia e a una sfida importante, che è quella della promozione della lettura e lo sviluppo della cultura nel Paese. Formulo un ringraziamento straordinario anche al lavoro appassionato della relatrice, Alessandra Carbonaro, che ha contribuito a portare in quest'Aula un buon testo di legge, che è una speranza per tutti quelli che in Italia credono che la cultura e una rivoluzione culturale siano il più delle volte gli unici strumenti capaci di portare nel Paese delle profonde trasformazioni per migliorare la vita di tutti noi.

Inizio subito a parlare di un aspetto della legge, una delle più gravi emergenze del Paese: in Italia il 12,5 per cento dei minori di 18 anni si trova in povertà assoluta; stiamo parlando di 1,2 milioni di bambini e ragazzi, e 1,2 milioni è una cifra immensa.

Se nel 1948 Palmiro Togliatti e, poi, Alcide De Gasperi sollevarono la questione dei Sassi di Matera come scandalo nazionale da risolvere, e nel 1952 si promulgò una legge nazionale rivolta a 15 mila abitanti dei Sassi, oggi, in tutta Italia, con 1,2 milioni di bambini e bambine, ragazzi e ragazze povere è come se contassimo centinaia di città come la vecchia Matera dei Sassi, ma sono città nascoste, sono città sconosciute, fuori dai radar, sono luoghi in cui non arriva nessuna luce, sono senza nessuna telecamera e nessun racconto. E sapete qual è la cosa più sconvolgente? Queste centinaia di città fantasma come la vecchia Matera dei Sassi sono interamente formate da soli bambini; e in queste città immaginarie di soli bambini nessuno può permettersi le spese minime per condurre uno stile di vita accettabile. I più recenti dati OCSE-PISA elaborati dall'Università di Tor Vergata per Save the Children ci indicano come i ragazzi delle famiglie più povere abbiano risultati, in lettura e matematica, molto inferiori ai coetanei, e quindi sono destinati a restare ai margini, a restare gli ultimi, e purtroppo sono destinati a diventare anche nostri nemici. Stiamo parlando del 53 per cento di minori di 18 anni che non ha letto libri l'anno precedente, del 43 per cento che non ha praticato sport, del 55 per cento che non ha visitato musei o mostre. Questa è una sirena che deve suonare nella nostra testa, perché la povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda: meno sono i mezzi culturali, meno sono le reti sociali sane a cui si appartiene e più si riducono le opportunità occupazionali.

Allo stesso tempo, se hai meno soldi, meno accederai ad un libro, al cinema, al teatro restando confinato in un ghetto e, allora, nessun sogno potrà svilupparsi per questi bambini, nessun talento riuscirà a venire fuori e il rischio di diventare un nemico per tutti è dietro l'angolo perché chi è in queste condizioni è facile che alimenti il circolo del degrado, alimenti il circolo della violenza, alimenti il circolo della devianza delle baby-gang, dei reati, degli spari, degli atti di vandalismo.

Tutto questo sembra ancora lontano da noi finché non ti imbatti nelle storie reali del Paese, quelle che mi raccontano i docenti che incontro. Il 50 per cento delle loro classi - raccontano alcuni docenti - vivono in queste condizioni: i bambini appartenenti alla classe hanno genitori in carcere, hanno magari il padre che spaccia, hanno magari la madre che si prostituisce oppure sono affidati ai nonni o alle zie. Ci sono casi raccontati in questo esame di Stato di scuola media nei quali il ragazzo, la ragazzina in questo caso, non poteva raggiungere la scuola perché non aveva nessuno della famiglia allargata che potesse accompagnarla a svolgere l'esame di Stato a scuola e, quindi, una docente ha preso la sua auto, si è allontanata dall'esame di Stato ed è andata a recuperare la bambina per consentirle di svolgere l'esame.

Se non bastassero queste storie, ci sono quelle che sono rimbalzate sulla cronaca nazionale come quelle di poche settimane fa nel rione Rione Villa San Giovanni a Teduccio, un quartiere di Napoli, dove un uomo è stato ucciso a colpi di pistola a pochi metri dai cancelli dell'Istituto Comprensivo Statale Vittorino da Feltre, in presenza del nipote di soli tre anni e davanti agli occhi di tanti bambini e genitori che entravano a scuola.

Con il Presidente della Camera, in qualità di presidente della Commissione cultura, sono andato ad ascoltare le storie dei dirigenti scolastici, dei docenti, dei genitori e delle istituzioni. Sapete cosa ci hanno chiesto? Aiuti alle famiglie a rischio. Chi lavora nella scuola in questi quartieri sta combattendo una guerra a mani nude sotto il fischio dei proiettili, dei vetri fracassati e dei furti. Chi lavora nella scuola ci chiede aiuti alle famiglie, a tutte le famiglie a rischio perché fuori dalla scuola, i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze finiscono in un burrone sociale da cui non riescono più ad uscire se non riusciamo a costruire speranze e opportunità per famiglie e minori a rischio.

È per questo che saluto con un grosso apprezzamento il lavoro che abbiamo fatto nella proposta di legge perché nell'articolo 2, con il Piano nazionale d'azione per la promozione della lettura, prevediamo interventi mirati per specifiche fasce di lettori e per i territori con più alto tasso di povertà educativa e culturale, anche al fine di prevenire o di contrastare fenomeni di esclusione sociale.

Ma sono ancora più soddisfatto dell'istituzione di una carta della cultura che si rivolge ai nuclei familiari economicamente svantaggiati per l'acquisto di libri, prodotti e servizi culturali.

Si discute tanto nel Paese di quanti cittadini leggono e di quanti libri vengono acquistati anche come misura del livello culturale del Paese. C'è un dato importante però da sottolineare: anche quando nel nostro Paese la spesa dei cittadini in cultura è aumentata, gli acquisti sono aumentati sempre tra le persone già abituate ad abbeverarsi alla cultura. Invece, credo che i cittadini debbano festeggiare quando noi tutti riusciamo a realizzare misure che permettono ad un cittadino di comprare il suo primo libro, di acquistare il suo primo ingresso a teatro, ai musei, al cinema e ad un concerto: è quello il momento in cui abbiamo fatto un passo in avanti; è quello il momento in cui possiamo essere sicuri che qualcosa è iniziato a cambiare.

La proposta di legge in esame, con la misura della carta della cultura, riesce a innescare tale cambiamento, un piccolo cambiamento che per ora è sostenuto da un impegno di un milione di euro ma che avvia un importante cammino per finanziare questo cambiamento con le risorse aggiuntive che servono al più presto.

Detto questo, bisogna anche essere onesti e spiegare che la sfida che vogliamo affrontare è molto grande e non si risolve con una legge, con una norma o solo con le risorse. Se ci siamo trovati con 1,2 milioni di bambini e ragazzi in povertà assoluta siamo in tanti ad aver fallito: ha fallito la politica perché negli anni precedenti non è riuscita a individuare il problema e a occuparsene. Hanno fallito anche le organizzazioni culturali perché hanno fatto tanto ma probabilmente non sono riuscite a ritenerla un'emergenza del Paese. E probabilmente hanno fallito anche le imprese, i mecenati, tutte le persone che potrebbero supportare questa idea di rilancio culturale e voglia di dare una risposta a una ripresa di dignità del Paese dove deve esserci necessariamente un avanzamento culturale.

Dunque, è chiaro che per un'emergenza così importante è necessaria un'alleanza: è una sfida che richiama necessariamente un'alleanza. Quindi, il Parlamento probabilmente fa un piccolo passo con la proposta di legge in esame dando indicazioni, dando una spinta sociale su determinate misure, ma gli altri passi li dobbiamo fare insieme con il Paese, li dobbiamo fare insieme anche prevedendo donazioni per la carta cultura, prevedendo che le imprese vengano valorizzate se si impegnano in una lotta alla povertà educativa e culturale nel Paese e, quindi, devono essere valorizzate anche come immagine per quello che stanno facendo per il Paese. Ma tale sfida, tale grande alleanza è necessario farla con tutti gli attori in campo che sono sui territori.

Ora, noi stiamo facendo diverse leggi come Commissione cultura e in ogni proposta di legge che portiamo in quest'Aula stiamo mettendo, a mio avviso, un principio importante e c'è anche in questa proposta legge: i patti locali e territoriali. Abbiamo fatto i patti locali per la legge dell'educazione civica con i quali abbiamo creduto e crediamo nella volontà di mettere insieme i soggetti sani della società per affrontare i temi dell'educazione civica sul territorio; facciamo nella proposta di legge in esame patti locali per la lettura e anch'essi sono uno strumento che diamo ai cittadini per unirsi su qualcosa che può rilanciare e migliorare le condizioni del proprio territorio; anche con i centri sportivi scolastici nella delega allo sport realizziamo la missione di permettere che vi siano luoghi dove possiamo aggregare, creare alleanze e creare un tessuto sociale che funziona.

Tale deve essere la sfida che tutta la Commissione cultura e anche il Parlamento si dà: mettere insieme le forze positive del Paese sul piano della cultura, sul piano dello sport, sul piano educativo, sul piano sociale e costruire quella società organizzata che serve a volte a sconfiggere culturalmente i mali che sono dietro l'angolo, dal degrado alla violenza e anche alla criminalità organizzata che non si può combattere solamente con la repressione, che pure è necessaria. Il rafforzamento delle forze dell'ordine e l'intervento della magistratura sono provvedimenti necessari ma, attenzione, che quando noi decapitiamo un'organizzazione che magari su un territorio ha messo le mani e rende difficile lo sviluppo di quel territorio ne crescono due con due teste vicino, perché recuperano ossigeno dal degrado di quel territorio. E per sconfiggere la crescita di un altro mostro a due teste, quando lo Stato riesce a decapitare il primo mostro, devi per forza eliminare l'ossigeno con cui si nutrono tali soggetti e l'ossigeno è il degrado, la violenza, la povertà. E noi possiamo eliminarlo, possiamo sottrarre l'ossigeno con iniziative come queste ed altre che spero arriveranno presto in Parlamento nelle leggi e nella legge di bilancio che ci attende (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Piccoli Nardelli. Ne ha facoltà.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Grazie, Presidente. Gentili colleghi, desidero spiegare in un breve intervento le ragioni di questa proposta di legge fortemente sostenuta dal Partito Democratico.

Il gruppo PD l'ha presentata sin dall'inizio di questa legislatura. Sono ragioni che compongono un mosaico ampio di tipo sia politico sia culturale sia economico e vi confesso che sono anche motivazioni personali perché ognuno di noi si porta dentro un grande amore per un libro che lo accompagna per tutta la vita e che in certi momenti riaffiora, influenzando gusti e scelte successive.

Il mio amore di bambina è stato I ragazzi della via Pál che nel mio ricordo regge ancora oggi il confronto con la contemporaneità ed è metafora di quel che accade nella vita, delle battaglie che devi affrontare, degli alleati che trovi per combatterli, delle risorse personali che ognuno deve scoprire in se stesso per confrontarsi adeguatamente con gli altri.

Quindi, la proposta di legge per la promozione della lettura è anche un tentativo, perché ogni bambino nel nostro Paese possa avere il ricordo di un libro da portare con sé.

Altre sono le motivazioni politiche della proposta di legge atto Camera n. 478, “Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura”, oggi in discussione in quest'Aula, che discutiamo - voglio ricordarlo - nella quota di calendario riservata all'opposizione. Essa cerca di risolvere alcuni aspetti critici registrati, rilanciando le buone pratiche già attive nel Paese e cercando di mettere a sistema, in una sorta di legge quadro, gli interventi più urgenti per affrontare tutte quelle emergenze del settore che ben conoscete.

Gentile Presidente, tutti sappiamo, come è emerso anche dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, che il nostro è un Paese che legge poco, che ha alle spalle una storia fatta di analfabetismo, di recupero difficile di popolazioni povere, di ricadute in forme gravi di analfabetismo di ritorno. Da queste considerazioni era scaturita già nella XVII legislatura una proposta di legge, la cui prima firma era quella di Giordano, cui si aggiunse poi quella di Sandra Zampa, che portava un titolo più ampio: “Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura”. Quel testo riportava dati che voglio ricordare, perché non sono cambiati molto da allora: 46 italiani su 100 hanno letto almeno un libro all'anno, a fronte dei 70 della Francia, degli 82 della Germania, dei 76 della Gran Bretagna. Più o meno, quindi un italiano su due non legge affatto. Eppure libri e lettura, su qualsiasi supporto, costituiscono una base fondamentale per la crescita economica, sociale e culturale di un Paese.

Purtroppo, negli anni successivi quel dato è peggiorato, e in un'interessante indagine conoscitiva sulle buone pratiche della diffusione culturale siamo stati costretti a certificare che il dato si era ridotto al 41 per cento, con solo un 7 per cento di nostri connazionali che legge un libro al mese Giuseppe Laterza, in quella sede, spiegò che non sono solo i meno abbienti quelli che leggono poco: sono anche i meno abbienti, ma leggono poco anche i professionisti, i capitani d'azienda, le persone che non hanno problemi economici.

Il combinato disposto degli articoli 3 e 9 della Costituzione indica che nella cultura, nelle opportunità culturali c'è il riscatto della persona, e che la libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori fondamentali che potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità di cittadini ben informati per esercitare i propri diritti democratici e per giocare un ruolo attivo nella società.

D'altra parte, la partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un'istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazione alla conoscenza, al pensiero, alla cultura, all'informazione.

Quella prima proposta di legge, l'atto Camera n. 1504, nasceva su sollecitazione del Forum per il libro, che aveva coinvolto con un Patto per la lettura molti candidati alle elezioni politiche del 2013 appartenenti a schieramenti diversi, accomunati dall'attenzione per il mondo delle biblioteche e della lettura, e preoccupati dai dati sempre più allarmanti legati al crollo del mercato del libro, alla crisi delle librerie, alle difficoltà lamentate dagli editori. L'adesione al Patto per la lettura fu ampia e convinta; la proposta di legge ebbe un lungo iter, ma il procedimento legislativo non si concluse a causa della mancanza di una copertura finanziaria adeguata alle disposizioni previste. Nella scorsa legislatura, dunque, avemmo molti interlocutori autorevoli fra gli editori, i docenti universitari, gli attori dell'economia della cultura. Voglio ricordare qui per tutti il professor Solimine, che del resto è di casa qui alla Camera, come presidente del Premio Strega Giovani, che si assegna ogni anno ormai in Sala della Lupa.

In questa nuova legislatura la Commissione cultura ha ripreso in esame il testo, aggiornando i dati già in proprio possesso; ha convocato in audizione ancora una volta accademici, esperti, specialisti nei settori delle biblioteche, delle librerie, dell'editoria, sindacati, associazioni di categoria della filiera del libro e della lettura; sono state svolte 19 audizioni, che si sono aggiunte al materiale raccolto nelle 26 audizioni tenutesi nella XVII legislatura.

I lavori del comitato ristretto, nominato dalla Commissione cultura per rielaborare in un testo unificato le proposte di legge presentate dai colleghi di altri gruppi parlamentari, ben quattro, hanno prodotto un provvedimento di legge che arriva oggi in Aula, semplificato in alcune parti e arricchito in altre, ma con gli stessi principi fondanti e con un'ampia condivisione da parte delle diverse forze politiche. Si interviene sotto il profilo della promozione, con un piano d'azione che tocca i temi più sensibili, a fronte della fragilità di questo Paese: sotto il profilo organizzativo, si cerca di tutelare il mondo delle biblioteche degli enti locali, di intervenire sulle biblioteche scolastiche, di sostenere il mondo delle librerie; si prevedono interventi finanziari sicuramente ancora inadeguati di fronte agli interventi richiesti, ma che istituiscono dei fondi che ci auguriamo potranno essere integrati da nuove risorse in futuro; aumenta il Fondo per la promozione della lettura affidato al Cepel; si raddoppia il tax credit per le librerie indipendenti; si opera su una card che interviene, come ha specificato il presidente Gallo, sulle povertà educative, proponendo un modello innovativo di sostegno pubblico e privato insieme, ma senza pregiudicare la 18app, che proprio in questi giorni è stata riconfermata nelle cifre previste per i nati nel 2001.

Si prevedono, inoltre, alcuni interventi significativi su temi specifici, che la relatrice ha ricordato, per favorire progetti, iniziative, attività per la promozione della lettura. All'articolo 4 si istituisce la capitale italiana del libro, riproponendo il modello virtuoso della capitale italiana della cultura.

L'articolo 8 prevede che il libro venga considerato all'interno della filiera del dono, estendendo la disciplina agevolativa prevista dalla legge n. 166 del 2016, la cosiddetta legge antisprechi (ne parlerà Maria Chiara Gadda fra poco), consentendo le cessioni gratuite di libri e neutralizzando gli effetti fiscali per le imprese che donano ad enti no profit prodotti non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione, ma si incentiva così lo sviluppo dell'economia circolare e il recupero di beni a fini di solidarietà sociale.

All'articolo 10 si istituisce l'albo delle librerie di qualità, che consentirà alle librerie di fregiarsi di un marchio concesso al punto vendita per l'attività svolta a favore della promozione della lettura, assicurando un servizio innovativo. Rimangono il 5 per mille per il Cepel, l'art bonus per le biblioteche, e, come dicevo, il credito d'imposta in favore delle librerie.

Questa legge diventa dunque l'ultimo importante provvedimento del progetto che ha visto il Partito Democratico impegnato a dare soluzioni condivise ai diversi mondi della cultura del nostro Paese, partendo dal principio “per ogni euro in sicurezza uno in cultura”, che il Presidente del Consiglio Renzi propose a seguito degli attentati terroristici del Bataclan a Parigi. Ognuno di noi ha visto e misurato le difficoltà del settore. Ricordo che questa è una legge per la promozione della lettura, non sul prezzo dei libri; e lo dico anche per rispondere alle perplessità e alle prese di posizione registrate in questi giorni. Siamo convinti che tutta la filiera meriti la nostra attenzione, dagli autori agli editori, dai distributori ai librai e ai bibliotecari. Abbiamo cercato di venire incontro a due settori in particolare difficoltà, le biblioteche e le librerie; siamo intervenuti sulle biblioteche scolastiche, un tema fondamentale per una legge che vuole aumentare il numero dei lettori. Lo si è fatto investendo sulla formazione del personale scolastico, che può farle vivere, può promuoverle a momento essenziale nell'attività scolastica. E si è intervenuti sulle librerie, tenendo in grande considerazione, desidero dirlo, quanto ci hanno detto i librai, perché consideriamo davvero le librerie un presidio di crescita della comunità, di aggregazione sociale, di scuola di democrazia.

Ecco perché siamo intervenuti con due provvedimenti, raddoppiando il tax credit di cui godono a far data dalla finanziaria del 2017, che ha dato buoni risultati; e ritoccando la legge cosiddetta Levi del 2011 sul prezzo del libro, allineando lo sconto praticabile sulla varia al 5 per cento secondo il modello francese. Naturalmente questo comporta il riordino delle promozioni, oggi lasciate all'arbitrio massimo. Per intenderci: gli sconti ci saranno sempre, ma saranno dopo sei mesi dall'uscita del libro, secondo un calendario concordato che verrà definito e che vedrà i diversi marchi editoriali succedersi uno dopo l'altro, non superando il 20 per cento dello sconto consentito.

Si poteva fare di più? Forse sì. Nel mio auspicio questo è un telaio, un telaio a cui attaccare interventi più ambiziosi in futuro ed è importante che questo sia diventato un provvedimento condiviso pressoché da tutti i gruppi presenti in Commissione, che hanno lavorato insieme con disponibilità e attenzione nel Comitato ristretto. È un primo atto importante di un cammino che dovrà proseguire. Nel testo non è stato affrontato il tema dei libri scolastici proprio perché questa è una legge sulla promozione della lettura, ma siamo consapevoli che questo è un tema difficile che ha bisogno di essere affrontato in modo organico. Da più parti nei gruppi parlamentari è emersa l'intenzione di procedere con proposte di legge specifiche su questa materia.

Un ultimo punto merita una riflessione. Nel testo unificato molte attività di promozione della lettura sono state affidate al Cepell, l'istituto costruito sul modello del centro per il libro francese che opera anche in Italia su questi temi. È evidente che molto si riuscirà a fare per dar seguito a questo testo se il Governo metterà il Cepell in condizione di svolgere efficacemente questo compito. Chi oggi è intervenuto nel dibattito - e la relatrice, in particolare - ha condiviso e correttamente interpretato i principi ispiratori di questa proposta di legge, così come tutti i rappresentanti del mondo del libro e della lettura che, con disponibilità e passione, hanno offerto alla Commissione le loro riflessioni e le loro proposte. In contemporanea nasce, grazie all'impegno di tutta la Commissione, Presidente, un Intergruppo parlamentare per la promozione della lettura, forte di più di ottanta fra deputati e senatori che servirà a tenere attiva l'attenzione del Parlamento su questi temi. Concludo ringraziando sin d'ora - e verrà fatto naturalmente al termine del nostro esame - il consigliere e tutta la segreteria della Commissione, oltre al servizio studi della Camera, così come mi preme ringraziare anche la segreteria della Commissione cultura della scorsa legislatura, cui si deve il sostegno al primo impianto di questa proposta di legge. Grazie a tutti voi (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cristina Patelli. Ne ha facoltà.

CRISTINA PATELLI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge oggi all'esame di quest'Aula è volta al sostegno e alla promozione della lettura quale mezzo per lo sviluppo della conoscenza e la diffusione della cultura. Il testo base, approvato dalla VII Commissione, è stato preceduto da una serie di audizioni delle numerose parti interessate. La proposta di legge prevede misure di varia natura: un piano nazionale d'azione per la promozione della lettura da adottare ogni tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per i Beni e le attività culturali. Nell'individuazione delle priorità del piano si tiene conto delle seguenti finalità: la diffusione dell'abitudine alla lettura, la frequentazione delle biblioteche e delle librerie, la valorizzazione delle buone pratiche per la promozione della lettura, la valorizzazione della lingua italiana tramite la conoscenza di autori italiani, la promozione della dimensione interculturale e plurilingue della lettura, la promozione della lettura presso i teatri, all'interno delle programmazioni artistiche e culturali nonché durante i festival. Il piano prevede, inoltre, anche interventi specifici e mirati a vantaggio di alcune fasce di lettori e per quei territori ad alto tasso di povertà educativa e culturale, al fine di contrastare fenomeni di esclusione sociale purtroppo frequenti. Particolare attenzione è rivolta alla promozione della lettura per la prima infanzia e nelle strutture socio-assistenziali per anziani, negli ospedali, negli istituti di pena nonché a promuovere la parità di accesso alla produzione editoriale da parte delle persone con difficoltà di lettura.

A livello locale si dà attuazione ai patti locali per la lettura, intesi a incrementare il numero dei lettori abituali nelle loro aree di riferimento tramite il coinvolgimento delle biblioteche e di altri soggetti pubblici come le scuole, nonché soggetti privati operanti sul territorio e interessati alla promozione della lettura. Al fine di favorire progetti e iniziative per la promozione della lettura, è istituita, a partire dal 2020, la Capitale italiana del libro, titolo conferito dopo una selezione con decreto del Ministero per i Beni e le attività culturali, previa intesa della Conferenza unificata. La selezione avviene sulla base dei progetti presentati dalle città che si candidano al titolo di Capitale italiana del libro. I progetti della città assegnataria del titolo sono finanziati entro un limite di spesa di 500 mila euro annui.

La proposta di legge istituisce presso il Ministero per i Beni e le attività culturali l'albo delle librerie di qualità. Con decreto del Ministro per i Beni e le attività culturali, da adottare entro sei mesi, sono disciplinate le modalità di formazione e tenuta dell'albo delle librerie e sono stabiliti i requisiti per l'iscrizione nell'albo. L'iscrizione è riservata alle librerie che esercitano in modo prevalente l'attività di vendita al dettaglio di libri in locali accessibili al pubblico e che assicurino un servizio innovativo e caratterizzato da continuità, diversificazione dell'offerta libraria e realizzazione di iniziative di promozione culturale nel territorio.

Una misura di sicuro impatto è quella prevista dall'articolo 9 che modifica la disciplina del prezzo dei libri, detta anche “legge Levi” del 2011. La novità riguarda la parte della legge relativa agli sconti sui libri nuovi. La vendita di libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, è consentita con uno sconto massimo fino al 5 per cento del prezzo posto. Lo sconto può arrivare al 15 per cento per i libri adottati dalle istituzioni scolastiche, come i libri di testo. La norma si applica anche alle vendite di libri effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali su Internet. I limiti massimi di sconto non si applicano alle vendite di libri alle biblioteche, purché i libri siano destinati all'uso dell'istituzione restando esclusa la loro rivendita.

Sono vietate iniziative commerciali da chiunque promosse che accordino sconti superiori ai limiti previsti anche nel caso in cui prevedano la sostituzione dello sconto diretto con la consegna di buoni spesa utilizzabili contestualmente o successivamente all'acquisto dei libri sui quali sono riconosciuti. Sono esclusi dall'ambito di applicazione di questa norma i libri adottati dalle istituzioni scolastiche come libri di testo.

Negli ultimi anni gli sconti selvaggi e continuativi proposti da grandi gruppi editoriali nei loro punti vendita, dagli operatori commerciali on line, Amazon in primo luogo, le campagne sconti e omaggi, il cosiddetto “cross merchandising”, non hanno fatto crescere la vendita e la lettura di libri in Italia come i dati Istat certificano e sicuramente hanno favorito la chiusura di librerie e di cartolibrerie (più di 2 mila dal 2011). Il basso indice di lettura nel nostro Paese è un dato costante negli ultimi anni e l'Istat sulla lettura colloca l'Italia nella parte finale della classifica del tasso di lettura in Europa, Europa dove in gran parte da tempo sono state attuate regole più incisive di sconti e campagne promozionali. Ecco perché riteniamo sia positivo anche in Italia realizzare interventi mirati e dare equilibrio e capacità di tenuta alla filiera editoriale correggendo questi elementi che, seguendo solo logiche di mercato, producono impoverimento e limitazione del pluralismo della filiera editoriale.

Un'ulteriore novità, a mio parere molto interessante, è la nascita della carta della cultura. Si tratta, in particolare, di una carta elettronica utilizzabile oltre un anno dalla sua emissione e contribuirà alla spesa per l'acquisto di libri e prodotti e servizi culturali da parte di cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati. Per l'adozione della carta vengono stanziati 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Sarà un decreto del Mibac, di concerto con il MEF, a stabilire, entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge, i requisiti per ottenere l'assegnazione della carta della cultura, le modalità di attribuzione e il suo utilizzo. Al Fondo appositamente costituito - Fondo “carta della cultura” - potranno essere conferiti i proventi derivanti da donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie di soggetti privati comunque destinati allo Stato per il conseguimento delle finalità del Fondo stesso.

Sempre nel decreto del Mibac saranno stabilite anche le modalità di conferimento di somme al Fondo da parte di privati. Le imprese possono destinare alle finalità del Fondo parte del proprio volume d'affari senza effetti ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive. Tale iniziativa può essere paragonata ad altre iniziative a sostegno del settore che l'Italia ha già introdotto: la card di 500 euro per i diciottenni, la cosiddetta “18app”, e il credito d'imposta per le librerie, il cosiddetto “tax credit” per le librerie. La “18app” sta per cominciare il suo quarto anno di attività.

Nato alla fine del 2015, in origine per portare i ragazzi al cinema, nei teatri e nei musei, quale risposta italiana agli attentati terroristici di Parigi, questo strumento si è rivelato essere un utile ed importante strumento di sostegno economico per i ragazzi e le loro famiglie, proprio per l'acquisto dei libri. Nel primo anno, per i nati nel 1998, su un totale di 166 milioni spesi con la 18app ai libri sono andati 130 milioni di euro, agli e-book 2 milioni di euro e agli audiolibri 125 mila euro. Nel secondo anno, per i nati nel 1999, su quasi 200 milioni di euro, 130 sono stati utilizzati per l'acquisto dei libri, 4 milioni per gli e-book e 130 mila per gli audiolibri. Nel terzo anno, per i nati nel 2000, su 60 milioni di euro fino ad ora spesi, poiché la misura è partita più tardi rispetto al solito ed è ancora in corso, ai libri sono andati 35 milioni di euro, agli e-book 2,7 milioni di euro e agli audiolibri quasi 100 mila euro. Il quarto anno, per i nati nel 2001, non è ancora partito e vista la tendenza dei primi tre anni è logico prevedere un incremento, in contraddizione perciò con il taglio del plafond complessivo a 240 milioni, realizzato con l'ultima legge di bilancio, la n. 145 del 2018. La 18app ha determinato un impatto sul mercato dei libri pari a circa il 5 per cento dell'intero fatturato e, pertanto, ha rappresentato un aiuto consistente sia al settore sia alle famiglie.

Il tax credit librerie introdotto dall'articolo 1, commi 319 e seguenti, della legge n. 205 del 2017, ha previsto, a decorrere dal 2018, un credito di imposta per gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati nel settore di vendita al dettaglio di libri di seconda mano. Il plafond complessivamente previsto per il tax credit librerie era di 4 milioni per il primo anno e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2019. La legge n. 145 del 2018 ha, però, incomprensibilmente previsto una riduzione della misura non inferiore a 1,25 milioni di euro annui, a decorrere dal 2020. Tale scelta appare inspiegabile, soprattutto alla luce dei dati relativi al primo anno di operatività dell'incentivo. Con questa proposta di legge, al fine di potenziare le attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, il tax credit previsto dalla legge di bilancio 2018 è incrementato di 3 milioni 750 mila euro annui, a decorrere dal 2020. Inoltre, allo scopo di favorire progetti, iniziative e attività per la promozione della lettura, il Consiglio dei ministri assegna annualmente a una città italiana il titolo di capitale italiana del libro. Il titolo è conferito all'esito, come dicevamo, di un'apposita selezione.

Tutti i dati confermano che è necessario e urgente investire risorse sulla lettura e sul libro, anche per recuperare il ritardo italiano rispetto agli altri Paesi, e non è più rinviabile per l'Italia dotarsi di una legge all'altezza della nostra storia e del nostro patrimonio culturale, anche immateriale (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Signor presidente, onorevoli colleghi, inizia oggi il suo iter in discussione generale il provvedimento di sostegno alla lettura e alla promozione del libro. Scriveva il filosofo conservatore Dávila: “I libri seri non istruiscono, interrogano”, e noi abbiamo bisogno sicuramente di porci domande solide, in periodi di liquidità.

La proposta di legge è la sintesi di cinque testi che sono stati presentati da aprile 2018 a marzo 2019. Se, da un lato, le tante proposte presentate e annunciate sul tema del libro e della lettura hanno mostrato un interesse assai ampio delle forze politiche per questo tema, dall'altro, questa prassi parlamentare ha rappresentato una modalità nuova rispetto al passato, quando i gruppi intervenivano soprattutto con emendamenti a un testo base, piuttosto che con testi autonomi. Il lavoro di ricucitura è stato impegnativo e solo il grande spirito di condivisione di cui ringrazio tutti i colleghi, dalla collega Nardelli alla collega Carbonaro, ha permesso che il provvedimento venisse licenziato dalla Commissione in tempi rapidi.

Il testo finale prevede disposizioni e prescrizioni provenienti dai testi presentati dal sottoscritto e dalla collega Frassinetti e, quindi, da Fratelli d'Italia, rispettivamente, sull'editoria scolastica digitale e l'editoria in generale e sulla promozione della lettura di opere letterarie italiane.

L'Italia presenta un significativo e preoccupante ritardo, rispetto ai Paesi a noi comparabili, riguardo l'abitudine alla lettura di libri; un fenomeno molto negativo, connesso, evidentemente, con la capacità di fasce sempre più ampie di cittadini di vivere con consapevolezza le sfide della contemporaneità e, dunque, in definitiva, con la qualità della democrazia.

L'ultimo rapporto ISTAT sulla produzione e la lettura di libri in Italia stima che la popolazione di sei anni e più che nel 2017 si è dedicata alla lettura di libri, per motivi non strettamente scolastici o professionali, è pari al 41 per cento, in continuità con il valore registrato nel 2016, ovvero 40,5 per cento, o con il 60 per cento degli italiani che non legge. Un dato allarmante, considerato che nel 2001 era pari al 46,5 per cento e sicuramente non fa sorridere che, rispetto all'anno precedente, la percentuale sia migliorata dello 0,5. Da circa un ventennio le statistiche oscillano, infatti, sul 40 per cento.

Tra chi si dedica alla lettura, poco meno della metà legge al massimo tre libri all'anno, in particolare i giovani, mentre solo il 13 per cento circa legge più di un libro al mese, quelli che in statistica vengono chiamati lettori forti. Tra i lettori forti si distinguono gli adulti dai 55 anni in poi e le donne di tutte le età. Il divario tra Settentrione e Meridione nell'abitudine alla lettura di libri è piuttosto ampio; legge meno di una persona su tre nelle regioni del Sud, quasi una su due in quelle del Nord-Est. Il numero di libri letti l'anno è strettamente legato ai consumi culturali, per questo i dati, se analizzati e letti con le giuste lenti, mostrano una situazione inquietante, in cui lo status sociale è legato ai consumi di cultura, con tutte le ricadute in termini di asincronia geografica e disuguaglianza sociale.

Il legislatore ha pensato, negli anni in corso dalla crisi, che la lettura fosse un fenomeno anticiclico, impermeabile alle congiunture negative dell'economia e dei mercati, non prendendo atto che i lettori sono diminuiti proprio per il sopravanzare della grande recessione. La missione del legislatore in questa fase storica non può essere che la formulazione di una politica culturale per allargare il perimetro sociale dei lettori, ampliando e rafforzando un mercato in cui editori e librai possano prosperare. Dei 1.459 editori attivi in Italia, nel 2017, quasi l'85 per cento pubblica non più di 50 titoli l'anno, oltre la metà sono piccoli editori, con un massimo di dieci opere in un anno e il 31 per cento sono medi editori che producono da 11 a 50 opere in un anno. I grandi editori, con oltre 50 opere l'anno, rappresentano il 15 per cento del mercato degli operatori attivi nel settore. Il 90 per cento, poi, delle copie stampate, fondamentalmente, un monopolio culturale, è detenuto da questi ultimi.

La proposta di legge nasce, come detto, dall'unificazione di più testi presentati in materia da diversi gruppi politici, fra cui il nostro, che nella eterogeneità hanno trovato la giusta miscela di intenti, la giusta sintesi. La legge stanzia, quindi, 3 milioni e mezzo di euro che vanno ad aggiungersi ai 4 già previsti per il Piano nazionale di azione della promozione della lettura che ha tra i suoi obiettivi quelli della diffusione dell'abitudine alla lettura e due punti inseriti proprio grazie alla nostra azione e in particolare della collega Frassinetti: la promozione della frequentazione delle biblioteche e delle librerie, la conoscenza della produzione libraria italiana e della diversità della produzione editoriale nel rispetto delle logiche di mercato e della concorrenza. Il Piano sarà attuato attraverso la stipula di patti locali per la lettura, intesi a coinvolgere le biblioteche e altri soggetti pubblici, in particolare, le scuole, nonché soggetti privati, operanti sul territorio, interessati alla promozione della lettura.

Ogni anno, inoltre, sarà assegnato il titolo di capitale italiana del libro, con il finanziamento di progetti per 500 mila euro; ai soggetti pubblici, ex articolo 5, è assegnato il compito di realizzare, anche attraverso contratti e convenzioni, iniziative di digitalizzazione, per assicurare l'accesso più ampio possibile al patrimonio culturale e alla sua libera fruizione, nel rispetto dei diritti sussistenti sulle opere, ivi compreso quello custodito presso le istituzioni dell'alta formazione artistica, coreutica e musicale, e di contribuire a sostenere l'innovazione tecnologica nel settore editoriale. La lettera c), del comma 1, proposta da Fratelli d'Italia, tramite una proposta di legge abbinata a mia firma, prevede il sostegno all'utilizzo di strumenti didattici in versione digitale, nel rispetto del Piano nazionale della scuola digitale.

La nostra proposta affonda le radici in storiche battaglie di rivendicazione dell'abolizione del libro di testo obbligatorio ed è allineata rispetto alle previsioni del codice dell'amministrazione digitale. La tecnologia, vedete, non è mai neutrale: ogni avanzamento tecnologico modifica la società e in questo caso i consumi dei libri. Il tradizionale e già citato annuario Istat indica che i dati confermano che sono soprattutto i lettori forti a leggere in digitale. A leggere in digitale sono soprattutto i giovani; in particolare, si dichiarano fruitori di questo tipo di prodotti e servizi più di un ragazzo su cinque tra i 15 e i 24 anni.

Vedete, proprio andando ad affondare nelle radici della nostra letteratura italiana, preconizzava già Filippo Tommaso Marinetti che nei prossimi decenni, grazie all'uso dell'elettricità, scriveremo su libri di nichel alti non più di tre centimetri, dotati di tastiere e ciascuno di questi conterrà l'equivalente di centinaia di migliaia di pagine. Filippo Tommaso Marinetti, all'inizio del secolo, già preconizzava quello che oggi sta avvenendo.

La disposizione dell'articolo 6 prevede che scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, promuovano la lettura come momento qualificante del percorso didattico ed educativo degli studenti e organizzano la formazione per il personale delle scuole della rete impegnato nella gestione delle biblioteche scolastiche.

Una nostra proposta prevedrà lo sviluppo e la creazione di un nuovo circuito di promozione della lettura, di cui siamo molto orgogliosi, chiamato “ad alta voce”, assicurando sinergia e collaborazione – finalmente! - tra le istituzioni scolastiche della rete e quelle del territorio, con particolare riferimento alle biblioteche di pubblica lettura e agli altri soggetti coinvolti. Questo è un punto che va sottolineato, perché una cosa che sicuramente manca nello scenario della diffusione e della promozione della lettura è l'integrazione tra i diversi circuiti, per cui le scuole, le biblioteche scolastiche, il territorio, le associazioni culturali, i piccoli editori, le piccole librerie, che sono il vero sale del pluralismo, potranno, grazie a questo circuito, presentando dei progetti, veder finanziate delle iniziative di letture pubbliche della letteratura italiana o di letteratura straniera, andando a riportare ad alta voce quindi la lettura anche come esercizio, anche come buona prassi, all'interno di luoghi dove altrimenti non saranno e quindi diventa anche un sostegno diretto appunto ai piccoli editori, alle librerie e alle biblioteche scolastiche, sulla scorta poi di una visione sussidiaria, che è quella che ci muove e cioè della integrazione del pubblico e del privato; il pubblico garantisce i circuiti e le strutture e qualche finanziamento e il privato ci mette la ricchezza, il pluralismo, la capacità organizzativa e quindi è un modello per noi e siamo contenti di essere riusciti ad inserirlo all'interno di questa legge. Per quanto riguarda l'acquisto dei libri, abbiamo ascoltato che ci sarà una card elettronica, così come previsto dall'articolo 7, con una dotazione iniziale annua di un milione di euro, che sarà la stessa dotazione del circuito “ad alta voce” e che partirà da gennaio 2020.

La legge interviene poi per limitare gli sconti sui libri, modificando la legge Levi: la vendita di libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata - si legge all'articolo 9 - è consentita con uno sconto fino al 5 per cento del prezzo. Il limite massimo è elevato al 15 per cento per i libri adottati dalle istituzioni scolastiche come libri di testo. Il tetto troverà applicazione anche alle vendite di libri effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali nella rete Internet. Su nostra proposta sono vietate iniziative commerciali, da chiunque promosse, che accordino sconti superiori ai limiti previsti, anche nel caso in cui prevedano la sostituzione dello sconto diretto con la consegna di buoni di spesa utilizzabili contestualmente e successivamente all'acquisto dei libri quali sono riconosciuti. Questo è stato, poi, invece, rispettato come prassi, perché è un ammortizzatore sociale importante.

Diverso è il ragionamento sulle grandi piattaforme web: su quelle siamo stati in prima linea e lo saremo presto con una proposta di legge specifica, per andare a colmare il divario di valore - si chiamerebbe value gap, ma per rispetto all'Aula lo esprimiamo in italiano - che sta distruggendo il mercato proprio grazie a grandi giganti della disintermediazione. Ora anche qui la tecnologia ovviamente non si può fermare come il vento con le mani, ma va regolamentata, per cui è giusto, come nelle scuole, avere e dare il tempo per la modernizzazione innanzitutto delle strutture delle scuole e della formazione dei docenti, come giustamente ci chiedono i docenti, per la digitalizzazione, così è giusto che, a livello di distribuzione sulle grandi piattaforme, venga inserito un calmiere che sui libri già c'è - Amazon ad esempio - rispetta alla legge italiana sull'IVA e sulle tasse, ma ci sono altre piattaforme che non lo fanno e che sfuggono al controllo anche della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle Entrate. Con una prossima proposta di legge, noi istituiremo un IP fiscale che sarà uno strumento innovativo che permetterà all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza, sullo streaming in generale, di rispettare il mercato italiano dei creatori, dei distributori e di obbligare le grandi piattaforme a pagare le tasse, che mi sembra il minimo visto i soldi che guadagnano nel mercato italiano.

Qualcuno, infatti, l'ha definita questa una norma contraria agli operatori di e-commerce o di vendita elettronica, io la definirei in realtà una norma di buon senso per tutelare le librerie indipendenti, così come abbiamo richiesto anche noi, nel testo iniziale di Fratelli d'Italia, dalle associazioni degli editori. Vengono riallineati i parametri della concorrenza dei vari attori: librerie indipendenti, librerie di catena e grande distribuzione online. Questa garantirà anche un aumento della qualità del mercato librario: per esigenze di vendita, le librerie di catena sono provviste generalmente, principalmente e prioritariamente, con delle eccezioni, solo dei titoli contemporanei cosiddetti “grandi venditori”, mentre le librerie indipendenti sono preziose per il loro pluralismo intellettuale, sono costantemente provviste anche di libri rari e soprattutto dei classici e su questo ci eravamo battuti, nel testo unico, affinché venisse inserita, rimarcata e richiamata la Levi, perché non bisogna ovviamente dimenticare che questa tutela sulla scontistica non va a colpire né le librerie antiquarie né tantomeno librerie che vivono di libri del mercato dell'usato, per cui su questo poi l'ufficio legislativo ci ha detto che non c'era bisogno di richiamarla, ma è fatta salva, vale e vige la Levi, per cui tutte le librerie che vivono del mercato dell'usato sono assolutamente tutelate dalla legge precedente. Questo è bene chiarirlo qui, in fase di illustrazione, per rassicurare questi circuiti. Anche la tempistica degli sconti sarà regolamentata, come abbiamo ascoltato, garantendo i piccoli operatori: per un solo mese l'anno e per ciascun marchio editoriale, le case editrici possono offrire uno sconto sul prezzo di vendita dei propri libri maggiore del limite, ma comunque non superiore al 20 per cento opposto. L'offerta è consentita nei soli mesi dell'anno stabiliti da un decreto del Ministro per i Beni e le attività culturali e l'offerta non può riguardare titoli pubblicati nei sei mesi precedenti a quello in cui si svolge la promozione, proprio a rafforzare quel criterio e quel meccanismo che dicevamo.

Come incentivo fiscale alle librerie, l'articolo 11 prevede l'estensione del credito d'imposta, anche su proposta di Forza Italia e del collega Casciello, di 3 milioni 750 mila euro annui a decorrere dal 2020.

Infine, la proposta di legge istituisce presso il Ministero per i Beni e le attività culturali l'albo delle librerie di qualità, che avranno un apposito marchio riservato alle librerie che esercitano in modo prevalente l'attività di vendita al dettaglio di libri in locali accessibili al pubblico e che assicurano un servizio innovativo e caratterizzato da continuità, diversificazione dell'offerta libraria e realizzazione di iniziative di promozione culturale del territorio. Il comma 4 dell'articolo 6 della nostra PDL abbinata auspicava appunto l'introduzione di un albo delle librerie indipendenti, riformulato poi in spirito comune nel testo base come librerie di qualità e su questo quindi, ci tengo a sottolineare, c'è stata una sincronia con il testo Nardelli, che essendo poi ovviamente il testo base è stato rispettato, ma che anche Fratelli d'Italia aveva evidenziato come criticità, cioè quello di inserire e riconoscere il lavoro prezioso che fanno le cosiddette librerie indipendenti anche per dire che lo Stato c'è, è al loro fianco e non va soltanto a subire le dinamiche di mercato secondo cui i grandi store, i grandi circuiti vincono sempre: c'è rispetto del lavoro prezioso che fa un libraio, un appassionato bibliofilo che sceglie le edizioni, gli editori, che sceglie appunto cosa mettere in vendita, che sceglie un mercato, che sceglie e che sa consigliare un libro. Il libro non è soltanto merce: ha un contenuto, ha un significato, rappresenta il pluralismo culturale, per cui è bene che sia come si dice accompagnato da quei valori immateriali etnoantropologici che sono rappresentati dal circuito preziosissimo delle librerie e dei librai. Parafrasando Yourcenar, appunto, le librerie sono i nostri granai, per cui bisogna prepararsi a questo inverno del pensiero che sta arrivando.

Concluderò con una lettura dal sito dell'UNESCO: il libro e la lettura rappresentano un mezzo di approfondimento e di conoscenza, sono strumento di informazione e di apprendimento culturale, entrambi oggi indispensabili per superare le incertezze e le precarietà legate alla paura della globalizzazione, del cambiamento e del diverso. La lettura, che consiste anche in un piacere ineguagliabile per gli appassionati, ci consente di entrare in mondi, vite e tempi diversi, e ci dà la possibilità di avvicinarci a esperienze in realtà lontane dalla nostra, accrescendo così la nostra conoscenza e la consapevolezza di quanto il mondo che ci circonda sia poliedrico. Del resto, non era forse il grande poeta Ezra Pound a dire che i libri costituiscono un fondamento e un tesoro?

Noi, in conclusione, ringraziamo i componenti della Commissione perché pensiamo che i motivi di scontro con questo Esecutivo siano molti e presto verranno in Aula, ci sarà da discutere sulla delega alla cultura, sulla riforma del Mibac, che è una riforma veramente inaccettabile, sul decreto sulle fondazioni lirico-sinfoniche, e domani avremo il ministro Bonisoli in audizione e ci sarà occasione per chiedergli tutto questo.

Ma su questo, su quelli che sono i motivi fondanti e identitari della nostra cultura, della nostra capacità creativa, che è stata riconosciuta anche dall'Europa con un fondo specifico, pensiamo che sia stato giusto lavorare insieme e unirsi, anche per il lavoro prezioso che è stato fatto, sia dalla relatrice Carbonaro che dalla collega Nardelli, che, con legittimo orgoglio del proprio testo, poteva anche accettare minori sintesi. Io penso, invece, che sia arrivato alla fine un buon testo, sempre migliorabile perché le leggi sono sempre migliorabili, ma che tiene conto e schiera il Parlamento unito a fianco della lettura, della riscoperta della lettura, della riscoperta dei piccoli editori, dei piccoli librai, di quelle persone che donano se stesse per amore del libro, per amore della narrazione e della narrativa italiana e internazionale. Ecco, noi dobbiamo essere al fianco dei piccoli e dei medi e regolamentare il mercato dei grandi, perché solo così facendo ridaremo l'entusiasmo, la volontà, e faremo capire che la lettura, la nostra storia e la nostra identità vanno difese concretamente, finanziandole e dando strumenti a queste realtà (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, prima di entrare nel merito del provvedimento mi preme dire che, ancora una volta, la Commissione cultura porta in quest'Aula un provvedimento che è simbolo dell'attento lavoro di ascolto e di mediazione che stiamo adottando come modus operandi. Mi fa piacere riconoscere questo tipo di approccio che stiamo avendo, perché, come diceva bene il collega, onorevole Mollicone, ci sono questioni sulle quali sicuramente saremo distinti e distanti, sulle quali - cominciando proprio dalla riforma del Mibac ed altre questioni che non sono mancate e che pure hanno attraversato i nostri lavori, come ad esempio i temi che riguardano l'editoria – però, c'è una sensibilità, un'attenzione, una necessità e un'urgenza che non potevano non vederci insieme intorno a un tavolo a lavorare per ricordare chi siamo, per ricordare da dove veniamo e, soprattutto, che cosa possiamo fare per continuare a far memoria della nostra tradizione, di ciò di cui noi siamo fatti: noi siamo il Paese di Dante Alighieri, siamo il Paese di Giacomo Leopardi, siamo il Paese di Alessandro Manzoni, siamo il Paese di Italo Calvino e di Pierpaolo Pasolini, siamo un Paese capace di attraversare e di sintetizzare diverse sensibilità culturali. Se solo pensiamo alla legge sulla lettura, così come dirò tra poco, alla fine, a volte c'è quasi una pretesa di appropriarsi di un riferimento culturale in questo Paese, penso a Pasolini, ma penso anche a Calvino, penso a Cesare Pavese, senza voler capire fino in fondo che appartengono alla sensibilità di ciascuno e allo sguardo che ciascuno di noi sa dare e soprattutto da come siamo riusciti a crescere e, soprattutto, come sono riuscite a farci crescere le nostre famiglie e le nostre comunità.

Io ripeto sempre a me stesso e lo dico ai miei figli: guardate, alla fine, la differenza la farà sempre tra chi avrà letto un libro, ne avrà letti due o ne avrà letti dieci. E mi viene in mente proprio Pasolini, al quale, su Le vie nuove, molti giovani scrivevano e gli chiedevano cosa leggere; lui rispondeva: leggete, leggete, leggete. Cominciate, diceva, dai contemporanei, poi dopo, quando sarete più formati, leggerete i classici. Perché? Perché la lettura è non solo un acquisire conoscenza, un crescere la propria responsabilità e anche la propria sensibilità, ma anche, inevitabilmente, la crescita di una comunità e, io aggiungo, di un popolo.

Ed è stato naturale, per noi di Forza Italia aver lavorato a questa proposta con l'obiettivo di introdurre misure che contrastino la povertà educativa e culturale; con una battuta, ricorderà la relatrice Carbonaro, il presidente Gallo e altri, io dissi: ci vorrebbe davvero il reddito di cittadinanza culturale, nel senso che non credo che purtroppo si possa eliminare la povertà, così come di fatto non è stata eliminata, non potremo eliminare la povertà culturale, ma abbiamo l'obbligo di farlo, abbiamo l'obbligo di provarci. Diceva bene il presidente Gallo, quando diceva che 1,2 milioni di bambini sono oltre la soglia della povertà e sono - io dico - oltre l'impossibilità di gustare e di conoscere il bello.

Se noi non educhiamo al bello… E questo è il tentativo della legge, io ringrazio anche l'onorevole Nardelli e tutti gli altri componenti della Commissione, che, una volta, hanno anche, come dire, fatto finta di non cogliere la mia insofferenza. Il problema è che il rischio di una legge di incentivazione alla cultura era quello di ridurre il tutto a quello che dice la legge, cioè al presupposto, ad una dichiarazione d'intenti: vogliamo incentivare la lettura, però, nonostante non faccia mistero di rivendicare una sensibilità particolare su alcuni temi, dico anche che, in maniera concreta, realistica, se non si fosse pensato, se non si fosse intervenuti, così come abbiamo tentato di fare anche con la nostra proposta anche sulla necessità di agevolazioni fiscali per il commercio e l'acquisto di libri, la Carta, così come abbiamo tentato di fare, così come la modifica della legge sulla scontistica e sul prezzo dei libri, probabilmente non avremmo dato neanche un segnale tangibile che qualcosa si volesse fare e si potesse fare per dare un impulso culturale, per dire: guardate che la povertà culturale, l'emergenza culturale, non è una cosa per intellettuali annoiati, è una cosa per far crescere il nostro Paese e per far crescere il nostro popolo.

Il provvedimento che oggi esaminiamo presenta misure per la promozione della lettura, anche come veicolo di progresso sociale, civile ed economico del Paese, e misure a sostegno delle librerie, considerate non solo come meri punti finali di una filiera produttiva, ma anche come presidi culturali e sociali nei territori. Ricorderete, l'ho detto e lo ripeto anche provocatoriamente, approfittando della presenza del sottosegretario Vacca: guardate, ci sono posti, luoghi del nostro Paese dove non c'è una libreria, a volte non c'è nemmeno una cartolibreria, e l'avamposto è l'edicola. L'ultimo avamposto culturale in questo Paese sono le edicole, dove vendono i giornali. E questo è un tema sul quale, poi, sicuramente ci sapremo scontrare, perché la cultura, l'informazione, sono la stessa cosa. L'informazione è formazione. E se l'informazione non viene sostenuta, così come avete avuto e abbiamo avuto, tutti insieme, la disponibilità a capire che bisognava sostenere la lettura, bisogna sostenere la lettura, vedete che non sostenere l'informazione in questo Paese e sostenere la lettura è una contraddizione in termini, è una contraddizione reale.

Ecco perché dico che, su questi temi, non ci si può dividere; ci si può dividere sui contenuti, ci si può dividere su cosa sia più opportuno incentivare, leggere. Questo poi è nella libertà dell'individuo, la capacità delle singole formazioni, dei riferimenti culturali, di ciò che ciascuno di noi si porta dietro, e vince chi ha una formazione e chi ha una forza di rappresentazione di un'idea più forte.

A me fa piacere di aver dato un contributo, spero, importante a questa legge; non perché ci sia stato anche il mio contributo, ma mi sembra che sia una cosa che emerga come completamente diversa da questo primo anno di lavori alla Camera e di legislatura, perché incentivare la lettura significa non dimenticare la povertà culturale vera, che non è solamente dei ragazzi che non leggono.

Qualche dato che non è emerso lo voglio condividere con voi e lo ripeterò anche quando ci sarà il momento della dichiarazione di voto, perché, magari, saremo un po' di più, ma la percentuale dei non lettori in questo Paese arriva quasi al 50 per cento ed è purtroppo in crescita. Leggono poco non solo i ragazzi, leggono poco le classi dirigenti. Quasi il 40 per cento dei manager, di dirigenti, liberi professionisti non apre neanche un libro all'anno; leggono poco anche i laureati: il 32,3 per cento non legge nessun libro e nel tempo libero non fa nulla che rimanda alla lettura. Tredici milioni di italiani non hanno una libreria nel comune di residenza. Siamo molto lontani dalla media europea, eppure esistono numerosi studi scientifici - e questo riferimento lo fornisco in tempi di salutismo, cioè è importante essere belli, con la pelle liscia e magri - per cui la lettura comporta benefici per la mente umana, è scientificamente provato. Sortisce effetti cognitivi sui lettori, stimola e rafforza l'intelligenza emotiva quale fondamentale competenza che aiuta, tra l'altro, a destreggiarsi all'interno di sistemi complessi di relazioni sociali, come, ad esempio, anche i social. Chi legge, chi ha una capacità di appropriarsi di ciò che legge, sicuramente ha una capacità maggiore anche di controllo dei mezzi che agiscono su di noi come un effetto Černobyl' senza alcun controllo di noi stessi.

E noi non possiamo, invece, ignorare nel nostro Paese scarsi livelli di partecipazione culturale e indizi di analfabetismo di ritorno; non possiamo non considerare le basse prestazioni degli studenti italiani nei vari test ai quali vengono sottoposti.

Però, la lettura è anche altro, è un'esperienza, è intrattenimento, è veicolo di suggestioni, è regalarsi una visione e - perché no? - una speranza, un riparo. La lettura ci permette, forse, di fare un passo e di capire quale sia - e torno a Pasolini - la differenza tra il progresso e lo sviluppo. Il progresso riguarda la comunità, riguarda quello che io chiamo e mi fa piacere continuare a chiamare popolo; lo sviluppo, invece, rimanda ad un'automazione che inevitabilmente è figlia anche di processi economici, non di processi culturali. Questo accadeva e ci veniva detto oramai più di quarant'anni fa. Abbiamo perso più di quarant'anni di fronte a questa sensibilità; ecco perché ci fa piacere, con questa legge, anche portare la promozione della lettura presso le strutture socioassistenziali per anziani e negli ospedali, con particolare attenzione per la lungodegenza, nei consultori, nelle ludoteche, l'attenzione alle biblioteche scolastiche che devono essere o finiscono per essere veri avamposti culturali.

È un provvedimento, quello che oggi discutiamo, che andremo ad approvare secondo i lavori della Camera, che propone concrete misure e l'adozione di un piano nazionale per la promozione della lettura, che trova nei patti locali… hanno ragione i colleghi a richiamare l'importanza dei patti locali, perché senza il coinvolgimento di più componenti - e io aggiungo senza il coinvolgimento reale, senza pregiudizi, del mondo dell'imprenditoria - non ci saranno risorse, perché, come le amministrazioni locali oramai senza i project financing non possono fare quasi più nulla, tra un po' neanche noi potremo fare più nulla se non c'è un coinvolgimento dei privati; in maniera virtuosa, per carità, ma siamo in materie che non possono non essere virtuose.

Devo dire, anche a proposito della carta della cultura destinata all'acquisto di libri, di prodotti e servizi culturali, che c'è stata una grande partecipazione e una grande intesa. Mi preme perché su questo specifico passaggio abbiamo lavorato per trovare dei fondi. Mi rendo conto che, se ascoltiamo con quanti soldi si immagina di fare questa cosa, è veramente poca roba, però è un primo passo; è, secondo me, un segnale che si dà. Avremmo voluto fare di più: nella nostra proposta di Forza Italia era stato inserito qualche tentativo di detrazione fiscale un po' più audace.

Non ci sono risorse, però invito il Governo ad immaginare le risorse, perché non possiamo ripeterci che abbiamo fatto un'iniziativa e una legge fondamentale dal punto di vista della promozione culturale e poi trascurare… perché magari - diciamocelo qui tra pochi intimi, con il permesso del Presidente Rampelli - probabilmente non sarà una legge che chissà quale consenso raccoglierà in termini di voti, ma è una legge della quale credo dobbiamo essere tutti orgogliosi, perché è una legge che tocca la formazione delle anime e delle menti dei nostri ragazzi soprattutto, e non solo.

I dati che citava l'onorevole Mollicone un po' dovrebbero intristirci: gli accaniti lettori sono quelli che hanno più di 55 anni e le donne (le donne sono sempre un passo più avanti). Temo però, siccome le donne che lavorano in questo Paese continuano a essere un numero inferiore rispetto ai livelli europei, che leggano di più perché quel tempo che rimane tra le varie cose da fare alla fine lo impiegano leggendo. Così come è di questi giorni - ci fa piacere citarla - la campagna “Ripopoliamo l'Italia di librerie”.

Questo è stato un altro punto fondamentale anche nella nostra proposta. In cinque anni hanno chiuso più di 2 mila librerie, il 12 per cento, coinvolgendo 4.162 occupati del settore. Quando pensiamo a chi perde il lavoro dobbiamo pensare a questi mondi qua anche, e soprattutto. Guardate che, se un libraio o un altro tipo di dipendente in una casa editrice o un giornalista perdono il lavoro, sono ridotti alla povertà con rarissime possibilità di reimpiego, molto di più di altri tipi di lavoratori. Se questo non lo vogliamo tenere in conto per il timore di essere impopolari, allora - lo dico anche ai colleghi del PD - il lavoro intellettuale è quello che soffre di più nei momenti di crisi di un Paese, di crisi economica.

Ripeto, un'emergenza, con le 2 mila librerie chiuse, che richiedeva necessariamente un intervento; ed è quello che abbiamo tentato di fare, perché in Italia siamo in presenza di un paradosso tutto nostro: noi siamo capaci di fare cose incredibili in questo Paese. Gli italiani sono in coda per quanto riguarda la percentuale di lettori, ma l'industria editoriale rappresenta la prima industria culturale nel Paese e la quarta in Europa; un'industria in crescita nonostante il calo degli indici di lettura. Quindi, qualcosa non funzionava e non funziona. La filiera del libro si differenzia da altre nei suoi meccanismi di funzionamento: il prezzo del bene posto in vendita è stabilito dalla fonte, cioè dall'editore; lo definisce l'editore e prevede margini di guadagno per il libraio piuttosto contenuti, che spesso rendono difficile per il libraio sostenere i costi di gestione della libreria. Quel prezzo stabilito alla fonte assorbe in sé anche il costo dello sconto che, secondo l'attuale legislazione, può essere praticato al 15 per cento - di qui siamo intervenuti sul 15 per cento - sin dal primo giorno di pubblicazione di un libro.

È il libraio ad assorbire questo sconto, che perde, in tal modo, circa il 50 per cento del ricavo per libri vari e quasi il 100 per cento per i libri scolastici, questa è la situazione di oggi; e la vendita dei libri scolastici rappresenta circa il 90 per cento del fatturato dei piccoli librai.

Non potevamo allora astenerci dal sostenere il settore; non potevamo sottrarci alla necessità di individuare soluzioni per salvare dall'estinzione quello che rappresenta un presidio fondamentale di tutta la filiera: le librerie.

È chiaro che questa non è una legge per le librerie, non è una legge sulla scontistica, però era un'occasione - che è stata colta - per cercare di avviare un ragionamento; così come mi unisco alla necessità di intervenire sul settore dei libri di testo scolastici, perché credo che uno dei temi da affrontare, in maniera chiara e immediata, è che non è possibile che le famiglie italiane debbano affrontare spese per i libri di testo magari ogni anno per il cambio dei libri di testo (Applausi del deputato Mollicone). Rimangono quindi le librerie il canale preferito di acquisto libri, il luogo fisico in cui avvalersi della competenza e della qualificazione di personale specializzato. In quanti - io le vedo - vanno magari in vacanza in queste librerie estemporanee, che poi sono un po' le edicole, e chiedono il consiglio per un libro, cosa leggere? Non sfugge che ormai, nella maggior parte dei casi, infatti, il libraio è un soggetto, tra l'altro - di qui il lavoro intellettuale -, con il titolo di studio elevato, e l'accesso alla professione è caratterizzato ogni giorno di più da una richiesta di formazione specifica e dedicata.

Vendere un libro è un lavoro culturale, per questo la sensibilità, che ho ritenuto importante e condivisa, di intervenire su questo settore in questo modo; per questo la legge, che oggi iniziamo a esaminare, prevede modifiche alla legge n. 128 del 2011, la cosiddetta “legge sul libro”, detta anche “legge Levi”, per quanto riguarda la normativa sugli sconti praticabili sul prezzo di copertina del libro.

Potremmo continuare a lungo, però mi piace avviarmi alla conclusione, ricordando che lo sforzo fatto per dare all'Italia una legge di incentivazione alla lettura è sicuramente uno sforzo importante dal punto di vista legislativo, che ha trovato - lo ripeto ancora, come hanno voluto ricordare tutti i nostri colleghi, partendo dal lavoro della collega Nardelli e della collega Carbonaro - una comune sensibilità.

Io mi rendo conto che è difficile incentivare le passioni, però possiamo intervenire su criteri educativi. Questa legge probabilmente può aiutare, soprattutto sul fronte delle biblioteche scolastiche e sulla formazione prevista per chi deve occuparsi delle biblioteche scolastiche, il tentativo di dare una mano alle piccole librerie per restare in vita, perché la passione possa essere favorita, perché leggere è anche un talento, perché, leggendo, magari si scopre un talento in più, che è quello dello scrivere.

Concludo con Pasolini, così da dove ero partito, il quale, prima di essere stato il grande scrittore - e non solo - è stato un grande lettore, cioè: ho iniziato a leggere e poi ho cominciato a scrivere e ho cominciato a trasferire la mia passione.

Questa è la speranza, in tempi in cui ci si confronta, anzi ci si scontra, esasperando paure o alimentando paure o ancora riconoscendo paure (dipende dai punti di vista): avere la sensibilità di confrontarsi nel tentativo di fare una legge che dia un minimo di segnale di speranza, di crescita, perché una legge per la cultura, una legge che spinga i nostri figli, i nostri ragazzi, a guardare ai libri come ad un'occasione di contaminazione, ad un'occasione per appropriarsi di qualcosa, che non è loro propria, ma che li possa far crescere, credo sia una grande occasione e una grande opportunità, anche per ricordare, per fare in modo che il far memoria di ciò di cui noi siamo fatti, che è la storia anche di questo Paese, possa avere un aiuto anche legislativo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Fusacchia. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-+E-CD). Presidente, anch'io voglio partire associandomi ai ringraziamenti per come abbiamo lavorato in Commissione, a tutti, in particolare alle colleghe Piccoli Nardelli e Carbonaro. Non so se è una questione che noi siamo dominati dalle donne in Commissione, e quindi, dopo l'educazione civica e la lettura, riusciamo a fare ogni tanto dei lavori fatti bene, ma spero siano di esempio per tutta l'Aula e per altre Commissioni.

Nel merito della legge, volevo dire che vi sono alcune cose che mi piacciono molto, alcune che mi piacciono abbastanza e qualche cosa che mi piace un po' di meno.

Parto in questo ordine: che cos'è che mi piace molto. Anzitutto che vi siano leggi sulla lettura, che è già un segnale particolare, perché diamo per scontato - noi no, qui nel Comitato - il fatto che non ci fosse stata e non ci sia ancora formalmente una legge sulla lettura in un Paese come l'Italia. Perché è particolarmente importante? È importante in questo momento storico perché la lettura è un potentissimo strumento che ricorda a tutti i cittadini, a partire dai più giovani, che il mondo è complesso, perché una pagina di un libro non è la somma di venti tweet, è una cosa un po' più complessa, e noi abbiamo bisogno di ritornare ad educarci alla complessità; inoltre, perché la lettura normalmente ci spiega il mondo in una maniera un po' più sofisticata di come riusciamo a vederlo normalmente, e questo ci aiuta anche a ricordarci che dobbiamo essere tolleranti. Quindi, dietro questa legge sulla lettura, io voglio vederci - ho deciso di vederci - tante cose che mi piacciono.

La seconda cosa è che è una legge quadro, è una legge organica, forse perché è la prima, però, in un Paese che ha smesso di farne o forse non ne ha fatte tantissime e procede sempre per aggiustamenti e innesti microscopici, con emendamenti a destra e a sinistra, qui abbiamo un quadro organico, ed è una legge che dà un indirizzo su tante cose. Non cito quelle che mi piacciono, le hanno citate i colleghi, ma dalla capitale del libro a tutto il piano sulla digitalizzazione e i patti locali, c'è un bellissimo articolo sulla donazione di libri, perché questo è un Paese che, quando si mette ad affrontare questi temi, scopre che pure regalare le cose è diventato difficile in Italia. Che cosa mi piace solo in parte? L'articolo sulla scuola. Uno dice: ma come, proprio a Fusacchia piace solo in parte l'articolo sulla scuola? Sì, perché ci sono delle buone misure dentro questo articolo, però è inutile che ci nascondiamo; lo dico cercando di creare un po' di dibattito anche fra di noi, anche se siamo pochi, anche al collega Casciello, che prima, dai banchi dell'opposizione, se non sbaglio, ricordava che ci sono poche risorse; dico che non è vero che ci sono poche risorse, perché al MIUR ci sono 250 milioni parcheggiati, che sono le economie di una norma della manovra, dell'ultima legge di bilancio, sull'internalizzazione dei servizi di pulizia sul 2020 e sul 2021: 175 milioni e 80 milioni.

Credo che un pezzettino piccolo, visto che sulla lettura anche un pezzettino piccolo può fare la differenza, si sarebbe potuto mettere per aumentare il potenziale dentro le scuole di lettura, non solo per i ragazzi, ma per fare iniziativa nelle aree interne, dove ci lamentiamo giustamente che non ci sono più librerie e presidi culturali, per fare in modo che le scuole diventino - diventassero, mi verrebbe da dire - dei luoghi aperti alla cittadinanza dove la lettura esce dalle scuole e, partendo dalle scuole, arriva su tutta la cittadinanza. Lì bastavano pochi milioni, basterebbero pochi milioni, ma ne parleremo in fase di approvazione degli emendamenti. Quindi, la parte sulla scuola è una buona scuola, è centrale, ma, secondo me, abbiamo sfruttato poco la possibilità di creare veramente un sistema integrato fra librerie, fondazioni, biblioteche e scuole, che sarebbe stato quello che veramente avrebbe fatto della lettura una cosa molto rock, molto più percepita anche nelle periferie del Paese come una cosa significativa. E perché non l'abbiamo fatto? Perché abbiamo detto che non c'erano i soldi, che non ci sono i soldi, quindi che cosa ci siamo messi a fare? Per tutelare le piccole librerie e le librerie di periferia, secondo me - e arrivo all'ultimo punto, Presidente -, ci siamo sbilanciati un pochino troppo nella regolamentazione forzata di un mercato, che potevamo lasciare un pochino più libero.

Quindi, se io capisco che l'interesse generale è difendere le piccole librerie, cosa che io sostengo e ritengo sia fondamentale, soprattutto nei luoghi dove rappresentano dei presidi culturali, potevamo prendere una serie di misure che avevano come target e indirizzo diretto quelle piccole librerie, sostenendole con varie attività, con varie forme, non andando necessariamente a creare quelle che io chiamo distorsioni ma vedremo che cosa succederà, quindi la tocco in punta di piedi, quello che succederà, introducendo alcune misure come una scontistica massima al 5 per cento, il divieto di cross merchandising, cioè, per capirci, il fatto di poter fare promozioni fra diversi beni merceologici, fra cui i libri.

E per fortuna che abbiamo tolto l'ipotesi di non mettere la spedizione gratuita dei libri, perché non c'è nessuna libreria che spedisce nel 40 per cento dei CAP in giro per l'Italia, quindi i libri ci arrivano solo perché, per fortuna o per sventura, ci stanno dei giganti che ci aiutano in alcuni casi. Allora, per mia cultura politica e filosofia di vita, per così dire, avrei preferito che si intervenisse direttamente per sostenere quello che volevamo sostenere e non andare a iper-regolamentare tutto un mercato, non sapendo quale saranno fino in fondo le conseguenze di tutto ciò, perché ci stiamo ispirando in parte ad altri Paesi, come la Francia, ma in Germania stanno cercando di fare retromarcia. Quindi, in realtà, con riferimento al bilancio, non avendo banche dati dettagliate su questo, non sappiamo cosa quel provvedimento effettivamente produce nel dettaglio. Le piccole librerie dicono che sono ammazzate dal fatto che c'è una scontistica eccessiva e chi fa la scontistica sostiene che però ciò permette di aumentare il numero dei lettori nel Paese.

Spero che un dibattito un po' più serio lo faremo quando ci sarà un articolo a cui tengo molto: la valutazione dopo un anno, mi pare, su questo articolo in particolare per capire nel dettaglio che cosa c'è e che cosa non c'è veramente. Soprattutto perché, per quanto riguarda la possibilità di avere uno sconto, di potere usufruire del cross merchandising, non ci dimentichiamo che, nello stato di salute in cui versa il Paese, si tratta di una misura che riguarda anzitutto i giovani e, quindi, non vorrei che avessimo fatto una proposta di legge sulla lettura che si è dimenticata o comunque non va direttamente a beneficio di un target di lettori a cui almeno io tengo particolarmente.

Mi fermo qui, Presidente, e dirò altre cose in corso di discussione e poi di votazione degli emendamenti, quando sarà il momento; però ci tenevo a chiudere, rinnovando il ringraziamento per il lavoro che è stato fatto, in particolare alle colleghe Piccoli Nardelli e Carbonaro (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Virginia Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi deputati, sottosegretario, innanzitutto mi preme ringraziare, come già hanno fatto gli altri colleghi, la collega Piccoli Nardelli e la relatrice Carbonaro per l'importante lavoro svolto sempre in un clima di estrema condivisione e di estrema collaborazione. La stesura del nuovo testo di legge Nardelli e altri sulla promozione e il sostegno della lettura nasce dalla necessità del nostro Paese di aumentare il numero di coloro che si avvicinano alla lettura, asse portante della formazione di ogni individuo, visto come mezzo per lo sviluppo della conoscenza e la promozione del progresso civile, sociale ed economico della nazione. L'attività di lettura costituisce il primo strumento per l'acquisizione di una mentalità aperta e agile a garanzia di un accesso consapevole al pluralismo delle fonti che richiede sempre più un'autonoma capacità di valutazione dei contenuti e un approccio critico alle informazioni che vengono divulgate con i moderni mezzi di comunicazione.

L'Italia di oggi è in una condizione di grave emergenza culturale: la maggior parte della popolazione non conosce i propri diritti né è in grado di pretenderne il rispetto; l'accesso alla letteratura è negato a molte comunità. È un deficit che dobbiamo colmare ma purtroppo è soltanto un aspetto di una più generale situazione di emergenza che tocca i temi degli scarsi livelli di partecipazione culturale e degli inadeguati livelli di istruzione delle troppo deboli competenze della popolazione adulta. Esiste una vera e propria emergenza lettura testimoniata dalla bassissima percentuale di italiani - il 43 per cento - che legge almeno un libro all'anno di molto inferiore alla media europea. In base a quanto rilevato dall'Istat i giovani under 20 e le donne sono coloro che leggono di più. In particolare nella fascia di età compresa tra gli 11 e i 19 anni ci sono i lettori più assidui ma la quota di libri letti nel corso di un anno diminuisce con l'aumentare dell'età. La vastità del fenomeno e la complessità del problema richiedono dunque una molteplicità di approcci e di interventi senza i quali ogni pur lodevole iniziativa apparrebbe poco efficace. La vera sfida è dunque combattere la povertà educativa e culturale dando il via a un rilancio sociale importante dopo anni di abbandono delle politiche culturali e di mancato riconoscimento del valore della cultura tra una politica disattenta e una profonda crisi economica. In un mondo altamente globalizzato era dunque fondamentale ridare centralità alle pratiche della lettura nella scuola come un momento di sviluppo di autonome capacità di ricerca, di apprendimento e di riflessione critica e, quindi, come attività particolarmente utile per favorire il processo di maturazione degli studenti.

Era necessario contrastare la crisi delle biblioteche che attualmente occupano uno spazio marginale nelle pratiche culturali dei cittadini e che sono fortemente penalizzate dalla crisi della finanza pubblica e dalla inadeguatezza degli organici, inserendole invece nel vivo delle dinamiche culturali e sociali in quanto portali d'accesso all'informazione e alla conoscenza.

Riconoscere il ruolo delle librerie sul territorio come strumento essenziale per la diffusione del libro e per far conoscere la produzione editoriale; sostenere l'editoria libraria italiana nello sforzo di superare la crisi strutturale che sta attraversando, legata al calo dei consumi e all'affiancamento del libro digitale al libro tradizionale: una politica per la lettura ha bisogno di tutte queste azioni senza le quali le attività promozionali rischiano di cadere nel vuoto e non produrrebbero effetti rilevanti e duraturi. Era indispensabile dunque che anche in Italia, come in altri Paesi europei, la politica per il libro e il sostegno alla lettura fossero incardinati in un riferimento legislativo unico e autorevole, dotato delle competenze e delle risorse necessarie per fare da raccordo tra i diversi soggetti pubblici e privati che intervengono a vario titolo in questo settore.

In verità numerosi sono stati i provvedimenti tesi alla valorizzazione e alla promozione della lettura, soprattutto in ambienti scolastici: tanti piccoli interventi normativi delle passate legislature che, benché frammentari e slegati tra loro, sono stati in qualche modo propedeutici alla nascita dell'attuale testo.

La proposta di legge che stiamo esaminando consta di dodici articoli e tenta di dare un carattere strutturale e organico agli interventi a sostegno della lettura. Il testo contiene misure molto significative che tendono ad allargare la base sociale della lettura come la creazione, all'articolo 2, di un Piano nazionale d'azione per la promozione della lettura, teso a garantire l'equilibrata distribuzione territoriale degli interventi previsti. Il Piano contiene indicazioni circa le azioni volte a favorire la lettura nella prima infanzia anche attraverso il coinvolgimento dei consultori e delle ludoteche; a promuovere la lettura nelle strutture socio-assistenziali per anziani e negli ospedali con iniziative a favore delle persone ricoverate per lunga degenza nonché negli istituti penitenziari, con particolare riferimento agli istituti penali per minorenni, a promuovere la parità d'accesso alla produzione editoriale da parte delle persone con difficoltà di lettura ovvero con disabilità fisiche o sensoriali in coerenza con gli impegni assunti con la sottoscrizione del Trattato di Marrakech.

Negli ultimi anni si sta lentamente diffondendo il consumo di prodotti editoriali digitali e non possiamo negare tale tendenza: il nostro compito, dunque, è assicurare e incrementare l'accesso al patrimonio culturale compreso quello custodito presso le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Abbiamo il dovere di contribuire a sostenere l'innovazione tecnologica nel settore editoriale nonché di favorire l'utilizzo di strumenti didattici in versione digitale nel rispetto del piano nazionale “Scuola digitale” siglato nel 2015. Il vantaggio sarà anche di natura ambientale, al di là degli incentivi all'utilizzo di carta con origine forestale ecologicamente sostenibile.

Per questo motivo risulta altresì fondamentale l'articolo 5 che reca interventi per favorire la digitalizzazione delle opere, proponendo l'utilizzo di strumenti didattici in versione digitale nel rispetto del Piano nazionale scuola digitale.

Con l'articolo 6 inoltre - è l'aspetto sul quale mi piace soffermarmi - si pone l'accento sull'importanza della scuola quale motore propulsore per lo sviluppo dell'amore per la lettura che nasce fin dai banchi scolastici ma soprattutto in famiglia. È da lì che bisogna partire: esso prevede per le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia, che promuovono la lettura come momento qualificante del percorso didattico ed educativo degli studenti e quale strumento di base per l'esercizio del diritto all'istruzione e alla cultura nell'ambito della società della conoscenza. Dispone che, attraverso appositi bandi, gli uffici scolastici regionali individuino nelle reti fra scuole del medesimo ambito territoriale una scuola che operi quale polo responsabile del servizio bibliotecario scolastico di ogni ordine e grado. Un numero crescente di ricerche, infatti, dimostra l'importanza di intervenire nelle fasi più precoci dello sviluppo del bambino, anche per quanto concerne il successo della diffusione dell'amore per la lettura e per il libro. La diffusione della lettura in famiglia è una delle buone pratiche che assicurano un migliore sviluppo cognitivo, relazionale e sociale del bambino e possono sicuramente contribuire al trasferimento transgenerazionale di modelli di cura migliori al fine di diminuire le disuguaglianze sociali.

Oltre alla famiglia, però, è dunque necessario che anche la scuola faccia la sua parte: è la scuola che ha il compito di progettare percorsi educativi tesi a incrementare il piacere intellettuale ed emotivo del leggere finalizzati allo sviluppo della identità, dell'autonomia, delle competenze e soprattutto all'esercizio della cittadinanza. La lettura investe profondamente la vita interiore di ogni studente e la sua crescita personale; è un'avventura intellettuale e formativa, che getta un ponte tra le persone e le culture. La lettura rappresenta un viaggio legato al bisogno della persona di raccontare di sé e di scoprire dell'altro; è un continuo esercizio del pensare, del riflettere, che facilita e favorisce l'apprendimento.

Deve essere la scuola, con il supporto naturalmente dello Stato, a guidare questa battaglia di crescita culturale. I docenti prima di tutti hanno il dovere di accompagnare e guidare i ragazzi all'incontro con altre esperienze, di ieri e di oggi: leggere concorre in modo determinante allo sviluppo delle competenze linguistico-espressive, all'attivazione di quelle capacità organizzative del pensiero, alla formazione del pensiero critico, libero, creativo e al pieno successo formativo. Le finalità sono quelle di diffondere l'abitudine alla lettura e favorire dunque l'aumento del numero dei lettori, valorizzando l'immagine sociale del libro e della lettura anche attraverso attività programmate di lettura comune e pratiche fondate sulla condivisione dei testi e la partecipazione attiva dei lettori. Fondamentale è l'accento posto sull'importanza delle biblioteche scolastiche, la cui esistenza è resa particolarmente difficile dalla crisi che ha investito anche questo settore. L'obiettivo è promuovere la frequentazione di biblioteche e librerie, nonché la conoscenza della produzione libraria, valorizzando e sostenendo le buone pratiche di promozione della lettura realizzate da soggetti pubblici e privati, anche in collaborazione tra di loro.

Un testo completo, dunque, frutto di una serie di audizioni e di vari confronti tematici che hanno messo tutti in luce la necessità di un mutamento radicale. “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, afferma una celeberrima frase del Mahatma Gandhi. Per questo, come Commissione cultura scienza e istruzione e come forza di maggioranza, dobbiamo vigilare e fare tutto ciò che è in nostro potere per ottenere il vero cambiamento dell'Italia, quello culturale: un cambiamento che passa attraverso la formazione, di cui la cultura è un nodo chiave, e va incentivata attraverso un sistema di alleanze e di collaborazioni anche a livello locale così come previsto in questa legge, per garantire con il sostegno del Ministero la promozione della lettura. Anche il mercato editoriale ha bisogno naturalmente di una svolta che possa incentivare le realtà territoriali minori e differenti, muovendosi nella dimensione plurilingue ed interculturale della lettura, a scuola e non solo. Noi non possiamo voltare la faccia a chi genera l'economia della cultura.

Un altro fattore chiave della norma che stiamo per approvare riguarda la promozione all'accesso alla lettura anche a persone con disabilità sensoriali e fisiche, con disturbi specifici dell'apprendimento, oppure a coloro che si trovano in condizioni di detenzione personale, di degenza e di grave difficoltà. La lettura deve superare barriere economiche e sociali ed entrare negli ospedali, nelle scuole, negli orfanotrofi: nelle case di tutti, insomma. Oggi non ci sono limiti: chi ha difficoltà o disabilità di vario genere potrà essere aiutato grazie ai nuovi supporti, nuovi tipi di sistemi audiovisivi e importanti sostegni tecnologici. Una linea normativa, questa, in piena coerenza con il già citato Trattato di Marrakech, sottoscritto nel 2014. Soltanto partendo da una nuova dimensione culturale, che passi per una formazione congrua, ricca, l'Italia può diventare un Paese realmente europeo, e finalmente entrare nelle linee della direttiva 2017/1564 del 13 settembre 2017. Questi piccoli mattoni, uno per volta, aiuteranno a costruire un ponte tra il mondo della lettura e la vita dei cittadini.

Nelle sue Sei passeggiate nei boschi narrativi, Umberto Eco spiega l'importanza della lettura per lo sviluppo e la formazione umana, ed afferma che leggere racconti significa fare un gioco attraverso il quale si impara a dare senso all'immensità delle cose che sono accadute, accadono e accadranno nel mondo reale. La lettura, quindi, intesa come palestra di vita, che ci insegna ad indagare i meccanismi di quanto accade nel mondo, così da affrontare ogni situazione nel modo corretto.

La promozione della lettura rappresenta una pietra miliare della formazione personale, morale e civile dei cittadini. Gli interventi normativi per alimentare questa passione e l'interesse per la lettura nei cittadini devono essere pensati proprio in quest'ottica: il piacere è l'unico modo per indurre un altro essere umano ad amare la lettura. L'amore per la lettura non può nascere né per costrizione ne per ipotetiche convenienze economiche: la lettura è subordinata alla passione, questo è l'unico motore per promuoverla.

È un bene i cui risultati possono essere misurati non solo in termini di un accresciuto benessere e in una più alta qualità di vita, ma anche in un vero e proprio ritorno economico per il Paese.

Presidente, colleghe e colleghi, formare e migliorare l'individuo da solo non basta: serve anche aprire il mondo del possibile e le porte della cultura narrativa senza confini, che cambia l'atteggiamento verso il nostro Paese. In uno studio del professor Keith Oatley, dell'università di Toronto, si riesce a provare che leggere ci rende individui più sociali: secondo l'autore leggere ci aiuta a sviluppare i comportamenti proattivi, quelli di cui beneficiano gli altri, come la condivisione, la cooperazione; aiuta a contribuire alla comunità e a trattare meglio sia noi stessi che gli altri. Questo conferma, per un Paese come l'Italia, la necessità di usare la lettura come ancora di salvataggio, come l'ultima spiaggia nel naufragio delle divisioni che ci attraversano, dal Nord al Sud, dall'Est all'Ovest. Formiamo i cittadini, apriamo i libri, apriamo le porte di una nuova Italia: una, libera, cosmopolita, con un forte senso civile di comunità (Applausi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Presidente, “Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone”, scriveva Italo Calvino nelle sue Città invisibili. Il deserto che abita, che scava dalle fondamenta, che scardina e contrasta le nostre città, il nostro mondo, il nostro cosmo, che le nega e divora come un male, le definisce letteralmente, le confina ed opprime, è un deserto che cresce inesorabile, giorno dopo giorno. Un deserto contro il quale non ci sono molte vie di scampo, molte soluzioni praticabili, molte opportunità di salvezza.

Quando ho firmato questa proposta di legge sulla lettura, grazie allo sforzo e all'impegno di Flavia Piccoli Nardelli innanzitutto, che vorrei ancora una volta ringraziare qui in Aula per la pazienza e la determinazione con la quale ha lavorato, costruendo questo testo; quando ho firmato questa proposta di legge, dicevo, ho pensato che in qualche modo anche con un piccolo gesto ci si possa opporre a questo deserto che cresce, al depauperamento che ci rende più soli, più esposti, più fragili. Ho pensato ai numeri dell'ALI, l'Associazione dei librai di Confcommercio evocati dalla relatrice Carbonaro, che conta in più di 2000 le imprese tra librerie e cartolibrerie che hanno chiuso i battenti nel nostro Paese tra il 2011 e il 2016, in soli cinque anni: praticamente più di una al giorno. Pensateci: ogni giorno che Dio manda in terra una libreria non alzerà più la sua saracinesca.

Ecco, il deserto comincia anche da qui: dai numeri. Solo a Roma, ricordava un mese fa Claudio Morici su Internazionale, in 10 anni hanno chiuso 223 “punti vendita trattanti libri”. Una strage, prosegue Morici; e snocciola un rosario di librerie romane che non ci sono più, una Spoon River che ci lascia inconsolabili: Croce, Fanucci, Remainders a Piazza San Silvestro, Invito alla lettura, Amore e Psiche, Fandango Incontro, Flexi, Zalib, la Mel Giannino Stoppani, E ancora: stando ai dati ISTAT, sono oltre 13 milioni gli italiani che non hanno una libreria sotto casa o nel comune di residenza, come ricordava il collega Casciello. Il deserto è anche la distanza, la misura, lo scarto che ci separa dalla possibilità di sottrarci ad esso.

Nella scorsa legislatura non ero in Parlamento, ma lavoravo per il Governo, con grande personale onore; e ricordo tra le iniziative che più hanno definito nella mia memoria quegli anni a Palazzo Chigi proprio quelle che andavano nella direzione sintetizzata dal Presidente Matteo Renzi di “un euro in cultura, un euro in sicurezza”; e cioè di come la costruzione di legami duraturi, di valori forti, di rammendo tra la vitalità delle città e le difficoltà delle periferie, di cucitura paziente di senso e di legami, passasse proprio da un investimento massiccio e strategico sulle opportunità di crescita culturale, individuale e collettiva. Penso ad esempio al bonus diciottenni, nel segno del Governo Renzi prima e Gentiloni poi; alle leben chancen date a centinaia di migliaia di ragazzi in tutti questi anni di accedere ad un consumo culturale che potesse accendere una curiosità, una passione, indicare una strada per uscire dal deserto, per urbanizzarlo, civilizzarlo, renderlo umano.

Quando ero ragazzo, Presidente (mi perdonerà questa nota personale), gran parte della mia formazione di lettore, sì certo, a casa, a scuola, ma è avvenuta in una piccola libreria, una libreria di occasione dove passavo gran parte della mia giornata, confesso. Francesco e Rita oggi hanno aperto una grande libreria a Londra, ma all'epoca per me il ragazzo entrare da Ponti - così si chiamava - era come andare a casa: sempre libri da scoprire, dorsi da compulsare, indici da scorrere, volumi da mettere a catalogo. Poi gli avventori: Pierpaolo, Fabio, Acchittone, Santovetti, il timido professor Paolo, l'inclito Manica, Nagorni, logorroico come nessun altro, Maurizio a sbuffare scontroso. Si parlava, si leggeva, talvolta si comprava, si rideva moltissimo, si montavano leggende, si stava; Rita ci sopportava, non sempre. Ricordo una volta, Francesco doveva partire l'estate, e mi chiese di tenere aperta la libreria per qualche giorno in sua assenza, a me: credo di non essere mai stato più emozionato e riconoscente in vita mia, valeva un'investitura.

Ho vissuto quei giorni in una specie di trance nervosa, fingendo con i clienti di sapere il fatto mio, mentre invece… In quegli anni ho imparato cosa significa combattere il deserto, ho imparato che “libro” e “amico” sono la stessa identica parola, ho imparato che lo sguardo è il gesto che pratichiamo di più e che leggere ha a che fare con il desiderio. Ho capito che si ricomincia sempre da capo e che questo è il gusto e non la fatica, ho realizzato che leggere non è un modo per vedere la realtà ma è l'unico modo che abbiamo a disposizione per vedere la realtà: leggiamo toccando, ascoltando, gustando, leggiamo cantando, leggiamo scrivendo. Ho compreso che leggere significa buttare giù muri e non abbandonarsi alla paura, che a leggere si diventa più alti e più belli (io speravo anche più magri, ma quello dipende).

Sa cosa ho imparato anche, Presidente? Che a leggere, attività solitaria per definizione, si è meno soli anche quando non sembra, anche quando per i libri che vendi, per gli incontri che tieni in libreria, per la cultura e i valori che difendi provano a farti sentire più solo, come è successo di recente al Nora Book & Coffee di Torino - vetrine rotte - o alla Libreria delle donne, sempre a Torino e Bologna, con intimidazioni e minacce fasciste, o alla Pecora Elettrica a Centocelle, a Roma, data alle fiamme. E proprio queste aggressioni, però, proprio queste intimidazioni rivelano che no, non siamo affatto soli, che quel paziente, estenuante e infinito lavoro di cucitura, di rammendo, di circuito, di tessuto e di testo funziona, vive e fa vivere meglio.

Lo scriveva di recente il The New Yorker citando i benefici personali del leggere, dell'atto della lettura. “Romanzi e poesie sono medicine - parole di Jeanette Winterson - e ciò che curano è la rottura che la realtà opera sull'immaginazione”. Colmare questo iato tra realtà e immaginazione, già: ma come si fa? Ecco, io questa la so: io l'ho visto fare con i miei occhi a Tor Bella Monaca, dove Alessandra, proprio dopo aver rimuginato su quell' “1 euro in sicurezza, 1euro in cultura”, ha deciso, un anno fa, di aprire una libreria proprio lì, la prima libreria, forse l'unica, di Tor Bella Monaca, uno spazio grande, allegro e sfrontato rispetto a tutti quei “non ce la farai mai” e ai “ma chi te l'ha fatto fare”, per rimettere insieme i pezzi, come dice lei sorridendo, tenendo botta. Ecco, io l'ho visto fare. Come? Facendolo.

Ora, meglio di me i miei colleghi del Partito Democratico e di tutti i gruppi parlamentari hanno illustrato e difeso questo provvedimento. Ci sarà spazio per discuterlo ancora e lo dico anche interloquendo con i rilievi mossi dall'onorevole Fusacchia, per migliorarlo ulteriormente, per farne una bella opportunità anche di condivisione tra forze politiche sempre così divise. Io, però, mi sono ritagliato questo spazio non per entrare e uscire dalle pieghe della legge che comincia qui il suo iter, dall'impianto per promuovere la lettura, al lavoro nelle scuole, dagli incentivi alla card, dal digitale alle biblioteche, alle scuole e alle librerie di qualità. No! Mi sono preso, con il suo permesso e con il vostro permesso, colleghi, questi pochi minuti per provare a spiegare perché ho firmato questa proposta di legge. Semplicemente per questo: per oppormi al deserto, fosse anche solo con una piantina da interrare e annaffiare, per non rassegnarci, per essere meno soli, “per tenere botta e provare a rimettere insieme i pezzi”, come dice Alessandra di Tor Bella, e spero davvero che saremo all'altezza di questo coraggio e di quest'attesa (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giorgia Latini. Ne ha facoltà.

GIORGIA LATINI (LEGA). Grazie, Presidente. Inizio subito con i ringraziamenti, perché devo dire che in questa Commissione noi ci riuniamo e, anche se ci sono delle visioni e delle vedute politiche differenti, poi ci sediamo sempre attorno a un “tavolo” e troviamo la soluzione migliore per il bene della collettività, per far crescere culturalmente la nostra società. Questa è una cosa molto importante perché la nostra Commissione può essere, secondo me, presa come punto di riferimento di buona politica, perché poi è quello che la politica deve fare: deve unirsi per trovare delle soluzioni condivise per il bene comune.

Io ringrazio anche il sottosegretario che, comunque, è sempre presente in Commissione e, quindi, riconosco che anche con il Governo c'è un'ottima collaborazione, devo dire. Ringrazio anche il presidente e io ho voluto intervenire oggi in qualità di vicepresidente, anche se non ho fatto parte del Comitato dei nove, perché secondo me oggi veramente parliamo di un tema molto, molto importante che determina il futuro, l'evoluzione e il progresso della nostra società, perché aiutare le nuove generazioni ad appassionarsi alla lettura significa questo. E, infatti, oggi abbiamo iniziato, tutti insieme, a parlare in quest'Aula di questo provvedimento che ha a cuore lo sviluppo del nostro Paese, perché si cresce non solo attraverso misure economiche, di cui sicuramente questo Governo è protagonista, ma anche attraverso misure volte alla crescita personale dei cittadini, perché la società è fatta di persone.

Oggi, infatti, parliamo di sostegno alla lettura, come hanno detto i miei colleghi, quale mezzo di sviluppo della conoscenza, della diffusione della cultura e della promozione del progresso civile, sociale ed economico della nazione. Leggere significa crescere, perché attraverso la lettura noi allarghiamo le nostre conoscenze, sviluppiamo anche la nostra immaginazione come, per esempio, quando leggiamo un libro di narrativa e quindi, di conseguenza, sviluppiamo anche la nostra creatività, perché con la lettura allarghiamo i nostri orizzonti interiori.

Il calo delle persone che leggono è preoccupante quanto il calo demografico e deve preoccuparci molto. Questo provvedimento vuole rimettere al centro l'importanza e il piacere di leggere. Abbiamo bisogno di giovani capaci di guardare oltre e che vogliono crescere insieme al nostro Paese.

Il testo, come abbiamo detto, è stato approvato dalla nostra Commissione. Abbiamo fatto delle audizioni iniziali e adesso magari elencherò brevemente i punti più significativi, anche perché sono stati ben sviscerati dai colleghi che mi hanno preceduta.

Il testo prevede un piano nazionale d'azione per la promozione della lettura da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ogni tre anni. Tra gli obiettivi del Piano c'è, oltre a quello di diffondere l'abitudine alla lettura, la frequentazione delle biblioteche, la valorizzazione della lingua italiana tramite la conoscenza di autori italiani e anche promuovere la dimensione interculturale e plurilingue della lettura. Un aspetto rilevante è che in questo provvedimento si tiene conto anche del rispetto dell'ambiente, in quanto è previsto che le amministrazioni pubbliche, in collaborazione con l'industria editoriale, promuovano per le pubblicazioni l'utilizzo di carta con origine forestale ecologicamente sostenibile, proprio perché un libro di carta comunque ci dà sempre maggiori emozioni rispetto a una lettura fatta su un supporto digitale, però è importante pensare alla tutela del nostro pianeta.

Poi, abbiamo posto l'attenzione a livello locale, come hanno ricordato i miei colleghi, con i patti locali per la lettura, intesi a coinvolgere biblioteche e altri soggetti pubblici. Io ero precedentemente assessore alla cultura e avevo anche la delega alle biblioteche e so le difficoltà che comunque ha questo settore. Questi patti locali interessano anche i privati operanti sul territorio che si occupano di promozione della lettura. Tali patti hanno la finalità di incrementare il numero dei lettori abituali nelle loro aree di riferimento.

Si è parlato anche dell'istituzione della Capitale italiana del libro al fine di favorire progetti e iniziative per la promozione della lettura a partire dal 2020. La selezione avviene sulla base di progetti presentati dalle città che si candidano al titolo di Capitale italiana del libro e questi progetti della città assegnataria del titolo sono finanziati entro un limite di spesa di 500 mila euro annui.

Inoltre, come abbiamo visto, questo provvedimento interviene anche a modificare la “legge Levi” del 2011 proprio nella parte dove si parla degli sconti sui libri nuovi. La vendita di libri ai consumatori finali è consentita con uno sconto massimo fino al 5 per cento del prezzo apposto e la norma si applica anche alle vendite di libri effettuate per corrispondenza o tramite piattaforme digitali su Internet come Amazon, come ricordavamo. Sono esclusi nell'ambito, però, dell'applicazione di questa norma - e lo sconto può arrivare al 15 per cento - i libri adottati dalle istituzioni scolastiche come libri di testo, proprio per favorire le famiglie più in difficoltà. I limiti massimi di sconto non si applicano anche alle vendite di libri alle biblioteche purché i libri siano destinati all'uso dell'istituzione, restando esclusa la loro rivendita. Questo provvedimento, appunto, è proprio per scongiurare, come accennato, la chiusura di piccole e medie librerie che con una scontistica troppo alta rischiano di scomparire.

Inoltre, si promuove un ampio pluralismo culturale ed economico nonché si accresce la qualità della lettura istituendo, presso il Ministero, l'Albo delle librerie di qualità.

L'iscrizione è riservata alle librerie che esercitano in modo prevalente l'attività di vendita al dettaglio di libri in locali accessibili al pubblico, che assicurano un servizio innovativo e caratterizzato da continuità, diversificazione dell'offerta libraria e realizzazione di iniziative di promozione culturale nel territorio. Nella definizione dei requisiti si tiene conto dell'assortimento diversificato di titoli offerti in vendita, della qualità del servizio, delle attività di proposta di eventi culturali, dell'adesione ai patti per la lettura e delle specificità del territorio.

Un'altra misura molto importante, presente nel provvedimento, è l'incremento del tax credit, previsto dalle leggi di bilancio 2018, che è aumentato di 3 milioni 750 mila euro annui, a decorrere dal 2020. Un'altra novità molto interessante è la nascita di una card elettronica, del valore di 100 euro, per contrastare la povertà educativa e promuovere la diffusione della lettura. La card sarà utilizzabile entro un anno dalla sua emissione e contribuirà alle spese per l'acquisto di libri, prodotti e servizi culturali, da parte di cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale, appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati. Per l'adozione della carta vengono stanziati 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2020. Al fondo appositamente costituito potranno essere conferiti i proventi derivanti da donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie da soggetti privati, comunque destinati allo Stato, per il conseguimento delle finalità del fondo stesso. Le imprese che destinino almeno l'un per cento del loro volume di affari al fondo sono autorizzate ad utilizzare un logo del Ministero dei beni e delle attività culturali che certifichi il loro impegno nella lotta contro la povertà educativa e culturale.

Per quanto riguarda, invece, la digitalizzazione, un altro tema molto caro alla nostra Commissione, i soggetti pubblici possono promuovere iniziative in merito al fine di assicurare l'accesso più ampio possibile al patrimonio culturale e alla sua libera fruizione per contribuire a sostenere l'innovazione tecnologica nel settore editoriale e favorire l'utilizzo di strumenti didattici in versione digitale, nel rispetto del Piano nazionale scuola digitale. Per la realizzazione del progetto viene istituito un fondo destinato all'erogazione di contributi per il finanziamento delle iniziative di digitalizzazione, con una dotazione di un milione di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

Mi avvio alla conclusione, Presidente; in questa Commissione, e tutti insieme ne abbiamo dato prova, crediamo in questo progetto e, in primo luogo, siamo qui per dare ai nostri figli, infatti, un futuro migliore e penso che questo provvedimento sia un tassello fondamentale per raggiungere questo obiettivo. Come dicevo all'inizio, leggere un libro contribuisce a renderci delle persone migliori e se vogliamo che questo Paese rinasca abbiamo bisogno di giovani che leggono, perché un libro amplia la nostra conoscenza, ma ci fa anche emozionare e, quindi, la lettura aiuta ad aprire la mente, ma anche il cuore e come disse Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita, la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito… perché la lettura è un'immortalità all'indietro” (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucia Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, anch'io voglio ringraziare l'onorevole Piccoli Nardelli e la relatrice di maggioranza, onorevole Carbonaro, per l'impegno profuso per incardinare prima e, poi, portare alla luce un lavoro sinergico che ha visto il coinvolgimento di tutti quanti i membri della Commissione che, effettivamente, lavorano con grande capacità di condivisione. Vorrei prima di tutto fare questo ringraziamento, per la fermezza e la tenacia di Flavia Piccoli Nardelli, per la sua esperienza e le sue competenze. Oggi, ha permesso di discutere in Aula una legge che promuove la lettura come elemento irrinunciabile, non solo per la diffusione della cultura, ma come strumento di promozione sociale e del benessere dei cittadini.

È significativo che in questa contingenza storica, fatta di porti chiusi, di fake news, di insulti social, si trovi il tempo di dedicare il dibattito istituzionale alla necessità di incentivare la buona lettura, rinnovandone la fruizione rispetto alla modernità. La lettura, quindi, per capire noi stessi, ma soprattutto per capire il mondo in cui viviamo e per affrontare le sfide del presente e l'incertezza del futuro. Il presente, che lo si voglia o meno, è multiculturale, anche nel nostro Paese e l'integrazione fatta di regole condivise è, alla fine, l'unica risposta efficace alle migrazioni attuali e a quelle che si verificheranno nei prossimi anni. L'integrazione virtuosa nasce, inevitabilmente, dalla comprensione dell'altro e trae, quindi, il suo fondamento dall'apprendimento e dalla conoscenza. Todorov, teorico della letteratura, sottolineava come le differenze tra culture siano indispensabili per il cammino stesso dell'umanità e per prepararci all'incontro tra culture assume un ruolo fondamentale la lettura.

Fatta questa premessa, necessaria per inserire il provvedimento che stiamo discutendo nell'attualità dei nostri tempi, vorrei dedicarmi ad un aspetto di questa legge che reputo, quindi, fondamentale, quello cioè dedicato ai patti locali per la lettura. L'articolo 3 del provvedimento dispone, infatti, che, a livello locale, le regioni e gli altri enti territoriali diano attuazione al Piano d'azione nazionale, attraverso la stipula di patti locali per la lettura, intesi a coinvolgere le biblioteche e altri soggetti pubblici, in particolare le scuole, e privati, operanti sul territorio. Più nello specifico, i patti locali prevedono, sulla base degli obiettivi generali individuati dal Piano d'azione nazionale e delle specificità territoriali, interventi finalizzati ad aumentare il numero dei lettori abituali. A tal fine, sono previsti specifici finanziamenti nell'ambito dei bilanci degli enti territoriali e degli altri soggetti coinvolti.

Perché incentivare la realizzazione dei patti locali per la lettura nella società di oggi, dove quello che si legge con maggior frequenza, anche tra i politici, sono le offese sui social? Perché ce n'è la necessità. Il nostro è un Paese dove i livelli di alfabetizzazione sono bassi, dove c'è un tasso ancora troppo alto di dispersione scolastica, dove si va poco all'università; sono dati desolanti da tutti i punti di vista.

I dati di ISTAT e Save the Children sono, infatti, allarmanti e molto spiegano in termini di emergenza cultura. Si registra una continua flessione del numero di lettori di libri, sceso dal 42 per cento nel 2015 al 40,5 per cento nel 2016, e a dover preoccupare non sono soltanto le percentuali sulla lettura; i dati di Save the Children Italia molto dicono sulla povertà educativa dei bambini e dei ragazzi italiani. Circa un quinto dei minori, infatti, non raggiungerebbe le competenze minime in matematica e lettura, più di uno su dieci abbandona prematuramente gli studi e sei su dieci non partecipano ad attività culturali, ricreative e sportive.

Anche per cercare di contrastare questo trend devastante, da anni, in via sperimentale sono nati in tutt'Italia progetti formativi locali, con l'obiettivo di aumentare il numero di lettori abituali, partendo dai bambini, trasformando quindi i piccoli di oggi nei lettori di domani, dal momento che la lettura è una risorsa strategica in una logica di lungo periodo, un bene anche per lo sviluppo del Paese, essendo dimostrata l'esistenza di una relazione diretta tra gli indici di lettura di uno Stato e la sua situazione socioeconomica.

L'articolo 3 di questa legge vuole, quindi, valorizzare ed implementare questi progetti, riproponendo in sostanza su scala nazionale le pratiche attivate dalla Toscana a livello regionale. La regione Toscana, che è poi la mia regione, ha recentemente istituzionalizzato, con una propria delibera, il patto per la lettura, promuovendo un'alleanza con tutti i soggetti della filiera del libro per incentivare la lettura e fare in modo che diventi un'abitudine sociale quotidiana.

Il Patto regionale per la lettura è, infatti, un protocollo di intesa e di alleanza tra regione Toscana e altri soggetti pubblici e privati rappresentativi di associazioni, reti e sistemi della filiera del libro e della lettura, che impegna le parti a definire, attuare e promuovere in modo organico, trasversale e strutturato azioni e progetti di promozione del libro, nel rispetto del diritto di tutti alla lettura come strumento indispensabile per esercitare una cittadinanza piena e responsabile e come mezzo di conoscenza, di accesso all'informazione e come elemento di coesione e inclusione sociale, contro la povertà educativa e per lo sviluppo di una nuova idea di cittadinanza. Viene, quindi, sancito un nuovo formidabile diritto: il diritto di tutti di poter leggere, perché leggere è un'attività etica, libera e necessaria, è uno strumento indispensabile per esercitare una cittadinanza responsabile. I libri e la lettura devono quindi essere accessibili a tutti. La biblioteca pubblica e i suoi spazi hanno un valore sociale irrinunciabile e la sua fruibilità deve essere efficace e implementata anche attraverso i nuovi supporti tecnologici. Con questa legge, il modello toscano, ancora una volta all'avanguardia nel nostro Paese, potrà essere istituzionalizzato in tutta Italia.

Mi auguro che questa proposta di legge, proprio per i contenuti innovativi che presenta e per gli obiettivi che si prefigge, possa essere approvata dall'Aula all'unanimità. La lettura non ha infatti per definizione connotazioni politiche: se le avesse non sarebbe lettura, ma regime. La lettura deve servire a formare l'individuo, a orientare le sue scelte, a mettere in dubbio convinzioni infondate. La lettura ci mette in discussione ed in periodi come questi, dove molti preferiscono nascondersi dietro la propria verità per non assumersi evidenti responsabilità o obblighi, dove i problemi hanno sempre una causa esterna, dove l'università della vita pare l'illusorio riscatto al fallimento, è proprio la lettura il migliore alleato per capire meglio il mondo e per creare e per cercare di viverci nel miglior modo possibile (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Chiara Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (PD). Grazie Presidente, mi soffermerò soltanto su un articolo di questa proposta di legge, l'articolo 8, un articolo a cui sono legata con un legame affettivo, avendo proposto, nella scorsa legislatura, la legge sul recupero delle eccedenze alimentari, di farmaci e di altri prodotti per solidarietà sociale, la legge cosiddetta anti-sprechi e l'articolo 8 riprende questi principi ed - lo dico anche ad altri colleghi che sono intervenuti oggi - è un grande atto di saggezza non ripartire sempre da zero: il buon legislatore sa cogliere le interazioni tra le norme, sa cogliere il percorso legislativo positivo e l'articolo 8 entra in questo filone. La legge n. 166 del 2016 semplifica, toglie burocrazia, agevola un percorso di responsabilità sociale, il percorso della donazione e si inserisce in un altro percorso, che è quello avviato dalla riforma del terzo settore, che anche in questa legislatura sta proseguendo il suo cammino attraverso i decreti attuativi. Quello che il legislatore deve fare è rendere possibile, rendere strutturali dei percorsi, rendere strutturali delle relazioni e ringrazio, in particolare, la presentatrice di questa proposta di legge, Flavia Piccoli Nardelli, perché mi consente di dire che, rispetto a questo percorso legislativo, si è aggiunto un ulteriore tassello di un mosaico positivo.

Non è irrilevante collegare - scusatemi se banalizzo - un gelato e un libro, perché il recupero delle eccedenze alimentari non significa consentire a chi può donare di svuotare i magazzini, significa consegnare nuova vita a prodotti che, ad esempio, possono perdere valore commerciale, a prodotti che si decide di non immettere in commercio proprio perché si desidera fare qualcosa di buono per la propria comunità attraverso la donazione, ma soprattutto, ecco perché vi ho citato proprio il gelato: il gelato non è un bene primario, ma consente anche a dei ragazzi, ad esempio a dei ragazzi che stanno in una casa famiglia, di raccontare ai loro compagni di scuola che anche loro hanno provato quel gusto, che hanno provato anche loro quell'esperienza e la stessa esperienza passa, come è stato detto anche questo pomeriggio attraverso gli interventi di tanti colleghi, anche attraverso la lettura.

E vedete, la donazione implica la responsabilità e lo fa coinvolgendo tutti gli attori principali della nostra società, applicando un articolo importante, spesso trascurato e spesso dimenticato della nostra Costituzione, che è l'articolo 118, articolo che parla di sussidiarietà e la sussidiarietà non è mai un disimpegno del pubblico nei confronti del privato, ma consente, attraverso una buona legislazione ad esempio, e su questo dico alla relatrice, che non sempre le risorse sono fondamentali, non sempre sono essenziali, talvolta è necessario e fondamentale prima costruire un quadro di insieme entro cui poi costruire un percorso.

Dicevo appunto che la sussidiarietà significa consentire a tutti i soggetti che fanno parte di questa comunità di fare la propria parte: i cittadini da un lato, che si impegnano attraverso il terzo settore; il terzo settore è un esempio importante che noi possiamo portare anche a livello internazionale: non esiste nessun Paese europeo, a differenza dell'Italia, che abbia un tessuto sociale così ricco; in Italia ci sono 5,6 milioni di volontari, persone che decidono non tanto e non solo di distribuire dei pacchi alimentari, di promuovere ristoranti solidali, empori sociali, tutte forme che sono nate nel nostro Paese in modi diversi per rispondere a forme di povertà differenti, intervengono sulla solitudine delle persone, sull'emarginazione sociale. Ed ecco questo è il punto di connessione, questo tassello che la legge sulla lettura inserisce: la povertà non è solo economica, non è solo alimentare, non è solo sanitaria, è anche culturale, è anche educativa. E da questo punto di vista facciamo un passaggio fondamentale: non si crea ex novo, ma ci si innesta proprio in quel percorso proprio per renderlo più strutturale.

Chiudo su un pensiero di Aristotele: Aristotele diceva che non bisogna dare le risorse a chi sta nel bisogno, bisogna dare le risorse a chi sa rispondere a quel bisogno e questo credo sia il punto che tutti insieme abbiamo discusso questa mattina, grazie appunto all'impegno di una comunità che, attraverso la donazione e attraverso la responsabilità sociale degli individui o delle imprese, può fare la propria parte per la sua comunità (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 478-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Alessandra Carbonaro, se desidera. Si riserva. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Vacca. Si riserva. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Cillis, Viviani ed altri n. 1-00213 concernente iniziative a sostegno del comparto cerealicolo (ore 17,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Cillis, Viviani ed altri n. 1-00213 concernente iniziative a sostegno del comparto cerealicolo (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicata in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Spena ed altri n. 1-00218, Incerti ed altri n. 1-00219 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente, nonché una nuova formulazione della mozione Cillis, Viviani ed altri numero 1-00213. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare il deputato Cassese, che illustrerà anche la mozione n. 1-00213 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO CASSESE (M5S). Grazie Presidente, gentili colleghi e colleghe, l'agroalimentare rappresenta un settore di estrema rilevanza per l'economia nazionale, basti pensare alla crescita che si rileva nelle esportazioni, eppure ci sono alcuni comparti, in particolare quello cerealicolo, che stanno vivendo momenti di crisi, difficoltà importanti, che rischiano di compromettere l'effettiva operatività di moltissime aziende italiane, fiore all'occhiello del nostro Paese sia per la produzione che per la trasformazione. In particolare, per quanto riguarda il grano duro si sono consolidate nel tempo alcune evidenti criticità strutturali, che hanno via via messo in crisi l'intero settore. L'obsolescenza del sistema degli impianti di stoccaggio, un'eccessiva polverizzazione dell'offerta, con moltissime aziende di piccole dimensioni che non riescono a fare rete e fronte comune tra loro, a tutto vantaggio dei grandi operatori, molitori e pastai, che dettano le regole del mercato.

La richiesta crescente del mercato, soprattutto della pasta, di specificità organolettiche del grano, sia in termini di valore molitorio, ovvero di resa in semola, sia di valore pastificante, ovvero di proprietà della pasta.

A tali elementi negativi si aggiunge, inoltre, un'estrema variabilità delle condizioni di mercato a livello internazionale, oltre che le sfavorevoli condizioni climatiche che hanno interessato la nostra Penisola, imponendo l'aumento delle importazioni. Tutto ciò mette bene in evidenza le cause della situazione critica in cui versano, purtroppo, le imprese agricole nazionali del settore cerealicolo, con intere aree votate alla produzione di grano diventate a scarsa redditività, con riflessi negativi sull'intera filiera della pasta, nella quale, come è noto, si riversa la quasi totalità della produzione di grano duro.

È evidente, il comparto cerealicolo opera in un contesto globale altamente specializzato e competitivo, la cui forte volatilità dei prezzi spesso non risulta strettamente correlata alla sola legge della domanda e dell'offerta, ma anche alle speculazioni finanziarie, all'andamento del costo del petrolio, alle oscillazioni delle valute: tutti elementi che causano distorsioni della filiera e che danneggiano in modo significativo i produttori, esposti più degli altri anelli della catena a repentine perdita di reddito.

Nel 1967, anno in cui fu promulgata la legge n. 580, che disciplina ancora oggi la lavorazione e il commercio dei cereali, del pane e delle paste alimentari, in Italia si producevano 1,4 milioni di tonnellate di pasta, quasi tutta destinata al consumo del mercato interno. Oggi la situazione è molto cambiata rispetto a oltre quarant'anni fa, la produzione è più che raddoppiata, con 3,4 milioni di tonnellate, e per la metà è destinata all'esportazione, con ciò che ne consegue in termini di redditi e livelli occupazionali. Nel 1967 l'Italia esportava 50 mila tonnellate di pasta, oggi ne esporta ben 2 milioni, che ovviamente vengono prodotti con grano in buona parte importato. Infatti, 4 milioni di tonnellate annue di grano duro prodotto in Italia sono sufficienti a coprire solo il 70 per cento del necessario, motivo per cui siamo obbligati ad importare grandi quantità dall'estero.

È indispensabile, a nostro avviso, intervenire con urgenza per predisporre misure adeguate a sostegno del comparto cerealicolo nazionale, attraverso interventi volti a tutelare il reddito dei produttori e a migliorare la qualità tecnologica del prodotto, specie del grano duro, anche al fine di soddisfare le esigenze dell'industria di trasformazione, i cui prodotti si collocano ai primi posti tra gli alimenti di eccellenza presenti nei mercati internazionali.

Questo importantissimo comparto del nostro made in Italy merita risposte e interventi perché colpisce al cuore le nostre regioni. La Puglia, ad esempio, la mia regione, è anche la principale produttrice italiana di grano duro, con 343.300 ettari coltivati e 9 milioni 430 mila quintali prodotti, e che vanta il recente boom a livello nazionale per quanto riguarda la coltivazione di grani antichi, quintuplicando le superfici coltivate e passando dai mille ettari del 2017 ai 5 mila attuali, trainato dal crescente interesse per la pasta 100 per cento italiana e di qualità.

Considerato questo contesto, non possiamo far altro che dare nuovi strumenti alle aziende per rimuovere le criticità di questo prezioso comparto. Crediamo che si possa e si debba fare, adottando misure che sono alla nostra portata: attivare gli interventi previsti dal Piano cerealicolo nazionale, operando anche una sua revisione ove necessario, dotandolo di adeguate risorse finanziarie; intervenire a tutela del reddito dei produttori, oltre che a tutela delle produzioni nazionali di grano duro di qualità, che costituiscono, ma non credo serva sottolinearlo, alcune delle più note eccellenze del made in Italy a livello globale; introdurre forme di incentivi per i produttori sulla base della qualità del prodotto ottenuto e – perché no? – istituendo un tavolo di lavoro composto da rappresentanti del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e del turismo, e delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per trovare insieme i modi giusti per migliorare l'equilibrio di mercato e la trasparenza nella rilevazione e nella scelta dei prezzi; supportare al massimo la ricerca scientifica per facilitare l'avanzamento del sistema produttivo nazionale del grano duro e renderlo più adeguato alle sfide del mercato attuale, migliorando la qualità nella fase della coltivazione del cereale, ma anche realizzando impianti tecnologicamente all'altezza delle sfide che abbiamo di fronte.

Colleghi, abbiamo una ricchezza nelle nostre mani, il grano duro, con cui produciamo la pasta per cui siamo famosi in tutto il mondo, e stiamo correndo seriamente il rischio di indebolire un comparto così prezioso in Italia. Facciamo in modo che ciò non avvenga, invertiamo immediatamente questa tendenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Spena, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00218. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente, e grazie, sottosegretario, per la sua presenza. Dunque, sappiamo che noi qui, in Italia, siamo i primi produttori in Europa di grano duro, con oltre 200 mila imprese agricole coinvolte. Eppure, oggi molti agricoltori, schiacciati dall'andamento dei prezzi della materia prima, non considerano più così conveniente investire nella semina di questo cereale.

Secondo Coldiretti - sono le ultime battute di queste ore e di questi giorni - negli ultimi dieci anni è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti così dirompenti su economia, occupazione e ambiente. In alcune zone, ricordo il Lazio, la Toscana, la Sicilia, la Basilicata, così come diceva il collega prima, anche della Puglia, si registra una perdita di superficie di quasi il 50 per cento negli ultimi dieci anni.

Il CREA dice, a conferma, che la semina di grano duro per la Campania al 2018-2019 è stata pari a circa 1 “virgola” milioni di ettari, cioè il 65 per cento in meno rispetto alla campagna di grano precedente. È particolarmente significativo il calo delle superfici: al Nord meno 25 per cento, al Centro meno 15 per centro, mentre invece tengono più o meno al Sud e nelle Isole. Crescono del 5 per cento le superfici coltivate a grano biologico, il raccolto di grano duro previsto per il 2019 è di circa 4 milioni di tonnellate e, comunque, in calo rispetto all'anno scorso. La produzione interna di grano duro è sufficiente a coprire solo il 70 per cento dei fabbisogni dell'industria, quindi dei pastai, ma non sempre e non tutti gli anni il grano italiano raggiunge quegli standard qualitativi previsti dalla legge per la pasta. Secondo un'analisi del CREA, circa il 30 per cento del grano italiano è poco adatto alla pastificazione, mentre solo il 35 per cento è di alta qualità. In particolare, una parte del grano duro italiano difetta di quel contenuto proteico minimo necessario per ottenere semola di grande qualità.

È vero, noi siamo i primi consumatori di pasta in Europa e abbiamo anche il primato come produttori di pasta. Questo primato è, però, in pericolo, ha dei rischi davanti a sé: infatti, la produzione di grano italiano è penalizzata da un'eccessiva polverizzazione delle imprese produttive, mentre la mancanza di strutture di stoccaggio adeguate rende difficile la valorizzazione e la classificazione della materia prima.

Mi sembra comunque ovvio, quanto allo stoccaggio - sottosegretario, mi rivolgo anche a lei -, che, quando si parla di modernizzazione delle strutture di stoccaggio e quindi di investimenti, è economicamente conveniente farlo lì dove ci sono delle superfici maggiori seminate a grano, quindi dove c'è chiaramente più convenienza di investimento, e parlo della Puglia e delle Marche, dove, comunque, le superfici seminate a grano sono rimaste tante.

Non sottovalutiamo, oltretutto, neanche la concorrenza internazionale. Paesi come la Turchia, l'Egitto, pur con un prodotto di qualità inferiore, stanno erodendo quote di mercato alla pasta italiana, forti anche del supporto dei rispettivi Governi. Cresce anche la produzione negli Stati Uniti e nel Brasile. È in costante calo anche l'impiego delle sementi certificate, il cui uso sappiamo che è diminuito del 12 per cento rispetto al 2018.

Le uniche aziende che hanno l'obbligo dell'uso del seme certificato sono quelle che hanno un contratto di filiera con i più importanti pastifici nazionali; tutte le altre, e cioè il restante 80 per cento, sono libere di usare anche semi non certificati, pratica vietata fino a qualche anno fa.

Infatti, prima, per accedere ai contributi PAC occorreva produrre la fattura d'acquisto del seme certificato. Questa pratica colpisce anche le imprese sementiere, che richiedono, per fare ricerca, la possibilità di incassare le royalty sui semi che hanno costituito.

In molti casi, l'uso di sementi non certificate hanno abbassato chiaramente anche il livello qualitativo delle nostre produzioni, ma ci sono anche dei vantaggi, sicuramente, dei segnali favorevoli, in quanto non dimentichiamo il crescente sviluppo di contratti di filiera, dove gli attori, ognuno per la propria parte, contribuiscono al miglioramento della competitività e a una più equilibrata distribuzione del valore.

Grazie anche all'entrata in vigore, alla fine del 2017, dell'obbligo di indicare sui pacchi di pasta e in etichetta l'origine della materia prima, si è assistito alla rapida proliferazione dei marchi e linee che garantiscono l'origine italiana al 100 per cento del grano impiegato. Il consumatore oggi è molto più attento ed è in grado di influenzare la grande distribuzione, poiché le sue scelte creano imposizioni al trasformatore e, a ritroso, anche all'agricoltore.

Secondo Coldiretti è cresciuto, di conseguenza, del 20 per cento il valore del grano duro in Italia. Il fondo poi del grano duro si è rivelato indubbiamente uno strumento valido per sviluppare e incentivare le relazioni contrattuali all'interno della filiera. Si registrano, però, purtroppo, ritardi nei pagamenti.

L'ammodernamento degli stoccaggi: come ho già detto prima, nelle regioni dove i livelli produttivi sono stati mantenuti, gli imprenditori hanno innovato, hanno investito; con le nuove tecnologie lo stoccaggio viene effettuato sia in silos metallici di nuova concezione sia in quelli sottovuoto; il raccolto viene differenziato per tipologia confezionale e biologico e per classi proteiche, colore, peso specifico e bianconatura. La differenziazione stimola gli agricoltori a coltivare grano di qualità. Gli agricoltori che hanno sottoscritto contratti di filiere, raggiunti i livelli qualitativi richiesti, hanno ricevuto per il loro prodotto un prezzo superiore tra il 20 e il 40 per cento del prezzo di mercato.

Quindi, prima di accennare agli impegni di questa nostra mozione, vorrei ricordare anche l'impegno di questo Ministero delle politiche agricole, che nelle riunioni di fine dicembre 2018 ha incontrato tutte quante le associazioni industriali e sementiere e i rappresentanti della distribuzione. Il Ministro ha avanzato delle proposte in merito: quindi, il mantenimento nell'annualità 2020-2021 della dotazione del fondo filiera di grano duro, lo sblocco immediato dei pagamenti 2019 nei limiti degli aiuti de minimis sui contratti di filiera, in ultimo la trasparenza sulla formazione dei prezzi realizzata mediante la creazione di una commissione unica nazionale per il grano duro per favorire il dialogo interprofessionale e, cosa fondamentale, la promozione della pasta italiana di qualità sul mercato interno ed internazionale. Sono impegni ribaditi, oltretutto, su un ultimo tavolo di filiera grano duro-pasta tenutosi proprio il 27 gennaio scorso presso il Ministero.

Quindi, con questa mozione noi chiediamo di impegnare il Governo per incentivare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile, per venire incontro alle esigenze dell'industria molitoria e della pasta mediante lo sviluppo e la generalizzazione degli accordi di filiera, prevedendo anche premi di produzione legati al raggiungimento degli standard qualitativi del grano; a prevedere specifiche misure per il miglioramento della buona organizzazione, dove occorre, e anche la concentrazione dei centri di stoccaggio; a stimolare e a sostenere il settore della ricerca nazionale sul grano duro, anche prevedendo che i diversi centri di ricerca adottino specifici orientamenti e piani di ricerca al fine di renderla un'eccellenza a livello internazionale; infine, a costituire in tempi rapidi la commissione unica nazionale per il grano duro, la cosiddetta CUN, e anche a prevedere, lì dove è possibile, che per la posizione sull'etichettatura della pasta della dicitura “Italia e altri Paesi UE e/o non UE” la miscela utilizzata debba contenere almeno il 60 per cento di grano coltivato sul territorio nazionale, al fine di aumentare e di sostenere la richiesta di prodotto nazionale; a mettere in moto tutte le iniziative utili per rivedere il regolamento UE del 2006, grazie al quale l'Unione europea permetta la presenza di micro tossine nel grano duro non trasformato fino a 1.750 parti per miliardo, al fine di favorire la produzione di grano duro nel Meridione dell'Italia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gadda, che illustrerà anche la mozione Incerti ed altri n. 1-00219, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (PD). Presidente, il nostro made in Italy non è soltanto eccellenza e non è nemmeno soltanto esportazioni, è sicuramente anche questo: il made in Italy è anche paesaggio. Questa mozione che stiamo discutendo in Aula rappresenta proprio questo: la produzione del grano duro, la produzione dei cereali è un'eccellenza nel nostro Paese e rappresenta il paesaggio di tante regioni d'Italia, basti pensare che appunto siamo il primo Paese produttore di grano duro in Europa, e oltre il 65 per cento della produzione e più del 70 per cento delle superfici coltivate a grano duro nel nostro Paese sono localizzate nelle regioni meridionali e nelle isole.

E poi, non è soltanto questo, perché il grano duro e i cereali in generale finiscono anche sulle nostre tavole, finiscono in prodotti di eccellenza, nel pane, non soltanto nella pasta, come è stato ricordato.

Il grano duro, in Italia, quindi, influisce e ha determinato anche lo sviluppo di tante aree del Paese, che oggi possono trovare attraverso questa produzione anche ulteriore rilancio, determinato anche da una riscoperta di grani storici, di grani che nel corso del tempo sono stati dimenticati e che oggi, con il connubio positivo della ricerca scientifica, possono essere di nuovo valore aggiunto.

Quindi, rilancio e miglioramento per queste regioni, anche economico e sociale, di vastissime aree rurali e di vastissime aree interne, e ben sappiamo come il nostro sistema produttivo, soprattutto delle aree interne, sia ancora così fragile. Quindi, attraverso il rilancio di una produzione come questa, della produzione cerealicola e di grano, credo che possa passare anche il rilancio di tante aree del Paese.

È un settore, però, dall'altro lato, che è soggetto a una fortissima instabilità di prezzi, ed è soggetto, così come tantissimi altri comparti agricoli, anche all'effetto devastante dei cambiamenti climatici, che oggi non sono più un fatto episodico ma sono una certezza, cui si deve porre rimedio.

Il settore cerealicolo è sicuramente, tra i settori produttivi, quello che appunto nell'intero comparto, nell'intera filiera, mostra una grande complessità, una grande valenza strategica e una complessa articolazione della filiera. Quindi, quali sono le sfide che insieme dobbiamo affrontare, che con le mozioni che abbiamo presentato in Aula si sono poste sul tavolo e all'attenzione del Parlamento? In un contesto di prezzi bassi e soprattutto di sfide globali sempre più agguerrite e sempre più tese, dove la competizione non sempre è sulla qualità ma appunto sul prezzo più basso, in Italia è decisivo, soprattutto per le nostre produzioni di qualità, poter gestire in maniera efficiente anche il post-raccolta, è stato citato e ricordato anche dai colleghi. La nostra capacità, la localizzazione e la qualità dei centri di stoccaggio è ancora purtroppo insufficiente, quindi lavorare da questo punto di vista può essere uno stimolo, uno sprone molto importante per dare maggiore forza a questo settore, e anche per razionalizzare la filiera.

Un altro punto di interesse che vale sicuramente per il comparto cerealicolo, per il comparto del grano duro ma in generale per tutta la nostra agricoltura italiana, con particolare riferimento e connessione anche appunto alla sfida dei cambiamenti climatici e alla diffusione di fitopatie, per esempio, è investire in ricerca, perché non possiamo più tardare rispetto a questo aspetto.

E il settore cerealicolo, che è considerato appunto uno dei punti di forza dell'agroalimentare nazionale, anche in passato ha sempre avuto grandi benefici da un forte investimento nella ricerca in campo agronomico e genetico.

Quindi dobbiamo proseguire su questa strada con procedure e tecniche di monitoraggio che garantiscano, da un lato, qualità ma anche salubrità del prodotto lungo la filiera e, da questo punto di vista, in riferimento alle sementi certificate, è un ulteriore passo in avanti. Le sementi certificate consentono, anche nelle fasi successive di trasformazione, di lavorare sulla qualità ma anche di influire nel processo produttivo, nel processo di miglioramento della qualità nella realizzazione del prodotto finale e gli investimenti in innovazione non possono essere fatti soltanto nella ricerca sul prodotto nella fase iniziale, quindi sulle sementi, ma anche nella successiva fase. Ad esempio il settore cerealicolo è uno dei settori e dei comparti agricoli dove l'agricoltura di precisione sta dimostrando effetti importanti. Pensiamo anche a tutte le sfide che ho già ripetuto prima in relazione ai cambiamenti climatici, all'uso dell'acqua, all'utilizzo efficiente di materie. Purtroppo la strada percorsa rappresenta, nel campo del settore cerealicolo, soltanto l'1 per cento dei terreni, che sono coltivati con agricoltura di precisione. Quindi credo che, da questo punto di vista, una buona politica e gli investimenti delle imprese debbano essere incentivati in tale direzione.

Rimangono tante criticità all'interno della filiera del frumento duro: come ho già detto, le strutture di stoccaggio oggi non sono sempre solo razionali ma non sono in grado di immagazzinare il frumento duro in strutture separate secondo le caratteristiche qualitative e ciò ha un impatto importante anche sul prodotto, perché il prodotto miscelato sicuramente abbassa la qualità rispetto a una ricerca, a un'innovazione, un miglioramento qualitativo di altre produzioni, quindi avere strutture di stoccaggio efficienti significa avere prodotto efficiente e poi anche una filiera di trasformazione con un prodotto conseguente. Mi piace ricordare in questa sede un lavoro importante che è stato avviato nella scorsa legislatura e che credo debba essere una base, un punto di riflessione della mozione ma soprattutto della programmazione che compete a questo Governo. Negli anni scorsi va riconosciuto ai Governi di centrosinistra nella Legislatura XVII, proprio in una fase in cui il comparto cerealicolo affrontava una grande difficoltà, il crollo dei prezzi, la volatilità del mercato e la perdita di valore della materia prima agricola, che si era posto in essere un percorso importante, facendo sedere attorno al tavolo non soltanto i produttori ma anche le fasi successive della filiera e di trasformazione in una sinergia positiva, sfociato nella legge 7 agosto 2016, n. 160 a cui sono seguiti poi i decreti ministeriali del novembre 2017, in cui si pongono le basi per affrontare le questioni attinenti al ribasso dei prezzi del grano che aveva causato grandi difficoltà al comparto cerealicolo italiano e in particolare a quello meridionale. Quindi tale risultato era finalizzato a porre un argine strutturale perché, da questo punto di vista, credo ormai sia un risultato evidente, davanti agli occhi di tutti: dobbiamo porre in essere azioni strutturali perché altrimenti le emergenze si ripeteranno ad ogni legge di bilancio, ad ogni decreto e ad ogni emergenza. E, quindi, dobbiamo porre un argine strutturale alle speculazioni sul prezzo del grano e assicurare un sostegno agli agricoltori e quindi, nella legge n. 160, un punto importante su cui si era focalizzata l'attenzione era sostenere l'aggregazione e l'organizzazione economica dei produttori di grano duro in particolare ma, in generale, dell'intera filiera cerealicola, puntando quindi anche alla valorizzazione della qualità del grano duro proprio attraverso l'uso, come ho già ricordato, di sementi certificate e per favorire gli investimenti per la tracciabilità e la certificazione della qualità del grano duro. Un altro punto qualificante di quel provvedimento riguardava gli accordi di filiera. Credo che non soltanto in questo comparto ma in generale per tutti i comparti agricoli debba essere la strada maestra: una relazione positiva, una relazione virtuosa, un patto - chiamiamolo così - tra produttori e i segmenti successivi della trasformazione e della distribuzione. Riguardo al fondo di cui al decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, ad esso erano state assegnate risorse importanti: 10 milioni di euro per l'anno 2018 e 10 milioni di euro per l'anno 2019. Le risorse non sono sempre necessarie e serve sicuramente una cornice di insieme ma su questo comparto, in particolare quando si parla di agricoltura, credo che anche il percorso in termini di risorse di sostegno agli agricoltori debba necessariamente proseguire e non può certo essere interrotto al 2019. Ma credo che anche l'intenzione della maggioranza nel presentare la mozione sia proprio avere una visione unitaria perché ritengo sia nell'interesse di tutti sostenere il comparto a cui sono legati molti altri e a cui è legato un prodotto che noi esportiamo in tutto il mondo, la pasta, che ci qualifica anche nel nostro made in Italy e nella nostra italianità. Quindi gli obiettivi prefissati dal piano cerealicolo nazionale per la loro complessità e articolazione necessitano di una ulteriore dotazione ma anche di un aggiornamento, come è giusto che sia, perché le leggi devono poi essere testate e sperimentate e anche aggiornate sulla base della pratica.

Quindi nella mozione - colgo con favore che gli interventi dei colleghi abbiano dimostrato che c'è un'unione di intenti relativamente agli obiettivi che insieme dobbiamo percorrere - si impegna il Governo, soprattutto come primo aspetto, a tutelare gli agricoltori operanti nel settore dei cereali e a valorizzare, con particolare riferimento al grano duro di origine italiana, ad esempio anche attraverso un'azione importante che il nostro Governo è giusto debba fare nelle sedi comunitarie, i requisiti di trasparenza e di tracciabilità anche per evitare, all'interno dell'Unione europea, effetti di dumping rispetto a un sistema produttivo complesso. Credo che il piano cerealicolo nazionale debba essere aggiornato secondo alcune linee guida che ho già ricordato: tutelare i contratti di filiera; stimolare l'ottimizzazione delle strutture logistiche per migliorare la distribuzione anche dei trasporti; rinnovare e potenziare la rete dei siti di immagazzinamento e promuovere, come ricordavo prima, lo stoccaggio differenziato perché ciò è importante per garantire la qualità e la diversificazione del prodotto e, quindi, sostenere gli investimenti che in molti casi, in molte regioni, gli imprenditori e gli agricoltori hanno fatto ma che deve avere un seguito anche, ad esempio, come abbiamo ricordato nella mozione attraverso un sollecito e un impegno delle regioni, ad esempio nei piani di sviluppo rurale, a prevedere in particolare nelle regioni del sud e a sostenere ulteriormente tali investimenti. Inoltre, come ho ricordato prima, è necessario sostenere progetti di ricerca che mirino a sviluppare tecniche agronomiche a basso impatto e la riduzione degli input chimici. Noi in quest'Aula - è stata una delle prime norme approvate nella legislatura in corso - abbiamo approvato la legge che porta la firma del Partito Democratico sul biologico e in quel caso si era posto lo stesso tema ossia come in un percorso si riduce l'impatto della chimica nel suolo oggi più che in passato. Ma, anche per l'attenzione sempre maggiore dei cittadini e dei consumatori, la riduzione della chimica nel suolo e nell'ambiente risulta un fattore determinante e anche un fattore determinante di scelta. È inoltre necessario promuovere e finanziare la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica per il miglioramento genetico del frumento duro, perché anche da questo punto di vista, può essere uno strumento positivo anche relativamente alla resistenza alle fitopatie collegate anche al tema dei cambiamenti climatici.

È necessario favorire e sostenere l'aumento della competitività delle aziende agricole di montagna e di alta collina perché il nostro sistema produttivo, a differenza di altri Paesi europei, è caratterizzato da molte aree fragili, aree interne che, da un certo punto di vista, rappresentano appunto una fragilità del nostro sistema produttivo, ma possono anche diventare un'opportunità nel momento in cui vengono valorizzate, nel momento in cui vengono valorizzate l'agro-biodiversità cerealicola e la coltivazione, ad esempio, di grano duro biologico. E sicuramente avremo modo di parlarne durante la discussione in Aula, la trasparenza non riguarda soltanto la tracciabilità, la corretta informazione ai cittadini, ma anche la corretta informazione tra produttori. Ad esempio, sarebbe auspicabile lavorare verso una sempre maggiore trasparenza nelle borse merci; e valorizzare - mi avvio alla conclusione -, come ho già ricordato prima, un elemento importante: noi sicuramente abbiamo come Paese rappresentato un punto importante in termini di ricerca, in termini di varietà, ma credo che questa fase storica, e anche l'attenzione sempre maggiore dei cittadini relativamente a tipicità, biodiversità locali, debbano portarci a valorizzare i grani antichi, perché dispongono di una nicchia di mercato in continua espansione. Pensiamo al successo di grani come Senatore Cappelli; ma potrei citarne tanti altri. E quindi da questo punto di vista e, concludo, un piano nazionale che dev'essere assolutamente integrato, appunto, con la programmazione regionale, essendo l'agricoltura materia concorrente: da questo punto di vista ne coglierei le opportunità, inserendo nei piani di sviluppo rurali interventi di cooperazione per la diffusione dell'innovazione nella filiera cerealicola. Quindi da questo punto di vista il Partito Democratico su questi temi c'è, abbiamo lavorato in passato, la scorsa legislatura è stata caratterizzata da una legge importante, da risorse importanti, che auspichiamo non vengano interrotte, ma anzi si possa proseguire con positività questo dibattito a tutela dei nostri agricoltori e del nostro made in Italy (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dedalo Cosimo Gaetano Pignatone. Ne ha facoltà.

DEDALO COSIMO GAETANO PIGNATONE (M5S). Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, oggi discutiamo una mozione che si rivolge ad un particolare settore agricolo, quello dei cereali: una coltivazione che da sempre ha accompagnato l'esistenza stessa dell'uomo e che da secoli viene praticata in Italia, caratterizzando non soltanto interi paesaggi, soprattutto quelli del Sud, ma anche intere culture, società e organizzazioni del lavoro. Ancora oggi la coltivazione dei cereali, del grano è caratterizzata da un forte valore simbolico ed economico. La Sicilia, regione di cui mi onoro di far parte, era definita da Catone come il granaio della Repubblica; eppure oggi questo insieme di valori, tradizioni, economie, aziende, posti di lavoro è in grande sofferenza: sofferenza che inizia diversi anni fa, a cui la politica in parte è rimasta sorda. Ma la responsabilità è solo della politica? Sicuramente la politica ha le sue colpe, ma le cause della crisi devono essere ricercate anche all'interno del sistema economico, all'interno del settore, e certamente anche all'interno della concorrenza estera, dura e spietata, su cui l'Europa non ha saputo dare delle adeguate risposte. È paradossale che proprio in quella Sicilia granaio d'Italia siano frequenti gli scarichi delle navi con a bordo il grano proveniente dall'estero.

Sono molte le criticità che bisogna risolvere, soprattutto nel settore del grano duro: l'innovazione che stenta ad avviarsi, l'obsolescenza del sistema degli impianti di stoccaggio, le dimensioni limitate dei produttori, la necessità di ottimizzare il prodotto e valorizzarlo. Inoltre, a livello globale il comparto cerealicolo si scontra con un sistema altamente specializzato, competitivo, in cui la volatilità dei prezzi spesso non risulta strettamente correlata alla sola legge della domanda e dell'offerta, ma anche a vari fattori esterni, come le speculazioni, l'andamento addirittura del costo del petrolio, le oscillazioni delle valute: tutti questi elementi creano poi dei danni anche al reddito dei singoli produttori. Oggi siamo chiamati a sostenere il settore cerealicolo: il nostro dovere è quello di stare vicino a imprese e lavoratori, attraverso interventi volti a tutelare il reddito dei produttori e a migliorare la qualità tecnologica del prodotto. Ma dobbiamo dialogare anche con l'industria di trasformazione, che non deve essere vista solo come un'antagonista, bensì come un tassello fondamentale per la valorizzazione del prodotto e dell'intera filiera.

Secondo i dati Istat, la Sicilia ha circa 280 mila ettari coltivati a grano duro e quasi 8 milioni di quintali; è la seconda regione in Italia per estensione e produzione. Compito della politica è quello di rivolgersi a questi cittadini, alle aziende, ai lavoratori, all'economia; e con questa mozione vogliamo lanciare un segnale forte: costruiamo insieme. Non siamo sordi alle esigenze di chi quotidianamente lotta per portare avanti questo difficile e fondamentale settore. Con la mozione di oggi prevediamo una revisione del Piano cerealicolo nazionale e una nuova dotazione finanziaria; miriamo a valorizzare il made in Italy, apprezzato a livello globale; allo stesso tempo favoriamo il dialogo tra imprese, miriamo alla qualità ottenuta, e provvediamo ad istituire un tavolo di lavoro per creare, in modo condiviso, soluzioni idonee a migliorare l'equilibrio di mercato e la trasparenza nella rilevazione e formazione dei prezzi. Riteniamo necessario fondere innovazione e tradizione: per questo diamo sostegno alla ricerca, ma allo stesso tempo valorizzando la tradizione, come i grani antichi. Sosteniamo gli agricoltori nella loro eroica missione quotidiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucrezia Maria Benedetta Mantovani. Ne ha facoltà.

LUCREZIA MARIA BENEDETTA MANTOVANI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, quest'oggi la Camera è riunita per la discussione di un tema davvero rilevante; questa mozione infatti pone come obiettivo la tutela ed il sostegno del comparto cerealicolo, un comparto che risulta essere di strategica importanza nel panorama agroalimentare italiano. Basti pensare che la nostra nazione mantiene oggi la leadership nella produzione di grano duro nel mondo, circa 4,2 milioni di tonnellate che costituiscono la base della dieta mediterranea. Oltre alla filiera produttiva, di assoluta eccellenza e qualità, il nostro Paese detiene un altro primato, con 264 prodotti a marchio DOP, IGP, STG e IG: un risultato, questo, che ci pone nettamente davanti ai principali competitor europei, come Francia e Spagna.

Nonostante questi dati mettano in evidenza le qualità del comparto cerealicolo italiano, una vera eccellenza nello scenario mondiale, permangono, anche in relazione alla sua complessità, alcune criticità, che rischiano di mettere in discussione il futuro di moltissime imprese, sia quelle impegnate nel settore della produzione che quelle legate alla trasformazione dei prodotti originari. Fra queste risultano avere una maggiore rilevanza: la vetustà dell'intero sistema degli impianti di stoccaggio; una rete di piccole aziende che causano l'elevata frammentazione dell'offerta; ed un significativo gap tecnologico di filiera, che urge assolutamente migliorare. Una particolare attenzione è inoltre doveroso dedicarla alle enormi difficoltà che le imprese del settore devono affrontare tutti i giorni, in relazione al contesto globale fortemente competitivo in cui sono costrette ad operare. Come è noto, la produzione di grano duro nel nostro Paese riesce a coprire solamente il 70 per cento del fabbisogno nazionale, ed è quindi necessario importare dall'estero il restante 30 per cento del prodotto, spesso di un livello qualitativo inferiore. Tale contesto è inoltre caratterizzato dalla forte instabilità dei prezzi e dalle speculazioni finanziarie che causano distorsioni in tutte le fasi della filiera, e che danneggiano in modo significativo le imprese produttrici. Queste ultime infatti devono far fronte ogni giorno al crollo del prezzo di origine, che si attesta ormai al di sotto dei 18 euro al quintale, prezzo che non riesce neanche a coprire i costi di produzione: pensate che un agricoltore italiano deve vendere oltre 5 chili di grano per poter acquistare al bar un solo caffè.

La situazione dunque è drammatica, poiché i prezzi riconosciuti agli agricoltori sono praticamente dimezzati per effetto delle speculazioni e della concorrenza sleale del grano importato dall'estero, e poi utilizzato per fare prodotti venduti come italiani. Purtroppo, poi, il grano importato risulta essere, nella maggior parte dei casi, di pessima qualità e non sempre dà quelle garanzie di sicurezza, qualità e salubrità che sono, invece, il fiore all'occhiello delle nostre produzioni, da sempre sottoposte a rigidi controlli. Dunque, riteniamo fondamentale tutelare e sostenere le imprese di questo settore, che rappresentano un'importante risorsa economica per il nostro Paese. Risolvere le molteplici criticità che affliggono il comparto cerealicolo rafforzando la tutela e la protezione delle produzioni nazionali deve essere, quindi, un impegno irrinunciabile per il futuro. Non è concepibile, infatti, abbandonare uno dei comparti simbolo del made in Italy, un comparto che, grazie alle qualità delle sue produzioni, ha reso la nostra nazione rinomata e invidiata in tutto il mondo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Martina Loss. Ne ha facoltà.

MARTINA LOSS (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il comparto agroalimentare rappresenta un settore di estrema rilevanza per l'economia nazionale e l'evoluzione della domanda globale di alimenti appare molto aderente alle caratteristiche dell'offerta dei prodotti del made in Italy. Si sta evolvendo, infatti, un nuovo approccio al cibo, che sempre meno lo considera puro alimento per soddisfare esigenze caloriche e sempre più lo percepisce come occasione di consumo differenziato per appagare bisogni più complessi come qualità, tipicità ed esperienza culturale. Si tratta di un approccio che, dalle ristrette élite ricche e culturalmente avanzate, in cui era tradizionalmente confinato, si va rapidamente trasferendo anche alle vaste borghesie dei Paesi emergenti. Ciò sta generando una domanda mondiale di eccellenze alimentari sempre meno sensibile al prezzo, elastica rispetto al reddito e ben disposta a pagare la qualità e la distintività, una domanda promettente, rispetto alla quale il settore agroalimentare italiano sembra costruito apposta per rispondere in modo adeguato, con una gamma di prodotti che non ha uguali nel resto del mondo.

La capacità di allargare oltre i confini nazionali una nuova percezione del made in Italy agroalimentare è stata un'arma vincente, che nell'ultimo decennio ha garantito a molte imprese del settore la permanenza sul mercato e talvolta la crescita. È anche per questo che il settore agroalimentare italiano ha vissuto, pur nelle difficoltà del periodo recente, una fase importante e, in complesso, positiva, che ha messo in evidenza, ancora di più, le sue caratteristiche e le sue potenzialità.

Entrando nel merito del contesto della mozione, l'ambito coinvolto dalla filiera cerealicola riguarda non solo l'insieme delle aziende che concorrono alla produzione, ma anche la distribuzione e la commercializzazione di prodotti semilavorati e finiti ottenuti da materie prime appartenenti al gruppo dei cereali. Il Piano nazionale cerealicolo individua diverse specie vegetali considerate come vegetali quali grano tenero, grano duro, mais, orzo, avena, cereali minori, quindi, una vastità di produzioni diffuse su tutto il territorio nazionale e appartenenti a una filiera classificabile come lunga e complessa, ovvero articolata con numerose tipologie di operatori e molte fasi individuabili soprattutto dopo quella eminentemente agricola.

Il settore cerealicolo ha, quindi, una complessità e una valenza strategica che emerge facilmente quando si valutano non solo la complessa articolazione della filiera, ma anche la primaria importanza nell'alimentazione, qualificandosi come matrice originaria del nostro made in Italy più tipico quale la pasta, la pizza e i dolci, il ruolo delle farine per la panificazione, il ruolo e il peso dell'industria dell'artigianato a valle del sistema produttivo primario, il peso e la valenza dei cereali nel comparto mangimistico della filiera zootecnica da cui derivano, poi, la stragrande maggioranza dei nostri prodotti di qualità più tipici come i formaggi, i prosciutti e i salumi e il ruolo agronomico paesaggistico derivante dal carattere estensivo delle culture, con una ricaduta ambientale per nulla marginalizzabile.

Le produzioni di grano duro e di grano tenero, in particolare, si collocano poi alla base rispettivamente della filiera della pasta e di quella dei prodotti da forno e del pane, che costituiscono due filiere strategiche per l'agroalimentare italiano. Il grano duro, infine, quale principali varietà di cereale utilizzata per la produzione della pasta italiana, è componente essenziale di uno dei simboli per eccellenza del made in Italy e una delle più importanti voci delle esportazioni agroalimentari italiane all'estero.

Al servizio del comparto cerealicolo è posto il Piano di settore cerealicolo nazionale, il quale indica gli orientamenti strategici assunti quali riferimenti cardine nella scelta delle politiche di sviluppo del settore e nell'individuazione delle misure e azioni utili a perseguire gli obiettivi assunti. Tra questi vi sono, innanzitutto, sostenere la competitività delle imprese cerealicole con politiche adeguate ai tempi moderni e la modernizzazione del settore, nonché il potenziamento e l'ammodernamento delle dotazioni infrastrutturali e logistiche e l'indirizzo della ricerca verso traguardi coerenti con gli obiettivi, nonché favorire la conoscenza e la penetrazione sui mercati esteri.

L'attenzione del Ministero e del Ministro Centinaio è sempre stata particolarmente dedicata anche a questo settore, con precise misure arrivate negli ultimi mesi e anche in un recente incontro, una riunione a cui hanno preso parte anche i rappresentanti del Ministero dello Sviluppo economico con il Tavolo grano-pasta sono state garantite numerose iniziative proprio a tutela di questo comparto. Le filiere del comparto cerealicolo, tuttavia, si trovano oggi a dipendere da numerosi fattori spesso ben più ampi delle mere condizioni climatiche od economiche nazionali e, vittime di parametri di portata internazionale, si caratterizzano oggi per garantire troppo spesso una bassa marginalità e notevoli problematiche di approvvigionamento. Uno dei punti di debolezza della filiera cerealicola è, quindi, oggi la difficoltà di uscire da una spirale negativa che spesso si attiva, caratterizzata da difficoltà nel processo produttivo o bassa qualità del prodotto, scarsa remunerazione conseguente e stasi o riduzione degli investimenti che non consente - questo - all'imprenditore agricolo l'adeguata valorizzazione sul mercato della propria produzione.

All'interno della filiera vi sono anche evidenti criticità strutturali che sono state più volte citate oggi in Aula, specie con riferimento al grano duro, come l'arretratezza dei sistemi di stoccaggio, strutture di supporto importanti ai numerosi passaggi produttivi della filiera e anche la polverizzazione dell'offerta, con la presenza di moltissime aziende di piccole e piccolissime dimensioni che garantiscono la carattericità della produzione del nostro territorio, la tipicità e la tradizione del presidio territoriale agricolo, ma si muovono con difficoltà nel contesto di mercato. Vi è, infine, la necessità di migliorare la qualità tecnologica del grano duro anche per le produzioni industriali.

Gli elementi più rilevanti che emergono dalle analisi riportate nell'aggiornamento del marzo scorso del piano di settore cerealicolo parlano di una redditività estremamente eterogenea a livello territoriale, nonostante si stia parlando sostanzialmente di un prodotto di massa, e una fluttuazione molto rilevante della redditività nel tempo, sia per andamenti climatici sempre più articolati e difficili sia per tecniche colturali non sempre adeguate. In una recente discussione sui temi della filiera del grano duro in Commissione agricoltura del Senato, proprio il sottosegretario ha affrontato il tema della redditività incerta, riconoscendolo come un problema di carattere generale che riguarda non solo il grano e gli altri seminativi ma tutti i prodotti agricoli italiani qualificabili come commodity, cioè prodotti di massa, che spuntano prezzi troppo bassi sul mercato interno e internazionale.

Per questi prodotti, però, l'Italia non può competere con gli altri Paesi sul fronte della quantità bensì deve puntare sulla qualità, che è molto alta e che va, quindi, ulteriormente valorizzata. Per fare questo è importante procedere nella direzione del ridisegnare le filiere produttive in modo da trasformare tutti i prodotti da commodity in speciality, ovvero prodotti tipici. Ciò comporta innanzitutto rivedere i meccanismi di funzionamento delle filiere non solo attraverso aiuti ad hoc di tipo statale o regionale, come le risorse del PSR, ma anche mediante una contrattualistica che leghi tutti gli attori della filiera, dalla produzione alla distribuzione, e consenta a ciascuno di ottenere prezzi univoci e finalmente remunerativi. Il modello è stato sperimentato con successo già da altri Paesi dell'Unione europea e tutto il sistema agroalimentare italiano dovrebbe, quindi, andare in tale direzione, investendo sempre di più sui prodotti di qualità, che non devono riguardare solo i marchi di eccellenza, come le produzioni IGP, DOP, DOC e così via, ma anche i prodotti di base. In tal modo sarà possibile assicurare prezzi remunerativi anche ai piccoli produttori e soddisfare la domanda del mercato per i prodotti di qualità, che è molto alta sia in Italia sia all'estero.

All'interno della filiera, l'innalzamento del livello qualitativo delle produzioni è, dunque, il presupposto essenziale per normalizzare i prezzi, per consolidare l'interesse all'offerta nazionale della nostra industria che, da sempre, esprime il bisogno di un mercato stabile. La filiera pane e la filiera pasta costituiscono due ambiti sui quali la nostra agricoltura può massimizzare le proprie capacità endogene, mediante una valorizzazione delle proprie risorse produttive. La coniugazione del fattore ambiente e del fattore alimentazione può originare, quindi, percorsi di qualità unici al mondo.

Quale ultimo punto relativo al mercato del grano duro va rilevato che, nonostante la domanda del prodotto finito - la pasta - si mantenga sempre elevata sia sul mercato interno che su quello internazionale, la domanda interna della materia prima, ossia il grano duro nelle sue diverse varietà, anche in base a quanto ho menzionato prima, è in forte calo, incidendo negativamente anche sui prezzi scesi a livelli ormai non più remunerativi per gli agricoltori, determinando una notevole crisi del comparto. Nel contempo, sembrano aumentare le importazioni di grano duro dall'estero che, dopo una flessione nel 2018, registrano nel primo trimestre del 2019 un aumento dell'86 per cento.

Il grano duro importato, tuttavia, molto spesso non solo si presenta di qualità tecnologica inferiore a quello nazionale, ma porta con sé anche vari problemi di natura tossicologica, dato il più ampio impiego di pesticidi che molti Paesi esportatori consentono, rispetto alle norme molto più restrittive adottate dall'Italia. Il grano duro estero è, quindi, spesso, un grano di pessima qualità che non sempre dà quelle garanzie di sicurezza e salubrità che, invece, si possono riscontrare nelle nostre produzioni. Inoltre, molto spesso, nella produzione estera viene utilizzata anche manodopera sottocosto per poter tenere i prezzi a un livello più concorrenziale, cosa che aggiunge danno a danno alla nostra filiera.

La presentazione di questa mozione relativa a iniziative a sostegno del comparto cerealicolo vuole, quindi, chiedere con forza il mantenimento dell'impegno del Governo, non solo per le aziende produttrici, ma per tutta la filiera che si trova, oggi, in condizione di instabilità, soprattutto per quanto riguarda il settore del grano duro. L'attività di controllo e promozione, infine, è fondamentale per la tutela del made in Italy, per la certezza della qualità di ciò che arriva sulle nostre tavole e perché sia efficace e primario salvaguardare la nostra agricoltura. L'impegno richiesto è, quindi, oltre al sostegno al comparto cerealicolo, attivando quanto previsto dal piano cerealicolo nazionale, anche a porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei controlli di qualità e del sistema del made in Italy che contempli anche più efficaci controlli nell'ottica di una maggior tutela del consumatore finale, al fine di promuovere la filiera produttiva italiana e garantire alti standard di qualità. Si chiede, inoltre, l'impegno ad assumere iniziative affinché non sia messo a rischio un prodotto simbolo del made in Italy, a causa del ribasso dei prezzi del grano e dell'invasione dei prodotti stranieri, a volte anche di scarsa qualità o privi di controllo, al fine di garantire un reddito equo e dignitoso agli operatori del settore cerealicolo (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Carlo Fatuzzo. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente, vedo una imbarcazione che fa un viaggio turistico nell'Adriatico, davanti alla cittadina di Cesenatico. Ebbene, cosa c'entra, quanti fanno traversate turistiche, specialmente nelle zone di vacanza? Sì, ma questa è una gita particolare, perché ci sono imbarcati tutti i nonni ricoverati nella casa di riposo di Cesenatico, pubblica.

La responsabile di questa casa di riposo di Cesenatico, coordinatrice della vita di tutti i ricoverati, sia quelli che stanno ancora discretamente che quelli, invece, che non si possono più muovere autonomamente, Alessandra Diaz, si è raccomandata che io faccia sapere a tutti i colleghi che vedo numerosi - perché li vedo anche al di là dello schermo - che tutte le case di riposo dovrebbero portare fuori, più che sia possibile, i ricoverati. Non deve essere che chi entra nella casa di riposo non ne esce più, deve avere la possibilità di respirare la vita che ha sempre vissuto. Questo è un esempio da ascoltare e mi auguro che venga ascoltato da tutti i colleghi di tutti i gruppi e da portare in tutta Italia. Viva i pensionati, pensionati all'attacco!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Poche ore fa, un post anonimo sul profilo Facebook del MoVimento 5 Stelle di Roma, prendendo a spunto lo stato dei rapporti politici tra Virginia Raggi e Luigi Di Maio - tema di raro interesse - torna a offendere e insultare giornali e giornalisti, un riflesso pavloviano che una volta di più testimonia di una acrimonia, di una violenza, di una boria, di una ostilità che mal tollera il lavoro della mediazione giornalistica, il vaglio, il controllo e il dissenso. Recita testualmente il MoVimento 5 Stelle che i giornali sarebbero, apro virgolette: “buoni per incartare il pesce, pulire i vetri o per raccogliere le deiezioni canine” e chiudo le virgolette, tutte attività, caro Presidente, e concludo, più nobili e più utili per i cittadini, comunque, dell'insulto, della minaccia, dell'intimidazione alla stampa e della spasmodica ricerca di capri espiatori, di fronte al fallimento politico e amministrativo di cui stanno dando ampia prova questi qua, a Roma, come al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Davide Zanichelli. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo in quest'Aula per portare ai colleghi la situazione della Sa.Re di Bibbiano, un salumificio che dà da lavorare a 26 dipendenti; 26 famiglie dipendono da questa azienda. Io intervengo perché il 20 maggio scorso - leggo -l'azienda ha avviato una procedura legale di licenziamento collettivo nei confronti dei 26 dipendenti.

Ora, le istituzioni hanno cominciato ad incontrare i lavoratori, perché in seguito al fatto che le rappresentanze sindacali non sono riuscite a trovare un accordo con la proprietà, il sindaco qualche settimana dopo ha incontrato i lavoratori. Ora, successivamente, come sappiamo, Bibbiano è venuta agli onori delle cronache per i fatti incresciosi dell'inchiesta “Angeli e demoni” e quindi Bibbiano non ha, al momento, più un sindaco, però questi lavoratori hanno bisogno che le istituzioni siano loro vicine e io, la settimana scorsa, sono andato a incontrarli. Quello che chiedono è garanzie sul loro TFR, ma, soprattutto, quello di cui c'è bisogno, in una terra, l'Emilia Romagna, che fa del made in Italy e dell'agroalimentare il proprio fiore all'occhiello, è che questi 26 posti di lavoro non vengano persi. Quel che mi hanno sollevato è che vogliono l'attivazione dell'articolo 44 del decreto “Genova”, del decreto “emergenze” sulla cassa integrazione per cessazione. Io, però, ho detto loro che quello che serve è che questi 26 posti di lavoro non si perdano, quindi, da questo punto di vista serve l'impegno - e c'è - dei lavoratori; serve l'impegno del Governo e io mi sono preso l'impegno di sollecitare il Governo in questo senso; serve l'impegno - e, quindi, faccio un appello alla proprietà - a dare altro tempo, perché ormai non si conta più in giorni ma in ore il tempo a disposizione dei lavoratori; e serve anche che le altre istituzioni intervengano; va bene, non c'è più il sindaco, ma serve che la Regione si attivi in questo senso nei confronti di questi lavoratori.

PRESIDENTE. Concluda, deputato Zanichelli.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Ora, la scadenza è vicinissima. So che Bonaccini non vuole farsi vedere a Bibbiano, però è necessario che anche la Regione faccia la propria parte per questi lavoratori. Io ce la metterò tutta, però serve veramente che tutte le istituzioni si attivino per provare a salvare questi 26 posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 9 luglio 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di interrogazioni .

(ore 14)

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

Delega al Governo in materia di turismo. (C. 1698-A)

Relatrice: ANDREUZZA.

3. Seguito della discussione della proposta di legge:

FOGLIANI ed altri: Modifiche di termini in materia di obbligo di patente nautica e di formazione al salvamento acquatico. (C. 1822-A)

Relatore: TOMBOLATO.

4. Seguito della discussione della proposta di legge:

PICCOLI NARDELLI ed altri: Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura. (C. 478-A)

e delle abbinate proposte di legge: BELOTTI ed altri; MOLLICONE ed altri; FRASSINETTI ed altri; CASCIELLO ed altri. (C. 1410-1516-1614-1686)

Relatrice: CARBONARO.

5. Seguito della discussione delle mozioni Cillis, Viviani ed altri n. 1-00213, Spena ed altri n. 1-00218 e Incerti ed altri n. 1-00219 concernenti iniziative a sostegno del comparto cerealicolo .

La seduta termina alle 18,30.