XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
il contributo dei professionisti al prodotto interno lordo italiano, secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, è del 12,4 per cento ed è cresciuto dai 188 miliardi di euro del 2011 ai 207 miliardi di euro del 2016;
in base al Rapporto 2018 sulle libere professioni – curato dall'Osservatorio sulle libere professioni – queste coprono il 26 per cento del mercato del lavoro indipendente, occupando circa 900 mila dipendenti;
l'Italia, anche per il 2017, si è attestata quale Paese europeo con il maggior numero di liberi professionisti: con oltre 1,4 milioni di unità, nel nostro Paese, si concentra, infatti, il 19 per cento dei professionisti censiti nei 28 Paesi dell'Unione europea;
l'elevata specializzazione è uno degli elementi che maggiormente caratterizzano la libera professione, che abbraccia una realtà estremamente articolata: dalle discipline artistiche alla consulenza aziendale, dalle scienze umane alle professioni tecniche, dai servizi alla persona alle funzioni di supporto amministrativo; i professionisti italiani rappresentano l'architrave del mercato dei servizi che si rivolge ai cittadini privati come alle imprese, al settore primario come alla pubblica amministrazione;
i professionisti dell'area legale, medica e amministrativa rappresentano lo «zoccolo duro» della libera professione in Italia, costituendo quasi un terzo dell'universo professionale. Il numero degli avvocati sfiora le 200 mila unità, i medici sono circa 139 mila, mentre i consulenti aziendali si attestano a 119 mila unità. Seguono architetti (95 mila), ingegneri (73 mila) e psicologi (55 mila). Agronomi e notai chiudono la classifica, rispettivamente, con 6 mila e 4 mila professionisti;
se il fatturato complessivo dei liberi professionisti è cresciuto negli ultimi sei anni, anche i redditi medi delle professioni ordinistiche confermano una dinamica positiva, fortunatamente;
secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, il volume di affari dei professionisti è passato dai 188 miliardi di euro del 2011 ai 207 miliardi di euro del 2016, segnando una leggera contrazione tra il 2015 e il 2016 che ha limato al 12,4 per cento (da 12,8 per cento) il contributo dei professionisti al prodotto interno lordo. Altro criterio è quello utilizzato dal Sose (riferito ai soggetti interessati dagli studi di settore) che al 2016 fissa il reddito medio dei professionisti sui 52 mila euro, in crescita del 12 per cento rispetto al 2015;
tuttavia, il campo è connotato da alcune criticità: tra i rischi cui è esposta l'attività professionale nella percezione degli interessati si individuano, in particolare, quelli connessi al contesto politico normativo e al framework regolativo entro il quale agiscono le imprese, quelli connessi a fattori di mercato, con specifico riguardo alla concorrenza, da un lato, e alla domanda di servizi, dall'altro; come anche quelli connessi all'evoluzione tecnologica, fattore che in misura crescente interviene sul mercato, creando nuove opportunità e finanche nuove professioni, ma anche con effetti di spiazzamento;
l'VIII Rapporto sulla previdenza privata elaborato dal Centro studi dell'Adepp (Associazione degli enti di previdenza privati) analizza i redditi dei professionisti iscritti alle casse di previdenza, tenendo conto delle dichiarazioni presentate nel corso degli anni; in esso emergono differenze notevoli sul piano reddituale in ragione del dato geografico; il report mostra in particolare disparità per i redditi nel Sud Italia; si evidenzia che qui il reddito dichiarato dai liberi professionisti è mediamente del 38 per cento inferiore al reddito dichiarato dai professionisti di altre parti del Paese, con punte estreme come quella dei professionisti della Calabria, che dichiarano un reddito del 60 per cento inferiore a quello dichiarato dei colleghi del Trentino-Alto Adige;
la tassazione – avvertita come troppo elevata – rappresenta la principale minaccia cui, poi, è esposta l'attività professionale; sono stati cancellati nella XVII legislatura gli aumenti dell'aliquota previdenziale della «riforma Fornero», prevista sopra il 33 per cento per il 2018, tenuta ferma al 27 per cento per due anni e finalmente resa stabile al 25 per cento con la legge di bilancio per il 2017;
è fondamentale potenziare il sostegno ai liberi professionisti, non solo quanto alla tassazione, ma anche offrendo servizi dedicati alla consulenza e orientamento su fisco e welfare, nonché tutele concrete nei contratti commerciali e nei casi di ritardati pagamenti;
la giustizia europea ha recentemente riconosciuto il diritto dei lavoratori autonomi ad essere titolari di un assegno di disoccupazione, al pari dei lavoratori dipendenti;
la legge 22 maggio 2017, n. 81, modifica la disciplina del congedo parentale per le lavoratrici e i lavoratori autonomi iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Nello specifico, si prolunga il congedo parentale da 3 a 6 mesi, fruibile non più entro il primo, ma entro il terzo anno di vita del bambino, e si estende la possibilità di riceverlo in base ai contributi versati; si consente alle lavoratrici iscritte in via esclusiva alla gestione separata di fruire del trattamento di maternità a prescindere dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa, quindi in maniera flessibile; si introducono ulteriori tutele per i lavoratori autonomi in caso di maternità, malattia o infortunio; si equiparano alla degenza ospedaliera i periodi di malattia certificata (come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche) e i periodi di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino un'inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento; in materia di formazione permanente, vengono stimolate e rese interamente deducibili a fini Irpef dal reddito da lavoro autonomo, nel limite di 10.000 euro all'anno, le spese sostenute per l'iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno; si prevede l'integrale deducibilità (senza indicazione di limiti) degli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà; si istituisce, nei centri per l'impiego e presso le agenzie per il lavoro, uno sportello dedicato al lavoro autonomo; viene favorita la partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici per la prestazione di servizi e ai bandi per l'assegnazione di incarichi; si consente ai soggetti che svolgono attività professionale di costituire reti, di partecipare a reti di imprese, sotto forma di reti miste, con accesso alle relative provvidenze, e di costituire consorzi stabili professionali; si istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, al fine di coordinare e di monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo;
è dunque necessaria la piena attuazione delle deleghe previste dalla legge suddetta, nonché la possibilità per le casse professionali di garantire prestazioni di welfare per i propri iscritti, che includano la possibilità di un sostegno al reddito, nei casi di calo del fatturato indipendente dalla volontà del professionista;
non ultimo, andrebbe incentivata la presenza femminile negli ordini professionali, un mondo che continua a vedere fra le proprie fila ancora molti più uomini rispetto alle donne;
con specifico riguardo all'avvocatura, un grande limite è rappresentato dall'incompatibilità tra la subordinazione – o parasubordinazione – e la professione, una realtà amara che riguarda moltissimi professionisti i quali hanno un trattamento lavorativo equivalente o spesso peggiore di quello riservato ad un normale impiegato, ma hanno gli stessi oneri fiscali e previdenziali del loro datore di lavoro («dominus»); ben si potrebbe pensare ad eliminare tale incompatibilità nel caso di svolgimento di attività dipendente o parasubordinata in via esclusiva presso lo studio legale, un'associazione professionale, ovvero una società tra avvocati o multidisciplinare, purché la natura dell'attività svolta dall'avvocato riguardi esclusivamente quella riconducibile all'attività propria della professione forense;
nel campo, tuttavia, non possono non essere segnalati due interventi legislativi di massima importanza per il settore delle libere professioni: le norme in materia di equo compenso dei liberi professionisti, introdotte nell'ultimo scorcio della XVII legislatura, e l'abolizione del meccanismo dello split payment Iva per i liberi professionisti, disposta dal cosiddetto «decreto dignità» del Governo Conte I;
in relazione all'equo compenso, in fase di conversione del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, sono state introdotte con l'articolo 19-quaterdecies disposizioni per il rispetto di parametri di equo compenso definiti attraverso decreti ministeriali per la regolazione dei rapporti fra i professionisti, anche iscritti ad ordini e collegi, e tutte le pubbliche amministrazioni, le banche e le assicurazioni, le medie e le grandi imprese;
si sono così ampliate le tutele per i professionisti: nella disciplina originaria; al fine della determinazione del compenso per la prestazione bisognava «tenere conto» dei parametri ministeriali, mentre, a seguito della novella, nelle convenzioni preordinate unilateralmente dai clienti cosiddetti «forti» (banche, assicurazioni ed altri), il compenso deve risultare «conforme» a detti parametri;
la sanzione della nullità colpisce ogni patto che stabilisca un compenso «non equo» per i liberi professionisti e le stesse norme definiscono «equo» il corrispettivo determinato nelle pattuizioni coi clienti, intendendo per tali le categorie delimitate dalle norme stesse ed escludendo pertanto ogni rapporto coi clienti – persone fisiche e consumatori – quando risulti proporzionato alla quantità e alla qualità dell'opera svolta ed al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, nonché conforme ai parametri previsti con decreto ministeriale, ma limitatamente alla professione forense;
il 2 luglio 2019 il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha firmato il protocollo d'intesa insieme al presidente del Consiglio nazionale forense per l'istituzione del nucleo centrale di monitoraggio della disciplina dell'equo compenso per la professione forense. Grazie all'accordo, viene istituito, presso il Ministero della giustizia, il nucleo centrale di monitoraggio della corretta applicazione della disciplina in materia di «equo compenso». Il monitoraggio avverrà grazie a una rete che opererà a livello locale, con la partecipazione dei nuclei locali disposti dai consigli dell'ordine degli avvocati;
peraltro, la progressiva crescita del terziario di mercato e della domanda di servizi professionali ad alto contenuto cognitivo, sempre più espressione di professionalità e di autonomia, porta a parlare, nel pieno della quarta rivoluzione industriale, di professionisti 4.0.;
il tema del lavoro autonomo, oggi, è cruciale. La quarta rivoluzione industriale sta progressivamente segnando la crisi del modello produttivo incentrato sulla contrapposizione tra lavoro dipendente (nelle fabbriche per un unico committente) e lavoro autonomo professionale (nel mercato e per una pluralità di committenti);
la realtà è che tutto il lavoro sta cambiando e ci si trova dinnanzi all'urgenza di dare risposte a professionisti e imprese che puntano su valore e competenze, a prescindere dallo specifico rapporto giuridico instaurato;
sono molteplici le sfaccettature del mondo in cui il professionista si esprime: è indubbio, infatti, che il lavoro autonomo costituisce un universo variegato, il che rende non agevole una definizione univoca di un paradigma condiviso;
la figura del professionista degli anni a venire dovrà essere costruita sulla base di un approccio integrato;
un ruolo fondamentale a questo proposito può e deve essere svolto dalle associazioni di rappresentanza, quali soggetti deputati a veicolare le istanze del professionista 4.0, un professionista consapevole del proprio valore, che accetta la concorrenza ed agisce nel mercato;
le priorità dei liberi professionisti italiani si concentrano sulla necessità di attuare politiche convergenti in materia di sicurezza, di crescita economica, di armonizzazione fiscale e di tutela della salute e del territorio. Si tratta di temi ampi e complessi che si declinano in misure di sostegno alla crescita e all'occupazione, con una maggior apertura del mondo del lavoro verso i giovani e le donne, con il potenziamento delle politiche di welfare e di assistenza sanitaria, ma anche attraverso la regolamentazione di nuovi mercati e delle tecnologie digitali, al fine di evitare effetti di dumping anche nel mercato dei servizi professionali e, al contempo, per favorire una maggiore mobilità transfrontaliera;
il libero professionista 4.0 deve, quindi, poter usufruire di strumenti e risorse che gli permettano di svolgere in maniera corretta e produttiva l'attività in un ambiente normativo di sana competitività, che garantisca i diritti e gli interessi di cittadini e imprese. Peraltro, la Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, con l'ambizione di creare la più grande economia basata sulla conoscenza, riconosce ai servizi professionali una funzione di propulsione e potenziale occupabilità. E se oggi le libere professioni contribuiscono per circa il 13 per cento del prodotto interno lordo italiano e per il 10 per cento di quello europeo, una mirata politica di sviluppo, anche a livello nazionale, dei servizi professionali potrebbe senza dubbio far crescere ulteriormente un soggetto economico determinante per la competitività del sistema produttivo, ma anche per le tutele e le garanzie sociali di tutti i cittadini;
l'equivalenza tra l'attività di un libero professionista e le piccole e medie imprese è ormai un concetto consolidato anche nell'ordinamento legislativo e giurisprudenziale, dopo che l'Unione europea ne ha sancito il concetto di pari dignità all'iniziativa economica: un riconoscimento che ha consentito ai professionisti di accedere alle opportunità di finanziamento e di aiuti riconosciuti in origine esclusivamente alle attività di impresa e, al contempo, di ottenere le stesse opportunità in termini di partecipazione a bandi e gare pubbliche;
il continuo cambiamento del mondo delle professioni richiede una rivisitazione del loro inquadramento amministrativo, che deve esplicarsi attraverso una nuova serie di codici Ateco;
è realtà per i liberi professionisti l'accesso ai fondi europei, ma anche al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, alla «Nuova Sabatini beni strumentali», nonché ai voucher camerali Impresa 4.0;
nella legge di bilancio per il 2019 è stata, altresì, estesa ai liberi professionisti under 46 la misura «Resto al Sud»; inoltre, il regime forfettario con imposta sostitutiva unica al 15 per cento, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 per i contribuenti che hanno conseguito nell'anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 50.000 euro, è stato esteso fino ai 65.000 euro, semplificandone le condizioni di accesso;
in un futuro non molto lontano saranno le tecnologie digitali a definire le competenze di un professionista, il quale dovrà orientare il suo lavoro su percorsi innovativi;
appare necessario, altresì, un intervento sulle cosiddette «catene» dell'odontoiatria low cost, a garanzia dei cittadini e della salute pubblica, marginalizzando le multinazionali dell'odontoiatria che sviliscono e asserviscono gli odontoiatri sotto ricatto occupazionale da parte della multinazionale e contenendo cure non necessarie;
attualmente è prevista una detrazione Irpef del 19 per cento delle spese veterinarie sostenute nell'anno, fino ad un importo massimo di 387,34 euro, per la parte che eccede la franchigia di 129,11 euro. Il limite di detraibilità è unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. La possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva;
a differenza di molti altri Paesi europei, ove è prevista un'Iva agevolata, in Italia l'Iva sulle prestazioni veterinarie per gli animali non detenuti a scopo di lucro è al 22 per cento, la stessa aliquota Iva applicata ai beni di lusso; una sua rimodulazione, oltre a migliorare la cura e il benessere degli animali, senz'altro avrebbe ricadute positive sulla fiscalità generale;
non appare più procrastinabile l'individuazione di misure di prevenzione e contrasto per gli atti di violenza a danno degli esercenti le professioni sanitarie, che ormai con frequenza costante mettono a serio pregiudizio l'incolumità fisica e professionale della menzionata categoria; il verificarsi di atti di violenza in ambito sanitario è un fenomeno ben noto, seppure manchino statistiche certe sulla sua diffusione; gli esercenti le professioni sanitarie nel corso della loro attività lavorativa possono subire atti di violenza, con una frequenza più elevata rispetto ad altri settori lavorativi;
la sostenibilità dei costi e le risorse disponibili impongono l'assunzione di un modello sanitario e socio-sanitario che permetta la gestione territoriale del paziente e i sistemi sanitari devono, dunque, essere in grado di dare una risposta adeguata e prolungata nel tempo, trasferendo i trattamenti di prevenzione, cura e assistenza dall'ospedale a casa dell'assistito;
si è ancora lontani dalla realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni. Il processo di armonizzazione avviato dall'Unione europea con la direttiva 2005/36/CE (che permette il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in uno Stato dell'Unione europea ai fini di esercitare la professione corrispondente in un altro Stato dell'Unione europea) incontra ancora oggi parecchi ostacoli a livello dei Paesi membri e, in alcuni casi, delle stesse categorie professionali che troppo spesso si trovano di fronte al muro della burocrazia;
nell'ambito delle iniziative volte a completare e rafforzare il mercato interno, la direttiva 2013/55/CE, di modifica della direttiva 2005/36/CE, ha introdotto numerose modifiche alla disciplina sul riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Unione europea. Essa discende dalla necessità – emersa da valutazioni effettuate dalla Commissione europea sullo stato di attuazione della direttiva 2005/36/CE – di rimuovere i suddetti ostacoli ancora purtroppo esistenti in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, quali la complessità delle prassi e le irregolarità amministrative, i ritardi nelle procedure di riconoscimento e le resistenze corporative a livello nazionale,
impegna il Governo:
1) a favorire un totale riequilibrio di genere nel comparto delle libere professioni, in modo tale che la nuova generazione di professioniste si diriga anche verso quelle professioni che restano ancora stretto «appannaggio» maschile;
2) ad adottare le opportune iniziative finalizzate all'estensione anche ai liberi professionisti delle tutele di welfare previste per i lavoratori dipendenti;
3) ad assumere iniziative per consentire, in un quadro di compatibilità finanziaria, alle casse professionali la possibilità di erogare forme di welfare ai propri iscritti anche attraverso l'eliminazione della doppia imposizione sui rendimenti degli investimenti delle casse e una progressiva riduzione delle aliquote;
4) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere, con particolare attenzione per i liberi professionisti del Sud, ulteriori misure di sostegno alle loro attività autonome con riguardo alla formazione e all'aggiornamento professionale, ai modelli fiscali, di welfare e previdenziali;
5) ad assumere iniziative per prevedere, per ogni nuova misura di welfare, e in particolare per quanto concerne il riordino e l'unificazione degli strumenti esistenti per la valorizzazione e il sostegno delle responsabilità familiari e genitoriali, che la loro validità sia prevista anche per i titolari di partita Iva e non solo per i lavoratori dipendenti;
6) ad assumere iniziative per potenziare il sostegno ai liberi professionisti in difficoltà, offrire loro servizi dedicati alla consulenza e all'orientamento su fisco e welfare, nonché per tutelare gli stessi nei contratti commerciali e nei ritardati pagamenti e, in riferimento specifico all'avvocatura, per prevedere deroghe quanto all'incompatibilità tra la subordinazione – o parasubordinazione – e la professione;
7) a promuovere la corretta applicazione della normativa sull'equo compenso, con il coinvolgimento di tutti gli ordini professionali;
8) ad assumere ogni iniziativa utile per istituire quanto prima un comitato permanente all'interno del tavolo tecnico già previsto dall'articolo 17 della legge n. 81 del 2017, favorendo la più ampia partecipazione di tutte le associazioni ed organizzazioni di lavoratori autonomi e dei professionisti e le altre forme aggregative iscritte nell'elenco del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi della legge n. 4 del 2013;
9) nelle more dell'emanazione dei decreti ministeriali contenenti i parametri dell'equo compenso, a convocare, in ogni caso, il tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo di cui all'articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, in particolare per la definizione dei parametri per i professionisti non iscritti ad ordini o non inclusi nelle tabelle di cui ai decreti ministeriali di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
10) ad assumere ogni iniziativa di tipo normativo finalizzata a favorire la formazione tra i professionisti, quale strumento efficace di autoimprenditorialità e di occupabilità, anche tramite misure di agevolazione fiscale e tributaria;
11) ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta a semplificare il regime tributario e fiscale dei professionisti, ivi incluso il sistema degli indici sintetici di affidabilità, anche valutando la possibilità di una progressiva eliminazione dell'obbligo di trasmissione delle liquidazioni trimestrali dell'Iva;
12) ad assumere iniziative normative finalizzate a rendere effettiva e compiuta la competitività dei liberi professionisti sul mercato;
13) a rivedere la struttura dei codici Ateco, consentendo un miglior inquadramento delle professioni nate e sviluppatesi nella rivoluzione tecnologica;
14) a sostenere, anche sotto il profilo normativo, la digitalizzazione delle libere professioni;
15) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a introdurre misure che consentano l'esercizio dell'attività odontoiatrica a soggetti abilitati ovvero a società che assumano la connotazione di società tra professionisti, vincolando l'incarico di direttore sanitario responsabile per i servizi odontoiatrici ai professionisti iscritti all'albo degli odontoiatri dell'ordine territoriale ove ha sede operativa la struttura nella quale esercita;
16) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per riordinare il sistema delle detrazioni fiscali per le spese veterinarie, aumentando la cifra massima detraibile e tenendo conto del numero di animali posseduti, e per rimodulare l'Iva sulle prestazioni veterinarie;
17) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per estendere istituti giuridici rafforzati, anche di natura penale, atti a contrastare gli atti di violenza in ambito sanitario, che ormai con frequenza costante mettono a serio rischio l'incolumità fisica e professionale degli esercenti le professioni sanitarie;
18) a considerare l'opportunità di disciplinare la figura dell'infermiere di famiglia o di comunità, anche al fine di contenere il ricorso improprio al pronto soccorso e l'eccesso di ospedalizzazioni qualora non necessarie, valorizzando il ruolo della professione infermieristica in riferimento alla necessità di una riorganizzazione del sistema sanitario centrato sul territorio, anche nell'ambito di un riordino e di una collaborazione con l'attività del medico di medicina generale, in un'ottica di studio multiprofessionale integrato;
19) più in generale, a sostenere la realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»).
(1-00273) «Gribaudo, Dori, Fregolent, Pastorino, Davide Aiello, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Bazoli, Carnevali, Cataldi, Conte, Cubeddu, D'Alessandro, D'Orso, Di Giorgi, Di Sarno, Di Stasio, Fiano, Fragomeli, Giuliano, Grimaldi, Lepri, Masi, Orfini, Palmisano, Perantoni, Pezzopane, Raciti, Rizzo Nervo, Rotta, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Segneri, Serracchiani, Siragusa, Sut, Tucci, Viscomi».
Risoluzioni in Commissione:
La VII Commissione,
premesso che:
il giorno della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, ha segnato una svolta nella storia dell'Europa;
con la caduta del muro e la conseguente apertura delle frontiere da parte della Germania orientale, cadeva uno dei simboli della «guerra fredda»;
il muro che circondava Berlino ovest e divideva in due la città era stato costruito nell'agosto 1961, per bloccare il passaggio ad Ovest dei cittadini che risiedevano nelle aree orientali. Solo 28 anni dopo nel novembre 1989, dopo settimane di disordini, e dopo la contemporanea destabilizzazione degli altri Paesi della «cortina di ferro», il Governo della Germania est arrivò alla decisione che il Muro sarebbe stato abbattuto «ab sofort» «da subito», cambiando così la storia d'Europa;
il muro di Berlino non divise solo una città o solo il popolo tedesco, ma rappresentò per tanti anni una ferita nel cuore dell'Europa impedendo quello scambio tra le persone e tra i popoli che fonda e consolida la libertà;
per capire il significato che il Muro ha assunto nell'immaginario collettivo dell'Occidente è sufficiente ricordare la conclusione del discorso che il presidente americano John Kennedy pronunciò il 26 giugno 1963 a Berlino, dall'alto di un'impalcatura nei pressi della porta di Brandeburgo: «[...] Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino. Ecco perché, come uomo libero, sono orgoglioso di gridare Ich bin ein Berliner, sono un berlinese»;
i maggiori organi di stampa, proprio in occasione del trentesimo anniversario, in questi giorni ricordano quegli anni attraverso le parole di molti esponenti del mondo culturale di allora;
vicende come quelle del muro di Berlino, ai ragazzi di oggi possono apparire lontane, ma sono ancora vive nella coscienza dell'Europa, e dimostrano che i muri e le chiusure dell'ideologia o nell'egoismo sono soluzioni artificiose e di corto respiro, fonte di grandissime lacerazioni e sofferenze umane e che la soluzione ai problemi complessi delle società contemporanee va trovata nel dialogo, nella cooperazione tra le persone e nella cooperazione tra i popoli;
il prossimo 9 novembre ricorre il trentennale della caduta del Muro di Berlino;
lo ricordano in Italia con eventi ed approfondimenti di studio l'Ambasciata di Germania in Italia e le realtà italiane che lavorano nel campo delle relazioni tra i due Paesi: una settimana di celebrazioni dal 6 al 13 ottobre dal titolo «Non Farmi Muro» per raccontare in Italia la Germania di oggi e di ieri attraverso oltre 100 eventi organizzati in più di 20 città, concerti, mostre, spettacoli e incontri tematici per celebrare i valori rappresentanti dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine della divisione europea: la democrazia e la libertà, la fratellanza e la visione di un futuro comune tra diverse nazioni, tutti principi che oggi sono radicati nell'europeismo;
lo ricordano le grandi fondazioni culturali tedesche che, a 30 anni dalla riunificazione, riflettono sulla nostra identità europea sospesa fra memorie divise e sfide comuni;
la città di Berlino è stata trasformata in una mostra a cielo aperto per celebrare il 9 novembre i 30 anni dalla caduta del Muro: sono stati stanziati 10 milioni di euro per realizzare installazioni artistiche, stazioni audio, conferenze e concerti organizzati in vari punti della città, con il coinvolgimento di associazioni, artisti, architetti, designer e musicisti, una mostra suggestiva arricchita da documenti biografici, numerosi cimeli di quegli anni e supporti audiovisivi;
in base alla legge n. 61 del 15 aprile 2005 il 9 novembre è stato dichiarato Giorno della libertà quale ricorrenza, secondo le parole della stessa legge, «dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione dei Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo»;
il trentesimo anniversario della caduta del muro deve rappresentare un'importante occasione di riflessione e approfondimento tra le istituzioni, nel mondo intellettuale, culturale e nelle scuole al fine di illustrare i valori della democrazia e della libertà, nella consapevolezza del ruolo fondamentale che la memoria riveste nel progresso umano;
il 9 novembre 1989 sancisce anche l'avvio dell'importante fase di concertazione e cooperazione europea; si è avviato il progetto europeo di pacifica convivenza tra i popoli e di integrazione anche giuridica tra i Paesi europei, con l'armonizzazione delle linee guida delle loro legislazioni nazionali;
la caduta del Muro riunisce le due Berlino e libera il pezzo di Europa che per decenni era finito dietro la Cortina di ferro, segnando il passaggio da un'epoca all'altra,
impegna il Governo:
in occasione delle celebrazioni del trentennale della Caduta del Muro di Berlino, del prossimo 9 novembre, a coordinare la realizzazione di un percorso, nell'anno scolastico in atto, mirato ad illustrare i valori della democrazia e della libertà, nella consapevolezza del ruolo fondamentale che la memoria riveste nel progresso umano;
a favorire, nei prossimi mesi, attraverso il coinvolgimento diretto delle scuole, soprattutto secondarie, fasi di elaborazione e realizzazione di progetti didattici, in modo tale da far conoscere ai giovani di oggi le testimonianze dirette e le più efficaci opere storiografiche e letterarie in grado di mantener viva nelle nuove generazioni la consapevolezza dell'altissimo costo umano, civile e culturale di quegli anni;
a promuovere, nei prossimi mesi, progetti che prevedano incontri e stage presso università, associazioni o enti culturali, per approfondire l'importanza storica della caduta del Muro;
a promuovere e sostenere, anche attraverso l'invio di specifiche circolari, la proiezione presso gli istituti scolastici di filmati, anche attraverso il portale ufficiale di Rai scuola, della caduta del Muro.
(7-00358) «Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Rossi, Prestipino, Orfini».
La X Commissione,
premesso che:
lo stabilimento industriale per la produzione di alluminio di Portovesme (sud Sardegna), dopo la cessione da parte dell'Alcoa, è attualmente oggetto di un piano di rilancio delle attività e dell'occupazione condiviso tra le istituzioni e il nuovo proprietario, la Sider Alloys, che lo ha acquistato nel febbraio 2018 da Invitalia;
tale piano ha fatto seguito all'accordo di programma del dicembre 2017 tra Ministero dello sviluppo economico, regione autonoma Sardegna e Invitalia, funzionale al contratto di sviluppo proposto da Sider Alloys per il rilancio del sito;
il piano ha messo in campo investimenti per 135 milioni di euro, finalizzati alla ristrutturazione generale (revamping) e alla modernizzazione della produzione, nonché all'ampliamento della gamma di prodotti offerti. Di tale somma, 84 milioni di euro derivano da prestito agevolato, 8 milioni da uno stanziamento a fondo perduto della regione Sardegna, 20 milioni quale contributo di Alcoa per il riavvio delle attività produttive e 23 milioni investiti direttamente dal nuovo proprietario;
l'obiettivo originario era quello di raggiungere la piena capacità operativa tra il 2020 e il 2021 e realizzare l'unico impianto italiano di produzione di alluminio primario, con l'80 per cento della produzione destinata al mercato italiano, con una capacità produttiva di circa 150 mila tonn/anno ulteriormente ampliabili e con circa 650 dipendenti tra diretti e indiretti, più l'indotto; 135 unità di personale lavorano da circa 1 anno per la realizzazione del piano;
in tale quadro produttivo e in considerazione del fatto che l'alluminio è elemento di base (commodity) di cui l'Italia ha un fabbisogno di oltre un milione e mezzo di tonnellate l'anno, lo stabilimento di Portovesme deve considerarsi un asset strategico per il Paese;
per la completa realizzazione delle azioni previste è di vitale importanza lo scioglimento del nodo più rilevante: quello relativo alla definizione del costo dell'energia. Per produrre una tonnellata di alluminio servono 4 tonnellate di bauxite e 14 megawatt di energia elettrica e i consumi energetici nel settore alluminio sono pari al 42 per cento dei costi totali;
l'accordo raggiunto nel febbraio 2018 in materia di fornitura di energia elettrica alla ex Alcoa, prevedeva 4 pilastri:
a) la riduzione degli oneri di sistema accordata alle imprese a forte consumo di energia elettrica (energivori) dall'articolo 19 della legge europea del 2017 che abbassa di almeno 5 euro per MWh il valore economico delle tariffe;
b) la interrompibilità, operazione tramite la quale, in caso di emergenza quale il rischio di blackout, si interrompe l'erogazione di energia alle imprese energivore che sottoscrivono uno specifico contratto, in cambio di importanti sconti sulle tariffe (circa 25 milioni di euro all'anno di compensazioni da parte di Terna);
c) l'interconnessione funzionale (interconnector), strumento che prevede agevolazioni sulla bolletta alle imprese che fanno investimenti sull'interconnessione della rete con altri Paesi, come la Francia, nei quali il costo dell'energia è più basso;
d) un accordo bilaterale con l'Enel per la fornitura di energia a 45 euro per megawatt nell'arco dei successivi dieci anni;
dalla tariffa Enel, sottraendo interrompibilità, interconnector e agevolazione energivori, si sarebbe così arrivati ad un prezzo entro un range tra 25 e 30 euro a MWh. Su quella cifra era parametrato il piano industriale di Sider Alloys;
in un tavolo ristretto (Governo-Enel-Sider Alloys), tenutosi nella primavera 2019, è emerso che il costo dell'energia è più alto di circa 15 euro a MW, in forza delle fluttuazioni del mercato: per la fabbrica di Portovesme significherebbero 30 milioni di euro di oneri in più su base annua;
tra febbraio e giugno 2019, una serie di incontri al Ministero dello sviluppo economico, presso l'unità di crisi, presenti il presidente della regione Sardegna, le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di Firn, Fiom e Uilm e rappresentanti dell'Enel, si sono risolti in un nulla di fatto. L'aggiornamento del tavolo di crisi previsto per settembre 2019, è stato sconvocato;
ulteriori difficoltà sono emerse con riferimento alla impostazione che l'Esecutivo sta dando alla questione energetica. Difficoltà che stanno destando preoccupazioni, già più volte espresse all'Esecutivo, in tutto il comparto delle imprese energivore (acciaierie, fonderie, cementifici, cartiere, ceramiche, chimiche, e altro). Si tratta di imprese ad alta intensità di capitale, le quali hanno bisogno di certezze per poter pianificare gli investimenti futuri:
a) per quanto riguarda l'interrompibilità, una disponibilità pagata dallo Stato con tariffe agevolate, questo meccanismo al momento è assicurato fino al 2020, mentre sul futuro non esistono indicazioni;
b) in relazione all’interconnector, l'agevolazione scade nel 2021 e l'Esecutivo sta pensando di sostituirlo con accordi di scambio tra tariffe agevolate e investimenti nell'energia sostenibile;
ulteriori problematiche sarebbero emerse in relazione all'applicabilità della riduzione degli oneri di sistema per le «energivore» all'ex Alcoa. Sul punto giova osservare che il quadro normativo (articolo 19 della legge europea del 2017) che ha disposto l'agevolazione a valere sugli oneri di sistema, è stato costruito in anni di negoziato con l'Unione europea dando finalmente alle energivore presenti in Italia la garanzia di poter investire senza incorrere nel rischio di aiuti di Stato;
infine il Governo, nell'ambito del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima Pniec, presentato a gennaio 2019 a Bruxelles sembra irremovibile per quanto riguarda l'uscita dalla produzione di energia elettrica prodotta dal carbone: a fine 2025 non sarà più possibile bruciarlo a Portovesme e a Fiume Santo, come peraltro nel resto d'Italia. Ma il phase out dal carbone in Sardegna presenta aspetti di particolare problematicità, già sollevati sia in sede regionale, che parlamentare (interrogazioni n. 5-01570): una decisione di tale portata non può essere operata in maniera unilaterale, senza un confronto che tenga conto anche dalla pianificazione energetica regionale;
l'indirizzo del Pniec costituisce un allontanamento dall'obiettivo della metanizzazione indicato, per la Sardegna, nella Strategia energetica nazionale 2017 (tuttora vigente) attraverso un sistema integrato di depositi/gassificatori di piccola taglia, basato sul gas naturale liquefatto (Gnl), in grado di alimentare, tra l'altro, mediante la realizzazione di una rete interna di trasporto, una capacità di generazione a gas di 400 Mw;
rispondendo alla citata interrogazione, che esprimeva preoccupazione per la tenuta del sistema energetico della regione Sardegna con la chiusura al 2025 delle centrali a carbone il Sottosegretario di Stato allo sviluppo economico pro tempore ha replicato che per la Sardegna il phase out sarà compensato dal nuovo cavo con la terraferma – di cui Terna prevede attualmente per il 2025 solo un avvio dei lavori – oltre che «da nuova capacità di generazione rinnovabile e di generazione a gas o capacità di accumulo»;
si consideri che il metano, se tutto va bene, arriverà nell'isola nel 2024: in ogni caso occorrerà del tempo per convertire le attuali centrali elettriche a gas. Il nuovo elettrodotto, opera meritoria e sicuramente strategica, anche volendo accelerare al massimo i tempi, entrerà in esercizio nel 2030. La stessa Enel, ascoltata in audizione il 15 maggio 2019, presso la X Commissione della Camera ha chiesto, con riferimento al phase out e alla sicurezza del sistema elettrico della Sardegna, una «eccezione per il Sulcis .... in Sardegna c'è un tema di elettrificazione complessiva della regione, di gasdotto e sviluppo del distretto Alcoa e Eurallumina, per cui è probabile che si debbano considerare eccezioni rispetto a questo piano...»;
il decreto-legge n. 101 del 2019, all'articolo 13, ha istituito un fondo dotato di 100 milioni di euro per il 2020 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, per ridurre i prezzi dell'energia per le imprese e per evitare crisi occupazionali nelle aree dove è prevista la chiusura delle centrali a carbone. La possibilità che questo Fondo potesse essere utilizzato per il rilancio dello stabilimento ex Alcoa ventilata dalla presidenza della regione, sembra allontanarsi ove si consideri che in sede di conversione è stata data priorità a interventi di riconversione sostenibili, caratterizzati da processi di decarbonizzazione che escludono l'utilizzo di ulteriori combustibili fossili diversi dal carbone;
l'impatto della questione energetica, nei termini in cui la sta ponendo l'Esecutivo, sulle attività produttive nazionali, ma ancor di più sull'economia della Sardegna e ancor di più sul polo industriale di Portovesme, appare sottovalutato. Ne è praticabile in alcun modo l'idea che le imprese energivore possano essere alimentate da eolico, fotovoltaico, per loro natura intermittenti, se non dopo le rilevanti trasformazioni sopra delineate;
in seguito a questi ritardi l'azienda subentrata all'Alcoa si trova dinanzi a un quadro di incertezza, al costo di 800 mila euro al mese, che di fatto impedisce una programmazione degli investimenti in linea con i piani precedentemente approvati. Se tale incertezza dovesse protrarsi ancora nel tempo, si rischia di pregiudicare l'intera operazione di rilancio del polo industriale di Portovesme. Più voci, compresa quella delle rappresentanze sindacali interne allo stabilimento, hanno già evidenziato che le modalità operative poste in essere dall'Esecutivo, lasciano balenare l'ipotesi che si stiano fornendo argomenti all'azienda per sottrarsi dagli impegni assunti;
il 31 dicembre 2019 scade ultima tranche per le aree di crisi complessa sugli ammortizzatori sociali in deroga: oltre 750 lavoratori, contando anche l'area di Porto Torres, rischiano di trovarsi senza sostegno. Gli ammortizzatori relativi al 2019, incastrati in un vortice burocratico sono stati messi in pagamento con mesi di ritardo, lasciando le famiglie, per mesi, senza alcun sostegno economico. Occorre considerare che i lavoratori della ex Alcoa si trovano in questa situazione da 10 anni e gli strumenti di sostegno, sia pure più volte rinnovati, sono regressivi e si riducono di anno in anno;
il 24 ottobre 2019 la Sider Alloys ha messo in ferie le 135 unità lavorative già presenti in azienda e ha avviato le procedure per la cassa integrazione guadagni;
è necessario e improcrastinabile un intervento del Governo, adeguato alla dimensione nazionale della questione: infatti, non si tratta solo di evitare una nuova catastrofe sociale in un territorio che più di altri ha patito gli effetti della crisi economica, ma di rilanciare l'economia della regione Sardegna e un settore strategico per l'economia nazionale come l'alluminio,
impegna il Governo;
a convocare immediatamente un tavolo di crisi, che veda la partecipazione della regione autonoma della Sardegna, dell'azienda, delle organizzazioni sindacali, dell'Enel e di Invitalia, al fine di condividere le azioni necessarie a garantire l'avvio in tempi certi della produzione nello stabilimento di Portovesme;
a porre in essere tutte le iniziative necessarie ad abbattere il costo dell'energia sia per risolvere il caso del polo industriale di Portovesme sia per consentire alla Sardegna di aprire una prospettiva per il settore industriale che permetta di investire nell'isola e di poterlo fare a pari condizioni con le altre regioni nazionali ed europee;
a coordinare la Strategia energetica nazionale con le esigenze delle imprese ed in particolare delle imprese energivore, dando certezza pluriennale in merito agli strumenti di riduzione del costo dell'energia e concertando con le stesse tempi ed azioni necessarie per consentire che il processo di decarbonizzazione del sistema produttivo del Paese non si risolva in un danno all'economia nazionale.
(7-00357) «Barelli, Cappellacci, Squeri».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
UNGARO e ANNIBALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
i casi più recenti, come raccontano alcuni articoli apparsi sul Sole 24 ore, sulla stampa nazionale e sulla rete, riguardano alcuni blasonati calciatori di serie A, ma il fenomeno globale degli hate crimes – ovvero i cosiddetti crimini d'odio – tocca tutti, dalla politica, i cittadini comuni o le fasce più deboli e trova terreno fertile nella quasi totalità dei casi nella rete e nei social network;
in Italia, inoltre, secondo quanto lamentato da alcune associazioni che combattono tale piaga, i crimini d'odio sono in costante aumento in Italia e riguardano soprattutto gli stranieri. Sebbene siano percentualmente pochi i casi in cui questi crimini si traducono in aggressioni fisiche, l'impatto psicologico verso le vittime è devastante;
a censire internazionalmente questi crimini è l'Odihr, ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani istituito all'Osce, organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Questo ente si occupa di censire gli hate crime in diversi Paesi del mondo. Dati che, per l'anno corrente, sono stati recentemente aggiornati con i numeri relativi al 2017. Numeri che certificano un incremento dei crimini d'odio denunciati alle autorità di polizia italiane;
stando a questi numeri, gli hate crimes commessi in Italia sono sostanzialmente raddoppiati, passando dai 473 del 2013 ai 1.048 del 2017. È però bene precisare che questa potrebbe essere una stima al ribasso. Odhir spiega infatti che il codice penale italiano non offre una definizione di crimine d'odio. Esiste, è vero, la legge Mancino del 1993 che punisce l'odio razziale. Ma non ci sono previsioni specifiche per i crimini motivati dall'odio verso disabili o persone che appartengono alla comunità Lgbt. È possibile dunque che questa sia una delle motivazioni per le quali i crimini d'odio commessi verso gli stranieri siano preponderanti rispetto al resto;
la stragrande maggioranza dei crimini d'odio registrati in Italia ha avuto come motivazione l'odio razziale. Si tratta di oltre il 79 per cento dei reati segnalati, in pratica quattro casi su cinque. Vale la pena di ribadirlo: questa preponderanza dei reati motivati dalla xenofobia potrebbe semplicemente spiegarsi con il fatto che non esiste una legislazione dedicata ai crimini d'odio verso disabili e persone Lgbt;
nel 2016, la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (Ecri), istituita dal Consiglio d'Europa, aveva raccomandato all'Italia di dotarsi al più presto di una banca dati nazionale sui crimini d'odio. Anche per dar conto alle varie richieste di informazioni e dati presentate dagli organismi internazionali come Osce e il Consiglio d'Europa;
ad oggi non risulta agli interroganti che né il Ministero della giustizia né l'Unar abbiano provveduto a dotarsi di una banca dati ufficiale con una lettura estensiva dei crimini d'odio perpetrati in Italia –:
se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per istituire, anche di concerto con l'Istat, la banca nazionale dei dati sui crimini d'odio, comprendendo anche la fattispecie di minaccia non contemplata dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 e se intenda altresì fornire l'aggiornamento temporalmente più puntuale sul numero dei citati crimini in Italia.
(5-02997)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta orale:
RAFFAELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
i pubblici esercizi della città di Rimini stanno vivendo, in questi giorni, una situazione mai accaduta prima e di cui non capiscono le ragioni;
la Soprintendenza ha infatti deciso un cosiddetto giro di vite sui dehor del centro storico e dei borghi; d'ora in poi potranno essere solo stagionali, otto mesi all'anno e con strutture meno impattanti;
con tale decisione si mette in grave pericolo la sopravvivenza di un grande numero di imprese, l'offerta turistica di una città che fa da sempre dell'ospitalità il suo fiore all'occhiello e la credibilità delle istituzioni che hanno firmato i regolamenti esistenti;
infatti, non è accettabile cambiare le carte in tavola dopo che le imprese hanno investito e programmato il futuro della propria attività sulla base di accordi scritti al tavolo con gli enti locali, le associazioni di categoria e la Soprintendenza stessa, che permettevano l'installazione dei dehor annuali;
per gli operatori del settore in questo momento è impossibile districarsi in questa situazione in cui è complicato anche solo ipotizzare la sostenibilità futura della propria attività;
intere famiglie vivono di questo e non riuscire a pianificare il futuro, gli investimenti, le assunzioni, le mette in seria difficoltà;
è giusto e doveroso salvaguardare il decoro della città e la bellezza dei monumenti, ma il turismo è un'offerta d'insieme, che non prescinde dai servizi d'eccellenza dati dai bar e dai ristoranti, capaci di valorizzare il centro storico e di renderlo ancora più apprezzato per un soggiorno o una visita;
oltretutto, il Ministero dell'interno, nel suo protocollo Safe and Security, sottolinea come queste strutture fungono da presidio per i giovani e sono un baluardo contro il degrado –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza ritenga di adottare al fine di risolvere una situazione che sta creando notevoli disagi al turismo e all'economia di una città.
(3-01066)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
MISITI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con il bando di gara 1501/1/10-2018, autorizzato con determinazione n. 860 R.U.A. in data 29 novembre 2018 (in www.carabinieri.it), è stata affidata la fornitura di 16 motovedette d'altura per il rinnovo della flotta navale in dotazione ai principali siti navali dell'Arma dei carabinieri. Lo stesso appare all'interrogante in contrasto, con quanto disposto dal decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177 (Gazzetta Ufficiale serie generale n. 213 del 12 settembre 2016);
ai sensi della legge 7 agosto 2015, n. 124 (cosiddetta legge Madia), per la razionalizzazione delle funzioni di polizia, il decreto legislativo di cui sopra ha previsto il passaggio delle funzioni di sicurezza in mare alla Guardia di finanza (articolo 2) e la conseguente chiusura delle squadre nautiche della polizia di Stato e dei siti navali dell'Arma dei carabinieri, fatto salvo il mantenimento delle moto d'acqua per la vigilanza dei litorali e delle unità navali impiegate nella laguna di Venezia, nelle acque interne e nelle isole minori (articoli 4);
in particolare, l'articolo 2 prevede che: «La Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza esercitano, in via preminente o esclusiva, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121, compiti nei seguenti rispettivi comparti di specialità, ferme restando le funzioni rispettivamente attribuite dalla, normativa vigente a ciascuna Forza di polizia, nonché le disposizioni di cui alla medesima legge»;
l'articolo 4 prevede, al comma 1, la soppressione delle squadre nautiche della polizia di Stato e i siti navali dell'Arma dei carabinieri, fatto salvo il mantenimento delle moto d'acqua per la vigilanza dei litorali e delle unità navali impiegate nella laguna di Venezia, nelle acque interne e nelle isole minori ove per esigenze di ordine e sicurezza pubblica è già dislocata una unità navale;
il comma 5, infine, stabilisce che per l'adattamento dei mezzi di cui al comma 2 alle esigenze d'impiego del Corpo della guardia di finanza, nonché per la relativa manutenzione e gestione, è autorizzata la spesa di euro 708.502 per l'anno 2017 e di euro 568.202 a decorrere dall'anno 2018. Sebbene il suddetto articolo 4 disponesse anche la soppressione dei siti navali dell'Arma dei carabinieri, il comando generale di detta Forza ha emanato un bando di gara avente ad oggetto la «fornitura di n. 16 motovedette d'altura classe “N800”, per il rinnovo della flotta navale in dotazione ai principali 16 siti navali dell'Arma, con valore stimato, IVA esente, di Euro 16.000.000,00», aggiudicata con decreto del 5 luglio 2019;
come risulta dal capitolo tecnico del bando di gara, le motovedette vengono acquistate allo scopo di essere utilizzate «in missioni di ordine e sicurezza pubblica su disposizione della Prefettura» precisando che esse devono avere la «capacità di operare in acque costiere così come in mare aperto (...) un raggio di almeno 150 miglia dalle linee di base». Ma detta acquisizione appare dissonante con le previsioni del decreto legislativo n. 177 del 2016, laddove l'ambito di sicurezza in mare, in relazione ai compiti di polizia, è affidato al Corpo della Guardia di finanza, con annesso trasferimento delle unità navali già nella disponibilità dell'Arma dei carabinieri (e non mediante acquisto di ulteriore unità), salve le attribuzioni già assegnate alla capitanerie di porto – guardia costiera; all'Arma dei carabinieri è consentita la vigilanza dei litorali e delle unità navali impiegate nella laguna di Venezia, nelle acque interne e nelle isole minori, peraltro con l'utilizzo di sole moto d'acqua –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;
quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire il contenimento della spesa e una migliore gestione delle risorse, nonché il rispetto della legge n. 124 del 2015 e del decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177.
(4-03944)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
PEZZOPANE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
dal comunicato stampa della Codacons, che ha analizzato i dati sull'inflazione diffusi dall'Istat, si apprende che l'Abruzzo è la regione d'Italia dove i prezzi sono cresciuti di più nel mese di luglio 2019;
in particolare, con un tasso di inflazione al più 0,9 per cento, l'Abruzzo ha fatto registrare l'aumento più corposo dei prezzi al dettaglio pari a più del doppio della media nazionale che si è attestata al più 0,4 per cento;
le conseguenze dirette si ripercuotono sulla spesa per consumi a livello regionale e, in particolare, sulla capacità di acquisto delle famiglie residenti;
è stato calcolato che l'inflazione al +0,9 per cento comporterebbe un aggravio di spesa pari a 247 euro annui per la famiglia «tipo» abruzzese, contro i 123 euro annui a famiglia della media nazionale –:
quali iniziative il Governo intenda mettere in atto, per quanto di competenza, al fine di contrastare lo spropositato aumento indiscriminato dei prezzi che grava sulle famiglie residenti e deprime l'economia nella regione Abruzzo.
(5-02995)
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'Istituto regionale per i ciechi, storica istituzione della regione Lazio che ha l'obiettivo di realizzare attività per aiutare ciechi e ipovedenti, rischia di chiudere per una cattiva gestione della giunta regionale. Organi di stampa confermano che risulterebbero spesi 5 milioni di euro e della relazione sul conto consuntivo Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) del 30 luglio 2019 si evince che il collegio dei revisori ha accertato «una situazione finanziaria precaria» e «un equilibrio finanziario» che compromette «la continuità aziendale»;
infatti, a dicembre 2017 la cassa disponibile era pari a 8 milioni e 600.000 euro, mentre a dicembre 2018 è pari a 3 milioni e 745.000 euro; i revisori relazionano che tutto ciò incide «sull'effettivo strutturale equilibrio finanziario raggiunto e compromette la continuità aziendale»;
si tratta di un debito di circa 700.000 euro – tra bollette e affitto mai pagati da parte della Link Campus University e di un patrimonio immobiliare di oltre 800 appartamenti, dislocati nel centro di Roma del valore di centinaia di milioni di euro che dovrebbero essere utilizzati per aiutare i ciechi, ma che il più delle volte viene usato per altri scopi;
i revisori relazionano che la situazione continua «a riflettersi nei documenti di bilancio con una parziale incapacità dell'ente a riscuotere i propri crediti per residui attivi derivanti dalla locazione degli immobili»; inoltre si esprime preoccupazione per tale inefficienza;
nel 2017 è stato istituito il Fondo Sant'Alessio con Sorgente Sgr, di durata venticinquennale e scadenza nel 2042;
sempre da organi di stampa si apprende che con lettera datata 18 novembre 2015 firmata dal direttore generale della regione Lazio Maraffini, si mettevano in guardia la regione di Nicola Zingaretti, l'avvocatura regionale e il Centro regionale Sant'Alessio, in merito alla creazione di un fondo di gestione del risparmio privato;
inoltre, Maraffini nella lettera consigliava il ricorso ad un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso, riservato a investitori qualificati, denominato «i3-regione Lazio» di proprietà della regione e di altri enti pubblici del territorio regionale, anche nell'ottica di una maggiore efficienza della spesa pubblica;
nessuna delle iniziative consigliate è stata, ad oggi, presa in considerazione, a grave danno di un istituto, la cui attività è a beneficio di persone bisognose –:
quali urgenti iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, anche valutando se sussistono i presupposti per promuovere una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione alla situazione finanziaria sopra descritta, nonché per impedire la chiusura di un istituto di importanza fondamentale per la regione e per le persone, ciechi e ipovedenti, che ad essa fanno riferimento.
(4-03948)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
una circolare ministeriale del 12 maggio 2015 concedeva la possibilità alle amministrazioni comunali di richiedere il ripristino degli uffici del giudice di pace soppressi ai sensi del decreto legislativo n. 156 del 2012;
dopo Bagheria, anche il consiglio comunale di Castellammare di Stabia ha approvato un ordine del giorno, per il ripristino dell'ufficio del giudice di pace, chiuso cinque anni fa e accorpato all'ufficio di Torre Annunziata;
come si legge nell'atto di indirizzo, la necessità di ripristino degli uffici del giudice di pace, in virtù anche della presenza storica attestata nella stessa città da parte del Ministero della giustizia pro tempore con la relativa pretura, era già stata avanzata nel 2016 «allorquando il Commissario Straordinario dottoressa Rosanna Boinadies aveva manifestato l'interesse al mantenimento di detti uffici»;
tale decisione ha gravato, in particolare, sui cittadini, costretti a spostarsi a Torre Annunziata, dove attualmente si svolgono le udienze di competenza del territorio stabiese, in uffici inadeguati a raccogliere il grande numero di procedimenti di tutta la zona;
gli uffici del giudice di pace devono essere considerati un baluardo a presidio della legalità, soprattutto in un territorio particolarmente complesso, come quello dell'area stabiese, dove persistono sacche di criminalità diffusa e organizzata –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di accogliere le istanze espresse con l'ordine del giorno citato in premessa, ripristinando l'ufficio del giudice di pace nel comune di Castellammare di Stabia.
(5-02998)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GEMMATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che, a partire dal 15 dicembre 2019, sarà soppressa la partenza da Taranto del treno Frecciarossa 1000 Taranto-Milano e che la stessa sarà spostata a Metaponto;
tale determinazione da parte di Trenitalia comporterebbe un evidente disagio alla cittadinanza e, in particolare, all'utenza che sceglie di partire da Taranto, in un territorio già fortemente penalizzato sul piano delle infrastrutture;
la probabile cancellazione della fermata di Taranto sembra abbia sollevato una querelle tra le amministrazioni regionali di Puglia e Basilicata che, secondo fonti di stampa, pare siano entrambe coinvolte nella compartecipazione ai costi di gestione del servizio;
in particolare, le motivazioni che sarebbero sottese a tale determinazione da parte di Trenitalia sarebbero da ascriversi, secondo quanto si desume dagli organi di stampa e segnatamente dalle affermazioni di alcuni consiglieri della regione Basilicata, «... alla mancanza di disponibilità da parte della Regione Puglia di rinnovare la sua parte di partecipazione pari ad euro 600.000 (a differenze della Basilicata che ha confermato la sua quota di partecipazione per oltre 3 milioni di euro)...»;
di contro, l'assessore ai trasporti della regione Puglia, sosterrebbe che sia invece la regione Basilicata ad aver deciso «...di limitare, dal prossimo orario invernale, l'itinerario del Frecciarossa 1.000 spostandone la partenza da Taranto a Metaponto... », aggiungendo che la stessa amministrazione lucana avrebbe avanzato una serie di improprie e onerose pretese di compartecipazione alla spesa e che tali costi sarebbero comunque eccessivi rispetto alla effettiva richiesta di utenza che non giustificherebbe l'alto impiego di risorse da parte della regione Puglia;
in particolare, l'assessore pugliese sostiene che la regione Basilicata avrebbe «...chiesto formalmente alla Puglia di farsi carico del 25 per cento (825.000 euro) del costo sostenuto nei confronti di Trenitalia, pari a 3.300.000 euro l'anno, in ragione del dato di frequentazione espresso negli anni 2017 e 2018. Chiede inoltre che la Regione Puglia riconosca il medesimo contributo anche per le due annualità pregresse (2017 e 2018)...»;
al fine di delineare un quadro di informazioni quanto più preciso possibile, sembra che gli stessi consiglieri regionali lucani abbiano richiesto «...l'audizione in Commissione regionale dell'assessore regionale ai Trasporti, Giovanni Giannini, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e l'amministratore delegato e direttore generale delle Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti...» –:
di quali elementi disponga circa le motivazioni sottese alla decisione di soppressione del treno freccia rossa 1000 Taranto-Milano e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire in ogni caso ai cittadini della provincia di Taranto di usufruire del trasporto pubblico veloce in quella specifica tratta e nelle migliori condizioni possibili.
(5-02999)
Interrogazione a risposta scritta:
PEZZOPANE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa del grave e preoccupante aumento del numero di incidenti stradali che si verificano sulla strada romana antica «Tiburtina Valeria» strada statale 5 che attraversa le due regioni Lazio e Abruzzo;
a seguito dei numerosi incidenti, molte in questi anni sono state le proposte, da parte dei residenti dei comuni al confine tra l'Abruzzo e il Lazio che lamentano l'alta velocità dei viaggiatori, nella maggior parte dei casi motociclisti che scelgono di percorrere la strada panoramica piuttosto che l'autostrada;
con una lettera rivolta ai vertici di Anas i sindaci dei comuni di Carsoli, Oricola, di Arsoli e di Vicovaro, aree attraversate dall'arteria stradale, hanno voluto portare all'attenzione dei vertici della struttura territoriale la difficile situazione registrata, spiegando che sono ormai necessari degli interventi mirati per la sicurezza stradale –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario e urgente per quanto di competenza adottare iniziative per un'adeguata messa in sicurezza della strada a beneficio dei comuni sopra citati.
(4-03941)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'inchiesta giornalistica pubblicata on line il 24 ottobre 2019 su La Stampa scrive un ulteriore capitolo su Abd al-Rahman Milad, meglio conosciuto come al-Bija, trafficante libico di esseri umani, ospitato nel 2017 nel nostro Paese dalle autorità italiane;
secondo le molte e recenti inchieste giornalistiche i vertici della guardia costiera italiana, nel maggio 2017, hanno incontrato «rappresentanti di diverse amministrazioni libiche» sul tema dell'immigrazione e tra di loro, come si vede anche da foto ufficiali, appare al-Bija;
l'incontro aveva lo scopo di trattare argomenti cruciali quali la ricerca e il salvataggio della vita umana in mare in riferimento ad un progetto finanziato dall'Unione europea la cui idea centrale è quella di affidare ai libici il «contenimento» del flusso dei migranti anche attraverso l'attività di recupero dei naufraghi operato dalle motovedette libiche, che poi riportano i migranti nei centri di detenzione, indicati più volte dalle Nazioni Unite come luoghi di tortura e violenze;
solo pochi mesi dopo quegli incontri, al-Bija finirà nelle liste delle sanzioni delle Nazioni unite e dell'Unione europea accusato di essere legato ai trafficanti di uomini di Tripoli;
secondo i rapporti Onu, fin dal 2014 al-Bija è a capo della cosiddetta guardia costiera di Zawiya, città costiera della Libia;
quando viene accolto a Roma nel 2017, al-Bija è già noto perché notizie sulle sue azioni erano state ampiamente riportate nei documenti ufficiali delle agenzie internazionali;
alcuni dettagli emersi dall'inchiesta de La Stampa rendono la figura di al-Bija ancora più inquietante;
un anno prima di prendere il comando dei guardiacoste di Zawiya, al-Bija era in Germania, con altri commilitoni e su un suo profilo Facebook si possono rintracciare foto e commenti di carattere antisemita, come quella scattata al memoriale dell'Olocausto della capitale tedesca, il cui testo del post è agghiacciante: «I cani di Hitler nel cimitero ebraico»;
un'altra foto, scattata in Libia, ritrae un gruppo di giovanissimi ufficiali della Marina libica mentre alcuni di loro ostentano, sorridendo, il braccio teso di un saluto romano; quando, nel 2017, al-Bija viene invitato al Cara di Mineo e al Comando generale delle capitanerie di porto queste foto erano già state pubblicate sui social da almeno quattro anni e di conseguenza erano già ampiamente consultabili da chi doveva trattare con lui argomenti cruciali quali la ricerca e il salvataggio della vita umana in mare;
le carte del progetto finanziato dall'Unione europea nell'ambito del programma per la sicurezza delle frontiere sud del Mediterraneo sono state secretate ed è quindi impossibile sapere se al-Bija abbia continuato, anche dopo gli incontri documentati, ad essere coinvolto nelle attività della guardia costiera italiana in appoggio ai libici;
così come risultano opachi all'interrogante alcuni progetti italiani e dell'Unione europea di rapporto con le milizie libiche, fiumi di soldi pubblici che evidentemente non sono stati utilizzati per salvare migranti in difficoltà ma probabilmente ad alimentare personaggi e gruppi di dubbia credibilità –:
se il Governo non intenda verificare le ragioni per le quali al-Bija, che risulterebbe svolgere attività illecite nel traffico dei migranti, già noto sui social network per i suoi messaggi antisemiti, sia stato invitato nel nostro Paese a partecipare ad incontri istituzionali;
se il Governo intenda chiarire quali verifiche vengano svolte sugli interlocutori libici delle autorità italiane e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare che si possa interloquire, come nel caso di al-Bija, con soggetti sospettati di attività criminali e comportamenti antisemiti e xenofobi.
(4-03946)
FITZGERALD NISSOLI, SPENA, CALABRIA, BARELLI, GELMINI, MOLLICONE, APREA, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, BENDINELLI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, BRAMBILLA, CANNATELLI, CANNIZZARO, CARRARA, CAPPELLACCI, CASCIELLO, CASINO, CASSINELLI, CATTANEO, CORTELAZZO, CRISTINA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FIORINI, GIACOMETTO, MARIN, MAZZETTI, MILANATO, NAPOLI, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PEREGO DI CREMNAGO, PETTARIN, PITTALIS, POLIDORI, PORCHIETTO, PRESTIGIACOMO, RIPANI, ROSSELLO, ROTONDI, RUFFINO, RUGGIERI, PAOLO RUSSO, SACCANI JOTTI, SISTO, SOZZANI, MARIA TRIPODI, VERSACE, ZANGRILLO, NEVI e RAVETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 9 agosto 2019 il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), viste le segnalazioni pervenutegli, sottopone all'attenzione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, e del presidente del municipio di Roma V, Giovanni Boccuzzi, lo stato di degrado in cui versa l'unico Parco in Italia dedicato ai Caduti della tragedia di Marcinelle dell'8 agosto 1956 – simbolo universale di dignità e sacrificio in cui persero la vita 262 minatori, dei quali 136 italiani – situato in Via Galatea, zona La Rustica, del Municipio V di Roma;
il 4 settembre 2019, a quanto consta agli interroganti, si ribadisce, per posta elettronica certificata, il contenuto della succitata nota finalizzata al ripristino della funzionalità di tale area anche a fronte dell'importanza etica di mantenere sempre in condizioni dignitose i luoghi della memoria e del ricordo dei Caduti all'estero per infortuni sul lavoro;
relativamente al municipio V, come risulta dall'indagine territoriale, si rappresenta un contesto problematico dove, a fronte di una consistente densità abitativa, si può fruire solo di un ridottissimo numero di metri quadrati di aree verdi effettivamente a disposizione;
ad oggi, nonostante i numerosi solleciti e le notizie riportate sulla stampa locale, i responsabili istituzionali interessati non hanno ancora fornito alcun cenno di riscontro, rischiando tra l'altro di contravvenire ad alcuni dei principi dell'azione amministrativa –:
quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere per contribuire a ripristinare condizioni di decoro e di sicurezza urbana in relazione al Parco di cui in premessa, restituendo onore alla memoria del «Sacrificio del lavoro italiano nel mondo», celebrata l'8 agosto di ogni anno, in ricordo della tragedia di Marcinelle.
(4-03947)
CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
in base al combinato disposto degli articoli 11, comma 1, lettera a), e 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, gli amministratori locali che hanno riportato una condanna non definitiva per i delitti contro la pubblica amministrazione sono sospesi di diritto dalle cariche elettive;
la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla sospensione, ha confermato, a quanto a tale istituto, la natura di misura cautelare volta a tutelare esigenze proprie della funzione amministrativa e della pubblica amministrazione presso cui il soggetto presta servizio e a ridurre, nelle more dell'accertamento penale definitivo, i condizionamenti in grado di incidere sul libero esercizio del mandato elettorale e di pregiudicare interessi pubblici fondamentali dell'amministrazione;
a seguito della riforma, talune problematiche sono state sollevate in relazione alla estensione o meno della sospensione di diritto alle condanne non definitive per reati contro la pubblica amministrazione, rimasti allo stadio del tentativo;
secondo i pareri resi dal Ministero dell'interno, richiamando sentenze della Corte ante riforma, tale sospensione non si applicherebbe ai reati tentati contro la pubblica amministrazione ma solo per quelli consumati;
la ratio legis del decreto legislativo n. 235 del 2012 è quella di fronteggiare il dilagare della criminalità all'interno delle istituzioni pubbliche al fine di salvaguardare l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione e la non inclusione dei reati in forma tentata svilirebbe la funzione della sospensione quale strumento di prevenzione dell'illegalità;
avendo riguardo alla condotta criminosa, sia consumata sia tentata, il bene giuridico tutelato non cambia, essendo sempre individuabile, per quanto riguarda i reati contro la pubblica amministrazione, in quello dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa;
sulla base dei principi sin qui espressi, la mancata applicazione della previsione di cui agli articoli 11, comma 1, lettera a), e articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 235 del 2012 ai delitti tentati genera, ad avviso dell'interrogante, un grave vulnus e una interpretazione in contrasto con le norme e la ratio legis, lasciando di sfatto indenni molti amministratori locali, quali i sindaci, che hanno riportato condanne non definitive per reati tentati contro la pubblica amministrazione anche gravi, quali concussione, che di fatto minano l'imparzialità e la credibilità della funzione pubblica;
da ultimo, si cita il caso del sindaco di Sarno, Giuseppe Canfora, condannato in primo grado a due anni di reclusione, con pena sospesa, per tentata concussione nei confronti dell'ex presidente del consorzio Asi, avvocato Gianluigi Cassandra;
non si comprendono le ragioni per cui la sospensione de qua non possa applicarsi al delitto di concussione che, anche nell'ipotesi del tentativo, si caratterizza per una maggiore offensività del bene giuridico tutelato dalla norma rispetto, ad esempio, al reato di abuso di ufficio consumato;
infatti, il maggior disvalore della condotta di concussione tentata comporta pene edittali più severe rispetto a quelle previste per il reato di abuso di ufficio, anche per la condotta consumata; basti osservare che per la tentata concussione, applicando la diminuzione massima prevista dall'articolo 56 del codice penale, cioè due terzi, si applicherebbe una pena da 2 a 4 anni di reclusione, quindi più severa anche rispetto all'abuso di ufficio consumato che è punito da 1 a 4 anni di reclusione;
a parere dell'interrogante, quindi, pur in essenza di specifico richiamo in ordine a fattispecie consumata oppure tentata, la citata disposizione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c), deve essere considerata riferita a entrambe, stante il medesimo bene giuridico tutelato e la gravità della condotta criminosa insita sia nella fattispecie consumata che tentata;
a tal riguardo, giova richiamare l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa che in materia analoga, in relazione alla sospensione dal servizio dei dipendenti pubblici condannati anche con sentenza non definitiva per uno dei reati di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, ha ritenuto che nei delitti elencati dalla norma rientrano, senza che sia necessaria una indicazione specifica, sia le fattispecie consumate che quelle tentate –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, stante la gravità degli stessi, se intendano adottare iniziative di carattere normativo per consentire l'uniforme e corretta interpretazione delle norme richiamate con conseguente applicazione della sospensione di diritto anche in caso di condanne non definitive per reati tentati;
se non si intendano assumere, tramite la prefettura, le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 235 del 2012 finalizzate alla sospensione del sindaco di Sarno, stante la gravità del reato.
(4-03949)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
al giornalista del quotidiano «Il Giornale» Fausto Biloslavo, invitato ad un dibattito dagli studenti dell'Università di Trento, per parlare della situazione in Libia, dove si è recato più volte nel suo ruolo di inviato, dalla caduta di Gheddafi in poi, è stato impedito di parlare da un gruppo di studenti della sinistra antagonista;
un funzionario dell'università ha comunicato al telefono allo stesso giornalista che «la conferenza era stata annullata perché giravano picchetti di balordi, giunti anche da fuori». Quindi, all'ultimo minuto, mentre Biloslavo stava arrivando in treno, l'università si è sostanzialmente conformata ai voleri di una violenta minoranza escogitando un cavillo formale per impedire l'accesso all'Aula Kessler del dipartimento di sociologia dove avrebbe dovuto tenersi la conferenza;
è stato esposto anche uno striscione all'ingresso dell'ateneo con la scritta «fuori i fascisti dall'università», firmato dal Collettivo universitario Refresh, ed è stato distribuito un volantino dal contenuto a parere degli interpellanti «delirante», in cui il giornalista ospite è stato tacciato come «fascista»;
appare discutibile la decisione del rettore dell'università di annullare la conferenza programmata sottostando di fatto alla sopraffazione di una minoranza facinorosa, avallando in questo modo l'idea che sia lecito negare la libertà di parola a un giornalista;
Paolo Collini, rettore dell'Università di Trento, si è poi mostrato «disponibile a riorganizzare quell'incontro in un altro momento, non appena possibile», poiché «non siamo stati in grado di gestire la situazione come avremmo voluto, io non c'ero, ero all'estero ma se fossi stato presente forse sarei riuscito a fare in modo che le cose andassero diversamente» –:
quali iniziative il Governo, intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione a questo increscioso episodio che va fermamente condannato e in relazione all'esigenza che siano contrastate, anche per i profili di ordine pubblico, le azioni di studenti violenti e facinorosi, con l'obiettivo di garantire la libertà di pensiero;
se risulti al Governo che sia in corso di riorganizzazione la conferenza annullata, come è stato peraltro richiesto dalla maggioranza degli studenti.
(2-00537) «Frassinetti, Lollobrigida».
Interrogazione a risposta scritta:
BARBUTO, NESCI, RAFFA, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi ha fatto scalpore la notizia dell'insegnante di Reggio Calabria indagato per truffa aggravata ai danni dello Stato per avere inviato false certificazioni che ne attestavano una grave malattia e la necessità di una terapia salvavita a un istituto scolastico del vicentino presso il quale era stato assunto con contratto a tempo determinato per il periodo ottobre 2018/giugno 2019, così rimanendo assente per tutto l'anno scolastico, pur percependo regolarmente lo stipendio;
nel corso dell'operazione denominata «Le malade imaginaire», la procura di Reggio Calabria ha emesso un decreto di sequestro preventivo d'urgenza eseguito dalla Guardia di finanza che avrebbe, inoltre, appurato la falsità del certificato «madre» apparentemente rilasciato da un noto ospedale di Reggio Calabria che attestava la presunta grave patologia dell'uomo;
nel contratto collettivo nazionale integrativo che regola le operazioni di mobilità per gli anni 2019/2020 e seguenti, sottoscritto in data 6 marzo 2019, all'articolo 40, intitolato «SISTEMA DELLE PRECEDENZE» e segnatamente al n. III dello stesso articolo Personale con disabilità e personale che ha bisogno di particolari cure continuative, viene per l'appunto indicato quale titolo di precedenza nei trasferimenti, quello attribuibile al personale (non necessariamente disabile) che ha bisogno per gravi patologie di particolari cure a carattere continuativo (ad esempio, chemioterapia);
appare all'interrogante evidente, dall'esame degli esiti delle procedure di trasferimento provinciale e interprovinciale, che, sostanzialmente, la totalità dei trasferimenti, in particolare verso le regioni del Sud, sia stata effettuata non già in base a criteri di merito, anzianità e punteggio, bensì in virtù della suddetta precedenza che sembrerebbe singolarmente essere rivendicata, pressoché esclusivamente, dalla quasi totalità dei docenti che non vantano alcun servizio preruolo, essendo stati assunti in virtù della legge n. 107 del 2015 con pochissimi punti afferenti esclusivamente a un concorso superato diversi anni orsono e, pertanto, nelle ultime posizioni della graduatoria, e senza la quale non avrebbero mai potuto ottenere il trasferimento, docenti che continuano a sorpassare disinvoltamente altri docenti con una, consistente anzianità di servizio;
alla luce dell'episodio succitato appare all'interrogante quanto meno sospetta l'elevata incidenza delle precedenze suddette che sembrerebbero configurarsi come il sistema più semplice per ottenere il trasferimento, atteso che per il riconoscimento delle stesse è previsto esclusivamente un certificato che attesti la «grave» patologia e la necessità di sottoporsi a cure continuative per la cura della medesima patologia e non la disabilità;
tale situazione appare ancora più singolare nel momento in cui, non essendoci un elenco delle gravi patologie, tale valutazione viene lasciata all'interpretazione discrezionale, amministrativa o giudiziaria;
appare, pertanto, essenziale effettuare opportune indagini sulla effettiva sussistenza delle patologie, nonché sulla data di insorgenza e del riconoscimento delle stesse da cui originano le precedenze, poiché l'incidenza elevata di tale fenomeno, oltre ad apparire singolare, appare all'interrogante chiaramente strumentale al trasferimento e tale da far presumere che vengano compiuti abusi nell'inoltro delle domande e nei trasferimenti a tutto discapito dei docenti che vantano anzianità di servizio;
ciò risulta estremamente mortificante nei confronti di tutti i docenti realmente afflitti da gravi patologie; appare, inoltre, essenziale, per ragioni di equità, modificare i criteri delle precedenze, attribuendo la precedenza a parità di punteggio e solo ove, nella sede di destinazione del docente che rivendica la precedenza, non vi sia un centro specializzato nell'erogare le pretese cure continuative –:
quali iniziative di competenza intendano adottare per evitare che vengano illegittimamente effettuati dei trasferimenti in virtù di precedenze che potrebbero essere solo formalmente certificate e, comunque, tali da non rivestire i requisiti della gravità prevista dalla legge;
se non ritengano sia il caso di adottare iniziative per avviare una revisione di tali certificazioni, per specificare quali patologie rivestano i caratteri della gravità per ottenere il riconoscimento della precedenza e per riconoscere la precedenza a parità di punteggio e solo ove non esista nella sede di servizio del docente che chiede il trasferimento il centro specializzato per l'erogazione delle cure continuative pretese.
(4-03943)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FREGOLENT. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Mahle GmbH è un'azienda produttrice di componenti automobilistici con sede a Stoccarda, in Germania. Il gruppo ha circa 79 mila dipendenti in 160 stabilimenti in tutto il mondo con un fatturato annuo di oltre 12,6 miliardi di euro;
la Mahle Componenti motori Italia spa è presente nel nostro Paese fin 1987, anno in cui ha assorbito la società «Mondial Piston SpA», attiva dal 1946;
in Italia sono presenti due stabilimenti di produzione, uno a La Loggia (Torino) e uno a Saluzzo (Cuneo), per un totale di circa 450 dipendenti;
negli ultimi anni Mahle ha risentito della contrazione, a livello europeo, della richiesta di motori diesel e, conseguentemente, gli stabilimenti di La Loggia e Saluzzo hanno notevolmente ridotto la loro capacità produttiva;
nel 2018 nello stabilimento di Saluzzo il ricorso alla cassa integrazione straordinaria ha coinvolto un numero compreso tra i 50 ed i 200 operai, sui 200 totali;
il precedente Governo rispondendo al Senato in data 4 aprile 2019 alla interrogazione n. 3-00753 aveva comunque fornito rassicurazioni sul fatto che il Ministero dello sviluppo economico avrebbe seguito vicenda in questione, dichiarando inoltre «la totale disponibilità ad avviare un tavolo di confronto con le parti», al fine di risolvere la problematica;
in un incontro tra i sindacati e la proprietà, che si è tenuto nel mese di dicembre 2018, i dirigenti Mahle hanno comunque ribadito la volontà di mantenere la loro presenza in Italia, non indicando però con quale progetto industriale;
il 23 ottobre 2019 Mahle ha comunicato ufficialmente di «essere costretta a programmare la chiusura dei due stabilimenti ed a breve saranno avviate le consultazioni con le organizzazioni sindacali»;
si apprende da fonti stampa che è stato aperto il tavolo di crisi e che nei prossimi 75 giorni sarà avviata la procedura per le negoziazioni con le organizzazioni sindacali;
le associazioni sindacali e gli enti territoriali hanno espresso forte preoccupazione per una decisione unilaterale dell'azienda che porterebbe al licenziamento collettivo di tutti i dipendenti degli stabilimenti di La Loggia e Saluzzo –:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di salvaguardare i livelli occupazionali degli stabilimenti Mahle presenti in Italia.
(5-03000)
PEZZOPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dal 2 dicembre 2019, la gestione del servizio di contact center Inps-Equitalia, a seguito della procedura di gara, verrà affidata alla società Comdata. La società aggiudicataria, in ottemperanza a quanto disposto dall'Inps, aveva garantito il rispetto della cosiddetta «clausola sociale», ovvero la garanzia della riassunzione di tutti i lavoratori con i medesimi trattamenti salariali;
da quanto segnalato dai lavoratori interessati e dalle organizzazioni sindacali di categoria, tale clausola, pur essendo elemento condizionale per l'aggiudicazione della fornitura del servizio, starebbe per essere elusa dalla società subentrante, non rispettando il perimetro delle liste nominative ricevute dalle aziende uscenti e da Inps e mettendo, così, a repentaglio il futuro occupazionale di migliaia di lavoratori, di cui alcune centinaia operanti nell'area del cratere sismico dell'Aquila;
laddove tale comportamento venisse attuato rappresenterebbe una beffa per i lavoratori interessati, nonché un pericoloso precedente che metterebbe in forse il futuro dei tantissimi lavoratori che operano nei settori degli appalti e, di fatto, svuoterebbe la finalità della citata clausola sociale prevista dal nostro ordinamento;
ancor più grave, a parere dell'interrogante, è che tali comportamenti possano essere portati avanti da soggetti che dovranno gestire servizi per l'Inps, l'ente che, in collaborazione con altre amministrazioni dello Stato, vigila sulla regolarità contributiva e sul rispetto delle norme legislative e contrattuali in materia di lavoro;
appare necessaria la massima vigilanza da parte di tutti i soggetti istituzionali interessati e, in particolare, delle locali sedi dell'ispettorato nazionale del lavoro e dello stesso Inps –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di verificare l'operato della società che dovrà gestire il servizio di contact center Inps-Equitalia, per quanto concerne il pieno rispetto della «clausola sociale»;
se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché anche da parte di Inps sia assicurata la massima vigilanza perché, nel passaggio di gestione dei servizi affidati con gara, non venga pregiudicato il futuro occupazionale ed economico del personale sinora occupato in tali attività.
(5-03001)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
LICATINI e PENNA. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la prescrizione di cannabis terapeutica rappresenta l'unica alternativa, sostanzialmente innocua, per alleviare i sintomi provocati dai dolori e dalle sofferenze delle terapie patite dai pazienti affetti da malattie quali la sclerosi multipla oppure nausea e vomito causati dalla chemioterapia, radioterapia e terapie per l'Hiv, secondo quanto previsto dal decreto del Ministero della salute del 9 novembre 2015;
in Italia, lo Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze è l'unica struttura autorizzata e preposta alla produzione di cannabis nel nostro Paese, operando, pertanto, in regime di monopolio e con una capacità produttiva di circa 100 chilogrammi annui;
trattandosi di una coltivazione particolarmente delicata, la struttura dello Stabilimento risulta presidiata e controllata, al fine di garantire la corretta custodia delle piante e di assicurare che non ne sia favorito l'utilizzo illecito;
secondo le stime effettuate sulla base delle classi di malati e delle statistiche anche di altri Paesi avanzati, il fabbisogno italiano minimo annuale di cannabis «ad uso medico» è pari a circa 80 tonnellate;
ad oggi, le caratteristiche tecniche richieste per la fornitura di cannabis escludono dalle gare tutte le aziende italiane, poiché prive delle autorizzazioni necessarie, attualmente concesse soltanto allo Stabilimento chimico farmaceutico di Firenze, che non riesce a soddisfarne la richiesta;
le procedure interne delle aziende sanitarie locali e provinciali rallentano, altresì, il ricorso al farmaco made in Italy prodotto dallo Stabilimento, poiché, insieme alle farmacie, il meccanismo prevede ancora l'utilizzo del prodotto importato straniero non sempre disponibile;
la carenza di produzione della cannabis terapeutica necessaria per venire incontro alle esigenze dei pazienti gravemente malati ha spinto il Ministero della difesa a indire una gara a procedura aperta accelerata per acquistarne 400 chilogrammi da aziende estere per un importo presunto di euro 1.520.000,00, per riuscire a coprire l'intero fabbisogno;
le farmacie italiane lamentano e segnalano la carenza di cannabis per uso medico e, di conseguenza, riportano le difficoltà che i pazienti subiscono per tale grave mancanza –:
se, alla luce di quanto esposto, il Governo intenda assumereste iniziative volte a garantire la disponibilità della cannabis terapeutica durante l'anno per soddisfare l'intero fabbisogno dei pazienti, anche aumentando la produzione autorizzata allo Stabilimento chimico farmaceutico, modificando l'attuale sistema autorizzatorio e favorendo il ricorso al prodotto made in Italy.
(4-03942)
FERRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
desta preoccupazione la situazione di caos in cui sarebbe precipitato l'ospedale Spoke di Corigliano Rossano e, in particolare, la notizia del gravissimo provvedimento, emesso dal direttore sanitario Pierluigi Carino, di chiusura del reparto di pediatria e, come effetto domino, anche dei reparti di ostetricia, compreso il nido, per mancanza di medici;
nel documento del direttore sanitario del presidio si legge: «Un provvedimento che si è reso necessario considerato che in via prioritaria, riguardo ad altra qualsivoglia necessità, è indispensabile garantire la sicurezza assistenziale a favore dell'utenza»;
non solo, nel provvedimento di Carino viene disposto che le gestanti attualmente ricoverate a Corigliano saranno trasferite presso altre strutture ospedaliere «in condizioni di sicurezza mediante Stam»;
immediatamente dopo essere stata sospesa la funzionalità di ostetricia e pediatria, infatti, sarebbe stata chiesta la revoca del provvedimento. In particolare, secondo notizie di stampa locale, il provvedimento del direttore sanitario sarebbe stato «cestinato» dal direttore generale facente funzione Erminia Pellegrini, con l'invito rivolto allo stesso direttore sanitario ad emetterne uno nuovo con cui si dispone di «riaprire» i reparti;
l'ospedale di Corigliano rappresenta l'unica unità operativa complessa utile per tutta la Sibaritide poiché, di fatto, i bambini da Cariati a Rocca Imperiale e di tutta la Piana, 220 mila abitanti, nascono e vengono curati a Corigliano;
come se ciò non bastasse, la Piana di Sibari è in ginocchio per la situazione disastrosa delle infrastrutture e per una discutibile politica sanitaria che ne ha affossato il servizio con i Lea, livelli essenziali di assistenza, più bassi d'Europa;
il provvedimento di chiusura del reparto sembrerebbe essere stato ritirato, come si legge nella nota del commissario dell'Asp di Cosenza, Erminia Pellegrini: «atteso che nella giornata di ieri si era concordato che questa direzione avrebbe provveduto a risolvere la problematica di carenza di personale sia con l'utilizzo di neonatologi del P.O. di Cosenza, come da convenzione sottoscritta, che il ricorso a turnazioni aggiuntive, si chiede di revocare immediatamente la disposizione per lo stretto periodo della problematica»;
una soluzione «tampone» sembra essere stata trovata, ma la situazione potrebbe riesplodere da un momento all'altro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per garantire la piena funzionalità del presidio ospedaliero di Corigliano Rossano.
(4-03945)
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
il punto vendita Carrefour di Crotone è ubicato all'ingresso nord della città in località Passovecchio, sulla strada statale 106, ove confluiscono le strade che collegano l'entroterra crotonese al capoluogo di provincia e la strada statale 107 che conduce a Cosenza;
il complesso aziendale, attualmente Carrefour, costituisce un punto vendita storico di Crotone, il primo della grande distribuzione. Nato agli inizi del 1994 con la gestione della G.d.M. (Grande distribuzione Meridionale con sede a Reggio di Calabria), è stato da sempre il più performante dell'intera provincia crotonese, e non solo, sia per la sua ubicazione che vi consente un facile accesso senza dover necessariamente entrare in città sia per la professionalità dei suoi addetti. La GdM, durante la cui gestione si sono vissuti momenti di grande prosperità, nel novembre del 2010 ha ceduto l'attività al gruppo Surgel Jonica di Crotone che ha mantenuto tutti i lavoratori in forza al punto vendita e ha gestito la stessa fino al 2014, data in cui, a sua volta, l'ha ceduta al gruppo Perri Francesco di Lamezia Terme che ha aperto come Carrefour in franchising;
alla data del 14 marzo 2014 erano presenti in struttura 54 lavoratori;
ad avviso degli interpellanti il gruppo Perri, solo per un breve periodo, ha gestito in modo corretto il punto vendita. Dopo appena un anno, infatti, ha iniziato a trascurarlo in maniera sempre più evidente evitando di rifornirlo costantemente e correttamente come la domanda dei consumatori richiedeva e così facendo mancare dapprima l'assortimento dei prodotti e, quindi, sempre più spesso ogni genere di merce fino ad arrivare a 4 mesi fa, allorché sono cessati gli approvvigionamenti;
in virtù di questo singolare comportamento protrattosi negli anni, si è determinata una contrazione elevatissima del fatturato a causa di una perdita costante dei clienti ormai fidelizzati da moltissimi anni e sono stati attivati, per mantenere in forza i lavoratori, gli ammortizzatori sociali, nella fattispecie contratti di solidarietà, con conseguente riduzione dell'orario di lavoro nonché di retribuzione, e con enormi sacrifici da parte dei lavoratori che, peraltro, venivano pagati in ritardo anche di mesi. Attualmente i 52 lavoratori interessati, a quanto consta all'interpellante, non percepiscono lo stipendio da luglio di quest'anno e, tuttavia, essendo tutti padri e madri di famiglie di cui sono l'unico sostentamento, hanno resistito subendo il ritardo nei pagamenti pur di non perdere il posto di lavoro, anche consapevoli del fatto che, avendo una età media di circa 50 anni, il loro ricollocamento sul mercato del lavoro sarebbe stato difficile in una realtà economicamente disastrata e afflitta da un elevatissimo tasso di disoccupazione come quella crotonese;
la speranza dei lavoratori si era, comunque, concentrata sulle trattative che il gruppo Perri aveva in corso con la società Apulia Distribuzioni cui, come aveva palesato, aveva intenzione di cedere le proprie attività. È infatti noto che la Carrefour Italia ha di recente avviato con la suddetta società Apulia, oltre che con la Etruria Retail, un rapporto di affiliazione mediante due nuovi accordi di master franchising con l'obiettivo di consolidare la propria rete in Calabria, Basilicata e Puglia;
nei giorni scorsi, invece, i lavoratori sono stati precipitati nel baratro della totale incertezza sul loro futuro. Il 16 ottobre 2019, infatti, mentre i dipendenti si trovavano sul posto di lavoro, è stata interrotta la fornitura dell'energia elettrica da parte del gestore a causa di una persistente e reiterata morosità del gruppo Perri e il giorno stesso la merce deperibile, già parzialmente scongelata, è stata prelevata e portata via da un addetto del gruppo giunto appositamente sul posto;
il giorno seguente, 17 ottobre, il direttore annunciava agli esterrefatti dipendenti che, tramite un messaggio whatsapp, il titolare del gruppo Perri aveva ordinato la chiusura dell'esercizio commerciale e comunicato che i dipendenti sarebbero stati tutti licenziati rendendosi, quindi, di fatto totalmente irreperibile e trincerandosi dietro un silenzio assoluto;
l'assurdità della vicenda e il comportamento adottato di dubbia legittimità adottato nei confronti dei, lavoratori cui ancora, peraltro, non è stato ufficialmente comunicato alcunché, ledendo profondamente la loro dignità di uomini e donne ancor prima che dipendenti, hanno avuto rilevanza nazionale e hanno occupato e occupano le prime pagine dei giornali e dei notiziari, al punto che la Carrefour Italia ha ritenuto di dover diramare un comunicato con cui si dissocia pubblicamente dalla decisione della Grande distribuzione lametina di Francesco Perri di chiudere il punto vendita di Crotone, stigmatizzando le modalità con cui questa decisione, che impatta negativamente su un'intera comunità, è stata gestita e comunicata;
i lavoratori hanno chiesto l'intervento delle istituzioni e della prefettura e sono riuniti in sit in permanente dinanzi alla sede del Carrefour di Crotone, attendendo di conoscere il loro futuro. Essi hanno diritto di avere delle risposte e soprattutto di poter mantenere il loro posto di lavoro –:
se siano a conoscenza di tale assurda vicenda e se non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, con il coinvolgimento di tutti i protagonisti della vicenda, inclusa la Carrefour Italia e la società Apulia Distribuzione, al fine di trovare una soluzione che scongiuri il licenziamento dei 52 lavoratori.
(2-00536) «Barbuto, Grippa, Misiti, Raffa, Nappi, Villani, Sapia».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 3 settembre 2019 la dirigenza generale di Sanac S.p.a. ha ufficializzato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico e ai sindacati la richiesta di attivazione della cassa integrazione straordinaria (Cigs), raggiungendo un accordo per un numero massimo di 343 dipendenti dell'azienda (pari anorganico attuale) e l'impegno a non utilizzarne oltre il 70 per cento come media sull'intero periodo, con una partenza effettiva della stessa tra novembre e dicembre 2019 per tutti e 4 gli stabilimenti in Italia;
la situazione economico-lavorativa di Sanac S.p.a. risulta essere grave se si considera come dal 2011 vi è stata una contrazione continua della produzione (178 mila nel 2011-100 mila nel 2019) e dei fatturati, ancor di più se si tiene da conto la difficile situazione di ArcelorMittal (la ex Ilva di Taranto) che ad oggi assorbe il 62 per cento di quanto prodotto dalla Sanac Spa;
il futuro della Sanac S.p.a., che conta un terzo dei suoi dipendenti nel solo stabilimento di Massa Carrara, risulta essere fortemente legato a quello di ArcelorMittal e allo stabilimento di Taranto, un impianto in forte crisi e dal futuro incerto;
il coinvolgimento lavorativo della Sanac S.p.a. è talmente importante per ArcelorMittal e lo stabilimento di Taranto tanto che più volte è sembrato vicino l'acquisto della prima per opera della seconda, ma la proroga della fideiussione presentata a garanzia della trattativa è scaduta il 30 settembre 2019;
durante la recente discussione in Senato del disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla risoluzione delle crisi aziendali è stato approvato un emendamento che ha comportato la cancellazione delle tutele legali (cosiddetto «scudo penale»), fattore ritenuto decisivo da ArcelorMittal per continuare ad operare a Taranto, e dichiarato fondamentale dall'attuale proprietà ai fini dell'investimento perché gli impianti di cui dispongono in questo momento non sono adeguati alle norme ambientali vigenti;
scelte politiche come quella precedentemente evidenziata, non solo metterebbero in crisi la presenza di ArcelorMittal in Italia e la sopravvivenza dello stabilimento ex Ilva di Taranto, ma l'intero indotto che genera l'impianto siderurgico più grande d'Europa, tra cui quello proveniente dalla Sanac S.p.a. –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sovraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine della realizzazione di un piano di risanamento di Sanac S.p.a. che vada di pari passo con un rilancio economico-produttivo definitivo dell'impianto ex Ilva di ArcelorMittal a Taranto, a tutela dei livelli occupazionali.
(5-03002)
NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA, ZARDINI, CENNI, CIAMPI e CECCANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione;
attraverso strumenti di sostegno pubblico, le fonti rinnovabili (Fer) hanno consolidato, negli ultimi anni, un ruolo di primo piano nell'ambito del sistema energetico italiano;
la nuova Strategia energetica nazionale, adottata dal Governo pro tempore nel mese di novembre 2017, considera lo sviluppo delle fonti rinnovabili come funzionale non solo alla riduzione delle emissioni, ma anche al contenimento della dipendenza energetica, prefissando l'obiettivo al 2030 del 28 per cento di consumi da rinnovabili rispetto ai consumi complessivi;
il Nadef ha annunciato che nella legge di bilancio 2020 sarà inserito un «Green new deal» per un ammontare complessivo di almeno 50 miliardi di euro un orizzonte pluriennale;
nel cosiddetto «Fer 1» (definito «decreto rinnovabili») pubblicato in Gazzetta ufficiale il 9 agosto 2019 non sono stati inseriti incentivi per l'energia geotermica;
si apprende da fonti stampa che l'assessore all'ambiente della regione Toscana, Federica Fratoni avrebbe avuto rassicurazioni dal Ministero dello sviluppo economico e dall'ex sottosegretario Davide Crippa che gli incentivi per la geotermia sarebbero stati inseriti nel prossimo decreto «Fer 2». Ad oggi tale decreto non è stato però ancora emanato;
tali ritardi stanno allarmando operatori del settore ed associazioni di categoria oltre a numerose comunità rispetto alle ricadute negative per lo sviluppo economico, occupazionale e sociale locale che potrebbe causare la mancanza degli incentivi;
in particolare, nella regione Toscana la geotermia conta 34 centrali per una potenza installata di 761 megawatt. La produzione annua è di circa 5,9 miliardi di chilowattora che, complessivamente, soddisfa quasi il 30 per cento del fabbisogno energetico della regione e permette un risparmio di oltre 1 milione e 400 mila TEP e 4,1 Mt di emissioni CO2 evitate. In questi territori la geotermia garantisce 650 occupati diretti e circa 2.000 nell'indotto ed ha promosso lo sviluppo di numerose piccole e medie imprese in diversificati settori produttivi –:
quali siano gli orientamenti del Governo rispetto agli incentivi per l'energia geotermia e se nel decreto ministeriale «Fer 2» verranno inseriti incentivi riservati agli impianti con fluidi geotermici.
(5-03003)
SUT, VALLASCAS, MASI, DAVIDE CRIPPA e ALEMANNO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 19 luglio 2018 il Ministro dello sviluppo economico pro tempore ha emanato una direttiva, che modifica quella emanata il 28 luglio 2016, nell'ambito delle procedure di amministrazione straordinaria, il cui scopo è quello di provvedere a definire il procedimento e gli ulteriori criteri di orientamento della discrezionalità amministrativa cui attenersi nell'ambito del procedimento di designazione e nomina di competenza ministeriale, confermando che i componenti del comitato di sorveglianza sono nominati per un triennio;
tale previsione si applica anche ai comitati di sorveglianza nominati precedentemente alla menzionata direttiva, ma con incarico in corso di svolgimento, come nel caso di Mercatone Uno;
la nomina del comitato di sorveglianza, infatti, implica che quest'ultimo svolge la sua funzione in modo duraturo e quindi durante il periodo di svolgimento del compito assegnato al Comitato, quest'ultimo è esposto ai successivi sviluppi normativi o alle determinazioni amministrative di competenza;
nello specifico la sola circostanza che il comitato di sorveglianza di Mercatone Uno sia stato nominato prima delle menzionate direttive non esclude che, in considerazione degli effetti duraturi e non istantanei che produce l'atto di nomina, queste ultime siano applicabili a far data dalla loro entrata in vigore;
ne consegue che le direttive sopra menzionate si applicheranno a far data dalla loro rispettiva entrata in vigore, incidendo su un rapporto ancora in essere e non esauritosi con l'atto di nomina;
dall'entrata in vigore della direttiva, 28 luglio 2016, è stata introdotta la regola che tutti i Comitati di sorveglianza, indipendentemente dalla loro nomina, con incarico in corso di svolgimento, possono durare in carica massimo tre anni, previsione confermata anche dalla direttiva 19 luglio 2018;
al comitato di sorveglianza nominato per Mercatone Uno si applicherà, pertanto, il limite temporale di tre anni previsto dalla direttiva 28 luglio 2016 e confermato dalla direttiva 19 luglio 2018, tenendo conto, altresì, che il citato limite temporale triennale decorre dall'entrata in vigore della direttiva 28 luglio 2016, che per prima lo ha introdotto –:
se ritenga di procedere al rinnovo, con nuovi membri, della composizione del comitato di sorveglianza nominato per Mercatone Uno, alla luce della decorrenza dei termini stabiliti dalla direttiva sopra citata.
(5-03004)
PATASSINI, ANDREUZZA, DARA e GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
con la circolare 6 giugno 2019, n. 243317, sulle agevolazioni in favore delle imprese localizzate nella zona franca urbana istituita ai sensi dell'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 nei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpiti dagli eventi sismici dal 24 agosto 2016, il Ministero dello sviluppo economico ha fornito chiarimenti in merito alle modalità di fruizione delle agevolazioni e ai termini di presentazione delle istanze di accesso a queste ultime, alla luce delle novità introdotte dall'articolo 1, comma 759, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019);
la legge di bilancio 2019 ha prorogato lo stanziamento per la zona franca del sisma e, in particolare, nella nuova tranche per gli anni 2019-2020 possono beneficiare di agevolazioni imprese già beneficiarie nel biennio precedente delle agevolazioni previste dalla zona franca urbana, ma anche le imprese che, all'interno del perimetro, hanno avviato una nuova iniziativa economica in data successiva al 31 dicembre 2017 o che si impegnano ad avviarla entro il 31 dicembre 2019, fermo restando che la mancata apertura comporta la decadenza dell'aiuto;
la citata circolare 243317/2019 al suo articolo 10 ha tuttavia previsto che le istanze fossero presentate a decorrere dalle ore 12:00 del 18 giugno 2019 e sino alle ore 12:00 del 18 luglio 2019, precisando che quelle presentate fuori dai predetti termini, così come quelle presentate con modalità difformi rispetto a quelle sopra descritte, non sarebbero state prese in considerazione dal Ministero dello sviluppo economico: tale termine non appare ragionevole se si considera che l'impegno ad avviare nuove imprese ha come data ultima il 31 dicembre 2019 e fissare la scadenza per la presentazione delle domande al 18 luglio non consente a molte iniziative imprenditoriali successive a tale data, ma comunque avviate nel corso del 2019, di accedere ai benefici previsti dalla legge di bilancio 2019 –:
se intenda assumere iniziative per riaprire i termini di presentazione delle istanze di cui in premessa per accedere alle agevolazioni in favore delle imprese localizzate nella zona franca urbana del sisma e consentire, in questo modo, la presentazione di nuovi ulteriori progetti da avviare nei restanti mesi del 2019.
(5-03005)
COLUCCI e TASSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la S.p.a. Energas ha richiesto autorizzazione per realizzare un deposito costiero di GPL, con annesso gasdotto di collegamento al porto industriale e raccordo ferroviario alla stazione Frattarolo della Società Energas S.p.a. (già Isosar s.r.l.) in zona Santo Spiriticchio in agro di Manfredonia;
il progetto — presentato nel 1999 dalla Energas S.p.A., rientra tra le attività «a rischio di incidente rilevante» di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999, attualmente integrato con il decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 — prevede 12 serbatoi tumulati e con una sopraelevazione del tumulo di stoccaggio da 5.000 metri cubi cadauno per un totale di 60 mila metri cubi (che farebbe diventare questo deposito il più grande d'Europa);
il progetto prevede, inoltre, la realizzazione di un gasdotto in parte sulla terraferma e in parte in mare;
il Ministro Patuanelli, alla interrogazione a risposta immediata in Aula (question time) svoltasi alla Camera il 2 ottobre 2019, rispose che Energas — a seguito dell'annullamento d'ufficio, da parte della Sovrintendenza per le provincie di Barletta-Andria-Trani e Foggia, disposto in data 6 dicembre 2018, della propria nota del 4 dicembre 2018 con la quale aveva invece espresso parere favorevole — ha impugnato al Tar Puglia il provvedimento della Sovraintendenza, con richiesta di sospensiva cautelare e si è tuttora in attesa del relativo giudizio;
inoltre, il Ministro Patuanelli ha aggiunto che ogni tipo di determinazione politica non prescinderà dall'esigenza, da un lato, di rispettare il territorio interessato e, dall'altro, dalla necessità di tutelare i cittadini di quel territorio, anche e soprattutto all'esito del referendum consultivo sul tema, che ha dato un risultato evidente di contrarietà dei cittadini a questo intervento;
l'ultima riunione della Conferenza dei servizi si è conclusa con l'accordo dell'amministrazione di richiedere formalmente alla regione Puglia, non presente alla riunione, di esprimere l'intesa, positiva o negativa, comprensiva degli aspetti paesaggistici –:
dal momento che la regione Puglia, tramite dichiarazioni alla stampa, ha sempre sostenuto di voler rispettare la volontà dei cittadini di Manfredonia che si sono espressi contro quest'opera, quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare per richiedere alla regione Puglia di esprimere l'intesa, a prescindere dagli esiti del giudizio di fronte al Tar.
(5-03006)
Interrogazione a risposta in Commissione:
STEFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 22 ottobre 2019 i dipendenti della Vdc spa – ex fonderia Anselmi – di Camposampiero (PD) dinanzi alla decisione della proprietà di revocare l'incontro programmato da tempo, hanno protestato occupando la strada regionale 307 «Del Santo» proprio all'altezza dell'azienda;
i lavoratori sono in sciopero dal 12 ottobre 2019, allorquando quattro di loro – due invalidi, una impiegata e una delegata sindacale – hanno ricevuto la lettera di avvio delle procedure di licenziamento individuale;
nonostante una mobilitazione di solidarietà da parte di tutte le aziende del padovano e il presidio ininterrotto dei dipendenti della ex fonderia Anselmi, la proprietà della Vdc dapprima, in mattinata, ha espresso indisponibilità a concedere il servizio mensa ai 93 metalmeccanici pronti a riprendere il lavoro in fabbrica come segnale distensivo e collaborativo, e poi, verso mezzogiorno, ha improvvisamente ritirato la disponibilità all'incontro programmato, facendo esplodere la frustrazione e lo sfinimento dei lavoratori;
la protesta è, a parere dell'interrogante, uno dei tanti campanelli d'allarme provenienti dal tessuto produttivo, con sempre maggior frequenza, che non può – e non deve – restare inascoltato -:
se e quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare a tutela dei diritti, della dignità e dei posti di lavoro dei dipendenti della Vdc ex fonderia Anselmi di Camposampiero.
(5-02996)
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Mandelli e altri n. 1-00269, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rotondi, Scoma, Zanella, Palmieri, Sarro.
La mozione Grimaldi e altri n. 1-00272, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tucci.
ERRATA CORRIGE
Mozione Grimaldi e altri n. 1-00272 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 246 del 25 ottobre 2019. Alla pagina 9007, prima colonna, dalla riga trentaduesima alla riga trentacinquesima, deve leggersi: (1-00272) «Grimaldi, Fragomeli, Ungaro, Pastorino, Siragusa, Serracchiani, Del Barba, Epifani, Lepri, D'Alessandro»., e non come stampato.