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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 10 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    la possibilità di conferire con legge «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» alle regioni che ne facciano richiesta, introdotta nella Costituzione (articolo 116, comma terzo), nel 2001, è volta a rafforzare il principio di sussidiarietà tra le regioni e lo Stato, secondo una logica di efficienza e prossimità, tenendo conto delle peculiarità e specificità delle singole regioni;

    l'applicazione del terzo comma 116 dell'articolo della Costituzione non può in nessun modo introdurre una via surrettizia per dare vita a nuove regioni a statuto speciale, né prefigurare una via alla secessione rispetto ai princìpi costituzionali fondamentali che devono essere garantiti in tutto il Paese e che sono a fondamenta dell'unità nazionale e nulla ha a che fare con il cosiddetto residuo fiscale;

    le materie che possono essere delegate «a condizioni particolari» sono le 23 elencate all'articolo 117 della Costituzione, di cui venti di potestà legislativa concorrente e tre di competenza esclusiva dello Stato, che toccano parti vitali della vita istituzionale e sociale (quali l'organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull'istruzione; tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali);

    il regionalismo differenziato è volto a rafforzare l'ispirazione autonomistica dei territori, entro un quadro di integrazione nazionale che ne è un presupposto. È un'articolazione che lo Stato può attuare solo dopo avere determinato direttamente e in via prioritaria le condizioni di parità e i Lep (Livelli essenziali di prestazione), nel segno del principio di sussidiarietà. È indispensabile legiferare sui princìpi fondamentali e i limiti entro cui la legislazione regionale può essere interpretata; senza questo quadro di riferimento essenziale è evidente il rischio di un caos istituzionale. Non si possono lasciare alla interpretazione delle singole regioni l'esercizio di competenze essenziali come per esempio sanità, istruzione e ambiente perché ciò significherebbe nei fatti istituzionalizzare il conflitto di competenza e la messa in discussione dei diritti fondamentali dei cittadini;

    le possibilità di conferire con legge «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» alle regioni che ne facciano richiesta, introdotta nella Costituzione nel 2001, è infatti volta a rafforzare il principio di complementarietà tra le regioni e lo Stato, non a differenziarne la portata e l'omogeneità rispetto ai cittadini, introducendo, forme di separatezza o di secessionismo mascherate;

    la solidarietà nazionale non è un dono tra le «regioni» ma, come recita la Costituzione all'articolo 5, l'Italia è una e indivisibile territorialmente e socialmente;

    il regionalismo differenziato, previsto dalla Costituzione, disciplina materie che incidono sostanzialmente sul diritto di cittadinanza, uno dei doveri fondamentali dello Stato, il patto su cui si basa l'Unità nazionale; interpretare correttamente l'autonomia differenziata significa al contempo dare la giusta responsabilità al governo del territorio e assicurarsi che questa si realizzi, tenendo fermi i princìpi di uguaglianza e unità evitando prima di tutto una divisione del Paese per censo, in particolare tra il Nord e il Sud;

    Veneto e Lombardia richiedono, la prima, tutte e 23 le materie e, la seconda, 20 delle materie sulle quali sono attivabili le «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», mentre l'Emilia Romagna limita la sua richiesta a 15. Come è evidente vi è una differenza sostanziale tra le diverse proposte nella stessa interpretazione dell'autonomia differenziata;

    hanno dichiarato interesse a ulteriori forme di autonomia anche altre sette regioni: Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria;

    molti pronunciamenti di costituzionalisti hanno sollevato rilevanti perplessità sulla legittimità dell'attribuzione di ulteriori forme di autonomia su tutte le materie previste dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e sul fatto che ciò determinerebbe attraverso una legge ordinaria una revisione sostanziale degli assetti istituzionali definiti dalla Costituzione, senza che ciò avvenga attraverso un quadro organico e definito che assicuri un assetto istituzionale equilibrato e ordinato;

    secondo le intese sottoscritte dal Governo il 28 febbraio 2018, le risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per attuare i protocolli tra Stato, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, fatta salvo il criterio della «spesa storica» per altri cinque anni, vanno determinate con riferimento ai «fabbisogni standard» individuati in relazione alla popolazione residente, al gettito dei tributi maturati nel territorio regionale (Irpef, Ires, Iva, imposta di bollo, imposte speciali, fondi rotativi) e ai rispettivi valori nazionali, a quella data, con la conseguenza, nel caso ciò non avvenga con un conseguente meccanismo alternativo di definizione delle risorse finanziarie, di un aumento dei trasferimenti dal centro alla periferia ricca del Paese;

    alcuni sostenitori della proposta eccepiscono che il loro «residuo fiscale» abbia saldo negativo: ricevono dallo Stato, in termini di spesa pubblica ricevuta, meno di quello che danno in termini di imposte, differenziale che, secondo i loro calcoli, ammonterebbe per la Lombardia a oltre 40 miliardi di euro e per il Veneto a 12. Un calcolo statistico che non considera, volutamente, la spesa pubblica nella sua interezza, di cui fa parte, ad esempio, anche quella per gli interessi sul debito pubblico. Una differenza che, da sola, riduce il residuo fiscale (rectius: residuo fiscale finanziario) a 13 miliardi di euro per la Lombardia, a 2 miliardi di euro per il Veneto;

    un dato statistico non attendibile, dunque, che in ogni caso – si ribadisce – non ha nulla a che fare con l'articolo 116, comma 3, della Costituzione;

    il quadro generale della finanza pubblica si regge sul principio che il gettito proveniente dalla fiscalità è espressione unitaria del sistema e garantisce la spesa pubblica su tutto il territorio. Dal che discende che non è neppure ipotizzabile che ci sia un «residuo fiscale regionale»;

    delle intese tra lo Stato e le regioni richiedenti è stata acquisita in bozza dal Consiglio dei ministri una seconda versione, addirittura peggiorativa della precedente, secondo la quale se entro un anno non venissero determinati i costi standard per singole materie, ed è nota a tutti la complessità di questo compito, il parametro di riferimento per il trasferimento delle risorse per l'attuazione delle nuove competenze alle regioni si passerebbe al valore medio nazionale pro-capite della spesa statale per l'esercizio delle funzioni interessate e, comunque, non inferiore alla spesa storica. È chiaro che ciò sarebbe del tutto insostenibile perché produrrebbe effetti o di aumento significativo della spesa pubblica senza alcun equilibrio tra i diversi territori o, tenendo fermo il principio dell'equilibrio di bilancio, di redistribuzione delle risorse a discapito delle regioni che non hanno attivato il meccanismo dell'autonomia differenziata producendo un'insostenibile sperequazione tra i cittadini delle diverse regioni, e in particolare nei confronti dei cittadini del sud;

    va inoltre sottolineato che nelle bozze di intesa, a parere dei firmatari del presente atto non vi è di fatto nessun aggancio all'articolo 119 della Costituzione e alla legge n. 41 del 2009 (federalismo fiscale), il che produrrebbe dunque un ulteriore percorso di distribuzione delle risorse lasciando così indeterminato e frammentario un tema centrale ed essenziale per la tenuta dell'unità del Paese. Non si può lasciare in tale indeterminatezza questo elemento fondamentale tanto più a fronte di posizioni che nulla hanno a che fare con l'articolo n. 116 della Costituzione quali la richiesta di trattenere nei territori il cosiddetto residuo fiscale che spingerebbe il Paese verso un sistema di fatto confederale, cristallizzando diritti diversi a seconda della residenza: avremo tante cittadinanze quante sono le regioni, con contenuti incomparabili e discriminatori;

    non si può far passare come un contributo di solidarietà delle regioni del Nord verso quelle del Sud una parte della fiscalità da esse prodotta, come se fosse di sua, pertinenza, perché la solidarietà costituzionale è un dovere dello Stato verso le regioni e tra le regioni, che non si possono dividere tra donanti e beneficiarie;

    la funzione redistributiva delle ricchezze, svolta dallo Stato attraverso la tassazione (articolo n. 53 Costituzione) verrebbe definitivamente soppiantata da un sistema in cui i ricchi di ciascuna regione garantirebbero solo i diritti dei poveri del proprio territorio, in violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui deve farsi garante attivo lo Stato (articolo n. 3, secondo comma, Costituzione);

    la proposta in discussione, comunque la si consideri, sconvolge i rapporti tra Stato e regioni, basati sul federalismo cooperativo e unitario, condiziona l'autonomia impositiva dei comuni e il processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali in loro favore, non garantisce il «finanziamento integrale» delle funzioni concernenti i diritti civili e sociali (sanità, istruzione, mobilità) per tutti i cittadini, non tiene conto dell'esigenza, ormai ineludibile, del riordino dei rapporti fra Stato e Regioni ispirato ad un federalismo cooperativo e unitario. E interdice una rivendicazione fondante delle autonomie locali: il passaggio dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica a quello che prevede la perequazione integrale dei fabbisogni, valutati a costi standard, necessari a garantire il soddisfacimento dei livelli essenziali delle prestazioni in tutto il territorio nazionale, che, attualmente, sono definite solo per alcune funzioni (istruzione e asilo nido), ma in base a parametri che stabilizzano i divari, rafforzano e migliorano i livelli dei servizi pubblici locali, là dove sono presenti, non dove mancano o sono inadeguati;

    lo stato, negli ultimi 25 anni, si è progressivamente ritratto, specie nel Mezzogiorno, nei confronti del lavoro, dei servizi sociali e ha determinato, subendo la logica del mercato e del liberismo, una diffusione delle disuguaglianze ai più alti livelli d'Europa: non è un caso che il coefficiente di Gini, utilizzato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza collochi l'Italia al penultimo posto in Europa, proprio a causa dei dati del Sud, che a sua volta è ultimo, con una percentuale del 33,8 di persone a rischio povertà e un reddito pro capite che è solo il 56 per cento di quello del Nord;

    la crisi sociale ed economica in cui versa il Sud rappresenta la principale diseguaglianza del Paese e rende doveroso un intervento dello Stato che realizzi appieno il diritto all'uguaglianza sancito all'articolo n. 3, secondo comma, della Costituzione. Allo stesso tempo il Sud rappresenta per il Paese una grande opportunità di crescita per l'economia nazionale e di sostegno alla domanda interna di beni e servizi: basti pensare che per ogni 100 euro spesi al Sud 40 ritornano al Nord, mentre non è vero il contrario, visto che per 100 euro spesi al Nord solo 5 vanno a beneficio delle regioni del Sud. La questione meridionale rappresenta dunque una questione nazionale;

    le ricadute di questa forma di autonomia, senza aver definito prima i princìpi e i Lep, sarebbero gravi e pregiudizievoli, in particolare in tre settori:

     a) il Servizio sanitario nazionale che, dopo anni di consistenti tagli al finanziamento e mancata programmazione, che ha portato ad una carenza oramai strutturale di personale medico e infermieristico, e a tagli ai trasferimenti alle regioni, rischierebbe di perdere i caratteri irrinunciabili di universalità e uguaglianza per tutti i cittadini, e consoliderebbe un sistema di accesso alle cure a doppia velocità e l'aumento della mobilità sanitaria con il conseguente incremento dei costi per le regioni più deboli;

     b) il sistema dell'istruzione pubblica, dove la rottura dell'unità di indirizzo e di gestione metterebbe in discussione la libertà di insegnamento e il diritto di apprendimento;

     c) in campo ambientale, la situazione diventerebbe caotica comportando conseguenze potenzialmente drammatiche per ciò che riguarda la gestione in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche, di gestione dei rifiuti, di bonifica dei siti inquinati, per la tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera ed infine per la prevenzione e ripristino ambientale, trivellazioni e in materia di aree protette; anche in campo dei rifiuti ed energia, vengono trasferite competenze alle regioni su materie importanti quali ad esempio consorzi, fanghi di depurazione, end of waste, compostaggio, produzione, trasporto e distribuzione energia; le imprese infatti potrebbero confrontarsi con venti legislazioni regionali diverse. Tra l'altro, la tutela delle matrici ambientali è tanto più efficace quanto più è estesa e uniforme; in nessun campo come quello ambientale è chiaro che «salvarsi» da soli, oppure a diverse velocità, non si può, né a livello nazionale, né a maggior ragione a livello locale;

    bisogna cambiare, ma non disgregando. Piuttosto immaginando nuove funzioni e sinergie che ci colleghino all'Europa e sappiano valorizzare anche il ruolo dei comuni, sempre più frontiera strategica per la buona gestione della cosa pubblica;

    per affrontare le drammatiche differenze sociali ed economiche che caratterizzano oggi il Paese è indispensabile definire i princìpi fondamentali attraverso cui è possibile esercitare l'autonomia differenziata e individuare i Lep (sentenza n. 282/2002 della Corte costituzionale) a partire da una «elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze acquisite e delle evidenze sperimentali acquisite»;

    la proposta di autonomia differenziata non inquadrata e raccordata ai principi sopra citati nei fatti rischierebbe di produrre una prevalenza degli interessi particolari su quello generale, mettendo così in discussione princìpi fondamentali alla base del nostro ordinamento costituzionale;

    a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, la definizione e l'attuazione dei Lep dovrebbe avvenire con il supporto dell'Ufficio parlamentare di bilancio e delle Soluzioni per il sistema economico S.p.a. (Sose);

    resta poi fermo, a parere dei firmatari del presente atto, il diritto delle Camere di correggere e modificare i progetti di legge di approvazione delle intese, tutelando il complesso di garanzie che poggia sui principi della rappresentanza e dell'autonomia dell'ordinamento parlamentare,

impegna il Governo:

1) a proseguire nel percorso di realizzazione dell'autonomia differenziata solo a seguito della preventiva definizione, con legge:

  a) del quadro complessivo delle modalità di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, con particolare riferimento ai limiti costituzionalmente previsti all'esercizio della potestà legislativa e amministrativa delle regioni interessate;

  b) dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da garantire su tutto il territorio nazionale, come sancito dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e dalla legge delega n. 42 del 2009;

2) a fornire ogni idoneo supporto alle iniziative delle Camere volte al monitoraggio, al controllo, alla segnalazione e all'intervento sull'attuazione dei LEP, dando seguito ai relativi indirizzi;

3) ad assumere iniziative normative volte a definire un progetto complessivo ed organico di riorganizzazione delle autonomie locali, che ripensi in termini sistematici il rapporto dello Stato centrale con le regioni, le città metropolitane, le provincie e i comuni, anche attraverso una definitiva razionalizzazione del quadro degli enti intermedi e di secondo livello;

4) ad assumere iniziative normative per garantire, medio tempore, agli enti locali i mezzi necessari per «finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (articolo n. 119, quarto comma, della Costituzione), rimuovendo il target (legge di bilancio 2017), secondo il quale «l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario è determinata in misura pari al 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare»;

5) ad assumere iniziative di competenza per adottare un Piano straordinario di investimenti e di misure incentivanti, d'intesa con le regioni e le autonomie locali interessate, per realizzare al Sud – con fondi del bilancio dello Stato, della Unione europea e della Cassa depositi e prestiti – al Sud infrastrutture, servizi e opportunità pari a quelli del Nord, al fine di recuperare il grave divario tra Nord e Sud del Paese in relazione anche a nuove forme di autonomia.
(1-00222) «Conte, Speranza, Fornaro, Rostan, Boldrini, Muroni, Occhionero, Bersani, Epifani, Fratoianni, Fassina, Stumpo, Pastorino, Palazzotto».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    nel mondo, un cristiano ogni 7 vive in una condizione di persecuzione, quasi 300 milioni di persone discriminate per il loro specifico credo. Dal XIV Rapporto sulla libertà religiosa di «Aiuto alla Chiesa che Soffre» emerge una situazione fortemente cupa per i cristiani, la comunità di fedeli maggiormente perseguitata al mondo;

    sono 38 gli Stati in cui si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa: 21 sono classificati come «PERSECUZIONE»: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen;

    17 sono luoghi di «DISCRIMINAZIONE»: Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Federazione Russa, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Tagikistan, Turchia, Ucraina e Vietnam;

    il 61 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa; nel 9 per cento delle nazioni del mondo vi è discriminazione; e nell'11 per cento degli Stati vi è persecuzione;

    in 17 dei 38 Stati in cui si registrano violazioni della libertà religiosa – ovvero quasi la metà del totale dei Paesi di persecuzione e discriminazione – la situazione è peggiorata durante il periodo 2016-2018;

    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan, che si colloca al 5° posto nel ranking della «World Watch List 2019», l'annuale rapporto della Ong Porte Aperte sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo, che fotografa la classifica dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani;

    il Pakistan nasce come Stato laico, il tratto islamico-radicale si è affermato a partire dal 1956, anno in cui la denominazione fu cambiata in Repubblica Islamica del Pakistan. Pakistan vuol dire «terra dei puri»: la parola è un neologismo che combina i termini pāk, «puro» in urdu, e -stan, che significa Paese. Da allora il Pakistan ha assunto un orientamento nettamente islamista specialmente sotto la dittatura del generale Zia ul-Haq, al potere dal 1977 al 1988, durante la quale la legge islamica (shari'a) ha acquisito un ruolo predominante all'interno del sistema giuridico pachistano;

    qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge sulla «blasfemia», disciplinata nel codice penale pachistano dagli articoli 295 B, 295 C, 298 A, 298 B, 298 C;

    la legge è entrata in vigore nel 1986 e limita fortemente la libertà di religione e di espressione. Contempla, nei casi estremi, la condanna a morte e l'obiettivo nascosto è quello di impedire che il cristianesimo si diffonda;

    la legge sulla blasfemia è un'eredità dell'ordinamento dell'impero britannico del 1947, anno di nascita dello Stato pakistano. Inizialmente, la norma prevedeva il carcere o una sanzione amministrativa per chi «dolosamente e deliberatamente oltraggi, con parole, scritti o altre rappresentazioni, qualsiasi religione». Risale al 1986 l'aggiunta di due commi, il 295 B che prevede l'ergastolo «per chi offende il Corano o ne danneggi una copia in tutto o in parte o lo utilizzi per scopi illeciti» e il 295 C che commina «la pena capitale o carcere a vita e/o multa per chiunque offenda il nome o la persona del Profeta Muhammad con parole, scritti o altre rappresentazioni». Dal 1990 per il comma 295 C viene applicata solo la pena di morte;

    nella vita di tutti i giorni, questa legge è spesso utilizzata come strumento per perseguitare le minoranze religiose poiché non prevede l'onere della prova per chi accusa;

    secondo i dati forniti dalla Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp), un organismo della Chiesa cattolica pakistana, dal 1987 alla fine del 2017 le persone accusate di blasfemia sono 1.534. Di queste 774 sono musulmane, 501 ahmadi (minoranza islamica), 219 cristiane, 29 indù e 11 di altre fedi. Attualmente sono 187 i casi di cristiani accusati di aver profanato il Corano o diffamato Maometto;

    la metà degli accusati sono musulmani, ma questi godono di un trattamento privilegiato: ai musulmani basta negare le accuse per essere assolti e quando sono implicati loro non c'è mai la violenza che si vede con i cristiani. Secondo la giurisprudenza pakistana, nessun musulmano può essere condannato a morte per blasfemia se nega chiaramente le accuse e afferma di essere un vero musulmano. I musulmani, per essere assolti, non hanno bisogno neanche di testimoni, mentre per i cristiani le regole sono diverse. Si dà per scontato che i cristiani siano blasfemi perché non credono in Allah: per condannarli a morte basta anche una sola persona che renda testimonianza per iscritto;

    per il momento, nessun condannato a morte per blasfemia è stato giustiziato in Pakistan. La prima donna condannata a morte per effetto della legge è stata Asia Bibi nel 2010. Tuttavia, spesso accade che coloro che vengono rilasciati siano assassinati a seguito di agguati o attentati da parte di estremisti islamici;

    per chi viene accusato, la prigione è già di per sé una punizione ma a questo si aggiunge l'isolamento dagli altri detenuti perché si teme che qualcuno possa uccidere il blasfemo. Secondo il Centre for Research and Security Studies, dal 1990 almeno 65 persone – tra cui giudici e avvocati – sono state linciate o assassinate per sospetto di blasfemia o per aver difeso persone accusate di tale reato;

    l'assoluzione di Asia Bibi rappresenta un momento storico per i cristiani e in generale per tutte le minoranze religiose del Pakistan. Tuttavia quella della cosiddetta legge anti-blasfemia e in particolare dell'abuso della stessa, resta una questione aperta. Negli ultimi anni, i tentativi dei governi di combattere la violenza interreligiosa, di contrastare la discriminazione contro i non musulmani e i vari tentativi di riformare o definire i limiti della norma non hanno avuto grande successo, e la società pakistana ha subito un processo molto evidente di islamizzazione;

    quando dei cristiani sono accusati di presunta blasfemia, tutti i cristiani della zona vengono incriminati. Ne deriva un sempre più diffuso senso di insicurezza che spinge le minoranze religiose pakistane a lasciare il Paese. I numeri a riguardo sono chiari: nel 1947 le minoranze nel Paese raggiungevano il 30 per cento della popolazione. Nel 1998 la percentuale è scesa al 3 per cento;

    i cristiani non saranno mai al sicuro fino a quando ci sarà la legge sulla blasfemia perché cancella la libertà religiosa, la libertà di espressione e gli altri diritti fondamentali: oggi un cristiano è libero di dire cosa pensa del Corano o non è libero di dire che Gesù è figlio di Dio perché, altrimenti, sarebbe accusato di avere dichiarato che Maometto è un falso profeta;

    nell'apice degli scontri sul caso Asia Bibi, le chiese hanno chiesto a tutti i cristiani di non parlare della propria fede con i musulmani e hanno deciso di non diffondere in nessun modo il cristianesimo, anche se la Costituzione lo consente come diritto;

    San Giovanni Paolo II sosteneva che «la difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese»: se in una nazione non viene rispettata la libertà religiosa, difficilmente saranno rispettati anche gli altri diritti della persona;

    per la sua importanza per la sicurezza e la stabilità dell'ordinamento internazionale, numerose dichiarazioni e convenzioni ne incoraggiano la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e degli organismi internazionali;

    il diritto alla libertà religiosa è tutelato, tra le altre, dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed inteso come il diritto di ogni individuo alla libertà di cambiare di religione o credo, di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti;

    la Costituzione pakistana del 1973 stabilisce, nel suo preambolo ed agli articoli 20, 21 e 22, che tutti i cittadini godono della libertà di praticare e professare liberamente la religione che desiderano. Tuttavia, il diritto alla libertà religiosa è considerevolmente limitato dalle previsioni costituzionali che non considerano gli appartenenti alle minoranze religiose cittadini pieni al pari dei musulmani. Vale la pena citare, a titolo di esempio, l'articolo 41.2 afferma che il Capo dello Stato deve essere un musulmano e l'articolo 91.3 stabilisce che anche il Primo Ministro deve essere musulmano;

    da un punto di vista politico, invece, il cosiddetto sistema di «elettorato separato» ammette esplicitamente la rappresentanza politica delle minoranze religiose nelle assemblee elette del Paese: secondo questo schema, dieci seggi del Parlamento federale sono riservati alle minoranze religiose, che tuttavia in questo modo sono considerate come un qualcosa di distinto dal resto della nazione. All'inizio del gennaio del 2018, gli Stati Uniti hanno posto il Pakistan in una «watch list» speciale di Stati in cui avvengono gravi violazioni della libertà religiosa, insieme a nazioni come la Birmania, la Cina, l'Iran, la Corea del Nord e l'Arabia Saudita;

    il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, poi, ha sospeso gli aiuti Usa al Pakistan per l'anno fiscale 2018, circa 3 miliardi di dollari statunitensi, fino a quando il governo pachistano non otterrà maggiori risultati nella lotta contro le organizzazioni terroriste islamiste attive nel Paese, le cui azioni incidono anche sul livello di sicurezza in Afghanistan,

impegna il Governo:

   1) a promuovere ogni opportuna iniziativa affinché il Pakistan proceda all'abrogazione delle disposizioni normative che prescrivono pene per presunti atti di blasfemia;

   2) ad assumere iniziative per sospendere l'erogazione di aiuti e contributi finanziari al Pakistan fino all'avvenuto miglioramento delle condizioni in cui versano le minoranze religiose;

   3) ad adottare ogni utile iniziativa, anche normativa, per ricomprendere l'effettivo rispetto della libertà religiosa tra i requisiti necessari per la concessione di aiuti a Paesi terzi;

   4) ad inserire il tema del rispetto effettivo della libertà religiosa tra gli argomenti da trattare nel corso degli incontri ufficiali tra il Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale con gli omologhi degli Stati in cui sono presenti discriminazioni di carattere religioso;

   5) ad assumere iniziative per garantire, negli accordi con i Paesi terzi, che una parte degli aiuti economici destinati agli Stati dove non viene pienamente garantita la libertà di religione sia destinata a progetti specifici che favoriscano l'emancipazione, l'accesso all'istruzione, alla formazione professionale e alla casa per le minoranze religiose.
(7-00273) «Delmastro Delle Vedove».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la famiglia e le disabilità, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   da un post di facebook del 26 aprile 2019 si apprende la denuncia di una madre circa la vendita di costumi da bagno per bambine (taglia 4 anni in su) dai modelli che, sia nel formato intero che due pezzi, presentano taglio da donna con scollature ombelicali, coppe imbottite e reggiseni push up;

   dall'etichetta dell'articolo si evincerebbe che i costumi (marca YES! DO KID'S) siano prodotti in Italia, e precisamente da una azienda con sede a Tivoli;

   la promozione e la vendita di prodotti di questo tipo – peraltro denunciata in passato in Spagna e Gran Bretagna (marchi Abercrombie & Fitch e Primark) e risolta con il loro ritiro dal mercato – integrerebbe ciò che esperti sociologi e psicoterapeuti definiscono «sessualizzazione femminile e infantile», un fenomeno preoccupante che, complice anche l'attività di «sedicenti» stilisti, sta crescendo esponenzialmente anche e soprattutto nel settore della moda;

   è, infatti, noto a tutti che nel mercato per l'infanzia le bambine siano sovente destinatarie di articoli (dai giocattoli, all'abbigliamento) che tendono a dare una «veste erotica» e «sensuale» ai loro piccoli corpi infantili, creandone una sessualizzazione precoce che impatta negativamente sulla loro vita, in tantissimi modi diversi e tutti parimenti gravi;

   questa tendenza a «normalizzare» l'uso del corpo, autorizzando indirettamente le bambine a metterlo in mostra facendone un uso prettamente estetico, oltre ad incitare alla pedofilia (motivo di per sé sufficiente per la rimozione dei costumi dal mercato), instilla nelle minori l'esigenza di vestire determinati indumenti per essere belle e accettate socialmente, veicolando subdolamente il messaggio per cui la femminilità passa dall'apparenza;

   gli esperti definiscono questo preoccupante fenomeno «erotizzazione dei bambini», ossia una forma di adultizzazione precoce che altera le fisiologiche tappe di maturazione della personalità, con conseguenze gravissime di carattere cognitivo – che possono provocare in chi si scopre «inadeguato», tensioni interne, insoddisfazioni o vergogna determinando, nei casi più estremi, disturbi alimentari – a cui si aggiunge anche l'effetto di incoraggiare ad adottare atteggiamenti seduttivi che attirino l'attenzione dei maschi prima di essere in grado di comprenderne le potenziali conseguenze sul piano fisico e psicologico;

   nella odierna società si assiste al paradosso per cui anche se la protezione dell'infanzia è considerata valore primario e inderogabile, va diffondendosi la tendenza a perseguire forme sempre più pervasive di «adultizzazione» dei bambini, inculcando loro modelli di comportamento o atteggiamenti sessuali tipici degli adulti e opacizzando le differenze tra adulti e bambini, ponendoli sotto il comune denominatore di consumatori, quest'ultimi (i bambini) grande fonte di investimenti e guadagni;

   uno studio dell’Australian Institute rivela che questa tendenza ad accelerare la crescita dei bambini (cosiddetto hurried child syndrome), vendendo prodotti prima che essi siano in grado di comprendere il significato dei messaggi pubblicitari, integri una fattispecie di sfruttamento del bambino da parte dell'adulto al fine di trarne vantaggi economici, rappresentando una strumentalizzazione del minore assimilabile ad un abuso;

   quanto descritto integrerebbe, dunque, una manifestazione mascherata e subdola di violazione dell'infanzia riassumibile nelle espressioni «furto dell'infanzia» e «violazione del diritto ad essere un bambino»;

   essendo la stagione estiva già iniziata occorre intervenire tempestivamente, quantomeno per limitare il pregiudizio patito dalle minori –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative, anche di concerto con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza intenda assumere per assicurare il rispetto della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

   se ritengano sussistere i presupposti per adottare iniziative, anche normative, per inibire la vendita dei descritti prodotti, imponendone l'immediato ritiro dal mercato.
(2-00453) «Martinciglio, Giuliodori, Aprile, D'Orso, Sabrina De Carlo, Grippa, Casa, Giarrizzo, Troiano, Carinelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   Valeria Montanari, assessore nel comune di Reggio Emilia sia nella prima che nella seconda giunta Vecchi, null'altro ha trovato di meglio che pubblicare (il 26 giugno ore 19,34) sul profilo Facebook [Valeria Vale Montanari] una foto che ritrae a testa in giù l'onorevole Giorgia Meloni, presidente nazionale di Fratelli d'Italia, con chiaro ed evidente riferimento a quanto accaduto (scene che l'interrogante considera da «macelleria messicana») a Piazzale Loreto a Milano il 28 aprile 1945;

   nel corso dell'iniziativa a ricordo dei morti di Reggio Emilia del 7 luglio 1960, il sindaco di quella città – Luca Vecchi – ha rivolto un duro attacco al Governo. In particolare, come riportato da Il Resto del Carlino, Reggio, di lunedì 8 luglio 2019, pagina 6, il predetto avrebbe affermato: «Vediamo quanto sia elevata la fragilità del Paese: quando un Paese democratico arriva al punto di chiudere i porti e di lasciare la gente in mare senza acqua, quel Paese sta dando un contributo significativo a sfasciare la democrazia»;

   la legittima critica politica mai dovrebbe sconfinare nell'istigazione a delinquere e persino nell'oltraggio ad un Corpo dello Stato, soprattutto quando i protagonisti sono rappresentanti delle istituzioni, nel caso di specie di un ente locale –:

   se i fatti siano noti al Governo e se intenda adottare iniziative di competenza, anche tramite la polizia postale, per prevenire e contrastare efficacemente messaggi di odio in rete, a maggior ragione ove provenienti da esponenti di istituzioni.
(5-02477)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, i consiglieri di parità sono nominati, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a livello nazionale, regionale e della città metropolitana e degli enti di area vasta, a seguito di pubblica selezione, senza alcuna differenziazione per quanto attiene ai requisiti richiesti;

   i consiglieri di parità svolgono funzioni di promozione e di controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro e nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, sono pubblici ufficiali e hanno l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria dei reati di cui vengono a conoscenza in ragione del loro ufficio;

   con decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, sono stati modificati gli articoli 17 e 18 del decreto legislativo n. 198 del 2006 con riferimento alla determinazione delle indennità spettante ai consiglieri di parità;

   ai sensi di quanto previsto dalle norme citate, con deliberazione del 21 settembre 2017, la Conferenza unificata ha determinato, per le annualità 2018-2019, un valore di euro 90,00 lorde per le indennità delle consigliere regionali e di euro 68,00 lorde per quelle delle consigliere provinciali, ferma restando la facoltà di aumentare tali importi da parte degli enti territoriali;

   con deliberazione della Conferenza unificata del 3 luglio 2019 (repertorio atti n. 62/CU), le suddette indennità sono state aggiornate per gli anni 2019 e 2020 nel seguente modo:

    «l'indennità mensile attribuita alle consigliere e ai consiglieri di parità regionali effettive/i è fissata da un massimo di euro 780 lordi a un minimo di euro 390 lordi e alle consigliere/i di parità regionali supplenti è fissata da un massimo euro 390 lordi a un minimo di euro 195 lordi;

    l'indennità mensile attribuita alle consigliere e ai consiglieri di parità delle città metropolitane e delle Province effettive/i e supplenti è fissata rispettivamente nella misura di almeno 68 euro lordi e 34 euro lordi» –:

   quali siano le motivazioni addotte a giustificazione del trattamento economico differenziato;

   quali siano i criteri adottati per la determinazione dell'indennità dei consiglieri di parità regionali e di quelli delle città metropolitane e delle province;

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per eliminare una palese discriminazione tra le consigliere regionali e quelle degli altri enti territoriali non giustificata dal ruolo e/o dalle funzioni svolte.
(4-03287)


   D'ORSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da tempo pare essere invalsa la prassi di ricorrere – da parte delle Federazioni sportive nazionali, tra cui la Federazione italiana scherma – alla richiesta di nomina da parte del Coni di commissari ad acta (dietro compenso) per modifiche allo statuto delle stesse, in sostituzione dell'Assemblea della federazione, con conseguente dispendio di denaro pubblico;

   ciò, presumibilmente, in assenza delle ragioni che ne giustificano la nomina previste dall'articolo 22, comma 6 dello statuto del Comitato olimpico nazionale italiano, e in contrasto con i princìpi di democrazia interna e di partecipazione degli associati (ex articoli 15, comma 2; 16, comma 1 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e articolo 20, comma 3 dello statuto del Coni) che, attraverso l'assemblea straordinaria, dovrebbero esercitare i loro poteri (così esautorati) di deliberare sulle richieste di modifica dello statuto, in conformità a quanto disposto dalla normativa civilistica nonché dalle leggi vigenti che, per le associazioni riconosciute qual è la federazione citata, richiedono una apposita delibera di modifica dello statuto da parte dell'assemblea e non un decreto di modifica predisposto da un commissario ad acta;

   a ciò si aggiunge la asserita consuetudine del Coni di nominare quali commissari ad acta soggetti che non si porrebbero in una posizione di terzietà, e per i quali sussisterebbe una situazione di conflitto di interessi, in quanto gli stessi, spesso, prestano già la loro attività in favore delle federazioni;

   inoltre, proprio con riferimento alla Federazione italiana scherma, non può tacersi che tra le modifiche proposte, da ultimo, allo statuto dal consiglio federale e approvate dall'ultima assemblea vi sarebbe l'attribuzione alla Federazione del potere di rilasciare i diplomi magistrali di maestri di scherma che, invece, spetta all'Accademia nazionale di scherma in virtù del regio decreto 21 novembre 1880, come stabilito dal Tar Lazio con la recente decisione n. 2191 del 18 febbraio 2019;

   le anomalie appena esposte si porrebbero in contrasto con la normativa vigente;

   ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999 e dell'articolo 20 dello statuto del Coni, le federazioni sportive nazionali sono associazioni con personalità giuridica di diritto privato, senza fini di lucro, disciplinate dal codice civile, e dotate di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione nei rapporti con il Coni (si veda Cassazione civile n. 10820/2019);

   le Federazioni (percettori dei contributi economici da parte del Coni) sono soggette alla vigilanza e ai controlli del Coni sia in fase di costituzione sia nel corso di tutta la loro attività (si veda Anac, delibera n. 372/2016);

   il Coni è un ente pubblico non economico, posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, finanziato quasi totalmente dal Ministero dell'economia e delle finanze e, in quanto ente contribuito dallo Stato, sottoposto al controllo della Corte dei conti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e delle criticità esposti e quali iniziative di competenza ritenga di adottare per limitare il ricorso alla nomina dei commissari ad acta da parte del Coni nonché per verificare quali procedure adotta il Coni per valutare la conformità degli statuti alle norme di legge ed ai princìpi Coni medesimo, e ciò al fine di evitare un inutile spreco di denaro pubblico e il sacrificio dei princìpi democratici che presiedono la vita delle associazioni.
(4-03288)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Siderurgica Triestina s.r.l., società controllata al 100 per cento da Finarvedi Spa, a partire da ottobre 2014 dopo l'acquisizione del ramo di azienda dalla procedura commissariale, ha iniziato la gestione industriale dello stabilimento Servola di Trieste (ex Lucchini Spa) più conosciuto con il nome di «Ferriera» per la produzione di ghisa liquida poi solidificata in pani, coke metallurgico, sottoprodotti da ciclo integrale (loppa, catrame) e gas siderurgici da altoforno e cokeria, produzione che ha evidenziato in questi anni pesanti ricadute sia dal punto di vista ambientale che sanitario; il 21 novembre 2014 tale azienda ha stipulato con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la regione autonoma Friuli Venezia Giulia e l'Autorità portuale di Trieste, l'accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area della Ferriera di Servola (ex articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006). Nell'accordo di programma si ribadisce che anche gli interventi impiantistici indicati dal precedente accordo sottoscritto inviata 30 gennaio 2014 sono necessari per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia), fatte salve ulteriori prescrizioni impartite dalla conferenza di servizi; con decreto n. 96/AMB del 27 gennaio 2016 la regione autonoma Friuli Venezia Giulia ha approvato il riesame, con valenza di rinnovo, del procedimento di Aia di durata decennale inerente l'attività produttiva di Siderurgica Triestina srl presso lo stabilimento della Ferriera di Trieste;

   è stato appurato che a causa dell'attività industriale dello stabilimento siderurgico si continua a riscontrare la presenza nell'ambiente e nelle abitazioni limitrofe di polveri, odori e rumori fortemente impattanti sulla popolazione, non compatibili con un'area densamente abitata, tanto che dal gennaio 2008 ci sono state più di seimila segnalazioni di allarme da parte di cittadini, a testimonianza di una costante situazione di disagio derivante dal succitato impianto;

   è inoltre necessario ricordare che le questioni relative al rispetto delle prescrizioni imposte dall'Aia rilasciata all'azienda Siderurgica Triestina srl, all'inquinamento diffuso nella città di Trieste e alla gestione amministrativa del sito di interesse nazionale sono state ampiamente dibattute e sono state oggetto di molti atti di sindacato ispettivo in consiglio regionale e in Parlamento e hanno chiaramente delineato un quadro nel quale non sta avvenendo la riconciliazione tra risanamento ambientale e sviluppo economico dell'area industriale;

   la regione, con riferimento all'accordo di programma, ha ripetutamente diffidato Siderurgica Triestina ad adempiere alle prestazioni dell'Aia e da ultimo, il 14 dicembre 2018, ha richiesto formalmente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di diffidare Siderurgica Triestina in quanto inadempiente alle prescrizioni previste dalla conferenza dei servizi del 17 luglio 2018, relativamente alla copertura dei parchi minerali fossili all'interno dello stabilimento e, in particolar modo, al trattamento delle acque meteoriche che si riversano in mare determinando un rischio ambientale –:

   se i Ministri interrogati non ritengano che sussista una specifica inadempienza riferita agli accordi programma del 30 gennaio 2014 e 21 novembre 2014 e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo per garantire la piena attuazione;

   quali ulteriori iniziative, i Ministri interrogati, intendano porre in essere a tutela della salute dei cittadini.
(4-03282)


   ILARIA FONTANA, D'IPPOLITO e TRANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la distribuzione dell'acqua potabile in alcune aree del comune di Itri è affidata ad una rete di acquedotti privata, che secondo alcune stime serve un numero di utenze superiore alle 1000 unità;

   tale servizio si serve di 5 pozzi ubicati nel medesimo comune, il cui emungimento venne tuttavia autorizzato per scopi irrigui;

   con nota protocollo 12964 del 9 marzo 2018 la provincia di Latina ha comunicato agli enti e ai concessionari una diffida all'utilizzo delle acque sotterranee prelevate dai pozzi per un uso diverso da quello irriguo individuale per farne derivazione a terzi;

   le utenze servite dalla suddetta rete acquedottistica non sono inserite all'interno dell'infrastruttura pubblica di Acqualatina Spa, gestore del servizio idrico integrato nell'ATO4 della regione Lazio;

   l'uso di tali acque per uso potabile andrebbe sottoposta a specifici controlli, ufficiali, al fine di certificare la possibilità di utilizzo;

   occorre considerare inoltre che tali condizioni di servizio non consentirebbero agli utenti della rete privata di poter rivendicare i diritti dei consumatori richiamati dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera);

   l'articolo 144 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che «tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato»;

   l'articolo 153 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che in caso di inadempienze «(...) qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mediante nomina di un commissario ad acta»;

   non risultano attuate delle verifiche in merito agli usi dell'infrastruttura in questioni, così come non si ha notizia dell'esercizio dei poteri di controllo e sostitutivi di cui all'articolo 153 del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   da fonti giornalistiche sarebbe stata avanzata anche l'ipotesi di istituire un consorzio tra gli utenti per regolamentare l'uso delle acque prelevate –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative normative per tutelare la salute dei cittadini e garantire i necessari controlli, evitando così il ripetersi di rischiose situazioni come quella descritta.
(4-03283)


   CUNIAL, GIANNONE e VIZZINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'11 giugno 2019 sono ripresi al Senato i lavori in relazione al disegno di legge n. 988 «Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico». In quest'ambito è stato audito il dr. Defez che ha riportato il suo parere anche in una lettera aperta. Non è dato sapere se la lettera sia un documento ufficiale del CNR. Il documento in questione esprime per gli interroganti una posizione ideologica non basata su analisi scientifica, con l'unica valenza difensiva di settori produttivi connessi a particolari forme di agricoltura convenzionale;

   ogni anno oltre 130 mila tonnellate di pesticidi vengono sparsi sui suoli, contaminando le falde e gli alimenti (rapporto Cambia La Terra, 2018). Dal 1945 la produzione globale di pesticidi è passata da 0,1 a 2,7 milioni di tonnellate. Il nostro Paese è fra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo (5,7 kg/ha contro i 3,8 kg/ha europei). Nel 2016 in Italia sono stati venduti 125 milioni di chilogrammi di prodotti fitosanitari;

   l'esposizione a pesticidi aumenta i rischi sanitari non solo per gli agricoltori. Le persone, infatti, possono venire in contatto con i pesticidi per esposizione occupazionale, residenziale, attraverso l'acqua e l'alimentazione. Residui dei pesticidi sono stati ritrovati in vari alimenti (frutta e verdure, pane, cereali e legumi, prodotti derivati animali) ma anche nel plasma, nelle urine e nel latte materno;

   da una ampia letteratura emerge che i pesticidi rivestono un ruolo centrale per l'insorgenza delle malattie non trasmissibili. Diversi fitofarmaci interferiscono con la sintesi di progesterone, estrogeni e testosterone anche a concentrazioni ritenute non tossiche e inferiori alle dosi raccomandate e possono influenzare l'apoptosi in cellule placentari umane. Le principali conseguenze sanitarie sono alterazione di vari sistemi ormonali, malattie metaboliche (compresi obesità e diabete), riduzione della fertilità, malattie respiratorie, malattie croniche neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer), alterazioni dello sviluppo neuro-cognitivo dei bambini e cancro (soprattutto leucemia infantile) (Di Ciaula, Isde);

   il British Medical Journal ha pubblicato un ampio e autorevole studio epidemiologico sulle relazioni tra esposizione a pesticidi durante la gravidanza e rischio di disturbi dello spettro autistico. Il rischio aumenta considerevolmente in seguito a esposizione a glifosato clorpirifos, diazinon, malathion, permetrina ed è maggiore se l'esposizione continua durante il primo anno di vita;

   l'ultimo rapporto sui pesticidi nelle acque (Ispra) delinea tassi di contaminazione superiori ai limiti in quasi un quarto dei punti di monitoraggio di superficie. Una «contaminazione sottostimata, in quanto in vaste aree del centro-sud, il monitoraggio non è ancora adeguato»;

   nel Testo unico ambientale si cita chiaramente che in caso di contrasto tra interesse ambientale e interesse privato la tutela dell'ambiente deve essere prioritaria;

   l'agricoltura convenzionale è antieconomica. Secondo i dati riportati dal comitato Cambiamo agricoltura all'agricoltura convenzionale spetta il 97 per cento dei sussidi per lo sviluppo del settore. Senza questi importanti finanziamenti questo modello produttivo non si potrebbe sostenere;

   i terreni coltivati con l'agricoltura biologica sono in grado di trattenere mediamente il 55 per cento in più di acqua, grazie a una percentuale di humus (la componente organica del suolo, che assorbe acqua fino a 20 volte il suo peso) maggiore del 70 per cento (fonte: Fibl);

   malgrado le evidenze scientifiche, tutt'oggi, diversi soggetti continuano a propagandare la non pericolosità di queste sostanze e a difendere un modello agricolo ormai ampiamente dimostratosi fallimentare da un punto di vista sanitario, ambientale nonché produttivo –:

   considerato che si registrano notizie false e tendenziose, che sminuiscono la pericolosità di queste e sostanze e ne incentivano così l'utilizzo, se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, per evitare che pericolose informazioni in tale ambito siano incentivate e diffuse da parte di chi, diffondono certi messaggi, mette a rischio la salute pubblica e il territorio.
(4-03284)


   CECCHETTI e BONIARDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un incendio di grandi proporzioni è divampato, alle prime luci dell'alba del 9 luglio 2019, in un grosso deposito di rifiuti speciali di quasi 1.500 metri quadrati a Settimo Milanese nella ditta Effec2 srl, nell'ampia zona industriale sviluppatasi intorno a numerosi impianti produttivi al limitare dei confini a ovest di Milano in via Sabin;

   dal capannone in fiamme si è alzata una colonna di fumo denso e nero, visibile anche dalla Tangenziale ovest che si è diffuso nell'aria, e l'odore derivante dall'incendio di materiale di scarto ha fatto pensare a una possibile nube tossica, ma l'Arpa ha effettuato tempestivamente le analisi della qualità dell'aria che non hanno evidenziato superamenti degli inquinanti significativi rispetto ai limiti consentiti dalla normativa vigente ai fini della tutela della salute pubblica;

   in una porzione della ditta, grande circa 1.440 metri quadri con un capannone centrale di 800 metri quadrati, si trovano stoccati in pacchi polveri derivate dal «processamento di scarti industriali»;

   da quanto si apprende dai giornali, queste scorie sono impacchettate in un'ala dell'edificio non interessato dalle fiamme. Il Nucleo Nbcr dei vigili del fuoco di Milano ha svolto i primi estemporanei monitoraggi senza rilevare situazioni di grave e immediata emergenza, come confermato anche dalla polizia di Stato;

   sempre più frequentemente in Lombardia si verificano incendi di depositi di rifiuti: l'episodio più grave degli ultimi tempi è rappresentato senza dubbio dall'incendio al deposito in via Chiasserini a Milano nella notte del 14 ottobre 2018 dove sono andati in fiamme circa 16 mila metri cubi di rifiuti urbani misti, compresi plastica e legno, i cui fumi sono stati avvertiti in quasi tutta Milano procurando grandi preoccupazioni e disagi ai cittadini –:

   quali iniziative immediate il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per controllare l'adeguatezza dei rimedi previsti e degli interventi adottati e informare i cittadini sulla situazione ambientale in essere, al fine di rassicurarli sull'assenza di rischi per la propria salute e sulla regolarità e idoneità dei controlli svolti da parte dei soggetti competenti.
(4-03289)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   PINI, ORFINI, RACITI, RIZZO NERVO, BRUNO BOSSIO, SCHIRÒ, ANDREA ROMANO, CENNI, SCALFAROTTO, MIGLIORE e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 12 giugno 2019 la nave Sea Watch 3 ha salvato in mare 53 persone scappate dalla Libia. Il 26 giugno dopo 2 settimane di navigazione la nave è entrata nelle acque territoriali italiane;

   il 26 giugno 2019 una delegazione di parlamentari si è recata a Lampedusa per cercare di trovare una soluzione allo stallo e attuare i propri doveri riconducibili alla funzione del sindacato ispettivo;

   durante la notte tra il 28 e il 29 giugno 2019 la capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete, dopo aver più volte chiesto l'ingresso al porto e dichiarato lo stato di necessità, ha deciso di attraccare al porto di Lampedusa;

   durante le manovre di avvicinamento alla banchina, la Sea Watch 3 ha avuto un contatto con una imbarcazione della Guardia di finanza;

   la capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete, in seguito allo sbarco è stata sottoposta ad arresti domiciliari, arresti non convalidati dal Gip di Agrigento, in quanto i fatti commessi dalla capitana non costituirebbero reato;

   il 10 luglio 2019, il giornale online The Vision ha pubblicato una inchiesta dal titolo «dentro il gruppo facebook dove i finanzieri parlano di uccidere carola, i politici Pd e di golpe»;

   nell'articolo vengono mostrati i commenti presenti in un gruppo Facebook che conta oltre 16 mila membri fondato da Alessandro Capace, un sottufficiale della Guardia di finanza, il cui ingresso è consentito solo ad «agenti in servizio, quelli in congedo e i loro diretti familiari»;

   le persone che scrivono nel gruppo, tra cui molti agenti in servizio, usano toni e parole di una gravità inaudita, sia nei confronti della capitana Rackete, che dei parlamentari che si erano recati a Lampedusa;

   tra tutti auguri di morte e auspici di colpi di stato militare;

   il codice deontologico della Guardia di finanza all'articolo 6 recita: «Nella vita privata, l'appartenente alla Guardia di finanza si astiene dal creare condizioni o assumere atteggiamenti che possano recare nocumento o portare discredito all'istituzione. In ogni forma di espressione, il militare della Guardia di finanza si conforma alle norme e disposizioni vigenti in tema di riserbo sulle questioni attinenti al servizio, pubblica manifestazione del pensiero e contegno nella vita privata, astenendosi da condotte che possano condizionare l'esercizio delle proprie funzioni ovvero recare pregiudizio all'immagine e al prestigio del Corpo»;

   lo stesso codice deontologico della Guardia di finanza all'articolo 3 recita: «L'appartenente alla Guardia di finanza: conforma la propria condotta ai princìpi di legalità, buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa e svolge i compiti assegnatigli perseguendo l'interesse pubblico; conforma il proprio contegno in modo tale da meritare la stima e la fiducia dei cittadini; evita, in ogni caso, il coinvolgimento in contesti che possano a qualunque titolo condizionare l'esercizio delle sue funzioni o comunque ledere l'immagine della Guardia di finanza»;

   la violazione del codice etico della Guardia di finanza comporta l'applicazione delle procedure sancite dal codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dal testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della grave vicenda;

   quali iniziative intenda attuare, viste le palesi violazioni sia del codice etico sia dell'ordinamento militare;

   vista la gravità della situazione, in quali tempi si intenda agire.
(3-00869)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che molti enti locali stiano affrontando forti difficoltà dovute a un problema causato da alcune disposizioni della legge di bilancio 2018 in merito all'accantonamento di risorse del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde);

   sono molteplici le segnalazioni di questa problematica e, tra le tante, si rilevano quelle di Elena Brunetto, componente Anutel nonché dirigente finanziario del comune di Torino, di Daniela Ghiandoni, dirigente finanziario del comune di Ancona e di Elena Masini, responsabile finanziario del comune di Coriano;

   il problema è stato segnalato all'interrogante anche dall'assessore al bilancio del comune di Cassano delle Murge (Bari), Annamaria Caprio;

   la legge di bilancio 2018, all'articolo 1, comma 882, prevede una ulteriore gradualità di applicazione del fondo crediti di dubbia esigibilità per venire incontro alle difficoltà degli enti, ed in particolare: annualità 2018 accantonamento minimo pari al 75 per cento; annualità 2019 accantonamento minimo pari all'85 per cento (ulteriormente ridotto all'80 per cento in presenza di determinati requisiti con la legge di bilancio 2019); annualità 2020 accantonamento minimo pari al 95 per cento; annualità 2021 e successive accantonamento a regime per l'importo totale del 100 per cento;

   con le modifiche di cui sopra, l'entrata a regime dell'accantonamento del 100 per cento a bilancio del Fcde, prima previsto per il 2019, risulta rinviato di due annualità;

   tali norme, tuttavia, non risultano coordinate con la tempistica prevista per l'accantonamento del Fcde a rendiconto con il «metodo semplificato» la cui possibilità di applicazione è scaduta con il rendiconto per l'anno 2018;

   tale metodo semplificato è stato introdotto per le stesse finalità, ovvero andare incontro alle difficoltà di applicazione dei nuovi principi riguardanti la gestione dei residui attivi e del Fcde. Infatti, il decreto ministeriale 20 maggio 2015 ha modificato il punto 3.3 del principio contabile allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011, consentendo di calcolare il fondo, fino al rendiconto dell'esercizio 2018, in maniera semplificata senza prendere in considerazione il volume dei residui finali. Tale metodo, definito «sintetico», determina il Fcde sommando le risorse disponibili sulla base di quanto precedentemente accantonato con il risultato di amministrazione dell'ultimo rendiconto approvato e dell'accantonamento disposto in via definitiva nel bilancio di previsione, al netto delle cancellazioni dei crediti per inesigibilità;

   risulterebbe necessario, dunque, prorogare fino al 2020 la possibilità di applicazione del metodo «semplificato» per l'accantonamento del Fcde a rendiconto, in considerazione del fatto che, una mancata proroga, oltre a creare un disallineamento con la tempistica prevista per l'accantonamento a regime nel bilancio del 100 per cento a titolo di Fcde, comporterebbe grosse difficoltà agli enti che riscontrano di aver accantonato con il metodo semplificato somme insufficienti rispetto a quanto avrebbero dovuto applicando il metodo ordinario, senza, tuttavia, avere a disposizione lo stesso arco temporale di rientro accordato per la gradualità della percentuale, con il rischio di ritrovarsi in disavanzo;

   la distorsione normativa appena evidenziata comporterebbe nel breve termine problematiche rilevanti per gli enti locali obbligati a porre in atto misure tempestive per recuperare i minori accantonamenti eseguiti già in occasione della salvaguardia degli equilibri di luglio: gli enti, infatti, potrebbero non disporre più delle risorse necessarie a garantire i servizi essenziali o potrebbero addirittura trovarsi in situazione di disavanzo; il tutto anche in considerazione della più volte annunciata e mai realizzata riforma della riscossione delle entrate locali che metta a disposizione degli stessi efficienti sistemi di riscossione, con riduzione delle somme da accantonare al Fcde e possibilità di maggiori somme da destinare a garantire i servizi essenziali –:

   se il Governo non intenda adottare un'iniziativa di tipo normativo volta, nel breve termine, a prorogare fino al 2020 la possibilità di applicazione del cosiddetto metodo «semplificato» per l'accantonamento del Fcde a rendiconto.
(5-02473)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOVECCHIO, NAPPI, FARO, TROIANO, GRIPPA e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   le commissioni tributarie regionali, competenti per le impugnazioni avverso le decisioni delle Commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione, sono organi giurisdizionali speciali giudicanti nelle controversie in materia tributaria, con competenza riguardo ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati;

   i giudici tributari, nell'esercizio della loro attività, sono coadiuvati dagli uffici segreteria delle commissioni tributarie, le quali svolgono sia attività amministrative che attività di preparazione dell'udienza e assistenza ai collegi giudicanti. Quest'ultimi dipendono dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   le commissioni tributarie regionali, con sede nel capoluogo di ogni regione, pronunciano in grado di appello sulle impugnazioni proposte contro le sentenze delle commissioni tributarie provinciali; sono state istituite sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali in tutto il territorio; negli ultimi anni si riscontra una carenza d'organico sia nelle commissioni tributarie provinciali e regionali che nelle sezioni staccate, che hanno conseguentemente comportato un rallentamento di tutti i lavori delle varie sedi presenti sul territorio. Inoltre, la mancanza di personale sta causando molteplici problemi ai lavoratori, ai quali non sono garantiti i diritti di cui invece dovrebbero usufruire;

   il terzo comma dell'articolo 36 della Costituzione prevede infatti che «Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi». I funzionari delle commissioni in questione ultimamente, non riescono a richiedere le giornate di ferie loro spettanti, in quanto la loro mancanza potrebbe causare il completo blocco dei lavori e soprattutto la chiusura degli uffici al pubblico;

   il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23, non è riuscito in alcun modo a mutare lo scenario relativo all'organizzazione strutturale delle commissioni tributarie e dei compensi dei giudici di sezione;

   nella sezione staccata di Foggia la mancanza del personale sta compromettendo la produttività dell'ufficio stesso. Il direttore, responsabile del corretto funzionamento degli uffici, a quanto consta all'interrogante, si trova ad affrontare una situazione alquanto critica a cui non può in alcun modo porre rimedio. È necessario tenere in considerazione che nel caso in cui ci fosse un qualsiasi inconveniente che impedisca ai lavoratori di andare in ufficio ci sarebbero delle ricadute negative per l'intera collettività;

   l'urgenza di trovare una soluzione impone alle amministrazioni competenti l'adozione di iniziative capaci di porre rimedio a questa insostenibile situazione che ormai da troppo tempo è irrisolta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano assumere al fine di consentire ai lavoratori delle commissioni tributarie regionali e provinciali e delle sezioni staccate di poter godere dei diritti previsti dalla Costituzione e, allo stesso tempo, assicurare il corretto funzionamento degli uffici per i cittadini.
(4-03285)


   MUGNAI, RIPANI e D'ETTORE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la gestione della Fondazione Crf (Cassa di risparmio di Firenze) si è sempre contraddistinta per la sua autonomia e indipendenza dalla politica e, soprattutto, vocazione e attenzione alle istanze del volontariato e del privato sociale, nonché a quelle provenienti dai settori della beneficenza e della filantropia, dell'educazione scolastica, della ricerca scientifica e tecnologica presente nel territorio, sostenendo in modo significativo tali realtà così come il recupero dei beni culturali e dello sviluppo dell'arte;

   purtuttavia, nell'ultima gestione economica del presidente professor avvocato Umberto Tombari e del direttore Generale dottor Gabriele Gori le suddette caratteristiche di autonomia ed indipendenza, ad avviso degli interroganti, si sono molto attenuate sia per quanto riguarda le nomine che le scelte dell'ente. Basti pensare che il comitato di indirizzo, organo che elegge il consiglio di amministrazione, è espressione di molte istituzioni legate agli enti locali o condizionate dagli stessi e che gli interventi in favore del sociale hanno subìto una forte contrazione a dispetto delle tradizioni e finalità dell'ente;

   gli interventi a sostegno delle associazioni di volontariato, di beneficenza, del privato sociale della scuola a quanto consta agli interroganti sarebbero stati ridotti di circa il 2 per cento all'anno, nonostante la possibilità di poterli portare in deduzione attraverso un apposito bando annuale;

   per quanto risulta agli interroganti nel 2019 lo stanziamento del bando per l'acquisto di automezzi per le associazioni di volontariato e assistenza è stato dimezzato rispetto all'anno 2018, così come sono stati ridotti significativamente gli interventi per le scuole del privato sociale, che in Toscana rispondono alla copertura di circa il 50 per cento della domanda scolastica. Tutto ciò nonostante un documento approvato dal comitato di indirizzo e mai modificato metta al primo posto delle priorità proprio il sostegno alle scuole;

   dal 2018 l'ente che prima gestiva direttamente pochissimi interventi è passato alla gestione di diversi milioni di euro di interventi diretti, come quello sulla formazione dei dirigenti e funzionari scolastici, che poco ha a che vedere con le funzioni e gli scopi della Fondazione Crf. Altra anomalia da segnalare è il cospicuo aumento di stanziamento nel 2018 del settore protezione e qualità ambientale rispetto all'anno precedente, aumento che è stato quasi totalmente assorbito dalla Fondazione Bardini per la sistemazione della omonima villa, del parco e annessi;

   infine, analizzando i bilanci degli anni 2017 e 2018, si comprende come la Fondazione sia per molti comuni e in primis il comune di Firenze, uno strumento per finanziare progetti attraverso contributi diretti o indiretti per mezzo di enti controllati o partecipati dei comuni stessi, come ad esempio il contributo un milione di euro al Maggio musicale –:

   se il Governo, alla luce dei poteri di vigilanza in materia di fondazioni bancarie, sia a conoscenza dei fatti rappresentanti in premessa e, di quali elementi disponga circa i motivi per i quali la Fondazione Crf durante la pregressa gestione ha visto ridurre sensibilmente contributi fondamentali per il privato sociale, privilegiando altre scelte discutibili rispetto alla tradizionale vocazione e finalità dell'ente;

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire in futuro una gestione finanziaria della Fondazione il più possibile conforme alla vocazione originaria dell'ente.
(4-03290)

FAMIGLIA E DISABILITÀ

Interrogazione a risposta scritta:


   MANDELLI, PALMIERI e VERSACE. — Al Ministro per la famiglia e le disabilità, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, disciplina l'istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto;

   l'articolo 2, comma 9, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, ha previsto che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano stabilite le condizioni e le modalità alle quali è subordinata l'applicazione dell'aliquota del 4 per cento anche ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap;

   il decreto emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 14 marzo 1998, ha stabilito le condizioni e le modalità alle quali è subordinata l'applicazione dell'aliquota Iva ridotta al 4 per cento, ai sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l'integrazione dei soggetti portatori di handicap, non considerando però il collegamento internet ancora poco utilizzato all'epoca dell'emanazione;

   la delibera n. 46/17/CONS, emanata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in data 26 gennaio 2017 e pubblicata il 24 febbraio 2017, nel proporre «Misure specifiche e disposizioni in materia di condizioni economiche agevolate, riservate a particolari categorie di clientela, per i servizi di comunicazione elettronica da postazione fissa e mobile», prevede agevolazioni solo per portatori di disabilità sensoriali (non udenti e non vedenti) non estendendo le stesse agevolazioni a tutti i portatori di handicap;

   la stessa guida alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilità non esplicita l'applicazione dell'Iva al 4 per cento per i servizi internet, generando confusione;

   tutte le persone affette da «menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio» dovrebbero beneficiare dell'aliquota Iva al 4 per cento sui collegamenti ad internet fissi o mobili. Infatti, l'utilizzo di internet facilita: 1) la comunicazione interpersonale; 2) il controllo dell'ambiente (tutti i servizi di domotica e i nuovi «assistenti vocali», di noti marchi, hanno alle spalle infrastrutture che rendono obbligatoria la presenza di un collegamento internet); 3) l'accesso alla informazione e alla cultura;

   la stessa Autorità all'interno della «Sintesi della consultazione pubblica» ammetteva testualmente: «In ordine alla proposta di estensione ad altre categorie di disabili, preso atto della complessità del reperimento dei dati e delle informazioni necessarie a programmare un intervento mirato e proporzionale, l'Autorità si riserva di valutare, trascorsi sei mesi dall'entrata in vigore delle nuove misure, l'estensione di misure specifiche ad altri utenti disabili che soffrono di gravi patologie invalidanti», ma decorsi 6 mesi non ha provveduto in tal senso;

   nonostante il collegamento ad internet possa essere tranquillamente considerato un sussidio tecnico ed informatico (ai sensi della legge 28 febbraio 1997, n. 30 e del decreto del Ministero delle finanze – 14 marzo 1998), proprio il decreto 14 marzo 1998, poiché poco aggiornato, impedisce l'applicazione dell'Iva al 4 per cento –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, per sanare un'ingiusta disparità di trattamento in modo tale da facilitare l'autosufficienza e l'integrazione di tutti i soggetti portatori di handicap che soffrono di gravi patologie invalidanti, agevolando la fruizione dei servizi internet tramite l'equiparazione agli altri sussidi informatici per i quali è prevista l'applicazione dell'Iva al 4 per cento.
(4-03286)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MULÈ, SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 luglio 2019 il Governo, per voce del Sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi, ha risposto all'interpellanza n. 2-00433 presentata dalla deputata Jole Santelli ed illustrata dal primo firmatario del presente atto in relazione al comportamento della dottoressa Marisa Manzini, all'epoca dei fatti procuratore aggiunto di Cosenza ed oggi consulente della Commissione antimafia, e del senatore Nicola Morra, presidente protempore della Commissione antimafia;

   il sottosegretario Ferraresi sulla base della risposta fornita dal procuratore generale presso la corte d'appello di Catanzaro, dottore Otello Lupacchini, ha valutato corretto il comportamento della dottoressa Manzini, addebitando a mera casualità la straordinarietà degli orari e la circostanza che la stessa Manzini fosse pubblico ministero di turno;

   tale circostanza è smentita dalle dichiarazioni del teste ingegnere Gustavo Coscarella, già candidato a sindaco di Cosenza per il M5S e presente alla conversazione intercettata, il quale aveva dichiarato alla polizia giudiziaria, in sede di raccolta di sommarie informazioni, che prima della consegna alla stessa polizia giudiziaria del DVD ROM, il senatore Morra gli avrebbe riferito «che avrebbe parlato con la D.ssa Manzini (...), alla quale aveva già in precedenza rappresentato accadimenti processuali, per esporgli le circostanze oggetto di discussione con il Cirò» nel corso della conversazione oggetto di intercettazione ambientale da parte del medesimo senatore Morra;

   il rapporto «privilegiato» fra la stessa dottoressa Manzini ed il senatore Morra è confermato dalla circostanza che nel caso di altro esposto presentato dal medesimo senatore, sempre contro il comune di Cosenza ed il sindaco Mario Occhiuto, la denuncia risulta presentata personalmente da Morra presso la cancelleria della dottoressa Manzini al dottore Roberto Tuscolano, all'epoca dei fatti addetto alla segreteria del procuratore aggiunto, e non all'ufficio ricezione atti e denunce –:

   se risulti quanti degli esposti e delle denunce presentati dal senatore Morra siano stati attribuiti alla dottoressa Manzini e se risulti in questi casi seguito il criterio di attribuzione tabellare previsto dalla procura della Repubblica;

   se, alla luce dei fatti esposti, il Ministro non intenda approfondire la vicenda, assumendo le iniziative di competenza in relazione alla posizione della dottoressa Manzini, anche ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione disciplinare, considerato che a giudizio degli interroganti si profila il rischio che ciascuno possa scegliere il proprio pubblico ministero e qualsiasi pubblico ministero scegliere i processi e questa possa diventare una prassi presso le procure dei tribunali della Repubblica Italiana.
(4-03292)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   UBALDO PAGANO e LACARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   secondo diversi organi di stampa locali, dal 14 luglio 2019 Rete ferroviaria italiana (Rfi) avrebbe disposto la sostanziale disabilitazione della stazione ferroviaria di Brindisi che, dunque, non sarà più presenziata;

   la suddetta riduzione del controllo della stazione di Brindisi sarà compensata dal controllo da remoto della stazione di Bari;

   la decisione, giunta nell'ambito del processo di modernizzazione e innovazione tecnologica della rete, porterà alla perdita di dieci posti di lavoro (4 capistazione, 3 operatori di circolazione e 3 addetti all'annuncio);

   a ciò si aggiungono gravissimi disagi dovuti all'allungamento dei tempi per la movimentazione di merci, mettendo in seria difficoltà la competitività dello scalo;

   perdipiù, considerato che per Brindisi transitano vagoni cisterna che trasportano merci pericolose, l'assenza di capistazione non potrà che rendere più lunghi non solo i tempi di movimentazione, ma anche quelli di stallo in stazione (sita in pieno centro cittadino), con tutti i rischi che ne conseguono sul profilo della sicurezza;

   Rfi ha assunto tale decisione senza prevedere un minimo di interlocuzione con i rappresentanti delle autorità locali e nazionali di riferimento, né prestando ascolto agli appelli mossi dalle organizzazioni sindacali, i quali hanno fatto notare che tutto questo avrebbe avuto un senso se fosse entrato in funzione il raccordo ferroviario (con il transito di merci pericolose fuori dal centro abitato) che, però, non è mai stato completato –:

   se intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, per verificare eventuali rischi per l'incolumità dei cittadini brindisini derivanti dalla decisione summenzionata;

   se ritenga opportuno, per quanto di competenza, avviare e coordinare un confronto aperto ai rappresentanti delle istituzioni locali e ai parlamentari del territorio interessati alla questione, al fine di ridiscutere i termini della decisione assunta da Rfi.
(4-03281)

INTERNO

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   con riferimento al comparto sicurezza e, segnatamente, alla polizia in forza sul territorio della regione siciliana, si registra una grave carenza negli approvvigionamenti delle divise di ricambio. È appena il caso di ricordare che le temperature in Sicilia dal mese di giugno al mese di settembre superano quasi sempre i 30 gradi centigradi con picchi abbastanza frequenti che oscillano tra i 35 ed i 40 gradi centigradi. In assenza di approvvigionamenti, il personale in servizio non può indossare le divise invernali per ovvie ragioni di natura igienica. La Questura di Palermo, secondo quanto riportato da fonti di stampa e quanto denunciato dal comparto sicurezza della UIL, ha già comunicato ai competenti uffici dipartimentali la mancanza di divise e l'assoluta urgenza che si proceda con gli approvvigionamenti –:

   quando si intenda provvedere in relazione alle richieste inoltrate ai competenti dipartimenti al fine di consentire che il personale della polizia di Stato in questi mesi di clima avverso per il forte caldo possa assolvere i propri compiti indossando le divise ufficiali e senza dover ricorrere all'utilizzo di diversi capi di vestiario che comportano difformità di abbigliamento con conseguenti disagi a discapito dell'immagine della polizia di Stato.
(2-00452) «Varchi».

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNO BOSSIO, PEZZOPANE, LIBRANDI, MIGLIORE e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale del 10 agosto 2016 sono state disciplinate le modalità di accesso da parte degli enti locali ai finanziamenti del fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo per la predisposizione dei servizi di accoglienza per i richiedenti e i beneficiari di protezione internazionale e per i titolari del permesso umanitario, e sono state approvate le linee guida per il funzionamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar);

   in base all'articolo 2, comma 4, del citato decreto ministeriale il Ministro dell'interno procede, in relazione alle esigenze di accoglienza, all'assegnazione delle risorse disponibili del fondo;

   in base all'articolo 2, comma 2, del citato decreto ministeriale è istituita, con provvedimento del capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, una commissione ai fini della valutazione delle nuove proposte progettuali di accoglienza Sprar presentate dagli enti locali per la concessione del finanziamento, nonché per l'autorizzazione alla prosecuzione dei progetti già in essere;

   in base all'articolo 5, comma 2, dell'allegato del citato decreto il contributo, sulla base dei principi della contabilità generale dello Stato, viene assegnato distintamente per ciascun anno di durata; con decreto ministeriale 20 dicembre 2016 sono state assegnate le risorse agli enti locali che hanno presentato domanda di prosecuzione nell'ambito dei progetti Sprar per il triennio 2017-2019 sulla base delle risorse disponibili sui capitoli 2311 p.g.1, 2352 p.g.1;

   con decreto ministeriale del 29 maggio 2017, sono state assegnate le risorse agli enti locali che hanno presentato, entro il 31 marzo 2017, domanda per avviare un progetto di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nell'ambito dello Sprar per il triennio 1° luglio 2017 - 30 giugno 2020 sulla base delle risorse disponibili sui capitoli 2311 p.g.1, 2352 p.g.1 e 3;

   con decreto ministeriale del 28 dicembre 2017, errata corrige del 29 dicembre 2017, sono state assegnate le risorse agli enti locali che hanno presentato, entro il 30 settembre 2017, domanda per avviare un progetto di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nell'ambito dello Sprar per il triennio 2018-2020 sulla base delle risorse disponibili sui capitoli 2311 p.g.1, 2352 p.g.1 e p.g.3;

   con decreto ministeriale del 28 dicembre 2017, errata corrige del 29 dicembre 2017, è stata approvata la rideterminazione del contributo per gli enti locali che, in base all'articolo 22, comma 5, del decreto ministeriale 10 agosto 2016, hanno richiesto la variazione della capacità di accoglienza per il triennio 2018-2020, finanziata in base alle risorse disponibili sui capitoli 2311 p.g.1, 2352 p.g.1 e p.g.3;

   nell'arco delle precedenti annualità, la prima tranche del contributo annuo assegnato è stata erogata agli enti titolari dei progetti, nell'arco del primo semestre;

   alla data odierna e cioè dopo ben 7 mesi non è stata trasferita alcuna risorsa agli enti titolari dei progetti per l'annualità 2019 –:

   quali siano le ragioni del richiamato ritardo nell'erogazione della prima tranche del contributo per l'anno 2019;

   se tale ritardo risponda ad una precisa scelta politica del Governo, scelta che, ad avviso degli interroganti mette in difficoltà l'importante rete di accoglienza e integrazione posta in essere dagli enti locali, e quali saranno i tempi di erogazione definitiva delle risorse per assicurare piena operatività ai progetti.
(3-00868)

Interrogazione a risposta scritta:


   CALABRIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi sei mesi nel nord del Lazio, nella zona che dalla costa, intorno a Ladispoli, raggiunge il Lago di Bracciano, sono stati rubati circa 80 cavalli;

   secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni, a entrare in azione sarebbe una banda composta da almeno cinque persone più un autista;

   il timore dei numerosi allevatori colpiti dai furti è che gli animali siano destinati a un giro di macelli clandestini;

   molti dei cavalli rubati sono da sella e di razza, utilizzati soprattutto per attività con principianti, bambini e disabili, svolgono quindi un'importante funzione sociale;

   i cavalli rubati sono tutti «non DPA» (non destinabili all'alimentazione umana);

   molti dei cavalli rubati sono stati trattati con medicinali veterinari estremamente pericolosi e qualora gli animali fossero destinati clandestinamente alla macellazione e quindi all'alimentazione umana causerebbero gravi danni alla salute pubblica;

   il furto di cavalli e di bestiame, un tempo regolamentato dalla legge sull'abigeato, è stato depenalizzato –:

   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere per arginare questa ondata di furti e se intenda assumere iniziative normative per incrementare le pene per il furto di animali.
(4-03280)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   CUNIAL, GIANNONE e VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la procura di Milano ha appena concluso un'indagine che fornisce un quadro devastante: professori che manovrano milioni di euro di fondi pubblici, donazioni private, raccolta del 5 per mille, sono stati scoperti ad «aggiustare» la documentazione poi pubblicata dalle più prestigiose riviste scientifiche internazionali (il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2019);

   i professori indagati sono Pier Paolo Di Fiore (dell'Ifom, il centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare), Alberto Mantovani (dell'Humanitas, l'istituto di ricerca e cura della famiglia Rocca), Pier Giuseppe Pelicci (dello Ieo, l'Istituto europeo di oncologia fondato da Umberto Veronesi), Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti (dell'Istituto nazionale dei tumori). Questi, secondo i pm, hanno manovrato finanziamenti milionari, provenienti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal Ministero della salute, dall'istituto superiore di sanità, dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Hanno ricevuto, solo nel periodo analizzato dalla procura, tra il 2005 e il 2012, cifre altissime: 9,37 milioni di euro Di Fiore; 3,06 milioni di euro Mantovani; 1,48 milioni di euro Pelicci; 3,60 milioni di euro Pierotti;

   «Dalla prima analisi di polizia giudiziaria sui centri di ricerca milanesi», scrivono i pm, «emergevano nove pubblicazioni, consultabili liberamente, che contengono manipolazioni, più o meno gravi, delle immagini attestanti i presunti esperimenti». Altre indagini scoprivano «ulteriori 17 pubblicazioni che contenevano manipolazioni delle immagini». Poi i due consulenti scientifici incaricati dalla procura di Milano hanno analizzato «159 articoli scientifici riferibili agli autori in trattazione e contenenti immagini ottenute con la tecnica della gel elettroforesi». Dopo aver ridotto il campo a un campione più ristretto, hanno concluso che «sulle 32 analizzate, 25 pubblicazioni scientifiche sono risultate oggetto di manipolazione»;

   secondo i pm, dalle analisi di polizia giudiziaria sui centri di ricerca milanesi, diverse pubblicazioni scientifiche contengono manipolazioni, più o meno gravi. In sostanza si tratta di vere e proprie frodi scientifiche perpetrate da noti professionisti ai danni dello Stato e dei contribuenti. Ma la procura deve archiviare: in Italia questo non è reato. Manca infatti una legge che consenta di tutelare l'attendibilità e la credibilità delle pubblicazioni scientifiche;

   si sono costituite come parti civili nell'inchiesta, dunque come «persone offese» dagli indagati, l'associazione di consumatori Codacons, l'Associazione italiana per i diritti del malato, l'istituto nazionale dei tumori di Milano e, infine, l'Airc, l'associazione italiana per la ricerca sul cancro, che gestisce ogni anno milioni di fondi dedicati agli studi sui tumori. Su quest'ultima però i pm milanesi hanno segnalato che «gli evidenti conflitti d'interesse all'interno di Airc, la cui commissione consultiva scientifica decide sulla destinazione dei finanziamenti (raccolti in prevalenza con il meccanismo del 5 per mille) a favore di studi scientifici condotti dagli stessi componenti» –:

   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di competenza, per far luce sulla vicenda, garantendo alla collettività che tali soggetti non ricevano più finanziamenti pubblici a danno dei contribuenti e della ricerca stessa;

   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per delineare una nuova normativa, più severa ed efficace per assegnare fondi pubblici alla ricerca;

   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per garantire l'indipendenza e la libertà di ricerca, la meritocrazia all'interno dei laboratori e un'equa assegnazione dei finanziamenti pubblici.
(4-03279)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


   MURELLI, ZOFFILI, FERRARI, LOCATELLI, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI e PICCOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di giugno 2019 la società Husqvarna Italia spa, con sede in Valmadrera (Lecco), operante nel settore della produzione di attrezzi per la cura del giardino, ha comunicato l'intenzione di avviare la procedura di licenziamento collettivo per 81 unità, ai sensi dell'articolo 24, commi 1, 4, e 5, della legge n. 223 del 1991, per cessazione di attività di produzione;

   Husqvarna è una multinazionale svedese che opera in diversi settori merceologici; è presente anche un sito a Lonato (Brescia), ove si produce un prodotto specifico: filo diamantato per dischi da taglio;

   nello stabilimento di Valmadrera (Lecco), è presente la divisione relativa alla fabbricazione di macchine per l'agricoltura, la silvicoltura e la zootecnia, specializzata nella produzione di motoseghe e tosaerbe a marchio «McCulloch», ove sono occupati complessivamente 102 dipendenti, di cui 39 impiegati e 63 operai;

   la decisione di procedere alla riduzione di personale sembra sia dovuta sia a un crescente andamento involutivo dei dati di bilancio degli ultimi esercizi, dovuto alla scarsa profittabilità del prodotto, che a una strutturale e irreversibile negatività degli scenari dei mercati, sia nazionale che esteri, anche a causa della concorrenza cinese;

   le 81 unità di personale in eccedenza interessano 63 operai e 19 impiegati, con un'età media avanzata che ne complica la ricollocazione lavorativa;

   i lavoratori coinvolti sono in stato di agitazione (proteste, scioperi e presìdi); con rabbia e frustrazione denunciano l'impegno e la dedizione prestata per anni per fornire un prodotto di qualità e l'importanza del processo produttivo rispetto all'attività commerciale e impiegatizia –:

   se il Governo non ritenga urgente convocare un tavolo istituzionale per valutare la situazione dello stato di crisi e se e quali iniziative di competenza intenda adottare per favorire la ricollocazione occupazionale dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo.
(5-02474)


   SERRACCHIANI, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 luglio 2019, in merito alla vertenza ex Ilva ora Arcelor Mittal, il Vicepremier e Ministro del lavoro e dello sviluppo economico Luigi Di Maio, ha, come riportato dagli organi di informazione, testualmente affermato: «Voglio essere ben chiaro, non esiste alcuna possibilità che torni l'immunità penale per gli amministratori dello stabilimento pugliese.»;

   lo stesso Ministro ha poi sostenuto di aver detto al gruppo siderurgico che «la dirigenza dell'azienda non ha nulla da temere dal punto di vista legale se dimostra buona fede continuando nell'attuazione del piano ambientale» e che «se si chiede di precisare questo concetto attraverso interpretazioni autentiche anche per norma, siamo assolutamente disponibili»;

   è evidente che di fronte ad una norma primaria che non c'è più ben poco valore può avere una dichiarazione di un Ministro su una presunta esegesi della stessa;

   si tratta di una questione delicata e controversa, anche in considerazione del dibattito che si è sviluppato e della preoccupazione crescente da parte delle organizzazioni sindacali fermo restando che l'orizzonte di chiusura degli impianti potrebbe rimanere il 6 settembre 2019, come da affermazioni dell'azienda;

   va verificato se corrisponda al vero che il contratto sottoscritto nel mese di settembre 2018 dal Ministro interrogato contenga al suo interno la perdita dell'immunità come causa risolutiva del contratto stesso;

   si apprende inoltre che la procura della Repubblica di Taranto ha ordinato lo spegnimento dell'Altoforno numero 2, dell'impianto di Taranto, in quanto alcune prescrizioni imposte a seguito di un incidente mortale avvenuto nel 2015 risulterebbero non attuate o non attuate soltanto in parte;

   in gioco ci sono i destini di migliaia di lavoratori e la collocazione in cassa integrazione per 1400 dipendenti rappresenta un pessimo segnale per il futuro –:

   anche alla luce delle ultime dichiarazioni rilasciate dal Ministro interrogato e delle conseguenze delle decisioni della procura, quali rischiano di essere le conseguenze occupazionali per i lavoratori Arcelor Mittal su tutto il territorio nazionale a partire da Taranto.
(5-02475)


   FATUZZO, ZANGRILLO, POLVERINI e ROTONDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio 2019-2021), nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il «Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza», con una dotazione pari a 7.100 milioni di euro per l'anno 2019, a 8.055 milioni di euro per l'anno 2020 e a 8.317 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021;

   successivamente, con il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni è stata istituita la misura denominata «pensione di cittadinanza»;

   l'Inps quale soggetto erogatore ha in merito emanato due circolari: la n. 43 del 20 marzo 2019 e la n. 100 del 5 luglio 2019;

   la pensione di cittadinanza è rivolta ai nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari a 67 anni;

   nel corso dei mesi dall'entrata in vigore della richiamata normativa varie stime e analisi hanno descritto le misure del reddito e della pensione di cittadinanza come fallimentari; a titolo esemplificativo si veda quanto pubblicato il 9 maggio 2019 da Il Messaggero secondo cui solo il 3 per cento della platea con trattamenti pensionistici inferiori a 780 euro mensili avrebbe potuto accedere alla misura della pensione di cittadinanza;

   attualmente il monitoraggio e la pubblicazione di informazioni e dati aggregati, aggiornati al 31 maggio 2019, riguardano esclusivamente il reddito di cittadinanza, senza alcuna specifica per la misura della pensione di cittadinanza –:

   a quanto ammonti il numero di pensioni di cittadinanza erogate da Inps e il numero delle domande respinte al 30 giugno 2019 nonché l'importo medio mensile liquidato, ripartito per fasce di entità: fino a 50 euro mensili; da 50 a 100 euro mensili; da 100 a 200 euro mensili; da 200 a 400 euro mensili e da 400 a 780 euro mensili.
(5-02476)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'indagine giudiziaria che il 27 giugno 2019 ha portato a 29 indagati e a misure cautelari per 18 persone, ha fatto emergere uno scenario raccapricciante sulla rete dei servizi sociali della Val d'Enza nel reggiano, accusati, tra l'altro, di redigere false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito presso amici o conoscenti;

   le misure cautelari hanno visto coinvolti politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti di una onlus di Torino, coinvolti in un business criminale sull'affidamento di minori tolti alle famiglie per poi mantenerli in affido e sottoporli a un circuito di cure private a pagamento di una onlus piemontese;

   l'inchiesta «Angeli e demoni» sugli affidi illeciti di minori, che vede al centro la rete dei servizi sociali della Val D'Enza, accusati di aver redatto false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti, chiama in causa anche figure apicali del territorio reggiano come Fausto Nicolini, direttore generale dell'Ausl di Reggio Emilia accusato di concorso in abuso d'ufficio con altri quattro indagati tra questi la dirigente dei servizi sociali della Val d'Enza Federica Anghinolfi e il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti;

   secondo l'accusa, in un incontro fra il direttore generale Nicolini con altri quattro indagati avvenuto il 10 dicembre 2018 in violazione del codice degli appalti del 2016 e delle connesse linee guida dell'anticorruzione, avrebbero dato «illecita prosecuzione» al servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40 mila euro procurando un ingiusto vantaggio al centro studi «Hansel e Gretel»;

   sempre secondo l'accusa detti soggetti si sarebbero accordati in due distinti documenti uno del 21 dicembre 2018 che aveva come preventivo di spesa 57.200 euro nei 2019 e 23.070 nel 2020 e uno dei 2-3 gennaio 2019, che aveva per oggetto le medesime prestazioni, «ma con un ulteriore escamotage di spacchettare ulteriormente l'importo complessivo del servizio di psicoterapia per un periodo di sei mesi per l'importo di 28.600 euro». Questo, secondo gli inquirenti, «abbassando fraudolentemente il valore del servizio al di sotto della soglia che avrebbe necessitato di una procedura ad evidenza pubblica»;

   gli appalti dell'Ausl di Reggio devono dunque passare adesso sotto una lente di ingrandimento, così come non è accettabile che l'azienda sanitaria locale sia rappresentata da chi è indagato nella suddetta inchiesta –:

   se il Governo non ritenga urgente promuovere verifiche da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica nonché dell'ispettorato per la funzione pubblica in relazione alla situazione dell'azienda sanitaria locale di Reggio Emilia, alla luce delle criticità esposte in premessa, e in particolare con riferimento agli appalti e alle gare che vedono interessata la medesima Ausl.
(4-03291)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   PAITA, MORETTO e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del Cipe n. 65 del 2 ottobre 2015 risultano essere stati stanziati dall'allora Governo Renzi risorse pari a 2,2 miliardi di euro per la banda ultra larga in Italia a cui devono aggiungersi gli 800 milioni di euro di fondi comunitari divenuti disponibili grazie ai risparmi sui bandi già svolti;

   complessivamente risultano esservi circa 3 miliardi di euro per investimenti in uno dei settori strategici per il futuro del nostro Paese come appunto la banda larga;

   suddetti stanziamenti dovrebbero essere destinati, da un lato, alla posa di cavi in fibra ottica nelle aree cosiddette «a fallimento di mercato» e cioè in aree nelle quali gli investitori privati non vanno per mancanza di ritorno economico e, dall'altro, all'emissione di voucher per sostenere i consumatori all'acquisto di connessioni veloci;

   questa doppia direzione di investimento ha posto all'inizio dei problemi con l'Unione europea poiché rischiavano di essere intesi come possibili aiuti di Stato;

   dopo una lunga trattativa, alla fine, Bruxelles ha accettato l'impostazione dei Governi Renzi e Gentiloni, sia per quanto riguarda il sostegno per la fibra nelle aree a fallimento di mercato, sia per quanto riguarda i voucher per i consumatori finali;

   ad un anno di distanza dall'insediamento dell'attuale Governo il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora avviato le procedure per l'utilizzo delle risorse di cui sopra;

   l'Italia ha sicuramente compiuto passi da gigante negli ultimi anni in questo campo, ma risulta ancora essere in ritardo nella graduatoria della digitalizzazione;

   si apprende dagli organi di informazione che sarebbe stata effettuata una simulazione compiuta da Infratel Italia che avrebbe ipotizzato di limitare l'uso dei voucher a scuole, centri per l'impiego e piccole imprese, tagliando fuori del tutto il consumatore finale;

   qualora fosse questo l'orientamento del Governo ci si troverebbe di fronte ad una scelta sbagliata che penalizzerebbe il nostro Paese, considerata la debole domanda degli utenti –:

   quali siano le ragioni del mancato utilizzo delle risorse di cui in premessa, quali iniziative intenda assumere celermente per il loro sblocco e quali siano gli orientamenti del Governo rispetto all'impiego dei voucher per sostenere i consumatori nell'acquisto di connessioni veloci al fine di rafforzare il processo di digitalizzazione del Paese.
(5-02478)


   ZANELLA, SOZZANI e MULÈ. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il termine per la presentazione dell'offerta vincolante per Alitalia da parte di Ferrovie dello Stato italiane scade il prossimo 15 luglio, termine questo già prorogato dal 15 giugno, e ancora prima dal 30 aprile;

   la decisione del Ministro interrogato, già ampiamente prevista come nelle tre proroghe precedenti, avrebbe lo scopo – come dichiarato nella nota del 14 giugno scorso – di «permettere il consolidamento del consorzio acquirente con i soggetti che sinora hanno manifestato il proprio interesse»;

   secondo fonti del Ministero dello sviluppo economico, si veda il Corriere della Sera del 10 luglio 2019, il Governo punterebbe a una nazionalizzazione di Alitalia costituendo una nuova società con capitale a maggioranza pubblica e più specificatamente del Ministero dell'economia e delle finanze e di Ferrovie dello Stato italiane, rispettivamente con partecipazioni pari al 15 per cento e al 35 per cento;

   sembrerebbe certo, sempre da fonti giornalistiche e ministeriali, l'impegno di Delta Airlines di sottoscrivere il 10 per cento delle quote, mentre appare del tutto incerta l'identità degli altri soggetti che dovrebbero acquisire il restante 40 per cento delle quote della «newco»;

   al momento risulta agli interroganti che il Ministero e l’advisor Mediobanca avrebbero rigettato le proposte avanzate dal presidente della SS Lazio, Claudio Lotito, e dal patron della compagnia aerea colombiana Avianca, German Efromovich;

   da settimane circola, altresì, il nome del gruppo Atlantia già azionista di Autostrade per l'Italia e Aeroporti di Roma, la cui partecipazione sarebbe, sempre secondo gli organi di stampa, sostenuta dai vertici di almeno una delle due forze di Governo, nonché da ultimo un interessamento anche da parte del gruppo Toto;

   sembrerebbe inoltre che dai vertici di Delta e così dagli altri potenziali azionisti vi sarebbe la propensione a includere nella compagine anche Atlantia, nonostante i veti espressi dal Ministro interrogato, con particolare veemenza contro il gruppo e la famiglia Benetton in correlazione al tragico evento del crollo del Viadotto Polcevera –:

   se corrisponda a verità la sollecitazione a far partecipare anche Atlantia nella compagine societaria della «newco» e se il Ministro interrogato abbia cambiato opinione nei confronti del gruppo azionista di Autostrade per l'Italia.
(5-02479)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, RAFFA, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 3 giugno 2016 è stato pubblicato il primo bando per la realizzazione della rete in fibra nelle cosiddette «aree bianche», quelle a fallimento di mercato, e grigie raggruppate nei cluster C e D previsti dal piano nazionale banda ultralarga. Il bando è diviso in cinque lotti riguardanti sei regioni: Abruzzo, Molise, Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto;

   il bando riguarda la progettazione, realizzazione, manutenzione e gestione di una rete passiva e attiva di accesso in modalità wholesale, che consenta agli operatori di telecomunicazione di fornire servizi agli utenti finali a 100 Mbps e comunque non al di sotto dei 30 Mbps. La rete sarà data in concessione per 20 anni e rimarrà di proprietà pubblica;

   il 24 agosto 2016 è stato pubblicato il secondo bando, suddiviso in sei lotti funzionali, concernente le regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Lazio, Basilicata, Campania, Umbria, Sicilia, Marche, Liguria e la Provincia di Trento;

   il terzo bando di gara, relativo all'aggiudicazione dei lotti riguardanti le tre regioni rimanenti (Puglia, Calabria e Sardegna) è stato pubblicato il 17 aprile 2018, la gara è stata aggiudicata il 30 gennaio 2019;

   le gare sono state aggiudicate al concessionario Open Fiber tenuto a completare la realizzazione della infrastruttura di rete pubblica entro 36 mesi dalla firma della concessione, per il primo bando dunque entro il 2020;

   a seguito della firma del contratto di concessione tra Infratel e Open Fiber di giugno, novembre 2017 e dicembre 2018 sono state avviate l'attività di progettazione definitiva per i comuni e la verifica della progettazione esecutiva ed è avvenuto il successivo avvio di lavori ove siano state ottenute le autorizzazioni necessarie dagli enti competenti;

   una volta completata la messa a punto delle opere in tutto il territorio, Infratel procederà di fatto al collaudo delle medesime e al rilascio della concessione alla società Open Fiber, la quale successivamente renderà disponibile la rete realizzata a tutti gli operatori;

   dal sito Infratel Italia «Status progetto BUL nazionale modello a concessione – aggiornamento luglio 2019» risultano 166 lavori completati su 7.430 comuni –:

   alla luce di quanto esposto in premessa, quali siano i motivi del mancato collaudo riguardanti i 166 comuni che hanno completato i lavori e quanti collaudi e con quali esiti siano stati ad oggi terminati.
(5-02480)


   CAPITANIO e MACCANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Facebook ha annunciato l'intenzione di lanciare, a partire dal 2020, una propria valuta digitale chiamata «Lybra»;

   da fonti di stampa si apprende che tale moneta sarà gestita da un consorzio che vede coinvolti vari soggetti, tra cui Paypal, Uber, eBay, Visa e MasterCard;

   stando a quando annunciato da Facebook, «Lybra» dovrebbe utilizzare la blockchain (e quindi il sistema dei registri distribuiti), alla stregua delle altre criptovalute (come bitcoin) già esistenti oggigiorno, con un ruolo preminente riconosciuto ai consorziati quali garanti e supervisori delle transazioni effettuate;

   a differenza delle altre valute digitali, «Lybra» potrebbe avere effetti dirompenti sul mercato, sia dal punto di vista strettamente digitale che da quello valutario, perché legata a Facebook, social network che conta oltre due miliardi di utenti –:

   quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per controllare e gestire la diffusione di nuovi sistemi digitali alla luce di quanto evidenziato in premessa.
(5-02481)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LUCA, MIGLIORE e TOPO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la società Jabil Circuit Italia S.r.l. è la filiale italiana di Jabil Circuit Inc., multinazionale americana attiva nel settore delle telecomunicazioni e della produzione di componenti elettronici;

   Jabil è presente a Marcianise (Caserta), a partire dalla fine degli anni Novanta attraverso l'acquisizione degli stabilimenti produttivi di Marconi Sud s.p.a. (542 dipendenti), Nokia/Siemens (350 dipendenti) ed Ericsson (380 dipendenti);

   in circa 20 anni di presenza sul territorio nazionale, Jabil ha effettuato lavorazioni non solo per conto dei clienti già coinvolti nelle cessioni di ramo d'azienda (Marconi Sud s.p.a. Nokia/Siemens ed Ericsson), ma anche per importanti gruppi industriali come Finmeccanica (Ansaldo, Selex, Elsag), Enel, Ducati Energia e altri;

   in considerazione della particolarità del mercato, fortemente concorrenziale, in cui opera suddetto gruppo con la competizione con Paesi stranieri con costo del lavoro molto basso (asiatici e dell'est europeo) si è purtroppo registrata una progressiva riduzione delle commesse affidate al sito produttivo campano;

   a partire dal 2011, Jabil non ha mostrato grande attenzione industriale per lo stabilimento di Marcianise, preferendo piuttosto incrementare lo sviluppo di attività aziendali verso i Paesi dell'est europeo;

   ciò ha determinato un crescente esubero strutturale del personale, con l'avvio – a partire dal 2017 – di un profondo percorso di ristrutturazione aziendale, che ha visto Jabil tentare, senza successo, un percorso volto ad allargare il proprio mercato di riferimento e ad individuare nuove opportunità di reimpiego di una parte dei lavoratori in altre aziende presenti nel territorio casertano;

   a seguito della presentazione del nuovo piano industriale per il sito di Marcianise, che prevedeva un progetto di reindustrializzazione e di ricollocazione del personale in eccedenza, è stata avviata la Cassa integrazioni guadagni straordinari la cui proroga scadrà il 23 settembre 2019;

   il 24 giugno 2019, durante l'incontro convocato da Jabil presso la sede di Confindustria Caserta, l'azienda ha annunciato la procedura di licenziamento collettivo per 350 dei 794 lavoratori;

   in una nota, il gruppo ha definito tale decisione «essenziale per assicurare l'operatività futura del sito di Marcianise in un ambiente di mercato altamente concorrenziale»;

   da ultimo, in data 27 giugno 2019, si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico una riunione del tavolo di crisi con azienda e sindacati proprio sulla «vertenza Jabil», presieduto dal vice capo di gabinetto Giorgio Sorial;

   suddetto tavolo – che ha registrato quella che gli interroganti giudicano l'incomprensibile assenza del Ministro Di Maio – non ha però prodotto alcun passo avanti verso l'auspicata risoluzione di tale delicatissima vertenza;

   la prospettiva di drastica riduzione del personale dipendente dello stabilimento di Marcianise rappresenterebbe un gravissimo depauperamento produttivo ed occupazionale, con pesantissime ricadute sociali che il territorio della provincia di Caserta, già duramente colpito dalle conseguenze di crisi industriali e da decisioni di numerose aziende di abbandonare i siti presenti, non può assolutamente permettersi –:

   quali siano le ragioni che hanno indotto il Ministro a non prendere parte all'ultima riunione del tavolo di crisi e se non ritenga, in considerazione della drammaticità della crisi, di convocare, con la massima urgenza, un nuovo tavolo di confronto coinvolgendo i vertici della società Jabil Circuit Italia S.r.l., le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché sia sospesa immediatamente la procedura di licenziamento collettivo e sia predisposto un nuovo piano industriale che garantisca il rilancio produttivo dello stabilimento di Marcianise, salvaguardando integralmente gli attuali livelli occupazionali.
(5-02472)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Ianaro e D'Uva n. 1-00193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Iezzi.

Apposizione di una firma
ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Gallo e Di Lauro n. 7-00272, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Iovino.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Lombardo e altri n. 2-00446, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Alaimo.

  L'interpellanza urgente Adelizzi e altri n. 2-00450, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Licatini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in commissione Plangger e Cunial n. 5-02283, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Giannone.

  L'interrogazione a risposta scritta Azzolina e altri n. 4-03219, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Trizzino, Sarli.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Ascari e altri n. 3-00864, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Spadoni.

  L'interrogazione a risposta orale Zoffili e altri n. 3-00858, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Liuni, Molinari.

  L'interrogazione a risposta scritta Barbuto e altri n. 4-03275, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Azzolina.

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Rampelli n. 4-02400 del 5 marzo 2019;

   interrogazione a risposta in Commissione Paita n. 5-02390 del 28 giugno 2019;

   interrogazione a risposta orale Bellucci n. 3-00837 del 1° luglio 2019;

   interrogazione a risposta orale Ascari n. 3-00840 del 2 luglio 2019.

Ritiro di una firma
da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Adelizzi e altri n. 2-00450, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2019: è stata ritirata la firma del deputato Galantino.

Ritiro di una firma ad una risoluzione
e cambio presentatore.

  Risoluzione Cardinale ed altri n. 7-00237, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 206 del 10 luglio 2019: è stata ritirata la firma della deputata Cardinale e, conseguentemente, la risoluzione deve intendersi presentata dalla deputata Gadda.