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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 23 dicembre 2019

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: MOZIONI NN. 1-00248, 1-00190 E 1-00302

Mozione n. 1-00248 – iniziative in sede internazionale volte al rispetto dell'autonomia riconosciuta ad Hong Kong, alla luce delle manifestazioni in corso negli ultimi mesi

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora

(con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)

Gruppi 4 ore e 20 minuti
 MoVimento 5 Stelle 1 ora
 Lega – Salvini premier 42 minuti
 Forza Italia – Berlusconi presidente 36 minuti
 Partito Democratico 35 minuti
 Fratelli d'Italia 24 minuti
 Italia Viva 23 minuti
 Liberi e Uguali 20 minuti
 Misto: 20 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI-
  CAMBIAMO!-Alleanza di Centro
10 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Centro Democratico-Radicali
  Italiani-+Europa
3 minuti
  MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00190 – iniziative volte a promuovere le maratone e ad incentivare la partecipazione di atleti stranieri a tali eventi, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora

(con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)

Gruppi 4 ore e 20 minuti
 MoVimento 5 Stelle 1 ora
 Lega – Salvini premier 42 minuti
 Forza Italia – Berlusconi presidente 36 minuti
 Partito Democratico 35 minuti
 Fratelli d'Italia 24 minuti
 Italia Viva 23 minuti
 Liberi e Uguali 20 minuti
 Misto: 20 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI-CAMBIAMO!-
  Alleanza di Centro
10 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Centro Democratico-Radicali
  Italiani-+Europa
3 minuti
  MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Mozione n. 1-00302 – iniziative urgenti volte a far fronte alla rilevante carenza di segretari comunali, anche tramite un'efficace semplificazione e accelerazione delle procedure selettive

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora

(con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)

Gruppi 4 ore e 20 minuti
 MoVimento 5 Stelle 1 ora
 Lega – Salvini premier 42 minuti
 Forza Italia – Berlusconi presidente 36 minuti
 Partito Democratico 35 minuti
 Fratelli d'Italia 24 minuti
 Italia Viva 23 minuti
 Liberi e Uguali 20 minuti
 Misto: 20 minuti
  Noi Con l'Italia-USEI-
  CAMBIAMO!-Alleanza di Centro
10 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Centro Democratico-Radicali
  Italiani-+Europa
3 minuti
  MAIE-Movimento Associativo
  Italiani all'Estero
3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 dicembre 2019.

  Ascani, Azzolina, Battelli, Bazzaro, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Rampelli, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Vignaroli, Villarosa, Zoffili.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Rampelli, Rizzo, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Vignaroli, Villarosa, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 22 dicembre 2019 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
   BALDINI: «Modifiche alla legge 24 ottobre 2000, n. 323, e altre disposizioni per la promozione e la valorizzazione del settore termale» (2317).

  In data 23 dicembre 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   BELLUCCI: «Delega al Governo in materia di disciplina della realizzazione di parchi giochi accessibili per la fruizione da parte dei bambini con disabilità» (2318);
   BELLUCCI ed altri: «Delega al Governo per il riordino dell'organizzazione e delle competenze del Dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei ministri» (2319);
   BAZOLI ed altri: «Modifica all'articolo 159 del codice penale in materia di prescrizione del reato e di ragionevole durata del processo» (2320);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BELLUCCI ed altri: «Modifica dell'articolo 3 della Costituzione in materia di riconoscimento del diritto alla felicità» (2321).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 23 dicembre 2019 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
  dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dal Ministro della difesa:
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Burkina Faso relativo alla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 1o luglio 2019» (2322).

  Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge SARLI ed altri: «Disposizioni in materia di suicidio medicalmente assistito e di trattamento eutanasico» (1875) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Termini.

  La proposta di legge ANGIOLA ed altri: «Modifica all'articolo 625 del codice penale, in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici, nonché disposizioni in materia di tracciabilità del rame» (2010) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Nitti.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 12, 13, 16, 17, 18 e 19 dicembre 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'esercizio dei diritti dell'Unione per l'applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali (COM(2019) 623 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, alla sessantatreesima sessione della commissione Stupefacenti sull'inclusione di sostanze nelle tabelle della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, e della Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 (COM(2019) 624 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 624 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione e l'impatto delle disposizioni in materia di etichettatura facoltativa delle carni bovine ai sensi del regolamento (CE) n. 1760/2000 modificato dal regolamento (UE) n. 653/2014 (COM(2019) 625 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esercizio dei poteri delegati conferiti alla Commissione a norma del regolamento (CE) n. 1007/2009, modificato dal regolamento (UE) 2015/1775 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (COM(2019) 630 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare, a nome dell'Unione europea, alla sessantatreesima sessione della commissione Stupefacenti sull'inclusione di sostanze nelle tabelle della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, e della Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 (COM(2019) 631 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 631 final – Annex 1), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sui progressi compiuti nell'attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio e sull'inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio comunitario e le prospettive per il futuro. Seconda relazione (COM(2019) 632 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull'attuazione da parte degli Stati membri della direttiva 2006/117/Euratom del Consiglio relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito. Terza relazione (COM(2019) 633 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione dell'articolo 45 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di informazione riguardanti la politica agricola comune (COM(2019) 634 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione dei programmi apicoli (COM(2019) 635 final), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato amministrativo della convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate da carnet TIR per quanto riguarda la proposta di emendamento della convenzione (COM(2019) 636 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 636 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione sui lavori dei comitati nel 2018 (COM(2019) 638 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Riesame dell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 (COM(2019) 639 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Relazione annuale di monitoraggio sull'attuazione del programma di sostegno alle riforme strutturali del 2018 (COM(2019) 641 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 10 e 12 dicembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Il green deal europeo (COM(2019) 640 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alla competente Commissione, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 17 dicembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'esercizio dei diritti dell'Unione per l'applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali (COM(2019) 623 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alla competente Commissione, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1586 – BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2020 E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2020-2022 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2305)

A.C. 2305 – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Sezione II
APPROVAZIONE DEGLI STATI
DI PREVISIONE

Art. 2.
(Stato di previsione dell'entrata)

  1. L'ammontare delle entrate previste per l'anno finanziario 2020, relative a imposte, tasse, contributi di ogni specie e ogni altro provento, accertate, riscosse e versate nelle casse dello Stato, in virtù di leggi, decreti, regolamenti e di ogni altro titolo, risulta dall'annesso stato di previsione dell'entrata (Tabella n. 1).

A.C. 2305 – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 3.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 2).
  2. L'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, è stabilito, per l'anno 2020, in 58.000 milioni di euro.
  3. I limiti di cui all'articolo 6, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, concernente gli impegni assumibili dalla SACE Spa – Servizi assicurativi del commercio estero, sono fissati per l'anno finanziario 2020, rispettivamente, in 3.000 milioni di euro per le garanzie di durata sino a ventiquattro mesi e in 23.000 milioni di euro per le garanzie di durata superiore a ventiquattro mesi.
  4. La SACE Spa è altresì autorizzata, per l'anno finanziario 2020, a rilasciare garanzie e coperture assicurative relativamente alle attività di cui all'articolo 11-quinquies, comma 4, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, entro una quota massima del 30 per cento di ciascuno dei limiti indicati al comma 3 del presente articolo.
  5. Gli importi dei fondi previsti dagli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inseriti nel programma «Fondi di riserva e speciali», nell'ambito della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, per l'anno finanziario 2020, rispettivamente, in 900 milioni di euro, 1.500 milioni di euro, 1.900 milioni di euro, 400 milioni di euro e 7.600 milioni di euro.
  6. Per gli effetti di cui all'articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono considerate spese obbligatorie, per l'anno finanziario 2020, quelle descritte nell'elenco n. 1, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  7. Le spese per le quali può esercitarsi la facoltà prevista dall'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono indicate, per l'anno finanziario 2020, nell'elenco n. 2, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  8. Ai fini della compensazione sui fondi erogati per la mobilità sanitaria in attuazione dell'articolo 12, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione al programma «Concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria», nell'ambito della missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
  9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, al trasferimento delle somme occorrenti per l'effettuazione delle elezioni politiche, amministrative e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia e per l'attuazione dei referendum dal programma «Fondi da assegnare», nell'ambito della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2020, ai competenti programmi degli stati di previsione del medesimo Ministero dell'economia e delle finanze e dei Ministeri della giustizia, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno e della difesa per lo stesso anno finanziario, per l'effettuazione di spese relative a competenze spettanti ai componenti i seggi elettorali, a nomine e notifiche dei presidenti di seggio, a compensi per lavoro straordinario, a compensi agli estranei all'amministrazione, a missioni, a premi, a indennità e competenze varie spettanti alle Forze di polizia, a trasferte e trasporto delle Forze di polizia, a rimborsi per facilitazioni di viaggio agli elettori, a spese di ufficio, a spese telegrafiche e telefoniche, a fornitura di carta e stampa di schede, a manutenzione e acquisto di materiale elettorale, a servizio automobilistico e ad altre esigenze derivanti dall'effettuazione delle predette consultazioni elettorali.
  10. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, con propri decreti, per l'anno 2020, ai capitoli del titolo III (Rimborso di passività finanziarie) degli stati di previsione delle amministrazioni interessate le somme iscritte, per competenza e per cassa, nel programma «Rimborsi del debito statale», nell'ambito della missione «Debito pubblico» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, in relazione agli oneri connessi alle operazioni di rimborso anticipato o di rinegoziazione dei mutui con onere a totale o parziale carico dello Stato.
  11. Nell'elenco n. 5, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono indicate le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2020, prelevamenti dal fondo a disposizione, di cui all'articolo 9, comma 4, della legge 1o dicembre 1986, n. 831, iscritto nel programma «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali», nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica», nonché nel programma «Concorso della Guardia di finanza alla sicurezza pubblica», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione.
  12. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari del Corpo della guardia di finanza di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, da mantenere in servizio nell'anno 2020, ai sensi dell'articolo 803 del medesimo codice, è stabilito in 70 unità.
  13. Le somme iscritte nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, assegnate dal CIPE con propria delibera alle amministrazioni interessate ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 17 maggio 1999, n. 144, per l'anno finanziario 2020, destinate alla costituzione di unità tecniche di supporto alla programmazione, alla valutazione e al monitoraggio degli investimenti pubblici, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ragioniere generale dello Stato, negli stati di previsione delle amministrazioni medesime.
  14. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, alla riassegnazione ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura stabilita con proprio decreto, delle somme versate, nell'ambito della voce «Entrate derivanti dal controllo e repressione delle irregolarità e degli illeciti» dello stato di previsione dell'entrata, dalla società Equitalia Giustizia Spa a titolo di utili relativi alla gestione finanziaria del fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
  15. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, provvede, nell'anno finanziario 2020, all'adeguamento degli stanziamenti dei capitoli destinati al pagamento dei premi e delle vincite dei giochi pronostici, delle scommesse e delle lotterie, in corrispondenza con l'effettivo andamento delle relative riscossioni.
  16. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione al programma «Analisi, monitoraggio e controllo della finanza pubblica e politiche di bilancio», nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato relative alla gestione liquidatoria del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali ed alla gestione liquidatoria denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo».
  17. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad effettuare, con propri decreti, variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli 2214 e 2223 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2020, iscritti nel programma «Oneri per il servizio del debito statale», e tra gli stanziamenti dei capitoli 9502 e 9503 del medesimo stato di previsione, iscritti nel programma «Rimborsi del debito statale», al fine di provvedere alla copertura del fabbisogno di tesoreria derivante dalla contrazione di mutui ovvero da analoghe operazioni finanziarie, qualora tale modalità di finanziamento risulti più conveniente per la finanza pubblica rispetto all'emissione di titoli del debito pubblico.
  18. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dalla società Sport e salute Spa, dal Comitato italiano paralimpico (CIP), dalle singole federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, destinate alle attività dei gruppi sportivi del Corpo della guardia di finanza.

PROPOSTA EMENDATIVA

ART. 3.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative)

  Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23, Fondi da ripartire; programma 23.1 Fondi da assegnare apportare le seguenti variazioni:
   2020:
    CP: –7.000.000;
    CS: –7.000.000.
   2021:
    CP: –7.000.000;
    CS: –7.000.000.
   2022:
    CP: –7.000.000;
    CS: –7.000.000.

  Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dell'interno, Missione 3 Ordine pubblico e sicurezza, Programma 3.3, Pianificazione e coordinamento Forze di polizia apportare le seguenti variazioni:
   2020:
    CP: +7.000.000;
    CS: +7.000.000.
   2021:
    CP: +7.000.000;
    CS: +7.000.000.
   2022:
    CP: +7.000.000;
    CS: +7.000.000.
Tab. 2. 1. (ex Tab. 8. 1.) Locatelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Tiramani, Sutto, Ziello, Bellachioma, Vanessa Cattoi, Cestari, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Tomasi.

A.C. 2305 – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dello sviluppo economico, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 3).
  2. Le somme impegnate in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 410, convertito dalla legge 10 dicembre 1993, n. 513, recante interventi urgenti a sostegno dell'occupazione nelle aree di crisi siderurgica, resesi disponibili a seguito di provvedimenti di revoca, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nell'anno finanziario 2020, con decreti del Ragioniere generale dello Stato, allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ai fini di cui al medesimo articolo 1 del decreto-legge n. 410 del 1993, convertito dalla legge n. 513 del 1993.

A.C. 2305 – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 5.
(Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 4).
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, variazioni compensative in termini di residui, di competenza e di cassa tra i capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche tra missioni e programmi diversi, connesse con l'attuazione dei decreti legislativi 14 settembre 2015, n. 149 e n. 150.

A.C. 2305 – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 6.
(Stato di previsione del Ministero della giustizia e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della giustizia, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 5).
  2. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, in termini di competenza e di cassa, delle somme versate dal CONI, dalla società Sport e salute Spa, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati all'entrata del bilancio dello Stato, relativamente alle spese per il mantenimento, per l'assistenza e per la rieducazione dei detenuti e internati, per gli interventi e gli investimenti finalizzati al miglioramento delle condizioni detentive e delle attività trattamentali, nonché per le attività sportive del personale del Corpo di polizia penitenziaria e dei detenuti e internati, nel programma «Amministrazione penitenziaria» e nel programma «Giustizia minorile e di comunità», nell'ambito della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2020.

A.C. 2305 – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 6).
  2. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è autorizzato ad effettuare, previe intese con il Ministero dell'economia e delle finanze, operazioni in valuta estera non convertibile pari alle disponibilità esistenti nei conti correnti valuta Tesoro costituiti presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari, ai sensi dell'articolo 5 della legge 6 febbraio 1985, n. 15, e che risultino intrasferibili per effetto di norme o disposizioni locali. Il relativo controvalore in euro è acquisito all'entrata del bilancio dello Stato ed è contestualmente iscritto, con decreti del Ragioniere generale dello Stato, sulla base delle indicazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nei pertinenti programmi dello stato di previsione del medesimo Ministero per l'anno finanziario 2020, per l'effettuazione di spese connesse alle esigenze di funzionamento, mantenimento ed acquisto delle sedi diplomatiche e consolari, degli istituti di cultura e delle scuole italiane all'estero. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è altresì autorizzato ad effettuare, con le medesime modalità, operazioni in valuta estera pari alle disponibilità esistenti nei conti correnti valuta Tesoro in valute inconvertibili o intrasferibili individuate, ai fini delle operazioni di cui al presente comma, dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze su richiesta della competente Direzione generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

A.C. 2305 – Articolo 8

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 8.
(Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 7).

A.C. 2305 – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 9.
(Stato di previsione del Ministero dell'interno e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'interno, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 8).
  2. Le somme versate dal CONI e dalla società Sport e salute Spa, nell'ambito della voce «Entrate derivanti da servizi resi dalle Amministrazioni statali» dello stato di previsione dell'entrata sono riassegnate, con decreti del Ragioniere generale dello Stato, al programma «Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico», nell'ambito della missione «Soccorso civile» dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2020, per essere destinate alle spese relative all'educazione fisica, all'attività sportiva e alla costruzione, al completamento e all'adattamento di infrastrutture sportive concernenti il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  3. Nell'elenco n. 1, annesso allo stato di previsione del Ministero dell'interno, sono indicate le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2020, prelevamenti dal fondo a disposizione per la Pubblica sicurezza, di cui all'articolo 1 della legge 12 dicembre 1969, n. 1001, iscritto nel programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza».
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, agli stati di previsione dei Ministeri interessati, per l'anno finanziario 2020, le risorse iscritte nel capitolo 2313, istituito nel programma «Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose», nell'ambito della missione «Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti» dello stato di previsione del Ministero dell'interno, e nel capitolo 2872, istituito nel programma «Pianificazione e coordinamento Forze di polizia», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione, in attuazione dell'articolo 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dell'articolo 34 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 106, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
  5. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a riassegnare, con propri decreti, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per l'anno finanziario 2020, i contributi relativi al rilascio e al rinnovo dei permessi di soggiorno, di cui all'articolo 5, comma 2-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, versati all'entrata del bilancio dello Stato e destinati, ai sensi dell'articolo 14-bis del medesimo testo unico, al Fondo rimpatri, finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.
  6. Al fine di reperire le risorse occorrenti per il finanziamento dei programmi di rimpatrio volontario ed assistito di cittadini di Paesi terzi verso il Paese di origine o di provenienza, ai sensi dell'articolo 14-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, per l'anno finanziario 2020, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, anche tra missioni e programmi diversi.
  7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative di bilancio tra i programmi di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'interno «Elaborazione, quantificazione e assegnazione delle risorse finanziarie da attribuire agli enti locali» e «Gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali», in relazione alle minori o maggiori occorrenze connesse alla gestione dell'albo dei segretari provinciali e comunali necessarie ai sensi dell'articolo 7, comma 31-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell'articolo 10 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
  8. Al fine di consentire la corresponsione nell'ambito del sistema di erogazione unificata delle competenze accessorie dovute al personale della Polizia di Stato, per i servizi resi nell'ambito delle convenzioni stipulate con le società di trasporto ferroviario, con la società Poste Italiane Spa, con l'ANAS Spa e con l'Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, il Ministro dell'interno è autorizzato ad apportare, con propri decreti, previo assenso del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le occorrenti variazioni compensative di bilancio delle risorse iscritte sul capitolo 2502, istituito nel programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» della missione «Ordine pubblico e sicurezza» sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno.
  9. Al fine di consentire il pagamento dei compensi per lavoro straordinario, si applicano al personale dell'Amministrazione civile dell'interno, nelle more del perfezionamento del decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1o aprile 1981, n. 121, i limiti massimi stabiliti dal decreto adottato, ai sensi del medesimo articolo, per l'anno 2019.

A.C. 2305 – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 10.
(Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 9).

A.C. 2305 – Articolo 11

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 11.
(Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 10).
  2. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari del Corpo delle capitanerie di porto da mantenere in servizio come forza media nell'anno 2020, ai sensi dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilito come segue: 251 ufficiali in ferma prefissata o in rafferma, di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010; 35 ufficiali piloti di complemento, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.
  3. Il numero massimo degli allievi del Corpo delle capitanerie di porto da mantenere alla frequenza dei corsi presso l'Accademia navale e le Scuole sottufficiali della Marina militare, per l'anno 2020, è fissato in 136 unità.
  4. Nell'elenco n. 1 annesso allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riguardante il Corpo delle capitanerie di porto, sono descritte le spese per le quali possono effettuarsi, per l'anno finanziario 2020, i prelevamenti dal fondo a disposizione iscritto nel programma «Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione.
  5. Ai sensi dell'articolo 2 del regolamento per i servizi di cassa e contabilità delle Capitanerie di porto, di cui al regio decreto 6 febbraio 1933, n. 391, i fondi di qualsiasi provenienza possono essere versati in conto corrente postale dai funzionari delegati.
  6. Le disposizioni legislative e regolamentari in vigore presso il Ministero della difesa si applicano, in quanto compatibili, alla gestione dei fondi, delle infrastrutture e dei mezzi di pertinenza delle Capitanerie di porto.
  7. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a riassegnare allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quota parte delle entrate versate al bilancio dello Stato derivanti dai corrispettivi di concessione offerti in sede di gara per il riaffidamento delle concessioni autostradali nella misura necessaria alla definizione delle eventuali pendenze con i concessionari uscenti.

A.C. 2305 – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Stato di previsione del Ministero della difesa e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 11).
  2. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari da mantenere in servizio come forza media nell'anno 2020, ai sensi dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilito come segue:
   a) ufficiali ausiliari, di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 57;
    2) Marina n. 70;
    3) Aeronautica n. 98;
    4) Carabinieri n. 0;
   b) ufficiali ausiliari piloti di complemento, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 0;
    2) Marina n. 25;
    3) Aeronautica n. 30;
   c) ufficiali ausiliari delle forze di completamento, di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 102;
    2) Marina n. 30;
    3) Aeronautica n. 40;
    4) Carabinieri n. 60.

  3. La consistenza organica degli allievi ufficiali delle accademie delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è fissata, per l'anno 2020, come segue:
   1) Esercito n. 289;
   2) Marina n. 295;
   3) Aeronautica n. 247;
   4) Carabinieri n. 112.

  4. La consistenza organica degli allievi delle scuole sottufficiali delle Forze armate, esclusa l'Arma dei carabinieri, di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilita, per l'anno 2020, come segue:
   1) Esercito n. 420;
   2) Marina n. 392;
   3) Aeronautica n. 351.

  5. La consistenza organica degli allievi delle scuole militari, di cui alla lettera b-ter) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilita, per l'anno 2020, come segue:
   l) Esercito n. 540;
   2) Marina n. 214;
   3) Aeronautica n. 135.

  6. Alle spese per le infrastrutture multinazionali della NATO, sostenute a carico dei programmi «Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza», nell'ambito della missione «Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche», «Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza» e «Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari», nell'ambito della missione «Difesa e sicurezza del territorio» dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2020, si applicano le direttive che definiscono le procedure di negoziazione ammesse dalla NATO in materia di affidamento dei lavori.
  7. Negli elenchi n. 1 e n. 2 allegati allo stato di previsione del Ministero della difesa sono descritte le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2020, i prelevamenti dai fondi a disposizione relativi alle tre Forze armate e all'Arma dei carabinieri, ai sensi dell'articolo 613 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  8. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dal CONI, dalla società Sport e salute Spa, dal CIP, dalle singole federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, destinate alle attività dei gruppi sportivi delle Forze armate.
  9. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti capitoli del programma «Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza», nell'ambito della missione «Difesa e sicurezza del territorio» dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dalla Banca d'Italia per i servizi di vigilanza e custodia resi presso le proprie sedi dal personale dell'Arma dei carabinieri.
  10. Il Ministro della difesa, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze per gli aspetti finanziari, è autorizzato a ripartire, con propri decreti, le somme iscritte nell'anno 2020 sul pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero della difesa da destinare alle associazioni combattentistiche, di cui all'articolo 2195 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

A.C. 2305 – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 13.
(Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 12).
  2. Per l'attuazione del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, e del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 100, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nell'ambito della parte corrente e nell'ambito del conto capitale dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, occorrenti per la modifica della ripartizione delle risorse tra i vari settori d'intervento del Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato, per l'anno finanziario 2020, a provvedere, con propri decreti, al riparto del fondo per il funzionamento del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, per la partecipazione italiana al Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina e per la dotazione delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, tra i competenti capitoli del medesimo stato di previsione, secondo le percentuali indicate all'articolo 24, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
  4. Per l'anno finanziario 2020 il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, occorrenti per l'attuazione di quanto stabilito dagli articoli 12 e 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in ordine alla soppressione e riorganizzazione di enti vigilati dal medesimo Ministero.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, tra i pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le somme iscritte, in termini di residui, di competenza e di cassa, nel capitolo 7810 «Somme da ripartire per assicurare la continuità degli interventi pubblici nel settore agricolo e forestale» istituito nel programma «Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca, dell'ippica e mezzi tecnici di produzione», nell'ambito della missione «Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca» del medesimo stato di previsione, destinato alle finalità di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, recante razionalizzazione degli interventi nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale.
  6. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato da amministrazioni ed enti pubblici in virtù di accordi di programma, convenzioni e intese per il raggiungimento di finalità comuni in materia di telelavoro e altre forme di lavoro a distanza, ai sensi dell'articolo 4 della legge 16 giugno 1998, n. 191, dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

A.C. 2305 – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 14.
(Stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 13).
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra i capitoli iscritti nel programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo dal vivo», nell'ambito della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo relativi al Fondo unico per lo spettacolo.
  3. Ai fini di una razionale utilizzazione delle risorse di bilancio, per l'anno finanziario 2020, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, adottati su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, comunicati alle competenti Commissioni parlamentari e trasmessi alla Corte dei conti per la registrazione, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, tra i capitoli iscritti nei pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, relativi agli acquisti e alle espropriazioni per pubblica utilità, nonché per l'esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato su immobili di interesse archeologico e monumentale e su cose di arte antica, medievale, moderna e contemporanea e di interesse artistico e storico, nonché su materiale archivistico pregevole e materiale bibliografico, raccolte bibliografiche, libri, documenti, manoscritti e pubblicazioni periodiche, ivi comprese le spese derivanti dall'esercizio del diritto di prelazione, del diritto di acquisto delle cose denunciate per l'esportazione e dell'espropriazione, a norma di legge, di materiale bibliografico prezioso e raro.
  4. Al pagamento delle retribuzioni delle operazioni e dei servizi svolti in attuazione del piano nazionale straordinario di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura dal relativo personale si provvede mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, le variazioni compensative di bilancio in termini di competenza e di cassa su appositi piani gestionali dei capitoli relativi alle competenze accessorie del personale.

A.C. 2305 – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 15.
(Stato di previsione del Ministero della salute e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della salute, per l'anno finanziario 2020, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 14).
  2. Per l'anno finanziario 2020, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministero della salute, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti alimentati dal riparto della quota di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, iscritti in bilancio nell'ambito della missione «Ricerca e innovazione» dello stato di previsione del Ministero della salute, restando precluso l'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

A.C. 2305 – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 16.
(Totale generale della spesa)

  1. Sono approvati, rispettivamente, in euro 897.423.599.901, in euro 920.575.917.428 e in euro 927.210.926.029 in termini di competenza, nonché in euro 907.402.639.921, in euro 933.017.841.435 e in euro 937.080.022.042 in termini di cassa, i totali generali della spesa dello Stato per il triennio 2020-2022.

A.C. 2305 – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 17.
(Quadro generale riassuntivo)

  1. È approvato, in termini di competenza e di cassa, per il triennio 2020-2022, il quadro generale riassuntivo del bilancio dello Stato, con le tabelle allegate.

A.C. 2305 – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 18.
(Disposizioni diverse)

  1. In relazione all'accertamento dei residui di entrata e di spesa per i quali non esistono nel bilancio di previsione i corrispondenti capitoli nell'ambito dei programmi interessati, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad istituire gli occorrenti capitoli nei pertinenti programmi con propri decreti da comunicare alla Corte dei conti.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, in termini di competenza e di cassa, con propri decreti, su proposta dei Ministri interessati, per l'anno finanziario 2020, le disponibilità esistenti su altri programmi degli stati di previsione delle amministrazioni competenti a favore di appositi programmi destinati all'attuazione di interventi cofinanziati dall'Unione europea.
  3. In relazione ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, adottati nel corso dell'anno 2019, il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, le variazioni compensative di bilancio, anche tra diversi stati di previsione, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione all'accorpamento di funzioni o al trasferimento di competenze.
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio connesse con l'attuazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato, stipulati ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli accordi sindacali e dei provvedimenti di concertazione, adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, per quanto concerne il trattamento economico fondamentale e accessorio del personale interessato. Per l'attuazione di quanto previsto dal presente comma, le somme iscritte nel conto dei residui sul capitolo 3027 «Fondo da ripartire per l'attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali, ivi compreso il personale militare e quello dei corpi di polizia» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze possono essere versate all'entrata del bilancio dello Stato.
  5. Le risorse finanziarie relative ai fondi destinati all'incentivazione del personale civile dello Stato, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dei Corpi di polizia, nonché quelle per la corresponsione del trattamento economico accessorio del personale dirigenziale, non utilizzate alla chiusura dell'esercizio, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio occorrenti per l'utilizzazione dei predetti fondi conservati.
  6. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, negli stati di previsione delle amministrazioni statali interessate, per l'anno finanziario 2020, delle somme rimborsate dalla Commissione europea per spese sostenute dalle amministrazioni medesime a carico dei pertinenti programmi dei rispettivi stati di previsione, affluite al fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e successivamente versate all'entrata del bilancio dello Stato.
  7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, occorrenti per l'attuazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei decreti legislativi concernenti il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della medesima legge n. 59 del 1997.
  8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nei pertinenti programmi degli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio occorrenti per l'applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, concernente disposizioni in materia di federalismo fiscale.
  9. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata a titolo di contribuzione alle spese di gestione degli asili nido istituiti presso le amministrazioni statali ai sensi dell'articolo 70, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nonché di quelle versate a titolo di contribuzione alle spese di gestione di servizi e iniziative finalizzati al benessere del personale.
  10. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nell'ambito degli stati di previsione di ciascun Ministero, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative di bilancio tra i capitoli interessati al pagamento delle competenze fisse e accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
  11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio compensative occorrenti per l'attuazione dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  12. In attuazione dell'articolo 30, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli degli stati di previsione dei Ministeri, delle spese per interessi passivi e per rimborso di passività finanziarie relative ad operazioni di mutui il cui onere di ammortamento è posto a carico dello Stato.
  13. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio compensative occorrenti in relazione alle riduzioni dei trasferimenti agli enti territoriali, disposte ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  14. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a riassegnare, per l'anno finanziario 2020, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni competenti per materia, che subentrano, ai sensi della normativa vigente, nella gestione delle residue attività liquidatorie degli organismi ed enti vigilati dallo Stato, sottoposti a liquidazione coatta amministrativa in base all'articolo 12, comma 40, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le somme, residuali al 31 dicembre 2019, versate all'entrata del bilancio dello Stato dai commissari liquidatori cessati dall'incarico.
  15. Le somme stanziate sul capitolo 1896 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinate per il finanziamento dello sport al CONI e alla società Sport e Salute Spa, e sul capitolo 2295 dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, destinate agli interventi già di competenza della soppressa Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, per il finanziamento del monte premi delle corse, in caso di mancata adozione del decreto previsto dall'articolo 1, comma 281, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, o, comunque, nelle more dell'emanazione dello stesso, costituiscono determinazione della quota parte delle entrate erariali ed extraerariali derivanti da giochi pubblici con vincita in denaro affidati in concessione allo Stato ai sensi del comma 282 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 311 del 2004.
  16. Le risorse finanziarie iscritte nei fondi connessi alla sistemazione di partite contabilizzate in conto sospeso nonché da destinare alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali, istituiti negli stati di previsione dei Ministeri interessati, in relazione all'eliminazione dei residui passivi di bilancio e alla cancellazione dei residui passivi perenti, a seguito dell'attività di ricognizione svolta in attuazione dell'articolo 49, comma 2, lettere c) e d), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, sono ripartite con decreti del Ministro competente.
  17. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle variazioni compensative per il triennio 2020-2022 tra i programmi degli stati di previsione dei Ministeri interessati ed il capitolo 3465, articolo 2, dello stato di previsione dell'entrata, in relazione al contributo alla finanza pubblica previsto dal comma 6 dell'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, da attribuire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a carico delle regioni a statuto ordinario.
  18. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio occorrenti per la ripartizione, tra le diverse finalità di spesa, delle risorse finanziarie iscritte negli stati di previsione del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione dell'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30.
  19. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, le variazioni di bilancio occorrenti per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi in applicazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 222-quater, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
  20. Per corrispondere alle eccezionali indilazionabili esigenze di servizio, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire tra le amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, le risorse iscritte sul fondo istituito ai sensi dell'articolo 3 della legge 22 luglio 1978, n. 385, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito della missione «Fondi da ripartire», programma «Fondi da assegnare», capitolo 3026, sulla base delle assegnazioni disposte con l'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tali assegnazioni tengono conto anche delle risorse finanziarie già iscritte sui pertinenti capitoli degli stati di previsione dei Ministeri interessati al fine di assicurare la tempestiva corresponsione delle somme dovute al personale e ammontanti al 50 per cento delle risorse complessivamente autorizzate per le medesime finalità nell'anno 2019. È autorizzata l'erogazione dei predetti compensi nelle more del perfezionamento del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e nei limiti ivi stabiliti per l'anno 2019.
  21. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta dei Ministri competenti, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative, anche tra programmi diversi del medesimo stato di previsione, in termini di residui, di competenza e di cassa, che si rendano necessarie nel caso di sentenze definitive anche relative ad esecuzione forzata nei confronti delle amministrazioni dello Stato.
  22. In relazione al pagamento delle competenze accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, fra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, i fondi iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», programma «Servizio permanente dell'Arma dei carabinieri per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica» e programma «Pianificazione e coordinamento Forze di polizia», concernenti il trattamento accessorio del personale delle Forze di polizia e del personale alle dipendenze della Direzione investigativa antimafia. Nelle more del perfezionamento del decreto del Ministro dell'interno, di cui all'articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1o aprile 1981, n. 121, al fine di consentire il tempestivo pagamento dei compensi per lavoro straordinario ai corpi di polizia, è autorizzata l'erogazione dei predetti compensi nei limiti stabiliti dal decreto adottato ai sensi del medesimo articolo 43, tredicesimo comma, per l'anno 2019.
  23. In relazione al pagamento delle competenze fisse e accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a riassegnare nello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2020, le somme versate in entrata concernenti le competenze fisse ed accessorie del personale dell'Arma dei carabinieri in forza extraorganica presso le altre amministrazioni.
  24. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, per l'anno finanziario 2020, le variazioni compensative negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, tra le spese per la manutenzione dei beni acquistati nell'ambito delle dotazioni tecniche e logistiche per le esigenze delle sezioni di polizia giudiziaria, iscritte nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».
  25. Ai fini dell'attuazione del programma di interventi previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, finanziato ai sensi del comma 12 del medesimo articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, per l'anno finanziario 2020, variazioni compensative, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra i capitoli dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico relativi all'attuazione del citato programma di interventi e i correlati capitoli degli stati di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  26. In relazione alla razionalizzazione delle funzioni di polizia e all'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, le opportune variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate.
  27. Il Ragioniere generale dello Stato è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2020, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dall'Unione europea, dalle pubbliche amministrazioni e da enti pubblici e privati, a titolo di contribuzione alle spese di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
  28. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, tra gli stati di previsione dei Ministeri interessati, le risorse del capitolo «Fondo da assegnare per la sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso», iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2020. Le risorse del suddetto Fondo non utilizzate nel corso dello stesso esercizio sono conservate in bilancio al termine dell'anno 2020 per essere utilizzate nell'esercizio successivo.
  29. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, anche in termini di residui, relativamente alle sole competenze fisse, tra i capitoli delle amministrazioni interessate al riordino delle Forze armate e delle Forze di polizia previsto dai decreti legislativi 29 maggio 2017, n. 94 e n. 95, e dei relativi decreti correttivi.
  30. Con decreti del Ragioniere generale dello Stato, le somme affluite all'entrata del bilancio dello Stato per effetto di donazioni effettuate da soggetti privati in favore di amministrazioni centrali e periferiche dello Stato puntualmente individuate possono essere riassegnate ad appositi capitoli di spesa degli stati di previsione dei Ministeri interessati.
  31. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2020, variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra le spese per la partecipazione italiana a banche, fondi ed organismi internazionali iscritte nell'ambito della missione «L'Italia in Europa e nel Mondo», programma «Politica economica e finanziaria in ambito internazionale», e le spese connesse con l'intervento diretto di società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze all'interno del sistema economico, anche attraverso la loro capitalizzazione, iscritte nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica», programma «Regolamentazione e vigilanza sul settore finanziario».

A.C. 2305 – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 19.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge, salvo quanto diversamente previsto, entra in vigore il 1o gennaio 2020.

QUADRI GENERALI RIASSUNTIVI

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A.C. 2305 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    che lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

ad esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/1Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    che lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/1. (Testo modificato nel corso della seduta).  Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 383, approvato in prima lettura, incrementa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2020 le risorse per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011, al fine di erogare contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale;
    l'Italia ha una ricca, diversificata e millenaria tradizione melodica e musicale: una cultura ed un'arte tramandata nel corso dei secoli da prestigiose scuole ed istituti;
    alcune di queste realtà didattiche sono state, nel corso degli anni, penalizzate dalla complessiva diminuzione dei contributi;
    ci riferiamo, in particolare, all'Accademia Musicale Chigiana di Siena, all'Accademia Internazionale di Imola ed alla Scuola di musica di Fiesole:
     l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, grazie alle sue particolari origini e per il modello di cultura e di valorizzazione e promozione musicale che ha rappresentato nel secolo scorso e rappresenta tuttora, viene riconosciuta a livello internazionale quale una delle più prestigiose istituzioni musicali italiane;
     l'Accademia Internazionale di Imola è un istituto di alta formazione concertistica che ha rivoluzionato la didattica tradizionale interagendo con nuove esperienze rispetto ai canoni tipici;
     la Scuola di musica di Fiesole è un centro formativo di primo piano che ha sviluppato metodi didattici differenziati per rispondere alle esigenze della sua multiforme utenza e da sempre valorizza la musica d'insieme,

impegna il Governo

a destinare l'intero incremento delle risorse di cui al comma 383 del provvedimento in esame a favore dell'Accademia Musicale Chigiana di Siena, dell'Accademia Internazionale di Imola e della Scuola di Musica di Fiesole – Scuole di Eccellenza Nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale – ad integrazione dei contributi attualmente alle stesse riconosciuti a valere sulle risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS).
9/2305/2Cenni, Giachetti, Padoan, Gagnarli, Ehm, Migliorino, Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 383, approvato in prima lettura, incrementa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2020 le risorse per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011, al fine di erogare contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale;
    l'Italia ha una ricca, diversificata e millenaria tradizione melodica e musicale: una cultura ed un'arte tramandata nel corso dei secoli da prestigiose scuole ed istituti;
    alcune di queste realtà didattiche sono state, nel corso degli anni, penalizzate dalla complessiva diminuzione dei contributi;
    ci riferiamo, in particolare, all'Accademia Musicale Chigiana di Siena, all'Accademia Internazionale di Imola ed alla Scuola di musica di Fiesole:
     l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, grazie alle sue particolari origini e per il modello di cultura e di valorizzazione e promozione musicale che ha rappresentato nel secolo scorso e rappresenta tuttora, viene riconosciuta a livello internazionale quale una delle più prestigiose istituzioni musicali italiane;
     l'Accademia Internazionale di Imola è un istituto di alta formazione concertistica che ha rivoluzionato la didattica tradizionale interagendo con nuove esperienze rispetto ai canoni tipici;
     la Scuola di musica di Fiesole è un centro formativo di primo piano che ha sviluppato metodi didattici differenziati per rispondere alle esigenze della sua multiforme utenza e da sempre valorizza la musica d'insieme,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare l'intero incremento delle risorse di cui al comma 383 del provvedimento in esame a favore dell'Accademia Musicale Chigiana di Siena, dell'Accademia Internazionale di Imola e della Scuola di Musica di Fiesole – Scuole di Eccellenza Nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale – ad integrazione dei contributi attualmente alle stesse riconosciuti a valere sulle risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS).
9/2305/2. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cenni, Giachetti, Padoan, Gagnarli, Ehm, Migliorino, Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina legislativa di riferimento dei corpi di polizia locale è, ancora oggi, la legge del 7 marzo 1986, n. 65, che, in ragione dei compiti e delle funzioni attualmente attribuite agli agenti e agli ufficiali della polizia locale, nonché alla luce dei recenti interventi in materia di sicurezza urbana, risulta oramai inadeguata ed anacronistica;
    la giurisprudenza negli anni ha rafforzato, de facto, le attribuzioni conferite alla polizia locale con il riconoscimento della funzione di pubblica sicurezza. E, su impulso della Corte di Cassazione (Cass. Sez. V, sent. 1993 n. 89; Cass. Sez. I sent. 1994 n. 1193), si è affermato il principio della competenza piena della polizia locale – in materia di polizia giudiziaria – nel perseguire ogni tipo di reato non restringendo la sua sfera di attività unicamente alle condotte illecite, depenalizzate od amministrative, ma riferendola a qualunque ipotesi in cui venga commessa o tentata una violazione della legge penale nella fattispecie del delitto o della contravvenzione;
    a fronte di un mutato contesto sociale – anche in forza delle attività di prevenzione e di contrasto al terrorismo – si è consolidato sempre più il coinvolgimento attivo della polizia locale in specifiche operazioni di ordine pubblico pianificate dalle altre forze di polizia;
    invero, in applicazione dei principi e delle finalità alla base delle politiche integrate per la sicurezza, il Ministero dell'interno ha avviato, da oltre un decennio, un programma di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali – mediante accordi meglio noti come «Patti per la sicurezza» – che prevede azioni congiunte sulle materie inerenti alla pubblica sicurezza, sulla base di una visione strategica e complessiva della sicurezza integrata;
    un siffatto mutamento del ruolo della polizia locale si è tradotto in un progressivo e potenziale aumento delle condizioni operativamente rischiose per gli agenti. Tuttavia, tale evoluzione dei doveri e delle responsabilità – indispensabile nell'ottica di una rinnovata sinergia strategica tra gli operatori di sicurezza –, non ha trovato opportuno e puntuale riscontro in sede normativa. La collocazione degli agenti di polizia locale nel comparto delle Regioni e degli enti locali, assoggettai ad un contratto di diritto privato, presenta evidenti e oggettive problematicità;
    basti pensare alla dotazione sull'armamento che, benché regolamentata dal decreto del Ministro dell'interno 4 marzo 1987, n. 145, lascia la facoltà ai consigli comunali di decidere in merito. Né sono da tralasciare significative sperequazioni circa i livelli di trattamento economico, di tutela assicurativa, assistenziale e previdenziale, di sicurezza e formazione sul lavoro;
    in seguito alla privatizzazione del pubblico impiego – articolo 73, comma 3 decreto legislativo n. 29 del 1993 riformato dall'articolo 70 del decreto legislativo n. 165 del 2001 – l'indennità di pubblica sicurezza non viene riconosciuta agli agenti di polizia locale pur esercitando funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale e di pubblica sicurezza alla pari delle varie polizie dello Stato;
    il tema di una ridefinizione funzionale e giuridica della polizia locale ha interessato il dibattito parlamentare delle precedenti legislature. Nella seduta del 18 aprile 2012 della I Commissione della Camera dei deputati, in risposta all'interrogazione 5-06616 riguardante la disciplina della polizia locale, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dichiarava: «l'esigenza di un approfondimento di tutti i temi legati al futuro assetto della Polizia locale, in modo da conferire ad essa uno status giuridico ed economico corrispondente al ruolo ormai assunto nel Paese, in linea con il principio di sussidiarietà che dovrà ispirare anche l'attività delle Forze di Polizia sul territorio nella prospettiva della sicurezza partecipata»;
    la confluenza di diversi disegni di legge (nn. 272, 278, 308, 344, 760 e 1039) in un Testo Unificato che detta norme di indirizzo in materia di politiche integrate per la sicurezza e la polizia locale, non ha tuttavia novellato il quadro normativo vigente;
    in assenza di un intervento normativo ad opera del legislatore, un impulso significativo viene offerto dall'Unione Europea. Con la lettera del 1o febbraio 2018 D301649 – trasmessa al Ministero dell'interno per il tramite dell'Ambasciatore per la Rappresentanza Permanente dell'Italia presso l'Unione Europea – il Presidente della commissione per le petizioni del Parlamento europeo, in risposta alle petizioni n. 0696/2016, n. 0093/2017 e n. 0624/2017, nella seduta del 28 novembre 2017, riscontrava che: «la situazione degli agenti e ufficiali della polizia locale, dislocati in tutti i Comuni d'Italia, è gravemente discriminatoria e può comportare pregiudizio anche al mantenimento dell'ordine pubblico nell'interesse di tutta quanta la collettività nazionale. Infatti, pur svolgendo tutte le funzioni di pubblica sicurezza, di polizia giudiziaria e stradale, tali forze, oltre ad essere prive di ogni tutela in quanto sforniti di adeguati strumenti di protezione personale, nonché di formazione al corretto espletamento dei compiti di prevenzione e lotta contro la criminalità e il terrorismo, sono equiparati economicamente e giuridicamente ai dipendenti amministrativi delle Regioni e dei Comuni d'Italia. Per questo motivo La prego di intervenire presso le competenti Autorità ministeriali dell'interno affinché vengano adottati provvedimenti e misure tempestive, anche sul piano legislativo, per una soluzione equa e soddisfacente»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire sullo status giuridico degli agenti di polizia locale, anche in forza di una semplificazione e ridefinizione contrattuale idonea alle esigenze funzionali attualmente in essere.
9/2305/3Frate.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di bilancio per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sulla disciplina delle provvidenze pubbliche all'editoria, disponendo, al comma 394, il differimento di un anno dei termini già previsti dalla legge di bilancio 2019 per la progressiva estinzione dei contributi diretti;
    secondo quanto affermato dal Governo anche in sede di dichiarazioni programmatiche, tale differimento è finalizzato a ridisegnare 1'intero sistema dei sostegni all'editoria nell'ambito di una legge di sistema che, tra le altre cose, assicuri stabilità e certezza alla contribuzione diretta, una forma di sostegno presente in tutti i principali Paesi, che – anche in linea con i recenti pronunciamenti della Corte costituzionale – deve ritenersi essenziale per la tutela del pluralismo;
    l'attuale disciplina esclude dalla percezione dei contributi diretti, ai sensi del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, le imprese editrici di quotidiani e periodici «facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in mercati regolamentati», con una formulazione che ha posto problemi interpretativi con particolare riferimento alle imprese editrici partecipate da società quotate in misura minoritaria e ridotta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'annunciata riforma organica degli incentivi al settore editoriale, di un intervento legislativo che chiarisca il perimetro delle imprese ammesse al contributo diretto, operando a tal fine una distinzione tra imprese per le quali la partecipazione da parte di società quotate risulti totale o maggioritaria e imprese editrici partecipate da società quotate in misura ridotta o comunque minoritaria, per le quali è ragionevole consentire la fruizione del contributo.
9/2305/4Enrico Borghi, Sensi, Capitanio, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede numerosi interventi in materia di disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità, nonché misure per favorire la realizzazione di progetti di integrazione dei disabili attraverso lo sport;
    la Legge 12 marzo del 1999, n. 68, prevede misure per il diritto al lavoro delle persone con disabilità e tra l'altro dispone che la Pubblica Amministrazione nelle procedure concorsuali assegni una parte dei posti disponibili a soggetti con disabilità;
    sarebbe opportuno che le Pubbliche Amministrazioni, nell'ambito delle proprie competenze, garantiscano che una quota parte degli assunti mediante concorso pubblico riservato a cittadini con disabilità, sia destinata a soggetti disabili aventi particolari abilità e/o meriti sportivi;
    quindi, sarebbe auspicabile che tali soggetti possano poi essere destinati ai gruppi sportivi delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine delle amministrazioni procedenti e, qualora non ne abbiano, possano stipulare Convenzioni con le altre amministrazioni che ne siano dotate;
    quanto suddetto tra l'altro garantirebbe ai para-atleti la possibilità di essere messi a disposizione di un Gruppo Sportivo Militare o di Stato per tutto il periodo dell'attività agonistica e permetterebbe loro di allenarsi presso le strutture appropriate e con allenatori adeguati,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nella misura delle risorse finanziarie disponibili, di adottare iniziative, anche normative, finalizzate a garantire che le Pubbliche Amministrazioni, nell'ambito delle procedure concorsuali, destinino una parte dei posti riservati a cittadini con disabilità a soggetti disabili aventi particolari abilità o meriti sportivi, da poter poi assegnare ai gruppi sportivi militari o di Stato delle amministrazioni procedenti; a considerare inoltre che le pubbliche amministrazioni procedenti che, nell'ambito della loro organizzazione non abbiano gruppi sportivi militari o di Stato, possano a tal fine stipulare convenzioni con le altre amministrazioni.
9/2305/5Mariani, Bologna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede numerosi interventi in materia di disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità, nonché misure per favorire la realizzazione di progetti di integrazione dei disabili attraverso lo sport;
    la Legge 12 marzo del 1999, n. 68, prevede misure per il diritto al lavoro delle persone con disabilità e tra l'altro dispone che la Pubblica Amministrazione nelle procedure concorsuali assegni una parte dei posti disponibili a soggetti con disabilità;
    sarebbe opportuno che le Pubbliche Amministrazioni, nell'ambito delle proprie competenze, garantiscano che una quota parte degli assunti mediante concorso pubblico riservato a cittadini con disabilità, sia destinata a soggetti disabili aventi particolari abilità e/o meriti sportivi;
    quindi, sarebbe auspicabile che tali soggetti possano poi essere destinati ai gruppi sportivi delle Forze Armate e delle Forze dell'Ordine delle amministrazioni procedenti e, qualora non ne abbiano, possano stipulare Convenzioni con le altre amministrazioni che ne siano dotate;
    quanto suddetto tra l'altro garantirebbe ai para-atleti la possibilità di essere messi a disposizione di un Gruppo Sportivo Militare o di Stato per tutto il periodo dell'attività agonistica e permetterebbe loro di allenarsi presso le strutture appropriate e con allenatori adeguati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella misura delle risorse finanziarie disponibili, di adottare iniziative, anche normative, finalizzate a garantire che le Pubbliche Amministrazioni, nell'ambito delle procedure concorsuali, destinino una parte dei posti riservati a cittadini con disabilità a soggetti disabili aventi particolari abilità o meriti sportivi, da poter poi assegnare ai gruppi sportivi militari o di Stato delle amministrazioni procedenti; a considerare inoltre che le pubbliche amministrazioni procedenti che, nell'ambito della loro organizzazione non abbiano gruppi sportivi militari o di Stato, possano a tal fine stipulare convenzioni con le altre amministrazioni.
9/2305/5. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mariani, Bologna.


   La Camera,
   premesso che:
    i dati dell'Istat e della Fondazione Migrantes sullo stato delle migrazioni in Italia, recentemente pubblicati, confermano che per la prima volta nella Penisola gli immigrati sono in calo, aumentano al contrario quasi del 2 per cento annuo i connazionali che si trasferiscono all'estero alla ricerca di un lavoro. Nel solo 2018 sono stati 117 mila, cifra che fa lievitare ad oltre 800.000 gli espatriati nell'ultimo decennio. Gli italiani all'estero hanno superato le 6 milioni di unità;
    non si tratta solo di giovani qualificati o laureati, con un'età media di circa trent'anni, o di italiani di prima emigrazione, ma anche di connazionali che in età lavorativa avanzata emigrano perché vittime della crisi e che rimasti disoccupati non riescono a trovare lavoro. Una volta all'estero non hanno poi la possibilità di tornare perché le condizioni del mercato del lavoro in Italia restano per loro proibitive;
    la legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» abroga l'esenzione IMU per i connazionali residenti all'estero titolari di trattamento pensionistico estero e proprietari di immobile in Italia – non locato o in comodato d'uso – in seguito ai rilievi mossi dalla Commissione Europea che ha individuato tale agevolazione, introdotta con un emendamento nel 2014, come discriminanti nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione Europea e quindi in contrasto con l'articolo 18 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE);
    la casa in Italia per un connazionale rappresenta un forte legame con la propria terra d'origine. Non si tratta infatti solamente di un luogo dove soggiornare durante le vacanze. È la base a cui fare ritorno negli anni della pensione o l'investimento fatto in Italia per consentire il proprio rientro o quello dei figli. Gli italiani che, pur vivendo all'estero, mantengono il loro immobile in Italia svolgono una duplice funzione sociale: da un lato generano un consistente indotto economico, grazie al ritorno nel luogo d'origine, dall'altro contribuiscono a contrastare i diffusi fenomeni di degrado architettonico e di abbandono delle abitazioni. Per questo motivo vanno tutelati e agevolati con azioni concrete, partendo dal carico fiscale. Da ultimo i comuni che beneficiano di questo particolare turismo di ritorno sono spesso nelle aree più soggette all'abbandono e allo spopolamento,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    ripristinare l'esenzione totale della nuova IMU per i connazionali proprietari di immobile in Italia pensionati con trattamento pensionistico estero e residenti all'estero, estendendo tale misura anche ai cittadini pensionati europei, residenti in uno Stato appartenente all'Unione Europea, e proprietari di immobile in Italia al fine di evitare eventuali successive infrazioni comunitarie;
    estendere la predetta esenzione totale della nuova IMU anche a tutti i cittadini italiani iscritti all'AIRE proprietari di immobile in Italia non locato o in comodato d'uso;
    esonerare – per i motivi espressi in premessa – tutti gli italiani iscritti all'Aire e proprietari di immobile in Italia non locato o in comodato d'uso dal pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni.
9/2305/6Ungaro, Carè.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 577 a 585 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», hanno modificato il metodo di calcolo del sistema di ripiano della spesa farmaceutica, passando al sistema del « market share»;
    tale sistema prevede che l'Agenzia Italiana del Farmaco determini la spesa farmaceutica complessiva per acquisti diretti, e sul totale della spesa così calcolata rilevi il fatturato di ciascuna azienda;
    il nuovo sistema porterà le quote di ripiano di alcune aziende a essere quasi dieci volte superiori rispetto a quanto dovuto con il sistema di calcolo precedente, causando evidenti difficoltà economiche e finanziarie;
    l'implementazione immediata di questo sistema, senza la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento prima della sua entrata in vigore, non ha permesso una programmazione adeguata alle aziende titolari di AIC;
    la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento consentirebbe alle aziende impattate di destinare le risorse eccedenti per l'anno 2021 a investimenti in ricerca e sviluppo in ambito sanitario, azioni in campo sociale volte a incrementare l'occupazione o migliorare le condizioni di lavoro, interventi per aumentare la produttività e la qualità degli impianti di produzione sul territorio dello Stato italiano,

impegna il Governo

a prevedere un meccanismo di garanzia (come l'introduzione di un apposito tetto transitorio e riferito solo all'anno 2019) che restituisca stabilità al contesto in cui opera il comparto farmaceutico, evitando una sperequazione eccessiva che danneggerebbe realtà che generano valore per l'Italia investendo nell'innovazione e nello sviluppo del Paese.
9/2305/7Lacarra.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 577 a 585 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», hanno modificato il metodo di calcolo del sistema di ripiano della spesa farmaceutica, passando al sistema del « market share»;
    tale sistema prevede che l'Agenzia Italiana del Farmaco determini la spesa farmaceutica complessiva per acquisti diretti, e sul totale della spesa così calcolata rilevi il fatturato di ciascuna azienda;
    il nuovo sistema porterà le quote di ripiano di alcune aziende a essere quasi dieci volte superiori rispetto a quanto dovuto con il sistema di calcolo precedente, causando evidenti difficoltà economiche e finanziarie;
    l'implementazione immediata di questo sistema, senza la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento prima della sua entrata in vigore, non ha permesso una programmazione adeguata alle aziende titolari di AIC;
    la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento consentirebbe alle aziende impattate di destinare le risorse eccedenti per l'anno 2021 a investimenti in ricerca e sviluppo in ambito sanitario, azioni in campo sociale volte a incrementare l'occupazione o migliorare le condizioni di lavoro, interventi per aumentare la produttività e la qualità degli impianti di produzione sul territorio dello Stato italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un meccanismo di garanzia (come l'introduzione di un apposito tetto transitorio e riferito solo all'anno 2019) che restituisca stabilità al contesto in cui opera il comparto farmaceutico, evitando una sperequazione eccessiva che danneggerebbe realtà che generano valore per l'Italia investendo nell'innovazione e nello sviluppo del Paese.
9/2305/7. (Testo modificato nel corso della seduta).  Lacarra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» contiene disposizioni normative di carattere eterogeneo che rivestono grande importanza per la collettività, anche nell'ambito della tutela della salute;
    il testo del provvedimento, durante l'esame al Senato ha subito profonde modificazioni a seguito dell'approvazione con voto di fiducia dell'emendamento del Governo;
    l'attuale formulazione del comma 269 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, introdotta a seguito del parere tecnico espresso dalla Ragioneria Generale dello Stato, volta ad abrogare il comma 4-bis dell'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, e ad estendere l'applicabilità delle norme contenute nell'articolo medesimo anche alle Province autonome di Trento e di Bolzano, configura una violazione delle competenze delle predette Province autonome poiché le stesse, come noto, provvedono al finanziamento del servizio sanitario provinciale senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato (legge 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 34);
    l'articolo 79 dello Statuto speciale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, prevede che, fermo restando il concorso del sistema territoriale regionale integrato agli obiettivi di finanza pubblica nazionale, compete alle province autonome il coordinamento della finanza nei confronti degli enti appartenenti al medesimo sistema, ivi incluse le aziende sanitarie, nonché la definizione per sé e per tali enti di autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa;
    la Corte costituzionale ha ribadito il principio per cui non è giustificabile per il legislatore statale imporre vincoli di spesa in materia sanitaria a carico degli enti che provvedono autonomamente alla copertura delle relative spese e, di conseguenza, non possono essere posti limiti alla autonomia in materia di spesa sanitaria degli stessi, in quanto non finanziata dallo Stato (ad es. sentenza Corte Costituzionale 125/2015 e sentenza 231/2017),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a modificare la norma di cui all'articolo 1, comma 269, espungendo il riferimento alle Province autonome di Trento e di Bolzano, laddove introdotto con legge di bilancio, ripristinando altresì la clausola di salvaguardia di cui all'attuale comma 4-bis dell'articolo 11 del citato decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, a tutela delle competenze provinciali.
9/2305/8Schullian, Gebhard, Plangger, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame recante: «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» contiene disposizioni normative di carattere eterogeneo che rivestono grande importanza per la collettività, anche nell'ambito della tutela della salute;
    il testo del provvedimento, durante l'esame al Senato ha subito profonde modificazioni a seguito dell'approvazione con voto di fiducia dell'emendamento del Governo;
    l'attuale formulazione del comma 269 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, introdotta a seguito del parere tecnico espresso dalla Ragioneria Generale dello Stato, volta ad abrogare il comma 4-bis dell'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, e ad estendere l'applicabilità delle norme contenute nell'articolo medesimo anche alle Province autonome di Trento e di Bolzano, configura una violazione delle competenze delle predette Province autonome poiché le stesse, come noto, provvedono al finanziamento del servizio sanitario provinciale senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato (legge 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 34);
    l'articolo 79 dello Statuto speciale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, prevede che, fermo restando il concorso del sistema territoriale regionale integrato agli obiettivi di finanza pubblica nazionale, compete alle province autonome il coordinamento della finanza nei confronti degli enti appartenenti al medesimo sistema, ivi incluse le aziende sanitarie, nonché la definizione per sé e per tali enti di autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa;
    la Corte costituzionale ha ribadito il principio per cui non è giustificabile per il legislatore statale imporre vincoli di spesa in materia sanitaria a carico degli enti che provvedono autonomamente alla copertura delle relative spese e, di conseguenza, non possono essere posti limiti alla autonomia in materia di spesa sanitaria degli stessi, in quanto non finanziata dallo Stato (ad es. sentenza Corte Costituzionale 125/2015 e sentenza 231/2017),

impegna il Governo

a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di valutare l'adozione di opportune iniziative, volte a chiarire che esse non incidono sull'autonomia finanziaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, nel rispetto della richiamata giurisprudenza costituzionale.
9/2305/8. (Testo modificato nel corso della seduta).  Schullian, Gebhard, Plangger, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), al comma 889 dell'articolo 1, stabilisce l'entità ed i criteri di attribuzione del contributo annuo per il periodo 2019-2033 da destinare al finanziamento dei piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole delle province;
    il 24 gennaio 2019 la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ha definito l'intesa sullo schema di decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ripartisce il contributo complessivo di 250 milioni di euro annui, per gli anni dal 2019 al 2033;
    in base a tale decreto, la provincia di Foggia è destinataria di 1.249.737,84 euro, cifra che la pone agli ultimissimi posti della graduatoria relativa all'entità del contributo: si evidenzia che Foggia è la terza provincia in Italia per estensione territoriale, con circa 3000 chilometri di strade, 172 scuole, 550 ponti realizzati oltre 60 anni fa;
    appare evidente che la somma stanziata è assolutamente inadeguata per attuare qualsiasi tipo di intervento, perché tradotta significa: 432 euro per ogni chilometro di strada oppure 2.356 euro per ogni ponte o 7.534 euro per ogni scuola;
    province con un quarto di estensione territoriale rispetto a quella di Foggia, aventi un patrimonio demaniale di consistenza molto minore, sono assegnatarie di somme quadruple e addirittura ottuple;
    tra i criteri di ripartizione previsti dalla legge di bilancio 2019, non ve n’è alcuno parametrato sulla reale entità della rete stradale e sulla quantità di ponti e di strutture scolastiche gestite da ciascuna provincia;
    la Provincia di Foggia ha impugnato dinanzi al TAR il Decreto del Ministero dell'interno del 4 marzo 2019, con eventuale rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell'articolo 1, comma 889 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – legge di bilancio 2019;
    mercoledì 18 dicembre scorso, in occasione della seduta di interrogazioni a risposta immediata in Aula, lo scrivente ha presentato l'interrogazione n. 3-01213 in cui veniva descritta la situazione di cui sopra e si chiedeva al Governo di modificare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018;
    la risposta del Ministro dell'interno è stata un'apertura al confronto: il provvedimento all'esame, la legge di bilancio 2020, assegna ulteriori risorse agli enti locali per interventi infrastrutturali, per la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici, delle scuole e delle strade;
    non è quindi in dubbio la bontà del provvedimento di contribuzione di cui parliamo e neanche, da parte del Governo, l'applicazione corretta del criterio a suo tempo individuato, ma ciò che si ritiene vada modificato è proprio il criterio di assegnazione delle risorse, perché non è possibile basare l'elaborazione di tale criterio, che determina l'entità della contribuzione fino al 2033, facendo riferimento ad un solo anno di gestione, come in effetti è avvenuto,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative al fine di integrare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, garantendo una più equa distribuzione agli enti locali delle risorse disponibili, al fine di porre rimedio alla sperequazione in atto.
9/2305/9Tasso.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), al comma 889 dell'articolo 1, stabilisce l'entità ed i criteri di attribuzione del contributo annuo per il periodo 2019-2033 da destinare al finanziamento dei piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole delle province;
    il 24 gennaio 2019 la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ha definito l'intesa sullo schema di decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ripartisce il contributo complessivo di 250 milioni di euro annui, per gli anni dal 2019 al 2033;
    in base a tale decreto, la provincia di Foggia è destinataria di 1.249.737,84 euro, cifra che la pone agli ultimissimi posti della graduatoria relativa all'entità del contributo: si evidenzia che Foggia è la terza provincia in Italia per estensione territoriale, con circa 3000 chilometri di strade, 172 scuole, 550 ponti realizzati oltre 60 anni fa;
    appare evidente che la somma stanziata è assolutamente inadeguata per attuare qualsiasi tipo di intervento, perché tradotta significa: 432 euro per ogni chilometro di strada oppure 2.356 euro per ogni ponte o 7.534 euro per ogni scuola;
    province con un quarto di estensione territoriale rispetto a quella di Foggia, aventi un patrimonio demaniale di consistenza molto minore, sono assegnatarie di somme quadruple e addirittura ottuple;
    tra i criteri di ripartizione previsti dalla legge di bilancio 2019, non ve n’è alcuno parametrato sulla reale entità della rete stradale e sulla quantità di ponti e di strutture scolastiche gestite da ciascuna provincia;
    la Provincia di Foggia ha impugnato dinanzi al TAR il Decreto del Ministero dell'interno del 4 marzo 2019, con eventuale rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità dell'articolo 1, comma 889 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 – legge di bilancio 2019;
    mercoledì 18 dicembre scorso, in occasione della seduta di interrogazioni a risposta immediata in Aula, lo scrivente ha presentato l'interrogazione n. 3-01213 in cui veniva descritta la situazione di cui sopra e si chiedeva al Governo di modificare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018;
    la risposta del Ministro dell'interno è stata un'apertura al confronto: il provvedimento all'esame, la legge di bilancio 2020, assegna ulteriori risorse agli enti locali per interventi infrastrutturali, per la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici, delle scuole e delle strade;
    non è quindi in dubbio la bontà del provvedimento di contribuzione di cui parliamo e neanche, da parte del Governo, l'applicazione corretta del criterio a suo tempo individuato, ma ciò che si ritiene vada modificato è proprio il criterio di assegnazione delle risorse, perché non è possibile basare l'elaborazione di tale criterio, che determina l'entità della contribuzione fino al 2033, facendo riferimento ad un solo anno di gestione, come in effetti è avvenuto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative al fine di integrare i criteri di ripartizione del contributo di cui al comma 889 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, garantendo una più equa distribuzione agli enti locali delle risorse disponibili, al fine di porre rimedio alla sperequazione in atto.
9/2305/9. (Testo modificato nel corso della seduta).  Tasso.


   La Camera,
    esaminato il disegno di legge in titolo,
   premesso che:
    i dipendenti pubblici che hanno maturato il diritto al Trattamento di fine servizio – in ragione dell'accantonamento disposto ex lege – non possono ottenerne la liquidazione immediatamente ed in unica soluzione, come era previsto dalla normativa ex articolo 26 del decreto presidenziale n. 1032/73, a causa della legislazione emanata in anni recenti di emergenza finanziaria, finalizzata alla riduzione della spesa pubblica;
   in particolare:
    l'articolo 3 comma 2 del decreto-legge n. 79 del 1997 convertito nella legge 140 del 1997, come modificato sia dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, sia dall'articolo 1 comma 484 e 485 della legge n. 147 del 2013 attualmente vigente stabilisce che:
    il trattamento pensionistico dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, compresi quelli di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 2 dello stesso decreto legislativo, è corrisposto decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro;
    l'articolo 12 comma 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122 in sede di conversione, nonché dall'articolo 1, comma 484, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 prevede che:
    a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici attraverso il contenimento della dinamica della spesa corrente nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica previsti dall'aggiornamento del programma di stabilità e crescita, dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, con riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, il riconoscimento dell'indennità di buonuscita, dell'indennità premio di servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una-tantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario titolo dall'impiego è effettuato:
     a) in un'unica soluzione, se l'importo al lordo della tassazione non supera 90.000 euro;
     b) in due rate se l'importo lordo si attesta tra i 90.000 e i 150.000 euro; in questo caso la prima rata sarà pari a 90.000 euro, e la seconda rata sarà pari alla cifra rimanente;
     c) in tre rate, se l'ammontare lordo è superiore a 150.000 euro; la prima rata sarà pari a 90.000 euro, la seconda rata a 60.000 euro, e la terza sarà pari all'importo mancante;
   considerato che:
    con l'introduzione della finestra di uscita pensionistica anticipata denominata «Quota 100», inserita nel decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, i dipendenti pubblici che vi aderiscono maturano il diritto al Tfs solamente alla reale cessazione del rapporto di lavoro, che inizia al raggiungimento dei requisiti necessari per accedere alla pensione di vecchiaia, quindi al compimento dei 67 anni. A questo si aggiungono altri ventiquattro mesi più altri tre mesi di gestione della pratica. Ne consegue che ci sono dipendenti pubblici che ricevono il proprio Tfs solo molti anni dopo essere andati in pensione con il relativo danno economico;
    la normativa suindicata, che ha dilazionato e rateizzato il pagamento della indennità di buonuscita ai dipendenti statali, è stata sottoposta al vaglio della Consulta con diverse ordinanze incidentali che ne evidenziavano la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale;
    le ordinanze hanno rilevato quanto segue:
     la violazione del principio di eguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, e di violazione dell'articolo 36 della Costituzione, caratterizzandosi la buonuscita come «retribuzione differita» (pur se legata ad una concorrente funzione previdenziale);
     detto differimento, giustificato «a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici», in funzione del contenimento della dinamica della spesa corrente, ha assunto un carattere strutturale, non essendo previsto per un limitato arco temporale, seppure giustificato, anch'esso, «a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici», in funzione del contenimento della dinamica della spesa corrente; inoltre modifica sensibilmente in peius il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici, in quanto determina una perdita patrimoniale certa;
     è, del resto, fatto notorio, che il pubblico dipendente, in molti casi, si propone – proprio attraverso l'integrale ed immediata percezione del trattamento di fine rapporto – di recuperare una somma già spesa o in via di erogazione per le principali necessità di vita quali l'acquisto di una casa, le spese per il matrimonio di un figlio, alla necessità di cure mediche, ecc., ovvero di fronteggiare o adempiere in modo definitivo ad impegni finanziari già assunti, magari da tempo (come l'estinzione di un mutuo);
     non appare dunque appropriato che il datore di lavoro, approfittando della coincidenza tra questo suo ruolo e quello di Legislatore, dilazioni dei pagamenti che sono dovuti nella loro interezza, a fronte del prelievo operato, e contestualmente rivoluzioni, da un giorno all'altro, le regole in ordine alle modalità di quantificazione dell'indennità di buonuscita, ledendo il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto;
     inoltre «viene completamente svuotata la capacità autorganizzativa della Pubblica Amministrazione, che dovrebbe normalmente potersi esprimere anche in riferimento allo stato economico del personale, secondo i generali principi espressi dall'articolo 97 della Costituzione»;
     in ragione della mancata previsione di interessi per la dilazione del pagamento, si deroga persino dalla disciplina delle obbligazioni pecuniarie;
   valutato che:
    le norme in parola sono state emanate in un diverso arco di tempo, in ragione della crisi economica e finanziaria imposta agli Stati dalle determinazioni UE circa il pareggio di bilancio;
    ciò che è rilevante è la natura strutturale delle citate modifiche legislative che anziché essere transeunti, temporanee e consentanee allo scopo cui sono finalizzate le legislazioni emergenziali, hanno di fatto reso strutturali restrizioni, dilazioni e riduzioni di spesa,

impegna il Governo

ai fini della valutazione della correttezza del cosiddetto bilanciamento di interessi che il legislatore è tenuto ad effettuare tra l'interesse pubblico al perseguimento della riduzione del deficit di bilancio ed il rispetto dei diritti soggettivi dei lavoratori interessati, a procedere, a decorrere dall'anno 2020, alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto del lavoro. Tale termine di decorrenza vale anche per coloro che cessano anticipatamente il rapporto lavorativo con l'adesione a «Quota 100».
9/2305/10Vizzini.


   La Camera,
    esaminato il disegno di legge in titolo,
   premesso che:
    i dipendenti pubblici che hanno maturato il diritto al Trattamento di fine servizio – in ragione dell'accantonamento disposto ex lege – non possono ottenerne la liquidazione immediatamente ed in unica soluzione, come era previsto dalla normativa ex articolo 26 del decreto presidenziale n. 1032/73, a causa della legislazione emanata in anni recenti di emergenza finanziaria, finalizzata alla riduzione della spesa pubblica;
   in particolare:
    l'articolo 3 comma 2 del decreto-legge n. 79 del 1997 convertito nella legge 140 del 1997, come modificato sia dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, sia dall'articolo 1 comma 484 e 485 della legge n. 147 del 2013 attualmente vigente stabilisce che:
    il trattamento pensionistico dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, compresi quelli di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 2 dello stesso decreto legislativo, è corrisposto decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro;
    l'articolo 12 comma 7 del decreto-legge n. 78 del 2010, come modificato dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122 in sede di conversione, nonché dall'articolo 1, comma 484, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 prevede che:
    a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici attraverso il contenimento della dinamica della spesa corrente nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica previsti dall'aggiornamento del programma di stabilità e crescita, dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, con riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, il riconoscimento dell'indennità di buonuscita, dell'indennità premio di servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una-tantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario titolo dall'impiego è effettuato:
     a) in un'unica soluzione, se l'importo al lordo della tassazione non supera 90.000 euro;
     b) in due rate se l'importo lordo si attesta tra i 90.000 e i 150.000 euro; in questo caso la prima rata sarà pari a 90.000 euro, e la seconda rata sarà pari alla cifra rimanente;
     c) in tre rate, se l'ammontare lordo è superiore a 150.000 euro; la prima rata sarà pari a 90.000 euro, la seconda rata a 60.000 euro, e la terza sarà pari all'importo mancante;
   considerato che:
    con l'introduzione della finestra di uscita pensionistica anticipata denominata «Quota 100», inserita nel decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, i dipendenti pubblici che vi aderiscono maturano il diritto al Tfs solamente alla reale cessazione del rapporto di lavoro, che inizia al raggiungimento dei requisiti necessari per accedere alla pensione di vecchiaia, quindi al compimento dei 67 anni. A questo si aggiungono altri ventiquattro mesi più altri tre mesi di gestione della pratica. Ne consegue che ci sono dipendenti pubblici che ricevono il proprio Tfs solo molti anni dopo essere andati in pensione con il relativo danno economico;
    la normativa suindicata, che ha dilazionato e rateizzato il pagamento della indennità di buonuscita ai dipendenti statali, è stata sottoposta al vaglio della Consulta con diverse ordinanze incidentali che ne evidenziavano la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale;
    le ordinanze hanno rilevato quanto segue:
     la violazione del principio di eguaglianza, di cui all'articolo 3 della Costituzione, e di violazione dell'articolo 36 della Costituzione, caratterizzandosi la buonuscita come «retribuzione differita» (pur se legata ad una concorrente funzione previdenziale);
     detto differimento, giustificato «a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici», in funzione del contenimento della dinamica della spesa corrente, ha assunto un carattere strutturale, non essendo previsto per un limitato arco temporale, seppure giustificato, anch'esso, «a titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici», in funzione del contenimento della dinamica della spesa corrente; inoltre modifica sensibilmente in peius il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici, in quanto determina una perdita patrimoniale certa;
     è, del resto, fatto notorio, che il pubblico dipendente, in molti casi, si propone – proprio attraverso l'integrale ed immediata percezione del trattamento di fine rapporto – di recuperare una somma già spesa o in via di erogazione per le principali necessità di vita quali l'acquisto di una casa, le spese per il matrimonio di un figlio, alla necessità di cure mediche, ecc., ovvero di fronteggiare o adempiere in modo definitivo ad impegni finanziari già assunti, magari da tempo (come l'estinzione di un mutuo);
     non appare dunque appropriato che il datore di lavoro, approfittando della coincidenza tra questo suo ruolo e quello di Legislatore, dilazioni dei pagamenti che sono dovuti nella loro interezza, a fronte del prelievo operato, e contestualmente rivoluzioni, da un giorno all'altro, le regole in ordine alle modalità di quantificazione dell'indennità di buonuscita, ledendo il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto;
     inoltre «viene completamente svuotata la capacità autorganizzativa della Pubblica Amministrazione, che dovrebbe normalmente potersi esprimere anche in riferimento allo stato economico del personale, secondo i generali principi espressi dall'articolo 97 della Costituzione»;
     in ragione della mancata previsione di interessi per la dilazione del pagamento, si deroga persino dalla disciplina delle obbligazioni pecuniarie;
   valutato che:
    le norme in parola sono state emanate in un diverso arco di tempo, in ragione della crisi economica e finanziaria imposta agli Stati dalle determinazioni UE circa il pareggio di bilancio;
    ciò che è rilevante è la natura strutturale delle citate modifiche legislative che anziché essere transeunti, temporanee e consentanee allo scopo cui sono finalizzate le legislazioni emergenziali, hanno di fatto reso strutturali restrizioni, dilazioni e riduzioni di spesa,

impegna il Governo

ai fini della valutazione della correttezza del cosiddetto bilanciamento di interessi che il legislatore è tenuto ad effettuare tra l'interesse pubblico al perseguimento della riduzione del deficit di bilancio ed il rispetto dei diritti soggettivi dei lavoratori interessati, a valutare l'opportunità di procedere, a decorrere dall'anno 2020, alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto del lavoro. Tale termine di decorrenza vale anche per coloro che cessano anticipatamente il rapporto lavorativo con l'adesione a «Quota 100».
9/2305/10. (Testo modificato nel corso della seduta).  Vizzini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022 prevede disposizioni in materia di credito d'imposta;
    è opportuno considerare l'importanza della trasformazione industriale in atto che comporta un «passaggio epocale» verso un'economia che propende per una diminuzione dei costi energetici determinati anche da elementi inquinanti. Per tale motivo è necessario implementare forme di risparmio energetico anche più
    «pulite» che possano essere utilizzate con minori costi da parte delle imprese in particolare quelle del settore tessile;
    le imprese del settore tessile manifatturiero hanno alti costi per il consumo di energia. Infatti l'energia costituisce una voce di costo importantissima per il manifatturiero tessile. Tra l'altro le medesime imprese proprio per l'alto costo energetico subiscono una penalizzazione rispetto ad altre imprese site anche in paesi europei dove il costo dell'energia è notevolmente più basso;
    è necessario pertanto un contributo sotto forma di credito d'imposta alle imprese tessili per la progettazione e presentazione di progetti relativi al risparmio energetico (per la riduzione del costo dell'energia e delle accise che gravano sulla medesima energia) redatti da professionisti che possano superare le gravi problematiche relative, come detto, al costo dell'energia per poter competere nel mercato globale. I progetti di risparmio energetico potrebbero essere sviluppati anche per singoli settori della filiera produttiva;
    i progetti di risparmio energetico una volta approvati, in questo modo, potranno garantire una diminuzione del costo energetico e favoriranno le imprese del settore tessile al fine di implementare le loro attività necessarie per l'occupazione e la produzione di un settore fondamentale per l'economia italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere un credito d'imposta alle imprese del settore manifatturiero tessile per la redazione di progetti di risparmio energetico necessari alle medesime imprese del settore tessile per competere, dato l'alto costo energetico italiano, nel mercato globale e superare le difficoltà legate proprio all'approvvigionamento energetico. Ciò soprattutto al fine di ridurre i costi che oggi devono pagare, ma anche per uno sviluppo futuro che possa aumentare i livelli di produzione e l'occupazione di un settore fondamentale per l'economia del nostro Paese.
9/2305/11Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2013, a Marina di Massa, Marco Loiola ha assassinato l'ex moglie Cristina Biagi e, prima di togliersi la vita, ha sparato ad una terza persona che credeva, erroneamente, essere l'amante della moglie. Quest'uomo è rimasto gravemente ferito, riportando un'invalidità permanente;
    la legge prevede che l'Inps chieda il rimborso delle spese sanitarie e dell'assegno riconosciuto alla vittima a chi ha procurato il danno o, in mancanza, ai suoi eredi; in questo caso gli eredi a cui l'Inps ha richiesto il pagamento dei danni, per un importo di ben 124 mila euro, sono le due sorelle rimaste orfane, di 12 e 14 anni, che vivono con i nonni e non sono in grado di pagare una cifra così onerosa;
    in mancanza dell'adempimento, ci potrebbe essere un processo per l'esecuzione forzata del pagamento che, tra l'altro, comporterebbe un aumento della cifra richiesta dall'ente previdenziale;
   valutato che:
    il provvedimento prevede, all'articolo 1, commi 486-488, che lo Stato e gli Istituti previdenziali e assicurativi pubblici e privati non possano agire per il pagamento dei crediti vantati nei confronti dell'autore di un delitto di omicidio del partner aggredendo i beni ereditari trasmessi dall'autore del delitto, deceduto a sua volta, «ai figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, nati dalle predette relazioni, purché estranei alla condotta delittuosa»;
    le somme dovute agli enti previdenziali e assicurativi che non possono agire nei confronti dei beni ereditari saranno corrisposte a «domanda all'Ufficio del Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti», con le modalità previste dalla legge n. 122 del 2016 e le operazioni di surroga si applicano anche ai crediti pendenti al momento della entrata in vigore della legge di bilancio;
    grazie a tali nuove tutele si eviteranno quindi casi paradossali come quello accaduto a Marina di Massa;
    in base alla nuova disposizione la non imputabilità dei crediti ai beni ereditari è circoscritta al triennio 2020-2022 entro il limite di spesa di 1,5 milioni di euro nell'anno 2020, di 700.000 euro nell'anno 2021 e di 500.000 euro nell'anno 2022, a valere sulle risorse disponibili di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 20 novembre 2017, n. 167,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere idonee iniziative legislative volte a prevedere una disciplina organica della tutela degli orfani per crimini domestici dalle richieste di indennizzo, quali quelle esposte in premessa, anche a decorrere dal 1o gennaio 2023.
9/2305/12Nardi, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto affronta – tra gli altri – alcuni interventi in materia previdenziale, offrendo soluzione alle diverse sollecitazioni al riguardo provenienti dal mondo del lavoro;
    tra queste si segnala, senz'altro, quella della condizione economica dei tanti percettori delle pensioni più basse;
    secondo i dati 2018 dell'Osservatorio sulle pensioni, su un totale di pensioni erogate pari a 17.827.676, quasi 11 milioni sono di importo inferiore ai 750 euro mensili;
    per costoro, ai sensi dell'articolo 5, del decreto-legge 2 febbraio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 3 agosto 2007, n. 127, è stata introdotta la cosiddetta quattordicesima per le pensioni basse;
    l'importo riconosciuto, variabile in funzione dell'anzianità contributiva, dell'importo dell'assegno percepito e dei limiti di reddito dei percettori, è rimasto invariato rispetto a quanto stabilito nel 2007, determinando un significativo ridimensionamento della medesima misura economica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, sin dal primo provvedimento utile, misure volte ad incrementare gli importi riconosciuti ai sensi del citato articolo 5, del decreto-legge 81 del 2007.
9/2305/13Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    ai commi 184-197 si prorogano i cosiddetti superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese e la disciplina di un credito d'imposta per la realizzazione di progetti ambientali, si introduce un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi; considerate le finalità di tali misure, cioè quella di promuovere investimenti in innovazione e digitalizzazione tecnologica, nonché di diffondere la cultura dell'innovazione, sarebbe necessario includere anche tutto il segmento dei professionisti che, anche ai sensi della equiparazione alle PMI, come indicato dal comma 821 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, rappresentano una parte importante del sistema economico italiano;
    ai commi 691-692, viene soppressa l'imposta sostitutiva al 20 per cento per i contribuenti con ricavi fino a 100.000 euro, originariamente prevista a partire dal 2020; si reintroduce, per l'accesso al regime forfettario al 15 per cento, il limite delle spese sostenute per il personale e per il lavoro accessorio, nonché l'esclusione per chi ha redditi di lavoro dipendente eccedenti l'importo di 30.000 euro; si stabilisce un sistema di premialità per incentivare la fatturazione elettronica;
   considerato che la disciplina sul regime forfettario favorisce i soli liberi professionisti persone fisiche, le forme aggregate di esercizio dell'attività professionale ne risultano danneggiate, poiché risulta molto più conveniente esercitare la professione in maniera individuale ed essere assoggettati al regime forfetario, piuttosto che lavorare in forma associativa o societaria ed essere assoggettati al regime ordinario. La necessità del mercato sarebbe invece quella di spingere i liberi professionisti a collaborare ed aggregarsi, per divenire sempre più competitivi sul mercato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a estendere a tutti i lavoratori autonomi le misure cosiddette di superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese, il credito di imposta per la realizzazione di progetti ambientali e il credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, nonché ad allargare ai soci delle società tra professionisti la possibilità di optare per il regime forfettario al 15 per cento per compensi entro i 65.000 euro annui, al fine di favorire l'aggregazione e la competitività dei servizi professionali sul mercato.
9/2305/14Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    ai commi 184-197 si prorogano i cosiddetti superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese e la disciplina di un credito d'imposta per la realizzazione di progetti ambientali, si introduce un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi; considerate le finalità di tali misure, cioè quella di promuovere investimenti in innovazione e digitalizzazione tecnologica, nonché di diffondere la cultura dell'innovazione, sarebbe necessario includere anche tutto il segmento dei professionisti che, anche ai sensi della equiparazione alle PMI, come indicato dal comma 821 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, rappresentano una parte importante del sistema economico italiano;
    ai commi 691-692, viene soppressa l'imposta sostitutiva al 20 per cento per i contribuenti con ricavi fino a 100.000 euro, originariamente prevista a partire dal 2020; si reintroduce, per l'accesso al regime forfettario al 15 per cento, il limite delle spese sostenute per il personale e per il lavoro accessorio, nonché l'esclusione per chi ha redditi di lavoro dipendente eccedenti l'importo di 30.000 euro; si stabilisce un sistema di premialità per incentivare la fatturazione elettronica;
   considerato che la disciplina sul regime forfettario favorisce i soli liberi professionisti persone fisiche, le forme aggregate di esercizio dell'attività professionale ne risultano danneggiate, poiché risulta molto più conveniente esercitare la professione in maniera individuale ed essere assoggettati al regime forfetario, piuttosto che lavorare in forma associativa o societaria ed essere assoggettati al regime ordinario. La necessità del mercato sarebbe invece quella di spingere i liberi professionisti a collaborare ed aggregarsi, per divenire sempre più competitivi sul mercato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a estendere a tutti i lavoratori autonomi le misure cosiddette di superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese, il credito di imposta per la realizzazione di progetti ambientali e il credito di imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, nonché ad allargare ai soci delle società tra professionisti la possibilità di optare per il regime forfettario al 15 per cento per compensi entro i 65.000 euro annui, al fine di favorire l'aggregazione e la competitività dei servizi professionali sul mercato.
9/2305/14. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    dal comma 473 al comma 500 del presente provvedimento vengono prorogate o messe in atto varie misure a favore del sistema pensionistico, fra le quali la proroga per un anno di opzione donna e dell'Ape sociale; viene modificata la disciplina transitoria finora vigente in materia di indicizzazione dei trattamenti pensionistici; viene, inoltre, introdotta, a decorrere dal 2022, una nuova disciplina a regime in materia di perequazione;
    vengono introdotte altre misure specifiche, fra cui quelle in materia di pensionamento anticipato per giornalisti e poligrafici dipendenti di aziende in crisi;
    in data 28 febbraio 1998 l'ente Poste italiane è stato trasformato in società per azioni; l'articolo 53, comma 6, della legge del 27 dicembre 1997, n. 449, con la finalità di provvedere alla liquidazione delle indennità di buonuscita maturata fino alla data del 28 febbraio 1998 dai lavoratori dell'amministrazione postale prima del passaggio di Poste italiane in società per azioni, stabilisce quanto segue: «A decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente Poste Italiane in società per azioni (...) al personale dipendente della società medesima spettano (...) il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo, la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma», ovvero che la prestazione debba essere calcolata sulla base dei valori retributivi utili in vigore al 28 febbraio 1998;
    a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, viene riconosciuta la rivalutazione monetaria dell'indennità di buonuscita, essendo questa riconosciuta per legge. Ma ancora oggi l'importo della buonuscita viene liquidato ai lavoratori postali senza alcuna forma di rivalutazione; rispondendo all'interrogazione 5-11009 del 30 marzo 2017 presso la XI Commissione permanente della Camera il 18 maggio 2017, il Governo ha reso noto che i lavoratori postali in forza alla data del 28 febbraio 1998 erano 219.601, di questi 76.754 risultavano ancora dipendenti postali mentre agli altri 142.847 cessati dal servizio era già stata liquidata l'indennità di buonuscita non rivalutata dal 1998; l'ammontare della rivalutazione monetaria e degli interessi eventualmente riconoscibili a tutti gli interessati sarebbe pari a 907.261.000 euro, mentre l'ammontare complessivo delle indennità di buonuscita che dovranno essere liquidate fino al 2040 è di 939.972.000 euro; il Governo con l'approvazione, durante l’iter legislativo della legge di Bilancio 2019, dell'O.D.G. G/981 sez. 1/8/11 si è già impegnato, non dando seguito all'impegno, a prevedere atti normativi che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A. di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso atti di propria competenza, misure che consentano ai lavoratori di Poste italiane S.p.A., sia a quelli cessati che a quelli ancora in servizio, di veder riconosciuta gradualmente la rivalutazione, senza inclusione degli interessi maturati, del trattamento di quiescenza sia dei lavoratori cessati che di quelli ancora in servizio di Poste Italiane S.p.a., al pari di tutti gli altri lavoratori, sia pubblici che privati.
9/2305/15Berlinghieri, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    gli esodati esclusi dalle otto misure di salvaguardia approvate negli anni scorsi sono stimati in una piccola platea di 6.000 lavoratori rimasti senza occupazione, senza ammortizzatori sociali e senza pensione; molti di questi, donne in particolare, non hanno ora contributi sufficienti per raggiungere le soluzioni attualmente disponibili per il pensionamento, come «Ape social» «Opzione donna», «quota 100» e pensione anticipata, a meno che il Governo non provveda a emanare un decreto per coprire i periodi non coperti da contributi INPS con riscatto dei medesimi periodi con la «pace contributiva» a loro adattata;
    tra questi si segnala la particolare condizione delle ex lavoratrici postali che hanno lasciato il lavoro con un incentivo all'esodo contando di traguardare la pensione entro pochi anni e che, a causa della progressione della speranza di vita, sono rimaste beffate spesso per pochi mesi;
    appare necessario adottare un intervento che ponga rimedio definitivamente ai problemi determinatisi a seguito del brusco innalzamento dell'età pensionabile operato con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2001, n. 214,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure più appropriate per la definitiva soluzione degli ultimi 6.000 esodati prodotti dalla riforma Fornero.
9/2305/16Mura, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    come si legge in un'ultima petizione lanciata la scorsa estate, «Sembra paradossale ma è così. Svolgono un lavoro difficile, unico nel suo genere, spesso pericoloso, eppure non sono coperti da un'assicurazione Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Sono costretti a pagarsi le cure e i presidi sanitari indispensabili a seguito di ricorrenti infortuni professionali. Esiste un'assicurazione privata, stipulata dall'Amministrazione, ma che rimborsa solo spese successive e se riconosciute»;
    una richiesta ancor più carica di rabbia dopo la tragedia di Quargnento, del 5 novembre scorso, dove hanno perso la vita tre vigili del fuoco e ne sono rimasti feriti, insieme a un carabiniere, altri due;
    per sostenere tale richiesta, così come per ottenere integrazioni retributive in linea con il comparto sicurezza, tutte le sigle sindacali di rappresentanza degli appartenenti del corpo dei vigili del fuoco hanno indetto una serie di manifestazioni e scioperi;
    una lacuna normativa che non trova più giustificazioni e non può essere più ignorata, offrendo finalmente una tutela reale e integrale, così come è riconosciuta alla generalità dei lavoratori, per i 34 mila vigili del fuoco italiani,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di competenza, anche con l'individuazione delle eventuali risorse finanziarie necessarie, al fine di arrivare celermente al varo di una disciplina normativa che riconosca finalmente la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'Inail anche al personale del corpo dei vigili del fuoco.
9/2305/17Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    come si legge in un'ultima petizione lanciata la scorsa estate, «Sembra paradossale ma è così. Svolgono un lavoro difficile, unico nel suo genere, spesso pericoloso, eppure non sono coperti da un'assicurazione Inail contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Sono costretti a pagarsi le cure e i presidi sanitari indispensabili a seguito di ricorrenti infortuni professionali. Esiste un'assicurazione privata, stipulata dall'Amministrazione, ma che rimborsa solo spese successive e se riconosciute»;
    una richiesta ancor più carica di rabbia dopo la tragedia di Quargnento, del 5 novembre scorso, dove hanno perso la vita tre vigili del fuoco e ne sono rimasti feriti, insieme a un carabiniere, altri due;
    per sostenere tale richiesta, così come per ottenere integrazioni retributive in linea con il comparto sicurezza, tutte le sigle sindacali di rappresentanza degli appartenenti del corpo dei vigili del fuoco hanno indetto una serie di manifestazioni e scioperi;
    una lacuna normativa che non trova più giustificazioni e non può essere più ignorata, offrendo finalmente una tutela reale e integrale, così come è riconosciuta alla generalità dei lavoratori, per i 34 mila vigili del fuoco italiani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi, per quanto di competenza, anche con l'individuazione delle eventuali risorse finanziarie necessarie, al fine di arrivare celermente al varo di una disciplina normativa che riconosca finalmente la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro garantita dall'Inail anche al personale del corpo dei vigili del fuoco.
9/2305/17. (Testo modificato nel corso della seduta).  Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Soverini, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto affronta – tra gli altri – alcuni interventi in materia previdenziale, offrendo soluzione alle diverse sollecitazioni al riguardo;
    in tale quadro, appare necessario affrontare e risolvere, sin dai prossimi provvedimenti di analoga portata, il problema che si è verificato a seguito di un'interpretazione del tutto arbitraria delle vigenti disposizioni in materia di obblighi contributivi dei liberi professionisti già iscritti a casse previdenziali di categoria, che l'INPS ha voluto imporre nonostante la soccombenza in tutti gli innumerevoli e conformi pronunciamenti giurisprudenziali;
    le vigenti disposizioni statutarie e regolamentari di alcuni enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, approvate a suo tempo dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, hanno previsto la possibilità di esercitare l'attività professionale senza essere tenuti al versamento della contribuzione ordinaria (nel solo caso degli avvocati del libero foro, fino all'entrata in vigore della legge n. 247 del 2012); tali previsioni si sono rivelate non coerenti con il principio di carattere generale in base al quale tutti
    i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, per cui l'INPS, nell'ambito di una vasta operazione finalizzata a contrastare l'evasione ed elusione contributiva, ha ritenuto di contestare in tali ipotesi il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
    tuttavia, l'analisi dell'originaria formulazione della citata disposizione della legge n. 335 del 1995, rafforzata dalla successiva norma di interpretazione autentica introdotta con l'articolo 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dovrebbero pacificamente portare ad affermare che la gestione separata dell'INPS fu istituita, in via generale, per tutte le categorie di lavoratori autonomi, di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e per i venditori a domicilio e, soltanto in via residuale, per le categorie di liberi professionisti ancora prive di una propria cassa di previdenza;
    l'INPS, pertanto, non ha il potere di iscrivere d'ufficio nella propria gestione separata singoli soggetti liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, potendo agire in questo senso soltanto nei confronti delle categorie di liberi professionisti che, alla medesima data di entrata in vigore, erano ancora prive di una propria forma di tutela previdenziale e che, nel frattempo, non hanno deliberato in favore di una delle quattro opzioni indicate dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 103 del 1996,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel primo provvedimento utile, di adottare le necessarie misure di carattere normativo volte a chiarire ancora una volta, e in maniera inequivocabile, che sono soggetti all'iscrizione presso la gestione separata dell'INPS solo coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, escludendo esplicitamente i liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della citata legge n. 335 del 1995.
9/2305/18Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Soverini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame predispone misure volte a incrementare il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale;
    l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2017, ha posto come obiettivo l'eliminazione delle epatiti virali nel mondo nel 2030;
    in Italia, a seguito dei buoni risultati clinici ottenuti in termini di guarigione, espressione di una importante sinergia fra Istituzioni, Sistema Sanitario e pazienti, è possibile ambire all'obiettivo di «eliminazione» dell'HCV entro il 2030;
    la cura dell'epatite C rappresenta un ottimo investimento in termini di salute pubblica, grazie alla riduzione dei costi di trattamento all'aumentare del numero dei soggetti trattati, permettendo così di eradicare il virus dell'epatite C pur mantenendo sostenibile la spesa;
    come confermato da uno studio recente che ha evidenziato che da gennaio 2015 a dicembre 2017 l'investimento per i nuovi farmaci è stato pari a 25 milioni, 15 milioni e 9 milioni di euro rispettivamente, gli eventi clinici evitati (ricoveri per cirrosi, epatocarcinoma, trapianto di fegato) hanno permesso di ottenere un recupero degli investimenti iniziali per l'acquisto dei farmaci con un risparmio totale stimato dopo 20 anni di euro 50,13 milioni (per i pazienti del 2016) è di euro 55,50 milioni (per quelli del 2017);
    per procedere in questa direzione occorre continuare a garantire la disponibilità, per i medici, dei farmaci attualmente ora in commercio, perché ciò ha consentito in questi anni di scegliere e utilizzare lo schema terapeutico più adatto a ciascun paziente;
    i farmaci antivirali attualmente presenti per la cura dei pazienti con HCV, nei primi mesi del 2020, perderanno i caratteri di innovatività, con conseguente riduzione dei benefici a favore dei pazienti;
    l'uscita dei farmaci dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente, con la diretta conseguenza di una possibile battuta d'arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C nel nostro Paese;
    a livello Europeo l'Italia è stata la prima nazione ad aver eradicato HBV nei giovani tramite il vaccino ed è tra le nazioni che hanno permesso ai medici di poter disporre dei diversi trattamenti farmacologici consentendo in questi anni di scegliere e utilizzare lo schema terapeutico più adatto per il paziente;
    a seguito della Determina AIFA n. 818 del 2018, nel corso della seduta del novembre 2019 la CTS ha espresso parere favorevole circa l'equivalenza terapeutica tra i medicinali Epclusa – Maviret, a seguito di richiesta della Regione Veneto,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di inserire nel primo provvedimento utile una normativa volta a offrire lo screening gratuito per HCV per la fascia di popolazione nata nel periodo tra il 1969 e il 1989 ritenuta a maggior rischio di trasmissione di malattia e nella quale c’è il maggior numero di soggetti non diagnosticati, nonché, in quella parte di popolazione con meno di trenta anni sottoposta a fattori di rischio;
   a valutare l'opportunità di offrire lo screening di secondo livello volto alla ricerca dell'HCV-RNA per quei soggetti risultati positivi al primo screening e la loro presa in carico da parte del Sistema Sanitario Nazionale;
   a considerare quale specifico obiettivo da raggiungere come progetto meritevole di attenzione nel nuovo Patto della Salute per gli anni 2019-2021 l'obiettivo dell'eliminazione dell'epatite C;
   a valutare l'opportunità di prevedere, per quanto di sua competenza, in sede di conferenza Stato regioni un confronto con queste sulla corretta ed efficace distribuzione dei farmaci antivirali in oggetto ai pazienti che ne facciano richiesta.
9/2305/19Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame predispone misure volte a incrementare il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale;
    l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2017, ha posto come obiettivo l'eliminazione delle epatiti virali nel mondo nel 2030;
    in Italia, a seguito dei buoni risultati clinici ottenuti in termini di guarigione, espressione di una importante sinergia fra Istituzioni, Sistema Sanitario e pazienti, è possibile ambire all'obiettivo di «eliminazione» dell'HCV entro il 2030;
    la cura dell'epatite C rappresenta un ottimo investimento in termini di salute pubblica, grazie alla riduzione dei costi di trattamento all'aumentare del numero dei soggetti trattati, permettendo così di eradicare il virus dell'epatite C pur mantenendo sostenibile la spesa;
    come confermato da uno studio recente che ha evidenziato che da gennaio 2015 a dicembre 2017 l'investimento per i nuovi farmaci è stato pari a 25 milioni, 15 milioni e 9 milioni di euro rispettivamente, gli eventi clinici evitati (ricoveri per cirrosi, epatocarcinoma, trapianto di fegato) hanno permesso di ottenere un recupero degli investimenti iniziali per l'acquisto dei farmaci con un risparmio totale stimato dopo 20 anni di euro 50,13 milioni (per i pazienti del 2016) è di euro 55,50 milioni (per quelli del 2017);
    per procedere in questa direzione occorre continuare a garantire la disponibilità, per i medici, dei farmaci attualmente ora in commercio, perché ciò ha consentito in questi anni di scegliere e utilizzare lo schema terapeutico più adatto a ciascun paziente;
    i farmaci antivirali attualmente presenti per la cura dei pazienti con HCV, nei primi mesi del 2020, perderanno i caratteri di innovatività, con conseguente riduzione dei benefici a favore dei pazienti;
    l'uscita dei farmaci dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente, con la diretta conseguenza di una possibile battuta d'arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C nel nostro Paese;
    a livello Europeo l'Italia è stata la prima nazione ad aver eradicato HBV nei giovani tramite il vaccino ed è tra le nazioni che hanno permesso ai medici di poter disporre dei diversi trattamenti farmacologici consentendo in questi anni di scegliere e utilizzare lo schema terapeutico più adatto per il paziente;
    a seguito della Determina AIFA n. 818 del 2018, nel corso della seduta del novembre 2019 la CTS ha espresso parere favorevole circa l'equivalenza terapeutica tra i medicinali Epclusa – Maviret, a seguito di richiesta della Regione Veneto,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di inserire nel primo provvedimento utile una normativa volta a offrire lo screening gratuito per HCV per la fascia di popolazione nata nel periodo tra il 1969 e il 1989 ritenuta a maggior rischio di trasmissione di malattia e nella quale c’è il maggior numero di soggetti non diagnosticati, nonché, in quella parte di popolazione con meno di trenta anni sottoposta a fattori di rischio;
   a valutare l'opportunità di offrire lo screening di secondo livello volto alla ricerca dell'HCV-RNA per quei soggetti risultati positivi al primo screening e la loro presa in carico da parte del Sistema Sanitario Nazionale;
   a valutare l'opportunità di considerare quale specifico obiettivo da raggiungere come progetto meritevole di attenzione nel nuovo Patto della Salute per gli anni 2019-2021 l'obiettivo dell'eliminazione dell'epatite C;
   a valutare l'opportunità di prevedere, per quanto di sua competenza, in sede di conferenza Stato regioni un confronto con queste sulla corretta ed efficace distribuzione dei farmaci antivirali in oggetto ai pazienti che ne facciano richiesta.
9/2305/19. (Testo modificato nel corso della seduta).  Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
    la tutela della salute della donna e l'importanza della prevenzione primaria sono importanti per la donna, in particolare in un momento importante della vita quale la gravidanza e necessitano di un accesso omogeneo a screening e test diagnostici, il più possibili precoci, sicuri e di elevata qualità;
    strumenti come gli screening prenatali non invasivi (NIPT), che ad oggi non rientrano nei LEA, garantiscono una gravidanza più serena e sicura per la salute della donna e del feto;
    in particolare, i NIPT riconoscono la presenza di aneuploidie autosomiche fetali attraverso l'analisi di frammenti di DNA libero presenti nel sangue materno e si basano su un algoritmo in grado rilevare, alla luce anche dell'età della donna, il rischio di sviluppare le più comuni alterazioni cromosomiche, quali la trisomia 21, la trisomia 13 e la trisomia 18, riducendo il ricorso ad indagini diagnostiche invasive (come l'amniocentesi e la villocentesi) e abbattendo il numero degli aborti collegati alle tecniche di prelievo dei tessuti fetali, con un alto tasso di sicurezza e precocità;
    ad oggi, in Italia, i NIPT vengono proposti in regime privatistico, in un contesto deregolamentato dal punto di vista dei requisiti di qualità, di performance e di numero di anomalie ricercate;
    si stima che l'utenza di questo servizio interessi potenzialmente al momento nel nostro Paese circa 50.000 madri all'anno, con costi variabili molto elevati;
    la possibilità dell'adozione dei NIPT come principale metodo di screening prenatale è stata oggetto di uno studio svolto dal Consiglio Superiore di Sanità (CSS), e successivamente da un altro, condotto da parte di un gruppo di lavoro regionale istituito dalla Regione Emilia Romagna, oltre che di studi di HTA cui hanno partecipato diversi paesi tra cui l'Italia;
    proprio la Regione Emilia Romagna ha annunciato il 6 Dicembre scorso, l'avvio di un progetto pilota al cui termine verrà varata una misura di rimborsabilità regionale universale, ancor più avanzata di quella che è stata decisa dalla Regione Toscana, che rimborsa il test parzialmente e solo a soggetti «a rischio»;
    il Consiglio Superiore di Sanità ha raccomandato una azione a livello centrale al fine di rispondere in maniera omogenea ad una possibile platea di 520.000 madri all'anno,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di assumere iniziative per inserire i Test Prenatali Non Invasivi nell'ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, garantendo così alle donne in gravidanza un accesso equo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale alla prevenzione primaria in gravidanza;
   a valutare l'opportunità di predisporre le opportune raccomandazioni per garantire il rispetto degli standard qualitativi per l'utilizzo dei NIPT in maniera uniforme sul territorio nazionale, prevenendo forme inaccettabili di disuguaglianza sociale;
   a valutare l'opportunità di adottare le iniziative idonee, di concerto con le Regioni, per destinare all'implementazione di cui sopra parte dell'aumento delle risorse del Fondo Sanitario Nazionale, facendosi promotore di una azione in tal senso nella fase di monitoraggio e aggiornamento del «Patto per la Salute», ovvero prevedendo l'esercizio in tal senso del potere di iniziativa legislativa.
9/2305/20Rizzo Nervo.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di discussione del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
    la tutela della salute della donna e l'importanza della prevenzione primaria sono importanti per la donna, in particolare in un momento importante della vita quale la gravidanza e necessitano di un accesso omogeneo a screening e test diagnostici, il più possibili precoci, sicuri e di elevata qualità;
    strumenti come gli screening prenatali non invasivi (NIPT), che ad oggi non rientrano nei LEA, garantiscono una gravidanza più serena e sicura per la salute della donna e del feto;
    in particolare, i NIPT riconoscono la presenza di aneuploidie autosomiche fetali attraverso l'analisi di frammenti di DNA libero presenti nel sangue materno e si basano su un algoritmo in grado rilevare, alla luce anche dell'età della donna, il rischio di sviluppare le più comuni alterazioni cromosomiche, quali la trisomia 21, la trisomia 13 e la trisomia 18, riducendo il ricorso ad indagini diagnostiche invasive (come l'amniocentesi e la villocentesi) e abbattendo il numero degli aborti collegati alle tecniche di prelievo dei tessuti fetali, con un alto tasso di sicurezza e precocità;
    ad oggi, in Italia, i NIPT vengono proposti in regime privatistico, in un contesto deregolamentato dal punto di vista dei requisiti di qualità, di performance e di numero di anomalie ricercate;
    si stima che l'utenza di questo servizio interessi potenzialmente al momento nel nostro Paese circa 50.000 madri all'anno, con costi variabili molto elevati;
    la possibilità dell'adozione dei NIPT come principale metodo di screening prenatale è stata oggetto di uno studio svolto dal Consiglio Superiore di Sanità (CSS), e successivamente da un altro, condotto da parte di un gruppo di lavoro regionale istituito dalla Regione Emilia Romagna, oltre che di studi di HTA cui hanno partecipato diversi paesi tra cui l'Italia;
    proprio la Regione Emilia Romagna ha annunciato il 6 Dicembre scorso, l'avvio di un progetto pilota al cui termine verrà varata una misura di rimborsabilità regionale universale, ancor più avanzata di quella che è stata decisa dalla Regione Toscana, che rimborsa il test parzialmente e solo a soggetti «a rischio»;
    il Consiglio Superiore di Sanità ha raccomandato una azione a livello centrale al fine di rispondere in maniera omogenea ad una possibile platea di 520.000 madri all'anno,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per inserire i Test Prenatali Non Invasivi nell'ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, garantendo così alle donne in gravidanza un accesso equo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale alla prevenzione primaria in gravidanza;
   a valutare l'opportunità di predisporre le opportune raccomandazioni per garantire il rispetto degli standard qualitativi per l'utilizzo dei NIPT in maniera uniforme sul territorio nazionale, prevenendo forme inaccettabili di disuguaglianza sociale;
   a valutare l'opportunità di adottare le iniziative idonee, di concerto con le Regioni, per destinare all'implementazione di cui sopra parte dell'aumento delle risorse del Fondo Sanitario Nazionale, facendosi promotore di una azione in tal senso nella fase di monitoraggio e aggiornamento del «Patto per la Salute», ovvero prevedendo l'esercizio in tal senso del potere di iniziativa legislativa.
9/2305/20. (Testo modificato nel corso della seduta).  Rizzo Nervo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 296, del provvedimento in esame cita testualmente: «Al fine di favorire interventi volti al recupero del patrimonio culturale, è autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2020 e di 250.000 euro per l'anno 2021 per il restauro e la valorizzazione della villa Candiani di Erba in provincia di Como. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2020 e 250.000 euro per l'anno 2021 per il restauro e la valorizzazione del palazzo Piozzo di Rosignano a Rivoli in provincia di Torino»;
    sono numerose su tutto il territorio nazionale beni culturali pubblici che necessitano di interventi di restauro e valorizzazione per essere resi maggiormente fruibili;
    fra questi vi è «Villa Baciocchi», di proprietà del Comune di Capannoli (provincia di Pisa) destinata ad attività museali, didattiche e di documentazione;
    Villa Baciocchi è un bene immobile soggetto alla tutela dei beni culturali di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 numero 42;
    la Villa comunale Baciocchi è un edificio settecentesco che divenne nel 1951 divenne di proprietà del Comune di Capannoli. Gli ambienti che ospitano i musei sono sale quasi interamente affrescate e si prestano a molte iniziative e manifestazioni di natura prevalentemente culturale;
    nel corso degli anni gli spazi della villa sono stati recuperati e resi visitabili grazie a importanti finanziamenti propri dell'amministrazione comunale ed altri finanziamenti che il Comune è riuscito ad ottenere;
    ultimamente Villa Baciocchi e stata oggetto di un accurato processo di ristrutturazione inaugurato nel 2002 ma non ancora completato anche per la mancanza di risorse economiche;
    l'edificio mostra infatti alcune criticità dal punto di vista strutturale, della conservazione degli interni e per la presenza di barriere architettoniche;
    il Comune di Capannoli ha deliberato nel 2018 un ulteriore programma di lavori di ristrutturazione di Villa Baciocchi, al fine di completare il progetto del 2002, che prevede interventi per 1 milione e 6 mila euro,

impegna il Governo

a stanziare, nel primo provvedimento utile, risorse adeguate per ristrutturare, promuovere e rendere fruibile i beni soggetti alla tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 ed in particolare per il completamento dei lavori, già deliberati dall'Amministrazione comunale di Capannoli, per la Villa Baciocchi.
9/2305/21Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 296, del provvedimento in esame cita testualmente: «Al fine di favorire interventi volti al recupero del patrimonio culturale, è autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2020 e di 250.000 euro per l'anno 2021 per il restauro e la valorizzazione della villa Candiani di Erba in provincia di Como. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di 250.000 euro per l'anno 2020 e 250.000 euro per l'anno 2021 per il restauro e la valorizzazione del palazzo Piozzo di Rosignano a Rivoli in provincia di Torino»;
    sono numerose su tutto il territorio nazionale beni culturali pubblici che necessitano di interventi di restauro e valorizzazione per essere resi maggiormente fruibili;
    fra questi vi è «Villa Baciocchi», di proprietà del Comune di Capannoli (provincia di Pisa) destinata ad attività museali, didattiche e di documentazione;
    Villa Baciocchi è un bene immobile soggetto alla tutela dei beni culturali di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 numero 42;
    la Villa comunale Baciocchi è un edificio settecentesco che divenne nel 1951 divenne di proprietà del Comune di Capannoli. Gli ambienti che ospitano i musei sono sale quasi interamente affrescate e si prestano a molte iniziative e manifestazioni di natura prevalentemente culturale;
    nel corso degli anni gli spazi della villa sono stati recuperati e resi visitabili grazie a importanti finanziamenti propri dell'amministrazione comunale ed altri finanziamenti che il Comune è riuscito ad ottenere;
    ultimamente Villa Baciocchi e stata oggetto di un accurato processo di ristrutturazione inaugurato nel 2002 ma non ancora completato anche per la mancanza di risorse economiche;
    l'edificio mostra infatti alcune criticità dal punto di vista strutturale, della conservazione degli interni e per la presenza di barriere architettoniche;
    il Comune di Capannoli ha deliberato nel 2018 un ulteriore programma di lavori di ristrutturazione di Villa Baciocchi, al fine di completare il progetto del 2002, che prevede interventi per 1 milione e 6 mila euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare, nel primo provvedimento utile, risorse adeguate per ristrutturare, promuovere e rendere fruibile i beni soggetti alla tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 ed in particolare per il completamento dei lavori, già deliberati dall'Amministrazione comunale di Capannoli, per la Villa Baciocchi.
9/2305/21. (Testo modificato nel corso della seduta).  Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    nella legge di bilancio 2020 al comma 634 e seguenti è istituita una nuova specifica imposta cosiddetta «plastic tax» sul consumo dei manufatti con singolo impiego in plastica (MACSI), fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo. È stata espressamente esclusa l'applicazione della tassa ai MACSI provenienti da processi di riciclo al fine di stimolare l'economia circolare;
    la promozione dell'economia circolare è altresì prevista nei commi 14 e 15 e seguenti e 184 e seguenti dove si identificano specifici incentivi;
    la Direttiva Europea sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (904/2019) prevede all'articolo 6 un impegno per aumentare i tassi di riciclo in particolare delle bottiglie in plastica che dovranno raggiungere la soglia del 77 per cento entro il 2025 e 90 per cento entro il 2029;
    per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei e salvaguardare l'ambiente dalla dispersione dei rifiuti plastici è essenziale la compattazione della plastica al fine di renderne più sostenibile economicamente e ambientalmente il trasporto ai centri di stoccaggio e successivamente di riciclo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a individuare uno specifico incentivo fiscale affinché venga favorito l'acquisto e l'utilizzo, di eco compattatori e specifici strumenti per la raccolta e il riciclo della plastica (es. cestini con impilatori per riduzione del volume dei MACSI) attraverso un credito d'imposta del 40 per cento del costo di tali strumenti.
9/2305/22Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    nella legge di bilancio 2020 al comma 634 e seguenti è istituita una nuova specifica imposta cosiddetta «plastic tax» sul consumo dei manufatti con singolo impiego in plastica (MACSI), fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo. È stata espressamente esclusa l'applicazione della tassa ai MACSI provenienti da processi di riciclo al fine di stimolare l'economia circolare;
    la promozione dell'economia circolare è altresì prevista nei commi 14 e 15 e seguenti e 184 e seguenti dove si identificano specifici incentivi;
    la Direttiva Europea sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (904/2019) prevede all'articolo 6 un impegno per aumentare i tassi di riciclo in particolare delle bottiglie in plastica che dovranno raggiungere la soglia del 77 per cento entro il 2025 e 90 per cento entro il 2029;
    per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei e salvaguardare l'ambiente dalla dispersione dei rifiuti plastici è essenziale la compattazione della plastica al fine di renderne più sostenibile economicamente e ambientalmente il trasporto ai centri di stoccaggio e successivamente di riciclo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare uno specifico incentivo fiscale affinché venga favorito l'acquisto e l'utilizzo, di eco compattatori e specifici strumenti per la raccolta e il riciclo della plastica (es. cestini con impilatori per riduzione del volume dei MACSI) attraverso un credito d'imposta del 40 per cento del costo di tali strumenti.
9/2305/22. (Testo modificato nel corso della seduta).  Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    con la risposta all'interpello 396/2019 l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che i servizi di bike e car sharing vanno certificati operazione per operazione con scontrini e ricevute fiscali o dal 1o gennaio 2020 con documento commerciale, salvo in ogni caso l'emissione di fatture elettroniche in quanto non rientrano tra i servizi a distanza;
    il quesito dell'istante era relativo alla possibilità di esentare l'attività di bike sharing dall'obbligo di emettere, per ciascuna operazione, la fattura, lo scontrino o la ricevuta fiscale, in quanto sia il servizio che il relativo pagamento sono resi in maniera automatizzata nonché attraverso sistemi di pagamento tracciabili, ritenendo quindi sufficiente l'annotazione dell'operazione nel registro dei corrispettivi, senza rilascio di ricevuta, e prevedendo altresì l'emissione di una fattura elettronica ove richiesta oppure se il cliente fosse un soggetto Iva;
    sarebbe il caso, per quanto riguarda i servizi collegati alla sharing economy e alla gig economy, di prevedere una maggiore flessibilità per introdurre, come nel caso esposto in premessa, la possibilità di esonerare dalla documentazione con scontrino e ricevuta le operazioni effettuate, a fronte della tracciabilità dell'operazione garantita dall'alto grado di digitalizzazione dell'attività,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire per equiparare il servizio di bike e car sharing ai servizi elettronici come già previsto per le forniture di siti web e web-hosting, di software, di immagini, testi e informazioni o di basi dati, considerando tale tipologia di servizio tra le operazioni esonerate dalla certificazione fiscale tra soggetti privati tra cui gli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi (c.d. scontrini elettronici).
9/2305/23Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    nella segnalazione dello scorso 9 dicembre al Parlamento e al Governo in merito alla fine delle tutele di prezzo a favore dei clienti finali di piccole dimensioni di energia elettrica e gas prevista dall'articolo 1, commi 59 e 60, della legge concorrenza, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha richiamato l'attenzione su alcuni aspetti critici inerenti ai mercati della vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, in vista della rimozione dei regimi di tutela di prezzo, fissata per entrambi i settori dalla legge 4 agosto 2017, n. 124 (cd. legge concorrenza) al 1o luglio 2020;
    l'Autorità sollecita l'approvazione di specifici interventi normativi volti a consentire un percorso di graduale superamento dei regimi di tutela di prezzo in entrambi i settori di energia elettrica e gas naturale, per perseguire nel modo più efficace l'obiettivo di completa liberalizzazione dei mercati dell'energia, nonché di una effettiva concorrenza tra gli operatori di mercato, garantendo condizioni economiche eque per i clienti di piccole dimensioni;
    è evidente la necessità di assicurare un percorso ordinato e graduale della tempistica e delle modalità relative al passaggio al mercato libero per milioni di utenti residenziali e commerciali, passaggio che non è possibile mantenere a luglio 2020 stante le condizioni attuali del mercato;
    l'Autorità sottolinea infatti come l'orizzonte temporale attualmente previsto dalla legge concorrenza per la rimozione delle tutele di prezzo risulti critico rispetto al tempo ritenuto adeguato per l'espletamento di tutte le attività necessarie, anche in riferimento – per il solo settore elettrico – al fondamentale passaggio graduale da una disciplina transitoria di prezzo a un servizio di salvaguardia di energia elettrica finalizzato alla sola garanzia di continuità della fornitura, secondo meccanismi che assicurino la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di inserire, nel primo provvedimento utile, norme per:
   favorire un passaggio graduale dalla disciplina di tutela attuale al libero mercato assicurando al contempo la concorrenza e la pluralità di fornitori e di offerte nel libero mercato; garantire la parità di trattamento ai clienti di entrambi i settori e prevedere un percorso che tenga conto della differente capacità di accedere al libero mercato per le diverse tipologie di clienti (domestici e piccole imprese), definendo iter differenziati per gruppi di clienti finali e stabilendo priorità per il segmento di mercato delle piccole imprese;
   controllare e prevenire ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni di fornitura, soprattutto nei primi mesi di erogazione del servizio per i clienti finali precedentemente serviti in regime di tutela di prezzo;
   aumentare la conoscenza del mercato e la consapevolezza del cliente finale; ridurre il livello di concentrazione dei mercati;
   considerare il meccanismo di salvaguardia come l'ultimo elemento del ciclo di uscita degli utenti dalla tutela, identificando il responsabile della continuità della fornitura anche in condizioni di indisponibilità degli esercenti la salvaguardia;
   istituire come peraltro previsto dalla stessa legge concorrenza, l'elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica, per qualificare i venditori secondo regole più selettive e garantire, dunque, un'ulteriore forma di tutela ai clienti finali, prevedendo altresì opportune norme che regolino le condizioni di permanenza dei soggetti abilitati nell'elenco stesso.
9/2305/24Benamati, Nardi, Bonomo, Lacarra, Gavino Manca, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 168 del provvedimento in oggetto modifica il Codice antimafia, prevedendo che le procedure di reclutamento e inquadramento mediante transito nei ruoli e mobilità di 100 unità della dotazione organica dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata avvengano con procedure semplificate rispetto alle disposizioni attualmente vigenti;
    come si legge nella Azione 1.1 della Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso la politica di coesione, il rafforzamento, a livello centrale, dell'Agenzia nazionale per la destinazione e gestione dei beni confiscati alla criminalità (ANBSC) è funzionale ai nuovi compiti affidatigli che ne estendono le responsabilità, oltre a quelli assegnati, già ora portati avanti con difficoltà per inadeguatezza organizzativa rispetto all'entità della sfida della valorizzazione dei beni confiscati;
    in tale prospettiva, assume una particolare rilevanza il tema della piena restituzione alla collettività di beni ed aziende sottratte alla criminalità e di una loro gestione di successo economico e sociale; la medesima Azione 1.1. ribadisce l'importanza di «assicurare il corretto svolgimento delle attività istituzionali di gestione dei beni confiscati nonché a fornire supporto alle attività degli altri soggetti istituzionali, sociali ed economici che con l'ANBSC collaborano»;
    a tal fine il potenziamento quantitativo e qualitativo della dotazione organica prevista dal richiamato comma 168, dovrà essere indirizzato – tra l'altro – all'individuazione di professionalità che possano garantire un supporto tecnico di carattere gestionale e finanziario a sostegno dei soggetti autorizzati a subentrare nelle attività imprenditoriali di detti beni, al fine di favorirne la continuità operativa e, possibilmente, il successo economico e sociale;
    una parte significativa nella lotta alla criminalità organizzata è, senz'altro, rappresentata dalla possibilità di offrire un modello sano di economia e di relazioni sociali anche nei territori condizionati dalla presenza delle diverse organizzazioni mafiose,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, gli opportuni indirizzi volti ad assicurare che nel processo di potenziamento dell'organico dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati sia individuato un numero congruo di figure che rispondano a profili professionali con competenze gestionali e finanziarie in grado di supportare, secondo una logica manageriale, le nuove imprese o le forme associative assegnatarie di detti beni aziendali; a valutare l'opportunità di adottare misure volte a costituire, nell'ambito della ANBSC, una specifica struttura di supporto tecnico per le imprese o le forme associative assegnatarie di detti beni aziendali, nonché misure per incentivare la gestione consortile dei medesimi beni aziendali; a promuovere, per quanto di competenza, le opportune iniziative volte a favorire l'inserimento nei piani sociali triennali delle regioni i beni confiscati come risorse per lo svolgimento dei servizi sociali su tutto il territorio nazionale, nonché per determinare tempi congrui all'investimento che le compagini sociali fanno per l'espletamento delle attività.
9/2305/25Soverini, Serracchiani, Verini, Braga, Lorenzin.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 168 del provvedimento in oggetto modifica il Codice antimafia, prevedendo che le procedure di reclutamento e inquadramento mediante transito nei ruoli e mobilità di 100 unità della dotazione organica dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata avvengano con procedure semplificate rispetto alle disposizioni attualmente vigenti;
    come si legge nella Azione 1.1 della Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso la politica di coesione, il rafforzamento, a livello centrale, dell'Agenzia nazionale per la destinazione e gestione dei beni confiscati alla criminalità (ANBSC) è funzionale ai nuovi compiti affidatigli che ne estendono le responsabilità, oltre a quelli assegnati, già ora portati avanti con difficoltà per inadeguatezza organizzativa rispetto all'entità della sfida della valorizzazione dei beni confiscati;
    in tale prospettiva, assume una particolare rilevanza il tema della piena restituzione alla collettività di beni ed aziende sottratte alla criminalità e di una loro gestione di successo economico e sociale; la medesima Azione 1.1. ribadisce l'importanza di «assicurare il corretto svolgimento delle attività istituzionali di gestione dei beni confiscati nonché a fornire supporto alle attività degli altri soggetti istituzionali, sociali ed economici che con l'ANBSC collaborano»;
    a tal fine il potenziamento quantitativo e qualitativo della dotazione organica prevista dal richiamato comma 168, dovrà essere indirizzato – tra l'altro – all'individuazione di professionalità che possano garantire un supporto tecnico di carattere gestionale e finanziario a sostegno dei soggetti autorizzati a subentrare nelle attività imprenditoriali di detti beni, al fine di favorirne la continuità operativa e, possibilmente, il successo economico e sociale;
    una parte significativa nella lotta alla criminalità organizzata è, senz'altro, rappresentata dalla possibilità di offrire un modello sano di economia e di relazioni sociali anche nei territori condizionati dalla presenza delle diverse organizzazioni mafiose,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, per quanto di competenza, gli opportuni indirizzi volti ad assicurare che nel processo di potenziamento dell'organico dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati sia individuato un numero congruo di figure che rispondano a profili professionali con competenze gestionali e finanziarie in grado di supportare, secondo una logica manageriale, le nuove imprese o le forme associative assegnatarie di detti beni aziendali; a valutare l'opportunità di adottare misure volte a costituire, nell'ambito della ANBSC, una specifica struttura di supporto tecnico per le imprese o le forme associative assegnatarie di detti beni aziendali, nonché misure per incentivare la gestione consortile dei medesimi beni aziendali; a valutare l'opportunità di promuovere, per quanto di competenza, le opportune iniziative volte a favorire l'inserimento nei piani sociali triennali delle regioni i beni confiscati come risorse per lo svolgimento dei servizi sociali su tutto il territorio nazionale, nonché per determinare tempi congrui all'investimento che le compagini sociali fanno per l'espletamento delle attività.
9/2305/25. (Testo modificato nel corso della seduta).  Soverini, Serracchiani, Verini, Braga, Lorenzin.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»;
   premesso che:
    il Tribunale di Vallo della Lucania costituisce il punto di riferimento per la maggior parte del territorio cilentano, fatta eccezione per l'area di Sapri (il mandamento di quella pretura è stato sempre annesso al Tribunale di Sala Consilina ed ora a quello di Lagonegro);
    con la chiusura del tribunale di Sala Consilina, in applicazione della revisione della geografia giudiziaria, il tribunale di Vallo della Lucania resta l'unico tribunale nel territorio a sud di Salerno;
    un circondario di circa 125 mila abitanti, quello del tribunale vallese, ben 51 i comuni per competenza territoriale. Un'area complessa interessata da molteplici vicende giudiziarie;
    il Tribunale di Vallo in questo momento vive una situazione di drammatico sotto organico che ha costretto all'applicazione di una nuova organizzazione dei carichi di lavoro, con drastica riduzione delle udienze e una sostanziale impossibilità di garantire l'esercizio della giurisdizione;
    situazione di pari difficoltà anche presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Nocera inferiore che, dopo la riforma delle circoscrizioni giudiziarie attuata con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, con l'accorpamento di due Sezioni Distaccate (Cava de’ Tirreni e Mercato San Severino), ha visto passare il mandamento dagli originari 251.137 abitanti agli attuali 397.107, con un incremento pari al 36,7 per cento; senza, però, nel contempo ricevere un adeguamento delle piante organiche del personale amministrativo né quelle delle Sezioni di Polizia Giudiziaria;
    rispondendo a una interrogazione a risposta immediata in Aula illustrata dal sottoscritto, il Ministro della Giustizia, Bonafede, ha garantito la presa in carico dei problemi sopra sollevati con nuovi inserimento di personale;
    la situazione tanto presso il Tribunale di Vallo della Lucania che presso la procura della Repubblica di Nocera Inferiore resta critica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attivarsi per incrementare, attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie, la dotazione organica del Tribunale di Vallo della Lucania e della procura presso il Tribunale di Nocera Inferiore, mettendo i due uffici nelle condizioni di garantire almeno livelli minimi di funzionalità ed efficienza.
9/2305/26Conte.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»;
   premesso che:
    il Tribunale di Vallo della Lucania costituisce il punto di riferimento per la maggior parte del territorio cilentano, fatta eccezione per l'area di Sapri (il mandamento di quella pretura è stato sempre annesso al Tribunale di Sala Consilina ed ora a quello di Lagonegro);
    con la chiusura del tribunale di Sala Consilina, in applicazione della revisione della geografia giudiziaria, il tribunale di Vallo della Lucania resta l'unico tribunale nel territorio a sud di Salerno;
    un circondario di circa 125 mila abitanti, quello del tribunale vallese, ben 51 i comuni per competenza territoriale. Un'area complessa interessata da molteplici vicende giudiziarie;
    il Tribunale di Vallo in questo momento vive una situazione di drammatico sotto organico che ha costretto all'applicazione di una nuova organizzazione dei carichi di lavoro, con drastica riduzione delle udienze e una sostanziale impossibilità di garantire l'esercizio della giurisdizione;
    situazione di pari difficoltà anche presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Nocera inferiore che, dopo la riforma delle circoscrizioni giudiziarie attuata con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, con l'accorpamento di due Sezioni Distaccate (Cava de’ Tirreni e Mercato San Severino), ha visto passare il mandamento dagli originari 251.137 abitanti agli attuali 397.107, con un incremento pari al 36,7 per cento; senza, però, nel contempo ricevere un adeguamento delle piante organiche del personale amministrativo né quelle delle Sezioni di Polizia Giudiziaria;
    rispondendo a una interrogazione a risposta immediata in Aula illustrata dal sottoscritto, il Ministro della Giustizia, Bonafede, ha garantito la presa in carico dei problemi sopra sollevati con nuovi inserimento di personale;
    la situazione tanto presso il Tribunale di Vallo della Lucania che presso la procura della Repubblica di Nocera Inferiore resta critica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi per incrementare, attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie, la dotazione organica del Tribunale di Vallo della Lucania e della procura presso il Tribunale di Nocera Inferiore, mettendo i due uffici nelle condizioni di garantire almeno livelli minimi di funzionalità ed efficienza.
9/2305/26. (Testo modificato nel corso della seduta).  Conte.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge C. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    la legge Fornero (decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con legge n. 214 del 2011 ha innescato problematiche e complicazioni in particolare per quelle lavoratrici e quei lavoratori che, retroattivamente, hanno subito l'innalzamento dell'età pensionabile pur avendo già stipulato accordi di incentivo all'esodo (prepensionamento) o pur trovandosi a pochi anni dalla pensione di vecchiaia o anzianità contributiva: i cosiddetti esodati;
    finora sono state varate otto salvaguardie, per tutelare i lavoratori rimasti senza pensione né stipendio, ma che non hanno risolto e risposto e non hanno sanato l'intera platea di tutte le lavoratrici e lavoratori coinvolti;
    secondo calcoli dell'Inps: sono oltre 106 mila esodati in pensione che, rientrando nelle prime sette salvaguardie, hanno iniziato a percepire l'assegno previdenziale: altri 128 mila hanno visto accogliere la propria domanda, al contrario oltre 54 mila istanze non sono state ritenute idonee. Quindi le prime sette salvaguardie hanno tutelano in totale 172.466 soggetti come riporta l'ultimo report Inps di agosto 2016, a queste si devono aggiungere gli oltre 30.700 mila soggetti riconosciuti nell'ottava salvaguardia certificati nella tabella Inps di settembre 2018, sommando le otto salvaguardie, si ottiene in totale un limite numerico massimo di soggetti salvaguardati previsto dalla legge di 203.166 con 116.686 pensioni liquidate;
    secondo stime del Comitato esodati licenziati e cessati sarebbero 6 mila i casi esclusi da ogni copertura, ovvero che non sono rientrati in alcuna delle salvaguardie sopracitate e che non sarebbero tutelati – se non in minima parte – nemmeno da Quota 100, in particolare si tratterebbe in gran parte di lavoratrici e lavoratori esodati delle Poste Spa;
    appare ormai ineludibile procedere a risolvere definitivamente la problematica degli esodati,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di inserire in prossimi provvedimenti legislativi le soluzioni più adatte e conformi a risolvere in maniera definitiva e complessiva il fenomeno delle lavoratrici e dei lavoratori cosiddetti esodati al fine di tutelare il diritto di accesso al pensionamento della platea di lavoratrici e lavoratori rimasti esclusi e fuoriusciti dal mercato del lavoro e non entrati nel sistema previdenziale, attraverso una nuova e definitiva salvaguardia;
   ad affrontare la materia della previdenza, flessibilità, lavori onerosi, esodati, già nei primi mesi del prossimo anno attraverso appositi tavoli di confronto con i sindacati.
9/2305/27Fassina.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge C. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    la legge Fornero (decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con legge n. 214 del 2011 ha innescato problematiche e complicazioni in particolare per quelle lavoratrici e quei lavoratori che, retroattivamente, hanno subito l'innalzamento dell'età pensionabile pur avendo già stipulato accordi di incentivo all'esodo (prepensionamento) o pur trovandosi a pochi anni dalla pensione di vecchiaia o anzianità contributiva: i cosiddetti esodati;
    finora sono state varate otto salvaguardie, per tutelare i lavoratori rimasti senza pensione né stipendio, ma che non hanno risolto e risposto e non hanno sanato l'intera platea di tutte le lavoratrici e lavoratori coinvolti;
    secondo calcoli dell'Inps: sono oltre 106 mila esodati in pensione che, rientrando nelle prime sette salvaguardie, hanno iniziato a percepire l'assegno previdenziale: altri 128 mila hanno visto accogliere la propria domanda, al contrario oltre 54 mila istanze non sono state ritenute idonee. Quindi le prime sette salvaguardie hanno tutelano in totale 172.466 soggetti come riporta l'ultimo report Inps di agosto 2016, a queste si devono aggiungere gli oltre 30.700 mila soggetti riconosciuti nell'ottava salvaguardia certificati nella tabella Inps di settembre 2018, sommando le otto salvaguardie, si ottiene in totale un limite numerico massimo di soggetti salvaguardati previsto dalla legge di 203.166 con 116.686 pensioni liquidate;
    secondo stime del Comitato esodati licenziati e cessati sarebbero 6 mila i casi esclusi da ogni copertura, ovvero che non sono rientrati in alcuna delle salvaguardie sopracitate e che non sarebbero tutelati – se non in minima parte – nemmeno da Quota 100, in particolare si tratterebbe in gran parte di lavoratrici e lavoratori esodati delle Poste Spa;
    appare ormai ineludibile procedere a risolvere definitivamente la problematica degli esodati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di inserire in prossimi provvedimenti legislativi le soluzioni più adatte e conformi a risolvere in maniera definitiva e complessiva il fenomeno delle lavoratrici e dei lavoratori cosiddetti esodati al fine di tutelare il diritto di accesso al pensionamento della platea di lavoratrici e lavoratori rimasti esclusi e fuoriusciti dal mercato del lavoro e non entrati nel sistema previdenziale, attraverso una nuova e definitiva salvaguardia;
   a valutare l'opportunità di affrontare la materia della previdenza, flessibilità, lavori onerosi, esodati, già nei primi mesi del prossimo anno attraverso appositi tavoli di confronto con i sindacati.
9/2305/27. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fassina.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante ”Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
   premesso che:
    l'Organizzazione Mondiale della Sanità è da anni impegnata in una battaglia globale contro l'epatite C, una patologia che può essere sconfitta, sulla base di una serie di evidenze scientifiche e per gli incredibili passi in avanti compiuti dalla ricerca, che ha consegnato nuove terapie che consentono di guarire completamente dalla malattia;
    con la risoluzione del 21 maggio 2010, l'OMS ha dato agli Stati l'obiettivo di debellare l'epatite C, entro il 2030;
    secondo il recente rapporto del Centro di Studi Economici e internazionali (CEIS) dell'università Tor Vergata i pazienti italiani ancora da curare sono tra i 230.000 e i 300.000, così ripartiti: 160.000-170.000 diagnosticati non trattati e 70.000-130.000 con diagnosi non nota (il cosiddetto «sommerso»); ipotizzando il trattamento di 70/80.000 pazienti ogni anno, si potrebbe realisticamente giungere all'eliminazione del virus nell'arco di 3-4 anni;
    l'eliminazione dell'epatite C, tra l'altro, è un obiettivo socialmente rilevante ed economicamente lungimirante, visto che il trattamento di 80.000 pazienti l'anno comporterebbe un investimento di 1,5 miliardi di euro in tre anni (in farmaci), e risparmi diretti per il SSN pari a 1,9 miliardi di euro in termini di complicanze evitate;
    determinante nella battaglia all'Epatite C, è stata la legge 11 dicembre 2016 n. 232 (legge di bilancio 2017), ed in particolare l'articolo 1 comma 400 che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi, con una dotazione di 500 milioni di euro annui;
    è in corso presso la XII Commissione permanente una indagine conoscitiva sulle politiche di prevenzione ed eliminazione dell'epatite C, che durante il ciclo di audizioni ha preso atto di una serie di criticità come, ad esempio, la necessità di campagne di screening è, in particolare, l'estensione dell'innovatività per i farmaci anti Hcv di nuova generazione (i nuovi DAAs, particolarmente efficaci), il cui triennio scadrà nella primavera 2020, nei fondi dedicati, visto che essi appaiono ancora determinanti nella battaglia contro l'Epatite C;
    secondo la determina dell'Aifa del 12 settembre 2017, «Criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, e dei farmaci oncologici innovativi, ai sensi dell'articolo 1, comma 402, della legge 11 dicembre 2016, n. 232» (Determina n. 1535/2017), l'innovatività ha una durata massima di trentasei mesi;
    la stessa determina prevede che la permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco possa essere riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione;
    l'uscita dei farmaci di cui sopra dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente con la diretta conseguenza di una possibile battuta di arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative per la permanenza del carattere di innovatività dei farmaci relativi all'eliminazione del virus dell'epatite C.
9/2305/28Rostan.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante ”Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
   premesso che:
    l'Organizzazione Mondiale della Sanità è da anni impegnata in una battaglia globale contro l'epatite C, una patologia che può essere sconfitta, sulla base di una serie di evidenze scientifiche e per gli incredibili passi in avanti compiuti dalla ricerca, che ha consegnato nuove terapie che consentono di guarire completamente dalla malattia;
    con la risoluzione del 21 maggio 2010, l'OMS ha dato agli Stati l'obiettivo di debellare l'epatite C, entro il 2030;
    secondo il recente rapporto del Centro di Studi Economici e internazionali (CEIS) dell'università Tor Vergata i pazienti italiani ancora da curare sono tra i 230.000 e i 300.000, così ripartiti: 160.000-170.000 diagnosticati non trattati e 70.000-130.000 con diagnosi non nota (il cosiddetto «sommerso»); ipotizzando il trattamento di 70/80.000 pazienti ogni anno, si potrebbe realisticamente giungere all'eliminazione del virus nell'arco di 3-4 anni;
    l'eliminazione dell'epatite C, tra l'altro, è un obiettivo socialmente rilevante ed economicamente lungimirante, visto che il trattamento di 80.000 pazienti l'anno comporterebbe un investimento di 1,5 miliardi di euro in tre anni (in farmaci), e risparmi diretti per il SSN pari a 1,9 miliardi di euro in termini di complicanze evitate;
    determinante nella battaglia all'Epatite C, è stata la legge 11 dicembre 2016 n. 232 (legge di bilancio 2017), ed in particolare l'articolo 1 comma 400 che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi, con una dotazione di 500 milioni di euro annui;
    è in corso presso la XII Commissione permanente una indagine conoscitiva sulle politiche di prevenzione ed eliminazione dell'epatite C, che durante il ciclo di audizioni ha preso atto di una serie di criticità come, ad esempio, la necessità di campagne di screening è, in particolare, l'estensione dell'innovatività per i farmaci anti Hcv di nuova generazione (i nuovi DAAs, particolarmente efficaci), il cui triennio scadrà nella primavera 2020, nei fondi dedicati, visto che essi appaiono ancora determinanti nella battaglia contro l'Epatite C;
    secondo la determina dell'Aifa del 12 settembre 2017, «Criteri per la classificazione dei farmaci innovativi, e dei farmaci oncologici innovativi, ai sensi dell'articolo 1, comma 402, della legge 11 dicembre 2016, n. 232» (Determina n. 1535/2017), l'innovatività ha una durata massima di trentasei mesi;
    la stessa determina prevede che la permanenza del carattere di innovatività attribuito ad un farmaco possa essere riconsiderata nel caso emergano evidenze che ne giustifichino la rivalutazione;
    l'uscita dei farmaci di cui sopra dai fondi innovativi di cui alla legge n. 232 del 2016 comporta che questi siano poi rimborsati tramite i fondi regionali di spesa corrente con la diretta conseguenza di una possibile battuta di arresto sulle attività poste in essere per la rapida eliminazione dell'epatite C,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative per la permanenza del carattere di innovatività dei farmaci relativi all'eliminazione del virus dell'epatite C.
9/2305/28. (Testo modificato nel corso della seduta).  Rostan.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    con la crisi climatica che diventa sempre più evidente e che tra le crisi ambientali quella della quantità di rifiuti riversati negli Oceani, e in particolare del Mediterraneo, come recentemente evidenziato dalla C0P21 di Napoli sta assumendo dimensioni insostenibili, è quanto mai urgente la necessità di un cambiamento dei nostri stili di vita, che non può che passare, tra le altre cose, da un ripensamento del nostro modo di fare la spesa quotidiana;
    ponendo l'attenzione sui rifiuti urbani una delle misure attuabili è certamente quella di optare per l'acquisto di prodotti sfusi e non preconfezionati, così da ridurre gli imballaggi monouso;
    è infatti ormai possibile comprare molte tipologie di prodotti con limitato quantitativo di imballaggio, o con imballaggi riutilizzabili. Ci si può approvvigionare di generi alimentari come pasta, farina, legumi secchi e semi, detersivi per la casa, per i pavimenti, per la lavatrice e la lavastoviglie, ma anche prodotti per il corpo come saponi solidi, shampoo, balsamo, dentifricio e molto altro ancora;
    nelle grandi città come Roma, Torino e Milano è sempre più diffusa la presenza di negozi di prodotti sfusi rispetto alle città più piccole. Roma ne conta più di 50, Torino circa 20 e Milano oltre 10. È possibile trovare gli sfusi anche in città meno dense come Vicenza, Brescia, Rimini, l'Aquila, Matera, Reggio Calabria, Cagliari e tante altre. La cultura dello sfuso è decisamente più diffusa al nord e al centro rispetto alle regioni del sud Italia, ma in generale si registra una sempre maggior attenzione e sensibilità;
    i vantaggi dei prodotti sfusi sono ambientali, economici, sociali e soprattutto immediati. La maggior parte del cibo e dei prodotti che usiamo quotidianamente sono preconfezionati. L'insalata in busta o le zucchine nella vaschetta, costano fino a 10 volte il prodotto sfuso. Un litro di detersivo per pavimenti, biodegradabile e sfuso, viene venduto a circa 1 euro mentre lo stesso prodotto comprato al supermercato costa quasi il 100 per cento in più. Il ricorso a questa modalità di acquisto permette di accedere a prodotti di qualità maggiore, più sostenibili, si risparmia sul costo dell'imballaggio monouso e la sua gestione post-consumo e si ha la possibilità di comprare esattamente la quantità necessaria evitando sprechi;
    inoltre, scegliendo di acquistare prodotti sfusi riduciamo drasticamente la quantità di rifiuti plastici prodotti e inevitabilmente miglioriamo il contesto sociale nel quale viviamo, riducendo contestualmente anche il rischio di abbandono nell'ambiente (littering);
    il diffondersi di questo nuovo stile di vita, attento non solo al risparmio economico ma soprattutto alla tutela dell'ambiente, oggi potrebbe essere a rischio. Questo perché di recente, con il decreto ministeriale 27 settembre 2018, sono stati introdotti nuovi obblighi per i negozi che vendono in modalità sfusa saponi liquidi, shampoo, saponi al taglio, detergenti per la persona e profumi rientranti tutti nella categoria «cosmetici»;
    in base a tale decreto la vendita sfusa al dettaglio di tutti i cosmetici viene equiparata ad una fase di produzione del cosmetico stesso con tutti gli obblighi di legge che ne derivano;
    i negozi che vendono cosmetici sfusi, ma anche gli hotel che autonomamente ricaricano i propri dosatori, o i venditori di saponi solidi che porzionano ed etichettano all'atto della vendita devono pertanto denunciare la loro attività al Ministero della salute, alla Regione, al Comune e, conseguentemente, adeguare i locali e rispettare le norme di confezionamento al pari di un produttore;
    eventuali controlli eseguiti dagli enti preposti (Nas, ASL locali) potrebbero avere come effetto il sanzionamento degli esercenti non in regola con tale normativa;
    se tale precauzione è comprensibile per dentifrici, emulsioni, gel e creme, pare eccessiva per i cosmetici che possiamo raggruppare nella categoria dei «prodotti da risciacquo o prodotti per la detersione/detergenza della persona», di larghissimo uso e di prima necessità, come ad esempio saponi solidi, shampoo, bagni doccia, saponi liquidi e altro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire nel primo provvedimento utile una modifica normativa al DM 27 settembre 2018 esonerando dall'applicazione della stessa i succitati prodotti cosmetici da risciacquo per la detergenza della persona in modo da consentire anche la loro vendita sfusa.
9/2305/29Muroni.


   La Camera,
    in sede di esame dell'Atto Camera n. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    con la crisi climatica che diventa sempre più evidente e che tra le crisi ambientali quella della quantità di rifiuti riversati negli Oceani, e in particolare del Mediterraneo, come recentemente evidenziato dalla C0P21 di Napoli sta assumendo dimensioni insostenibili, è quanto mai urgente la necessità di un cambiamento dei nostri stili di vita, che non può che passare, tra le altre cose, da un ripensamento del nostro modo di fare la spesa quotidiana;
    ponendo l'attenzione sui rifiuti urbani una delle misure attuabili è certamente quella di optare per l'acquisto di prodotti sfusi e non preconfezionati, così da ridurre gli imballaggi monouso;
    è infatti ormai possibile comprare molte tipologie di prodotti con limitato quantitativo di imballaggio, o con imballaggi riutilizzabili. Ci si può approvvigionare di generi alimentari come pasta, farina, legumi secchi e semi, detersivi per la casa, per i pavimenti, per la lavatrice e la lavastoviglie, ma anche prodotti per il corpo come saponi solidi, shampoo, balsamo, dentifricio e molto altro ancora;
    nelle grandi città come Roma, Torino e Milano è sempre più diffusa la presenza di negozi di prodotti sfusi rispetto alle città più piccole. Roma ne conta più di 50, Torino circa 20 e Milano oltre 10. È possibile trovare gli sfusi anche in città meno dense come Vicenza, Brescia, Rimini, l'Aquila, Matera, Reggio Calabria, Cagliari e tante altre. La cultura dello sfuso è decisamente più diffusa al nord e al centro rispetto alle regioni del sud Italia, ma in generale si registra una sempre maggior attenzione e sensibilità;
    i vantaggi dei prodotti sfusi sono ambientali, economici, sociali e soprattutto immediati. La maggior parte del cibo e dei prodotti che usiamo quotidianamente sono preconfezionati. L'insalata in busta o le zucchine nella vaschetta, costano fino a 10 volte il prodotto sfuso. Un litro di detersivo per pavimenti, biodegradabile e sfuso, viene venduto a circa 1 euro mentre lo stesso prodotto comprato al supermercato costa quasi il 100 per cento in più. Il ricorso a questa modalità di acquisto permette di accedere a prodotti di qualità maggiore, più sostenibili, si risparmia sul costo dell'imballaggio monouso e la sua gestione post-consumo e si ha la possibilità di comprare esattamente la quantità necessaria evitando sprechi;
    inoltre, scegliendo di acquistare prodotti sfusi riduciamo drasticamente la quantità di rifiuti plastici prodotti e inevitabilmente miglioriamo il contesto sociale nel quale viviamo, riducendo contestualmente anche il rischio di abbandono nell'ambiente (littering);
    il diffondersi di questo nuovo stile di vita, attento non solo al risparmio economico ma soprattutto alla tutela dell'ambiente, oggi potrebbe essere a rischio. Questo perché di recente, con il decreto ministeriale 27 settembre 2018, sono stati introdotti nuovi obblighi per i negozi che vendono in modalità sfusa saponi liquidi, shampoo, saponi al taglio, detergenti per la persona e profumi rientranti tutti nella categoria «cosmetici»;
    in base a tale decreto la vendita sfusa al dettaglio di tutti i cosmetici viene equiparata ad una fase di produzione del cosmetico stesso con tutti gli obblighi di legge che ne derivano;
    i negozi che vendono cosmetici sfusi, ma anche gli hotel che autonomamente ricaricano i propri dosatori, o i venditori di saponi solidi che porzionano ed etichettano all'atto della vendita devono pertanto denunciare la loro attività al Ministero della salute, alla Regione, al Comune e, conseguentemente, adeguare i locali e rispettare le norme di confezionamento al pari di un produttore;
    eventuali controlli eseguiti dagli enti preposti (Nas, ASL locali) potrebbero avere come effetto il sanzionamento degli esercenti non in regola con tale normativa;
    se tale precauzione è comprensibile per dentifrici, emulsioni, gel e creme, pare eccessiva per i cosmetici che possiamo raggruppare nella categoria dei «prodotti da risciacquo o prodotti per la detersione/detergenza della persona», di larghissimo uso e di prima necessità, come ad esempio saponi solidi, shampoo, bagni doccia, saponi liquidi e altro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel primo provvedimento utile una modifica normativa al DM 27 settembre 2018 esonerando dall'applicazione della stessa i succitati prodotti cosmetici da risciacquo per la detergenza della persona in modo da consentire anche la loro vendita sfusa.
9/2305/29. (Testo modificato nel corso della seduta).  Muroni.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge C. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»;
   premesso che:
    il lavoro giornalistico, pur essendo vincolato alle regole di un ordinamento professionale, si esercita normalmente in regime di lavoro subordinato e comunque, anche in presenza di prestazioni inquadrate giuridicamente come prestazioni di lavoro autonomo, sempre a favore di aziende editoriali. Questa specificità del lavoro giornalistico lo distingue dalle altre attività professionali che, di norma, sono esercitate prevalentemente in regime di lavoro autonomo e, in tal caso, sempre con la caratteristica dell'autoimprenditorialità;
    le prestazioni giornalistiche, ancorché in regime di autonomia professionale, non possono essere assimilate alle prestazioni professionali degli iscritti ad altri albi, avendo sempre caratteristiche specifiche proprie del lavoro subordinato. Non a caso le aziende editoriali nel corso degli ultimi anni hanno ridotto il numero di giornalisti dipendenti sostituendoli con forme di lavoro autonomo (finte partite IVA) e forme di parasubordinazione, che hanno finito per rappresentare i readers del mondo editoriale;
    l'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 (disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni) ha previsto che in materia di collaborazioni organizzate dal committente si debba applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Lo stesso articolo di legge, confermando la normativa previgente, precisa che tale disposizione non debba trovare applicazione nei confronti delle «collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali». Di conseguenza, la sopra richiamata norma non ha potuto trovare applicazione nel settore giornalistico;
    la giurisprudenza, ormai copiosa e costante, ha affermato il principio che nel lavoro giornalistico, proprio in considerazione della natura professionale della prestazione, il requisito della subordinazione deve intendersi «affievolito» e, pertanto, sono proprio i requisiti della continuità e del coordinamento della prestazione a determinarne l'inclusione nell'ambito del lavoro subordinato;
    il Consiglio di Stato, con la sentenza con cui ha confermato l'annullamento della delibera governativa sull'equo compenso nel settore giornalistico, ha evidenziato come il lavoro giornalistico sia sempre connotato «da alcuni caratteri del lavoro subordinato» e pertanto debba essere «meritevole di tutele assimilabili a quelle ad esse assicurate». Sempre il Consiglio di Stato, a sostegno dell'opportunità di una specifica tutela di qualsiasi forma di lavoro giornalistico, ha ulteriormente precisato che nel caso dell'editoria non sussistono quegli elementi di «committenza ampia e variegata» che giustificherebbero la liberalizzazione dei compensi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reintrodurre, con il primo provvedimento utile, nell'ambito del comma 1 dell'articolo 2 del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2015, le collaborazioni coordinate e continuative che abbiano per oggetto prestazioni di lavoro di natura giornalistica.
9/2305/30Fornaro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge C. 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»;
   premesso che:
    il lavoro giornalistico, pur essendo vincolato alle regole di un ordinamento professionale, si esercita normalmente in regime di lavoro subordinato e comunque, anche in presenza di prestazioni inquadrate giuridicamente come prestazioni di lavoro autonomo, sempre a favore di aziende editoriali. Questa specificità del lavoro giornalistico lo distingue dalle altre attività professionali che, di norma, sono esercitate prevalentemente in regime di lavoro autonomo e, in tal caso, sempre con la caratteristica dell'autoimprenditorialità;
    le prestazioni giornalistiche, ancorché in regime di autonomia professionale, non possono essere assimilate alle prestazioni professionali degli iscritti ad altri albi, avendo sempre caratteristiche specifiche proprie del lavoro subordinato. Non a caso le aziende editoriali nel corso degli ultimi anni hanno ridotto il numero di giornalisti dipendenti sostituendoli con forme di lavoro autonomo (finte partite IVA) e forme di parasubordinazione, che hanno finito per rappresentare i readers del mondo editoriale;
    l'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 (disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni) ha previsto che in materia di collaborazioni organizzate dal committente si debba applicare la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Lo stesso articolo di legge, confermando la normativa previgente, precisa che tale disposizione non debba trovare applicazione nei confronti delle «collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali». Di conseguenza, la sopra richiamata norma non ha potuto trovare applicazione nel settore giornalistico;
    la giurisprudenza, ormai copiosa e costante, ha affermato il principio che nel lavoro giornalistico, proprio in considerazione della natura professionale della prestazione, il requisito della subordinazione deve intendersi «affievolito» e, pertanto, sono proprio i requisiti della continuità e del coordinamento della prestazione a determinarne l'inclusione nell'ambito del lavoro subordinato;
    il Consiglio di Stato, con la sentenza con cui ha confermato l'annullamento della delibera governativa sull'equo compenso nel settore giornalistico, ha evidenziato come il lavoro giornalistico sia sempre connotato «da alcuni caratteri del lavoro subordinato» e pertanto debba essere «meritevole di tutele assimilabili a quelle ad esse assicurate». Sempre il Consiglio di Stato, a sostegno dell'opportunità di una specifica tutela di qualsiasi forma di lavoro giornalistico, ha ulteriormente precisato che nel caso dell'editoria non sussistono quegli elementi di «committenza ampia e variegata» che giustificherebbero la liberalizzazione dei compensi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre, con il primo provvedimento utile, nell'ambito del comma 1 dell'articolo 2 del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2015, le collaborazioni coordinate e continuative che abbiano per oggetto prestazioni di lavoro di natura giornalistica.
9/2305/30. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera 2305, relativo al Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il bilancio pluriennale per il triennio 2020 e 2022, ha previsto al comma 331 uno stanziamento aggiuntivo sul Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2020 per un totale nel triennale 2020-2022 di oltre 1 miliardo e settecento milioni a cui si devono aggiungere gli ulteriori stanziamenti pari a 529 milioni per il triennio 2020-2022 previsti dal nuovo Fondo per la disabilità (Fondo Conte) per un totale complessivo di oltre due miliardi di euro, indispensabili per poter fronteggiare le esigenze e i necessari interventi in materia di non autosufficienza;
    nonostante sia stia andando verso l'approvazione definitiva del piano nazionale triennale 2019-2021 sulla non autosufficienza che si attuerà attraverso piani regionali che tengano conto della programmazione territoriale e che consentirà alle Regioni di dare continuità agli interventi assistenziali per le persone in condizioni di non autosufficienza, appare, comunque, sempre più urgente l'adozione di una legge quadro per la non-auto-sufficienza che non solo disciplini i livelli essenziali di assistenza, che preveda criteri uniformi per il riconoscimento dello stato di non auto-sufficienza e che definisca un piano individuale assistenziale e ne individui il responsabile ma anche che stabilisca i criteri di integrazione tra le politiche sociali, socio-sanitarie e assistenziali;
    l'urgenza di una legge nazionale, infatti, è dettata dal progressivo invecchiamento della popolazione anziana e dalla necessità di garantire interventi complessivi, adeguatamente coordinati e messi a regime, inclusivi che fino ad ora, non sempre si sono concretizzati e che hanno determinato l'insorgere di disagi e sofferenze per milioni di famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità convocare quanto prima un tavolo di lavoro che veda il coinvolgimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro della salute, del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, e del Ministro dell'economia e delle finanze, nonché di eventuali altri Ministri sia di tutte le parti sociali e i soggetti istituzionali interessati, anche a livello territoriale, all'adozione di una legge quadro in materia di non autosufficienza.
9/2305/31Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 602, ha prorogato al 31 dicembre 2020 le attività del commissario straordinario previsto dall'articolo 11 della legge n. 112 del 2013, al fine di proseguire le attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche;
    la stessa legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 607 ha autorizzato la spesa di ulteriori euro 12,5 milioni per il 2019 per sostenere le azioni e i progetti delle fondazioni lirico-sinfoniche finalizzati alla riduzione del debito esistente;
    secondo la relazione del 2019 del Commissario straordinario del Governo sullo stato di attuazione dei piani di risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche la dinamica di riduzione del debito risulta essere «ormai progressiva e costante». Nella parte finale si sollecita l'adozione di interventi finanziari straordinari per guidare «la messa in sicurezza» delle fondazioni, attraverso un percorso che le conduca verso una gestione economica in equilibrio strutturale nel contesto di una adeguata condizione finanziaria e patrimoniale,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori misure volte a ridurre il debito delle fondazioni lirico-sinfoniche ed a favorire il processo dei piani di risanamento e il rilancio delle attività delle medesime fondazioni.
9/2305/32De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 602, ha prorogato al 31 dicembre 2020 le attività del commissario straordinario previsto dall'articolo 11 della legge n. 112 del 2013, al fine di proseguire le attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche;
    la stessa legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 607 ha autorizzato la spesa di ulteriori euro 12,5 milioni per il 2019 per sostenere le azioni e i progetti delle fondazioni lirico-sinfoniche finalizzati alla riduzione del debito esistente;
    secondo la relazione del 2019 del Commissario straordinario del Governo sullo stato di attuazione dei piani di risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche la dinamica di riduzione del debito risulta essere «ormai progressiva e costante». Nella parte finale si sollecita l'adozione di interventi finanziari straordinari per guidare «la messa in sicurezza» delle fondazioni, attraverso un percorso che le conduca verso una gestione economica in equilibrio strutturale nel contesto di una adeguata condizione finanziaria e patrimoniale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori misure volte a ridurre il debito delle fondazioni lirico-sinfoniche ed a favorire il processo dei piani di risanamento e il rilancio delle attività delle medesime fondazioni.
9/2305/32. (Testo modificato nel corso della seduta).  De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    in attesa di una riforma strutturale che consenta la regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, come prevede la proposta di legge d'iniziativa popolare C. 13 recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», un provvedimento straordinario di emersione dall'irregolarità rivolto a quei cittadini stranieri – già presenti nel nostro Paese ma senza un regolare permesso di soggiorno – che hanno un lavoro ma non hanno i documenti per essere assunti, costituirebbe una vera e propria «operazione legalità»;
    con l'emersione di 400.000 persone – quindi una parte dei 500.000-600.000 irregolari presenti sul nostro territorio – si stima circa 1 miliardo di euro di gettito fiscale e oltre 3 miliardi di maggiori contributi previdenziali;
    le modalità di emersione possibili potrebbero essere diverse; sul modello delle sanatorie del passato, si potrebbe prevedere la possibilità di legalizzazione ed emersione del lavoro nero rivolto ai datori di lavoro a fronte dell'autodenuncia di un già esistente rapporto di lavoro, con il contestuale rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro al lavoro. In alternativa, aprendo una finestra per la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, si potrebbe prevedere a fronte dell'immediata disponibilità di un contratto da parte di un datore di lavoro, il rilascio di un permesso di soggiorno col pagamento di un contributo forfettario di 200 euro all'atto della stipula del contratto da parte del datore di lavoro per ogni lavoratore assunto;
    uno studio commissionato dall'Inps nel 2017 ha valutato gli effetti di lungo periodo del provvedimento del 2002; un anno dopo, su 227 mila lavoratori di 107.000 imprese private emersi in quell'occasione, nove su dieci immigrati lavoravano ancora in Italia; dopo cinque anni erano ancora l'85 per cento;
    gli effetti positivi di questa operazione «legalità» per la collettività sarebbero molteplici. Si offrirebbe l'opportunità di vivere e lavorare legalmente nel nostro Paese a chi già si trova sul territorio ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto per sopravvivere a rivolgersi ai circuiti illeciti; si andrebbe incontro ai tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, non possono assumere persone senza documenti, anche se già formati, e ricorrono al lavoro in nero (come nel caso del lavoro domestico); infine, con l'emersione si avrebbero maggiore controllo e contezza delle presenze sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla, e quindi maggiore sicurezza per tutti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di varare un provvedimento che, a fronte dell'immediata disponibilità di un contratto di lavoro, consenta la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, prevedendo all'atto della stipula del contratto il pagamento di un contributo forfettario da parte del datore di lavoro e il rilascio di un permesso di soggiorno per il lavoratore.
9/2305/33Magi, Ascari, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ultimo decennio le esigenze di contenimento finanziario e di razionalizzazione della spesa hanno determinato la riduzione del numero delle strutture consolari all'estero e il blocco del turnover del personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione, che si è contratto di circa un terzo rispetto ai livelli precedenti;
    i propositi di reintegrazione dell'organico, esposto per altro ad ulteriore riduzione sia per il naturale avvicendamento dovuto all'età che per gli effetti dell'applicazione di Quota 100, si sono manifestati nelle autorizzazioni di nuove assunzioni contenute nelle leggi di bilancio per il 2019 e 2010, che tuttavia per la loro entrata a regime richiedono tempi non brevi e, comunque, restano inferiori alle necessità riconosciute;
    nel quadro di difficoltà richiamato, un ruolo sempre più necessario svolgono i consolati e i vice consolati onorari, soprattutto nei paesi di grande dimensione territoriale, nei quali le comunità degli italiani sono disperse in vaste aree e distanti dai consolati di prima categoria spesso centinaia di chilometri e diverse ore di volo;
    nel bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione i contributi per incarichi di titolare di uffici consolari onorari (cap. 1284 Tabella 6) sono fermi da tempo a meno di 200.000 euro annui per tutto il mondo, una cifra addirittura irrisoria rispetto alle necessità e alla crescita delle funzioni che sono assegnate a queste figure;
    le funzioni di console e vice console onorario sono prestate a titolo gratuito, sicché i contributi ad essi destinati sono volti esclusivamente al pagamento delle spese vive e ai rimborsi delle somme che gli stessi consoli onorari anticipano per l'espletamento dei loro compiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di integrare ragionevolmente la somma postata in bilancio per il funzionamento dei consolati onorari, in modo che possano corrispondere in maniera più piena e soddisfacente alla domanda di servizi che proviene in modo crescente dalle nostre comunità.
9/2305/34La Marca, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 270, introdotto dal Senato, della legge di bilancio per l'anno 2020 e per il triennio 2020-2022 incrementa di 1 milione di euro a decorrere dal 2020 il Fondo per il potenziamento della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, istituito dall'articolo 1, comma 587, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);
    il Fondo, per il quadriennio 2017-2020, è stato dotato di 150 milioni di euro, distribuiti per 20 milioni nel 2017, 30 milioni nel 2018, 50 milioni nel 2019 e 50 milioni nel 2020, ripartiti, in base ai criteri previsti dal comma 588 della legge n. 232 del 2016, con decreto della Presidenza del Consiglio 6 luglio 2017, e con le sue risorse ha reintegrato i capitoli fondamentali della promozione linguistica e culturale all'estero, ad iniziare dagli assegni agli Istituti di cultura e dal sostegno all'attività della Dante Alighieri;
    con l'esaurimento nel 2020 delle risorse previste dalla legge di bilancio per il 2017, nonostante la destinazione di un milione prevista nella legge per il 2020, si determinerà una drammatica regressione delle risorse destinate agli interventi più significativi nel campo della promozione linguistica e culturale, quali quelli relativi alle attività degli istituti di cultura e della Dante Alighieri all'estero, al conferimento delle borse di studio, alla creazione di corsi di italianistica nelle università straniere e ad altri insostituibili canali di intervento,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di reintegrare, nei provvedimenti che si considerino adatti allo scopo, non esclusi quelli volti alla promozione del Sistema Paese all'estero, la dotazione del Fondo per il sostegno alla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, al fine di corrispondere in misura adeguata ad esigenze ormai definite e consolidate.
9/2305/35Schirò, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 270, introdotto dal Senato, della legge di bilancio per l'anno 2020 e per il triennio 2020-2022 incrementa di 1 milione di euro a decorrere dal 2020 il Fondo per il potenziamento della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, istituito dall'articolo 1, comma 587, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016);
    il Fondo, per il quadriennio 2017-2020, è stato dotato di 150 milioni di euro, distribuiti per 20 milioni nel 2017, 30 milioni nel 2018, 50 milioni nel 2019 e 50 milioni nel 2020, ripartiti, in base ai criteri previsti dal comma 588 della legge n. 232 del 2016, con decreto della Presidenza del Consiglio 6 luglio 2017, e con le sue risorse ha reintegrato i capitoli fondamentali della promozione linguistica e culturale all'estero, ad iniziare dagli assegni agli Istituti di cultura e dal sostegno all'attività della Dante Alighieri;
    con l'esaurimento nel 2020 delle risorse previste dalla legge di bilancio per il 2017, nonostante la destinazione di un milione prevista nella legge per il 2020, si determinerà una drammatica regressione delle risorse destinate agli interventi più significativi nel campo della promozione linguistica e culturale, quali quelli relativi alle attività degli istituti di cultura e della Dante Alighieri all'estero, al conferimento delle borse di studio, alla creazione di corsi di italianistica nelle università straniere e ad altri insostituibili canali di intervento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintegrare, nei provvedimenti che si considerino adatti allo scopo, non esclusi quelli volti alla promozione del Sistema Paese all'estero, la dotazione del Fondo per il sostegno alla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, al fine di corrispondere in misura adeguata ad esigenze ormai definite e consolidate.
9/2305/35. (Testo modificato nel corso della seduta).  Schirò, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    in particolare, numerose le misure per quanto riguarda il comparto scuola: aumento di stipendi per docenti e personale ATA, bonus merito docenti, aumento dell'organico per la scuola dell'infanzia, bonus scuola per l'acquisto di quotidiani, destinazione di quota dell'8x1000 all'edilizia scolastica, fondi per la formazione degli insegnanti in materia di bullismo, cyberbullismo e discriminazioni di genere e in materia di inclusione scolastica, aumento di stipendio per i dirigenti scolastici e risorse per costruire o ristrutturate asili nido e scuole dell'infanzia;
    nulla è stato, invece, previsto per le scuole pubbliche paritarie, a fronte delle difficoltà registrate negli ultimi anni per il calo di iscritti, che tra 2012 e 2016 è stato del 13 per cento, con la chiusura di oltre 400 istituti complessivi;
    nonostante il calo di iscritti, in Italia circa uno studente su 20 frequenta una scuola pubblica paritaria, con il record in Lombardia, dove frequenta questi istituti oltre l'11 per cento degli studenti, sia in provincia di Milano che di Monza;
    in Italia ad oggi sono ancora più di 975.000 gli studenti che frequentano scuole pubbliche paritarie, e rappresenterebbero un serio problema organizzativo oltre che un ingente costo (quasi 6 miliardi di euro) se questi si dovessero rivolgere tutti insieme alla scuola pubblica statale dall'oggi al domani;
    le scuole pubbliche paritarie, spesso, sopperiscono alle criticità della scuola pubblica statale: è innegabile che il numero di alunni per classe delle scuole pubbliche statali renda più difficile il lavoro dell'insegnante e impossibile la reale inclusione di allievi con disabilità o difficoltà linguistiche, ragioni che hanno supportato varie proposte per risolvere il problema delle «classi pollaio», una problematica confermata dalla legge di bilancio 2019, che ha evidenziato la necessità di politiche per limitare l'eccessivo affollamento delle classi;
    un altro fattore decisivo nella scelta della scuola per le famiglie poi è sicuramente la maggiore disponibilità di orari prolungati e tempo pieno, più favorevoli ai genitori che lavorano;
    in molti casi, quindi, è una scelta quasi obbligata quella che fa propendere per gli istituti della scuola pubblica paritaria, i quali sopperiscono alle lacune sociali lasciate dallo Stato;
    lo Stato, inoltre, grazie alle scuole pubbliche paritarie risparmia, dato che ogni studente di scuola statale gli costa mediamente circa 6 mila euro annui, cifra che invece nella scuola pubblica paritaria è pagata in gran parte dalle famiglie degli alunni, attraverso la retta;
    la previsione di un contributo a sostegno anche delle famiglie che optano per scuole pubbliche paritarie di ogni ordine e grado, dalla scuola dell'infanzia, alla paritaria, fino alla scuola secondaria di primo e secondo grado, rappresenta, quindi, un provvedimento di equità che sostiene le famiglie nella libera scelta del percorso educativo dei propri figli, come riconosciuto dalla legge 10 marzo 2000, n. 62 che promuove la parità scolastica che deve essere necessariamente anche parità economica per essere completa,

impegna il Governo

a stanziare idonee risorse per l'assegnazione di un « bonus scuola» di importo almeno pari al 50 per cento del costo medio per alunno sostenuto dallo Stato nella scuola pubblica statale, da riconoscere alle famiglie, a parziale rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette delle scuole pubbliche paritarie per l'insegnamento erogato in orario curriculare, ben sapendo che anche le attività extracurriculari, che resterebbero a totale carico dei genitori, rappresentano comunque anch'esse un risparmio per lo Stato.
9/2305/36Rampelli, Bucalo, Frassinetti, Mollicone, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    sul territorio nazionale sono presenti oltre cinquantamila edifici scolastici, il 20 per cento dei quali sono stati costruiti prima degli anni ’40, e oltre il 50 per cento prima degli anni ’80;
    tale patrimonio edilizio risale dunque ad un'epoca in cui le normative tecniche erano certamente più carenti rispetto alle attuali con conseguenti inferiori livelli di sicurezza;
    il suddetto patrimonio è suddiviso tra proprietà comunali, per quanto riguarda la scuola primaria e secondaria di primo grado, mentre gli edifici destinati alla scuola secondaria di secondo grado sono di proprietà delle province o città metropolitane;
    da ormai svariati anni gli enti proprietari faticano a svolgere un adeguato monitoraggio sullo stato di vetustà di tali istituti e una conseguente e coerente programmazione degli interventi a causa della carenza di risorse e dei vincoli burocratici imposti ai loro bilanci;
    nell'ultimo decennio sono stati davvero numerosi i casi di cronaca, alcuni dei quali tragici, dovuti a cedimenti di componenti non strutturali dei solai, quali pignatte, intonaco, controsoffitti che hanno messo a rischio l'incolumità di studenti, docenti e collaboratori scolastici obbligando gli enti locali ad agire solo in via di urgenza;
    al fine di favorire gli investimenti, all'articolo 1, comma 51, del disegno di legge in esame sono assegnate risorse agli enti locali finalizzate alle spese di progettazione definitiva ed esecutiva di messa in sicurezza – tra le altre cose – delle scuole,

impegna il Governo,

ad includere, attraverso ulteriori iniziative normative, in tali finanziamenti, tutte le attività di rilievo e monitoraggio utili a prevenire fenomeni di instabilità anche degli elementi non strutturali con particolare riferimento allo sfondellamento dei solai, principale causa dei tragici eventi richiamati in premessa.
9/2305/37Mantovani, Rotelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    sul territorio nazionale sono presenti oltre cinquantamila edifici scolastici, il 20 per cento dei quali sono stati costruiti prima degli anni ’40, e oltre il 50 per cento prima degli anni ’80;
    tale patrimonio edilizio risale dunque ad un'epoca in cui le normative tecniche erano certamente più carenti rispetto alle attuali con conseguenti inferiori livelli di sicurezza;
    il suddetto patrimonio è suddiviso tra proprietà comunali, per quanto riguarda la scuola primaria e secondaria di primo grado, mentre gli edifici destinati alla scuola secondaria di secondo grado sono di proprietà delle province o città metropolitane;
    da ormai svariati anni gli enti proprietari faticano a svolgere un adeguato monitoraggio sullo stato di vetustà di tali istituti e una conseguente e coerente programmazione degli interventi a causa della carenza di risorse e dei vincoli burocratici imposti ai loro bilanci;
    nell'ultimo decennio sono stati davvero numerosi i casi di cronaca, alcuni dei quali tragici, dovuti a cedimenti di componenti non strutturali dei solai, quali pignatte, intonaco, controsoffitti che hanno messo a rischio l'incolumità di studenti, docenti e collaboratori scolastici obbligando gli enti locali ad agire solo in via di urgenza;
    al fine di favorire gli investimenti, all'articolo 1, comma 51, del disegno di legge in esame sono assegnate risorse agli enti locali finalizzate alle spese di progettazione definitiva ed esecutiva di messa in sicurezza – tra le altre cose – delle scuole,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di includere, attraverso ulteriori iniziative normative, in tali finanziamenti, tutte le attività di rilievo e monitoraggio utili a prevenire fenomeni di instabilità anche degli elementi non strutturali con particolare riferimento allo sfondellamento dei solai, principale causa dei tragici eventi richiamati in premessa.
9/2305/37. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mantovani, Rotelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, all'articolo 1, comma 738 dispone, a decorrere dal 2020, la unificazione delle vigenti imposte IMU e TASI;
    nei successivi commi è disciplinata la configurazione dell'IMU e le dinamiche applicative della stessa;
    il comma 747 conferma la disciplina vigente di cui all'articolo 13 comma 3 del decreto-legge 201 del 6 Dicembre 2011 convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 con riferimento agli immobili «inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati», prevedendo la riduzione al 50 per cento della relativa base imponibile ai fini del calcolo dell'IMU: paradossalmente tale disposizione accomuna la suddetta fattispecie di immobile a quella degli immobili di interesse storico o artistico e a quelli concessi in comodato d'uso;
    si evidenzia che gli immobili rientranti nella fattispecie degli «inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati» non generano benefici in capo al proprietario, né in termini di utilizzo diretto, né in termini di redditività e commerciabilità tale da evidenziare una totale assenza di commisurazione tra configurazione dell'imposta e valore del patrimonio su cui l'imposta è applicata;
    in tale prospettiva si rende auspicabile rivedere la disciplina dell'applicazione dell'IMU per la suddetta fattispecie immobiliare, anche nella prospettiva di attenuare gli effetti della volontaria riduzione in ruderi degli immobili, operata dai proprietari e finalizzata ad evitare di sostenere le correlate imposte patrimoniali;
    infatti a tal riguardo si evidenzia che nel 2018, il numero degli immobili collabenti – immobili ridotti in ruderi a causa del loro accentuato livello di degrado, inquadrati nella categoria catastale F2 e privi di rendita catastale – è cresciuto del 5,3 per cento rispetto al 2017: in particolare se si analizzano i dati mettendo a confronto quelli del periodo antecedente e successivo all'entrata in vigore dell'IMU, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono raddoppiati, passando da 278.121 a 548.148 con un incremento del 97 per cento;
    i dati pertanto confermano una prassi piuttosto comune nel Paese attuata nella prospettiva di eludere l'assoggettamento all'imposta considerata iniqua dai proprietari poiché non commisurata al valore dei cespiti immobiliari;
    un'ulteriore categoria meritevole di attenzione alla luce dell'attuale configurazione dell'imposta risulta quella degli immobili non utilizzati dai proprietari e privi di qualsiasi interesse da parte di possibili acquirenti o di potenziali conduttori, che si collocano al di fuori delle dinamiche e degli interessi di mercato;
    nella suddetta categoria di immobili rientrano in particolare fabbricati situati, per lo più, nelle aree periferiche delle città e nelle aree interne del nostro Paese, segnatamente in Comuni di piccole dimensioni,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di prevedere per il futuro per gli immobili inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, nonché per quelli privi di mobili e suppellettili e sprovvisti di contratti attivi di fornitura dei servizi pubblici a rete, l'esenzione dal pagamento dell'IMU.
9/2305/38Foti, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 1, comma 181, reca numerose disposizioni in materia di sport;
    in particolare, il comma 181 dell'articolo 1 prevede che le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo possono richiedere, per gli anni 2020, 2021 e 2022, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, entro il limite massimo di ottomila euro su base annua;
    nel corso degli ultimi sessant'anni il mondo dello sport ha subito rilevanti trasformazioni, fino a diventare un vero e proprio business, capace di generare un notevole volume di denaro e di interessi difficilmente raggiungibile dagli altri settori;
    è necessario impegnare risorse affinché tutte le società di calcio possano contribuire alla circolazione di risorse e allo sviluppo delle professionalità sportive, e a tal fine appare necessario ripartire in maniera diversa le risorse attualmente destinate alle società calcistiche;
    il decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, stabilisce i criteri di ripartizione delle risorse assicurate dal mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale;
    in base a tali criteri attualmente il novanta per cento delle somme incassate è destinato al campionato calcistico di Serie A, il sei per cento alla Serie B, il due per cento alla Serie C e il due per cento alla Lega nazionale dilettanti,

impegna il Governo,

ad assumere iniziative volte a disporre una diversa ripartizione delle risorse citate al fine di sostenere maggiormente le società calcistiche le cui squadre giocano in campionati diversi dalla serie A.
9/2305/39Caiata, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 1, comma 181, reca numerose disposizioni in materia di sport;
    in particolare, il comma 181 dell'articolo 1 prevede che le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo possono richiedere, per gli anni 2020, 2021 e 2022, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, entro il limite massimo di ottomila euro su base annua;
    nel corso degli ultimi sessant'anni il mondo dello sport ha subito rilevanti trasformazioni, fino a diventare un vero e proprio business, capace di generare un notevole volume di denaro e di interessi difficilmente raggiungibile dagli altri settori;
    è necessario impegnare risorse affinché tutte le società di calcio possano contribuire alla circolazione di risorse e allo sviluppo delle professionalità sportive, e a tal fine appare necessario ripartire in maniera diversa le risorse attualmente destinate alle società calcistiche;
    il decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9, stabilisce i criteri di ripartizione delle risorse assicurate dal mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale;
    in base a tali criteri attualmente il novanta per cento delle somme incassate è destinato al campionato calcistico di Serie A, il sei per cento alla Serie B, il due per cento alla Serie C e il due per cento alla Lega nazionale dilettanti,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a disporre una diversa ripartizione delle risorse citate al fine di sostenere maggiormente le società calcistiche le cui squadre giocano in campionati diversi dalla serie A.
9/2305/39. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caiata, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, ai commi da 437 a 444 prevede la promozione di un programma denominato «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare, finalizzato a riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socio-economico»;
    le norme intervengono nella prospettiva di implementare l'accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici, nonché a migliorare la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini, anche con l'obiettivo di ridurre il consumo di nuovo suolo in base ai principi e agli indirizzi adottati dall'Unione europea, circa il modello urbano della Smart City, inclusiva e sostenibile;
    l'articolo 1, comma 12, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 ha introdotto il cosiddetto bonus verde per l'anno 2019 prevedendo la detrazione del 36 per cento, per le unità immobiliari ad uso abitativo sulle quali sono state effettuate opere di sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi e la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili;
    la suddetta misura, malgrado rappresenti un incentivo verso la valorizzazione del patrimonio abitativo oltre che una best practice sul fronte della promozione della qualità abitativa e della valorizzazione delle aree verdi cittadine, è prevista esclusivamente attraverso proroghe annuali, sarebbe pertanto opportuno superare il vincolo annuale del riconoscimento della detrazione nella prospettiva di prevederne il riconoscimento in maniera strutturale;
    la misura rappresenta anche un incentivo per il comparto florovivaistico che attualmente coinvolge circa 27.000 imprese con oltre 100.000 occupati, con un valore di produzione che si attesta intorno ai 2,5 miliardi, configurandosi come un'eccellenza italiana;
    la promozione della cosiddetta forestazione urbana, partendo dal verde domestico, rappresenta anche uno strumento di protezione ambientale in ragione dei riverberi positivi di questo sull'ecosistema e nell'ambito degli strumenti quotidiani di contrasto ai cambiamenti climatici, in ragione della capacità delle piante e dei giardini di poter catturare le polveri sottili e la CO2,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riconoscere il cosiddetto bonus verde in maniera strutturale, superando il limite annuale del riconoscimento, al fine di favorire concretamente la promozione del patrimonio naturale del verde urbano, anche nella prospettiva di promuovere attivamente una cultura del verde nelle famiglie nella prospettiva di fornire in maniera adeguata gli strumenti atti a contrastare, a livello domestico, l'inquinamento ambientale.
9/2305/40Butti, Foti, Trancassini, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, ai commi da 437 a 444 prevede la promozione di un programma denominato «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare, finalizzato a riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale, a rigenerare il tessuto socio-economico»;
    le norme intervengono nella prospettiva di implementare l'accessibilità, la sicurezza dei luoghi e la rifunzionalizzazione di spazi e immobili pubblici, nonché a migliorare la coesione sociale e la qualità della vita dei cittadini, anche con l'obiettivo di ridurre il consumo di nuovo suolo in base ai principi e agli indirizzi adottati dall'Unione europea, circa il modello urbano della Smart City, inclusiva e sostenibile;
    l'articolo 1, comma 12, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 ha introdotto il cosiddetto bonus verde per l'anno 2019 prevedendo la detrazione del 36 per cento, per le unità immobiliari ad uso abitativo sulle quali sono state effettuate opere di sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi e la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili;
    la suddetta misura, malgrado rappresenti un incentivo verso la valorizzazione del patrimonio abitativo oltre che una best practice sul fronte della promozione della qualità abitativa e della valorizzazione delle aree verdi cittadine, è prevista esclusivamente attraverso proroghe annuali, sarebbe pertanto opportuno superare il vincolo annuale del riconoscimento della detrazione nella prospettiva di prevederne il riconoscimento in maniera strutturale;
    la misura rappresenta anche un incentivo per il comparto florovivaistico che attualmente coinvolge circa 27.000 imprese con oltre 100.000 occupati, con un valore di produzione che si attesta intorno ai 2,5 miliardi, configurandosi come un'eccellenza italiana;
    la promozione della cosiddetta forestazione urbana, partendo dal verde domestico, rappresenta anche uno strumento di protezione ambientale in ragione dei riverberi positivi di questo sull'ecosistema e nell'ambito degli strumenti quotidiani di contrasto ai cambiamenti climatici, in ragione della capacità delle piante e dei giardini di poter catturare le polveri sottili e la CO2,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconoscere il cosiddetto bonus verde in maniera strutturale, superando il limite annuale del riconoscimento, al fine di favorire concretamente la promozione del patrimonio naturale del verde urbano, anche nella prospettiva di promuovere attivamente una cultura del verde nelle famiglie nella prospettiva di fornire in maniera adeguata gli strumenti atti a contrastare, a livello domestico, l'inquinamento ambientale.
9/2305/40. (Testo modificato nel corso della seduta).  Butti, Foti, Trancassini, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, ai commi 339-341 e 343-344 reca disposizioni in favore della famiglia, riconoscendo tra le altre l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un fondo denominato «Fondo assegno universale e servizi alla famiglia», con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l'anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, le cui risorse sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli;
    tra gli interventi si evidenzia, il riconoscimento, per ogni figlio nato o adottato nel corso del 2020, di un assegno di natalità fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione;
    l'assegno erogato al neo genitore, limitato al solo primo anno di vita, o di ingresso nel nucleo famigliare del minore rappresenta una misura estremamente limitata ed irrisoria, non solo in termini di ammontare delle risorse ma soprattutto con riferimento alla durata della misura: pertanto si configura sicuramente poco funzionale alla auspicata prospettiva di sostegno e valorizzazione piena della famiglia, in assenza – tra le altre cose – di un intervento sistemico di attuazione di un programma nazionale di sostegno alla genitorialità;
    si evidenzia che secondo i dati ISTAT nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe 439.747 bambini, oltre 18 mila in meno rispetto all'anno precedente, con un calo di 140 mila nascite rispetto al decennio precedente;
    il calo della natalità come confermato dai dati, rappresenta un aspetto destabilizzante per le prospettive di crescita economica e sociale del Paese, configurandosi come un elemento deleterio per il sistema sociale ed economico sul medio-lungo periodo, uno scenario dinanzi al quale appare prioritario e urgente individuare gli strumenti più adeguati per sostenere e definire le opportune condizioni affinché si possa operare un vero e proprio sostegno alla genitorialità e a favorire la natalità, finalizzato ad invertire il citato trend negativo,

impegna il Governo,

a prevedere specifiche misure volte al sostegno della genitorialità e alla promozione della natalità anche attraverso l'introduzione di un assegno mensile unico da corrispondere ai genitori per ciascun figlio fino al compimento del sesto anno di età, prevedendo specifiche maggiorazioni qualora nel nucleo familiare sia presente un minore disabile e in caso di nucleo familiare monogenitoriale.
9/2305/41Meloni, Lollobrigida, Varchi, Bellucci, Delmastro Delle Vedove, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, ai commi 339-341 e 343-344 reca disposizioni in favore della famiglia, riconoscendo tra le altre l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un fondo denominato «Fondo assegno universale e servizi alla famiglia», con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l'anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, le cui risorse sono indirizzate all'attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli;
    tra gli interventi si evidenzia, il riconoscimento, per ogni figlio nato o adottato nel corso del 2020, di un assegno di natalità fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell'adozione;
    l'assegno erogato al neo genitore, limitato al solo primo anno di vita, o di ingresso nel nucleo famigliare del minore rappresenta una misura estremamente limitata ed irrisoria, non solo in termini di ammontare delle risorse ma soprattutto con riferimento alla durata della misura: pertanto si configura sicuramente poco funzionale alla auspicata prospettiva di sostegno e valorizzazione piena della famiglia, in assenza – tra le altre cose – di un intervento sistemico di attuazione di un programma nazionale di sostegno alla genitorialità;
    si evidenzia che secondo i dati ISTAT nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe 439.747 bambini, oltre 18 mila in meno rispetto all'anno precedente, con un calo di 140 mila nascite rispetto al decennio precedente;
    il calo della natalità come confermato dai dati, rappresenta un aspetto destabilizzante per le prospettive di crescita economica e sociale del Paese, configurandosi come un elemento deleterio per il sistema sociale ed economico sul medio-lungo periodo, uno scenario dinanzi al quale appare prioritario e urgente individuare gli strumenti più adeguati per sostenere e definire le opportune condizioni affinché si possa operare un vero e proprio sostegno alla genitorialità e a favorire la natalità, finalizzato ad invertire il citato trend negativo,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di prevedere specifiche misure volte al sostegno della genitorialità e alla promozione della natalità anche attraverso l'introduzione di un assegno mensile unico da corrispondere ai genitori per ciascun figlio fino al compimento del sesto anno di età, prevedendo specifiche maggiorazioni qualora nel nucleo familiare sia presente un minore disabile e in caso di nucleo familiare monogenitoriale.
9/2305/41. (Testo modificato nel corso della seduta).  Meloni, Lollobrigida, Varchi, Bellucci, Delmastro Delle Vedove, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca alcune misure volte a potenziare il contrasto all'evasione fiscale, che vanno a sommarsi a quelle già previste dal decreto-legge fiscale appena approvato dal Senato;
    in generale, purtroppo, le misure relative alla lotta all'evasione fiscale varate dal Governo Conte II con la manovra di bilancio graveranno in particolare sulle imprese, attraverso la previsione di nuovi oneri;
    tra questi oneri si rammentano: l'obbligo dei pagamenti elettronici, l'adeguamento dei registratori di cassa per la cosiddetta «lotteria degli scontrini» e l'installazione dei lettori per la lettura dei « bar code» a seguito dell'iscrizione del contribuente al «Portale lotteria»;
    dalle associazioni di categoria era arrivata la richiesta di azzerare le commissioni delle transazioni elettroniche per piccoli importi e rivedere significativamente tutte le altre transazioni,

impegna il Governo,

ad avviare tempestivamente un confronto con l'Associazione bancaria italiana volto a cercare un accordo per l'azzeramento delle commissioni che gravano sulle transazioni elettroniche nel caso di piccoli importi e per la revisione generale di tutte le altre transazioni.
9/2305/42Bignami, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca alcune misure volte a potenziare il contrasto all'evasione fiscale, che vanno a sommarsi a quelle già previste dal decreto-legge fiscale appena approvato dal Senato;
    in generale, purtroppo, le misure relative alla lotta all'evasione fiscale varate dal Governo Conte II con la manovra di bilancio graveranno in particolare sulle imprese, attraverso la previsione di nuovi oneri;
    tra questi oneri si rammentano: l'obbligo dei pagamenti elettronici, l'adeguamento dei registratori di cassa per la cosiddetta «lotteria degli scontrini» e l'installazione dei lettori per la lettura dei « bar code» a seguito dell'iscrizione del contribuente al «Portale lotteria»;
    dalle associazioni di categoria era arrivata la richiesta di azzerare le commissioni delle transazioni elettroniche per piccoli importi e rivedere significativamente tutte le altre transazioni,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di avviare tempestivamente un confronto con l'Associazione bancaria italiana volto a cercare un accordo per l'azzeramento delle commissioni che gravano sulle transazioni elettroniche nel caso di piccoli importi e per la revisione generale di tutte le altre transazioni.
9/2305/42. (Testo modificato nel corso della seduta).  Bignami, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni eterogenee per la crescita dell'Italia, da misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    si tratta, nel complesso, di piccoli interventi spot, bonus, come spesso vengono etichettati; mancano, invece, impegni volti ad affrontare i nostri più urgenti problemi sistemici: dalle tante crisi aziendali alle carenze delle infrastrutture materiali ed immateriali, al sistema di imprese. E non c’è bisogno di altri esempi per confermare la quasi inesistenza nel provvedimento in esame di una adeguata attenzione al delicatissimo momento del nostro sistema;
    il tessuto industriale italiano da anni attraversa una crisi dalla quale fatica a risollevarsi e soprattutto per le piccole-medie imprese aumentare le proprie dimensioni e giro di affari è diventato impossibile;
    secondo quanto denunciarlo dalla CGIA Mestre nel rapporto sulla contribuzione fiscale delle aziende italiane, sono proprio le piccole imprese e i lavoratori autonomi a subire una pressione fiscale di ben 4,4 miliardi di euro superiore a quella delle aziende di medie e grandi dimensioni;
    tale differenza rischia di affossare le piccole imprese, sulle quali gravano anche i pesanti ritardi nei pagamenti da parte delle PA e le difficoltà di accedere al credito bancario. Una somma di fattori che potrebbe portare le aziende più piccole, spina dorsale della nostra economia, a situazioni di insolvenza, spingendole addirittura fuori dal mercato;
    un rischio tutt'altro che ipotetico, stando ad un altro rapporto sempre della CGIA che segnalava come nei primi sei mesi del 2019 fossero già 6.500 le imprese artigianali costrette a chiudere per colpa del calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l'impennata degli affitti;
    eliminare o, quantomeno, dimezzare l'aliquota IMU per gli immobili strumentali in disuso rappresenterebbe una misura di buon senso ed equità sociale, perché è assurdo dover pagare tasse per spazi che di fatto non si utilizzano e che, anzi, comportano spese per la gestione, la messa in sicurezza o semplicemente il mantenimento,

impegna il Governo,

ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte a escludere la tassazione IMU o per lo meno dimezzare l'aliquota IMU applicata agli immobili strumentali delle imprese, che, a seguito di un ridimensionamento dell'attività d'impresa, non vengono più utilizzati nell'esercizio corrente.
9/2305/43Lucaselli, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera, contiene tra le altre misure anche misure in materia di giustizia e nello specifico disposizioni in materia di personale dell'Amministrazione della giustizia;
    le riforme in generale e le misure normative adottate in tema di giustizia, non possono prescindere dalla risoluzione dell'annoso problema della lentezza dei processi e dalla necessità di implementare il personale amministrativo, misura che già da sola sarebbe sufficiente a portare a livelli accettabili la performance degli uffici giudiziari;
    data la saturazione del profilo nelle piante organiche, puntare su un nuovo piano assunzioni attraverso futuri bandi concorsuali, non darebbe frutti prima del prossimo autunno, anzi creerebbe una vera e propria emorragia nel dipartimento dell'organizzazione giudiziaria;
    a rendere la situazione ancora più grave è la lentezza dello scorrimento totale della graduatoria scaturita a seguito del concorso, il primo dopo venti anni, bandito nel 2016 dal Ministero della giustizia per 800 posti per il profilo di assistente giudiziario e costato ai contribuenti italiani ben 4 milioni e mezzo di euro;
    lo scorrimento di sopraddetta graduatoria potrebbe costituire un valido strumento di implementazione del personale amministrativo giudiziario sin dal prossimo autunno, dal momento che le carenze già gravi aumenterebbero anche di alcune migliaia per effetto delle naturali cessazioni e della «quota 100»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere interventi volti ad autorizzare, lo scorrimento, fino all'esaurimento totale della graduatoria ministeriale in corso di validità relativa al profilo di «assistente giudiziario» creatasi all'esito del Concorso pubblico a 800 posti a tempo indeterminato, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia di cui al bando 18 novembre 2016, al fine di fornire alla giustizia gli strumenti necessari per poter sostenere livelli performativi dignitosi.
9/2305/44Prisco, Varchi, Maschio, Ferro, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, dai commi 335 e 338 reca diverse disposizioni in favore delle persone affette da disabilità;
    ai sensi della legge 26 maggio 1970, n. 381, «si considera sordo il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio»;
    in base ai dati diffusi dall'INPS relativi all'anno 2018 le persone sorde in Italia sono circa quarantacinquemila;
    la sordità è una disabilità molto grave e fortemente invalidante, posto che essa non è assimilabile a una mera incapacità di sentire – musica, rumori, ecc. – ma per sua natura è una disabilità che impedisce il processo di acquisizione naturale della lingua parlata (e poi scritta), poiché interviene nell'età dello sviluppo, impattando gravemente sulla comunicazione, le relazioni sociali, l'apprendimento scolastico, il lavoro, lo sviluppo socio-culturale, l'accesso ai servizi e alle risorse della società e, di fatto, preclude l'inclusione sociale della persona in ogni ambito e contesto del vivere collettivo;
    nonostante l'impianto normativo di alcuni interventi legislativi considerati di ampio respiro, tra i quali la legge 5 febbraio 1992, n. 104, la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili, e la legge 3 marzo 2009, n. 18, con la quale l'Italia ha recepito e ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, questi di fatto non garantiscono servizi atti a facilitare la comunicazione e l'accesso all'informazione per le persone sorde, e le cittadine e i cittadini sordi italiani si trovano messi ai margini del vivere civile;
    con la legge 21 novembre 1988, n. 508, recante «Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti», è stata prevista in favore delle persone sorde l'erogazione di una «indennità di comunicazione», non reversibile e data al solo titolo della minorazione;
    gli importi determinati per l'indennità di comunicazione sono gravemente insufficienti a coprire le spese di servizi di interpretariato da/in Lingua dei Segni, accompagnamento, mediazione e facilitazione in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, anche tecnologico, richiesti e/o attuati dai cittadini sordi;
    ai sensi dell'articolo 1 della suddetta legge è altresì disciplinata l'erogazione della indennità di accompagnamento per le persone cieche, istituita con leggi 28 marzo 1968, n. 406, e 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni;
    gli importi dell'indennità di accompagnamento e dell'indennità di comunicazione sono fortemente sbilanciati, penalizzando la seconda, a fronte di una disabilità meno visibile ma egualmente impattante sulla vita della persona in quanto mina le basi stesse della comunicazione, accesso all'informazione, relazionalità, pari opportunità e inclusione sociale;
    detti importi vengono adeguati annualmente con direttive emanate dalla Direzione centrale delle prestazioni dell'INPS e rivalutati sulla base degli indicatori dell'inflazione e del costo della vita in ordine agli importi delle pensioni, assegni e indennità complessivamente erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche;
    appare palesemente iniquo il perdurare della diseguaglianza di erogazione delle provvidenze economiche nell'ambito delle disabilità sensoriali – cecità e sordità – soprattutto alla luce del fatto che con Direttiva INPS del 13 ottobre 2011 l'INPS ha definito la condizione di sordo quale minorazione di per sé idonea a ridurre l'autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale; pertanto ai cittadini sordi interessati da accertamenti sanitari di handicap l'INPS, ai sensi della suddetta Direttiva, riconosce la connotazione di gravità a norma dell'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992;
    si ritiene doverosa una equiparazione della indennità di comunicazione con l'indennità di accompagnamento percepita dai ciechi assoluti, entrambe disabilità sensoriali con connotazione riconosciuta di gravità,

impegna il Governo,

in sede di rideterminazione annuale degli importi spettanti ai sensi della legge n. 508 del 1998 a valutare l'equiparazione degli importi della indennità di comunicazione corrisposti alle persone sorde agli importi della indennità di accompagnamento concessa ai ciechi assoluti, trattandosi in entrambi i casi di disabilità sensoriali con situazione di gravità riconosciuta.
9/2305/45Montaruli, Bellucci, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, dai commi 335 e 338 reca diverse disposizioni in favore delle persone affette da disabilità;
    ai sensi della legge 26 maggio 1970, n. 381, «si considera sordo il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio»;
    in base ai dati diffusi dall'INPS relativi all'anno 2018 le persone sorde in Italia sono circa quarantacinquemila;
    la sordità è una disabilità molto grave e fortemente invalidante, posto che essa non è assimilabile a una mera incapacità di sentire – musica, rumori, ecc. – ma per sua natura è una disabilità che impedisce il processo di acquisizione naturale della lingua parlata (e poi scritta), poiché interviene nell'età dello sviluppo, impattando gravemente sulla comunicazione, le relazioni sociali, l'apprendimento scolastico, il lavoro, lo sviluppo socio-culturale, l'accesso ai servizi e alle risorse della società e, di fatto, preclude l'inclusione sociale della persona in ogni ambito e contesto del vivere collettivo;
    nonostante l'impianto normativo di alcuni interventi legislativi considerati di ampio respiro, tra i quali la legge 5 febbraio 1992, n. 104, la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili, e la legge 3 marzo 2009, n. 18, con la quale l'Italia ha recepito e ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, questi di fatto non garantiscono servizi atti a facilitare la comunicazione e l'accesso all'informazione per le persone sorde, e le cittadine e i cittadini sordi italiani si trovano messi ai margini del vivere civile;
    con la legge 21 novembre 1988, n. 508, recante «Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti», è stata prevista in favore delle persone sorde l'erogazione di una «indennità di comunicazione», non reversibile e data al solo titolo della minorazione;
    gli importi determinati per l'indennità di comunicazione sono gravemente insufficienti a coprire le spese di servizi di interpretariato da/in Lingua dei Segni, accompagnamento, mediazione e facilitazione in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, anche tecnologico, richiesti e/o attuati dai cittadini sordi;
    ai sensi dell'articolo 1 della suddetta legge è altresì disciplinata l'erogazione della indennità di accompagnamento per le persone cieche, istituita con leggi 28 marzo 1968, n. 406, e 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni;
    gli importi dell'indennità di accompagnamento e dell'indennità di comunicazione sono fortemente sbilanciati, penalizzando la seconda, a fronte di una disabilità meno visibile ma egualmente impattante sulla vita della persona in quanto mina le basi stesse della comunicazione, accesso all'informazione, relazionalità, pari opportunità e inclusione sociale;
    detti importi vengono adeguati annualmente con direttive emanate dalla Direzione centrale delle prestazioni dell'INPS e rivalutati sulla base degli indicatori dell'inflazione e del costo della vita in ordine agli importi delle pensioni, assegni e indennità complessivamente erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche;
    appare palesemente iniquo il perdurare della diseguaglianza di erogazione delle provvidenze economiche nell'ambito delle disabilità sensoriali – cecità e sordità – soprattutto alla luce del fatto che con Direttiva INPS del 13 ottobre 2011 l'INPS ha definito la condizione di sordo quale minorazione di per sé idonea a ridurre l'autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale; pertanto ai cittadini sordi interessati da accertamenti sanitari di handicap l'INPS, ai sensi della suddetta Direttiva, riconosce la connotazione di gravità a norma dell'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992;
    si ritiene doverosa una equiparazione della indennità di comunicazione con l'indennità di accompagnamento percepita dai ciechi assoluti, entrambe disabilità sensoriali con connotazione riconosciuta di gravità,

impegna il Governo,

in sede di rideterminazione annuale degli importi spettanti ai sensi della legge n. 508 del 1998 a valutare l'opportunità dell'equiparazione degli importi della indennità di comunicazione corrisposti alle persone sorde agli importi della indennità di accompagnamento concessa ai ciechi assoluti, trattandosi in entrambi i casi di disabilità sensoriali con situazione di gravità riconosciuta.
9/2305/45. (Testo modificato nel corso della seduta).  Montaruli, Bellucci, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure specifiche riguardanti il regime fiscale delle imprese ed in particolare queste dispongono una revisione complessiva di alcune misure di sostegno previste dal «Piano impresa 4.0»;
    tra le predette misure, si introducono modifiche alla disciplina del credito d'imposta di cui beneficiano le imprese che investono in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese;
    il credito di imposta, per attività di ricerca e sviluppo è previsto dall'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e successive modificazioni. In particolare, l'articolo dispone al comma 1 che «A tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 25 per cento, elevata al 50 per cento nei casi indicati al comma 6-bis, delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015»;
    le disposizioni del provvedimento in esame prevedono, invece, una rimodulazione del credito di imposta con aliquote meno favorevoli rispetto al 25 per cento o 50 per cento previste dalla normativa vigente che si applicano fino al periodo d'imposta 2020. Per effetto della nuova disciplina introdotta, invece, l'attuale credito d'imposta previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, cessa in anticipo il 31 dicembre 2019 e non, come precedentemente previsto, il 31 dicembre 2020;
    in particolare, il comma 203 del provvedimento in esame prevede una riduzione del predetto credito di imposta ed in particolare dispone che «Per le attività di ricerca e sviluppo previste dal comma 200, il credito d'imposta è riconosciuto in misura pari al 12 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 3 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d'imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi»;
    il comma 209, invece, dispone la cessazione anticipata del periodo di operatività del credito di imposta previsto dall'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, portandolo dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2019;
    le modifiche disposte dalla legge di bilancio hanno fatto registrare forti preoccupazioni sia da parte delle imprese che offrono servizi di ricerca e sviluppo, sia da parte delle aziende che acquistano in outsourcing questo genere di servizio. La riduzione della quota percentuale del beneficio, infatti, potrebbe determinare una serie di effetti negativi e nello specifico si potrebbe verificare, come è facile immaginare, una riduzione dell'accesso ai servizi di sviluppo e ricerca con conseguenti e negativi condizionamenti della competitività delle imprese, dei fatturati e dei livelli occupazionali;
    le attività di investimento in ricerca e sviluppo e le misure di sostegno alle imprese previste dallo Stato per questi scopi, infatti, svolgono un ruolo determinante nel dare impulso alla crescita intelligente e sostenibile delle imprese e alla creazione di posti di lavoro. Producendo nuove conoscenze, la ricerca è fondamentale ai fini dello sviluppo di prodotti, processi e servizi nuovi e innovativi, che rendono possibili l'aumento della produttività e della competitività delle imprese e, di conseguenza, la prosperità, la crescita dei livelli occupazionali ed economica del Paese;
    a fronte della riduzione della quota percentuale di credito di imposta disposta dal comma 203, appaiono, al contrario, evidenti e significativi una serie di dati rilevati da studi ISTAT che evidenziano un impatto di queste misure di sostegno alle imprese decisamente positivo in termini di innovazione tecnologica, di occupazione, di investimenti e di crescita delle imprese dal punto di vista della competitività;
    intanto, giova evidenziare che, da quanto si evince dai «rapporti sulla competitività dei settori produttivi» 2018 e 2019 elaborati dall'ISTAT, l'impatto che ha avuto il credito d'imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo ha generato fino ad oggi risultati estremamente positivi portando la spesa complessiva in ricerca e sviluppo ad una distribuzione tale da vedere quali primi investitori il settore delle imprese per il 60,8 per cento, delle università per il 24,2 per cento e delle istituzioni pubbliche per il 12,6 per cento;
    secondo il giudizio degli imprenditori il credito d'imposta per spese in R&S è stato ritenuto rilevante dal 40,8 per cento delle imprese. Un esercizio di simulazione con il modello Macroeconometrico dell'Istat rileva che le misure di agevolazione (super e iperammortamento, credito imposta R&S) produrrebbero una crescita complessiva degli investimenti totali di 0,1 punti percentuali sia nel 2018 sia nel 2019, come conseguenza di una dinamica più sostenuta degli investimenti in macchinari (+0,1 Pp nel 2018 e +0,2 Pp nel 2019) e di quelli in proprietà intellettuale (+0,8 Pp nel 2018 e +0,6 Pp nel 2019);
    un secondo esercizio di simulazione valuta l'impatto del credito d'imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo nel 2015 e sugli addetti impiegati in R&S. A fronte di un impatto incerto sulla spesa in R&S, le imprese beneficiarie risultano avere assunto addetti in R&S in misura maggiore sia rispetto alle non beneficiarie (circa +6 addetti per impresa), sia rispetto alle eleggibili che non hanno utilizzato l'incentivo (circa +2 addetti per impresa);
    in caso di investimento in beni strumentali finanziato con capitale di debito e di aliquota contributiva al 23 per cento, per ogni euro risparmiato nella spesa in capitale fisico grazie all'utilizzo dell'iperammortamento, il ricorso congiunto al credito di imposta in R&S determinerebbe una riduzione del costo del lavoro per l'impresa di 0,68 euro. Questo effetto aumenterebbe a 0,97 euro in caso di azzeramento dell'aliquota contributiva a carico del datore di lavoro;
    giova evidenziate che, considerando il carattere strategico dell'investimento nell'assunzione di risorse umane qualificate impegnate in R&S e nella loro formazione, le imprese siano propense a trattenere questo tipo di personale e a prevenirne il trasferimento presso altre imprese o istituzioni oltre a riuscite a stimolare incrementi aggiuntivi di spesa di entità significativa, determinando al contempo effetti positivi su una fascia di occupazione particolarmente qualificata da cui dipende la capacità di adottare le nuove tecnologie e, più in generale, la tenuta competitiva del sistema produttivo italiano negli anni a venire;
    secondo quanto si evince da fonti di stampa, e come già sinteticamente premesso, un numero rilevante di soggetti interessati nello svolgere le attività di R&S, quali le università, gli enti di ricerca pubblici e privati, le imprese che offrono servizi di ricerca, le start-up innovative e le PMI innovative, hanno evidenziato che a fronte della modifica dell'intensità del contributo di Stato, peraltro anticipato di un anno rispetto al termine previsto dalla precedente norma, prevedono che per l'anno 2020 ci sarà una forte contrazione di attività in termini di fatturato e riduzione del personale qualificato come i nostri eccelsi ricercatori;
    i predetti soggetti lamentano, inoltre, l'impossibilità di sostenere le attività di ricerca e sviluppo già commissionate ed ancora in corso a causa della sostanziale riduzione dell'agevolazione e della impossibilità di usufruire anche per l'anno 2020 delle agevolazioni previste al momento della stipula dei contratti;
    le PMI fanno emergere che l'agevolazione, non essendo più calcolata sulla spesa incrementale, sarà ad appannaggio quasi esclusivamente delle poche grandi aziende che da sempre e costantemente investono in ricerca e sviluppo,

impegna il Governo,

a valutare l'opportunità di porre in essere iniziative di tipo normativo volte a destinare maggiori risorse finalizzate ad agevolare le imprese verso l'accesso ai servizi di ricerca e sviluppo, risultati determinanti per la crescita della competitività e della produttività delle stesse nonché dei livelli occupazionali e della più generale e conseguente crescita economica del Paese, nonché a valutare l'opportunità di prevedere, la proroga delle attuali disposizioni normative previste dall'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 e successive modificazioni, a beneficio delle imprese che hanno già effettuato investimenti in ricerca e sviluppo i cui servizi sono attualmente in corso di realizzazione.
9/2305/46Gemmato, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    il comma 241 del provvedimento in esame istituisce la Nuova Agenzia Nazionale per la ricerca (ANR);
    il Consiglio direttivo di questo Ente è per due terzi nominato dal Governo e per un terzo dal mondo scientifico universitario;
    l'Agenzia dovrà gestire 25 milioni nel 2020, 200 nel 20121 e nel 2022 saranno stanziati 300 milioni all'anno da destinare a progetti strategici nazionali e internazionali;
    si esprime contrarietà in merito a quanto previsto dal comma 244 ai sensi del quale la Presidenza del Consiglio effettua la nomina del direttore ed inoltre si ritiene che, per evitare l'eccessiva politicizzazione dell'organo, dovrebbe essere previsto, sul modello francese, un comitato scientifico composto da scienziati, anche stranieri con finalità di indirizzo e di controllo;
    un ulteriore aspetto critico consiste nel fatto che l'ANR italiana non gestirà la maggior parte dei finanziamenti competitivi dello Stato, ma solo un proprio budget: in questo modo i singoli Ministeri continueranno a gestire i propri bandi di ricerca relegando così l'Agenzia al ruolo di ulteriore ente senza la possibilità di attuare il calendario annuale tanto atteso dalla comunità scientifica,

impegna il Governo:

   a valutare ulteriori iniziative normative volte ad uniformare i bandi di ricerca sotto l'Agenzia Nazionale Ricerca quale unico Ente, secondo modalità trasparenti e indipendenti;
   a costituire un comitato scientifico di indirizzo e controllo che si riunisca almeno 3 volte all'anno.
9/2305/47Frassinetti, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    il comma 241 del provvedimento in esame istituisce la Nuova Agenzia Nazionale per la ricerca (ANR);
    il Consiglio direttivo di questo Ente è per due terzi nominato dal Governo e per un terzo dal mondo scientifico universitario;
    l'Agenzia dovrà gestire 25 milioni nel 2020, 200 nel 20121 e nel 2022 saranno stanziati 300 milioni all'anno da destinare a progetti strategici nazionali e internazionali;
    si esprime contrarietà in merito a quanto previsto dal comma 244 ai sensi del quale la Presidenza del Consiglio effettua la nomina del direttore ed inoltre si ritiene che, per evitare l'eccessiva politicizzazione dell'organo, dovrebbe essere previsto, sul modello francese, un comitato scientifico composto da scienziati, anche stranieri con finalità di indirizzo e di controllo;
    un ulteriore aspetto critico consiste nel fatto che l'ANR italiana non gestirà la maggior parte dei finanziamenti competitivi dello Stato, ma solo un proprio budget: in questo modo i singoli Ministeri continueranno a gestire i propri bandi di ricerca relegando così l'Agenzia al ruolo di ulteriore ente senza la possibilità di attuare il calendario annuale tanto atteso dalla comunità scientifica,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad uniformare i bandi di ricerca sotto l'Agenzia Nazionale Ricerca quale unico Ente, secondo modalità trasparenti e indipendenti;
   a valutare l'opportunità di costituire un comitato scientifico di indirizzo e controllo che si riunisca almeno 3 volte all'anno.
9/2305/47. (Testo modificato nel corso della seduta).  Frassinetti, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    i commi 297 e 298 del provvedimento in esame prevedono il potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, prevedendo a tal uopo nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, 44.895.000 di euro per l'anno 2020 e 40.290.000 di euro annui a decorrere dal 2021;
    tra gli obiettivi dei suddetti incrementi si evidenzia la realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding;
    la crescita esponenziale del fenomeno dell’italian sounding comporta dei deleteri riverberi sulla tenuta economica delle aziende italiane provocando un crollo del fatturato in ragione soprattutto della contrazione delle esportazioni dei prodotti di eccellenza, con una correlata compromissione dell'immagine e delle potenzialità dei prodotti italiani;
    secondo i recenti dati Coldiretti, il danno correlato all’italian sounding si attesterebbe intorno ai 100 miliardi di euro, con un incremento del 70 per cento negli ultimi 10 anni;
    pertanto il potenziamento delle attività di prevenzione e contrasto all’Italian sounding ed ai fenomeni di evocazione è contraffazione nel settore agro alimentare, devono rappresentare una priorità nella prospettiva di tutelare comparti strategici, come quello agroalimentare, per l'economia del Paese;
    al fine di agevolare le attività volte alla prevenzione e al contrasto sarebbe auspicabile consentire adeguati strumenti alle strutture che operano in tale contesto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il limite sancito dall'articolo 6, comma 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 relativo all'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture non si applichi all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, nella prospettiva di potenziare le attività di prevenzione e contrasto all’Italian sounding ed ai fenomeni di evocazione e contraffazione nel settore agro alimentare.
9/2305/48Luca De Carlo, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede uno specifico riconoscimento ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli uffici stampa delle amministrazioni regionali, attraverso il mantenimento del trattamento in godimento, se più favorevole, rispetto a quello previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, mediante riconoscimento, per la differenza, di un assegno ad personam riassorbibile, con le modalità e nelle misure previste dai futuri contratti collettivi nazionali di lavoro;
    a tal riguardo si evidenzia che per quanto attiene il profilo del giornalista pubblico, sussiste un vulnus contrattuale che rende impossibile il corretto svolgimento delle attività dello stesso, in ragione dell'assenza di una specifica disciplina contrattuale che ne regoli e ne stabilisca i corretti parametri operativi;
    a tal riguardo si sottolinea che i giornalisti pubblici svolgono la propria attività anche nei giorni festivi e superfestivi, in assenza di vincoli orari, anche in fasce orarie assolutamente non assimilabili a quelle previste dai contratti collettivi dei dipendenti pubblici;
    nel 2018 la Federazione Nazionale Stampa Italiana e Aran, nell'ambito della contrattazione per gli Enti locali, hanno firmato un accordo finalizzato alla definizione di «un'apposita sequenza contrattuale» per la disciplina dei rapporti di lavoro giornalistico instaurati nel corso degli anni in alcune Regioni nonché per la definizione delle questioni attinenti gli aspetti contrattuali, previdenziali e assistenziali del profilo professionale del giornalista della PA;
    a seguito del citato accordo è stata prevista la figura del giornalista pubblico, che le Ragioni hanno provveduto, in maniera discrezionale, ad inquadrare nelle categorie contrattuali C e D del pubblico impiego assimilandola, pertanto a quella dell'ordinario dipendente della PA;
    l'effetto del suddetto inquadramento ha comportato una penalizzazione sia per i giornalisti, in ragione della sussistenza di vincoli che ne hanno compromesso la flessibilità lavorativa, che per i dipendenti pubblici, a cui i giornalisti sono contrattualmente assimilati, a cui vengono sottratte risorse e strumenti assegnati invece ai giornalisti;
    al fine di superare lo scenario penalizzante di cui in premessa, sarebbe auspicabile garantire l'applicazione delle tariffe previste dal contratto nazionale riconoscendo in tal modo uguale dignità a tutti i giornalisti in servizio presso le Regioni, nelle more della definizione di una completa e chiara regolamentazione del profilo di giornalista pubblico attraverso la contrattazione collettiva tra sindacati e Aran;
    sarebbe ulteriormente auspicabile prevedere che le risorse, finalizzate al suddetto riconoscimento, siano individuate nei capitoli di riferimento prima dell'accordo sottoscritto nel 2018, dedicati proprio ai giornalisti, al fine di distinguere i fondi riservati ai dipendenti senza ulteriori aggravi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconoscere ai giornalisti in servizio presso uffici stampa o agenzie di stampa delle Regioni in cui la legge regionale prevede l'applicazione del Contratto Nazionale di categoria, attualmente inquadrati con contratto CCNL enti locali, in virtù della specificità e della flessibilità della propria attività, per garantire pari dignità e fino alla nuova contrattazione collettiva, l'applicazione del tariffario previsto dall'attuale Contratto Nazionale di lavoro giornalistico.
9/2305/49Donzelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il Digital Economy and Society Index, che misura lo stato di attuazione dell'Agenda Digitale nei Paesi europei nel 2019, l'Italia si colloca negli ultimi posti della classifica, ben al di sotto rispetto altre Nazioni europee;
    l'Unione Europea mette a disposizione annualmente 1.65 miliardi di euro per l'applicazione degli obiettivi dell'Agenda Digitale, ma l'Italia ne ha impiegati ad oggi meno del 16 per cento;
    l’Assirm Innovation Index – che misura la capacità di un Paese di promuovere e generare innovazione – aggiornato al primo trimestre 2019, mostra come sia aumentato sempre di più il divario tra l'Italia e le altre Nazioni europee, posizionandosi al penultimo posto;
    stante la frammentazione dei flussi di lavoro parlamentare per le politiche dell'innovazione, divisi fra numerose commissioni;
    il problema dello spostamento dei profitti delle multinazionali nei paesi con una tassazione societaria molto bassa continua a essere grave, come indicato dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa;
    nel 2015 e nel 2016, a livello mondiale, le multinazionali hanno spostato nei paradisi fiscali circa il 40 per cento dei loro profitti;
    le compagnie multinazionali spostano dall'Italia verso i paradisi fiscali più di 24 miliardi di profitti, secondo i dati di missingprofits.world, generando una base imponibile che toglie alle casse dello Stato quasi 6 miliardi di euro di gettito fiscale. Il caso più estremo è Facebook, i cui profitti del 2015 sono di circa 11 miliardi di euro ma la somma dei ricavi tassabili di tutte le sussidiarie resta a zero, con un'elusione di più di 100 milioni di euro di euro;
    la maggioranza delle aziende multinazionali del digitale non ha una sede fiscale nel territorio nazionale;
    secondo uno studio di R&S Mediobanca circa la metà dell'utile ante imposte dei giganti del WebSoft è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato nel 2014-2018 di oltre 49 miliardi di euro, con un tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft pari al 14,1 per cento, ben al di sotto di quello nominale del 22,5 per cento;
    il think tank tedesco ZEW ha certificato che l'imposta sui servizi digitali così come formulata nella legge di bilancio colpirà direttamente aziende italiane strategiche come Rcs, Mediaset e Mondadori e, indirettamente, un gran numero di piccole e medie imprese;
    è stata pubblicata il 18 novembre 2019 in Gazzetta Ufficiale la legge 133, «Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica»;
    il provvedimento in questione prevede l'adozione di otto decreti attuativi per realizzarne pienamente il provvedimento;
    In particolare, l'articolo 1 del provvedimento definisce le modalità e l'ambito di applicazione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e prevede che l'attuazione sia demandata a quattro decreti e ad un regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini di individuare le amministrazioni e gli enti pubblici e privati inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale e le procedure a cui devono adeguarsi;
    Considerato che la sicurezza cibernetica è un obiettivo e un interesse strategico della Nazione, nell'ottica della tutela della sovranità digitale italiana;
    la mancanza di iniziativa e i ritardi presenti nell'adozione dei decreti necessari per la piena realizzazione dell'architettura di monitoraggio pregiudica la gestione dei rischi di sicurezza nazionale;
    la partecipazione degli attori del settore privato dell'intera filiera delle comunicazioni elettroniche alla definizione di suddette regole è condizione essenziale per la loro efficacia finale;
    considerata la mancanza di una normativa sui fenomeni dell'intelligenza artificiale, delle cripto valute e della blockchain,

impegna il Governo:

   ad adottare una definizione del perimetro di applicazione dell'imposta sui servizi digitali ai soli ricavi da digitale, tutelando quindi il mercato italiano;
   a prevedere l'istituzione di un indirizzo IP presso l'Agenzia delle Entrate, che provvederà ad associare il relativo numero identificativo ai fini dell'applicazione dell'imposta sui servizi digitali, in modo da rendere operativa l'imposta sui servizi digitali prevista dall'articolo 1, commi 35 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, e che i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato e di un numero identificativo ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, che nel corso di un anno solare realizzano i presupposti indicati al comma 36 della legge succitata depositino un indirizzo IP presso l'Agenzia delle Entrate;
   ad adottare nelle tempistiche stabilite le misure necessarie per la definizione del perimetro di sicurezza cibernetica, prevedendo il coinvolgimento e la consultazione degli attori del settore privato dell'intera filiera delle comunicazioni elettroniche in una sede istituzionalizzata e a sentire i suddetti attori sia in fase preventiva, durante il processo di scrittura dei regolamenti, sia in generale per l'esercizio del sistema di sicurezza previsto dalla normativa, al fine di porre in atto una collaborazione continuativa tra le Autorità di sicurezza e l'intera filiera del settore delle comunicazioni elettroniche che possa garantire l'efficacia della governance di sicurezza.
9/2305/50Mollicone, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il Digital Economy and Society Index, che misura lo stato di attuazione dell'Agenda Digitale nei Paesi europei nel 2019, l'Italia si colloca negli ultimi posti della classifica, ben al di sotto rispetto altre Nazioni europee;
    l'Unione Europea mette a disposizione annualmente 1.65 miliardi di euro per l'applicazione degli obiettivi dell'Agenda Digitale, ma l'Italia ne ha impiegati ad oggi meno del 16 per cento;
    l’Assirm Innovation Index – che misura la capacità di un Paese di promuovere e generare innovazione – aggiornato al primo trimestre 2019, mostra come sia aumentato sempre di più il divario tra l'Italia e le altre Nazioni europee, posizionandosi al penultimo posto;
    stante la frammentazione dei flussi di lavoro parlamentare per le politiche dell'innovazione, divisi fra numerose commissioni;
    il problema dello spostamento dei profitti delle multinazionali nei paesi con una tassazione societaria molto bassa continua a essere grave, come indicato dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa;
    nel 2015 e nel 2016, a livello mondiale, le multinazionali hanno spostato nei paradisi fiscali circa il 40 per cento dei loro profitti;
    le compagnie multinazionali spostano dall'Italia verso i paradisi fiscali più di 24 miliardi di profitti, secondo i dati di missingprofits.world, generando una base imponibile che toglie alle casse dello Stato quasi 6 miliardi di euro di gettito fiscale. Il caso più estremo è Facebook, i cui profitti del 2015 sono di circa 11 miliardi di euro ma la somma dei ricavi tassabili di tutte le sussidiarie resta a zero, con un'elusione di più di 100 milioni di euro di euro;
    la maggioranza delle aziende multinazionali del digitale non ha una sede fiscale nel territorio nazionale;
    secondo uno studio di R&S Mediobanca circa la metà dell'utile ante imposte dei giganti del WebSoft è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato nel 2014-2018 di oltre 49 miliardi di euro, con un tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft pari al 14,1 per cento, ben al di sotto di quello nominale del 22,5 per cento;
    il think tank tedesco ZEW ha certificato che l'imposta sui servizi digitali così come formulata nella legge di bilancio colpirà direttamente aziende italiane strategiche come Rcs, Mediaset e Mondadori e, indirettamente, un gran numero di piccole e medie imprese;
    è stata pubblicata il 18 novembre 2019 in Gazzetta Ufficiale la legge 133, «Conversione in legge del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica»;
    il provvedimento in questione prevede l'adozione di otto decreti attuativi per realizzarne pienamente il provvedimento;
    In particolare, l'articolo 1 del provvedimento definisce le modalità e l'ambito di applicazione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e prevede che l'attuazione sia demandata a quattro decreti e ad un regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini di individuare le amministrazioni e gli enti pubblici e privati inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale e le procedure a cui devono adeguarsi;
    Considerato che la sicurezza cibernetica è un obiettivo e un interesse strategico della Nazione, nell'ottica della tutela della sovranità digitale italiana;
    la mancanza di iniziativa e i ritardi presenti nell'adozione dei decreti necessari per la piena realizzazione dell'architettura di monitoraggio pregiudica la gestione dei rischi di sicurezza nazionale;
    la partecipazione degli attori del settore privato dell'intera filiera delle comunicazioni elettroniche alla definizione di suddette regole è condizione essenziale per la loro efficacia finale;
    considerata la mancanza di una normativa sui fenomeni dell'intelligenza artificiale, delle cripto valute e della blockchain,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare una definizione del perimetro di applicazione dell'imposta sui servizi digitali ai soli ricavi da digitale, tutelando quindi il mercato italiano;
   a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione di un indirizzo IP presso l'Agenzia delle Entrate, che provvederà ad associare il relativo numero identificativo ai fini dell'applicazione dell'imposta sui servizi digitali, in modo da rendere operativa l'imposta sui servizi digitali prevista dall'articolo 1, commi 35 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, e che i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato e di un numero identificativo ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, che nel corso di un anno solare realizzano i presupposti indicati al comma 36 della legge succitata depositino un indirizzo IP presso l'Agenzia delle Entrate;
   a valutare l'opportunità di adottare nelle tempistiche stabilite le misure necessarie per la definizione del perimetro di sicurezza cibernetica, prevedendo il coinvolgimento e la consultazione degli attori del settore privato dell'intera filiera delle comunicazioni elettroniche in una sede istituzionalizzata e a sentire i suddetti attori sia in fase preventiva, durante il processo di scrittura dei regolamenti, sia in generale per l'esercizio del sistema di sicurezza previsto dalla normativa, al fine di porre in atto una collaborazione continuativa tra le Autorità di sicurezza e l'intera filiera del settore delle comunicazioni elettroniche che possa garantire l'efficacia della governance di sicurezza.
9/2305/50. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mollicone, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    sarebbe auspicabile inserire per l'anno d'imposta 2020, un'agevolazione di natura fiscale, destinata a favorire la riqualificazione, in termini di sicurezza, salubrità, igiene e decoro del patrimonio immobiliare nazionale ad uso abitativo residenziale;
    le famiglie italiane non riescono ancora a sostenere le spese che sarebbero necessarie per la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria, nonostante tale spesa sia già detraibile in percentuale dall'imposta lorda, ai sensi dell'articolo 16-bis del TUIR;
    coloro che non sono economicamente in grado di affidarsi ad un'impresa per la riqualificazione della propria abitazione, nella maggioranza dei casi, pur di mantenere un accettabile livello di sicurezza, salubrità ed igiene della propria abitazione, scelgono di regola di effettuare dei «lavori in economia» (il cosiddetto «fai da te»), realizzando in proprio lavori di manutenzione ordinaria e di riparazione senza dover ricorrere, necessariamente, a imprese o artigiani specializzati,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riconoscere una detrazione dall'imposta lorda pari al 36 per cento delle spese documentate sostenute dai contribuenti, sino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 1.000 euro, per l'acquisto di materiali, beni o altri articoli e prodotti finiti per l'esecuzione di lavori in economia, senza l'ausilio di professionisti o imprese anche nel caso di acquisto di materiali, beni e prodotti finiti acquistabili presso i negozi/esercizi di ferramenta e «fai da te» o altri canali di vendita specializzati, necessari al mantenimento di un adeguato standard di igiene e salubrità delle abitazioni e/o degli impianti in esse già istallati.
9/2305/51Galantino, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    l'articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, cosiddetto rottamazione-ter esclude dalla definizione agevolata per espressa previsione normativa anche le sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazioni degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti agli enti previdenziali;
    ai fini di un riequilibrio di equità nei confronti dei contribuenti, si ritiene opportuno estendere la definizione agevolata anche alle sanzioni amministrative in materia di rapporti di lavoro, anche relativamente ad aziende o società fallite e/o sottoposte ad altre procedure concorsuali;
    per tali tipologie di sanzioni, attesa l'impossibilità per le aziende fallite e/o ammesse ad altre procedure concorsuali di pagare le somme dovute in base al vincolo di solidarietà di cui alla legge n. 689 del 1981, spesso sono gli amministratori o i legali rappresentanti a dover pagare con il proprio patrimonio personale,

impegna il Governo

ad emanare uno o più decreti che prevedano la definizione agevolata delle sanzioni amministrative in materia di lavoro notificate entro la data del 31 dicembre 2019 o, in alternativa, una definizione del tipo «saldo e stralcio» con il pagamento di una percentuale compresa tra il 10 per cento e il 20 per cento dell'importo totale.
9/2305/52Delmastro Delle Vedove, Ciaburro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che disciplina la riscossione delle imposte sul reddito, all'articolo 15 dispone che, nelle more del ricorso eventualmente depositato dal contribuente in commissione tributaria avverso la somma contestata e l'iscrizione della stessa a ruolo, l'agente della riscossione possa comunque già provvedere alla riscossione provvisoria di un terzo dell'importo contestato;
    al contrario, l'erario, stando al combinato disposto del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 6 febbraio 2017, n. 22, laddove soccombente, è tenuto a rimborsare il credito d'imposta di cui al contenzioso instauratosi in caso di diniego di rimborso solo in sede di sentenza provvisoriamente esecutiva;
    la normativa in materia di riscossione provvisoria negli ultimi decenni ha subito un'evoluzione che l'ha resa sempre meno favorevole al contribuente e, anzi, sempre più penalizzante per lo stesso, in ragione di una accresciuta necessità di «fare cassa» da parte delle amministrazioni. Si ritiene che non sia più tollerabile aggravare i contribuenti con il pagamento di una imposta, o parte di essa, finché non sia accertato, e non solo meramente presunto, che il pagamento sia dovuto,

impegna il Governo

ad emanare una disciplina più favorevole nei confronti del contribuente, che permetta allo stesso di non dover corrispondere alcun importo all'erario sulla base di un processo meramente deduttivo, ma di poter attendere la pronuncia della magistratura tributaria che confermi l'attendibilità della richiesta avanzata dall'agente della riscossione.
9/2305/53Osnato, Delmastro Delle Vedove, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, fra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    in particolare, i commi da 339 a 344 dell'articolo unico introducono timide previsioni a sostegno delle famiglie, limitandosi all'istituzione di un Fondo, senza specificare, peraltro, quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, e all'innalzamento a 7 giorni del congedo obbligatorio di paternità;
    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha definito quali politiche per la famiglia quelle che «aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare: e promuovono pari opportunità nell'occupazione»;
    come, purtroppo, ormai noto, la denatalità e lo squilibrio demografico rappresentano una delle prime grandi emergenze italiane in questa fase storica della nostra Nazione: secondo dati Istat stima al 1o gennaio 2019 la popolazione in Italia ammontava a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto al 2017, oltre cinque milioni dei quali sono stranieri. Sempre secondo i dati Istat, nel 2018 sono avvenute 449 mila nascite, minimo storico dall'unità d'Italia, con una costante e progressiva diminuzione delle nascite dal 2008 al 2018, che in soli dieci anni ha visto 128 mila bambini in meno venire alla luce;
    l'Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia;
    anche questa legge di bilancio non fa che confermare una linea di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli interventi pro-famiglia degli ultimi anni, senza la previsione di iniziative strutturali, in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che decidono di mettere al mondo dei figli;
    manca una adeguata tutela delle donne lavoratrici, i servizi educativi e scolastici sono costosi, manca una rete sussidiaria, sul modello, ad esempio, delle Tagesmutter tedesche; preoccupante è la relazione tra maternità e disoccupazione femminile, vale a dire l'impossibilità per le donne di proseguire a lavorare dopo essere diventate madri, questione strettamente legata alla presenza e/o accessibilità dei servizi per l'infanzia e i congedi obbligatori di paternità continuano a contarsi sulle dita delle mani, mentre, invece, oggi padre e madre dividono con equilibrio i compiti domestici e anche i papà vivono con orgoglio la propria partecipazione attiva e determinata alle vicissitudini della famiglia,

impegna il Governo:

   ad assumere urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad attuare un vero e proprio Piano Nazionale di sostegno della famiglia e della maternità, da una idonea tutela per le donne lavoratrici alla previsione di adeguati servizi per l'infanzia, con una copertura territoriale almeno pari al 33 per cento, con servizi educativi e scolastici accessibili a tutti e la previsione di una rete sussidiaria;
   ad attivare un tavolo tecnico-politico permanente per la predisposizione e attuazione del Piano Famiglia e il costante monitoraggio degli obiettivi raggiunti.
9/2305/54Varchi, Maschio, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, fra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    in particolare, i commi da 339 a 344 dell'articolo unico introducono timide previsioni a sostegno delle famiglie, limitandosi all'istituzione di un Fondo, senza specificare, peraltro, quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, e all'innalzamento a 7 giorni del congedo obbligatorio di paternità;
    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha definito quali politiche per la famiglia quelle che «aumentano le risorse dei nuclei familiari con figli a carico; favoriscono lo sviluppo del bambino; rimuovono gli ostacoli ad avere figli e alla conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare: e promuovono pari opportunità nell'occupazione»;
    come, purtroppo, ormai noto, la denatalità e lo squilibrio demografico rappresentano una delle prime grandi emergenze italiane in questa fase storica della nostra Nazione: secondo dati Istat stima al 1o gennaio 2019 la popolazione in Italia ammontava a 60 milioni 391 mila residenti, oltre 90 mila in meno rispetto al 2017, oltre cinque milioni dei quali sono stranieri. Sempre secondo i dati Istat, nel 2018 sono avvenute 449 mila nascite, minimo storico dall'unità d'Italia, con una costante e progressiva diminuzione delle nascite dal 2008 al 2018, che in soli dieci anni ha visto 128 mila bambini in meno venire alla luce;
    l'Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, non ha sinora avuto un piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia;
    anche questa legge di bilancio non fa che confermare una linea di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli interventi pro-famiglia degli ultimi anni, senza la previsione di iniziative strutturali, in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che decidono di mettere al mondo dei figli;
    manca una adeguata tutela delle donne lavoratrici, i servizi educativi e scolastici sono costosi, manca una rete sussidiaria, sul modello, ad esempio, delle Tagesmutter tedesche; preoccupante è la relazione tra maternità e disoccupazione femminile, vale a dire l'impossibilità per le donne di proseguire a lavorare dopo essere diventate madri, questione strettamente legata alla presenza e/o accessibilità dei servizi per l'infanzia e i congedi obbligatori di paternità continuano a contarsi sulle dita delle mani, mentre, invece, oggi padre e madre dividono con equilibrio i compiti domestici e anche i papà vivono con orgoglio la propria partecipazione attiva e determinata alle vicissitudini della famiglia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad attuare un vero e proprio Piano Nazionale di sostegno della famiglia e della maternità, da una idonea tutela per le donne lavoratrici alla previsione di adeguati servizi per l'infanzia, con una copertura territoriale almeno pari al 33 per cento, con servizi educativi e scolastici accessibili a tutti e la previsione di una rete sussidiaria;
   a valutare l'opportunità di attivare un tavolo tecnico-politico permanente per la predisposizione e attuazione del Piano Famiglia e il costante monitoraggio degli obiettivi raggiunti.
9/2305/54. (Testo modificato nel corso della seduta).  Varchi, Maschio, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    nel suo intervento dinanzi alle Camere e poi in Corte di cassazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario lo scorso 24 gennaio, il Ministro della giustizia aveva anticipato «la prosecuzione del percorso di digitalizzazione e telematizzazione dei procedimenti, giudiziari [...]. È in corso di aggiudicazione, poi, la gara per la telematizzazione del processo penale, con un progetto esecutivo che potrebbe essere pronto già entro giugno 2019»;
    il cambio di passo, però, per ora, è stato solo annunciato: il processo penale telematico, nel nostro ordinamento, è in fase di sperimentazione, gli atti penali sono ancora tutti cartacei e la digitalizzazione non è avvenuta, al contrario di quanto si riscontra nel processo civile;
    come evidenziato anche dal CSM nella relazione del 2019 relativa all'informatizzazione del processo penale, quest'ultima trova un ostacolo nella persistenza di più applicativi che non sempre sono in collegamento tra loro. Solo il SICP e il SNT sono infatti in uso in tutta Italia, mentre gli altri sistemi restano circoscritti solo ad alcuni uffici;
    un altro ostacolo nella strada del processo penale telematico è rappresentato dall'assenza di una normativa cogente e dalla conseguente discrezionalità degli uffici nello scegliere se informatizzare o meno le diverse fasi processuali,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, anche di carattere finanziario, volte a realizzare una completa digitalizzazione dei procedimenti penali, anche attraverso la costituzione di un sistema di conservazione dei documenti telematici sicuro e duraturo nel tempo;
   a prevedere, di concerto tra la Scuola della Magistratura e il C.S.M., un piano di formazione volto ad approfondire e rendere omogeneo il livello di competenze teoriche e tecnico-pratiche in materia informatica dei giudici ordinari, onorari e in tirocinio, estendendolo ai tirocinanti e al personale di cancelleria e incentivando l'attuazione di un percorso condiviso tra giudici, avvocati, ausiliari, tirocinanti e personale amministrativo.
9/2305/55Maschio, Varchi, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    nel suo intervento dinanzi alle Camere e poi in Corte di cassazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario lo scorso 24 gennaio, il Ministro della giustizia aveva anticipato «la prosecuzione del percorso di digitalizzazione e telematizzazione dei procedimenti, giudiziari [...]. È in corso di aggiudicazione, poi, la gara per la telematizzazione del processo penale, con un progetto esecutivo che potrebbe essere pronto già entro giugno 2019»;
    il cambio di passo, però, per ora, è stato solo annunciato: il processo penale telematico, nel nostro ordinamento, è in fase di sperimentazione, gli atti penali sono ancora tutti cartacei e la digitalizzazione non è avvenuta, al contrario di quanto si riscontra nel processo civile;
    come evidenziato anche dal CSM nella relazione del 2019 relativa all'informatizzazione del processo penale, quest'ultima trova un ostacolo nella persistenza di più applicativi che non sempre sono in collegamento tra loro. Solo il SICP e il SNT sono infatti in uso in tutta Italia, mentre gli altri sistemi restano circoscritti solo ad alcuni uffici;
    un altro ostacolo nella strada del processo penale telematico è rappresentato dall'assenza di una normativa cogente e dalla conseguente discrezionalità degli uffici nello scegliere se informatizzare o meno le diverse fasi processuali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche di carattere finanziario, volte a realizzare una completa digitalizzazione dei procedimenti penali, anche attraverso la costituzione di un sistema di conservazione dei documenti telematici sicuro e duraturo nel tempo;
   a valutare l'opportunità di prevedere, di concerto tra la Scuola della Magistratura e il C.S.M., un piano di formazione volto ad approfondire e rendere omogeneo il livello di competenze teoriche e tecnico-pratiche in materia informatica dei giudici ordinari, onorari e in tirocinio, estendendolo ai tirocinanti e al personale di cancelleria e incentivando l'attuazione di un percorso condiviso tra giudici, avvocati, ausiliari, tirocinanti e personale amministrativo.
9/2305/55. (Testo modificato nel corso della seduta).  Maschio, Varchi, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, comma 98, prevede l'istituzione di una Commissione per lo studio e la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (i cosiddetti SAD), presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    a livello internazionale non esiste una definizione universalmente riconosciuta di sussidi ambientalmente dannosi, rientrano nella categoria infatti diversi tipi di investimenti;
    è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, periodicamente, si impegna a catalogare i sussidi ambientali, suddividendoli tra dannosi e favorevoli. Nell'ultima edizione di tali Cataloghi, redatta nel luglio del 2019, emerge come l'Italia abbia sostenuto con 19,3 miliardi di euro (in aumento rispetto agli anni precedenti) misure come agevolazioni, finanziamenti o esenzioni con un impatto negativo su risorse naturali, biodiversità e clima, a fronte 15,2 miliardi di euro in sussidi pro ambiente;
    alla luce di questi dati risulta doverosa l'istituzione della Commissione ma, altrettanto importante, è la composizione della stessa. In base a quanto stabilito dall'articolo 1, comma 99, del disegno di legge n. 2305, tale Commissione sarà composta da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da tre esperti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da tre esperti nominati dal Ministro dell'economia e delle finanze;
    oltre ai rappresentanti di diversi ministeri, la Commissione sarebbe dunque arricchita da sei esperti di nomina ministeriale, i quali però non appaiono bilanciatamente ripartiti in base a quelle che sono le necessità. In particolare sarebbe preferibile prevedere la nomina di due esperti (dei sei totali) da parte del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal momento che, in ambito agricolo, sono individuati alcuni tra i sussidi diretti più dannosi per l'ambiente, soprattutto quelli erogati a beneficio di attività di allevamento intensivo e, inoltre, una delle categorie in cui è suddiviso il Catalogo è specificamente dedicata all'agricoltura, pertanto figure esperte nel settore sono da ritenersi indispensabili,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di:
   prevedere tra gli esperti della Commissione per lo studio e la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD), la presenza anche di membri nominati dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali;
   istituire la suddetta Commissione presso la Presidenza del Consiglio, anziché presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché possa essere garantita assoluta neutralità ed equo bilanciamento tra i dicasteri.
9/2305/56Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, comma 98, prevede l'istituzione di una Commissione per lo studio e la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (i cosiddetti SAD), presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    a livello internazionale non esiste una definizione universalmente riconosciuta di sussidi ambientalmente dannosi, rientrano nella categoria infatti diversi tipi di investimenti;
    è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, periodicamente, si impegna a catalogare i sussidi ambientali, suddividendoli tra dannosi e favorevoli. Nell'ultima edizione di tali Cataloghi, redatta nel luglio del 2019, emerge come l'Italia abbia sostenuto con 19,3 miliardi di euro (in aumento rispetto agli anni precedenti) misure come agevolazioni, finanziamenti o esenzioni con un impatto negativo su risorse naturali, biodiversità e clima, a fronte 15,2 miliardi di euro in sussidi pro ambiente;
    alla luce di questi dati risulta doverosa l'istituzione della Commissione ma, altrettanto importante, è la composizione della stessa. In base a quanto stabilito dall'articolo 1, comma 99, del disegno di legge n. 2305, tale Commissione sarà composta da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, da tre esperti nominati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da tre esperti nominati dal Ministro dell'economia e delle finanze;
    oltre ai rappresentanti di diversi ministeri, la Commissione sarebbe dunque arricchita da sei esperti di nomina ministeriale, i quali però non appaiono bilanciatamente ripartiti in base a quelle che sono le necessità. In particolare sarebbe preferibile prevedere la nomina di due esperti (dei sei totali) da parte del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal momento che, in ambito agricolo, sono individuati alcuni tra i sussidi diretti più dannosi per l'ambiente, soprattutto quelli erogati a beneficio di attività di allevamento intensivo e, inoltre, una delle categorie in cui è suddiviso il Catalogo è specificamente dedicata all'agricoltura, pertanto figure esperte nel settore sono da ritenersi indispensabili,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa, al fine di:
   a valutare l'opportunità di prevedere tra gli esperti della Commissione per lo studio e la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD), la presenza anche di membri nominati dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali;
   a valutare l'opportunità di istituire la suddetta Commissione presso la Presidenza del Consiglio, anziché presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, affinché possa essere garantita assoluta neutralità ed equo bilanciamento tra i dicasteri.
9/2305/56. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il testo posto in votazione contiene, tra le altre misure, un incremento degli stanziamenti finalizzati alla realizzazione di metropolitane tra cui quella di Torino;
    nella corso della seduta n. 97 di sabato 8 dicembre 2018 è stato approvato l'ordine del giorno n. 9/01334-AR/234 nel quale il passato governo si impegnava, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire all'interno della Missione 14, al Programma 14.10, voce «Piano Generale della Mobilità» tra le priorità il finanziamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva per la realizzazione della «Metropolitana leggera dei Castelli Romani», nel presupposto che vengano rinvenute le necessarie risorse finanziarie a copertura degli oneri;
    le aree urbane sono riconosciute da tutti gli organismi internazionali come responsabili di circa il 23 per cento di tutte le emissioni di CO2, peraltro in gran parte prodotte dal settore dei trasporti;
    la Città metropolitana di Roma Capitale necessita ancor più di altre realtà metropolitane di una mobilità capace di assorbire con moderne ed efficaci linee metropolitane sia il flusso turistico che quello pendolare, e di convertire le attuali linee ferroviarie regionali in metropolitane leggere, in modo particolare quelle a sud della Capitale denominate FL 4, che servono un bacino di utenza di mezzo milione di abitanti;
    si ritiene opportuno sottolineare ulteriormente che il trasporto pubblico locale si configura come prestazione sociale «essenziale», la Città metropolitana di Roma Capitale ha il tasso di motorizzazione più alto rispetto alle altre capitali europee (Berlino, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi, Vienna) con 670 autovetture ogni mille abitanti e la percentuale più elevata di spostamenti con mezzi privati; a Roma i chilometri di rete metropolitana ogni centomila abitanti non arrivano a due, contro i quasi nove chilometri di Madrid, i cinque di Londra e i 3,97 di Parigi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a incrementare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, le risorse attualmente disponibili al fine di convertire le linee ferroviarie FL 4 in metropolitane di superficie e garantire l'efficientamento delle infrastrutture ferroviarie riducendo drasticamente le emissioni di CO2 nell'area urbana di Roma Capitale, rafforzando un sistema di mobilità sostenibile.
9/2305/57Silvestroni, Trancassini, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale, a misure per lo sviluppo e gli investimenti, dalle misure per la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    in particolare, il comma 124 dell'articolo unico, introdotto in sede di esame in Commissione al Senato, ha previsto tariffe sociali sui voli per gli aeroporti di Catania e Palermo per studenti universitari fuori sede, disabili gravi, lavoratori dipendenti con sede lavorativa oltre lo Stretto e reddito lordo annuo entro i 20 mila euro, migranti per ragioni sanitarie c reddito lordo annuo non superiore a 20.000, delegando ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità attuative del nuovo regime tariffario con la quantificazione dello sconto, le modalità e i termini del rimborso dell'importo differenziale tra il prezzo dei biglietti aerei e la tariffa sociale;
    il problema del caro prezzi dei biglietti aerei che collegano le più grandi città del Nord agli aeroporti del Sud riguarda anche altre regioni come Calabria, Puglia e Campania;
    una spesa quasi folle e spesso inaffrontabile per chi viaggia con una famiglia al seguito, fino al paradosso che andare all'estero, Londra o altre capitali europee come Parigi, Dublino e Berlino, risulta più conveniente che recarsi a Catanzaro;
    chi vive a Milano e vuole tornare a casa, magari a Catanzaro, può prendere un volo Ryanair da Malpensa a Lamezia Terme (con ritorno) al costo di 343 euro, 7/8 volte la tariffa media durante l'anno; ma, con la stessa cifra, e negli stessi giorni, può recarsi a Londra con tutta la famiglia, o in compagnia di 5 amici o, aggiungendo 150 euro, andare addirittura a New York;
    gli ultimi rapporti dicono che solo nel periodo compreso fra il 2002 e il 2017, oltre due milioni di italiani hanno lasciato le regioni del Mezzogiorno per trasferirsi altrove, incidendo pesantemente sul PIL del Sud Italia, e circa la metà ha trovato casa e lavoro nel Settentrione;
    la legge di mercato fra domanda e offerta insegna che quando la domanda supera abbondantemente l'offerta i prezzi lievitano, ma c’è un dettaglio non di poco conto che non bisogna dimenticare: l'alta velocità; perché a spaccare l'Italia in due non sono solo le tariffe aree, ma anche una carenza infrastrutturale che, di fatto, disegna una sorta di nuovo confine a Salerno perché è qui che l'alta velocità si interrompe, lasciando lucani, calabresi e siciliani in preda alle vecchie tratte ferroviarie e ai treni degli anni ’90, sulla cui puntualità non è stato ancora scritto abbastanza,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere la disciplina normativa di cui al comma 124 dell'articolo unico del provvedimento in esame anche ai biglietti aerei da e per i principali scali aeroportuali della Regione Calabria.
9/2305/58Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale, a misure per lo sviluppo e gli investimenti, dalle misure per la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    in particolare, il comma 124 dell'articolo unico, introdotto in sede di esame in Commissione al Senato, ha previsto tariffe sociali sui voli per gli aeroporti di Catania e Palermo per studenti universitari fuori sede, disabili gravi, lavoratori dipendenti con sede lavorativa oltre lo Stretto e reddito lordo annuo entro i 20 mila euro, migranti per ragioni sanitarie c reddito lordo annuo non superiore a 20.000, delegando ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità attuative del nuovo regime tariffario con la quantificazione dello sconto, le modalità e i termini del rimborso dell'importo differenziale tra il prezzo dei biglietti aerei e la tariffa sociale;
    il problema del caro prezzi dei biglietti aerei che collegano le più grandi città del Nord agli aeroporti del Sud riguarda anche altre regioni come Calabria, Puglia e Campania;
    una spesa quasi folle e spesso inaffrontabile per chi viaggia con una famiglia al seguito, fino al paradosso che andare all'estero, Londra o altre capitali europee come Parigi, Dublino e Berlino, risulta più conveniente che recarsi a Catanzaro;
    chi vive a Milano e vuole tornare a casa, magari a Catanzaro, può prendere un volo Ryanair da Malpensa a Lamezia Terme (con ritorno) al costo di 343 euro, 7/8 volte la tariffa media durante l'anno; ma, con la stessa cifra, e negli stessi giorni, può recarsi a Londra con tutta la famiglia, o in compagnia di 5 amici o, aggiungendo 150 euro, andare addirittura a New York;
    gli ultimi rapporti dicono che solo nel periodo compreso fra il 2002 e il 2017, oltre due milioni di italiani hanno lasciato le regioni del Mezzogiorno per trasferirsi altrove, incidendo pesantemente sul PIL del Sud Italia, e circa la metà ha trovato casa e lavoro nel Settentrione;
    la legge di mercato fra domanda e offerta insegna che quando la domanda supera abbondantemente l'offerta i prezzi lievitano, ma c’è un dettaglio non di poco conto che non bisogna dimenticare: l'alta velocità; perché a spaccare l'Italia in due non sono solo le tariffe aree, ma anche una carenza infrastrutturale che, di fatto, disegna una sorta di nuovo confine a Salerno perché è qui che l'alta velocità si interrompe, lasciando lucani, calabresi e siciliani in preda alle vecchie tratte ferroviarie e ai treni degli anni ’90, sulla cui puntualità non è stato ancora scritto abbastanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere la disciplina normativa di cui al comma 124 dell'articolo unico del provvedimento in esame anche ai biglietti aerei da e per i principali scali aeroportuali della Regione Calabria.
9/2305/58. (Testo modificato nel corso della seduta).  Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a norme per lo sviluppo, dalle misure per gli investimenti e la sostenibilità ambientale e sociale alle misure per il sud, disabilità e famiglia;
    nonostante l'aumento delle tasse sul fumo o sul gioco d'azzardo, certamente condivisibile, nessuna risorsa, neppure in parte, è stata finalizzata alla lotta alle dipendenze, come invece sarebbe stato doveroso fare;
    si ha la sensazione di una resa generalizzata di fronte al disagio ed alle dipendenze, normalizzati come inevitabili corollari della moderna società, che altro non è che l'anticamera del disimpegno, mentre la droga continua a mietere vittime sempre più numerose;
    i dati riportati dalla Relazione Europea sulla Droga del 2019, redatta dall'Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, certificano che in Italia il consumo di sostanze stupefacenti è costantemente in crescita. In particolare, la nostra Nazione è al terzo posto in Europa per uso di cannabis e al quarto per uso di cocaina, muoiono 6 persone ogni sette giorni per overdose e il dato è assolutamente sotto stimato;
    le droghe non solo sono sempre più diffuse e pericolose, ma si evolvono con una rapidità straordinaria: se da un lato la cannabis e la cocaina rimangono le sostanze più diffuse, con una sempre più preoccupante recrudescenza dell'eroina, a queste si aggiungono le nuove sostanze, per lo più sintetiche, che hanno grande presa soprattutto tra i giovani;
    l'utilizzo massivo di droghe, e delle dipendenze patologiche più in generale, sembrano essere diretto appannaggio del mutamento dei costumi della nostra società, che ha portato all'evoluzione e all'ampliamento del fenomeno inteso come polidipendenza, ovvero la contemporaneità di più dipendenze patologiche proposte dalla stessa persona, da cui deriva anche l'incremento dei casi di comorbilità psichiatrica, intendendo con ciò la contemporanea presenza di almeno una forma di dipendenza patologica insieme ad una patologia psichiatrica;
    alle dipendenze dalle droghe illegali, inoltre, si sommano i comportamenti e i danni riferiti a quelle legali, come l'alcol e il fumo, oltre a dipendenze patologiche, definite comportamentali, come ad esempio la Dipendenza da Gioco d'Azzardo, la dipendenza da internet, dal gaming o dai social network;
    nonostante tale preoccupante quadro, il sistema di contrasto, la rete dei servizi del pubblico e del privato sociale deve continuamente lottare per la propria sopravvivenza, facendo il possibile con risorse sempre più esigue ed all'interno di un quadro normativo inadeguato e ancorato al concetto, ormai ampiamente superato, di «malattia» e che, quindi, pone al centro il «problema» invece che la «persona»;
    un sistema che si presenta oggi fortemente frammentato, con enormi differenze tra le varie regioni, sia in termini di risorse che, peggio, in termini di tipologia e qualità degli interventi di cura e riabilitazione;
    le istituzioni hanno il dovere di intervenire con risolutezza nel contrasto alle droghe e alle dipendenze patologiche da sostanze, legali e illegali, oltre a quelle comportamentali come dal gioco d'azzardo, da internet e dai social;
    è da questo impegno che passa la tutela del futuro dei nostri giovani e delle loro famiglie,

impegna il Governo:

   ad adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare adeguate risorse economiche per le azioni di contrasto alle dipendenze, istituendo il Fondo nazionale lotta alle dipendenze patologiche;
   a realizzare quanto prima la Conferenza Nazionale sulle droghe, attesa da ben dieci anni, affinché si possa inquadrare l'evoluzione del fenomeno nazionale con tutti gli operatori del settore pubblico e del mondo associativo;
   a costituire il Comitato nazionale di coordinamento per l'azione antidroga, l'organo che per legge, ha responsabilità di indirizzo e di promozione della politica generale di prevenzione e di intervento contro la illecita produzione e diffusione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, a livello nazionale ed internazionale;
   ad assumere iniziative di competenza, anche di carattere normativo, finalizzate a una revisione del testo Unico Stupefacenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, affinché si ponga come reale strumento per il contrasto alle dipendenze, tutte le dipendenze, anche quelle cosiddette senza sostanza, comportamentali.
9/2305/59Bellucci, Mulè, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha previsto, tra le altre cose, un incremento degli stanziamenti finalizzati all'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa, nonché un incremento della dotazione finanziaria destinata all'indennità accessoria del personale degli uffici di diretta collaborazione del Ministero dell'economia e delle finanze confermando la prospettiva di intervenire sul versante del miglioramento e del potenziamento dei livelli di efficienza e di operatività di taluni profili in comparti amministrativi di rilievo;
    l'articolo 10 comma 2 della legge 23 marzo 1983 n. 78, recante l'aggiornamento della legge 5 maggio 1976 n. 187 concernente il riordinamento delle indennità operative delle forze armate, prevede che il riconoscimento dell'indennità di comando navale, di cui al comma 1 del medesimo articolo spetti «altresì agli ufficiali e sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica titolari di comando che abbiano funzioni e responsabilità corrispondenti»;
    il decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002 n. 164, recante il recepimento dello schema di concertazione per le forze di polizia ad ordinamento militare relativo al quadriennio normativo 2002-05 e al biennio economico 2002-2003 ed in particolare l'articolo 52, comma 3 ha previsto il riconoscimento della suindicata indennità di comando navale al personale delle forze di polizia ad ordinamento militare titolare di incarichi corrispondenti a quelli di comando navale;
    il citato intervento si collocava nella prospettiva di superare la evidente sperequazione sussistente tra il personale delle forze armate;
    si evidenzia che le risorse rese disponibili ai fini dell'attuazione dell'articolo 52 del citato decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002 n. 164, ammontano a 490.000 euro annui, così come evidenziato nella nota 18391 del 3 marzo 2010 del Ministero dell'economia e delle finanze;
    in ragione dell'esiguità delle risorse a fronte di un numero elevato di potenziali percettori delle misure di cui all'articolo 52 del citato decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002 n. 164, è intervenuto l'articolo 9 comma 35 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, introducendo una norma di interpretazione autentica attraverso la quale si è inteso vincolare la determinazione dei destinatari dell'indennità alla disponibilità delle risorse, legittimando, una sorta di vincolo finanziario in capo alla fruizione di un diritto che nella ratio del legislatore era destinato ad una intera categoria;
    con decreto del Ministero della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 13 settembre 2011 sono stati individuati i destinatari della citata indennità, circoscrivendone il perimetro a 53 ufficiali e 439 sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, con incarico rispettivamente di Comandante di tenenza e di comandante di Stazione la cui forza organica sia pari o superiore a 17 unità;
    pertanto si è inteso introdurre come discriminante, ai fini dell'individuazione del beneficiario dell'indennità, esclusivamente il numero di unità in forza presso la Tenenza o Stazione in cui il titolare è di Comando, in assenza di ulteriori specifiche tali da giustificare o rendere legittima la sperequazione;
    si ritiene opportuno sottolineare ulteriormente che l'indennità di comando sebbene riconosciuta, e limitata ad una platea ridotta di soggetti, non è stata però corrisposta in via retroattiva, essendo riconosciuta a decorrere dell'entrata in vigore del citato decreto interministeriale;
    ci si trova dinanzi ad un palese paradosso: a fronte di appena 500 titolari di comando, ritenuti beneficiari dell'indennità correlata, risultano almeno 4.000 le figure illegittimamente escluse dal medesimo diritto per ragioni esclusivamente di onere finanziario, malgrado si tratti di titolari di comando con le medesime funzioni e responsabilità;
    la sussistenza di una illegittima sperequazione tra medesimi aventi diritto, ha sollevato molteplici ricorsi in sede amministrativa che vedono l'amministrazione soccombente. Si evidenzia a tal riguardo che il Consiglio di Stato nella sentenza n. 501 del 2010, ha evidenziato che «... l'esistenza di un preciso obbligo giuridico di provvedere non può in generale essere vanificata da problemi di ordine puramente economico (...)»;
    il continuo soccombere dell'Amministrazione produce oneri in capo alla stessa, non trascurabili rendendo quanto mai urgente un intervento teso al rifinanziamento degli opportuni capitoli di bilancio nella prospettiva di includere tutti i titolari di comando, a prescindere dal vincolo delle unità in forza presso la struttura di riferimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere il riconoscimento della fruizione dell'indennità di comando ai militari dell'Arma dei Carabinieri, con incarico di comandante di tenenza e di stazione territoriale, a prescindere dal numero di unità di forza organica, superando l'illegittima sperequazione sussistente tra medesimi profili anche nella prospettiva di porre fine al susseguirsi di ricorsi per cui l'Amministrazione continua ad essere soccombente.
9/2305/60Baldini, Galantino, Deidda, Ciaburro.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
   premesso che:
    il provvedimento reca disposizioni per il rifinanziamento degli interventi di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale, oltre che disposizioni per la promozione del made in Italy e misure per l'attrazione degli investimenti in Italia;
    il settore termale italiano, che coinvolge 323 aziende per un fatturato di prestazioni termali pari a 800 milioni di euro e un fatturato di settore benessere pari a 2 miliardi di euro (oltre che l'impiego di 11.500 addetti diretti che arrivano a 65.000 considerando l'intero indotto), ha incominciato a vivere una forte crisi a partire dal 2009, subendo un netto ridimensionamento nell'attività produttiva e negli investimenti oltre che ingenti perdite occupazionali;
    tutto ciò ha messo in ginocchio interi territori legati prettamente al settore, come ad esempio è avvenuto a Bagni di Lucca;
    prendendo in considerazione solo le 46 società pubbliche, il comparto termale ha registrato perdite per oltre 13 milioni nel 2014;
    lo Stato deve istituire i «distretti termali», parificandoli ai distretti industriali, per consentire ai territori termali di accedere a tutti gli strumenti disponibili ai distretti industriali, con particolare riferimento alle norme concernenti i processi di crisi industriale;
    tali misure agevolative devono essere estese non solo agli stabilimenti termali, ma anche alle attività ricettive e alle reti di impresa di attività commerciali facenti parte del distretto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere al settore termale l'applicazione delle norme di salvaguardia previste dal decreto-legge 23 dicembre 2003 n. 347 «Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza» e di istituire una cabina di regia per il governo del settore termale finalizzata a garantire il necessario raccordo nelle politiche di settore tra i Ministeri competenti, gli enti locali e le associazioni di categoria e sindacali rappresentative del settore.
9/2305/61Zucconi, Ciaburro.


   La Camera,
   in sede di discussione del disegno di legge in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»;
   premesso che:
    il provvedimento in questione prevede, altresì, disposizioni relative all'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    i Vigili del Fuoco Discontinui garantiscono l'operatività dei comandi provinciali ed integrano le squadre di intervento, inoltre, di frequente, sono utilizzati per svolgere attività di ordinaria amministrazione all'interno dei comandi;
    si ritiene necessario, in un'ottica di potenziamento territoriale per la tutela della pubblica incolumità, di rafforzare tale comparto allo scopo di rispondere alle sempre più frequenti emergenze del Territorio;
    pertanto, visto il sotto organico cronico del personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    preso atto dell'ulteriore riduzione di risorse umane dovuta ai passaggi di qualifica, da vigile a caposquadra e da capo squadra a capo reparto, nonché dei futuri pensionamenti,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di provvedimenti finalizzati al riconoscimento agli idonei della procedura di assunzioni in deroga, di usufruire del 50 per cento delle assunzioni per il turn over, e all'innalzamento della percentuale delle assunzioni straordinarie, attualmente fissata al 30 per cento.
9/2305/62Rizzetto, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 367, del disegno di legge in esame incrementa di 10 milioni di euro per il 2019 lo stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (FUS);
    ai sensi dell'articolo 28 della legge 14 agosto 1967, n. 800, e successivi provvedimenti, le Istituzioni Concertistico Orchestrali (ICO) presenti sul territorio nazionale sono attualmente quattordici;
    le ICO hanno il compito di promuovere, agevolare e coordinare le attività musicali nel territorio delle rispettive province;
    la loro principale funzione è di diffondere la musica sul territorio nazionale, con particolare riguardo per il nuovo repertorio contemporaneo e per i giovani artisti;
    la legge n. 800 del 1967 prevede che il Ministero dei beni e delle attività culturali, sentita la Commissione Consultiva per il settore Musica, possa con proprio decreto riconoscere la qualifica di «Istituzione concertistica» alle istituzioni con complessi stabili o semistabili a carattere professionale che svolgono almeno cinque mesi di attività;
    le ICO rappresentano il motore della musica in Italia per il loro dinamismo e la loro duttilità, che consente di affrontare i più vari repertori eseguendo concerti e spettacoli in sedi diverse;
    le Regioni in cui esiste una ICO sono attualmente Marche, Puglia, Toscana, Lombardia, Abruzzo, Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Sicilia, Lazio e Liguria;
    sono dunque molteplici le Regioni in cui non è presente alcuna Istituzione Concertistico-Orchestrale, mentre le orchestre dovrebbero essere distribuite equamente e capillarmente su tutto il territorio nazionale;
    più volte l'assemblea delle ICO nei documenti ufficiali ha sottolineato la piena apertura a nuove orchestre riconosciute, distribuite con intelligenza sul territorio e, naturalmente, con il parallelo adeguamento del fondo ad esse destinato;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare le più adeguate iniziative volte al riconoscimento di almeno una Istituzione Concertistico-Orchestrale per ciascuna Regione, in accordo con la Conferenza Unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di garantire una diffusione omogenea e capillare dell'attività orchestrale su tutto il territorio nazionale.
9/2305/63Nitti, Gallo, Ciaburro.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge di Bilancio, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
   premesso che:
    il provvedimento reca disposizioni per la promozione del made in Italy e misure per l'attrazione degli investimenti in Italia, oltre che un complesso di misure volte a modificare l'applicazione di accise e IVA su specifici prodotti;
    visto che il comparto della birra riveste un ruolo di primo piano nell'economia del Paese, generando un valore condiviso superiore a 9 miliardi di euro all'anno, pari a circa lo 0,52 per cento del PIL, con una produzione nazionale di 16,4 milioni di birra nel 2018, in aumento nell'ultimo anno di circa il 5 per cento;
    che dal 2019 si è attuato ai piccoli produttori indipendenti una riduzione ulteriore del 40 per cento dell'aliquota per i birrifici artigianali che producono fino a 10 mila ettolitri all'anno;
    le progressive riduzioni di accisa hanno innescato un circolo virtuoso e un duplice effetto positivo, in grado da un lato di alleggerire la pressione fiscale a carico delle imprese, e dall'altro di aumentare il gettito accertato dello Stato nel biennio 2016-2018, rivelandosi quindi misure a impatto positivo per le casse dello Stato e tutto ciò potrebbe costituire un'opportunità di fare impresa e creare posti di lavoro ad ogni livello,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare ulteriori disposizioni normative volte a ridurre l'accisa sul comparto della birra, così da sostenere la produzione italiana, che potrà quindi sviluppare piani di investimento di ampio respiro atti a generare ulteriore occupazione, crescita e ricchezza.
9/2305/64Bucalo, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca una serie di disposizioni in materia fiscale per l'anno finanziario 2020 e il triennio 2020-2022;
    nulla è stato previsto, invece, in favore dei candidati del concorso pubblicato in data 26 maggio 2017 per «l'assunzione di 893 allievi agenti della polizia di stato», che hanno subito e subiscono gravi discriminazioni a causa dei recenti interventi legislativi;
    in particolare, con decreto del 29 ottobre 2018 si è disposto lo scorrimento della graduatoria per gli idonei non vincitori del concorso con esclusivo riferimento ai candidati «civili» escludendo, quindi, la categoria degli idonei non vincitori militari (VFP1 e VFP4);
    siffatta decisione rappresenta senza dubbio una discriminazione nei confronti di quei candidati militari che avevano e maturano tutt'oggi una importante esperienza lavorativa nelle Forze Armate e che detengono pertanto conoscenze e competenze consolidate, oltre che aver superato le prove del concorso al pari degli altri candidati civili;
    la mancata inclusione degli idonei non vincitori militari nello scorrimento della graduatoria di fatto si pone in contrasto con le scelte politiche volte ad attribuire il massimo livello di qualità ed efficienza dei Corpi di Polizia e a garantire la stabilizzazione del personale precario dei Comparti Difesa e Sicurezza;
    inoltre, un'altra grave discriminazione è stata attuata mediante l'articolo 11, comma 2-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 12 del 2019 che in relazione allo scorrimento della graduatoria modificava i requisiti per accedere alle successive prove escludendo chi fosse maggiore di ventisei anni e non avesse conseguito il diploma di istruzione secondaria;
    a seguito dei ricorsi depositati al TAR, i candidati sono stati ammessi in via cautelare alle selezioni e molti di loro pur avendo superato le successive prove venivano nuovamente esclusi dal corso di formazione iniziato il 29 agosto 2019;
    sebbene, il TAR del Lazio, Sezione prima quater, in data 13 settembre 2019 ha disposto con ordinanza la loro ammissione al corso di formazione, non si è ancora dato seguito al provvedimento del tribunale amministrativo privando tanti giovani della loro legittima possibilità di formarsi e di intraprendere un'attività lavorativa per la quale hanno superato tutte le prove concorsuali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere lo scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2017 per «l'assunzione di 893 allievi agenti della polizia di Stato» anche in favore degli idonei non vincitori militari (VFP1 e VFP4);
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, in ossequio a quanto disposto con ordinanza del 13.09.2019 dal TAR Lazio, l'ammissione dei 455 candidati vincitori al corso di formazione, eliminando le gravi ingiustizie subito sino ad oggi.
9/2305/65Cirielli, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca una serie di disposizioni in materia fiscale per l'anno finanziario 2020 e il triennio 2020-2022;
    nulla è stato previsto, invece, in favore dei candidati del concorso pubblicato in data 26 maggio 2017 per «l'assunzione di 893 allievi agenti della polizia di stato», che hanno subito e subiscono gravi discriminazioni a causa dei recenti interventi legislativi;
    in particolare, con decreto del 29 ottobre 2018 si è disposto lo scorrimento della graduatoria per gli idonei non vincitori del concorso con esclusivo riferimento ai candidati «civili» escludendo, quindi, la categoria degli idonei non vincitori militari (VFP1 e VFP4);
    siffatta decisione rappresenta senza dubbio una discriminazione nei confronti di quei candidati militari che avevano e maturano tutt'oggi una importante esperienza lavorativa nelle Forze Armate e che detengono pertanto conoscenze e competenze consolidate, oltre che aver superato le prove del concorso al pari degli altri candidati civili;
    la mancata inclusione degli idonei non vincitori militari nello scorrimento della graduatoria di fatto si pone in contrasto con le scelte politiche volte ad attribuire il massimo livello di qualità ed efficienza dei Corpi di Polizia e a garantire la stabilizzazione del personale precario dei Comparti Difesa e Sicurezza;
    inoltre, un'altra grave discriminazione è stata attuata mediante l'articolo 11, comma 2-bis del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 12 del 2019 che in relazione allo scorrimento della graduatoria modificava i requisiti per accedere alle successive prove escludendo chi fosse maggiore di ventisei anni e non avesse conseguito il diploma di istruzione secondaria;
    a seguito dei ricorsi depositati al TAR, i candidati sono stati ammessi in via cautelare alle selezioni e molti di loro pur avendo superato le successive prove venivano nuovamente esclusi dal corso di formazione iniziato il 29 agosto 2019;
    sebbene, il TAR del Lazio, Sezione prima quater, in data 13 settembre 2019 ha disposto con ordinanza la loro ammissione al corso di formazione, non si è ancora dato seguito al provvedimento del tribunale amministrativo privando tanti giovani della loro legittima possibilità di formarsi e di intraprendere un'attività lavorativa per la quale hanno superato tutte le prove concorsuali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere lo scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2017 per «l'assunzione di 893 allievi agenti della polizia di Stato» anche in favore degli idonei non vincitori militari (VFP1 e VFP4);
   a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, in ossequio a quanto disposto con ordinanza del 13.09.2019 dal TAR Lazio, l'ammissione dei 455 candidati vincitori al corso di formazione, eliminando le gravi ingiustizie subito sino ad oggi.
9/2305/65. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cirielli, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'aula contiene, tra l'altro, norme specifiche che permettono alle amministrazioni pubbliche di utilizzare le graduatorie dei concorsi svolti al fine di poter colmare le carenze delle rispettive piante organiche senza bandire nuovi concorsi e con notevoli risparmio di tempo e danaro;
    è noto che mancano, nella pianta organica delle forze dell'ordine, circa 20 mila unità;
    la recente analisi del Capo della Polizia, sulla carenza degli organici della Polizia di Stato e del delicato momento di turn over che riguarda un patrimonio di esperienze e professionalità, mette a fuoco uno dei principali problemi che riguardano la sicurezza del nostro Paese;
    l'invecchiamento dei nostri poliziotti e dei prossimi pensionamenti in massa è un problema non certo dell'ultima ora ma di una stasi nelle assunzioni e nella programmazione delle assunzioni che ci colpisce da almeno dieci anni;
    è tempo di agire con urgenza perché, indipendentemente dalle responsabilità passate, vi sia una immediata e strutturale inversione di tendenza come più volte richiesto e denunciato ed una pianificazione che consenta di evitare quella che, giustamente, il prefetto Gabrielli ha definito una tempesta perfetta;
    su questo tema, sarebbe auspicabile che tutte le parti politiche possano trovare coesione ed unità di intenti perché ne va della sicurezza di chi vive nel nostro Paese;
    pertanto sarebbe auspicabile ammettere alla partecipazione al corso di formazione professionale, finalizzato all'assunzione, tutti i soggetti risultati idonei del concorso pubblico per l'assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato bandito con decreto del Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza del 18 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4 serie speciale n. 40 del 26 maggio 2017, in possesso dei requisiti stabiliti dal medesimo bando di concorso;
    il Tar del Lazio, inoltre, ha già ammesso i candidati esclusi alla prosecuzione delle selezioni e 455 sono risultati essere idonei con riserva. Riserva relativa al procedimento giuridico in atto. Il 29 agosto scorso sono iniziati i corsi di formazione, ma i 455 non sono stati inclusi nella graduatoria di merito e ad oggi, non sono stati ancora avviati da parte dell'Amministrazione della Polizia di Stato, alla frequentazione dei corsi. Tra l'altro anche il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, si è pronunciato favorevolmente riguardo l'ammissione al corso di formazione,

impegna il Governo

ad ammettere alla partecipazione al corso di formazione professionale, finalizzato all'assunzione, tutti i soggetti idonei del concorso pubblico bandito nel maggio del 2017, in possesso dei requisiti stabiliti dal medesimo bando di concorso.
9/2305/66(Versione corretta)Giannone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al nostro esame con i commi 76 e 77, introdotti in Senato, interviene sulla disciplina in materia di proroga delle concessioni per grandi derivazioni idriche a scopo idroelettrico accordate nelle province autonome di Trento e Bolzano;
    la legge del 27 dicembre 1953 n. 959 ha disposto la costituzione dei Consorzi BIM quali consorzi obbligatori di Comuni che si costituiscono, su richiesta di non meno di 3/5 dei comuni stessi, per una gestione associata delle entrate derivanti dai sovracanoni, previsti espressamente dall'articolo 1 comma 8 della medesima legge, a favore delle comunità locali che sopportano uno sfruttamento dell'acqua presente sul proprio territorio ai fini di produzione energetica;
    qualora non si raggiunga la maggioranza prevista, il sovracanone è versato direttamente ai comuni. Il sovracanone è dovuto – ai sensi del comma 8 – dai concessionari di derivazione d'acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di presa ricadono in tutto o in parte nel perimetro dei bacini imbriferi montani;
    recentemente la Corte di Cassazione (Cassazione sentenza n. 16157/2018) ha ritenuto che il sovracanone BIM richiesto al concessionario di utenza idrica configura una prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici e ha, pertanto, natura tributaria; infatti la legislazione statale (articolo 1, quattordicesimo comma, legge n. 959 del 1953) prevede la destinazione del sovracanone a un Fondo comune gestito dai consorzi per finalità esclusive di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 533 del 20.12.2002 ha stabilito che i sovracanoni costituiscono elementi della finanza locale e pertanto attengono alla materia della finanza locale cioè spettano esclusivamente ai comuni rivieraschi o ai comuni costituitosi in consorzio BIM;
    la disposizione di cui all'articolo 57 comma 2-octies recentemente approvata nel decreto-legge n. 124 in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha l'effetto di privare i comuni e i loro consorzi di una parte delle entrate che la legge invece vuole attribuiti ad un fondo comune gestito dai consorzi ed impiegato per il progresso economico e sociale delle popolazioni interessate dalle derivazioni. Con l'attribuzione di parte dei sovracanoni ad Uncem vengono cambiati sia destinatario che finalità delle risorse della legge n. 959 del 1953.
    la disposizione ha l'effetto di sottrarre ai comuni un'entrata loro attribuita dalla legge con vincolo di destinazione al proseguimento di un pubblico interesse e di produrre una grave compressione dell'autonomia finanziaria dei comuni interessati da grandi derivazioni idroelettriche. La norma pertanto presenta molti dubbi di legittimità costituzionale;
    anche se Uncem è un ente associativo di tipo volontario che rappresenta la montagna e i fini che persegue sono da condividere non può essere condivisa la strada che si è percorsa;
    semmai dovevano essere i comuni e i consorzi membri di Uncem a stabilire liberamente se e in quale misura trasferire risorse alla Uncem per il perseguimento delle finalità previste dal decreto fiscale. A maggior ragione ciò vale, per esempio, per la Provincia di Bolzano che non prevede nel suo assetto istituzionale le comunità montane e dove la formazione degli amministratori e del personale degli enti locali viene svolta da un consorzio dei comuni costituito fra gli enti locali della Provincia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 533 del 20.12.2002, di adottare ulteriori iniziative normative che eliminino la previsione della sottrazione dei fondi del sovracanone, di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959, ai comuni e ai consorzi di comuni, o in subordine, di garantire che nel decreto di attuazione del Ministero dell'economia e delle finanze previsto dal medesimo articolo, venga pienamente rispettato il nesso di causalità tra i comuni interessati da una grande derivazione e l'utilizzo del sovracanone e che le somme prelevate da un certo territorio vengano direttamente reinvestite nella formazione degli amministratori dei comuni montani di quel territorio.
9/2305/67Plangger, Schullian, Gebhard, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 256, lettera b), del disegno di legge di bilancio, come modificato nel corso dell'esame presso il Senato, autorizza la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 allo scopo di prevedere misure volte al potenziamento della qualificazione dei docenti in materia di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, tenuto conto delle linee di orientamento di cui all'articolo 4 della legge 29 maggio 2017, n. 71, nonché misure in materia di insegnamento dell'educazione al rispetto e della parità dei sessi per sensibilizzare gli studenti ai temi della non violenza e del contrasto ad ogni forma di discriminazione;
    nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 18 novembre 2019 si è conclusa la discussione sulle linee generali della proposta di legge C. 1524 e abb.-A, recante «Modifiche al codice penale, alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori», il cui articolo 4, comma 1, lettera f), prevede – tramite l'introduzione nel predetto regio decreto-legge n. 1404 di un nuovo articolo 29-bis – la prosecuzione, anche dopo il raggiungimento della maggiore età e, comunque, non oltre il compimento del venticinquesimo anno d'età, delle misure rieducative di cui agli articoli 25 e 25-bis del medesimo regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, nei casi in cui, previo accertamento effettuato con motivato decreto dal tribunale per i minorenni, il soggetto interessato necessiti di un prolungato supporto educativo o terapeutico volto alla realizzazione di un progetto di autonomia o comunque al completamento di un percorso educativo già intrapreso;
    nella seduta del 19 novembre 2019 la V Commissione bilancio della Camera dei deputati, esaminando la menzionata proposta di legge C. 1524 e abb. – A ai fini dell'espressione del parere di propria competenza all'Assemblea, ha deliberato un parere nel quale si richiede tra l'altro, allo scopo di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, la soppressione del citato articolo 4, comma 1, lettera f), in quanto tale ultima disposizione appare «suscettibile di determinare oneri connessi agli adempimenti in materia socio-sanitaria e psicologica, che risultano privi di quantificazione e copertura finanziaria, posto che non viene disposta alcuna compensazione dei citati maggiori oneri che gravano in via esclusiva sugli enti locali di residenza degli interessati»;
    ravvisata, in tale quadro, la necessità di adottare ogni utile iniziativa legislativa volta ad implementare le misure destinate ad un efficace contrasto del fenomeno del bullismo,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a provvedere alla istituzione di un fondo, con una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022, eventualmente reperendo le occorrenti risorse finanziarie a valere su quota parte dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia relativo al nuovo bilancio triennale 2020-2022, da destinare all'adozione in via sperimentale, anche attraverso il diretto coinvolgimento delle regioni interessate, di misure volte, in particolare ad assicurare la prosecuzione anche dopo il raggiungimento della maggiore età, e comunque non oltre il compimento del venticinquesimo anno d'età, delle misure rieducative di cui agli articoli 25 e 25-bis del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, recante Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, nei casi in cui, previo accertamento effettuato con motivato decreto dal tribunale per i minorenni, il soggetto interessato necessiti di un prolungato supporto educativo o terapeutico volto alla realizzazione di un progetto di autonomia o comunque al completamento di un percorso educativo già intrapreso.
9/2305/68Emanuela Rossini, Dori, D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 256, lettera b), del disegno di legge di bilancio, come modificato nel corso dell'esame presso il Senato, autorizza la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 allo scopo di prevedere misure volte al potenziamento della qualificazione dei docenti in materia di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, tenuto conto delle linee di orientamento di cui all'articolo 4 della legge 29 maggio 2017, n. 71, nonché misure in materia di insegnamento dell'educazione al rispetto e della parità dei sessi per sensibilizzare gli studenti ai temi della non violenza e del contrasto ad ogni forma di discriminazione;
    nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 18 novembre 2019 si è conclusa la discussione sulle linee generali della proposta di legge C. 1524 e abb.-A, recante «Modifiche al codice penale, alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori», il cui articolo 4, comma 1, lettera f), prevede – tramite l'introduzione nel predetto regio decreto-legge n. 1404 di un nuovo articolo 29-bis – la prosecuzione, anche dopo il raggiungimento della maggiore età e, comunque, non oltre il compimento del venticinquesimo anno d'età, delle misure rieducative di cui agli articoli 25 e 25-bis del medesimo regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, nei casi in cui, previo accertamento effettuato con motivato decreto dal tribunale per i minorenni, il soggetto interessato necessiti di un prolungato supporto educativo o terapeutico volto alla realizzazione di un progetto di autonomia o comunque al completamento di un percorso educativo già intrapreso;
    nella seduta del 19 novembre 2019 la V Commissione bilancio della Camera dei deputati, esaminando la menzionata proposta di legge C. 1524 e abb. – A ai fini dell'espressione del parere di propria competenza all'Assemblea, ha deliberato un parere nel quale si richiede tra l'altro, allo scopo di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, la soppressione del citato articolo 4, comma 1, lettera f), in quanto tale ultima disposizione appare «suscettibile di determinare oneri connessi agli adempimenti in materia socio-sanitaria e psicologica, che risultano privi di quantificazione e copertura finanziaria, posto che non viene disposta alcuna compensazione dei citati maggiori oneri che gravano in via esclusiva sugli enti locali di residenza degli interessati»;
    ravvisata, in tale quadro, la necessità di adottare ogni utile iniziativa legislativa volta ad implementare le misure destinate ad un efficace contrasto del fenomeno del bullismo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a provvedere alla istituzione di un fondo, con una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022, eventualmente reperendo le occorrenti risorse finanziarie a valere su quota parte dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia relativo al nuovo bilancio triennale 2020-2022, da destinare all'adozione in via sperimentale, anche attraverso il diretto coinvolgimento delle regioni interessate, di misure volte, in particolare ad assicurare la prosecuzione anche dopo il raggiungimento della maggiore età, e comunque non oltre il compimento del venticinquesimo anno d'età, delle misure rieducative di cui agli articoli 25 e 25-bis del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, recante Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, nei casi in cui, previo accertamento effettuato con motivato decreto dal tribunale per i minorenni, il soggetto interessato necessiti di un prolungato supporto educativo o terapeutico volto alla realizzazione di un progetto di autonomia o comunque al completamento di un percorso educativo già intrapreso.
9/2305/68. (Testo modificato nel corso della seduta).  Emanuela Rossini, Dori, D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, purtroppo, anche a causa del mancato confronto democratico con le forze parlamentari di opposizione, non prevede risorse adeguate per l'ammodernamento e la messa in sicurezza sia delle infrastrutture viarie, sia per il contenimento del dissesto idrogeologico. Lo stesso Presidente della Repubblica, richiama frequentemente tutte le forze politiche, in particolare quelle di governo, a investire di più e con maggiore attenzione su questi temi;
    il nostro territorio, con una identità culturale così forte, dove è possibile leggere il succedersi dei secoli, delle civiltà, della storia, merita cura e progettualità seria. È quindi necessario riflettere, cosa preclusa a tanti dal mancato esame del provvedimento, su tali esigenze e sulla giusta allocazione delle risorse disponibili;
    la Liguria, per esempio, regione regolarmente e tristemente colpita da alluvioni, dove il dissesto idrogeologico è continuamente denunciato sia dall'Ispra che dalla Arpa Ligure, si vede assegnare un importo di 275 milioni di euro ma solo 41,2 sono stati regolarmente erogati a maggio 2019 (fonte Corte dei conti);
    restano in sospeso opere importanti per lo sviluppo del territorio, come la circonvallazione di Sanremo e di Arcola, la variante alla S.S. 1 Aurelia tra il Torrente Letimbro e Via Stalingrado a Savona, le gallerie in località Missano e Castiglione Chiavarese – SS 523 – e il raddoppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative anche ricercando apposite nuove risorse economiche, volte sia a realizzare le opere infrastrutturali richieste dagli enti territoriali, sia a mettere gli stessi enti, sburocratizzando al massimo le procedure amministrative, nelle condizioni di poter spendere tutti le somme annualmente erogate.
9/2305/69Gagliardi, Pedrazzini, Benigni, Silli, Sorte.


   La Camera,
   in sede di approvazione dell'A.C. 2305, recante disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    dai comma 738 e seguenti si dispone il riordino delle imposte IMU e TASI prevedendone l'unificazione;
    nel comma 741 si elencano le definizioni di abitazione principale che, secondo la stessa norma, è esclusa dall'applicazione dell'imposta;
    al comma 741, lettera c), numero 3) si citano gli alloggi sociali facendo però riferimento esclusivamente al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 22 aprile 2008, e non anche all'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80. Quest'ultimo qualifica l'alloggio sociale come: «l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale, realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall'ente gestore comunque denominato, da concedere in locazione, per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato». Simile definizione esplicita in maniera evidente la qualifica di alloggio sociale delle abitazioni ALER;
    tale omissione, però, rende la norma poco chiara sul punto, lasciando un vuoto legis in virtù del quale molte amministrazioni comunali potrebbero considerare di richiedere il pagamento dell'IMU sugli alloggi ALER, sia sfitti che assegnati;
    una simile eventualità avrebbe una pesante ricaduta diretta sugli inquilini di tali alloggi che notoriamente sono soggetti fragili. In particolare, l'aggravio dell'imposizione fiscale porterebbe ad un contenimento delle spese di manutenzione ordinaria, non essendo evidentemente comprimibili le altre spese quali il riscaldamento, le spese inerenti l'organico e il pagamento delle altre imposte cui sono sottoposti le aziende. Si ricorda che la manutenzione ordinaria è indispensabile per difendere queste strutture dal degrado e conservare dignitose condizioni abitative per queste persone;
    in costanza di suddetto vuoto normativo si potrebbero poi interpretare le abitazioni ALER come escluse dagli alloggi sociali, rischiando di non riconoscere neanche la detrazione IRPEF riconosciuta in questi anni, con il paradosso di avere un inquilino di case ALER senza tale beneficio di cui invece gode il suo omologo nell'alloggio comunale;
    la formulazione di cui sopra presenta infine una ulteriore criticità laddove, la medesimo numero 3), citando esclusivamente gli alloggi sociali adibiti ad abitazione principale, lascia intendere assoggettati all'imposta gli alloggi sfitti: le ALER, invece, hanno sempre considerato le abitazioni quale l'alloggio sociale in sé, poiché costruite con fondi pubblici e soggette a vincolo di destinazione;
    si rende necessaria una specificazione interpretativa prima che la norma sia applicata in maniera difforme sul territorio nazionale, creando non solo un pregiudizio a queste persone più deboli, ma anche possibili sperequazioni di trattamento,

impegna il Governo

a provvedere, nel più breve tempo possibile, ad emanare una circolare interpretativa al fine di specificare che anche gli alloggi ALER, sia sfitti che abitati, rientrano nell'ambito di applicazione della norma del comma 741 lettera c), numero 3) che riconosce gli alloggi sociali esenti dall'applicazione dell'imposta.
9/2305/70Comaroli.


   La Camera,
   in sede di approvazione dell'A.C. 2305, recante disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022,
   premesso che:
    dai comma 738 e seguenti si dispone il riordino delle imposte IMU e TASI prevedendone l'unificazione;
    nel comma 741 si elencano le definizioni di abitazione principale che, secondo la stessa norma, è esclusa dall'applicazione dell'imposta;
    al comma 741, lettera c), numero 3) si citano gli alloggi sociali facendo però riferimento esclusivamente al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 22 aprile 2008, e non anche all'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80. Quest'ultimo qualifica l'alloggio sociale come: «l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale, realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall'ente gestore comunque denominato, da concedere in locazione, per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato». Simile definizione esplicita in maniera evidente la qualifica di alloggio sociale delle abitazioni ALER;
    tale omissione, però, rende la norma poco chiara sul punto, lasciando un vuoto legis in virtù del quale molte amministrazioni comunali potrebbero considerare di richiedere il pagamento dell'IMU sugli alloggi ALER, sia sfitti che assegnati;
    una simile eventualità avrebbe una pesante ricaduta diretta sugli inquilini di tali alloggi che notoriamente sono soggetti fragili. In particolare, l'aggravio dell'imposizione fiscale porterebbe ad un contenimento delle spese di manutenzione ordinaria, non essendo evidentemente comprimibili le altre spese quali il riscaldamento, le spese inerenti l'organico e il pagamento delle altre imposte cui sono sottoposti le aziende. Si ricorda che la manutenzione ordinaria è indispensabile per difendere queste strutture dal degrado e conservare dignitose condizioni abitative per queste persone;
    in costanza di suddetto vuoto normativo si potrebbero poi interpretare le abitazioni ALER come escluse dagli alloggi sociali, rischiando di non riconoscere neanche la detrazione IRPEF riconosciuta in questi anni, con il paradosso di avere un inquilino di case ALER senza tale beneficio di cui invece gode il suo omologo nell'alloggio comunale;
    la formulazione di cui sopra presenta infine una ulteriore criticità laddove, la medesimo numero 3), citando esclusivamente gli alloggi sociali adibiti ad abitazione principale, lascia intendere assoggettati all'imposta gli alloggi sfitti: le ALER, invece, hanno sempre considerato le abitazioni quale l'alloggio sociale in sé, poiché costruite con fondi pubblici e soggette a vincolo di destinazione;
    si rende necessaria una specificazione interpretativa prima che la norma sia applicata in maniera difforme sul territorio nazionale, creando non solo un pregiudizio a queste persone più deboli, ma anche possibili sperequazioni di trattamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, nel più breve tempo possibile, ad emanare una circolare interpretativa al fine di specificare che anche gli alloggi ALER, sia sfitti che abitati, rientrano nell'ambito di applicazione della norma del comma 741 lettera c), numero 3) che riconosce gli alloggi sociali esenti dall'applicazione dell'imposta.
9/2305/70. (Testo modificato nel corso della seduta).  Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    la dotazione infrastrutturale rappresenta l'elemento decisivo per garantire lo sviluppo del sistema Paese;
    un adeguato piano di sviluppo e, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale costituisce evidente catalizzatore di crescita economica, creando lavoro e consentendo di garantire alle imprese le condizioni migliori per l'esercizio della loro attività;
    la provincia di Bergamo necessita di importanti investimenti per la realizzazione dei diversi progetti pensati per sostenere la crescita del sistema economico; il raddoppio della ferrovia Ponte San Pietro – Montello, le linee tramviarie T2 e T3, la realizzazione di nuovi ed ulteriori tracciati in variante ad importanti arterie stradali, quali la SS42 e la SS671, l'adeguamento e messa in sicurezza di strade di montagna, quali la SS294 e la SS681, l'adeguamento della viabilità dei comuni della bassa bergamasca toccati dalla BREBEMI;
    inoltre, parte della rete infrastrutturale della provincia di Bergamo insiste su zone morfologicamente difficili e delicate dal punto di vista idrogeologico;
    appare opportuno mettere in campo risorse che consentano l'implementazione di una rete infrastrutturale adeguata a sostenere la vivacità del contesto economico bergamasco;
    è inoltre necessario predisporre risorse e strumenti atti a prevenire il rischio di deterioramento e rovina di infrastrutture stradali fondamentali per la provincia di Bergamo, in particolare di ponti e viadotti, la cui chiusura causerebbe un danno irreparabile a cittadini ed imprese,

impegna il Governo

a valutare la predisposizione, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di un piano straordinario di risorse da destinare, nella Provincia di Bergamo, alla cantierizzazione di interventi infrastrutturali già oggetto di progettazione, nonché all'implementazione di un servizio di monitoraggio e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti infrastrutturali (in particolare ponti e viadotti) insistenti e posti al servizio di territori caratterizzati da problematiche di carattere idrogeologico.
9/2305/71Sorte, Benigni.


   La Camera,
   premesso che:
    la dotazione infrastrutturale rappresenta l'elemento decisivo per garantire lo sviluppo del sistema Paese;
    un adeguato piano di sviluppo e, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale costituisce evidente catalizzatore di crescita economica, creando lavoro e consentendo di garantire alle imprese le condizioni migliori per l'esercizio della loro attività;
    la provincia di Bergamo necessita di importanti investimenti per la realizzazione dei diversi progetti pensati per sostenere la crescita del sistema economico; il raddoppio della ferrovia Ponte San Pietro – Montello, le linee tramviarie T2 e T3, la realizzazione di nuovi ed ulteriori tracciati in variante ad importanti arterie stradali, quali la SS42 e la SS671, l'adeguamento e messa in sicurezza di strade di montagna, quali la SS294 e la SS681, l'adeguamento della viabilità dei comuni della bassa bergamasca toccati dalla BREBEMI;
    inoltre, parte della rete infrastrutturale della provincia di Bergamo insiste su zone morfologicamente difficili e delicate dal punto di vista idrogeologico;
    appare opportuno mettere in campo risorse che consentano l'implementazione di una rete infrastrutturale adeguata a sostenere la vivacità del contesto economico bergamasco;
    è inoltre necessario predisporre risorse e strumenti atti a prevenire il rischio di deterioramento e rovina di infrastrutture stradali fondamentali per la provincia di Bergamo, in particolare di ponti e viadotti, la cui chiusura causerebbe un danno irreparabile a cittadini ed imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, un piano straordinario di risorse da destinare, nella Provincia di Bergamo, alla cantierizzazione di interventi infrastrutturali già oggetto di progettazione, nonché all'implementazione di un servizio di monitoraggio e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti infrastrutturali (in particolare ponti e viadotti) insistenti e posti al servizio di territori caratterizzati da problematiche di carattere idrogeologico.
9/2305/71. (Testo modificato nel corso della seduta).  Sorte, Benigni.


   La Camera,
   premesso che:
    sono attualmente, secondo i dati dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica in Italia, 40.151 gli edifici scolastici attivi, di cui 22.000 costruiti prima del 1970. Di questi edifici il 59,5 per cento risulta tuttora privo di certificati di prevenzione incendi e il 53,8 per cento non ha quello di agibilità ed abitabilità;
    la legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018 ha previsto l'attribuzione alle province delle regioni a statuto ordinario di un contributo per il finanziamento di piani di sicurezza finalizzati, tra l'altro, alla manutenzione degli edifici;
    il decreto-legge n. 59 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 81 del 2019 ha previsto l'adozione di un piano straordinario per l'adeguamento alla normativa antincendio, al contempo differendo al 31 dicembre 2021 il termine per l'adeguamento;
    secondo i dati Anci del giugno scorso è di circa 10 miliardi l'ammontare complessivo delle 6.300 richieste pervenute dagli enti locali a seguito dei bandi regionali per i mutui Bei 2018/2020, un fabbisogno molto superiore alle risorse disponibili, pari a 1.700 milioni di euro;
    l'Agenzia di tutela della salute di Bergamo, già dal 2003, annualmente svolge controlli accurati su quattro aspetti specifici della sicurezza degli edifici scolastici, pubblici e privati; sicurezza sul lavoro, igiene, impianti elettrici e impianti termici. A seguito dei sopralluoghi invia al proprietario dell'edificio e al dirigente scolastico una dettagliata relazione in cui si evidenziano le carenze riscontrate e gli obiettivi di miglioramento;
    da tali sopralluoghi è emerso che, su 690 scuole, 669 non sono state realizzate secondo norme antisismiche, poiché la normativa di riferimento risale al 1974 e moltissimi edifici scolastici sono stati realizzati in epoca antecedente;
    sui 690 edifici scolastici statali, 402 non hanno un certificato di agibilità, 169 non hanno il certificato di collaudo statico, 392 non dispongono del certificato di prevenzione incendi, il certificato di valutazione rischi manca in 79 e il piano di emergenza è assente in 57 istituti;
    a fronte di tali esigenze, lo stanziamento previsto per l'edilizia scolastica della provincia di Bergamo risulta ammontare a soli 25 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare la predisposizione, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di un piano straordinario di risorse da destinare all'adeguamento degli edifici scolastici pubblici, in particolare della provincia di Bergamo, finalizzato ad adeguare gli stessi ai più recenti standard di sicurezza e di qualità, con la finalità di assicurare agli studenti, al corpo docente e ausiliario ambienti idonei e confortevoli per lo svolgimento dell'attività didattica.
9/2305/72Benigni, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    sono attualmente, secondo i dati dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica in Italia, 40.151 gli edifici scolastici attivi, di cui 22.000 costruiti prima del 1970. Di questi edifici il 59,5 per cento risulta tuttora privo di certificati di prevenzione incendi e il 53,8 per cento non ha quello di agibilità ed abitabilità;
    la legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018 ha previsto l'attribuzione alle province delle regioni a statuto ordinario di un contributo per il finanziamento di piani di sicurezza finalizzati, tra l'altro, alla manutenzione degli edifici;
    il decreto-legge n. 59 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 81 del 2019 ha previsto l'adozione di un piano straordinario per l'adeguamento alla normativa antincendio, al contempo differendo al 31 dicembre 2021 il termine per l'adeguamento;
    secondo i dati Anci del giugno scorso è di circa 10 miliardi l'ammontare complessivo delle 6.300 richieste pervenute dagli enti locali a seguito dei bandi regionali per i mutui Bei 2018/2020, un fabbisogno molto superiore alle risorse disponibili, pari a 1.700 milioni di euro;
    l'Agenzia di tutela della salute di Bergamo, già dal 2003, annualmente svolge controlli accurati su quattro aspetti specifici della sicurezza degli edifici scolastici, pubblici e privati; sicurezza sul lavoro, igiene, impianti elettrici e impianti termici. A seguito dei sopralluoghi invia al proprietario dell'edificio e al dirigente scolastico una dettagliata relazione in cui si evidenziano le carenze riscontrate e gli obiettivi di miglioramento;
    da tali sopralluoghi è emerso che, su 690 scuole, 669 non sono state realizzate secondo norme antisismiche, poiché la normativa di riferimento risale al 1974 e moltissimi edifici scolastici sono stati realizzati in epoca antecedente;
    sui 690 edifici scolastici statali, 402 non hanno un certificato di agibilità, 169 non hanno il certificato di collaudo statico, 392 non dispongono del certificato di prevenzione incendi, il certificato di valutazione rischi manca in 79 e il piano di emergenza è assente in 57 istituti;
    a fronte di tali esigenze, lo stanziamento previsto per l'edilizia scolastica della provincia di Bergamo risulta ammontare a soli 25 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, un piano straordinario di risorse da destinare all'adeguamento degli edifici scolastici pubblici, in particolare della provincia di Bergamo, finalizzato ad adeguare gli stessi ai più recenti standard di sicurezza e di qualità, con la finalità di assicurare agli studenti, al corpo docente e ausiliario ambienti idonei e confortevoli per lo svolgimento dell'attività didattica.
9/2305/72. (Testo modificato nel corso della seduta).  Benigni, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

ad esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/73Stumpo, Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/73. (Testo modificato nel corso della seduta).  Stumpo, Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    la sperimentazione, da parte delle Forze di Polizia, dell'arma comune ad impulsi elettrici (Taser) è iniziata il 5 settembre 2018 e si è conclusa il 5 giugno 2019 con esiti più che positivi senza riscontrare alcuna controindicazione,
    tale arma è stata data in dotazione alle Forze di Polizia di 12 città (Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi, Genova) ed è stato utilizzato 60 volte,
    in 47 casi gli interventi si sono risolti con la semplice estrazione dell'arma o con l'attivazione del «warning ark» la scarica di avvertimento, mentre nei restanti 13 il soggetto è stato colpito con i dardi;
    la Polizia Penitenziaria è stata sinora esclusa da tali sperimentazioni. Tuttavia, le aggressioni al personale operante all'interno delle strutture carcerarie sono costanti e, per giunta, in continua crescita. Si registrano infatti nell'anno in corso un numero di aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria pari a 800 circa con più di 1000 agenti feriti. Nell'anno 2018 si sono registrate ben 670 episodi e nell'anno 2017 le aggressioni accertate sono state 590 circa,
    a queste bisogna aggiungere gli atti turbativi dell'ordine e della sicurezza registrati all'interno delle strutture detentive: erano circa 500 nel 2017, circa 700 nel 2018 e sono diventati 892 nell'anno in corso. Come appare evidente, si tratta di un fenomeno in netta crescita e difficile da gestire per il personale di polizia operante,

impegna il Governo:

   e, in particolare, il Ministro della giustizia, ad avviare, con le necessarie cautele per la salute e l'incolumità pubblica, degli operatori penitenziari e delle persone detenute, secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute, la sperimentazione dell'arma comune ad impulsi elettrici per le esigenze dei compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria, nei limiti di spesa previsti;
   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e nell'ambito delle sue proprie prerogative, a valutare l'opportunità di stanziare 200.000 euro per l'anno 2020 da destinare alla sperimentazione dell'arma comune ad impulsi elettrici per le esigenze dei compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria, disciplinando la formazione del personale che partecipa alla sperimentazione, se necessario e previa intesa con il Ministro competente, anche con il supporto di istruttori di altre Forze di polizia dello Stato.
9/2305/74Morrone, Molteni, Iezzi, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Stefani, Tonelli, Vinci, Bisa, Cantalamessa, Di Muro, Marchetti, Paolini, Potenti, Tateo, Turri, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 848 a 851 dell'articolo 1, introdotti durante l'esame della legge di bilancio 2020 in Senato, intervengono sulla dotazione e sulla disciplina di riparto del Fondo di solidarietà comunale (FSC), che costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni, anche con finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi;
    i commi 850 e 851, invece già presenti nel testo iniziale ma riformulati al Senato, riducono la dotazione annuale del Fondo a partire dall'anno 2020 di circa 14,2 milioni di euro annui per la minore esigenza di ristoro ai comuni in conseguenza del maggior gettito ad essi derivante dalla nuova IMU, in conseguenza dell'unificazione di tale imposta con la TASI, di cui ai commi da 738 a 783 dell'articolo 1;
    il Fondo è stato istituito dalla legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU);
    parimenti andrebbe istituito un fondo con la finalità di garantire un ristoro economico ai sindaci che hanno sostenuto spese legali per i processi in cui sono coinvolti nell'esercizio del loro mandato, ma che vengono poi assolti in via definitiva,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione anche di un fondo per il ristoro delle spese legali dei sindaci coinvolti in processi legati all'esercizio del loro mandato, poi assolti in via definitiva.
9/2305/75Caparvi, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 848 a 851 dell'articolo 1, introdotti durante l'esame della legge di bilancio 2020 in Senato, intervengono sulla dotazione e sulla disciplina di riparto del Fondo di solidarietà comunale (FSC), che costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni, anche con finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi;
    i commi 850 e 851, invece già presenti nel testo iniziale ma riformulati al Senato, riducono la dotazione annuale del Fondo a partire dall'anno 2020 di circa 14,2 milioni di euro annui per la minore esigenza di ristoro ai comuni in conseguenza del maggior gettito ad essi derivante dalla nuova IMU, in conseguenza dell'unificazione di tale imposta con la TASI, di cui ai commi da 738 a 783 dell'articolo 1;
    il Fondo è stato istituito dalla legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU);
    parimenti andrebbe istituito un fondo con la finalità di garantire un ristoro economico ai sindaci che hanno sostenuto spese legali per i processi in cui sono coinvolti nell'esercizio del loro mandato, ma che vengono poi assolti in via definitiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione anche di un fondo per il ristoro delle spese legali dei sindaci coinvolti in processi legati all'esercizio del loro mandato, poi assolti in via definitiva.
9/2305/75. (Testo modificato nel corso della seduta).  Caparvi, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 721 a 724 della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) sono intervenuti nuovamente a modificare la normativa sulle società a partecipazione pubblica;
    i commi 721 e 723, da un lato modificano la disciplina delle società partecipate da società quotate, dall'altro autorizzano le amministrazioni pubbliche, le quali all'esito della revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute siano tenute alla loro liquidazione, a non procedervi, fino al 31 dicembre 2021, nel caso di partecipazioni in società che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente;
    i commi 722 e 724, invece, ampliano l'ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER;
    il comma 723, in particolare, integra il testo unico sulle società partecipate pubbliche (decreto legislativo n. 175 del 2016) introducendo la possibilità, fino al 31 dicembre 2021, di disapplicare sia l'obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria, sia il divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione;
    per queste società in utile, quindi, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza l'amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie,

impegna il Governo

a prorogare ulteriormente oppure ad eliminare il termine previsto al 31 dicembre 2021 entro il quale le società partecipate in utile dovranno sottostare anch'esse all'obbligo di alienazione delle partecipazioni societarie al fine di consentire a tali società la possibilità di effettuare investimenti ad un termine più lungo.
9/2305/76Fogliani, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 721 a 724 della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) sono intervenuti nuovamente a modificare la normativa sulle società a partecipazione pubblica;
    i commi 721 e 723, da un lato modificano la disciplina delle società partecipate da società quotate, dall'altro autorizzano le amministrazioni pubbliche, le quali all'esito della revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute siano tenute alla loro liquidazione, a non procedervi, fino al 31 dicembre 2021, nel caso di partecipazioni in società che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente;
    i commi 722 e 724, invece, ampliano l'ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER;
    il comma 723, in particolare, integra il testo unico sulle società partecipate pubbliche (decreto legislativo n. 175 del 2016) introducendo la possibilità, fino al 31 dicembre 2021, di disapplicare sia l'obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria, sia il divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione;
    per queste società in utile, quindi, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza l'amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare ulteriormente oppure ad eliminare il termine previsto al 31 dicembre 2021 entro il quale le società partecipate in utile dovranno sottostare anch'esse all'obbligo di alienazione delle partecipazioni societarie al fine di consentire a tali società la possibilità di effettuare investimenti ad un termine più lungo.

9/2305/76. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fogliani, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2020 prevede l'istituzione di diversi fondi o, in alternativa il rifinanziamento di fondi già esistenti per le più diverse finalità;
    l'articolo 5 della legge n. 206 del 2004 e l'articolo 2 della legge n. 407 del 1998, prevedono benefici economici, fiscali e previdenziali, concessi dal Ministero dell'interno, in favore delle vittime di atti di terrorismo e di stragi e ai loro familiari e loro superstiti;
    l'articolo 1, comma 219, della legge di bilancio per il 2018, ha provveduto ad estendere le disposizioni in favore delle vittime di atti di terrorismo e di stragi anche alle vittime dell'attentato terroristico di Dacca, avvenuto il 1o luglio 2016;
    tali agevolazioni non trovano, invece, applicazione per le vittime italiane di atti di terrorismo compiuti al di fuori del territorio nazionale e ai loro superstiti, e non soltanto a quelle di Dacca, anche in assenza di sentenza passata in giudicato e a prescindere dalla legislazione dello Stato estero in cui si svolge il procedimento. Tale ultimo aspetto rappresenta una misura di equità con riguardo alla tempistica dell'elargizione dei benefici per chi deve essere risarcito, evitando discriminazioni dovute all'emissione della sentenza e quindi agli iter giudiziari che sono, per loro natura, diversi da Stato a Stato, tutelando in tal modo il diritto all'indennizzo nei tempi e nei modi corretti per tutti coloro che hanno vissuto lo stesso terribile dramma;
    l'articolo 2 reca la copertura finanziaria della proposta di legge, quantificata in 800 mila euro per l'anno 2019 e in 200.000 euro a decorrere dall'anno 2020, considerato che l'attentato al museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015 ha provocato 4 vittime italiane, gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 hanno provocato una vittima italiana, gli attentati di Bruxelles del 22 marzo 2016 ne hanno provocata un'altra, l'attentato di Nizza del 14 luglio 2016 ha provocato 6 vittime e la strage di Berlino del 19 dicembre 2016 ne ha provocata una,

impegna il Governo

a estendere i benefici spettanti alle vittime di atti di terrorismo e di stragi e ai loro superstiti, anche alle vittime italiane di tutti gli atti di terrorismo di matrice islamica compiuti anche al di fuori del territorio nazionale.
9/2305/77Grimoldi, Formentini, Zoffili, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2020 prevede l'istituzione di diversi fondi o, in alternativa il rifinanziamento di fondi già esistenti per le più diverse finalità;
    l'articolo 5 della legge n. 206 del 2004 e l'articolo 2 della legge n. 407 del 1998, prevedono benefici economici, fiscali e previdenziali, concessi dal Ministero dell'interno, in favore delle vittime di atti di terrorismo e di stragi e ai loro familiari e loro superstiti;
    l'articolo 1, comma 219, della legge di bilancio per il 2018, ha provveduto ad estendere le disposizioni in favore delle vittime di atti di terrorismo e di stragi anche alle vittime dell'attentato terroristico di Dacca, avvenuto il 1o luglio 2016;
    tali agevolazioni non trovano, invece, applicazione per le vittime italiane di atti di terrorismo compiuti al di fuori del territorio nazionale e ai loro superstiti, e non soltanto a quelle di Dacca, anche in assenza di sentenza passata in giudicato e a prescindere dalla legislazione dello Stato estero in cui si svolge il procedimento. Tale ultimo aspetto rappresenta una misura di equità con riguardo alla tempistica dell'elargizione dei benefici per chi deve essere risarcito, evitando discriminazioni dovute all'emissione della sentenza e quindi agli iter giudiziari che sono, per loro natura, diversi da Stato a Stato, tutelando in tal modo il diritto all'indennizzo nei tempi e nei modi corretti per tutti coloro che hanno vissuto lo stesso terribile dramma;
    l'articolo 2 reca la copertura finanziaria della proposta di legge, quantificata in 800 mila euro per l'anno 2019 e in 200.000 euro a decorrere dall'anno 2020, considerato che l'attentato al museo del Bardo di Tunisi del 18 marzo 2015 ha provocato 4 vittime italiane, gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 hanno provocato una vittima italiana, gli attentati di Bruxelles del 22 marzo 2016 ne hanno provocata un'altra, l'attentato di Nizza del 14 luglio 2016 ha provocato 6 vittime e la strage di Berlino del 19 dicembre 2016 ne ha provocata una,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere i benefici spettanti alle vittime di atti di terrorismo e di stragi e ai loro superstiti, anche alle vittime italiane di tutti gli atti di terrorismo di matrice islamica compiuti anche al di fuori del territorio nazionale.
9/2305/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi, Formentini, Zoffili, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 548 dell'articolo 1, introdotto al Senato, è una norma programmatica concernente la Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige/Südtirol e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di prevedere l'attivazione di procedure di verifica degli eventuali effetti negativi sulla finanza dei tre enti, a seguito di modifiche della disciplina statale relativa ai tributi erariali;
    la norma, in sostanza, prevede che, nel caso lo Stato modifichi la disciplina relativa ai tributi erariali che potrebbe produrre effetti negativi sulla finanza della Regione o delle Province autonome, devono essere attivate specifiche procedure al fine di monitorare gli effetti finanziari delle suddette modifiche;
    la finanza della Regione e delle Province autonome è, infatti, basata sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali stabilite nello statuto e nelle relative norme di attuazione, che disciplinano altresì la base di computo e le modalità di attribuzione;
    giova ricordare che la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano godono di autonomia finanziaria a seguito della modifica statutaria intervenuta con l'Accordo di Milano siglato il 30 novembre 2009, poi recepito in norma di legge con la legge finanziaria 2010, in base al quale le Province autonome hanno acquisito ulteriori competenze delegate dallo Stato e hanno assicurato allo Stato, invece, una compartecipazione in quota fissa alla finanza pubblica da negoziare annualmente, solitamente in occasione della legge di bilancio;
    in seguito all'introduzione in Costituzione del principio del pareggio di bilancio, è stato necessario rivedere l'accordo del 2009 che si è tradotto nel cd. patto di garanzia del 15 ottobre 2014, recepito anch'esso nella legge di bilancio 2015;
   considerato che l'articolo 104 dello Statuto di autonomia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni ed integrazioni, sancisce che lo Stato debba acquisire l'intesa delle Province autonome di Trento e di Bolzano qualora intenda, con legge ordinaria, rivedere il titolo VI dello Statuto, relativo alla finanza della Regione e delle Province autonome,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di modificare l'articolo 1, comma 548, nel prossimo provvedimento utile, aggiungendo che le disposizioni in esso recate siano approvate ai sensi e per gli effetti dell'articolo 104 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, e s.m.i., recante lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
9/2305/78Vanessa Cattoi, Binelli, Loss, Maturi, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 548 dell'articolo 1, introdotto al Senato, è una norma programmatica concernente la Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige/Südtirol e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di prevedere l'attivazione di procedure di verifica degli eventuali effetti negativi sulla finanza dei tre enti, a seguito di modifiche della disciplina statale relativa ai tributi erariali;
    la norma, in sostanza, prevede che, nel caso lo Stato modifichi la disciplina relativa ai tributi erariali che potrebbe produrre effetti negativi sulla finanza della Regione o delle Province autonome, devono essere attivate specifiche procedure al fine di monitorare gli effetti finanziari delle suddette modifiche;
    la finanza della Regione e delle Province autonome è, infatti, basata sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali stabilite nello statuto e nelle relative norme di attuazione, che disciplinano altresì la base di computo e le modalità di attribuzione;
    giova ricordare che la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano godono di autonomia finanziaria a seguito della modifica statutaria intervenuta con l'Accordo di Milano siglato il 30 novembre 2009, poi recepito in norma di legge con la legge finanziaria 2010, in base al quale le Province autonome hanno acquisito ulteriori competenze delegate dallo Stato e hanno assicurato allo Stato, invece, una compartecipazione in quota fissa alla finanza pubblica da negoziare annualmente, solitamente in occasione della legge di bilancio;
    in seguito all'introduzione in Costituzione del principio del pareggio di bilancio, è stato necessario rivedere l'accordo del 2009 che si è tradotto nel cd. patto di garanzia del 15 ottobre 2014, recepito anch'esso nella legge di bilancio 2015;
   considerato che l'articolo 104 dello Statuto di autonomia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni ed integrazioni, sancisce che lo Stato debba acquisire l'intesa delle Province autonome di Trento e di Bolzano qualora intenda, con legge ordinaria, rivedere il titolo VI dello Statuto, relativo alla finanza della'Regione e delle Province autonome,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di valutare l'opportunità di modificare l'articolo 1, comma 548, nel prossimo provvedimento utile, aggiungendo che le disposizioni in esso recate siano approvate ai sensi e per gli effetti dell'articolo 104 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, e s.m.i., recante lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
9/2305/78. (Testo modificato nel corso della seduta) Vanessa Cattoi, Binelli, Loss, Maturi, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio per il 2020 contiene una serie di disposizioni in materia di finanza degli enti locali, volte a concedere maggiori risorse finanziarie;
    si segnala l'incremento della dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale (FSC), che ha finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi e la conseguente riduzione dettata dalla minore esigenza di ristoro in conseguenza dell'unificazione di tale imposta con la TASI, operata con i commi da 738 a 783;
    ci sono, poi, specifiche disposizioni che riguardano i comuni montani, con il raddoppio da 5 a 10 milioni dei finanziamenti, l'istituzione di un apposito Fondo per gli investimenti per le isole minori, vengono ampliate le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2019, a banche, intermediari finanziari e CDP al fine di favorire il pagamento dei debiti commerciali nonché, per i soli enti locali, l'aumento del limite massimo di ricorso ad anticipazioni di tesoreria;
    infine una serie di disposizioni volte a promuovere, attraverso specifici contributi, gli investimenti di comuni e regioni finalizzati all'efficientamento energetico, alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza di edifici e territorio, nonché a favore di province e città metropolitane per interventi straordinari di manutenzione di strade e scuole,

impegna il Governo

a prevedere maggiori trasferimenti agli enti locali finalizzati ad interventi di welfare come i collocamenti/ricollocamenti lavorativi per disoccupati e giovani inattivi, di concessione di contributi speciali alle famiglie in difficoltà, nonché per lavori di manutenzione del territorio dovuti al dissesto idrogeologico e per incrementare i collegamenti infrastrutturali.
9/2305/79Stefani, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio per il 2020 contiene una serie di disposizioni in materia di finanza degli enti locali, volte a concedere maggiori risorse finanziarie;
    si segnala l'incremento della dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale (FSC), che ha finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi e la conseguente riduzione dettata dalla minore esigenza di ristoro in conseguenza dell'unificazione di tale imposta con la TASI, operata con i commi da 738 a 783;
    ci sono, poi, specifiche disposizioni che riguardano i comuni montani, con il raddoppio da 5 a 10 milioni dei finanziamenti, l'istituzione di un apposito Fondo per gli investimenti per le isole minori, vengono ampliate le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2019, a banche, intermediari finanziari e CDP al fine di favorire il pagamento dei debiti commerciali nonché, per i soli enti locali, l'aumento del limite massimo di ricorso ad anticipazioni di tesoreria;
    infine una serie di disposizioni volte a promuovere, attraverso specifici contributi, gli investimenti di comuni e regioni finalizzati all'efficientamento energetico, alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza di edifici e territorio, nonché a favore di province e città metropolitane per interventi straordinari di manutenzione di strade e scuole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere maggiori trasferimenti agli enti locali finalizzati ad interventi di welfare come i collocamenti/ricollocamenti lavorativi per disoccupati e giovani inattivi, di concessione di contributi speciali alle famiglie in difficoltà, nonché per lavori di manutenzione del territorio dovuti al dissesto idrogeologico e per incrementare i collegamenti infrastrutturali.
9/2305/79. (Testo modificato nel corso della seduta) Stefani, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il piano straordinario di assunzioni di 85 mila docenti del 2015/16 fu attuato dal Governo Renzi in modo così maldestro e improvvisato da calpestare più articoli della Costituzione italiana;
    l'adesione al piano di immissioni in ruolo, previsti dalla legge n. 107 del 2015 prevedeva la collocazione degli aspiranti docenti di ruolo in ambiti territoriali non richiesti attraverso un sistema automatizzato di ricerca dei posti vacanti, dalle modalità mai rivelate ma sicuramente inique;
    perché quello che comunemente è stato apostrofato come «l'algoritmo impazzito», nel 2016 ha assegnato l'immissione in ruolo decine di migliaia di docenti a centinaia di chilometri dalla provincia di partenza pur in presenza, in molti casi, di posti vacanti molto più vicini;
    l'algoritmo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che assegnava la sede di servizio ha provocato molti errori, con il conseguente sorgere di contenzioso per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    con sentenze del tribunale amministrativo regionale sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento numerosi docenti che hanno fatto ricorso, con gravi disagi e ritardi negli uffici scolastici territoriali;
    le incongruenze riscontrate sarebbero numerose: ci sarebbero, infatti, docenti assegnati in sedi più lontane da casa rispetto a docenti che vantano minor punteggio in graduatoria e nessuna precedenza, posti rimasti vacanti in alcune province nonostante la richiesta di attribuzione da parte di docenti collocati altrove;
    vari pronunciamenti giudiziari sostengono che le procedure informatiche non possono mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l'attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un'istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere,

impegna il Governo

a risanare la situazione facendo tornare i danneggiati nelle province da dove sono stati spostati in modo illegittimo.
9/2305/80Sasso, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Mollicone, Bucalo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 380 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, alla lettera f) prevede che è riservato allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13;
    per i suddetti immobili, ai comuni viene lasciata la facoltà di aumentare l'aliquota base di 3 punti percentuali e di incassare le maggiori somme;
    si tratta dei fabbricati destinati a attività industriali o commerciali. In particolare, opifici, alberghi, pensioni e residences, istituti di credito, cambio e assicurazione, teatri, cinematografi e via dicendo;
    il recupero e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico locale è di fondamentale importanza per un Paese come l'Italia che vanta uno dei maggiori al mondo;
    la riqualificazione e la salvaguardia del nostro patrimonio culturale locale deve essere incentivata e considerata come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale, con il suo potenziale di rivitalizzazione delle aree urbane e rurali e di promuovere un turismo sostenibile,

impegna il Governo

a trasferire ai Comuni il restante 10 per cento derivante dalla riscossione dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per la riqualificazione e il recupero degli immobili del patrimonio artistico locale ricadente nel territorio comunale o di proprietà dello stesso.
9/2305/81Racchella, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 380 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, alla lettera f) prevede che è riservato allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13;
    per i suddetti immobili, ai comuni viene lasciata la facoltà di aumentare l'aliquota base di 3 punti percentuali e di incassare le maggiori somme;
    si tratta dei fabbricati destinati a attività industriali o commerciali. In particolare, opifici, alberghi, pensioni e residences, istituti di credito, cambio e assicurazione, teatri, cinematografi e via dicendo;
    il recupero e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico locale è di fondamentale importanza per un Paese come l'Italia che vanta uno dei maggiori al mondo;
    la riqualificazione e la salvaguardia del nostro patrimonio culturale locale deve essere incentivata e considerata come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale, con il suo potenziale di rivitalizzazione delle aree urbane e rurali e di promuovere un turismo sostenibile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di trasferire ai Comuni il restante 10 per cento derivante dalla riscossione dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per la riqualificazione e il recupero degli immobili del patrimonio artistico locale ricadente nel territorio comunale o di proprietà dello stesso.
9/2305/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Racchella, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e Bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», al comma 368 incrementa lo stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2019, a valere su una quota degli stanziamenti dell'anno 2019 iscritti su diversi capitoli dello stato di previsione del Ministero per i beni, le attività culturali e per il turismo;
    tuttavia, dalle audizioni delle varie categorie coinvolte, sono emerse molteplici criticità nella gestione dei fondi, che il precedente governo intendeva sanare attraverso una riforma del FUS;
    nei criteri delle aggiudicazioni dei fondi c’è stato un tipo di giudizio da parte delle commissioni esaminatrici in cui il più delle volte è prevalsa la parte soggettiva della valutazione a scapito dei criteri oggettivi quali ad esempio la qualità della proposta e la qualità degli artisti. La parte soggettiva va rimodulata in modo che all'interno si utilizzino criteri oggettivi, come ad esempio la vendita dei biglietti. Occorre far rientrare il giudizio in parametri misurabili;
    nella passata legislatura si è presa in considerazione l'ipotesi di una regionalizzazione del FUS, mantenendo un ufficio centralizzato, per gestire il grande numero di istanze che arrivano. Nel territorio spesso c’è infatti la sensibilità per capire la rilevanza che un'esperienza artistica può avere in quella zona,

impegna il Governo

a gestire le risorse del FUS a livello regionale, ferma restando la centralità degli uffici dove giungono le richieste di finanziamento.
9/2305/82Patelli, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Sasso, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2014 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014 n. 10, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, è stato introdotto nell'ordinamento italiano un credito di imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il c.d. Art bonus, quale strumento di sostegno da parte di imprese, persone fisiche ed enti, a favore del patrimonio culturale;
    l’Art bonus ha generato un significativo flusso economico a favore del recupero di beni culturali pubblici ed interventi a sostegno di istituti e luoghi della cultura, con oltre 287 milioni di euro e 1.809 interventi sostenuti, e si è rivelato uno strumento efficace di intervento diffuso territorialmente;
    gli enti ecclesiastici detengono attualmente una parte rilevante dei beni culturali tutelati, come individuati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, in gran parte accessibili al pubblico e alla fruizione turistica, ma oggi esclusi dai benefici dell’Art bonus;
    l'estensione ai beni ecclesiastici dell’Art bonus è in grado di generare maggiori donazioni stimabili complessivamente in circa 29 milioni all'anno, con un conseguente minore gettito per lo Stato, nonché una ricaduta positiva in termini economici e di opportunità di lavoro;
   considerato inoltre che:
    già in sede di conversione del decreto-legge 30 aprile 2019, numero 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» era stato presentato un ordine del giorno su tale materia che ha avuto parere favorevole,

impegna il Governo

ad estendere i benefici derivanti dall’Art bonus anche ai beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 24 gennaio 2004 n. 42, e successive modificazioni.
9/2305/83Pretto, Patassini, Mollicone, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2014 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014 n. 10, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, è stato introdotto nell'ordinamento italiano un credito di imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il c.d. Art bonus, quale strumento di sostegno da parte di imprese, persone fisiche ed enti, a favore del patrimonio culturale;
    l’Art bonus ha generato un significativo flusso economico a favore del recupero di beni culturali pubblici ed interventi a sostegno di istituti e luoghi della cultura, con oltre 287 milioni di euro e 1.809 interventi sostenuti, e si è rivelato uno strumento efficace di intervento diffuso territorialmente;
    gli enti ecclesiastici detengono attualmente una parte rilevante dei beni culturali tutelati, come individuati dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, in gran parte accessibili al pubblico e alla fruizione turistica, ma oggi esclusi dai benefici dell’Art bonus;
    l'estensione ai beni ecclesiastici dell’Art bonus è in grado di generare maggiori donazioni stimabili complessivamente in circa 29 milioni all'anno, con un conseguente minore gettito per lo Stato, nonché una ricaduta positiva in termini economici e di opportunità di lavoro;
   considerato inoltre che:
    già in sede di conversione del decreto-legge 30 aprile 2019, numero 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» era stato presentato un ordine del giorno su tale materia che ha avuto parere favorevole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere i benefici derivanti dall’Art bonus anche ai beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 24 gennaio 2004 n. 42, e successive modificazioni.
9/2305/83. (Testo modificato nel corso della seduta) Pretto, Patassini, Mollicone, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli eventi sismici che nei mesi di agosto e ottobre del 2016 hanno colpito numerosi comuni delle Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, hanno pesantemente danneggiato anche le infrastrutture scolastiche;
    ciò ha causato l'inagibilità di gran parte degli istituti, a cui se ne sono aggiunti molti altri che, pur se non lesionati gravemente, necessitano di interventi di ripristino, e il trasferimento dell'attività didattica in sedi provvisorie;
    molti studenti, sono da tempo costretti a estenuanti viaggi in bus dagli alberghi della costa ai Comuni di residenza;
    questa situazione, causa innumerevoli problemi che richiedono massima flessibilità da un lato, e certezza delle risorse dall'altro, al fine di evitare che questa situazione di eccezionale emergenza possa tradursi nello spopolamento di intere aree e nell'impoverimento dell'offerta formativa in territori che andrebbero invece sostenuti anche nella prospettiva della ricostruzione;
    tutto ciò, inoltre, non favorisce la salvaguardia dell'unità e dell'identità delle comunità, già molto provate dal terremoto, così come non aiuta il processo di insegnamento e apprendimento che è necessario garantire,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le necessarie iniziative, anche normative e finanziarie, al fine di favorire la sistemazione degli studenti e degli insegnanti in strutture scolastiche provvisorie, al fine di consentire l'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza delle scuole comunali danneggiate dal terremoto, che ha colpito le regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria nel mese di agosto e ottobre 2016, attraverso i necessari interventi adeguamento sismico.
9/2305/84Latini, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Patelli, Racchella, Sasso, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    gli eventi sismici che nei mesi di agosto e ottobre del 2016 hanno colpito numerosi comuni delle Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, hanno pesantemente danneggiato anche le infrastrutture scolastiche;
    ciò ha causato l'inagibilità di gran parte degli istituti, a cui se ne sono aggiunti molti altri che, pur se non lesionati gravemente, necessitano di interventi di ripristino, e il trasferimento dell'attività didattica in sedi provvisorie;
    molti studenti, sono da tempo costretti a estenuanti viaggi in bus dagli alberghi della costa ai Comuni di residenza;
    questa situazione, causa innumerevoli problemi che richiedono massima flessibilità da un lato, e certezza delle risorse dall'altro, al fine di evitare che questa situazione di eccezionale emergenza possa tradursi nello spopolamento di intere aree e nell'impoverimento dell'offerta formativa in territori che andrebbero invece sostenuti anche nella prospettiva della ricostruzione;
    tutto ciò, inoltre, non favorisce la salvaguardia dell'unità e dell'identità delle comunità, già molto provate dal terremoto, così come non aiuta il processo di insegnamento e apprendimento che è necessario garantire,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative, anche normative e finanziarie, al fine di favorire la sistemazione degli studenti e degli insegnanti in strutture scolastiche provvisorie, al fine di consentire l'esecuzione dei lavori di messa in sicurezza delle scuole comunali danneggiate dal terremoto, che ha colpito le regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria nel mese di agosto e ottobre 2016, attraverso i necessari interventi adeguamento sismico.
9/2305/84. (Testo modificato nel corso della seduta) Latini, Belotti, Basini, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Patelli, Racchella, Sasso, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l’Art Bonus, istituito dall'articolo 1 del decreto-legge 31 Maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, consente un credito di imposta, pari al 65 per cento dell'importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano;
    gli interventi ammissibili riguardano la manutenzione, la protezione e il restauro dei beni culturali di sola proprietà pubblica;
    il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 recante «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190» all'articolo 1, comma 2, lettera c, definisce «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;
    tali enti, o fondazioni, hanno un ruolo importante nella manutenzione e nella valorizzazione di beni culturali anche privati e nel sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura anche di appartenenza privata;
    potenziare tale opera di valorizzazione e sviluppo del nostro patrimonio culturale è significativo per creare un indotto in termini economici ed occupazionali importante e sempre maggiore per il nostro Paese;
   considerato inoltre che:
    già in sede di conversione del decreto-legge 30 aprile 2019, numero 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» era stato presentato un ordine del giorno su tale materia che ha avuto parere favorevole,

impegna il Governo

ad inserire nel novero degli interventi che possono beneficiare dell’Art Bonus quelli relativi alla manutenzione, protezione e restauro di beni culturali appartenenti a fondazioni di diritto privato in controllo pubblico in cui le pubbliche amministrazioni hanno potere di nomina dei vertici o dei componenti degli organi di amministrazione, ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2013, articolo, 1 comma 1, lettera c), nonché al sostegno degli istituti e luoghi di cultura da esse gestiti.
9/2305/85Bubisutti, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l’Art Bonus, istituito dall'articolo 1 del decreto-legge 31 Maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, consente un credito di imposta, pari al 65 per cento dell'importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico italiano;
    gli interventi ammissibili riguardano la manutenzione, la protezione e il restauro dei beni culturali di sola proprietà pubblica;
    il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 recante «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190» all'articolo 1, comma 2, lettera c, definisce «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi;
    tali enti, o fondazioni, hanno un ruolo importante nella manutenzione e nella valorizzazione di beni culturali anche privati e nel sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura anche di appartenenza privata;
    potenziare tale opera di valorizzazione e sviluppo del nostro patrimonio culturale è significativo per creare un indotto in termini economici ed occupazionali importante e sempre maggiore per il nostro Paese;
   considerato inoltre che:
    già in sede di conversione del decreto-legge 30 aprile 2019, numero 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi» era stato presentato un ordine del giorno su tale materia che ha avuto parere favorevole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel novero degli interventi che possono beneficiare dell’Art Bonus quelli relativi alla manutenzione, protezione e restauro di beni culturali appartenenti a fondazioni di diritto privato in controllo pubblico in cui le pubbliche amministrazioni hanno potere di nomina dei vertici o dei componenti degli organi di amministrazione, ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2013, articolo, 1 comma 1,lettera c), nonché al sostegno degli istituti e luoghi di cultura da esse gestiti.
9/2305/85. (Testo modificato nel corso della seduta) Bubisutti, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e Bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», al fine di potenziare l'attività di ricerca nelle università ,enti e istituti di ricerca, prevede al comma 241 la nascita dell'Agenzia nazionale per la ricerca;
    tale ente dovrebbe coordinare bandi e progetti e mettere a sistema le tante realtà scientifiche italiane ancora troppo frammentate;
    ai sensi dello stesso comma 241, l'Agenzia è sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    ai sensi del comma 243 il comitato direttivo, invece, sarà composto da otto membri: uno scelto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dal Ministro per lo sviluppo economico, uno dal Ministro della salute, uno dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, uno dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, uno dal Consiglio universitario nazionale, uno dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e uno dall'Accademia dei Lincei;
    ai sensi del comma 247, il Comitato scientifico sarà, invece, composto da 5 membri nominati dal direttore all'interno di una rosa di 25 candidati, selezionati da parte di una commissione secondo criteri di competenza;
    nonostante la norma abbia subito delle modifiche nel corso dell'esame al Senato resta un ente con una forte impronta politica soprattutto per il controllo sulle nomine;
    in Italia esiste già il CNR che svolge funzioni equivalenti a quelle affidate all'Agenzia in questione e che inoltre dà maggiori garanzie in tema di indipendenza politica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di superare le criticità esposte in premessa, monitorando che l'attività della suddetta Agenzia possa effettivamente perseguire obiettivi strategici di ricerca e di innovazione, svincolati da interessi politici, ovvero valutando, in successivi provvedimenti di prevedere l'istituzione di un apposito comitato denominato Comitato per la ricerca e lo sviluppo sostenibile, CNRSS, avente lo scopo di favorire altresì l'internazionalizzazione delle attività, di ricerca e la partecipazione dell'Italia a progetti di respiro internazionale.
9/2305/86Basini, Colmellere, Belotti, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato nello specifico il comma 583 che ripristina l'obbligo per tutta la Pubblica Amministrazione, ivi incluse le università e gli enti di ricerca ad approvvigionarsi tramite Consip;
    ricordato che nel decreto-legge del 29 ottobre 2019, n. 126, recante «Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti» testé approvato anche dall'altro ramo del Parlamento, e la legge di conversione prossima alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l'articolo 4, lettera b), le università sono state affrancate da tale obbligo, in quanto ritenuto inadatto per le specificità tecniche delle apparecchiature necessarie ai ricercatori, spesso offerte da un unico fornitore che talvolta opera su mercati (liberi) prevalentemente esteri,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di riconsiderare la previsione di tale obbligo, alla luce del combinato normativo di cui al citato comma 583 del provvedimento in esame e l'articolo 4 lettera b) del decreto-legge del 29 ottobre 2019, n. 126, recante «Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti».
9/2305/87Colmellere, Belotti, Basini, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Sasso, Mollicone, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato nello specifico il comma 583 che ripristina l'obbligo per tutta la Pubblica Amministrazione, ivi incluse le università e gli enti di ricerca ad approvvigionarsi tramite Consip;
    ricordato che nel decreto-legge del 29 ottobre 2019, n. 126, recante «Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti» testé approvato anche dall'altro ramo del Parlamento, e la legge di conversione prossima alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l'articolo 4, lettera b), le università sono state affrancate da tale obbligo, in quanto ritenuto inadatto per le specificità tecniche delle apparecchiature necessarie ai ricercatori, spesso offerte da un unico fornitore che talvolta opera su mercati (liberi) prevalentemente esteri,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare l'opportunità di riconsiderare la previsione di tale obbligo, alla luce del combinato normativo di cui al citato comma 583 del provvedimento in esame e l'articolo 4 lettera b) del decreto-legge del 29 ottobre 2019, n. 126, recante «Misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti».
9/2305/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Colmellere, Belotti, Basini, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Sasso, Mollicone, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della legge di bilancio 2020, si ritiene opportuno ricordare che dal primo semestre di quest'anno sono in vigore una serie di misure atte a far rientrare in Italia i nostri concittadini residenti all'estero, così come a facilitare il rientro di realtà finanziarie e attrarre investimenti dall'estero;
    con il recente decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (c.d. decreto fiscale), ad esempio, sono state estese le maggiori agevolazioni disposte dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. decreto-legge crescita) per i lavoratori impatriati anche ai lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019 e viene inoltre istituito il Fondo Controesodo;
    in particolare il regime degli impatriati già trovava, all'articolo 5 del dl crescita, una serie di interventi fiscali agevolativi in favore dei lavoratori impatriati e dei docenti e ricercatori che rientrano in Italia, al fine di ampliarne l'ambito applicativo e di chiarire l'operatività dei requisiti ex lege per l'attribuzione dei relativi benefici fiscali;
    altra misura, sempre contenuta nel di crescita, è la costituzione delle società a investimento semplice – SIS – le quali gestiscono direttamente il patrimonio raccolto attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di capitale riservato agli investitori professionali, beneficiando di ridotti oneri regolatori;
    ulteriore misura che merita menzione consiste nella creazione del regulatory sandbox for Fintech, disciplinato anch'esso dal di crescita, il quale rappresenta un vero e proprio spazio regolatorio sperimentale, già largamente usato in altri Paesi anglosassoni, che è in grado di dare impulso alla nostra economia creando e attraendo nuovi modelli di business, incoraggiando meccanismi di sviluppo che tengano il passo e favoriscano, al contempo, i processi di innovazione;
    in aggiunta, si ritiene opportuno ricordare, altresì, l'estensione del crowdfunding anche a strumenti di debito, come previsto dall'articolo 1, comma 236 della legge 31 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), la quale costituisce una delle modalità innovative per la raccolta di capitale di rischio e di debito, il cui successo deriva da una sempre maggiore disintermediazione finanziaria e bancaria e dei relativi vantaggi economici a questa conseguenti;
    infine, l'articolo 1, comma 273, della legge 31 dicembre 2018, n. 145, prevede l'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno;
    tuttavia, tale framework legislativo, seppur vantaggioso, non ha ancora espresso le sue piene potenzialità, anche a causa di una non adeguata pubblicità per mezzo della nostra rete diplomatica,

impegna il Governo

a individuare le risorse finanziarie per avviare una campagna informativa di tutte le misure agevolative per il rientro dei nostri connazionali in Italia, l'attrazione di investimenti, di capitali e di attività, esposte in premessa, anche assumendo tutte le opportune iniziative affinché le nostre rappresentanze diplomatiche all'estero pubblicizzino in modo capillare tra i cittadini e le aziende degli Stati ove le rappresentanze stesse sono situate.
9/2305/88Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della legge di bilancio 2020, si ritiene opportuno ricordare che dal primo semestre di quest'anno sono in vigore una serie di misure atte a far rientrare in Italia i nostri concittadini residenti all'estero, così come a facilitare il rientro di realtà finanziarie e attrarre investimenti dall'estero;
    con il recente decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (c.d. decreto fiscale), ad esempio, sono state estese le maggiori agevolazioni disposte dal decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. decreto-legge crescita) per i lavoratori impatriati anche ai lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019 e viene inoltre istituito il Fondo Controesodo;
    in particolare il regime degli impatriati già trovava, all'articolo 5 del dl crescita, una serie di interventi fiscali agevolativi in favore dei lavoratori impatriati e dei docenti e ricercatori che rientrano in Italia, al fine di ampliarne l'ambito applicativo e di chiarire l'operatività dei requisiti ex lege per l'attribuzione dei relativi benefici fiscali;
    altra misura, sempre contenuta nel di crescita, è la costituzione delle società a investimento semplice – SIS – le quali gestiscono direttamente il patrimonio raccolto attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di capitale riservato agli investitori professionali, beneficiando di ridotti oneri regolatori;
    ulteriore misura che merita menzione consiste nella creazione del regulatory sandbox for Fintech, disciplinato anch'esso dal di crescita, il quale rappresenta un vero e proprio spazio regolatorio sperimentale, già largamente usato in altri Paesi anglosassoni, che è in grado di dare impulso alla nostra economia creando e attraendo nuovi modelli di business, incoraggiando meccanismi di sviluppo che tengano il passo e favoriscano, al contempo, i processi di innovazione;
    in aggiunta, si ritiene opportuno ricordare, altresì, l'estensione del crowdfunding anche a strumenti di debito, come previsto dall'articolo 1, comma 236 della legge 31 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), la quale costituisce una delle modalità innovative per la raccolta di capitale di rischio e di debito, il cui successo deriva da una sempre maggiore disintermediazione finanziaria e bancaria e dei relativi vantaggi economici a questa conseguenti;
    infine, l'articolo 1, comma 273, della legge 31 dicembre 2018, n. 145, prevede l'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi delle persone fisiche titolari di redditi da pensione di fonte estera che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Mezzogiorno;
    tuttavia, tale framework legislativo, seppur vantaggioso, non ha ancora espresso le sue piene potenzialità, anche a causa di una non adeguata pubblicità per mezzo della nostra rete diplomatica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare le risorse finanziarie per avviare una campagna informativa di tutte le misure agevolative per il rientro dei nostri connazionali in Italia, l'attrazione di investimenti, di capitali e di attività, esposte in premessa, anche assumendo tutte le opportune iniziative affinché le nostre rappresentanze diplomatiche all'estero pubblicizzino in modo capillare tra i cittadini e le aziende degli Stati ove le rappresentanze stesse sono situate.
9/2305/88. (Testo modificato nel corso della seduta) Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 57-bis del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, proroga la modalità di misurazione della Tari da parte dei Comuni sulla base di un criterio medio-ordinario e non sull'effettiva quantità di rifiuti prodotti;
    inoltre, il suddetto articolo 57-bis fissa al 30 aprile il termine di deliberazione delle tariffe Tari per l'anno 2020;
    con delibera n. 443 del 31 ottobre 2019, ARERA definisce i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento per il periodo dal 2018 al 2021, adottando il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti (MTR) e prevede di riformulare interamente i piani finanziari dei rifiuti con la modalità dei costi efficienti;
    tramite la suddetta delibera si prevede, inoltre, di attivare un percorso di approvazione che include la proposta del gestore (da applicare in ragione della realtà territoriale di zona), la validazione dall'ente territoriale che svolge le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, ai sensi dell'articolo 3-bis del disegno di legge n. 138 del 2011 e, infine, l'approvazione di ARERA;
    solo al termine del suddetto procedimento sarà possibile disporre del Piano Economico Finanziario per la definizione delle tariffe Tari, di competenza dei Comuni;
    pertanto, la delibera n. 443 del 31 ottobre 2019 di ARERA stravolge il format che si stava consolidando negli ultimi anni e che poneva il Comune al centro del processo di approvazione dell'impianto Tari,

impegna il Governo

a prorogare, tramite interventi di carattere normativo, il criterio medio-ordinario di cui all'articolo 57-bis comma 1 lettera a) almeno fino al 30 aprile 2021.
9/2305/89Covolo, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 57-bis del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, proroga la modalità di misurazione della Tari da parte dei Comuni sulla base di un criterio medio-ordinario e non sull'effettiva quantità di rifiuti prodotti;
    inoltre, il suddetto articolo 57-bis fissa al 30 aprile il termine di deliberazione delle tariffe Tari per l'anno 2020;
    con delibera n. 443 del 31 ottobre 2019, ARERA definisce i criteri di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento per il periodo dal 2018 al 2021, adottando il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti (MTR) e prevede di riformulare interamente i piani finanziari dei rifiuti con la modalità dei costi efficienti;
    tramite la suddetta delibera si prevede, inoltre, di attivare un percorso di approvazione che include la proposta del gestore (da applicare in ragione della realtà territoriale di zona), la validazione dall'ente territoriale che svolge le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, ai sensi dell'articolo 3-bis del disegno di legge n. 138 del 2011 e, infine, l'approvazione di ARERA;
    solo al termine del suddetto procedimento sarà possibile disporre del Piano Economico Finanziario per la definizione delle tariffe Tari, di competenza dei Comuni;
    pertanto, la delibera n. 443 del 31 ottobre 2019 di ARERA stravolge il format che si stava consolidando negli ultimi anni e che poneva il Comune al centro del processo di approvazione dell'impianto Tari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare, tramite interventi di carattere normativo, il criterio medio-ordinario di cui all'articolo 57-bis comma 1 lettera a) almeno fino al 30 aprile 2021.
9/2305/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Covolo, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    le modifiche apportate alla legge di bilancio al Senato hanno previsto, tra le altre, alcuni cambiamenti che hanno rivoluzionato gli incentivi alle imprese, eliminando l'iperammortamento e il super ammortamento e introducendo la maturazione dei crediti d'imposta compensabili;
    in particolare, l'iperammortamento sarà sostituito da un credito d'imposta per investimenti in Industria 4.0. Il credito d'imposta sarà pari al 40 per cento del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro e pari al 20 per cento per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite massimo dei costi ammissibili pari a 10 milioni di euro;
    il super ammortamento sarà sostituito con il credito d'imposta per investimenti in beni strumentali, nella misura del 6 per cento del costo totale nel limite massimo dei costi ammissibili pari a 2 milioni di euro;
    è stato inoltre ridimensionato il credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo: infatti, oltre a non esser stato prorogato al 2021, per il 2020 è stato stravolto il sistema di calcolo del credito stesso, calcolato al 12 per cento sulle spese ammissibile, scomparendo così il sistema di calcolo incrementale;
    il suddetto credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo sarà affiancato, nel 2020, da un analogo strumento quale il credito d'imposta per le attività legate al design e al campionario, pari al 6 per cento della relativa base di calcolo e nel limite massimo di 1,5 milioni di euro;
    infine, il credito d'imposta per la Formazione 4.0 è stato prorogato al 2020, sarà pari al 50 per cento delle spese ammissibili e nel limite massimo di 300 mila euro per le piccole imprese, al 40 per cento e fino a 250 mila euro per le medie imprese, al 30 per cento e fino a 250 mila euro per le grandi imprese;
    sostanzialmente, a seguito dell'introduzione dei nuovi crediti d'imposta e del conseguente abbandono dell'iperammortamento e del super ammortamento, ad essere particolarmente svantaggiati saranno i soggetti – in particolare imprese, Pmi, commercianti, artigiani e professionisti – che finora fruivano del super ammortamento, non soltanto perché si abbassa l'aliquota dell'incentivo, ma soprattutto perché la disciplina del nuovo credito d'imposta si aggrava di diversi aspetti burocratici e procedurali;
    per tutti gli investimenti (anche quelli in beni strumentali semplici) varrà l'obbligo di presentare una comunicazione annuale al Ministero dello Sviluppo Economico e, inoltre, è previsto che le fatture e gli altri documenti relativi all'acquisizione dei beni agevolati debbano contenere l'espresso riferimento alle disposizioni della Legge di bilancio;
    un ulteriore punto critico è rappresentato dal periodo di tempo utile per la consegna dei beni acquistati;
    la criticità maggiore è rappresentata dal fatto che, per un Paese che non cresce, questa norma, oltre a deprimere gli investimenti privati, deprime il fatturato delle imprese che costruiscono beni strumentali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre, con successivi interventi normativi, la disciplina dell'iperammortamento e del super ammortamento, considerando gli innumerevoli svantaggi che l'introduzione del credito d'imposta, comporta in particolare per Pmi, artigiani e professionisti, i quali costituiscono un importante pilastro del sistema economico-produttivo del nostro Paese.
9/2305/90Gusmeroli, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il termine continuità territoriale nasce da alcuni trattati europei come strumento legislativo volto a garantire i servizi di trasporto – normalmente per via aerea o marittima – ai cittadini abitanti in regioni sfavorite o disagiate dello Stato a cui appartengono;
    il fondamento della continuità territoriale è la base normativa europea sul servizio pubblico, che pertanto non può essere trasgredita se non per espressa deroga ai principi di libero scambio e di libera concorrenza;
    l'attuale situazione riguardante gli impossibili costi dei voli aerei da e per la Sicilia esige rapidamente di essere affrontata e risolta. Da troppi anni perdura questa fase che ha portato ad una situazione di emarginazione territoriale; urge rimuovere gli ostacoli che da sempre hanno precluso l'applicazione delle norme sulla continuità territoriale;
    attualmente, le compagnie aeree possono applicare, sulla base della libera concorrenza, le tariffe che ritengono, con una metodologia di tariffazione aerea determinata con un algoritmo che fa aumentare le stesse sulla base del riempimento passeggeri degli aerei, con il criterio che maggiore è il numero di passeggeri sul vettore aereo, maggiore diviene il costo del biglietto;
    occorre preliminarmente intervenire in sede europea, affinché la Commissione comprenda che, nonostante la breve distanza con il Continente, la Sicilia rimane emarginata per l'evidente mancanza di alternative di trasporto;
    recentemente è stato approvato in Senato un emendamento proposto dalla maggioranza di Governo, alla legge di bilancio 2020, che prevede, come elemento risolutivo del suddetto atavico problema delle tariffe aeree, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa scegliere le tratte sulle quali applicare le tariffe agevolate a partire dal 2021;
    il problema non viene assolutamente risolto, poiché ancor prima di procedere con l'approvazione di qualunque norma in Parlamento è necessario, sulla base del Regolamento n. 1008 sul Servizio Aereo della Comunità europea, sottoporre alla Commissione Trasporti della Comunità europea, attraverso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, uno schema preventivo di riferimento che contenga tutte le indicazioni necessarie su costi, tratte, passeggeri e quindi chiedere l'istituzione di un'apposita Commissione composta dai rappresentanti della Commissione europea, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Enac,

impegna il Governo

ad intervenire celermente sulla Commissione europea, anche tramite disposizioni di carattere normativo, al fine di poter far rientrare la Sicilia all'interno delle norme che regolano la continuità territoriale con il conseguente abbattimento dei costi di tariffazione aerea per tutti i cittadini residenti nell'isola.
9/2305/91Alessandro Pagano, Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    il termine continuità territoriale nasce da alcuni trattati europei come strumento legislativo volto a garantire i servizi di trasporto – normalmente per via aerea o marittima – ai cittadini abitanti in regioni sfavorite o disagiate dello Stato a cui appartengono;
    il fondamento della continuità territoriale è la base normativa europea sul servizio pubblico, che pertanto non può essere trasgredita se non per espressa deroga ai principi di libero scambio e di libera concorrenza;
    l'attuale situazione riguardante gli impossibili costi dei voli aerei da e per la Sicilia esige rapidamente di essere affrontata e risolta. Da troppi anni perdura questa fase che ha portato ad una situazione di emarginazione territoriale; urge rimuovere gli ostacoli che da sempre hanno precluso l'applicazione delle norme sulla continuità territoriale;
    attualmente, le compagnie aeree possono applicare, sulla base della libera concorrenza, le tariffe che ritengono, con una metodologia di tariffazione aerea determinata con un algoritmo che fa aumentare le stesse sulla base del riempimento passeggeri degli aerei, con il criterio che maggiore è il numero di passeggeri sul vettore aereo, maggiore diviene il costo del biglietto;
    occorre preliminarmente intervenire in sede europea, affinché la Commissione comprenda che, nonostante la breve distanza con il Continente, la Sicilia rimane emarginata per l'evidente mancanza di alternative di trasporto;
    recentemente è stato approvato in Senato un emendamento proposto dalla maggioranza di Governo, alla legge di bilancio 2020, che prevede, come elemento risolutivo del suddetto atavico problema delle tariffe aeree, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa scegliere le tratte sulle quali applicare le tariffe agevolate a partire dal 2021;
    il problema non viene assolutamente risolto, poiché ancor prima di procedere con l'approvazione di qualunque norma in Parlamento è necessario, sulla base del Regolamento n. 1008 sul Servizio Aereo della Comunità europea, sottoporre alla Commissione Trasporti della Comunità europea, attraverso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, uno schema preventivo di riferimento che contenga tutte le indicazioni necessarie su costi, tratte, passeggeri e quindi chiedere l'istituzione di un'apposita Commissione composta dai rappresentanti della Commissione europea, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Enac,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire celermente sulla Commissione europea, anche tramite disposizioni di carattere normativo, al fine di poter far rientrare la Sicilia all'interno delle norme che regolano la continuità territoriale con il conseguente abbattimento dei costi di tariffazione aerea per tutti i cittadini residenti nell'isola.
9/2305/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Alessandro Pagano, Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 660, della legge di bilancio 2020, «le cartine, le cartine arrotolate senza tabacco e i filtri funzionali ad arrotolare le sigarette sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari a euro 0,0036 il pezzo contenuto in ciascuna confezione destinata alla vendita al pubblico»;
    la suddetta decisione contraddice in maniera evidente ogni affermazione del Governo sulla volontà di ridurre le tasse ai cittadini, oltre che di tutelarne la salute;
    la volontà di sottoporre ad un regime in contrasto con la normativa europea la vendita di prodotti fino ad oggi liberamente commercializzati manifesta il desiderio non solo di caricare di nuove tasse i cittadini delle fasce di reddito più deboli, bensì di trasformare un mercato libero e competitivo a vantaggio dei consumatori in una riserva protetta, per poche aziende, dove accumulare profitti in condizioni di monopolio;
    dalla nuova imposta di consumo deriverà un gettito ridicolo, stimato per eccesso in circa 30 milioni di euro, meno dell'uno per mille della manovra, del tutto ininfluente per il Bilancio dello Stato, se non addirittura negativo se rapportato alla perdita di posti di lavoro alla quale le centinaia di aziende, con migliaia di addetti che fino ad oggi si occupavano della rivendita di questi prodotti, andranno incontro in virtù del processo di monopolizzazione che la norma prevede;
    questa norma di incerta e confusa applicazione sarà fonte di innumerevoli contenziosi nelle aule dei tribunali italiani, andando ulteriormente a rallentare l'attività della giustizia con grave danno dei cittadini e della collettività per procedimenti legati all'inevitabile contrabbando che l'ingiusta tassazione attiverà, reso facile dalla libera circolazione delle merci all'interno delle frontiere comunitarie, dove questi prodotti sono in regime di libera vendita,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti derivanti dall'entrata in vigore del comma 660 citato in premessa valutandone l'opportunità di abrogarla, con successivi interventi di carattere normativo, qualora l'impatto negativo in termini occupazionali sia maggiore del gettito prodotto dalla predetta disposizione.
9/2305/92Paternoster, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 660, della legge di bilancio 2020, «le cartine, le cartine arrotolate senza tabacco e i filtri funzionali ad arrotolare le sigarette sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari a euro 0,0036 il pezzo contenuto in ciascuna confezione destinata alla vendita al pubblico»;
    la suddetta decisione contraddice in maniera evidente ogni affermazione del Governo sulla volontà di ridurre le tasse ai cittadini, oltre che di tutelarne la salute;
    la volontà di sottoporre ad un regime in contrasto con la normativa europea la vendita di prodotti fino ad oggi liberamente commercializzati manifesta il desiderio non solo di caricare di nuove tasse i cittadini delle fasce di reddito più deboli, bensì di trasformare un mercato libero e competitivo a vantaggio dei consumatori in una riserva protetta, per poche aziende, dove accumulare profitti in condizioni di monopolio;
    dalla nuova imposta di consumo deriverà un gettito ridicolo, stimato per eccesso in circa 30 milioni di euro, meno dell'uno per mille della manovra, del tutto ininfluente per il Bilancio dello Stato, se non addirittura negativo se rapportato alla perdita di posti di lavoro alla quale le centinaia di aziende, con migliaia di addetti che fino ad oggi si occupavano della rivendita di questi prodotti, andranno incontro in virtù del processo di monopolizzazione che la norma prevede;
    questa norma di incerta e confusa applicazione sarà fonte di innumerevoli contenziosi nelle aule dei tribunali italiani, andando ulteriormente a rallentare l'attività della giustizia con grave danno dei cittadini e della collettività per procedimenti legati all'inevitabile contrabbando che l'ingiusta tassazione attiverà, reso facile dalla libera circolazione delle merci all'interno delle frontiere comunitarie, dove questi prodotti sono in regime di libera vendita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti derivanti dall'entrata in vigore del comma 660 citato in premessa valutandone l'opportunità di abrogarla, con successivi interventi di carattere normativo, qualora l'impatto negativo in termini occupazionali sia maggiore del gettito prodotto dalla predetta disposizione.
9/2305/92. (Testo modificato nel corso della seduta) Paternoster, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita», prevede la detrazione delle somme investite nelle imprese Start up innovative per i soggetti Irpef e la deduzione per i soggetti Ires;
    è stato previsto, tramite la manovra di Bilancio dello scorso anno, l'incremento delle aliquote dal 30 al 40 per cento di detrazione e deduzione delle somme investite nelle imprese Start up innovative, infatti, come recita l'articolo 1, comma 218, della legge n. 145 del 2018 «nei casi di acquisizione dell'intero capitale sociale di Start up innovative da parte di soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, diversi da imprese Start up innovative, le predette aliquote sono incrementate, per l'anno 2019, dal 30 al 50 per cento, a condizione che l'intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno tre anni»;
    tuttavia, l'efficacia delle modifiche relative alle disposizioni di cui sopra è condizionata, secondo le procedure previste dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dall'autorizzazione della Commissione europea;
    di conseguenza, ad oggi l'incentivo di cui sopra è ancora fermo ai blocchi di partenza, come confermato anche dall'articolo di stampa del 12 ottobre de Il Sole 24 ore, il quale richiama la risposta all'interpello n. 410 dell'Agenzia delle entrate;
    dalla risposta dell'Agenzia delle entrate emerge l'impossibilità di intervenire poiché, non essendo allo stato attuale intervenuta l'autorizzazione della Commissione europea alla fruizione del beneficio, «non sussistono le condizioni per poter dare applicazione alle disposizioni e, di conseguenza, esprimere un parere»,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di trovare soluzioni alternative in merito alle disposizioni di cui in premessa, atteso che i ritardi derivanti dal mancato beneficio fiscale penalizzano la volontà di investitori e i imprenditori, che favorirebbero la crescita del Paese.
9/2305/93Giglio Vigna, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29 del decreto-legge n. 179 del 2012, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita», prevede la detrazione delle somme investite nelle imprese Start up innovative per i soggetti Irpef e la deduzione per i soggetti Ires;
    è stato previsto, tramite la manovra di Bilancio dello scorso anno, l'incremento delle aliquote dal 30 al 40 per cento di detrazione e deduzione delle somme investite nelle imprese Start up innovative, infatti, come recita l'articolo 1, comma 218, della legge n. 145 del 2018 «nei casi di acquisizione dell'intero capitale sociale di Start up innovative da parte di soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, diversi da imprese Start up innovative, le predette aliquote sono incrementate, per l'anno 2019, dal 30 al 50 per cento, a condizione che l'intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno tre anni»;
    tuttavia, l'efficacia delle modifiche relative alle disposizioni di cui sopra è condizionata, secondo le procedure previste dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dall'autorizzazione della Commissione europea;
    di conseguenza, ad oggi l'incentivo di cui sopra è ancora fermo ai blocchi di partenza, come confermato anche dall'articolo di stampa del 12 ottobre de Il Sole 24 ore, il quale richiama la risposta all'interpello n. 410 dell'Agenzia delle entrate;
    dalla risposta dell'Agenzia delle entrate emerge l'impossibilità di intervenire poiché, non essendo allo stato attuale intervenuta l'autorizzazione della Commissione europea alla fruizione del beneficio, «non sussistono le condizioni per poter dare applicazione alle disposizioni e, di conseguenza, esprimere un parere»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, al fine di trovare soluzioni alternative in merito alle disposizioni di cui in premessa, atteso che i ritardi derivanti dal mancato beneficio fiscale penalizzano la volontà di investitori e i imprenditori, che favorirebbero la crescita del Paese.
9/2305/93. (Testo modificato nel corso della seduta) Giglio Vigna, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 314, del provvedimento in esame prevede un incremento di autorizzazione di spesa al fine di rafforzare ed ampliare la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese e il successivo comma 316 introduce alcune misure volte a rafforzare la disciplina sulle Zone economiche speciali (ZES);
    nei territori colpiti dal sisma, e in particolare nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, la crisi economico-sociale-demografica già esistente prima dei gravissimi fenomeni sismici si è acuita in modo esponenziale in quanto i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale ed imprenditoriale la catastrofe del sisma che ha interessato e continua ad interessare queste zone. Giova ricordare, infatti, che la sequenza sismica che ha interessato l'Appennino centrale, tra il 24 agosto del 2016 e il 18 gennaio 2017, non è ancora conclusa (rapporto INGV a tre anni dal terremoto) e costituisce la manifestazione più significativa nella storia moderna dell'Europa in termini di rilascio totale di energia, del numero degli eventi sismici (più di 110.000 eventi) e di estensione dell'area colpita, con evidenti riflessi sul tessuto sociale ed economico;
    oggi la zona del cratere è un'area depressa: i dati macroeconomici relativi quantomeno alla regione Marche (quella più colpita dal gravissimo sisma del 2016), anche nel periodo precedente il sisma del 2016 indicavano un trend negativo dell'economia della regione e nel 2017 il dato sulla crescita è stato il peggior risultato di tutte le regioni d'Italia secondo solo a quello del Molise;
    è evidente che una situazione di tal genere deve essere necessariamente affrontata con misure di natura straordinaria che favoriscano la ripresa economica, anche e soprattutto mediante la realizzazione di nuovi investimenti;
    sarebbe pertanto utile adottare un piano di rilancio che coniughi le misure già previste per la zona franca con la creazione di una Zona economica speciale sisma (ZESs) al fine di favorire lo sviluppo sociale e la rigenerazione urbana, in chiave speciale, eccezionale e urgente;
    l'obiettivo è quello di accelerare lo sviluppo economico del territorio soprattutto attraverso l'insediamento di specifici comparti di attività economica, l'adozione di nuove soluzioni tecnologiche, il miglioramento della competitività e la creazione dei nuovi posti di lavoro. Il livello delle agevolazioni potrebbe essere modulato a seconda delle zone, tenendo presente i diversi fattori che le caratterizzano e puntando sull'offerta di terreni per gli investimenti nell'area, su un miglioramento delle infrastrutture stradali, sulla presenza di immobili industriali/commerciali, su un mercato del lavoro competitivo con manodopera qualificata e su una burocrazia semplificata. Tutto ciò consentirebbe la creazione di un'area appenninica con forte vocazione allo sviluppo grazie al superamento delle barriere che la conformazione del territorio impone;
    queste misure darebbero una spinta eccezionale all'economia delle aree del centro Italia oggi fortemente penalizzate dal sisma: si pensi ai vantaggi che si registrerebbero nelle attività di trasformazione alimentare (produzione di prodotti a base di carne, prodotti di frutta e verdura, la produzione di spiriti, la produzione di alimenti surgelati, lavorazione dei cereali), nei servizi informatici, nei diversi settori produttivi dal tessile al calzaturiero, nella produzione del legno e dei materiali da costruzione, nello scambio di beni e servizi e soprattutto nell'implementazione di tutto un indotto legato alla cultura scolastica ed accademica di eccellenza;
    il sistema di agevolazioni potrebbe consentire ad investitori anche stranieri la creazione di sedi delocalizzate della propria impresa oltre alla creazione di nuove strutture (ricettive e no di pubblico spettacolo e altro) che, ruotando intorno al mondo delle università e degli istituti scolastici, siano di supporto per l'avanzamento di poli accademici e scolastici di eccellenza nei servizi (con strutture, mense, strutture ludiche e di svago, e altro). Sono punti forti che giustificherebbero investimenti nell'ampio territorio del cratere, anche in ragione del suo ottimo posizionamento geografico al centro del Paese,

impegna il Governo

a individuare un modello sperimentale – da applicare in futuro anche ad altre zone colpite da gravi eventi calamitosi – di Zona economica speciale, modulata sulle esigenze delle aree del centro Italia colpite dal sisma (ZESs) al fine di arrestare il declino economico e sociale della vasta area interessata dal sisma del 2016 e lo spopolamento di queste zone la cui storia e il cui patrimonio artistico, culturale e naturale rappresentano una grande ricchezza per tutto il Paese.
9/2305/94Patassini, Latini, Paolini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 314, del provvedimento in esame prevede un incremento di autorizzazione di spesa al fine di rafforzare ed ampliare la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese e il successivo comma 316 introduce alcune misure volte a rafforzare la disciplina sulle Zone economiche speciali (ZES);
    nei territori colpiti dal sisma, e in particolare nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, la crisi economico-sociale-demografica già esistente prima dei gravissimi fenomeni sismici si è acuita in modo esponenziale in quanto i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale ed imprenditoriale la catastrofe del sisma che ha interessato e continua ad interessare queste zone. Giova ricordare, infatti, che la sequenza sismica che ha interessato l'Appennino centrale, tra il 24 agosto del 2016 e il 18 gennaio 2017, non è ancora conclusa (rapporto INGV a tre anni dal terremoto) e costituisce la manifestazione più significativa nella storia moderna dell'Europa in termini di rilascio totale di energia, del numero degli eventi sismici (più di 110.000 eventi) e di estensione dell'area colpita, con evidenti riflessi sul tessuto sociale ed economico;
    oggi la zona del cratere è un'area depressa: i dati macroeconomici relativi quantomeno alla regione Marche (quella più colpita dal gravissimo sisma del 2016), anche nel periodo precedente il sisma del 2016 indicavano un trend negativo dell'economia della regione e nel 2017 il dato sulla crescita è stato il peggior risultato di tutte le regioni d'Italia secondo solo a quello del Molise;
    è evidente che una situazione di tal genere deve essere necessariamente affrontata con misure di natura straordinaria che favoriscano la ripresa economica, anche e soprattutto mediante la realizzazione di nuovi investimenti;
    sarebbe pertanto utile adottare un piano di rilancio che coniughi le misure già previste per la zona franca con la creazione di una Zona economica speciale sisma (ZESs) al fine di favorire lo sviluppo sociale e la rigenerazione urbana, in chiave speciale, eccezionale e urgente;
    l'obiettivo è quello di accelerare lo sviluppo economico del territorio soprattutto attraverso l'insediamento di specifici comparti di attività economica, l'adozione di nuove soluzioni tecnologiche, il miglioramento della competitività e la creazione dei nuovi posti di lavoro. Il livello delle agevolazioni potrebbe essere modulato a seconda delle zone, tenendo presente i diversi fattori che le caratterizzano e puntando sull'offerta di terreni per gli investimenti nell'area, su un miglioramento delle infrastrutture stradali, sulla presenza di immobili industriali/commerciali, su un mercato del lavoro competitivo con manodopera qualificata e su una burocrazia semplificata. Tutto ciò consentirebbe la creazione di un'area appenninica con forte vocazione allo sviluppo grazie al superamento delle barriere che la conformazione del territorio impone;
    queste misure darebbero una spinta eccezionale all'economia delle aree del centro Italia oggi fortemente penalizzate dal sisma: si pensi ai vantaggi che si registrerebbero nelle attività di trasformazione alimentare (produzione di prodotti a base di carne, prodotti di frutta e verdura, la produzione di spiriti, la produzione di alimenti surgelati, lavorazione dei cereali), nei servizi informatici, nei diversi settori produttivi dal tessile al calzaturiero, nella produzione del legno e dei materiali da costruzione, nello scambio di beni e servizi e soprattutto nell'implementazione di tutto un indotto legato alla cultura scolastica ed accademica di eccellenza;
    il sistema di agevolazioni potrebbe consentire ad investitori anche stranieri la creazione di sedi delocalizzate della propria impresa oltre alla creazione di nuove strutture (ricettive e no di pubblico spettacolo e altro) che, ruotando intorno al mondo delle università e degli istituti scolastici, siano di supporto per l'avanzamento di poli accademici e scolastici di eccellenza nei servizi (con strutture, mense, strutture ludiche e di svago, e altro). Sono punti forti che giustificherebbero investimenti nell'ampio territorio del cratere, anche in ragione del suo ottimo posizionamento geografico al centro del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare un modello sperimentale – da applicare in futuro anche ad altre zone colpite da gravi eventi calamitosi – di Zona economica speciale, modulata sulle esigenze delle aree del centro Italia colpite dal sisma (ZESs) al fine di arrestare il declino economico e sociale della vasta area interessata dal sisma del 2016 e lo spopolamento di queste zone la cui storia e il cui patrimonio artistico, culturale e naturale rappresentano una grande ricchezza per tutto il Paese.
9/2305/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Patassini, Latini, Paolini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca diverse disposizioni in materia di sostegno agli investimenti delle imprese;
    dopo 178 anni di attività, il colosso britannico Thomas Cook, una delle prime compagnie di viaggi al mondo, che gestiva hotel, resort e compagnie aeree in 16 Paesi, e aveva 19 milioni di clienti all'anno e 21 mila dipendenti, ha dichiarato fallimento;
    lo scorso 24 ottobre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle conseguenze del fallimento del tour operator Thomas Cook sul turismo dell'Unione e, in tale contesto, i membri dell'Europarlamento hanno espresso profonda preoccupazione «per il fatto che migliaia di lavoratori in tutta Europa abbiano perso il loro posto di lavoro e migliaia di fornitori e filiali locali, principalmente Pmi, versino in gravi difficoltà finanziarie a causa del fallimento di Thomas Cook, nonché per le conseguenze dannose che questo comporta per le economie e le comunità locali e per l'immagine e la reputazione dell'Europa come principale destinazione turistica a livello mondiale» (http://www.vita.it/it/article/2019/10/25/fallimento-thomas-cook-necessaria-strategia-turismo-in-europa-meta-n-1/153107/);
    gli europarlamentari hanno, inoltre, chiesto ai Paesi dell'Unione europea di utilizzare strumenti Ue esistenti per mitigare l'impatto del fallimento di Thomas Cook al fine di aiutare i lavoratori licenziati e le società danneggiate dal fallimento della compagnia di viaggi attraversò una compensazione del danno causato al settore: gran parte degli operatori del settore turistico non sono, infatti, riusciti a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Veneto, Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi (https://www.corriere.it/economia/aziende/19settembre 26/crac-thomas-cook-l-italia-buco-300-milioni-351ead54-e02f-lle9-88fl-6c41e75d9585.shtml), da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni .... Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo,

impegna il Governo

a stanziare apposite risorse per supportare il settore ricettivo e soprattutto quelle strutture fortemente colpite dal fallimento del tour operator Thomas Cook.
9/2305/95Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca diverse disposizioni in materia di sostegno agli investimenti delle imprese;
    dopo 178 anni di attività, il colosso britannico Thomas Cook, una delle prime compagnie di viaggi al mondo, che gestiva hotel, resort e compagnie aeree in 16 Paesi, e aveva 19 milioni di clienti all'anno e 21 mila dipendenti, ha dichiarato fallimento;
    lo scorso 24 ottobre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle conseguenze del fallimento del tour operator Thomas Cook sul turismo dell'Unione e, in tale contesto, i membri dell'Europarlamento hanno espresso profonda preoccupazione «per il fatto che migliaia di lavoratori in tutta Europa abbiano perso il loro posto di lavoro e migliaia di fornitori e filiali locali, principalmente Pmi, versino in gravi difficoltà finanziarie a causa del fallimento di Thomas Cook, nonché per le conseguenze dannose che questo comporta per le economie e le comunità locali e per l'immagine e la reputazione dell'Europa come principale destinazione turistica a livello mondiale» (http://www.vita.it/it/article/2019/10/25/fallimento-thomas-cook-necessaria-strategia-turismo-in-europa-meta-n-1/153107/);
    gli europarlamentari hanno, inoltre, chiesto ai Paesi dell'Unione europea di utilizzare strumenti Ue esistenti per mitigare l'impatto del fallimento di Thomas Cook al fine di aiutare i lavoratori licenziati e le società danneggiate dal fallimento della compagnia di viaggi attraversò una compensazione del danno causato al settore: gran parte degli operatori del settore turistico non sono, infatti, riusciti a recuperare quanto dovuto per i mesi di agosto, settembre e ottobre in quanto il tour operator, una volta incassati i soldi dai clienti, pagava gli alberghi a 30 giorni, e gli ultimi pagamenti sono stati effettuati alla fine di agosto per saldare le prenotazioni del mese di luglio;
    purtroppo anche molti alberghi italiani, lavorando con il gruppo inglese, non hanno ricevuto il saldo delle prenotazioni di camere e pacchetti di soggiorno per i mesi estivi: le strutture più colpite sono quelle nelle località di mare delle regioni del Sud ma si registrano danni anche in Veneto, Toscana, Liguria e Lombardia (per il turismo sui laghi);
    la portata complessiva dei mancati pagamenti non è calcolata ma Federalberghi, associazione a cui in Italia fanno capo 27 mila hotel su un totale di 33 mila, ha già effettuato una prima ricognizione su una vicenda che si configura come una mina per i conti del settore. Il fallimento di Thomas Cook, del resto, ha fatto perdere tutti gli incassi per le prenotazioni dei clienti inglesi e, soprattutto, dei turisti tedeschi che hanno acquistato un pacchetto vacanze in Italia attraverso la controllata del tour operator in Germania;
    come spiega il presidente di Federalberghi (https://www.corriere.it/economia/aziende/19settembre 26/crac-thomas-cook-l-italia-buco-300-milioni-351ead54-e02f-lle9-88fl-6c41e75d9585.shtml), da una prima stima «il buco è già oltre i 100 milioni di euro, perciò è probabile che il calcolo finale porti la cifra vicino ai 300 milioni .... Il danno è intuibile. Thomas Cook pagava in media a 30 giorni, significa che dopo il saldo per il mese di luglio sono rimasti in sospeso agosto e i primi venti giorni di settembre, ma andranno perdute anche le prenotazioni residue di questo mese e quelle di ottobre»;
    tale vicenda rischia di mettere in ginocchio le strutture più piccole e gli alberghi a conduzione familiare traducendosi in perdite di oltre il 70 per cento del giro di affari annuo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare apposite risorse per supportare il settore ricettivo e soprattutto quelle strutture fortemente colpite dal fallimento del tour operator Thomas Cook.
9/2305/95. (Testo modificato nel corso della seduta) Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame prevede delle iniziative volte a promuovere il Green New Deal per la riduzione dell'impatto ambientale derivante dall'utilizzo di veicoli inquinanti;
    le sempre più stringenti normative in tema di emissioni stanno minando il futuro del diesel e se, da un lato, questo tipo di alimentazione consente notevoli risparmi agli automobilisti che percorrono migliaia di chilometri l'anno, dall'altro il motore diesel non è più visto di buon occhio dai legislatori europei che ritengono questa tipologia di veicoli particolarmente inquinante. Ciò ha portato a delle limitazioni permanenti al traffico in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna con il divieto di circolazione nei giorni feriali anche per i veicoli diesel Euro 3 (oltre che per i mezzi benzina Euro 0, diesel Euro 0, diesel Euro 1 e diesel Euro 2) indipendentemente dai livelli d'inquinamento;
    nonostante gli incentivi previsti nella scorsa legge di Bilancio buona parte del parco circolante nel nostro Paese risulta ancora obsoleto ed inquinante e sarebbe necessario prevedere un contributo statale per l'acquisto di veicoli nuovi di fabbrica a basse emissioni complessive per sostituire i veicoli a benzina Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4, Diesel Euro 0, Diesel Euro 1, Diesel Euro 2, Diesel Euro 3 e Diesel Euro 4 anche se dotati di impianti di alimentazione a metano o a GPL ancora in circolazione;
    in un'ottica di semplificazione si dovrebbe pertanto prevedere, da un lato, l'applicazione da parte del venditore di uno sconto almeno pari al doppio della misura del contributo mediante compensazione con il prezzo di acquisto e, dall'altro, una procedura che consenta di concedere l'agevolazione contestualmente alla consegna di un veicolo destinato alla demolizione senza alcuna possibilità che lo stesso venga rimesso in circolazione;
    in questo contesto le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo dovrebbero procedere a rimborsare al venditore l'importo del contributo e recuperare detto importo a titolo di credito di imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi,

impegna il Governo

a prevedere, in un'ottica di ammodernamento del parco veicolare italiano, l'introduzione di un nuovo contributo per la rottamazione dei veicoli a benzina Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4, Diesel Euro 0, Diesel Euro 1, Diesel Euro 2, Diesel Euro 3 e Diesel Euro 4 anche se dotati di impianti di alimentazione a metano o a GPL ancora in circolazione, a fronte dell'acquisto di veicoli nuovi di fabbrica a basse emissioni complessive.
9/2305/96Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame prevede delle iniziative volte a promuovere il Green New Deal per la riduzione dell'impatto ambientale derivante dall'utilizzo di veicoli inquinanti;
    le sempre più stringenti normative in tema di emissioni stanno minando il futuro del diesel e se, da un lato, questo tipo di alimentazione consente notevoli risparmi agli automobilisti che percorrono migliaia di chilometri l'anno, dall'altro il motore diesel non è più visto di buon occhio dai legislatori europei che ritengono questa tipologia di veicoli particolarmente inquinante. Ciò ha portato a delle limitazioni permanenti al traffico in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna con il divieto di circolazione nei giorni feriali anche per i veicoli diesel Euro 3 (oltre che per i mezzi benzina Euro 0, diesel Euro 0, diesel Euro 1 e diesel Euro 2) indipendentemente dai livelli d'inquinamento;
    nonostante gli incentivi previsti nella scorsa legge di Bilancio buona parte del parco circolante nel nostro Paese risulta ancora obsoleto ed inquinante e sarebbe necessario prevedere un contributo statale per l'acquisto di veicoli nuovi di fabbrica a basse emissioni complessive per sostituire i veicoli a benzina Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4, Diesel Euro 0, Diesel Euro 1, Diesel Euro 2, Diesel Euro 3 e Diesel Euro 4 anche se dotati di impianti di alimentazione a metano o a GPL ancora in circolazione;
    in un'ottica di semplificazione si dovrebbe pertanto prevedere, da un lato, l'applicazione da parte del venditore di uno sconto almeno pari al doppio della misura del contributo mediante compensazione con il prezzo di acquisto e, dall'altro, una procedura che consenta di concedere l'agevolazione contestualmente alla consegna di un veicolo destinato alla demolizione senza alcuna possibilità che lo stesso venga rimesso in circolazione;
    in questo contesto le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo dovrebbero procedere a rimborsare al venditore l'importo del contributo e recuperare detto importo a titolo di credito di imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in un'ottica di ammodernamento del parco veicolare italiano, l'introduzione di un nuovo contributo per la rottamazione dei veicoli a benzina Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4, Diesel Euro 0, Diesel Euro 1, Diesel Euro 2, Diesel Euro 3 e Diesel Euro 4 anche se dotati di impianti di alimentazione a metano o a GPL ancora in circolazione, a fronte dell'acquisto di veicoli nuovi di fabbrica a basse emissioni complessive.
9/2305/96. (Testo modificato nel corso della seduta) Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni volte a promuovere, attraverso specifici contributi, gli investimenti di comuni e regioni finalizzati anche alla messa in sicurezza di edifici e territorio e, in particolare, l'articolo 1 ai commi da 848 a 850 prevede diverse modifiche al Fondo di solidarietà comunale;
    secondo il CNR, i fenomeni atmosferici estremi hanno avuto un'intensificazione durante l'ultimo secolo del 900 per cento. Dal 2010 al 2017, sono stati 126 i comuni italiani colpiti da eventi atmosferici che un tempo si sarebbero definiti «eccezionali», con 52 casi di allagamento (o «bombe d'acqua»), 98 di danni alle infrastrutture, 56 giorni di stop per treni e metropolitane dovuti all'effetto dei fenomeni atmosferici, 44 casi di frane dovute a pioggia e trombe d'aria, 40 eventi di esondazione di corsi d'acqua. Senza contare i disagi provocati da interruzioni di energia elettrica e disservizi vari;
    l'88 per cento dei comuni italiani presenta almeno un'area caratterizzata da rischio idrogeologico, in cui vivono e/o lavorano complessivamente circa 7 milioni di italiani. Le aree colpite hanno riguardato 18 regioni italiane tra il 2013 e il 2016. Legambiente sollecita da tempo un «Piano nazionale di adattamento al clima», che consenta di fare fronte ai mutamenti climatici in atto. Parallelamente, si è discusso in vari contesti della necessità di provvedere alla manutenzione del nostro patrimonio pubblico, non solo infrastrutturale, adoperandoci per questo immenso «cantiere» che rischia di andare in pezzi ad ogni cambiamento del tempo;
    i comuni si trovano nelle condizioni di dover provvedere autonomamente, attraverso polizze « All risks», ad assicurare il loro patrimonio immobiliare, dal momento che sono frequenti i casi di strutture pubbliche scoperchiate, danneggiate, a volte rese del tutto inagibili da fenomeni atmosferici di forte entità;
    il riconoscimento dello stato di calamità non può essere tuttavia l'unico rimedio a tale situazione e le polizze sottoscritte con i vari broker di riferimento permettono ai comuni di assicurare almeno in parte il proprio patrimonio. Nonostante tale prassi consolidata alcuni comuni emiliani colpiti da eventi atmosferici estremi (precipitazioni intense, trombe d'aria, grandinate eccezionali) hanno recentemente registrato l'indisponibilità delle compagnie assicurative di riferimento a proseguire il rapporto, poiché – a giudizio di queste ultime – il premio pagato negli anni precedenti non era congruo rispetto all'ammontare dei risarcimenti elargiti nel corso del tempo, a seguito di numerosi e ripetuti fortunali ed eventi estremi sul territorio;
    oggi in Emilia Romagna la situazione risulta ulteriormente aggravata da una serie di eventi: lo straripamento dell'Idice, nel Budriese, l'esondazione del Canale Diversivo in località Canaletto, a Finale Emilia (Modena), le numerose golene allagate con gravi danni alle attività economiche e/o agricole. La lista potrebbe continuare con le calamità che hanno investito la Liguria, il Piemonte, la Calabria, le mareggiate sulle coste italiane, l'altra marea di Venezia, etc.;
    sempre più spesso, quindi, gli enti locali sono costretti ad accettare l'offerta di una seconda compagnia assicurativa, trovandosi in situazioni di difficoltà dopo il passo indietro del loro broker di fiducia: i comuni devono così accettare polizze con premi assicurativi maggiorati che, ad esempio, per alcuni comuni emiliani sono lievitati fino al 10 per cento in più del valore dello scoperto, con un contestuale significativo aumento (fino a dieci volte di più) del valore del minimo del danno;
    in tale contesto i comuni già flagellati dagli eventi atmosferici estremi saranno costretti ad un ulteriore esborso economico per assicurare il proprio patrimonio quando le compagnie assicurative non mantengono invariate le condizioni delle polizze a seguito di eventi estremi ripetuti nel tempo,

impegna il Governo

ad individuare misure, anche di carattere normativo, volte a calmierare l'incidenza delle polizze « All risks» o comunque necessarie per assicurare il patrimonio pubblico di competenza degli enti locali colpiti da eventi atmosferici estremi, specie se ripetuti nel tempo, a fronte di ventilati aumenti dei premi assicurativi proposti dai broker, prevedendo eventualmente un contributo a fondo perduto in favore di ciascun Comune che ne faccia richiesta per sostenere in parte i maggiori costi necessari al rinnovo della polizza assicurativa.
9/2305/97Piastra, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni volte a promuovere, attraverso specifici contributi, gli investimenti di comuni e regioni finalizzati anche alla messa in sicurezza di edifici e territorio e, in particolare, l'articolo 1 ai commi da 848 a 850 prevede diverse modifiche al Fondo di solidarietà comunale;
    secondo il CNR, i fenomeni atmosferici estremi hanno avuto un'intensificazione durante l'ultimo secolo del 900 per cento. Dal 2010 al 2017, sono stati 126 i comuni italiani colpiti da eventi atmosferici che un tempo si sarebbero definiti «eccezionali», con 52 casi di allagamento (o «bombe d'acqua»), 98 di danni alle infrastrutture, 56 giorni di stop per treni e metropolitane dovuti all'effetto dei fenomeni atmosferici, 44 casi di frane dovute a pioggia e trombe d'aria, 40 eventi di esondazione di corsi d'acqua. Senza contare i disagi provocati da interruzioni di energia elettrica e disservizi vari;
    l'88 per cento dei comuni italiani presenta almeno un'area caratterizzata da rischio idrogeologico, in cui vivono e/o lavorano complessivamente circa 7 milioni di italiani. Le aree colpite hanno riguardato 18 regioni italiane tra il 2013 e il 2016. Legambiente sollecita da tempo un «Piano nazionale di adattamento al clima», che consenta di fare fronte ai mutamenti climatici in atto. Parallelamente, si è discusso in vari contesti della necessità di provvedere alla manutenzione del nostro patrimonio pubblico, non solo infrastrutturale, adoperandoci per questo immenso «cantiere» che rischia di andare in pezzi ad ogni cambiamento del tempo;
    i comuni si trovano nelle condizioni di dover provvedere autonomamente, attraverso polizze « All risks», ad assicurare il loro patrimonio immobiliare, dal momento che sono frequenti i casi di strutture pubbliche scoperchiate, danneggiate, a volte rese del tutto inagibili da fenomeni atmosferici di forte entità;
    il riconoscimento dello stato di calamità non può essere tuttavia l'unico rimedio a tale situazione e le polizze sottoscritte con i vari broker di riferimento permettono ai comuni di assicurare almeno in parte il proprio patrimonio. Nonostante tale prassi consolidata alcuni comuni emiliani colpiti da eventi atmosferici estremi (precipitazioni intense, trombe d'aria, grandinate eccezionali) hanno recentemente registrato l'indisponibilità delle compagnie assicurative di riferimento a proseguire il rapporto, poiché – a giudizio di queste ultime – il premio pagato negli anni precedenti non era congruo rispetto all'ammontare dei risarcimenti elargiti nel corso del tempo, a seguito di numerosi e ripetuti fortunali ed eventi estremi sul territorio;
    oggi in Emilia Romagna la situazione risulta ulteriormente aggravata da una serie di eventi: lo straripamento dell'Idice, nel Budriese, l'esondazione del Canale Diversivo in località Canaletto, a Finale Emilia (Modena), le numerose golene allagate con gravi danni alle attività economiche e/o agricole. La lista potrebbe continuare con le calamità che hanno investito la Liguria, il Piemonte, la Calabria, le mareggiate sulle coste italiane, l'altra marea di Venezia, etc.;
    sempre più spesso, quindi, gli enti locali sono costretti ad accettare l'offerta di una seconda compagnia assicurativa, trovandosi in situazioni di difficoltà dopo il passo indietro del loro broker di fiducia: i comuni devono così accettare polizze con premi assicurativi maggiorati che, ad esempio, per alcuni comuni emiliani sono lievitati fino al 10 per cento in più del valore dello scoperto, con un contestuale significativo aumento (fino a dieci volte di più) del valore del minimo del danno;
    in tale contesto i comuni già flagellati dagli eventi atmosferici estremi saranno costretti ad un ulteriore esborso economico per assicurare il proprio patrimonio quando le compagnie assicurative non mantengono invariate le condizioni delle polizze a seguito di eventi estremi ripetuti nel tempo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare misure, anche di carattere normativo, volte a calmierare l'incidenza delle polizze « All risks» o comunque necessarie per assicurare il patrimonio pubblico di competenza degli enti locali colpiti da eventi atmosferici estremi, specie se ripetuti nel tempo, a fronte di ventilati aumenti dei premi assicurativi proposti dai broker, prevedendo eventualmente un contributo a fondo perduto in favore di ciascun Comune che ne faccia richiesta per sostenere in parte i maggiori costi necessari al rinnovo della polizza assicurativa.
9/2305/97. (Testo modificato nel corso della seduta) Piastra, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro delle iniziative volte a promuovere il Green New Deal, l'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame prevede che le pubbliche amministrazioni, in occasione del rinnovo dei relativi autoveicoli in dotazione, procedano, dal 1o gennaio 2020, all'acquisto o al noleggio, in misura non inferiore al 50 per cento, di veicoli adibiti al trasporto su strada alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno, nei limiti delle risorse di bilancio destinate a tale tipologia di spesa;
    per i comuni montani dare seguito a tale prescrizione potrebbe essere particolarmente gravoso perché, ancora oggi, nelle zone montane sono pochissime le reti di ricarica disponibili e i veicoli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno non hanno le caratteristiche adatte a strade con forti pendenze. A ciò si aggiunga che nelle aree montane molte attività legate agli ordinari adempimenti delle amministrazioni locali richiedono spostamenti su strade ubicate fuori e talvolta lontano dai centri abitati dove è impossibile ricaricare le autovetture in assenza di apposite colonnine o di idonee strutture di approvvigionamento;
    pur comprendendo l'obiettivo di ridurre, anche attraverso la pubblica amministrazione, l'impatto ambientale derivante dall'utilizzo di veicoli inquinanti appare necessario garantire nei comuni montani l'operatività dei mezzi in dotazione al parco macchine comunale e per far questo occorre prevedere una deroga all'articolo 1, commi 107-109, consentendo a tali enti locali, ove necessario per esigenze logistiche, l'acquisto o il noleggio di veicoli adibiti al trasporto su strada diversi da quelli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga a quanto previsto dall'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame in materia di green mobility, escludendo per le esigenze illustrate in premessa i comuni montani dall'obbligo di sostituzione dei veicoli obsoleti con nuovi veicoli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno.
9/2305/98Binelli, Andreuzza, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    nel quadro delle iniziative volte a promuovere il Green New Deal, l'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame prevede che le pubbliche amministrazioni, in occasione del rinnovo dei relativi autoveicoli in dotazione, procedano, dal 1o gennaio 2020, all'acquisto o al noleggio, in misura non inferiore al 50 per cento, di veicoli adibiti al trasporto su strada alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno, nei limiti delle risorse di bilancio destinate a tale tipologia di spesa;
    per i comuni montani dare seguito a tale prescrizione potrebbe essere particolarmente gravoso perché, ancora oggi, nelle zone montane sono pochissime le reti di ricarica disponibili e i veicoli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno non hanno le caratteristiche adatte a strade con forti pendenze. A ciò si aggiunga che nelle aree montane molte attività legate agli ordinari adempimenti delle amministrazioni locali richiedono spostamenti su strade ubicate fuori e talvolta lontano dai centri abitati dove è impossibile ricaricare le autovetture in assenza di apposite colonnine o di idonee strutture di approvvigionamento;
    pur comprendendo l'obiettivo di ridurre, anche attraverso la pubblica amministrazione, l'impatto ambientale derivante dall'utilizzo di veicoli inquinanti appare necessario garantire nei comuni montani l'operatività dei mezzi in dotazione al parco macchine comunale e per far questo occorre prevedere una deroga all'articolo 1, commi 107-109, consentendo a tali enti locali, ove necessario per esigenze logistiche, l'acquisto o il noleggio di veicoli adibiti al trasporto su strada diversi da quelli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina richiamata in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga a quanto previsto dall'articolo 1, commi 107-109, del provvedimento in esame in materia di green mobility, escludendo per le esigenze illustrate in premessa i comuni montani dall'obbligo di sostituzione dei veicoli obsoleti con nuovi veicoli alimentati ad energia elettrica, ibrida o a idrogeno.
9/2305/98. (Testo modificato nel corso della seduta) Binelli, Andreuzza, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone all'articolo 1, commi 413 e 414, l'istituzione di un Fondo per la Carta Giovani Nazionali e al comma 278 lo stanziamento di nuove risorse per il Consiglio nazionale dei Giovani, ma ancora una volta nulla prevede circa la riorganizzazione degli alberghi della gioventù;
    nel corso dei lavori di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, le Commissioni riunite Industria e Lavoro del Senato della Repubblica avevano approvato un emendamento del Gruppo Lega recante «Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale» che prevedeva il tanto atteso riordino della normativa in materia di ostelli della gioventù;
    in quei giorni abbiamo assistito a commenti trionfalistici da parte di diversi esponenti della maggioranza sull'inserimento nel testo del decreto della norma sugli Alberghi per la Gioventù: si evidenziava infatti come tali misure avrebbero portato «linfa al turismo giovanile» (ANSA – martedì 22 ottobre 2019 12.07.27 «DL imprese: Lanzi (M5S), porta linfa a turismo giovanile»). Come però emerso anche dalle ricostruzioni giornalistiche di allora, questa linfa per il Governo non si è rivelata poi così vitale se posta a confronto con problemi interni al MoVimento 5 Stelle (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/23/decreto-salva-imprese-senato-approva-la-fiduda-con-168-voti-a-favore-salta-ia-norma-salva-ostelli-dopo-accuse-di-conflitto-interessi-a-castelli-m5s/5529449/). La norma infatti benché già inserita nel maxiemendamento trasmesso all'Assemblea del Senato dalla Presidenza del Consiglio in data 23 ottobre 2019 è stata poi stralciata dal testo su cui il Governo ha posto la fiducia, lasciando ancora una volta questa importante risorsa del settore turistico priva di una normativa adeguata;
    a livello internazionale e negli altri Paesi europei – si pensi ad esempio ai Paesi Scandinavi – gli ostelli della gioventù ricevono appositi finanziamenti statali mentre in Italia queste, strutture sono in completo stato di abbandono e rischiano la chiusura definitiva,

impegna il Governo

ad adottare il prima possibile quelle Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale, già approvate nel corso dei lavori delle Commissioni riunite del Senato durante la conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, e poi stralciate per ragioni di natura politica tutte interne alle maggioranza, che nulla hanno a che fare con l'importante settore del turismo giovanile.
9/2305/99Galli, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone all'articolo 1, commi 413 e 414, l'istituzione di un Fondo per la Carta Giovani Nazionali e al comma 278 lo stanziamento di nuove risorse per il Consiglio nazionale dei Giovani, ma ancora una volta nulla prevede circa la riorganizzazione degli alberghi della gioventù;
    nel corso dei lavori di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, le Commissioni riunite Industria e Lavoro del Senato della Repubblica avevano approvato un emendamento del Gruppo Lega recante «Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale» che prevedeva il tanto atteso riordino della normativa in materia di ostelli della gioventù;
    in quei giorni abbiamo assistito a commenti trionfalistici da parte di diversi esponenti della maggioranza sull'inserimento nel testo del decreto della norma sugli Alberghi per la Gioventù: si evidenziava infatti come tali misure avrebbero portato «linfa al turismo giovanile» (ANSA – martedì 22 ottobre 2019 12.07.27 «DL imprese: Lanzi (M5S), porta linfa a turismo giovanile»). Come però emerso anche dalle ricostruzioni giornalistiche di allora, questa linfa per il Governo non si è rivelata poi così vitale se posta a confronto con problemi interni al MoVimento 5 Stelle (https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/23/decreto-salva-imprese-senato-approva-la-fiduda-con-168-voti-a-favore-salta-ia-norma-salva-ostelli-dopo-accuse-di-conflitto-interessi-a-castelli-m5s/5529449/). La norma infatti benché già inserita nel maxiemendamento trasmesso all'Assemblea del Senato dalla Presidenza del Consiglio in data 23 ottobre 2019 è stata poi stralciata dal testo su cui il Governo ha posto la fiducia, lasciando ancora una volta questa importante risorsa del settore turistico priva di una normativa adeguata;
    a livello internazionale e negli altri Paesi europei – si pensi ad esempio ai Paesi Scandinavi – gli ostelli della gioventù ricevono appositi finanziamenti statali mentre in Italia queste, strutture sono in completo stato di abbandono e rischiano la chiusura definitiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare il prima possibile quelle Misure urgenti per la tutela delle attività sociali e assistenziali dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù e per la salvaguardia del relativo livello occupazionale, già approvate nel corso dei lavori delle Commissioni riunite del Senato durante la conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, e poi stralciate per ragioni di natura politica tutte interne alle maggioranza, che nulla hanno a che fare con l'importante settore del turismo giovanile.
9/2305/99. (Testo modificato nel corso della seduta) Galli, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede diverse misure in favore delle imprese soprattutto nelle aree colpite da calamità o da eventi meteorologici di grave intensità;
    con la legge di bilancio per il 2018 il legislatore è intervenuto per superare le criticità che fino ad allora hanno impedito il riconoscimento di un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, che nel triennio 1995-1997 abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;
    nonostante siano trascorsi ben dieci mesi dall'entrata in vigore del citato intervento normativo ad oggi non c’è ancora traccia del relativo decreto attuativo;
    il timore delle imprese piemontesi – a parere degli interroganti oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità,

impegna il Governo

ad emanare al più presto il decreto citato in premessa in quanto ulteriori ritardi determinerebbero un perdurante ed ingiusto danno per le imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
9/2305/100Pettazzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede diverse misure in favore delle imprese soprattutto nelle aree colpite da calamità o da eventi meteorologici di grave intensità;
    con la legge di bilancio per il 2018 il legislatore è intervenuto per superare le criticità che fino ad allora hanno impedito il riconoscimento di un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994, che nel triennio 1995-1997 abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;
    nonostante siano trascorsi ben dieci mesi dall'entrata in vigore del citato intervento normativo ad oggi non c’è ancora traccia del relativo decreto attuativo;
    il timore delle imprese piemontesi – a parere degli interroganti oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare al più presto il decreto citato in premessa in quanto ulteriori ritardi determinerebbero un perdurante ed ingiusto danno per le imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
9/2305/100. (Testo modificato nel corso della seduta) Pettazzi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede un Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    in questi giorni si apprende che il consiglio di sorveglianza di Peugeot S.A. (Psa) e il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) hanno approvato il memorandum d'intesa vincolante per procedere alla loro fusione. A grandi linee i termini dell'accordo sono stati già anticipati: sarà creata una holding ad Amsterdam per sfruttare i vantaggi della legislazione olandese, Fca si separerà da Comau (robot di saldatura) con la distribuzione di una cedola da 5,5 miliardi, Psa farà lo stesso con Faurecia (componentistica) a fronte del quale sarà poi distribuita una cedola da 2,7 miliardi agli azionisti della casa francese. La nuova capogruppo con sede in Olanda sarà quotata a Parigi, Milano e New York. Nascerà il quarto produttore di auto al mondo con 8,7 milioni di auto immatricolate ogni anno. Sono previste sinergie per 3,7 miliardi oltre ad una capacità di investimenti in grado di reggere la sfida dell'elettrificazione e della guida autonoma;
    la governance prevede cinque consiglieri di estrazione Psa e cinque Fca. L'undicesimo sarà l'attuale Ceo di Psa, Carlo Tavares, che diventerà amministratore delegato del nuovo gruppo. La presidenza toccherà a John Elkann. Secondo le anticipazioni gli eredi Agnelli avranno circa il 14 per cento del nuovo gruppo e saranno di gran lunga i primi azionisti visto che la famiglia Peugeot e lo Stato francese scenderanno intorno al 6 per cento ciascuno. I soci si sono impegnati a non vendere né comprare azioni per cinque anni. Solo la famiglia Peugeot potrebbe avere una deroga salendo del 2,5 per cento con azioni acquistate da Dongfeng o dal governo francese;
    ad oggi le due Società non hanno ancora fornito dettagli su produzione, fabbriche, modelli e sinergie e vi è grande attesa, soprattutto da parte dei lavoratori italiani del gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sulle ricadute del nuovo piano industriale e sulla conferma degli obiettivi della piena occupazione e dei 5 miliardi di investimenti annunciati per l'Italia,

impegna il Governo

a monitorare l'operazione di cui in premessa per verificare insieme al nuovo Gruppo che il piano industriale rispetti gli impegni assunti dalla Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sul mantenimento dei livelli occupazionali e sugli investimenti già stanziati, e al contempo per indurre il quarto produttore di auto al mondo ad incrementare la produzione negli stabilimenti italiani rilanciando non solo il comparto automobilistico ma l'intero indotto dell’automotive in Italia.
9/2305/101Guidesi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede un Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia;
    in questi giorni si apprende che il consiglio di sorveglianza di Peugeot S.A. (Psa) e il consiglio di amministrazione di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) hanno approvato il memorandum d'intesa vincolante per procedere alla loro fusione. A grandi linee i termini dell'accordo sono stati già anticipati: sarà creata una holding ad Amsterdam per sfruttare i vantaggi della legislazione olandese, Fca si separerà da Comau (robot di saldatura) con la distribuzione di una cedola da 5,5 miliardi, Psa farà lo stesso con Faurecia (componentistica) a fronte del quale sarà poi distribuita una cedola da 2,7 miliardi agli azionisti della casa francese. La nuova capogruppo con sede in Olanda sarà quotata a Parigi, Milano e New York. Nascerà il quarto produttore di auto al mondo con 8,7 milioni di auto immatricolate ogni anno. Sono previste sinergie per 3,7 miliardi oltre ad una capacità di investimenti in grado di reggere la sfida dell'elettrificazione e della guida autonoma;
    la governance prevede cinque consiglieri di estrazione Psa e cinque Fca. L'undicesimo sarà l'attuale Ceo di Psa, Carlo Tavares, che diventerà amministratore delegato del nuovo gruppo. La presidenza toccherà a John Elkann. Secondo le anticipazioni gli eredi Agnelli avranno circa il 14 per cento del nuovo gruppo e saranno di gran lunga i primi azionisti visto che la famiglia Peugeot e lo Stato francese scenderanno intorno al 6 per cento ciascuno. I soci si sono impegnati a non vendere né comprare azioni per cinque anni. Solo la famiglia Peugeot potrebbe avere una deroga salendo del 2,5 per cento con azioni acquistate da Dongfeng o dal governo francese;
    ad oggi le due Società non hanno ancora fornito dettagli su produzione, fabbriche, modelli e sinergie e vi è grande attesa, soprattutto da parte dei lavoratori italiani del gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sulle ricadute del nuovo piano industriale e sulla conferma degli obiettivi della piena occupazione e dei 5 miliardi di investimenti annunciati per l'Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare l'operazione di cui in premessa per verificare insieme al nuovo Gruppo che il piano industriale rispetti gli impegni assunti dalla Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sul mantenimento dei livelli occupazionali e sugli investimenti già stanziati, e al contempo per indurre il quarto produttore di auto al mondo ad incrementare la produzione negli stabilimenti italiani rilanciando non solo il comparto automobilistico ma l'intero indotto dell’automotive in Italia.
9/2305/101. (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 il comma 7 stabilisce la costituzione di un «Fondo per la riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti» con una dotazione di 3 miliardi di euro per l'anno 2020 e di 5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2021. L'attuazione della riduzione del carico fiscale viene demandata a futuri appositi interventi normativi;
    i continui interventi normativi di riduzione delle agevolazioni fiscali in favore dei cosiddetti pensionati frontalieri, ossia di quei cittadini che pur vivendo in Italia hanno prestato il loro lavoro in Francia o nel Principato di Monaco, portano questi ultimi a trasferire la propria residenza all'estero per essere fiscalmente equiparati ai pensionati già cittadini di quei Paesi confinati, determinando così una grave perdita di gettito per l'Italia;
    sarebbe pertanto auspicabile reintrodurre a regime una disciplina che definisca con certezza lo status fiscale dei pensionati frontalieri e che, soprattutto, renda equo ed omogeneo il loro trattamento fiscale rispetto a quello degli altri pensionati residenti in Francia o nel Principato di Monaco,

impegna il Governo

a introdurre regimi fiscali più favorevoli per i redditi da pensione derivanti da attività lavorativa frontaliera prestata, con rapporto di lavoro dipendente in via continuativa ed esclusiva, in Francia o nel Principato di Monaco da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano, per evitare un vero e proprio esodo dei nostri concittadini nel Paesi confinanti dove vigono imposizioni fiscali meno gravose.
9/2305/102Di Muro, Mulè, Parolo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 il comma 553 istituisce il Fondo per gli investimenti nelle isole minori, con una dotazione finanziaria per gli anni 2020, 2021 e 2022, con importi pari, rispettivamente, a 14,5 milioni di euro per il 2020, a 14 milioni per il 2021 e di 13 milioni per il 2022;
    tale misura è diretta a finanziare «progetti di sviluppo infrastrutturale o di riqualificazione del territorio» dei comuni delle isole minori;
    al riguardo appare opportuno considerare che l'attuale normativa di attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE (articolo 38 del decreto legislativo 01/06/2011, n. 93) ha imposto ai gestori dei sistemi di distribuzione di energia elettrica, facenti parte di un'impresa verticalmente integrata, l'adeguamento agli obblighi di separazione societaria e funzionale, prevedendo una deroga in favore dei soli soggetti che servono meno di 25.000 punti di prelievo ed escludendo le imprese elettriche delle isole minori;
    queste ultime, grazie alla loro profonda conoscenza del territorio e delle reti isolane sono certamente le migliori candidate a garantire il progressivo abbandono della generazione termoelettrica e il perseguimento di uno sviluppo energetico più sostenibile anche attraverso i nuovi strumenti incentivanti pensati per le isole minori, che permetteranno di avviare in tempi brevi gli investimenti necessari per una produzione da fonti rinnovabili (delibera ARERA 558/2018/R/efr, recante Definizione della remunerazione dell'energia elettrica e termica prodotta da fonti rinnovabili nelle isole non interconnesse);
    l'adeguamento agli obblighi di separazione funzionale, oltre a costituire un onere organizzativo non giustificabile per le imprese minori, determinerebbe un maggior costo complessivo di circa 3.000.000 di euro, posto interamente a carico dei consumatori nazionali, per effetto del meccanismo di integrazione tariffaria, attraverso un corrispondente aumento della componente tariffaria Auc4RIM,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 38, comma 2-bis, del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, eliminando l'inciso con il quale si impone anche alle imprese minori, beneficiarie di integrazioni tariffarie ai sensi dell'articolo 7 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, e successive modificazioni, l'adeguamento agli obblighi di separazione societaria e funzionale.
9/2305/103D'Eramo, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 313 si modifica il regime delle zone logistiche semplificate (ZLS), al comma 316, lettere a e b, si prevede il rafforzamento delle Zes e ai commi da 559 a 580 si prevedono un complesso di misure fiscali relative al comune di Campione d'Italia, anche in considerazione dell'inclusione dell'ente nel territorio doganale europeo e nell'ambito territoriale di operatività della disciplina armonizzata delle accise, riconoscendo di fatto la specificità e la difficoltà in cui si trovano i territori di confine con lo stato elvetico;
    i dati economici riportano come sia ormai indifferibile contrastare il gap salariale prodotto dal Canton Ticino, che crea gravi ripercussioni sulle aziende dei territori di confine;
    facendo riferimento all'ultimo decennio del periodo di crisi, dal 2008 al 2017, sia l'occupazione, sia il numero di imprese nelle aree di confine hanno registrato flessioni ben più sensibili rispetto alla media registrata nel basso varesotto e nel resto della Lombardia;
    il territorio di confine, paga il prezzo dell'attrattività fiscale rappresentata dalla Svizzera, tra i primi Paesi per la contenuta imposizione fiscale cui sono soggette le persone giuridiche. In Ticino l'onere fiscale per le imprese si attesta intorno al 20 per cento dell'utile; la Svizzera, inoltre, vanta l'IVA più bassa in Europa;
    quanto alle differenze retributive tra Italia e Svizzera, secondo i dati di Confartigianato imprese Varese, la retribuzione lorda media, valutata in euro, in Italia è del 166 per cento superiore a quella rilevata in Svizzera; in Lombardia, il cui valore medio della retribuzione è più alto del 15 per cento rispetto alla media nazionale, la retribuzione lorda annua è del 32,3 per cento superiore a quella in Svizzera. Il divario diviene pari al 69,9 per cento se si tiene conto del valore espresso a parità di potere d'acquisto;
    si evince come sul divario del costo del lavoro incide fortemente il diverso cuneo fiscale, che in Italia è del 47,8 per cento, più che doppio rispetto al 21,8 per cento della Svizzera. Un tale costo del lavoro impedisce a molte aziende di confine di essere attrattive per i lavoratori già formati. Di contro, coloro che vivono entro 20 chilometri dalla Svizzera e che lavorano per le aziende di confine in Italia non hanno alcune agevolazioni che invece sono riconosciute ai colleghi occupati negli altri Stati confinanti,

impegna il Governo

a prevedere un regime fiscale incentivante per i lavoratori che risiedono in Italia e sono occupati in aziende situate entro 20 chilometri dal confine, come già previsto dall'Agenzia delle entrate con la risoluzione del 28 marzo 2017, n. 38, per la Svizzera, estensibile anche all'Austria, alla Francia e alla Slovenia.
9/2305/104Bianchi, Di Muro, Invidia.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa relativa all'IMU presenta attualmente molte criticità, tanto che in diverse Regioni di Italia gli ex IACP, comunque denominati, hanno contenziosi aperti con i Comuni per il mancato riconoscimento dell'esenzione dall'imposta per gli alloggi sociali detenuti dalle Aziende;
    la nuova formulazione dell'imposta prevista ai commi da 738 a 783, purtroppo, non solo non chiarisce una volta per tutte che gli alloggi detenuti dagli ex IACP comunque denominati hanno le caratteristiche di alloggi sociali e, in quanto tali, devono godere dell'esenzione, ma crea un ulteriore enorme problema;
    l'aver introdotto infatti anche l'indicazione «adibiti ad abitazione principale» mette a rischio le Aziende di subire un contenzioso perché manca in capo alle stesse il requisito di residenzialità (non risiede il proprietario, ma l'inquilino) e inoltre si rischierebbe di pagare anche per gli alloggi sfitti. L'alloggio sociale è tale per natura a prescindere che sia locato o meno e non è pensabile che l'IMU venga applicata agli alloggi sociali sfitti in attesa di assegnazione, tali perché in attesa del provvedimento del Comune o perché in attesa che vengano riordinati prima di procedere con una nuova assegnazione o, ancora, in quanto per assenza di fondi, non possono essere riordinati per una nuova assegnazione;
    in un'ottica di correzione appare imprescindibile introdurre nel testo normativo nella definizione di alloggio sociale i riferimenti all'articolo 10 comma 3 del decreto-legge n. 47 del 2014 e alla legge n. 80 del 2014, necessari perché tali provvedimenti hanno introdotto una nuova definizione di alloggio sociale di carattere generale riconoscendo in modo inequivocabile agli alloggi di proprietà degli ex IACP comunque denominati lo status di alloggio sociale (l'indeterminatezza della definizione di alloggio sociale di cui al DM del 22/4/2008 ha creato in passato divergenze interpretative);
    appare inoltre indispensabile la precisazione che l'esenzione si applica anche alla pertinenze dell'alloggio sociale: per pertinenze dell'alloggio sociale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo;
    dall'articolato emerge infine la necessità di porre rimedio ad un'ulteriore problematica: deve essere specificato che la detrazione di euro 200 per gli alloggi regolarmente assegnati dagli ex IACP comunque denominati, che deve comunque rimanere nel testo di legge, si applica solo a quegli alloggi che non beneficiano già dell'esenzione di alloggio sociale prevista dalla norma, chiarendo che il legislatore con il riferimento in tale comma agli IACP non ha voluto escludere implicitamente gli enti gestori dall'esenzione per l'alloggio sociale, tesi invece sostenuta da alcuni comuni nel corso del dibattimento per i contenziosi,

impegna il Governo

a chiarire, secondo quanto previsto in premessa, che gli alloggi detenuti dalle Aziende che gestiscono alloggi di edilizia residenziale pubblica sono alloggi sociali e in quanto tali godono delle esenzioni, così come le relative pertinenze in considerazione del ruolo sociale svolto dalle Aziende che locano a famiglie in difficoltà economica che pagano affitti medi che non consentono alle Aziende di sostenere anche questo ulteriore onere fiscale.
9/2305/105Maggioni, Foscolo, Guidesi, Locatelli, Garavaglia, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa relativa all'IMU presenta attualmente molte criticità, tanto che in diverse Regioni di Italia gli ex IACP, comunque denominati, hanno contenziosi aperti con i Comuni per il mancato riconoscimento dell'esenzione dall'imposta per gli alloggi sociali detenuti dalle Aziende;
    la nuova formulazione dell'imposta prevista ai commi da 738 a 783, purtroppo, non solo non chiarisce una volta per tutte che gli alloggi detenuti dagli ex IACP comunque denominati hanno le caratteristiche di alloggi sociali e, in quanto tali, devono godere dell'esenzione, ma crea un ulteriore enorme problema;
    l'aver introdotto infatti anche l'indicazione «adibiti ad abitazione principale» mette a rischio le Aziende di subire un contenzioso perché manca in capo alle stesse il requisito di residenzialità (non risiede il proprietario, ma l'inquilino) e inoltre si rischierebbe di pagare anche per gli alloggi sfitti. L'alloggio sociale è tale per natura a prescindere che sia locato o meno e non è pensabile che l'IMU venga applicata agli alloggi sociali sfitti in attesa di assegnazione, tali perché in attesa del provvedimento del Comune o perché in attesa che vengano riordinati prima di procedere con una nuova assegnazione o, ancora, in quanto per assenza di fondi, non possono essere riordinati per una nuova assegnazione;
    in un'ottica di correzione appare imprescindibile introdurre nel testo normativo nella definizione di alloggio sociale i riferimenti all'articolo 10 comma 3 del decreto-legge n. 47 del 2014 e alla legge n. 80 del 2014, necessari perché tali provvedimenti hanno introdotto una nuova definizione di alloggio sociale di carattere generale riconoscendo in modo inequivocabile agli alloggi di proprietà degli ex IACP comunque denominati lo status di alloggio sociale (l'indeterminatezza della definizione di alloggio sociale di cui al DM del 22/4/2008 ha creato in passato divergenze interpretative);
    appare inoltre indispensabile la precisazione che l'esenzione si applica anche alla pertinenze dell'alloggio sociale: per pertinenze dell'alloggio sociale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo;
    dall'articolato emerge infine la necessità di porre rimedio ad un'ulteriore problematica: deve essere specificato che la detrazione di euro 200 per gli alloggi regolarmente assegnati dagli ex IACP comunque denominati, che deve comunque rimanere nel testo di legge, si applica solo a quegli alloggi che non beneficiano già dell'esenzione di alloggio sociale prevista dalla norma, chiarendo che il legislatore con il riferimento in tale comma agli IACP non ha voluto escludere implicitamente gli enti gestori dall'esenzione per l'alloggio sociale, tesi invece sostenuta da alcuni comuni nel corso del dibattimento per i contenziosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, secondo quanto previsto in premessa, che gli alloggi detenuti dalle Aziende che gestiscono alloggi di edilizia residenziale pubblica sono alloggi sociali e in quanto tali godono delle esenzioni, così come le relative pertinenze in considerazione del ruolo sociale svolto dalle Aziende che locano a famiglie in difficoltà economica che pagano affitti medi che non consentono alle Aziende di sostenere anche questo ulteriore onere fiscale.
9/2305/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Maggioni, Foscolo, Guidesi, Locatelli, Garavaglia, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli alloggi di edilizia residenziale pubblica diversi dagli alloggi sociali di proprietà degli IACP comunque denominati, risultano essere soggetti all'aliquota di base per l'abitazione principale passibile della detrazione nella misura di 200 euro;
    l'indeterminatezza della definizione di «alloggio sociale» di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture 22 aprile 2008 – che sin da principio ha creato divergenza interpretative – ha trovato definitiva chiarificazione, e ampia applicazione, con quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 convertito, con modificazioni, della legge 23 maggio 2014, n. 80;
    tale provvedimento ha introdotto nell'ordinamento nazionale una nuova definizione di «alloggio sociale» di carattere generale, riconoscendo in modo inequivocabile agli alloggi di proprietà degli ex IACP comunque denominati lo status di «alloggio sociale»;
    risulta necessario eliminare nel testo normativo in discussione il riferimento all'abitazione principale quando si parla di esenzione per gli alloggi sociali in quanto essi non costituiscono abitazione principale per l'ente proprietario ed inoltre ciò comporterebbe che quelli non assegnati vengano tassati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare le iniziative necessarie affinché l'esenzione dall'imposta IMU si applichi agli alloggi sociali di proprietà degli IACP comunque denominati e anche alle pertinenze degli alloggi sociali, intendendo come tali esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità in uso abitativo.
9/2305/106Ribolla, Foscolo, Maggioni, Guidesi, Locatelli, Garavaglia, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli alloggi di edilizia residenziale pubblica diversi dagli alloggi sociali di proprietà degli IACP comunque denominati, risultano essere soggetti all'aliquota di base per l'abitazione principale passibile della detrazione nella misura di 200 euro;
    l'indeterminatezza della definizione di «alloggio sociale» di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture 22 aprile 2008 – che sin da principio ha creato divergenza interpretative – ha trovato definitiva chiarificazione, e ampia applicazione, con quanto previsto dall'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 convertito, con modificazioni, della legge 23 maggio 2014, n. 80;
    tale provvedimento ha introdotto nell'ordinamento nazionale una nuova definizione di «alloggio sociale» di carattere generale, riconoscendo in modo inequivocabile agli alloggi di proprietà degli ex IACP comunque denominati lo status di «alloggio sociale»;
    risulta necessario eliminare nel testo normativo in discussione il riferimento all'abitazione principale quando si parla di esenzione per gli alloggi sociali in quanto essi non costituiscono abitazione principale per l'ente proprietario ed inoltre ciò comporterebbe che quelli non assegnati vengano tassati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare le iniziative necessarie affinché l'esenzione dall'imposta IMU si applichi agli alloggi sociali di proprietà degli IACP comunque denominati e anche alle pertinenze degli alloggi sociali, intendendo come tali esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità in uso abitativo.
9/2305/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Ribolla, Foscolo, Maggioni, Guidesi, Locatelli, Garavaglia, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il prolungamento in direzione Venezia dell'Alta velocità Torino-Milano-Brescia, stiamo quindi parlando della linea ad Alta velocità Verona-Padova (78,8 chilometri), rappresenta un'opera che riveste un'importanza primaria per il trasporto passeggeri, ma anche per il trasporto merci;
    il Piano industriale 2019-2023 di Ferrovie dello Stato certifica che l'Alta velocità a est di Verona è in grave ritardo: il tratto di Alta velocità tra Vicenza e Padova (27,6 km) non è finanziata né progettata, mentre il tratto tra Verona e Vicenza (51,2 km) aspetta lo stanziamento di denaro per coprire l'intera spesa di realizzazione dell'opera, ad oggi è stato coperto meno di un terzo dell'ammontare totale;
    lo sviluppo della tratta ad Alta velocità in terra veneta rappresenta un momento imprescindibile per la crescita di una regione a vocazione manifatturiera, area nevralgica per i fluissi economici verso gli altri paesi europei, una regione da sempre vocata all’export (il 13,7 per cento delle esportazioni italiane, pari a 63,3 miliardi di euro) e che produce il 10 per cento del PIL nazionale;
    la Tav Verona-Vicenza-Padova è parte integrante del corridoio Mediterraneo e rappresenta un'importanza cruciale per l'interconnessione, nel nodo di Verona, con il corridoio Scandinavo-Mediterraneo;
    il ritardo nella realizzazione di quest'opera strategica per il Veneto ma anche per l'intero Paese, rischia di porre il Veneto in una situazione marginale inaccettabili rispetto alla densità produttiva e ai flussi internazionali che questa regione rappresenta,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a provvedere in tempi rapidi allo stanziamento previsto per la completa realizzazione del tratto di alta velocità Verona-Vicenza.
9/2305/107Lorenzo Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il prolungamento in direzione Venezia dell'Alta velocità Torino-Milano-Brescia, stiamo quindi parlando della linea ad Alta velocità Verona-Padova (78,8 chilometri), rappresenta un'opera che riveste un'importanza primaria per il trasporto passeggeri, ma anche per il trasporto merci;
    il Piano industriale 2019-2023 di Ferrovie dello Stato certifica che l'Alta velocità a est di Verona è in grave ritardo: il tratto di Alta velocità tra Vicenza e Padova (27,6 km) non è finanziata né progettata, mentre il tratto tra Verona e Vicenza (51,2 km) aspetta lo stanziamento di denaro per coprire l'intera spesa di realizzazione dell'opera, ad oggi è stato coperto meno di un terzo dell'ammontare totale;
    lo sviluppo della tratta ad Alta velocità in terra veneta rappresenta un momento imprescindibile per la crescita di una regione a vocazione manifatturiera, area nevralgica per i fluissi economici verso gli altri paesi europei, una regione da sempre vocata all’export (il 13,7 per cento delle esportazioni italiane, pari a 63,3 miliardi di euro) e che produce il 10 per cento del PIL nazionale;
    la Tav Verona-Vicenza-Padova è parte integrante del corridoio Mediterraneo e rappresenta un'importanza cruciale per l'interconnessione, nel nodo di Verona, con il corridoio Scandinavo-Mediterraneo;
    il ritardo nella realizzazione di quest'opera strategica per il Veneto ma anche per l'intero Paese, rischia di porre il Veneto in una situazione marginale inaccettabili rispetto alla densità produttiva e ai flussi internazionali che questa regione rappresenta,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di provvedere in tempi rapidi allo stanziamento previsto per la completa realizzazione del tratto di alta velocità Verona-Vicenza.
9/2305/107. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorenzo Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 127 incrementa di 325 milioni di euro per il 2020 e di 1,6 miliardi di euro dal 2021 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico;
    l'incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle risorse stanziate dal provvedimento, l'aumento della misura percentuale dell'indennità di impiego operativo al personale dell'Esercito «acquisitore obiettivi» e «ranger», già prevista per gli operatori delle Forze Speciali, e, qualora tale personale sia in servizio presso gli enti di Forze speciali o che operano per finalità delle Forze speciali, a prevedere la corresponsione dell'indennità supplementare mensile.
9/2305/108Fantuz, Ferrari, Pretto, Turri, Zicchieri, Boniardi, Piccolo, Toccalini, Comencini, Valbusa, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 127 incrementa di 325 milioni di euro per il 2020 e di 1,6 miliardi di euro dal 2021 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico;
    l'incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle risorse stanziate dal provvedimento, l'aumento della misura percentuale dell'indennità di impiego operativo al personale dell'Esercito «acquisitore obiettivi» e «ranger», già prevista per gli operatori delle Forze Speciali, e, qualora tale personale sia in servizio presso gli enti di Forze speciali o che operano per finalità delle Forze speciali, a valutare l'opportunità di prevedere la corresponsione dell'indennità supplementare mensile.
9/2305/108. (Testo modificato nel corso della seduta) Fantuz, Ferrari, Pretto, Turri, Zicchieri, Boniardi, Piccolo, Toccalini, Comencini, Valbusa, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 127 incrementa di 325 milioni di euro per il 2020 e di 1,6 miliardi di euro dal 2021 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico;
    l'incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle risorse stanziate dal provvedimento, l'aumento della misura percentuale dell'indennità di impiego operativo di base per il personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in possesso di brevetto militare di incursore od operatore subacqueo e in servizio presso reparti incursori e subacquei nonché presso centri e nuclei aerosoccorritori.
9/2305/109Piccolo, Fantuz, Pretto, Turri, Ferrari, Zicchieri, Boniardi, Toccalini, Castiello, Comencini, Valbusa, Paternoster, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 127 incrementa di 325 milioni di euro per il 2020 e di 1,6 miliardi di euro dal 2021 gli oneri a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 del pubblico impiego e per i miglioramenti economici per il personale statale in regime di diritto pubblico;
    l'incremento delle risorse destinate agli istituti normativi ed ai trattamenti economici accessori del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle risorse stanziate dal provvedimento, l'aumento della misura percentuale dell'indennità di impiego operativo di base per il personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in possesso di brevetto militare di incursore od operatore subacqueo e in servizio presso reparti incursori e subacquei nonché presso centri e nuclei aerosoccorritori.
9/2305/109. (Testo modificato nel corso della seduta) Piccolo, Fantuz, Pretto, Turri, Ferrari, Zicchieri, Boniardi, Toccalini, Castiello, Comencini, Valbusa, Paternoster, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 del provvedimento in esame reca uno stanziamento da destinare all'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa, attraverso la contrattazione collettiva nazionale integrativa;
    l'arsenale militare marittimo della Spezia è, con gli arsenali di Augusta e di Taranto, uno dei tre della Marina militare;
    l'arsenale militare di La Spezia rappresenta un polo di eccellenza del comparto difesa italiano;
    in seguito all'applicazione delle disposizioni previste dalla legge n. 244 del 2012, la cosiddetta legge Di Paola, e dai due decreti legislativi delegati, l'area tecnico-industriale della Difesa ha subito una progressiva riduzione degli organici del personale civile, finalizzata a tagliarne di dieci mila unità la consistenza entro il 2024;
    l'arsenale di La Spezia dovrebbe occupare 735 lavoratori, ma a oggi i dipendenti civili sono già scesi a 635 e i possibili pensionamenti dell'immediato futuro sono all'incirca 175;
    oltre ai dipendenti diretti, il polo dell'arsenale coinvolge migliaia di dipendenti che lavorano in diverse aziende del territorio, che rappresentano un'eccellenza italiana;
    il piano di ingressi previsto dal Ministero per il prossimo triennio è insufficiente, e il rischio è quello di vedere dimezzato il numero degli occupanti anche alla luce dei prossimi pensionamenti;
    la necessità di un « turn over» di personale specializzato è imminente ed urgente,

impegna il Governo

a promuovere ogni iniziativa volta ad assicurare un adeguato turn over per l'Arsenale militare marittimo di La Spezia, che rappresenta un polo di eccellenza e dall'importanza strategica per il comparto industriale e di sicurezza nazionale.
9/2305/110Castiello, Ferrari, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Toccalini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 del provvedimento in esame reca uno stanziamento da destinare all'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa, attraverso la contrattazione collettiva nazionale integrativa;
    l'arsenale militare marittimo della Spezia è, con gli arsenali di Augusta e di Taranto, uno dei tre della Marina militare;
    l'arsenale militare di La Spezia rappresenta un polo di eccellenza del comparto difesa italiano;
    in seguito all'applicazione delle disposizioni previste dalla legge n. 244 del 2012, la cosiddetta legge Di Paola, e dai due decreti legislativi delegati, l'area tecnico-industriale della Difesa ha subito una progressiva riduzione degli organici del personale civile, finalizzata a tagliarne di dieci mila unità la consistenza entro il 2024;
    l'arsenale di La Spezia dovrebbe occupare 735 lavoratori, ma a oggi i dipendenti civili sono già scesi a 635 e i possibili pensionamenti dell'immediato futuro sono all'incirca 175;
    oltre ai dipendenti diretti, il polo dell'arsenale coinvolge migliaia di dipendenti che lavorano in diverse aziende del territorio, che rappresentano un'eccellenza italiana;
    il piano di ingressi previsto dal Ministero per il prossimo triennio è insufficiente, e il rischio è quello di vedere dimezzato il numero degli occupanti anche alla luce dei prossimi pensionamenti;
    la necessità di un « turn over» di personale specializzato è imminente ed urgente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere ogni iniziativa volta ad assicurare un adeguato turn over per l'Arsenale militare marittimo di La Spezia, che rappresenta un polo di eccellenza e dall'importanza strategica per il comparto industriale e di sicurezza nazionale.
9/2305/110. (Testo modificato nel corso della seduta) Castiello, Ferrari, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Toccalini.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'audizione programmatica svolta presso le Commissioni Difesa dei due rami del Parlamento il 30 ottobre e 28 novembre 2019, il Ministro della difesa ha annunciato la volontà del Governo di elevare progressivamente l'incidenza delle spese per la Difesa al livello attuale della media degli alleati europei della NATO, pari all'1,58 per cento del PIL;
    a dispetto degli annunci fatti, tuttavia, il bilancio del 2020 e quello pluriennale per il triennio 2020-2022 non mostrano alcuna tendenza compatibile con il raggiungimento di un traguardo tanto ambizioso entro il 2024, anno in cui peraltro l'Italia era richiesta dalla NATO di portarsi al 2 per cento;
    aumenti erano preventivati anche nel campo specifico degli investimenti, che sono un volano anche per l'industria nazionale dei materiali d'armamento, concorrendo a rafforzarne le capacità tecnologiche e la competitività sui mercati mondiali;
    generando maggiore PIL, gli investimenti nell'industria della Difesa sono inoltre in grado anche di accrescere a medio termine le entrate fiscali;
    neanche sotto questo profilo gli incrementi sembrano all'altezza delle aspettative suscitate;
    è tuttora assente anche uno specifico strumento normativo in grado di offrire certezze alle aziende del comparto Difesa,

impegna il Governo

ad adoperarsi per creare nel corso dell'esercizio finanziario 2020 i presupposti di un incremento futuro delle spese per la Difesa che sia compatibile con la finalità dichiarata di raggiungere entro il 2024 almeno il traguardo dell'1,58 per cento del Pil, puntando soprattutto sulla componente investimenti.
9/2305/111Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'audizione programmatica svolta presso le Commissioni Difesa dei due rami del Parlamento il 30 ottobre e 28 novembre 2019, il Ministro della difesa ha annunciato la volontà del Governo di elevare progressivamente l'incidenza delle spese per la Difesa al livello attuale della media degli alleati europei della NATO, pari all'1,58 per cento del PIL;
    a dispetto degli annunci fatti, tuttavia, il bilancio del 2020 e quello pluriennale per il triennio 2020-2022 non mostrano alcuna tendenza compatibile con il raggiungimento di un traguardo tanto ambizioso entro il 2024, anno in cui peraltro l'Italia era richiesta dalla NATO di portarsi al 2 per cento;
    aumenti erano preventivati anche nel campo specifico degli investimenti, che sono un volano anche per l'industria nazionale dei materiali d'armamento, concorrendo a rafforzarne le capacità tecnologiche e la competitività sui mercati mondiali;
    generando maggiore PIL, gli investimenti nell'industria della Difesa sono inoltre in grado anche di accrescere a medio termine le entrate fiscali;
    neanche sotto questo profilo gli incrementi sembrano all'altezza delle aspettative suscitate;
    è tuttora assente anche uno specifico strumento normativo in grado di offrire certezze alle aziende del comparto Difesa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi per creare nel corso dell'esercizio finanziario 2020 i presupposti di un incremento futuro delle spese per la Difesa che sia compatibile con la finalità dichiarata di raggiungere entro il 2024 almeno il traguardo dell'1,58 per cento del Pil, puntando soprattutto sulla componente investimenti.
9/2305/111. (Testo modificato nel corso della seduta) Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    gli istituti di formazione militare non sono soltanto un patrimonio delle forze armate ma dell'intero Paese;
    necessitano di fondi per l'ammodernamento delle proprie strutture e degli strumenti di studio e lavoro in particolare le scuole Nunziatella di Napoli, Teulié di Milano e Douhet di Firenze, oltre al collegio navale Morosini di Venezia;
    è al contempo necessario investire nel rafforzamento degli istituti raggruppati nel Casd, Centro Alti Studi della Difesa, anche come interfaccia nazionale di livello universitario di un sistema di relazioni accademico-militari esteso alle istituzioni omologhe dei paesi amici ed alleati,

impegna il Governo

a preparare nel corso dell'esercizio finanziario 2020 i presupposti di un piano di investimenti da destinare all'ammodernamento degli istituti di formazione militare generalizzati in premessa e al potenziamento delle strutture accademico-militari attualmente raggruppate nel Centro Alti Studi della Difesa, procedendo immediatamente al suo riconoscimento quale polo universitario.
9/2305/112Raffaele Volpi, Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli istituti di formazione militare non sono soltanto un patrimonio delle forze armate ma dell'intero Paese;
    necessitano di fondi per l'ammodernamento delle proprie strutture e degli strumenti di studio e lavoro in particolare le scuole Nunziatella di Napoli, Teulié di Milano e Douhet di Firenze, oltre al collegio navale Morosini di Venezia;
    è al contempo necessario investire nel rafforzamento degli istituti raggruppati nel Casd, Centro Alti Studi della Difesa, anche come interfaccia nazionale di livello universitario di un sistema di relazioni accademico-militari esteso alle istituzioni omologhe dei paesi amici ed alleati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di preparare nel corso dell'esercizio finanziario 2020 i presupposti di un piano di investimenti da destinare all'ammodernamento degli istituti di formazione militare generalizzati in premessa e al potenziamento delle strutture accademico-militari attualmente raggruppate nel Centro Alti Studi della Difesa, procedendo immediatamente al suo riconoscimento quale polo universitario.
9/2305/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Raffaele Volpi, Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento in esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del cosiddetto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    al Fondo è assegnata una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro per l'anno 2020, 30 milioni di euro per l'anno 2021 e 40 milioni di euro per il 2022;
    i settori d'intervento riguardano progetti di cooperazione allo sviluppo, di protezione dei migranti e dei rifugiati, di rimpatri volontari assistiti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, di assistenza tecnica e formazione a favore delle Autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani, nonché di campagne informative sul rischio migratorio;
    l'incidenza delle migrazioni provenienti dall'Africa tramite i flussi del Mediterraneo assorbe la quota maggioritaria delle immigrazioni nel nostro Paese;
    la tratta del Mediterraneo viene usata anche da migranti provenienti da Paesi mediorientali, come testimoniano i dati delle nazionalità al momento degli sbarchi;
    si ritiene non sufficiente la dotazione finanziaria del nuovo Fondo,

impegna il Governo

ad assicurare adeguate risorse al succitato Fondo, in particolare per i Paesi africani, prevedendo al contempo, compatibilmente con i vinco i di bilancio, un aumento della dotazione finanziaria di tale Fondo.
9/2305/113Toccalini, Ferrari, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento in esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del cosiddetto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    al Fondo è assegnata una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro per l'anno 2020, 30 milioni di euro per l'anno 2021 e 40 milioni di euro per il 2022;
    i settori d'intervento riguardano progetti di cooperazione allo sviluppo, di protezione dei migranti e dei rifugiati, di rimpatri volontari assistiti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, di assistenza tecnica e formazione a favore delle Autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani, nonché di campagne informative sul rischio migratorio;
    l'incidenza delle migrazioni provenienti dall'Africa tramite i flussi del Mediterraneo assorbe la quota maggioritaria delle immigrazioni nel nostro Paese;
    la tratta del Mediterraneo viene usata anche da migranti provenienti da Paesi mediorientali, come testimoniano i dati delle nazionalità al momento degli sbarchi;
    si ritiene non sufficiente la dotazione finanziaria del nuovo Fondo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare adeguate risorse al succitato Fondo, in particolare per i Paesi africani, prevedendo al contempo, compatibilmente con i vinco i di bilancio, un aumento della dotazione finanziaria di tale Fondo.
9/2305/113. (Testo modificato nel corso della seduta) Toccalini, Ferrari, Piccolo, Fantuz, Pretto, Zicchieri, Boniardi, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 del provvedimento in esame reca uno stanziamento da destinare all'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa, attraverso la contrattazione collettiva nazionale integrativa;
    l'arsenale militare marittimo di Taranto è, con gli arsenali di Augusta e di La Spezia, uno dei tre della Marina militare;
    ad oggi rappresenta lo stabilimento più grande della Marina militare italiana;
    attualmente, a fronte di una tabella organica prevista di 1396 unità, risultano in forza 993 unità, con uno sbilanciamento fra profili tecnici ed amministrativi;
    a questi dati vanno aggiunti i 123 pensionamenti già previsti per limiti di età negli ultimi mesi del 2019 sino a tutto l'anno 2021, e i futuri pensionamenti anticipati al momento non quantificabili;
    i vincoli imposti dalla legge n. 244 del 2012 prevedono la progressiva riduzione di organico del personale civile della Difesa a 20 mila unità complessive, da attuarsi entro il 2024;
    per l'Arsenale di Taranto è previsto l'arrivo di non più di una ventina di tecnici, dato evidentemente insufficiente;
    le stime al 2024 mostrano un decadimento quantitativo di forza lavoro rispetto agli organici previsti pari a circa il 59 per cento, a fronte di un record assoluto di tonnellaggio di lavoro nel 2019, con un incremento del 50 per cento previsto fino al 2022;
    in assenza di un turn over adeguato, c’è il rischio di non riuscire a completare i lavori già programmati, causando gravi conseguenze per l'intera provincia di Taranto,

impegna il Governo

ad attuare ogni iniziativa al fine di aumentare i numeri della dotazione organica del personale civile prevista per il 31 dicembre 2024, e far ripartire a breve termine un piano straordinario di assunzioni per il personale civile della Difesa, per garantire un adeguato turn over all'arsenale militare marittimo di Taranto.
9/2305/114Zicchieri, Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Boniardi, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 del provvedimento in esame reca uno stanziamento da destinare all'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa, attraverso la contrattazione collettiva nazionale integrativa;
    l'arsenale militare marittimo di Taranto è, con gli arsenali di Augusta e di La Spezia, uno dei tre della Marina militare;
    ad oggi rappresenta lo stabilimento più grande della Marina militare italiana;
    attualmente, a fronte di una tabella organica prevista di 1396 unità, risultano in forza 993 unità, con uno sbilanciamento fra profili tecnici ed amministrativi;
    a questi dati vanno aggiunti i 123 pensionamenti già previsti per limiti di età negli ultimi mesi del 2019 sino a tutto l'anno 2021, e i futuri pensionamenti anticipati al momento non quantificabili;
    i vincoli imposti dalla legge n. 244 del 2012 prevedono la progressiva riduzione di organico del personale civile della Difesa a 20 mila unità complessive, da attuarsi entro il 2024;
    per l'Arsenale di Taranto è previsto l'arrivo di non più di una ventina di tecnici, dato evidentemente insufficiente;
    le stime al 2024 mostrano un decadimento quantitativo di forza lavoro rispetto agli organici previsti pari a circa il 59 per cento, a fronte di un record assoluto di tonnellaggio di lavoro nel 2019, con un incremento del 50 per cento previsto fino al 2022;
    in assenza di un turn over adeguato, c’è il rischio di non riuscire a completare i lavori già programmati, causando gravi conseguenze per l'intera provincia di Taranto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare ogni iniziativa al fine di aumentare i numeri della dotazione organica del personale civile prevista per il 31 dicembre 2024, e far ripartire a breve termine un piano straordinario di assunzioni per il personale civile della Difesa, per garantire un adeguato turn over all'arsenale militare marittimo di Taranto.
9/2305/114. (Testo modificato nel corso della seduta) Zicchieri, Ferrari, Toccalini, Piccolo, Fantuz, Pretto, Boniardi, Castiello.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    per quanto concerne lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185) già prima richiamati, relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è istituito un fondo, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 4 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, da destinare a interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, attuati dai soggetti del sistema della cooperazione italiana allo sviluppo di cui all'articolo 26, comma 2, della legge 11 agosto 2014, n. 125;
    riteniamo che tale Fondo debba essere potenziato perché sono sempre più numerose le persone di religione cristiana che vengono perseguitate, spesso proprio in quei Paesi con i quali manteniamo rapporti di cooperazione allo sviluppo,

impegna il Governo

a potenziare il Fondo di cui in premessa, da destinare a interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, nella ripartizione dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
9/2305/115Formentini, Comencini, Zoffili, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    per quanto concerne lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185) già prima richiamati, relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è istituito un fondo, con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 4 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, da destinare a interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, attuati dai soggetti del sistema della cooperazione italiana allo sviluppo di cui all'articolo 26, comma 2, della legge 11 agosto 2014, n. 125;
    riteniamo che tale Fondo debba essere potenziato perché sono sempre più numerose le persone di religione cristiana che vengono perseguitate, spesso proprio in quei Paesi con i quali manteniamo rapporti di cooperazione allo sviluppo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di potenziare il Fondo di cui in premessa, da destinare a interventi di sostegno diretti alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane oggetto di persecuzioni nelle aree di crisi, nella ripartizione dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
9/2305/115. (Testo modificato nel corso della seduta) Formentini, Comencini, Zoffili, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento al nostro esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del cosiddetto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    i criteri per la gestione delle risorse di detto fondo sono contenuti nel decreto ministeriale del 12 febbraio 2018 n. 423, modificato con decreto ministeriale 28 agosto n. 1648, con il quale il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha emanato l'atto di indirizzo del Fondo per l'Africa;
    l'articolo 1 del citato decreto ministeriale sancisce che gli interventi finanziati a valere sul Fondo per l'Africa sono parte qualificante del complesso di misure stabilite dal Governo italiano volte al contrasto all'immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani. I settori d'intervento, in linea con l'elenco stabilito ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto, hanno riguardato progetti di cooperazione allo sviluppo, di protezione dei migranti e dei rifugiati, di rimpatri volontari assistiti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, di assistenza tecnica e formazione a favore delle Autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani, nonché di campagne informative sul rischio migratorio;
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185), relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    sono sempre più frequenti le aggressioni ai cristiani, proprio in quei Paesi a rischio migratorio, con i quali il nostro Paese intrattiene rapporti di cooperazione allo sviluppo nelle sue varie forme,

impegna il Governo

nello svolgere l'attività di cooperazione allo sviluppo, a tenere in alta considerazione il trattamento che subiscono i cristiani in talune zone del mondo, nelle quali le persone di religione cristiana vengono perseguitate, e a condizionare gli aiuti alla loro effettiva tutela da parte delle autorità di quei Paesi.
9/2305/116Comencini, Formentini, Zoffili, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento al nostro esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del cosiddetto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    i criteri per la gestione delle risorse di detto fondo sono contenuti nel decreto ministeriale del 12 febbraio 2018 n. 423, modificato con decreto ministeriale 28 agosto n. 1648, con il quale il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha emanato l'atto di indirizzo del Fondo per l'Africa;
    l'articolo 1 del citato decreto ministeriale sancisce che gli interventi finanziati a valere sul Fondo per l'Africa sono parte qualificante del complesso di misure stabilite dal Governo italiano volte al contrasto all'immigrazione irregolare e al traffico di esseri umani. I settori d'intervento, in linea con l'elenco stabilito ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto, hanno riguardato progetti di cooperazione allo sviluppo, di protezione dei migranti e dei rifugiati, di rimpatri volontari assistiti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, di assistenza tecnica e formazione a favore delle Autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani, nonché di campagne informative sul rischio migratorio;
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185), relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    sono sempre più frequenti le aggressioni ai cristiani, proprio in quei Paesi a rischio migratorio, con i quali il nostro Paese intrattiene rapporti di cooperazione allo sviluppo nelle sue varie forme,

impegna il Governo

nello svolgere l'attività di cooperazione allo sviluppo, a valutare l'opportunità di tenere in alta considerazione il trattamento che subiscono i cristiani in talune zone del mondo, nelle quali le persone di religione cristiana vengono perseguitate, e a condizionare gli aiuti alla loro effettiva tutela da parte delle autorità di quei Paesi.
9/2305/116. (Testo modificato nel corso della seduta) Comencini, Formentini, Zoffili, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    si prospetta la necessità di confermare per un ulteriore triennio gli stanziamenti per l'attuazione della legge n. 73 del 2001 recante «Interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia» (capitolo 4544 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale);
    tali finanziamenti rivestono un forte rilievo per le associazioni degli esuli dell'ex Jugoslavia (circa un milione di persone con i discendenti) e per la minoranza autoctona italiana in Slovenia, Croazia e Montenegro;
    l'anno scorso alla legge di Bilancio (n. 145 del 2018) fu ritenuto ammissibile e approvato un emendamento per la prosecuzione degli interventi di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 73, autorizzando la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2019,

impegna il Governo,

al fine di proseguire gli interventi di cui alla legge succitata, a reperire nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le adeguate risorse per continuare a sostenere la comunità della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia.
9/2305/117Panizzut, Formentini, Zoffili, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    si prospetta la necessità di confermare per un ulteriore triennio gli stanziamenti per l'attuazione della legge n. 73 del 2001 recante «Interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia» (capitolo 4544 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale);
    tali finanziamenti rivestono un forte rilievo per le associazioni degli esuli dell'ex Jugoslavia (circa un milione di persone con i discendenti) e per la minoranza autoctona italiana in Slovenia, Croazia e Montenegro;
    l'anno scorso alla legge di Bilancio (n. 145 del 2018) fu ritenuto ammissibile e approvato un emendamento per la prosecuzione degli interventi di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 73, autorizzando la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2019,

impegna il Governo,

al fine di proseguire gli interventi di cui alla legge succitata, a valutare l'opportunità di reperire nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le adeguate risorse per continuare a sostenere la comunità della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia.
9/2305/117. (Testo modificato nel corso della seduta) Panizzut, Formentini, Zoffili, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    la tabella 6 relativa allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale stanzia fondi per la Missione 1 ”L'Italia in Europa e nel mondo”;
    all'interno di tale tabella vi è il programma 1.10, ”Coordinamento dell'Amministrazione in ambito internazionale”: dalle risorse stanziate sul succitato programma si attingono i fondi per far funzionare anche il portale « ViaggiareSicuri.it», che riporta profili continuamente aggiornati di tutti i Paesi (informazioni generali, sicurezza, situazione sanitaria, cautele da adottare, mobilità ed altro) e il sito « Dovesiamonelmondo.it», che consente a chi viaggia di segnalare il proprio itinerario e i propri riferimenti, in modo da permettere all'unità di crisi di pianificare in modo efficace e accurato eventuali interventi;
    la tecnologia ha ovviamente permesso alla Farnesina di essere molto più efficace e raggiungere le regioni più remote del mondo per prevenire situazioni di crisi o pianificare interventi di soccorso, al fine di tutelare gli interessi degli italiani;
    da fine giugno 2019, l'allora ministro degli Affari esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha fatto attivare anche la versione aggiornata dell'applicazione informatica consultabile su smartphone e tablet, per la quale è richiesta una semplice registrazione: tale strumento agile e di facile consultazione integra tutti servizi dei due portali e tra l'altro consente ai viaggiatori di geolocalizzarsi e ricevere notifiche durante i transiti nelle aree più a rischio, permettendo contestualmente di comunicare in tempo reale la propria condizione durante una fase di crisi,

impegna il Governo

negazione di tutela dei connazionali nelle crisi internazionali, a promuovere e incentivare, anche tramite un sostegno finanziario mirato, all'interno dei vincoli di bilancio, la campagna istituzionale di sensibilizzazione della succitata applicazione informatica consultabile su smartphone e tablet con tutti i mezzi utili e necessari, anche attraverso spot dedicati sui principali organi di stampa, televisivi e social, sui canali web e social del Governo e di tutte le istituzioni di riferimento.
9/2305/118Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    la tabella 6 relativa allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale stanzia fondi per la Missione 1 ”L'Italia in Europa e nel mondo”;
    all'interno di tale tabella vi è il programma 1.10, ”Coordinamento dell'Amministrazione in ambito internazionale”: dalle risorse stanziate sul succitato programma si attingono i fondi per far funzionare anche il portale « ViaggiareSicuri.it», che riporta profili continuamente aggiornati di tutti i Paesi (informazioni generali, sicurezza, situazione sanitaria, cautele da adottare, mobilità ed altro) e il sito « Dovesiamonelmondo.it», che consente a chi viaggia di segnalare il proprio itinerario e i propri riferimenti, in modo da permettere all'unità di crisi di pianificare in modo efficace e accurato eventuali interventi;
    la tecnologia ha ovviamente permesso alla Farnesina di essere molto più efficace e raggiungere le regioni più remote del mondo per prevenire situazioni di crisi o pianificare interventi di soccorso, al fine di tutelare gli interessi degli italiani;
    da fine giugno 2019, l'allora ministro degli Affari esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha fatto attivare anche la versione aggiornata dell'applicazione informatica consultabile su smartphone e tablet, per la quale è richiesta una semplice registrazione: tale strumento agile e di facile consultazione integra tutti servizi dei due portali e tra l'altro consente ai viaggiatori di geolocalizzarsi e ricevere notifiche durante i transiti nelle aree più a rischio, permettendo contestualmente di comunicare in tempo reale la propria condizione durante una fase di crisi,

impegna il Governo

negazione di tutela dei connazionali nelle crisi internazionali, a valutare l'opportunità di promuovere e incentivare, anche tramite un sostegno finanziario mirato, all'interno dei vincoli di bilancio, la campagna istituzionale di sensibilizzazione della succitata applicazione informatica consultabile su smartphone e tablet con tutti i mezzi utili e necessari, anche attraverso spot dedicati sui principali organi di stampa, televisivi e social, sui canali web e social del Governo e di tutte le istituzioni di riferimento.
9/2305/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Picchi, Ribolla, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    per quanto concerne lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185), relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    l'Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ha iniziato ad operare nel gennaio del 2016; rappresenta il braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione e ha due sedi nazionali, a Roma e a Firenze, oltre a 20 Sedi Estere;
    come previsto dalla Convenzione stipulata tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed AICS il Direttore dell'Agenzia è tenuto a riferire sui risultati conseguiti al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, alla fine di ogni anno solare, con un rapporto pubblicato anche sul sito web dell'AICS,

impegna il Governo

a prevedere, da parte degli organi preposti, un incisivo controllo delle singole attività svolte dagli organi direttivi dell'Agenzia, con particolare riferimento a quelle implicanti spese.
9/2305/119Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Grimoldi, Picchi, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016 della nuova normativa nel settore della cooperazione sviluppo, dettata dalla legge n. 125 del 2014, il sistema di finanziamento vede la maggior parte delle somme inerenti alla cooperazione a dono afferire ai capitoli destinati al finanziamento dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo-AICS;
    per quanto concerne lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che in relazione alle attività di cooperazione allo sviluppo è dotato, nel bilancio integrato 2020, di 1.323,59 milioni di euro si rileva anzitutto la presenza dei capitoli (segnatamente capitoli 2021, 2171, 2185), relativi alle attività e agli interventi dell'Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo;
    l'Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ha iniziato ad operare nel gennaio del 2016; rappresenta il braccio tecnico-operativo del sistema italiano di cooperazione e ha due sedi nazionali, a Roma e a Firenze, oltre a 20 Sedi Estere;
    come previsto dalla Convenzione stipulata tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ed AICS il Direttore dell'Agenzia è tenuto a riferire sui risultati conseguiti al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, alla fine di ogni anno solare, con un rapporto pubblicato anche sul sito web dell'AICS,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, da parte degli organi preposti, un incisivo controllo delle singole attività svolte dagli organi direttivi dell'Agenzia, con particolare riferimento a quelle implicanti spese.
9/2305/119. (Testo modificato nel corso della seduta) Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Grimoldi, Picchi, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 559 a 580 del provvedimento in esame recano disposizioni per il comune di Campione d'Italia in vista dell'inclusione dell'enclave svizzero nell'ambito dell'Unione doganale europea;
    in particolare, si prevede l'istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2020, dell'imposta locale sul consumo di Campione d'Italia (ILCCI), da applicarsi alle forniture di beni, alle prestazioni di servizi, nonché alle importazioni effettuate nel territorio del Comune per il consumo finale;
    nel mese di luglio del 2018, il casinò di Campione d'Italia, con oltre 130 milioni di euro di debiti, è stato dichiarato fallito dal Tribunale di Como;
    il tribunale ha nominato tre curatori fallimentari, in attesa che si definissero le due ipotesi all'orizzonte, la riapertura da un lato e la chiusura definitiva dall'altro, cosa che metterebbe a rischio il destino di ben 492 dipendenti;
    la chiusura del casinò comporta, oltre alla perdita di numerosi posti di lavoro, anche una riduzione cospicua di entrate fiscali per lo Stato, considerando soprattutto l'indotto,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative di propria competenza al fine di consentire la riapertura in tempi brevi del casinò di Campione d'Italia e la salvaguardia dei correlati posti di lavoro.
9/2305/120Billi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 559 a 580 del provvedimento in esame recano disposizioni per il comune di Campione d'Italia in vista dell'inclusione dell'enclave svizzero nell'ambito dell'Unione doganale europea;
    in particolare, si prevede l'istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2020, dell'imposta locale sul consumo di Campione d'Italia (ILCCI), da applicarsi alle forniture di beni, alle prestazioni di servizi, nonché alle importazioni effettuate nel territorio del Comune per il consumo finale;
    nel mese di luglio del 2018, il casinò di Campione d'Italia, con oltre 130 milioni di euro di debiti, è stato dichiarato fallito dal Tribunale di Como;
    il tribunale ha nominato tre curatori fallimentari, in attesa che si definissero le due ipotesi all'orizzonte, la riapertura da un lato e la chiusura definitiva dall'altro, cosa che metterebbe a rischio il destino di ben 492 dipendenti;
    la chiusura del casinò comporta, oltre alla perdita di numerosi posti di lavoro, anche una riduzione cospicua di entrate fiscali per lo Stato, considerando soprattutto l'indotto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative di propria competenza al fine di consentire la riapertura in tempi brevi del casinò di Campione d'Italia e la salvaguardia dei correlati posti di lavoro.
9/2305/120. (Testo modificato nel corso della seduta) Billi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento al nostro esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del così detto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    tra gli altri, il Fondo si prefigge come obiettivo quello di favorire rimpatri volontari assistiti di migranti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, oltre a quello di fornire assistenza tecnica e formazione a favore delle autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani;
    sulla tematica migratoria, la governance multilaterale presenta evidenti difficoltà di applicazione in quanto i costi dell'intero processo di immigrazione impattano solamente su specifici paesi geograficamente posti ai confini esterni dell'Unione europea;
    come risulta da indiscrezioni di stampa, Paesi come Malta giungono ad accordi con specifici Stati africani al fine di evitare di essere sottoposti ad un eccessivo carico migratorio,

impegna il Governo

ad adottare accordi bilaterali con i Paesi di origine, di transito e di imbarco dei migranti al fine di interrompere i flussi migratori e conseguentemente tutelare la sicurezza dei nostri confini e del nostro Paese.
9/2305/121Picchi, Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 878 del provvedimento al nostro esame reca il «Fondo per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi Africani e con altri Paesi d'importanza prioritaria per i movimenti migratori», ed estende l'ambito geografico di applicazione delle risorse del così detto Fondo Africa includendovi i Paesi non africani di importanza prioritaria per i movimenti migratori;
    tra gli altri, il Fondo si prefigge come obiettivo quello di favorire rimpatri volontari assistiti di migranti dai Paesi di transito ai Paesi di origine, oltre a quello di fornire assistenza tecnica e formazione a favore delle autorità dei Paesi di transito incaricate della gestione delle frontiere e della lotta contro il traffico di esseri umani;
    sulla tematica migratoria, la governance multilaterale presenta evidenti difficoltà di applicazione in quanto i costi dell'intero processo di immigrazione impattano solamente su specifici paesi geograficamente posti ai confini esterni dell'Unione europea;
    come risulta da indiscrezioni di stampa, Paesi come Malta giungono ad accordi con specifici Stati africani al fine di evitare di essere sottoposti ad un eccessivo carico migratorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare accordi bilaterali con i Paesi di origine, di transito e di imbarco dei migranti al fine di interrompere i flussi migratori e conseguentemente tutelare la sicurezza dei nostri confini e del nostro Paese.
9/2305/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Picchi, Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, tra le altre, misure in materia sanitaria e di tutela della salute;
    proprio in questo ambito, è evidente l'esigenza di garantire una tutela piena ed effettiva delle vittime di atti dolosi di violenza fisica, la cui condizione di particolare vulnerabilità deve necessariamente essere tenuta in considerazione da parte delle istituzioni;
    allo stato attuale, il nostro ordinamento riconosce solamente un indennizzo in favore di questi soggetti, ma i relativi importi, determinati con decreto del Ministro dell'interno 31 agosto 2017, sono molto bassi e vengono erogati solamente dopo molto tempo dalla consumazione dell'atto;
    le vittime di atti di violenza che necessitano di un intervento che non possono permettersi e che non rientra nei livelli essenziali di assistenza (pensiamo, ad esempio, alla chirurgia estetica per le donne sfigurate) sono costrette a convivere con i segni dell'accaduto, con gravissime ripercussioni sulla loro condizione fisica, psichica, sociale, familiare e anche lavorativa;
    si riscontra, quindi, un vero e proprio vuoto di tutela che va colmato nel più breve tempo possibile, assicurando in favore di queste persone l'esenzione dalla partecipazione al costo di tutte le prestazioni sanitarie correlate, necessarie per la loro completa riabilitazione;
    una garanzia in questo senso, del resto, non presenterebbe particolari criticità neppure sotto il profilo dei costi, chiaro essendo che il volume complessivo delle prestazioni sanitarie di cui si discute non è tale da incidere seriamente sugli equilibri del servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire, anche sotto il profilo sanitario, l'assistenza alle vittime di atti dolosi di violenza fisica, assicurando l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), in regime di esenzione dalla partecipazione al relativo costo, di tutte le prestazioni, attività, servizi, dispositivi e interventi, anche di natura estetica, necessari ed appropriati per la loro completa riabilitazione.
9/2305/122Gerardi, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel disegno di legge intervengono su molteplici fronti, incluso quello della formazione medico specialistica;
    proprio con riguardo a questo tema, va rimarcata la situazione di grave difficoltà in cui si trovano migliaia di giovani medici laureati che ogni anno rimangono esclusi dal sistema formativo post lauream;
    gli errori di programmazione e, in particolare, il numero insufficiente dei contratti di formazione specialistica hanno creato un «imbuto formativo» di enormi dimensioni. Molti medici, circa 1.500 ogni anno, emigrano e si specializzano all'estero, dove ottengono retribuzioni più elevate e non fanno ritorno nel nostro Paese;
    bloccare i medici laureati significa congelare centinaia di milioni di euro di fondi pubblici investiti negli anni della loro formazione universitaria; è paradossale che ciò accada nonostante la situazione di grave carenza di medici che stiamo attraversando: servono medici e incomprensibilmente se ne ostacola la formazione nel momento decisivo e più delicato della loro carriera;
    una soluzione che potrebbe contribuire alla risoluzione delle suddette problematiche potrebbe essere quella di consentire una partecipazione attiva delle strutture ospedaliere nel percorso formativo degli specializzandi, implementando il sistema dei così detto teaching hospital; sarebbe altresì il modo per compensare le carenze della formazione e garantire una qualità della stessa quanto più vicina agli standard europei;
    il disegno di legge in esame non prevede misure in questo senso. Anche l'aumento dei contratti di formazione specialistica risulta ampiamente al di sotto delle attese e, soprattutto, delle esigenze dei giovani medici laureati e del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); a quanto consta, i contratti statali finanziabili per il prossimo concorso di specializzazione sarebbero solamente 8.317, con un incremento irrisorio, soprattutto se paragonato a quello varato lo scorso anno dalla precedente legge di bilancio,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di attivare e disciplinare, anche nel nostro Paese, i cosiddetti teaching hospital, nell'ottica di accelerare e migliorare la qualità del percorso di formazione specialistica ad accesso riservato ai medici;
   a valutare l'opportunità di destinare maggiori risorse alla risoluzione delle criticità che attualmente contraddistinguono il sistema della formazione specialistica ad accesso riservato ai medici, tenuto conto in particolare dell'esigenza di svuotare rapidamente l'imbuto formativo in cui si trovano migliaia di giovani medici laureati.
9/2305/123Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    i farmaci «orfani» sono quei medicinali utilizzati per il trattamento delle malattie rare;
    il regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, ha istituito una procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano;
    alcuni farmaci, oltre alla designazione di orfano, possono ricevere anche il requisito di innovatività;
    per l'attribuzione ai farmaci orfani del requisito di innovatività è necessaria la dimostrazione di un loro valore terapeutico aggiunto rispetto alle altre terapie disponibili nel trattamento di una patologia grave; la Determina AIFA n. 1535/2017 definisce i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi;
    la legge di stabilità 2013 (legge n. 147 del 2013) ha previsto dei meccanismi di tutela economica per i titolari di farmaci orfani. Infatti, in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera a livello nazionale, l'AIFA nel procedere al ripiano a carico delle aziende farmaceutiche, esclude i titolari di medicinali orfani e ripartisce l'onere di tale sfondamento a tutte le altre aziende farmaceutiche;
    tale tutela, invece, non è presente nel caso di farmaco orfano in possesso del requisito dell'innovatività;
    la normativa vigente, infatti, prevede che un farmaco orfano e innovativo partecipi al ripiano del payback per lo sfondamento del fondo innovativi oncologici e non oncologici in proporzione alla rispettiva quota di mercato;
    un farmaco orfano, che è anche innovativo, dovrebbe essere ancora più tutelato sotto il profilo in questione; tale disposizione invece, penalizza l'elemento di innovatività definito quale valore terapeutico aggiunto rispetto alle altre terapie disponibili nel trattamento di una patologia grave;
    questa disposizione inoltre, determina, in termini di incidenza su piccoli fatturati, un costo difficilmente sostenibile, andando a perdere il principio di progressività di contributo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, anche attraverso il reperimento delle necessarie risorse finanziarie, anche per i farmaci orfani innovativi le stesse tutele adottate per i farmaci orfani rispetto all'esenzione del ripiano del payback;
   ad adottare misure, anche di carattere finanziario, volte a promuovere l'innovatività dei farmaci orfani per garantire l'innovazione terapeutica nell'ambito delle malattie rare.
9/2305/124De Martini, Boldi, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i farmaci «orfani» sono quei medicinali utilizzati per il trattamento delle malattie rare;
    il regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, ha istituito una procedura comunitaria per l'assegnazione della qualifica di medicinale orfano;
    alcuni farmaci, oltre alla designazione di orfano, possono ricevere anche il requisito di innovatività;
    per l'attribuzione ai farmaci orfani del requisito di innovatività è necessaria la dimostrazione di un loro valore terapeutico aggiunto rispetto alle altre terapie disponibili nel trattamento di una patologia grave; la Determina AIFA n. 1535/2017 definisce i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi;
    la legge di stabilità 2013 (legge n. 147 del 2013) ha previsto dei meccanismi di tutela economica per i titolari di farmaci orfani. Infatti, in caso di sfondamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera a livello nazionale, l'AIFA nel procedere al ripiano a carico delle aziende farmaceutiche, esclude i titolari di medicinali orfani e ripartisce l'onere di tale sfondamento a tutte le altre aziende farmaceutiche;
    tale tutela, invece, non è presente nel caso di farmaco orfano in possesso del requisito dell'innovatività;
    la normativa vigente, infatti, prevede che un farmaco orfano e innovativo partecipi al ripiano del payback per lo sfondamento del fondo innovativi oncologici e non oncologici in proporzione alla rispettiva quota di mercato;
    un farmaco orfano, che è anche innovativo, dovrebbe essere ancora più tutelato sotto il profilo in questione; tale disposizione invece, penalizza l'elemento di innovatività definito quale valore terapeutico aggiunto rispetto alle altre terapie disponibili nel trattamento di una patologia grave;
    questa disposizione inoltre, determina, in termini di incidenza su piccoli fatturati, un costo difficilmente sostenibile, andando a perdere il principio di progressività di contributo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare, anche attraverso il reperimento delle necessarie risorse finanziarie, anche per i farmaci orfani innovativi le stesse tutele adottate per i farmaci orfani rispetto all'esenzione del ripiano del payback;
   a valutare l'opportunità di adottare misure, anche di carattere finanziario, volte a promuovere l'innovatività dei farmaci orfani per garantire l'innovazione terapeutica nell'ambito delle malattie rare.
9/2305/124. (Testo modificato nel corso della seduta) De Martini, Boldi, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene, tra le altre, misure in materia di disabilità;
    una problematica estremamente rilevante in materia concerne il mancato adeguamento degli esercizi commerciali ai criteri della progettazione universale, definita come «progettazione (e realizzazione) di prodotti, ambienti, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate» (così la Convenzione delle nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18);
    i pubblici esercizi che non garantiscono la completa accessibilità degli spazi interni ed esterni sono ancora molto numerosi, anche nelle grandi città; alcuni articoli di stampa, con riferimento all'anno 2017, hanno evidenziato la presenza di barriere architettoniche addirittura nel 90 per cento dei negozi situati nelle città di Milano e Torino;
    il mancato adeguamento delle strutture impedisce alle persone con disabilità di svolgere in maniera indipendente una lunga serie di attività, ostacolandone l'inclusione nel tessuto sociale, in contrasto con i principi fondamentali affermati nella suddetta Convenzione ONU;
    per ovviare a questa situazione, si ritiene indispensabile affiancare alle politiche repressive attualmente in vigore a livello nazionale e locale una serie di misure incentivanti che sappiano coniugarsi alle prime e promuovere l'adeguamento delle strutture attraverso le limitate risorse a disposizione;
    è necessario che gli esercenti interpretino l'adeguamento delle strutture ai criteri della progettazione universale non già solamente come un obbligo al quale adempiere in ottemperanza ad una previsione normativa, ma anche in termini di opportunità commerciale, potenzialmente idonea ad ampliare la propria clientela;
    per cominciare, si potrebbe realizzare un elenco nazionale dei pubblici esercizi pienamente accessibili alle persone con disabilità, conformi ai criteri della progettazione universale, ai quali attribuire un bollino distintivo. Gli esercizi potrebbero, a quel punto, essere collegati in rete nell'ambito di una piattaforma che li renda facilmente localizzabili tramite applicazione mobile e direttamente valutabili da parte degli utenti registrati sotto il profilo dell'accessibilità; un modo per aiutare le persone con disabilità a svolgere le loro attività quotidiane; incentivare l'adeguamento delle strutture e creare al tempo stesso valide opportunità di crescita commerciale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure incentivanti del tipo di quella descritta in premessa, al fine di accelerare, anche nel settore privato, il processo di adeguamento degli esercizi commerciali e delle strutture sedi di attività aperte al pubblico ai criteri della piena accessibilità e della progettazione universale.
9/2305/125Locatelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene disposizioni normative di carattere eterogeneo che rivestono grande importanza per la collettività, anche in materia sanitaria;
    durante i lavori al Senato, il testo del provvedimento ha subito profonde modificazioni, in particolare a seguito del maxiemendamento del Governo, approvato con il voto di fiducia;
    desta particolare preoccupazione, tra gli altri, il comma 269 dell'articolo 1 del disegno di legge: nella sua formulazione attuale, infatti, la norma abroga il comma 4-bis dell'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, ed estende l'applicabilità dei tetti di spesa per il personale sanitario anche alle province autonome di Trento e di Bolzano;
    tali modifiche si ritengono, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, effettuate in violazione delle competenze delle predette Province autonome poiché le stesse, com’è noto, provvedono al finanziamento del Servizio sanitario provinciale senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;
    secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale non è giustificabile, da parte del legislatore statale, l'imposizione di vincoli di spesa in materia sanitaria a carico degli enti che provvedono autonomamente alla copertura delle relative spese; nella sentenza della Corte costituzionale n. 231/2017 si afferma, letteralmente, che: «la legge dello Stato non può imporre vincoli alla spesa sanitaria delle Province autonome di Trento e Bolzano, considerato che lo Stato non concorre in alcun modo al finanziamento del servizio sanitario provinciale, il quale si sostenta totalmente con entrate provinciali» (tra le altre, sentenze Corte cost. n. 125/2015 e n. 231/2017);
    in base all'articolo 79 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino- Alto Adige, le province autonome, «fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione... provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale», anche nei confronti «delle aziende sanitarie»; secondo la medesima norma, inoltre, «spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza», ulteriormente precisandosi che «nei confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo»,

impegna il Governo:

   ad effettuare un monitoraggio degli effetti applicativi della disposizione in oggetto, al fine di valutare eventuali successive iniziative normative volte a:
   a) uniformarsi al consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte costituzionale richiamato in premessa, rimuovendo e astenendosi dall'imporre vincoli alla spesa sanitaria delle regioni e delle province autonome che provvedono al finanziamento del servizio sanitario sul proprio territorio senza alcun apporto a carico dello Stato, nel rispetto delle loro autonomie e competenze;
   b) rivalutare la disposizione di cui all'articolo 1, comma 269, del disegno di legge in esame alla luce del suddetto orientamento della Corte costituzionale, tornando su di essa nel prossimo provvedimento utile, espungendo i riferimenti alle Province autonome di Trento e di Bolzano, e prevedendo altresì una clausola di salvaguardia del tipo di quella prevista dall'attuale comma 4-bis dell'articolo 11 del citato decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, tenuto conto dell'esigenza di tutelare le competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle regioni autonome che provvedono al finanziamento del servizio sanitario sul proprio territorio senza alcun apporto a carico dello Stato.
9/2305/126Sutto, Binelli, Vanessa Cattoi, Loss, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene disposizioni normative di carattere eterogeneo che rivestono grande importanza per la collettività, anche in materia sanitaria;
    durante i lavori al Senato, il testo del provvedimento ha subito profonde modificazioni, in particolare a seguito del maxiemendamento del Governo, approvato con il voto di fiducia;
    desta particolare preoccupazione, tra gli altri, il comma 269 dell'articolo 1 del disegno di legge: nella sua formulazione attuale, infatti, la norma abroga il comma 4-bis dell'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, ed estende l'applicabilità dei tetti di spesa per il personale sanitario anche alle province autonome di Trento e di Bolzano;
    tali modifiche si ritengono, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, effettuate in violazione delle competenze delle predette Province autonome poiché le stesse, com’è noto, provvedono al finanziamento del Servizio sanitario provinciale senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;
    secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale non è giustificabile, da parte del legislatore statale, l'imposizione di vincoli di spesa in materia sanitaria a carico degli enti che provvedono autonomamente alla copertura delle relative spese; nella sentenza della Corte costituzionale n. 231/2017 si afferma, letteralmente, che: «la legge dello Stato non può imporre vincoli alla spesa sanitaria delle Province autonome di Trento e Bolzano, considerato che lo Stato non concorre in alcun modo al finanziamento del servizio sanitario provinciale, il quale si sostenta totalmente con entrate provinciali» (tra le altre, sentenze Corte cost. n. 125/2015 e n. 231/2017);
    in base all'articolo 79 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino- Alto Adige, le province autonome, «fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione... provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale», anche nei confronti «delle aziende sanitarie»; secondo la medesima norma, inoltre, «spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza», ulteriormente precisandosi che «nei confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo»,

impegna il Governo

a considerare gli effetti applicativi delle disposizioni in premessa al fine di valutare l'adozione di opportune iniziative, anche normative, volte a chiarire che esse non incidono sull'autonomia finanziaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, nel rispetto della richiamata giurisprudenza costituzionale.
9/2305/126. (Testo modificato nel corso della seduta) Sutto, Binelli, Vanessa Cattoi, Loss, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 3 marzo 2009, n. 18, l'Italia ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 13 dicembre 2006;
    la suddetta Convenzione riserva una particolare attenzione, tra l'altro, al tema della mobilità, stabilendo che gli Stati aderenti debbano prevedere misure efficaci per garantire l'attuazione di questo fondamentale diritto delle persone con disabilità;
    con riguardo alla mobilità stradale, è evidente la necessità di adottare un sistema di collegamento in rete dei comuni e dei dati relativi ai veicoli al servizio delle persone con disabilità, al fine di garantire il diritto di circolazione degli stessi nelle aree attualmente autorizzate in base alla normativa vigente, senza il rischio di incorrere in multe o sanzioni;
    allo stesso modo, pare evidente la necessità di una modifica normativa che renda definitivamente gratuito il parcheggio dei suddetti veicoli anche in caso di occupazione di posteggi in aree di sosta a pagamento. Come ha rilevato la Corte di cassazione in una recente decisione, infatti, «è indiscutibile che i disabili, per accedere al centro cittadino, non abbiano le medesime opportunità delle persone non disabili, che possono servirsi senza difficoltà di altri mezzi di locomozione, quali biciclette o motocicli, che sono, invece, interdetti normalmente ai disabili, o mezzi pubblici il cui utilizzo è consentito anche ai disabili, ma con modalità di non sempre facile applicazione. L'agevolazione economica della gratuità della sosta rappresenta quindi un incentivo per indurre le persone disabili a condurre una vita di relazione assimilabile a quella delle persone normodotate» (in questi termini, cfr. la sentenza Cassazione civile, n. 24936/2019),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere adeguate misure per agevolare la circolazione e la sosta gratuita dei veicoli con disabilità, dando integrale e piena attuazione ai principi fondamentali affermati nella Convenzione ONU citata in premessa.
9/2305/127Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il comma 437, ex articolo 53, si promuove un «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare» dotato di un fondo con una disponibilità di 853,81 milioni di Euro destinati a coprire gli anni fino al 2030 con lo scopo di concorrere alla riduzione del disagio abitativo con particolare riferimento alle periferie e favorire lo scambio tra varie realtà regionali;
    il Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare è finalizzato ad incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale a rigenerare il tessuto socio economico e migliorare il contesto abitativo e sociale e della qualità di vita;
    tramite la misura si vuole quindi assicurare il finanziamento di almeno una proposta per regione che sarà esaminata da un «Alta Commissione» la quale privilegerà criteri di valutazione quali: entità degli interventi su patrimonio ERP, il recupero e valorizzazione di beni culturali, azzeramento del consumo di nuovo suolo, attivazione di finanziamenti pubblici o privati ed il coinvolgimento di privati anche del terzo settore;
    ai fini della valutazione delle proposte è istituita un'Alta Commissione composta da sei membri indicati da Ministero infrastrutture e trasporti, uno per Conferenza delle regioni e delle province, uno dall'ANCI, uno dal Ministero dell'interno e uno dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed un Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri ed in ultimo, un rappresentante dal Dipartimento per la trasformazione digitale della PA;
    stante l'importanza finanziaria del Programma e degli scopi sociali che con esso ci si prefigge, è opportuno considerare il coinvolgimento gli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri nella fase del momento valutativo dell'Alta Commissione od inserendo tra i criteri di valutazione di cui alla lettera c) dell'articolo 53, quale elemento premiante del progetto, il coinvolgimento dei predetti ordini professionali, i quali in entrambe le ipotesi potrebbero offrire pareri e supporto tecnico da parte delle loro articolazioni territoriali ed interne, garantendo un punto di vista qualificato e terzo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere attraverso ulteriori iniziative normative il coinvolgimento degli ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri in una delle fasi della progettualità di cui al «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare» ampliando quindi le possibilità di assumere ulteriori contributi tecnico professionali che questi Enti pubblici sono in grado di garantire.
9/2305/128Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Paolini, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il comma 437, ex articolo 53, si promuove un «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare» dotato di un fondo con una disponibilità di 853,81 milioni di Euro destinati a coprire gli anni fino al 2030 con lo scopo di concorrere alla riduzione del disagio abitativo con particolare riferimento alle periferie e favorire lo scambio tra varie realtà regionali;
    il Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare è finalizzato ad incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale a rigenerare il tessuto socio economico e migliorare il contesto abitativo e sociale e della qualità di vita;
    tramite la misura si vuole quindi assicurare il finanziamento di almeno una proposta per regione che sarà esaminata da un «Alta Commissione» la quale privilegerà criteri di valutazione quali: entità degli interventi su patrimonio ERP, il recupero e valorizzazione di beni culturali, azzeramento del consumo di nuovo suolo, attivazione di finanziamenti pubblici o privati ed il coinvolgimento di privati anche del terzo settore;
    ai fini della valutazione delle proposte è istituita un'Alta Commissione composta da sei membri indicati da Ministero infrastrutture e trasporti, uno per Conferenza delle regioni e delle province, uno dall'ANCI, uno dal Ministero dell'interno e uno dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed un Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri ed in ultimo, un rappresentante dal Dipartimento per la trasformazione digitale della PA;
    stante l'importanza finanziaria del Programma e degli scopi sociali che con esso ci si prefigge, è opportuno considerare il coinvolgimento gli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri nella fase del momento valutativo dell'Alta Commissione od inserendo tra i criteri di valutazione di cui alla lettera c) dell'articolo 53, quale elemento premiante del progetto, il coinvolgimento dei predetti ordini professionali, i quali in entrambe le ipotesi potrebbero offrire pareri e supporto tecnico da parte delle loro articolazioni territoriali ed interne, garantendo un punto di vista qualificato e terzo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere attraverso ulteriori iniziative normative il coinvolgimento degli ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri in una delle fasi della progettualità di cui al «Programma innovativo nazionale per la qualità dell'abitare» ampliando quindi le possibilità di assumere ulteriori contributi tecnico professionali che questi Enti pubblici sono in grado di garantire.
9/2305/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Paolini, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con i commi 415 a 425 si prevede l'autorizzazione per il Ministero della giustizia, nel triennio 2020-2022, a derogare ai vigenti vincoli assunzionali e ad assumere, a tempo indeterminato, tramite procedure concorsuali pubbliche, unità di personale;
    in ogni sede di dibattito e confronto con la Magistratura di ogni ordine e grado e con il personale di Cancelleria, e relative rappresentanze istituzionali e sindacali, si lamenta una drammatica – e crescente – carenza di personale amministrativo nei Tribunali e Corti di Appello;
    tale carenza è aggravata dal fatto che il personale in servizio è mediamente piuttosto anziano di età, cosa che rende meno agevole e immediata la familiarizzazione con le procedure digitalizzate via via implementate;
    sarebbe necessario e opportuno, per la buona amministrazione ed efficienza del sistema giustizia, rimediare parzialmente a tale carenza, in modo rapido immettendo in servizio gli assistenti giudiziari inseriti nella graduatoria stilata in esito a concorso pubblico a 800 posti a tempo indeterminato, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia di cui al bando 18 novembre 2016,
    si tratta di assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché di altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 ivi allegata, per un totale di 897 unità con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo e comunque fino all'esaurimento totale della graduatoria,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, di attivarsi in tale direzione, autorizzando per il 2020, anche in soprannumero ed in relazione alle cessazioni del personale di ruolo, le assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché delle altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 allegata, per un totale di 897 unità, fino all'esaurimento totale della graduatoria.
9/2305/129Paolini, Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    con i commi 415 a 425 si prevede l'autorizzazione per il Ministero della giustizia, nel triennio 2020-2022, a derogare ai vigenti vincoli assunzionali e ad assumere, a tempo indeterminato, tramite procedure concorsuali pubbliche, unità di personale;
    in ogni sede di dibattito e confronto con la Magistratura di ogni ordine e grado e con il personale di Cancelleria, e relative rappresentanze istituzionali e sindacali, si lamenta una drammatica – e crescente – carenza di personale amministrativo nei Tribunali e Corti di Appello;
    tale carenza è aggravata dal fatto che il personale in servizio è mediamente piuttosto anziano di età, cosa che rende meno agevole e immediata la familiarizzazione con le procedure digitalizzate via via implementate;
    sarebbe necessario e opportuno, per la buona amministrazione ed efficienza del sistema giustizia, rimediare parzialmente a tale carenza, in modo rapido immettendo in servizio gli assistenti giudiziari inseriti nella graduatoria stilata in esito a concorso pubblico a 800 posti a tempo indeterminato, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia di cui al bando 18 novembre 2016,
    si tratta di assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché di altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 ivi allegata, per un totale di 897 unità con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo e comunque fino all'esaurimento totale della graduatoria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi in tale direzione, autorizzando per il 2020, anche in soprannumero ed in relazione alle cessazioni del personale di ruolo, le assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché delle altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 allegata, per un totale di 897 unità, fino all'esaurimento totale della graduatoria.
9/2305/129. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolini, Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    con i commi 415 a 425 si prevede l'autorizzazione per il Ministero della giustizia, nel triennio 2020-2022, a derogare ai vigenti vincoli assunzionali e ad assumere, a tempo indeterminato, tramite procedure concorsuali pubbliche, unità di personale;
    in ogni sede di dibattito e confronto con la Magistratura di ogni ordine e grado e con il personale di Cancelleria, e relative rappresentanze istituzionali e sindacali, si lamenta una drammatica – e crescente – carenza di personale amministrativo nei Tribunali e Corti di Appello;
    tale carenza è aggravata dal fatto che il personale in servizio è mediamente piuttosto anziano di età, cosa che rende meno agevole e immediata la familiarizzazione con le procedure digitalizzate via via implementate;
    sarebbe necessario e opportuno, per la buona amministrazione ed efficienza del sistema giustizia, rimediare parzialmente a tale carenza, in modo rapido immettendo in servizio gli assistenti giudiziari inseriti nella graduatoria stilata in esito a concorso pubblico a 800 posti a tempo indeterminato, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia di cui al bando 18 novembre 2016,
    si tratta di assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché di altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 ivi allegata, per un totale di 897 unità con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo e comunque fino all'esaurimento totale della graduatoria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative a provvedere alle assunzioni di cui in premessa mediante scorrimento della graduatoria del concorso indetto con Decreto 18 novembre 2016 – Concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Qualora siano indisponibili tali professionalità nelle graduatorie in vigore, si provvede mediante l'indizione di concorso pubblico.
9/2305/130Cantalamessa, Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Paolini, Marchetti, Di Muro, Morrone.


   La Camera,
   premesso che:
    con i commi 415 a 425 si prevede l'autorizzazione per il Ministero della giustizia, nel triennio 2020-2022, a derogare ai vigenti vincoli assunzionali e ad assumere, a tempo indeterminato, tramite procedure concorsuali pubbliche, unità di personale;
    in ogni sede di dibattito e confronto con la Magistratura di ogni ordine e grado e con il personale di Cancelleria, e relative rappresentanze istituzionali e sindacali, si lamenta una drammatica – e crescente – carenza di personale amministrativo nei Tribunali e Corti di Appello;
    tale carenza è aggravata dal fatto che il personale in servizio è mediamente piuttosto anziano di età, cosa che rende meno agevole e immediata la familiarizzazione con le procedure digitalizzate via via implementate;
    sarebbe necessario e opportuno, per la buona amministrazione ed efficienza del sistema giustizia, rimediare parzialmente a tale carenza, in modo rapido immettendo in servizio gli assistenti giudiziari inseriti nella graduatoria stilata in esito a concorso pubblico a 800 posti a tempo indeterminato, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia di cui al bando 18 novembre 2016,
    si tratta di assunzioni ordinarie relative al profilo di «assistente giudiziario» già autorizzate dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 articolo 14 comma 10-sexies convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, individuate in 600 unità nel Piano Triennale del Fabbisogno di Personale 2019-2021 regolarmente adottato, nonché di altre 297 unità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2019 recante autorizzazione ad assumere per varie PA come da Tab. 7 ivi allegata, per un totale di 897 unità con assorbimento in relazione alle cessazioni del personale di ruolo e comunque fino all'esaurimento totale della graduatoria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative a valutare l'opportunità di provvedere alle assunzioni di cui in premessa mediante scorrimento della graduatoria del concorso indetto con Decreto 18 novembre 2016 – Concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Qualora siano indisponibili tali professionalità nelle graduatorie in vigore, si provvede mediante l'indizione di concorso pubblico.
9/2305/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Cantalamessa, Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Paolini, Marchetti, Di Muro, Morrone.


   La Camera,
   premesso che:
    la riscossione dei crediti generati dall'attività giudiziaria è un servizio su cui, da tempo, si focalizza l'attenzione in quanto il recupero delle spese sostenute dalla Stato per la gestione del sistema giustizia va osservato in una prospettiva di maggiore economicità ed efficienza dello stesso;
    la problematica del recupero dei crediti generati dall'attività giudiziaria è stata, poi, l'oggetto della deliberazione del 7 Marzo 2017, n. 3/2017/G, della Corte dei conti, Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato, riguardante: «Il recupero delle spese di giustizia e i rapporti convenzionali tra il Ministero della giustizia ed Equitalia Giustizia»;
    la deliberazione ha riguardato l'attività posta in essere per il recupero dei crediti derivanti da sentenze passate in giudicato o da spese di giustizia, come previsto dall'articolo 1, commi da 367 a 372, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
    sono evidenti le criticità emerse dal confronto tra l'ingente ammontare dei crediti posti in riscossione e l'importo effettivamente riscosso, già evidenziate dalla Corte nella relazione «Il sistema della riscossione dei tributi erariali al 2015» (deliberazione n. 11/2016/G );
    la reiterazione delle proroghe legislative della comunicazione d'inesigibilità che ha determinato la caducazione della conversione della pena pecuniaria in pena detentiva (articolo 660 c.p.p) una volta decorso il termine di estinzione, sul presupposto che lo stesso non sia suscettibile di interruzione, ha evidenziato altresì l'urgenza «di un intervento normativo per rendere compatibili i tempi previsti per l'esame delle comunicazioni di inesigibilità con la citata disposizione penale»;
    in sostanza, la Corte ritiene necessaria «una decisa svolta dei procedimenti giudiziari verso forme di gestione unitaria e informatizzata delle diverse fasi, nell'ambito della quale trovino collocazione naturale la liquidazione automatizzata delle somme dovute e l'innesco delle conseguenti procedure di riscossione siano esse bonarie e coattive. Tali miglioramenti vanno inscritti in un'ottica di razionalizzazione dell'attività di riscossione, alla luce del rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità»;
    pertanto, dalla data del 1o luglio 2017, la situazione è la seguente:
     nel periodo 2000-2016 il carico lordo complessivo dei crediti di giustizia iscritti a ruolo è stato pari a 11.472 milioni di euro, ripartito in oltre 2,3 milioni di codici fiscali;
     sul carico lordo di 11.472 milioni di euro sono stati disposti sgravi per indebito per 1.824 milioni di euro, mentre gli incassi finora effettuati ammontano a 614 milioni di euro, pari a circa il 6 per cento del carico al netto degli sgravi;
     detratti gli sgravi e gli incassi, l'importo residuo dei crediti da riscuotere è pari a 9.035 milioni;
    escludendo da quest'ultimo le partite riconducibili a soggetti con in corso una dilazione di pagamento e quelle difficilmente recuperabili (crediti nei confronti di deceduti, crediti sospesi per provvedimenti di autotutela emessi dagli enti creditori o sentenze dell'autorità giudiziaria, crediti nei confronti di soggetti falliti o soggetti nei confronti dei quali l'Agente della riscossione ha già tentato invano, in questi anni, azioni di recupero esecutive e/o cautelari), l'effettivo magazzino netto su cui poter teoricamente svolgere azioni di recupero si riduce a 6.561 milioni;
    del carico lordo iscritto di 11.472 milioni di euro, ben 6.225 milioni sono riferibili a crediti di giustizia iscritti a ruolo con il codice tributo 1E08, ovvero il codice cui sono unitariamente ricondotti i crediti per multe, ammende e sanzioni amministrative;
    detratto, dall'ammontare di 6.225 milioni, il carico sgravato, pari a 1.353 milioni di euro, ed il totale finora riscosso, pari a 350 milioni di euro, il magazzino netto dei crediti da riscuotere riconducibili al codice tributo 1E08 è pari, all'attualità, a 4.522 milioni di euro;
    ad oggi risultano 2,5 miliardi di crediti non recuperati dallo Stato,

impegna il Governo

in un'ottica di razionalizzazione dell'attività di riscossione di tali somme di cui nelle premesse, e alla luce del rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, a valutare la possibilità di un'iniziativa normativa ad hoc per avviare una decisa svolta dei procedimenti giudiziari verso forme di gestione unitaria e informatizzata delle diverse fasi, nell'ambito della quale trovino collocazione naturale la liquidazione automatizzata delle somme dovute e l'innesco delle conseguenti procedure di riscossione siano esse bonarie e coattive.
9/2305/131Tiramani, Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Paolini, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei deputati autorizza il Ministero della giustizia per l'anno 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali;
    la VII Commissione del CSM con risoluzione del 18 giugno 2018 ha evidenziato, ancora una volta, l'endemica carenza di risorse umane disponibili per un corretto funzionamento degli Uffici per il processo;
    le modifiche normative susseguitesi negli ultimi anni in materia di tirocini formativi e le numerose questioni emerse nella loro applicazione pratica e nella conseguente operatività quotidiana, impongono, oltre che una ricognizione normativa della materia, anche una nuova ed ampia riflessione sulle problematiche concrete riscontrate negli uffici giudiziari;
    dal 2010 in tutta Italia, negli uffici del Ministero della giustizia, attraverso accordi con regioni, province, comuni, enti universitari, hanno avuto inizio i progetti formativi che hanno inserito quelli che erano veri e propri lavoratori in programmi di tirocinio formativo;
    la legge 11 dicembre 2016, n. 232, ha previsto il proseguimento per il 2017 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che avevano completato nel 2016 il tirocinio formativo presso tale ufficio. Ugualmente, la legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha sancito il proseguimento per il 2018 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che avessero completato il tirocinio nel 2017;
    la disposizione introdotta nella legge di bilancio per il 2017 ha prolungato di ulteriori 12 mesi, e dunque per tutto il 2017, la durata del periodo di perfezionamento da svolgere nell'ufficio giudiziario stanziando 5.807.509 euro per il 2017 per coprire le borse di studio, attingendo alle risorse già stanziate per la riqualificazione del personale dell'amministrazione giudiziaria (articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015); anche la legge 27 dicembre 2017, n. 205, legge di bilancio per il 2018, all'articolo 1, comma 1121, ha previsto il proseguimento per il 2018 dei tirocini presso l'ufficio per il processo per coloro che hanno completato nel 2017 il tirocinio formativo presso tale ufficio, e stanziando 5.807.509 per l'anno 2018;
    ad oggi non è stata prevista alcuna proroga e si parla di circa 850 lavoratori (di cui 210 nella sola Regione Lombardia), che hanno prestato servizio, fino al 31 dicembre 2018, che da più di 6 anni stanno lavorando per il Ministero della giustizia presso le cancellerie dei Tribunali e delle Corti d'Appello di tutta Italia senza una, se pur minima, entrata economica, vanificando tutti gli anni e gli sforzi profusi (con finanze pubbliche) per la loro formazione, ignorando e sprecando poi esperienze e competenze acquisite da queste preziose risorse;
    non ultimo, molti Presidenti di Corti d'Appello e di Tribunali denunciano i disservizi derivanti dalle posizioni da noi lasciate scoperte;
    saranno molteplici i soggetti, oltre 900 unità, ai quali, terminata l'esperienza formativa di cui all'articolo 1, comma 1121 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, verrà attribuito il titolo professionalizzante ai sensi dell'articolo 16 legge 28 dicembre 2017, n. 205,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di garantire il corretto funzionamento degli uffici per il processo, di stabilizzare nelle forme che riterrà più opportune tutte le risorse oggi impegnate come tirocinanti negli Uffici per il processo.
9/2305/132Marchetti, Potenti, Paolini.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei deputati autorizza il Ministero della giustizia per l'anno 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali;
    in particolare i commi da 415 a 425 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari;
    con l'avvento della digitalizzazione avanzata, a cinque anni dall'avvio del processo civile telematico e a due anni dalla diffusione delle notifiche penali telematiche, a poco serve avere una popolazione di 4.472 unità in organico di prima area con profilo di ausiliario, quando invece le maggiori esigenze degli uffici vanno ravvisate nelle funzioni di assistenza di udienza e nelle segreterie (assistenti giudiziari e cancellieri), nonché in quelle di direzione e coordinamento (funzionari e direttori amministrativi). Sotto ulteriore profilo l'investimento operato in personale di magistratura e amministrativo offre l'opportunità di avviare una riflessione complessiva sulla revisione e rimodulazione degli organici, mediante l'attuazione delle relative piante organiche condotta il più possibile parallelamente, nell'auspicio di rispondere in modo più adeguato ai fabbisogni dei territori e dei singoli uffici giudiziari; il corretto dimensionamento delle risorse umane addette al funzionamento del servizio negli uffici giudiziari ed un equilibrato rapporto tra personale di magistratura e personale amministrativo stabile costituiscono uno dei fondamentali obiettivi delle politiche di organizzazione del Ministero, osservandosi come, a fronte di un aumento delle dotazioni organiche del personale di magistratura, si è negli anni assistito al progressivo decremento di quelle del personale amministrativo (negli stessi anni di riferimento, il numero delle unità di personale amministrativo – inclusi i dirigenti – è passato da 52.668 a 43.658). Ancor più rilevante è sottolineare come non solo e non tanto le misure di dimensionamento degli organici si siano orientate negli anni in maniera antitetica per il personale di magistratura rispetto a quello amministrativo, ma soprattutto che è proprio il censimento della rispettiva popolazione stabile che restituisce la chiara fotografia dei mancati investimenti nell'assunzione di magistrati e di personale amministrativo nel corso degli anni passati,

impegna il Governo

ad adottare tutti gli opportuni provvedimenti per verificare le problematiche emerse, al fine di provvedere, in sede di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito delle nuove assunzioni, a porre particolare attenzione alla destinazione di un maggior numero, proporzionalmente adeguato rispetto agli effettivi fabbisogni di organico, di nuovi magistrati per le funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, per quella di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado.
9/2305/133Bisa, Tateo, Turri, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei deputati autorizza il Ministero della giustizia per l'anno 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali;
    in particolare i commi da 415 a 425 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari;
    con l'avvento della digitalizzazione avanzata, a cinque anni dall'avvio del processo civile telematico e a due anni dalla diffusione delle notifiche penali telematiche, a poco serve avere una popolazione di 4.472 unità in organico di prima area con profilo di ausiliario, quando invece le maggiori esigenze degli uffici vanno ravvisate nelle funzioni di assistenza di udienza e nelle segreterie (assistenti giudiziari e cancellieri), nonché in quelle di direzione e coordinamento (funzionari e direttori amministrativi). Sotto ulteriore profilo l'investimento operato in personale di magistratura e amministrativo offre l'opportunità di avviare una riflessione complessiva sulla revisione e rimodulazione degli organici, mediante l'attuazione delle relative piante organiche condotta il più possibile parallelamente, nell'auspicio di rispondere in modo più adeguato ai fabbisogni dei territori e dei singoli uffici giudiziari; il corretto dimensionamento delle risorse umane addette al funzionamento del servizio negli uffici giudiziari ed un equilibrato rapporto tra personale di magistratura e personale amministrativo stabile costituiscono uno dei fondamentali obiettivi delle politiche di organizzazione del Ministero, osservandosi come, a fronte di un aumento delle dotazioni organiche del personale di magistratura, si è negli anni assistito al progressivo decremento di quelle del personale amministrativo (negli stessi anni di riferimento, il numero delle unità di personale amministrativo – inclusi i dirigenti – è passato da 52.668 a 43.658). Ancor più rilevante è sottolineare come non solo e non tanto le misure di dimensionamento degli organici si siano orientate negli anni in maniera antitetica per il personale di magistratura rispetto a quello amministrativo, ma soprattutto che è proprio il censimento della rispettiva popolazione stabile che restituisce la chiara fotografia dei mancati investimenti nell'assunzione di magistrati e di personale amministrativo nel corso degli anni passati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutti gli opportuni provvedimenti per verificare le problematiche emerse, al fine di provvedere, in sede di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito delle nuove assunzioni, a porre particolare attenzione alla destinazione di un maggior numero, proporzionalmente adeguato rispetto agli effettivi fabbisogni di organico, di nuovi magistrati per le funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, per quella di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado.
9/2305/133. (Testo modificato nel corso della seduta) Bisa, Tateo, Turri, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei deputati autorizza il Ministero della giustizia per l'anno 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali;
    l'esame del disegno di legge di bilancio si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni;
    in particolare i commi da 415 a 425 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari nel settore giustizia;
    in particolare, il provvedimento autorizza il Ministero della giustizia ad assumere fino a 18 dirigenti di esecuzione penale esterna della carriera penitenziaria, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, in base a criteri e attraverso l'espletamento di procedure definiti con decreto ministeriale (commi 419-421);
    nel Programma 1.3: Giustizia minorile e di comunità sono ricondotte al programma le seguenti attività: attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, attuazione esecuzione penale esterna e di messa alla prova; organizzazione e funzionamento dei servizi minorili e degli uffici per l'esecuzione penale esterna; trattamento, interventi e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie; cooperazione internazionale in materia civile minorile; rapporti con gli organismi internazionali in tema di giustizia minorile e di esecuzione penale esterna; attività inerenti la nomina dei componenti esperti dei tribunali minorili; realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione per la giustizia minorile e di esecuzione penale esterna;
    nell'amministrazione della giustizia minorile e di comunità il personale svolge attività di assistenza ai minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria nonché attività a carattere educativo ed è inquadrato nei seguenti settori: settore della professionalità socio-psico-educativa in cui rientrano le figure di operatore area pedagogica, educatore, assistente sociale; settore della professionalità giudiziaria e delle relazioni in cui rientrano le figure professionale di assistente giudiziario, collaboratore di cancelleria, traduttore interprete; settore della professionalità amministrativa, contabile, tecnica;
    in considerazione del fatto che si tratta di servizi di estrema delicatezza in cui gli addetti svolgono attività di assistenza ai minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a potenziare ulteriormente il personale degli Uffici di servizio sociale preposti all'esecuzione penale esterna dei minori (Uffici di Servizio sociale per minorenni) e degli adulti (Uffici per l'esecuzione penale esterna).
9/2305/134Turri, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei deputati autorizza il Ministero della giustizia per l'anno 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali;
    l'esame del disegno di legge di bilancio si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni;
    in particolare i commi da 415 a 425 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari nel settore giustizia;
    in particolare, il provvedimento autorizza il Ministero della giustizia ad assumere fino a 18 dirigenti di esecuzione penale esterna della carriera penitenziaria, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, in base a criteri e attraverso l'espletamento di procedure definiti con decreto ministeriale (commi 419-421);
    nel Programma 1.3: Giustizia minorile e di comunità sono ricondotte al programma le seguenti attività: attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, attuazione esecuzione penale esterna e di messa alla prova; organizzazione e funzionamento dei servizi minorili e degli uffici per l'esecuzione penale esterna; trattamento, interventi e politiche di reinserimento delle persone sottoposte a misure giudiziarie; cooperazione internazionale in materia civile minorile; rapporti con gli organismi internazionali in tema di giustizia minorile e di esecuzione penale esterna; attività inerenti la nomina dei componenti esperti dei tribunali minorili; realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione per la giustizia minorile e di esecuzione penale esterna;
    nell'amministrazione della giustizia minorile e di comunità il personale svolge attività di assistenza ai minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria nonché attività a carattere educativo ed è inquadrato nei seguenti settori: settore della professionalità socio-psico-educativa in cui rientrano le figure di operatore area pedagogica, educatore, assistente sociale; settore della professionalità giudiziaria e delle relazioni in cui rientrano le figure professionale di assistente giudiziario, collaboratore di cancelleria, traduttore interprete; settore della professionalità amministrativa, contabile, tecnica;
    in considerazione del fatto che si tratta di servizi di estrema delicatezza in cui gli addetti svolgono attività di assistenza ai minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di potenziare ulteriormente il personale degli Uffici di servizio sociale preposti all'esecuzione penale esterna dei minori (Uffici di Servizio sociale per minorenni) e degli adulti (Uffici per l'esecuzione penale esterna).
9/2305/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Turri, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma, 28 reca disposizioni in merito ad interventi sulla rete ferroviaria nazionale;
    l'Osservatorio Torino – Lione è stato istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o marzo 2006 e con successivo decreto del Presidente della Repubblica 16 agosto 2006; è stato poi prorogato con atti successivi che hanno modificato le funzioni, la sua composizione (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 gennaio 2010) e le finalità del Commissario di Governo, che copre anche la funzione di Presidente dell'Osservatorio;
    l'Osservatorio è definito come «luogo di confronto per tutti gli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico e persegue la precisa finalità di esaminare, valutare e rispondere alle preoccupazioni espresse dalle popolazioni della Valle di Susa» (articolo 2 – decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o marzo 2006). Il territorio è stato poi esteso, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010 ai territori interessati dalla Nuova Linea Torino-Lione (articolo 2);
    il decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2015 – articolo 1 comma 2 – specifica che «Al Commissario Straordinario, ..., è attribuito, fra gli altri, il compito di presiedere l'Osservatorio citato in premessa, che viene confermato secondo quanto previsto dai precedenti provvedimenti e sulla base delle intese promosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri...» Il riferimento ai precedenti provvedimenti riguarda l'articolo 1 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2007;
    l'Osservatorio è stato, quindi, la sede tecnica di confronto delle istanze interessate alla realizzazione della Nuova Linea Torino Lione (NLTL), con l'analisi delle criticità e l'istruzione di soluzioni per i decisori politico-istituzionali;
    l'Osservatorio è composto dal Commissario straordinario e dai rappresentanti dei Ministeri, della Regione, della Città Metropolitana di Torino, degli altri Enti locali interessati, da un rappresentante della Delegazione italiana della Commissione intergovernativa italo-francese per la NLTL (CIG) e dai rappresentanti di RFI, ITALFERR e TELT, il Promotore Pubblico incaricato della Progettazione e Costruzione della sezione transfrontaliera dell'opera;
    l'articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2015 specifica che il Commissario di Governo: «Riferisce direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulle attività e sulle iniziative volte al raggiungimento degli obiettivi»;
    ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 2009 il Commissario di Governo, attraverso l'Osservatorio, «Pone in essere con la partecipazione dei rappresentanti degli Enti Locali e degli altri soggetti che ne fanno parte, tutte le attività occorrenti per indirizzare la redazione e consentire l'approvazione del progetto preliminare, garantendo la regia unitaria dell'intera progettazione della Nuova Linea ferroviaria dal confine di stato all'interconnessione con la linea AV/AC Torino – Milano»;
    in particolare, il Commissario cura, per la sezione transfrontaliera, le attività relative alla definizione e gestione della cantierizzazione e alla soluzione delle interferenze, nonché alla valutazione e alla selezione di interventi compensativi al servizio del territorio e per la tratta nazionale, le attività di indirizzo alla progettazione e quelle propedeutiche alla fase realizzativa degli interventi necessari a garantire l'adeguata capacità funzionale e tecnica delle linee di adduzione al nuovo tunnel di base del Moncenisio. Nel contesto metropolitano, cura, altresì, gli interventi di adeguamento e riattivazione della funzionalità dello scalo merci di Orbassano e del nodo ferroviario di Torino, al fine di consentire il transito delle merci ed il raccordo alle dorsali del sistema ferroviario nazionale. Attraverso l'Osservatorio relativo alla realizzazione dell'asse ferroviario Torino-Lione, pone in essere, con la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali e degli altri soggetti interessati, tutte le attività occorrenti per favorire la compiuta realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione e per promuovere, in coerenza con gli strumenti di programmazione dei trasporti e della logistica, la connessione delle reti e lo sviluppo del trasporto merci ferroviario;
    il Commissario Straordinario è stato nominato con decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2015 ed ha cessato il proprio mandato nel febbraio 2019;
    il Governo ha ribadito la volontà di realizzare l'opera e Telt ha annunciato per il mese di gennaio 2021 la ripresa dei lavori nel cantiere di Chiomonte, l'unico aperto in Italia tra quelli dove si sta realizzando la Torino-Lione; la coordinatrice del Corridoio Mediterraneo, Iveta Radicova, ha dichiarato nei giorni scorsi che la Tav Torino-Lione rappresenta «una priorità» e la Regione Piemonte al fine di diminuire i tempi di definizione dell'opera ha annunciato la costituzione di un Comitato di Pilotaggio. Il Presidente della Giunta Regionale Piemontese ha dichiarato che «Abbiamo 41 milioni di opere di accompagnamento, stanziati dal Cipe nel 2017, che non possono partire perché manca l'interlocuzione con l'Osservatorio»;
    l'inerzia del governo, che da febbraio non ha ancora provveduto a nomina il commissario di governo per la Torino-Lione impedisce ai Comuni di utilizzare spendere le risorse già stanziate,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di giungere quanto prima alla nomina del nuovo Commissario Straordinario del Governo per l'asse ferroviario Torino – Lione.
9/2305/135Maccanti, Benvenuto, Boldi, Caffaratto, Gastaldi, Giaccone, Giglio Vigna, Gusmeroli, Liuni, Molinari, Patelli, Pettazzi, Tiramani, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare i commi da 155 a 159, introdotti al Senato, recano disposizioni volte ad autorizzare assunzioni a tempo indeterminato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
    numerose sedi provinciali della Motorizzazione Civile, in particolare quelle delle direzioni generali del Nord Ovest e del Nord Est, versano in una situazione organizzativa di forte criticità, a causa della carenza di personale;
    gli organici pesantemente ridotti stanno provocando lunghissime attese nello svolgimento degli esami, sia teorici che pratici, per il rilascio della patente di guida;
    anche i tempi per la revisione dei veicoli maggiori di 3,5 t., degli autobus, dei collaudi per l'aggiornamento delle carte di circolazione di veicoli che hanno subito trasformazioni (collaudo GPL/METANO, gancio traino, eccetera), oltre che per le pratiche di rilascio di duplicati di carte di circolazione e patenti si stanno continuamente allungando;
    come riportato da alcuni articoli di stampa, in alcune province i tempi di attesa dal foglio rosa all'esame di guida si attestano oramai intorno ai sei/sette mesi, invece dei tradizionali due:
     il concorso bandito dalla Direzione Generale del Personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per gli uffici della Motorizzazione Civile per l'assunzione di 148 ingegneri si sta rivelando inefficace per la Direzione Generale del Nord/Ovest e del Nord/Est vista l'indisponibilità di moltissimi partecipanti ad accettare le sedi nelle province settentrionali;
     a titolo esemplificativo dei 43 nuovi ingegneri destinati alla direzione Nord Ovest solo 20 hanno dato la loro disponibilità, così dei 6 previsti a Bergamo saranno occupati solo 2 posti, analogamente per la Direzione Generale del Nord/Est dei 38 previsti hanno dato la loro disponibilità in 29 (dei quali la maggior parte concentrata in Emilia Romagna e Marche);
     tra il personale in organico presso le varie sedi della Motorizzazione Civile vi sono un centinaio di addetti che hanno superato il corso di abilitazione per il ruolo di esaminatore indetto con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 12 aprile 2018 «Corsi di qualificazione per esaminatori per il conseguimento delle abilitazioni alla guida» in base al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 maggio 2017 «Qualificazione iniziale dei funzionari esaminatori per il conseguimento delle patenti di guida a mente dell'articolo 121, comma 5, del codice della strada», ma che al momento attuale non possono svolgere l'attività in quanto ancora in attesa del passaggio di qualifica da «Addetti» ad «Assistente», qualifica prevista dalla tabella IV.1 articolo 332 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione del CdS),

impegna il Governo

a rendere operativi al più presto i funzionari abilitati al ruolo di esaminatori al fine di ridurre i lunghissimi tempi di attesa per le prove teoriche e pratiche per il conseguimento della patente di guida, accorciando di riflesso anche i tempi di attesa delle altre attività (revisioni e collaudi dei veicoli) prevedendo lo stanziamento delle risorse necessarie.
9/2305/136Zordan, Belotti, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Rixi, Tombolato, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare i commi da 155 a 159, introdotti al Senato, recano disposizioni volte ad autorizzare assunzioni a tempo indeterminato presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
    numerose sedi provinciali della Motorizzazione Civile, in particolare quelle delle direzioni generali del Nord Ovest e del Nord Est, versano in una situazione organizzativa di forte criticità, a causa della carenza di personale;
    gli organici pesantemente ridotti stanno provocando lunghissime attese nello svolgimento degli esami, sia teorici che pratici, per il rilascio della patente di guida;
    anche i tempi per la revisione dei veicoli maggiori di 3,5 t., degli autobus, dei collaudi per l'aggiornamento delle carte di circolazione di veicoli che hanno subito trasformazioni (collaudo GPL/METANO, gancio traino, eccetera), oltre che per le pratiche di rilascio di duplicati di carte di circolazione e patenti si stanno continuamente allungando;
    come riportato da alcuni articoli di stampa, in alcune province i tempi di attesa dal foglio rosa all'esame di guida si attestano oramai intorno ai sei/sette mesi, invece dei tradizionali due:
     il concorso bandito dalla Direzione Generale del Personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per gli uffici della Motorizzazione Civile per l'assunzione di 148 ingegneri si sta rivelando inefficace per la Direzione Generale del Nord/Ovest e del Nord/Est vista l'indisponibilità di moltissimi partecipanti ad accettare le sedi nelle province settentrionali;
     a titolo esemplificativo dei 43 nuovi ingegneri destinati alla direzione Nord Ovest solo 20 hanno dato la loro disponibilità, così dei 6 previsti a Bergamo saranno occupati solo 2 posti, analogamente per la Direzione Generale del Nord/Est dei 38 previsti hanno dato la loro disponibilità in 29 (dei quali la maggior parte concentrata in Emilia Romagna e Marche);
     tra il personale in organico presso le varie sedi della Motorizzazione Civile vi sono un centinaio di addetti che hanno superato il corso di abilitazione per il ruolo di esaminatore indetto con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 12 aprile 2018 «Corsi di qualificazione per esaminatori per il conseguimento delle abilitazioni alla guida» in base al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 31 maggio 2017 «Qualificazione iniziale dei funzionari esaminatori per il conseguimento delle patenti di guida a mente dell'articolo 121, comma 5, del codice della strada», ma che al momento attuale non possono svolgere l'attività in quanto ancora in attesa del passaggio di qualifica da «Addetti» ad «Assistente», qualifica prevista dalla tabella IV.1 articolo 332 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione del CdS),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere operativi al più presto i funzionari abilitati al ruolo di esaminatori al fine di ridurre i lunghissimi tempi di attesa per le prove teoriche e pratiche per il conseguimento della patente di guida, accorciando di riflesso anche i tempi di attesa delle altre attività (revisioni e collaudi dei veicoli) prevedendo lo stanziamento delle risorse necessarie.
9/2305/136. (Testo modificato nel corso della seduta) Zordan, Belotti, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Rixi, Tombolato, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 113 a 117, introdotti al Senato, stanziano ulteriori 3 milioni di euro per l'anno 2020 per la concessione di contributi per il rinnovo, previa rottamazione, del parco veicolare delle imprese di autotrasporto attive sul territorio italiano iscritte al Registro Elettronico Nazionale con l'obiettivo di accrescere la sicurezza del trasporto su strada, oltreché di ridurre gli effetti climalteranti derivanti dal trasporto passeggeri su strada;
    l'articolo 1, comma 1049, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), ha modificato l'articolo 80, comma 8, del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), estendendo la possibilità di effettuare la revisione in officine private autorizzate anche ai mezzi con massa a pieno carico superiore alle 3,5 tonnellate, se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili; il comma 1050 della medesima legge n. 145 del 2018 attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di dare attuazione alle modifiche sopra esposte, mediante l'adozione di propri provvedimenti;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe dovuto adottare i provvedimenti attuativi richiamati prima entro il 31 gennaio 2019;
    la mancata adozione da parte del Ministero dei provvedimenti attuativi finisce per vanificare l'innovazione legislativa, fortemente voluta per far fronte ai disagi che caratterizzano l'operatività di molti uffici della motorizzazione civile in Italia;
    la novella citata in premessa non ricomprende i rimorchi e i semi-rimorchi fra i mezzi di cui è possibile effettuare la revisione presso le officine private autorizzate;
    gli uffici periferici della motorizzazione civile versano in uno stato di oggettiva difficoltà nel quale, le carenze di organico si ripercuotono inevitabilmente sui tempi di attesa (che in taluni casi possono arrivare fino ad un anno) per quanto riguarda la revisione dei mezzi pesanti, il collaudo sui ganci traino, il controllo sugli impianti di alimentazione supplementare e di trasformazione. Tutto ciò finisce con il produrre rilevanti disagi nel settore del trasporto su gomma e, più in generale, nel mondo dell'autoriparazione, senza considerare, oltretutto, le ricadute che l'allungamento dei tempi del disservizio genera in termini di sicurezza stradale,
   ricordato che:
    in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01827 con il quale il firmatario chiedeva al Governo se nelle more di una modifica all'articolo 80 del codice della strada volta a ricomprendervi i rimorchi e i semi-rimorchi, non intendesse assumere iniziative per procedere celermente all'adozione dei provvedimenti attuativi della norma attualmente vigente, al fine di consentire una riduzione delle liste di attesa relative alle revisioni dei mezzi pesanti, il Governo si era già impegnato a lavorare per rimuovere incongruenze e fluidificare l'iter di attuazione della norma anche attraverso eventuali modifiche della stessa,

impegna il Governo

ad emanare i conseguenti provvedimenti amministrativi necessari al fine di inserire anche rimorchi e semi rimorchi fra i mezzi di cui è possibile effettuare la revisione presso le officine private autorizzate.
9/2305/137Donina, Capitanio, Cecchetti, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 113 a 117, introdotti al Senato, stanziano ulteriori 3 milioni di euro per l'anno 2020 per la concessione di contributi per il rinnovo, previa rottamazione, del parco veicolare delle imprese di autotrasporto attive sul territorio italiano iscritte al Registro Elettronico Nazionale con l'obiettivo di accrescere la sicurezza del trasporto su strada, oltreché di ridurre gli effetti climalteranti derivanti dal trasporto passeggeri su strada;
    l'articolo 1, comma 1049, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), ha modificato l'articolo 80, comma 8, del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), estendendo la possibilità di effettuare la revisione in officine private autorizzate anche ai mezzi con massa a pieno carico superiore alle 3,5 tonnellate, se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili; il comma 1050 della medesima legge n. 145 del 2018 attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di dare attuazione alle modifiche sopra esposte, mediante l'adozione di propri provvedimenti;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe dovuto adottare i provvedimenti attuativi richiamati prima entro il 31 gennaio 2019;
    la mancata adozione da parte del Ministero dei provvedimenti attuativi finisce per vanificare l'innovazione legislativa, fortemente voluta per far fronte ai disagi che caratterizzano l'operatività di molti uffici della motorizzazione civile in Italia;
    la novella citata in premessa non ricomprende i rimorchi e i semi-rimorchi fra i mezzi di cui è possibile effettuare la revisione presso le officine private autorizzate;
    gli uffici periferici della motorizzazione civile versano in uno stato di oggettiva difficoltà nel quale, le carenze di organico si ripercuotono inevitabilmente sui tempi di attesa (che in taluni casi possono arrivare fino ad un anno) per quanto riguarda la revisione dei mezzi pesanti, il collaudo sui ganci traino, il controllo sugli impianti di alimentazione supplementare e di trasformazione. Tutto ciò finisce con il produrre rilevanti disagi nel settore del trasporto su gomma e, più in generale, nel mondo dell'autoriparazione, senza considerare, oltretutto, le ricadute che l'allungamento dei tempi del disservizio genera in termini di sicurezza stradale,
   ricordato che:
    in sede di risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01827 con il quale il firmatario chiedeva al Governo se nelle more di una modifica all'articolo 80 del codice della strada volta a ricomprendervi i rimorchi e i semi-rimorchi, non intendesse assumere iniziative per procedere celermente all'adozione dei provvedimenti attuativi della norma attualmente vigente, al fine di consentire una riduzione delle liste di attesa relative alle revisioni dei mezzi pesanti, il Governo si era già impegnato a lavorare per rimuovere incongruenze e fluidificare l'iter di attuazione della norma anche attraverso eventuali modifiche della stessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare i conseguenti provvedimenti amministrativi necessari al fine di inserire anche rimorchi e semi rimorchi fra i mezzi di cui è possibile effettuare la revisione presso le officine private autorizzate.
9/2305/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Donina, Capitanio, Cecchetti, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare i commi da 616 a 620 prevedono che, al fine di conseguire ulteriori risparmi di spesa connessi ai contratti di locazione passiva in immobili di proprietà privata, le amministrazioni dello Stato, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali nonché gli Organi di rilevanza costituzionale, possano procedere laddove conveniente, alla rinegoziazione dei contratti in corso;
    la locazione è un contratto con il quale una parte, detta locatore, si obbliga a permettere ad un altro soggetto, detto conduttore o locatario, l'utilizzo di un bene immobile per un periodo determinato in cambio di un corrispettivo, cosiddetto canone;
    la disciplina del contratto di locazione prevede obblighi per entrambe le parti. Il locatario ha l'obbligo, in particolare, di versare il canone secondo quanto pattuito nel contratto di locazione entro le scadenze convenute. Tuttavia, il locatore di un immobile è tenuto a pagare le imposte sul reddito secondo il principio di competenza, ovvero sui canoni di locazione che si presume incasserà in virtù del contratto di locazione. Pertanto, anche in caso di morosità del locatario, il locatore è tenuto a pagare le relative imposte; l'articolo 26 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce che «i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito d'imposta di pari ammontare»;
    il suddetto articolo 26 non comprende i contratti di locazione di immobili ad uso commerciale, creando un'evidente e ingiustificata disparità di trattamento nei riguardi dei locatori di tale tipologia di immobili che sono costretti a subire il danno derivante dalla mancata riscossione dei canoni di locazione, nonché la beffa di non poter recuperare le imposte versate sul reddito non percepito, anche se accertato nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore;
    tale contraddizione si verifica in quanto, in moltissimi casi di morosità degli inquilini che si riflettono sui proprietari, costretti a pagare le imposte anche sui canoni che non hanno incassato, non rappresentano la regola assoluta, poiché sono previste specifiche e limitate eccezioni;
    in generale, i redditi delle persone fisiche – esclusi quelli conseguiti in regime di impresa – sono dichiarati e soggetti a tassazione nell'anno in cui sono percepiti: si applica pertanto il principio di cassa. Tale principio è oggetto di deroga per quanto concerne i redditi fondiari e, in particolare, dei fabbricati che sono imputati nel periodo di imposta in cui si è verificato il possesso del bene, indipendentemente dalla percezione del reddito; di conseguenza ne deriva che, nell'ipotesi in cui il locatario non paghi i canoni, i canoni medesimi concorreranno comunque alla formazione del reddito complessivo del locatore, ricordato che:
    in sede di esame del decreto fiscale n. 124 del 2019 il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno 9/2220-AR/156,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre rimedio all'incongruenza di cui in premessa, eliminando il requisito dell'uso abitativo dell'immobile, ai fini dell'imputazione dei redditi fondiari, di cui all'articolo 26 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.
9/2305/138Cecchetti, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 2 e 3, modificati dal Senato, intervengono sulla modulazione degli incrementi delle aliquote IVA e degli obiettivi di gettito delle accise sui carburanti;
    l'articolo 164 Tuir dispone i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Per gli altri veicoli non espressamente citati dall'articolo 164, la deducibilità è regolata dal principio generale dell'inerenza (articolo 109, comma 5, Tuir);
    nella valutazione della deducibilità del costo dei veicoli occorre considerare che l'Iva, non detraibile in fase di registrazione della fattura ricevuta dal fornitore, costituisce un onere accessorio di diretta imputazione al costo del bene o servizio cui si riferisce e si aggiunge, quindi, al costo del veicolo;
    con riferimento alle autovetture, come definite dal Codice della Strada (categoria MI, ossia veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente, lettera a) dell'articolo 54, comma 1, decreto legislativo n. 285 del 1992), sono interamente deducibili le relative spese e gli altri componenti negativi se le stesse vengono utilizzate nell'esercizio di imprese, arti e professioni, esclusivamente come beni strumentali nell'attività o adibiti ad uso pubblico,
    si tratta dei veicoli senza i quali l'attività stessa non può essere esercitata come, ad esempio, per le imprese che effettuano attività di noleggio (circolare 48/E/1998);
    sono deducibili, invece, nella misura del 20 per cento i medesimi veicoli utilizzati in modo diverso dal precedente (auto uso aziendale), limitatamente ad un solo veicolo per le attività svolte in forma individuale, oppure, un solo veicolo per ogni socio o associato se l'attività è svolta da società semplici, società di persone o enti di cui all'articolo 5 Tuir;
    la deducibilità è elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio;
   considerato che:
    in Europa il settore dei trasporti è responsabile per circa un terzo delle emissioni inquinanti in atmosfera, il resto lo fanno il settore industriale e la scarsa efficienza degli edifici;
    è quindi strategico per tutti i paesi membri intervenire sui trasporti, promuovendo una mobilità più sostenibile e incentivando, tra le altre cose, la sostituzione di veicoli inquinanti con nuovi a basso impatto ambientale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nella prossima iniziativa normativa utile, di consentire per l'acquisto, riparazione e noleggio di veicoli aziendali di nuova immatricolazione la detraibilità dell'Imposta sul valore aggiunto nella misura del 100 per cento.
9/2305/139Boniardi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 2 e 3, modificati dal Senato, intervengono sulla modulazione degli incrementi delle aliquote IVA e degli obiettivi di gettito delle accise sui carburanti;
    l'articolo 164 Tuir dispone i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Per gli altri veicoli non espressamente citati dall'articolo 164, la deducibilità è regolata dal principio generale dell'inerenza (articolo 109, comma 5, Tuir);
    nella valutazione della deducibilità del costo dei veicoli occorre considerare che l'Iva, non detraibile in fase di registrazione della fattura ricevuta dal fornitore, costituisce un onere accessorio di diretta imputazione al costo del bene o servizio cui si riferisce e si aggiunge, quindi, al costo del veicolo;
    con riferimento alle autovetture, come definite dal Codice della Strada (categoria MI, ossia veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente, lettera a) dell'articolo 54, comma 1, decreto legislativo n. 285 del 1992), sono interamente deducibili le relative spese e gli altri componenti negativi se le stesse vengono utilizzate nell'esercizio di imprese, arti e professioni, esclusivamente come beni strumentali nell'attività o adibiti ad uso pubblico,
    si tratta dei veicoli senza i quali l'attività stessa non può essere esercitata come, ad esempio, per le imprese che effettuano attività di noleggio (circolare 48/E/1998);
    sono deducibili, invece, nella misura del 20 per cento i medesimi veicoli utilizzati in modo diverso dal precedente (auto uso aziendale), limitatamente ad un solo veicolo per le attività svolte in forma individuale, oppure, un solo veicolo per ogni socio o associato se l'attività è svolta da società semplici, società di persone o enti di cui all'articolo 5 Tuir;
    la deducibilità è elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio;
   considerato che:
    in Europa il settore dei trasporti è responsabile per circa un terzo delle emissioni inquinanti in atmosfera, il resto lo fanno il settore industriale e la scarsa efficienza degli edifici;
    è quindi strategico per tutti i paesi membri intervenire sui trasporti, promuovendo una mobilità più sostenibile e incentivando, tra le altre cose, la sostituzione di veicoli inquinanti con nuovi a basso impatto ambientale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella prossima iniziativa normativa utile, di consentire per l'acquisto, riparazione e noleggio di veicoli aziendali di nuova immatricolazione la detraibilità dell'Imposta sul valore aggiunto nella misura del 100 per cento.
9/2305/139. (Testo modificato nel corso della seduta) Boniardi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Programma Regionale della Mobilità e dei Trasporti (PRMT) della Regione Lombardia è uno strumento che delinea il quadro di riferimento dello sviluppo futuro delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità di persone e merci in Lombardia, approvato da Regione Lombardia con decreto del Consiglio Regionale n. 1245 il 20 settembre 2016; tra gli obiettivi posti a fondamento del piano di mobilità vi sono quelli di ridurre la congestione stradale principalmente nelle aree e lungo gli assi più trafficati, migliorare i servizi del trasporto collettivo, incrementare l'offerta di trasporto intermodale, contribuire a ridurre gli impatti sull'ambiente, favorire la riduzione dell'incidentalità stradale rispettando gli obiettivi posti dalla UE,
    il trasporto collettivo deve puntare ad assumere un ruolo competitivo nell'ambito della mobilità, non solo nelle aree urbane ma anche su scala regionale;
    la Giunta Regionale ha approvato lo schema di Accordo tra Regione Lombardia e Comune di Milano per la redazione e il finanziamento della prima fase dei progetti di fattibilità tecnica ed economica di 4 interventi strategici nell'area metropolitana, tra questi vi è anche il prolungamento della linea metropolitana M5 da Bignami a Cinisello Balsamo, attraverso i centri abitati di Bresso e Cusano Milanino, quale sbinamento della linea M5 Bignami-Bettola-Monza attualmente in corso di progettazione;
    la realizzazione di tale progetto contribuirà a decongestionare il traffico migliorando la mobilità da e verso Milano;
    il Comune di Milano ha introdotto nuovi divieti per quanto riguarda la circolazione all'interno dell'Area B;
    la c.d. «Area B» del Comune di Milano coincide con gran parte del territorio della città e rappresenta una zona a traffico limitato con divieto di accesso e circolazione per i veicoli più inquinanti oltre a quelli con lunghezza superiore ai 12 metri che trasportano merci;
    nel maggio 2018 l'Italia è stata deferita alla Corte Europea per il mancato rispetto dei limiti di qualità dell'aria relativi al PM10 ed è ancora aperta la procedura di infrazione per il superamento dei limiti di qualità dell'aria relativi al biossido d'azoto (N02);
    la realizzazione di tale infrastruttura sarebbe quindi determinante per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative di competenza per provvedere allo stanziamento delle risorse necessarie a consentire, la realizzazione del prolungamento della linea metropolitana M5 da Bignami a Cinisello Balsamo, attraverso i centri abitati di Bresso e Cusano Milanino, quale sbinamento della linea M5 Bignami-Bettola-Monza.
9/2305/140Colla.


   La Camera,
   premesso che:
    il Programma Regionale della Mobilità e dei Trasporti (PRMT) della Regione Lombardia è uno strumento che delinea il quadro di riferimento dello sviluppo futuro delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità di persone e merci in Lombardia, approvato da Regione Lombardia con decreto del Consiglio Regionale n. 1245 il 20 settembre 2016; tra gli obiettivi posti a fondamento del piano di mobilità vi sono quelli di ridurre la congestione stradale principalmente nelle aree e lungo gli assi più trafficati, migliorare i servizi del trasporto collettivo, incrementare l'offerta di trasporto intermodale, contribuire a ridurre gli impatti sull'ambiente, favorire la riduzione dell'incidentalità stradale rispettando gli obiettivi posti dalla UE,
    il trasporto collettivo deve puntare ad assumere un ruolo competitivo nell'ambito della mobilità, non solo nelle aree urbane ma anche su scala regionale;
    la Giunta Regionale ha approvato lo schema di Accordo tra Regione Lombardia e Comune di Milano per la redazione e il finanziamento della prima fase dei progetti di fattibilità tecnica ed economica di 4 interventi strategici nell'area metropolitana, tra questi vi è anche il prolungamento della linea metropolitana M5 da Bignami a Cinisello Balsamo, attraverso i centri abitati di Bresso e Cusano Milanino, quale sbinamento della linea M5 Bignami-Bettola-Monza attualmente in corso di progettazione;
    la realizzazione di tale progetto contribuirà a decongestionare il traffico migliorando la mobilità da e verso Milano;
    il Comune di Milano ha introdotto nuovi divieti per quanto riguarda la circolazione all'interno dell'Area B;
    la c.d. «Area B» del Comune di Milano coincide con gran parte del territorio della città e rappresenta una zona a traffico limitato con divieto di accesso e circolazione per i veicoli più inquinanti oltre a quelli con lunghezza superiore ai 12 metri che trasportano merci;
    nel maggio 2018 l'Italia è stata deferita alla Corte Europea per il mancato rispetto dei limiti di qualità dell'aria relativi al PM10 ed è ancora aperta la procedura di infrazione per il superamento dei limiti di qualità dell'aria relativi al biossido d'azoto (N02);
    la realizzazione di tale infrastruttura sarebbe quindi determinante per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per provvedere allo stanziamento delle risorse necessarie a consentire, la realizzazione del prolungamento della linea metropolitana M5 da Bignami a Cinisello Balsamo, attraverso i centri abitati di Bresso e Cusano Milanino, quale sbinamento della linea M5 Bignami-Bettola-Monza.
9/2305/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Colla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 83 e 84, modifica l'articolo 3, comma 3-bis, del decreto-legge 133 del 2014, prorogando il termine per la revocabilità delle risorse assegnate al 31 dicembre 2021;
    l'obiettivo della norma è quello di consentire l'accelerazione della conclusione dei lavori pubblici in data 22 ottobre 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in audizione alla commissione ambiente della Camera, ha collocato la ferrovia pontremolese tra le opere prioritarie ed ha indicato i lotti finanziati dal nuovo contratto di servizio di Rfi;
    l'attuale «Pontremolese» collega Parma con Spezia passando per alcuni centri vitali dell'Appennino, come Pontremoli e Borgo Val di Taro, Comuni che di fatto fungono da punti di riferimento per questo fragile tratto montuoso. Lungo i 103 km della linea sono presenti anche fermate minori di servizio ai pendolari verso Parma e La Spezia. La linea è per il 50 per cento a binario unico e mostra pendenze elevate che riducono le dimensioni utili di treni, soprattutto quelli per le merci nonostante la ferrovia abbia uno sbocco su uno dei porti più importanti del Paese;
    la linea, originariamente concepita a singolo binario tranne nel tratto di valico Borgo Val di Taro-Pontremoli, dagli anni ottanta è oggetto di lavori di raddoppio del binario con realizzazione di una nuova sede più favorevole dal punto di vista planoaltimetrico;
    il progetto di ammodernamento della linea risale alla legge di finanziamento denominata «Piano integrativo» del 1981, ma a tutt'oggi il raddoppio della linea è stato eseguito solo in alcuni tratti;
    il potenziamento della linea è di fondamentale importanza per i traffici merci tra i porti dell'alto Tirreno e le zone industriali dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale ed orientale attraverso i valichi del Brennero e di Tarvisio. L'architettura generale del Progetto è articolata in sottoprogetti in diversa fase di attuazione; L'ammodernamento della linea ferroviaria La Spezia-Pontremoli-Parma e il suo collegamento verso Verona ed il Brennero, è strategico per sostenere le aree interne dell'Appennino agevolando pendolari, favorendo il turismo e semplificando lo spostamento di merci nell'asse Tirreno – Brennero,

impegna il Governo

ad avviare le azioni idonee alla realizzazione dell'opera, ovvero implementare e stanziare le risorse necessarie per la realizzazione dell'opera stessa.
9/2305/141Tombolato, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tonelli, Vinci, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 83 e 84, modifica l'articolo 3, comma 3-bis, del decreto-legge 133 del 2014, prorogando il termine per la revocabilità delle risorse assegnate al 31 dicembre 2021;
    l'obiettivo della norma è quello di consentire l'accelerazione della conclusione dei lavori pubblici in data 22 ottobre 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in audizione alla commissione ambiente della Camera, ha collocato la ferrovia pontremolese tra le opere prioritarie ed ha indicato i lotti finanziati dal nuovo contratto di servizio di Rfi;
    l'attuale «Pontremolese» collega Parma con Spezia passando per alcuni centri vitali dell'Appennino, come Pontremoli e Borgo Val di Taro, Comuni che di fatto fungono da punti di riferimento per questo fragile tratto montuoso. Lungo i 103 km della linea sono presenti anche fermate minori di servizio ai pendolari verso Parma e La Spezia. La linea è per il 50 per cento a binario unico e mostra pendenze elevate che riducono le dimensioni utili di treni, soprattutto quelli per le merci nonostante la ferrovia abbia uno sbocco su uno dei porti più importanti del Paese;
    la linea, originariamente concepita a singolo binario tranne nel tratto di valico Borgo Val di Taro-Pontremoli, dagli anni ottanta è oggetto di lavori di raddoppio del binario con realizzazione di una nuova sede più favorevole dal punto di vista planoaltimetrico;
    il progetto di ammodernamento della linea risale alla legge di finanziamento denominata «Piano integrativo» del 1981, ma a tutt'oggi il raddoppio della linea è stato eseguito solo in alcuni tratti;
    il potenziamento della linea è di fondamentale importanza per i traffici merci tra i porti dell'alto Tirreno e le zone industriali dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale ed orientale attraverso i valichi del Brennero e di Tarvisio. L'architettura generale del Progetto è articolata in sottoprogetti in diversa fase di attuazione; L'ammodernamento della linea ferroviaria La Spezia-Pontremoli-Parma e il suo collegamento verso Verona ed il Brennero, è strategico per sostenere le aree interne dell'Appennino agevolando pendolari, favorendo il turismo e semplificando lo spostamento di merci nell'asse Tirreno – Brennero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare le azioni idonee alla realizzazione dell'opera, ovvero implementare e stanziare le risorse necessarie per la realizzazione dell'opera stessa.
9/2305/141. (Testo modificato nel corso della seduta) Tombolato, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tonelli, Vinci, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018) al comma 1044 dell'articolo 1 sono stati previsti due obblighi concernenti la commercializzazione di apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora (vendita diretta e vendita indiretta), e tali oneri si sostanziano nell'obbligo di integrazione nei suddetti apparecchi di almeno un'interfaccia che consenta all'utente di ricevere i servizi della radio digitale; con la legge 14 giugno 2019, n. 55, di conversione del decreto-legge «Sblocca cantieri» sono state apportate alcune modifiche alla disciplina vigente che obbliga, tra gli altri, i produttori di apparati di telefonia mobile a commercializzare strumenti dotati di almeno un'interfaccia per la ricezione della radio digitale;
    in particolare, il comma 5 dell'articolo 28 lascerebbe intendere che la proroga all'entrata in vigore degli obblighi riferiti agli apparati di telefonia mobile sia limitata al canale di vendita diretto tra produttore e consumatore, mentre è noto che la proroga riguardi anche i canali di vendita c.d. indiretti (ad esempio per tramite di distributori),
    nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore della legge di Bilancio 2018 e l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge «Sblocca cantieri» è stata approvata e pubblicata in GUUE la direttiva (UE) 2018/2972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, che dovrà essere prossimamente recepita dall'Italia, e che prevede l'esclusione dagli obblighi concernenti la radio digitale per «i prodotti nei quali il ricevitore radio è puramente accessorio» quali gli smartphone,

impegna il Governo

ad adottare iniziative di competenza atte a chiarire, in riferimento agli obblighi di commercializzazione (diretta e indiretta) di apparecchi dotati di almeno un'interfaccia che consenta all'utente di ricevere i servizi della radio digitale, confermando l'esenzione per gli apparecchi di telefonia mobile sino al 31 dicembre 2020.
9/2305/142Morelli, Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia sono quasi 7 milioni i motocicli regolarmente immatricolati al Pra;
    i loro proprietari restano però tra gli utenti deboli della strada, come testimoniato dai dati Istat sulla mortalità stradale relativa all'anno 2017. Le 735 vittime tra i motociclisti (ai quali si aggiungono i 92 morti a bordo di un ciclomotore) fanno segnare un preoccupante +11,9 per cento rispetto all'anno precedente che impone un alert sul tema della sicurezza. Una prima svolta in tal senso è rappresentata dalla progressiva introduzione dei guard rail salva motociclisti, che ha già restituito interessanti numeri in termini di calo della mortalità pur aumentando il numero di sinistri nei tratti in cui sono stati installati;
    il regolamento europeo 2016/425 indica con chiarezza che dal 21 aprile 2019 tutti i produttori di capi da moto dovranno produrre e immettere sul mercato solo abbigliamento certificato;
    l'obiettivo è quello di favorire la sicurezza stradale e la protezione dei motociclisti,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di prevedere la detraibilità di almeno la metà delle spese sostenute e documentate per l'acquisto di protezioni per uso motociclistico entro una soglia massima prestabilita, parametrata al costo medio dei prodotti, per ciascun soggetto intestatario di motoveicolo o motociclo.
9/2305/143Giacometti, Durigon, Capitanio, Cecchetti, Donina, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia sono quasi 7 milioni i motocicli regolarmente immatricolati al Pra;
    i loro proprietari restano però tra gli utenti deboli della strada, come testimoniato dai dati Istat sulla mortalità stradale relativa all'anno 2017. Le 735 vittime tra i motociclisti (ai quali si aggiungono i 92 morti a bordo di un ciclomotore) fanno segnare un preoccupante +11,9 per cento rispetto all'anno precedente che impone un alert sul tema della sicurezza. Una prima svolta in tal senso è rappresentata dalla progressiva introduzione dei guard rail salva motociclisti, che ha già restituito interessanti numeri in termini di calo della mortalità pur aumentando il numero di sinistri nei tratti in cui sono stati installati;
    il regolamento europeo 2016/425 indica con chiarezza che dal 21 aprile 2019 tutti i produttori di capi da moto dovranno produrre e immettere sul mercato solo abbigliamento certificato;
    l'obiettivo è quello di favorire la sicurezza stradale e la protezione dei motociclisti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la detraibilità di almeno la metà delle spese sostenute e documentate per l'acquisto di protezioni per uso motociclistico entro una soglia massima prestabilita, parametrata al costo medio dei prodotti, per ciascun soggetto intestatario di motoveicolo o motociclo.
9/2305/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Giacometti, Durigon, Capitanio, Cecchetti, Donina, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 405 e 406 reca una previsione relativa ad iniziative celebrative del centesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Italiano;
    a tal fine prevede si attingano risorse finanziarie (non determinate nell'importo) dalla Struttura di missione per gli anniversari nazionali, per gli anni 2020 e 2021, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri finanziari;
    la Struttura assicura gli adempimenti necessari per la realizzazione dei programmi e degli interventi connessi alle celebrazioni degli anniversari di interesse nazionale e per la promozione di eventi sportivi di rilevanza nazionale e internazionale;
    il Parlamento Europeo ha approvato il 19 settembre 2019 una Risoluzione sull'importanza della memoria europea e per il futuro dell'Europa (2019/2819(RSP)), un documento presentato congiuntamente da membri dei principali gruppi per commemorare l'anniversario degli 80 anni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale;
    la Risoluzione afferma che «sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature» ed ancora «condanna tutte le manifestazioni e la diffusione di ideologie totalitarie, come il nazismo e lo stalinismo, all'interno dell'Unione»;
    concedere un finanziamento per la celebrazione dell'anniversario di un partito politico di fatto crea un precedente per il quale qualunque forza politica d'ora innanzi ha il diritto di ottenere una sovvenzione statale per tali finalità;
    sarebbe stato, pertanto, più opportuno – specie in una fase di contenimento dei costi della spesa pubblica e, ancor più, in una manovra economica caratterizzata da varie microtasse che, inevitabilmente impatteranno negativamente sui consumi e sui livelli occupazionali – destinare tali risorse a ben altri scopi e finalità di carattere sociale, come ad esempio l'inclusione delle persone affette da disabilità;
    il comma 337 ad esempio, autorizza la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 al fine di garantire l'attività di inclusione e promozione sociale delle persone con disabilità svolta dalla FISH;
    tale somma è assolutamente inadeguata a garantire una idonea attività di inclusione per le persone disabili,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni in oggetto, al fine di adottare iniziative volte a destinare l'entità del fondo che verrà stanziata per la celebrazione del partito comunista italiano, a favore della FISH – Federazione italiana per il superamento dell’handicap ONLUS.
9/2305/144Bordonali, Locatelli, Murelli, Durigon, Cavandoli, Boldi, Panizzut.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 405 e 406 reca una previsione relativa ad iniziative celebrative del centesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Italiano;
    a tal fine prevede si attingano risorse finanziarie (non determinate nell'importo) dalla Struttura di missione per gli anniversari nazionali, per gli anni 2020 e 2021, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri finanziari;
    la Struttura assicura gli adempimenti necessari per la realizzazione dei programmi e degli interventi connessi alle celebrazioni degli anniversari di interesse nazionale e per la promozione di eventi sportivi di rilevanza nazionale e internazionale;
    il Parlamento Europeo ha approvato il 19 settembre 2019 una Risoluzione sull'importanza della memoria europea e per il futuro dell'Europa (2019/2819(RSP)), un documento presentato congiuntamente da membri dei principali gruppi per commemorare l'anniversario degli 80 anni dallo scoppio della Seconda guerra mondiale;
    la Risoluzione afferma che «sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un'urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature» ed ancora «condanna tutte le manifestazioni e la diffusione di ideologie totalitarie, come il nazismo e lo stalinismo, all'interno dell'Unione»;
    concedere un finanziamento per la celebrazione dell'anniversario di un partito politico di fatto crea un precedente per il quale qualunque forza politica d'ora innanzi ha il diritto di ottenere una sovvenzione statale per tali finalità;
    sarebbe stato, pertanto, più opportuno – specie in una fase di contenimento dei costi della spesa pubblica e, ancor più, in una manovra economica caratterizzata da varie microtasse che, inevitabilmente impatteranno negativamente sui consumi e sui livelli occupazionali – destinare tali risorse a ben altri scopi e finalità di carattere sociale, come ad esempio l'inclusione delle persone affette da disabilità;
    il comma 337 ad esempio, autorizza la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 al fine di garantire l'attività di inclusione e promozione sociale delle persone con disabilità svolta dalla FISH;
    tale somma è assolutamente inadeguata a garantire una idonea attività di inclusione per le persone disabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni in oggetto, al fine di adottare iniziative volte a destinare l'entità del fondo che verrà stanziata per la celebrazione del partito comunista italiano, a favore della FISH – Federazione italiana per il superamento dell’handicap ONLUS.
9/2305/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Bordonali, Locatelli, Murelli, Durigon, Cavandoli, Boldi, Panizzut.


   La Camera,
   premesso che:
    il vincolo introdotto dall'ultimo periodo del comma 321 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2009, n. 295 che va ad incidere sui gettiti riscossi dalle Regioni a titolo di tassa automobilistica non sembra più compatibile con l'attribuzione alle Regioni della titolarità della tassa stessa, «tributo proprio [regionale] derivato particolare, parzialmente ”ceduto”» così come definito dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 122 del 2019;
    la pronuncia riconosce alle Regioni un più ampio margine di autonoma disciplina, limitato dal vincolo, unidirezionale, di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dalla legge statale; pertanto, gli interventi statali ad oggi devono essere limitati alla sola eventuale variazione dei predetti limiti e non attribuirsi quote di gettito;
    la sentenza Corte Costituzionale n. 31 del 2019, inoltre, ha annullato gli effetti del decreto interdipartimentale «Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell'articolo 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» per gli anni 2012 e 2013 per la Regione Sardegna e la mancata intesa in Conferenza Stato – Regioni sul decreto per l'anno 2014;
    la compensazione delle somme è avvenuta a tutt'oggi fino all'anno di competenza 2013 determinando notevoli complicazioni a livello di contabilizzazione delle operazioni per il riversamento delle somme allo Stato, causate, da un lato, dalla discrasia fra gli anni in cui vi sono stati gli incassi e l'anno in cui si procede con decreto di compensazione delle risorse e, dall'altro, dalle difficoltà di determinazione delle somme da riconoscere alle regioni e quelle da riversare;
    l'operazione infatti deve essere neutra ai fini dei saldi di finanza pubblica in quanto le regioni operano come mero «riscossore» per conto dello Stato. Da qui la ratio di accordi per sterilizzare l'operazione contabile sul saldo finale del pareggio di bilancio ed evitare che il riversamento allo Stato della somma accantonata nel risultato di amministrazione incida sul saldo del pareggio di bilancio. Peraltro anche negli esercizi 2012-2014, quando si applicava alle regioni il Patto di Stabilità per tetti di spesa, non erano rilevanti le entrate del maggior gettito della tassa automobilistica;
    se si prevedesse la compensazione fino all'anno di competenza 2019, pertanto con il metodo di compensazione vigente, le regioni terminerebbero il riversamento allo Stato nell'anno di competenza 2023; in sede di esame del disegno di legge n. 1586 il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno G/1586/146/5,

impegna il Governo

a prevedere, nel più breve tempo possibile, il ripristino totale della titolarità del gettito della tassa automobilistica a favore delle regioni e province autonome al fine di liberare risorse da potere utilizzare, da parte delle stesse regioni, per nuovi investimenti diretti e indiretti sui propri territori per le finalità già previste dal disegno di legge di bilancio in oggetto.
9/2305/145Bellachioma, Bazzaro, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    il vincolo introdotto dall'ultimo periodo del comma 321 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2009, n. 295 che va ad incidere sui gettiti riscossi dalle Regioni a titolo di tassa automobilistica non sembra più compatibile con l'attribuzione alle Regioni della titolarità della tassa stessa, «tributo proprio [regionale] derivato particolare, parzialmente ”ceduto”» così come definito dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 122 del 2019;
    la pronuncia riconosce alle Regioni un più ampio margine di autonoma disciplina, limitato dal vincolo, unidirezionale, di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dalla legge statale; pertanto, gli interventi statali ad oggi devono essere limitati alla sola eventuale variazione dei predetti limiti e non attribuirsi quote di gettito;
    la sentenza Corte Costituzionale n. 31 del 2019, inoltre, ha annullato gli effetti del decreto interdipartimentale «Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell'articolo 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» per gli anni 2012 e 2013 per la Regione Sardegna e la mancata intesa in Conferenza Stato – Regioni sul decreto per l'anno 2014;
    la compensazione delle somme è avvenuta a tutt'oggi fino all'anno di competenza 2013 determinando notevoli complicazioni a livello di contabilizzazione delle operazioni per il riversamento delle somme allo Stato, causate, da un lato, dalla discrasia fra gli anni in cui vi sono stati gli incassi e l'anno in cui si procede con decreto di compensazione delle risorse e, dall'altro, dalle difficoltà di determinazione delle somme da riconoscere alle regioni e quelle da riversare;
    l'operazione infatti deve essere neutra ai fini dei saldi di finanza pubblica in quanto le regioni operano come mero «riscossore» per conto dello Stato. Da qui la ratio di accordi per sterilizzare l'operazione contabile sul saldo finale del pareggio di bilancio ed evitare che il riversamento allo Stato della somma accantonata nel risultato di amministrazione incida sul saldo del pareggio di bilancio. Peraltro anche negli esercizi 2012-2014, quando si applicava alle regioni il Patto di Stabilità per tetti di spesa, non erano rilevanti le entrate del maggior gettito della tassa automobilistica;
    se si prevedesse la compensazione fino all'anno di competenza 2019, pertanto con il metodo di compensazione vigente, le regioni terminerebbero il riversamento allo Stato nell'anno di competenza 2023; in sede di esame del disegno di legge n. 1586 il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno G/1586/146/5,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel più breve tempo possibile, il ripristino totale della titolarità del gettito della tassa automobilistica a favore delle regioni e province autonome al fine di liberare risorse da potere utilizzare, da parte delle stesse regioni, per nuovi investimenti diretti e indiretti sui propri territori per le finalità già previste dal disegno di legge di bilancio in oggetto.
9/2305/145. (Testo modificato nel corso della seduta) Bellachioma, Bazzaro, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    le autostrade italiane sono gestite per la maggior parte da società concessionarie, ma a partire dal 1o ottobre 2012 l'ente concedente non è più Anas, come in precedenza, in quanto le funzioni sono state trasferite da tale data al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che le esercita tramite la Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali;
    i sindacati si stanno mobilitando per il rinnovo del contratto dei lavoratori del settore, scaduto da diversi mesi; nelle trattative sindacali, le rappresentanze imprenditoriali riunite nell'associazione datoriale Fise hanno preventivato di ridurre drasticamente il costo del lavoro, attraverso l'abolizione della presenza obbligatoria del personale al casello durante le 24 ore, l'assunzione di personale che andrà in pensione con contratti di altre categorie meno costosi di quello in vigore e l'introduzione del part-time a chiamata;
    tra i punti critici ancora da dirimere vi è quello della clausola sociale di salvaguardia dell'occupazione in caso di nuova concessione, una vicenda che si intreccia con l’iter amministrativo di revoca (sanzionatoria) ad Autostrade per l'Italia, aperto a seguito del crollo del ponte Morandi di Genova;
    dieci mesi di trattative con le maggiori sigle sindacali non sono bastati per definire il rinnovo del CCNL del settore, lasciando inalterata la precaria posizione dei dipendenti, anche relativamente ai salari,
    ricordato che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 1586 il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno G/1586/52/5,

impegna il Governo

a promuovere ogni iniziativa, nel quadro delle proprie competenze, che possa favorire il rinnovo del contratto nazionale del settore Autostrade, così da garantire continuità occupazionale e reddito ai dipendenti.
9/2305/146Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    le autostrade italiane sono gestite per la maggior parte da società concessionarie, ma a partire dal 1o ottobre 2012 l'ente concedente non è più Anas, come in precedenza, in quanto le funzioni sono state trasferite da tale data al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che le esercita tramite la Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali;
    i sindacati si stanno mobilitando per il rinnovo del contratto dei lavoratori del settore, scaduto da diversi mesi; nelle trattative sindacali, le rappresentanze imprenditoriali riunite nell'associazione datoriale Fise hanno preventivato di ridurre drasticamente il costo del lavoro, attraverso l'abolizione della presenza obbligatoria del personale al casello durante le 24 ore, l'assunzione di personale che andrà in pensione con contratti di altre categorie meno costosi di quello in vigore e l'introduzione del part-time a chiamata;
    tra i punti critici ancora da dirimere vi è quello della clausola sociale di salvaguardia dell'occupazione in caso di nuova concessione, una vicenda che si intreccia con l’iter amministrativo di revoca (sanzionatoria) ad Autostrade per l'Italia, aperto a seguito del crollo del ponte Morandi di Genova;
    dieci mesi di trattative con le maggiori sigle sindacali non sono bastati per definire il rinnovo del CCNL del settore, lasciando inalterata la precaria posizione dei dipendenti, anche relativamente ai salari,
    ricordato che:
    in sede di esame del disegno di legge n. 1586 il Governo ha espresso parere favorevole all'ordine del giorno G/1586/52/5,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere ogni iniziativa, nel quadro delle proprie competenze, che possa favorire il rinnovo del contratto nazionale del settore Autostrade, così da garantire continuità occupazionale e reddito ai dipendenti.
9/2305/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame prevede la determinazione del reddito d'impresa, con un coefficiente di redditività del cinque per cento, per gli imprenditori agricoli florovivaistici rispetto alla commercializzazione di piante vive e di prodotti della floricoltura;
    il settore del florovivaismo è un settore moderno, innovativo, che punta alla sostenibilità ed alla qualità della vita, che fa bene anche all'ambiente;
    il « bonus verde» è stato introdotto dalla legge di Bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), ed è stato poi prorogato per un altro anno dalla legge di Bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018). Si tratta di una detrazione del 36 per cento delle spese documentate e tracciabili, incluse quelle di progettazione, fino a un massimo di 5 mila euro per unità immobiliare residenziale oggetto dei lavori;
    poiché, allo stato attuale, il bonus verde è destinato a terminare, il prossimo 31 dicembre sarà la data ultima entro cui pagare gli eventuali interventi di «sistemazione a verde» per poter avere gli sconti fiscali;
    la legge di Bilancio all'esame non ha previsto la proroga di questa importantissima disposizione che per i cittadini è un'occasione per piantare alberi, rinnovare giardini e terrazzi, scegliendo soprattutto prodotti dei florovivaisti italiani;
    si deve dare continuità a uno strumento – già operativo nel 2018 e nel 2019 – che sta portando risultati importanti e che ha permesso di far crescere il verde privato, i giardini, terrazzi e balconi, con un positivo effetto a favore delle imprese florovivaistiche italiane e della manutenzione del verde;
    si parla tanto di ambiente, della necessità della sua salvaguardia e di contrastare i cambiamenti climatici e poi, alla prova dei fatti, un provvedimento di proroga della disposizione del bonus verde che va anche nella suddetta direzione, rischia di essere dismesso,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti volte a prevedere una proroga del bonus verde – già operativo nel 2018 e nel 2019 –, misura importantissima per un settore come quello del florovivaismo strategico del nostro Made in italy che vale 2,7 miliardi di euro e che attraverso 27 mila imprese florovivaistiche offre lavoro a oltre 180 mila persone.
9/2305/147Liuni, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame sono previste alcune disposizioni, che interessano anche le imprese agricole, nell'ottica di una revisione complessiva delle misure fiscali di sostegno del «Piano industria 4.0», alla luce del monitoraggio sull'efficacia delle misure attualmente vigenti e della necessità di supportare la trasformazione tecnologica del tessuto produttivo italiano, nonché la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici agricole, attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;
    per rilanciare il settore agricolo è molto importante incentivare e rafforzare il ricambio generazionale nelle aziende agricole in regioni, come la Sicilia, che vantano un paniere di prodotti tipici locali che vanno dal cioccolato di Modica al pomodorino Pachino, all'Arancia Rossa di Sicilia, al Limone Interdonato Messina, alla Pesca di Leonforte e all'Uva da Tavola di Canicattì e Mazzarrone;
    inoltre, la Sicilia vanta, anche, prodotti DOP come il Formaggio ragusano e l'olio extravergine d'oliva prodotto in varie zone della Sicilia;
    le aziende agricole siciliane spaziano in diversi comparti dell'agricoltura: agrumicolo, orticolo, olivicolo, frutticolo, leguminose, piante officinali, frutta secca, zootecnia da carne e lattiero caseario, ed è importante che le aziende possano diversificare le loro attività collegandole al mondo agricolo come, ad esempio, l'agriturismo e l'accoglienza nelle aree rurali, oltre che alla realizzazione di boschi produttivi che contribuiscono al miglioramento ambientale, paesaggistico e alla riduzione delle emissioni di gas serra;
    per sostenere i giovani imprenditori siciliani che intendono avviare attività nei settori turismo, commercio, artigianato in sinergia con l'agricoltura e che puntino alla valorizzazione dei prodotti tipici con marchi di eccellenza siciliani dalle STG, alle IGP;
    è necessario dare la possibilità a giovani imprenditori di avviare attività in questi settori in modo competitivo e nel contempo si registrerebbe un ulteriore vantaggio produttivo ed economico per la regione,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori iniziative normative, anche di natura fiscale, oltre quelle già previste a legislazione vigente, volte a sostenere i giovani imprenditori, in particolare siciliani, che intendono avviare attività nei settori turismo, commercio, artigianato in sinergia con il mondo agricolo che puntino alla valorizzazione dei prodotti tipici con marchi di eccellenza siciliani.
9/2305/148Minardo, Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame sono previste alcune disposizioni, che interessano anche le imprese agricole, nell'ottica di una revisione complessiva delle misure fiscali di sostegno del «Piano industria 4.0», alla luce del monitoraggio sull'efficacia delle misure attualmente vigenti e della necessità di supportare la trasformazione tecnologica del tessuto produttivo italiano, nonché la concessione di mutui a tasso zero in favore di iniziative finalizzate allo sviluppo o al consolidamento di aziende agricole condotte da imprenditrici agricole, attraverso investimenti nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli;
    per rilanciare il settore agricolo è molto importante incentivare e rafforzare il ricambio generazionale nelle aziende agricole in regioni, come la Sicilia, che vantano un paniere di prodotti tipici locali che vanno dal cioccolato di Modica al pomodorino Pachino, all'Arancia Rossa di Sicilia, al Limone Interdonato Messina, alla Pesca di Leonforte e all'Uva da Tavola di Canicattì e Mazzarrone;
    inoltre, la Sicilia vanta, anche, prodotti DOP come il Formaggio ragusano e l'olio extravergine d'oliva prodotto in varie zone della Sicilia;
    le aziende agricole siciliane spaziano in diversi comparti dell'agricoltura: agrumicolo, orticolo, olivicolo, frutticolo, leguminose, piante officinali, frutta secca, zootecnia da carne e lattiero caseario, ed è importante che le aziende possano diversificare le loro attività collegandole al mondo agricolo come, ad esempio, l'agriturismo e l'accoglienza nelle aree rurali, oltre che alla realizzazione di boschi produttivi che contribuiscono al miglioramento ambientale, paesaggistico e alla riduzione delle emissioni di gas serra;
    per sostenere i giovani imprenditori siciliani che intendono avviare attività nei settori turismo, commercio, artigianato in sinergia con l'agricoltura e che puntino alla valorizzazione dei prodotti tipici con marchi di eccellenza siciliani dalle STG, alle IGP;
    è necessario dare la possibilità a giovani imprenditori di avviare attività in questi settori in modo competitivo e nel contempo si registrerebbe un ulteriore vantaggio produttivo ed economico per la regione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori iniziative normative, anche di natura fiscale, oltre quelle già previste a legislazione vigente, volte a sostenere i giovani imprenditori, in particolare siciliani, che intendono avviare attività nei settori turismo, commercio, artigianato in sinergia con il mondo agricolo che puntino alla valorizzazione dei prodotti tipici con marchi di eccellenza siciliani.
9/2305/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Minardo, Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agricoltura italiana è la più green d'Europa con l'Italia che è l'unico Paese al mondo con 5.155 prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 specialità Dop/lgp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ma è anche leader in Europa con quasi 60 mila aziende agricole biologiche e ha fatto la scelta di vietare la carne agli ormoni e le coltivazioni Ogm e a tutela dei primati nazionali della biodiversità;
    la disposizione contenuta nel comma 98 relativa all'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di una Commissione per lo studio delle proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi colpirebbe anche i carburanti per la pesca e per l'agricoltura;
    l'aumento dei costi del carburante costringerebbe molti pescatori, agricoltori e allevatori a chiudere la propria attività con un devastante impatto economico e ambientale soprattutto nelle aree interne più difficili. Il risultato sarebbe solo la delocalizzazione delle fonti di approvvigionamento alimentare con un enorme costo ambientale legato all'aumento dei trasporti inquinanti su gomma dall'estero facendo, altresì, perdere competitività al sistema italiano rispetto ai concorrenti degli altri Paesi Europei;
    si devono incentivare e supportare azioni di ammodernamento delle attività e delle produzioni, sviluppare un programma di ricerca e di sperimentazione per i mezzi agricoli rendendoli sempre più ambientalmente compatibili, invece con questa disposizione si vanno a colpire tutte le imprese, agricole e non, mettendo in difficoltà interi comparti produttivi;
    oltre a perdere risorse fondamentali, la disposizione all'esame, non prevede esplicitamente il coinvolgimento delle associazioni maggiormente rappresentative dell'agricoltura e della pesca, che saranno soggetto passivo dei tagli, ma si limita a menzionare la presenza, in termini generici, di «associazioni, delle parti sociali, degli enti locali, delle comunità coinvolte, delle associazioni e dei movimenti impegnati nell'azione per il clima, delle università e dei ricercatori»;
    l'ultimo censimento disponibile, relativo al 2017, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quantifica in 19,291 miliardi di euro i sussidi ambientalmente dannosi accertati: di questi solo 279 milioni riguardano agricoltura e pesca,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso successive iniziative normative, la necessità di ampliare, anche alle associazioni agricole e della pesca, la rappresentanza nella Commissione per lo studio delle proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi.
9/2305/149Lolini, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Manzato, Patassini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Lucchini, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Gava.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agricoltura italiana è la più green d'Europa con l'Italia che è l'unico Paese al mondo con 5.155 prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 specialità Dop/lgp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, ma è anche leader in Europa con quasi 60 mila aziende agricole biologiche e ha fatto la scelta di vietare la carne agli ormoni e le coltivazioni Ogm e a tutela dei primati nazionali della biodiversità;
    la disposizione contenuta nel comma 98 relativa all'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di una Commissione per lo studio delle proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi colpirebbe anche i carburanti per la pesca e per l'agricoltura;
    l'aumento dei costi del carburante costringerebbe molti pescatori, agricoltori e allevatori a chiudere la propria attività con un devastante impatto economico e ambientale soprattutto nelle aree interne più difficili. Il risultato sarebbe solo la delocalizzazione delle fonti di approvvigionamento alimentare con un enorme costo ambientale legato all'aumento dei trasporti inquinanti su gomma dall'estero facendo, altresì, perdere competitività al sistema italiano rispetto ai concorrenti degli altri Paesi Europei;
    si devono incentivare e supportare azioni di ammodernamento delle attività e delle produzioni, sviluppare un programma di ricerca e di sperimentazione per i mezzi agricoli rendendoli sempre più ambientalmente compatibili, invece con questa disposizione si vanno a colpire tutte le imprese, agricole e non, mettendo in difficoltà interi comparti produttivi;
    oltre a perdere risorse fondamentali, la disposizione all'esame, non prevede esplicitamente il coinvolgimento delle associazioni maggiormente rappresentative dell'agricoltura e della pesca, che saranno soggetto passivo dei tagli, ma si limita a menzionare la presenza, in termini generici, di «associazioni, delle parti sociali, degli enti locali, delle comunità coinvolte, delle associazioni e dei movimenti impegnati nell'azione per il clima, delle università e dei ricercatori»;
    l'ultimo censimento disponibile, relativo al 2017, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quantifica in 19,291 miliardi di euro i sussidi ambientalmente dannosi accertati: di questi solo 279 milioni riguardano agricoltura e pesca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso successive iniziative normative, la necessità di ampliare, anche alle associazioni agricole e della pesca, la rappresentanza nella Commissione per lo studio delle proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi.
9/2305/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Lolini, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Manzato, Patassini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Lucchini, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Gava.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 515 a 517 del disegno di legge all'esame prevedono, anche per il 2020, la medesima disposizione contenuta nella legge di Bilancio 2019, ovvero il finanziamento dell'arresto di pesca obbligatorio, nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il 2021 e del cosiddetto fermo di pesca non obbligatorio, incrementato di 2,5 milioni di euro per il 2020;
    le misure sociali attualmente in essere previste per il comparto della pesca marittima sono, infatti, le indennità giornaliere onnicomprensive in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio per ciascun lavoratore dipendente da impresa adibita alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative di piccola pesca e l'indennità giornaliera onnicomprensiva in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio per gli stessi soggetti di cui alla misura precedente;
    le predette misure, in virtù del loro carattere «estemporaneo» (nonché della farraginosità delle procedure di erogazione che determina ritardi e mancanza di tempestività) non offrono ai lavoratori del comparto pesca una ragionevole sicurezza sulle proprie aspettative reddituali;
    il settore pesca, che sta vivendo da molti anni una crisi profonda, è sprovvisto di un ammortizzatore sociale strutturato, in grado di assicurare una continuità di reddito ai lavoratori nelle diverse fattispecie di sospensione dell'attività lavorativa, per cause indipendenti dalla volontà del datore di lavoro quali ad esempio condizioni meteo-marine avverse; manutenzione straordinaria delle imbarcazioni, sospensioni dell'attività per eventi determinati da inquinamento, impraticabilità degli approdi, ecc.;
    è fondamentale garantire, in modo strutturato e a similitudine di quanto già in atto per altre categorie di lavoratori del comparto agricolo, un sostegno ai lavoratori del comparto della pesca marittima;
    si dovrebbe intervenire per prevede l'estensione al settore della pesca professionale delle forme di integrazione salariale previste in favore dei lavoratori agricoli dalla legge 8 agosto 1972, n. 457, che ha istituito la CISOA (Cassa integrazione salariale degli operai agricoli). I destinatari delle integrazioni salariali agricole previste da tale legge sono, allo stato attuale, i lavoratori agricoli (operai, impiegati, quadri e apprendisti, compresi i soci delle cooperative) dipendenti da aziende agricole con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che svolgono annualmente presso la stessa azienda oltre 180 giornate di effettivo lavoro;
    la misura dovrebbe vedere coinvolti anche i lavoratori imbarcati su navi adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci-lavoratori di cooperative di pesca di piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250;
    i soggetti interessati che dovrebbero beneficiare della CISOA sarebbero circa 20 mila di cui 10.000 soci lavoratori e 10.000 lavoratori dipendenti per un numero di imprese interessate di circa 6.000, in media,

impegna il Governo

ad adottare iniziative che possano estendere la Cassa integrazione salariale degli operai agricoli anche agli operatori della pesca marittima in modo che sia garantita, in modo strutturale e non occasionale, una continuità di reddito, un sostegno occupazionale e una sostenibilità economica delle imprese operanti nel comparto della pesca marittima.
9/2305/150Manzato, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 515 a 517 del disegno di legge all'esame prevedono, anche per il 2020, la medesima disposizione contenuta nella legge di Bilancio 2019, ovvero il finanziamento dell'arresto di pesca obbligatorio, nel limite di spesa di 11 milioni di euro per il 2021 e del cosiddetto fermo di pesca non obbligatorio, incrementato di 2,5 milioni di euro per il 2020;
    le misure sociali attualmente in essere previste per il comparto della pesca marittima sono, infatti, le indennità giornaliere onnicomprensive in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio per ciascun lavoratore dipendente da impresa adibita alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative di piccola pesca e l'indennità giornaliera onnicomprensiva in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio per gli stessi soggetti di cui alla misura precedente;
    le predette misure, in virtù del loro carattere «estemporaneo» (nonché della farraginosità delle procedure di erogazione che determina ritardi e mancanza di tempestività) non offrono ai lavoratori del comparto pesca una ragionevole sicurezza sulle proprie aspettative reddituali;
    il settore pesca, che sta vivendo da molti anni una crisi profonda, è sprovvisto di un ammortizzatore sociale strutturato, in grado di assicurare una continuità di reddito ai lavoratori nelle diverse fattispecie di sospensione dell'attività lavorativa, per cause indipendenti dalla volontà del datore di lavoro quali ad esempio condizioni meteo-marine avverse; manutenzione straordinaria delle imbarcazioni, sospensioni dell'attività per eventi determinati da inquinamento, impraticabilità degli approdi, ecc.;
    è fondamentale garantire, in modo strutturato e a similitudine di quanto già in atto per altre categorie di lavoratori del comparto agricolo, un sostegno ai lavoratori del comparto della pesca marittima;
    si dovrebbe intervenire per prevede l'estensione al settore della pesca professionale delle forme di integrazione salariale previste in favore dei lavoratori agricoli dalla legge 8 agosto 1972, n. 457, che ha istituito la CISOA (Cassa integrazione salariale degli operai agricoli). I destinatari delle integrazioni salariali agricole previste da tale legge sono, allo stato attuale, i lavoratori agricoli (operai, impiegati, quadri e apprendisti, compresi i soci delle cooperative) dipendenti da aziende agricole con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che svolgono annualmente presso la stessa azienda oltre 180 giornate di effettivo lavoro;
    la misura dovrebbe vedere coinvolti anche i lavoratori imbarcati su navi adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci-lavoratori di cooperative di pesca di piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250;
    i soggetti interessati che dovrebbero beneficiare della CISOA sarebbero circa 20 mila di cui 10.000 soci lavoratori e 10.000 lavoratori dipendenti per un numero di imprese interessate di circa 6.000, in media,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative che possano estendere la Cassa integrazione salariale degli operai agricoli anche agli operatori della pesca marittima in modo che sia garantita, in modo strutturale e non occasionale, una continuità di reddito, un sostegno occupazionale e una sostenibilità economica delle imprese operanti nel comparto della pesca marittima.
9/2305/150. (Testo modificato nel corso della seduta) Manzato, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso:
    con sentenza pubblicata in data 18 ottobre 2019, il Consiglio di Stato ha annullato le multe non riscosse per il prelievo supplementare, imputato ai produttori di latte bovino, riprendendo le motivazioni con cui la Corte di Giustizia europea, il 27 giugno 2019, ha bocciato il metodo scelto dall'Italia per la riassegnazione delle quote non ripartite;
    la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 27 giugno 2019 (C-348/18), ha ingenerato dubbi sulla determinazione del prelievo supplementare da corrispondere nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari. In particolare, la Corte di Giustizia europea ha bocciato il metodo di compensazione scelto dall'Italia nel riassegnare le quote non ripartite, in quanto contrario al dettato normativo dell'unione europea che, all'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (CEE) n. 3950/92 del Consiglio, del 28 dicembre 1992, imponeva che la ripartizione avvenisse in maniera proporzionale;
    già l'ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma (in R.G. 96592/2016) del 5 giugno 2019 aveva messo in dubbio la correttezza dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte e le modalità scelte dall'Italia per individuare i destinatari delle riassegnazioni dei quantitativi individuali di latte inutilizzati;
    in virtù della incertezza creatasi, è stata costituita una Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte», di cui al decreto del viceministro e sottosegretario di stato delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo del 13/ 06/2019, avente il compito di relazionare in merito alla documentazione istruttoria esaminata dall'Autorità Giudiziaria ed alle conclusioni cui è pervenuto il magistrato e ad ogni altro dato utile per l'accertamento, per tutti i periodi lattiero-caseari che vanno dal 1995/1996 al 2014/2015, della correttezza delle procedure seguite, dei criteri di calcolo adottati, della correttezza, sotto il profilo amministrativo, della condotta tenuta dai dipendenti pubblici o titolari di incarico coinvolti, anche ai fini della individuazione di responsabilità diverse da quella penale, come sollecitato dal medesimo G.I.P., nell'interesse della tutela dell'erario e dei principi di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione;
    l'esigenza di affrontare il mutato quadro giudiziario, scaturito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 27 giugno 2019 (C-348/18) e del 24 gennaio 2018 (C-433/2015), in merito alla riscossione degli importi dovuti relativi al prelievo supplementare del latte, aveva spinto il primo Governo Conte ad emanare un apposito decreto-legge che, approvato nella riunione del Consiglio dei ministri del 6 agosto 2019, non ha poi proseguito l’iter di pubblicazione per volontà dell'attuale maggioranza di Governo;
    tenuto conto che dalle diverse rielaborazioni potrebbero emergere considerazioni che potrebbero annullare le sanzioni applicate;
    con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si è proceduto a costituire una Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte» al fine di evitare di procedere ad attività di recupero in presenza di nuove circostanze che potrebbero condurre ad una rivisitazione della correttezza delle procedure seguite e dei criteri di calcolo adottati, fino ad incidere sull'effettivo ammontare delle somme dovute,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie per la revisione dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte, al fine di giungere ad una nuova determinazione della riassegnazione delle quote non ripartite, conformemente alla pronuncia del Consiglio di Stato del 18 ottobre 2019 e, conseguentemente, a considerare la possibilità di prevedere modalità per il risarcimento dei produttori danneggiati dall'errata applicazione del metodo di calcolo, nonché norme idonee a chiarire la situazione di incertezza venutasi a creare con il contenzioso nazionale ed unionale;
   a verificare che non sussistano impedimenti di alcun genere che ostacolino l'avvio dei lavori della Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte».
9/2305/151Loss, Viviani, Lolini, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso:
    con sentenza pubblicata in data 18 ottobre 2019, il Consiglio di Stato ha annullato le multe non riscosse per il prelievo supplementare, imputato ai produttori di latte bovino, riprendendo le motivazioni con cui la Corte di Giustizia europea, il 27 giugno 2019, ha bocciato il metodo scelto dall'Italia per la riassegnazione delle quote non ripartite;
    la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 27 giugno 2019 (C-348/18), ha ingenerato dubbi sulla determinazione del prelievo supplementare da corrispondere nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari. In particolare, la Corte di Giustizia europea ha bocciato il metodo di compensazione scelto dall'Italia nel riassegnare le quote non ripartite, in quanto contrario al dettato normativo dell'unione europea che, all'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (CEE) n. 3950/92 del Consiglio, del 28 dicembre 1992, imponeva che la ripartizione avvenisse in maniera proporzionale;
    già l'ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma (in R.G. 96592/2016) del 5 giugno 2019 aveva messo in dubbio la correttezza dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte e le modalità scelte dall'Italia per individuare i destinatari delle riassegnazioni dei quantitativi individuali di latte inutilizzati;
    in virtù della incertezza creatasi, è stata costituita una Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte», di cui al decreto del viceministro e sottosegretario di stato delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo del 13/ 06/2019, avente il compito di relazionare in merito alla documentazione istruttoria esaminata dall'Autorità Giudiziaria ed alle conclusioni cui è pervenuto il magistrato e ad ogni altro dato utile per l'accertamento, per tutti i periodi lattiero-caseari che vanno dal 1995/1996 al 2014/2015, della correttezza delle procedure seguite, dei criteri di calcolo adottati, della correttezza, sotto il profilo amministrativo, della condotta tenuta dai dipendenti pubblici o titolari di incarico coinvolti, anche ai fini della individuazione di responsabilità diverse da quella penale, come sollecitato dal medesimo G.I.P., nell'interesse della tutela dell'erario e dei principi di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione;
    l'esigenza di affrontare il mutato quadro giudiziario, scaturito dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 27 giugno 2019 (C-348/18) e del 24 gennaio 2018 (C-433/2015), in merito alla riscossione degli importi dovuti relativi al prelievo supplementare del latte, aveva spinto il primo Governo Conte ad emanare un apposito decreto-legge che, approvato nella riunione del Consiglio dei ministri del 6 agosto 2019, non ha poi proseguito l’iter di pubblicazione per volontà dell'attuale maggioranza di Governo;
    tenuto conto che dalle diverse rielaborazioni potrebbero emergere considerazioni che potrebbero annullare le sanzioni applicate;
    con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si è proceduto a costituire una Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte» al fine di evitare di procedere ad attività di recupero in presenza di nuove circostanze che potrebbero condurre ad una rivisitazione della correttezza delle procedure seguite e dei criteri di calcolo adottati, fino ad incidere sull'effettivo ammontare delle somme dovute,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative necessarie per la revisione dei criteri, dei metodi e dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare latte, al fine di giungere ad una nuova determinazione della riassegnazione delle quote non ripartite, conformemente alla pronuncia del Consiglio di Stato del 18 ottobre 2019 e, conseguentemente, a valutare l'opportunità di prevedere modalità per il risarcimento dei produttori danneggiati dall'errata applicazione del metodo di calcolo, nonché norme idonee a chiarire la situazione di incertezza venutasi a creare con il contenzioso nazionale ed unionale;
   a valutare l'opportunità di verificare che non sussistano impedimenti di alcun genere che ostacolino l'avvio dei lavori della Commissione ministeriale di verifica sulla questione «quote latte».
9/2305/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Loss, Viviani, Lolini, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame prevede purtroppo, per il settore della pesca, la riduzione dello sgravio contributivo per le imprese armatrici della pesca con riferimento al personale componente gli equipaggi, con una diminuzione di circa 0,4 milioni di euro annui; mentre si accoglie favorevolmente la riproposizione delle disposizioni, previste già nella legge di Bilancio 2019, relative al finanziamento anche per il 2020 dell'arresto di pesca obbligatorio e del c.d. fermo di pesca non obbligatorio, con le medesime dotazioni finanziarie;
    il tonno rosso (Thunnus thynnus), a livello mondiale, è tra le specie ittiche più importanti per volumi commercializzati; la sua pesca è ormai sviluppata su scala industriale: in particolare, nel Mediterraneo;
    la pesca del Tonno Rosso costituisce una preziosa fonte di reddito per la pesca italiana. Il tonno rosso, infatti, ha un valore commerciale elevatissimo e anche pochi esemplari catturati rappresentano per i pescatori una possibilità di reddito e occupazione spesso di vitale importanza;
    la questione delle quote del tonno rosso è un argomento molto complesso proprio perché l'applicazione nel nostro Paese deriva da regolamenti sovranazionali che impongono determinate quote all'interno delle quali bisogna operare e adeguarsi;
    nel nostro Paese sussiste un problema di equa distribuzione delle quote tra i soggetti già autorizzati oltre ad un'apertura, minima e controllata, a quelle realtà che si sono viste togliere l'accesso a tali risorse da norme che di fatto hanno escluso tanti piccoli pescatori artigianali;
    è necessario effettuare quanto prima una diversa ripartizione percentuale, rispetto a quella attuale, dell'incremento del Totale ammissibile di cattura (TAC) di tonno rosso;
    è necessario andare incontro anche alle esigenze delle categorie che comprendono, numericamente, il maggior numero di beneficiari tra i quali rientrano i numerosi pescatori che esercitano la «piccola pesca»;
    una diversa ripartizione della quota aggiuntiva non determina uno scompenso nella ripartizione del contingente nazionale, ma consente di bilanciare in modo più equo e sostenibile i sistemi di pesca;
    le comunità marinare e i pescatori tutti, vanno protetti con ogni mezzo pur di assicurare l'esperienza, tradizione e lavoro;
    sarebbe, inoltre, opportuno creare una filiera italiana del tonno rosso, una filiera Made in Italy, con l'obiettivo di far rimanere in Italia gran parte di questo valore aggiunto, attraverso investimenti importanti e maggiore occupazione giovanile, visto che l'80 per cento del tonno rosso pescato viene portato all'estero, lavorato in Spagna o allevato a Malta per poi finire nei mercati giapponesi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per una revisione della ripartizione, fra i vari sistemi di pesca, dell'incremento del Totale ammissibile di cattura (TAC) di tonno rosso, assegnato all'Italia e a prevedere, al fine di garantire ai pescatori una fonte di reddito aggiuntiva, un aumento della quota indivisa al fine di dare la possibilità agli operatori della pesca, che attualmente ne sono privi, di poter accedere a questa fondamentale risorsa economica stabilendo pertanto dei metodi distributivi per aree geografiche e temporali in quanto più idonei a garantire, durante la stagione di pesca, la fruibilità e l'uniformità per tutti i compartimenti marittimi.
9/2305/152Viviani, Manzato, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame prevede purtroppo, per il settore della pesca, la riduzione dello sgravio contributivo per le imprese armatrici della pesca con riferimento al personale componente gli equipaggi, con una diminuzione di circa 0,4 milioni di euro annui; mentre si accoglie favorevolmente la riproposizione delle disposizioni, previste già nella legge di Bilancio 2019, relative al finanziamento anche per il 2020 dell'arresto di pesca obbligatorio e del c.d. fermo di pesca non obbligatorio, con le medesime dotazioni finanziarie;
    il tonno rosso (Thunnus thynnus), a livello mondiale, è tra le specie ittiche più importanti per volumi commercializzati; la sua pesca è ormai sviluppata su scala industriale: in particolare, nel Mediterraneo;
    la pesca del Tonno Rosso costituisce una preziosa fonte di reddito per la pesca italiana. Il tonno rosso, infatti, ha un valore commerciale elevatissimo e anche pochi esemplari catturati rappresentano per i pescatori una possibilità di reddito e occupazione spesso di vitale importanza;
    la questione delle quote del tonno rosso è un argomento molto complesso proprio perché l'applicazione nel nostro Paese deriva da regolamenti sovranazionali che impongono determinate quote all'interno delle quali bisogna operare e adeguarsi;
    nel nostro Paese sussiste un problema di equa distribuzione delle quote tra i soggetti già autorizzati oltre ad un'apertura, minima e controllata, a quelle realtà che si sono viste togliere l'accesso a tali risorse da norme che di fatto hanno escluso tanti piccoli pescatori artigianali;
    è necessario effettuare quanto prima una diversa ripartizione percentuale, rispetto a quella attuale, dell'incremento del Totale ammissibile di cattura (TAC) di tonno rosso;
    è necessario andare incontro anche alle esigenze delle categorie che comprendono, numericamente, il maggior numero di beneficiari tra i quali rientrano i numerosi pescatori che esercitano la «piccola pesca»;
    una diversa ripartizione della quota aggiuntiva non determina uno scompenso nella ripartizione del contingente nazionale, ma consente di bilanciare in modo più equo e sostenibile i sistemi di pesca;
    le comunità marinare e i pescatori tutti, vanno protetti con ogni mezzo pur di assicurare l'esperienza, tradizione e lavoro;
    sarebbe, inoltre, opportuno creare una filiera italiana del tonno rosso, una filiera Made in Italy, con l'obiettivo di far rimanere in Italia gran parte di questo valore aggiunto, attraverso investimenti importanti e maggiore occupazione giovanile, visto che l'80 per cento del tonno rosso pescato viene portato all'estero, lavorato in Spagna o allevato a Malta per poi finire nei mercati giapponesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative per una revisione della ripartizione, fra i vari sistemi di pesca, dell'incremento del Totale ammissibile di cattura (TAC) di tonno rosso, assegnato all'Italia e a prevedere, al fine di garantire ai pescatori una fonte di reddito aggiuntiva, un aumento della quota indivisa al fine di dare la possibilità agli operatori della pesca, che attualmente ne sono privi, di poter accedere a questa fondamentale risorsa economica stabilendo pertanto dei metodi distributivi per aree geografiche e temporali in quanto più idonei a garantire, durante la stagione di pesca, la fruibilità e l'uniformità per tutti i compartimenti marittimi.
9/2305/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Viviani, Manzato, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio fondiario della montagna italiana è caratterizzato da un'elevata frammentazione della proprietà, conseguenza di una gestione della terra impostata sulla suddivisione tra eredi; l'elevato numero di componenti delle famiglie e la consuetudine di distribuire in modo equo gli appezzamenti hanno determinato un'elevata parcellizzazione dei terreni;
    la presenza su una stessa particella di un numero elevato di proprietari scoraggia la ricomposizione degli assi ereditari e anche lo stesso acquisto della terra per consolidare le aziende, poiché le spese notarili, le imposte e le tasse spesso sono superiori al valore del bene da acquisire;
    la frammentazione fondiaria porta ad avere delle zone rurali abbandonate perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio;
    questa situazione complessa crea difficoltà alle aziende già attive e ostacola la creazione di nuove realtà imprenditoriali e, in più casi, la conseguenza è l'abbandono di questi terreni, con gravi ricadute anche dal punto di vista delle attività di cura della montagna e di difesa idrogeologica;
    la presenza, quindi, di terreni inutilizzati e non mantenuti a causa della impossibilità di individuare il legittimo proprietario o il titolare dei diritti reali, costituisce un limite all'esigenza di garantire il controllo, la sicurezza, la salubrità, la manutenzione e il decoro del territorio nonché la tutela del paesaggio, per questo motivo sarebbe opportuno che i comuni effettuino una ricognizione dei terreni ubicati sul loro territorio, atta a individuare per ciascuna particella catastale il proprietario e gli titolari di diritti reali,

impegna il Governo

allo scopo di garantire il controllo, la salubrità, la sicurezza e la manutenzione dei territori montani, ad adottare iniziative volte a favorire la ricomposizione dei fondi agricoli di montagna e di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, prevedendo una riduzione fino all'esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze nei casi di ricomposizione dei fondi agricoli e nel caso di riordino delle proprietà frammentate nei comuni classificati montani.
9/2305/153Gastaldi, Bubisutti, Viviani, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio fondiario della montagna italiana è caratterizzato da un'elevata frammentazione della proprietà, conseguenza di una gestione della terra impostata sulla suddivisione tra eredi; l'elevato numero di componenti delle famiglie e la consuetudine di distribuire in modo equo gli appezzamenti hanno determinato un'elevata parcellizzazione dei terreni;
    la presenza su una stessa particella di un numero elevato di proprietari scoraggia la ricomposizione degli assi ereditari e anche lo stesso acquisto della terra per consolidare le aziende, poiché le spese notarili, le imposte e le tasse spesso sono superiori al valore del bene da acquisire;
    la frammentazione fondiaria porta ad avere delle zone rurali abbandonate perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio;
    questa situazione complessa crea difficoltà alle aziende già attive e ostacola la creazione di nuove realtà imprenditoriali e, in più casi, la conseguenza è l'abbandono di questi terreni, con gravi ricadute anche dal punto di vista delle attività di cura della montagna e di difesa idrogeologica;
    la presenza, quindi, di terreni inutilizzati e non mantenuti a causa della impossibilità di individuare il legittimo proprietario o il titolare dei diritti reali, costituisce un limite all'esigenza di garantire il controllo, la sicurezza, la salubrità, la manutenzione e il decoro del territorio nonché la tutela del paesaggio, per questo motivo sarebbe opportuno che i comuni effettuino una ricognizione dei terreni ubicati sul loro territorio, atta a individuare per ciascuna particella catastale il proprietario e gli titolari di diritti reali,

impegna il Governo

allo scopo di garantire il controllo, la salubrità, la sicurezza e la manutenzione dei territori montani, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a favorire la ricomposizione dei fondi agricoli di montagna e di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, prevedendo una riduzione fino all'esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze nei casi di ricomposizione dei fondi agricoli e nel caso di riordino delle proprietà frammentate nei comuni classificati montani.
9/2305/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Gastaldi, Bubisutti, Viviani, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica presenti sul nostro territorio oltre ad essere un rischio per la sicurezza delle persone, nei centri abitati e nelle campagne, comporta gravi danni alle colture agricole in termini di campi e raccolti distrutti. Una loro naturale presenza e un controllato numero non ha mai creato problematiche particolari, mentre il loro aumento esponenziale, non efficacemente gestito e controllato, sta anche compromettendo, in vaste aree, l'equilibrio di coesistenza tra attività umane e specie animali;
    la gestione della fauna selvatica è una problematica che richiede l'individuazione di soluzioni condivise e di opzioni efficaci, ma non solo in relazione ai danni prodotti ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo, ma anche a tutela della sicurezza delle persone nei centri abitati e lungo le vie di comunicazione;
    in particolare, un problema, che interessa soprattutto nel Centro-Nord del Paese, è quello legato alle nutrie. La presenza della nutria rappresenta una minaccia per l'incolumità pubblica, in particolare con riferimento al rischio idraulico, all'impatto sulle colture, sulle altre specie animali, oltre al problema sanitario (potenziale vettore di leptospirosi e altre gravi patologie);
    è necessario assicurare la realizzazione di interventi diretti a tutelare le produzioni zoo-agro-forestali, la rete irrigua, il suolo e la salute pubblica nonché per fronteggiare le emergenze derivanti dai danni provocati dalla nutria all'economia agricola, alle arginature dei corpi idrici e agli ecosistemi umidi naturali oltre che al possibile rischio di contaminazione di prodotti alimentari agricoli;
    da anni le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica, hanno portato ripercussioni che vanno ad incidere anche sui bilanci economici delle aziende agricole, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni, che vedono compromesso gran parte del reddito ed interessano produzioni di grande qualità ed eccellenza;
    i danni all'agricoltura, in termini di raccolti distrutti, bestiame ucciso, cedimenti delle infrastrutture irrigue, perdita di biodiversità dovute alle specie alloctone e soprattutto rischi sanitari, sia per l'uomo che per la zootecnia, sono valutati in oltre 100 milioni di euro di danni all'anno, stime molto prudenziali. Questo a dimostrazione di quanto una massiccia presenza di questi animali sia un danno e un rischio per l'incolumità dei cittadini e la redditività degli agricoltori,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per introdurre misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie, in conformità con la normativa europea, al fine di riparare i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole, prevedendo anche l'istituzione di un fondo nazionale che vada a coadiuvare i fondi regionali per riuscire a riparare i danni da fauna selvatica nonché per il contenimento ed eradicazione della nutria.
9/2305/154Golinelli, Liuni, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Lolini, Loss, Manzato, Patassini, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica presenti sul nostro territorio oltre ad essere un rischio per la sicurezza delle persone, nei centri abitati e nelle campagne, comporta gravi danni alle colture agricole in termini di campi e raccolti distrutti. Una loro naturale presenza e un controllato numero non ha mai creato problematiche particolari, mentre il loro aumento esponenziale, non efficacemente gestito e controllato, sta anche compromettendo, in vaste aree, l'equilibrio di coesistenza tra attività umane e specie animali;
    la gestione della fauna selvatica è una problematica che richiede l'individuazione di soluzioni condivise e di opzioni efficaci, ma non solo in relazione ai danni prodotti ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo, ma anche a tutela della sicurezza delle persone nei centri abitati e lungo le vie di comunicazione;
    in particolare, un problema, che interessa soprattutto nel Centro-Nord del Paese, è quello legato alle nutrie. La presenza della nutria rappresenta una minaccia per l'incolumità pubblica, in particolare con riferimento al rischio idraulico, all'impatto sulle colture, sulle altre specie animali, oltre al problema sanitario (potenziale vettore di leptospirosi e altre gravi patologie);
    è necessario assicurare la realizzazione di interventi diretti a tutelare le produzioni zoo-agro-forestali, la rete irrigua, il suolo e la salute pubblica nonché per fronteggiare le emergenze derivanti dai danni provocati dalla nutria all'economia agricola, alle arginature dei corpi idrici e agli ecosistemi umidi naturali oltre che al possibile rischio di contaminazione di prodotti alimentari agricoli;
    da anni le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica, hanno portato ripercussioni che vanno ad incidere anche sui bilanci economici delle aziende agricole, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni, che vedono compromesso gran parte del reddito ed interessano produzioni di grande qualità ed eccellenza;
    i danni all'agricoltura, in termini di raccolti distrutti, bestiame ucciso, cedimenti delle infrastrutture irrigue, perdita di biodiversità dovute alle specie alloctone e soprattutto rischi sanitari, sia per l'uomo che per la zootecnia, sono valutati in oltre 100 milioni di euro di danni all'anno, stime molto prudenziali. Questo a dimostrazione di quanto una massiccia presenza di questi animali sia un danno e un rischio per l'incolumità dei cittadini e la redditività degli agricoltori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie, in conformità con la normativa europea, al fine di riparare i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole, prevedendo anche l'istituzione di un fondo nazionale che vada a coadiuvare i fondi regionali per riuscire a riparare i danni da fauna selvatica nonché per il contenimento ed eradicazione della nutria.
9/2305/154. (Testo modificato nel corso della seduta) Golinelli, Liuni, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Lolini, Loss, Manzato, Patassini, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    valutati, tra gli interventi recati dalla manovra economica, quelli di cui ai commi 479-481 del provvedimento in esame, introdotti nel corso dell'esame in Senato, che dispongono lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 (35 milioni per consentirne la presentazione delle domande anche tramite i CAF e 5 milioni per finanziare le attività relative al Rdc da parte degli istituti di Patronato);
    preso atto che il 21/10/19 è stato approvato un decreto interministeriale, a firma dei ministri del lavoro e degli affari esteri, finalizzato a modificare il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni»;
    ricordato che, in particolare, l'articolo 2, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 4 del 2019, che ai fini dell'accoglimento della richiesta del Reddito di cittadinanza e con specifico riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali, nonché per comprovare la composizione del nucleo familiare, in deroga all'articolo 3 del Regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, prevede che i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea devono produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana, in conformità a quanto disposto dall'articolo 3 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e dall'articolo 2 del Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
    ricordato, altresì, che l'articolo 2, comma 1-ter, del citato decreto-legge n. 4 del 2019, al primo periodo prevede che le disposizioni di cui al comma 1-bis non si applicano: a) nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al comma 1-bis; mentre al secondo periodo, stabilisce che a tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 4 del 2019, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, è definito l'elenco dei Paesi nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini ISEE, di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    constatato che lo scorso 3 dicembre l'Inps ha reso noto di aver recepito il decreto interministeriale del 21/10/19 in cui è allegato un elenco di Paesi i cui cittadini, ai fini dell'accoglimento della richiesta del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, sono tenuti a produrre l'apposita certificazione di cui all'articolo 2, comma 1-bis, del decreto legga 4/2019, limitatamente all'attestazione del valore del patrimonio immobiliare posseduto all'estero dichiarato ai fini Isee;
    evidenziato che l'elenco include i seguenti stati: Bhutan, Corea del Sud, Fiji, Giappone, Hong Kong, Islanda, Kosovo, Kirghizistan, Kuwait, Malaysia, Nuova Zelanda, Qatar, Ruanda, San Marino, Santa Lucia, Singapore, Svizzera, Taiwan, Tonga; i cittadini di tutti gli altri Stati extra UE sono esenti dalla presentazione della documentazione prevista;
    appurato, dunque, che la normativa sui Reddito di cittadinanza – che prevedeva di stilare un elenco di Paesi in cui «non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini ISEE» – è stata completamente stravolta visto che sono stati inclusi tutti gli stati extracomunitari salvo i 19, tra cui alcuni microstati, inseriti nell'elenco allegato al decreto interministeriale del 21/10/19;
    ritenuto inoltre che con questa disposizione si è creata una profonda disparità non solo tra i richiedenti comunitari e quelli di ben 149 Paesi extracomunitari, ma anche tra gli stessi immigrati extra UE, visto che quelli con cittadinanza dei 19 Stati elencati devono presentare la documentazione prevista come per gli italiani, mentre tutti gli altri ne sono esenti,

impegna il Governo

a rivedere l'elenco degli Stati i cui cittadini sono esenti dalla presentazione della documentazione prevista per la concessione del reddito e della pensione di cittadinanza al fine di non creare una palese disparità di trattamento verso i cittadini italiani e comunitari, oltre che nei confronti dei cittadini dei 19 Stati inclusi nell'allegato elenco.
9/2305/155Belotti, Durigon, Murelli, Locatelli, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    valutati, tra gli interventi recati dalla manovra economica, quelli di cui ai commi 479-481 del provvedimento in esame, introdotti nel corso dell'esame in Senato, che dispongono lo stanziamento di un importo complessivo pari a 40 milioni di euro dal 2020 (35 milioni per consentirne la presentazione delle domande anche tramite i CAF e 5 milioni per finanziare le attività relative al Rdc da parte degli istituti di Patronato);
    preso atto che il 21/10/19 è stato approvato un decreto interministeriale, a firma dei ministri del lavoro e degli affari esteri, finalizzato a modificare il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, recante «Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni»;
    ricordato che, in particolare, l'articolo 2, comma 1-bis, del citato decreto-legge n. 4 del 2019, che ai fini dell'accoglimento della richiesta del Reddito di cittadinanza e con specifico riferimento ai requisiti reddituali e patrimoniali, nonché per comprovare la composizione del nucleo familiare, in deroga all'articolo 3 del Regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, prevede che i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea devono produrre apposita certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana, in conformità a quanto disposto dall'articolo 3 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e dall'articolo 2 del Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
    ricordato, altresì, che l'articolo 2, comma 1-ter, del citato decreto-legge n. 4 del 2019, al primo periodo prevede che le disposizioni di cui al comma 1-bis non si applicano: a) nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea aventi lo status di rifugiato politico; b) qualora convenzioni internazionali dispongano diversamente; c) nei confronti di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea nei quali è oggettivamente impossibile acquisire le certificazioni di cui al comma 1-bis; mentre al secondo periodo, stabilisce che a tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 4 del 2019, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, è definito l'elenco dei Paesi nei quali non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini ISEE, di cui al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    constatato che lo scorso 3 dicembre l'Inps ha reso noto di aver recepito il decreto interministeriale del 21/10/19 in cui è allegato un elenco di Paesi i cui cittadini, ai fini dell'accoglimento della richiesta del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, sono tenuti a produrre l'apposita certificazione di cui all'articolo 2, comma 1-bis, del decreto legga 4/2019, limitatamente all'attestazione del valore del patrimonio immobiliare posseduto all'estero dichiarato ai fini Isee;
    evidenziato che l'elenco include i seguenti stati: Bhutan, Corea del Sud, Fiji, Giappone, Hong Kong, Islanda, Kosovo, Kirghizistan, Kuwait, Malaysia, Nuova Zelanda, Qatar, Ruanda, San Marino, Santa Lucia, Singapore, Svizzera, Taiwan, Tonga; i cittadini di tutti gli altri Stati extra UE sono esenti dalla presentazione della documentazione prevista;
    appurato, dunque, che la normativa sui Reddito di cittadinanza – che prevedeva di stilare un elenco di Paesi in cui «non è possibile acquisire la documentazione necessaria per la compilazione della DSU ai fini ISEE» – è stata completamente stravolta visto che sono stati inclusi tutti gli stati extracomunitari salvo i 19, tra cui alcuni microstati, inseriti nell'elenco allegato al decreto interministeriale del 21/10/19;
    ritenuto inoltre che con questa disposizione si è creata una profonda disparità non solo tra i richiedenti comunitari e quelli di ben 149 Paesi extracomunitari, ma anche tra gli stessi immigrati extra UE, visto che quelli con cittadinanza dei 19 Stati elencati devono presentare la documentazione prevista come per gli italiani, mentre tutti gli altri ne sono esenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere l'elenco degli Stati i cui cittadini sono esenti dalla presentazione della documentazione prevista per la concessione del reddito e della pensione di cittadinanza al fine di non creare una palese disparità di trattamento verso i cittadini italiani e comunitari, oltre che nei confronti dei cittadini dei 19 Stati inclusi nell'allegato elenco.
9/2305/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Belotti, Durigon, Murelli, Locatelli, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata, nello specifico, positivamente la disposizione di cui al comma 476 dell'articolo 1, in materia di proroga della facoltà per accedere alla pensione c.d. «opzione donna»;
    ricordato che, in materia pensionistica, sussiste tuttora la discriminazione operata dall'Inps sul part-time ai fini pensionistici, a seconda che sia a carattere orizzontale ovvero verticale;
    rilevato, infatti, che l'Inps opera un distinguo tra le varie tipologie di part-time, ritenendo che nel part-time di tipo orizzontale il dipendente, sia pure in modo parziale, presta attività lavorativa tutti i giorni, mentre nel part-time di tipo verticale l'assenza dal servizio investe l'intera giornata lavorativa, con la conseguenza che per l'Istituto mentre i periodi di part-time orizzontale costituiscono «prestazione effettiva di lavoro», i periodi di part-time verticale, invece, poiché danno luogo ad assenze che riguardano l'intera giornata, si configurano come «mancata prestazione effettiva di lavoro» e quindi soggetti a decurtazione percentuale;
    rammentato che, al riguardo, la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 8772, ribadendo il principio di non discriminazione nei trattamenti e che la questione è stata anche oggetto di pronuncia da parte della Corte di Giustizia europea nella sentenza del 21 gennaio 2010, con la quale ha ritenuto il criterio adottato dall'Inps fonte di discriminazione;
    preso atto che, nonostante un orientamento giurisprudenziale consolidato in favore dei lavoratori in part-time ciclico, l'Inps continua ad attenersi alle disposizioni operative indicate con circolare n. 246/1986, non ammettendo deroghe o diverse interpretazioni finché non si modifica la normativa di riferimento;
    constatato che tale interpretazione finisce con il colpire soprattutto le donne lavoratrici-madri che, molto spesso, ricorrono ad una tipologia di part-time in luogo di un'altra per meglio conciliare i tempi di vita e di lavoro,

impegna il Governo

a farsi carico, nel primo provvedimento utile, di risolvere la questione esposta in premessa, al fine di superare l'interpretazione discriminatoria operata dall'Inps, riconoscere ai lavoratori ed alle lavoratrici in part-time ciclico un legittimo diritto, nonché contenere i costi per la collettività per via dell'ingigantirsi del contenzioso che conferma l'Inps soccombente.
9/2305/156Eva Lorenzoni, Murelli, Durigon, Giaccone, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Minardo, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata, nello specifico, positivamente la disposizione di cui al comma 476 dell'articolo 1, in materia di proroga della facoltà per accedere alla pensione c.d. «opzione donna»;
    ricordato che, in materia pensionistica, sussiste tuttora la discriminazione operata dall'Inps sul part-time ai fini pensionistici, a seconda che sia a carattere orizzontale ovvero verticale;
    rilevato, infatti, che l'Inps opera un distinguo tra le varie tipologie di part-time, ritenendo che nel part-time di tipo orizzontale il dipendente, sia pure in modo parziale, presta attività lavorativa tutti i giorni, mentre nel part-time di tipo verticale l'assenza dal servizio investe l'intera giornata lavorativa, con la conseguenza che per l'Istituto mentre i periodi di part-time orizzontale costituiscono «prestazione effettiva di lavoro», i periodi di part-time verticale, invece, poiché danno luogo ad assenze che riguardano l'intera giornata, si configurano come «mancata prestazione effettiva di lavoro» e quindi soggetti a decurtazione percentuale;
    rammentato che, al riguardo, la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 8772, ribadendo il principio di non discriminazione nei trattamenti e che la questione è stata anche oggetto di pronuncia da parte della Corte di Giustizia europea nella sentenza del 21 gennaio 2010, con la quale ha ritenuto il criterio adottato dall'Inps fonte di discriminazione;
    preso atto che, nonostante un orientamento giurisprudenziale consolidato in favore dei lavoratori in part-time ciclico, l'Inps continua ad attenersi alle disposizioni operative indicate con circolare n. 246/1986, non ammettendo deroghe o diverse interpretazioni finché non si modifica la normativa di riferimento;
    constatato che tale interpretazione finisce con il colpire soprattutto le donne lavoratrici-madri che, molto spesso, ricorrono ad una tipologia di part-time in luogo di un'altra per meglio conciliare i tempi di vita e di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di farsi carico, nel primo provvedimento utile, di risolvere la questione esposta in premessa, al fine di superare l'interpretazione discriminatoria operata dall'Inps, riconoscere ai lavoratori ed alle lavoratrici in part-time ciclico un legittimo diritto, nonché contenere i costi per la collettività per via dell'ingigantirsi del contenzioso che conferma l'Inps soccombente.
9/2305/156. (Testo modificato nel corso della seduta) Eva Lorenzoni, Murelli, Durigon, Giaccone, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Minardo, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema della mobilità internazionale per motivi di studio e formazione è da ritenersi centrale per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, in un'ottica di mercato del lavoro globalizzato, competitivo e sempre più in rapida evoluzione;
    secondo i dati pubblicati dall'ultimo Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes, il 13 per cento dei laureati del 2018 ha svolto esperienze di studio all'estero, il che, sebbene appaia lontano dagli obiettivi minimi fissati al 20 per cento nell'ambito della strategia Europa 2020, segna un incremento superiore a 4 punti percentuali rispetto ai rilevamenti del 2017, ben maggiore rispetto all'incremento del 2,6 per cento riscontrato in tutto il decennio precedente (dal 6,2 per cento del 2007 all'8,8 per cento del 2017);
    tale crescita si giustifica anche nelle statistiche relative all'accesso nel mondo del lavoro, giacché il tasso di occupazione dei laureati che hanno svolto un'esperienza di studio all'estero è pari al 73,9 per cento, 6 punti percentuali in più rispetto a quello osservato tra i laureati che non hanno svolto tale esperienza, così come superiore appare essere la loro retribuzione media;
    il fenomeno della mobilitazione per motivi di studio è inoltre in netta crescita anche tra gli studenti delle scuole secondarie: nel 2018 sono stati 9.981 gli studenti tra i 15 e i 17 anni ad aver partecipato ad esperienza di studio all'estero, con un incremento del 193 per cento rispetto al 2009, tra cui il 45 per cento ha optato per mete come l'Africa, l'Australia e la Nuova Zelanda, l'Asia e l'America Latina;
    calamità naturali, instabilità politiche e la minaccia, mai sopita, del terrorismo, rendono però non sempre sicure le esperienze di questi ragazzi che possono trovarsi coinvolti in situazioni e contesti che ne mettono a rischio l'incolumità personale;
    in particolare, a tal proposito, si ritiene opportuno richiamare i fatti accaduti meno di un mese fa, in Albania, dove un devastante terremoto ha provocato 50 morti e circa 2.000 feriti, oltre a ingenti danni al patrimonio edilizio;
    tale evento ha evidentemente avuto conseguenze anche per i circa mille studenti italiani che frequentano i corsi di medicina, farmacia, odontoiatria e fisioterapia dell'Università Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, costretti a rientrare in Italia per raggiungere le loro famiglie fortemente preoccupate per la loro incolumità, e per questo mettendo a rischio i loro stessi percorsi di formazione, molti dei quali prevedono l'obbligo di frequenza per le lezioni in sede;
    il provvedimento oggetto di esame dispone alcune misure tese al rafforzamento dell'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione (commi 399 e seguenti), ormai centrali anche e soprattutto nei processi formativi delle nuove generazioni, così come pare riconoscersi attraverso l'incremento dell'autorizzazione di spesa per l'innovazione digitale didattica ex articolo 1, comma 62, secondo periodo della legge 13 luglio 2015, n. 107 (comma 257), mentre il tema della mobilità internazionale degli studenti viene trattato al solo comma 270, attraverso l'incremento di 1 milione di euro, a decorrere dall'anno 2020, del fondo di cui all'articolo 1, comma 587, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, finalizzato alla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 luglio 2017, n. 388, emanato ai sensi del comma 588 della citata legge n. 232/2016, e richiamato dal comma 270 del provvedimento in esame, dispone che, a valere sul fondo in questione, per la parte di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, vi siano, tra gli altri, interventi finalizzati «alla mobilità internazionale nel settore della formazione superiore» (articolo 2, comma 3), nonché alla «realizzazione di strumenti innovativi digitali di supporto alla mobilità internazionale» (articolo 3, comma 3);
    l'interpretazione in senso estensivo delle norme citate, e dunque non solamente con finalità attrattiva per il sistema formativo nazionale, potrebbe dunque aprire alla possibilità di un intervento concreto a sostegno di quanti si trovino nell'impossibilità di poter iniziare, proseguire o terminare il proprio percorso formativo presso Paesi stranieri,

impegna il Governo

ad intervenire in tal senso, attraverso gli strumenti indicati in premessa, ovvero attraverso le modalità che riterrà più opportune, al fine di consentire ai cittadini italiani residenti all'estero per motivi di studio, che siano impossibilitati a frequentare i corsi ai quali sono iscritti, a causa di disastri, calamità naturali, ovvero altre questioni che ne mettano a rischio la salute o l'incolumità personale, di poter usufruire di servizi per la formazione a distanza all'uopo realizzati.
9/2305/157Garavaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il tema della mobilità internazionale per motivi di studio e formazione è da ritenersi centrale per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, in un'ottica di mercato del lavoro globalizzato, competitivo e sempre più in rapida evoluzione;
    secondo i dati pubblicati dall'ultimo Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes, il 13 per cento dei laureati del 2018 ha svolto esperienze di studio all'estero, il che, sebbene appaia lontano dagli obiettivi minimi fissati al 20 per cento nell'ambito della strategia Europa 2020, segna un incremento superiore a 4 punti percentuali rispetto ai rilevamenti del 2017, ben maggiore rispetto all'incremento del 2,6 per cento riscontrato in tutto il decennio precedente (dal 6,2 per cento del 2007 all'8,8 per cento del 2017);
    tale crescita si giustifica anche nelle statistiche relative all'accesso nel mondo del lavoro, giacché il tasso di occupazione dei laureati che hanno svolto un'esperienza di studio all'estero è pari al 73,9 per cento, 6 punti percentuali in più rispetto a quello osservato tra i laureati che non hanno svolto tale esperienza, così come superiore appare essere la loro retribuzione media;
    il fenomeno della mobilitazione per motivi di studio è inoltre in netta crescita anche tra gli studenti delle scuole secondarie: nel 2018 sono stati 9.981 gli studenti tra i 15 e i 17 anni ad aver partecipato ad esperienza di studio all'estero, con un incremento del 193 per cento rispetto al 2009, tra cui il 45 per cento ha optato per mete come l'Africa, l'Australia e la Nuova Zelanda, l'Asia e l'America Latina;
    calamità naturali, instabilità politiche e la minaccia, mai sopita, del terrorismo, rendono però non sempre sicure le esperienze di questi ragazzi che possono trovarsi coinvolti in situazioni e contesti che ne mettono a rischio l'incolumità personale;
    in particolare, a tal proposito, si ritiene opportuno richiamare i fatti accaduti meno di un mese fa, in Albania, dove un devastante terremoto ha provocato 50 morti e circa 2.000 feriti, oltre a ingenti danni al patrimonio edilizio;
    tale evento ha evidentemente avuto conseguenze anche per i circa mille studenti italiani che frequentano i corsi di medicina, farmacia, odontoiatria e fisioterapia dell'Università Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana, costretti a rientrare in Italia per raggiungere le loro famiglie fortemente preoccupate per la loro incolumità, e per questo mettendo a rischio i loro stessi percorsi di formazione, molti dei quali prevedono l'obbligo di frequenza per le lezioni in sede;
    il provvedimento oggetto di esame dispone alcune misure tese al rafforzamento dell'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione (commi 399 e seguenti), ormai centrali anche e soprattutto nei processi formativi delle nuove generazioni, così come pare riconoscersi attraverso l'incremento dell'autorizzazione di spesa per l'innovazione digitale didattica ex articolo 1, comma 62, secondo periodo della legge 13 luglio 2015, n. 107 (comma 257), mentre il tema della mobilità internazionale degli studenti viene trattato al solo comma 270, attraverso l'incremento di 1 milione di euro, a decorrere dall'anno 2020, del fondo di cui all'articolo 1, comma 587, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, finalizzato alla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 luglio 2017, n. 388, emanato ai sensi del comma 588 della citata legge n. 232/2016, e richiamato dal comma 270 del provvedimento in esame, dispone che, a valere sul fondo in questione, per la parte di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, vi siano, tra gli altri, interventi finalizzati «alla mobilità internazionale nel settore della formazione superiore» (articolo 2, comma 3), nonché alla «realizzazione di strumenti innovativi digitali di supporto alla mobilità internazionale» (articolo 3, comma 3);
    l'interpretazione in senso estensivo delle norme citate, e dunque non solamente con finalità attrattiva per il sistema formativo nazionale, potrebbe dunque aprire alla possibilità di un intervento concreto a sostegno di quanti si trovino nell'impossibilità di poter iniziare, proseguire o terminare il proprio percorso formativo presso Paesi stranieri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire in tal senso, attraverso gli strumenti indicati in premessa, ovvero attraverso le modalità che riterrà più opportune, al fine di consentire ai cittadini italiani residenti all'estero per motivi di studio, che siano impossibilitati a frequentare i corsi ai quali sono iscritti, a causa di disastri, calamità naturali, ovvero altre questioni che ne mettano a rischio la salute o l'incolumità personale, di poter usufruire di servizi per la formazione a distanza all'uopo realizzati.
9/2305/157. (Testo modificato nel corso della seduta) Garavaglia.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni di cui ai commi 291, 292, 293 e 294 dell'articolo 1, introducono norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet;
    la volontà sottesa a tali nuove disposizioni sembra dunque essere quella di arginare il fenomeno delle c.d. bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito, l'articolo aggiuntivo prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative, anche tramite circolari interpretative, le disposizioni recate dai commi citati in premessa, includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
   ad avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolamentazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore e all'esito del suddetto tavolo, emanare apposite linee guida che definiscano le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentare in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1.
9/2305/158Durigon, Colla, Dara.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni di cui ai commi 291, 292, 293 e 294 dell'articolo 1, introducono norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet;
    la volontà sottesa a tali nuove disposizioni sembra dunque essere quella di arginare il fenomeno delle c.d. bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito, l'articolo aggiuntivo prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche tramite circolari interpretative, le disposizioni recate dai commi citati in premessa, includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
   a valutare l'opportunità di avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolamentazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore e all'esito del suddetto tavolo, emanare apposite linee guida che definiscano le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentare in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1.
9/2305/158. (Testo modificato nel corso della seduta) Durigon, Colla, Dara.


   La Camera,
   premesso che:
    la tabella 6 relativa allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, stanzia anche fondi per erogare annualmente borse di studio in favore di cittadini italiani interessati a studiare presso il Collegio d'Europa, in base alle disponibilità di bilancio;
    il Collegio d'Europa, con sede a Bruges e sede distaccata in Polonia propone Master in Studi Europei Interdisciplinari, Studi in Relazioni Internazionali e Diplomatiche dell'Unione Europea, Studi Politici e di Governance Europei, Studi Giuridici Europei e Studi Economici Europei;
    in Italia esistono importanti realtà universitarie, come ad esempio la Fondazione Collegio Europeo di Parma, nato nel 1988 sotto forma di Consorzio grazie all'Università di Parma (Dipartimento di Giurisprudenza): si tratta di un istituto post-universitario specializzato in studi europei e avente l'obiettivo di preparare giovani laureati provenienti da tutto il mondo nel campo del diritto, dell'economia e delle politiche dell'Unione europea;
    oltre al percorso formativo post-laurea, finalizzato al conseguimento del Diploma e Master universitario in Alti Studi Europei, la Fondazione ha anche promosso corsi di formazione specialistica in diritto, economia e politiche europee a favore di enti locali e dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), sempre avente sede a Parma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoprarsi per creare, nel corso dell'esercizio finanziario 2020, i presupposti per l'erogazione di borse di studio, fruibili anche presso quegli Istituti e Collegi di fama internazionale e di riconosciuto valore, aventi sede sul territorio nazionale, come il Collegio Europeo di Parma.
9/2305/159Vinci, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge 28 marzo 2019 n. 26, il legislatore ha previsto la possibilità, per i soggetti che accedono al pensionamento con i requisiti di cui all'articolo 14 del medesimo decreto o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato, di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, entro un determinato importo massimo (pari a 45.000 euro);
    il medesimo articolo, al comma 7, prevedeva che le modalità di attuazione delle disposizioni in esso contenute, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e della garanzia di ultima istanza dello Stato fossero disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per la pubblica amministrazione;
    la misura sarebbe dovuta entrare in vigore con i pensionamenti cosiddetti «Quota 100», in modo da consentire ai neo pensionati dal 1o settembre 2019 di riscuotere subito una parte del Trattamento di fine servizio, ma attualmente non risultano ancora emanati i decreti attuativi senza i quali l'Associazione bancaria italiana e Ministero del lavoro e delle politiche sociali non possono stipulare l'accordo previsto dal decreto-legge n. 4 del 2019 e rendere noto l'elenco delle banche convenzionate;
    in proposito si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza 159 del 2019, ha stabilito che le indennità di fine rapporto comunque denominate assumono il carattere di retribuzione differita e come tali devono assicurare le finalità previste dall'articolo 36 della Costituzione. Il Tfr e le altre indennità di fine servizio, evidenzia la Corte, «si prefiggono di accompagnare il lavoratore nella delicata fase dell'uscita della vita lavorativa attiva» e sono corrisposte al momento della cessazione del servizio allo scopo di agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione,

impegna il Governo

ad accelerare l'adozione del decreto attuativo delle disposizioni concernenti la possibilità di anticipo del trattamento di fine servizio previsto dal comma 7 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge 28 marzo 2019 n. 26.
9/2305/160Moschioni, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge 28 marzo 2019 n. 26, il legislatore ha previsto la possibilità, per i soggetti che accedono al pensionamento con i requisiti di cui all'articolo 14 del medesimo decreto o che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipato, di richiedere una somma pari all'indennità di fine servizio maturata, mediante finanziamento bancario agevolato, entro un determinato importo massimo (pari a 45.000 euro);
    il medesimo articolo, al comma 7, prevedeva che le modalità di attuazione delle disposizioni in esso contenute, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e della garanzia di ultima istanza dello Stato fossero disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per la pubblica amministrazione;
    la misura sarebbe dovuta entrare in vigore con i pensionamenti cosiddetti «Quota 100», in modo da consentire ai neo pensionati dal 1o settembre 2019 di riscuotere subito una parte del Trattamento di fine servizio, ma attualmente non risultano ancora emanati i decreti attuativi senza i quali l'Associazione bancaria italiana e Ministero del lavoro e delle politiche sociali non possono stipulare l'accordo previsto dal decreto-legge n. 4 del 2019 e rendere noto l'elenco delle banche convenzionate;
    in proposito si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza 159 del 2019, ha stabilito che le indennità di fine rapporto comunque denominate assumono il carattere di retribuzione differita e come tali devono assicurare le finalità previste dall'articolo 36 della Costituzione. Il Tfr e le altre indennità di fine servizio, evidenzia la Corte, «si prefiggono di accompagnare il lavoratore nella delicata fase dell'uscita della vita lavorativa attiva» e sono corrisposte al momento della cessazione del servizio allo scopo di agevolare il superamento delle difficoltà economiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la retribuzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accelerare l'adozione del decreto attuativo delle disposizioni concernenti la possibilità di anticipo del trattamento di fine servizio previsto dal comma 7 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge 28 marzo 2019 n. 26.
9/2305/160. (Testo modificato nel corso della seduta) Moschioni, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 307, inserito al Senato, autorizza una spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 per la promozione della lingua e cultura italiana all'estero con particolare riferimento al sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all'estero;
    durante il 2019 si sono verificati episodi di gestione di tali corsi non propriamente lineari e in alcuni casi tali corsi hanno subito repentine interruzioni,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative di propria competenza affinché si garantisca un'attenta vigilanza sulle modalità di gestione dei corsi di cui in premessa, nonché per verificare in modo approfondito i requisiti degli enti gestori prima di affidare a tali istituti i corsi stessi, tenuto conto dei contributi stanziati.
9/2305/161Bazzaro, Billi, Maggioni, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 307, inserito al Senato, autorizza una spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022 per la promozione della lingua e cultura italiana all'estero con particolare riferimento al sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all'estero;
    durante il 2019 si sono verificati episodi di gestione di tali corsi non propriamente lineari e in alcuni casi tali corsi hanno subito repentine interruzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative di propria competenza affinché si garantisca un'attenta vigilanza sulle modalità di gestione dei corsi di cui in premessa, nonché per verificare in modo approfondito i requisiti degli enti gestori prima di affidare a tali istituti i corsi stessi, tenuto conto dei contributi stanziati.
9/2305/161. (Testo modificato nel corso della seduta) Bazzaro, Billi, Maggioni, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 396 – introdotto dal Senato – autorizza l'erogazione di un contributo straordinario di 200.000 euro per il 2020 e di 100.000 euro per il 2021 all'Istituto Affari Internazionali (IAI) finalizzato alla digitalizzazione dei fondi archivistici in possesso dell'Istituto;
    l'Istituto Affari Internazionali (IAI) è stato fondato nel 1965 dalla Fondazione Olivetti, dall'Associazione di cultura e politica «Il Mulino» e dal Centro studi «Nord e Sud» su iniziativa di Altiero Spinelli, suo primo direttore;
    la biblioteca dello IAI conta più di 27.000 volumi, ivi comprese le annate dei 589 periodici cessati e dei 95 periodici in corso;
    si ritiene opportuno che un contributo di denaro pubblico di tale portata debba essere utile alla conoscenza pubblica di tale patrimonio bibliografico,

impegna il Governo

a farsi interprete, presso l'Istituto Affari Internazionali, della necessità di rendere accessibile e fruibile tale patrimonio archivistico, una volta digitalizzato, anche da parte del pubblico al fine di costituire una piattaforma alla quale sia possibile accedere liberamente.
9/2305/162Coin, Maggioni, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 396 – introdotto dal Senato – autorizza l'erogazione di un contributo straordinario di 200.000 euro per il 2020 e di 100.000 euro per il 2021 all'Istituto Affari Internazionali (IAI) finalizzato alla digitalizzazione dei fondi archivistici in possesso dell'Istituto;
    l'Istituto Affari Internazionali (IAI) è stato fondato nel 1965 dalla Fondazione Olivetti, dall'Associazione di cultura e politica «Il Mulino» e dal Centro studi «Nord e Sud» su iniziativa di Altiero Spinelli, suo primo direttore;
    la biblioteca dello IAI conta più di 27.000 volumi, ivi comprese le annate dei 589 periodici cessati e dei 95 periodici in corso;
    si ritiene opportuno che un contributo di denaro pubblico di tale portata debba essere utile alla conoscenza pubblica di tale patrimonio bibliografico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di farsi interprete, presso l'Istituto Affari Internazionali, della necessità di rendere accessibile e fruibile tale patrimonio archivistico, una volta digitalizzato, anche da parte del pubblico al fine di costituire una piattaforma alla quale sia possibile accedere liberamente.
9/2305/162. (Testo modificato nel corso della seduta) Coin, Maggioni, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    a valere sull'analogo fondo della legge n. 145 del 2018, recante legge di bilancio per il 2019, il comma 891, introdotto con emendamento Lega, ha istituito il Fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;
    la Conferenza unificata del 18 dicembre 2019 ha accordato l'intesa sul relativo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    dagli allegati a tale intesa si apprende l'assegnazione alle province di Parma e Cremona di 1,5 milioni di euro per il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte sul Po tra Colorno e Casalmaggiore;
    tale ponte rappresenta un collegamento strategico tra la Lombardia e l'Emilia-Romagna in quanto quello attuale costruito negli anni 50 ha ormai esaurito la sua funzione e, infatti, mediamente ogni 7 anni richiesto importanti lavori di manutenzione straordinaria, con interruzioni del traffico tra le due regioni;
    per il ponte di Casalmaggiore sono in corso lavori per un sistema di monitoraggio, indispensabile per tenere sotto controllo le condizioni di sicurezza dell'infrastruttura che riaperta il 5 giugno 2019 dopo ben 637 giorni di chiusura avrà – a detta dei tecnici – circa dieci anni di vita. I passaggi continui sopra il ponte di mezzi pesanti a velocità non supportata dalle condizioni del ponte abbassano la vita media della struttura;
    secondo notizie di stampa (La Provincia Pavese del 24 settembre 2019) il nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore sul Po risultava essere il quinto in priorità da finanziare interamente dal precedente Governo per un importo stimato in euro 64.310.780,37;
    il 9 ottobre 2019, in risposta all'interrogazione n. 5-02856, a risposta immediata in Commissione VIII, il rappresentante del nuovo Governo aveva già riferito in Commissione in merito all'intensione del nuovo Ministro di finanziare con il fondo del citato comma 891, esclusivamente il progetto di fattibilità tecnica ed economica, demandando ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, le attività di progettazione e realizzazione del nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore;
    tale strategia coincide con l'esito della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019, sopra esposto, che non stanzia più l'intero importo per la realizzazione del ponte tra Colorno e Casalmaggiore ma si limita al finanziamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica per un importo limitato a soli 1,5 milioni di euro;
    la analoga risposta, dell'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alla question time della Lega presentata in Assemblea, n. 3-01171 del 4 dicembre 2019, sembrerebbe giustificare il finanziamento da parte dell'ANAS delle successive fasi di progettazione dei due Ponti di Casalmaggiore e della Becca «con l'imminente passaggio della gestione di questi ponti ad ANAS»;
    giova ricordare che anche ai sensi del comma 891, introdotto con emendamento Lega nella scorsa legge di bilancio, l'ANAS può essere soggetto attuatore degli interventi sui ponti del bacino del Po, insieme con le città metropolitane e le province, secondo la ripartizione delle risorse e le disposizioni del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico cui demanda la stessa norma;
    attualmente, sulla base dei programmi governativi, la realizzazione del Nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore è collegata al prossimo passaggio all'ANAS della strada provinciale 343 Asolana, il cui Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto (Atto n. 92) è stato valutato positivamente dalle competenti Commissioni parlamentari nel mese di luglio 2019 ma non è stato ancora emanato dal Governo;
    pertanto, si è ancora in attesa dell'emanazione di tale decreto e i tempi si presentano molto incerti e lunghi, anche perché, ai fini dell'inizio dei lavori, sono comunque legati ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS non meglio definito,

impegna il Governo

a garantire la realizzazione del Nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore nei tempi più brevi possibili.
9/2305/163Cavandoli, Tombolato, Vinci, Murelli, Golinelli, Cestari, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Zoffili, Dara, Comaroli, Gobbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    a valere sull'analogo fondo della legge n. 145 del 2018, recante legge di bilancio per il 2019, il comma 891, introdotto con emendamento Lega, ha istituito il Fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;
    la Conferenza unificata del 18 dicembre 2019 ha accordato l'intesa sul relativo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    dagli allegati a tale intesa si apprende l'assegnazione alle province di Parma e Cremona di 1,5 milioni di euro per il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte sul Po tra Colorno e Casalmaggiore;
    tale ponte rappresenta un collegamento strategico tra la Lombardia e l'Emilia-Romagna in quanto quello attuale costruito negli anni 50 ha ormai esaurito la sua funzione e, infatti, mediamente ogni 7 anni richiesto importanti lavori di manutenzione straordinaria, con interruzioni del traffico tra le due regioni;
    per il ponte di Casalmaggiore sono in corso lavori per un sistema di monitoraggio, indispensabile per tenere sotto controllo le condizioni di sicurezza dell'infrastruttura che riaperta il 5 giugno 2019 dopo ben 637 giorni di chiusura avrà – a detta dei tecnici – circa dieci anni di vita. I passaggi continui sopra il ponte di mezzi pesanti a velocità non supportata dalle condizioni del ponte abbassano la vita media della struttura;
    secondo notizie di stampa (La Provincia Pavese del 24 settembre 2019) il nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore sul Po risultava essere il quinto in priorità da finanziare interamente dal precedente Governo per un importo stimato in euro 64.310.780,37;
    il 9 ottobre 2019, in risposta all'interrogazione n. 5-02856, a risposta immediata in Commissione VIII, il rappresentante del nuovo Governo aveva già riferito in Commissione in merito all'intensione del nuovo Ministro di finanziare con il fondo del citato comma 891, esclusivamente il progetto di fattibilità tecnica ed economica, demandando ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, le attività di progettazione e realizzazione del nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore;
    tale strategia coincide con l'esito della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019, sopra esposto, che non stanzia più l'intero importo per la realizzazione del ponte tra Colorno e Casalmaggiore ma si limita al finanziamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica per un importo limitato a soli 1,5 milioni di euro;
    la analoga risposta, dell'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alla question time della Lega presentata in Assemblea, n. 3-01171 del 4 dicembre 2019, sembrerebbe giustificare il finanziamento da parte dell'ANAS delle successive fasi di progettazione dei due Ponti di Casalmaggiore e della Becca «con l'imminente passaggio della gestione di questi ponti ad ANAS»;
    giova ricordare che anche ai sensi del comma 891, introdotto con emendamento Lega nella scorsa legge di bilancio, l'ANAS può essere soggetto attuatore degli interventi sui ponti del bacino del Po, insieme con le città metropolitane e le province, secondo la ripartizione delle risorse e le disposizioni del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico cui demanda la stessa norma;
    attualmente, sulla base dei programmi governativi, la realizzazione del Nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore è collegata al prossimo passaggio all'ANAS della strada provinciale 343 Asolana, il cui Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto (Atto n. 92) è stato valutato positivamente dalle competenti Commissioni parlamentari nel mese di luglio 2019 ma non è stato ancora emanato dal Governo;
    pertanto, si è ancora in attesa dell'emanazione di tale decreto e i tempi si presentano molto incerti e lunghi, anche perché, ai fini dell'inizio dei lavori, sono comunque legati ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS non meglio definito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire la realizzazione del Nuovo ponte tra Colorno e Casalmaggiore nei tempi più brevi possibili.
9/2305/163. (Testo modificato nel corso della seduta) Cavandoli, Tombolato, Vinci, Murelli, Golinelli, Cestari, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Zoffili, Dara, Comaroli, Gobbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    a valere sull'analogo fondo della legge n. 145 del 2018, recante legge di bilancio per il 2019, il comma 891, introdotto con un emendamento della Lega, ha istituito il Fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;
    la Conferenza unificata del 18 dicembre 2019 ha accordato l'intesa sul relativo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    dagli allegati a tale intesa si apprende l'assegnazione alla provincia di Pavia di 1,5 milioni di euro per il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte sulla ex SS 617 Bronese, nei pressi dell'esistente ponte della Becca;
    tale Ponte è un'opera fondamentale che migliorerà la viabilità di un nodo strategico per l'attraversamento del fiume Ticino e del Po ed i collegamenti con tutta la zona dell'oltrepò;
    infatti, il Ponte della Becca, sulla ex strada statale 617, costruito tra il 1910 e il 1912 sulla confluenza tra i fiumi Ticino e Po, distrutto da bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e ripristinato, presenta annualmente problematiche importanti e imprevedibili che ne obbligano la chiusura per settimane ai fini della manutenzione straordinaria, creando ripetuti disagi alle comunicazioni e dispendio significativo di risorse per la messa in sicurezza;
    secondo notizie di stampa (La Provincia Pavese del 24 settembre 2019) il nuovo ponte della Becca sul Po risultava essere tra i primi dieci progetti da finanziare dal precedente Governo per un importo stimato in euro 72.000.000,00;
    il 9 ottobre 2019, in risposta all'interrogazione n. 5-02856, a risposta immediata in Commissione VIII, il rappresentante del nuovo Governo aveva già riferito in Commissione in merito all'intensione del nuovo Ministro di finanziare con il fondo del citato comma 891, esclusivamente il progetto di fattibilità tecnica ed economica, demandando ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, le attività di progettazione e realizzazione del ponte del nuovo ponte della Becca;
    tale strategia coincide con l'esito della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019, sopra esposto, che non stanzia più l'intero importo per la realizzazione del ponte della Becca ma si limita al finanziamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica per un importo limitato a soli 1,5 milioni di euro;
    la analoga risposta, dell'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alla question time della Lega presentata in Assemblea, n. 3-01171 del 4 dicembre 2019, sembrerebbe giustificare il finanziamento da parte dell'ANAS delle successive fasi di progettazione dei due Ponti di Casalmaggiore e della Becca «con l'imminente passaggio della gestione di questi ponti ad ANAS»;
    giova ricordare che anche ai sensi del comma 891, introdotto con un emendamento della Lega nella scorsa legge di bilancio, l'ANAS può essere soggetto attuatore degli interventi sui ponti del bacino del Po, insieme con le città metropolitane e le province, secondo la ripartizione delle risorse e le disposizioni del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico cui demanda la stessa norma;
    attualmente, sulla base dei programmi governativi, la realizzazione del Nuovo ponte della Becca è collegata al prossimo passaggio all'ANAS della ex SS 617 Bronese, il cui Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto (Atto n. 92) è stato valutato positivamente dalle competenti Commissioni parlamentari nel mese di luglio 2019 ma non è stato ancora emanato dal Governo;
    pertanto, si è ancora in attesa dell'emanazione di tale decreto e i tempi si presentano molto incerti e lunghi, anche perché, ai fini dell'inizio dei lavori, sono comunque legati ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS non meglio definito;
    peraltro c’è da tenere conto che la regione Lombardia ha già finanziato per 800 mila euro il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte della Becca,

impegna il Governo

a garantire la realizzazione del Nuovo ponte della Becca nei tempi più brevi possibili.
9/2305/164Lucchini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    a valere sull'analogo fondo della legge n. 145 del 2018, recante legge di bilancio per il 2019, il comma 891, introdotto con un emendamento della Lega, ha istituito il Fondo per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti, in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, con una dotazione annua di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023;
    la Conferenza unificata del 18 dicembre 2019 ha accordato l'intesa sul relativo schema di decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    dagli allegati a tale intesa si apprende l'assegnazione alla provincia di Pavia di 1,5 milioni di euro per il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte sulla ex SS 617 Bronese, nei pressi dell'esistente ponte della Becca;
    tale Ponte è un'opera fondamentale che migliorerà la viabilità di un nodo strategico per l'attraversamento del fiume Ticino e del Po ed i collegamenti con tutta la zona dell'oltrepò;
    infatti, il Ponte della Becca, sulla ex strada statale 617, costruito tra il 1910 e il 1912 sulla confluenza tra i fiumi Ticino e Po, distrutto da bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e ripristinato, presenta annualmente problematiche importanti e imprevedibili che ne obbligano la chiusura per settimane ai fini della manutenzione straordinaria, creando ripetuti disagi alle comunicazioni e dispendio significativo di risorse per la messa in sicurezza;
    secondo notizie di stampa (La Provincia Pavese del 24 settembre 2019) il nuovo ponte della Becca sul Po risultava essere tra i primi dieci progetti da finanziare dal precedente Governo per un importo stimato in euro 72.000.000,00;
    il 9 ottobre 2019, in risposta all'interrogazione n. 5-02856, a risposta immediata in Commissione VIII, il rappresentante del nuovo Governo aveva già riferito in Commissione in merito all'intensione del nuovo Ministro di finanziare con il fondo del citato comma 891, esclusivamente il progetto di fattibilità tecnica ed economica, demandando ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS 2016-2020, le attività di progettazione e realizzazione del ponte del nuovo ponte della Becca;
    tale strategia coincide con l'esito della Conferenza unificata del 18 dicembre 2019, sopra esposto, che non stanzia più l'intero importo per la realizzazione del ponte della Becca ma si limita al finanziamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica per un importo limitato a soli 1,5 milioni di euro;
    la analoga risposta, dell'attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alla question time della Lega presentata in Assemblea, n. 3-01171 del 4 dicembre 2019, sembrerebbe giustificare il finanziamento da parte dell'ANAS delle successive fasi di progettazione dei due Ponti di Casalmaggiore e della Becca «con l'imminente passaggio della gestione di questi ponti ad ANAS»;
    giova ricordare che anche ai sensi del comma 891, introdotto con un emendamento della Lega nella scorsa legge di bilancio, l'ANAS può essere soggetto attuatore degli interventi sui ponti del bacino del Po, insieme con le città metropolitane e le province, secondo la ripartizione delle risorse e le disposizioni del decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico cui demanda la stessa norma;
    attualmente, sulla base dei programmi governativi, la realizzazione del Nuovo ponte della Becca è collegata al prossimo passaggio all'ANAS della ex SS 617 Bronese, il cui Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto (Atto n. 92) è stato valutato positivamente dalle competenti Commissioni parlamentari nel mese di luglio 2019 ma non è stato ancora emanato dal Governo;
    pertanto, si è ancora in attesa dell'emanazione di tale decreto e i tempi si presentano molto incerti e lunghi, anche perché, ai fini dell'inizio dei lavori, sono comunque legati ad un futuro aggiornamento del contratto di programma ANAS non meglio definito;
    peraltro c’è da tenere conto che la regione Lombardia ha già finanziato per 800 mila euro il progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del nuovo ponte della Becca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire la realizzazione del Nuovo ponte della Becca nei tempi più brevi possibili.
9/2305/164. (Testo modificato nel corso della seduta) Lucchini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    la strada statale 106 Jonica, di competenza dell'ANAS, si estende per 491 chilometri da Reggio Calabria a Taranto, percorrendo tutta la costa jonica di Calabria, Basilicata e parte di quella pugliese, e costituisce una direttrice di traffico di rilevanza strategica nazionale ricompresa nella Strada europea E90;
    si tratta di un'arteria fondamentale per collegare la Calabria, la Puglia e l'A14 oltre che per il trasporto interno fra l'area della Sibaritide, il Crotonese, lo Ionio Catanzarese, la Locride e il versante sud-orientale dell'Aspromonte;
    già nel lontano 2001, diciotto anni fa, il CIPE, con propria delibera, approvava il primo programma delle infrastrutture strategiche che includeva il «corridoio ionico Taranto/Sibari/Reggio Calabria», inserendo tale corridoio nella legge obiettivo, e, nel 2007, sempre il CIPE approvava il progetto preliminare dei lavori del III Megalotto «Sibari/Roseto Capo Spulico»;
    attualmente la strada statale 106 Jonica è una delle 28 grandi opere bloccate come censite dall'Ance;
    lungo il tratto calabrese, il principale intervento è costituito dal Megalotto 3, progettato per creare un collegamento veloce con il Corridoio Adriatico, e che riguarda la realizzazione della nuova sede della strada statale 106 «Jonica» tra la strada statale 534 «di Cammarata e degli Stombi» (nei pressi di Sibari) e Roseto Capo Spulico, (in provincia di Cosenza) per una lunghezza di circa 38 chilometri e un investimento di 1,33 miliardi di euro;
    il nuovo tratto si ricollegherà con quello già ammodernato della statale 106 e prevede tre gallerie naturali, dieci artificiali, 21 viadotti e ponti e sei svincoli;
    la attuale sede della strada statale 106 Jonica è tristemente nota come «la strada della morte» per uno dei più alti tassi di mortalità per chilometro in Italia;
    da alcuni dati del rapporto Aci-Istat, i dati sulla mortalità della 106 Jonica sono molto preoccupanti: in media 13 morti ogni 22 incidenti nel tratto cosentino, un morto ogni 9 incidenti nel tratto reggino. Le cause che portano ad incidenti con così tante vittime sono molteplici e vanno ricercate soprattutto nella scarsa sicurezza della strada tra strettoie, innesti, rotonde, incroci,

impegna il Governo

a garantire, attraverso gli opportuni stanziamenti di risorse, la messa in sicurezza e la conclusione dei lavori di ammodernamento della strada statale 106 Jonica, nel più breve tempo possibile.
9/2305/165Furgiuele.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    la strada statale 106 Jonica, di competenza dell'ANAS, si estende per 491 chilometri da Reggio Calabria a Taranto, percorrendo tutta la costa jonica di Calabria, Basilicata e parte di quella pugliese, e costituisce una direttrice di traffico di rilevanza strategica nazionale ricompresa nella Strada europea E90;
    si tratta di un'arteria fondamentale per collegare la Calabria, la Puglia e l'A14 oltre che per il trasporto interno fra l'area della Sibaritide, il Crotonese, lo Ionio Catanzarese, la Locride e il versante sud-orientale dell'Aspromonte;
    già nel lontano 2001, diciotto anni fa, il CIPE, con propria delibera, approvava il primo programma delle infrastrutture strategiche che includeva il «corridoio ionico Taranto/Sibari/Reggio Calabria», inserendo tale corridoio nella legge obiettivo, e, nel 2007, sempre il CIPE approvava il progetto preliminare dei lavori del III Megalotto «Sibari/Roseto Capo Spulico»;
    attualmente la strada statale 106 Jonica è una delle 28 grandi opere bloccate come censite dall'Ance;
    lungo il tratto calabrese, il principale intervento è costituito dal Megalotto 3, progettato per creare un collegamento veloce con il Corridoio Adriatico, e che riguarda la realizzazione della nuova sede della strada statale 106 «Jonica» tra la strada statale 534 «di Cammarata e degli Stombi» (nei pressi di Sibari) e Roseto Capo Spulico, (in provincia di Cosenza) per una lunghezza di circa 38 chilometri e un investimento di 1,33 miliardi di euro;
    il nuovo tratto si ricollegherà con quello già ammodernato della statale 106 e prevede tre gallerie naturali, dieci artificiali, 21 viadotti e ponti e sei svincoli;
    la attuale sede della strada statale 106 Jonica è tristemente nota come «la strada della morte» per uno dei più alti tassi di mortalità per chilometro in Italia;
    da alcuni dati del rapporto Aci-Istat, i dati sulla mortalità della 106 Jonica sono molto preoccupanti: in media 13 morti ogni 22 incidenti nel tratto cosentino, un morto ogni 9 incidenti nel tratto reggino. Le cause che portano ad incidenti con così tante vittime sono molteplici e vanno ricercate soprattutto nella scarsa sicurezza della strada tra strettoie, innesti, rotonde, incroci,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire, attraverso gli opportuni stanziamenti di risorse, la messa in sicurezza e la conclusione dei lavori di ammodernamento della strada statale 106 Jonica, nel più breve tempo possibile.
9/2305/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Furgiuele.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi da 771 a 774) ha riconosciuto un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994 che abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quanto previsto dalla legge n. 289 del 2002;
    la medesima legge prevedeva che fosse presentata apposita istanza all'Agenzia delle entrate e demandava ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, la definizione dei criteri e delle modalità di accesso al contributo e della ripartizione delle risorse assegnate ai sensi del comma 773, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2019;
    l'emanazione del predetto decreto sembra abbia trovato ostacolo nella decisione C(2015)5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione europea che ha dichiarato incompatibile con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato le agevolazioni fiscali e contributive concesse alle imprese a seguito di calamità naturali che hanno colpito l'Italia a decorrere dal 1990; nello specifico la Commissione europea ha dichiarato i benefici fiscali in questione aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno;
    per superare tale impedimento è intervenuto il legislatore con la norma ex comma 1013, articolo 1, legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019), precisando che il contributo debba essere «di importo non superiore al limite previsto dai regolamenti della Commissione europea relativi all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per gli aiuti de minimis»;
    a distanza di circa un anno dall'entrata in vigore del citato comma 1013, non risulta ancora alcuna traccia del relativo decreto attuativo;
    il timore delle imprese piemontesi – a parere dei firmatari del presente atto oltremodo fondato – è che trascorso l'anno 2019 le risorse già assegnate vadano perdute e dirottate dal Ministero per altre finalità,

impegna il Governo

ad adottare nei tempi più brevi possibili il decreto previsto dal comma 1013, dell'articolo 1, della legge n. 145 del 2018, citato in premessa, per garantire la tempestiva assegnazione delle somme già stanziate in favore delle imprese piemontesi colpite dagli eventi alluvionali del 1994.
9/2305/166Giaccone, Boldi, Pettazzi, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    il ponte sul Po tra Ostiglia e Revere è un'infrastruttura di carattere strategico, in parte ferroviaria sulla linea Bologna-Verona e in parte stradale sulla SS12; il ponte attraversa il fiume Po in provincia di Mantova;
    il ponte ferroviario in acciaio costato 28 milioni di euro, fu inaugurato il 14 dicembre 2008 in sostituzione del vecchio realizzato all'inizio del Novecento. Il nuovo ponte ferroviario è costituito da due collegamenti affiancati della lunghezza complessiva di 939,40 metri, misura che rappresenta il primato del ponte ferroviario in acciaio più lungo d'Italia, attualmente dismesso;
    la provincia di Mantova, di concerto con gli enti locali interessati, ha promosso, sulla base di uno studio di fattibilità, la possibilità di convertire il ponte ferroviario sul Po tra i comuni di Revere e Ostiglia (Mantova), di proprietà RFI, in ponte stradale allo scopo di ampliare l'infrastruttura viaria affiancata al ponte ferroviario;
    con tale studio di fattibilità, gli enti locali intendono migliorare la gestione e la sicurezza del traffico veicolare, analizzando la possibilità di introdurre una separazione fisica dei flussi di marcia del traffico stradale nelle due direzioni nord-sud;
    ai fini di tale riconversione è stata avanzata una istanza di deroga alle norme geometriche per la costruzione delle strade, ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 5 novembre 2001, da parte dell'ANAS, che ha presentato al Provveditorato interregionale per le OO.PP. Lombardia Emilia Romagna Milano il progetto con la relazione di sicurezza;
    tuttavia sul progetto risulta un parere contrario del Provveditorato, che non ritiene possibile l'accoglimento dell'istanza di deroga;
    per questa riconversione l'ANAS ha stanziato 20 milioni di euro e, come si apprende da numerosi articoli di stampa, vari sindaci del luogo chiedono, qualora non si realizzi il progetto della ristrutturazione del ponte, se non sia possibile utilizzare i fondi già stanziati per altre opere presenti sul territorio;
    tali fondi potrebbero essere utilizzati anche per la progettazione di un nuovo ponte stradale ad Ostiglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di realizzare, attraverso gli opportuni stanziamenti di risorse, nei tempi più brevi possibili un nuovo Ponte ad Ostiglia, anche in considerazione dell'intenso traffico veicolare che interessa giornalmente l'area, magari anche utilizzando i finanziamenti già stanziati dall'ANAS per la progettazione della nuova infrastruttura.
9/2305/167Dara.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 634 e seguenti istituiscono la nuova imposta sui manufatti in plastica;
    l'introduzione della « plastic tax» nella manovra di bilancio mette a repentaglio duemila piccole e medie aziende del settore, che garantiscono il lavoro a 50.000 addetti, come ricordato dal sindacato dei lavoratori chimici Filctem Cgil;
    infatti, l'Italia è il secondo maggior produttore dei prodotti packaging in Europa, con 12 miliardi di fatturato l'anno e 3 mila aziende che operano nel settore;
    la nuova tassa potrebbe pertanto minare la sopravvivenza di un settore italiano di eccellenza, penalizzando i prodotti e non i comportamenti e rallentando tutti gli sforzi compiuti in questi anni per rendere la plastica più circolare. Inoltre gli imballaggi in materiale plastico si riciclano all'infinito, con una buona raccolta differenziata e una buona educazione dei consumatori, sono fondamentali per evitare sprechi alimentari, abbassare i costi di trasporto, risparmiare energia e ridurre le emissioni di CO2. I materiali alternativi, molto spesso, hanno un impatto ambientale peggiore in quanto più pesanti e ingombranti rispetto in quelli prodotti con materiali polimerici;
    l'area Lover – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – da sola vale quasi il 60 per cento dell'industria nazionale della trasformazione di plastica. Se si aggiunge il Piemonte ci si avvicina al 70 per cento della produzione italiana: significa che il 70 per cento della plastic tax graverà sempre sulle solite quattro regioni industriali, quelle che tenacemente trainano il Pil del Paese;
    la via Emilia, in particolare, è da anni ribattezzata la culla della Packaging valley, in quanto ospita il maggior numero di aziende del comparto in Italia, precisamente 230 con oltre 17.000 occupati e un fatturato annuo di 5 miliardi di euro, pari al 63 per cento del giro di affari nazionale;
    si tratta di aziende che producono fatturati da capogiro e che a detta del Presidente degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara, verrebbero fortemente colpite dall'introduzione della cosiddetta « Plastic tax» con un incremento del 110 per cento del costo della materia prima;
    occorre tenere presente il principio che «chi crea l'inquinamento abbandonando i rifiuti è l'uomo e non i rifiuti o il materiale in sé», ed attuare un'attenta ed intelligente attività di prevenzione, che non porti a scelte affrettate e non ragionate come «rapide soluzioni»;
    l'avvio di una transizione verso l'economia circolare rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una «necessità», come quella dell'efficienza nell'uso delle risorse e della gestione razionale dei rifiuti, ad una «opportunità», ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto come risorsa per un nuovo ciclo produttivo,

impegna il Governo

sulla base di un'attenta valutazione delle conseguenze prodotte dalla prima applicazione della plastic tax sul comparto industriale italiano, ad adottare iniziative volte a riconsiderare la norma, adoperandosi per difendere il compartimento industriale del riciclo della plastica italiano, puntando sull'attuazione dei principi dell'economia circolare.
9/2305/168Gava, Frassini, Legnaioli, Cestari, Tomasi, Murelli, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 634 e seguenti istituiscono la nuova imposta sui manufatti in plastica;
    l'introduzione della « plastic tax» nella manovra di bilancio mette a repentaglio duemila piccole e medie aziende del settore, che garantiscono il lavoro a 50.000 addetti, come ricordato dal sindacato dei lavoratori chimici Filctem Cgil;
    infatti, l'Italia è il secondo maggior produttore dei prodotti packaging in Europa, con 12 miliardi di fatturato l'anno e 3 mila aziende che operano nel settore;
    la nuova tassa potrebbe pertanto minare la sopravvivenza di un settore italiano di eccellenza, penalizzando i prodotti e non i comportamenti e rallentando tutti gli sforzi compiuti in questi anni per rendere la plastica più circolare. Inoltre gli imballaggi in materiale plastico si riciclano all'infinito, con una buona raccolta differenziata e una buona educazione dei consumatori, sono fondamentali per evitare sprechi alimentari, abbassare i costi di trasporto, risparmiare energia e ridurre le emissioni di CO2. I materiali alternativi, molto spesso, hanno un impatto ambientale peggiore in quanto più pesanti e ingombranti rispetto in quelli prodotti con materiali polimerici;
    l'area Lover – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – da sola vale quasi il 60 per cento dell'industria nazionale della trasformazione di plastica. Se si aggiunge il Piemonte ci si avvicina al 70 per cento della produzione italiana: significa che il 70 per cento della plastic tax graverà sempre sulle solite quattro regioni industriali, quelle che tenacemente trainano il Pil del Paese;
    la via Emilia, in particolare, è da anni ribattezzata la culla della Packaging valley, in quanto ospita il maggior numero di aziende del comparto in Italia, precisamente 230 con oltre 17.000 occupati e un fatturato annuo di 5 miliardi di euro, pari al 63 per cento del giro di affari nazionale;
    si tratta di aziende che producono fatturati da capogiro e che a detta del Presidente degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara, verrebbero fortemente colpite dall'introduzione della cosiddetta « Plastic tax» con un incremento del 110 per cento del costo della materia prima;
    occorre tenere presente il principio che «chi crea l'inquinamento abbandonando i rifiuti è l'uomo e non i rifiuti o il materiale in sé», ed attuare un'attenta ed intelligente attività di prevenzione, che non porti a scelte affrettate e non ragionate come «rapide soluzioni»;
    l'avvio di una transizione verso l'economia circolare rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una «necessità», come quella dell'efficienza nell'uso delle risorse e della gestione razionale dei rifiuti, ad una «opportunità», ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto come risorsa per un nuovo ciclo produttivo,

impegna il Governo

sulla base di un'attenta valutazione delle conseguenze prodotte dalla prima applicazione della plastic tax sul comparto industriale italiano, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a riconsiderare la norma, adoperandosi per difendere il compartimento industriale del riciclo della plastica italiano, puntando sull'attuazione dei principi dell'economia circolare.
9/2305/168. (Testo modificato nel corso della seduta) Gava, Frassini, Legnaioli, Cestari, Tomasi, Murelli, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, del provvedimento in esame prevede lo stanziamento di risorse per la realizzazione e il completamento di importanti opere infrastrutturali anche in vista delle Olimpiadi invernali 2026;
    il progetto dell'Autostrada Tirreno Brennero (TI.BRE.) prevede la realizzazione di un corridoio autostradale da Fontevivo (PR) a Nogarole Rocca (VR) della lunghezza complessiva di circa 85 chilometri comprensivi dell'adeguamento di un tratto dell'Autostrada A15 a sud dell'intersezione con l'Autostrada A1. Sono previste due carreggiate, ciascuna costituita da due corsie oltre a quella di emergenza, sette autostazioni (Parma Nord in Provincia di Parma, Casalasco Viadanese, Bozzolo in provincia di Cremona, Gazoldo, Goito in provincia di Mantova, Lago di Garda, Verona Ovest in provincia di Verona), quattro aree di servizio (Po, Navarolo, Oglio, Mincio), due interconnessioni (Autostrada A1, Autostrada A22);
    il raccordo autostradale interessa gli ambiti territoriali delle Regioni Emilia Romagna (provincia di Parma) Lombardia (province di Cremona e Mantova) e Veneto (provincia di Verona) per complessivi 85 chilometri circa ed una spesa totale prevista di 2,7 miliardi, di cui chilometri 17,5 circa in Emilia Romagna, km 52,0 circa in Lombardia e km 15,5 circa in Veneto;
    dopo il via libera al progetto esecutivo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono iniziati i lavori per realizzare il primo lotto della Ti-Bre (Tirreno-Brennero): costo dello stralcio 513 milioni di euro, circa 40 milioni a chilometro in pianura;
    sulla realizzazione della bretella fra l'autostrada A15 Parma-La Spezia e A22 del Brennero si discute da almeno 40 anni, e la prima convenzione risale al 1999; sul secondo lotto, finanziato solo per il breve tragitto iniziale e sospeso ormai da troppi anni, esistono una serie di criticità per l'attraversamento delle zone protette della campagna Parmense, tra zone protette, aree di nidificazione di specie rare, boschi, il fiume Taro, una ciclabile e terreni agricoli legati alla filiera del parmigiano-reggiano;
    un nuovo collegamento autostradale che scavalchi il Po collegando direttamente Parma con Mantova e Verona e quindi i porti del Tirreno con il Brennero non può rimanere secondario ma è assolutamente indispensabile e prioritario per il rilancio economico ed industriale delle regioni interessate dal tracciato del corridoio plurimodale (Ti-Bre);
    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, prevede la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle infrastrutture considerate strategiche per il Paese, da individuare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze;
    già nel corso dei lavori di conversione in legge del citato provvedimento il Governo allora in carica ha accolto un ordine del giorno n. 9/1898/26, che lo impegnava «a valutare l'opportunità di includere nell'elenco delle opere per le quali vengono nominati i Commissari straordinari anche il Corridoio Plurimodale Tirreno Brennero, facendo ricorso all'utilizzo delle procedure acceleratorie di cui all'articolo 4 del presente decreto-legge»;
    ad oggi tale nomina non è ancora avvenuta e soprattutto non sono state stanziate le risorse necessarie per la progettazione e la realizzazione del secondo e terzo lotto dell'Autostrada Tirreno Brennero – Ti-Bre, e dei relativi raccordi;
    tale infrastruttura riveste un'importanza strategica e prioritaria non solo per le realtà produttive dei territori attraversati ma anche per lo sviluppo infrastrutturale, industriale ed economico dell'intero Paese,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere economico, necessarie per il completamento del corridoio Plurimodale Tirreno Brennero – Raccordo Autostradale A15 Fontevivo (PR) – A22 Nogarole Rocca (VR), cosiddetto Ti-Bre e dei relativi raccordi, e soprattutto a procedere nei tempi più brevi possibili all'inserimento di tale corridoio nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui all'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e alla nomina del relativo Commissario.
9/2305/169Valbusa, Dara, Cavandoli, Gobbato, Lucchini, Tombolato, Giglio Vigna, Murelli, Golinelli, Cestari, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Zoffili, Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, del provvedimento in esame prevede lo stanziamento di risorse per la realizzazione e il completamento di importanti opere infrastrutturali anche in vista delle Olimpiadi invernali 2026;
    il progetto dell'Autostrada Tirreno Brennero (TI.BRE.) prevede la realizzazione di un corridoio autostradale da Fontevivo (PR) a Nogarole Rocca (VR) della lunghezza complessiva di circa 85 chilometri comprensivi dell'adeguamento di un tratto dell'Autostrada A15 a sud dell'intersezione con l'Autostrada A1. Sono previste due carreggiate, ciascuna costituita da due corsie oltre a quella di emergenza, sette autostazioni (Parma Nord in Provincia di Parma, Casalasco Viadanese, Bozzolo in provincia di Cremona, Gazoldo, Goito in provincia di Mantova, Lago di Garda, Verona Ovest in provincia di Verona), quattro aree di servizio (Po, Navarolo, Oglio, Mincio), due interconnessioni (Autostrada A1, Autostrada A22);
    il raccordo autostradale interessa gli ambiti territoriali delle Regioni Emilia Romagna (provincia di Parma) Lombardia (province di Cremona e Mantova) e Veneto (provincia di Verona) per complessivi 85 chilometri circa ed una spesa totale prevista di 2,7 miliardi, di cui chilometri 17,5 circa in Emilia Romagna, km 52,0 circa in Lombardia e km 15,5 circa in Veneto;
    dopo il via libera al progetto esecutivo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono iniziati i lavori per realizzare il primo lotto della Ti-Bre (Tirreno-Brennero): costo dello stralcio 513 milioni di euro, circa 40 milioni a chilometro in pianura;
    sulla realizzazione della bretella fra l'autostrada A15 Parma-La Spezia e A22 del Brennero si discute da almeno 40 anni, e la prima convenzione risale al 1999; sul secondo lotto, finanziato solo per il breve tragitto iniziale e sospeso ormai da troppi anni, esistono una serie di criticità per l'attraversamento delle zone protette della campagna Parmense, tra zone protette, aree di nidificazione di specie rare, boschi, il fiume Taro, una ciclabile e terreni agricoli legati alla filiera del parmigiano-reggiano;
    un nuovo collegamento autostradale che scavalchi il Po collegando direttamente Parma con Mantova e Verona e quindi i porti del Tirreno con il Brennero non può rimanere secondario ma è assolutamente indispensabile e prioritario per il rilancio economico ed industriale delle regioni interessate dal tracciato del corridoio plurimodale (Ti-Bre);
    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, prevede la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle infrastrutture considerate strategiche per il Paese, da individuare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze;
    già nel corso dei lavori di conversione in legge del citato provvedimento il Governo allora in carica ha accolto un ordine del giorno n. 9/1898/26, che lo impegnava «a valutare l'opportunità di includere nell'elenco delle opere per le quali vengono nominati i Commissari straordinari anche il Corridoio Plurimodale Tirreno Brennero, facendo ricorso all'utilizzo delle procedure acceleratorie di cui all'articolo 4 del presente decreto-legge»;
    ad oggi tale nomina non è ancora avvenuta e soprattutto non sono state stanziate le risorse necessarie per la progettazione e la realizzazione del secondo e terzo lotto dell'Autostrada Tirreno Brennero – Ti-Bre, e dei relativi raccordi;
    tale infrastruttura riveste un'importanza strategica e prioritaria non solo per le realtà produttive dei territori attraversati ma anche per lo sviluppo infrastrutturale, industriale ed economico dell'intero Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere economico, necessarie per il completamento del corridoio Plurimodale Tirreno Brennero – Raccordo Autostradale A15 Fontevivo (PR) – A22 Nogarole Rocca (VR), cosiddetto Ti-Bre e dei relativi raccordi, e soprattutto a valutare l'opportunità di procedere nei tempi più brevi possibili all'inserimento di tale corridoio nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui all'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e alla nomina del relativo Commissario.
9/2305/169. (Testo modificato nel corso della seduta) Valbusa, Dara, Cavandoli, Gobbato, Lucchini, Tombolato, Giglio Vigna, Murelli, Golinelli, Cestari, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Zoffili, Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    i territori del cremonese e mantovano hanno da tempo assunto una posizione unitaria sulla necessita di un collegamento autostradale tra le due provincie, profondamente convinti che le infrastrutture sono il principale fattore abilitante per lo sviluppo di un sistema territoriale. Infatti, quanto più è elevata la dotazione di infrastrutture, tanto più un territorio è capace di rispondere alle esigenze dei mercati e alle evoluzioni della società;
    le infrastrutture non solo permettono lo spostamento di persone o la movimentazione di merci ma favoriscono anche l'attrazione di investimenti e dunque accrescono la ricchezza di un territorio contribuendone alla tenuta sociale;
    le province di Cremona e di Mantova, anche per via del posizionamento geografico e della evoluzione storica, sono sempre state circondata da vie di collegamento strategiche (a Nord, Ovest e Sud), tuttavia senza essere mai state al centro di un processo di forte sviluppo infrastrutturale, come altre province lombarde;
    l'autostrada Cremona-Mantova prevede un tracciato di 59 chilometri in totale, interessa 19 comuni nel cremonese e nel mantovano. Essa sostanzialmente raccorda l'Autostrada A21 in corrispondenza del casello di Cremona con la A22 Autostrada del Brennero, in corrispondenza del casello di Mantova Sud;
    è prevista anche l'interconnessione con la rete stradale lombarda in progetto, la Ti.Bre, precisamente presso Tornata (Cremona) e Acquanegra/Marcaria (Mantova); infatti, il completamento del corridoio Plurimodale Tirreno Brennero – Raccordo Autostradale A15 Fontevivo (PR) – A22 Nogarole Rocca (VR), cosiddetto Ti-Bre e dei relativi raccordi è fondamentale per l'inquadramento dell'autostrada Cremona-Mantova nel territorio nazionale;
    le interconnessioni autostradali sono dunque 4 e i caselli di pedaggio 6, situati rispettivamente a Pieve S. Giacomo, Piadena, Castellucchio, Marcaria, Virgilio-Cappelletta e Pietole. L'autostrada, di tipo chiuso, è prevista con 2 corsie per senso di marcia;
    l'importanza della realizzazione di tale autostrada è anche a livello nazionale, per il collegamento offerto fra le autostrade nazionali A21 e A22, ma non è da sottovalutare neanche il valore dell'opera nel quadro del riassetto locale: essendo un asse viario gerarchicamente superiore, potrebbe costituire un'occasione importante di riassetto della rete ordinaria e locale impostando una nuova classificazione funzionale delle strade, con ruoli definiti dalle singole tipologie, a vantaggio del livello di servizi erogati e di sicurezza della circolazione offerta;
    il progetto si inserisce perfettamente nel progetto delle politiche infrastrutturali a sostegno dello sviluppo economico del territorio interessato e risponderebbe adeguatamente alla crescente domanda di mobilità generata nella fascia Sud della Lombardia;
    quest'area, infatti, necessita di un adeguato sistema viario portante trasversale a servizio delle importanti attività economiche insediate che attualmente sono servite dalla sola strada provinciale 10 Padana Inferiore. Il miglioramento della rete stradale locale e il miglioramento dell'accessibilità alle principali aree di sviluppo porterebbero indubbiamente valore alle potenzialità di sviluppo locale garantendo elevati standard di sicurezza della circolazione; questo intervento, associato a idonee politiche urbanistiche e territoriali potrebbe costituire l'impulso per la riorganizzazione delle dinamiche di sviluppo insediativo nell'area interessata;
    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, prevede la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle infrastrutture considerate strategiche per il Paese, da individuare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere economico, necessarie per la realizzazione dell'autostrada Cremona-Mantova, e soprattutto a procedere nei tempi più brevi possibili all'inserimento di tale corridoio nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui all'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.
9/2305/170Gobbato, Cavandoli, Valbusa, Dara, Tombolato, Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    i territori del cremonese e mantovano hanno da tempo assunto una posizione unitaria sulla necessita di un collegamento autostradale tra le due provincie, profondamente convinti che le infrastrutture sono il principale fattore abilitante per lo sviluppo di un sistema territoriale. Infatti, quanto più è elevata la dotazione di infrastrutture, tanto più un territorio è capace di rispondere alle esigenze dei mercati e alle evoluzioni della società;
    le infrastrutture non solo permettono lo spostamento di persone o la movimentazione di merci ma favoriscono anche l'attrazione di investimenti e dunque accrescono la ricchezza di un territorio contribuendone alla tenuta sociale;
    le province di Cremona e di Mantova, anche per via del posizionamento geografico e della evoluzione storica, sono sempre state circondata da vie di collegamento strategiche (a Nord, Ovest e Sud), tuttavia senza essere mai state al centro di un processo di forte sviluppo infrastrutturale, come altre province lombarde;
    l'autostrada Cremona-Mantova prevede un tracciato di 59 chilometri in totale, interessa 19 comuni nel cremonese e nel mantovano. Essa sostanzialmente raccorda l'Autostrada A21 in corrispondenza del casello di Cremona con la A22 Autostrada del Brennero, in corrispondenza del casello di Mantova Sud;
    è prevista anche l'interconnessione con la rete stradale lombarda in progetto, la Ti.Bre, precisamente presso Tornata (Cremona) e Acquanegra/Marcaria (Mantova); infatti, il completamento del corridoio Plurimodale Tirreno Brennero – Raccordo Autostradale A15 Fontevivo (PR) – A22 Nogarole Rocca (VR), cosiddetto Ti-Bre e dei relativi raccordi è fondamentale per l'inquadramento dell'autostrada Cremona-Mantova nel territorio nazionale;
    le interconnessioni autostradali sono dunque 4 e i caselli di pedaggio 6, situati rispettivamente a Pieve S. Giacomo, Piadena, Castellucchio, Marcaria, Virgilio-Cappelletta e Pietole. L'autostrada, di tipo chiuso, è prevista con 2 corsie per senso di marcia;
    l'importanza della realizzazione di tale autostrada è anche a livello nazionale, per il collegamento offerto fra le autostrade nazionali A21 e A22, ma non è da sottovalutare neanche il valore dell'opera nel quadro del riassetto locale: essendo un asse viario gerarchicamente superiore, potrebbe costituire un'occasione importante di riassetto della rete ordinaria e locale impostando una nuova classificazione funzionale delle strade, con ruoli definiti dalle singole tipologie, a vantaggio del livello di servizi erogati e di sicurezza della circolazione offerta;
    il progetto si inserisce perfettamente nel progetto delle politiche infrastrutturali a sostegno dello sviluppo economico del territorio interessato e risponderebbe adeguatamente alla crescente domanda di mobilità generata nella fascia Sud della Lombardia;
    quest'area, infatti, necessita di un adeguato sistema viario portante trasversale a servizio delle importanti attività economiche insediate che attualmente sono servite dalla sola strada provinciale 10 Padana Inferiore. Il miglioramento della rete stradale locale e il miglioramento dell'accessibilità alle principali aree di sviluppo porterebbero indubbiamente valore alle potenzialità di sviluppo locale garantendo elevati standard di sicurezza della circolazione; questo intervento, associato a idonee politiche urbanistiche e territoriali potrebbe costituire l'impulso per la riorganizzazione delle dinamiche di sviluppo insediativo nell'area interessata;
    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, prevede la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle infrastrutture considerate strategiche per il Paese, da individuare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il Ministro dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative, anche di carattere economico, necessarie per la realizzazione dell'autostrada Cremona-Mantova, e soprattutto a valutare l'opportunità di procedere nei tempi più brevi possibili all'inserimento di tale corridoio nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui all'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55.
9/2305/170. (Testo modificato nel corso della seduta) Gobbato, Cavandoli, Valbusa, Dara, Tombolato, Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 66 dell'articolo 1 assegna alle regioni apposite risorse, per il periodo 2021-2034, per favorire gli investimenti infrastrutturali tra cui anche le bonifiche ambientali dei siti inquinati;
    nel comune di Santarcangelo di Romagna, in località Bornaccino sulla riva sinistra del fiume Marecchia, da oltre 40 anni, giacciono circa 31000 tonnellate di materiale plastico misto ad alluminio (TetraPak), residui dell'attività di una ex cartiera dismessa diversi anni fa. Tale sito è diventato una vera e propria discarica a cielo aperto ed è ben visibile percorrendo l'adiacente pista ciclopedonale al confine con il comune di Rimini;
    l'operazione di accumulo di rifiuti, su circa 2,5 ettari di area demaniale, risulta iniziata a partire dagli anni 70 ed è proseguita fino ai primi anni 90; negli anni tale materiale è stato più volte soggetto a parziali fenomeni di agnizione. I cumuli, oggi, si presentano semicoperti dalla vegetazione spontanea e non segregati o presidiati in alcun modo; sul sito esiste anche un capannone di circa 90 mq con struttura metallica e copertura in cemento amianto deteriorato;
    la presenza di tale sito inquinato costituisce un episodio di grave degrado ambientale in un'area d'interesse naturalistico e paesaggistico, ove la provincia ha approvato un progetto di un percorso storico naturalistico che interessa 650 ettari di territorio e 23 km di sentiero ciclopedonale;
    la Regione e gli enti locali interessati hanno anche stanziato risorse per la riqualificazione dell'area, e la Provincia di Rimini ha anche approvato un progetto esecutivo e indetto la relativa gara per la realizzazione dell'intervento; purtroppo tale gara è stata dichiarata deserta per mancanza di offerte e, successivamente, la Regione ha revocato il finanziamento; negli ultimi 8 anni nulla è stato fatto per la messa in sicurezza del sito;
    il sito inquinato crea gravi pericoli per la salute della popolazione, anche in considerazione della vicinanza del fiume e del rischio alluvioni;
    il comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019) ha previsto il finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, stanziando risorse per 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 da destinare ad interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati anche se non perimetrati come siti di interesse nazionale (SIN),

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative dirette all'inserimento della bonifica del sito inquinato del comune di Santarcangelo di Romagna in località Bornaccino sulla riva sinistra del fiume Marecchia, tra gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica finanziati con le risorse del comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019).
9/2305/171Raffaelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 66 dell'articolo 1 assegna alle regioni apposite risorse, per il periodo 2021-2034, per favorire gli investimenti infrastrutturali tra cui anche le bonifiche ambientali dei siti inquinati;
    nel comune di Santarcangelo di Romagna, in località Bornaccino sulla riva sinistra del fiume Marecchia, da oltre 40 anni, giacciono circa 31000 tonnellate di materiale plastico misto ad alluminio (TetraPak), residui dell'attività di una ex cartiera dismessa diversi anni fa. Tale sito è diventato una vera e propria discarica a cielo aperto ed è ben visibile percorrendo l'adiacente pista ciclopedonale al confine con il comune di Rimini;
    l'operazione di accumulo di rifiuti, su circa 2,5 ettari di area demaniale, risulta iniziata a partire dagli anni 70 ed è proseguita fino ai primi anni 90; negli anni tale materiale è stato più volte soggetto a parziali fenomeni di agnizione. I cumuli, oggi, si presentano semicoperti dalla vegetazione spontanea e non segregati o presidiati in alcun modo; sul sito esiste anche un capannone di circa 90 mq con struttura metallica e copertura in cemento amianto deteriorato;
    la presenza di tale sito inquinato costituisce un episodio di grave degrado ambientale in un'area d'interesse naturalistico e paesaggistico, ove la provincia ha approvato un progetto di un percorso storico naturalistico che interessa 650 ettari di territorio e 23 km di sentiero ciclopedonale;
    la Regione e gli enti locali interessati hanno anche stanziato risorse per la riqualificazione dell'area, e la Provincia di Rimini ha anche approvato un progetto esecutivo e indetto la relativa gara per la realizzazione dell'intervento; purtroppo tale gara è stata dichiarata deserta per mancanza di offerte e, successivamente, la Regione ha revocato il finanziamento; negli ultimi 8 anni nulla è stato fatto per la messa in sicurezza del sito;
    il sito inquinato crea gravi pericoli per la salute della popolazione, anche in considerazione della vicinanza del fiume e del rischio alluvioni;
    il comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019) ha previsto il finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, stanziando risorse per 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 da destinare ad interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati anche se non perimetrati come siti di interesse nazionale (SIN),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative dirette all'inserimento della bonifica del sito inquinato del comune di Santarcangelo di Romagna in località Bornaccino sulla riva sinistra del fiume Marecchia, tra gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica finanziati con le risorse del comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019).
9/2305/171. (Testo modificato nel corso della seduta) Raffaelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio dello Stato contiene specifiche «azioni» di intervento in materia di salvaguardia dei, territori montani e aree di confine (azione 1.3), nonché per la tutela e valorizzazione dei territori rurali, montani e forestali (azione 18.18);
    infatti, lo Stato italiano è caratterizzato da una significativa presenza di territori montani, le cui specificità si riflettono ampiamente negli aspetti culturali e socio-economici;
    nonostante tali specificità, le aree montane vengono gestite perlopiù senza distinzione dal resto del territorio, secondo criteri uniformi e improntati alle esigenze delle zone a maggior densità di popolazione e ai principali centri urbani, localizzati nelle pianure;
    ciò ha determinato negli anni un progressivo allontanamento delle attività svolte in zona montana dalla vocazione territoriale e dalle risorse che, in essa presenti, possono divenire generatori di ricchezza se opportunamente gestite;
    la montagna oggi deve ritrovare una nuova consapevolezza, oltre che dei suoi limiti, anche delle potenzialità, attraverso progetti sfidanti, sostenibili e concreti, attraverso uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente;
    nella legge di Bilancio per il 2020 vi sono importanti stanziamenti per il rilancio degli investimenti pubblici sia centrali che locali,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità:
   a. nell'ambito della ripartizione delle risorse del Fondo investimenti delle Amministrazioni centrali, di cui all'articolo 1, commi 14-15, di includere anche progetti di sviluppo in aree montane finalizzati al raggiungimento di obiettivi di qualità ambientale;
   b. nell'ambito dell'esame delle richieste dei comuni ai fini del riparto dei fondi di cui ai commi 38, recante contributi ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, di riservare una premialità agli enti e territori montani;
   c. nell'ambito di attuazione dei commi 42-43, recanti contributi ai comuni per investimenti di rigenerazione urbana, di adottare le opportune iniziative, per estenderne le previsioni e i criteri del riparto dei fondi anche alla riduzione dei fenomeni di spopolamento, soprattutto attraverso il recupero dei centri storici rurali nelle aree montane o interne del Paese.
9/2305/172Parolo, Plangger, Claudio Borghi, De Menech, Cavandoli, Patassini, Vietina.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio dello Stato contiene specifiche «azioni» di intervento in materia di salvaguardia dei, territori montani e aree di confine (azione 1.3), nonché per la tutela e valorizzazione dei territori rurali, montani e forestali (azione 18.18);
    infatti, lo Stato italiano è caratterizzato da una significativa presenza di territori montani, le cui specificità si riflettono ampiamente negli aspetti culturali e socio-economici;
    nonostante tali specificità, le aree montane vengono gestite perlopiù senza distinzione dal resto del territorio, secondo criteri uniformi e improntati alle esigenze delle zone a maggior densità di popolazione e ai principali centri urbani, localizzati nelle pianure;
    ciò ha determinato negli anni un progressivo allontanamento delle attività svolte in zona montana dalla vocazione territoriale e dalle risorse che, in essa presenti, possono divenire generatori di ricchezza se opportunamente gestite;
    la montagna oggi deve ritrovare una nuova consapevolezza, oltre che dei suoi limiti, anche delle potenzialità, attraverso progetti sfidanti, sostenibili e concreti, attraverso uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente;
    nella legge di Bilancio per il 2020 vi sono importanti stanziamenti per il rilancio degli investimenti pubblici sia centrali che locali,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità:
   a. nell'ambito della ripartizione delle risorse del Fondo investimenti delle Amministrazioni centrali, di cui all'articolo 1, commi 14-15, di includere anche progetti di sviluppo in aree montane finalizzati al raggiungimento di obiettivi di qualità ambientale;
   b. nell'ambito dell'esame delle richieste dei comuni ai fini del riparto dei fondi di cui ai commi 38, recante contributi ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, di riservare una premialità agli enti e territori montani;
   c. nell'ambito di attuazione dei commi 42-43, recanti contributi ai comuni per investimenti di rigenerazione urbana, di adottare le opportune iniziative, per estenderne le previsioni e i criteri del riparto dei fondi anche alla riduzione dei fenomeni di spopolamento, soprattutto attraverso il recupero dei centri storici rurali nelle aree montane o interne del Paese.
9/2305/172. (Testo modificato nel corso della seduta) Parolo, Plangger, Claudio Borghi, De Menech, Cavandoli, Patassini, Vietina.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 66 dell'articolo 1 assegna alle regioni apposite risorse, per il periodo 2021-2034, per favorire gli investimenti infrastrutturali tra cui anche le bonifiche ambientali dei siti inquinati;
    le ceneri di pirite sono il residuo del procedimento industriale di fabbricazione dell'acido solforico che veniva ottenuto attraverso l'arrostimento del minerale pirite in forni speciali. Negli anni che hanno preceduto il secondo conflitto mondiale furono realizzati in Italia circa cento stabilimenti di varia potenzialità per la produzione di acido solforico a partire dalle piriti;
    solamente verso i primi anni ’70 la materia prima pirite è stata sostituita, dallo zolfo – proveniente dalla desolforazione dei gas naturali e dei prodotti petroliferi – che è divenuto l'ingrediente di base per la produzione dell'acido solforico attraverso l'impiego di una diversa tecnologia;
    ancora oggi si possono trovare molti depositi di queste ceneri in varie zone del Paese nelle aree degli ex stabilimenti Montedison, che stanno creando seri problemi ambientali al terreno e alle falde acquifere;
    la produzione di pirite in Italia è cessata ormai negli anni 80, ma ora rimangono da smaltire queste sostanze rientranti nella categoria dei rifiuti non pericolosi con codice CER 01.03.08;
    il comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019) ha previsto il finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, stanziando risorse per 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 da destinare ad interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati anche se non perimetrati come siti di interesse nazionale (SIN),

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti allo scopo di inserire lo smaltimento delle cosiddette ceneri di pirite tra gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica finanziati con le risorse del comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019).
9/2305/173Badole.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 66 dell'articolo 1 assegna alle regioni apposite risorse, per il periodo 2021-2034, per favorire gli investimenti infrastrutturali tra cui anche le bonifiche ambientali dei siti inquinati;
    le ceneri di pirite sono il residuo del procedimento industriale di fabbricazione dell'acido solforico che veniva ottenuto attraverso l'arrostimento del minerale pirite in forni speciali. Negli anni che hanno preceduto il secondo conflitto mondiale furono realizzati in Italia circa cento stabilimenti di varia potenzialità per la produzione di acido solforico a partire dalle piriti;
    solamente verso i primi anni ’70 la materia prima pirite è stata sostituita, dallo zolfo – proveniente dalla desolforazione dei gas naturali e dei prodotti petroliferi – che è divenuto l'ingrediente di base per la produzione dell'acido solforico attraverso l'impiego di una diversa tecnologia;
    ancora oggi si possono trovare molti depositi di queste ceneri in varie zone del Paese nelle aree degli ex stabilimenti Montedison, che stanno creando seri problemi ambientali al terreno e alle falde acquifere;
    la produzione di pirite in Italia è cessata ormai negli anni 80, ma ora rimangono da smaltire queste sostanze rientranti nella categoria dei rifiuti non pericolosi con codice CER 01.03.08;
    il comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019) ha previsto il finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, stanziando risorse per 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024 da destinare ad interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati anche se non perimetrati come siti di interesse nazionale (SIN),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli opportuni provvedimenti allo scopo di inserire lo smaltimento delle cosiddette ceneri di pirite tra gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica finanziati con le risorse del comma 800 della legge n. 145 del 2018, (legge di bilancio 2019).
9/2305/173. (Testo modificato nel corso della seduta) Badole.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 14 dell'articolo 1 del provvedimento, istituisce un Fondo da ripartire finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato;
    il collegamento ferroviario tra l'aeroporto Catullo di Verona e la stazione ferroviaria di Porta Nuova è una soluzione da ritenersi strategica, in previsione della riorganizzazione infrastrutturale dell'aeroporto Catullo, che rappresenta un'occasione di sviluppo per l'aeroporto;
    il rilancio dell'aeroporto di Verona passa anche attraverso il miglioramento dei collegamenti con la città di Verona, ma soprattutto rappresenta un investimento in un sistema integrato di Mobilità che colleghi l'aeroporto alla rete ferroviaria nazionale;
    del collegamento ferroviario ne trarrebbe vantaggio non solo la città di Verona ma anche tutto l'indotto turistico di una delle aree che registra il più alto tasso di presenza turistica in Italia;
    un collegamento ferroviario con l'aeroporto porterebbe inoltre indubbi benefici sotto il profilo ambientale ai fini dell'abbassamento delle emissioni atmosferiche,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare le opportune risorse dirette a finanziare il collegamento ferroviario che dovrebbe collegare l'aeroporto Catullo di Verona alla Stazione ferroviaria di Verona Porta Nuova.
9/2305/174Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    in un'ottica di valorizzazione delle attività svolte dalle medesime occorre dare concreta attuazione al processo di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, di cui al decreto legislativo 29 maggio 2017 n. 95;
    già l'articolo 35 del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (c.d. Pacchetto Sicurezza), convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze un apposito Fondo al fine di garantire l'effettiva realizzazione del procedimento di riordino dei ruoli;
    il comma 2 lettera b) dell'articolo 1 della legge di conversione n. 132 del 2012 aveva delegato il Governo ad adottare, entro il 30 settembre 2019, uno o più decreti legislativi recanti modifiche e integrazioni al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e che è all'esame della I Commissione l'AC. 119 recante Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive, a norma dell'articolo 1, commi 2, lettera b), 3 e 4, della legge 1 o dicembre 2018, n. 132, al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia», ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
    in tale ottica è necessario garantire adeguate risorse alle amministrazioni interessate dalle disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 95/17 di cui sopra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per il prossimo triennio lo stanziamento di adeguate risorse a favore delle amministrazioni interessate al fine di dare concreta attuazione alla revisione dei ruoli delle Forze di polizia.
9/2305/175Tonelli, Molteni, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella legge n. 132 del 2018, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» ha istituito all'articolo 35-quater uno specifico Fondo per il potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana da parte dei comuni;
    tra gli ambiti di intervento di tale Fondo sono state individuate e stanziate specifiche risorse per i progetti realizzati nell'ambito della campagna «scuole sicure», per la prevenzione e contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nei pressi degli istituti scolastici, e per quelli legati all'iniziativa «spiagge sicure», ai fini di prevenzione e contrasto all'abusivismo commerciale e vendita di prodotti contraffatti durante la stagione estiva, a cui è seguito il progetto «laghi sicuri»;
    i progetti di cui sopra hanno fornito finalmente una concreta risposta alle istanze avanzate ormai da tempo dai Sindaci, permettendo loro di rafforzare i controlli straordinari, assumere vigili o finanziare campagne informative contro la contraffazione e il commercio abusivo nonché contro il traffico di sostanze stupefacenti in particolare a danno dei minori;
    tali iniziative, finanziate dal Fondo di cui all'articolo 35-quater del decreto-legge n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2018, ha consentito una effettiva azione di contrasto a tali fenomeni e di potenziare le attività di prevenzione e lotta alla criminalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di implementare e assicurare risorse a favore del fondo di cui all'articolo 35-quater del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132 per tutto il triennio 2020-2022 in materia di sicurezza urbana per favorire iniziative da parte dei comuni e potenziare la lotta alla contraffazione e al commercio abusivo nonché al traffico di sostanze stupefacenti in particolare a danno dei minori.
9/2305/176Invernizzi, Molteni, Tonelli, Bordonali, Iezzi, Maturi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    nella manovra di bilancio si prevede di incrementare le risorse stanziate dall'articolo 1, comma 436, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per la contrattazione collettiva nel pubblico impiego nel 2020 e nel 2021;
    in seguito alle nuove misure, i fondi messi a disposizione per il 2020 saranno in totale pari a 1750 milioni, mentre quelli iscritti a bilancio per il 2021 si porteranno a 3.375;
    nulla viene però precisato a proposito delle risorse effettivamente disponibili per i rinnovi contrattuali nel comparto sicurezza, che ha beneficiato recentemente di una revisione del trattamento economico, giudicata però insoddisfacente al punto tale da aver determinato anche una manifestazione di protesta, svoltasi nei pressi di piazza Montecitorio lo scorso 29 ottobre 2019,

impegna il Governo

a destinare una congrua parte delle risorse accantonate per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego all'adeguamento ulteriore delle retribuzioni delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, in modo tale da non corrispondere cifre aggiuntive di importo irrisorio.
9/2305/177De Angelis, Tonelli, Molteni, Bordonali, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    nella manovra di bilancio si prevede di incrementare le risorse stanziate dall'articolo 1, comma 436, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per la contrattazione collettiva nel pubblico impiego nel 2020 e nel 2021;
    in seguito alle nuove misure, i fondi messi a disposizione per il 2020 saranno in totale pari a 1750 milioni, mentre quelli iscritti a bilancio per il 2021 si porteranno a 3.375;
    nulla viene però precisato a proposito delle risorse effettivamente disponibili per i rinnovi contrattuali nel comparto sicurezza, che ha beneficiato recentemente di una revisione del trattamento economico, giudicata però insoddisfacente al punto tale da aver determinato anche una manifestazione di protesta, svoltasi nei pressi di piazza Montecitorio lo scorso 29 ottobre 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare una congrua parte delle risorse accantonate per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego all'adeguamento ulteriore delle retribuzioni delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, in modo tale da non corrispondere cifre aggiuntive di importo irrisorio.
9/2305/177. (Testo modificato nel corso della seduta) De Angelis, Tonelli, Molteni, Bordonali, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il personale delle forze di polizia sperimenta da tempo cronici ritardi nei pagamenti dovuti per le ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestato;
    i ritardi spesso superano l'anno;
    la situazione venutasi a creare è motivo di insoddisfazione crescente tra gli operatori delle forze di polizia, che ogni giorno fronteggiano rischi significativi in ragione delle particolarità delle proprie attività a difesa dell'ordine pubblico e vedono nella ritardata corresponsione di quanto a loro dovuto una forma di disinteresse dello Stato nei loro confronti;
    è urgente provvedere al pagamento degli straordinari pregressi ancora dovuti,

impegna il Governo

ad accelerare la corresponsione delle indennità dovute a titolo di pagamento delle ore di lavoro prestate dal personale delle forze di polizia eccedenti il servizio ordinario.
9/2305/178Molteni, Tonelli, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il personale delle forze di polizia sperimenta da tempo cronici ritardi nei pagamenti dovuti per le ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestato;
    i ritardi spesso superano l'anno;
    la situazione venutasi a creare è motivo di insoddisfazione crescente tra gli operatori delle forze di polizia, che ogni giorno fronteggiano rischi significativi in ragione delle particolarità delle proprie attività a difesa dell'ordine pubblico e vedono nella ritardata corresponsione di quanto a loro dovuto una forma di disinteresse dello Stato nei loro confronti;
    è urgente provvedere al pagamento degli straordinari pregressi ancora dovuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accelerare la corresponsione delle indennità dovute a titolo di pagamento delle ore di lavoro prestate dal personale delle forze di polizia eccedenti il servizio ordinario.
9/2305/178. (Testo modificato nel corso della seduta) Molteni, Tonelli, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    le dotazioni a disposizione delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare per espletare in condizioni di sicurezza il servizio d'ordine pubblico in circostanze rischiose non sono sempre all'altezza delle esigenze attuali;
    eventi di cronaca anche recenti hanno dimostrato che alcuni incidenti conclusisi con la perdita di vite umane tra gli operatori delle forze dell'ordine persino in servizio in ufficio potevano essere evitati con equipaggiamenti più adeguati;
    sarebbe di particolare importanza acquisire, nell'ordine, giubbotti antiproiettile di ultima generazione, un certo quantitativo di caschi u-bot idonei alla protezione antiproiettile, guanti per la protezione anti-taglio ed anti-puntura, telecamere per la registrazione dell'attività operativa delle forze di polizia impegnate in attività di controllo del territorio, fondine differenziate in base alla tipologia del servizio prestato e dispositivi per la protezione individuale delle vie respiratorie;
    costituirebbe ulteriore garanzia di incremento dell'efficacia dell'azione delle forze di polizia anche un investimento nell'acquisizione del sistema di bordo Mercurio, pensato per le autovetture in servizio di controllo del territorio;
    è importante inoltre che su tutti gli equipaggiamenti sia condotta una valutazione periodica di congruità alle esigenze operative, coinvolgendo anche gli operatori delle forze di polizia,

impegna il Governo

ad adeguare le dotazioni del personale delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ammodernando in particolare gli equipaggiamenti da utilizzare nell'espletamento dell'attività di controllo del territorio e tutela dell'ordine pubblico, ma prevedendo altresì la differenziazione in base alla sede di servizio di alcuni elementi, come le fondine, allo scopo di accrescere la sicurezza degli operatori di pubblica sicurezza, sottoponendoli altresì a valutazioni periodiche di congruità, da condursi con la partecipazione degli operatori di polizia.
9/2305/179Maturi, Tonelli, Molteni, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    le dotazioni a disposizione delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare per espletare in condizioni di sicurezza il servizio d'ordine pubblico in circostanze rischiose non sono sempre all'altezza delle esigenze attuali;
    eventi di cronaca anche recenti hanno dimostrato che alcuni incidenti conclusisi con la perdita di vite umane tra gli operatori delle forze dell'ordine persino in servizio in ufficio potevano essere evitati con equipaggiamenti più adeguati;
    sarebbe di particolare importanza acquisire, nell'ordine, giubbotti antiproiettile di ultima generazione, un certo quantitativo di caschi u-bot idonei alla protezione antiproiettile, guanti per la protezione anti-taglio ed anti-puntura, telecamere per la registrazione dell'attività operativa delle forze di polizia impegnate in attività di controllo del territorio, fondine differenziate in base alla tipologia del servizio prestato e dispositivi per la protezione individuale delle vie respiratorie;
    costituirebbe ulteriore garanzia di incremento dell'efficacia dell'azione delle forze di polizia anche un investimento nell'acquisizione del sistema di bordo Mercurio, pensato per le autovetture in servizio di controllo del territorio;
    è importante inoltre che su tutti gli equipaggiamenti sia condotta una valutazione periodica di congruità alle esigenze operative, coinvolgendo anche gli operatori delle forze di polizia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adeguare le dotazioni del personale delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ammodernando in particolare gli equipaggiamenti da utilizzare nell'espletamento dell'attività di controllo del territorio e tutela dell'ordine pubblico, ma prevedendo altresì la differenziazione in base alla sede di servizio di alcuni elementi, come le fondine, allo scopo di accrescere la sicurezza degli operatori di pubblica sicurezza, sottoponendoli altresì a valutazioni periodiche di congruità, da condursi con la partecipazione degli operatori di polizia.
9/2305/179. (Testo modificato nel corso della seduta) Maturi, Tonelli, Molteni, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Stefani, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    come il personale delle forze di polizia, anche gli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco sperimentano da tempo cronici ritardi nei pagamenti dovuti per le ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestato;
    i ritardi spesso superano l'anno;
    la situazione venutasi a creare è motivo di insoddisfazione crescente tra gli operatori del Servizio tecnico urgente, che ogni giorno fronteggiano rischi significativi in ragione delle particolarità delle proprie attività a difesa della collettività e vedono nella ritardata corresponsione di quanto a loro dovuto una forma di disinteresse dello Stato nei loro confronti;
    è urgente provvedere al pagamento degli straordinari maturati nel corso del 2019, ormai prossimo alla sua conclusione,

impegna il Governo

ad accelerare la corresponsione delle indennità dovute a titolo di pagamento delle ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestate dagli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/2305/180Iezzi, Molteni, Tonelli, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    come il personale delle forze di polizia, anche gli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco sperimentano da tempo cronici ritardi nei pagamenti dovuti per le ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestato;
    i ritardi spesso superano l'anno;
    la situazione venutasi a creare è motivo di insoddisfazione crescente tra gli operatori del Servizio tecnico urgente, che ogni giorno fronteggiano rischi significativi in ragione delle particolarità delle proprie attività a difesa della collettività e vedono nella ritardata corresponsione di quanto a loro dovuto una forma di disinteresse dello Stato nei loro confronti;
    è urgente provvedere al pagamento degli straordinari maturati nel corso del 2019, ormai prossimo alla sua conclusione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accelerare la corresponsione delle indennità dovute a titolo di pagamento delle ore di lavoro eccedenti il servizio ordinario prestate dagli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/2305/180. (Testo modificato nel corso della seduta) Iezzi, Molteni, Tonelli, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Stefani, Vinci, Cavandoli, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    in alcune regioni d'Italia – in particolare Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Marche e Toscana – gli appartenenti alle forze di polizia e al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco sono esenti dal pagamento del ticket sanitario qualora accedano alle prestazioni di pronto soccorso in codice bianco a seguito di infortunio occorso in servizio;
    nelle altre regioni d'Italia, invece, attualmente il personale delle forze di polizia e quello del Corpo nazionale di Vigili del Fuoco che si trovino nella situazione sopra descritta sono invece costretti al pagamento del ticket;
    la circostanza costituisce una forma di discriminazione su base geografica assai poco comprensibile agli appartenenti alle forze di polizia e al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco che la subiscono; sarebbe quindi opportuno un intervento che elimini questa differenziazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con strumenti opportuni per rendere accessibile al personale delle forze di polizia e agli appartenenti al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco l'accesso gratuito su tutto il territorio nazionale alle prestazioni di pronto soccorso in codice bianco rese necessarie da infortuni occorsi per causa di servizio.
9/2305/181Murelli, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 59, legge n. 145 del 2018) era stata prevista la cosiddetta «cedolare secca» al 21 per cento per gli affitti commerciali, ovvero un regime facoltativo flat, che si sostanzia nel pagamento di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali, cui assoggettare il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nel corso dell'anno, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente;
    la mancata proroga di tale regime agevolato opzionale per il 2020, comporterà inevitabilmente al ritorno alla tassazione secondo le normali aliquote Irpef, più le addizionali locali e l'imposta di registro, per un carico totale che rischia di superare il 48 per cento del canone;
    di fatto il mancato rinnovo della tassazione flat sui canoni di locazione anche per il 2020, si traduce in un ulteriore balzello per artigiani e commercianti, già fortemente provati dalla presente manovra economica nonostante rappresentino importanti categorie del nostro sistema produttivo e contribuirà certamente in maniera negativa allo spopolamento ed impoverimento dei nostri centri storici ed alla chiusura di tanti negozi di vicinato;
    sarebbe stata più apprezzata la scelta di far confluire talune regalie contenute nel provvedimento, come, ad esempio, le imprecisate risorse per gli anni 2020 e 2021 (ex 200 mila euro per ciascuno degli anni), di cui ai commi 405 e 406, per la promozione di iniziative culturali e celebrative connesse al centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano in favore dei commercianti e delle botteghe artigianali,

impegna il Governo

a procedere, nel primo provvedimento utile, alla proroga del regime cosiddetto della cedolare secca per gli affitti commerciali di cui in premessa.
9/2305/182Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 59, legge n. 145 del 2018) era stata prevista la cosiddetta «cedolare secca» al 21 per cento per gli affitti commerciali, ovvero un regime facoltativo flat, che si sostanzia nel pagamento di un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali, cui assoggettare il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nel corso dell'anno, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente;
    la mancata proroga di tale regime agevolato opzionale per il 2020, comporterà inevitabilmente al ritorno alla tassazione secondo le normali aliquote Irpef, più le addizionali locali e l'imposta di registro, per un carico totale che rischia di superare il 48 per cento del canone;
    di fatto il mancato rinnovo della tassazione flat sui canoni di locazione anche per il 2020, si traduce in un ulteriore balzello per artigiani e commercianti, già fortemente provati dalla presente manovra economica nonostante rappresentino importanti categorie del nostro sistema produttivo e contribuirà certamente in maniera negativa allo spopolamento ed impoverimento dei nostri centri storici ed alla chiusura di tanti negozi di vicinato;
    sarebbe stata più apprezzata la scelta di far confluire talune regalie contenute nel provvedimento, come, ad esempio, le imprecisate risorse per gli anni 2020 e 2021 (ex 200 mila euro per ciascuno degli anni), di cui ai commi 405 e 406, per la promozione di iniziative culturali e celebrative connesse al centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano in favore dei commercianti e delle botteghe artigianali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere, nel primo provvedimento utile, alla proroga del regime cosiddetto della cedolare secca per gli affitti commerciali di cui in premessa.
9/2305/182. (Testo modificato nel corso della seduta) Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Nutri-Score è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E. Lo strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato EREN (Équipe de Recherche en Épidémiologie Nutritionnelle) ed è un sistema a punteggio il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito;
    nelle intenzioni, la scala nasce dall'idea di semplificare la lettura della tabella nutrizionale classica e permettere una scelta di prodotti più rapida in base alle esigenze del consumatore; secondo il Ministero della sanità francese, questo sistema dovrebbe permettere un più facile accesso ai cibi confezionati «sani», contribuire alla «lotta all'aumento delle malattie cardiovascolari e al diabete»;
    il punteggio «Nutri-score» è determinato dalla quantità di elementi considerati «sani» e «non sani». Si ottengono, dunque, punteggi negativi se i valori energetici, i grassi saturi, lo zucchero e il sodio sono presenti in elevate quantità. Si ottengono, invece, punteggi positivi se ci sono alti livelli di frutta, verdura, noci, oli di oliva, colza, fibre e proteine. Il sistema non sembra però tener conto di molti altri fattori legati all'alimentazione che non possono essere sintetizzati così come si propone;
    dopo essersi diffuso in Francia, Spagna, Belgio, Svizzera e Germania, lo scorso 28 novembre il Segretario di stato alla Salute dei Paesi Bassi, Paul Blockhuis, ha annunciato l'adozione ufficiale del sistema Nutri-Score a partire dal 2021, con adattamento alle linee dietetiche olandesi «Schijf van Vijf»;
    il 15 febbraio 2018, 33 aziende agroindustriali e di distribuzione hanno annunciato il loro impegno a mettere il punteggio Nutrì sui loro prodotti, tra cui spicca Bonduelle, che hanno fatto seguito a grandi della G.D.O. come Leclérc e Auchan, e marchi come Danone. La banca dati alimentare gratuita di Open Food Facts inoltre calcola il punteggio con il punteggio Nutrì per i prodotti completi nella sua base;
    la dichiarazione nutrizionale è resa obbligatoria dal Reg. DE n. 1169/2011 (articolo 35), e può essere resa con forme di espressione ulteriori e diverse da quelle armonizzate, purché nel rispetto di alcuni requisiti come fondatezza scientifica e non ingannevolezza per il consumatore, essere obiettive e non discriminatorie;
    il sistema di classificazione e di etichettatura delle confezioni dei prodotti alimentari in base a cinque lettere dalla A alla E e soprattutto sulla base di cinque colorì di ispirazione semaforica che vanno dal verde al rosso risulta già in vigore, sotto varie forme, in Paesi europei come Francia, Belgio, Spagna, Germania e Svizzera;
    stando a quanto riportato da più fonti stampa, ci sarebbe l'intenzione a livello di Unione Europea di standardizzare la pratica e imporla a tutti i Paesi, anche a quelli, come l'Italia, che si limitano a imporre l'obbligo di scrivere sulla confezione la composizione e la grammatura degli ingredienti presenti, senza alcun indicatore che consigli o meno l'acquisto in base al criterio di presunti vantaggi o danni per la salute;
    nel 2018 la Commissione europea ha presentato al Parlamento ed al Consiglio Europeo una relazione sull'opportunità di un'ulteriore armonizzazione dell'etichettatura nutrizionale titolata «Comunicazione della Commissione relativa alle domande e risposte sull'applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (2018/C 196/01)»;
    il 30 aprile 2019 la Commissione europea ha annunciato la registrazione di quattro nuove iniziative dei cittadini europei, tra queste, la «Pro-Nutriscore»;
    in base al sistema Nutri-Score risulterebbero altamente sconsigliati prodotti della tradizione italiana come parmigiano-reggiano, pecorino romano (categoria E), gorgonzola, prosciutto (categoria D), olio e.v.o. e mozzarella (categoria C), mentre sarebbero promosse bevande gassate come Pepsi light, Coca Cola zero e Red Bull sugar free (categoria B);
    l'eventuale applicazione di questo sistema di etichettatura comporterebbe il rischio di una semplificazione alimentare irrazionale e pericolosa nel consumatore finale, al quale verrebbe proposto come più salutare una bevanda gassata dal dubbio apporto nutrizionale rispetto ad alimenti più completi, complessi e sani sul lungo periodo;
    l'Italia si è contraddistinta per la proposta – avanzata a livello europeo – di un sistema di valutazione alternativa al Nutri-Score definito «a batteria», che prevede l'indicazione – senza l'uso di colori – della percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rispetto alla quantità giornaliera raccomandata e relativa a una singola porzione (stabilita dai singoli produttori). Un sistema meno immediato ma più funzionale ad una corretta informazione;
    molto prodotti al centro della cosiddetta «dieta Mediterranea» e che rappresentano l'orgoglio della nostra produzione gastronomica, risulterebbero fortemente penalizzati dall'applicazione di tale sistema, non solo nel consumo interno ma anche, e soprattutto, nell’export. Coldiretti stima che quasi l'85 per cento in valore dei D.O.P. Made in Italy sarebbe bocciato da tale sistema;
    Nutri-Score ha visto, e vede tutt'ora, l'opposizione di gran parte delle rappresentanze della filiera alimentare italiana a partire da Coldiretti e Confagricoltura fino a Filiera Italia e Federalimentare, passando per il Codacons;
    la reale efficacia del sistema Nutri-Score nella pratica risulta ben diversa dai presupposti teorici su cui si basa, dal momento che non c’è alcuna garanzia – semmai il contrario – che consumando solo prodotti con «bollino verde» si possa realmente assicurare un'alimentazione sana ed equilibrata, dal momento che penalizzerebbe prodotti d'eccellenza come per esempio l'olio d'oliva premiando prodotti artificiali e di sintesi,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di adottare iniziative nell'ambito delle proprie competenze volte ad esortare l'Unione Europea a rivedere lo strumento del Nutri-Score attivandosi al contempo al fine di adottare qualsiasi azione utile per la tutela delle produzioni agroalimentari italiane d'eccellenza che rischiano di essere screditate da un sistema di valutazione estremamente analitico e «freddo» che entra apertamente in conflitto con la cultura e le abitudini alimentari del nostro Paese.
9/2305/183Legnaioli, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Nutri-Score è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E. Lo strumento è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato EREN (Équipe de Recherche en Épidémiologie Nutritionnelle) ed è un sistema a punteggio il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito;
    nelle intenzioni, la scala nasce dall'idea di semplificare la lettura della tabella nutrizionale classica e permettere una scelta di prodotti più rapida in base alle esigenze del consumatore; secondo il Ministero della sanità francese, questo sistema dovrebbe permettere un più facile accesso ai cibi confezionati «sani», contribuire alla «lotta all'aumento delle malattie cardiovascolari e al diabete»;
    il punteggio «Nutri-score» è determinato dalla quantità di elementi considerati «sani» e «non sani». Si ottengono, dunque, punteggi negativi se i valori energetici, i grassi saturi, lo zucchero e il sodio sono presenti in elevate quantità. Si ottengono, invece, punteggi positivi se ci sono alti livelli di frutta, verdura, noci, oli di oliva, colza, fibre e proteine. Il sistema non sembra però tener conto di molti altri fattori legati all'alimentazione che non possono essere sintetizzati così come si propone;
    dopo essersi diffuso in Francia, Spagna, Belgio, Svizzera e Germania, lo scorso 28 novembre il Segretario di stato alla Salute dei Paesi Bassi, Paul Blockhuis, ha annunciato l'adozione ufficiale del sistema Nutri-Score a partire dal 2021, con adattamento alle linee dietetiche olandesi «Schijf van Vijf»;
    il 15 febbraio 2018, 33 aziende agroindustriali e di distribuzione hanno annunciato il loro impegno a mettere il punteggio Nutrì sui loro prodotti, tra cui spicca Bonduelle, che hanno fatto seguito a grandi della G.D.O. come Leclérc e Auchan, e marchi come Danone. La banca dati alimentare gratuita di Open Food Facts inoltre calcola il punteggio con il punteggio Nutrì per i prodotti completi nella sua base;
    la dichiarazione nutrizionale è resa obbligatoria dal Reg. DE n. 1169/2011 (articolo 35), e può essere resa con forme di espressione ulteriori e diverse da quelle armonizzate, purché nel rispetto di alcuni requisiti come fondatezza scientifica e non ingannevolezza per il consumatore, essere obiettive e non discriminatorie;
    il sistema di classificazione e di etichettatura delle confezioni dei prodotti alimentari in base a cinque lettere dalla A alla E e soprattutto sulla base di cinque colorì di ispirazione semaforica che vanno dal verde al rosso risulta già in vigore, sotto varie forme, in Paesi europei come Francia, Belgio, Spagna, Germania e Svizzera;
    stando a quanto riportato da più fonti stampa, ci sarebbe l'intenzione a livello di Unione Europea di standardizzare la pratica e imporla a tutti i Paesi, anche a quelli, come l'Italia, che si limitano a imporre l'obbligo di scrivere sulla confezione la composizione e la grammatura degli ingredienti presenti, senza alcun indicatore che consigli o meno l'acquisto in base al criterio di presunti vantaggi o danni per la salute;
    nel 2018 la Commissione europea ha presentato al Parlamento ed al Consiglio Europeo una relazione sull'opportunità di un'ulteriore armonizzazione dell'etichettatura nutrizionale titolata «Comunicazione della Commissione relativa alle domande e risposte sull'applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (2018/C 196/01)»;
    il 30 aprile 2019 la Commissione europea ha annunciato la registrazione di quattro nuove iniziative dei cittadini europei, tra queste, la «Pro-Nutriscore»;
    in base al sistema Nutri-Score risulterebbero altamente sconsigliati prodotti della tradizione italiana come parmigiano-reggiano, pecorino romano (categoria E), gorgonzola, prosciutto (categoria D), olio e.v.o. e mozzarella (categoria C), mentre sarebbero promosse bevande gassate come Pepsi light, Coca Cola zero e Red Bull sugar free (categoria B);
    l'eventuale applicazione di questo sistema di etichettatura comporterebbe il rischio di una semplificazione alimentare irrazionale e pericolosa nel consumatore finale, al quale verrebbe proposto come più salutare una bevanda gassata dal dubbio apporto nutrizionale rispetto ad alimenti più completi, complessi e sani sul lungo periodo;
    l'Italia si è contraddistinta per la proposta – avanzata a livello europeo – di un sistema di valutazione alternativa al Nutri-Score definito «a batteria», che prevede l'indicazione – senza l'uso di colori – della percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale rispetto alla quantità giornaliera raccomandata e relativa a una singola porzione (stabilita dai singoli produttori). Un sistema meno immediato ma più funzionale ad una corretta informazione;
    molto prodotti al centro della cosiddetta «dieta Mediterranea» e che rappresentano l'orgoglio della nostra produzione gastronomica, risulterebbero fortemente penalizzati dall'applicazione di tale sistema, non solo nel consumo interno ma anche, e soprattutto, nell’export. Coldiretti stima che quasi l'85 per cento in valore dei D.O.P. Made in Italy sarebbe bocciato da tale sistema;
    Nutri-Score ha visto, e vede tutt'ora, l'opposizione di gran parte delle rappresentanze della filiera alimentare italiana a partire da Coldiretti e Confagricoltura fino a Filiera Italia e Federalimentare, passando per il Codacons;
    la reale efficacia del sistema Nutri-Score nella pratica risulta ben diversa dai presupposti teorici su cui si basa, dal momento che non c’è alcuna garanzia – semmai il contrario – che consumando solo prodotti con «bollino verde» si possa realmente assicurare un'alimentazione sana ed equilibrata, dal momento che penalizzerebbe prodotti d'eccellenza come per esempio l'olio d'oliva premiando prodotti artificiali e di sintesi,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative nell'ambito delle proprie competenze volte ad esortare l'Unione Europea a rivedere lo strumento del Nutri-Score attivandosi al contempo al fine di adottare qualsiasi azione utile per la tutela delle produzioni agroalimentari italiane d'eccellenza che rischiano di essere screditate da un sistema di valutazione estremamente analitico e «freddo» che entra apertamente in conflitto con la cultura e le abitudini alimentari del nostro Paese.
9/2305/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Legnaioli, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 230 dell'articolo 1 del disegno di legge destina specifiche risorse alla realizzazione di interventi da attuare nei casi di situazioni di crisi industriali complesse;
   considerato che:
    tra le aree di crisi industriali complesse rientra quella di Savona, le cui problematiche sono state più volte oggetto di esame delle commissioni competenti per materia di entrambi i rami del Parlamento (in particolare nella 10a Commissione permanente del Senato il tema è stato trattato nell'ambito dell'affare assegnato n. 161);
    il Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, approvata con accordo di programma del 30 marzo 2018, prevede l'impegno di risorse pubbliche per complessivi 40,7 milioni di euro,

impegna il Governo

a destinare, nel primo provvedimento legislativo utile, nuove ed ulteriori risorse alla regione Liguria finalizzate al completamento dei progetti già avviati nell'ambito dell'area di crisi industriale complessa di Savona.
9/2305/184Foscolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 230 dell'articolo 1 del disegno di legge destina specifiche risorse alla realizzazione di interventi da attuare nei casi di situazioni di crisi industriali complesse;
   considerato che:
    tra le aree di crisi industriali complesse rientra quella di Savona, le cui problematiche sono state più volte oggetto di esame delle commissioni competenti per materia di entrambi i rami del Parlamento (in particolare nella 10a Commissione permanente del Senato il tema è stato trattato nell'ambito dell'affare assegnato n. 161);
    il Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, approvata con accordo di programma del 30 marzo 2018, prevede l'impegno di risorse pubbliche per complessivi 40,7 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, nel primo provvedimento legislativo utile, nuove ed ulteriori risorse alla regione Liguria finalizzate al completamento dei progetti già avviati nell'ambito dell'area di crisi industriale complessa di Savona.
9/2305/184. (Testo modificato nel corso della seduta) Foscolo.


   La Camera,
   premesso che:
    diverse disposizioni contenute nel disegno di legge in esame destinano risorse alla realizzazione di specifici interventi atti a migliorare il trasporto pubblico locale in diverse regioni italiane;
   considerato che:
    nel marzo del 2005 la Giunta Regionale della Regione Lombardia ha approvato il progetto del prolungamento della linea metropolitana M2 di Milano da Cotogno Nord a Vimercate; tale progetto prevedeva un costo di 500 milioni di euro e il completamento previsto per il 2012, ed è stato successivamente abbandonato perché ritenuto troppo costoso;
    in tempi più recenti, il prolungamento della linea M2 da Cologno Nord a Vimercate è tornato di attualità e a tal fine si sono tenute delle riunioni nelle sede istituzionali preposte al fine di trovare delle soluzioni economicamente più efficienti;
    di tal guisa è stato realizzato uno studio di fattibilità multiscenario con diverse ipotesi (metropolitana tradizionale; metrotramvia; filobus; sistema integrato), ciascuna delle quali ha ovviamente un costo differente;
    allo stato attuale il progetto è del tutto fermo perché mancano le risorse necessarie alla prosecuzione degli studi di fattibilità tecnico ed economica prodromici alla scelta della soluzione trasportistica più efficiente,

impegna il Governo

a destinare, nel primo provvedimento legislativo utile, specifiche risorse finalizzate allo studio, progettazione e realizzazione del tratto compreso tra Cologno Nord e Vimercate della linea M2 della metropolitana di Milano.
9/2305/185Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    diverse disposizioni contenute nel disegno di legge in esame destinano risorse alla realizzazione di specifici interventi atti a migliorare il trasporto pubblico locale in diverse regioni italiane;
   considerato che:
    nel marzo del 2005 la Giunta Regionale della Regione Lombardia ha approvato il progetto del prolungamento della linea metropolitana M2 di Milano da Cotogno Nord a Vimercate; tale progetto prevedeva un costo di 500 milioni di euro e il completamento previsto per il 2012, ed è stato successivamente abbandonato perché ritenuto troppo costoso;
    in tempi più recenti, il prolungamento della linea M2 da Cologno Nord a Vimercate è tornato di attualità e a tal fine si sono tenute delle riunioni nelle sede istituzionali preposte al fine di trovare delle soluzioni economicamente più efficienti;
    di tal guisa è stato realizzato uno studio di fattibilità multiscenario con diverse ipotesi (metropolitana tradizionale; metrotramvia; filobus; sistema integrato), ciascuna delle quali ha ovviamente un costo differente;
    allo stato attuale il progetto è del tutto fermo perché mancano le risorse necessarie alla prosecuzione degli studi di fattibilità tecnico ed economica prodromici alla scelta della soluzione trasportistica più efficiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, nel primo provvedimento legislativo utile, specifiche risorse finalizzate allo studio, progettazione e realizzazione del tratto compreso tra Cologno Nord e Vimercate della linea M2 della metropolitana di Milano.
9/2305/185. (Testo modificato nel corso della seduta) Capitanio.


   La Camera,
   premesso che:
    diverse disposizioni contenute nel disegno di legge in esame destinano risorse alla realizzazione di specifiche opere infrastrutturali di interesse nazionale;
   considerato che:
    il progetto «Nodo stradale e autostradale di Genova – Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova», ha lo scopo di superare le problematiche connesse alla congestione del traffico autostradale ed urbano di Genova e allo smaltimento in sicurezza dei volumi di traffico, soprattutto pesante, cui sono sottoposte le infrastrutture stradali e autostradali genovesi, e a consentire l'abbattimento degli attuali impatti su vaste aree residenziali, con riferimento alle componenti ambientali rumore e atmosfera;
    con l'approvazione del progetto da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, intervenuta il 7 settembre 2017, si è conclusa formalmente la fase di approvazione del progetto definitivo della Gronda di Genova, convalidata nell'aprile del 2018 con l'approvazione degli aspetti finanziari che trasferiscono sul concessionario Autostrade per l'Italia s.p.a. le responsabilità economiche dell'intervento;
    ai fini dell'avvio dei lavori, l’iter autorizzativo risulta tuttavia sospeso presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'opera è ancora in attesa del «via libera» sul progetto esecutivo, già presentato dall'Aspi tra agosto e dicembre 2018, secondo quanto annunciato dai media; la società informa altresì che, per limitare gli effetti del ritardo dell'approvazione dei progetti esecutivi dei singoli lotti, ha già realizzato il 92 per cento degli espropri sul territorio e ha bandito gare di prequalifica per un importo complessivo di 490 milioni di euro;
    il 21 agosto 2019, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato sul proprio sito per la libera consultazione ulteriori analisi costi benefìci e l'analisi giuridica relativamente alla Gronda di Ponente e interconnessione A7-A10-A12, come da richiesta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore. L'analisi costi-benefìci conferma la netta prevalenza dei benefìci sui costi dell'opera e riguarda non solo il progetto originario, ma anche alcune soluzioni alternative finalizzate al potenziamento del nodo stradale di Genova, che valutano la possibilità di perseguire opzioni infrastrutturali diverse in termini trasportistici, ambientali e finanziari, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha giudicato maggiormente efficienti e che, tuttavia, occorre ancora siano oggetto di un confronto con i livelli istituzionali territoriali e, secondo le stesse conclusioni dei valutatori, rivalutare, con simulazioni maggiormente approfondite effettuate con strumenti di maggior dettaglio, per verificare puntualmente il corretto dimensionamento delle diverse parti che le compongono;
    tale messa in discussione del progetto avrebbe il palese risultato di ritardare ulteriormente per almeno 5 anni la realizzazione dell'opera, fortemente voluta dalla comunità genovese, dalle istituzioni locali e dall'intero mondo produttivo, oltre a provocare ingenti danni economici e ulteriori costi a carico dei pedaggi e quindi dei cittadini, per i risarcimenti delle spese già effettuate dalla concessionaria;
    l'opera autostradale già approvata presenta un tracciato di circa 65 chilometri, con il 90 per cento in galleria, che devia tutto il traffico pesante e di transito al di fuori del centro urbano; il progetto della Gronda di Genova, la cui compatibilità ambientale è stata deliberata con decreto ministeriale, emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali, n. 28 del 23 gennaio 2014, è un progetto complesso che ha un costo complessivo di 4,7 miliardi di euro per 120 mesi di realizzazione e che prevede il potenziamento fuori sede della AIO tra Genova Ovest e Vesima, la realizzazione della carreggiata nord della A7 tra Genova Ovest e Bolzaneto e della carreggiata Est della A12, con nuovi rami di svincoli, rampe e raccordi, nonché la realizzazione dell'opera a mare, nel canale di calma del porto di Genova, con l'ampliamento dell'attuale fascia laterale a servizio dell'aeroporto, ai fini della messa in sicurezza dell'aeroporto medesimo;
    il progetto presentato ai fini della valutazione d'impatto ambientale (Via) ha compreso anche l'Autorizzazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, per 12.051.164 me, e la valutazione di incidenza per i SIC IT1331402 – Beigua – Monte Dente – Gargassa – Pavaglione, IT1331501 – Fraglia – Pracaban – Monte Leco – Punta Martin, IT1331615 – Monte Gazzo, e ZPS IT1331578 – Beigua – Turchino;
    il processo progettuale dell'opera è partito negli anni ’80 ed è stato concretizzato negli anni 2000 con atti di intesa;
    l'opera è stata preceduta da un dibattito pubblico, organizzato da Aspi, tra il 1o febbraio ed il 30 aprile 2009, espressamente richiesto con nota congiunta dei tre enti territoriali, regione, provincia e comune, e formalmente attivato con delibera di giunta comunale del 13 novembre 2008, al fine di coinvolgere la cittadinanza nella scelta del tracciato prima della predisposizione della progettazione definitiva;
    sono state presentate e valutate 5 ipotesi progettuali; il dibattito pubblico è stato gestito da una commissione di quattro esperti nominati d'intesa tra comune e proponente e organizzato attraverso 6 incontri a carattere generale, 7 incontri tematici e altri incontri collaterali; tale dibattito ha compreso la scelta delle alternative e l'alternativa di non intervento e la comparazione su 27 indicatori, articolati nelle categorie: «Traffico», per un totale di 7 indicatori, «Socio-economica-ambientale», per un totale di 13 indicatori, «Cantierizzazione», per complessivi 7 indicatori;
    dall'analisi dei risultati degli indicatori della categoria socio-economico ambientale è emersa la ferma necessità del raddoppio fuori sede della AIO, al di fuori del centro abitato, e una prevalenza delle soluzioni più distanti dalla città storica più antropizzata, risultando preferibile la soluzione con lo spostamento verso est del tracciato della nuova carreggiata dell'A7 diretta verso Milano e con un tracciato quasi interamente in sotterraneo;
    hanno avuto luogo 61 interviste per la divulgazione del materiale, sono stati prodotti 45 quaderni degli attori, sono avvenuti incontri con 29 esperti e scritti 400 articoli sui quotidiani per i 3 mesi di durata del dibattito pubblico, con una media di circa 4,6 articoli al giorno; sono stati effettuati una serie di sopralluoghi nelle aree di interesse del tracciato;
    l'8 febbraio 2010 è stato firmato il «Protocollo d'intesa per la realizzazione del nodo stradale ed autostradale di Genova» tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Liguria, provincia di Genova, comune di Genova, Autorità portuale di Genova, Anas Spa ed Autostrade per l'Italia;
    la documentazione di progetto presentata ai fini della Via ha contenuto ulteriori approfondimenti ambientali in merito alle alternative di progetto, valutando soprattutto la vulnerabilità della falda e le caratteristiche chimico-fisiche dei litotipi affioranti, le caratteristiche di permeabilità del substrato e la profondità della falda, le interferenze con i pozzi e le sorgenti censite all'interno dell'area vasta d'intervento, considerando il numero di sorgenti e pozzi ricadenti in una fascia di 1 chilometro a cavallo di ogni singolo asse, nonché i regimi normativi definiti nella carta «Assetto Vegetazionale» del Piano territoriale di coordinamento paesistico della regione Liguria;
    tutte le analisi effettuate da parte della Commissione Via e Vas, come documentate nel parere della Commissione Via e Vas n. 1282 del 28 giugno 2013, positivo con prescrizioni, pubblicato nel sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non hanno rilevato variazioni emergenti rispetto alle scelte delle alternative proposte in sede di dibattito pubblico;
    inoltre, in tale parere risultano contro-dedotte tutte le osservazioni del pubblico, dei comitati e delle associazioni ambientaliste, che hanno costituito oggetto di integrazioni, approfondimenti, implementazioni sostanziali dello studio di impatto ambientale, compensazioni ambientali e soluzioni progettuali specifiche che hanno richiesto la pubblicazione per ben due volte del progetto a disposizione delle osservazioni del pubblico;
    tra le mitigazioni previste si rilevano interventi di inserimento paesaggistico, in particolare nelle aree di imbocco delle gallerie, reintegro dei punti d'acqua potenzialmente drenati con allacciamento delle utenze impattate all'acquedotto pubblico, reintegro delle sorgenti di pregio naturalistico, interventi di mitigazione acustica;
    sono inoltre previsti interventi di compensazione ambientale che comprendono un parco fotovoltaico, interventi di forestazione o riforestazione, la rinaturalizzazione di una cava, il recupero delle acque potenzialmente drenate lungo le gallerie;
    tutte le osservazioni del pubblico e le controdeduzioni e modifiche progettuali proposte da Aspi sono state esaminate dalla Commissione Via e Vas e hanno trovato risposte nelle valutazioni esposte nel parere n. 1282/2013 e nelle prescrizioni dello stesso parere con verifiche da ottemperare ai fini della prosecuzione dei lavori. Il parere della Commissione Via e Vas ha tenuto, conto inoltre dei pareri della regione Liguria e delle prescrizioni della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale regionale, da ottemperare a livello del progetto esecutivo ai fini della prosecuzione dei lavori;
    è stato inoltre istituito un comitato di controllo, partecipato da Arpa Liguria, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla regione Liguria; sono in corso le verifiche di ottemperanza delle prescrizioni relative al decreto ministeriale n. 28 del 23 gennaio 2014 e della determinazione direttoriale DVA- 2013-0014268 del 19 giugno 2013, relativa al piano di utilizzo delle Terre;
    pertanto, la soluzione proposta è stata profondamente analizzata e il progetto è stato condiviso dall'intera società civile, cittadini, associazioni di categoria e istituzioni; eventuali ulteriori analisi per individuale modifiche progettuali si presentano inutili e negative, poiché avrebbero l'unico risultato di bloccare sine die i lavori e rimettere in discussione un'opera che migliora la situazione del traffico della città ed è considerata strategica per lo sviluppo del turismo e della portualità del nord-ovest e, quindi, vitale per Genova e per l'intero Paese;
    gli imprenditori genovesi, i sindacati e i professionisti hanno firmato nel mese di gennaio 2019 un manifesto a favore dell'opera e ora annunciano sui media manifestazioni in piazza per chiedere al Governo l'immediato avvio dei lavori di tutte le infrastrutture ferme e soprattutto della Gronda, ritenuta fondamentale per il futuro della Liguria per la possibilità di attrarre investimenti e creare occasioni di lavoro vere soprattutto per le nuove generazioni;
    il progetto presenta una soluzione concreta per superare il congestionamento da traffico del centro urbano di Genova, già martoriato dagli attraversamenti stradali e autostradali, spostando all'esterno tutto il traffico di attraversamento; contiene alte tecnologie di realizzazione per evitare il contatto degli operatori con le terre amiantifere che caratterizzano il suolo e sottosuolo ligure al nord della Valle di Polcevera, ed è funzionale all'adeguamento regolamentare della fascia laterale dell'Aeroporto di Genova, oggi oggetto di deroga permanente, senza modificare la potenzialità e capacità dell'aeroporto già autorizzato nel suo esercizio;
    nell'ambito delle valutazioni conclusive dell'istruttoria di valutazione ambientale si afferma che lo scopo dell'opera è quello di potenziare l'attuale sistema infrastrutturale, al fine di migliorare i livelli di servizio in funzione degli scenari di traffico, nonché di migliorare con adeguati standard geometrici le condizioni di sicurezza ottenibili con il tracciato fuori sede proposto; ciò consente lo spostamento fuori dall'abitato di Genova del traffico autostradale di attraversamento; sono stati valutati particolarmente positivi i benefìci ambientali sulle componenti atmosfera e rumore che la nuova opera così come proposta consente di ottenere, vista l'indubbia funzionalità della nuova infrastruttura, e ritenendo pertanto importante che tutti i soggetti coinvolti si adoperino per la realizzazione celere dell'opera;
    ultimamente, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha pronunciato espressioni a favore dello sblocco della realizzazione della Gronda di Genova,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche di tipo finanziario, per procedere, nel più breve tempo possibile, allo sblocco dell'iter di approvazione del progetto esecutivo e all'inizio dei lavori dell'infrastruttura «Nodo stradale e autostradale di Genova – Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova».
9/2305/186Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    diverse disposizioni contenute nel disegno di legge in esame destinano risorse alla realizzazione di specifiche opere infrastrutturali di interesse nazionale;
   considerato che:
    il progetto «Nodo stradale e autostradale di Genova – Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova», ha lo scopo di superare le problematiche connesse alla congestione del traffico autostradale ed urbano di Genova e allo smaltimento in sicurezza dei volumi di traffico, soprattutto pesante, cui sono sottoposte le infrastrutture stradali e autostradali genovesi, e a consentire l'abbattimento degli attuali impatti su vaste aree residenziali, con riferimento alle componenti ambientali rumore e atmosfera;
    con l'approvazione del progetto da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, intervenuta il 7 settembre 2017, si è conclusa formalmente la fase di approvazione del progetto definitivo della Gronda di Genova, convalidata nell'aprile del 2018 con l'approvazione degli aspetti finanziari che trasferiscono sul concessionario Autostrade per l'Italia s.p.a. le responsabilità economiche dell'intervento;
    ai fini dell'avvio dei lavori, l’iter autorizzativo risulta tuttavia sospeso presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'opera è ancora in attesa del «via libera» sul progetto esecutivo, già presentato dall'Aspi tra agosto e dicembre 2018, secondo quanto annunciato dai media; la società informa altresì che, per limitare gli effetti del ritardo dell'approvazione dei progetti esecutivi dei singoli lotti, ha già realizzato il 92 per cento degli espropri sul territorio e ha bandito gare di prequalifica per un importo complessivo di 490 milioni di euro;
    il 21 agosto 2019, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato sul proprio sito per la libera consultazione ulteriori analisi costi benefìci e l'analisi giuridica relativamente alla Gronda di Ponente e interconnessione A7-A10-A12, come da richiesta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore. L'analisi costi-benefìci conferma la netta prevalenza dei benefìci sui costi dell'opera e riguarda non solo il progetto originario, ma anche alcune soluzioni alternative finalizzate al potenziamento del nodo stradale di Genova, che valutano la possibilità di perseguire opzioni infrastrutturali diverse in termini trasportistici, ambientali e finanziari, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha giudicato maggiormente efficienti e che, tuttavia, occorre ancora siano oggetto di un confronto con i livelli istituzionali territoriali e, secondo le stesse conclusioni dei valutatori, rivalutare, con simulazioni maggiormente approfondite effettuate con strumenti di maggior dettaglio, per verificare puntualmente il corretto dimensionamento delle diverse parti che le compongono;
    tale messa in discussione del progetto avrebbe il palese risultato di ritardare ulteriormente per almeno 5 anni la realizzazione dell'opera, fortemente voluta dalla comunità genovese, dalle istituzioni locali e dall'intero mondo produttivo, oltre a provocare ingenti danni economici e ulteriori costi a carico dei pedaggi e quindi dei cittadini, per i risarcimenti delle spese già effettuate dalla concessionaria;
    l'opera autostradale già approvata presenta un tracciato di circa 65 chilometri, con il 90 per cento in galleria, che devia tutto il traffico pesante e di transito al di fuori del centro urbano; il progetto della Gronda di Genova, la cui compatibilità ambientale è stata deliberata con decreto ministeriale, emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali, n. 28 del 23 gennaio 2014, è un progetto complesso che ha un costo complessivo di 4,7 miliardi di euro per 120 mesi di realizzazione e che prevede il potenziamento fuori sede della AIO tra Genova Ovest e Vesima, la realizzazione della carreggiata nord della A7 tra Genova Ovest e Bolzaneto e della carreggiata Est della A12, con nuovi rami di svincoli, rampe e raccordi, nonché la realizzazione dell'opera a mare, nel canale di calma del porto di Genova, con l'ampliamento dell'attuale fascia laterale a servizio dell'aeroporto, ai fini della messa in sicurezza dell'aeroporto medesimo;
    il progetto presentato ai fini della valutazione d'impatto ambientale (Via) ha compreso anche l'Autorizzazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, per 12.051.164 me, e la valutazione di incidenza per i SIC IT1331402 – Beigua – Monte Dente – Gargassa – Pavaglione, IT1331501 – Fraglia – Pracaban – Monte Leco – Punta Martin, IT1331615 – Monte Gazzo, e ZPS IT1331578 – Beigua – Turchino;
    il processo progettuale dell'opera è partito negli anni ’80 ed è stato concretizzato negli anni 2000 con atti di intesa;
    l'opera è stata preceduta da un dibattito pubblico, organizzato da Aspi, tra il 1o febbraio ed il 30 aprile 2009, espressamente richiesto con nota congiunta dei tre enti territoriali, regione, provincia e comune, e formalmente attivato con delibera di giunta comunale del 13 novembre 2008, al fine di coinvolgere la cittadinanza nella scelta del tracciato prima della predisposizione della progettazione definitiva;
    sono state presentate e valutate 5 ipotesi progettuali; il dibattito pubblico è stato gestito da una commissione di quattro esperti nominati d'intesa tra comune e proponente e organizzato attraverso 6 incontri a carattere generale, 7 incontri tematici e altri incontri collaterali; tale dibattito ha compreso la scelta delle alternative e l'alternativa di non intervento e la comparazione su 27 indicatori, articolati nelle categorie: «Traffico», per un totale di 7 indicatori, «Socio-economica-ambientale», per un totale di 13 indicatori, «Cantierizzazione», per complessivi 7 indicatori;
    dall'analisi dei risultati degli indicatori della categoria socio-economico ambientale è emersa la ferma necessità del raddoppio fuori sede della AIO, al di fuori del centro abitato, e una prevalenza delle soluzioni più distanti dalla città storica più antropizzata, risultando preferibile la soluzione con lo spostamento verso est del tracciato della nuova carreggiata dell'A7 diretta verso Milano e con un tracciato quasi interamente in sotterraneo;
    hanno avuto luogo 61 interviste per la divulgazione del materiale, sono stati prodotti 45 quaderni degli attori, sono avvenuti incontri con 29 esperti e scritti 400 articoli sui quotidiani per i 3 mesi di durata del dibattito pubblico, con una media di circa 4,6 articoli al giorno; sono stati effettuati una serie di sopralluoghi nelle aree di interesse del tracciato;
    l'8 febbraio 2010 è stato firmato il «Protocollo d'intesa per la realizzazione del nodo stradale ed autostradale di Genova» tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Liguria, provincia di Genova, comune di Genova, Autorità portuale di Genova, Anas Spa ed Autostrade per l'Italia;
    la documentazione di progetto presentata ai fini della Via ha contenuto ulteriori approfondimenti ambientali in merito alle alternative di progetto, valutando soprattutto la vulnerabilità della falda e le caratteristiche chimico-fisiche dei litotipi affioranti, le caratteristiche di permeabilità del substrato e la profondità della falda, le interferenze con i pozzi e le sorgenti censite all'interno dell'area vasta d'intervento, considerando il numero di sorgenti e pozzi ricadenti in una fascia di 1 chilometro a cavallo di ogni singolo asse, nonché i regimi normativi definiti nella carta «Assetto Vegetazionale» del Piano territoriale di coordinamento paesistico della regione Liguria;
    tutte le analisi effettuate da parte della Commissione Via e Vas, come documentate nel parere della Commissione Via e Vas n. 1282 del 28 giugno 2013, positivo con prescrizioni, pubblicato nel sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non hanno rilevato variazioni emergenti rispetto alle scelte delle alternative proposte in sede di dibattito pubblico;
    inoltre, in tale parere risultano contro-dedotte tutte le osservazioni del pubblico, dei comitati e delle associazioni ambientaliste, che hanno costituito oggetto di integrazioni, approfondimenti, implementazioni sostanziali dello studio di impatto ambientale, compensazioni ambientali e soluzioni progettuali specifiche che hanno richiesto la pubblicazione per ben due volte del progetto a disposizione delle osservazioni del pubblico;
    tra le mitigazioni previste si rilevano interventi di inserimento paesaggistico, in particolare nelle aree di imbocco delle gallerie, reintegro dei punti d'acqua potenzialmente drenati con allacciamento delle utenze impattate all'acquedotto pubblico, reintegro delle sorgenti di pregio naturalistico, interventi di mitigazione acustica;
    sono inoltre previsti interventi di compensazione ambientale che comprendono un parco fotovoltaico, interventi di forestazione o riforestazione, la rinaturalizzazione di una cava, il recupero delle acque potenzialmente drenate lungo le gallerie;
    tutte le osservazioni del pubblico e le controdeduzioni e modifiche progettuali proposte da Aspi sono state esaminate dalla Commissione Via e Vas e hanno trovato risposte nelle valutazioni esposte nel parere n. 1282/2013 e nelle prescrizioni dello stesso parere con verifiche da ottemperare ai fini della prosecuzione dei lavori. Il parere della Commissione Via e Vas ha tenuto, conto inoltre dei pareri della regione Liguria e delle prescrizioni della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale regionale, da ottemperare a livello del progetto esecutivo ai fini della prosecuzione dei lavori;
    è stato inoltre istituito un comitato di controllo, partecipato da Arpa Liguria, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalla regione Liguria; sono in corso le verifiche di ottemperanza delle prescrizioni relative al decreto ministeriale n. 28 del 23 gennaio 2014 e della determinazione direttoriale DVA- 2013-0014268 del 19 giugno 2013, relativa al piano di utilizzo delle Terre;
    pertanto, la soluzione proposta è stata profondamente analizzata e il progetto è stato condiviso dall'intera società civile, cittadini, associazioni di categoria e istituzioni; eventuali ulteriori analisi per individuale modifiche progettuali si presentano inutili e negative, poiché avrebbero l'unico risultato di bloccare sine die i lavori e rimettere in discussione un'opera che migliora la situazione del traffico della città ed è considerata strategica per lo sviluppo del turismo e della portualità del nord-ovest e, quindi, vitale per Genova e per l'intero Paese;
    gli imprenditori genovesi, i sindacati e i professionisti hanno firmato nel mese di gennaio 2019 un manifesto a favore dell'opera e ora annunciano sui media manifestazioni in piazza per chiedere al Governo l'immediato avvio dei lavori di tutte le infrastrutture ferme e soprattutto della Gronda, ritenuta fondamentale per il futuro della Liguria per la possibilità di attrarre investimenti e creare occasioni di lavoro vere soprattutto per le nuove generazioni;
    il progetto presenta una soluzione concreta per superare il congestionamento da traffico del centro urbano di Genova, già martoriato dagli attraversamenti stradali e autostradali, spostando all'esterno tutto il traffico di attraversamento; contiene alte tecnologie di realizzazione per evitare il contatto degli operatori con le terre amiantifere che caratterizzano il suolo e sottosuolo ligure al nord della Valle di Polcevera, ed è funzionale all'adeguamento regolamentare della fascia laterale dell'Aeroporto di Genova, oggi oggetto di deroga permanente, senza modificare la potenzialità e capacità dell'aeroporto già autorizzato nel suo esercizio;
    nell'ambito delle valutazioni conclusive dell'istruttoria di valutazione ambientale si afferma che lo scopo dell'opera è quello di potenziare l'attuale sistema infrastrutturale, al fine di migliorare i livelli di servizio in funzione degli scenari di traffico, nonché di migliorare con adeguati standard geometrici le condizioni di sicurezza ottenibili con il tracciato fuori sede proposto; ciò consente lo spostamento fuori dall'abitato di Genova del traffico autostradale di attraversamento; sono stati valutati particolarmente positivi i benefìci ambientali sulle componenti atmosfera e rumore che la nuova opera così come proposta consente di ottenere, vista l'indubbia funzionalità della nuova infrastruttura, e ritenendo pertanto importante che tutti i soggetti coinvolti si adoperino per la realizzazione celere dell'opera;
    ultimamente, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha pronunciato espressioni a favore dello sblocco della realizzazione della Gronda di Genova,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche di tipo finanziario, per procedere, nel più breve tempo possibile, allo sblocco dell'iter di approvazione del progetto esecutivo e all'inizio dei lavori dell'infrastruttura «Nodo stradale e autostradale di Genova – Adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente noto come «Gronda di Genova».
9/2305/186. (Testo modificato nel corso della seduta) Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 345 ha incrementato, per la dotazione del Fondo per le adozioni internazionali, lo stanziamento di 500 mila euro annui;
    con il comma 411 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è stato istituito tale fondo con una dotazione a decorrere dal 2016 di 15 milioni di euro, al fine di sostenere le politiche sulle adozioni internazionali e il funzionamento della relativa Commissione;
    con l'articolo 1, comma 590, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 la dotazione del fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per l'anno 2017 al fine di assicurare il sostegno alle famiglie che hanno concluso le procedure di adozione internazionale;
    il Fondo per le adozioni internazionali, è stato rifinanziato con la legge n. 205 del 27 dicembre 2017 per ulteriori 10 milioni di euro, raggiungendo uno stanziamento di 25 milioni di euro, destinati anche al funzionamento della CAI (Commissione adozioni internazionali);
    la legge n. 145 del 2018 ha previsto una dotazione di circa 24 milioni di Euro;
    la legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) aveva istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali, finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalla legge 184 del 1983 (articolo 1, comma 152). Il Fondo aveva una dotazione per il 2005 di 10 milioni di euro. I limiti di reddito per l'accesso al Fondo, le modalità di presentazione delle domande nonché l'ammontare delle spese rimborsabili sono state definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 giugno 2005;
    successivamente, le risorse per le adozioni internazionali sono confluite nel Fondo per le Politiche della Famiglia, istituito dall'articolo 19, comma 1 del decreto-legge 223 del 2006 (conversione legge n. 248 del 2006). Le risorse di tale Fondo- tra le cui finalità sono state inserite il sostegno delle adozioni internazionali nonché il pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali- sono state incrementate dall'articolo 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006);
    la legge di stabilità 2016, contestualmente all'istituzione del Fondo per le adozioni internazionali ha disposto invece una corrispondente riduzione delle risorse destinate al Fondo per le politiche per la famiglia presso il quale le risorse per il sostegno a tali adozioni erano appostate,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assicurare un sostegno alle famiglie che hanno attivato la procedura di adozione nazionale e che le risorse messe a disposizione per le adozioni internazionali confluiscano, attraverso ulteriori iniziative normative, nel Fondo per le politiche per la famiglia.
9/2305/187Tateo, Potenti, Turri, Bisa, Paolini, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 345 ha incrementato, per la dotazione del Fondo per le adozioni internazionali, lo stanziamento di 500 mila euro annui;
    con il comma 411 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è stato istituito tale fondo con una dotazione a decorrere dal 2016 di 15 milioni di euro, al fine di sostenere le politiche sulle adozioni internazionali e il funzionamento della relativa Commissione;
    con l'articolo 1, comma 590, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 la dotazione del fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per l'anno 2017 al fine di assicurare il sostegno alle famiglie che hanno concluso le procedure di adozione internazionale;
    il Fondo per le adozioni internazionali, è stato rifinanziato con la legge n. 205 del 27 dicembre 2017 per ulteriori 10 milioni di euro, raggiungendo uno stanziamento di 25 milioni di euro, destinati anche al funzionamento della CAI (Commissione adozioni internazionali);
    la legge n. 145 del 2018 ha previsto una dotazione di circa 24 milioni di Euro;
    la legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) aveva istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali, finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalla legge 184 del 1983 (articolo 1, comma 152). Il Fondo aveva una dotazione per il 2005 di 10 milioni di euro. I limiti di reddito per l'accesso al Fondo, le modalità di presentazione delle domande nonché l'ammontare delle spese rimborsabili sono state definite dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 giugno 2005;
    successivamente, le risorse per le adozioni internazionali sono confluite nel Fondo per le Politiche della Famiglia, istituito dall'articolo 19, comma 1 del decreto-legge 223 del 2006 (conversione legge n. 248 del 2006). Le risorse di tale Fondo- tra le cui finalità sono state inserite il sostegno delle adozioni internazionali nonché il pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali- sono state incrementate dall'articolo 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006);
    la legge di stabilità 2016, contestualmente all'istituzione del Fondo per le adozioni internazionali ha disposto invece una corrispondente riduzione delle risorse destinate al Fondo per le politiche per la famiglia presso il quale le risorse per il sostegno a tali adozioni erano appostate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare un sostegno alle famiglie che hanno attivato la procedura di adozione nazionale e che le risorse messe a disposizione per le adozioni internazionali confluiscano, attraverso ulteriori iniziative normative, nel Fondo per le politiche per la famiglia.
9/2305/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Tateo, Potenti, Turri, Bisa, Paolini, Morrone, Marchetti, Cantalamessa, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    lo slittamento di un anno delle tasse sulla plastica e sullo zucchero non è in alcun modo una notizia che tranquillizza le associazioni di categoria del settore, in quanto si tratta di due tasse punitive, pensate solo per far cassa e che vanno a colpire pesantemente la filiera agroalimentare e in particolare quella dell'ortofrutta;
    l'imposta sulla plastica, per come è stata formulata, appare di fatto discriminatoria nei confronti degli operatori dell'agroalimentare, e non tiene inoltre nella debita considerazione i vincoli igienico-sanitari a cui sono sottoposte le imprese del settore alimentare che sono obbligate ad utilizzare prodotti fatti esclusivamente con plastica vergine o con una quota minima di plastica riciclata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attivare da subito una concertazione con le associazioni di categoria coinvolte dalla introduzione di questa disposizione, al fine di scongiurare una contrazione dell'attività delle aziende interessate ovvero dei livelli occupazionali coinvolti.
9/2305/188Frassini, Legnaioli, Murelli, Cavandoli, Cestari, Tomasi.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata positivamente la norma di cui comma 12 dell'articolo 1 del provvedimento, finalizzata a prevedere l'esenzione Irpef per la liquidazione anticipata in un'unica soluzione della Naspi, destinata alla sottoscrizione di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorativa da parte del socio;
    evidenziato che tale norma, introdotta nel corso dell'esame in Senato, raccoglie la battaglia della Lega volta a favorire il fenomeno cosiddetto « workers byout», consistente nell'operazione di acquisto di una società da parte dei dipendenti dell'impresa stessa a dimostrazione che le aziende italiane fallite e rigenerate dai dipendenti stessi con la trasformazione in cooperative rappresenta un'importante strada da perseguire a salvaguardia sia dell'occupazione che dell'attività produttiva;
    ricordato che sussiste tuttavia, ancora, il fenomeno delle cosiddette «false cooperative» o «cooperative spurie», che oramai ha assunto proporzioni tali da richiedere interventi incisivi proprio a tutela delle cooperative più virtuose,

impegna il Governo

ad intervenire celermente, con atti di propria competenza, sulla vigente disciplina delle cooperative, al fine di rimediare alle distorsioni di mercato ed alla concorrenza sleale di fatto operata dalle false cooperative.
9/2305/189Cestari, Murelli, Guidesi, Eva Lorenzoni, Legnaioli, Cavandoli, Golinelli, Morrone, Piastra, Raffaelli, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata positivamente la disposizione di cui al comma 476, che estende la possibilità di accedere al regime cosiddetta «opzione donna» alle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2019;
    ribadita la doverosità di riformare in maniera più vantaggiosa il sistema previdenziale per le donne lavoratrici, ancora troppo penalizzate per il duplice ruolo – di madri e di lavoratrici – all'interno della società;
    preso atto che l'atteso bonus contributivo consistente nel riconoscimento di un anno di contributi per ogni figlio, fino ad un massimo di tre anni, non ha trovato spazio nel provvedimento in esame;
   considerato che tale conteggio significa, per l'appunto, riconoscere al mondo femminile l'importante funzione svolta come lavoratrici e come madri,

impegna il Governo:

a reperire le occorrenti risorse per procedere alla revisione del sistema pensionistico applicato al mondo femminile, riconoscendo alle lavoratrici madri lavoratrici un calcolo vantaggioso degli anni di lavoro rapportato al numero dei figli.
9/2305/190Tomasi, Durigon, Murelli, Cavandoli, Legnaioli, Caffaratto, Moschioni, Eva Lorenzoni, Frassini, Cestari, Raffaelli.


   La Camera,
   premesso che:
    valutata positivamente la disposizione di cui al comma 476, che estende la possibilità di accedere al regime cosiddetta «opzione donna» alle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2019;
    ribadita la doverosità di riformare in maniera più vantaggiosa il sistema previdenziale per le donne lavoratrici, ancora troppo penalizzate per il duplice ruolo – di madri e di lavoratrici – all'interno della società;
    preso atto che l'atteso bonus contributivo consistente nel riconoscimento di un anno di contributi per ogni figlio, fino ad un massimo di tre anni, non ha trovato spazio nel provvedimento in esame;
   considerato che tale conteggio significa, per l'appunto, riconoscere al mondo femminile l'importante funzione svolta come lavoratrici e come madri,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di reperire le occorrenti risorse per procedere alla revisione del sistema pensionistico applicato al mondo femminile, riconoscendo alle lavoratrici madri lavoratrici un calcolo vantaggioso degli anni di lavoro rapportato al numero dei figli.
9/2305/190. (Testo modificato nel corso della seduta) Tomasi, Durigon, Murelli, Cavandoli, Legnaioli, Caffaratto, Moschioni, Eva Lorenzoni, Frassini, Cestari, Raffaelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 29 e seguenti prevedono contributi diretti ai comuni di 500 milioni per l'efficientamento energetico (ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili) e per lo sviluppo territoriale sostenibile (ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche);
    sono stati dunque ridotti e unificati gli stanziamenti delle due norme cosiddette «spagna» per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale, per cui lo scorso governo aveva stanziato i 400 milioni in legge di bilancio 2019 e quelli per l'efficientamento energetico, ossia i 500 milioni nel decreto crescita;
    l'innovatività della «norma spagna» risiede nell'attribuzione diretta del contributo proporzionato al numero di abitanti, in modo da non dover scegliere in base a criteri che spesso in passato sono stati anche quelli del maggior disavanzo, premiando i comuni meno virtuosi i quali, non necessariamente sono quelli che necessitano maggiormente della tipologia di intervento finanziato rispetto ad un comune virtuoso che però non ha sufficienti risorse;
    questo meccanismo, quindi, oltre a non creare sperequazioni, è anche molto più veloce nell'assegnazione ed esecuzione dei lavori, trovandosi già in mora primaria il calendario delle assegnazioni e la data entro cui occorre iniziare i lavori, pena la decadenza dal benefizio con restituzione del contributo, così come il monitoraggio operato da parte dello Stato centrale, accorciando ed efficientando i tempi della realizzazione dell'investimento;
    i commi 42 e 43 stanziano dunque ulteriori fondi per i comuni (150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034;) e 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034, dedicati, rispettivamente, a investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, e all'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
    i due finanziamenti non avranno inizio nel prossimo anno, bensì nel 2022 e, addirittura, nel 2025. Inoltre, essendo uno stanziamento complessivo, si dovrà attendere il decreto ministeriale e l'uscita del bandi attraverso cui, in base ai criteri indicati dalla norma, si selezioneranno i comuni beneficiari,

impegna il Governo

ad incrementare, nel prossimo provvedimento utile, le risorse messe a disposizione dei Comuni per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale optando, per l'assegnazione di tali fondi, così anche per l'assegnazione di risorse diversamente vincolate, per la formula dell'attribuzione diretta attraverso il meccanismo detto «norma Spagna», per le ragioni esposte in premessa.
9/2305/191Lazzarini, Garavaglia, Vanessa Cattoi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 29 e seguenti prevedono contributi diretti ai comuni di 500 milioni per l'efficientamento energetico (ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili) e per lo sviluppo territoriale sostenibile (ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche);
    sono stati dunque ridotti e unificati gli stanziamenti delle due norme cosiddette «spagna» per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale, per cui lo scorso governo aveva stanziato i 400 milioni in legge di bilancio 2019 e quelli per l'efficientamento energetico, ossia i 500 milioni nel decreto crescita;
    l'innovatività della «norma spagna» risiede nell'attribuzione diretta del contributo proporzionato al numero di abitanti, in modo da non dover scegliere in base a criteri che spesso in passato sono stati anche quelli del maggior disavanzo, premiando i comuni meno virtuosi i quali, non necessariamente sono quelli che necessitano maggiormente della tipologia di intervento finanziato rispetto ad un comune virtuoso che però non ha sufficienti risorse;
    questo meccanismo, quindi, oltre a non creare sperequazioni, è anche molto più veloce nell'assegnazione ed esecuzione dei lavori, trovandosi già in mora primaria il calendario delle assegnazioni e la data entro cui occorre iniziare i lavori, pena la decadenza dal benefizio con restituzione del contributo, così come il monitoraggio operato da parte dello Stato centrale, accorciando ed efficientando i tempi della realizzazione dell'investimento;
    i commi 42 e 43 stanziano dunque ulteriori fondi per i comuni (150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034;) e 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034, dedicati, rispettivamente, a investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, e all'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
    i due finanziamenti non avranno inizio nel prossimo anno, bensì nel 2022 e, addirittura, nel 2025. Inoltre, essendo uno stanziamento complessivo, si dovrà attendere il decreto ministeriale e l'uscita del bandi attraverso cui, in base ai criteri indicati dalla norma, si selezioneranno i comuni beneficiari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare, nel prossimo provvedimento utile, le risorse messe a disposizione dei Comuni per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale optando, per l'assegnazione di tali fondi, così anche per l'assegnazione di risorse diversamente vincolate, per la formula dell'attribuzione diretta attraverso il meccanismo detto «norma Spagna», per le ragioni esposte in premessa.
9/2305/191. (Testo modificato nel corso della seduta) Lazzarini, Garavaglia, Vanessa Cattoi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», all'articolo 1, commi 42-43, dispone la destinazione in favore dei Comuni di contributi per investimenti in rigenerazione urbana volti, tra l'altro, alla riduzione del disagio abitativo nelle zone urbane periferiche;
    il comma 974 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha istituito il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate»;
    in attuazione di tale programma i Comuni assegnatari delle risorse hanno potuto avviare la progettazione e l'esecuzione di interventi di riqualificazione delle proprie aree periferiche, anche volti a garantire maggiore sicurezza in tali aree;
    il decreto milleproroghe 2018 ha disposto il «differimento» al 2020 dell'efficacia delle convenzioni relative alla seconda tranche del cd. bando periferie;
    tale differimento ha riguardato oltre trecento enti locali sede degli interventi previsti – e finanziati con la prima tranche – e oltre 1600 interventi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a prevedere che le risorse derivanti da economie di gestione, dagli eventuali ulteriori residui non utilizzati, oltre che da eventuali revoche di finanziamenti, siano finalizzate al rifinanziamento e alla promozione di ulteriori interventi analoghi a quelli già oggetto del c.d. «Bando periferie», così da assicurare un ulteriore canale di stabile finanziamento per le politiche pubbliche di sostegno alla rigenerazione urbana.
9/2305/192Lollobrigida, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», all'articolo 1, commi 42-43, dispone la destinazione in favore dei Comuni di contributi per investimenti in rigenerazione urbana volti, tra l'altro, alla riduzione del disagio abitativo nelle zone urbane periferiche;
    il comma 974 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha istituito il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate»;
    in attuazione di tale programma i Comuni assegnatari delle risorse hanno potuto avviare la progettazione e l'esecuzione di interventi di riqualificazione delle proprie aree periferiche, anche volti a garantire maggiore sicurezza in tali aree;
    il decreto milleproroghe 2018 ha disposto il «differimento» al 2020 dell'efficacia delle convenzioni relative alla seconda tranche del cd. bando periferie;
    tale differimento ha riguardato oltre trecento enti locali sede degli interventi previsti – e finanziati con la prima tranche – e oltre 1600 interventi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a prevedere che le risorse derivanti da economie di gestione, dagli eventuali ulteriori residui non utilizzati, oltre che da eventuali revoche di finanziamenti, siano finalizzate al rifinanziamento e alla promozione di ulteriori interventi analoghi a quelli già oggetto del c.d. «Bando periferie», così da assicurare un ulteriore canale di stabile finanziamento per le politiche pubbliche di sostegno alla rigenerazione urbana.
9/2305/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Lollobrigida, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera, contiene tra le altre misure anche misure per investimenti volti alla salvaguardia e la tutela dell'ambiente;
    la salvaguardia del mare dall'inquinamento causato dai materiali di plastica e da tutti quelli non biodegradabili sono un obiettivo fondamentale per la sopravvivenza dell'ecosistema marino e di tutto l'ambiente;
    per raggiungere questo obiettivo, è necessaria un'azione congiunta tra le istituzioni e tutti coloro che vivono ed operano in mare;
    la raccolta ed accantonamento delle materie plastiche in mare, il trasporto, smaltimento e conferimento negli appositi spazi è un lavoro che avrà un forte impatto per gli operatori che dovranno compierlo perché comporterà loro un ulteriore e gravoso compito;
    il settore della pesca, già fortemente penalizzato dalla crisi economica e dalle norme introdotte negli ultimi anni soprattutto dalla Comunità Europea, è nevralgico in relazione agli obiettivi che questa norma si prefigge –,

impegna il Governo

a mettere in essere agevolazioni fiscali per le imprese operatrici del settore della pesca che collaborano in maniera proficua a raccogliere rifiuti in mare per il conferimento nelle apposite isole ecologiche.
9/2305/193Acquaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022») esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera, contiene tra le altre misure anche misure per investimenti volti alla salvaguardia e la tutela dell'ambiente;
    la salvaguardia del mare dall'inquinamento causato dai materiali di plastica e da tutti quelli non biodegradabili sono un obiettivo fondamentale per la sopravvivenza dell'ecosistema marino e di tutto l'ambiente;
    per raggiungere questo obiettivo, è necessaria un'azione congiunta tra le istituzioni e tutti coloro che vivono ed operano in mare;
    la raccolta ed accantonamento delle materie plastiche in mare, il trasporto, smaltimento e conferimento negli appositi spazi è un lavoro che avrà un forte impatto per gli operatori che dovranno compierlo perché comporterà loro un ulteriore e gravoso compito;
    il settore della pesca, già fortemente penalizzato dalla crisi economica e dalle norme introdotte negli ultimi anni soprattutto dalla Comunità Europea, è nevralgico in relazione agli obiettivi che questa norma si prefigge –,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in essere agevolazioni fiscali per le imprese operatrici del settore della pesca che collaborano in maniera proficua a raccogliere rifiuti in mare per il conferimento nelle apposite isole ecologiche.
9/2305/193. (Testo modificato nel corso della seduta) Acquaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    di recente alcune amministrazioni comunali localizzate in diverse regioni italiane hanno richiesto il pagamento dell'imposta locale su tutti i terreni adibiti ad attività estrattiva ritenendo le aree interessate da attività estrattiva «aree fabbricabili» ai fini fiscali, nonostante i Piani regolatori e gli strumenti urbanistici delle suddette amministrazioni li classifichino, in prevalenza, come «terreno agricolo» e in taluni casi come «area estrattiva», dotata comunque di edificabilità limitata a costruzioni temporanee strumentali all'esercizio dell'attività estrattiva;
    si tratta di una errata interpretazione della normativa nazionale in materia, che si pone in contrasto con la definizione fornita dal legislatore in via interpretativa ad opera dell'articolo 36, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, secondo la quale «un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo» e dove non rientrano in nessun caso i terreni agricoli per il solo fatto di essere adibiti ad attività estrattiva, in quanto carenti del requisito di edificabilità, sia di diritto che di fatto;
    alcuni Comuni pretenderebbero di utilizzare arbitrariamente, come base imponibile per i terreni adibiti ad attività estrattiva, il valore venale comunemente in commercio delle aree fabbricabili (es. Euro 75 al mq), il che, considerata l'estensione territoriale di talune attività estrattive – di norma notevolmente più ampie di un lotto edificabile –, comporta pretese impositive e sanzionatorie ingenti che, oltre a costituire un aggravio di costi rispetto alla corresponsione degli oneri estrattivi già elargiti a favore dei Comuni in forza delle disposizioni regionali applicabili, incidono pesantemente sulle attività stesse, determinandone la chiusura;
    occorre chiarire l'assoggettabilità a ICI/IMU/TASI per le aree autorizzate allo svolgimento di attività di ricerca e coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, con riferimento alla categoria di «fabbricati» e delle «aree fabbricabili»; è necessario, in particolare, specificare che il pagamento dell'ICI/IMU/TASI è dovuto come «fabbricati» per le sole costruzioni adibite ad attività estrattiva presenti sull'area autorizzata all'esercizio di tale attività, mentre sono esclusi dal pagamento dell'imposta locale come «aree fabbricabili» i terreni che lo strumento urbanistico generale o attuativo destina ad attività estrattiva ed i terreni che lo strumento urbanistico generale o attuativo destina ad attività agricola ancorché autorizzati all'esercizio dell'attività estrattiva, i quali restano, se del caso, assoggettabili ad imposta come «terreno agricolo»;
    in tal senso è recentemente intervenuta una Sentenza della Commissione tributaria regionale per il Lazio (Sezione/Collegio 17) che ha stabilito che in tema di ICI non sussiste il presupposto impositivo e che le cave e i terreni estrattivi per loro intrinseca natura non sono immobili e neppure possono includersi, in ragione della loro destinazione alla ricerca ed alla coltivazione di sostanze minerali, nella categoria di terreni agricoli, stabilendo pertanto la non assoggettabilità ad imposta dell'area in questione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire, anche attraverso l'adozione di una norma interpretativa in materia tributaria, la nozione di fabbricato assoggettabile ad imposizione per le sole costruzioni strumentali all'esercizio dell'attività estrattiva presenti sull'area autorizzata all'esercizio di tale attività, valutando altresì l'opportunità di chiarire che non rientrano nella nozione di area fabbricabile assoggettabile ad imposizione i terreni autorizzati all'esercizio dell'attività estrattiva qualunque sia la destinazione prevista per gli stessi dagli strumenti urbanistici generali o attuativi.
9/2305/194Cancelleri, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di lavoro e previdenza sociale;
    l'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ha previsto l'assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell'arma dei Carabinieri, ed in parte minore nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Nel dettare i criteri di delega relativi all'assorbimento ha stabilito che nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano restassero ferme tutte le attribuzioni spettanti ai rispettivi corpi forestali regionali e provinciali;
    l'ordinamento italiano riconosce al personale del comparto sicurezza e a quello del soccorso pubblico criteri di specificità professionale;
    il personale dei corpi forestali regionali e provinciali non ha potuto beneficiare del riconoscimento di condizioni di specificità e la normativa di settore è rimasta sprovvista di disposizioni mirate a riconoscerne il ruolo, le qualifiche e le funzioni svolte;
    la legge 4 novembre 2010, n. 183, riconosce, anche ai fini della tutela economica, pensionistica e previdenziale, la specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, senza però includere il personale dei Corpi forestali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere il riconoscimento della specificità e delle prerogative dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, nonché l'armonizzazione della normativa relativa all'accesso alla pensione di questi corpi con quella del personale del comparto sicurezza.
9/2305/195Alberto Manca, Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di lavoro e disposizioni in materia di lavoro stagionale;
    l'elenco delle attività lavorative aventi carattere stagionale è ad oggi recato dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525;
    tale tipo di attività, in diversi settori, ed in particolare in quello del turismo, è caratterizzato dall'impiego del lavoratore solo in periodi limitati nel corso dell'anno solare;
    la caratteristica di questa attività lavorativa, connotata fortemente da periodicità e saltuarietà, alla luce della normativa vigente in materia di accesso alla Naspi introdotta dal 2015, ha fatto emergere una serie di criticità per i lavoratori cosiddetti stagionali;
    gli attuali criteri di accesso alla Naspi prevedono trenta giornate effettive lavorate negli ultimi dodici mesi e la durata del contributo erogato è pari alla metà delle settimane lavorate negli ultimi quattro anni, senza considerare ai fini del calcolo i periodi di lavoro che hanno già dato luogo a prestazioni di disoccupazione;
    da ciò consegue che, mentre con la normativa previgente l'introduzione della Naspi il lavoratore stagionale che lavorava per sei mesi nel corso di un anno si vedeva garantita l'indennità di disoccupazione per i restanti sei mesi di inattività, con la normativa vigente lo stesso lavoratore può accedere a soli tre mesi di sussidio di disoccupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere un intervento, anche di carattere normativo, finalizzato a consentire ai lavoratori assunti con contratto stagionale di poter usufruire di un accesso all'indennità di disoccupazione più favorevole rispetto a quello attualmente previsto dalla normativa vigente.
9/2305/196Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ultimo anno vi sono state molteplici notizie di una presenza continua di incendi illegali di scarti agricoli del pomodoro e dell'ortofrutta misti a materiali plastici in Provincia di Foggia, tanto che si è iniziato a paragonare questi fenomeni a quelli della Terra dei Fuochi;
    la presenza su tutto il territorio di discariche abusive sta allarmando i cittadini della provincia che si trovano a vivere in situazioni potenzialmente pericolose. Il rischio di inquinamento ambientale è certamente rilevante e non sottovalutabile e, al contempo, la tutela della salute dei cittadini è imprescindibile;
    ad Ordona, Rocchetta e Cerignola sono state ritrovate tonnellate di rifiuti di qualsiasi entità e provenienza, le quali vengono poi incendiate di notte vicino a campi coltivati. Si suppone vi sia dietro a questi incendi una vera e propria criminalità organizzata;
    ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate», la combustione illecita dei rifiuti costituisce grave reato punito con la reclusione da due a cinque anni;
    risulta quindi necessario avviare azioni di sensibilizzazione e informazione rivolte sia ai cittadini che alle imprese al fine di prevenire e contrastare il fenomeno dei roghi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative, anche di carattere normativo, idonee al contrasto effettivo dello smaltimento illegale dei rifiuti, al fine di tutelare la salute della popolazione, l'ambiente e l'ecosistema tramite un maggiore controllo del territorio.
9/2305/197Lovecchio, Menga.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 437-444, del provvedimento in esame promuove un «Programma innovativo nazionale per la rinascita urbana» per concorrere alla riduzione del disagio abitativo, con particolare riferimento alle periferie, e per favorire lo scambio tra le varie realtà regionali;
    tra le finalità del Programma vi è quella di riqualificare e incrementare il patrimonio destinato all'edilizia residenziale sociale;
    molti Comuni italiani, soprattutto del Mezzogiorno, si trovano a dover acquistare immobili per fronteggiare delle emergenze abitative sui loro territori, promuovendo interventi di risanamento e riqualificazione urbana;
    la nuova tassazione sui trasferimenti immobiliari in vigore dal 1o gennaio 2014 prevede per l'imposta di registro un'aliquota ridotta al 2 per cento per l'acquisto della prima casa e un'aliquota al 9 per cento per tutti gli altri casi, comprese le acquisizioni da parte dei Comuni di beni a uso abitativo non di lusso, destinati alla residenza sociale;
    tale differenza di aliquota risulta ingiustificata quando il Comune acquisti per i fini sopra indicati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche mediante opportune iniziative di carattere normativo, l'applicazione dell'imposta di registro in forma ridotta per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso che i Comuni acquisiscono nell'ambito di un programma di risanamento e riqualificazione urbana.
9/2305/198D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha istituito l'imposta Municipale propria da applicare in tutti i comuni del territorio nazionale;
    il comma 3, del citato articolo, stabilendo i criteri per il calcolo della base imponibile dell'imposta, indica i casi in cui la stessa è ridotta del 50 per cento;
    la lettera b) del comma 3 stabilisce che tale riduzione è prevista per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione l'incombente imposto a carico del proprietario si risolve in un ulteriore aggravio di spese,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche attraverso interventi di carattere normativo, che l'inagibilità dei fabbricati, per l'applicazione della riduzione del 50 per cento, venga accertata direttamente dall'ufficio tecnico comunale.
9/2305/199Aprile.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene diverse misure finalizzate al sostegno degli enti territoriali;
    i piccoli comuni di cui all'articolo 1 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, sono una parte preponderante delle articolazioni territoriali amministrative del nostro Paese;
    va sottolineata la particolare situazione in cui si trovano i comuni strutturalmente deficitari, in stato di predissesto o in dissesto ai sensi degli articoli 243 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante Testo unico degli enti locali;
    con recenti provvedimenti il legislatore ha disposto l'ampliamento degli spazi assunzionali degli enti locali, fermi restando la programmazione e l'equilibrio di bilancio, ma tale misura è di fatto inapplicabile agli enti sopraindicati, in quanto, a legislazione vigente, oltre all'imposizione della rideterminazione della pianta organica che prescinde dal piano del fabbisogno, è inibita l'assunzione, a qualsiasi titolo, di personale, ivi inclusa l'assunzione conseguente ai processi di stabilizzazione del personale precario o la semplice proroga dei relativi contratti, nei casi di mancata approvazione degli strumenti finanziari (bilancio di previsione, conto consuntivo e bilancio consolidato), per l'esercizio in corso;
    nel caso specifico, si intende segnalare la distorsione che si verifica allorquando gli enti si trovino in assoluta carenza di organico di figure professionali, cosiddetti «infungibili», indispensabili per l'attuazione degli obiettivi perseguiti e per assolvere ai servizi pubblici essenziali verso i cittadini (come la polizia municipale, i servizi tecnici o la ragioneria, i servizi dedicati all'assistenza socio-sanitaria della collettività), la cui mancanza rischia di bloccare le attività principali dell'ente;
    sarebbe, quindi, opportuno individuare un sostegno concreto in favore dei piccoli comuni e di quelli in pre-dissesto e in dissesto che, a causa delle piccole dimensioni o delle croniche carenze di personale, non dispongono di personale o di specifiche professionalità necessarie per lo svolgimento delle attività fondamentali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le iniziative, anche di carattere normativo, affinché siano individuate modalità e misure di sostegno finanziario sia ai piccoli comuni che ai comuni strutturalmente deficitari nello svolgimento delle attività fondamentali, anche su richiesta, per il tramite del Dipartimento della Funzione pubblica e del FormezPA, al fine di fornire un supporto professionale qualificato ai suddetti enti locali in modo da assicurare il regolare funzionamento degli stessi.
9/2305/200Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    il mondo del lavoro sta attraversando da anni una congiuntura contraddistinta da rilevanti criticità, le quali insistono particolarmente sul differenziato mondo delle professioni, obbligate a fronteggiare crescenti difficoltà e questioni irrisolte sulle quali da tempo si chiedono risolutivi interventi;
    in primo luogo, le vigenti disposizioni in materia di obblighi contributivi dei liberi professionisti già iscritti a casse previdenziali di categoria di diritto privato, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, hanno dato luogo negli ultimi anni a errate interpretazioni da parte dell'INPS e a diverse controversie;
    tali previsioni sono infatti entrate in conflitto con il principio di carattere generale in base al quale tutti i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, motivo per cui l'INPS, nell'ambito della sua azione di contrasto all'elusione contributiva, ha ritenuto di contestare in tali fattispecie il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
    tuttavia, l'interpretazione dell'originaria formulazione della citata disposizione della legge n. 335 del 1995, così come si evince dall'articolo 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dovrebbe condurre alla pacifica affermazione secondo cui la gestione separata dell'INPS fu istituita, in via generale, per tutte le categorie di lavoratori autonomi, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e per i venditori a domicilio, e soltanto in via residuale per le categorie di liberi professionisti prive di una propria cassa di previdenza;
    l'INPS, pertanto, così come comprovato anche dall'univocità dei giudizi di diversi fori che in questi anni si sono pronunciati in merito, non può iscrivere d'ufficio nella propria gestione separata singoli soggetti liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della legge n. 335 del 1995, potendo agire in questo senso soltanto nei confronti delle categorie di liberi professionisti che, alla medesima data di entrata in vigore, erano ancora prive di una propria forma di tutela previdenziale e che, nel frattempo, non abbiano deliberato in favore di una delle quattro opzioni indicate dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 103 del 1996;
    in relazione al mondo delle libere professioni, occorre poi rilevare che con la legge 22 maggio 2017, n. 81, il mondo professionale italiano è stato considerato per la prima volta nella sua interezza, ovvero nella sua variegata composizione fatta di professionisti iscritti in ordini, albi e collegi e professionisti non organizzati così come riconosciuti ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4;
    nel 2017 veniva esteso il principio dell'equo compenso, originariamente riconosciuto dalle norme professionali forensi, ai professionisti indicati dall'articolo 1 della citata legge n. 81 del 2017 attraverso il decreto fiscale n. 148 del 2017, a sua volta parzialmente modificato dalla legge di Bilancio 2018;
    tale disposizione appare tuttavia ancora priva di una chiara definizione dei criteri di riferimento, rimandando a parametri ministeriali che però riguardano quasi esclusivamente solo le professioni organizzate in ordini, albi o collegi;
    si è pertanto in presenza di un vuoto normativo concernente l'equo compenso da garantire alle professioni non organizzate, fattore che contribuisce ad alimentare bandi pubblici per incarichi professionali a costi iniqui, una prassi, applicata da amministrazioni centrali e locali, che impoverisce il sistema delle professioni, le svilisce e riduce enormemente le potenzialità del settore;
    sarebbe pertanto opportuno un ulteriore intervento normativo che renda effettivamente applicabile la norma sull'equo compenso non solo nei confronti dei professionisti organizzati, ma anche nei confronti dei professionisti di cui alla legge n. 4 del 2013, i quali rappresentano una massa disomogenea, ma non per questo secondaria, di professionisti che collaborano con PA e grandi imprese;
    ulteriori problemi sorgono inoltre dall'applicazione degli stessi parametri definiti per l'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare, così come indicati dal decreto-legge 13 marzo 1988, n. 153, prestazione economica pensata per il sostegno del reddito delle famiglie dei lavoratori dipendenti o dei pensionati da lavoro dipendente, calcolata in relazione alla dimensione del nucleo familiare, alla sua tipologia, nonché al reddito complessivo prodotto al suo interno;
    tale misura spetta infatti solo ed esclusivamente ai lavoratori dipendenti, rimanendone esclusi gli autonomi, a prescindere dal fatturato e dall'utile netti delle rispettive attività, comportando l'impossibilità, da parte di questi ultimi, di poter usufruire di detti assegni nonostante condizioni economiche al limite della sostenibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, a livello normativo, sull'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, precisando in modo inequivocabile che sono soggetti all'iscrizione presso la gestione separata dell'INPS solo coloro che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, nonché di istituire presso il Ministero dello sviluppo economico, all'interno del tavolo di cui all'articolo 17 della legge n. 81 del 2017, un comitato permanente cui partecipino gli Enti e i Ministeri interessati, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, gli ordini, albi e collegi professionali, i consumatori, le rappresentanze delle grandi imprese italiane e le forme aggregative iscritte nell'elenco del Ministero dello sviluppo economico ai sensi della legge n. 4 del 2013 per definire chiari parametri da applicare alle prestazioni di tutte le categorie di professionisti riconosciuti dalle normative vigenti, valutando altresì l'opportunità di introdurre un regime meno restrittivo per avere diritto all'assegno per il nucleo familiare, prevedendone l'erogazione se il reddito complessivo del nucleo medesimo sia per almeno il 50 per cento – e non più per il 70 per cento – derivante da lavoro dipendente o assimilato.
9/2305/201Corneli.


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma della geografia giudiziaria, attuata con i decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, ha disposto per i comuni di Arzano, Afragola, Casavatore, Caivano, Cardite e Casoria il trasferimento dalla competenza del tribunale di Napoli a quella del tribunale di Napoli Nord, sito in Aversa, nella provincia di Caserta;
    il distaccamento dei comuni citati (pressoché confinanti con il capoluogo campano) dal Tribunale di Napoli Nord appare indispensabile sotto molteplici aspetti: a) la necessità di ripristinare un presidio di legalità in territori caratterizzati da un elevato tasso di criminalità organizzata: il controllo dello Stato risulta infatti compromesso dalla considerevole distanza dalla città di Aversa; b) l'inadeguatezza della rete di trasporti pubblici, posto che la tratta dai territori di Arzano, Afragola, Casavatore, Caivano, Cardito e Casoria, sino alla sede del tribunale di Napoli Nord, non beneficia di alcun collegamento diretto: ciò crea evidenti difficoltà per i cittadini, soprattutto i meno abbienti ed i portatori di handicap, il cui accesso alla giustizia viene ad essere mortificato; c) la mancanza nella città di Aversa di servizi minimi, tra cui i parcheggi auto e strutture di supporto, per accogliere un tribunale di grandi dimensioni, come quello di Napoli Nord, che è il terzo in Italia per bacino di utenza; d) le difficoltà logistiche della struttura che ospita gli uffici giudiziari, data la grave carenza di aule, che impedisce il regolare svolgimento delle udienze penali previste, con evidenti ripercussioni negative sul funzionamento del sistema giudiziario. Quest'ultimo risulta gravemente compromesso anche dalla mancanza di personale, sia di magistrati sia di addetti alle cancellerie, insufficienti rispetto alla mole di procedimenti giudiziari che interessano il circondario di Napoli Nord; e) le ripercussioni in termini economici e sociali delle comunità locali e degli operatori del diritto, costretti a sopportare costi superiori rispetto al disegno territoriale antecedente alla riforma;
    un secondo problema che interessa la geografia giudiziaria dell'area napoletana, come rideterminata dalla citata riforma del 2012, è rappresentato dalla soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Portici, avvenuta a causa della mancanza del personale necessario per il funzionamento degli uffici;
    tale decisione ha comportato l'accorpamento del comune di Portici al circondario del giudice di pace di Napoli, sito a circa 10 chilometri di distanza dal bacino di utenza di riferimento;
    il raggiungimento della nuova sede da parte dei cittadini e degli operatori della giustizia è reso particolarmente gravoso dall'insufficienza delle arterie stradali e dalla mancanza di un collegamento di trasporto metropolitano adeguato: attualmente, occorre circa un'ora per raggiungere da Portici il centro di Napoli;
    tale situazione di disagio potrebbe essere facilmente eliminata, ridisegnando la mappa delle circoscrizioni dei comuni assegnati al giudice di Pace, posto che vicinissimo al territorio di Portici ha sede il Giudice di pace di Barra,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportuni provvedimenti finalizzati a ripristinare per i comuni di Arzano, Afragola, Casavatore, Caivano, Cardito e Casoria la competenza giurisdizionale del tribunale di Napoli, nonché a scorporare il Comune di Portici dalla competenza dell'ufficio del giudice di pace di Napoli, attraverso il suo inserimento nella competenza territoriale del giudice di pace di Barra.
9/2305/202Di Sarno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Atto Camera 2305 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» prevede anche disposizioni relative al Reddito di cittadinanza e Pensione di cittadinanza;
    l'articolo 2, comma 1, lettera b), n. 2, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, come convertito dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, riconosce ai nuclei familiari in possesso di taluni requisiti l'accesso al Reddito di cittadinanza e alla Pensione di cittadinanza, con alcune espresse e limitate esclusioni;
    per l'accesso al beneficio concorrono cumulativamente diversi requisiti, con riferimento al criterio della residenza e del soggiorno, del reddito e del patrimonio e del godimento di beni durevoli;
    nello specifico, si stabilisce che: «con riferimento a requisiti reddituali e patrimoniali, il nucleo familiare deve possederei) un valore del patrimonio immobiliare, in Italia e all'estero, come definito a fini ISEE, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad una soglia di euro 30.000.»;
    in considerazione di tale previsione normativa, attualmente, nel caso di separazione o divorzio – sia giudiziale, sia consensuale – l’ex coniuge, proprietario della casa assegnata all'altro ex coniuge ed ai figli, non può beneficiare del reddito di cittadinanza, poiché risulta essere proprietario di una casa «non adibita a propria abitazione» ma considerata, agli effetti fiscali e di legge, come «seconda casa», anche se non può goderne o trarne utili in alcun modo;
    nella generalità dei casi, lo/a stesso/a deve anche sopportare l'onere economico della locazione di un altro immobile nel quale poter vivere;
    è del tutto evidente che sarebbe opportuno ed auspicabile limitare l'esclusione dal beneficio del reddito di cittadinanza ai soli casi di separazioni o divorzi consensuali (che si prestano in effetti ad eventuali abusi), nonché consentire l'accesso al beneficio nelle sole ipotesi di separazioni o divorzi definiti tramite l'intervento del giudice: ciò al fine, da un lato, di non aggravare la situazione economica di chi deve già sostenere le conseguenze economiche e i costi dell'intervenuta separazione o divorzio e, dall'altro, di non abusare dell'istituto giuridico della separazione o del divorzio consensuale per finalità contrarie alla legge, ossia non dirette ad ottenere lo scioglimento del vincolo coniugale o la cessazione degli effetti dello stesso ma, al contrario, tese a conseguire, in maniera abusiva e illecita, il beneficio del reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso gli uffici tecnici del Ministero dell'economia e finanze e con idonee iniziative legislative, di provvedere ad una modifica dell'articolo 2, comma 1, lettera b), n. 2 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, prevedendo che, al solo fine dell'accesso al reddito di cittadinanza, non sia imputata, nel patrimonio immobiliare, la casa di proprietà del richiedente il beneficio che sia stata assegnata all'ex coniuge ed ai figli con provvedimento giudiziale reso in seno ad una separazione giudiziale o ad un divorzio giudiziale.
9/2305/203D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    nei casi in cui l'amministrazione finanziaria emette un atto amministrativo illegittimo o infondato – prima di esperire la tutela giurisdizionale innanzi al giudice – è possibile ricorrere all'autotutela tributaria definita come il potere dell'Amministrazione finanziaria di procedere d'ufficio o su istanza del contribuente, all'annullamento o revoca degli atti illegittimi (inficiati da errori di diritto) o infondati (inficiati da errori di fatto), così come disciplinato dall'articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564 e dal Regolamento recante norme relative all'esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell'Amministrazione finanziaria, di cui al decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37;
    la fattispecie dell'autotutela tributaria appare alquanto peculiare, in quanto presenta delle criticità e delle lacune che rivelano i limiti dell'attuale disciplina che la regolamenta;
    innanzitutto, l'articolo 2 del regolamento citato individua, in maniera non esaustiva, le ipotesi di annullamento d'ufficio o di rinuncia all'imposizione in caso di autoaccertamento. L'elenco contenuto nella norma, considerato non tassativo, tipicizza una serie di vizi riconducibile, nella sostanza, alla mancanza del presupposto di imposta (infondatezza della pretesa tributaria, in tutto o in parte; non dovutezza, in tutto o in parte, del tributo). Quanto all'ambito di concreta rilevanza delle patologie dell'atto impositivo che possono condurre all'annullamento d'ufficio, se l'infondatezza si riferisce alla mancanza del presupposto dell'imposta (errore di fatto), l'illegittimità è potenzialmente idonea a ricomprendere tutte le difformità dell'atto impositivo rispetto al modello legale, e quindi anche i vizi di mera forma dell'atto o vizi del procedimento, ivi compresi quelli della notificazione del provvedimento. Tuttavia, si tende ad escludere dal novero dei vizi rilevanti, ai fini dell'annullamento d'ufficio, i vizi di legittimità che si esauriscono in vizi meramente formali e che non incidono sull’an e sul quantum del carico tributario. Sono quindi solo le patologie sostanziali dell'atto impositivo a legittimare l'annullamento d'ufficio, e non il generico ripristino della legalità violata. La mera violazione di regole formali o procedimentali non consentirebbe all'ufficio di rinunziare ad un gettito fondato, ancorché attuato con modalità illegittime;
    a ciò bisogna aggiungere che la presentazione di un'istanza in autotutela da parte del contribuente, a fronte di un atto palesemente illegittimo o infondato, non sospende i termini processuali, ai fini della presentazione del ricorso innanzi al giudice, come affermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 13367 del 17 maggio 2019. Per i giudici di legittimità, la norma di legge «nel disciplinare il procedimento di autoannullamento dell'atto e in particolare i rapporti con il ricorso giurisdizionale, non contempla alcuna ipotesi di interruzione e/o sospensione del termine processuale per impugnare l'atto previsto...». Si aggiunge che: «Quando si è voluto regolamentare un differimento del termine processuale di impugnativa di un atto impositivo la norma lo ha espressamente disposto». Quest'ultima considerazione, a riprova della sussistenza di un vuoto normativo in tal senso, fa sì che il contribuente lasci decorrere il termine perentorio previsto, ai fini dell'impugnazione dell'atto impositivo, senza proporre ricorso giurisdizionale confidando, in buona fede, nel positivo esito del procedimento di autotutela. Ma nel caso l'esito sia sfavorevole, il contribuente si troverà costretto a sopportarne le conseguenze negative (anche di carattere economico), tra le quali quella della declaratoria giudiziale di inammissibilità, qualora il ricorso venga proposto oltre il termine di decadenza;
    tale situazione ostacola, di fatto, l'esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti innanzi all'autorità giudiziaria, come previsto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione;
    non si può consentire, peraltro, che l'interesse alla giusta contribuzione si estingua (o almeno divenga marginale) una volta scaduto il termine per l'impugnazione giurisdizionale. Una simile conclusione non trova alcun fondamento normativo, né, tantomeno, costituzionale, in quanto l'articolo 53 della Costituzione ancora l'imposizione tributaria ai principi di legalità e di capacità contributiva senza prevedere alcun limite temporale;
    a ciò si deve aggiungere l'ulteriore limite normativo per cui l'amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di adottare un provvedimento amministrativo espresso sull'istanza di autotutela proposta dal contribuente, né l'impugnabilità – da parte di questi – del silenzio tacito su tale istanza. L'esercizio del potere di autotutela configurerebbe in tal modo una semplice facoltà discrezionale, il cui mancato esercizio non può essere in alcun modo contestato;
    a differenza di quanto previsto dagli articoli 21-quinquies e 21-novies della legge 7 agosto 1990, n. 241, l'annullamento d'ufficio in materia tributaria non è subordinato alla valutazione dell'interesse pubblico attuale e concreto, né è soggetto a limiti temporali. Da qui ne consegue che il cittadino-contribuente, non potendo contare sulla certezza della risposta dell'Amministrazione, si vedrà costretto a sostenere gli ulteriori effetti negativi di una mancata risposta o di una risposta negativa e, addirittura, in alcuni casi, una risposta successiva ai termini che gli precluderebbe di esperire il ricorso giurisdizionale. Tutto ciò si verifica prescindendo dal fatto che quello dell'amministrazione finanziaria è un munus, ovvero un potere esercitato come funzione dell'ufficio stesso, attraverso il cui esercizio vengono tutelati degli interessi collettivi. Tale munus va collegato ai doveri di collaborazione e buona fede sanciti dall'articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, e dal punto di vista del contribuente, il silenzio dell'amministrazione verrebbe ad equivalere ad un inadempimento del patto tacito di collaborazione, alla base dei rapporti tra contribuente e fisco. Non si è tenuto conto del fatto che la doverosità procedimentale – a confutazione della natura discrezionale del potere di autotutela tributaria – emergerebbe, almeno a livello sintomatico, dalla stessa disciplina dell'autotutela tributaria, ove il citato decreto ministeriale del 1997 prevede poteri sostitutivi in caso di inerzia procedimentale e l'articolo 13, comma 6, dello Statuto del contribuente assegna al Garante del contribuente il potere di attivare le procedure di autotutela nei confronti degli atti di accertamento e di riscossione notificati al contribuente;
    a sostegno di tutto ciò si aggiunge la decisione giurisprudenziale (v. Cass. 2575/1990) per cui – in uno Stato moderno l'interesse del Fisco non è quello di costringere il contribuente a soddisfare pretese ingiuste profittando di situazioni favorevoli sui piano amministrativo o processuale, ma quello di curare che il prelievo fiscale sia in armonia con l'effettiva capacità contributiva del soggetto passivo dell'imposta. Le regole di imparzialità buona fede e correttezza costituiscono il limite esterno al potere della P.A. Tali regole impongono che la P.A., una volta informata dell'errore, compia le necessarie verifiche e poi, accertato l'errore, annulli il provvedimento riconosciuto illegittimo o comunque errato. Non v’è, quindi, alcuno spazio per la mera discrezionalità anche quando il contribuente abbia per incuria fatto scadere il termine di impugnazione dell'atto impositivo (così anche Cass. n. 6283/2012). Sarebbe pertanto contrario ai principi di giustizia sostanziale e di coerenza interna dell'ordinamento che l'Amministrazione debba agire in modo vincolato nella fase dell'imposizione ed in modo del tutto discrezionale di fronte ad una pretesa palesemente ingiusta; le criticità e lacune normative illustrate legittimerebbero, in tal modo, un comportamento dell'amministrazione finanziaria in contrasto con i principi fondanti dell'autotutela tributaria rinvenibile negli articoli 3, 23, 24, 53, 97 e 113 della Costituzione, primi fra tutti quelli di legalità, della giusta tassazione e di buona amministrazione, in virtù dei quali il contribuente, che non può essere soggetto a un'ingiusta tassazione, deve poter esercitare, pienamente, il proprio diritto a contestare una richiesta impositiva illegittima – senza dover temere la scure della scadenza dei termini processuali per proporre impugnazione e confidando, entro tempi certi, sulla risposta positiva o negativa dell'Amministrazione – con conseguente ritiro, in autotutela, del provvedimento viziato da parte dell'Amministrazione;
    da qui, la necessità di colmare le lacune normative esposte attraverso una riforma della vigente disciplina in tema di autotutela tributaria maggiormente conforme ai principi costituzionali in materia tributaria, come quello della legalità e della giustizia fiscale;
    una simile riforma, contempererebbe l'interesse della pubblica amministrazione ad evitare una causa che la vedrebbe sicuramente soccombente e quello del cittadino ad evitare un contenzioso lungo e costoso, con evidenti ricadute positive in termini di risparmio pubblico. L'eventuale condanna della P.A. per il danno conseguente al mancato esercizio dell'autotutela sollecitata dal contribuente o dall'esercizio illegittimo (diniego) costituirebbe danno erariale,

impegna il Governo

a valutare, attraverso gli uffici tecnici del Ministero dell'economia e delle finanze e con idonee iniziative legislative, l'opportunità di intervenire in materia di autotutela tributaria al fine di ampliare le ipotesi di annullamento, di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37, prevedere l'interruzione e/o la sospensione del termine processuale per impugnare l'atto impositivo al momento della presentazione della richiesta in autotutela, nonché valorizzare l'istituto dell'annullamento d'ufficio, quale strumento di deflazione del contenzioso, in tal modo svolgendo, in maniera efficace, il ruolo di mezzo di risoluzione delle controversie diverso da quello giurisdizionale.
9/2305/204Martinciglio, D'Orso.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di bilancio del Governo mira a preservare la sostenibilità della finanza pubblica, avviando un percorso di crescita duratura, compatibile con le esigenze di sostenibilità ambientale e crescita sociale e culturale;
    la legge di Bilancio 2020 è orientata, tra l'altro, a sostenere investimenti in favore dei piccoli Comuni, realtà fondamentali per la tenuta del tessuto socio-economico del Paese;
    vi sono realtà del Paese che soffrono in modo molto accentuato la crisi economica, e di conseguenza hanno necessità di attenzioni ed interventi particolari e puntuali;
    in particolare, la Sardegna soffre da anni un periodo di gravissimo impoverimento, non solo economico, ma anche sociale e culturale: soprattutto le zone interne sono soggette a massiccio spopolamento (migliaia di giovani hanno abbandonato l'isola negli ultimi anni) ed a gravi fenomeni di abbandono scolastico, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento;
    il tentativo di invertire questa tendenza negativa non può che passare attraverso la destinazione di risorse finanziarie ai Comuni, al fine di consentire investimenti per l'efficientamento energetico e quindi, indirettamente, possibilità di lavoro;
    allo scopo di arginare la complessa situazione precedentemente descritta e far ripartire il relativo ciclo economico dell'isola, sarebbero opportuni investimenti diretti alla realizzazione di progetti per la valorizzazione delle ricchezze non sfruttate, prima fra tutte quella del patrimonio culturale e, in particolare, quello attinente alle civiltà pre-nuragiche e nuragica;
    in Sardegna i siti archeologici relitti di tali civiltà sono talmente numerosi che, ad oggi, non esiste un censimento definitivo;
    come recentemente certificato anche dall'Istat, nell'isola è concentrato il 20 per cento dei siti e del patrimonio archeologico italiano; sul territorio regionale sono diffusi migliaia di nuraghi, ipogei e centinaia di tombe di giganti, oltre che ulteriori svariate costruzioni uniche nel Mediterraneo, come i pozzi sacri e l'Altare pre-nuragico di Monte d'Accoddi, ad oggi unico ziqqurat conosciuto al di fuori dell'area mesopotamica;
    nello specifico, i nuraghi sono costruzioni di pietra a forma tronco conica, realizzate con blocchi di pietra (che pesano svariate tonnellate) e le cui mura arrivano anche a 4 metri di larghezza, e oltre 20 metri di altezza. Essi costituiscono le maggiori costruzioni del mondo mediterraneo antico dopo le piramidi egizie;
    risale ad alcuni decenni fa la scoperta (che riscrive parte della storia del Mediterraneo) nella Sardegna centro-occidentale, in un sito ancora parzialmente esplorato, di un complesso di sculture nuragiche a tutto tondo, scolpite in arenaria gessosa locale e raffiguranti arcieri, spadaccini e lottatori alti più di due metri, meglio noti come «Giganti di Monte Prama», presumibilmente le più antiche sculture a tutto tondo realizzate nell'odierna Europa, in quanto antecedenti ai kouroi greci e, nel bacino del Mediterraneo, cronologicamente considerate la prima produzione di sculture con sembianze umane realizzata nell'odierna Europa;
    investire su tale patrimonio, direttamente o tramite i Comuni, creerebbe certamente un rapporto virtuoso tra cultura ed economia, posto che attraverso la tutela, la salvaguardia, la valorizzazione e la promozione del suddetto patrimonio culturale si attiverebbe senza dubbio un meccanismo di crescita economica a vantaggio delle comunità locali, a partire dalla filiera turistica, declinata in tutte le sue manifestazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a destinare stanziamenti alle finalità di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con specifico riguardo al patrimonio culturale sardo e, in particolare, a quello nuragico e pre-nuragico, in tal modo incentivando la realizzazione di progetti di tutela, salvaguardia, valorizzazione, promozione e acquisizione dello stesso, prevedendo altresì che a tali risorse economiche possano accedere i Comuni che presentino progetti per le finalità richiamate, ovvero volti alla miglior fruizione dei siti archeologici stessi.
9/2305/205Perantoni, Romaniello, Cabras, Cadeddu, Corda, Deiana, Lapia, Alberto Manca, Marino, Scanu, Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di bilancio del Governo mira a preservare la sostenibilità della finanza pubblica, avviando un percorso di crescita duratura, compatibile con le esigenze di sostenibilità ambientale e crescita sociale e culturale;
    la legge di Bilancio 2020 è orientata, tra l'altro, a sostenere investimenti in favore dei piccoli Comuni, realtà fondamentali per la tenuta del tessuto socio-economico del Paese;
    vi sono realtà del Paese che soffrono in modo molto accentuato la crisi economica, e di conseguenza hanno necessità di attenzioni ed interventi particolari e puntuali;
    in particolare, la Sardegna soffre da anni un periodo di gravissimo impoverimento, non solo economico, ma anche sociale e culturale: soprattutto le zone interne sono soggette a massiccio spopolamento (migliaia di giovani hanno abbandonato l'isola negli ultimi anni) ed a gravi fenomeni di abbandono scolastico, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento;
    il tentativo di invertire questa tendenza negativa non può che passare attraverso la destinazione di risorse finanziarie ai Comuni, al fine di consentire investimenti per l'efficientamento energetico e quindi, indirettamente, possibilità di lavoro;
    allo scopo di arginare la complessa situazione precedentemente descritta e far ripartire il relativo ciclo economico dell'isola, sarebbero opportuni investimenti diretti alla realizzazione di progetti per la valorizzazione delle ricchezze non sfruttate, prima fra tutte quella del patrimonio culturale e, in particolare, quello attinente alle civiltà pre-nuragiche e nuragica;
    in Sardegna i siti archeologici relitti di tali civiltà sono talmente numerosi che, ad oggi, non esiste un censimento definitivo;
    come recentemente certificato anche dall'Istat, nell'isola è concentrato il 20 per cento dei siti e del patrimonio archeologico italiano; sul territorio regionale sono diffusi migliaia di nuraghi, ipogei e centinaia di tombe di giganti, oltre che ulteriori svariate costruzioni uniche nel Mediterraneo, come i pozzi sacri e l'Altare pre-nuragico di Monte d'Accoddi, ad oggi unico ziqqurat conosciuto al di fuori dell'area mesopotamica;
    nello specifico, i nuraghi sono costruzioni di pietra a forma tronco conica, realizzate con blocchi di pietra (che pesano svariate tonnellate) e le cui mura arrivano anche a 4 metri di larghezza, e oltre 20 metri di altezza. Essi costituiscono le maggiori costruzioni del mondo mediterraneo antico dopo le piramidi egizie;
    risale ad alcuni decenni fa la scoperta (che riscrive parte della storia del Mediterraneo) nella Sardegna centro-occidentale, in un sito ancora parzialmente esplorato, di un complesso di sculture nuragiche a tutto tondo, scolpite in arenaria gessosa locale e raffiguranti arcieri, spadaccini e lottatori alti più di due metri, meglio noti come «Giganti di Monte Prama», presumibilmente le più antiche sculture a tutto tondo realizzate nell'odierna Europa, in quanto antecedenti ai kouroi greci e, nel bacino del Mediterraneo, cronologicamente considerate la prima produzione di sculture con sembianze umane realizzata nell'odierna Europa;
    investire su tale patrimonio, direttamente o tramite i Comuni, creerebbe certamente un rapporto virtuoso tra cultura ed economia, posto che attraverso la tutela, la salvaguardia, la valorizzazione e la promozione del suddetto patrimonio culturale si attiverebbe senza dubbio un meccanismo di crescita economica a vantaggio delle comunità locali, a partire dalla filiera turistica, declinata in tutte le sue manifestazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare stanziamenti alle finalità di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con specifico riguardo al patrimonio culturale sardo e, in particolare, a quello nuragico e pre-nuragico, in tal modo incentivando la realizzazione di progetti di tutela, salvaguardia, valorizzazione, promozione e acquisizione dello stesso, prevedendo altresì che a tali risorse economiche possano accedere i Comuni che presentino progetti per le finalità richiamate, ovvero volti alla miglior fruizione dei siti archeologici stessi.
9/2305/205. (Testo modificato nel corso della seduta) Perantoni, Romaniello, Cabras, Cadeddu, Corda, Deiana, Lapia, Alberto Manca, Marino, Scanu, Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero), in attuazione della delega al Governo attribuita dall'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, ha disposto la soppressione del Tribunale dell’ex Comune di Rossano ed il suo accorpamento al Tribunale di Castrovillari;
    tra i criteri adottati dall'allora Ministro della Giustizia, Paola Severino, a sostegno della soppressione figurano la specificità territoriali del bacino di utenza (anche con riguardo alla situazione infrastrutturale), il tasso di impatto della criminalità organizzata, nonché parametri oggettivi quali l'estensione del territorio, il numero degli abitanti, i carichi di lavoro e l'indice delle sopravvenienze;
    nelle linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria, redatte il 21 giugno 2013 dalla Commissione europea per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d'Europa, viene riconosciuto il valore dell'accesso alla giustizia come vicinanza dei tribunali ai cittadini;
    viene rilevato che «dover presenziare a un'udienza fissata la mattina presto per una persona anziana, o per una persona che non guida o non è dotata di mezzo proprio, in assenza di adeguati mezzi di trasporto pubblico, rappresentano tutte situazioni problematiche che possono influire sul diritto di equo accesso alla giustizia»;
    i citati criteri posti a fondamento della soppressione possono essere prontamente smentiti, tenendo conto del circondario del nuovo comune di Corigliano-Rossano, sorto dalla fusione dei due più importanti centri della zona che risulta essere la più estesa della Calabria (347 km quadrati) e la terza per popolazione (77.000 abitanti);
    sotto il profilo della ubicazione geografica ed infrastrutturale, la zona è sprovvista di un servizio pubblico di collegamento, nonché di una rete ferroviaria che colleghi Corigliano-Rossano, gli altri Comuni adiacenti e Castrovillari, costringendo i cittadini del Circondario del soppresso Tribunale dell'ex Comune di Rossano a servirsi di mezzi propri, rischiando quotidianamente la vita sulla strada statale 106 tristemente definita «strada della morte», per poter raggiungere Castrovillari (oltre 65 km);
    ulteriore criterio a sostegno di tale accorpamento è stato la «omogeneità della criminalità nei circondari di Castrovillari e Rossano» che può anch'esso essere confutato, alla luce dell'intensa attività criminale sul territorio, oltre che della presenza di un carcere di massima sicurezza che ospita pericolosi terroristici islamici;
    inoltre, nelle citate linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria per favorire lei condizioni di accesso ad un sistema giuridico di qualità, a proposito della necessità per alcuni Stati membri di salvaguardare presidi di giustizia in aree territoriali al di là e in deroga a determinati criteri, è espressamente indicato il caso di tre tribunali del sud Italia (Caltagirone, Rossano e Sciacca), «i quali pur essendo inizialmente individuati per la chiusura sulla base delle loro dimensioni e prestazioni, sono stati successivamente “salvati” perché ritenuti in prima linea nella battaglia contro la mafia»;
    al momento, solo i tribunali di Caltagirone e Sciacca sono stati salvati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità del ripristino del Tribunale dell’ex Comune di Rossano, soppresso dalla riforma della geografia giudiziaria, al fine di garantire il rispetto del diritto all'equo accesso alla giustizia ed al principio di prossimità.
9/2305/206Scutellà.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7-bis, del decreto-legge n. 92 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, dispone che per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un Piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate;
    tale personale è posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Si tratta dell'Operazione c.d. «Strade sicure»;
    i militari in servizio nell'Operazione, qualificati come Agenti di Pubblica Sicurezza, seguono uno speciale iter addestrativo, teorico-pratico, tale da garantire una pronta risposta operativa alle varie attivazioni e sempre adeguata alle circostanze;
    il Piano suddetto è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008; inizialmente riguardava un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta;
    tuttavia, dal 2008 ad oggi, il Piano è stato prorogato più volte e il contingente ha visto variare la sua consistenza numerica a seguito di provvedimenti adottati nel corso di specifici eventi (quali EXPO 2015, il Giubileo straordinario della Misericordia, il G7, il sisma nel Centro Italia e sull'isola di Ischia) o per fronteggiare esigenze di sicurezza di alcune specifiche aree del territorio nazionale, come nel caso della Terra dei Fuochi;
    la legge di bilancio in esame, all'articolo 1, comma 132, proroga ulteriormente il Piano fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità, per garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative finalizzate a estendere l'ambito di operatività del contingente impegnato nell'Operazione «Strade sicure» all'area di Brindisi e della Provincia BAT (Barletta Andria Trani), con compiti di presidio e controllo del territorio.
9/2305/207Macina.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, prevede una pluralità di norme che intervengono in numerose materie, i cui contenuti definiscono i contenuti normativi della manovra annuale, da iscrivere nel quadro degli obiettivi programmati stabiliti nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza;
    in tale ambito, il provvedimento reca una serie di disposizioni di finanza regionale e locale, volte a promuovere, attraverso specifici contributi, gli investimenti di comuni e regioni, nonché interventi in favore di province e città metropolitane, finalizzati alla messa in sicurezza di edifici e territorio e per interventi straordinari di manutenzione di strade e scuole;
    al riguardo, si segnala che le condizioni generali della viabilità delle arterie stradali presenti nel Lazio meridionale (risalenti in larga parte in epoca romana e le ultime infrastrutture viarie, realizzate negli anni sessanta) evidenziano numerose criticità, in relazione sia alle precarie condizioni della superficie stradale, sia ai livelli di traffico spesso congestionati, presenti nel sud Pontino, causati dai flussi turistici che durante il periodo estivo e invernale determinano una condizione d'isolamento, originato dalle code d'ingresso, (spesso superiori ai 10 km) provenienti soprattutto dalla Campania e dalla Ciociaria;
    a partire dal 1996, si sono succeduti diversi tentativi volti a ridurre il volume del traffico veicolare, anche e soprattutto per consentire uno sviluppo migliore delle attività commerciali e produttive locali, attraverso la realizzazione di una nuova variante alla strada statale 7 via Appia, denominata «Pedemontana di Formia», costruita al fine di oltrepassare il centro abitato di Formia;
    al riguardo, secondo quanto risulta dal documento Silos (Sistema informativo legge opere strategiche) della Camera dei deputati, nell'ambito del quadro finanziario degli interventi per la realizzazione della variante stradale in precedenza esposta, risultano disponibili al 31 maggio 2018 79.250 milioni di euro;
    all'interno dei collegamenti stradali suesposti, si ravvisa inoltre la necessità di potenziare le articolazioni tra i centri di Formia e Cassino in considerazione dell'avvenuto mutamento della c.d. «geografia giudiziaria», della presenza di sedi universitarie, nonché dell'attuale tracciato della strada statale 630 Formia Cassino, che risulta essere non rispondente alle caratteristiche di un percorso stradale moderno, con transito scorrevole;
    a tal fine, risulterebbe urgente e indispensabile definire un quadro programmatico di interventi, volti al completamento e al miglioramento dei collegamenti stradali in precedenza esposti, al fine di ammodernare le infrastrutture viarie interessate, innalzando al contempo, i livelli di sicurezza della circolazione stradale in rapporto all'incremento del traffico veicolare esistente sia nel sud Pontino, che nella variante «Pedemontana di Formia»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, un intervento normativo ad hoc nel corso della presente legislatura, volto al completamento della variante stradale 7 ”Pedemontana di Formia” e allo stanziamento delle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione di un nuovo asse viario, per i collegamenti tra Formia e Cassino, considerando che la stima su base parametrica attualmente esistente, risulta in stallo da tempo.
9/2305/208Trano, Segneri.


   La Camera,
   premesso che:
    il Centro italiano ricerche aerospaziali (GIRA), con sede a Capua, è una società a prevalente partecipazione pubblica costituita nel 1984 per svolgere attività di ricerca nelle discipline aeronautiche e spaziali;
    il CIRA è una società partecipata dall'Agenzia spaziale italiana (socio di riferimento), dal Consiglio nazionale delle ricerche, dalla regione Campania, da industrie e piccole e medie imprese del settore aerospaziale;
    la missione del CIRA è di attuare il PRO.R.A., il Programma Nazionale di Ricerche Aerospaziali che prevede, secondo quanto disposto dal Decreto Ministeriale 24 agosto 1998 prot. n. 305/1998, lo svolgimento di attività di ricerca, sperimentazione, produzione e scambio di informazioni, formazione del personale nei settori aeronautico e spaziale da realizzarsi anche attraverso la partecipazione a programmi di ricerca europei ed internazionali; la realizzazione e la gestione delle opere, degli impianti, delle infrastrutture, dei beni strumentali e delle attrezzature funzionali a tali attività;
    ai sensi dell'articolo 4 del Decreto Ministeriale suddetto, il CIRA è destinatario di fondi pubblici erogati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    nello Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022 il contributo dello Stato alle spese di gestione del PRO.R.A ammonta a circa 22 milioni di euro annui nel prossimo triennio;
    l'attività del CIRA è incentrata sullo sviluppo di attività che costituiscano un asset fondamentale per l'industria aerospaziale nazionale ed europea, rappresentando inoltre un forte punto di sviluppo per tutta la provincia di Caserta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere normativo, un incremento delle risorse per il CIRA nello Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché a valutare l'opportunità di modificare il decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, al fine di permettere al CIRA di utilizzare il fondo previsto dall'articolo 10 a copertura di eventuali perdite di esercizio, purché derivanti dallo sviluppo di progetti contenuti nel PRO.R.A., così come definito dal Decreto Ministeriale 24 agosto 1998, n. 305.
9/2305/209Buompane, Manzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il giorno 10 luglio 2019 in molti comuni della Regione Abruzzo si sono verificati eccezionali eventi atmosferici, caratterizzati da forti grandinate con chicchi di notevoli dimensioni, che hanno causato gravi e diffusi danni,
    i territori più colpiti sono state le province di Chieti e Pescara e i danni maggiormente rilevanti hanno interessato soprattutto gli edifici, le infrastrutture pubbliche e private, le autovetture, a cui si sono aggiunte anche le ostruzioni di canali e delle reti fognarie, l'interruzione di erogazione di energia elettrica e acqua potabile e gli ingenti danni alle coltivazioni, alle attività produttive e turistiche;
    secondo quanto riportato nella delibera n. 466 del 5 agosto 2019 della Giunta Regionale dell'Abruzzo, si è resa necessaria da subito l'attivazione di procedure di emergenza a tutti i livelli amministrativi, anche attraverso l'apertura dei Centri Operativi Comunali (6 in provincia di Pescara e 12 in provincia di Chieti) e l'utilizzo con piena operatività della Sala Operativa regionale della Protezione Civile;
    il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ha effettuato oltre 1.000 interventi nelle aree colpite e impiegato complessivamente 120 unità di personale volontario di Protezione Civile, utilizzando risorse economiche e strumentali straordinarie per la gestione dell'emergenza,
    con provvedimento n. 401 del 12 luglio 2019, la Giunta Regionale dell'Abruzzo ha formalizzato la straordinarietà degli eventi meteorici del 10 luglio, dalla quale risultano complessivamente coinvolti 52 enti per un totale di fabbisogno di danni stimato in circa 222,5 milioni di euro, con il seguente impatto provinciale: Provincia di Pescara –114.092.502,00 euro; Provincia di Chieti –105.998.907,03 euro; Provincia di Teramo – 1.827.200,00 euro; Provincia di L'Aquila – 652.080,78 euro;
    la stima dei danni ammonta a più di 20 milioni di euro per le strutture pubbliche, supera i 100 milioni di euro per le infrastrutture private ed i 34 milioni di euro per le attività economiche produttive e agricole;
    l'entità dei danni ha altresì colpito duramente molti cittadini abruzzesi, causando un aggravio economico rilevante e non sempre sostenibile, soprattutto per i redditi medio bassi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a fronteggiare lo stato di emergenza delle zone colpite dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati in Abruzzo il 10 luglio 2019, stanziando, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, risorse adeguate alla riparazione dei danni subiti dagli immobili pubblici e privati, dalle infrastrutture pubbliche e private, dalle coltivazioni, dalle attività produttive e turistiche, nonché alla realizzazione delle opere di messa in sicurezza delle aree colpite.
9/2305/210Torto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'introduzione della disciplina su «quota cento» e le disposizioni sul blocco del turn over hanno determinato per alcuni comuni italiani una momentanea carenza di organico a cui non tutti sono riusciti a far fronte, anche a causa dell'impossibilità nell'immediato di procedere alla stabilizzazione dei lavoratori precari di cui all'articolo 1, comma 446, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), nonché, in alcuni casi, di aggiornare la programmazione triennale del fabbisogno di organico;
    pur non contravvenendo alla ratio della norma contenuta nell'articolo 1, comma 446, della legge di bilancio 2019 e all'esigenza di azzerare il lavoro precario specialmente con riferimento ai comuni, appare utile dare un'ulteriore possibilità a quegli enti che non hanno potuto adeguarsi nell'immediato alla citata norma, ma che nel contempo si trovano nell'impossibilità di offrire ai cittadini quei servizi necessari che prima avrebbero potuto garantire attraverso la stipula di contratti di collaborazione coordinata, o comunque attraverso l'organico di cui oggi sono rimasti scoperti a seguito delle richieste di pensionamento;
    proprio per garantire il rispetto della ratio delle norme sopra richiamate, nonché la possibilità di derogare al divieto di stipula di contratti di lavoro atipici contenuta nella norma di cui all'articolo 22, comma 8, del decreto legislativo n. 75 del 2017, l'impegno richiesto al Governo dovrà essere circoscritto in ogni caso nei limiti del Patto di Stabilità Interno, creando una deroga ai soli dodici mesi per i contratti, anche atipici, pendenti nell'attesa che si verifichino tutte le condizioni necessarie per procedere alla stabilizzazione dei lavoratori di cui al comma 446 dell'articolo 1 della legge di Bilancio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere normativo, una deroga al divieto di cui all'articolo 22, comma 8, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, per i Comuni che, alla data del 31 dicembre 2019, non sono in condizione di avviare le procedure di stabilizzazione dei lavoratori precari di cui all'articolo 1, comma 446, della legge n. 145 del 2018 per i motivi di cui in premessa, al fine di garantire i servizi essenziali ai cittadini.
9/2305/211Giuliano, Faro, Menga.


   La Camera,
   premesso che:
    la sub regione Pugliese del Gargano è un'area che soffre numerose criticità anche per la mancanza di infrastrutture che ne ostacola lo sviluppo economico;
    oltre all'agricoltura, il turismo sta diventando un'opportunità di rilancio del territorio sempre più concreta. Tanti sono infatti gli italiani che scelgono il Gargano quale meta delle proprie vacanze, ma ancor di più sono i turisti stranieri. A questo si aggiunge l'istituzione dell'area SIC in prossimità della costa di Torre Mileto che incentiva il turismo naturalistico già molto diffuso anche grazie alla presenza del Parco Nazionale del Gargano, senza dimenticare il turismo religioso che richiama tanti pellegrini a San Giovanni Rotondo;
    va inoltre evidenziato che nell'ultimo triennio dal 2016 al 2018 i flussi turistici provenienti dall'estero sono notevolmente aumentati con una media di 170.000 arrivi l'anno solo nelle località turistiche della provincia di Foggia e ciò nonostante la mancanza di un aeroporto e la carenza infrastrutturale che riguarda la rete stradale e ferroviaria;
    a questa realtà si aggiunge quella che vivono i cittadini residenti in provincia di Foggia che per spostarsi verso le principali città italiane e straniere hanno a disposizioni pochissime alternative. Infatti gli aeroporti più vicini, che possono essere utilizzati da italiani e stranieri per raggiungere o per partire dal Gargano sono quello di Pescara o Bari;
    l'istituzione delle ZES e, in particolare, l'avvio del Contratto Istituzionale di Sviluppo di Foggia fanno ben sperare in un concreto rilancio dell'area settentrionale della Puglia e, soprattutto, del Gargano, senza prescindere da un concreto potenziamento delle infrastrutture già presenti sul territorio ma non operative;
    l'aeroporto di Foggia Gino Lisa ad oggi non garantisce alcun tipo di collegamento, né con le principali città italiane né con quelle europee, anche se va rilevato che il prolungamento della pista potrebbe riportare a Foggia i voli di linea nazionali ed internazionali;
    nell'ottica di un concreto sviluppo della Capitanata, l'Aeroporto Gino Lisa dovrà essere pronto a rispondere ad un crescente flusso di passeggeri, dovuto al rilancio economico dell'area, grazie anche al richiamato Contratto Istituzionale di Sviluppo, nonché a garantire la continuità territoriale per le popolazioni, anche quelle delle aree interne che si trovano distante dai principali aeroporti, come il sud est della Campania, il Molise e la Basilicata. Infatti, l'aeroporto di Foggia occupa una posizione strategica tale da coprire le esigenze di più territori, non soltanto la Puglia settentrionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere opportune iniziative volte a garantire il traffico aereo su Foggia e a realizzare opere di ristrutturazione infrastrutturale dell'Aeroporto foggiano Gino Lisa, tali da attrarre le compagnie aeree verso lo scalo foggiano, assicurando, in tal modo, la continuità territoriale, nonché lo sviluppo economico del Gargano e delle aree interne della Puglia settentrionale e di quelle rientranti nelle regioni limitrofe.
9/2305/212Faro, Menga.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, reca disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione;
    l'articolo 11-quater del citato decreto dispone la regionalizzazione della proprietà delle opere idroelettriche alla scadenza delle concessioni e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse;
    in particolare è indicato: «le regioni, in caso di insussistenza di un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, possono assegnare tali concessioni ad operatori economici individuati attraverso gare, a società a capitale misto pubblico privato»;
    nella sua attuale formulazione, il testo esclude la possibilità di affidare le concessioni senza gara a società di proprietà interamente pubblica, comprese quelle «in house»;
    in data 6 febbraio 2019, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/1550/95 su un tema relativo ad analoga materia;
    le derivazioni idroelettriche (anche «non grandi») insistono in Italia soprattutto su territori montani, caratterizzati da cambiamenti climatici, più rilevanti rispetto a territori di pianura, da un equilibrio ecologico-ambientale delicato, da rischi idrogeologici significativi e da un equilibrio socio economico precario: si registra un trend storico di decrescita della popolazione, problematiche logistiche, che mettono in dubbio il ritorno economico di qualsiasi tipo di investimento stabile, tanto più se infrastrutturale;
    una società con componente privatistica difficilmente sarebbe disponibile ad effettuare investimenti infrastrutturali i cui ritorni economici sarebbero di lunghissimo periodo e sarebbero prevalentemente destinati a prevenire, mitigare e sostenere le situazioni sopra evidenziate;
    gli impianti e le imprese di gestione potrebbero essere singolarmente di dimensioni insufficienti per rispondere in modo adeguato alle esigenze della clientela e alle dinamiche del mercato energetico;
    si potrebbero, pertanto, favorire raggruppamenti di tale tipologia di imprese, insistenti su ambiti territoriali diversi e anche lontani tra loro, per costituire una massa critica adeguata al raggiungimento di capacità competitive sufficienti, attraverso provvedimenti senza impegni di spesa pubblica nazionale volti a favorire:
    la costituzione di reti di impresa, tali da mantenere l'indipendenza di ogni singola attività pur godendo di economie di esperienza (es. R&S), di scopo (es. gruppi di acquisto), di indirizzo strategico o di attività operative (es. fatturazione);
    la costituzione di comunità energetiche, mirate a consolidare interazioni forti e di lunga durata con la clientela del territorio, relazioni che consentano di mitigare in generale i costi dell'energia, lo scambio con il cliente/produttore (es. con impianti fotovoltaici) e l'investimento in accumuli di energia per il livellamento temporale produzione-consumo;
    il coinvolgimento della popolazione locale con residenza di lunga durata allo sviluppo dell'impresa, con partecipazione nel capitale, regolamentata per la quota individuale e complessivamente limitata in percentuale a valori che non compromettano il completo controllo, la guida e il coordinamento da parte della comunità locale;
    la possibilità di affidare le concessioni idroelettriche senza gara pubblica a società interamente pubbliche o a società a direzione e coordinamento pubblico, ma con partecipazione di azionariato popolare locale regolamentato, è consentita alle seguenti condizioni: da un lato che l'Ente pubblico concedente si impegni a definire regole di governance della partecipata trasparenti e allineate agli standard internazionali, oltre che a mantenere una mission aziendale coerente con le finalità individuate e, dall'altro lato, che la Società concessionaria si impegni a realizzare, entro i termini concordati con il Ministero competente, un piano finalizzato alla massimizzazione dello sfruttamento delle risorse energetiche locali di natura rinnovabile (anche non idroelettriche), nel pieno e totale rispetto delle caratteristiche ambientali del territorio e delle volontà espresse dalla popolazione, nonché un piano finalizzato a salvaguardare il territorio di riferimento dagli ormai prevedibili cambiamenti climatici e dai rischi idrogeologici, con significativi investimenti infrastrutturali i cui ritorni economici sarebbero di lunghissimo periodo;
    la società concessionaria si dovrà, inoltre, impegnare a:
    favorire la transizione verso il carbon/fossil free sia per i trasporti che per il riscaldamento degli edifici, con opportuni investimenti nella rete di distribuzione locale e nello stoccaggio di energia elettrica;
    partecipare a reti di impresa con altre società della stessa tipologia che consentano il miglioramento delle proprie capacità competitive;
    costituire comunità energetiche mirate al coinvolgimento di lungo periodo della clientela locale;
    favorire la partecipazione al proprio capitale – quindi alla propria attività – della comunità locale attraverso forme «cooperative» o di «azionariato popolare»;
    sviluppare un ecosistema industriale locale centrato sulle core competencies del concessionario, in sinergia con le competenze distintive di altri operatori presenti sul territorio,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza, finalizzate a includere anche la possibilità di affidare le concessioni idroelettriche senza gara a società interamente pubbliche o a società a direzione e coordinamento pubblico, ma con partecipazione di azionariato popolare locale regolamentato, quindi società che perseguono come fine primario di porre al centro dell'interesse aziendale sia le esigenze dell'ambiente, sia tutte le conseguenze ed esternalità ad esse collegate, senza naturalmente escludere dagli obbiettivi aziendali l'efficienza economico-tecnica;
   a valutare, altresì, l'opportunità di assumere le iniziative di competenza al fine di includere le opportune provvidenze affinché le società concessionarie siano adeguatamente agevolate nella realizzazione delle stringenti condizioni indicate in premessa.
9/2305/213Elisa Tripodi, Sut.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, prevede che «Ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nell'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per le spese documentate, relative agli interventi indicati nel comma 1 del citato articolo 16-bis, spetta una detrazione dall'imposta lorda fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è pari al 50 per cento per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2019»;
    l'articolo 16, comma 1-quater, del citato decreto, come modificato dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce altresì che «qualora dalla realizzazione degli interventi di cui ai commi 1-bis e 1-ter derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione dall'imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta» e che «ove dall'intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell'SO per cento»;
    il successivo comma 1-septies dell'articolo 16 – introdotto dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 – prevede inoltre che «qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2006, mediante demolizione e ricostruzione di Interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile, le detrazioni dall'imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all'acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75 per cento e dell'85 per cento del prezzo della singola unità Immobiliare, risultante nell'atto pubblico di compravendita e, comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare»;
    al fine di favorire interventi di miglioramento della classe sismica degli immobili situati nelle zone sismiche 1, 2, 3 e la rigenerazione di tessuti urbani, scongiurando progetti speculativi di consumo del territorio e del suolo, potrebbe risultare molto utile l'estensione delle detrazioni in questione anche alle ipotesi di cambio destinazione d'uso da produttivo/industriale in residenziale e per la realizzazione di più unità immobiliari ad uso abitativo, purché all'interno di progetti di riqualificazione urbana ed ovviamente nel rispetto di tutte le norme urbanistiche e catastali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere le detrazioni di cui all'articolo 16, commi 1-quater e 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, nonché modificato dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche alle ipotesi di cambio destinazione d'uso da produttivo/industriale in residenziale e per la realizzazione di più unità immobiliari ad uso abitativo, purché all'interno di progetti di riqualificazione urbana ed ovviamente nel rispetto di tutte le norme urbanistiche e catastali.
9/2305/214Baldino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, prevede che «Ferme restando le ulteriori disposizioni contenute nell'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per le spese documentate, relative agli interventi indicati nel comma 1 del citato articolo 16-bis, spetta una detrazione dall'imposta lorda fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è pari al 50 per cento per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2019»;
    l'articolo 16, comma 1-quater, del citato decreto, come modificato dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce altresì che «qualora dalla realizzazione degli interventi di cui ai commi 1-bis e 1-ter derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione dall'imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta» e che «ove dall'intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell'SO per cento»;
    il successivo comma 1-septies dell'articolo 16 – introdotto dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 – prevede inoltre che «qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 108 dell'11 maggio 2006, mediante demolizione e ricostruzione di Interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile, le detrazioni dall'imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all'acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75 per cento e dell'85 per cento del prezzo della singola unità Immobiliare, risultante nell'atto pubblico di compravendita e, comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare»;
    al fine di favorire interventi di miglioramento della classe sismica degli immobili situati nelle zone sismiche 1, 2, 3 e la rigenerazione di tessuti urbani, scongiurando progetti speculativi di consumo del territorio e del suolo, potrebbe risultare molto utile l'estensione delle detrazioni in questione anche alle ipotesi di cambio destinazione d'uso da produttivo/industriale in residenziale e per la realizzazione di più unità immobiliari ad uso abitativo, purché all'interno di progetti di riqualificazione urbana ed ovviamente nel rispetto di tutte le norme urbanistiche e catastali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere le detrazioni di cui all'articolo 16, commi 1-quater e 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, nonché modificato dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche alle ipotesi di cambio destinazione d'uso da produttivo/industriale in residenziale e per la realizzazione di più unità immobiliari ad uso abitativo, purché all'interno di progetti di riqualificazione urbana ed ovviamente nel rispetto di tutte le norme urbanistiche e catastali.
9/2305/214. (Testo modificato nel corso della seduta) Baldino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha stabilito il diritto dei contribuenti residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, come individuati dall'articolo 3 dell'ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, di ottenere il rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento del dovuto;
    le risorse stanziate dalla legge n. 190 del 2014 sono risultate insufficienti a soddisfare le legittime richieste dei contribuenti che, in forza della superiore disposizione, hanno presentato regolare istanza di rimborso delle somme;
    anche al fine di non incorrere in violazioni che potrebbero dare luogo a contenziosi che determinerebbero la condanna dell'erario con conseguenti oneri a carico della finanza pubblica, è necessario provvedere agli stanziamenti di spesa necessari a garantire il soddisfo delle legittime pretese dei contribuenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire il rimborso delle istanze di cui in premessa anche mediante le risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi.
9/2305/215Ficara, Lorefice, Scerra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 159, del disegno di legge in esame assegna al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risorse pari a 500.00 euro per ciascuno degli anni 2020-2026, al fine di potenziare le attività di monitoraggio e vigilanza e la verifica della qualità dei servizi erogati all'utenza, relative all'esecuzione del Contratto di Servizio di Media e Lunga percorrenza concluso tra Trenitalia spa e il Ministero medesimo;
    il 19 gennaio 2017 è stato definito, tra Trenitalia, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze, il nuovo contratto di servizio 2017-2026 per il trasporto passeggeri di interesse nazionale, che è sottoposto a regime di obbligo di servizio pubblico per garantire il diritto alla mobilità. Il nuovo contratto ha durata decennale, anziché quinquennale come il precedente, scaduto nel 2014 e prorogato negli ultimi due anni, ed è relativo al «servizio ferroviario universale»;
    il servizio comprende il network dei treni Intercity che garantiscono i collegamenti di media/lunga percorrenza tra medi e grandi centri urbani. Il nuovo contratto vede tra gli obiettivi principali il mantenimento di tutti collegamenti ferroviari precedentemente in essere con incremento di oltre 1,8 milioni di treni/km, servizi aggiuntivi a bordo treno, rinnovo e sostituzione del vecchio materiale rotabile IC nel corso dei primi tre anni di validità del contratto di servizio;
    il contratto, a fronte di investimenti pubblici aggiuntivi di circa 100 milioni di euro annui rispetto al passato prevede un piano di investimenti nel materiale rotabile per circa 300 milioni di euro. Oltre ai ricavi ottenuti da Trenitalia dalla vendita dei biglietti, le cui tariffe sono determinate per assolvere la funzione di «servizio universale», vengono corrisposti a Trenitalia dei corrispettivi, ad integrazione dei ricavi, per 347.922.703 euro per il 2017 e 365.922.703 euro per gli anni 2018-2026;
    il comma 2-ter dell'articolo 9 del decreto-legge n. 159 del 2007, sopprimendo le parole «contratti di servizio» nel comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 238 del 1993, che disciplina la trasmissione al Parlamento dei contratti di programma e dei contratti di servizio delle Ferrovie dello Stato italiane, ha fatto venire meno la possibilità per il Parlamento di esaminare e di esprimere il proprio parere sugli schemi di questi contratti di servizio;
    associazioni, rappresentanze sindacali, semplici cittadini lamentano da diversi anni le condizioni sempre più precarie del servizio, tra frequenti ritardi e una situazione igienico-sanitaria critica nei convogli e nelle stazioni;
   considerato l'ingente investimento pubblico previsto dal contratto di servizio in questione e l'importanza che il servizio intercity riveste ancora oggi nell'ambito del trasporto ferroviario nazionale, soprattutto nel Mezzogiorno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere un'iniziativa normativa che ripristini la formulazione dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 238 del 1993 quale era precedentemente alla modifica disposta con il comma 2-ter dell'articolo 9 del decreto-legge n. 159 del 2007, in modo da consentire al Parlamento di esaminare e di esprimere un parere anche sugli schemi di contratto di servizio delle Ferrovie dello Stato italiane spa.
9/2305/216Barzotti, Ficara, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Papiro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    sul versante della spesa in conto capitale rilevano, in particolare, le nuove risorse, aggiuntive a quelle stanziate negli anni precedenti, destinate al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e i nuovi stanziamenti per gli enti territoriali;
    in particolare, in materia di infrastrutture, è prevista una serie di misure finalizzate ad incrementare le risorse assegnate a comuni, province, città metropolitane e regioni per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza di edifici e territorio;
    quanto alle risorse destinate ai Comuni, si istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, un fondo con una dotazione di 400 milioni di euro, per investimenti nei comuni, per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034, nei settori dell'edilizia pubblica, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, in relazione all'emergenza dissesto nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi in Sicilia a partire dal mese di settembre, le necessarie misure di sostegno, anche di carattere legislativo, volte a supportare i comuni delle province della Regione siciliana per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito dagli eventi alluvionali di settembre, ottobre e novembre 2019, al fine di permettere l'immediato avvio e la realizzazione degli investimenti strutturali e infrastrutturali urgenti finalizzati alla mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico nei comuni delle suddette province.
9/2305/217Scerra, Lorefice, Ficara, Giarrizzo, Pignatone, Alaimo, Saitta, Luciano Cantone, Martinciglio, Davide Aiello, Marzana, Perconti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene rilevanti misure in tema di politiche sociali, tra cui alcune riconducibili alla disabilità, come l'istituzione di un nuovo fondo a carattere strutturale denominato «Fondo per la disabilità e la non autosufficienza», destinato all'attuazione di interventi di riordino e sistematizzazione delle politiche di sostegno in materia, il rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze, l'incremento della dotazione del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (c.d. «Dopo di noi») e del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, nonché l'incremento del contributo destinato alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità;
    negli ultimi anni sono state avanzate numerose istanze da parte di movimenti e di associazioni per i diritti delle persone con disabilità per favorire l'integrazione lavorativa dei disabili gravi nell'ambito del personale in servizio presso gli Enti locali e, più in particolare, di quello in servizio presso la Regione siciliana;
    a tal fine, sono pervenute diverse segnalazioni alla Struttura di Missione per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al concorso bandito dall'Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell'identità Siciliana, in relazione alla mancata assegnazione dei posti a riserva per persona con disabilità gravi, come nel concorso pubblico per soli titoli per complessivi n. 20 posti di dirigente-tecnico antropologo del ruolo dei Beni Culturali, di cui alla tabella A della legge regionale n. 8/99, bandito dalla Regione Siciliana con Decreto Assessoriale del 29 marzo 2000 e pubblicato nella G.U.R.S. del 14 aprile 2000 S.S. concorsi n. 4;
    in una procedura concorsuale selettiva per soli titoli la mancata assegnazione delle riserve concorsuali, in contrasto con le disposizioni normative vigenti in materia di obbligo di espletamento delle suddette riserve, costituisce grave violazione di diritti costituzionalmente garantiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative volte a sollecitare un intervento, nel rispetto delle garanzie costituzionali e dell'attività di controllo dello Stato sulle Regioni, della Struttura di Missione per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di censurare i presunti profili di illegittimità di cui al concorso bandito della Regione Siciliana di cui in premessa, in favore della pubblicazione della graduatoria definitiva con l'assegnazione delle riserve, e quindi delle assunzioni inerenti il suddetto concorso.
9/2305/218Penna.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    sul versante della spesa in conto capitale rilevano, in particolare, le nuove risorse, aggiuntive a quelle stanziate negli anni precedenti, destinate al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e i nuovi stanziamenti per gli enti territoriali, in particolare per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale;
    a tal fine, le risorse messe a disposizione tramite i fondi europei rappresentano una importante opportunità di finanziamento per le amministrazioni locali per la realizzazione di servizi ed infrastrutture necessarie per la comunità ed il territorio;
    la difficoltà riscontrata da alcuni Enti locali nella capacità di intercettare i finanziamenti europei, sia per quanto riguarda l'attrazione di fondi indiretti che di fondi a gestione diretta, per mancanza di personale qualificato all'interno degli uffici tecnici o in possesso delle competenze a predisporre i necessari atti tecnico-amministrativi che permettono di ottenere i finanziamenti, penalizza le amministrazioni locali, soprattutto dei piccoli Comuni, che rischiano così di essere esclusi dalla possibilità di partecipare all'attuazione dell'intero ciclo di vita degli interventi europei (progettazione, approvazione e realizzazione), con evidenti conseguenze negative sul piano degli investimenti in progetti di sviluppo economico per il proprio territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative, anche tramite il ricorso all'istituzione di un fondo ad hoc nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzate a fornire un adeguato supporto tecnico-operativo, anche mediante la stipula di specifiche convenzioni, a sostegno delle amministrazioni preposte, all'interno dei piccoli Comuni, all'attuazione dell'intero ciclo di vita degli interventi oggetto di bandi europei, al fine di favorire un approccio strategico nell'accesso ai fondi UE da parte degli Enti Locali.
9/2305/219Papiro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    sul versante della spesa in conto capitale rilevano, in particolare, le nuove risorse, aggiuntive a quelle stanziate negli anni precedenti, destinate al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e i nuovi stanziamenti per gli enti territoriali;
    l'articolo 28 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (decreto-legge Crescita), convertito in legge 28 giugno 2019, n. 58, ha previsto una procedura semplificata per definire la chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni concesse nell'ambito dei Patti territoriali;
    in particolare, il comma 4 del suddetto articolo contiene l'indicazione della compensazione degli effetti finanziari precisando che a tale compensazione si provvede ai sensi dell'articolo 50 della medesima legge;
    un'interpretazione letterale della norma indurrebbe a ritenere che i Patti territoriali continueranno a beneficiare di fondi, in particolare per finanziare ulteriori progetti e per rimodulare i progetti già in essere per sostenere lo sviluppo del tessuto imprenditoriale territoriale e favorire, in particolare, valorizzandoli, i modelli gestionali efficienti;
    con decreto ministeriale 5 settembre 2019 sono stati definiti i contenuti specifici, i termini, le modalità e gli schemi per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive da parte delle imprese beneficiarie che hanno ultimato l'intervento agevolato entro il termine del 31 dicembre 2012, ai sensi dall'articolo 40, comma 9-ter, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    pur perseguendo la semplificazione delle modalità di presentazione, da parte delle imprese, il suddetto decreto nulla dice in merito ai nuovi ed eventuali progetti né fa alcun riferimento ad eventuali progetti già approvati che necessitano di rimodulazione, anche se all'articolo 7, comma 2, si precisa che «le risorse rivenienti dall'applicazione delle procedure di cui al presente decreto, costituenti risorse residue dei Patti territoriali ai sensi e nei limiti dell'articolo 28, comma 3, del decreto-legge, sono utilizzate nel rispetto del vincolo di destinazione stabilito dalla predetta disposizione»;
    le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale, indurrebbero a ritenere che i Patti territoriali continueranno ad essere in vigore esclusivamente nel caso in cui dovessero risultare delle risorse residue dopo le erogazioni previste dallo stesso decreto per sanare le situazioni pregresse;
    poiché per le imprese del territorio entrambe le interpretazioni comportano notevole impatto sullo sviluppo e sulle scelte imprenditoriali, in senso positivo o negativo, sarebbe opportuno fornire indicazioni precise circa la sopravvivenza o meno dei patti territoriali e, eventualmente, i tempi previsti per i bandi per presentare i nuovi progetti,

impegna il Governo

alla luce delle considerazioni di cui in premessa, a fornire i chiarimenti ritenuti opportuni in merito alla portata delle disposizioni relative alla riassegnazione delle risorse destinate ai Patti Territoriali, al fine di addivenire a un'interpretazione univoca in merito alla prosecuzione, o ad una eventuale abrogazione, dei finanziamenti ricadenti sui progetti beneficiati dai Patti territoriali.
9/2305/220Galizia.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    sul versante della spesa in conto capitale rilevano, in particolare, le nuove risorse, aggiuntive a quelle stanziate negli anni precedenti, destinate al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e i nuovi stanziamenti per gli enti territoriali;
    l'articolo 28 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (decreto-legge Crescita), convertito in legge 28 giugno 2019, n. 58, ha previsto una procedura semplificata per definire la chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni concesse nell'ambito dei Patti territoriali;
    in particolare, il comma 4 del suddetto articolo contiene l'indicazione della compensazione degli effetti finanziari precisando che a tale compensazione si provvede ai sensi dell'articolo 50 della medesima legge;
    un'interpretazione letterale della norma indurrebbe a ritenere che i Patti territoriali continueranno a beneficiare di fondi, in particolare per finanziare ulteriori progetti e per rimodulare i progetti già in essere per sostenere lo sviluppo del tessuto imprenditoriale territoriale e favorire, in particolare, valorizzandoli, i modelli gestionali efficienti;
    con decreto ministeriale 5 settembre 2019 sono stati definiti i contenuti specifici, i termini, le modalità e gli schemi per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive da parte delle imprese beneficiarie che hanno ultimato l'intervento agevolato entro il termine del 31 dicembre 2012, ai sensi dall'articolo 40, comma 9-ter, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
    pur perseguendo la semplificazione delle modalità di presentazione, da parte delle imprese, il suddetto decreto nulla dice in merito ai nuovi ed eventuali progetti né fa alcun riferimento ad eventuali progetti già approvati che necessitano di rimodulazione, anche se all'articolo 7, comma 2, si precisa che «le risorse rivenienti dall'applicazione delle procedure di cui al presente decreto, costituenti risorse residue dei Patti territoriali ai sensi e nei limiti dell'articolo 28, comma 3, del decreto-legge, sono utilizzate nel rispetto del vincolo di destinazione stabilito dalla predetta disposizione»;
    le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale, indurrebbero a ritenere che i Patti territoriali continueranno ad essere in vigore esclusivamente nel caso in cui dovessero risultare delle risorse residue dopo le erogazioni previste dallo stesso decreto per sanare le situazioni pregresse;
    poiché per le imprese del territorio entrambe le interpretazioni comportano notevole impatto sullo sviluppo e sulle scelte imprenditoriali, in senso positivo o negativo, sarebbe opportuno fornire indicazioni precise circa la sopravvivenza o meno dei patti territoriali e, eventualmente, i tempi previsti per i bandi per presentare i nuovi progetti,

impegna il Governo

alla luce delle considerazioni di cui in premessa, a valutare l'opportunità di fornire i chiarimenti ritenuti opportuni in merito alla portata delle disposizioni relative alla riassegnazione delle risorse destinate ai Patti Territoriali, al fine di addivenire a un'interpretazione univoca in merito alla prosecuzione, o ad una eventuale abrogazione, dei finanziamenti ricadenti sui progetti beneficiati dai Patti territoriali.
9/2305/220. (Testo modificato nel corso della seduta) Galizia.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 42 e 43 dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono per gli anni dal 2021 al 2034, l'assegnazione (per complessivi 8,5 miliardi di euro) di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale;
    i criteri e le modalità di riparto dei contributi, di monitoraggio, rendicontazione e verifica e di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate sono demandati ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2020;
    dal monitoraggio sulla qualità della vita nelle città italiane, relativo all'anno 2019, sono emerse ampie difformità;
    tali discrepanze riguardano i seguenti aspetti: ricchezza, consumi, affari, lavoro, ambiente, servizi, demografia, società, giustizia, sicurezza, cultura e tempo libero;
    compito dello Stato è quello di promuovere condizioni di benessere e vivibilità uniformi in tutto il Paese,

impegna il Governo

a valutare, in occasione dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato in premessa, l'opportunità di prevedere misure volte a rendere omogenea la qualità della vita su tutto il territorio nazionale.
9/2305/221Pignatone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comparto primario dell'allevamento ovino è caratterizzato da un'eccessiva frammentazione e da una scarsa redditività della fase di produzione, dovuta al basso livello dei prezzi «alla stalla» ma anche allo scarso valore aggiunto della materia prima ed alla scarsa capacità di aggregazione dell'offerta, che lascia agli intermediari la possibilità di agire quasi in un regime di oligopilio, costringendo i produttori a subire il prezzo;
    proprio l'instabilità del mercato lattiero caseario e l'estrema volatilità dei prezzi, con ovvie ripercussioni negative sui produttori della filiera interessata, hanno costituito la base della volontà del Governo e del Parlamento di adottare: i) cinque risoluzioni parlamentari da parte della XIII Commissione Permanente Agricoltura (la n. 7-00069 Cadeddu, la n. 7-00148 De Carlo, la n. 7-00182 Gadda, la n. 7-00184 Spena, la n. 7-00185 Gastaldi) aventi ad oggetto «Iniziative a sostegno del comparto del latte ovicaprino» e approvate in via definitiva in data 21/03/2019; ii) il decreto-legge 29 marzo 2019 n. 27, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2019 n. 44, il cui testo normativo, per quanto concerne specificamente il comparto del latte ovino, prevede interventi governativi di tipo economico-finanziario a sostegno del settore e istituisce, nell'ottica di una maggiore trasparenza dei dati di produzione lungo tutta la filiera, un rigoroso sistema di monitoraggio in relazione alla materia prima latte (vaccino, ovino e caprino) e ai prodotti lattiero caseari;
    resta, tuttavia, come fattore di debolezza della filiera, la scarsa capacità di aggregazione degli allevatori che riduce il loro potere contrattuale sul mercato,

impegna il Governo

sul solco delle riforme già adottate, anche al fine di scongiurare il rischio di nuove proteste dei pastori sui prezzi di cessione del latte ovino, come quelle verificatesi all'inizio di quest'anno, e, soprattutto, di concorrere al rafforzamento delle capacità di coordinamento e di aggregazione degli allevatori ovini da latte, a valutare l'opportunità di prevedere interventi volti a consentire la costituzione ed il riconoscimento di una Organizzazione di Produttori di latte ovino di livello nazionale che rispetti i criteri recati dall'articolo 152, paragrafo 3, del vigente Regolamento (UE) n. 1308/2013 ed abbia in particolare le finalità specifiche di: a) assicurare che la produzione sia pianificata e adeguata alla domanda, in particolare in termini di qualità e quantità; b) concentrare l'offerta ed immettere sul mercato la produzione dei propri aderenti; c) ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione.
9/2305/222Cadeddu.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    accolte con favore le misure introdotte nell'ambito del settore agricolo, al fine di sostenere il comparto primario attraverso interventi diretti a promuovere lo sviluppo socio economico delle aree rurali;
    preso atto, tuttavia, della necessità di fornire un sostegno particolare ad alcuni settori specificamente individuati, quali quello corilicolo la cui produzione nazionale quest'anno è destinata a crollare a circa il 30 per cento del potenziale produttivo;
   considerato che è indispensabile assicurare un primo sostegno alle aziende danneggiate da tale crisi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare, per le annualità 2020, 2021 e 2022, apposite risorse ad interventi finalizzati al sostegno delle aziende del settore corilicolo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/2305/223Del Sesto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    in particolare, per quanto riguarda il comparto agricolo, il disegno di legge di bilancio 2020 prevede numerosi interventi in favore di iniziative finalizzate alla promozione della competitività delle filiere agricole, con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo e gli investimenti delle suddette filiere;
    l'introduzione di un regime speciale dell'imposta sul valore aggiunto per produttori agricoli, risponde ad un imperativo di semplificazione, essendo destinato ad agevolare sia dal punto di vista degli adempimenti, sia relativamente al carico fiscale, soggetti che svolgano un'attività ritenuta economicamente marginale;
    ai produttori agricoli di cui al comma 2, dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, si applica il regime di esonero, di cui al comma 6, del medesimo articolo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa di competenza finalizzata ad esonerare dal versamento dell'imposta sul valore aggiunto i produttori agricoli, con un volume di affari annuo non superiore a 10 mila euro, che operano nelle zone agricole svantaggiate, ai sensi del Regolamento (CE) n. 1257/1999.
9/2305/224Maglione.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, riportante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, contempla interventi nel settore della pesca;
    l'articolo 1, comma 515, statuisce che al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio avvenute nel corso dell'anno 2020, è riconosciuta per ciascun lavoratore, per l'anno 2020 e nel limite di spesa di 11 milioni di euro per l'anno 2021, un'indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità relative al pagamento dell'indennità di cui al presente comma;
    l'articolo 1, comma 516 prevede, altresì, che al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, le risorse di cui all'articolo 1, comma 346, quarto periodo, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono incrementate, per l'anno 2020, di 2,5 milioni di euro. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità relative al pagamento dell'indennità di cui al presente comma,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere appositi interventi che possano accelerare le procedure di liquidazione delle relative indennità per il sostentamento dei pescatori nei periodi di sospensione dell'attività lavorativa.
9/2305/225Cimino, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato le diverse norme di intervento nel settore agricolo contenute nel disegno di legge in esame, ed in particolare i commi da 501 a 527 dell'articolo 1;
    ritenuto indispensabile per il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sviluppare le conoscenze tecniche necessarie ad assicurare la competitività del settore meccanico agrario;
   considerato che oggi l'ente Enama (Ente Nazionale Meccanizzazione Agricola) è un'associazione riconosciuta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2010 (decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000), priva di scopo di lucro, di cui lo stesso Ministero è Componente di Diritto, congiuntamente alle Regioni ed al CREA, e che esso stesso sarebbe adeguato a prestare la necessaria assistenza tecnica al settore;
   premesso che nell'attività di assistenza tecnica possono rientrare il coordinamento ed il controllo delle operazioni di certificazione OCSE dei trattori agricoli e forestali condotte dai centri prova operanti in Italia; lo sviluppo e il controllo delle macchine agricole per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari di cui al decreto-legge 22 gennaio 2014; lo studio e la realizzazione di nuove tecnologie nel settore della meccanica agraria, dell'agricoltura di precisione e della produzione di energia sostenibile nell'ambito delle imprese agricole e che l'Enama sarebbe in grado nell'immediato di fornire tale tipologia di assistenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'affidamento dell'assistenza tecnica per la competitività del settore meccanico agrario all'Ente Enama, anche in collaborazione con gli enti vigilati dal medesimo Ministero.
9/2305/226Cillis, Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 346, della legge n. 232 del 2016, nell'attuale versione modificata con il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2017, e da ultimo dalla legge n. 145 del 2018, prevede la corresponsione di una indennità per i periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio e non, «al fine di garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250»;
    la locuzione inclusiva «compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250» significa, linearmente e sulla base di una interpretazione letterale nonché rispettosa del principio di eguaglianza sostanziale scaturente dall'articolo 3 della Costituzione, che i beneficiari di questa misura di sostegno sono individuabili anche nei soci lavoratori di cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250 («Previdenze a favore dei pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne»);
    tuttavia, ad oggi, in sede applicativa sono sempre stati inopinatamente ritenuti esclusi dalla misura di sostegno i pescatori delle acque interne;
    sarebbe invece opportuno ritenere questa categoria di lavoratori della pesca inclusa nell'ambito applicativo della legge suddetta, anche considerando l'esiguo numero di soggetti che sarebbero coinvolti e conseguentemente la non rilevante entità di risorse ad essi destinate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare inclusi i lavoratori della pesca delle acque interne, in sede applicativa dell'articolo 1, comma 516, ed in particolare in sede di adozione del relativo provvedimento attuativo.
9/2305/227Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione di cui all'articolo 1, comma 508, del disegno di legge in esame va nella direzione di garantire ai prodotti agroalimentari sottoposti ad aumenti dei dazi una corsia preferenziale per le attività di promozione che il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy deve prevedere;
    tuttavia, tale disposizione, così come tecnicamente formulata, potrebbe far ritenere di escludere qualsiasi altro intervento di promozione che non sia a favore dei suddetti prodotti;
    si ritiene invece che l'intenzione del legislatore sia quella di inserire una corsia preferenziale piuttosto che un'esclusione di diversi ed ulteriori prodotti,

impegna il Governo

a fornire un'interpretazione delle disposizioni di cui al citato comma 508 nei termini di cui in premessa.
9/2305/228Gagnarli, Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    la disposizione di cui all'articolo 1, comma 508, del disegno di legge in esame va nella direzione di garantire ai prodotti agroalimentari sottoposti ad aumenti dei dazi una corsia preferenziale per le attività di promozione che il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy deve prevedere;
    tuttavia, tale disposizione, così come tecnicamente formulata, potrebbe far ritenere di escludere qualsiasi altro intervento di promozione che non sia a favore dei suddetti prodotti;
    si ritiene invece che l'intenzione del legislatore sia quella di inserire una corsia preferenziale piuttosto che un'esclusione di diversi ed ulteriori prodotti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fornire un'interpretazione delle disposizioni di cui al citato comma 508 nei termini di cui in premessa.
9/2305/228. (Testo modificato nel corso della seduta) Gagnarli, Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    in particolare, per quanto riguarda il comparto agricolo, il presente provvedimento prevede numerosi interventi in favore di iniziative finalizzate alla promozione della competitività delle filiere agricole, con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo e gli investimenti delle suddette filiere;
    il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa sono elementi necessari per un ulteriore incremento dell'importanza e della vitalità del settore primario: la canapa, infatti, è in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e alla perdita di biodiversità;
    il tema dell'introduzione di nuove disposizioni in materia di utilizzo di Cannabis sativa L. è stato al centro del dibattito politico di questi ultimi giorni, con particolare riguardo alla proposta di modifica dell'attuale disciplina in materia di imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;
    nello specifico, tra le proposte di modifica è stata avanzata l'ipotesi di introduzione di una imposta di fabbricazione sulla biomassa di canapa; parimenti è stato proposto di introdurre il concetto di vendita, accostandolo a quello del sostegno e della promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), nonché l'ampliamento del concetto di coltivazione e di trasformazione della canapa, includendo qualsiasi parte della pianta, compresi i fiori, le foglie, le radici e le resine, nonché le attività connesse alla coltivazione del fondo previste dall'articolo 2135, comma 3, del codice civile,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative, anche normative, ritenute necessarie al fine della promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della Cannabis sativa L., con l'obiettivo di favorire la trasformazione, la fabbricazione e l'uso della canapa composta dall'intera pianta o di sue parti e la conseguente vendita, ai fini industriali e commerciali.
9/2305/229Lombardo, Gagnarli, Ficara, Casa, Piera Aiello, Saitta, Berti, Perantoni, Olgiati, Luciano Cantone, Licatini, Giordano, Vianello, Elisa Tripodi, Serritella, Pini, Gribaudo, Papiro, Currò, Mammì, Termini, Magi, Daga, Sarli, Sportiello, Tasso, Trano, Giarrizzo, Davide Aiello, Baldino, Giuliodori, Bruno Bossio, Deiana, Zanichelli, Sarti, Scutellà, Ascari, Masi, Cassese, Pignatone, Cillis, Serritella, Penna, Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prospetta una manovra economica espansiva, diretta a sostenere lo sviluppo e l'occupazione e ad avviare la transizione verso un modello di crescita più inclusivo e sostenibile, salvaguardando al contempo le esigenze di consolidamento della finanza pubblica;
    in particolare, per quanto riguarda il comparto agricolo, il presente provvedimento prevede numerosi interventi in favore di iniziative finalizzate alla promozione della competitività delle filiere agricole, con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo e gli investimenti delle suddette filiere;
    il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa sono elementi necessari per un ulteriore incremento dell'importanza e della vitalità del settore primario: la canapa, infatti, è in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e alla perdita di biodiversità;
    il tema dell'introduzione di nuove disposizioni in materia di utilizzo di Cannabis sativa L. è stato al centro del dibattito politico di questi ultimi giorni, con particolare riguardo alla proposta di modifica dell'attuale disciplina in materia di imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504;
    nello specifico, tra le proposte di modifica è stata avanzata l'ipotesi di introduzione di una imposta di fabbricazione sulla biomassa di canapa; parimenti è stato proposto di introdurre il concetto di vendita, accostandolo a quello del sostegno e della promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), nonché l'ampliamento del concetto di coltivazione e di trasformazione della canapa, includendo qualsiasi parte della pianta, compresi i fiori, le foglie, le radici e le resine, nonché le attività connesse alla coltivazione del fondo previste dall'articolo 2135, comma 3, del codice civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative, anche normative, ritenute necessarie al fine della promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della Cannabis sativa L., con l'obiettivo di favorire la trasformazione, la fabbricazione e l'uso della canapa composta dall'intera pianta o di sue parti e la conseguente vendita, ai fini industriali e commerciali.
9/2305/229. (Testo modificato nel corso della seduta) Lombardo, Gagnarli, Ficara, Casa, Piera Aiello, Saitta, Berti, Perantoni, Olgiati, Luciano Cantone, Licatini, Giordano, Vianello, Elisa Tripodi, Serritella, Pini, Gribaudo, Papiro, Currò, Mammì, Termini, Magi, Daga, Sarli, Sportiello, Tasso, Trano, Giarrizzo, Davide Aiello, Baldino, Giuliodori, Bruno Bossio, Deiana, Zanichelli, Sarti, Scutellà, Ascari, Masi, Cassese, Pignatone, Cillis, Serritella, Penna, Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 378, del disegno di legge in esame assegna un finanziamento integrativo di 800.000 euro per il 2020 in favore dei festival del cinema italiano che si svolgono all'estero;
    in dettaglio si prevede che, per consolidare ed estendere gli effetti promozionali dell'immagine e della cultura italiana nel mondo, a favore dei festival del cinema italiano che si svolgono all'estero nell'ambito del programma «Vivere all'italiana», nel bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è iscritto un finanziamento di 800.000 euro per il 2020, da ripartire con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo;
    il piano di promozione integrata «Vivere all'italiana», presentato nel corso della conferenza dei direttori degli istituti italiani di cultura del dicembre 2016, è stato elaborato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in collaborazione con i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la RAI, con la Società Dante Alighieri e con altri operatori della diplomazia culturale;
    con la risoluzione 7-00225 Acunzo ed altri, approvata all'unanimità l'11 dicembre 2019 dalle Commissioni riunite III e VII della Camera, sulla promozione del cinema italiano all'estero, il Governo si è impegnato a celebrare ogni anno la «Giornata mondiale del cinema italiano», dedicando l'edizione del 2020 al centenario della nascita del maestro Federico Fellini, che ricorre il 20 gennaio di tale anno, con la proiezione dei capolavori del regista e di nuovi autori cinematografici italiani, ove possibile, in contemporanea mondiale, compatibilmente con le risorse disponibili, la normativa in materia di diritto d'autore e il contesto locale dei diversi Paesi,

impegna il Governo

nella predisposizione del decreto ministeriale di ripartizione dello stanziamento di cui al citato comma 378 dell'articolo 1 del disegno di legge di bilancio 2020, a destinare allo svolgimento della «Giornata mondiale del cinema italiano» per l'anno 2020, nell'ambito della rassegna «Fare Cinema» nella quale la «Giornata» è inserita, una quota delle risorse assegnate, per il medesimo anno di riferimento.
9/2305/230Acunzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 378, del disegno di legge in esame assegna un finanziamento integrativo di 800.000 euro per il 2020 in favore dei festival del cinema italiano che si svolgono all'estero;
    in dettaglio si prevede che, per consolidare ed estendere gli effetti promozionali dell'immagine e della cultura italiana nel mondo, a favore dei festival del cinema italiano che si svolgono all'estero nell'ambito del programma «Vivere all'italiana», nel bilancio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è iscritto un finanziamento di 800.000 euro per il 2020, da ripartire con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo;
    il piano di promozione integrata «Vivere all'italiana», presentato nel corso della conferenza dei direttori degli istituti italiani di cultura del dicembre 2016, è stato elaborato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in collaborazione con i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con la RAI, con la Società Dante Alighieri e con altri operatori della diplomazia culturale;
    con la risoluzione 7-00225 Acunzo ed altri, approvata all'unanimità l'11 dicembre 2019 dalle Commissioni riunite III e VII della Camera, sulla promozione del cinema italiano all'estero, il Governo si è impegnato a celebrare ogni anno la «Giornata mondiale del cinema italiano», dedicando l'edizione del 2020 al centenario della nascita del maestro Federico Fellini, che ricorre il 20 gennaio di tale anno, con la proiezione dei capolavori del regista e di nuovi autori cinematografici italiani, ove possibile, in contemporanea mondiale, compatibilmente con le risorse disponibili, la normativa in materia di diritto d'autore e il contesto locale dei diversi Paesi,

impegna il Governo

nella predisposizione del decreto ministeriale di ripartizione dello stanziamento di cui al citato comma 378 dell'articolo 1 del disegno di legge di bilancio 2020, a valutare l'opportunità di destinare allo svolgimento della «Giornata mondiale del cinema italiano» per l'anno 2020, nell'ambito della rassegna «Fare Cinema» nella quale la «Giornata» è inserita, una quota delle risorse assegnate, per il medesimo anno di riferimento.
9/2305/230. (Testo modificato nel corso della seduta) Acunzo.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 145-149 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di pubblico impiego;
    i commi 738-740 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, hanno autorizzato, dall'anno scolastico 2019/2020, la trasformazione a tempo pieno del rapporto di lavoro dei 779 soggetti, già titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici, immessi in ruolo a tempo parziale dall'anno scolastico 2018/2019;
    la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno è stata disposta nel limite di una spesa di personale complessiva, tenuto conto anche degli stipendi già in godimento, non superiore a quella autorizzata dall'articolo 1, comma 619, della legge di bilancio 2018, a tale scopo avvalendosi della quota non utilizzata;
    le risorse disponibili sono state sufficienti a trasformare il rapporto di lavoro di soli 226 soggetti lavorativi, mentre i rimanenti 553 hanno conservato il contratto part-time;
    la disparità di trattamento tra lavoratori che hanno vinto il medesimo concorso e prestano la medesima attività lavorativa non può trovare ulteriori giustificazioni e, soprattutto, merita una definizione immediata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di risolvere tempestivamente la vicenda esposta in premessa, nei limiti delle risorse disponibili, attraverso la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno del rapporto di lavoro dei 553 assistenti amministrativi e tecnici rimasti esclusi dagli effetti del provvedimento di cui all'articolo 1, commi da 738 a 740, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
9/2305/231Marzana, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oggi sono ancora molte le problematiche legate al mondo della scuola e dell'istruzione che da tempo aspettavano di essere affrontate e risolte. Tra queste non si può non ricordare la vicenda inerente il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) oltre che gli insegnanti tecnico-pratici (ITP) provenienti dagli enti locali;
    di fatto, con l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si stabilisce che il personale ATA e ITP, dipendente dagli enti locali, viene trasferito alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a partire dal 1o gennaio 2000, continuando a lavorare negli Istituti scolastici in cui prestavano servizio, nello specifico licei scientifici e istituti tecnici;
    nel 2000, quindi, circa 70.000 unità di personale ATA e ITP sono transitati dagli enti locali allo Stato, a seguito del processo di Autonomia delle istituzioni scolastiche;
    il comma 2 del suddetto articolo 8 dispone che al personale trasferito fosse riconosciuta tutta l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale fino alla data del 31 dicembre 1999;
    la suddetta previsione normativa, però, è stata resa inefficace dall'accordo del 20 luglio 2000 tra ARAN e i sindacati, recepito in seguito nel decreto interministeriale 5 aprile 2001 (tra Ministero dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica) per cui ai suddetti lavoratori venne riconosciuta meno della metà dell'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale;
    dal 2001 al 2005 sono stati presentati numerosi ricorsi per affermare il diritto del personale ATA e ITP al riconoscimento dell'anzianità effettivamente maturata fino al 31 dicembre 1999 superiore a quella «fittizia e temporizzata» in base al suddetto accordo;
    successivamente, con la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), il comma 218 disponeva una interpretazione del comma 2 dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, evidenziando che esso «si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale è inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento, con l'attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 costituito dallo stipendio, dalla retribuzione individuale di anzianità nonché da eventuali indennità, ove spettanti, previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto degli enti locali, vigenti alla data dell'inquadramento. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento e il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999, come sopra indicato, viene corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini del conseguimento della successiva posizione stipendiale.». Tale interpretazione creò una modifica a danno dei lavoratori, soprattutto a coloro i quali che, avendo fatto ricorso — ed avendo vinto la causa — contro lo Stato, si sono visti annullare le sentenze positive;
    lo Stato italiano ha subito ripetute condanne dalle Corti europee;
    alla data attuale si contano ben 9 sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo che rimarcano il contrasto del comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria n. 266 del 2005 sia con il principio dell'equo processo (articolo 6 Convenzione europea dei diritti dell'uomo) che vieta al potere governativo/legislativo di interferire nelle cause in cui lo Stato è parte processuale, sia con l'articolo 1 del protocollo 1 alla suddetta Convenzione, che tutela la proprietà (diritto acquisito e fondata aspettativa di ottenerlo);
    la Corte di Strasburgo ha inoltre intimato lo Stato italiano di relazionare circa il mancato rispetto delle sentenze di Strasburgo che obbligano a far sì che il personale transitato da un ente all'altro non debba in alcun modo subire danni economici rispetto al maturato economico complessivo in godimento al momento del passaggio;
    risulta, dunque, necessario e urgente stabilire una soluzione per quanto testé esposto in premessa volta ad eliminare la disparità di trattamento economico fra dipendenti dello stesso Ministero con uguali mansioni e dall'altro un notevole contenzioso tra lavoratori e Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un Tavolo tecnico interministeriale – tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – al fine di approfondire le tematiche di cui in premessa.
9/2305/232Villani, Lattanzio, Tucci, Casa.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 258-260 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di edilizia scolastica;
    l'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, reca disposizioni in materia di riorganizzazione scolastica, il comma 4 di detto articolo 64 è stato recepito e attuato, fra l'altro, tramite il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, che stabilisce – agli articoli 9, 10, 11 e 12 – che si possano costituire classi rispettivamente fino a 26-28 alunni nella scuola dell'infanzia, fino a 26-28 nella scuola primaria, fino a 27-30 nella scuola secondaria di I grado e fino a 30-33 nella scuola secondaria di II grado (considerata la deroga del 10 per cento prevista dall'articolo 4 per ogni ordine di scuola);
    il decreto ministeriale 26 agosto 1992, recante norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica, da applicare negli edifici e nei locali adibiti a scuole, di qualsiasi tipo e ordine, allo scopo di tutelare l'incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro il rischio di incendio, prevede che il massimo affollamento ipotizzabile sia di 26 persone/aula;
    l'articolo 5 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l'edilizia scolastica, al comma 3 dispone che, fino all'approvazione di norme tecniche regionali, possano essere assunti quali indici di riferimento circa il numero di alunni per classe quelli contenuti nel decreto ministeriale del 18 dicembre 1975; tale decreto prevede che le aule scolastiche siano di altezza non inferiore a tre metri e che il rapporto alunni/superficie sia di 1.80 m2/alunno nelle scuole dell'infanzia e del primo ciclo e di 1.96 m2/alunno nelle scuole superiori di II grado;
    il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, incide sulla formazione numerica delle classi, innalzando il limite massimo di alunni per aula rispetto alle precedenti previsioni e ha inoltre previsto, al comma 2 dell'articolo 3, che sarebbe dovuto seguire un piano generale per la riqualificazione dell'edilizia scolastica adottato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    ad oggi il citato piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica non è ancora stato emanato potenzialmente pregiudicando il livello di sicurezza nelle nostre scuole, tenuto conto del fatto che il sovraffollamento delle aule comporta l'inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità;
    a seguito di quanto sopra esposto il 20 gennaio 2011 il Tar del Lazio, con sentenza n. 0552/2011, ha accolto il ricorso proposto dal Codacons contro i Ministeri dell'istruzione, delle finanze e dell'interno circa il sovraffollamento delle classi scolastiche e il dimensionamento delle rete scolastica, condannando gli stessi Ministri a emanare, entro 120 giorni dalla notifica della sentenza, il piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81;
    in seguito a ciò, i Ministeri interessati hanno presentato appello al Consiglio di Stato, che lo ha respinto imponendo l'elaborazione di un vero e proprio atto generale di natura programmatica avente ad oggetto la riqualificazione dell'edilizia scolastica, non ritenendo sufficiente l'individuazione delle istituzioni scolastiche cui estendere (ai sensi del decreto interministeriale 23 settembre 2009) il meccanismo di temporanea ultrattività dei limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione adottato in data 24 luglio 1998, n. 331;
    pertanto, all'aumento degli alunni per classe non è corrisposto l'adeguamento strutturale delle aule da parte degli enti locali né dello Stato e tale perdurante immobilismo inficia la sicurezza delle strutture e la qualità di un servizio scolastico fortemente compromesso da logiche di contenimento della spesa che ormai hanno travalicato i legittimi confini del buon senso;
    in data 30 luglio 2013 la 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha approvato la risoluzione n. 7-00016, che, tra le altre misure, impegnava il Governo ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative volte al coordinamento della normativa primaria e secondaria applicabile in materia di numero minimo e massimo di persone per classe e, alla luce dei risultati di tale iniziative, a introdurre modifiche alla normativa vigente volte al ridimensionamento del numero massimo di alunni per classe, con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di II grado ma a questa non è stato mai dato seguito,

impegna il Governo

ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte ad intervenire sul numero minimo e massimo di alunni per classe con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di II grado, individuando le idonee risorse finanziarie a tale scopo.
9/2305/233Casa, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 258-260 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di edilizia scolastica;
    l'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, reca disposizioni in materia di riorganizzazione scolastica, il comma 4 di detto articolo 64 è stato recepito e attuato, fra l'altro, tramite il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, che stabilisce – agli articoli 9, 10, 11 e 12 – che si possano costituire classi rispettivamente fino a 26-28 alunni nella scuola dell'infanzia, fino a 26-28 nella scuola primaria, fino a 27-30 nella scuola secondaria di I grado e fino a 30-33 nella scuola secondaria di II grado (considerata la deroga del 10 per cento prevista dall'articolo 4 per ogni ordine di scuola);
    il decreto ministeriale 26 agosto 1992, recante norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica, da applicare negli edifici e nei locali adibiti a scuole, di qualsiasi tipo e ordine, allo scopo di tutelare l'incolumità delle persone e salvaguardare i beni contro il rischio di incendio, prevede che il massimo affollamento ipotizzabile sia di 26 persone/aula;
    l'articolo 5 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante norme per l'edilizia scolastica, al comma 3 dispone che, fino all'approvazione di norme tecniche regionali, possano essere assunti quali indici di riferimento circa il numero di alunni per classe quelli contenuti nel decreto ministeriale del 18 dicembre 1975; tale decreto prevede che le aule scolastiche siano di altezza non inferiore a tre metri e che il rapporto alunni/superficie sia di 1.80 m2/alunno nelle scuole dell'infanzia e del primo ciclo e di 1.96 m2/alunno nelle scuole superiori di II grado;
    il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, incide sulla formazione numerica delle classi, innalzando il limite massimo di alunni per aula rispetto alle precedenti previsioni e ha inoltre previsto, al comma 2 dell'articolo 3, che sarebbe dovuto seguire un piano generale per la riqualificazione dell'edilizia scolastica adottato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze;
    ad oggi il citato piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica non è ancora stato emanato potenzialmente pregiudicando il livello di sicurezza nelle nostre scuole, tenuto conto del fatto che il sovraffollamento delle aule comporta l'inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità;
    a seguito di quanto sopra esposto il 20 gennaio 2011 il Tar del Lazio, con sentenza n. 0552/2011, ha accolto il ricorso proposto dal Codacons contro i Ministeri dell'istruzione, delle finanze e dell'interno circa il sovraffollamento delle classi scolastiche e il dimensionamento delle rete scolastica, condannando gli stessi Ministri a emanare, entro 120 giorni dalla notifica della sentenza, il piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81;
    in seguito a ciò, i Ministeri interessati hanno presentato appello al Consiglio di Stato, che lo ha respinto imponendo l'elaborazione di un vero e proprio atto generale di natura programmatica avente ad oggetto la riqualificazione dell'edilizia scolastica, non ritenendo sufficiente l'individuazione delle istituzioni scolastiche cui estendere (ai sensi del decreto interministeriale 23 settembre 2009) il meccanismo di temporanea ultrattività dei limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione adottato in data 24 luglio 1998, n. 331;
    pertanto, all'aumento degli alunni per classe non è corrisposto l'adeguamento strutturale delle aule da parte degli enti locali né dello Stato e tale perdurante immobilismo inficia la sicurezza delle strutture e la qualità di un servizio scolastico fortemente compromesso da logiche di contenimento della spesa che ormai hanno travalicato i legittimi confini del buon senso;
    in data 30 luglio 2013 la 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha approvato la risoluzione n. 7-00016, che, tra le altre misure, impegnava il Governo ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative volte al coordinamento della normativa primaria e secondaria applicabile in materia di numero minimo e massimo di persone per classe e, alla luce dei risultati di tale iniziative, a introdurre modifiche alla normativa vigente volte al ridimensionamento del numero massimo di alunni per classe, con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di II grado ma a questa non è stato mai dato seguito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte ad intervenire sul numero minimo e massimo di alunni per classe con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di II grado, individuando le idonee risorse finanziarie a tale scopo.
9/2305/233. (Testo modificato nel corso della seduta) Casa, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 581-587 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di acquisti e negoziazioni della Pubblica amministrazione;
    lo schema di decreto-legge «scuola» 29 ottobre 2019, n. 126, come emendato alla Camera dei deputati, prevede all'articolo 4 che non trovano applicazione per le università statali, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e per gli enti pubblici di ricerca, in relazione agli acquisti di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca, al trasferimento tecnologico e alla terza missione;
    il comma 583 dell'articolo 1 del provvedimento in esame obbliga le amministrazioni statali centrali e periferiche ad approvvigionarsi attraverso gli accordi quadro stipulati da Consip oppure mediante il sistema dinamico di acquisizione (Sdapa) realizzato e gestito dalla Consip medesima. Tale comma generalizza quindi l'obbligo di ricorso ai suddetti strumenti attualmente applicabile solo a determinate categorie merceologiche. Sono compresi nell'ambito di applicazione della norma in esame: gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, le agenzie fiscali (Agenzia delle entrate, Agenzia del demanio, Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'Agenzia delle entrate-Riscossione) di cui al decreto legislativo n. 300 del 1999;
    il provvedimento in titolo non modifica quanto previsto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), all'articolo 1, commi 449 e 450, concernenti, rispettivamente, gli obblighi di acquisto centralizzato tramite le convenzioni Consip e, per gli acquisti sotto soglia di valore superiore a 5.000 euro, tramite il Mercato elettronico della PA. Ai sensi del successivo comma 450, per gli acquisti «sotto soglia» di importo superiore a 5.000, le pubbliche amministrazioni statali centrali e periferiche (ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie) nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali hanno l'obbligo di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) l'articolo 1, commi 449, 450 e 452 della legge n. 296 del 2006, in materia di ricorso alle convenzioni-quadro (comma 449), al mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA (comma 450) e di utilizzo della rete telematica (comma 452);
    dalla lettura in combinato disposto delle suddette disposizioni può evincersi come la legge di bilancio non interviene sulla disciplina vigente in materia di convenzioni-quadro (comma 449), di mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA (comma 450) e di utilizzo della rete telematica (comma 452). Ne discende che non incida normativamente sui commi 449 e 450 con riferimento ai quali il decreto-legge dispone l'esclusione di cui sopra;
    la lettura, però, potrebbe essere di non facilissima interpretazione e potrebbe potenzialmente ingenerare dubbi e diversificate applicazioni sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a porre in essere le più opportune iniziative utili a chiarire, senza alcun equivoco, il contenuto delle modifiche alla legge di bilancio 2020 in tema di MEPA agevolandone, così, l'applicazione uniforme e corretta su tutto il territorio nazionale.
9/2305/234Bella.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 581-587 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di acquisti e negoziazioni della Pubblica amministrazione;
    lo schema di decreto-legge «scuola» 29 ottobre 2019, n. 126, come emendato alla Camera dei deputati, prevede all'articolo 4 che non trovano applicazione per le università statali, le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) e per gli enti pubblici di ricerca, in relazione agli acquisti di beni e servizi funzionalmente destinati all'attività di ricerca, al trasferimento tecnologico e alla terza missione;
    il comma 583 dell'articolo 1 del provvedimento in esame obbliga le amministrazioni statali centrali e periferiche ad approvvigionarsi attraverso gli accordi quadro stipulati da Consip oppure mediante il sistema dinamico di acquisizione (Sdapa) realizzato e gestito dalla Consip medesima. Tale comma generalizza quindi l'obbligo di ricorso ai suddetti strumenti attualmente applicabile solo a determinate categorie merceologiche. Sono compresi nell'ambito di applicazione della norma in esame: gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, le agenzie fiscali (Agenzia delle entrate, Agenzia del demanio, Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'Agenzia delle entrate-Riscossione) di cui al decreto legislativo n. 300 del 1999;
    il provvedimento in titolo non modifica quanto previsto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), all'articolo 1, commi 449 e 450, concernenti, rispettivamente, gli obblighi di acquisto centralizzato tramite le convenzioni Consip e, per gli acquisti sotto soglia di valore superiore a 5.000 euro, tramite il Mercato elettronico della PA. Ai sensi del successivo comma 450, per gli acquisti «sotto soglia» di importo superiore a 5.000, le pubbliche amministrazioni statali centrali e periferiche (ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie) nonché gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e le agenzie fiscali hanno l'obbligo di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA) l'articolo 1, commi 449, 450 e 452 della legge n. 296 del 2006, in materia di ricorso alle convenzioni-quadro (comma 449), al mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA (comma 450) e di utilizzo della rete telematica (comma 452);
    dalla lettura in combinato disposto delle suddette disposizioni può evincersi come la legge di bilancio non interviene sulla disciplina vigente in materia di convenzioni-quadro (comma 449), di mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA (comma 450) e di utilizzo della rete telematica (comma 452). Ne discende che non incida normativamente sui commi 449 e 450 con riferimento ai quali il decreto-legge dispone l'esclusione di cui sopra;
    la lettura, però, potrebbe essere di non facilissima interpretazione e potrebbe potenzialmente ingenerare dubbi e diversificate applicazioni sul territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere le più opportune iniziative utili a chiarire, senza alcun equivoco, il contenuto delle modifiche alla legge di bilancio 2020 in tema di MEPA agevolandone, così, l'applicazione uniforme e corretta su tutto il territorio nazionale.
9/2305/234. (Testo modificato nel corso della seduta) Bella.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 581-587 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame recano disposizioni in materia di acquisti e negoziazioni della Pubblica amministrazione;
    la presentazione della legge di Bilancio rappresenta un momento di particolare importanza per la definizione dell'assetto economico del Paese, poiché ne definisce gli obiettivi finanziari che intende raggiungere nell'arco dei tre anni successivi, valutando gli effetti delle entrate e delle uscite economiche del bilancio dello Stato. Questa, inoltre, rappresenta uno strumento normativo a sostegno di una migliore sistematizzazione delle risorse a disposizione nel Paese, con particolare riferimento a tutte quelle che possono essere messe a disposizione nell'ottica di un utilizzo funzionale al soddisfacimento di bisogni delle cittadine e dei cittadini;
    in particolare, l'articolo 1, comma 454, del provvedimento in esame incentiva il supporto alla gestione ed alla conduzione dei beni confiscati, che possono essere assegnati ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti, a comunità – anche giovanili – ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, nonché alle associazioni di protezione ambientale riconosciute, agli operatori dell'agricoltura sociale e agli Enti parco nazionali e regionali; inoltre, la disposizione incentiva anche l'utilizzo per le cooperative sociali, finalizzate a perseguire l'interesse generale della comunità per la promozione umana e l'integrazione sociale dei cittadini;
    il comma 384, invece, istituisce un Fondo per la riqualificazione sociale del territorio da conseguire mediante recupero, tutela e valorizzazione dei luoghi e delle aree industriali dismesse di interesse storico e culturale che versano in stato di degrado e di abbandono, nonché la riduzione del consumo di suolo;
    in aggiunta, il provvedimento contiene anche misure orientate a semplificare la gestione della vita quotidiana, soprattutto in una ottica di equilibrio tra famiglia e lavoro: ad esempio i commi 59, 60 e 61 istituiscono un fondo per il finanziamento di interventi relativi ad opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, le cui finalità possono inserirsi anche nel contesto di progetti innovativi intesi all'attivazione di servizi integrativi, che concorrano all'educazione dei bambini e soddisfino i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo;
   tenuto conto, inoltre, che:
    gli «usi civici» sono la più antica forma di uso collettivo di beni destinati al godimento e all'uso pubblico e risultano essere funzionali – così come ci ricorda la sentenza della Corte Costituzionale n. 345/1997 – alla creazione di uno stretto legame tra interesse della collettività alla conservazione degli usi civici e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede locale. L'uso collettivo dello spazio, dunque, è funzionale ad una concretizzazione della democrazia partecipativa;
    sulla base dei dati messi a disposizione dall'Agenzia nazionale per i beni confiscati, nel nostro Paese i beni confiscati alle mafie che non vengono poi effettivamente destinati – e quindi riutilizzati e valorizzati – sono circa 2.000. Si tratta di strutture che spesso rimangono abbandonate, a rischio di degrado, a causa di lungaggini e difficoltà di attribuzione da un punto di vista burocratico ed amministrativo; inoltre, sul nostro territorio, sono presenti circa 100 milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse che, in assenza di indirizzi governativi, vedono il loro recupero legato a logiche politico-economiche di stampo locale o alla presenza di criticità relative ad aree inquinate;
    queste aree, spesso associate immediatamente alla periferia urbana, sono spesso localizzate in prossimità dei centri storici e delle reti infrastrutturali, rappresentando una possibilità ideale per promuovere insediamenti in corrispondenza di trasporti pubblici, aumentando il potenziale di attrazione per attività di tipo sociale e produttivo. La riqualificazione di tali aree implicherebbe una intensificazione del processo di utilizzo dei cosiddetti «vuoti urbani», in un'ottica di sostenibilità ambientale, sociale, economica, culturale;
    si tratta di «ripensare» a spazi capaci di ospitare servizi che rispondano a bisogni quotidiani, tarati su di una dimensione di comunità, in ambito locale e a distanze che per le cittadine ed i cittadini risultano essere percorribili a piedi, e dunque di facile fruibilità anche per i soggetti più deboli – pensiamo alle disabilità – sfavoriti da un modello di fruizione urbana altamente dipendente dall'utilizzo dei mezzi motorizzati;
    le trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni hanno infatti favorito un processo di normalizzazione delle «disuguaglianze» che si è concretizzato anche nelle difficoltà di accesso ai servizi e di soddisfacimento di bisogni – primari e non – ed un conseguente progressivo indebolimento dell'attivismo sociale e politico che ha minato anche il rapporto positivo fra l'urbanistica e la comunità;
    riqualificare gli spazi pubblici, quindi significa incidere positivamente sulla qualità della vita degli abitanti e sul loro senso di appartenenza alla comunità intesa come luogo fisico ma anche come elemento di aggregazione allo scopo di affrontare tematiche sociali, economiche, ambientali; significa, inoltre, produrre grandi benefici, sia economici che sociali, rappresentando un patrimonio da utilizzare come volano strategico per attivare allettanti opportunità di sviluppo territoriale e locale;
    parliamo di spazi da reinventare, riutilizzare, adottare con un approccio che può rispondere a bisogni quotidiani – grandi e piccoli: un esempio è quello di luoghi capaci di sostenere la crescente richiesta di un equilibrio della work-life balance – pensiamo ad asili nido e spazi accoglienti per i più piccoli – ma anche ad attività con fini sociali, oppure alla creazione di laboratori educativi e di sensibilizzazione, o come coworking creativi e spazi culturalmente sensibili. L'obiettivo è fare in modo, dunque, che la nuova vita di tali beni vada in completa opposizione con quella che era l'essenza primitiva con cui erano stati utilizzati in precedenza, dando loro una nuova identità legata all'innovazione, alla sostenibilità, alla vivibilità ed all'inclusione;
    occorre quindi promuovere efficaci e concrete azioni dedicate ad un nuovo concetto di urbanistica che guardi al futuro, in grado di rispondere a bisogni attuali ma anche di far fronte all'emergenza sismica e idrogeologica, produrre un reale contenimento dei consumi energetici e ridare un significato civile e dignitoso alle aree dismesse e degradate, sia che si trovino in centro che in periferia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare, nei limiti delle risorse di finanza pubblica, i fondi di cui ai commi 384 e 454 del provvedimento in esame, nonché di ampliare il ventaglio di azione e di destinazione dei suddetti fondi al fine di operare un più ampio progetto di riqualificazione e riutilizzo dei beni confiscati e delle aree urbane ed industriali dismesse a fini sociali, culturali, ambientali e di sviluppo economico locale.
9/2305/235Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1 del provvedimento in titolo sono molteplici le disposizioni che incidono direttamente o indirettamente sui settori strategici dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    la spesa nazionale in istruzione rispetto alla spesa pubblica è l'ultima dell'Unione europea (7,9 per cento mentre la media europea è 10,2 per cento);
    per l'Università si spende lo 0,3 per cento del PIL, nemmeno la metà della media europea (0,7);
    l'investimento in ricerca è all'1,4 per cento del PIL, contro il 2 della media europea, del quale solo il 22 per cento va alla ricerca di base;
    si ritiene ormai non più rinviabile intervenire sulla più grave emergenza del nostro Paese e porre un necessario argine alla deriva del settore cultura attraverso un serio, e non più rinviabile, piano di investimenti che a partire dalla prossima legge di bilancio possa dare ossigeno ad un settore ormai al lumicino,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare, già dalla prossima legge di bilancio, le risorse per il settore istruzione, università e ricerca in maniera da colmare il gap dei finanziamenti rispetto agli altri paesi dell'Unione europea così da essere realmente volano dello sviluppo sistemico del Paese.
9/2305/236Gallo, Lattanzio, Piccoli Nardelli, Toccafondi, Fratoianni, Fusacchia, Ruocco, Brescia, Gallinella, Sarli, Piccoli Nardelli, Mollicone.


   La Camera,
    esaminato il disegno di legge per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, ed in particolare l'articolo 1, comma 507, che prevede l'istituzione nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del Fondo per la competitività delle filiere agricole;
   premesso che tale Fondo è finalizzato a sostenere lo sviluppo e gli investimenti delle filiere, con una dotazione finanziaria iniziale di 15 milioni di euro per il 2020 e 14,5 milioni di euro per il 2021;
    tenuto conto dell'importanza della produzione di pasta in Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire premialità aggiuntive, nell'ambito dello stesso fondo di cui in premessa, a favore delle imprese che hanno stipulato polizze per la gestione del rischio in agricoltura, a partire dalla filiera del grano duro.
9/2305/237Melicchio, Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 24 dicembre 2003, n. 363, concernente «Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo», disciplina la pratica degli sport sulla neve all'interno di aree sciabili attrezzate, intervenendo con un insieme di misure in materia di prevenzione e di sicurezza obbligatorie per i gestori degli impianti e per i loro utenti allo scopo di fronteggiare il considerevole aumento di incidenti nelle piste da sci;
    in particolare, l'articolo 3 della citata legge prevede che i gestori debbano fornire annualmente all'ente regionale competente in materia l'elenco analitico degli infortuni verificatasi sulle piste e i dati raccolti dalle regioni sono trasmessi annualmente al Ministero della salute a fini scientifici e di studio;
    nel 2003 l'istituto superiore di sanità ha ideato il sistema SIMON per la sorveglianza degli incidenti in montagna in grado di rilevare costantemente il livello di incidentalità sulle piste da sci sull'intero territorio nazionale;
    i dati di soccorso raccolti dal Centro addestramento alpino della Polizia, dal Centro Carabinieri addestramento alpino e dalle società di gestione degli impianti venivano trasmessi ogni mese all'Istituto superiore di sanità che ne gestiva la fase di elaborazione e di analisi statistica;
   considerato che il sistema SIMON, attivo dal 2003 al 2006, ha subito una battuta d'arresto, si rileva che ad oggi i dati trasmessi non sono sufficienti ad ottenere un quadro più dettagliato degli infortuni sulle aree sciabili, essendo pochissime le regioni virtuose ad effettuare tale adempimento;
    ritenuto, inoltre, che la pratica dello sci alpino costituisce anche nel nostro Paese una disciplina molto diffusa, in quanto praticata da circa due milioni e mezzo di italiani,

impegna il Governo:

   ad individuare un sistema di misure e di attività concernenti il ripristino del sistema di monitoraggio SIMON al fine di ottenere una completezza dei dati su tutto il territorio nazionale fornendo un valido supporto alle attività di prevenzione che le vigenti disposizioni demandano al Servizio sanitario nazionale;
   a costituire un gruppo di lavoro presso il Ministero della salute formato dai rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Coordinamento tecnico interregionale, dell'ANEF (Associazione nazionale esercenti funiviari), del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa al fine di riattivare il prezioso progetto di monitoraggio e di individuare la tipologia e lo standard di informazioni più efficaci da trasmettere.
9/2305/238Valente, Grillo, Provenza, Mariani, Rossi, Barelli, Giorgetti, Tripiedi, De Menech, Pastorino, Cecconi, Tuzi, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia è tristemente diffuso il fenomeno dell'evasione fiscale riferibile ai cosiddetti «affitti in nero» in base al quale i proprietari di immobili adibiti a locazione ad uso abitativo percepiscono somme di denaro senza dichiararle alle Autorità competenti ovvero un canone di locazione superiore rispetto a quello denunciato. Le misure sino ad ora adottate al fine di portare alla luce il sommerso fiscale non si sono rivelate efficaci;
    la problematica dell'evasione fiscale si registra anche per i cosiddetti «affitti turistici» e per le cosiddette «case vacanza». Tali istituti – pur mantenendo le proprie peculiarità – necessitano, quindi, di una regolamentazione più dettagliata ed incisiva volta ad assicurare il rispetto degli adempimenti fiscali. A tale fine, appare opportuno, da un lato, imporre in capo a chi esercita tali attività il dovere di segnalarlo alle Autorità competenti, a prescindere dal numero delle case a ciò destinate, e dall'altro prevedere forme e procedure più snelle rispetto a quelle attuali, nonché sanzioni più incisive nel caso di violazione degli obblighi previsti in materia, anche al fine di evitare una forma di concorrenza sleale;
    è altresì prioritario riordinare la tematica avente ad oggetto il pagamento dell'Imu sugli immobili non affittati dal momento che questo induce a non richiedere l'abitabilità delle case «sfitte» e «non vendute» almeno fino a quando l'immobile non venga alienato,

impegna il Governo:

   ad intraprendere misure volte a contrastare il fenomeno dell'evasione fiscale relativa agli affitti in nero (nelle sue varie estrinsecazioni), prevedendo norme più incisive finalizzate a creare una mappatura capillare dei soggetti operanti attraverso strumenti nuovi, oltre che ad individuare i responsabili delle violazioni e a prevedere forme sanzionatorie più efficaci;
   a prevedere forme di semplificazione degli adempimenti a carico di coloro che svolgono l'attività di locazione tra privati o di affitti turistici o di case vacanza, e in quest'ottica a dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, assicurando allo stesso tempo il contrasto a pratiche di evasione che possano ledere la concorrenza sul mercato;
   a prevedere strumenti che incentivino a richiedere l'abitabilità dell'immobile a prescindere dall'utilizzo effettivo dello stesso evitando così di dare luogo a casi di vendita di immobili solo a fronte di un prezzo eccessivamente oneroso alterando di fatto il relativo mercato.
9/2305/239Flati.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia è tristemente diffuso il fenomeno dell'evasione fiscale riferibile ai cosiddetti «affitti in nero» in base al quale i proprietari di immobili adibiti a locazione ad uso abitativo percepiscono somme di denaro senza dichiararle alle Autorità competenti ovvero un canone di locazione superiore rispetto a quello denunciato. Le misure sino ad ora adottate al fine di portare alla luce il sommerso fiscale non si sono rivelate efficaci;
    la problematica dell'evasione fiscale si registra anche per i cosiddetti «affitti turistici» e per le cosiddette «case vacanza». Tali istituti – pur mantenendo le proprie peculiarità – necessitano, quindi, di una regolamentazione più dettagliata ed incisiva volta ad assicurare il rispetto degli adempimenti fiscali. A tale fine, appare opportuno, da un lato, imporre in capo a chi esercita tali attività il dovere di segnalarlo alle Autorità competenti, a prescindere dal numero delle case a ciò destinate, e dall'altro prevedere forme e procedure più snelle rispetto a quelle attuali, nonché sanzioni più incisive nel caso di violazione degli obblighi previsti in materia, anche al fine di evitare una forma di concorrenza sleale;
    è altresì prioritario riordinare la tematica avente ad oggetto il pagamento dell'Imu sugli immobili non affittati dal momento che questo induce a non richiedere l'abitabilità delle case «sfitte» e «non vendute» almeno fino a quando l'immobile non venga alienato,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di intraprendere misure volte a contrastare il fenomeno dell'evasione fiscale relativa agli affitti in nero (nelle sue varie estrinsecazioni), prevedendo norme più incisive finalizzate a creare una mappatura capillare dei soggetti operanti attraverso strumenti nuovi, oltre che ad individuare i responsabili delle violazioni e a prevedere forme sanzionatorie più efficaci;
    di prevedere forme di semplificazione degli adempimenti a carico di coloro che svolgono l'attività di locazione tra privati o di affitti turistici o di case vacanza, e in quest'ottica di dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, assicurando allo stesso tempo il contrasto a pratiche di evasione che possano ledere la concorrenza sul mercato;
    di prevedere strumenti che incentivino a richiedere l'abitabilità dell'immobile a prescindere dall'utilizzo effettivo dello stesso evitando così di dare luogo a casi di vendita di immobili solo a fronte di un prezzo eccessivamente oneroso alterando di fatto il relativo mercato.
9/2305/239. (Testo modificato nel corso della seduta) Flati.


   La Camera,
   premesso che:
    dai dati AIOM (Associazione italiana di oncologia medica) ed AIRTUM (Associazione italiana dei registri tumori) del 2018, si stima che in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevano una diagnosi di tumore, per un totale di 369 mila nuovi casi ogni anno;
    la radioterapia è una componente indispensabile per la cura del cancro, utilizzata in circa il 60-70 per cento dei pazienti eppure grazie al rapido sviluppo tecnologico e alla disponibilità di nuove combinazioni con farmaci target o immunoterapici, secondo i dati raccolti dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia nel 2019, il fabbisogno di radioterapia è destinato a crescere del 20-25 per cento entro il 2020;
    la Lancet Oncology Commission ha recentemente dimostrato che investimenti in radioterapia nel periodo 2015-2035 comporterebbero un vantaggio in vite umane salvate (almeno un milione di vite umane in più salvate ogni anno in tutto il mondo) e, contemporaneamente, benefici economici stimabili in oltre 250 miliardi di dollari nei Paesi a reddito medio-alto;
    la radioterapia è un trattamento sicuro e costo-efficace contro il cancro, che utilizza radiazioni ionizzanti, prevalentemente raggi X ad alta energia. La radioterapia permette di indirizzare con precisione le onde verso la massa tumorale e distruggere le sue cellule. Può essere utilizzata come singolo trattamento, o per integrare o migliorare gli effetti di altri trattamenti, ad esempio per ridurre la massa o per ostacolare la crescita del tumore prima e dopo l'intervento;
    sia la tecnologia che l'erogazione della radioterapia hanno fatto rapidi progressi negli ultimi decenni, spinti dall'innovazione tecnologica, dalla ricerca clinica e dagli avanzamenti tecnico-organizzativi nel campo socio-sanitario;
    le comprovate ragioni epidemiologiche suggeriscono che il 60-70 per cento dei tumori diagnosticati ogni anno in Italia richiederebbe interventi terapeutici diversi o ulteriori rispetto alla chemioterapia;
    appare sempre più necessario avviare un processo di ammodernamento delle apparecchiature per radioterapia in dotazione al Sistema sanitario nazionale, in particolare nel Sud del Paese;
    da quanto su esposto si determinerebbe un sempre più vantaggioso profilo di costo-efficacia dell'approccio radioterapico alle patologie oncologiche, soprattutto in relazione ai più onerosi approcci farmacologici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a garantire risorse finanziarie da destinare all'ammodernamento tecnologico del sistema e delle apparecchiature radioterapiche in dotazione al Sistema sanitario nazionale.
9/2305/240Trizzino, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il comparto della Polizia penitenziaria ha un deficit di unità lavorative in ogni settore e, in considerazione di tali gravi carenze, è essenziale adeguare gli organici per accrescere la sicurezza dei penitenziari e tutelare la salute psico-fisica del personale;
    per il reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, i commi 147, 148 e 149 dell'articolo 1 della Legge di Bilancio 2020 modificano la disciplina in materia di utilizzo e di termini di validità delle graduatorie concorsuali;
    il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza 14/2011, è intervenuto in merito al reclutamento di personale della pubblica amministrazione o mediante scorrimento di graduatorie valide ed efficaci o mediante indizione di nuovi concorsi, sottolineando, in particolare, che le disposizioni che estendono i termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in considerazione dei costi derivanti dall'espletamento delle nuove procedure concorsuali; inoltre, perseguendo lo scopo di offrire protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie, non costituiscono deroga alla regola costituzionale del concorso;
    nella citata sentenza si stabilisce, inoltre, che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta regola generale di reclutamento, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce eccezione e richiede apposita e approfondita motivazione, salvo particolari necessità di procedere al nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie efficaci;
    l'articolo 3 della legge n. 56 del 2019 prevede, per ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, per il triennio 2019-2021, che le amministrazioni possano procedere, in deroga all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, sia all'assunzione a tempo indeterminato di vincitori sia allo scorrimento delle graduatorie vigenti, ovvero all'avvio di procedure concorsuali, nel limite delle facoltà assunzionali del triennio, ma al netto delle risorse umane reclutate mediante le graduatorie o mediante scorrimento delle medesime relative a concorsi espletati in precedenza; tale priorità, nelle assunzioni del personale, ai vincitori e agli idonei di graduatorie in corso di validità viene ribadita, altresì, nel recente DPCM del 4 settembre 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di semplificare la procedura di reclutamento per la copertura dei posti riservati al personale volontario in ferma prefissata di cui agli articoli 703 e 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, di autorizzare l'assunzione degli Allievi Agenti della Polizia Penitenziaria nel limite massimo di 350 unità, mediante scorrimento della graduatoria finale di merito del concorso pubblico bandito con decreto 29 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2011, tuttora valida ai sensi dell'articolo 1, comma 362-bis, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, a valere sulle facoltà assunzionali previste per l'anno 2020 e previo accertamento dei requisiti psicofisici e attitudinali.
9/2305/241Caso, Grimaldi, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di rispondere all'esigenza, sempre più urgente e inderogabile, di digitalizzare le attività del Paese e sostenere le PMI nella competitività sia a livello nazionale che internazionale, è utile sostenere le realtà aziendali per affrontare le sfide poste dal mondo digitale;
    la digitalizzazione è oggi la chiave della competitività per le imprese, offre importanti possibilità di sviluppo e rappresenta una leva essenziale per accrescere il ruolo delle nostre aziende sui mercati internazionali, sotto molteplici aspetti: non solo per quanto riguarda la comunicazione e il marketing, ma anche per la produzione, la vendita, il modello di business, le modalità di apprendimento, l'interazione con i clienti, l'accesso al mercato;
    la trasformazione digitale è economicamente sostenibile e comporta diversi vantaggi, tra cui: semplificazione dell'accesso a dati e informazioni, miglioramento dei processi di business, rafforzamento del vantaggio competitivo;
    per rimediare al gap, diversi Stati membri dell'UE hanno varato strategie per sostenere la digitalizzazione dell'industria, ma risulta necessario un approccio più globale a livello europeo per evitare la frammentazione dei mercati e beneficiare delle evoluzioni del digitale, come emerso anche dal Digital Economy and Society Index 2016 (DESI), l'indice che valuta lo stato di avanzamento dei Paesi UE verso un'economia e una società digitali, attraverso cinque indicatori (connettività, capitale umano, utilizzo di internet, integrazione della tecnologia digitale e servizi pubblici digitali);
    l'Italia figura tra gli Stati membri meno sviluppati digitalmente, con infrastrutture e competenze digitali al di sotto della media europea;
    le disposizioni del Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni ed integrazioni, mirano a incentivare la transizione digitale per pubbliche amministrazioni e imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un fondo con risorse congrue per spese progettuali connesse a interventi di re-ingegnerizzazione di processi e procedimenti amministrativi, di enti privati e pubblici, con l'applicazione delle più avanzate tecnologie dell'informazione e della comunicazione, anche al fine di agevolare la sostituzione di documenti cartacei con documenti informatici nativi.
9/2305/242Giuliodori, Roberto Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia delle Entrate nella risposta a istanza di consulenza giuridica n. 3 del 4 dicembre 2018, ha sostenuto che l'aliquota IVA agevolata del 10 per cento prevista per la fornitura di «energia elettrica per uso domestico» ai sensi del n. 103) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 non si applica all'energia necessaria alle parti comuni di un condominio (scale, ballatoi e pianerottoli, cancelli elettrici, ascensori, impianti citofonici) anche nel caso in cui lo stabile in oggetto abbia carattere prevalentemente residenziale, e quindi comprenda sia uffici che abitazioni;
    paradossalmente tale interpretazione incide maggiormente proprio su quegli immobili ad alta intensità abitativa nei quartieri popolari dove, tra l'altro, gli spazi comuni – in particolare se ampi e multifunzionali – hanno una specifica finalità di aggregazione sociale e di inclusione dei soggetti vulnerabili quali minori, anziani, disabili;
    la Cassazione a Sezioni unite, con sentenza n. 23031 del 2 novembre 2007, ha affermato che le circolari, a fortiori i pareri dell'Agenzia delle Entrate, non possono né contenere disposizioni derogative di norme di legge, in particolare nell'ordinamento tributario, il quale come è noto, è soggetto alla riserva di legge, né essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie che vincolano tutti i soggetti dell'ordinamento;
    l'applicazione dell'aliquota IVA ordinaria all'intero condominio, nell'ipotesi in cui siano presenti nel complesso condominiale anche unità immobiliari con destinazione diversa dall'uso residenziale, determina un evidente pregiudizio agli interessi economici dei singoli condomini aventi diritto alla ridotta aliquota IVA; di fatto, tale interpretazione fa sì che l'aliquota ordinaria si applichi alle parti comuni di un condominio anche qualora siano presenti solo immobili residenziali, perché l'Agenzia ritiene le parti comuni come porzioni non destinate ad uso domestico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche con disposizioni di interpretazione autentica, l'applicazione dell'aliquota agevolata del 10 per cento alla fornitura di energia elettrica necessaria alle parti comuni dei condomini.
9/2305/243Olgiati.


   La Camera,
   premesso che:
    negli anni passati numerosi Comuni, di cui Grottaglie (TA) è un caso emblematico, in previsione di una crescita demografica elevata, hanno redatto Piani Regolatori con comparti di espansione urbana molto estesi, da rendere di fatto assai difficoltosa, se non addirittura impraticabile, l'adozione di piani attuativi per consentire la possibilità concreta di edificazione;
    l'entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006, che ha previsto che «un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo» di fatto, ha reso possibile ai Comuni dichiarare edificabili terreni, con rilevanti ricadute in termini di imposizione fiscale, ma non necessariamente sul valore di mercato delle aree interessate;
    in base alla normativa in vigore sono considerate fabbricabili le aree agricole, anche qualora sia consentita l'edificazione limitatamente alle opere strumentali alla coltivazione del terreno; sono altresì considerate fabbricabili quelle di cui all'articolo 9, comma 2, del Testo Unico sull'edilizia, e quindi quelle che hanno un indice di edificabilità minimo e dove non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione; si tratta di aree dove sono ammessi interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro, salvo più restrittivi limiti stabiliti dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo 490 del 1999, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali; sono inoltre considerate fabbricabili le cosiddette «zone bianche» cioè le aree dove non vi è pianificazione urbanistica perché manca lo strumento urbanistico ovvero è presente lo strumento urbanistico ma questo non disciplina una particolare zona;
    ciò ha prodotto effetti paradossali: contribuenti costretti a cedere la proprietà di quello e anche di altri beni per pagare l'insostenibile carico fiscale; terreni dichiarati edificabili ma che hanno avuto incrementi di valore irrilevanti in mancanza di reale efficacia dello strumento urbanistico – per assenza di dispositivi di attuazione – e quindi privi, di fatto, della possibilità di ottenere il permesso di costruire. Da considerare, inoltre, che molti contribuenti hanno segnalato che il pignoramento, conseguente alla morosità per eccessivo carico fiscale, spesso non incide sulla medesima area classificata edificabile, ma evidentemente priva di «reale» potenzialità edificatoria e quindi di relativo valore di mercato;
    il paradosso pare ancora più evidente se si considera che, di fatto, restano fuori dal concetto di «edificabilità» enunciato dall'articolo 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, solo quelle aree in cui non è possibile costruire nulla, perché gravate da vincolo di inedificabilità assoluta; in sostanza, più del 99 per cento dei terreni sul territorio italiano sarebbe edificabile;
    la suddetta norma, pertanto, invece di incoraggiare il contenimento del consumo di suolo e invertire quindi il processo di urbanizzazione e cementificazione del territorio, rischia di estendere ulteriormente l'attribuzione della qualifica di «terreno edificabile»,

impegna il Governo

nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, a valutare l'opportunità di attuare ogni utile iniziativa a livello normativo al fine di rimuovere le criticità esposte in premessa, a tutela degli interessi della collettività al corretto pagamento delle imposte di tutti i cittadini, e nel rispetto del principio di capacità contributiva e progressività dell'imposizione fiscale di cui all'articolo 53 della Costituzione.
9/2305/244Cassese.


   La Camera,
   premesso che:
    il Senato, martedì 17 dicembre 2019, ha approvato in via definitiva il ddl n. 1638, convertendo in legge, con modificazioni, il decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili;
    l'articolo 32-sexies, introdotto nel corso dell'esame alla Camera, istituisce un Fondo per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica delle strutture degli ex ospedali psichiatrici dismesse per effetto della legge 13 maggio 1979, n. 180 (c.d. legge Basaglia);
    tra le strutture dismesse nell'anno 1999 in applicazione della legge Basaglia troviamo, in particolare, il primo manicomio d'Italia, la Real casa de’ matti di Aversa, fondata da Gioacchino Murat nel 1813: all'epoca una vera e propria eccellenza nella cura delle malattie mentali e un esempio, nell'ambito della psichiatria europea, di terapie alternative alla costrizione e alla reclusione dei malati;
    il recupero e la nuova destinazione della struttura, che si estende per 170 mila metri quadrati e che diventerà la Cittadella della Salute, è un progetto di grande rilievo con un costo elevato (circa 147 milioni di euro per una parte della struttura ex psichiatrica); occorre infatti tener conto che il complesso, che nel 1420 portava il nome di Pazzerìa mutuato nel 1813 in Real Casa de Matti, è composto da estese aree verdi e da sei padiglioni con varie destinazioni per la cura dei pazienti, interamente sottoposte al vincolo dei beni culturali in considerazione del valore storico, artistico e culturale;
    il citato Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con uno stanziamento di 2 milioni di euro per ciascun anno dal 2020 al 2029;
    la disposizione approvata specifica che gli interventi dovranno essere realizzati nel pieno rispetto del carattere storico, artistico, culturale ed etnoantropologico di tali strutture,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a integrare la dotazione del Fondo in premessa con congrue risorse per la realizzazione di questo intervento, in considerazione del grande rilievo socio-sanitario del progetto e del valore storico artistico e culturale dell'intero complesso.
9/2305/245Grimaldi, Iorio, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    per il reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, i commi 147, 148 e 149 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame modificano la disciplina in materia di utilizzo e di termini di validità delle graduatorie concorsuali, per la copertura di posti ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel bando di concorso;
    l'ordinamento del Corpo della Guardia di finanza prevede un concorso a cadenza annuale per l'ammissione degli allievi finanzieri al corso; gli ultimi concorsi per allievi finanzieri, negli anni 2010, 2011 e 2012 hanno previsto l'assunzione a distanza di tempo sia dei vincitori che degli idonei in graduatoria a norma dell'articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2015;
    l'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 1995, che detta modalità per l'espletamento dei concorsi nella Guardia di Finanza, prevede la possibilità di procedere al reclutamento mediante scorrimento della graduatoria dei candidati idonei ma non vincitori entro 18 mesi dall'approvazione della stessa;
    nel 2018 è stato indetto un concorso per 380 allievi finanzieri concluso con l'approvazione delle graduatorie finali di merito e la nomina dei vincitori il 10 dicembre 2018;
    in data 26 aprile 2019 la Guardia di Finanza ha emanato bando di reclutamento per 965 allievi finanzieri che non prevede scorrimento delle graduatorie degli idonei del concorso indetto nell'anno 2018, che conservano efficacia per ulteriori 18 mesi;
   considerato che:
    il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza 14/2011, è intervenuto in merito al reclutamento di personale della pubblica amministrazione o mediante scorrimento di graduatorie valide ed efficaci o mediante indizione di nuovi concorsi, sottolineando, in particolare, che le disposizioni che estendono i termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in considerazione dei costi derivanti dall'espletamento delle nuove procedure concorsuali; inoltre, perseguendo lo scopo di offrire protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie, non costituiscono deroga alla regola costituzionale del concorso;
    nella citata sentenza si stabilisce, inoltre, che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta regola generale di reclutamento, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce eccezione e richiede apposita e approfondita motivazione, salvo particolari necessità di procedere al nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie efficaci;
    l'articolo 3 della legge n. 56 del 2019, prevede, per ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, per il triennio 2019-2021, che le amministrazioni possano procedere, in deroga all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, sia all'assunzione a tempo indeterminato di vincitori sia allo scorrimento delle graduatorie vigenti, ovvero all'avvio di procedure concorsuali, nel limite delle facoltà assunzionali del triennio, ma al netto delle risorse umane reclutate mediante le graduatorie o mediante scorrimento delle medesime relative a concorsi espletati in precedenza; tale priorità, nelle assunzioni del personale, ai vincitori e agli idonei di graduatorie in corso di validità viene ribadita, altresì, nel recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 settembre 2019,

impegna il Governo

al fine di ottemperare ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, nonché incrementare i servizi di controllo del territorio, di tutela dell'ordine e della pubblica sicurezza connessi anche con l'esigenza di contrastare l'evasione fiscale e le frodi in ambito economico-finanziario, a valutare l'opportunità di provvedere alle assunzioni straordinarie, previste per l'anno 2020, nelle carriere iniziali del Corpo della Guardia di Finanza autorizzate dal comma 287 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dal comma 381, lettera a), dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2199 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, mediante scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori del concorso «380 allievi finanzieri» bandito nell'anno 2018 e fino ad esaurimento delle stesse.
9/2305/246Ruggiero, Grimaldi, Buompane, Iorio, Cancelleri, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    nella Regione Calabria operano tre aeroporti di interesse nazionale ubicati in Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, gestiti dalla società SACAL con sede in Lamezia Terme;
    l'Aeroporto di Reggio Calabria riveste una valenza strategica per il territorio, avendo un vasto bacino d'utenza, ma soffre per il ridotto numero di tratte attualmente operate dai vettori che vi operano;
    l'aeroporto della regione più vicino è quello di Lamezia Terme, che dista circa 140 chilometri dallo scalo reggino;
    Reggio Calabria e l'intera provincia, trovandosi alla punta dello stivale, sono notevolmente distanti dal resto d'Italia ed Europa ed è difficile assicurare ai cittadini il diritto alla mobilità, ossia la possibilità di spostarsi nel territorio nazionale e comunitario con pari opportunità, basti pensare, infatti, che l'unico collegamento ferroviario veloce è rappresentato da una coppia di Freccia Argento, che quotidianamente collega la città metropolitana con la capitale in oltre 5 ore;
    la mancanza di infrastrutture adeguate, come ad esempio l'alta velocità ferroviaria, relega la popolazione in uno stato di isolamento con gravi ripercussioni e limitazioni del diritto alla mobilità dei cittadini, che si ripercuote in maniera drammatica sull'economia del territorio, danneggiando gravemente le attività produttive e commerciali, nonché le attività turistiche dell'intera area costretta a vivere una situazione disastrata;
    l'aeroporto attualmente, a causa della riduzione dei voli da e per la Capitale, conta solo pochi voli giornalieri/settimanali;
    l'aeroporto di Reggio Calabria, per implementare la sua operatività, necessita di stanziamenti adeguati per assicurare la continuità territoriale e per consentire il ripristino di voli regolari, mediante il riconoscimento degli oneri di servizio pubblico, al servizio dell'intero comprensorio;
    ragioni di equità, anche al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini, gravemente leso dall'isolamento infrastrutturale, impongono di riequilibrare la situazione aeroportuale calabrese mediante la concessione per l'Aeroporto di Reggio Calabria degli oneri di servizio pubblico per assicurare la piena operatività del medesimo;
    il Regolamento CE 1008/2008 (già articolo 4 del Regolamento CEE n. 2408/02), in deroga ai principi comunitari di divieto di aiuti di Stato, ha previsto, in capo ai singoli Stati ed al fine di garantire il servizio di trasporto nei territori geograficamente svantaggiati, la possibilità di emanare interventi finanziari nei confronti delle compagnie che accettino di entrare in un mercato, ritenuto ad alta rilevanza sociale, alle condizioni dagli Stati stessi individuate;
    lo Stato identifica i servizi aerei di linea per i quali possono essere imposti oneri di servizio pubblico, in particolare per gli aeroporti situati in regioni periferiche o in via di sviluppo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere in favore dell'Aeroporto di Reggio Calabria adeguati stanziamenti, al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini, gravemente leso dall'isolamento infrastrutturale, mediante l'imposizione degli oneri di servizio pubblico.
9/2305/247Maurizio Cattoi, Dieni, Barbuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il traghettamento nello stretto di Messina è un servizio di trasporto di persone, veicoli e merci effettuato con apposite navi tra le due sponde, siciliana e calabrese, dello stretto braccio di mare che separa l'isola dalla terraferma; i porti attrezzati sono quelli di Villa San Giovanni e Reggio Calabria, sulla sponda calabra e di Messina su quella siciliana;
    il traghettamento di autoveicoli avviene attraverso la flotta della società Bluferries, controllata di Rete Ferroviaria Italiana, e attraverso quella della Caronte & Tourist S.p.A., società di navigazione privata (derivante dalla fusione di due società di lungo corso di trasporti marittimi, la calabrese Caronte S.p.A. e la siciliana Tourist Ferry Boat S.p.A. il cui Presidente e il cui Amministratore delegato sono peraltro stati di recente arrestati per corruzione insieme al sindaco di Villa San Giovanni;
    vi sono poi apposite navi che consentono il traghettamento ferroviario, cioè l'imbarco dei treni, ad oggi di proprietà di RFI;
    quanto al traghettamento dei passeggeri, nel 1999 il servizio per collegare Messina con Reggio Calabria veniva svolto da unità veloci di FS;
    in seguito alla gara d'appalto bandita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2010, entrò in attività il Consorzio Metromare dello Stretto, associazione temporanea di imprese partecipata per il 60 per cento dalla compagnia privata Ustica Lines (oggi Liberty Lines) e per il 40 per cento da Bluferries; il Consorzio collegava il porto di Messina con i porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, garantendo 15 corse giornaliere per tratta;
    scaduta la convenzione il 30 giugno 2013, il servizio di traghettamento veloce inizia a essere svolto separatamente dalle due società, che non garantiscono però lo stesso numero di corse prima effettuate dal Consorzio: Bluferries copre la sola rotta Messina-Villa, mentre Liberty Lines la sola Messina-Reggio;
    dal 1o ottobre 2018, scaduto il contratto di servizio tra il Ministero dei trasporti e Liberty Lines, il collegamento tra Messina e Reggio Calabria viene effettuato da Bluferries; dal 12 maggio 2019 il servizio di traghettamento passeggeri viene trasferito alla nuova società Blu Jet, del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
    gli utenti del servizio lamentano per un verso i costi eccessivi delle diverse forme di collegamento marittimo nell'area dello stretto di Messina, appannaggio per lo più dei privati, e per altro verso la scarsa efficienza del servizio pubblico, specie con riguardo alla continua riduzione dei transiti ferroviari;
    a tale proposito, a inizio 2019 RFI ha affidato la commessa per la costruzione e fornitura di una nave tipo Ro-Ro monodirezionale – per il trasporto di carrozze e carri ferroviari, passeggeri, mezzi gommati – a un'Associazione temporanea di imprese che ne ha assicurato la consegna entro il mese di giugno del 2020; ciò conferma l'impegno del Gruppo FS Italiane per la navigazione nello Stretto di Messina, ma è necessario un ulteriore e più massiccio investimento nel servizio pubblico;
    una disciplina volta a tutelare l'effettiva continuità territoriale favorirebbe la nascita di una vera conurbazione dello Stretto e la creazione di un polo culturale, sociale ed economico di prima grandezza nel sud Italia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare tutte le iniziative di competenza necessarie ad implementare il servizio di trasporto pubblico locale marittimo dell'area dello stretto di Messina, anche attraverso l'introduzione di tariffe agevolate per i residenti e per i pendolari, nonché frequenze delle corse anche nelle ore notturne.
9/2305/248Dieni, D'Uva, Barbuto, Tucci, Raffa.


   La Camera,
   premesso che:
    il traghettamento nello stretto di Messina è un servizio di trasporto di persone, veicoli e merci effettuato con apposite navi tra le due sponde, siciliana e calabrese, dello stretto braccio di mare che separa l'isola dalla terraferma; i porti attrezzati sono quelli di Villa San Giovanni e Reggio Calabria, sulla sponda calabra e di Messina su quella siciliana;
    il traghettamento di autoveicoli avviene attraverso la flotta della società Bluferries, controllata di Rete Ferroviaria Italiana, e attraverso quella della Caronte & Tourist S.p.A., società di navigazione privata (derivante dalla fusione di due società di lungo corso di trasporti marittimi, la calabrese Caronte S.p.A. e la siciliana Tourist Ferry Boat S.p.A. il cui Presidente e il cui Amministratore delegato sono peraltro stati di recente arrestati per corruzione insieme al sindaco di Villa San Giovanni;
    vi sono poi apposite navi che consentono il traghettamento ferroviario, cioè l'imbarco dei treni, ad oggi di proprietà di RFI;
    quanto al traghettamento dei passeggeri, nel 1999 il servizio per collegare Messina con Reggio Calabria veniva svolto da unità veloci di FS;
    in seguito alla gara d'appalto bandita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2010, entrò in attività il Consorzio Metromare dello Stretto, associazione temporanea di imprese partecipata per il 60 per cento dalla compagnia privata Ustica Lines (oggi Liberty Lines) e per il 40 per cento da Bluferries; il Consorzio collegava il porto di Messina con i porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, garantendo 15 corse giornaliere per tratta;
    scaduta la convenzione il 30 giugno 2013, il servizio di traghettamento veloce inizia a essere svolto separatamente dalle due società, che non garantiscono però lo stesso numero di corse prima effettuate dal Consorzio: Bluferries copre la sola rotta Messina-Villa, mentre Liberty Lines la sola Messina-Reggio;
    dal 1o ottobre 2018, scaduto il contratto di servizio tra il Ministero dei trasporti e Liberty Lines, il collegamento tra Messina e Reggio Calabria viene effettuato da Bluferries; dal 12 maggio 2019 il servizio di traghettamento passeggeri viene trasferito alla nuova società Blu Jet, del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
    gli utenti del servizio lamentano per un verso i costi eccessivi delle diverse forme di collegamento marittimo nell'area dello stretto di Messina, appannaggio per lo più dei privati, e per altro verso la scarsa efficienza del servizio pubblico, specie con riguardo alla continua riduzione dei transiti ferroviari;
    a tale proposito, a inizio 2019 RFI ha affidato la commessa per la costruzione e fornitura di una nave tipo Ro-Ro monodirezionale – per il trasporto di carrozze e carri ferroviari, passeggeri, mezzi gommati – a un'Associazione temporanea di imprese che ne ha assicurato la consegna entro il mese di giugno del 2020; ciò conferma l'impegno del Gruppo FS Italiane per la navigazione nello Stretto di Messina, ma è necessario un ulteriore e più massiccio investimento nel servizio pubblico;
    una disciplina volta a tutelare l'effettiva continuità territoriale favorirebbe la nascita di una vera conurbazione dello Stretto e la creazione di un polo culturale, sociale ed economico di prima grandezza nel sud Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative di competenza necessarie ad implementare il servizio di trasporto pubblico locale marittimo dell'area dello stretto di Messina, anche attraverso l'introduzione di tariffe agevolate per i residenti e per i pendolari, nonché frequenze delle corse anche nelle ore notturne.
9/2305/248. (Testo modificato nel corso della seduta) Dieni, D'Uva, Barbuto, Tucci, Raffa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento di cui alla legge 15 maggio 1989, n. 181, è finalizzato al rilancio delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, al sostegno dei programmi di investimento e allo sviluppo imprenditoriale delle aree colpite da crisi industriale e di settore;
    la riforma della disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, di cui all'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto l'applicazione del regime di aiuto di cui alla legge n. 181 del 1989 sia nelle aree di crisi complessa, sia nelle situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione; in questo secondo caso si parla di aree di crisi non complessa;
    con il decreto legislativo n. 1 del 1999 (successivamente corretto e integrato dal decreto legislativo n. 3 del 2000) è stata istituita la Società Sviluppo Italia Spa che, successivamente, con la legge finanziaria del 2007, ha assunto la denominazione di Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'impresa Spa-Invitalia;
    per il rilancio delle zone riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico come aree «di crisi industriale complessa», Invitalia è uno dei soggetti incaricati di dare concreta applicazione ai «Progetti di riconversione e riqualificazione industriale» (PRII), stipulati tra i diversi enti coinvolti e generalmente finalizzati alla ripresa delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, alla formazione del capitale umano, al sostegno di programmi di sviluppo, all'attrazione di nuovi investimenti anche a carattere innovativo, alla riconversione delle aree interessate, al recupero ambientale e all'efficientemente energetico dei siti coinvolti e alla realizzazione di nuove infrastrutture strettamente funzionali agli interventi in programma;
    con decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 7 agosto 2015, i Comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo sono stati riconosciuti «area di crisi industriale complessa», data la profonda e perdurante incidenza della crisi economica sul tessuto produttivo e manifatturiero della costa livornese e, in particolare, sui comparti industriali locali, ivi compreso l'importante snodo economico-logistico rappresentato dall'infrastruttura portuale di Livorno e dalle numerose attività ad esso connesse;
    in data 20 ottobre 2016, mediante un Accordo di Programma sottoscritto da diversi attori istituzionali ed economici sia nazionali che locali, è stato approvato il «Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale» (PRRI) finalizzato al rilancio del territorio della costa livornese, mediante lo sviluppo della rete infrastrutturale e logistica e il sostegno finanziario agli investimenti produttivi e all'occupazione;
    il PRRI prevede un impegno di risorse pubbliche per un ammontare complessivo pari a 581,40 milioni di euro; in particolare, è stato pubblicato, mediante Circolare Direttoriale del 5 giugno 2018, n. 222539, il nuovo Avviso per la selezione di iniziative imprenditoriali nel territorio dell'area di crisi industriale complessa del Polo produttivo ricompreso nel territorio dei comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo tramite ricorso al regime di aiuto di cui alla legge n. 181 del 1989, che prevede risorse disponibili per un ammontare pari a 10 milioni di euro;
    il Ministero dello sviluppo economico, mediante il Decreto del 30 agosto 2019, ha semplificato le procedure di richiesta, da parte delle imprese, delle agevolazioni di cui
    alla legge 15 maggio 1989, n. 181, estendendo così la platea di beneficiari;
    nonostante ciò, ad oggi, i fondi stanziati per «l'area di crisi industriale complessa» a valere sulla citata legge n. 181 del 1989 non risultano ancora attribuiti ed in generale l'operato di Invitalia, sul territorio della costa livornese, è stato caratterizzato da ritardi e rallentamenti,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le misure ed iniziative di propria competenza al fine di sollecitare Invitalia per la completa e tempestiva assegnazione dei finanziamenti stanziati per la provincia di Livorno, anche attraverso modifiche dei parametri dei bandi e, nel caso in cui, alla data del 1 giugno 2020, i fondi citati non risultino ancora assegnati, ad attivarsi affinché, nel rispetto della normativa vigente, i finanziamenti di propria competenza previsti nel limite di 10 milioni di euro, a valere sulle risorse della legge n. 181 del 1989, per le azioni previste all'articolo 3, comma 1, punto 2, lettera a), siano stanziati in modo da essere assorbiti dal tessuto produttivo livornese entro e non oltre il 31 dicembre 2020.
9/2305/249Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento di cui alla legge 15 maggio 1989, n. 181, è finalizzato al rilancio delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, al sostegno dei programmi di investimento e allo sviluppo imprenditoriale delle aree colpite da crisi industriale e di settore;
    la riforma della disciplina degli interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, di cui all'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto l'applicazione del regime di aiuto di cui alla legge n. 181 del 1989 sia nelle aree di crisi complessa, sia nelle situazioni di crisi industriali diverse da quelle complesse che presentano, comunque, impatto significativo sullo sviluppo dei territori interessati e sull'occupazione; in questo secondo caso si parla di aree di crisi non complessa;
    con il decreto legislativo n. 1 del 1999 (successivamente corretto e integrato dal decreto legislativo n. 3 del 2000) è stata istituita la Società Sviluppo Italia Spa che, successivamente, con la legge finanziaria del 2007, ha assunto la denominazione di Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'impresa Spa-Invitalia;
    per il rilancio delle zone riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico come aree «di crisi industriale complessa», Invitalia è uno dei soggetti incaricati di dare concreta applicazione ai «Progetti di riconversione e riqualificazione industriale» (PRII), stipulati tra i diversi enti coinvolti e generalmente finalizzati alla ripresa delle attività industriali, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, alla formazione del capitale umano, al sostegno di programmi di sviluppo, all'attrazione di nuovi investimenti anche a carattere innovativo, alla riconversione delle aree interessate, al recupero ambientale e all'efficientemente energetico dei siti coinvolti e alla realizzazione di nuove infrastrutture strettamente funzionali agli interventi in programma;
    con decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 7 agosto 2015, i Comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo sono stati riconosciuti «area di crisi industriale complessa», data la profonda e perdurante incidenza della crisi economica sul tessuto produttivo e manifatturiero della costa livornese e, in particolare, sui comparti industriali locali, ivi compreso l'importante snodo economico-logistico rappresentato dall'infrastruttura portuale di Livorno e dalle numerose attività ad esso connesse;
    in data 20 ottobre 2016, mediante un Accordo di Programma sottoscritto da diversi attori istituzionali ed economici sia nazionali che locali, è stato approvato il «Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale» (PRRI) finalizzato al rilancio del territorio della costa livornese, mediante lo sviluppo della rete infrastrutturale e logistica e il sostegno finanziario agli investimenti produttivi e all'occupazione;
    il PRRI prevede un impegno di risorse pubbliche per un ammontare complessivo pari a 581,40 milioni di euro; in particolare, è stato pubblicato, mediante Circolare Direttoriale del 5 giugno 2018, n. 222539, il nuovo Avviso per la selezione di iniziative imprenditoriali nel territorio dell'area di crisi industriale complessa del Polo produttivo ricompreso nel territorio dei comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo tramite ricorso al regime di aiuto di cui alla legge n. 181 del 1989, che prevede risorse disponibili per un ammontare pari a 10 milioni di euro;
    il Ministero dello sviluppo economico, mediante il Decreto del 30 agosto 2019, ha semplificato le procedure di richiesta, da parte delle imprese, delle agevolazioni di cui alla legge 15 maggio 1989, n. 181, estendendo così la platea di beneficiari;
    nonostante ciò, ad oggi, i fondi stanziati per «l'area di crisi industriale complessa» a valere sulla citata legge n. 181 del 1989 non risultano ancora attribuiti ed in generale l'operato di Invitalia, sul territorio della costa livornese, è stato caratterizzato da ritardi e rallentamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le misure ed iniziative di propria competenza al fine di sollecitare Invitalia per la completa e tempestiva assegnazione dei finanziamenti stanziati per la provincia di Livorno, anche attraverso modifiche dei parametri dei bandi e, nel caso in cui, alla data del 1 giugno 2020, i fondi citati non risultino ancora assegnati, a valutare l'opportunità di attivarsi affinché, nel rispetto della normativa vigente, i finanziamenti di propria competenza previsti nel limite di 10 milioni di euro, a valere sulle risorse della legge n. 181 del 1989, per le azioni previste all'articolo 3, comma 1, punto 2, lettera a), siano stanziati in modo da essere assorbiti dal tessuto produttivo livornese entro e non oltre il 31 dicembre 2020.
9/2305/249. (Testo modificato nel corso della seduta) Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    fin dal 2013, la Commissione Europea aveva espresso la posizione secondo cui «la disponibilità di biosimilari migliora la concorrenza e può contribuire ad ampliare la platea dei pazienti che possono accedere ai farmaci biologici, contribuendo alla sostenibilità dei sistemi sanitari europei»; tale conclusione è stata recepita e ribadita dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (si veda, da ultimo, segnalazione AS1312 del 17 novembre 2016);
    lo strumento dell'accordo quadro consente alle amministrazioni pubbliche di ottenere un elevato grado di flessibilità nell'affidamento ed esecuzione di appalti con caratteristiche di ripetitività e di adattabilità per gestire gli appalti di manutenzione e fornitura ordinari;
    la legge di bilancio 2017 (modificando l'articolo 15, comma 11-quater, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), ha specificato ulteriormente le modalità di ricorso all'accordo quadro, in particolare per l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto, per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, declinando le seguenti disposizioni:
    le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. Lotto unico con lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggi e via di somministrazione;
    i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell'accordo quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura, ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti;
    l'accordo quadro multi fornitori, se bene applicato, può offrire vantaggi a livello di sistema favorendo una maggiore apertura concorrenziale, permettendo alle aziende di poter programmare e organizzare il processo produttivo, fondamentale per garantire la continuità della fornitura; se questo sistema viene meno e il principio della concorrenzialità non viene rispettato, si mette in crisi la sostenibilità del sistema e delle aziende e quindi la concorrenza a medio lungo termine;
    la presenza di un mercato maggiormente sostenibile può contribuire a garantire un elevato tasso di partecipazione alle offerte da parte delle aziende produttrici, per evitare l'aumento dei lotti deserti che si sta già verificando a livello nazionale e internazionale, nell'ambito dei farmaci generici: secondo il rapporto Nomisma 2016 in Italia nel periodo 2011-2015, il numero dei lotti deserti nelle gare per i generici è cresciuto dal 22 per cento al 27 per cento determinando una minore concorrenza nel mercato con possibili risvolti anche a livello economico;
    a livello internazionale, un caso importante si è verificato nel Regno Unito per un farmaco generico: nel 2017 il mercato vedeva protagoniste tre aziende competitor, mentre nel 2018 ne era rimasta una sola, a causa della cessazione della produzione da parte delle altre due; tale situazione ha comportato un aumento del prezzo a confezione da 1,59 sterline a 113,10 sterline, con un incremento di 70 volte e un esborso complessivo per il National Health Service di 315 milioni di sterline in più;
    per quanto riguarda il consumo dei biosimilari, i risultati di una recente analisi dati IQVIA sui principali Paesi europei, mostrano che nel 2018 l'Italia è stata il primo mercato a volumi, pertanto è importante implementare politiche che possano mantenere nel nostro mercato la concorrenzialità di tutte le aziende, evitando possibili derive e conseguenze negative per la sostenibilità del sistema salute simili a quanto accade per i farmaci generici in Italia e nel regno Unito;
    ad oggi molte Regioni interpretano l'accordo quadro in maniera non corretta, ed è proprio l'ampia discrezionalità a poter causare degli eccessi che possono determinare uno scarso o eccessivo uso dell'accordo quadro; infatti se ci si attesta solo sul primo classificato, come molto spesso accade, si mortifica il principio ispiratore della norma che è quello di garantire un'effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un'ampia disponibilità delle terapie, la libertà prescrittiva da parte del medico importante anche per un corretto monitoraggio dell'utilizzo dei biosimilari nella real life e un maggiore accesso alle cure, nel rispetto e la tutela della salute del paziente;
    la corretta distribuzione tra i primi 3 classificati nell'accordo quadro garantisce il mantenimento della produzione degli stessi farmaci, la sostenibilità delle aziende e quindi, a lungo termine, il mantenimento della concorrenza e il conseguente risparmio per il sistema sanitario nazionale;
    un'ipotesi per superare questa distorsione potrebbe essere, come già praticato in alcune regioni italiane (Sicilia, Friuli VG, Toscana, Puglia, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo), l'inserimento nei capitolati di gara di quote (%) stabilite all'interno dell'accordo stesso, che possano garantire un'ampia disponibilità di terapie tutelando il principio originatore dello strumento «libertà prescrittiva del medico, la libera concorrenza, la tutela della salute e la sostenibilità delle aziende»; questo garantirebbe inoltre una omogeneizzazione delle procedure all'interno del sistema salute in modo univoco e non differenziato su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che le centrali regionali d'acquisto, nella predisposizione dei capitolati di appalto, assicurino una distribuzione percentuale tra gli operatori economici dei primi tre farmaci della graduatoria dell'accordo-quadro di cui in premessa, al fine di garantire un'effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un'ampia disponibilità delle terapie, nell'ambito delle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari.
9/2305/250Ianaro, Bologna, Lapia, Menga, Nappi, D'Arrando, Sarli, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    fin dal 2013, la Commissione Europea aveva espresso la posizione secondo cui «la disponibilità di biosimilari migliora la concorrenza e può contribuire ad ampliare la platea dei pazienti che possono accedere ai farmaci biologici, contribuendo alla sostenibilità dei sistemi sanitari europei»; tale conclusione è stata recepita e ribadita dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (si veda, da ultimo, segnalazione AS1312 del 17 novembre 2016);
    lo strumento dell'accordo quadro consente alle amministrazioni pubbliche di ottenere un elevato grado di flessibilità nell'affidamento ed esecuzione di appalti con caratteristiche di ripetitività e di adattabilità per gestire gli appalti di manutenzione e fornitura ordinari;
    la legge di bilancio 2017 (modificando l'articolo 15, comma 11-quater, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), ha specificato ulteriormente le modalità di ricorso all'accordo quadro, in particolare per l'acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto, per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, declinando le seguenti disposizioni:
    le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. Lotto unico con lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggi e via di somministrazione;
    i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell'accordo quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura, ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti;
    l'accordo quadro multi fornitori, se bene applicato, può offrire vantaggi a livello di sistema favorendo una maggiore apertura concorrenziale, permettendo alle aziende di poter programmare e organizzare il processo produttivo, fondamentale per garantire la continuità della fornitura; se questo sistema viene meno e il principio della concorrenzialità non viene rispettato, si mette in crisi la sostenibilità del sistema e delle aziende e quindi la concorrenza a medio lungo termine;
    la presenza di un mercato maggiormente sostenibile può contribuire a garantire un elevato tasso di partecipazione alle offerte da parte delle aziende produttrici, per evitare l'aumento dei lotti deserti che si sta già verificando a livello nazionale e internazionale, nell'ambito dei farmaci generici: secondo il rapporto Nomisma 2016 in Italia nel periodo 2011-2015, il numero dei lotti deserti nelle gare per i generici è cresciuto dal 22 per cento al 27 per cento determinando una minore concorrenza nel mercato con possibili risvolti anche a livello economico;
    a livello internazionale, un caso importante si è verificato nel Regno Unito per un farmaco generico: nel 2017 il mercato vedeva protagoniste tre aziende competitor, mentre nel 2018 ne era rimasta una sola, a causa della cessazione della produzione da parte delle altre due; tale situazione ha comportato un aumento del prezzo a confezione da 1,59 sterline a 113,10 sterline, con un incremento di 70 volte e un esborso complessivo per il National Health Service di 315 milioni di sterline in più;
    per quanto riguarda il consumo dei biosimilari, i risultati di una recente analisi dati IQVIA sui principali Paesi europei, mostrano che nel 2018 l'Italia è stata il primo mercato a volumi, pertanto è importante implementare politiche che possano mantenere nel nostro mercato la concorrenzialità di tutte le aziende, evitando possibili derive e conseguenze negative per la sostenibilità del sistema salute simili a quanto accade per i farmaci generici in Italia e nel regno Unito;
    ad oggi molte Regioni interpretano l'accordo quadro in maniera non corretta, ed è proprio l'ampia discrezionalità a poter causare degli eccessi che possono determinare uno scarso o eccessivo uso dell'accordo quadro; infatti se ci si attesta solo sul primo classificato, come molto spesso accade, si mortifica il principio ispiratore della norma che è quello di garantire un'effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un'ampia disponibilità delle terapie, la libertà prescrittiva da parte del medico importante anche per un corretto monitoraggio dell'utilizzo dei biosimilari nella real life e un maggiore accesso alle cure, nel rispetto e la tutela della salute del paziente;
    la corretta distribuzione tra i primi 3 classificati nell'accordo quadro garantisce il mantenimento della produzione degli stessi farmaci, la sostenibilità delle aziende e quindi, a lungo termine, il mantenimento della concorrenza e il conseguente risparmio per il sistema sanitario nazionale;
    un'ipotesi per superare questa distorsione potrebbe essere, come già praticato in alcune regioni italiane (Sicilia, Friuli VG, Toscana, Puglia, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo), l'inserimento nei capitolati di gara di quote (%) stabilite all'interno dell'accordo stesso, che possano garantire un'ampia disponibilità di terapie tutelando il principio originatore dello strumento «libertà prescrittiva del medico, la libera concorrenza, la tutela della salute e la sostenibilità delle aziende»; questo garantirebbe inoltre una omogeneizzazione delle procedure all'interno del sistema salute in modo univoco e non differenziato su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che le centrali regionali d'acquisto, nella predisposizione dei capitolati di appalto, assicurino una distribuzione percentuale tra gli operatori economici dei primi tre farmaci della graduatoria dell'accordo-quadro di cui in premessa, al fine di garantire un'effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un'ampia disponibilità delle terapie, nell'ambito delle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari.
9/2305/250. (Testo modificato nel corso della seduta) Ianaro, Bologna, Lapia, Menga, Nappi, D'Arrando, Sarli, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    la prevenzione, in termini di risorse assegnate, rappresenta un po’ «la cenerentola» della sanità pubblica e mentre la diagnosi e cura assorbono oltre l'80 per cento della spesa sanitaria, alla prevenzione è destinato circa il 5 per cento, corrispondente alla percentuale del Fondo sanitario nazionale da utilizzare per il Lea «Prevenzione collettiva e sanità pubblica», in accordo con gli ultimi Patti per la Salute;
    il suddetto 5 per cento in realtà non è mai interamente impiegato dalle Regioni per la prevenzione, infatti in base ai dati disponibili nel 2013 la quota è più bassa e corrisponde a circa il 4,19 per cento ed include soprattutto interventi di prevenzione secondaria mentre sembra che poco e nulla sia destinato alla prevenzione primaria. Eppure l'investimento in prevenzione significa abbattere proprio la parte più rilevante della la spesa sanitaria destinata alla diagnosi e alla cura delle patologie;
    il Piano nazionale della prevenzione, approvato con Intesa Stato Regioni e PPAA del 14 novembre 2014, come rimodulato e prorogato per l'anno 2019 con successiva Intesa del 21 dicembre 2017, ha riconsiderato diffusamente le criticità storiche della prevenzione, riconducibili a diverse problematiche tra le quali le seguenti: frammentarietà ed eterogeneità delle responsabilità, rigidità e inadeguata flessibilità delle modalità organizzative previste dai decreto legislativo n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993; ruolo marginale della prevenzione rispetto agli altri livelli principali di assistenza; emergenza di nuovi livelli di responsabilità e di nuove dimensioni operative (intersettorialità);
    il Piano contempla la necessità di ipotizzare una strategia nazionale per il coordinamento e l'integrazione delle politiche e delle azioni nazionali e regionali in campo ambientale e sanitario, in materia di prevenzione, valutazione, gestione e comunicazione delle problematiche connesse; un focus importante è posto sulla tematica della promozione e tutela della salute riproduttiva, con specifico riferimento alla promozione della salute della donna in età fertile e nella promozione degli stili di vita e comportamenti corretti che evitino l'esposizione a fattori di rischio teratogeni e più in generale tossici per lo sviluppo (farmaci, uso scorretto di sostanze chimiche in ambito domestico o occupazionale, il consumo di alcol e il fumo, l'obesità e il sottopeso, le vaccinazioni, in particolare contro la rosolia);
    la promozione della salute richiede integrazione delle politiche socio-sanitarie con le politiche relative all'istruzione e alla promozione culturale, allo sviluppo economico, alla tutela dell'ambiente, all'urbanistica ed ai trasporti, all'istruzione, all'industria, al commercio, all'ambiente, all'agricoltura, sia a livello centrale che territoriale; è evidente che un Piano così ambizioso necessita di risorse in qualche misura assicurate o vincolate,

impegna il Governo

a intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che, nell'ambito del riparto delle risorse del Fondo sanitario Nazionale, le Regioni destinino, per ciascun anno, una quota non inferiore al 10 per cento all'attuazione delle disposizioni del Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014- 2018, adottato con Intesa del 13 novembre 2014, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, come rimodulato e prorogato per l'anno 2019 con successiva Intesa del 21 dicembre 2017.
9/2305/251D'Arrando, Nappi, Menga, Mammì, Sarli, Lapia, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    la prevenzione, in termini di risorse assegnate, rappresenta un po’ «la cenerentola» della sanità pubblica e mentre la diagnosi e cura assorbono oltre l'80 per cento della spesa sanitaria, alla prevenzione è destinato circa il 5 per cento, corrispondente alla percentuale del Fondo sanitario nazionale da utilizzare per il Lea «Prevenzione collettiva e sanità pubblica», in accordo con gli ultimi Patti per la Salute;
    il suddetto 5 per cento in realtà non è mai interamente impiegato dalle Regioni per la prevenzione, infatti in base ai dati disponibili nel 2013 la quota è più bassa e corrisponde a circa il 4,19 per cento ed include soprattutto interventi di prevenzione secondaria mentre sembra che poco e nulla sia destinato alla prevenzione primaria. Eppure l'investimento in prevenzione significa abbattere proprio la parte più rilevante della la spesa sanitaria destinata alla diagnosi e alla cura delle patologie;
    il Piano nazionale della prevenzione, approvato con Intesa Stato Regioni e PPAA del 14 novembre 2014, come rimodulato e prorogato per l'anno 2019 con successiva Intesa del 21 dicembre 2017, ha riconsiderato diffusamente le criticità storiche della prevenzione, riconducibili a diverse problematiche tra le quali le seguenti: frammentarietà ed eterogeneità delle responsabilità, rigidità e inadeguata flessibilità delle modalità organizzative previste dai decreto legislativo n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993; ruolo marginale della prevenzione rispetto agli altri livelli principali di assistenza; emergenza di nuovi livelli di responsabilità e di nuove dimensioni operative (intersettorialità);
    il Piano contempla la necessità di ipotizzare una strategia nazionale per il coordinamento e l'integrazione delle politiche e delle azioni nazionali e regionali in campo ambientale e sanitario, in materia di prevenzione, valutazione, gestione e comunicazione delle problematiche connesse; un focus importante è posto sulla tematica della promozione e tutela della salute riproduttiva, con specifico riferimento alla promozione della salute della donna in età fertile e nella promozione degli stili di vita e comportamenti corretti che evitino l'esposizione a fattori di rischio teratogeni e più in generale tossici per lo sviluppo (farmaci, uso scorretto di sostanze chimiche in ambito domestico o occupazionale, il consumo di alcol e il fumo, l'obesità e il sottopeso, le vaccinazioni, in particolare contro la rosolia);
    la promozione della salute richiede integrazione delle politiche socio-sanitarie con le politiche relative all'istruzione e alla promozione culturale, allo sviluppo economico, alla tutela dell'ambiente, all'urbanistica ed ai trasporti, all'istruzione, all'industria, al commercio, all'ambiente, all'agricoltura, sia a livello centrale che territoriale; è evidente che un Piano così ambizioso necessita di risorse in qualche misura assicurate o vincolate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che, nell'ambito del riparto delle risorse del Fondo sanitario Nazionale, le Regioni destinino, per ciascun anno, una quota non inferiore al 10 per cento all'attuazione delle disposizioni del Piano nazionale della prevenzione (PNP) 2014- 2018, adottato con Intesa del 13 novembre 2014, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, come rimodulato e prorogato per l'anno 2019 con successiva Intesa del 21 dicembre 2017.
9/2305/251. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Arrando, Nappi, Menga, Mammì, Sarli, Lapia, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi e ulteriori due miliardi sono destinati anche per l'edilizia sanitaria; dal 1o settembre 2020 è abolito il superticket ed altresì previsto uno stanziamento di oltre 235 milioni per dotare gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta di strumenti per la diagnostica di primo livello;
    il disegno di legge in esame prevede altresì la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria anche al fine di ridurre le iniquità che a volte caratterizzano il nostro sistema sanitario;
    al fine di garantire l'equità distributiva attraverso un efficace sistema di remunerazione e adeguati livelli della qualità dei servizi erogati, nonché al fine di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del SSN e i casi di scelta delle procedure di selezione dei pazienti, sulla base dei casi meno complessi ovvero in base all'attribuzione di tariffe più remunerative, occorre intervenire nel nostro sistema sanitario anche con una ridefinizione del sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) quale classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), anche nell'ottica di collegare le tariffe anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based);
    il DRG è l'acronimo di «Diagnosis-Related Group», equivalente in italiano ai «Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi» (ROD) e indica il sistema di retribuzione degli ospedali per l'attività di cura; in Italia, l'adozione del sistema dei DRG risale al 1994 ed è diventato uno strumento essenziale nelle attuali politiche sanitarie finalizzate al perseguimento LEA con risorse limitate;
    inizialmente il «Progetto Mattoni SSN» ha elaborato un percorso di revisione e di evoluzione del sistema di classificazione e codifica dei ricoveri ospedalieri che, a partire dal 2006, ha portato il Ministero della Salute, insieme alle Regioni, ad attivare l'aggiornamento periodico dei sistemi di classificazione dei ricoveri, delle diagnosi e delle procedure, aggiornamento avvenuto con i decreti 21 novembre 2005 e 18 dicembre 2008;
    nel marzo 2015 è poi stato presentato dal Ministero della salute un progetto per la definizione e la manutenzione di un sistema di misurazione e di valorizzazione dei prodotti degli ospedali che risponda alle esigenze informative specifiche della realtà ospedaliera italiana (Progetto It.DRG);
    allo stato attuale non sembra che tale ultimo progetto di revisione abbia raggiunto gli obiettivi sperati e nel sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) continuano a permanere rilevanti elementi di criticità con conseguente utilizzo inappropriato delle risorse del SSN, come ad esempio una scelta distorta delle procedure di selezione dei pazienti, sulla base dei casi meno complessi ovvero in base all'attribuzione di tariffe più remunerative,

impegna il Governo

a intraprendere idonee iniziative, anche normative, per ridefinire, eventualmente anche in via sperimentale, il sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) quale classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), collegando le tariffe anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based).
9/2305/252Bologna, Nappi, Ianaro, Sarli, D'Arrando, Mammì, Lapia, Menga, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi e ulteriori due miliardi sono destinati anche per l'edilizia sanitaria; dal 1o settembre 2020 è abolito il superticket ed altresì previsto uno stanziamento di oltre 235 milioni per dotare gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta di strumenti per la diagnostica di primo livello;
    il disegno di legge in esame prevede altresì la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria anche al fine di ridurre le iniquità che a volte caratterizzano il nostro sistema sanitario;
    al fine di garantire l'equità distributiva attraverso un efficace sistema di remunerazione e adeguati livelli della qualità dei servizi erogati, nonché al fine di ridurre l'utilizzo inappropriato delle risorse del SSN e i casi di scelta delle procedure di selezione dei pazienti, sulla base dei casi meno complessi ovvero in base all'attribuzione di tariffe più remunerative, occorre intervenire nel nostro sistema sanitario anche con una ridefinizione del sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) quale classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), anche nell'ottica di collegare le tariffe anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based);
    il DRG è l'acronimo di «Diagnosis-Related Group», equivalente in italiano ai «Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi» (ROD) e indica il sistema di retribuzione degli ospedali per l'attività di cura; in Italia, l'adozione del sistema dei DRG risale al 1994 ed è diventato uno strumento essenziale nelle attuali politiche sanitarie finalizzate al perseguimento LEA con risorse limitate;
    inizialmente il «Progetto Mattoni SSN» ha elaborato un percorso di revisione e di evoluzione del sistema di classificazione e codifica dei ricoveri ospedalieri che, a partire dal 2006, ha portato il Ministero della Salute, insieme alle Regioni, ad attivare l'aggiornamento periodico dei sistemi di classificazione dei ricoveri, delle diagnosi e delle procedure, aggiornamento avvenuto con i decreti 21 novembre 2005 e 18 dicembre 2008;
    nel marzo 2015 è poi stato presentato dal Ministero della salute un progetto per la definizione e la manutenzione di un sistema di misurazione e di valorizzazione dei prodotti degli ospedali che risponda alle esigenze informative specifiche della realtà ospedaliera italiana (Progetto It.DRG);
    allo stato attuale non sembra che tale ultimo progetto di revisione abbia raggiunto gli obiettivi sperati e nel sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) continuano a permanere rilevanti elementi di criticità con conseguente utilizzo inappropriato delle risorse del SSN, come ad esempio una scelta distorta delle procedure di selezione dei pazienti, sulla base dei casi meno complessi ovvero in base all'attribuzione di tariffe più remunerative,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per ridefinire, eventualmente anche in via sperimentale, il sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) quale classificazione dei ricoveri ospedalieri e delle prestazioni ambulatoriali e territoriali nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), collegando le tariffe anche ai risultati di qualità che vengono conseguiti e alla presa in carico complessiva del paziente (patient-based).
9/2305/252. (Testo modificato nel corso della seduta) Bologna, Nappi, Ianaro, Sarli, D'Arrando, Mammì, Lapia, Menga, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati dal Sistema di sorveglianza Sentinella dell'istituto Superiore di Sanità (ISS) tra 2010 e il 2016 in Italia è aumentato il numero delle persone con una diagnosi di infezione sessualmente trasmessa (IST). Nel 2016 l'Italia ha registrato un aumento del 70 per cento dei casi di sifilide rispetto al 2015 mentre le infezioni da clamidia nel 2016 sono raddoppiate rispetto al 2010. Per quanto riguarda i condilomi ano-genitali, che rappresentano la IST più segnalata, i casi sono addirittura triplicati tra il 2004 e il 2016;
    le nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia, pubblicate sul Notiziario dell'istituto Superiore di Sanità, indicano che nel 2018 si sono verificate 2.847 infezioni da HIV corrispondenti a 4,7 nuovi casi per 100.000 residenti;
    i dati evidenziano che i giovani tra i 15 e i 24 anni sono più esposti alle IST, a causa della scarsa informazione, dell'insufficiente conoscenza e di un approccio alla sessualità molto precoce e meno consapevole e guidato;
    è unanimemente riconosciuto che il preservativo rappresenta l'unico strumento efficace per prevenire le IST e il suo utilizzo, come suggerito dalla recente campagna di comunicazione del Ministero della salute per contrastare l'HIV, va fortemente incentivato e promosso;
    per tali ragioni risulta centrale superare i limiti imposti, dall'attuale disciplina, per la pubblicizzazione dei preservativi,

impegna il Governo:

   valutare la promozione di campagne di informazione e di sensibilizzazione a carattere nazionale e regionale per la prevenzione e gestione delle infezioni sessualmente trasmissibili;
   valutare la promozione di campagne di informazione, soprattutto nelle scuole e università, dirette a diffondere una maggiore conoscenza sull'uso del profilattico come metodo per prevenire tutte le infezioni a trasmissione sessuale;
   a valutare l'opportunità di garantire la gratuità dei preservativi maschili e femminili a coloro che sono già esentati dalla compartecipazione al costo delle spese sanitarie, a coloro che abbiano un'età inferiore ai 26 anni, a coloro cui sia stata diagnosticata una malattia sessualmente trasmissibile;
   a valutare ogni iniziativa utile per escludere i preservativi dall'obbligo di autorizzazione ministeriale ai fini pubblicitari allo scopo di rafforzare ulteriormente la diffusione dell'informazione sui metodi di prevenzione per le infezioni sessualmente trasmesse.
9/2305/253Sportiello, Sarli, Mammì, Bologna, D'Arrando, Lapia, Menga, Nappi, Ianaro, Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati dal Sistema di sorveglianza Sentinella dell'istituto Superiore di Sanità (ISS) tra 2010 e il 2016 in Italia è aumentato il numero delle persone con una diagnosi di infezione sessualmente trasmessa (IST). Nel 2016 l'Italia ha registrato un aumento del 70 per cento dei casi di sifilide rispetto al 2015 mentre le infezioni da clamidia nel 2016 sono raddoppiate rispetto al 2010. Per quanto riguarda i condilomi ano-genitali, che rappresentano la IST più segnalata, i casi sono addirittura triplicati tra il 2004 e il 2016;
    le nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia, pubblicate sul Notiziario dell'istituto Superiore di Sanità, indicano che nel 2018 si sono verificate 2.847 infezioni da HIV corrispondenti a 4,7 nuovi casi per 100.000 residenti;
    i dati evidenziano che i giovani tra i 15 e i 24 anni sono più esposti alle IST, a causa della scarsa informazione, dell'insufficiente conoscenza e di un approccio alla sessualità molto precoce e meno consapevole e guidato;
    è unanimemente riconosciuto che il preservativo rappresenta l'unico strumento efficace per prevenire le IST e il suo utilizzo, come suggerito dalla recente campagna di comunicazione del Ministero della salute per contrastare l'HIV, va fortemente incentivato e promosso;
    per tali ragioni risulta centrale superare i limiti imposti, dall'attuale disciplina, per la pubblicizzazione dei preservativi,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione a carattere nazionale e regionale per la prevenzione e gestione delle infezioni sessualmente trasmissibili;
   a valutare l'opportunità di promuovere campagne di informazione, soprattutto nelle scuole e università, dirette a diffondere una maggiore conoscenza sull'uso del profilattico come metodo per prevenire tutte le infezioni a trasmissione sessuale;
   a valutare l'opportunità di garantire la gratuità dei preservativi maschili e femminili a coloro che sono già esentati dalla compartecipazione al costo delle spese sanitarie, a coloro che abbiano un'età inferiore ai 26 anni, a coloro cui sia stata diagnosticata una malattia sessualmente trasmissibile;
   a valutare l'opportunità di ogni iniziativa utile per escludere i preservativi dall'obbligo di autorizzazione ministeriale ai fini pubblicitari allo scopo di rafforzare ulteriormente la diffusione dell'informazione sui metodi di prevenzione per le infezioni sessualmente trasmesse.
9/2305/253. (Testo modificato nel corso della seduta) Sportiello, Sarli, Mammì, Bologna, D'Arrando, Lapia, Menga, Nappi, Ianaro, Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    la legge 25 febbraio 1992, n. 210 «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», riconosce ai soggetti che a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati hanno riportato danni irreversibili, il diritto a percepire un indennizzo, a carattere vitalizio, da parte dello Stato;
    a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, le funzioni e le risorse in materia di indennizzi sono state trasferite alle Regioni e il Ministero della salute gestisce, in via amministrativa, quasi 9.000 posizioni che riguardano anche gli indennizzati i cui ruoli di spesa fissa sono stati aperti antecedentemente al trasferimento delle funzioni alle Regioni;
    la normativa in esame prevede il riconoscimento di un ulteriore indennizzo, di importo pari al 50 per cento di quello base, in caso di riconoscimento della seconda patologia tra HIV e una tra HCV e HBV ed è previsto un assegno «una tantum» da riconoscere ai congiunti di danneggiati deceduti a causa della patologia correlata all'infezione di 77.000 euro circa, in unica soluzione o rateizzato in 15 anni;
    il legislatore, con l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito nella legge n. 114 dell'11 agosto 2014, ha introdotto un'equa riparazione per i danneggiati da trasfusione con sangue infetto, o emoderivati infetti, o vaccinazioni obbligatorie (o per i loro aventi causa, in caso di decesso) che abbiano presentato domanda di adesione alla procedura transattiva di cui alla legge 24 dicembre 2007 n. 244, entro il 19 gennaio 2010, e tale beneficio è stato previsto anche per coloro che, avendo aderito alla transazione, hanno instaurato un contenzioso per il riconoscimento del solo danno «jure proprio»; in tal caso, il beneficio non può essere riconosciuto agli eredi che non hanno, all'epoca, aderito alla transazione, né che abbiano instaurato un contenzioso per risarcimento danni dopo la data del 1 gennaio 2008;
    con un emendamento della prima firmataria del presente atto alla legge di bilancio del 2018, è stata riconosciuta l'equa riparazione del risarcimento anche agli eredi iure proprio dei cittadini danneggiati da sangue infetto; in realtà l'emendamento originario prevedeva di riconoscere l'equa riparazione anche ai familiari contagiati dal danneggiato da sangue infetto ma a riguardo, per insufficienza di risorse, è stato possibile estendere l'equa riparazione solo agli eredi;
    il Ministero della salute procede alla liquidazione dei titoli di condanna al risarcimento dei danni sia jure proprio che jure hereditatis passati in giudicato, secondo l'ordine cronologico di notifica, attraverso il trasferimento di «contributi» alle regioni e province autonome, in proporzione agli indennizzi effettivamente corrisposti e non rispetto al reale fabbisogno degli stessi;
    le risorse destinate all'indennizzo, configurandosi come contributi, sono erogate sotto forma di concorso mentre sarebbe opportuno configurarle come «finanziamenti integrali» da erogare, come anzidetto, in relazione al fabbisogno espresso dalle Regioni;
    ad oggi il contenzioso in materia ha raggiunto la cifra di oltre 630 milioni di euro, risorse che le Regioni hanno anticipato dal 2015, costrette a reperire notevoli risorse dai propri bilanci, non di rado a seguito di atti di diffida e nelle more che lo Stato proceda al payback;
    a titolo di esempio si cita il caso della Regione Marche la quale, a seguito di diffida da parte del Comitato Indennizzati Marche, ha rappresentato che il mancato trasferimento dei fondi ministeriali per il pagamento degli indennizzi costringe la Regione medesima, così come le altre Regioni, ad intervenire anticipando risorse con fondi propri, restando a tutt'oggi in attesa di refusione di quanto anticipato dal 2015 ad oggi; poiché l'esposizione media della Regione Marche, per la copertura degli oneri derivanti dalla legge sugli indennizzi è pari a circa 5 milioni di euro l'anno, la refusione spettante per quanto anticipato ammonta al momento ad oltre 21 milioni di euro solo per la voce indennizzi, senza considerare, per quanto minore, l'onere ulteriore del pagamento delle cosiddette una tantum in caso di decesso correlato di circa 1 milione; senza considerare altresì che la Regione vanta nei confronti del competente Ministero, per gli stessi oneri della legge n. 210 del 1992, un ulteriore «credito» di oltre 6 milioni di euro per quanto anticipato antecedentemente al 2012 e non ancora refuso/saldato dal competente Ministero,

impegna il Governo:

   a intraprendere idonee iniziative, anche di carattere finanziario, anche normative, affinché i contributi alle regioni e province autonome siano erogati tempestivamente e non in proporzione agli indennizzi effettivamente corrisposti ma al reale fabbisogno degli stessi, dando la possibilità a tutte le regioni di ricevere le risorse stanziate dalla legge, anche a quelle regioni che non hanno avuto la possibilità di anticipare gli indennizzi per conto del Ministero della salute;
   a valutare la necessità di intraprendere idonee iniziative, anche finanziarie, per estendere l'equa riparazione anche ai familiari contagiati dal danneggiato da sangue infetto.
9/2305/254Lorefice, Lapia, Menga, Nappi, Sarli, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Troiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    la legge 25 febbraio 1992, n. 210 «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», riconosce ai soggetti che a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati hanno riportato danni irreversibili, il diritto a percepire un indennizzo, a carattere vitalizio, da parte dello Stato;
    a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, le funzioni e le risorse in materia di indennizzi sono state trasferite alle Regioni e il Ministero della salute gestisce, in via amministrativa, quasi 9.000 posizioni che riguardano anche gli indennizzati i cui ruoli di spesa fissa sono stati aperti antecedentemente al trasferimento delle funzioni alle Regioni;
    la normativa in esame prevede il riconoscimento di un ulteriore indennizzo, di importo pari al 50 per cento di quello base, in caso di riconoscimento della seconda patologia tra HIV e una tra HCV e HBV ed è previsto un assegno «una tantum» da riconoscere ai congiunti di danneggiati deceduti a causa della patologia correlata all'infezione di 77.000 euro circa, in unica soluzione o rateizzato in 15 anni;
    il legislatore, con l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito nella legge n. 114 dell'11 agosto 2014, ha introdotto un'equa riparazione per i danneggiati da trasfusione con sangue infetto, o emoderivati infetti, o vaccinazioni obbligatorie (o per i loro aventi causa, in caso di decesso) che abbiano presentato domanda di adesione alla procedura transattiva di cui alla legge 24 dicembre 2007 n. 244, entro il 19 gennaio 2010, e tale beneficio è stato previsto anche per coloro che, avendo aderito alla transazione, hanno instaurato un contenzioso per il riconoscimento del solo danno «jure proprio»; in tal caso, il beneficio non può essere riconosciuto agli eredi che non hanno, all'epoca, aderito alla transazione, né che abbiano instaurato un contenzioso per risarcimento danni dopo la data del 1 gennaio 2008;
    con un emendamento della prima firmataria del presente atto alla legge di bilancio del 2018, è stata riconosciuta l'equa riparazione del risarcimento anche agli eredi iure proprio dei cittadini danneggiati da sangue infetto; in realtà l'emendamento originario prevedeva di riconoscere l'equa riparazione anche ai familiari contagiati dal danneggiato da sangue infetto ma a riguardo, per insufficienza di risorse, è stato possibile estendere l'equa riparazione solo agli eredi;
    il Ministero della salute procede alla liquidazione dei titoli di condanna al risarcimento dei danni sia jure proprio che jure hereditatis passati in giudicato, secondo l'ordine cronologico di notifica, attraverso il trasferimento di «contributi» alle regioni e province autonome, in proporzione agli indennizzi effettivamente corrisposti e non rispetto al reale fabbisogno degli stessi;
    le risorse destinate all'indennizzo, configurandosi come contributi, sono erogate sotto forma di concorso mentre sarebbe opportuno configurarle come «finanziamenti integrali» da erogare, come anzidetto, in relazione al fabbisogno espresso dalle Regioni;
    ad oggi il contenzioso in materia ha raggiunto la cifra di oltre 630 milioni di euro, risorse che le Regioni hanno anticipato dal 2015, costrette a reperire notevoli risorse dai propri bilanci, non di rado a seguito di atti di diffida e nelle more che lo Stato proceda al payback;
    a titolo di esempio si cita il caso della Regione Marche la quale, a seguito di diffida da parte del Comitato Indennizzati Marche, ha rappresentato che il mancato trasferimento dei fondi ministeriali per il pagamento degli indennizzi costringe la Regione medesima, così come le altre Regioni, ad intervenire anticipando risorse con fondi propri, restando a tutt'oggi in attesa di refusione di quanto anticipato dal 2015 ad oggi; poiché l'esposizione media della Regione Marche, per la copertura degli oneri derivanti dalla legge sugli indennizzi è pari a circa 5 milioni di euro l'anno, la refusione spettante per quanto anticipato ammonta al momento ad oltre 21 milioni di euro solo per la voce indennizzi, senza considerare, per quanto minore, l'onere ulteriore del pagamento delle cosiddette una tantum in caso di decesso correlato di circa 1 milione; senza considerare altresì che la Regione vanta nei confronti del competente Ministero, per gli stessi oneri della legge n. 210 del 1992, un ulteriore «credito» di oltre 6 milioni di euro per quanto anticipato antecedentemente al 2012 e non ancora refuso/saldato dal competente Ministero,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere finanziario, anche normative, affinché i contributi alle regioni e province autonome siano erogati tempestivamente e non in proporzione agli indennizzi effettivamente corrisposti ma al reale fabbisogno degli stessi, dando la possibilità a tutte le regioni di ricevere le risorse stanziate dalla legge, anche a quelle regioni che non hanno avuto la possibilità di anticipare gli indennizzi per conto del Ministero della salute;
   a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche finanziarie, per estendere l'equa riparazione anche ai familiari contagiati dal danneggiato da sangue infetto.
9/2305/254. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorefice, Lapia, Menga, Nappi, Sarli, D'Arrando, Ianaro, Mammì, Troiano.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, comma 361, del disegno di legge in esame si interviene sull'articolo 15, comma 1, lettera c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo che le spese veterinarie sono detraibili, fino all'importo di euro 500 anziché di 387,34 euro com’è attualmente, limitatamente alla parte che eccede euro 129,11;
    la disposizione rappresenta senz'altro un passo avanti, tuttavia il limite di detraibilità rimane unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. Inoltre, la possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite;
    le spese veterinarie ammesse alla detrazione riguardano: le prestazioni professionali rese dal veterinario, l'acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario, le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie;
    nel nostro Paese le terapie di cura per gli animali sono detraibili al 19 per cento delle spese sostenute e l'IVA sul cibo di animali di affezione è al 22 per cento, quasi come fosse un bene di lusso; le prestazioni rese da medici veterinari o da strutture medico veterinarie sono soggette ad IVA al 22 per cento; si stima che siano 7 milioni i cani e 7, 5 milioni i gatti presenti nelle nostre famiglie;
    molte persone meno abbienti rinunciano alle cure per i propri animali di affezione anche a causa della forte tassazione;
    i benefici del possesso di animali d'affezione trovano sempre maggiori evidenze scientifiche sugli anziani e sui bambini;
    un'eventuale estensione della detraibilità fiscale potrebbe far aumentare gli introiti per le casse dell'erario statale. Tale misura, allo stesso tempo, potrebbe essere sia di sostegno alle famiglie che possiedono animali di compagnia, ma che si trovano in condizioni di difficoltà economica, sia per il miglioramento della salute degli animali e degli uomini,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere ulteriori misure finalizzate ad estendere la detraibilità fiscale per le spese veterinarie sostenute per ciascun animale da compagnia legalmente detenuto non a scopo di lucro;
   a considerare l'eventualità di abbassare l'aliquota dell'IVA sul cibo per animali d'affezione, valorizzando in questo modo il valore sociale e il ruolo sempre maggiore degli animali d'affezione nella vita quotidiana, così come accade in molti Paesi europei;
   a considerare l'eventualità di abbassare l'aliquota dell'IVA sulle prestazioni veterinarie di diagnosi, cura e riabilitazione per animali da compagnia non acquistati a qualsiasi titolo e non detenuti a scopo di lucro, per cani e gatti detenuti in canili e gattili o non di proprietà liberi sul territorio e sulle prestazioni veterinarie per l'identificazione e il controllo della riproduzione degli animali da compagnia.
9/2305/255Sarli, D'Arrando, Lapia, Menga, Nappi, Mammì, Ianaro, Flati.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, comma 361, del disegno di legge in esame si interviene sull'articolo 15, comma 1, lettera c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevedendo che le spese veterinarie sono detraibili, fino all'importo di euro 500 anziché di 387,34 euro com’è attualmente, limitatamente alla parte che eccede euro 129,11;
    la disposizione rappresenta senz'altro un passo avanti, tuttavia il limite di detraibilità rimane unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. Inoltre, la possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite;
    le spese veterinarie ammesse alla detrazione riguardano: le prestazioni professionali rese dal veterinario, l'acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario, le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie;
    nel nostro Paese le terapie di cura per gli animali sono detraibili al 19 per cento delle spese sostenute e l'IVA sul cibo di animali di affezione è al 22 per cento, quasi come fosse un bene di lusso; le prestazioni rese da medici veterinari o da strutture medico veterinarie sono soggette ad IVA al 22 per cento; si stima che siano 7 milioni i cani e 7, 5 milioni i gatti presenti nelle nostre famiglie;
    molte persone meno abbienti rinunciano alle cure per i propri animali di affezione anche a causa della forte tassazione;
    i benefici del possesso di animali d'affezione trovano sempre maggiori evidenze scientifiche sugli anziani e sui bambini;
    un'eventuale estensione della detraibilità fiscale potrebbe far aumentare gli introiti per le casse dell'erario statale. Tale misura, allo stesso tempo, potrebbe essere sia di sostegno alle famiglie che possiedono animali di compagnia, ma che si trovano in condizioni di difficoltà economica, sia per il miglioramento della salute degli animali e degli uomini,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere ulteriori misure finalizzate ad estendere la detraibilità fiscale per le spese veterinarie sostenute per ciascun animale da compagnia legalmente detenuto non a scopo di lucro;
   a valutare l'opportunità di abbassare l'aliquota dell'IVA sul cibo per animali d'affezione, valorizzando in questo modo il valore sociale e il ruolo sempre maggiore degli animali d'affezione nella vita quotidiana, così come accade in molti Paesi europei;
   a valutare l'opportunità di abbassare l'aliquota dell'IVA sulle prestazioni veterinarie di diagnosi, cura e riabilitazione per animali da compagnia non acquistati a qualsiasi titolo e non detenuti a scopo di lucro, per cani e gatti detenuti in canili e gattili o non di proprietà liberi sul territorio e sulle prestazioni veterinarie per l'identificazione e il controllo della riproduzione degli animali da compagnia.
9/2305/255. (Testo modificato nel corso della seduta) Sarli, D'Arrando, Lapia, Menga, Nappi, Mammì, Ianaro, Flati.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge in esame, nell'ambito della missione Tutela della salute, con specifico riferimento alla sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie a tutela della salute, per ciascun anno del triennio 2020-2022 sono previste risorse pari a 80.862.713 per il 2020, 73.662.713 per il 2021 e 2022;
    secondo quanto si apprende dalla lettura del report I.S.T.A.T. relativo alla Natalità e fecondità della popolazione residente per l'anno 2017, risultano iscritti al registro dell'anagrafe n. 458.151 bambini, ovvero oltre 15 mila in meno rispetto al 2016, mentre, con riferimento al periodo temporale 2014-2017, le nascite hanno registrato un decremento pari a circa 45 mila unità;
    dalla lettura del citato report, il numero di figli per donna, relativamente all'anno 2017, è pari a 1,32, con una diminuzione rispetto all'anno 2010 (ove esso era stimato attorno a 1,46), con ciò determinando effetti negativi per il ricambio generazionale e accrescendo i problemi di welfare;
    come affermato dalla World Health Organization (WHO), una coppia è considerata «infertile» se dopo 24 mesi di rapporti regolari e non protetti non riesce a concepire un figlio;
    l'Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) segnala che l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie e che le cause di essa sono molteplici e di diversa natura;
    secondo i dati contenuti nel Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, aggiornato al 31 marzo 2015, le coppie ricorrono a tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le seguenti cause e secondo le seguenti percentuali:
    1. per infertilità maschile: 29,3 per cento;
    2. per infertilità femminile: 37,1 per cento;
    3. per infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
    4. per infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
    5. per fattore genetico: 0,9 per cento;
    la prevenzione cosiddetta secondaria riduce le cause di infertilità mediante programmi di screening, mentre la prevenzione cosiddetta terziaria interviene, sulle dette cause, con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate;
    gli screening sulla fertilità da includere nel programma di prevenzione riguardano sia la fertilità maschile che quella femminile e vengono individuati, dalla comunica scientifica, in plurimi esami specifici,

impegna il Governo:

   ad individuare le più opportune misure e risorse, in un'ottica di prevenzione secondaria, volte a promuovere programmi di screening finalizzati a prevenire l'infertilità e rivolti, in particolar modo, ai giovani adulti;
   a prevedere misure volte a favorire e implementare le linee di ricerca biomedica in grado di incrementare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche nell'ambito dell'infertilità.
9/2305/256Mammì, Menga, Nappi, D'Arrando, Bologna, Lapia, Ianaro, Troiano, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge in esame, nell'ambito della missione Tutela della salute, con specifico riferimento alla sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie a tutela della salute, per ciascun anno del triennio 2020-2022 sono previste risorse pari a 80.862.713 per il 2020, 73.662.713 per il 2021 e 2022;
    secondo quanto si apprende dalla lettura del report I.S.T.A.T. relativo alla Natalità e fecondità della popolazione residente per l'anno 2017, risultano iscritti al registro dell'anagrafe n. 458.151 bambini, ovvero oltre 15 mila in meno rispetto al 2016, mentre, con riferimento al periodo temporale 2014-2017, le nascite hanno registrato un decremento pari a circa 45 mila unità;
    dalla lettura del citato report, il numero di figli per donna, relativamente all'anno 2017, è pari a 1,32, con una diminuzione rispetto all'anno 2010 (ove esso era stimato attorno a 1,46), con ciò determinando effetti negativi per il ricambio generazionale e accrescendo i problemi di welfare;
    come affermato dalla World Health Organization (WHO), una coppia è considerata «infertile» se dopo 24 mesi di rapporti regolari e non protetti non riesce a concepire un figlio;
    l'Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) segnala che l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie e che le cause di essa sono molteplici e di diversa natura;
    secondo i dati contenuti nel Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, aggiornato al 31 marzo 2015, le coppie ricorrono a tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le seguenti cause e secondo le seguenti percentuali:
    1. per infertilità maschile: 29,3 per cento;
    2. per infertilità femminile: 37,1 per cento;
    3. per infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
    4. per infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
    5. per fattore genetico: 0,9 per cento;
    la prevenzione cosiddetta secondaria riduce le cause di infertilità mediante programmi di screening, mentre la prevenzione cosiddetta terziaria interviene, sulle dette cause, con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate;
    gli screening sulla fertilità da includere nel programma di prevenzione riguardano sia la fertilità maschile che quella femminile e vengono individuati, dalla comunica scientifica, in plurimi esami specifici,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di individuare le più opportune misure e risorse, in un'ottica di prevenzione secondaria, volte a promuovere programmi di screening finalizzati a prevenire l'infertilità e rivolti, in particolar modo, ai giovani adulti;
    di prevedere misure volte a favorire e implementare le linee di ricerca biomedica in grado di incrementare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche nell'ambito dell'infertilità.
9/2305/256. (Testo modificato nel corso della seduta) Mammì, Menga, Nappi, D'Arrando, Bologna, Lapia, Ianaro, Troiano, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 449, del disegno di legge in esame, per fare fronte al fabbisogno di apparecchiature sanitarie finalizzate a garantire l'espletamento delle prestazioni di competenza dei medici di medicina generale nonché dei pediatri di libera scelta, al fine di migliorare il processo di presa in cura dei pazienti nonché di ridurre il fenomeno delle liste d'attesa, è autorizzato un contributo pari ad euro 235.834.000 a valere sull'importo fissato dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, come rifinanziato da ultimo dall'articolo 1, comma 555, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nell'ambito delle risorse non ancora ripartite alle regioni;
    i trasferimenti in favore delle regioni sono disposti sulla base di un piano dei fabbisogni predisposto e approvato nel rispetto dei parametri fissati con decreto del Ministro della salute, da adottare entro il 31 gennaio 2020, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    con il medesimo decreto sono definite la distribuzione delle risorse alle regioni, in quota capitaria, e le modalità con cui le medesime regioni, nell'ambito degli accordi integrativi regionali, individuano le attività assistenziali all'interno delle quali saranno utilizzati dispositivi medici di supporto, privilegiando ambiti relativi alla fragilità e alla cronicità, anche prevedendo l'utilizzo di strumenti di telemedicina finalizzati alla second opinion;
    tali interventi rappresentano senz'altro un passo avanti nell'efficace utilizzo dell'innovazione tecnologica quale indispensabile contributo per una riorganizzazione della assistenza sanitaria; le modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie abilitate dalla telemedicina sono fondamentali in tal senso, poiché contribuiscono ad assicurare equità nell'accesso alle cure nei territori remoti, un supporto alla gestione delle cronicità, un canale di accesso all'alta specializzazione, una migliore continuità della cura attraverso il confronto multidisciplinare e un fondamentale ausilio anche per i servizi di emergenza-urgenza;
    la telemedicina, nell'ottica di potenziare la qualità delle cure, consente l'inserimento di informazioni anamnestiche del paziente sia per finalità diagnostiche e di consulto specialistico sia per studi epidemiologici e progetti di prevenzione mirati;
    è auspicabile che il potenziamento della telemedicina nell'ambito delle prestazioni di competenza dei medici di medicina generale nonché dei pediatri di libera scelta consenta altresì di implementare anche il nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), di cui al decreto 7 dicembre 2016, n. 262, recante procedure per l'interconnessione a livello nazionale dei sistemi informativi su base individuale del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato,

impegna il Governo:

   a considerare la necessità di individuare, anche nell'ambito di specifici provvedimenti di natura economica, risorse finanziarie adeguate per l'implementazione del nuovo sistema informativo sanitario al fine di continuare a potenziare ed ottimizzare la qualità delle cure;
   a intraprendere idonee iniziative, anche normative, affinché siano definite le procedure atte a consentire, nell'ambito del nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), l'inserimento di informazioni anamnestiche del paziente sia per finalità diagnostiche e di consulto specialistico sia per studi epidemiologici e progetti di prevenzione mirati.
9/2305/257Menga, Nappi, D'Arrando, Lapia, Bologna, Mammì, Sarli, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 449, del disegno di legge in esame, per fare fronte al fabbisogno di apparecchiature sanitarie finalizzate a garantire l'espletamento delle prestazioni di competenza dei medici di medicina generale nonché dei pediatri di libera scelta, al fine di migliorare il processo di presa in cura dei pazienti nonché di ridurre il fenomeno delle liste d'attesa, è autorizzato un contributo pari ad euro 235.834.000 a valere sull'importo fissato dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, come rifinanziato da ultimo dall'articolo 1, comma 555, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nell'ambito delle risorse non ancora ripartite alle regioni;
    i trasferimenti in favore delle regioni sono disposti sulla base di un piano dei fabbisogni predisposto e approvato nel rispetto dei parametri fissati con decreto del Ministro della salute, da adottare entro il 31 gennaio 2020, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    con il medesimo decreto sono definite la distribuzione delle risorse alle regioni, in quota capitaria, e le modalità con cui le medesime regioni, nell'ambito degli accordi integrativi regionali, individuano le attività assistenziali all'interno delle quali saranno utilizzati dispositivi medici di supporto, privilegiando ambiti relativi alla fragilità e alla cronicità, anche prevedendo l'utilizzo di strumenti di telemedicina finalizzati alla second opinion;
    tali interventi rappresentano senz'altro un passo avanti nell'efficace utilizzo dell'innovazione tecnologica quale indispensabile contributo per una riorganizzazione della assistenza sanitaria; le modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie abilitate dalla telemedicina sono fondamentali in tal senso, poiché contribuiscono ad assicurare equità nell'accesso alle cure nei territori remoti, un supporto alla gestione delle cronicità, un canale di accesso all'alta specializzazione, una migliore continuità della cura attraverso il confronto multidisciplinare e un fondamentale ausilio anche per i servizi di emergenza-urgenza;
    la telemedicina, nell'ottica di potenziare la qualità delle cure, consente l'inserimento di informazioni anamnestiche del paziente sia per finalità diagnostiche e di consulto specialistico sia per studi epidemiologici e progetti di prevenzione mirati;
    è auspicabile che il potenziamento della telemedicina nell'ambito delle prestazioni di competenza dei medici di medicina generale nonché dei pediatri di libera scelta consenta altresì di implementare anche il nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), di cui al decreto 7 dicembre 2016, n. 262, recante procedure per l'interconnessione a livello nazionale dei sistemi informativi su base individuale del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di considerare la necessità di individuare, anche nell'ambito di specifici provvedimenti di natura economica, risorse finanziarie adeguate per l'implementazione del nuovo sistema informativo sanitario al fine di continuare a potenziare ed ottimizzare la qualità delle cure;
    di intraprendere idonee iniziative, anche normative, affinché siano definite le procedure atte a consentire, nell'ambito del nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), l'inserimento di informazioni anamnestiche del paziente sia per finalità diagnostiche e di consulto specialistico sia per studi epidemiologici e progetti di prevenzione mirati.
9/2305/257. (Testo modificato nel corso della seduta) Menga, Nappi, D'Arrando, Lapia, Bologna, Mammì, Sarli, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    il decreto ministeriale numero 70/2015 sugli standard ospedalieri ha configurato, tra l'altro, la dotazione minima degli ospedali di zona disagiata, evidenziando l'importanza di piattaforme di elisoccorso in caso di trasferimento di pazienti verso ospedali più attrezzati in casi di emergenza-urgenza;
    il suddetto decreto ministeriale non ha individuato, a riguardo, le risorse necessarie; soprattutto molti ospedali di zona montana e, più in generale, di zona disagiata del Mezzogiorno italiano sono ubicati in aree con collegamenti viari che rendono molto difficile, specie in condizioni di avversità meteorologiche, trasportare i pazienti acuti in ambulanza;
    nelle regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario – per esempio la Calabria, che tra l'altro registra forte carenza di personale medico e paramedico, alquanto preoccupante nel settore dell'emergenza-urgenza – appare più che opportuna, con riferimento alle zone montane e/o disagiate, la realizzazione di piattaforme di elisoccorso attive anche nelle ore notturne;
    si rende dunque necessario garantire alle popolazioni residenti nelle zone di cui sopra adeguati presìdi di sicurezza per garantire il diritto alla salute in particolare ove si presentino rischi elevati per patologie tempo dipendenti quali infarto del miocardio e ictus cerebrale;
    spesso gli ospedali delle riferite zone sono sprovvisti di specialisti in Cardiologia e di adeguata organizzazione per l'immediata diagnosi nell'emergenza-urgenza, al che si ovvia sovente con il ricorso alla lettura a distanza di esami specifici, tuttavia non sempre pienamente efficace,

impegna il Governo

a intraprendere idonee iniziative, anche normative, al fine di garantire un più efficiente servizio di emergenza-urgenza nelle strutture sanitarie pubbliche delle zone montane e delle zone disagiate del territorio nazionale, all'uopo prevedendo di finalizzare, a seguito della richiesta intesa tra il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, risorse congrue per ciascuno degli anni 2020 e 2021, così incrementando il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, con l'obiettivo di assicurare un adeguato numero di figure professionali, la presenza di almeno un cardiologo h24, nonché la realizzazione, ove mancanti, di piattaforme per l'elisoccorso.
9/2305/258Sapia, Nappi, Sarli, D'Arrando, Lapia, Menga, Mammì, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    il decreto ministeriale numero 70/2015 sugli standard ospedalieri ha configurato, tra l'altro, la dotazione minima degli ospedali di zona disagiata, evidenziando l'importanza di piattaforme di elisoccorso in caso di trasferimento di pazienti verso ospedali più attrezzati in casi di emergenza-urgenza;
    il suddetto decreto ministeriale non ha individuato, a riguardo, le risorse necessarie; soprattutto molti ospedali di zona montana e, più in generale, di zona disagiata del Mezzogiorno italiano sono ubicati in aree con collegamenti viari che rendono molto difficile, specie in condizioni di avversità meteorologiche, trasportare i pazienti acuti in ambulanza;
    nelle regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario – per esempio la Calabria, che tra l'altro registra forte carenza di personale medico e paramedico, alquanto preoccupante nel settore dell'emergenza-urgenza – appare più che opportuna, con riferimento alle zone montane e/o disagiate, la realizzazione di piattaforme di elisoccorso attive anche nelle ore notturne;
    si rende dunque necessario garantire alle popolazioni residenti nelle zone di cui sopra adeguati presìdi di sicurezza per garantire il diritto alla salute in particolare ove si presentino rischi elevati per patologie tempo dipendenti quali infarto del miocardio e ictus cerebrale;
    spesso gli ospedali delle riferite zone sono sprovvisti di specialisti in Cardiologia e di adeguata organizzazione per l'immediata diagnosi nell'emergenza-urgenza, al che si ovvia sovente con il ricorso alla lettura a distanza di esami specifici, tuttavia non sempre pienamente efficace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, al fine di garantire un più efficiente servizio di emergenza-urgenza nelle strutture sanitarie pubbliche delle zone montane e delle zone disagiate del territorio nazionale, all'uopo prevedendo di finalizzare, a seguito della richiesta intesa tra il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, risorse congrue per ciascuno degli anni 2020 e 2021, così incrementando il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, con l'obiettivo di assicurare un adeguato numero di figure professionali, la presenza di almeno un cardiologo h24, nonché la realizzazione, ove mancanti, di piattaforme per l'elisoccorso.
9/2305/258. (Testo modificato nel corso della seduta) Sapia, Nappi, Sarli, D'Arrando, Lapia, Menga, Mammì, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge in esame, nell'ambito della missione Tutela della salute, con specifico riferimento alla sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie a tutela della salute, per ciascun anno del triennio 2020-2022 sono previste risorse pari a 80.862.713 per il 2020, 73.662.713 per il 2021 e 2022;
    sempre più dati e ricerche stanno dimostrando che l'antibiotico-resistenza rappresenta una seria minaccia per la nostra salute e il nostro Paese, purtroppo, è tra quelli in Europa che ne fanno maggiormente le spese, con oltre 10 mila morti all'anno riconducibili a questo fenomeno;
    l'OMS, evidenziando i rischi della resistenza antimicrobica (AMR) e dell'utilizzo di antibiotici, ha affermato come esso sia «una delle maggiori minacce per la salute pubblica, a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno», e al riguardo ha approvato nel 2015 un piano d'azione globale per contrastare la resistenza antimicrobica;
    quest'ultimo documento, il «WHO Global Action Pian on Antimicrobial Resistance» del 2015, si basa sulle seguenti linee d'azione: migliorare il livello di consapevolezza e di comprensione del fenomeno dell'AMR attraverso efficaci programmi di comunicazione, informazione e formazione; rafforzare le attività di sorveglianza sul fenomeno dell'AMR; migliorare la prevenzione ed il controllo delle infezioni, in tutti gli ambiti; ottimizzare l'uso degli antibiotici sia in medicina umana che veterinaria (antimicrobial stewardship); aumentare e sostenere la ricerca e l'innovazione;
    il Governo italiano, sulla base del «WHO Global Action Pian on Antimicrobial Resistance», nel 2017 ha adottato il «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico resistenza (PNCAR) 2017-2020», che impegna tutte le regioni e le province autonome italiane alla sua attuazione;
    con la Risoluzione n. 8/00053, approvata il 27 novembre 2019 in commissione Affari sociali, si è iniziata a percorre la strada per impedire un diffondersi sempre più massiccio dell'antibiotico- resistenza, attraverso un approccio culturale basato sulla prevenzione e interventi specifici che ora il Governo è impegnato a realizzare;
    tra le premesse della risoluzione si sottolinea che senza una previsione di bilancio che stanzi risorse adeguate e destinate alla problematica della resistenza antimicrobica non si avvieranno mai azioni efficaci anche in relazione alle attività di formazione e comunicazione;
    tra i diversi impegni approvati nella citata risoluzione vi è anche quello di prevedere la raccolta obbligatoria, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e la relativa registrazione in una banca dati controllata e coordinata da esperti di infezioni, per diffondere conoscenze in merito al loro utilizzo ottimale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici siano riportate la diagnosi, la posologia e la durata della terapia;
   a considerare la necessità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare risorse adeguate e finalizzate alla raccolta, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e alla relativa registrazione in una banca dati presso il Ministro della salute.
9/2305/259Nappi, Bologna, Menga, Mammì, Ianaro, Lapia, D'Arrando, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge in esame, nell'ambito della missione Tutela della salute, con specifico riferimento alla sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie a tutela della salute, per ciascun anno del triennio 2020-2022 sono previste risorse pari a 80.862.713 per il 2020, 73.662.713 per il 2021 e 2022;
    sempre più dati e ricerche stanno dimostrando che l'antibiotico-resistenza rappresenta una seria minaccia per la nostra salute e il nostro Paese, purtroppo, è tra quelli in Europa che ne fanno maggiormente le spese, con oltre 10 mila morti all'anno riconducibili a questo fenomeno;
    l'OMS, evidenziando i rischi della resistenza antimicrobica (AMR) e dell'utilizzo di antibiotici, ha affermato come esso sia «una delle maggiori minacce per la salute pubblica, a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno», e al riguardo ha approvato nel 2015 un piano d'azione globale per contrastare la resistenza antimicrobica;
    quest'ultimo documento, il «WHO Global Action Pian on Antimicrobial Resistance» del 2015, si basa sulle seguenti linee d'azione: migliorare il livello di consapevolezza e di comprensione del fenomeno dell'AMR attraverso efficaci programmi di comunicazione, informazione e formazione; rafforzare le attività di sorveglianza sul fenomeno dell'AMR; migliorare la prevenzione ed il controllo delle infezioni, in tutti gli ambiti; ottimizzare l'uso degli antibiotici sia in medicina umana che veterinaria (antimicrobial stewardship); aumentare e sostenere la ricerca e l'innovazione;
    il Governo italiano, sulla base del «WHO Global Action Pian on Antimicrobial Resistance», nel 2017 ha adottato il «Piano nazionale di contrasto all'antimicrobico resistenza (PNCAR) 2017-2020», che impegna tutte le regioni e le province autonome italiane alla sua attuazione;
    con la Risoluzione n. 8/00053, approvata il 27 novembre 2019 in commissione Affari sociali, si è iniziata a percorre la strada per impedire un diffondersi sempre più massiccio dell'antibiotico- resistenza, attraverso un approccio culturale basato sulla prevenzione e interventi specifici che ora il Governo è impegnato a realizzare;
    tra le premesse della risoluzione si sottolinea che senza una previsione di bilancio che stanzi risorse adeguate e destinate alla problematica della resistenza antimicrobica non si avvieranno mai azioni efficaci anche in relazione alle attività di formazione e comunicazione;
    tra i diversi impegni approvati nella citata risoluzione vi è anche quello di prevedere la raccolta obbligatoria, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e la relativa registrazione in una banca dati controllata e coordinata da esperti di infezioni, per diffondere conoscenze in merito al loro utilizzo ottimale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare che in tutte le prescrizioni di farmaci antibiotici siano riportate la diagnosi, la posologia e la durata della terapia;
   a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per assicurare risorse adeguate e finalizzate alla raccolta, a livello nazionale, di tutte le prescrizioni di antibiotici e alla relativa registrazione in una banca dati presso il Ministro della salute.
9/2305/259. (Testo modificato nel corso della seduta) Nappi, Bologna, Menga, Mammì, Ianaro, Lapia, D'Arrando, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 330, del disegno di legge in esame, al fine di dare attuazione a interventi in materia di disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un fondo denominato «Fondo per la disabilità e la non autosufficienza», con una dotazione pari a 29 milioni di euro per l'anno 2020, a 200 milioni di euro per l'anno 2021 e a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022; il medesimo comma 330 prevede che, con appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse indicate, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti;
    al successivo comma 331, lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 50 milioni di euro per l'anno 2020, mentre al comma 332, lo stanziamento del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all'articolo 13, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68, è incrementato di 5 milioni di euro nell'anno 2020;
    la legge n. 68 del 1999, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», ha lo scopo di promuovere l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone con disabilità nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
    l'articolo 2 della legge citata definisce il principio di ”collocamento mirato”, finalizzato alla collocazione delle persone con disabilità in impieghi compatibili con le proprie condizioni di salute e capacità lavorative, in modo da realizzare un inserimento proficuo tale da soddisfare da un lato le esigenze del soggetto e dall'altro le esigenze produttive dell'azienda. Inoltre l'articolo 13 comma 4, sempre della suddetta legge, istituisce il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili;
    nelle molteplici relazioni sulle politiche per le disabilità, presentate in Parlamento nel corso delle passate legislature, è emersa in più occasioni la volontà di modificare e di aggiornare la legge n. 113 del 1985, che da più di trent'anni disciplina il collocamento al lavoro dei centralinisti non vedenti cercando di adeguare la normativa alle nuove esigenze del mercato del lavoro e al progresso tecnologico nel settore della comunicazione, che ha comportato radicali modificazioni alle postazioni dei centralini telefonici che, in molti casi, hanno visto scomparire il tradizionale posto di operatore a vantaggio di dispositivi passanti o, comunque, di collegamento automatico;
    infine, sulla base del disposto dell'articolo 45, comma 12, della legge n. 144 del 1999, sono state introdotte modifiche normative che hanno individuato nuove qualifiche professionali equipollenti a quella di centralinista;
    con la c.d. nuova Sabatini di cui al del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, viene incrementato il fondo specifico in favore delle micro, piccole e medie imprese per garantire investimenti strutturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, per assicurare che gli incrementi di risorse indicate in premessa siano volte a garantire l'accesso e l'inclusione lavorativa per persone con disabilità, in particolar modo incentivando le piccole e medie imprese a promuovere investimenti strutturali idonei all'accessibilità nonché garantendo l'assunzione e il reimpiego dei centralinisti telefonici non vedenti.
9/2305/260Troiano, Menga, Nappi, Bologna, Sarli, D'Arrando, Mammì, Lapia, Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 330, del disegno di legge in esame, al fine di dare attuazione a interventi in materia di disabilità finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un fondo denominato «Fondo per la disabilità e la non autosufficienza», con una dotazione pari a 29 milioni di euro per l'anno 2020, a 200 milioni di euro per l'anno 2021 e a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022; il medesimo comma 330 prevede che, con appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse indicate, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti;
    l'organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto a partire dal 2001 l'ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), facendo riferimento ad un modello biopsicosociale della disabilità: le barriere sono gli ostacoli e le caratteristiche, anche culturali, dell'ambiente esterno che, in interazione con le menomazioni funzionali e psicofisiche della persona, ne impediscono la piena inclusione e quindi ne determinano la disabilità;
    la Convenzione ONU dei diritti delle persone disabili infine fa riferimento al concetto più completo di barriere, nel senso di ostacoli di qualsiasi natura che impediscono la realizzazione dei diritti umani;
    l'articolo 32 della legge 28 febbraio 1986 n. 41 (Finanziaria 1987), al comma 20, prevede che non possono essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche che non siano conformi alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, in materia di superamento delle barriere architettoniche. La medesima disposizione prevede altresì che non possono essere erogati dallo Stato o da altri enti pubblici contributi o agevolazioni per la realizzazione di progetti in contrasto con le norme in materia di superamento delle barriere architettoniche;
    il successivo comma 21 della medesima disposizione prevede che per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dalla entrata in vigore della predetta legge; il comma 22 precisa infine che per gli interventi di competenza dei comuni e delle province, trascorso il termine previsto dal precedente comma 21, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nominano un commissario per l'adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche presso ciascuna amministrazione;
    al fine d'incentivare l'eliminazione delle barriere architettoniche appare auspicabile introdurre un vincolo di destinazione sulle risorse rivenienti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie per le violazioni delle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, disponendo che le stesse siano destinate alla realizzazione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche di cui al comma 21 dell'articolo 32 della legge 41/1986 attraverso la procedura di cui al comma 22 della medesima legge;
    le predette sanzioni sono previste dall'articolo 24 della legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità (legge 5 febbraio 1992, n. 104) e dall'articolo 82 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380);
    più in particolare, la prima delle citate disposizioni, nello stabilire, al comma 7, che «tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone con disabilità, sono dichiarate inabitabili e inagibili», dispone che «il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili» e che «essi sono puniti con l'ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi»;
    l'articolo 82, comma 7, del Testo unico in materia edilizia, di analogo tenore, stabilisce invece, che «il progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per l'agibilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili, relativamente ad opere eseguite dopo l'entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 104, delle difformità che siano tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone handicappate» e che «essi sono puniti con l'ammenda da 5.164 a 25.822 euro e con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi»; per effetto delle disposizioni in materia di depenalizzazione recate dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, le predette sanzioni sono da intendersi rideterminate da euro 10.000 a euro 50.000 (articolo 1, comma 5, lettera c),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, per destinare i proventi delle sanzioni pecuniarie per violazioni delle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche ai fini dell'adozione, da parte delle Amministrazioni competenti, dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche.
9/2305/261Lapia, Nappi, Menga, Sarli, D'Arrando, Troiano, Ianaro, Bologna, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    le risorse del Fondo sanitario nazionale sono finalizzate a garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il cui aggiornamento è avvenuto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che ha sostituito il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2001;
    l'aggiornamento dei LEA del 2017 ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed eliminando quelle ormai obsolete, ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica, revisionato l'elenco delle malattie rare e quello delle malattie croniche e introdotto nuovi vaccini e nuovi accertamenti per patologie neonatali. Tali aggiornamenti non sono però ancora divenuti operativi, in quanto non sono stati ancora emanati i decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;
    il procedimento per l'aggiornamento dei LEA è stato fissato dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 554 e 559, della legge 208/2015) e si effettua ogni due anni e pertanto il nuovo aggiornamento sarebbe dovuto avvenire a gennaio/febbraio 2019, con il paradosso che avrebbero dovuto essere aggiornati LEA non divenuti ancora operativo;
    l'aggiornamento dei LEA effettuato nel 2017, peraltro sulla base di dati epidemiologici relativi a circa 3 o 4 anni precedenti, non ancora operativo, rischia dunque di essere obsoleto nel momento in cui saranno emanati i decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;
    il Sistema di garanzia e monitoraggio dei LEA è lo strumento attraverso il quale il Governo assicura a tutti i cittadini che l'erogazione delle prestazioni e dei servizi compresi nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) avvenga in condizioni di qualità, appropriatezza ed uniformità ed è stato introdotto con il decreto legislativo n. 56 del 2000 e reso operativo attraverso il decreto ministeriale 12 dicembre 2001, che aveva definito un set di circa 100 indicatori, individuati sulla base delle fonti informative allora disponibili e le conoscenze in materia, rilevanti per il monitoraggio e la valutazione dell'assistenza sanitaria finalizzata agli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio Sanitario Nazionale;
    alla luce dell'implementazione del Sistema informativo sanitario del Ministero (NSIS) e alla presenza di flussi informativi su base individuale, con informazioni anche sulla singola prestazione erogata e sulla tipologia, è stata espressa la necessità di riformare il set di indicatori idonei a descrivere le performance e le capacità di risposta dei Servizi sanitari regionali ai bisogni di salute della popolazione;
    il Patto per la Salute 2010-2012 prevedeva che, nelle more dell'aggiornamento del sistema di garanzia, venisse utilizzata la cosiddetta «Griglia LEA» i cui indicatori fissi sono ripartiti tra: l'attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l'assistenza territoriale e l'assistenza ospedaliera; l'anzidetta Griglia rappresenta dunque lo strumento con il quale viene certificato l'adempimento relativo al «Mantenimento dell'erogazione dei LEA», che rientra tra gli adempimenti previsti dall'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, ai quali sono tenute le Regioni per accedere al maggior finanziamento del SSN. La verifica di tali adempimenti è a cura del Comitato LEA;
    a partire dal 1o gennaio 2020 sarà invece in vigore il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria, come previsto dal decreto ministeriale 12 marzo 2019;
    secondo quanto afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE «è ormai da anni che la griglia LEA si è progressivamente “appiattita” e non è uno strumento adeguato per verificare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Infatti, le già modeste capacità dello strumento nel «catturare» gli inadempimenti per numero limitato di indicatori e modalità di rilevazione (autocertificazione delle Regioni) si sono progressivamente ridotte sia per la stabilità della griglia (indicatori e soglie non hanno subito negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015), sia per l'invarianza della soglia di adempimento (per essere «promosse» alle Regioni è sufficiente raggiungere 160/225 punti),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte ad assicurare che il nuovo aggiornamento dei LEA sia contestuale all'emanazione dei decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così fruibili le nuove prestazioni ed eliminando le prestazioni ormai obsolete;
   a considerare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte ad introdurre, nell'ambito della revisione del Sistema di garanzia dei LEA, indicatori fissi e variabili ai fini di un più efficace monitoraggio del rispetto, in ciascuna regione, dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza nonché al fine di efficientare le risorse del Fondo sanitario nazionale.
9/2305/262Provenza, Nappi, Menga, Bologna, Ianaro, Sarli, D'Arrando, Mammì, Lapia, Troiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi;
    le risorse del Fondo sanitario nazionale sono finalizzate a garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il cui aggiornamento è avvenuto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che ha sostituito il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2001;
    l'aggiornamento dei LEA del 2017 ha introdotto modifiche al nomenclatore della specialistica ambulatoriale, includendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed eliminando quelle ormai obsolete, ha innovato il nomenclatore dell'assistenza protesica, revisionato l'elenco delle malattie rare e quello delle malattie croniche e introdotto nuovi vaccini e nuovi accertamenti per patologie neonatali. Tali aggiornamenti non sono però ancora divenuti operativi, in quanto non sono stati ancora emanati i decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;
    il procedimento per l'aggiornamento dei LEA è stato fissato dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 554 e 559, della legge 208/2015) e si effettua ogni due anni e pertanto il nuovo aggiornamento sarebbe dovuto avvenire a gennaio/febbraio 2019, con il paradosso che avrebbero dovuto essere aggiornati LEA non divenuti ancora operativo;
    l'aggiornamento dei LEA effettuato nel 2017, peraltro sulla base di dati epidemiologici relativi a circa 3 o 4 anni precedenti, non ancora operativo, rischia dunque di essere obsoleto nel momento in cui saranno emanati i decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così non fruibili le nuove prestazioni;
    il Sistema di garanzia e monitoraggio dei LEA è lo strumento attraverso il quale il Governo assicura a tutti i cittadini che l'erogazione delle prestazioni e dei servizi compresi nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) avvenga in condizioni di qualità, appropriatezza ed uniformità ed è stato introdotto con il decreto legislativo n. 56 del 2000 e reso operativo attraverso il decreto ministeriale 12 dicembre 2001, che aveva definito un set di circa 100 indicatori, individuati sulla base delle fonti informative allora disponibili e le conoscenze in materia, rilevanti per il monitoraggio e la valutazione dell'assistenza sanitaria finalizzata agli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio Sanitario Nazionale;
    alla luce dell'implementazione del Sistema informativo sanitario del Ministero (NSIS) e alla presenza di flussi informativi su base individuale, con informazioni anche sulla singola prestazione erogata e sulla tipologia, è stata espressa la necessità di riformare il set di indicatori idonei a descrivere le performance e le capacità di risposta dei Servizi sanitari regionali ai bisogni di salute della popolazione;
    il Patto per la Salute 2010-2012 prevedeva che, nelle more dell'aggiornamento del sistema di garanzia, venisse utilizzata la cosiddetta «Griglia LEA» i cui indicatori fissi sono ripartiti tra: l'attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l'assistenza territoriale e l'assistenza ospedaliera; l'anzidetta Griglia rappresenta dunque lo strumento con il quale viene certificato l'adempimento relativo al «Mantenimento dell'erogazione dei LEA», che rientra tra gli adempimenti previsti dall'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, ai quali sono tenute le Regioni per accedere al maggior finanziamento del SSN. La verifica di tali adempimenti è a cura del Comitato LEA;
    a partire dal 1o gennaio 2020 sarà invece in vigore il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria, come previsto dal decreto ministeriale 12 marzo 2019;
    secondo quanto afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE «è ormai da anni che la griglia LEA si è progressivamente “appiattita” e non è uno strumento adeguato per verificare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Infatti, le già modeste capacità dello strumento nel «catturare» gli inadempimenti per numero limitato di indicatori e modalità di rilevazione (autocertificazione delle Regioni) si sono progressivamente ridotte sia per la stabilità della griglia (indicatori e soglie non hanno subito negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015), sia per l'invarianza della soglia di adempimento (per essere «promosse» alle Regioni è sufficiente raggiungere 160/225 punti),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte ad assicurare che il nuovo aggiornamento dei LEA sia contestuale all'emanazione dei decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, rendendo così fruibili le nuove prestazioni ed eliminando le prestazioni ormai obsolete;
   a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte ad introdurre, nell'ambito della revisione del Sistema di garanzia dei LEA, indicatori fissi e variabili ai fini di un più efficace monitoraggio del rispetto, in ciascuna regione, dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza nonché al fine di efficientare le risorse del Fondo sanitario nazionale.
9/2305/262. (Testo modificato nel corso della seduta) Provenza, Nappi, Menga, Bologna, Ianaro, Sarli, D'Arrando, Mammì, Lapia, Troiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi e ulteriori due miliardi sono destinati anche per l'edilizia sanitaria; dal 1o settembre 2020 è abolito il superticket ed altresì previsto uno stanziamento di oltre 235 milioni per dotare gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta di strumenti per la diagnostica di primo livello;
    le ulteriori risorse rappresentano senz'altro una rilevante inversione di tendenza rispetto al progressivo definanziamento della sanità pubblica operato nel decennio trascorso; tuttavia occorre evidenziare che il sistema sanitario pubblico, il cosiddetto primo pilastro della sanità italiana, è sempre più indebolito dalla diffusione crescente dei Fondi sanitari integrativi che, lungi dall'integrare la sanità pubblica, sempre più spesso assumono un carattere sostitutivo delle carenze e difficoltà del SSN;
    è necessario garantire coerenza ai principi fondamentali di tutela della salute della Costituzione, come sanciti anche nella legge istitutiva del nostro SSN, la legge 833 del 1978 che, pur contemplando la sanità integrativa quale secondo pilastro della sanità pubblica, vietava agli enti, imprese ed aziende pubbliche di contribuire sotto qualsiasi forma al finanziamento di associazioni mutualistiche liberamente costituite, aventi finalità di erogare prestazioni integrative, complementari o sostitutive dell'assistenza sanitaria prestata dal servizio sanitario nazionale;
    i fondi sanitari integrativi godono di agevolazioni fiscali nonostante possano impegnare anche solo il 20 per cento delle risorse in prestazioni davvero integrative e il restante 80 per cento in prestazioni sostitutive. I benefici fiscali per i fondi sanitari integrativi, dovrebbero essere attribuiti solo per le prestazioni integrative e non certamente per le prestazioni sostitutive anche perché le risorse pubbliche destinate alle agevolazioni fiscali dei fondi sanitari sono sostenute, al pari delle risorse del SSN, da tutti i contribuenti e non solo dagli iscritti ai fondi;
    la crescita esponenziale della sanità integrativa è stata incentivata da un crescente sistema di agevolazioni fiscali dirette e indirette, anche per i soggetti terzi ai quali le prestazioni sono affidate in gestione, quali ad esempio le compagnie assicurative che, orientate ontologicamente al profitto, tendendo a incentivare la sanità inappropriata e meno complessa (perché più remunerativa), lasciando al sistema pubblico «definanziato» la sanità più complessa e meno remunerativa;
    la crescita esponenziale della sanità integrativa è stata altresì incentivata dalla progressiva compressione dei diritti dei lavoratori i quali, pur di giungere al rinnovo dei loro contratti di lavoro (bloccati da decenni), hanno dovuto rinunciare a parte della loro retribuzione cedendola di fatto, sotto forma di sanità integrativa, all'intermediazione finanziario-assicurativa, ampliando in misura notevole il profitto degli operatori del mercato finanziario e assicurativo,

impegna il Governo

a intraprendere idonee iniziative, anche normative, per riordinare la defiscalizzazione sui fondi sanitari integrativi e ripristinando, altresì, il divieto per gli enti, imprese ed aziende pubbliche di contribuire, sotto qualsiasi forma, al finanziamento di associazioni mutualistiche liberamente costituite aventi finalità di erogare prestazioni sostitutive dell'assistenza sanitaria prestata dal servizio sanitario nazionale.
9/2305/263Nesci, Lapia, Nappi, D'Arrando, Bologna, Ianaro, Menga, Sarli, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, per invarianza di quanto già stanziato con la legge di bilancio 2019, è incremento di 2 miliardi e ulteriori due miliardi sono destinati anche per l'edilizia sanitaria; dal 1o settembre 2020 è abolito il superticket ed altresì previsto uno stanziamento di oltre 235 milioni per dotare gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta di strumenti per la diagnostica di primo livello;
    le ulteriori risorse rappresentano senz'altro una rilevante inversione di tendenza rispetto al progressivo definanziamento della sanità pubblica operato nel decennio trascorso; tuttavia occorre evidenziare che il sistema sanitario pubblico, il cosiddetto primo pilastro della sanità italiana, è sempre più indebolito dalla diffusione crescente dei Fondi sanitari integrativi che, lungi dall'integrare la sanità pubblica, sempre più spesso assumono un carattere sostitutivo delle carenze e difficoltà del SSN;
    è necessario garantire coerenza ai principi fondamentali di tutela della salute della Costituzione, come sanciti anche nella legge istitutiva del nostro SSN, la legge 833 del 1978 che, pur contemplando la sanità integrativa quale secondo pilastro della sanità pubblica, vietava agli enti, imprese ed aziende pubbliche di contribuire sotto qualsiasi forma al finanziamento di associazioni mutualistiche liberamente costituite, aventi finalità di erogare prestazioni integrative, complementari o sostitutive dell'assistenza sanitaria prestata dal servizio sanitario nazionale;
    i fondi sanitari integrativi godono di agevolazioni fiscali nonostante possano impegnare anche solo il 20 per cento delle risorse in prestazioni davvero integrative e il restante 80 per cento in prestazioni sostitutive. I benefici fiscali per i fondi sanitari integrativi, dovrebbero essere attribuiti solo per le prestazioni integrative e non certamente per le prestazioni sostitutive anche perché le risorse pubbliche destinate alle agevolazioni fiscali dei fondi sanitari sono sostenute, al pari delle risorse del SSN, da tutti i contribuenti e non solo dagli iscritti ai fondi;
    la crescita esponenziale della sanità integrativa è stata incentivata da un crescente sistema di agevolazioni fiscali dirette e indirette, anche per i soggetti terzi ai quali le prestazioni sono affidate in gestione, quali ad esempio le compagnie assicurative che, orientate ontologicamente al profitto, tendendo a incentivare la sanità inappropriata e meno complessa (perché più remunerativa), lasciando al sistema pubblico «definanziato» la sanità più complessa e meno remunerativa;
    la crescita esponenziale della sanità integrativa è stata altresì incentivata dalla progressiva compressione dei diritti dei lavoratori i quali, pur di giungere al rinnovo dei loro contratti di lavoro (bloccati da decenni), hanno dovuto rinunciare a parte della loro retribuzione cedendola di fatto, sotto forma di sanità integrativa, all'intermediazione finanziario-assicurativa, ampliando in misura notevole il profitto degli operatori del mercato finanziario e assicurativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche normative, per riordinare la defiscalizzazione sui fondi sanitari integrativi e ripristinando, altresì, il divieto per gli enti, imprese ed aziende pubbliche di contribuire, sotto qualsiasi forma, al finanziamento di associazioni mutualistiche liberamente costituite aventi finalità di erogare prestazioni sostitutive dell'assistenza sanitaria prestata dal servizio sanitario nazionale.
9/2305/263. (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci, Lapia, Nappi, D'Arrando, Bologna, Ianaro, Menga, Sarli, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 455 e 457 recano misure volte a riconoscere alle mamme che non possono allattare un contributo fino a un massimo di 400 euro l'anno per neonato, fino al sesto mese di vita. A tal fine verrà istituito presso il ministero della Salute un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2020 e di 5 milioni per il 2021. Un decreto ministeriale stabilirà poi le misure attuative individuando sia le condizioni patologiche, tra cui ipogalattia e agalattia materna, e le modalità per beneficiare del contributo;
    nell'articolo pubblicato il 1o ottobre 2015 sull'editoriale «Epicentro – Il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica», a cura dell'istituto superiore di sanità, vengono riportati gli studi dell'ISS eseguiti tra il 2008 e il 2011 nell'ambito del progetto «Il percorso nascita: promozione e valutazione della qualità dei modelli operativi» (rapporto Istisan 12/39);
    su un campione di 5320 mamme Italiane, al 3 mese dal parto, già il 27,7 per cento delle italiane, ha smesso di allattare (svezzamento precoce). Di queste soltanto il 15,3 per cento di italiane ha smesso per ragioni legate esclusivamente a problemi di salute;
    la comunità scientifica è unanime nel ritenere che le donne che allattano hanno anche un ridotto rischio di sviluppare cancro al seno e alle ovaie. Il marketing inappropriato dei sostituti del latte materno continua a minare gli sforzi per migliorare i tassi e la durata dell'allattamento al seno in tutto il mondo;
    l'OMS e l'UNICEF raccomandano che i bambini siano nutriti esclusivamente con il latte materno per i primi 5 mesi dopo la nascita;
    come sottolineato da Werner Schuitink, Responsabile UNICEF per la Nutrizione. «L'industria dei sostituti del latte materno è forte e in crescita, e quindi la battaglia per aumentare il tasso di allattamento esclusivo al seno in tutto il mondo è difficile, ma ne vale la pena», «Le madri meritano la possibilità di ottenere le informazioni corrette: devono avere prontamente disponibili i mezzi per proteggere la salute e il benessere dei loro figli, Non dovrebbe essere consentito un marketing aggressivo che metta in dubbio la verità: non vi è sostituto che possa eguagliare il latte della madre»;
    la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha espresso perplessità sul bonus di 400 euro per l'acquisto gratuito di sostituti del latte materno, a favore delle madri che non allattano al seno per condizioni patologiche, ivi compresi i casi di ipogalattia e agalattia materna e «pur comprendendo le motivazioni che hanno portato all'approvazione della misura, la SIN ritiene che il provvedimento potrebbe, se non correttamente interpretato e non affiancato da altri interventi a sostegno dell'allattamento naturale, penalizzare l'allattamento al seno. Prevedere un aiuto economico isolato non a sostegno dell'allattamento materno, ma solamente a favore di quello in formula, rischia di essere controproducente, supportando un'alimentazione i cui effetti benefici non possono essere paragonati a quelli del latte materno»;
    sempre la SIN precisa «un conto è infatti prevedere un sostegno economico per l'acquisto del latte artificiale per le madri ed i bambini in cui l'allattamento materno non è praticabile per cause mediche ben documentate (cosa peraltro già prevista dalle normative vigenti), un altro discorso è destinare risorse ai casi di abbandono dell'allattamento al seno per vera o presunta mancanza di latte materno (ipogalattia e agalattia materna). Sono davvero pochissime le controindicazioni all'allattamento materno, che spesso viene interrotto non perché legato a una specifica patologia, bensì per la presenza di difficoltà che potrebbero essere facilmente superate, aiutando ed informando le mamme durante questo delicato momento»;
    anche l'Associazione culturale pediatri (Acp), attraverso il suo presidente afferma che «Il provvedimento innalza il rischio di diminuire la diffusione dell'allattamento al seno, va contro le indicazioni di tutte le società scientifiche e dell'Oms, ed è in evidente contrasto con lo spirito del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno»;
    già esistono «Indirizzi regionali per l'acquisto e la fornitura gratuita dei sostituti del latte materno» che comprendono condizioni eziopatogenetiche considerate dalla comunità scientifica incompatibili con l'allattamento al seno; secondo tali indirizzi le condizioni neonatali e materne che controindicano in modo assoluto e permanente l'allattamento materno sono: infezioni da HIV/HTLV; assunzione di farmaci controindicati per cui non esistono terapie alternative; tossicodipendenza grave con uso di sostanze controindicate nell'allattamento quali cocaina, allucinogeni eccetera; etilismo cronico; psicosi severa; epatite acute in fase attiva; tubercolosi in fase attiva; cancro mammario in fase attiva; agenesia mammaria; mastectomia bilaterale;
    appare quindi importante che il tipo di contributo economico previsto per i casi di ipogalattia ed agalattia materna non siano determinati da una transitoria condizione rilevabile come quadro sintomatico ma ad una delle condizioni mediche considerate ostative per l'allattamento al seno;
    per il rilascio dei benefici previsti dai commi citati potrebbe crearsi un vuoto all'interno delle buone pratiche cliniche già esistenti per l'allattamento al seno proprio per l'eventuale conflitto che si creerebbe tra la possibile e reiterata richiesta del paziente di passare ai sostituti del latte materno e gli aspetti deontologici che prevedono, per le figure mediche e sanitarie coinvolte, il sostegno per l'allattamento al seno e la rimozione degli eventuali ostacoli;
    evidenziata dunque l'esigenza di scongiurare il rischio di incentivare l'utilizzo del latte artificiale in luogo di quello materno, è quantomeno opportuno prevedere, nel decreto attuativo della disposizione all'esame, che il medico di famiglia, il ginecologo e il pediatra debbano consultare i medici specialisti di riferimento (ad esempio l'oncologo, l'endocrinologo, lo psichiatra ecc.) al fine di accertare se vi siano le condizioni patologiche che impongano di ricorrere all'allattamento artificiale,

impegna il Governo

ad assumere ogni utile iniziativa, in particolare nell'atto di emanazione del decreto attuativo previsto dai commi 456 e 457, volta a prevedere la salvaguardia delle politiche attive per l'allattamento al seno previste dall'organizzazione mondiale della Sanità (OIVIS), anche attraverso l'introduzione di un'ulteriore certificazione medica, rilasciata da uno specialista, dipendente del SSN che attesti la correlazione con la certificazione di agalattia o ipogalattia rilasciata dal medico che ha in cura la donna.
9/2305/264Massimo Enrico Baroni, Siani, Rostan, De Filippo, Nesci, Mammì, Sarli, Nappi, Ianaro, D'Arrando, Sportiello, Menga, Lapia.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 455 e 457 recano misure volte a riconoscere alle mamme che non possono allattare un contributo fino a un massimo di 400 euro l'anno per neonato, fino al sesto mese di vita. A tal fine verrà istituito presso il ministero della Salute un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2020 e di 5 milioni per il 2021. Un decreto ministeriale stabilirà poi le misure attuative individuando sia le condizioni patologiche, tra cui ipogalattia e agalattia materna, e le modalità per beneficiare del contributo;
    nell'articolo pubblicato il 1o ottobre 2015 sull'editoriale «Epicentro – Il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica», a cura dell'istituto superiore di sanità, vengono riportati gli studi dell'ISS eseguiti tra il 2008 e il 2011 nell'ambito del progetto «Il percorso nascita: promozione e valutazione della qualità dei modelli operativi» (rapporto Istisan 12/39);
    su un campione di 5320 mamme Italiane, al 3 mese dal parto, già il 27,7 per cento delle italiane, ha smesso di allattare (svezzamento precoce). Di queste soltanto il 15,3 per cento di italiane ha smesso per ragioni legate esclusivamente a problemi di salute;
    la comunità scientifica è unanime nel ritenere che le donne che allattano hanno anche un ridotto rischio di sviluppare cancro al seno e alle ovaie. Il marketing inappropriato dei sostituti del latte materno continua a minare gli sforzi per migliorare i tassi e la durata dell'allattamento al seno in tutto il mondo;
    l'OMS e l'UNICEF raccomandano che i bambini siano nutriti esclusivamente con il latte materno per i primi 5 mesi dopo la nascita;
    come sottolineato da Werner Schuitink, Responsabile UNICEF per la Nutrizione. «L'industria dei sostituti del latte materno è forte e in crescita, e quindi la battaglia per aumentare il tasso di allattamento esclusivo al seno in tutto il mondo è difficile, ma ne vale la pena», «Le madri meritano la possibilità di ottenere le informazioni corrette: devono avere prontamente disponibili i mezzi per proteggere la salute e il benessere dei loro figli, Non dovrebbe essere consentito un marketing aggressivo che metta in dubbio la verità: non vi è sostituto che possa eguagliare il latte della madre»;
    la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha espresso perplessità sul bonus di 400 euro per l'acquisto gratuito di sostituti del latte materno, a favore delle madri che non allattano al seno per condizioni patologiche, ivi compresi i casi di ipogalattia e agalattia materna e «pur comprendendo le motivazioni che hanno portato all'approvazione della misura, la SIN ritiene che il provvedimento potrebbe, se non correttamente interpretato e non affiancato da altri interventi a sostegno dell'allattamento naturale, penalizzare l'allattamento al seno. Prevedere un aiuto economico isolato non a sostegno dell'allattamento materno, ma solamente a favore di quello in formula, rischia di essere controproducente, supportando un'alimentazione i cui effetti benefici non possono essere paragonati a quelli del latte materno»;
    sempre la SIN precisa «un conto è infatti prevedere un sostegno economico per l'acquisto del latte artificiale per le madri ed i bambini in cui l'allattamento materno non è praticabile per cause mediche ben documentate (cosa peraltro già prevista dalle normative vigenti), un altro discorso è destinare risorse ai casi di abbandono dell'allattamento al seno per vera o presunta mancanza di latte materno (ipogalattia e agalattia materna). Sono davvero pochissime le controindicazioni all'allattamento materno, che spesso viene interrotto non perché legato a una specifica patologia, bensì per la presenza di difficoltà che potrebbero essere facilmente superate, aiutando ed informando le mamme durante questo delicato momento»;
    anche l'Associazione culturale pediatri (Acp), attraverso il suo presidente afferma che «Il provvedimento innalza il rischio di diminuire la diffusione dell'allattamento al seno, va contro le indicazioni di tutte le società scientifiche e dell'Oms, ed è in evidente contrasto con lo spirito del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno»;
    già esistono «Indirizzi regionali per l'acquisto e la fornitura gratuita dei sostituti del latte materno» che comprendono condizioni eziopatogenetiche considerate dalla comunità scientifica incompatibili con l'allattamento al seno; secondo tali indirizzi le condizioni neonatali e materne che controindicano in modo assoluto e permanente l'allattamento materno sono: infezioni da HIV/HTLV; assunzione di farmaci controindicati per cui non esistono terapie alternative; tossicodipendenza grave con uso di sostanze controindicate nell'allattamento quali cocaina, allucinogeni eccetera; etilismo cronico; psicosi severa; epatite acute in fase attiva; tubercolosi in fase attiva; cancro mammario in fase attiva; agenesia mammaria; mastectomia bilaterale;
    appare quindi importante che il tipo di contributo economico previsto per i casi di ipogalattia ed agalattia materna non siano determinati da una transitoria condizione rilevabile come quadro sintomatico ma ad una delle condizioni mediche considerate ostative per l'allattamento al seno;
    per il rilascio dei benefici previsti dai commi citati potrebbe crearsi un vuoto all'interno delle buone pratiche cliniche già esistenti per l'allattamento al seno proprio per l'eventuale conflitto che si creerebbe tra la possibile e reiterata richiesta del paziente di passare ai sostituti del latte materno e gli aspetti deontologici che prevedono, per le figure mediche e sanitarie coinvolte, il sostegno per l'allattamento al seno e la rimozione degli eventuali ostacoli;
    evidenziata dunque l'esigenza di scongiurare il rischio di incentivare l'utilizzo del latte artificiale in luogo di quello materno, è quantomeno opportuno prevedere, nel decreto attuativo della disposizione all'esame, che il medico di famiglia, il ginecologo e il pediatra debbano consultare i medici specialisti di riferimento (ad esempio l'oncologo, l'endocrinologo, lo psichiatra ecc.) al fine di accertare se vi siano le condizioni patologiche che impongano di ricorrere all'allattamento artificiale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni utile iniziativa, in particolare nell'atto di emanazione del decreto attuativo previsto dai commi 456 e 457, volta a prevedere la salvaguardia delle politiche attive per l'allattamento al seno previste dall'organizzazione mondiale della Sanità (OIVIS), anche attraverso l'introduzione di un'ulteriore certificazione medica, rilasciata da uno specialista, dipendente del SSN che attesti la correlazione con la certificazione di agalattia o ipogalattia rilasciata dal medico che ha in cura la donna.
9/2305/264. (Testo modificato nel corso della seduta) Massimo Enrico Baroni, Siani, Rostan, De Filippo, Nesci, Mammì, Sarli, Nappi, Ianaro, D'Arrando, Sportiello, Menga, Lapia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 446-447, contiene disposizioni relative all'incremento del fabbisogno sanitario standard cui concorre lo Stato, prevedendo, a decorrere dal 1o settembre 2020 e al fine di promuovere una maggiore equità nell'accesso alle cure, l'abolizione della quota di partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati;
    l'articolo 15, comma 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ai fini di razionalizzazione della spesa pubblica ha fissato per l'acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale ed ospedaliera da soggetti privati accreditati una riduzione sia dell'importo che dei volumi di tali acquisti. La riduzione si concretizzava in una misura percentuale fissa applicata dalla regione o dalla provincia autonoma di riferimento a tutti i contratti e accordi vigenti nell'esercizio 2012, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014;
    la lettera b) del comma 574 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha successivamente introdotto una deroga a quanto previsto dal citato articolo 15, comma 14 del decreto n. 95/2012, relativamente alla riduzione del 2 per cento dell'importo e dei volumi della spesa per l'acquisto delle prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali da privato, compreso anche l'acquisto di prestazioni da privato per pazienti non residenti in regione: la cosiddetta mobilità attiva. Nello specifico dal 2016 in considerazione del processo di riorganizzazione del settore ospedaliero determinato dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, «Regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell'assistenza ospedaliera» si permette alle regioni e alle province autonome di programmare l'acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità nonché di prestazioni erogate da parte degli IRCCS, in deroga ai limiti previsti (riduzione del 2 per cento) a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza se ricomprese in specifici accordi. Per garantire l'invarianza dell'effetto finanziario connesso alla deroga, è stato poi stabilito che le regioni e le province autonome provvedono ad adottare misure alternative, volte a ridurre le prestazioni inappropriate di bassa complessità erogate in regime ambulatoriale, di pronto soccorso, in ricovero ordinario, in riabilitazione e lungo degenza;
    il riconoscimento della possibilità di deroga introdotta dalla legge di stabilità 2016 si è però trasformata in alcune regioni, anche in quelle soggette a piano di rientro dal disavanzo finanziario, in una previsione di spesa per i pazienti extraregionali rispetto a quelli regionali molto superiore al budget consentito, creando una aggiuntiva enorme esposizione contabile e finanziaria, visto che le prestazioni erogate a pazienti extraregionali vengono liquidate con tempi di pagamento brevi e la loro compensazione tra le regioni si realizza di solito con cadenza biennale. L'effetto di tale disallineamento, soprattutto nelle regioni in piano di rientro, è l'ulteriore pesante ridimensionamento delle prestazioni e dei servizi erogati dalla sanità pubblica, già fortemente depotenziata in tali regioni per la necessità di ripianare il disavanzo sanitario, con la chiusura di altri reparti e il completo smantellamento delle reti di emergenza-urgenza, tutto a discapito del diritto alla salute dei cittadini sancito dall'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo

per le regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario, a valutare l'opportunità di limitare l'acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza ambulatoriale ed ospedaliera da enti privati accreditati entro il budget ad essi assegnato, precludendo per queste regioni l'applicazione della deroga prevista nella legge di stabilità 2016 a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza.
9/2305/265Testamento.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, all'articolo 1, commi 81 e 82, reca disposizioni relative all'edilizia sanitaria;
    in particolare, le succitate disposizioni prevedono un incremento delle risorse per gli interventi pluriennali in materia di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. L'incremento di risorse è pari nel complesso a 2 miliardi di euro. Inoltre è differito dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2021 il termine per il completamento della parte dei suddetti accordi di programma (in materia di edilizia sanitaria) relativa ad interventi di ristrutturazione iniziati entro il 2014 e relativi all'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria;
    l'incremento di risorse economico-finanziarie rappresenta un obiettivo fondamentale non soltanto per la realizzazione delle opere di ristrutturazione e ammodernamento delle strutture ospedaliere ma anche rispetto al completamento delle opere di ampliamento che, in diversi casi, non sono state portate a termine anche a distanza di anni dall'inizio dei lavori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere tutti gli atti necessari al fine di poter procedere, nel minor tempo possibile, alla sottoscrizione di Accordi di Programma tra i Ministeri competenti e le Regioni in materia di edilizia sanitaria.
9/2305/266Palmisano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene disposizioni urgenti volte a garantire l'istituzione di un fondo finalizzato agli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese;
    il fondo di cui all'articolo 1, comma 14, sarà finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, anche in riferimento all'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico, alla sostenibilità ambientale, e, in generale, ai programmi di investimento e ai progetti a carattere innovativo, anche attraverso contributi ad imprese, a elevata sostenibilità e che tengano conto degli impatti sociali;
    il comma 24 prevede che venga ripartito con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, sulla base di programmi settoriali presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato per le materie di competenza;
    alla luce dei cambiamenti climatici in atto è sempre più urgente e necessario preservare e tutelare le risorse idriche, promuoverne la gestione sostenibile e la transizione verso una economia circolare;
    relativamente al tema degli investimenti in economia circolare e volti alla sostenibilità ambientale, il Piano Nazionale di interventi nel settore idrico, previsto dall'articolo 1 comma 516 della legge 27 dicembre 2017 n. 205 ha tra i suoi obiettivi prioritari:
     a) il completamento di interventi riguardanti le grandi dighe esistenti o incompiute;
     b) il recupero e l'ampliamento della capacità di invaso e di tenuta delle grandi dighe e la messa in sicurezza di derivazioni idriche prioritarie per rilevanti bacini di utenza in aree sismiche classificate nelle zone 1 e 2 e ad elevato rischio idrogeologico;
     c) il potenziamento, il ripristino e l'adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di contrastare la dispersione delle risorse idriche;
    grazie ai fondi stanziati dal 2017 in avanti sono stati programmati circa 250 interventi e/o progettazioni relative al Piano Nazionale di interventi per il settore idriche, ma che ancora molto resta da fare rispetto alla programmazione effettuata dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere lo stanziamento pluriennale di risorse aggiuntive per almeno 50 milioni di euro annui da destinare al Piano Nazionale di interventi nel settore idrico, previsto dall'articolo 1 comma 516 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/2305/267Daga, Segneri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni finalizzate al contrasto ai cambiamenti climatici, alla riconversione energetica, all'economia circolare, alla protezione dell'ambiente e alla coesione sociale e territoriale;
    gli arenili sabbiosi e le falesie rocciose sono suscettibili di modificazioni, talune volte repentine, conseguenti ad alterazioni, anche minime, delle dinamiche naturali che insistono nella fascia tra terra e mare e che spesso sono evidenti interferenze antropiche, causa di alterazioni dei fragili ecosistemi presenti;
    si registrano sempre più frequentemente criticità ambientali e geomorfologiche relativamente al demanio marittimo e le inondazioni e i dissesti vengono individuati quali principali minacce per l'integrità della fascia costiera;
    i casi di spiagge ritenute tra le più belle d'Italia e d'Europa che stanno rischiando di scomparire stanno aumentando vertiginosamente e le amministrazioni comunali e regionali stanno portando avanti lodevoli innovativi progetti a tutela di questo patrimonio chiedendo contestualmente azioni concrete di intervento;
    si rende necessario un intervento normativo finalizzato a tutelare i litorali italiani favorendo la sostenibilità economico-ambientale degli stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare idonei strumenti normativi e finanziari volti ad arginare il fenomeno dell'erosione costiera, coinvolgendo le amministrazioni locali e regionali interessate.
9/2305/268Deiana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede misure finalizzate a sostenere progetti economicamente sostenibili e che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico ed, in generale, programmi di investimento e/o progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale e che tengano conto degli impatti sociali;
    il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevede, all'articolo 29-quaterdecies che i proventi di soltanto alcune delle violazioni siano riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal Codice dell'ambiente;
    il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, dispone, all'articolo 22 comma 9 che le attività previste dal medesimo decreto ricadono tra i compiti istituzionali delle amministrazioni e degli enti interessati, cui si fa fronte con le risorse di bilancio allo scopo destinate a legislazione vigente, incluse, nei casi ammessi, le risorse previste dai vigenti programmi di finanziamento in materia di qualità dell'aria;
    il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 dispone, all'articolo 272-bis che, in sede di autorizzazione di impianti di competenza regionale debbano essere previste misure di prevenzione e limitazione appositamente definite per le emissioni odorigene;
    gli impatti positivi sull'ambiente, generati dalle misure previste dal provvedimento in esame, potranno essere riscontrate attraverso le attività di monitoraggio e controllo espletate dal Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell'Ambiente di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132;
    in data 27 luglio 2019 è stato sottoscritto il protocollo d'intesa che istituisce il «Piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti», volto a favorire una collaborazione finalizzata alla prevenzione, al monitoraggio, al controllo e al risanamento ambientale dei territori interessati da roghi di rifiuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere, nell'ambito dell'utilizzo delle risorse stanziate per il Green New Deal, misure a sostegno degli oneri derivanti dalle attività di monitoraggio e controllo effettuati dalle Agenzie facenti parte del SNPA, con particolare attenzione all'attuazione dei piani di risanamento della qualità dell'aria, al controllo delle emissioni odorigene e al contrasto dei roghi di rifiuti.
9/2305/269Ilaria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede misure finalizzate a sostenere programmi specifici di investimento e operazioni, anche in partenariato pubblico privato, finalizzati a realizzare progetti economicamente sostenibili e che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, il supporto all'imprenditoria giovanile e femminile, nonché la riduzione dell'uso della plastica e la sostituzione della plastica con materiali alternativi;
    si rende necessario un intervento normativo e finanziario volto ad incentivare l'acquisto e l'installazione di sistemi e apparecchiature per il trattamento domestico delle acque destinate al consumo umano di cui al Decreto 7 febbraio 2012, n. 25, al fine di ridurre il consumo di contenitori di plastica per acque potabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere idonei strumenti fiscali, quali il credito d'imposta, per promuovere l'installazione di sistemi e apparecchiature per il trattamento domestico delle acque destinate al consumo umano, al fine di ridurre l'utilizzo di imballaggi monouso in plastica.
9/2305/270Licatini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede norme volte ad agevolare la transizione energetica dall'energia fossile verso l'utilizzo di energia alternativa;
    in particolare, i commi 85-90 prevedono misure volte alla creazione di un green new deal italiano attraverso lo stanziamento di risorse indirizzate alla realizzazione di progetti economicamente sostenibili e che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale, programmi di investimento e/o progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale e che tengano conto degli impatti sociali,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a sospendere tutte le concessioni di coltivazione di idrocarburi scadute e che abbiano fatto richiesta di rinnovo fino all'attuazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, Pitesai.
9/2305/271Rospi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede norme volte ad agevolare la transizione energetica dall'energia fossile verso l'utilizzo di energia alternativa;
    in particolare, i commi 85-90 prevedono misure volte alla creazione di un green new deal italiano attraverso lo stanziamento di risorse indirizzate alla realizzazione di progetti economicamente sostenibili e che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e, in generale, programmi di investimento e/o progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale e che tengano conto degli impatti sociali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a sospendere tutte le concessioni di coltivazione di idrocarburi scadute e che abbiano fatto richiesta di rinnovo fino all'attuazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, Pitesai.
9/2305/271. (Testo modificato nel corso della seduta) Rospi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede la proroga per l'anno 2020 delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la cui disciplina è contenuta negli articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63,
    il comma 70 dell'articolo 1, nel modificare l'articolo 14, comma 3.1 del decreto-legge n. 63 del 2013, mantiene il meccanismo dello sconto in fattura limitatamente agli interventi di ristrutturazione importante di primo livello di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico 26 giugno 2015 con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro, mentre al di sotto di tale di soglia il meccanismo dello sconto immediato/cessione del credito per gli interventi di efficienza energetica e rischio sismico non è applicabile a seguito dell'intervenuta abrogazione delle disposizioni introdotte dal c.d. decreto Crescita delle disposizioni;
    dalle stime elaborate dal CRESME emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2019,19,5 milioni di interventi e attivato investimenti pari a quasi 322 miliardi di euro;
    nel biennio 2017-2018 sono stati portati in detrazione 11,3 miliardi di euro solo per il recupero edilizio svolto negli anni 2016-2017, con un significativo incremento rispetto al biennio precedente del 13 per cento. Gli investimenti veicolati dalle misure di incentivazione fiscale hanno avuto e continuano ad avere anche un rilevante impatto positivo sull'occupazione, senza considerare nella stima degli impatti la valorizzazione del patrimonio immobiliare e il miglioramento delle prestazioni funzionali che gli interventi di recupero edilizio e riqualificazione energetica consentono di ottenere;
    il maggior ricorso agli incentivi per il recupero edilizio si registra nelle regioni del Nord per il 66 per cento, mentre solo per il 20 per cento al Sud e per il 14 per cento nelle isole;
    tale dato induce a ritenere che vi sono aree del Paese dove gli interventi di riqualificazione edilizia non risultano particolarmente incentivati dal meccanismo delle detrazioni fiscali e dove il ricorso al meccanismo dello sconto in fattura, che consente ai proprietari degli immobili di utilizzare la detrazione sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore della prestazione e rimborsato a quest'ultimo sotto forma di credito d'imposta, potrebbe portare a risultati rilevanti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di intervenire normativamente al fine di ripristinare la possibilità di fruizione della detrazione sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto per gli interventi di efficientamento energetico, di ristrutturazione edilizia e per gli interventi di adozione di misure antisismiche prevedendo adeguati strumenti e modalità di fruizione della cessione del credito tali da generare vantaggi competitivi anche per le imprese di piccole e medie dimensioni.
9/2305/272Terzoni, Zolezzi, Ilaria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede, al comma 175 che l'applicazione dell’ecobonus venga prorogata al 31 dicembre 2020 e che l'applicazione dello «sconto in fattura» per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici venga limitato agli interventi che comportino un importo superiore a 200.000 euro;
    dai dati forniti dal Centro ricerche economiche sociali di mercato per l'edilizia (Cresme) nel corso dell'audizione svoltasi in data 10 dicembre 2019 presso la Commissione Vili, gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2019, 19,5 milioni di interventi;
    le previsioni per il 2019, sulla base delle dinamiche registrate nei primi otto mesi dell'anno in corso, indicano un volume di spesa complessivo superiore ai livelli del 2018, con 28.963 milioni di euro, imputabili per 3.250 milioni di euro alla riqualificazione energetica e per 25.713 milioni al recupero edilizio;
    i dati del 2018 e del 2019 confermano, dunque, che le misure di incentivazione hanno attivato importanti volumi di investimenti a partire dal 2013, in corrispondenza della maggiorazione delle aliquote;
    l'analisi territoriale, svolta sulla base dei dati regionali relativi agli importi dei lavori portati in detrazione nelle dichiarazioni dei redditi, conferma il maggior ricorso agli incentivi da parte delle regioni del Nord, dove si concentra il 66 per cento degli interventi di recupero edilizio, contro il 20 per cento del Centro e il 14 per cento di Sud e Isole;
    la stima dell'impatto sulla finanza pubblica delle misure di incentivazione fiscale attivate dal 1998 al 2019, mostra un saldo totale negativo in venti anni di 29,8 miliardi di euro, pari a 1,35 miliardi di euro medi annui dal 1998 al 2019;
    l'introduzione di ulteriori elementi di natura finanziaria basati sull'attualizzazione dei valori precedentemente esposti modificherebbe il saldo generando un risultato negativo in venti anni di 3.6 miliardi di euro;
    un ulteriore approfondimento dell'analisi, che prende in considerazione, da un lato, i minori introiti per lo Stato legati agli interventi di efficientamento energetico (minori imposte sui consumi di energia) e, dall'altro, la quota di gettito per lo Stato derivante dai consumi e dagli investimenti mobilitati dai redditi aggiuntivi dei nuovi occupati (quota ricavata dalla Matrice di contabilità sociale, pur considerata in forma prudenziale), determina un saldo positivo per lo Stato per poco meno di 8.7 miliardi di euro;
    ISPRA stima che le emissioni legate al comparto del riscaldamento e raffrescamento civile siano circa il 17,2 per cento del totale nazionale e si potrebbe stimare secondo i dati sul costo delle esternalità sanitarie ambientali (studio ECBA project) una cifra di oltre 8 miliardi di euro all'anno;
    il decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, approvato in data 12 dicembre 2019, ha come obiettivo quello di superare le procedure d'infrazione relative al mancato recepimento della direttiva UE 2008/50, sulla qualità dell'aria;
    le emissioni in atmosfera globali di gas serra risultano in aumento del 4 per cento e la Commissione Europea appena insediata sta discutendo in merito alla possibile esclusione di alcuni investimenti verdi dai conteggi del rapporto deficit/PIL previsti da Maastricht,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di adottare idonei strumenti normativi e finanziari finalizzati ad elevare per il futuro la percentuale di defiscalizzazione oltre il 65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici in caso di efficacia dimostrata dell'efficientamento, con eventuali premialità progressive, come quelle previste dal «bonus facciate», nonché ottimizzando il meccanismo dello sconto in fattura e della cessione del credito;
   a valutare l'opportunità di approfondire con tutti gli attori coinvolti, anche in sede europea e internazionale, la valutazione in ordine agli investimenti per interventi di riqualificazione energetica che possono essere esclusi dai parametri del patto di stabilità.
9/2305/273Zolezzi, Terzoni, Ilaria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 98 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame dispone la costituzione di una Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi con il compito di elaborare una proposta organica per la ridefinizione entro il 31 ottobre 2020, del sistema delle esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, navale e aereo, di agricoltura e usi civili con l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica e di sostenere le innovazioni e gli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica, sviluppo e infrastrutture per la riconversione ecologica che producano una riduzione delle emissioni di gas serra entro l'anno 2030,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
    prevedere che la proposta organica sia esaminata anche dalle commissioni parlamentari competenti;
    tenere conto nella predisposizione della proposta organica per la ridefinizione del sistema delle esenzioni anche del settore energetico segnatamente elettrico;
    tenere conto nella proposta organica per la ridefinizione del sistema delle esenzioni delle misure che riguardino i settori più sensibili da salvaguardare a cominciare dall'agricoltura e dalla pesca attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità.
9/2305/274Federico.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame si prefigge, ai commi 29 e seguenti dell'articolo 1, di assegnare ai comuni contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di: a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili; b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche; inoltre si prefigge il rafforzamento della clausola investimenti per il Mezzogiorno e lo stanziamento di contributi ai territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, al fine di ridurre i divari territoriali ed incentivare gli investimenti in infrastrutture sociali;
    le predette disparità territoriali si manifestano anche nella gestione del servizio idrico integrato, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare, alcuni gestori del servizio idrico integrato a capitale pubblico versano in condizioni finanziarie e patrimoniali caratterizzate da forti passività in bilancio, determinando, inevitabilmente ripercussioni sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini dei territori interessati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare i provvedimenti normativi più idonei per salvaguardare la gestione pubblica del servizio idrico integrato ed incrementare l'ammodernamento delle infrastrutture di captazione e distribuzione della risorsa idrica, prevedendo a tal fine idonei meccanismi che consentano ai gestori del servizio idrico integrato a capitale pubblico, aventi forti passività in bilancio, di evitare eventuali procedure concorsuali, garantendo la continuità e l'efficienza del servizio e stanziando le risorse necessarie per consentire ai Comuni e alle Province la partecipazione alla gestione del servizio e la realizzazione di opere di manutenzione e potenziamento delle infrastrutture idriche, sulla base di un piano di interventi da sottoporre al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
9/2305/275Maraia.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022», sono state approvate norme e stanziate risorse per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, sia per il dissesto idrogeologico, che per la messa in sicurezza idraulica;
    il diritto all'acqua risulta quale estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Esso riflette l'imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana. La risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all'acqua «un diritto umano universale e fondamentale»;
    la carenza idrica è un annoso problema della costa del territorio abruzzese cioè di tutti quei paesi della costa che hanno sicuramente un afflusso di turisti rispetto a quelli dell'entroterra. Tuttavia si evidenzia un problema di perdita strutturale che riguarda l'intera architettura delle condutture idriche locali tanto che l'acqua che si perde a causa delle strutture e delle condotte, ammonta a circa al 50 per cento ed in alcune aree sfiora il 70 per cento;
    sarebbero già state ipotizzate diverse soluzioni progettuali inerenti il riefficientamento idrico per risolvere l'annosa questione riguardante la perdita di acqua nella città di Vasto;
    è opportuno tenere conto anche della necessità di ulteriori interventi di prevenzione del rischio idrogeologico che, in alcuni tratti delle strutture idriche territoriali, provocano interruzione della fornitura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare risorse a favore della Regione Abruzzo per le opere di potenziamento e ammodernamento dell'Acquedotto del Verde, nonché per le opere di infrastrutturazione di nuove condotte di interconnessione tra i diversi sistemi acquedottistici.
9/2305/276Grippa.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema aeroportuale calabrese consta di tre aeroporti di interesse nazionale ex decreto del Presidente della Repubblica 201 del 2015 siti in Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, gestiti dalla società SACAL con sede in Lamezia Terme;
    il territorio del crotonese, al contrario di quanto esistente sulla fascia tirrenica della Calabria, risulta da sempre servito da una strada statale vetusta ad una sola carreggiata altamente pericolosa e tristemente famosa come strada della morte per l'elevata sinistrosità e ferrovia ad unico binario non elettrificato con insufficiente traffico interregionale;
    l'aeroporto S. Anna di Crotone rappresenta, pertanto, l'unica importante risorsa di immediata fruibilità per il territorio dell'intera fascia jonica calabrese costretta a vivere, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate, un regime di isolamento con gravi ripercussioni e limitazioni del diritto alla mobilità dei cittadini;
    l'isolamento della città di Crotone e del comprensorio tutto si ripercuote in maniera drammatica sull'economia del territorio, danneggiando gravemente le attività produttive e commerciali, nonché le attività turistiche dell'intera area jonica costretta a vivere una situazione disastrata rispetto all'area tirrenica;
    l'aeroporto attualmente è aperto con una operatività limitata a due sole tratte RyanAir Bergamo/Crotone/Bergamo e Bologna/Crotone/Bologna, essendo stata recentemente soppressa la tratta Norimberga/Crotone/Norimberga;
    notevoli sono, inoltre, i disservizi che si verificano a causa della mancata attivazione dell'indispensabile sistema ILS, che consentirebbe l'atterraggio ed il decollo dei velivoli anche in condizioni meteorologiche avverse;
    si è infatti più volte verificate la cancellazione di voli da e per l'aeroporto di Crotone a causa della nebbia, che ha costretto i viaggiatori a rimanere a terra e proseguire il viaggio in autobus;
    l'aeroporto di Crotone ha necessità, pertanto, per consentire gli indispensabili lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, nonché per implementare la sua operatività, di stanziamenti adeguati che consentano il ripristino di voli regolari, anche a seguito del riconoscimento degli oneri di servizio pubblico, al servizio dell'intero comprensorio della fascia jonica calabrese; al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica gravemente leso dall'isolamento infrastrutturale, si impone di riequilibrare la situazione aeroportuale calabrese e di impegnare per Crotone le stesse cifre che sono state riconosciute all'aeroporto di Reggio Calabria, nella precedente legge di bilancio, con l'obiettivo di ripristinare nel più breve tempo possibile l'operatività dell'aeroporto di Crotone,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di prevedere risorse ed interventi volti ad assicurare il rilancio, la messa in sicurezza e la piena funzionalità dell'aeroporto di Crotone, al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica calabrese e a porre i presupposti per riequilibrare le differenti situazioni che si registrano sui due versanti calabresi.
9/2305/277Misiti, Barbuto, Dieni.


   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione della Repubblica e, in particolare, l'articolo 32, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti;
    a detto fine e secondo principi di equità e giustizia sociale, appare necessario garantire ai malati di poter raggiungere le strutture ospedaliere non presenti sul territorio regionale, specializzate nella cura e nel trattamento di gravi patologie e nell'esecuzione di terapie salva vita, con agevolazioni nell'acquisto, sia per l'Italia che per l'estero, di biglietti A/R, sia ferroviari che aerei a tariffe agevolate, ridotti del 50 per cento;
    in tal senso appare opportuno garantire a tutti coloro i quali si trovino in una condizione economica svantaggiata, di poter usufruire di tali agevolazioni;
    occasionalmente, negli ultimi anni, a livello nazionale, tra le compagnie aeree e alcuni gruppi ospedalieri sono stati siglati accordi per prevedere tariffe agevolate per i pazienti che dovevano raggiungere tali strutture, per esami, ricoveri, visite mediche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di prevedere uno stanziamento pluriennale per l'acquisto, sia per l'Italia che per l'estero, di biglietti A/R sia ferroviari che aerei a tariffe agevolate, al fine di consentire ai malati di raggiungere le strutture ospedaliere non presenti sul territorio regionale, specializzate nella cura e nel trattamento di gravi patologie.
9/2305/278Barbuto, Scagliusi, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 77, stabilisce che i siti italiani inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», sulla base delle tipologie individuate dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio mondiale culturale e ambientale firmata a Parigi il 16 novembre 1972, dai Paesi aderenti all'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), sono, per la loro unicità, punte di eccellenza del patrimonio culturale, paesaggistico e naturale italiano e della sua rappresentazione a livello internazionale;
    è avvertita sempre più forte l'esigenza di tutelare l'ambiente e la pubblica sicurezza nonché di salvaguardare le eccellenze del nostro patrimonio culturale, paesaggistico e naturale tra cui rientrano senz'altro i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale UNESCO;
    dal 1987 Venezia e la sua laguna sono inserite nella lista del Patrimonio Mondiale Un esco;
    in particolare, è inserito nel Sito Unesco «Venezia e la sua Laguna» anche il Comune di Chioggia che copre una superficie di circa 188 kmq e si estende tra il Delta del Po e la Laguna di Venezia;
    con decreto ministeriale n. 17369 del 21 maggio 2013, è stata autorizzata la realizzazione di un deposito costiero per oli minerali sul territorio del Comune di Chioggia e con successivo Decreto Interministeriale n. 17407 del 26 maggio 2015, ne è stato autorizzato, aumentando la capacità di stoccaggio a complessivi 10350 mc;
    il deposito di GPL potrebbe minacciare il mantenimento della laguna di Venezia tra i siti tutelati dall'Unesco come patrimonio dell'umanità;
    considerato tutti i rischi e le criticità che deriverebbero dall'entrata in funzione del deposito a terra e dal transito delle navi gasiere in un canale marittimo, nel quale vengono svolte numerose attività commerciali, che sono alla base dell'economia della città di Chioggia, è necessario individuare una soluzione definitiva riguardante il deposito GPL a Chioggia sia per la sicurezza dei cittadini che per la tutela ambientale di un territorio inserito dall'Unesco nella lista dei beni patrimonio dell'Umanità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, con provvedimenti successivi, le misure finalizzate a prevedere il divieto di rilascio di autorizzazioni e di concessioni demaniali aventi ad oggetto nuovi impianti di stoccaggio di gas di petrolio liquefatti (GPL) nei siti riconosciuti come «patrimonio mondiale» dall'UNESCO nonché il divieto di esercizio degli impianti già autorizzati nei medesimi siti, ma non ancora in esercizio, valutando, eventualmente, con riferimento a questi ultimi, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il riconoscimento di opportune misure di indennizzo in favore dei soggetti titolari delle autorizzazioni già rilasciate.
9/2305/279Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 (Attuazione della Direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 1996 n. 243), è il testo normativo di riferimento per la determinazione delle aliquote sulle concessioni di coltivazione in mare di idrocarburi;
    l'aliquota sulle concessioni per le piattaforme offshore sono ripartite esclusivamente tra Stato (45 per cento) e Regioni (55 per cento) per le acque del mare territoriale;
    l'articolo 20 del citato decreto legislativo prevede che i comuni destinino le quote di tali risorse di relativa competenza, allo sviluppo dell'occupazione e delle attività economiche, all'incremento industriale e a interventi di miglioramento ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche e le coltivazioni;
    l'articolo 26 della legge n. 9 del 1991 stabilisce che le regioni impieghino tali proventi per il finanziamento di piani di sviluppo economico e per l'incremento industriale nei territori in cui sono ubicati i giacimenti;
    secondo quanto affermato dalla Corte dei conti, alle Regioni e ai Comuni è imposto in via implicita il divieto di utilizzare tali risorse in maniera «indistinta» per il pagamento di oneri di natura estranea al perimetro disegnato dal legislatore;
    nel territorio del crotonese, a decorrere dal 1999 e fino al 2014, parte delle royalty sono state destinate alle marinerie e alle attività economiche e produttive legate al mare, fortemente limitato e penalizzato dalla presenza delle piattaforme, delle bocche dei pozzi e delle altre strutture sommerse;
    successivamente al 2014, le suddette royalty sono state utilizzate per scopi del tutto divergenti da quelli delineati dal legislatore nel 1996 e ciò senza rendicontazione;
    gli Enti locali, sovente, hanno gestito questi ingenti flussi economici senza alcuna attenzione per i settori «danneggiati», senza alcuna trasparenza e programmazione e senza vincolarli alle finalità previste ex lege;
    il Ministero del lavoro, con nota n. 9622 del 6 dicembre 2018, ha chiarito, fugando ogni dubbio in merito alle obiezioni mosse dagli Enti locali, alla Prefettura di Crotone, che il conferimento delle royalty in favore dei pescatori non ha natura di aiuto di Stato, trattandosi, invece, di un risarcimento e di un mero ristoro per le restrizioni subite dalle limitazioni di pesca;
    il settore ittico, che occupa circa 400 lavoratori oltre all'indotto, risulta attualmente in crisi non solo per gli effetti del fermo biologico e della presenza dell'Area Marina Protetta di Isola Capo Rizzuto che è la più grande d'Italia con i suoi 15.000 ettari circa, ma anche e soprattutto per le limitazioni delle aree di pesca, dovute all'estrazione del gas metano e il riconoscimento delle royalty costituirebbe, come già avvenuto in passato, una boccata d'ossigeno per l'intero settore e consentirebbe il recupero di quella situazione di svantaggio in cui versa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di intraprendere idonee iniziative affinché gli enti locali interessati dal percepimento delle royalty ottemperino a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di vincolo di destinazione delle stesse al supporto economico dell'occupazione e del tessuto produttivo dei territori in cui sono ubicati i giacimenti.
9/2305/280Parentela, Barbuto.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio in esame prevede misure volte a incentivare la green mobility e l'intermodalità;
    nella logistica, per ultimo miglio, si intende «il trasferimento di merci da un hub logistico alla sua destinazione finale» che oggi, con l'uso massivo dei sistemi di acquisto attraverso piattaforme digitali, rappresenta un elemento portante nella filiera della consegna dei prodotti al consumatore finale e che produce inoltre un incremento particolarmente rilevante del traffico veicolare;
    da qualche anno, specie nei centri più congestionati, è iniziato, da parte dei principali servizi di spedizione e consegna, l'uso delle cargo bike che sono delle biciclette progettate e costruite specificatamente per trasportare carichi. Oltre ad ottimizzare la logistica questi mezzi riducono sensibilmente la congestione dei centri urbani e l'immissione di sostanze nocive nell'ambiente;
    alcuni comuni italiani hanno introdotto, nell'ambito della programmazione dei propri piani urbani per la mobilità sostenibile, l'incentivo ai riders che decidano di acquistare una cargo bike a pedalata assistita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di introdurre forme di agevolazione fiscale per i singoli riders, per le micro e le piccole imprese
che decidano di costituire una flotta di cargo bike per il trasporto merci in ambito urbano.
9/2305/281Luciano Cantone, Scagliusi, Barbuto, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame dà ampio spazio alle misure volte a declinare in obiettivi puntali il green new deal nel settore dei trasporti e in particolare in tema di trasporto pubblico locale;
    in materia di mobilità sostenibile è da tempo in corso, attraverso vari interventi normativi, il processo di transizione verso una flotta ad alimentazione alternativa rispetto al gasolio. Tali mezzi hanno ancora costi di acquisto elevati rispetto a quelli a gasolio (dati Asstra evidenziano un rapporto di circa 1:2,5) questa circostanza richiede inoltre investimenti cospicui per le infrastrutture di ricarica;
    dall'analisi di alcuni scenari eseguiti da esperti del settore per gli anni 2019-2033, si rileva come a parità di risorse rispetto alla legge di bilancio 2017, quanto detto in precedenza determinerebbe una riduzione del numero di mezzi che sarà possibile immatricolare e, conseguentemente, un aumento dell'età media della flotta che dovrebbe raggiungere in media i 17,5 anni nel 2033;
    un parco veicoli vetusto rappresenta un elemento di forte criticità per il settore. Da un lato, infatti, comporta per le aziende un aggravio dei costi medi di manutenzione (i costi medi di manutenzione di un autobus nuovo sono 6 volte inferiori a quelli di un autobus di 15 anni); dall'altro, compromettendo la qualità del servizio, non consente di sostenere lo sviluppo della mobilità collettiva a discapito dell'utilizzo dell'auto privata con ripercussioni sul livello delle emissioni e sulla congestione urbana;
    coniugare le esigenze di riduzione delle emissioni con quelle di abbassamento dell'età media del parco mezzi italiano è uno degli obiettivi che ci si deve porre come policy maker;
    sempre dall'analisi degli scenari futuribili è stimato che affinché la flotta possa raggiungere nel 2033 l'età media di circa 7 anni (dato medio europeo cui sarebbe importante puntare come Paese) rinnovando il parco con autobus alimentati da fonti di alimentazioni alternative, siano necessari complessivamente circa 500 milioni di euro aggiuntivi l'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di integrare stabilmente la quota parte dei finanziamenti al trasporto pubblico locale specificatamente rivolta all'acquisto di nuovi mezzi al fine di prevedere per i prossimi anni un aumento netto, graduale e costante, delle flotte per garantire l'aumento di frequenze di servizio e il miglioramento della qualità del medesimo, e al contempo assicurare il mantenimento costante dell'età media dei mezzi in linea con la media europea nonché garantire il rispetto degli obiettivi di tutela ambientale grazie ad alimentazioni alternative e maggiormente sostenibili.
9/2305/282De Lorenzis, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame dà ampio spazio alle misure volte alla messa in sicurezza del territorio e della viabilità;
    il contesto italiano è caratterizzato da più di 8.000 comuni, la maggior parte di questi piccoli o piccolissimi fortemente legati alla tradizione agricola. Le strade vicinali hanno pertanto da sempre, un importante ruolo nell'ambito della viabilità urbana;
    questa tipologia di strade non solo collegano poderi e fattorie alle strade urbane ed extraurbane, non di rado queste sono considerate delle vere e proprie strade pubbliche, aperte a tutti, usate dalla generalità dei cittadini per le normali esigenze di spostamento e viabilità. Anche perché, oramai, alcune di queste strade sono integrate nei tragitti dei comuni servizi di navigazione, come Google Maps, e quindi percorse dai numerosi turisti, o da chi viaggia per lavoro;
    le strade vicinali, soprattutto se di uso pubblico, assolvono ad una funzione di ausilio alla viabilità locale, ed è per questo motivo che ai fini del codice della strada (articolo 2 comma 6, lettera D del decreto legislativo n. 285 del 1992) sono assimilate alle strade comunali e soggette (articolo 14 comma 4 CDS) ad una serie di funzioni da parte dei comuni (controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze, apposizione e manutenzione della segnaletica stradale, servizi di polizia stradale, ecc.), tipiche degli enti proprietari). Tra questi compiti vi è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, e di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade e delle pertinenze (articolo 14 comma 1 CDS);
    la giurisprudenza della Suprema Corte ha inoltre affermato che «il Comune deve altresì tempestivamente provvedere alla manutenzione, perché risponde nei confronti di terzi per i danni eventualmente provocati dalla difettosa manutenzione, a nulla rilevando che l'obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell'area»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di provvedere con futuri provvedimenti a uno stanziamento a favore dei comuni al fine di permettere interventi di sistemazione e messa in sicurezza delle strade vicinali.
9/2305/283Raffa.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio in esame all'articolo 1, commi 110 e 112, in tema di trasporto intermodale, autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021 per le finalità di miglioramento della catena intermodale e il decongestionamento della rete viaria. Tali progetti devono riguardare l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. Inoltre si autorizza poi la spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2020 e di 25 milioni di euro per l'anno 2021 per le finalità di cui al comma 648 della legge di stabilità 2016, in materia di completo sviluppo del sistema di trasporto intermodale;
    le misure citate riguardano il cosiddetto «Marebonus» regolamentato ai sensi del decreto ministeriale 13 settembre 2017, n. 176. All'articolo 5 del decreto si specifica che i soggetti beneficiari dell'incentivo sono esclusivamente le imprese a armatrici come definite all'interno nel decreto;
    con la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, risultano stanziati (nell'ambito del programma 13.2 del Ministero delle infrastrutture e trasporti), interventi per l'autotrasporto per circa 292,6 milioni di euro per il 2018, per 255,61 milioni di euro per il 2019 e per 255,53 milioni di euro per il 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, sentite le rappresentanze della categoria degli autotrasportatori, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di utilizzare una quota parte degli stanziamenti previsti per incentivare direttamente anche coloro che utilizzino gli spostamenti via mare.
9/2305/284Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di bilancio in esame dà ampio spazio alle misure volte a declinare in obiettivi puntuali il cosiddetto green new deal perseguendo la finalità di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti derivanti anche dal traffico veicolare;
    la legge di bilancio per l'anno 2019 (legge n. 145 del 2018) ha introdotto disposizioni che prevedono disincentivi, sotto forma di imposta, per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia e contestualmente incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni;
    con il Decreto 20 marzo 2019 del Ministero dello sviluppo economico, è stata specificata la disciplina applicativa dell'incentivo con particolare riferimento alle procedure di concessione del contributo nel rispetto del limite complessivo di spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021;
    l'articolo 1, comma 1031, delle citata legge n. 145 del 2018 prevede alla tabella a) un contributo con rottamazione di 6000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 20, e un contributo con rottamazione di 4000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 70; prevede alla tabella b) un contributo di 4000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 20, e un contributo di 1500 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 70;
    la regolamentazione UE relativa agli standard emissivi di veicoli leggeri sta imprimendo una forte accelerazione esclusivamente nella direzione dell'elettrificazione di tali veicoli, proprio in ragione di tale regolamentazione i volumi di vendita di veicoli elettrici ed ibridi a ricarica esterna (BEV o PHEV), anche di produzione nazionale dovranno aumentare sensibilmente; si ritiene pertanto necessaria la previsione di un abbassamento della soglia massima;
    autorevoli fonti di stampa rilevano come il combinato disposto delle misure europee in materia di riduzione delle emissioni e le misure introdotte nel nostro Paese per incentivare l'acquisto di nuovi mezzi green stanno accrescendo in modo esponenziale il numero delle auto elettriche immatricolate quest'anno (113 per cento sullo stesso periodo dell'anno precedente),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, l'aumento della capacità del fondo di cui al comma 1041 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, al fine di adeguarlo al trend eccezionalmente crescente delle immatricolazioni dei mezzi elettrici, nonché a considerare la possibilità che le eventuali risorse residue per l'anno 2019 vengano utilizzate per l'anno successivo;
   a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, anche mediante interventi normativi, l'abbassamento della soglia per il bonus per l'acquisto di autovetture, da emissioni di CO2 fino a 70 g/km, a emissioni fino a 60 g/km.
9/2305/285Chiazzese, Scagliusi, Sut, Serritella, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di bilancio in esame dà ampio spazio alle misure volte a declinare in obiettivi puntuali il cosiddetto green new deal perseguendo la finalità di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti derivanti anche dal traffico veicolare;
    la legge di bilancio per l'anno 2019 (legge n. 145 del 2018) ha introdotto disposizioni che prevedono disincentivi, sotto forma di imposta, per l'acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia e contestualmente incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l'acquisto di autovetture nuove a basse emissioni;
    con il Decreto 20 marzo 2019 del Ministero dello sviluppo economico, è stata specificata la disciplina applicativa dell'incentivo con particolare riferimento alle procedure di concessione del contributo nel rispetto del limite complessivo di spesa di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021;
    l'articolo 1, comma 1031, delle citata legge n. 145 del 2018 prevede alla tabella a) un contributo con rottamazione di 6000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 20, e un contributo con rottamazione di 4000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 70; prevede alla tabella b) un contributo di 4000 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 20, e un contributo di 1500 euro per l'acquisto di veicoli con emissioni di CO2 g/km uguali o minori di 70;
    la regolamentazione UE relativa agli standard emissivi di veicoli leggeri sta imprimendo una forte accelerazione esclusivamente nella direzione dell'elettrificazione di tali veicoli, proprio in ragione di tale regolamentazione i volumi di vendita di veicoli elettrici ed ibridi a ricarica esterna (BEV o PHEV), anche di produzione nazionale dovranno aumentare sensibilmente; si ritiene pertanto necessaria la previsione di un abbassamento della soglia massima;
    autorevoli fonti di stampa rilevano come il combinato disposto delle misure europee in materia di riduzione delle emissioni e le misure introdotte nel nostro Paese per incentivare l'acquisto di nuovi mezzi green stanno accrescendo in modo esponenziale il numero delle auto elettriche immatricolate quest'anno (113 per cento sullo stesso periodo dell'anno precedente),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, l'aumento della capacità del fondo di cui al comma 1041 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, al fine di adeguarlo al trend eccezionalmente crescente delle immatricolazioni dei mezzi elettrici, nonché a valutare l'opportunità di che le eventuali risorse residue per l'anno 2019 vengano utilizzate per l'anno successivo;
   a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, anche mediante interventi normativi, l'abbassamento della soglia per il bonus per l'acquisto di autovetture, da emissioni di CO2 fino a 70 g/km, a emissioni fino a 60 g/km.
9/2305/285. (Testo modificato nel corso della seduta) Chiazzese, Scagliusi, Sut, Serritella, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Addizionale Comunale sui diritti aeroportuali, istituita dal comma 11 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, – legge finanziaria 2004 – rappresenta uno strumento fiscale diretto a reperire risorse finanziarie da destinare ai Comuni limitrofi agli aeroporti, che mettono a disposizione una parte del loro territorio come sedime aeroportuale;
    ciò nonostante, a seguito delle attuali modalità di ripartizione delle somme, la destinazione degli introiti per i Comuni interessati resta solo residuale;
    negli ultimi anni il flusso delle erogazioni è stato discontinuo e contrassegnato da mancate assegnazioni o di gran lunga inferiori rispetto a quelle che, ai sensi di legge, sarebbero state di effettiva spettanza dei Comuni del sedime aeroportuale;
    i Comuni limitrofi agli aeroporti, con tali risorse, affrontano tutte le diverse esternalità negative prodotte dall'operatività aeroportuale, quali: l'inquinamento acustico, atmosferico, i costi sostenuti per garantire la continuità dei servizi necessari per il funzionamento delle infrastrutture aeroportuali-raccolta rifiuti, trasporto pubblico e gestione del traffico,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, con futuri provvedimenti normativi, di intervenire per rimodulare le modalità e i criteri di ripartizione dell'Addizionale Comunale sui diritti aeroportuali, nonché garantire le tempistiche relative alla corresponsione del gettito assegnato;
   a valutare l'opportunità di garantire che la mancata assegnazione del gettito in questi anni destinata ai comuni interessati, sia assicurata nel più breve tempo possibile.
9/2305/286Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di bilancio in esame dà ampio spazio alle misure destinate alla green mobility e al miglioramento della catena logistica;
    il Libro Bianco della Commissione europea prevede che entro il 2030, sulle percorrenze superiori ai 300 chilometri, il 30 per cento del trasporto stradale venga trasferito alla rotaia;
    il trasporto ferroviario merci in Italia è in ripresa dal 2015 difatti negli ultimi quattro anni la crescita delle merci trasportate su rotaia è stata di oltre il 40 per cento;
    le disposizioni che riguardano la formazione dei macchinisti del trasporto ferroviario merci è stata fondamentale per formare e assumere a tempo indeterminato circa 2.000 addetti nel triennio 2017-2019;
    nonostante il contributo alla formazione erogato in questo periodo, il settore necessita ancora oggi di oltre 3.000 addetti, da formare e assumere per il prossimo triennio 2020-2022;
    la previsione di spesa dell'articolo 47, comma 11-quinquies del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, destinato alla formazione di personale impiegato in attività della circolazione ferroviaria;
    il trasporto intermodale è il futuro per la competitività delle nostre industrie e per la tutela dell'ambiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di prevedere anche con un prossimo provvedimento di carattere normativo, di prorogare gli incentivi destinati alla formazione del personale addetto alla circolazione ferroviaria.
9/2305/287Serritella, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, comma 136, del provvedimento in esame, è previsto, tra l'altro, che al fine di garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del predetto Corpo sia incrementata di 60 unità a decorrere dal 1o aprile 2020, di 40 unità non prima del 19 ottobre del 2021 e di 100 unità non prima del 1o ottobre di ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per un incremento complessivo di 500 unità;
    il sistema aeroportuale emiliano-romagnolo è costituito dai tre nodi di Bologna, Parma e Rimini, a cui si aggiungono alcune infrastrutture legate all'aeroportualità minore;
    l'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì ha operato in esercizio commerciale fino al maggio 2013 e recentemente è stato oggetto di una procedura di gara europea ad evidenza pubblica bandita dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.) per l'affidamento della concessione per la progettazione, sviluppo, realizzazione, adeguamento, gestione, manutenzione e uso degli impianti e delle infrastrutture aeroportuali, comprensivi dei beni demaniali nel sito aeroportuale;
    la società F.A. Srl, a seguito di espletamento, ai sensi dell'articolo 704 del Codice della navigazione, della summenzionata procedura concorsuale ad evidenza pubblica, è risultata aggiudicataria della concessione per la gestione totale dell'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì per la durata di 30 (trenta) anni;
    con l'offerta tecnica presentata in sede di gara la Società F.A. Srl si è impegnata a porre in essere un piano di investimenti trentennale e nelle more della formale acquisizione a titolo concessorio del demanio aeronautico dell'aeroporto, ha acquisito, sin dal 17 ottobre 2018, l'attestazione dell'idoneità della struttura di esercizio quale gestore aeroportuale presso l'aeroporto medesimo;
    è stata stipulata apposita convenzione tra E.N.A.C. e la Società F.A. Srl che disciplina i rapporti conseguenti all'affidamento della concessione del sedime demaniale per la gestione dell'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì;
    il decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «Sblocca Italia»), convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014, prevede, al comma 11 dell'articolo 1, la sottoscrizione di contratti di programma tra E.N.A.C. e i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale;
    risulta pertanto improcrastinabile l'esigenza di inserire l'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì nella tabella A di cui all'articolo 26, comma 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 per dare seguito agli impegni assunti in sede di convenzione tra E.N.A.C. e la Società F.A. gestore dello scalo aeroportuale e renderlo pienamente operativo;
    negli aeroporti di cui alla predetta tabella il servizio antincendio è assicurato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e nel limite delle proprie competenze, di disporre le necessarie unità di organico ai Vigili del fuoco dell'aeroporto «Luigi Ridolfi» di Forlì per far fronte alle esigenze operative, logistiche e strumentali derivanti dall'assunzione a carico dello Stato dei servizi antincendi aeroportuali.
9/2305/288De Girolamo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio in esame prevede numerosi interventi a favore dell'università, tra cui, a titolo esemplificativo, l'articolo 1, commi 240-248 e 250-252 (Agenzia nazionale per la ricerca – ANR);
    i commi 240-248 e 250-252 istituiscono, al fine di potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati, l'Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) a decorrere dal 2020;
    vista la necessità indifferibile di contenere fenomeni quali la «fuga dei cervelli» e la profonda conflittualità tra le diverse figure universitarie, oramai di dominio pubblico, e oggetto di contenziosi e azioni collettive di tutela da svariati anni;
    vista la necessità indifferibile di affrontare e risolvere le criticità in materia di reclutamento del personale docente universitario che derivano dalla incompleta attuazione delle disposizioni contenute nella legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modificazioni, e che impattano in maniera stridente con i principi di cui agli articoli 1, primo comma, 3, 4, primo comma, e 33, quarto comma, della Costituzione;
    constatata la presenza di migliaia di ricercatori universitari abilitati sin dalla prima tornata di Abilitazione Scientifica Nazionale nel 2012, al ruolo di professore associato, che sono ancora in attesa di una doverosa progressione di carriera e le cui abilitazioni oramai prossime alla scadenza, sono state solo di recente prorogate dall'attuale maggioranza di Governo. In mancanza della proroga, infatti, i ricercatori di cui si discute sarebbero stati di fatto costretti a partecipare a nuove tornate ASN, con ogni intuibile ripercussione sulla funzionalità dell'intero sistema e senza peraltro alcuna garanzia di vedere finalmente soddisfatte le proprie legittime aspettative;
    viste le significative differenze tra la figura del ricercatore a tempo indeterminato e la figura del ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma tre, lettera b), della citata legge n. 240 del 2010, tanto nella attribuzione della qualifica ai fini dell'immissione in ruolo quanto nel conseguente trattamento economico riconosciuto. Più in particolare, il ruolo unico dei ricercatori universitari, regolato dal combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e della Legge 3 luglio 1998, n. 210, prevedeva che l'accesso al ruolo avvenisse tramite procedure comparative bandite dalle università, così come previsto per i ruoli di professore associato e ordinario, e che il relativo contratto fosse a tempo determinato per un periodo di tre anni, decorsi i quali il candidato Veniva sottoposto ad un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale. Il superamento del giudizio comportava un inserimento nella fascia dei ricercatori confermati, nella quale, ai sensi dell'articolo 34, comma sei, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, i ricercatori «permangono fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età». La progressione di carriera a professore associato e ordinario è dunque possibile solo a seguito di specifici concorsi banditi dalle singole università per tali ruoli. L'approvazione della legge 30 dicembre 2010, n. 240, cosiddetta legge Gelmini, ha introdotto due nuove figure di ricercatore a tempo determinato. In particolare, il contratto triennale relativo alla prima figura, disciplinato dall'articolo 24, comma 3, lettera a), è destinato a coloro che siano in possesso di un dottorato di ricerca o di un titolo equivalente e prevede un trattamento economico pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato. Il contratto, sempre triennale, relativo alla seconda figura, prevista dall'articolo 24, comma 3, lettera b), era, invece, riservato a coloro che avessero già concluso un contratto triennale relativo alla prima figura, o che fossero stati titolari di assegni di ricerca o di borse post dottorato per almeno tre anni, nella stesura originale o, attualmente, a candidati che hanno usufruito dei contratti di Ricercatore di tipo a), ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all'articolo 16 della presente legge, ovvero che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, o di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della presente legge, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri, e prevede un trattamento economico pari a quello spettante al ricercatore confermato elevato fino a un massimo del trenta per cento. In questo caso però, al termine dei tre anni, secondo quanto disposto dal successivo comma 5, il ricercatore a tempo determinato (articolo 24, comma 3, lettera b)) che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alla seconda fascia è valutato dalla propria Università senza alcuna procedura pubblica comparativa e, in caso di valutazione positiva, accede direttamente al ruolo di professore associato;
    preso atto che la coesistenza di discipline così diverse per le medesime figure di merito comporta una evidente violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza laddove il ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b) accede al ruolo di professore associato sulla base di un meccanismo per lo più automatico mentre il ruolo di ricercatore confermato, così come concepito dalla normativa precedente alla cosiddetta riforma Gelmini, si traduce di fatto in un ruolo a tempo indeterminato e ad esaurimento, da molti definito come un «binario morto», senza alcuna possibilità di progressione di carriera fino all'età del pensionamento. Appare utile considerare che la figura del ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), risulta inoltre destinatario di disposizioni volte ad incentivare il reclutamento del personale accademico che impongono alle Università di prevedere nella propria programmazione triennale l'accantonamento di specifiche risorse contenute nel Fondo per il Finanziamento Ordinario destinate al consolidamento dell'organico di Ateneo;
    valutata la necessità di sanare una irragionevole disparità tra i ricercatori a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, i quali hanno diritto all'inquadramento in ruolo come professori associati se ottengono l'abilitazione in costanza di rapporto, e i ricercatori a tempo indeterminato, con una più lunga attività scientifica, i quali viceversa non ottengono affatto, nella legislazione sinora vigente, tale inquadramento, ma debbono attendere un successivo concorso da parte delle Università,

impegna il Governo:

a riequilibrare con la massima consentita urgenza le differenze intercorrenti tra le varie figure di ricercatore universitario in termini di progressione di carriera e di trattamento economico, che hanno comportato una ingiustificata disparità di trattamento a danno dei ricercatori a tempo indeterminato.
9/2305/289Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio in esame prevede numerosi interventi a favore dell'università, tra cui, a titolo esemplificativo, l'articolo 1, commi 240-248 e 250-252 (Agenzia nazionale per la ricerca – ANR);
    i commi 240-248 e 250-252 istituiscono, al fine di potenziare la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati, l'Agenzia nazionale per la ricerca (ANR), sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) a decorrere dal 2020;
    vista la necessità indifferibile di contenere fenomeni quali la «fuga dei cervelli» e la profonda conflittualità tra le diverse figure universitarie, oramai di dominio pubblico, e oggetto di contenziosi e azioni collettive di tutela da svariati anni;
    vista la necessità indifferibile di affrontare e risolvere le criticità in materia di reclutamento del personale docente universitario che derivano dalla incompleta attuazione delle disposizioni contenute nella legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modificazioni, e che impattano in maniera stridente con i principi di cui agli articoli 1, primo comma, 3, 4, primo comma, e 33, quarto comma, della Costituzione;
    constatata la presenza di migliaia di ricercatori universitari abilitati sin dalla prima tornata di Abilitazione Scientifica Nazionale nel 2012, al ruolo di professore associato, che sono ancora in attesa di una doverosa progressione di carriera e le cui abilitazioni oramai prossime alla scadenza, sono state solo di recente prorogate dall'attuale maggioranza di Governo. In mancanza della proroga, infatti, i ricercatori di cui si discute sarebbero stati di fatto costretti a partecipare a nuove tornate ASN, con ogni intuibile ripercussione sulla funzionalità dell'intero sistema e senza peraltro alcuna garanzia di vedere finalmente soddisfatte le proprie legittime aspettative;
    viste le significative differenze tra la figura del ricercatore a tempo indeterminato e la figura del ricercatore a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma tre, lettera b), della citata legge n. 240 del 2010, tanto nella attribuzione della qualifica ai fini dell'immissione in ruolo quanto nel conseguente trattamento economico riconosciuto. Più in particolare, il ruolo unico dei ricercatori universitari, regolato dal combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e della Legge 3 luglio 1998, n. 210, prevedeva che l'accesso al ruolo avvenisse tramite procedure comparative bandite dalle università, così come previsto per i ruoli di professore associato e ordinario, e che il relativo contratto fosse a tempo determinato per un periodo di tre anni, decorsi i quali il candidato Veniva sottoposto ad un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale. Il superamento del giudizio comportava un inserimento nella fascia dei ricercatori confermati, nella quale, ai sensi dell'articolo 34, comma sei, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, i ricercatori «permangono fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età». La progressione di carriera a professore associato e ordinario è dunque possibile solo a seguito di specifici concorsi banditi dalle singole università per tali ruoli. L'approvazione della legge 30 dicembre 2010, n. 240, cosiddetta legge Gelmini, ha introdotto due nuove figure di ricercatore a tempo determinato. In particolare, il contratto triennale relativo alla prima figura, disciplinato dall'articolo 24, comma 3, lettera a), è destinato a coloro che siano in possesso di un dottorato di ricerca o di un titolo equivalente e prevede un trattamento economico pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato. Il contratto, sempre triennale, relativo alla seconda figura, prevista dall'articolo 24, comma 3, lettera b), era, invece, riservato a coloro che avessero già concluso un contratto triennale relativo alla prima figura, o che fossero stati titolari di assegni di ricerca o di borse post dottorato per almeno tre anni, nella stesura originale o, attualmente, a candidati che hanno usufruito dei contratti di Ricercatore di tipo a), ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all'articolo 16 della presente legge, ovvero che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, o di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della presente legge, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri, e prevede un trattamento economico pari a quello spettante al ricercatore confermato elevato fino a un massimo del trenta per cento. In questo caso però, al termine dei tre anni, secondo quanto disposto dal successivo comma 5, il ricercatore a tempo determinato (articolo 24, comma 3, lettera b)) che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alla seconda fascia è valutato dalla propria Università senza alcuna procedura pubblica comparativa e, in caso di valutazione positiva, accede direttamente al ruolo di professore associato;
    preso atto che la coesistenza di discipline così diverse per le medesime figure di merito comporta una evidente violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza laddove il ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b) accede al ruolo di professore associato sulla base di un meccanismo per lo più automatico mentre il ruolo di ricercatore confermato, così come concepito dalla normativa precedente alla cosiddetta riforma Gelmini, si traduce di fatto in un ruolo a tempo indeterminato e ad esaurimento, da molti definito come un «binario morto», senza alcuna possibilità di progressione di carriera fino all'età del pensionamento. Appare utile considerare che la figura del ricercatore di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), risulta inoltre destinatario di disposizioni volte ad incentivare il reclutamento del personale accademico che impongono alle Università di prevedere nella propria programmazione triennale l'accantonamento di specifiche risorse contenute nel Fondo per il Finanziamento Ordinario destinate al consolidamento dell'organico di Ateneo;
    valutata la necessità di sanare una irragionevole disparità tra i ricercatori a tempo determinato ex articolo 24, comma 3, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, i quali hanno diritto all'inquadramento in ruolo come professori associati se ottengono l'abilitazione in costanza di rapporto, e i ricercatori a tempo indeterminato, con una più lunga attività scientifica, i quali viceversa non ottengono affatto, nella legislazione sinora vigente, tale inquadramento, ma debbono attendere un successivo concorso da parte delle Università,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di riequilibrare con la massima consentita urgenza le differenze intercorrenti tra le varie figure di ricercatore universitario in termini di progressione di carriera e di trattamento economico, che hanno comportato una ingiustificata disparità di trattamento a danno dei ricercatori a tempo indeterminato.
9/2305/289. (Testo modificato nel corso della seduta) Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    la «Loggia delle benedizioni» di Viterbo, nota come «Loggia dei Papi», situata all'interno del polo monumentale del Colle del Duomo di Viterbo, riveste un'importanza storica ed artistica di alto rilievo per l'intera Nazione;
    rappresenta infatti il simbolo architettonico della Città dei Papi (Viterbo), motivo di attrazione turistica internazionale ed elemento caratterizzante della cultura storica del capoluogo della Tuscia;
    fu eretta nel 1267 per volontà del Capitano del Popolo Andrea Gatti, durante il pontificato dello stesso di Papa Clemente IV e ad essa si affacciava il Papa uscendo dalla Sala del Conclave;
    nel 1325 tetto e struttura ad archi dal lato Valle di Faul crollarono e da allora il ballatoio della loggia è a cielo aperto;
    la Loggia oggi necessita di interventi di ristrutturazione importanti come rilevato in seguito al sopralluogo della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma, provincia di Viterbo ed Etruria meridionale;
    la Diocesi di Viterbo, proprietaria della struttura, ha più volte fatto appello alle istituzioni al fine di ricevere un aiuto economico che possa consentire il restauro del monumento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a stanziare un contributo economico adeguato al fine di contribuire alla realizzazione degli interventi di restauro della Loggia dei Papi di Viterbo, nell'interesse storico e culturale della città laziale e dell'intera Nazione.
9/2305/290Gabriele Lorenzoni, Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    la «Loggia delle benedizioni» di Viterbo, nota come «Loggia dei Papi», situata all'interno del polo monumentale del Colle del Duomo di Viterbo, riveste un'importanza storica ed artistica di alto rilievo per l'intera Nazione;
    rappresenta infatti il simbolo architettonico della Città dei Papi (Viterbo), motivo di attrazione turistica internazionale ed elemento caratterizzante della cultura storica del capoluogo della Tuscia;
    fu eretta nel 1267 per volontà del Capitano del Popolo Andrea Gatti, durante il pontificato dello stesso di Papa Clemente IV e ad essa si affacciava il Papa uscendo dalla Sala del Conclave;
    nel 1325 tetto e struttura ad archi dal lato Valle di Faul crollarono e da allora il ballatoio della loggia è a cielo aperto;
    la Loggia oggi necessita di interventi di ristrutturazione importanti come rilevato in seguito al sopralluogo della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Roma, provincia di Viterbo ed Etruria meridionale;
    la Diocesi di Viterbo, proprietaria della struttura, ha più volte fatto appello alle istituzioni al fine di ricevere un aiuto economico che possa consentire il restauro del monumento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di stanziare un contributo economico adeguato al fine di contribuire alla realizzazione degli interventi di restauro della Loggia dei Papi di Viterbo, nell'interesse storico e culturale della città laziale e dell'intera Nazione.
9/2305/290. (Testo modificato nel corso della seduta) Gabriele Lorenzoni, Grande.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «rottamazione-ter» (ex decreto-legge n. 119 del 2018, dell'articolo 3) prevede l'azzeramento di sanzioni e interessi di mora per i contribuenti aderenti;
    nel caso in cui il contribuente volesse rinunciare, per mancanza di disponibilità finanziaria, alle agevolazioni previste dalla normativa e tornare a pagare la rateizzazione già in essere del debito iniziale (comprensivo di sanzioni interessi e oneri accessori) non può più farlo;
    il Sole 24 ore nella pagina di «Norme e Tributi» del 27 novembre 2019 in caso di decadenza della sanatoria per mancato pagamento della rata in scadenza osserva: «per un verso si perdono ovviamente tutti i benefici di legge (azzeramento di sanzioni e interessi di mora), dall'altro, si riattivano le azioni di recupero dell'agente di riscossione. A ciò si aggiunge il divieto di dilazionare il debito residuo. Questo significa che, limitatamente ai debiti non onorati, l'Agenzia potrà iscrivere fermi amministrativi e ipoteche. Sul fronte delle attività esecutive, potranno essere pignorate, tra l'altro, le somme presso terzi. Si pensi al pignoramento dello stipendio, dei conti bancari e dei canoni di locazione. Vale ricordare, in proposito, che, ai sensi degli articoli 72-bis e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, l'agente della riscossione può notificare al terzo l'ordine di pignoramento, contenente l'intimazione a pagare le somme dovute al soggetto iscritto a ruolo direttamente nelle casse dell'Ader. Il tutto, saltando l'autorizzazione del giudice ordinario. Si evidenzia infine che nella rottamazione-ter”, diversamente dalle precedenti edizioni, non è mai possibile ripristinare eventuali dilazioni pregresse, esistenti alla data di trasmissione della domanda. Né è ammissibile rateizzare un debito recato in una cartella notificata da meno di 60 giorni dalla domanda medesima»;
    il Decreto Semplificazioni, articolo 37 del decreto-legge n. 124 del 2019, ha previsto la riapertura dei termini della rata scaduta al 31 luglio 2019 congiuntamente alla seconda rata al 30 novembre 2019 (9 dicembre 2019 con il differimento limite). I contribuenti dell'area del cratere sismico del Centro Italia, stante la sospensione della notifica delle nuove cartelle esattoriali, avevano presentato richiesta con le rottamazioni precedenti (prima rottamazione e «rottamazione-bis») che prevedevano, in caso di mancato pagamento delle rate, la possibilità di rientrare nelle rateizzazioni già in essere prima della richiesta di adesione (come evidenzia il comunicato dell'Agenzia delle riscossioni del 26 luglio 2018);
    attraverso il decreto-legge n. 119 del 2018, ai sensi dell'articolo 3, comma 24, con una norma specifica per i soggetti residenti in zone colpite dalle calamità naturali nel centro Italia, i contribuenti, senza attivare alcuna richiesta, hanno subito un frazionamento del debito relativo alle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in 10 rate anziché 18 in 5 anni, sulle quali sono dovuti, dal 1o agosto 2019, gli interessi al tasso dello 0,3 per cento annuo, trovandosi a versare le prima rata di luglio e di novembre con un importo pari circa al doppio rispetto agli altri contribuenti, e con le nuove disposizioni tipiche della «rottamazione-ter» (senza beneficiare delle agevolazioni della stessa) che non permettono di annullare la richiesta di adesione con le gravi conseguenze sopra elencate;
    inoltre, ai sensi del comma 2 dell'articolo 11 del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, dal 1o gennaio 2020 terminerà la sospensione della notifica delle cartelle esattoriali in un'area del Paese in forte crisi economica e sociale; nonostante la finalità di favorire le zone colpite dal sisma, tale sospensione non ha consentito ai contribuenti di accedere, per le cartelle di pagamento e la riscossione delle somme non ancora notificate, alla «rottamazione-ter», né alla definizione agevolata cosiddetta «a saldo e stralcio» per i contribuenti che versano in gravi e comprovate difficoltà finanziarie ex articolo 1, commi 184 e seguenti, della legge n. 145 del 2018,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di posticipare la riscossione, nell'ambito dei prossimi interventi normativi, a decorrere dal 1o gennaio 2021 per i comuni compresi nell'area del cratere sismico del Centro Italia, con la contestuale possibilità di richiedere, da parte dei contribuenti residenti in quest'area, una nuova rateizzazione degli importi già rottamati e ad adottare i correttivi necessari a rimuovere le incongruenze normative in merito alla sospensione dei termini di versamento dei tributi e degli adempimenti delle procedure di definizione agevolata di cui in premessa.
9/2305/291Zennaro, Gabriele Lorenzoni, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «rottamazione-ter» (ex decreto-legge n. 119 del 2018, dell'articolo 3) prevede l'azzeramento di sanzioni e interessi di mora per i contribuenti aderenti;
    nel caso in cui il contribuente volesse rinunciare, per mancanza di disponibilità finanziaria, alle agevolazioni previste dalla normativa e tornare a pagare la rateizzazione già in essere del debito iniziale (comprensivo di sanzioni interessi e oneri accessori) non può più farlo;
    il Sole 24 ore nella pagina di «Norme e Tributi» del 27 novembre 2019 in caso di decadenza della sanatoria per mancato pagamento della rata in scadenza osserva: «per un verso si perdono ovviamente tutti i benefici di legge (azzeramento di sanzioni e interessi di mora), dall'altro, si riattivano le azioni di recupero dell'agente di riscossione. A ciò si aggiunge il divieto di dilazionare il debito residuo. Questo significa che, limitatamente ai debiti non onorati, l'Agenzia potrà iscrivere fermi amministrativi e ipoteche. Sul fronte delle attività esecutive, potranno essere pignorate, tra l'altro, le somme presso terzi. Si pensi al pignoramento dello stipendio, dei conti bancari e dei canoni di locazione. Vale ricordare, in proposito, che, ai sensi degli articoli 72-bis e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, l'agente della riscossione può notificare al terzo l'ordine di pignoramento, contenente l'intimazione a pagare le somme dovute al soggetto iscritto a ruolo direttamente nelle casse dell'Ader. Il tutto, saltando l'autorizzazione del giudice ordinario. Si evidenzia infine che nella rottamazione-ter”, diversamente dalle precedenti edizioni, non è mai possibile ripristinare eventuali dilazioni pregresse, esistenti alla data di trasmissione della domanda. Né è ammissibile rateizzare un debito recato in una cartella notificata da meno di 60 giorni dalla domanda medesima»;
    il Decreto Semplificazioni, articolo 37 del decreto-legge n. 124 del 2019, ha previsto la riapertura dei termini della rata scaduta al 31 luglio 2019 congiuntamente alla seconda rata al 30 novembre 2019 (9 dicembre 2019 con il differimento limite). I contribuenti dell'area del cratere sismico del Centro Italia, stante la sospensione della notifica delle nuove cartelle esattoriali, avevano presentato richiesta con le rottamazioni precedenti (prima rottamazione e «rottamazione-bis») che prevedevano, in caso di mancato pagamento delle rate, la possibilità di rientrare nelle rateizzazioni già in essere prima della richiesta di adesione (come evidenzia il comunicato dell'Agenzia delle riscossioni del 26 luglio 2018);
    attraverso il decreto-legge n. 119 del 2018, ai sensi dell'articolo 3, comma 24, con una norma specifica per i soggetti residenti in zone colpite dalle calamità naturali nel centro Italia, i contribuenti, senza attivare alcuna richiesta, hanno subito un frazionamento del debito relativo alle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in 10 rate anziché 18 in 5 anni, sulle quali sono dovuti, dal 1o agosto 2019, gli interessi al tasso dello 0,3 per cento annuo, trovandosi a versare le prima rata di luglio e di novembre con un importo pari circa al doppio rispetto agli altri contribuenti, e con le nuove disposizioni tipiche della «rottamazione-ter» (senza beneficiare delle agevolazioni della stessa) che non permettono di annullare la richiesta di adesione con le gravi conseguenze sopra elencate;
    inoltre, ai sensi del comma 2 dell'articolo 11 del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, dal 1o gennaio 2020 terminerà la sospensione della notifica delle cartelle esattoriali in un'area del Paese in forte crisi economica e sociale; nonostante la finalità di favorire le zone colpite dal sisma, tale sospensione non ha consentito ai contribuenti di accedere, per le cartelle di pagamento e la riscossione delle somme non ancora notificate, alla «rottamazione-ter», né alla definizione agevolata cosiddetta «a saldo e stralcio» per i contribuenti che versano in gravi e comprovate difficoltà finanziarie ex articolo 1, commi 184 e seguenti, della legge n. 145 del 2018,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di posticipare la riscossione, nell'ambito dei prossimi interventi normativi, a decorrere dal 1o gennaio 2021 per i comuni compresi nell'area del cratere sismico del Centro Italia, con la contestuale possibilità di richiedere, da parte dei contribuenti residenti in quest'area, una nuova rateizzazione degli importi già rottamati e a valutare l'opportunità di adottare i correttivi necessari a rimuovere le incongruenze normative in merito alla sospensione dei termini di versamento dei tributi e degli adempimenti delle procedure di definizione agevolata di cui in premessa.
9/2305/291. (Testo modificato nel corso della seduta) Zennaro, Gabriele Lorenzoni, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, dal comma 866 al comma 875, del provvedimento in esame prevede norme riguardanti le competenze e le risorse relative alle regioni a statuto speciale;
    il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 – Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, prevede, ai propri articoli 10, 12, 14 e 19, il trasferimento dallo Stato alle regioni ordinarie, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano di funzioni in materia di industria, artigianato e agevolazioni alle relative imprese;
    simile trasferimento è già avvenuto per tutte le regioni a statuto speciale a esclusione della Regione Siciliana: in particolare, per la regione Sardegna, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 dicembre 2001, per la regione Trentino-Alto Adige con decreto legislativo 11 giugno 2002, n. 139, per la regione Friuli-Venezia Giulia con il decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110, per la regione Valle d'Aosta con il decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 116;
    in data 27 febbraio 2019 la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie richiedeva il parere del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Capo di Gabinetto del Ministro per le politiche europee su di uno schema di norma di attuazione dello statuto speciale della regione Siciliana recante trasferimento di funzioni a suddetta regione in materia di industria, artigianato e di agevolazioni alle relative imprese, con relativa relazione illustrativa;
    il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze, tramite i propri uffici legislativi, rispondevano a tale richiesta di parere, rispettivamente, nelle date del 15 aprile 2019 e del 19 giugno 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di definire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame l’iter con la Regione Siciliana per il transito di competenze e fondi relativi agli incentivi alle imprese, analogamente a quanto già fatto per tutte le altre regioni a statuto speciale.
9/2305/292Varrica.


   La Camera,
   premesso che:
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge un ruolo fondamentale per la salvaguardia dell'incolumità delle persone e dell'integrità dei beni, garantendo il soccorso non solo in occasione di incendi, ma anche in altre situazioni di emergenza, quali improvvisi (o minaccianti) crolli strutturali, frane, piene, alluvioni, o altra pubblica calamità;
    i cosiddetti vigili del fuoco discontinui rappresentano una risorsa fondamentale e indispensabile per consentire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco di svolgere al meglio le funzioni che la legge gli attribuisce nell'ambito del soccorso pubblico. I discontinui, infatti, sono vigili del fuoco a tutti gli effetti, che hanno svolto lo stesso addestramento dei propri colleghi assunti in pianta stabile nel Corpo, che intervengono con loro fianco a fianco nelle operazioni di soccorso, ma che, a differenza dei loro colleghi strutturati nel Corpo, non hanno un contratto di lavoro stabile e svolgono la loro opera in modo precario;
    a differenza dei vigili del fuoco permanenti, i vigili del fuoco discontinui vengono richiamati per brevi periodi di 20 giorni al mese (senza superare comunque i 160 giorni all'anno contrattualizzati e dunque gli 8 richiami annui) e la loro presenza serve per colmare le carenze di organico, garantendo l'operatività dei comandi provinciali ed integrando le squadre di intervento, nonché per svolgere attività di ordinaria amministrazione all'interno dei comandi;
    i vigili del fuoco discontinui sono distinti in due diverse categorie di appartenenza:
     a) personale congedato dopo aver prestato il servizio militare di leva in Italia che hanno offerto la propria disponibilità a proseguire il rapporto con il corpo;
     b) cittadini volontari che hanno seguito un corso specifico, presso i comandi di appartenenza, con esito favorevole (i cosiddetti «vigili del fuoco volontari»),

impegna il Governo

nell'ambito delle assunzioni ordinarie previste per il 2019 per il turn over conseguente ai pensionamenti dei vigili del fuoco permanenti, a valutare l'opportunità di riservare il 30 per cento del predetto turn over ai vigili del fuoco discontinui in possesso dei requisiti ordinari per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle disposizioni vigenti.
9/2305/293Tucci, Tripiedi, Pallini, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Perconti, Amitrano, Cominardi, Villani, Barbuto, Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio in esame contiene diverse misure in materia di politiche sociali e di welfare, al fine di favorire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro;
    il mercato del lavoro richiede sempre più una maggiore flessibilità da parte dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti sia nel pubblico che nel privato e, gli asili nido aziendali e interaziendali hanno dimostrato, dove istituiti, di rappresentare un rilevante supporto alle famiglie, consentendo ai genitori di organizzare meglio l'attività lavorativa e conseguentemente con minori preoccupazioni nella gestione della prole;
    una gran parte dei genitori, in particolar modo le mamme lavoratrici, torna al lavoro al termine del congedo parentale, intorno al sesto mese di vita del bambino e molto spesso, in assenza di supporto familiare o assenza di servizi per l'infanzia, esse sono costrette a lasciare il lavoro poiché, le difficoltà di conciliazione si manifestano maggiormente in presenza di figli piccoli, come testimonia la recente crescita del divario tra il tasso di occupazione delle madri di bambini in età prescolare e quello delle donne senza figli;
    uno dei problemi strutturali del nostro Paese, nonostante l'incremento delle misure di sostegno alla famiglia messe in atto nel provvedimento in esame, è rappresentato dalla carenza di strutture e di servizi socio-educativi per la prima infanzia che risulta ancora debole e presenta, tra l'altro, una distribuzione di forte sperequazione sul territorio nazionale, particolarmente evidente nelle regioni del Mezzogiorno come si evince dall'ultimo rapporto presentato dall'Istat nell'anno scolastico 2017-2018 poiché dai dati emerge che l'offerta dei servizi per la prima infanzia risulta essere limitata e a volte carente (es. in Campania la disponibilità di posti è meno di 9 bambini su 100) rispetto alle regioni del nord-ovest e nord-est (ad esempio Valle d'Aosta la disponibilità di posti è di 47 bambini su 100);
    già nel 2002, il Consiglio europeo di Barcellona, aveva indicato per gli Stati membri l'obiettivo di avere – entro il 2010 – tanti posti disponibili nei servizi per la prima infanzia per coprire almeno un terzo della domanda potenziale, cioè il 33 per cento dei bambini sotto i 3 anni, per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa al fine di promuovere anche la maggior partecipazione delle donne nel mercato del lavoro;
    sul territorio nazionale sono attivi 13.145 servizi educativi per la prima infanzia, i posti disponibili – di cui 51 per cento pubblici – coprono il 24,7 per cento dei potenziali utenti, bambini con meno di 3 anni, al di sotto del parametro del 33 per cento che avremmo dovuto raggiungere già nel 2010 in realtà, tale parametro è stato superato solo in pochissime regioni del centro-nord (Valle d'Aosta, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Provincia Autonoma di Trento), in altre regioni la copertura non supera il 15-20 per cento, fanalino di coda risulta essere la Campania con il 7,6 per cento;
    i dati sugli asili nido diffusi dall'Istat sono l'ennesima conferma di come ancora oggi, in Italia, a differenza di altri Paesi europei, i servizi per la prima infanzia rappresentano un'opportunità riservata ancora a pochi bambini ed è pertanto necessario garantire l'accesso al nido e ai servizi socio-educativi nei primissimi anni di vita per ridurre il gap delle disuguaglianze educative che purtroppo segnano il cammino dei minori sin dalle prime fasi della loro vita, pertanto la realizzazione e l'implementazione di un asilo nido rappresenta, sia per le istituzioni che per un'azienda, una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e dei loro bambini, oltre a rappresentare l'espressione di apertura culturale alle necessità del contesto sociale e lavorativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di assumere ulteriori iniziative finalizzate all'ampliamento dell'offerta degli asili nido, al fine di favorire e promuovere l'istituzione e la realizzazione di asili nido aziendali o interaziendali nell'ambito di aziende private, aziende sanitarie e, più in generale, di qualsiasi Ente o azienda pubblica per soddisfare le esigenze di conciliazione vita-lavoro per tutti i genitori lavoratori e lavoratrici.
9/2305/294Amitrano, Tripiedi, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Villani, Cominardi, Pallini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante «Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», rappresenta ad oggi il testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro;
    l'articolo 18 del su citato decreto, novellato dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 106 del 2009, prevede gli «Obblighi del datore di lavoro e del dirigente»;
    in particolar, i commi 3 e 3-bis dell'articolo 18 prevedono rispettivamente che gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restino a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico (comma 3); il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti (comma 3-bis);
    ritenendo sempre più impellente, ad oggi, una revisione della disciplina sulla responsabilità dei dirigenti scolastici in tema di sicurezza, alla luce delle numerose criticità emerse sul tema;
    considerando inderogabile esentare i Dirigenti Scolastici italiani da qualsiasi responsabilità, onere civile, amministrativo e penale, derivanti dai danni strutturali degli edifici scolastici da loro diretti, laddove abbiano tempestivamente richiesto alle autorità locali proprietarie dell'immobile l'intervento, sia strutturale che di manutenzione utile ad assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso;
    valutato che gli interventi relativi all'installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle istituzioni scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle istituzioni scolastiche sono a carico dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare con urgenza tutte le iniziative, anche a carattere normativo, da parte delle gerarchie competenti, al fine di delineare nettamente sia gli ambiti di responsabilità dei soggetti di cui all'articolo 18 del succitato Testo Unico di sicurezza sul lavoro, sia le modalità di intervento per scongiurare i rischi connessi agli edifici scolastici.
9/2305/295Vacca, Villani, Tripiedi, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Perconti, Amitrano, Cominardi, Pallini.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 3 dell'articolo 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, prevede l'articolazione delle aree dipartimentali di sanità pubblica, della tutela della salute negli ambienti di lavoro e della sanità pubblica veterinaria, prevedendo strutture organizzative specifiche, tra cui quella relativa alla «prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro» (lettera c));
    i manager delle Aziende sanitarie locali, affidano, quasi sempre, anche la direzione della struttura «prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro» al medico specializzato in medicina del lavoro o specializzazioni equipollenti e in alcuni casi ad altri professionisti;
    la sicurezza del lavoratore viene assicurata se vi è una direzione autorevole che programma e controlla l'attività di vigilanza in relazione ai rischi ai quali è esposto il lavoratore, causati dal luogo di lavoro, dai processi lavorativi, dall'uso delle attrezzature di lavoro e dalle sostanze chimiche, che per la loro natura sono regolamentati da norme tecniche sia cogenti che volontarie quali UNI e CEI;
    appare pleonastico evidenziare che lo studio dell'acustica e quindi del rumore nei luoghi di lavoro, delle vibrazioni, dei campi elettromagnetici, dell'impiego delle sostanze e dei preparati chimici durante il lavoro sono materie previste nei piani di studio di lauree tecniche, in primis la laurea in ingegneria;
   considerato che i Servizi di prevenzione e protezione (SPP) aziendali sono quasi sempre diretti da tecnici, i ruoli di Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione ed Esecuzione, ai sensi dell'articolo 98 del decreto legislativo n. 81 del 2008 sono assegnati ai tecnici, i consulenti dei datori di lavoro e dell'autorità giudiziaria sono sempre dei tecnici, anche nel caso di specie, occorrerebbe intervenire affinché l'interfaccia della pubblica amministrazione che deve vigilare sul buon operato di detti professionisti sia un professionista della stessa estrazione culturale, ovvero tecnica;
    ad avviso dello scrivente, si rende necessario uniformare, a livello nazionale, le scelte dei manager della Aziende sanitarie locali, sia per una efficace, efficiente ed appropriata garanzia dei Livelli essenziali di assistenza (LEA), sia per un risparmio della spesa pubblica, sia per rafforzare il ruolo del medico competente della sicurezza del lavoro;
    tra le figure tecniche, emerge la figura professionale dell'ingegnere che, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, che disciplina lo status giuridico del personale delle unità sanitarie locali, è inquadrato nel ruolo nominativo professionale regionale, sulla base del profilo professionale, determinato in relazione ai requisiti culturali e professionali e alla tipologia del lavoro;
    nel caso di specie, l'ingegnere si occupa della direzione degli uffici tecnici – con funzioni di gestione degli aspetti strutturali e impiantistici delle strutture edilizie proprie delle aziende sanitarie o di gestione degli aspetti tecnici delle apparecchiature utilizzate per le prestazioni sanitarie – e degli uffici a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro presso i dipartimenti di prevenzione;
    valutato che il CCNL Sanità per il ruolo professionale prevede un costo inferiore al ruolo sanitario. Circostanza non di poco conto se vista in scala nazionale. Difatti, una Struttura complessa diretta da un medico si differenzia dal punto di vista economico da un'analoga Struttura complessa diretta da un dirigente del ruolo professionale-tecnico-amministrativo (PTA) per due voci sostanziali presenti in busta paga: indennità di esclusività di rapporto, ossia 1.421,02 euro; indennità di specificità medica, ossia 645,57 euro;
    alle suddette voci si aggiungono, inoltre il contributo degli oneri riflessi [C.P.D.E.L. (23,80 per cento), l'INADEL PREVIDENZIALE (2,88 per cento) e l'IRAP (8,5 per cento)] che fanno lievitare il costo totale per l'amministrazione a circa 2.800,00 euro/mese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con un provvedimento a carattere normativo, al fine di prevedere, l'assegnazione della direzione della struttura organizzativa «prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro», di cui al comma 3, lettera c), dell'articolo 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, esclusivamente a una figura tecnica, con profilo d'ingegnere, iscritto nel ruolo professionale, di cui al succitato decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761.
9/2305/296Pallini, Tripiedi, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    sabato 3 novembre 2018 una ondata di maltempo ha colpito la regione Sicilia causando 12 vittime. Nove persone, tra cui un quindicenne e due bambini, di uno e tre anni, hanno perso la vita nel comune di Casteldaccia in provincia di Palermo dove le intense precipitazioni hanno provocato l'esondazione del fiume Milicia, in provincia di Palermo, che li ha intrappolati una abitazione;
    come si apprende dalle notizie di stampa e dai telegiornali, l'abitazione travolta dall'acqua era una villetta abusiva e alcune costruzioni, come quella travolta dal fango, sarebbero state edificate in prossimità dell'alveo del fiume, a una distanza inferiore a quella imposta per legge;
    nei giorni successivi alla tragedia il premier Conte si è prontamente recato sui luoghi interessati e, anche a seguito dell'accaduto, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza, recentemente prorogato di un anno. Sono state messe a disposizione risorse economiche per il dissesto idrogeologico e per interventi di sicurezza del territorio, per proteggere e salvaguardare le vite umane e ulteriori somme sono state stanziate per le autorità di bacino e per regolare i flussi d'acqua,

impegna il Governo:

   ad attuare misure di monitoraggio e vigilanza sull'utilizzo delle somme stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico e all'abusivismo edilizio per i comuni interessati dalle misure in premessa, quali il comune di Casteldaccia e quelli ricadenti nell'area territoriale precitata;
   a valutare l'opportunità di individuare compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, un intervento normativo volto a finanziare misure di tutela e di salvaguardia ambientale del territorio interessato.
9/2305/297Davide Aiello, Tripiedi, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Pallini, Tucci, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    sabato 3 novembre 2018 una ondata di maltempo ha colpito la regione Sicilia causando 12 vittime. Nove persone, tra cui un quindicenne e due bambini, di uno e tre anni, hanno perso la vita nel comune di Casteldaccia in provincia di Palermo dove le intense precipitazioni hanno provocato l'esondazione del fiume Milicia, in provincia di Palermo, che li ha intrappolati una abitazione;
    come si apprende dalle notizie di stampa e dai telegiornali, l'abitazione travolta dall'acqua era una villetta abusiva e alcune costruzioni, come quella travolta dal fango, sarebbero state edificate in prossimità dell'alveo del fiume, a una distanza inferiore a quella imposta per legge;
    nei giorni successivi alla tragedia il premier Conte si è prontamente recato sui luoghi interessati e, anche a seguito dell'accaduto, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza, recentemente prorogato di un anno. Sono state messe a disposizione risorse economiche per il dissesto idrogeologico e per interventi di sicurezza del territorio, per proteggere e salvaguardare le vite umane e ulteriori somme sono state stanziate per le autorità di bacino e per regolare i flussi d'acqua,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di attuare misure di monitoraggio e vigilanza sull'utilizzo delle somme stanziate per il contrasto al dissesto idrogeologico e all'abusivismo edilizio per i comuni interessati dalle misure in premessa, quali il comune di Casteldaccia e quelli ricadenti nell'area territoriale precitata;
   a valutare l'opportunità di individuare compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di bilancio, un intervento normativo volto a finanziare misure di tutela e di salvaguardia ambientale del territorio interessato.
9/2305/297. (Testo modificato nel corso della seduta) Davide Aiello, Tripiedi, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Pallini, Tucci, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il lavoro con contratto part-time di tipo verticale ciclico viene svolto in alcune settimane del mese o in alcuni mesi dell'anno ed è caratterizzato da prestazione lavorativa alternata a periodi di non attività;
    la suddetta tipologia lavorativa si caratterizza quindi per un orario, stabilito dal contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario «normale» di lavoro. Quest'ultimo è individuato dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2003 in 40 ore settimanali, ovvero nel minor orario previsto dal contratto collettivo di lavoro applicabile nella fattispecie;
    per i lavoratori del settore privato l'applicazione della disciplina in vigore ai rapporti di lavoro a tempo parziale verticale di tipo ciclico comporta che le settimane ricadenti nei periodi di esonero dall'attività lavorativa, non essendo coperte da versamenti contributivi, non vengano considerate nel calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto al trattamento pensionistico;
    l'istituto del part-time è usato come leva di «flessibilità» dalle aziende, per risolvere situazioni lavorative che non richiedono il pieno impegno del lavoratore, oppure per quei lavori che devono essere svolti solo in alcuni periodi dell'anno. Con la riforma Biagi, la precedente normativa (decreto legislativo n. 61 del 2001) è stata in parte integrata e in parte profondamente innovata;
    in particolare, i suddetti lavoratori in part-time ciclico verticale sono costretti a ricorrere alla via giudiziaria per vedersi riconoscere tutta l'anzianità contributiva, inclusa quella relativa ai periodi di non lavoro. L'Inps ha imposto da sempre un'interpretazione restrittiva, che penalizza pesantemente chi non per scelta, ma per imposizione delle aziende, è costretto a pause di inattività, pur essendo titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
    finora tutti i ricorsi legali hanno portato a un identico risultato, cioè alla condanna dell'istituto previdenziale pubblico a ricalcolare l'anzianità contributiva dei lavoratori ricorrenti con contratto part-time ciclico verticale. Al riguardo la Cassazione è intervenuta con la sentenza n. 8772 ribadendo il principio di non discriminazione nei trattamenti tra i lavoratori con contratto full-time e quelli in part-time ciclico verticale, ma l'elenco dei verdetti è ben più nutrito: solo dalla Corte di legittimità in meno di due anni ne sono stati emessi ben 8. Se a queste sentenze si aggiungono quelle emesse dai tribunali territoriali, l'elenco si allunga ulteriormente, in modo sufficiente per parlare di un orientamento giurisprudenziale univoco, ben consolidato; inoltre la Corte di Giustizia europea, con la pronuncia n. 395 del 10 giugno 2010, ha ribadito che «l'esclusione dei periodi di non lavoro dall'anzianità contributiva può essere giustificata solo se la prestazione lavorativa sia stata interrotta o sospesa per un impedimento, tale da giustificare l'accredito limitato della contribuzione»;
    in tutti i dispositivi finora acquisiti, si richiama peraltro quanto già stabilito nel 2010 dalla Corte europea di giustizia, nella sentenza C-395/08 e C-396/08, laddove ha affermato che «la disciplina italiana sul trattamento pensionistico prevista per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico è sfavorita rispetto a quelle concernenti gli altri lavoratori»;
    secondo la suddetta Corte, il principio di non discriminazione scaturente dalla Direttiva n. 97/81 – che l'Italia ha fatto propria con il decreto legislativo n. 61 del 2000 – fa sì che l'anzianità contributiva necessaria per l'individuazione della data relativa al diritto della pensione debba essere calcolata, per chi è a tempo parziale, come se avesse lavorato a tempo pieno. Da ciò discende che debbano essere prese in considerazione, in via integrale, anche periodi di non lavoro. Alla luce di queste considerazioni, conclude la sentenza, «osta una normativa nazionale la quale, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, esclude i periodi non lavorati dal calcolo dell'anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, salvo che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive»;
    la questione investe tutti i dipendenti che svolgono attività «ciclica», vale a dire intervallata da periodi di sosta dovuti a specifiche caratteristiche del ciclo produttivo (per esempio: la pulizia degli spazi e la gestione delle mense scolastiche, che chiudono nella pausa estiva; i servizi di ausiliariato e assistenza ad personam; attività tipiche del settore del trasporto aereo, soggetto a un calendario ben preciso, e turistico-alberghiero);
    sulla base di una recente indagine attuariale, basata sui dati registrati negli archivi amministrativi dell'INPS, sono stati stimati gli oneri derivanti dalla valorizzazione ai fini pensionistici dei periodi prestati con rapporti di lavoro part-time di tipo verticale ciclico. Per l'anno 2020 si stima che:
     a) il numero di pensioni anticipate sia di 3.5 milioni;
     b) non vi siano richieste di pensione di vecchiaia;
     c) il maggiore onere corrisponda a 21,7 milioni di euro;
    complessivamente, in base ai dati attuariali, si stimano, dal 2019 al 2028:
     a) 3,3 milioni di soggetti interessati alla pensione anticipata;
     b) 0,1 milioni di soggetti che raggiungeranno la pensione di vecchiaia (con un onere stimato a 3, 4 milioni di euro);
     c) maggiori oneri per entrambe le fattispecie di pensioni, stimabili a 56,0 milioni di euro,

impegna il Governo

anche alla luce delle sentenze citate in premessa, a valutare l'opportunità di intervenire con provvedimenti a carattere normativo, al fine di tutelare il lavoratore in part-time ciclico verticale, disponendo che il periodo prestato con contratto di lavoro a tempo parziale sia da considerare intero, ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione, nei limiti previsti dall'applicazione del minimale retributivo, di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 463 del 1983.
9/2305/298Cominardi, Tripiedi, Siragusa, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Perconti, Amitrano, Pallini, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    alla luce della normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, il decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67 consente, ai lavoratori addetti a mansioni particolarmente pesanti e faticose, cosiddetti lavori usuranti, di andare in pensione in anticipo rispetto ai tempi normali;
    le lavorazioni oggetto di questo beneficio sono i lavori usuranti di cui all'articolo 2 del decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 19 maggio 1999;
    nel 2020, in base al già citato quadro normativo, rientreranno nell'elenco dei lavori usuranti e mansioni particolarmente gravose, ai fini anche del diritto all'anticipo pensionistico, soltanto coloro che: svolgono lavori in gallerie, cave o miniere; ad alte temperature; in cassoni aria compressa; in catena di montaggio; palombari; in spazi ristretti; in asportazione di amianto; in lavorazioni del vetro cavo lavorano all'interno di un processo produttivo in serie, in attività con ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo; sono addetti al controllo computerizzato della produzione e al controllo qualità; effettuano un lavoro a turno, volgendo altresì un lavoro notturno per almeno 6 ore non meno di 64 giorni lavorativi l'anno; sono conducenti di veicoli adibiti al trasporto pubblico purché di capienza complessiva non inferiore a nove posti;
    tra i lavoratori svolgenti mansioni particolarmente usuranti, così come su individuate, non sono contemplati i conducenti di automezzi speciali, quali risultano essere i lavoratori del Ministero della giustizia adibiti alla guida delle auto-blindate, di scorta ai magistrati, le cui mansioni non dovrebbero sfuggire dalla previsione normativa che tutela le «lavorazioni» particolarmente faticose e pesanti ai fini del riconoscimento dell'accesso anticipato al pensionamento;
    appare del tutto ingiustificato, anche sotto un profilo della diseguaglianza di trattamento, il mancato riconoscimento della natura di lavoro usurante per le prestazioni rese da questi dipendenti del comparto Giustizia, in quanto è ormai dato acquisito – come segnalato anche dalle organizzazioni sindacali – che i conduttori di mezzi di trasporto siano una categoria caratterizzata da molti eccessi di morbosità (e tale circostanza è tanto più vera quando si faccia riferimento agli autisti di mezzi speciali) tanto che si è assistito nel corso degli anni ad un ampliamento del riconoscimento della fattispecie di lavoro usurante a varie tipologie di conducenti, sia ad opera del decreto legislativo n. 67 del 2011 che ne ha introdotto il riconoscimento per i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, sia ad opera della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che riconosce tale caratteristica alle prestazioni rese dai conducenti dei mezzi pesanti e camion,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e i vincoli di finanza pubblica, di inserire tra le attività usuranti, quelle svolte dai conducenti di automezzi speciali presso il Ministero della giustizia.
9/2305/299Perconti, Tripiedi, Pallini, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Segneri, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, ha reso operativo l'Ispettorato nazionale del lavoro, gli ispettori di Inps e Inail, che sono stati inglobati in un'unica struttura;
    l'introduzione del ruolo ad esaurimento ad opera del decreto legislativo n. 149 del 2015, con il conseguente blocco delle facoltà assunzionali da parte dell'INPS, sta determinando di fatto, una sempre minore incisività nella lotta all'evasione contributiva, rischiando di minare anche l'autonomia giuridica e funzionale di ciascuno degli enti in parola, nell'esercizio dell'attività ispettiva posta a salvaguardia dell'efficienza, dell'efficacia e della economicità dell'azione amministrativa;
   considerato che la complessità del sistema previdenziale, rende di fondamentale importanza l'inserimento dell'ispettore all'interno della tecnostruttura dell'Inps per comprendere le problematiche ed interpretare i fenomeni evasivi ed elusivi;
    inoltre, in previsione della necessità di consolidare il contrasto all'evasione, all'elusione contributiva ed alla correlata evasione fiscale, nonché in considerazione degli attuali modelli organizzativi degli enti Inps e Inail (la cui attività di vigilanza trae origine dall'analisi documentale delle denunce pervenute agli istituti da parte dei datori di lavoro), oltre alle esigenze riconducibili alle relative attività istituzionali (acquisizione dei contributi ed erogazioni delle prestazioni, nonché dei premi assicurativi), si ritiene che il personale ispettivo impiegato per il contrasto alle citate specifiche violazioni riconducibili alla materia previdenziale e assicurativa debba essere integrato negli organici dei suddetti enti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, con futuri provvedimenti di carattere normativo, di abrogare la previsione legislativa relativa al «ruolo ad esaurimento» per i funzionari di vigilanza Inps, di cui all'articolo 6, comma 3, e articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 149 del 2015, al fine di ripristinare il profilo permanente del personale ispettivo all'interno dell'Inps così da salvaguardare l'autonomia giuridica e funzionale dello stesso ente nell'esercizio dell'attività ispettiva;
   in ragione delle esigenze tecniche e funzionali dei soggetti coinvolti, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ad incrementare attraverso le adeguate risorse finanziarie la dotazione organica di ciascun ente del numero di ispettori necessari.
9/2305/300Tripiedi, Costanzo, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Segneri, Pallini, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Perconti, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, ha reso operativo l'Ispettorato nazionale del lavoro, gli ispettori di Inps e Inail, che sono stati inglobati in un'unica struttura;
    l'introduzione del ruolo ad esaurimento ad opera del decreto legislativo n. 149 del 2015, con il conseguente blocco delle facoltà assunzionali da parte dell'INPS, sta determinando di fatto, una sempre minore incisività nella lotta all'evasione contributiva, rischiando di minare anche l'autonomia giuridica e funzionale di ciascuno degli enti in parola, nell'esercizio dell'attività ispettiva posta a salvaguardia dell'efficienza, dell'efficacia e della economicità dell'azione amministrativa;
   considerato che la complessità del sistema previdenziale, rende di fondamentale importanza l'inserimento dell'ispettore all'interno della tecnostruttura dell'Inps per comprendere le problematiche ed interpretare i fenomeni evasivi ed elusivi;
    inoltre, in previsione della necessità di consolidare il contrasto all'evasione, all'elusione contributiva ed alla correlata evasione fiscale, nonché in considerazione degli attuali modelli organizzativi degli enti Inps e Inail (la cui attività di vigilanza trae origine dall'analisi documentale delle denunce pervenute agli istituti da parte dei datori di lavoro), oltre alle esigenze riconducibili alle relative attività istituzionali (acquisizione dei contributi ed erogazioni delle prestazioni, nonché dei premi assicurativi), si ritiene che il personale ispettivo impiegato per il contrasto alle citate specifiche violazioni riconducibili alla materia previdenziale e assicurativa debba essere integrato negli organici dei suddetti enti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, con futuri provvedimenti di carattere normativo, di abrogare la previsione legislativa relativa al «ruolo ad esaurimento» per i funzionari di vigilanza Inps, di cui all'articolo 6, comma 3, e articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 149 del 2015, al fine di ripristinare il profilo permanente del personale ispettivo all'interno dell'Inps così da salvaguardare l'autonomia giuridica e funzionale dello stesso ente nell'esercizio dell'attività ispettiva;
   in ragione delle esigenze tecniche e funzionali dei soggetti coinvolti, nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di incrementare attraverso le adeguate risorse finanziarie la dotazione organica di ciascun ente del numero di ispettori necessari.
9/2305/300. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi, Costanzo, Invidia, Cubeddu, De Lorenzo, Segneri, Pallini, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Perconti, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    in base ai dati in possesso dell'Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), oltre un milione di persone, in età lavorativa, risulterebbero affetti da tumori;
    secondo un'indagine Favo-Censis in Italia 274 mila persone sarebbero state licenziate o costrette alle dimissioni a seguito della diagnosi di tumore. Il 78 per cento dei malati oncologici avrebbe subito un cambiamento nel lavoro: il 36,8 per cento avrebbe fatto assenze, il 20,5 sarebbe stato costretto a lasciare la propria occupazione e il 10,2 si sarebbe dimesso o avrebbe interrotto l'attività professionale autonoma;
    il lavoratore malato oncologico, che intende continuare a lavorare durante i trattamenti può usufruire di forme di flessibilità come ad esempio il tempo parziale o il telelavoro;
    il lavoratore malato di tumore ha diritto a conservare il posto per un determinato periodo, chiamato «periodo di comporto». Tuttavia, i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro spesso prevedono la possibilità di conservare il posto «senza retribuzione» anche nei casi in cui l'assenza per malattia superi il succitato periodo di comporto, le cui modalità di calcolo avvengono generalmente in maniera «secca» o per «sommatoria»;
   considerato che i permessi e i congedi dal lavoro sono regolamentati da norme specifiche;
    il lavoratore affetto da patologia oncologica, ottenuto il riconoscimento dello «stato di handicap in situazione di gravità» può usufruire, a scelta, di un permesso retribuito di 2 ore giornaliere o di 3 giorni mensili (articolo 33, comma 6, legge n. 104/1992). Di analoghi permessi potrà usufruire anche il familiare che fornisca assistenza al malato oncologico, purché la persona non sia ricoverata a tempo pieno (articolo 33 comma 3, legge 104/1992), salvo eccezioni;
    se viene riconosciuta al lavoratore ammalato di cancro un'invalidità civile superiore al 50 per cento, questi ha diritto ad un periodo di congedo retribuito per cure mediche della durata massima di 30 giorni all'anno, da fruire anche in maniera frazionata (articolo 7 decreto legislativo n. 119 2011);
    i giorni di congedo retribuito per cure sono accordati dal datore di lavoro a seguito di apposita domanda, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica, dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all'infermità invalidante riconosciuta;
    nel caso in cui le cure del lavoratore malato oncologico consistano in trattamenti continuativi, il lavoratore non sarà obbligato a produrre di volta in volta la giustificazione dell'assenza, ma produrre un'attestazione cumulativa. I giorni di congedo per cure si aggiungono ai giorni di malattia previsti dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, applicato alla propria categoria è pertanto non sono computati ai fini del «periodo di comporto»;
    i contratti degli enti pubblici vigenti, che disciplinano le assenze e i permessi dei pubblici dipendenti in caso di malattia, hanno causato gravi problemi ai lavoratori malati oncologici e cronici, in quanto non hanno tenuto conto della necessità di usufruire di detti permessi, per l'effettuazione di esami e controlli sanitari, stabilendo un limite di «diciotto ore annuali» di assenza retribuita;
    alcuni Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro di settore e alcuni contratti aziendali avrebbero ampliato la portata della norma che regolamenta le cosiddette giornate di ferie o riposo «solidali» cedibili ai colleghi di lavoro in difficoltà, riconoscendo il diritto anche ai lavoratori con «gravi e comprovati motivi documentabili»;
    per i lavoratori che presentano patologie oncologiche gravi o croniche, i controlli sanitari sono essenziali per prevenire l'insorgenza di metastasi,

impegna il Governo

nell'ottica di tutelare la salute del lavoratore, affetto da patologie oncologiche gravi o croniche, a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso futuri interventi a carattere normativo, l'aumento delle diciotto ore di permesso, attualmente previste dai CCNL, per consentire agli stessi di effettuare visite, esami strumentali, e cure mediche frequenti.
9/2305/301Segneri, Tripiedi, Invidia, Siragusa, Cubeddu, De Lorenzo, Costanzo, Pallini, Ciprini, Davide Aiello, Tucci, Amitrano, Cominardi, Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    come denunciato dal Corriere della Sera, edizione di Torino, in data 13 dicembre 2019, l'area metropolitana del torinese vive una fase molto complessa dal punto di vista economico e sociale;
    gli occupati dell'area metropolitana torinese sono scesi di 9 mila unità tra il 2008 e il 2018;
    le vertenze aperte in Piemonte riguardano quattromila lavoratori e spaziano dall'automotive al terziario, come denunciato dai sindacati;
    in due decenni, dal 1999 al 2018, la produzione di auto in Italia si è pressoché dimezzata, passando dai 10,2 milioni del periodo compreso tra il 1999 e il 2008, ai 5,6 mln nel periodo 2009-2018;
    nello stesso periodo i posti di lavoro sono calati del 41 per cento e le ore lavorate del 35 per cento. In particolare, per quanto riguarda l'area torinese, nel 2006 le auto prodotte da Fca sono state 218 mila con 6 modelli contro le 43 mila del 2018 con 3 modelli e al 31 agosto di quest'anno le vetture prodotte sono state poco più di 11 mila;
    il Piemonte in dieci anni ha perso 18 mila posti di lavoro nell'automotive e Torino, sempre dal 2008 al 2018, è passata a produrre dal 22,8 per cento al 6,4 per cento di tutte le auto realizzate negli stabilimenti italiani;
    come riportato su Repubblica.it in data 14 dicembre 2019, un lungo corteo di 5 mila persone è sfilato per più di un'ora nel centro di Torino, chiedendo un piano per il lavoro «che risolva il paradosso tra i grandi progetti strategici delle istituzioni, del Politecnico e delle fondazioni bancarie, con aziende che non hanno commesse, o delocalizzano e licenziano»;
    nel corteo hanno sfilato delegati sindacali, parlamentari e politici;
    a Torino la disoccupazione giovanile è al 32 per cento, seconda solo a Genova, nel Nord Italia;
    il problema denunciato dai sindacati a Torino investe in verità l'intero territorio nazionale: se il gruppo Mahle ha annunciato l'imminente chiusura del sito di La Loggia, nel torinese, e della fonderia di Saluzzo dove si realizzano pistoni per auto, puntando a spostare la produzione in Polonia, a Modugno (Bari) la Bosch vuol ridimensionare il personale per «sovracapacità produttiva», mentre a Pratola Serra è in difficoltà lo stabilimento Fca che produce motori diesel;
    con il decreto-legge n. 87 del 2018, e in particolare con l'articolo 5, erano state già previste due diverse ipotesi di decadenza per «le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale» che hanno beneficiato «di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio» e che «delocalizzano» – anche solo in parte – l'attività economica interessata da tale beneficio, facendo comunque salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali e dalla normativa europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere nuove iniziative volte a contrastare il fenomeno della delocalizzazione industriale, valorizzando e promuovendo il made in Italy, nonché incentivando nuove connessioni tra imprese, istituzioni e territorio per il rilancio dello sviluppo locale e l'occupazione.
9/2305/302Costanzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto della progressione economica orizzontale si applica al personale a tempo indeterminato in servizio presso l'ente di appartenenza, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 23 del decreto legislativo n. 150 del 2009;
    la quota dei dipendenti che potranno accedere alla posizione economica superiore andrà determinata tenendo conto dell'obbligo di permanere in una certa posizione economica per almeno 24 mesi, lasso di tempo comunque eventualmente incrementabile dalla contrattazione decentrata, il processo selettivo delle progressioni economiche è storicamente molto complesso, in misura oggettivamente sproporzionata rispetto all'entità dei benefici economici derivanti;
    si prevede, infatti, che la selezione dei dipendenti cui incrementare il trattamento economico si basi sulle risultanze della valutazione della performance individuale del triennio che precede l'anno in cui è indetta la procedura valutativa. Per determinare la «graduatoria» degli aspiranti, si dovrà tenere conto anche dell'esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento e delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi;
    il primo comma del succitato articolo 23 rimanda alla sola contrattazione collettiva (nazionale e integrativa) la determinazione delle progressioni orizzontali, stabilendo che «Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche di cui all'articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro e nei limiti delle risorse disponibili», mentre il comma 2 del medesimo articolo prescrive che «Le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione»;
    ne discende, quindi che le Amministrazioni Pubbliche debbano riconoscere le progressioni economiche, seguendo come unico ed inderogabile parametro di riferimento quello fornito «dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro»;
    i contratti collettivi nazionali, si sono limitati a confermare il medesimo concetto espresso dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 150 del 2009;
    la circolare della Ragioneria Generale dello Stato 15/2015, all'allegato 1, nel fornire le istruzioni per la compilazione del Conto Annuale afferma che: «nell'ambito della sezione Peo-Progressioni economiche orizzontali a valere sul fondo dell'anno di rilevazione è confermata l'indicazione che ”riferito ad un numero limitato di dipendenti” è da intendersi riferito a non oltre il 50 per cento degli aventi diritto ad accedere alla procedura»;
    tale unilaterale determinazione da parte della Ragioneria generale dello stato si sovrappone alle previsioni del contratto collettivo, alla funzione stessa del sindacato, che, ai sensi del decreto legislativo n. 165/2001 svolge un ruolo di agente contrattuale, ossia applica e fa applicare i contratti collettivi sottoscritti e vigenti;
    i precedenti ministri della Funzione pubblica non si sono mai espressi con riguardo alla quantificazione della succitata «parte limitata»,

impegna il Governo

al fine di armonizzare il numero di progressioni economiche (orizzontali) realizzabili, a valutare l'opportunità di intervenire con idonei provvedimenti a carattere normativo, per stabilire un tetto massimo di quelle conseguibili, corrispondenti ad almeno il 70 per cento rimanendo impregiudicata l'autonomia contrattuale.
9/2305/303Cubeddu, De Lorenzo.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 56 del 2019 ai fini dell'osservanza dell'orario di lavoro alle amministrazioni pubbliche è imposto il ricorso a sistemi di verifica biometrica dell'identità;
    l'approccio e la narrazione di un settore pubblico con dipendenti c.d. «furbetti» interessati esclusivamente ad aggirare le regole e la disciplina lavorativa rappresenta un ostacolo allo sviluppo e al rilancio della qualità dell'impiego pubblico nonché dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese;
    l'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea dispone che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano e che tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge;
    ai fini del rispetto dei principi di necessità e proporzionalità (comunque applicabili anche in presenza della previsione normativa del trattamento, con fonte legislativa o regolamentare), l'utilizzo di tali sistemi di rilevazione biometrica dovrebbe essere reso residuale, applicabile cioè solo ove altri sistemi di rilevazione delle presenze non risultino idonei rispetto agli scopi perseguiti;
    il rispetto del canone di proporzionalità – inteso quale giustificazione della limitazione del diritto alla protezione dati in presenza di concrete esigenze – esige, poi, di ancorare l'utilizzo dei suddetti sistemi di rilevazione alla sussistenza di fattori di rischio specifici ovvero a particolari presupposti, quali ad esempio le dimensioni dell'ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale;
    pertanto, l'astratta, generalizzata e indifferenziata presunzione normativa di sussistenza, per tutte le pubbliche amministrazioni, di fattori di rischio tali da far ritenere quello biometrico l'unico sistema in grado di assicurare il rispetto dell'orario di lavoro non appare compatibile con il principio di proporzionalità;
    per realizzare il condivisibile fine del contrasto dell'assenteismo e della falsa attestazione della presenza in servizio dovrebbe, pertanto, farsi previo ricorso a misure meno limitative del diritto alla protezione dei dati, utilizzando i sistemi di rilevazione biometrica, in presenza di fattori di rischio specifici, qualora soluzioni meno invasive debbano ragionevolmente ritenersi inidonee allo scopo,

impegna il Governo

a superare l'aprioristico approccio della disposizione richiamata in premessa e a valorizzare il lavoro dei dipendenti pubblici al fine di garantire sempre più alti livelli di qualità dei servizi anche per mezzo di politiche di benessere organizzativo all'interno delle stesse amministrazioni.
9/2305/304Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 56 del 2019 ai fini dell'osservanza dell'orario di lavoro alle amministrazioni pubbliche è imposto il ricorso a sistemi di verifica biometrica dell'identità;
    l'approccio e la narrazione di un settore pubblico con dipendenti c.d. «furbetti» interessati esclusivamente ad aggirare le regole e la disciplina lavorativa rappresenta un ostacolo allo sviluppo e al rilancio della qualità dell'impiego pubblico nonché dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese;
    l'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea dispone che ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano e che tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge;
    ai fini del rispetto dei principi di necessità e proporzionalità (comunque applicabili anche in presenza della previsione normativa del trattamento, con fonte legislativa o regolamentare), l'utilizzo di tali sistemi di rilevazione biometrica dovrebbe essere reso residuale, applicabile cioè solo ove altri sistemi di rilevazione delle presenze non risultino idonei rispetto agli scopi perseguiti;
    il rispetto del canone di proporzionalità – inteso quale giustificazione della limitazione del diritto alla protezione dati in presenza di concrete esigenze – esige, poi, di ancorare l'utilizzo dei suddetti sistemi di rilevazione alla sussistenza di fattori di rischio specifici ovvero a particolari presupposti, quali ad esempio le dimensioni dell'ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale;
    pertanto, l'astratta, generalizzata e indifferenziata presunzione normativa di sussistenza, per tutte le pubbliche amministrazioni, di fattori di rischio tali da far ritenere quello biometrico l'unico sistema in grado di assicurare il rispetto dell'orario di lavoro non appare compatibile con il principio di proporzionalità;
    per realizzare il condivisibile fine del contrasto dell'assenteismo e della falsa attestazione della presenza in servizio dovrebbe, pertanto, farsi previo ricorso a misure meno limitative del diritto alla protezione dei dati, utilizzando i sistemi di rilevazione biometrica, in presenza di fattori di rischio specifici, qualora soluzioni meno invasive debbano ragionevolmente ritenersi inidonee allo scopo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di superare l'aprioristico approccio della disposizione richiamata in premessa e di valorizzare il lavoro dei dipendenti pubblici al fine di garantire sempre più alti livelli di qualità dei servizi anche per mezzo di politiche di benessere organizzativo all'interno delle stesse amministrazioni.
9/2305/304. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2009 ha disposto che dal 1o gennaio 2010 le amministrazioni pubbliche coprono i posti disponibili nella dotazione organica esclusivamente attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni;
    l'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, stabilisce, al comma 1-bis, che «Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso»;
    per effetto delle richiamate previsioni normative, a decorrere dal 1o gennaio 2010, le progressioni tra le aree si sono potute realizzare esclusivamente attraverso lo strumento del concorso pubblico con riserva a favore del personale interno (non superiore al 50 per cento dei posti messi a concorso), ferma restando la necessità del possesso, da parte di questo personale, dei medesimi titoli di studio richiesti per l'assunzione dall'esterno;
    il decreto legislativo n. 75 del 2017, c.d. decreto Madia ha aperto nuovi spazi alla progressione verticale, prevedendo per gli anni 2018-2020 presupposti e vincoli differenti rispetto alla norma a regime di cui al richiamato articolo 52; prevedendo nello specifico all'articolo 22, comma 15 che «Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001»;
    anche a causa delle misure di blocco assunzionale imposte alle pubbliche amministrazioni nel corso dell'ultimo decennio, in taluni casi anche al fine di garantire l'erogazione dei servizi, il personale pubblico ha svolto anche attività non specificatamente previste dal proprio inquadramento professionale ai sensi dei contratti collettivi, dando così adito al cosiddetto fenomeno del «mansionismo». A causa di tali dinamiche al tempo stesso il predetto personale ha avuto modo di acquisire anche competenze e funzioni propedeutiche ad eventuali progressioni tra le aree;
    da tale fenomeno si sono altresì registrati casi di contenzioso giudiziario con aggravio sulle case pubbliche laddove le amministrazioni sono state condannate,

impegna il Governo

a prevedere un intervento, anche di tipo normativo, che risponda all'esigenza di deflazionare fenomeni di contenzioso attraverso l'innalzamento del numero di posti previsti dal richiamato articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 per le procedure selettive riservate oltre il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria.
9/2305/305De Lorenzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2009 ha disposto che dal 1o gennaio 2010 le amministrazioni pubbliche coprono i posti disponibili nella dotazione organica esclusivamente attraverso concorsi pubblici, con riserva non superiore al cinquanta per cento a favore del personale interno, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni;
    l'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001, stabilisce, al comma 1-bis, che «Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso»;
    per effetto delle richiamate previsioni normative, a decorrere dal 1o gennaio 2010, le progressioni tra le aree si sono potute realizzare esclusivamente attraverso lo strumento del concorso pubblico con riserva a favore del personale interno (non superiore al 50 per cento dei posti messi a concorso), ferma restando la necessità del possesso, da parte di questo personale, dei medesimi titoli di studio richiesti per l'assunzione dall'esterno;
    il decreto legislativo n. 75 del 2017, c.d. decreto Madia ha aperto nuovi spazi alla progressione verticale, prevedendo per gli anni 2018-2020 presupposti e vincoli differenti rispetto alla norma a regime di cui al richiamato articolo 52; prevedendo nello specifico all'articolo 22, comma 15 che «Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001»;
    anche a causa delle misure di blocco assunzionale imposte alle pubbliche amministrazioni nel corso dell'ultimo decennio, in taluni casi anche al fine di garantire l'erogazione dei servizi, il personale pubblico ha svolto anche attività non specificatamente previste dal proprio inquadramento professionale ai sensi dei contratti collettivi, dando così adito al cosiddetto fenomeno del «mansionismo». A causa di tali dinamiche al tempo stesso il predetto personale ha avuto modo di acquisire anche competenze e funzioni propedeutiche ad eventuali progressioni tra le aree;
    da tale fenomeno si sono altresì registrati casi di contenzioso giudiziario con aggravio sulle case pubbliche laddove le amministrazioni sono state condannate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un intervento, anche di tipo normativo, che risponda all'esigenza di deflazionare fenomeni di contenzioso attraverso l'innalzamento del numero di posti previsti dal richiamato articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 per le procedure selettive riservate oltre il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria.
9/2305/305. (Testo modificato nel corso della seduta) De Lorenzo.


   La Camera,
   premesso che:
    da diversi anni, l'evasione fiscale e le frodi tributarie nel settore della distribuzione dei carburanti in Italia hanno assunto i contorni di una vera e propria piaga, che sottrae all'erario – e quindi ai cittadini – ingenti somme di denaro ogni anno;
    in tale ambito sono state accertate numerose e variegate irregolarità nel settore della vendita dei prodotti energetici, sia presso i depositi e gli impianti di stoccaggio, sia presso le aree di servizio stradali ed autostradali, tra cui la commercializzazione di carburanti originariamente destinati ad usi agevolati e successivamente distratti per l'ordinario utilizzo ad uso autotrazione nonché di prodotti di natura diversa da quelli dichiarati, talvolta aventi caratteristiche chimico-fisiche potenzialmente dannose per le autovetture;
    la Circolare dell'Agenzia delle Dogane 1o Agosto 2016 n. 19 aveva già individuato nel sistema informatizzato impiegato presso gli stabilimenti di produzione di prodotti petrolchimici soggetti ad accisa operanti in INFOIL ai sensi del DM 169/09, gli strumenti anche per l'accertamento delle quantità di benzina, gasolio o cherosene movimentate e giacenti nei depositi fiscali di stoccaggio;
    l'ammodernamento della strumentazione di verifica e di contrasto dei fenomeni illeciti in uso alla Guardia di finanza consentirebbe di avvalersi di strumenti di ultima generazione capaci non solo di rilevare le quantità di gasolio in transito, di trasmettere i dati ad un'unità centrale che, tramite sim dedicata, li inoltri in tempo reale all'Agenzia Fiscale, ma anche di avvalersi di contatori fiscali volumetrici, dotati di apposite sim, dedicati al controllo quantitativo di prodotto caricato/scaricato, con contestuale trasmissione dei relativi dati in tempo reale all'Agenzia Fiscale, nonché di acquistare spettrofotometri per l'identificazione delle sostanze contenute nei campioni di carburante oggetto di accertamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di favorire l'attività di contrasto del fenomeno dell'illegalità nel settore dei carburanti, con particolare riferimento all'utilizzo di strumenti di misurazione quali-quantitativi per i depositi fiscali nonché per l'ammodernamento della strumentazione in uso della Guardia di Finanza.
9/2305/306De Toma, Rachele Silvestri, Scanu, Sut, Vallascas.


   La Camera,
   premesso che:
    il trasporto è uno dei settori di maggiore impatto in termini di emissioni di CO2 ed è responsabile dell'emissione di inquinanti, come CO, NOx e particolato, che hanno un impatto locale e incidono direttamente sulla salute umana;
    i commi 107-109 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame dispongono in ordine agli autoveicoli delle pubbliche amministrazioni, prescrivendo che il rinnovo della loro dotazione avvenga per almeno la metà mediante acquisto o noleggio di veicoli ad energia elettrica o ibrida o a idrogeno;
    sebbene, sovente, gli autoveicoli in uso alla PA siano in numero molto limitato rispetto agli autoveicoli in uso ai privati, la dismissione di veicoli obsoleti e inquinanti, alimentati a benzina o diesel e la loro conversione in ibrido o elettrico o idrogeno porterebbe risparmi per la stessa non solo sotto il profilo delle spese per la gestione e l'utilizzo degli stessi e ma, al contempo, contribuirebbe a rendere le PA soggetti attivi del processo di transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, a partire dalla riduzione dell'inquinamento urbano causato dai veicoli con motori tradizionali;
    in particolare, nei casi in cui i veicoli non garantiscano più un adeguato svolgimento del servizio o per il loro utilizzo risulti necessario un intervento radicale di riparazione con costi non più sostenibili, vista la vetustà e la percorrenza, risulta cruciale individuare quale sia la quota di veicoli a combustione interna potenzialmente sostituibili con veicoli ibridi, elettrici o a idrogeno e identificarli all'interno delle flotte veicolari dei singoli enti delle Pubbliche Amministrazioni;
    il ricorso, poi, ad una progressiva sostituzione dei motori endotermici con motori elettrici o a idrogeno (ad esempio attraverso il ricorso al Kit di retrofit già presenti sul mercato) consentirebbe un'operazione di economia circolare che progressivamente accompagnerebbe il processo di rigenerazione del parco auto obsoleto ed inquinante della PA, secondo le strategie europee e gli accordi internazionali per l'ambiente,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, nell'ambito dei vincoli di finanza pubblica, di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate ad affiancare all'acquisto e al noleggio anche la conversione dei veicoli esistenti in uso alla PA in veicoli ad energia elettrica, ibrida o ad idrogeno al fine di consentire il riuso di vetture altrimenti destinate alla rottamazione;
   a valutare l'opportunità, nell'ambito dei vincoli di finanza pubblica, di prevedere la redazione di un documento teso a valutare ex ante i costi-benefici della conversione, dell'acquisto e del noleggio dei veicoli al fine di razionalizzare e rendere economicamente più efficienti le scelte della PA.
9/2305/307Berardini, Scanu, Rizzone, Sut.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 3-ter, del decreto-legge n. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge n. 28 giugno 2019, n. 58, consente ai beneficiari della detrazione per gli interventi di realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del TUIR, di cedere il proprio credito ai fornitori di beni e servizi necessari alla realizzazione dei predetti interventi;
    i fornitori possono a loro volta cedere il credito ai propri fornitori, con l'esclusione di ulteriori cessioni da parte di questi ultimi; in ogni caso è esclusa la cessione a istituti di credito e intermediari finanziari;
    il meccanismo della cessione del credito, di fatto, facilita la realizzazione di interventi di risparmio energetico non qualificato come, ad esempio, l'installazione di impianti fotovoltaici, a tutti quei soggetti che potrebbero essere impossibilitati altrimenti a sostenere dal punto di vista economico tale tipologia di interventi;
    la ratio alla base della norma risiede, pertanto, nel favorire i soggetti con una scarsa capienza Irpef, i quali possono beneficiare nell'immediato del credito corrispondente alla detrazione, senza dover attendere il recupero totale nell'arco di dieci anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di adottare iniziative, anche di carattere normativo, tese a potenziare gli strumenti agevolativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
9/2305/308Sut, Scanu, Rizzone.


   La Camera,
   premesso che:
    il regime di maggiore tutela garantisce un livello di servizio e di tariffe stabilite, regolate e aggiornate trimestralmente dall'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA);
    dal 2007 con la completa liberalizzazione del mercato dell'energia, il cliente finale (utenze domestiche, imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro, illuminazione pubblica) ha la possibilità sia di scegliere il fornitore di energia elettrica o di gas che preferisce sia di non scegliere un'offerta del mercato libero e continuare il rapporto di fornitura di energia elettrica o gas alle condizioni interamente regolate;
    ad oggi più dei due terzi dei clienti finali sono rimasti legati a questo servizio per le loro forniture di energia elettrica e gas;
    la legge 4 agosto 2017, n. 124, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», successivamente modificata dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, ha disposto la cessazione del regime «di maggior tutela», a partire dal 1o luglio 2020, nel settore dell'energia elettrica (articolo 1, comma 59) e nel settore del gas naturale (articolo 1, comma 60);
    la direttiva UE 2019/944, del 5 giugno 2019, sottolinea l'esigenza di assicurare la libertà di scelta del fornitore, ma anche prezzi in competizione fra loro e la tutela dei clienti indigenti e civili vulnerabili per i quali si ammette la fissazione pubblica di prezzi di fornitura elettrica, purché sia tesa verso l'interesse economico generale, sia non discriminatoria e trasparente, sia limitata nel tempo e non comporti costi aggiuntivi per i partecipanti al mercato;
    analogo provvedimento viene consentito transitoriamente dalla su citata direttiva, sino alla concorrenza piena, in favore di clienti civili e microimprese;
    risulta fondamentale definire un quadro di regole certe che salvaguardi i clienti domestici e le piccole imprese in vista della fine del mercato tutelato, al fine di evitare che il mercato libero diventi un mercato di aggressione del cliente finale, di aggressione del consumatore e di aumento certo dei prezzi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, per l'avvio di un percorso di superamento del regime di maggior tutela graduale e differito nel tempo che garantisca e tuteli l'ingresso consapevole nel mercato libero dei clienti finali, in linea con quanto stabilito dalla direttiva UE 2019/944.
9/2305/309Vallascas, Scanu, Sut.


   La Camera,
   premesso che:
    la globalizzazione anche alimentare, vede sempre più un indebolimento della nostra, certamente salutare, dieta mediterranea in favore di prodotti contenenti un elevato apporto totale di acidi grassi saturi, di acidi grassi trans, di zuccheri semplici aggiunti, di sodio, di nitriti e di nitrati utilizzati come additivi, di dolcificanti, di teina, di caffeina, di taurina e di altre sostanze che rischiano di nuocere gravemente alla vita dei cittadini, compresi i minori;
    sempre maggiore deve essere da parte dei cittadini l'attenzione al tema dei rischi alimentari in cui possono incorrere tutti, compresi i minori, con particolare riferimento alle situazioni in cui la distribuzione di alimenti «a rischio» avvenga con l'ausilio di dispositivi automatici;
    considerata l'ampia diffusione dei distributori automatici, in tutto il territorio nazionale, negli edifici pubblici, scuole comprese, si pone la necessità di intervenire con tempestività ed in modo incisivo al fine di promuovere ed incentivare corretti stili di vita alimentare, attraverso la diffusione del consumo consapevole di prodotti agricoli, ittici e agroalimentari provenienti da sistemi di filiera corta e biologica e comunque a ridotto impatto ambientale e di qualità, nonché di promuovere il modello nutrizionale denominato «dieta mediterranea», consistente in un'alimentazione in cui prevalgano i prodotti ricchi di fibre, in particolare cereali integrali e semintegrali, frutta fresca e secca, verdure crude e cotte e legumi, nonché pesce, olio extravergine d'oliva, uova, latte e yogurt, con una limitazione nel consumo di carni rosse e zuccheri semplici;
    un'alimentazione sana ed equilibrata costituisce un'importante premessa per una perfetta crescita e un adeguato sviluppo di bambini e adolescenti;
    un comportamento alimentare sano ed equilibrato, unito ad una moderata attività sportiva e all'auspicabile astensione dal fumo e dall'alcool rappresentano i principali fattori protettivi per la salute rispetto alla prevenzione delle malattie croniche e sono, dunque, le premesse per una vecchiaia attiva;
    l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura ha da tempo ha fornito indicazioni e strategie che sono state recepite dal nostro Paese negli anni passati con interventi, purtroppo, spesso blandi o insufficienti per un problema che nei prossimi anni rischia di diventare una vera e propria emergenza sanitaria;
    purtroppo non di rado si assiste, alla diffusione, tra i diversi livelli istituzionali competenti, di iniziative e percorsi formativi e informativi in materia nutrizionale differenti e talvolta in antitesi tra di loro;
    al fine di superare tali contraddizioni e avviare una strategia di politica nutrizionale basata sull'evidenza, condivisa e attiva, risultano di particolare rilievo, per i compiti di sorveglianza nutrizionale, le attività del Tavolo tecnico sulla sicurezza nutrizionale (TaSilM), istituito presso il Ministero della salute che svolge funzioni di Osservatorio come previsto dall'Accordo Stato Regioni sul documento relativo alla «valutazione delle criticità nazionali in ambito nutrizionale e strategie d'intervento 2016-2019 del 24 novembre 2016»;
    il tavolo ha anche lo scopo di raccogliere i dati e le esperienze esistenti su tutto il territorio, per evidenziare le abitudini alimentari in età e gruppi socioeconomici diversi e stabilire orientamenti univoci sulle politiche-nutrizionali-educazionali e strategie di intervento;
    da luglio 2017 procedono i lavori del Tavolo Italia Decade per la nutrizione (con la super visione di FAO ed OMS) con assetto inter istituzionale, multidisciplinare e multistakeholder, che prevede una leadership italiana per la diffusione di modelli di diete tradizionali, sane e sostenibili. Si evidenzia, in tale contesto, che l'Italia vorrà assumere il ruolo di Focal Point per la diffusione dei principi della Dieta Mediterranea con specifici programmi;
    in tema di consumi alimentari consapevoli non siamo dunque «all'anno 0» nel nostro Paese: l'articolo 4 del decreto-legge n. 104 del 2013 recante misure per la tutela della salute nelle scuole, prevede, tra le altre, disposizioni finalizzate a favorire il consumo consapevole dei prodotti ortofrutticoli locali, stagionali e biologici nelle scuole, con particolare riguardo all'interno delle gare d'appalto per l'affidamento e la gestione dei servizi di refezione scolastica e di fornitura di alimenti e prodotti agroalimentari, relativa all'obbligo per i relativi soggetti appaltanti di prevedere che sia garantita un'adeguata quota di prodotti agricoli, ittici e agroalimentari provenienti da sistemi di filiera corta e biologica e comunque a ridotto impatto ambientale e di qualità, nonché l'attribuzione di un punteggio per le offerte di servizi e forniture rispondenti al modello nutrizionale denominato «dieta mediterranea»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di intraprendere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a potenziare le misure dirette a sviluppare la cultura del consumo critico e di una corretta alimentazione da parte dei cittadini, a sostenere l'adozione di corretti stili di vita da parte della popolazione, nonché alla prevenzione del consumo eccessivo di sostanze potenzialmente dannose per l'organismo al fine di evitare, nel lungo termine, l'insorgenza non solo di patologie acute, ma anche di quelle cronico degenerative, con particolare riguardo al contrasto della somministrazione esclusiva, mediante distributori automatici collocati in luoghi pubblici, di alimenti e bevande sconsigliati ovvero contenenti un elevato apporto di sostanze quali acidi grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri semplici aggiunti, sodio, nitriti e nitrati utilizzati come additivi, dolcificanti, teina, caffeina, taurina e similari e la contestuale promozione di alimenti e bevande costituite e/o derivanti da prodotti nazionali e/o prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile e da sistemi di garanzia partecipativa.
9/2305/310Paxia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca numerose disposizioni in favore del comparto agricolo, con particolare attenzione per le imprese;
    il regime delle zone agricole svantaggiate è oggi una componente rilevante delle politiche comunitarie per l'agricoltura e lo sviluppo rurale;
    l'individuazione del regime comunitario delle zone svantaggiate agricole (direttiva 75/268/CE), avvenuta poco dopo l'avvio della politica agricola unitaria, aveva l'obiettivo di stemperare le disparità naturali esistenti tra le diverse regioni agricole dell'Unione attraverso l'istituzione di un regime particolare di aiuti (indennità compensative), destinato a incentivare le attività agricole e migliorare il reddito degli agricoltori. La finalità era quella di preservare tale attività a presidio del territorio e per fermare lo spopolamento, laddove un livello minimo di popolazione e la conservazione dell'ambiente naturale non sarebbero stati altrimenti assicurati;
    il passare degli anni e le mutate condizioni economiche e sociali dei territori hanno evidenziato la necessità di intervenire in maniera perequativa e solidale nei confronti delle zone confinanti con quelle svantaggiate;
    in alcune aree del Paese, come ad esempio la regione Puglia, ad una situazione progressivo impoverimento e spopolamento si sono sommate anche criticità produttive connesse di eventi atmosferici avversi e ad infezioni di organismi nocivi ai vegetali;
    in questo contesto il regime agevolativo per le imprese aventi sede nelle zone agricole svantaggiate ha finito per creare una situazione di disparità con le attività produttive la cui sede è nei comuni confinanti con tali zone con pregiudizio per la coesione e l'integrazione degli stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di intraprendere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a favorire la coesione e l'integrazione fra zone confinanti dello stesso territorio anche attraverso il contrasto alla disparità rispetto al regime di agevolazioni per le imprese micro, piccole e medie ubicate nei comuni colpiti da particolari criticità produttive, anche a causa di eventi atmosferici avversi e di infezioni di organismi nocivi ai vegetali, confinanti con quelli inclusi nell'elenco dei territori svantaggiati agricoli individuati ai sensi della direttiva 75/268/ CE, con particolare riferimento a quelle della regione Puglia.
9/2305/311Alemanno, Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    la digitalizzazione degli adempimenti in materia di locazione costituisce una esigenza primaria per lo sviluppo economico del settore;
    attualmente la registrazione dell'alloggio ai fini Comunali e Regionali, la comunicazione al portale alloggiati del Ministero dell'interno ai fini previsti dall'articolo 109, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS), la dichiarazione dei dati statistici ai fini ISTAT, le comunicazioni dei numeri relativi all'imposta di soggiorno nei Comuni, gli adempimenti fiscali e tributari, avvengono attraverso canali separati;
    sarebbe invece opportuno procedere alla semplificazione degli adempimenti burocratici in capo a tutte le strutture ricettive;
    l'adozione di un canale unico di trasmissione dei dati faciliterebbe gli adempimenti ed incentiverebbe, soprattutto gli utenti occasionali, a mettere a disposizione la propria abitazione anche per periodi brevi;
    la possibilità di trasmettere i dati in forma aggregata a tutte le istituzioni interessate, ognuna con accesso ai dati di propria competenza, consentirebbe ai titolari delle strutture ricettive di adempiere agli obblighi di legge e alla Pubblica amministrazione di monitorare i flussi turistici con particolare riferimento al contrasto all'abusivismo, all'elusione e all'evasione fiscale nel settore turistico,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, l'opportunità di intraprendere idonee e tempestive iniziative, anche di carattere normativo, volte a favorire la semplificazione degli adempimenti burocratici posti in capo alle strutture ricettive ai sensi della vigente normativa in materia, con particolare riferimento all'introduzione, attraverso l'eventuale potenziamento delle risorse già esistenti, di un'interfaccia digitale unica.
9/2305/312Fantinati, Scanu, Masi, Rizzone.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni le ex province sono state coinvolte in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica e, in particolare, l'incremento annuale per il periodo 2015-2017 previsto dai commi 418 e 419 dell'articolo 1 della legge di stabilità n. 190 del 2014 (a carico di tutti gli enti area vasta: 1 miliardo di euro per il 2015, 2 per il 2016 e 3 dal 2017), ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 754, della legge 208 del 2015 ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    i commi 872 e 875 dell'articolo 1 della legge di bilancio in esame hanno finalmente introdotto un analogo contributo in favore delle ex province delle Regioni Sardegna e Sicilia, la cui situazione in questi anni si è però particolarmente aggravata;
    livelli inadeguati di finanziamento hanno inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1, comma 418-bis della legge n. 190 del 2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419, della legge n. 190 del 2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 1, comma 2-quater, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, prevede la non applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Sardegna delle sanzioni di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relative al mancato rispetto per l'anno 2017 del saldo non negativo di cui al comma 466 del medesimo articolo 1, tuttavia è necessario un ulteriore passo avanti per quelle province che hanno dichiarato o sono ad un passo dal dichiarare il dissesto;
    l'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevedeva l'esclusione del versamento del contributo alla finanza pubblica per le province che risultavano in dissesto alla data del 15 ottobre 2014, ma il legislatore non aveva considerato la possibilità che un ente potesse andare in dissesto successivamente, necessitando entrate proprie e certe nel tempo per poter pianificare un piano di rientro dal dissesto,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori misure volte a garantire stabilmente la continuità istituzionale e la reale funzionalità delle ex province in dissesto, garantendo le risorse necessarie per l'erogazione degli stipendi al personale dipendente, l'erogazione dei servizi all'utenza, la continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale, in modo tale da poter contare su entrate certe e stabili nel tempo che possano permettere agli enti in dissesto di approvare un bilancio riequilibrato e programmare un piano di rientro negli anni.
9/2305/313Giarrizzo, Ficara.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni le ex province sono state coinvolte in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica e, in particolare, l'incremento annuale per il periodo 2015-2017 previsto dai commi 418 e 419 dell'articolo 1 della legge di stabilità n. 190 del 2014 (a carico di tutti gli enti area vasta: 1 miliardo di euro per il 2015, 2 per il 2016 e 3 dal 2017), ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 754, della legge 208 del 2015 ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    i commi 872 e 875 dell'articolo 1 della legge di bilancio in esame hanno finalmente introdotto un analogo contributo in favore delle ex province delle Regioni Sardegna e Sicilia, la cui situazione in questi anni si è però particolarmente aggravata;
    livelli inadeguati di finanziamento hanno inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1, comma 418-bis della legge n. 190 del 2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419, della legge n. 190 del 2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 1, comma 2-quater, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, prevede la non applicazione nei confronti delle province e delle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Sardegna delle sanzioni di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relative al mancato rispetto per l'anno 2017 del saldo non negativo di cui al comma 466 del medesimo articolo 1, tuttavia è necessario un ulteriore passo avanti per quelle province che hanno dichiarato o sono ad un passo dal dichiarare il dissesto;
    l'articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevedeva l'esclusione del versamento del contributo alla finanza pubblica per le province che risultavano in dissesto alla data del 15 ottobre 2014, ma il legislatore non aveva considerato la possibilità che un ente potesse andare in dissesto successivamente, necessitando entrate proprie e certe nel tempo per poter pianificare un piano di rientro dal dissesto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure volte a garantire stabilmente la continuità istituzionale e la reale funzionalità delle ex province in dissesto, garantendo le risorse necessarie per l'erogazione degli stipendi al personale dipendente, l'erogazione dei servizi all'utenza, la continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale, in modo tale da poter contare su entrate certe e stabili nel tempo che possano permettere agli enti in dissesto di approvare un bilancio riequilibrato e programmare un piano di rientro negli anni.
9/2305/313. (Testo modificato nel corso della seduta) Giarrizzo, Ficara.


   La Camera,
   premesso che:
    il Rapporto Federlegno 2018, che analizza la filiera L-A (legno-arredo) sul territorio nazionale, evidenzia che i settori produttivi che la compongono sono ben radicati nelle regioni dove sono collocati i vari distretti produttivi, i quali raccolgono al loro interno i distretti tipici della produzione dei settori Legno, Arredo e Illuminazione. Tra queste regioni vi sono la Puglia, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, il Veneto, le Marche;
    in Puglia il settore dell'arredo riveste un'importanza strategica nell'economia regionale che, tra i suoi Distretti produttivi, annovera anche quello Legno e Arredo Pugliese;
    un comparto produttivo negli anni particolarmente attivo è quello del mobile imbottito conosciuto come il «Triangolo del Salotto» e ricadente nella zona compresa tra i comuni di Altamura, Santeramo e Matera, per la Regione Basilicata;
    la caratteristica del Polo del Mobile Imbottito, infatti, è rappresentata dal fatto che si colloca in un contesto inter-comunale e inter-regionale a cavallo tra la Puglia e la Basilicata esattamente nella Murgia e, pertanto, il distretto è tradizionalmente conosciuto anche come Distretto murgiano;
    la Puglia figura ancora tra le otto regioni italiane del distretto del mobile, come rilevato dalla Direzione Studi di ricerca di Banca Intesa San Paolo, presentata il 29 gennaio 2019, dalla quale emerge come il 60 per cento degli addetti dell'industria del mobile trova impiego nei distretti industriali;
    una seconda caratteristica del Distretto Murgiano è determinata dal fatto che nel Polo del Mobile imbottito vi sono insediamenti industriali diversi, che concorrono allo sviluppo di un indotto significativo, e sono rilevanti anche attività imprenditoriali che si sono sviluppate in comparti produttivi simili e funzionali al legno e al mobile imbottito, quali quelle inerenti la produzione di cucine componibili, arredo bagno, arredo per camere da letto e vari complementi d'arredo;
    nel Distretto Murgiano sono presenti, altresì, un numero ristretto di imprese artigiane specializzate anche nella tappezzeria, funzionale al settore mobile imbottito e all'arredamento, che nel tempo, hanno concorso alla nascita e al consolidamento di un indotto di contoterzisti e subfornitori che ha arricchito e consolidato la formazione e lo sviluppo dell'area sistema distrettuale;
    il settore negli anni ha avuto una evoluzione particolare, passando da momenti di picchi della produzione industriale a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, per un positivo quadro congiunturale, e sino alla metà degli anni 2000 quando, poi, è iniziato un periodo di crisi della crescita divenuto poi industriale ed occupazionale determinato dalla concorrenza internazionale, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, i quali sono favoriti dal basso costo dei fattori produttivi nonché dalle dinamiche valutarie favorevoli. In tale scenario il Distretto Murgiano delle grandi imprese e con effetto domino l'indotto hanno subito effetti negativi;
    nei rapporti Federlegno 2016-2018 si evidenzia come la Federazione sia al fianco delle imprese del comparto del mobile imbottito murgiano per aiutarle ad aggiornarsi e formarsi verso l'industria 4.0, Formazione specialistica, nel solco di una cooperazione necessaria anche al fine di frenare l'esodo dei giovani dal territorio;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di intraprendere le opportune iniziative finanziarie finalizzate alla creazione di un Polo Formativo Pugliese riferito al comparto del Mobile Imbottito del Distretto Murgiano, anche in rete con gli ITS (Istituti tecnici superiori), per investire sui giovani, sulle nuove tecnologie e per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche al fine di formare figure professionali in linea con le esigenze del settore e favorire lo sviluppo economico e la competitività legati al segmento di formazione, nell'ottica della valorizzazione del made in Italy attraverso il sostegno alla produzione delle sue eccellenze artigiane.
9/2305/314Masi, Rizzone.


   La Camera,
   premesso che:
    il bonus fiscale, introdotto ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 e poi prorogato e modificato dalla legge di Bilancio 2017 e dalla manovra 2018, ha l'obiettivo di sostenere gli investimenti delle strutture alberghiere, degli agriturismi e degli stabilimenti termali per interventi di ristrutturazione edilizia, interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, interventi di incremento dell'efficienza energetica, spese per l'acquisto di mobili e componenti d'arredo destinati esclusivamente alle strutture oggetto degli interventi;
    l'agevolazione, sotto la forma di credito d'imposta, copre il 65 per cento delle spese ammissibili; fin dal suo esordio la misura agevolativa è stata oggetto di grande apprezzamento presso le strutture ricettive con oltre il doppio delle richieste rispetto a quelle soddisfatte con le risorse stanziate ed ha stimolato la realizzazione di importanti investimenti di riqualificazione;
    nel 2015, primo anno di vita del bonus (sulle spese effettuate nel 2014), le richieste arrivate valevano 91 milioni (rispetto ai 20 milioni disponibili). Cifra simile anche nel 2016 (90 milioni) superiore sempre alle disponibilità salite a 50 milioni, mentre nel 2017 le richieste hanno raggiunto i 107 milioni (a fronte di 50 milioni di plafond). Insomma oltre la metà delle domande non è stata soddisfatta. In tutto, nei primi tre anni, sono stati finanziati circa 5 mila interventi con Trentino, Emilia e Veneto in cima alle graduatorie;
    nel 2019 il fondo ha soddisfatto richieste per un totale di 116.700.000 euro mentre altre 366 aziende pur risultate idonee non hanno ottenuto il credito d'imposta per esaurimento del fondo, per una cifra complessiva di 17.700.000 euro;
    a spingere l'Esecutivo alla proroga del credito d'imposta per la riqualificazione in chiave sostenibile delle strutture turistiche è stato anche il «tiraggio» dell'incentivo che ha visto negli anni passati un boom di richieste;
    in assenza di interventi, la forbice tra domande presentate e risorse disponibili è destinata ad ampliarsi, per effetto dell'entrata a regime dell'estensione agli agriturismi (disposta dalla legge di bilancio 2017) ed alle imprese termali (disposta dalla legge di bilancio 2018);
    le imprese del settore turismo devono adeguare costantemente la propria offerta, per rispondere con efficacia alle sempre nuove richieste dei turisti, per cogliere tutte le opportunità connesse allo sviluppo dei mercati e per reagire tempestivamente ai mutamenti congiunturali. Il settore dell'accoglienza, in particolare, ha bisogno di continui investimenti per riqualificare le strutture e renderle competitive sul mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di predisporre opportune iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a favorire la competitività sul mercato delle strutture ricettive, con particolare riferimento alla proroga della misura del credito d'imposta per la riqualificazione in chiave sostenibile e per l'accessibilità delle strutture stesse.
9/2305/315Rizzone, Masi, Scanu.


   La Camera,
   premesso che:
    la necropoli nuragica di Mont'e Pram'a, situata nella parte centrale della penisola del Sinis nel territorio comunale di Cabras in provincia di Oristano, è un'area di grande interesse non solo per la Sardegna, ma per l'intero patrimonio archeologico-culturale nazionale;
    le campagne di scavo condotte fin dalla metà degli anni 70 del secolo scorso hanno portato alla luce circa diecimila frammenti di pietra che compongono il noto complesso scultoreo di Mont'e Prama;
    si tratta di materiale immenso e indefinito, tra il quale spiccano sculture ricomposte ed esposte che si riferiscono a ventisette statue antropomorfe non integre — 6 arcieri, 3 guerrieri e 18 pugilatori — uno scudo di guerriero, 16 modelli di nuraghe — 5 semplici, 4 quadrilobati, 6 ottalobati e uno indefinibile — 9 betili — 6 in arenaria e 3 in calcaree, ed altre sculture non identificate;
    dal marzo 2014 l'intero patrimonio restaurato è esposto alla Mostra Mont'e Prama 1974-2014 allestita in parallelo al Museo archeologico nazionale di Cagliari e al Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras;
    secondo le evidenze recuperate attraverso le ricerche, i «Giganti» di Mont'e Prama (arcieri, guerrieri e pugilatori) hanno un forte carattere simbolico volto a dare un messaggio di appartenenza e predominanza territoriale, rivolto sia alle comunità locali ma anche alle comunità straniere di origine orientale che dal mare tentavano di impadronirsi del territorio;
    l'Accordo di valorizzazione, sottoscritto tra il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, la regione Sardegna e il Comune di Cabras, del 19 luglio 2017, che ha visto tra l'altro la costituzione di un apposito soggetto giuridico, partecipato dai soggetti sottoscrittori, per l'attività di valorizzazione del complesso dei beni culturali e delle relative aree annesse denominato «Sistema di valorizzazione integrata territoriale del Sinis-Terra di Mont'e Prama» ha formalmente sancito l'importanza del patrimonio scultoreo della necropoli nuragica;
    di recente il ministro Franceschini nel confermare l'interesse del Governo ad avviare un piano strategico di sviluppo con valenze turistico-economiche dell'area, trasfuso nel citato accordo del 2017, ha definito i Giganti di Mont'e Prama le «nuove icone nazionali», affiancandoli ai simboli culturali che hanno reso l'Italia famosa nel mondo al pari — solo per fare un esempio — del Colosseo, dei Bronzi di Riace e della Valle dei Templi;
    l'area archeologica di Mont'e Prama ed il museo di Cabras rappresentano un segmento significativo del sistema turistico ed economico della Sardegna e parte integrante del sistema archeologico-culturale nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica idonee e tempestive iniziative di carattere finanziario finalizzate a potenziare gli strumenti di tutela, valorizzazione e promozione del sito archeologico di Mont'e Prama, con particolare riferimento al ruolo del comune di Cabras.
9/2305/316Scanu, Romaniello, Perantoni, Corda, Cadeddu, Deiana, Alberto Manca, Marino, Vallascas, Lapia.


   La Camera,
   premesso che:
    gran parte del nostro patrimonio edilizio scolastico è composto da edifici costruiti prima dell'emanazione delle norme tecniche costruzioni nel 2008;
    in molte strutture scolastiche ad oggi non sono state eseguite indagini per verificare la sicurezza dei solai, non si dispone del certificato di agibilità, non sono state effettuate le verifiche di vulnerabilità sismica, non si ha la certificazione di prevenzione incendi, non ci si è dotato di accorgimenti per ridurre i consumi energetici, non si sono ancora rimosse completamente le barriere architettoniche e vi sono edifici privi di un piano delle emergenze;
    questa situazione diviene alquanto preoccupante se associata al verificarsi, con sempre maggiore frequenza, di eventi calamitosi e alla difficoltà di semplificare e rendere più veloci possibile le procedure di erogazione di finanziamenti pubblici stanziati e di esecuzione dei lavori già finanziati;
    i recenti eventi sismici iniziati nell'agosto 2016 e che hanno interessato il centro Italia, hanno messo in luce tutte le criticità legate alla sicurezza degli edifici scolastici;
    gli attuali decreti legge riguardanti la ricostruzione nell'area colpita e danneggiata dal sisma in Centro Italia pur occupandosi della problematica riferita alla ricostruzione o riparazione degli edifici scolastici, non hanno approfondito la criticità relativa allo spostamento degli studenti e del personale didattico al fine di consentire gli interventi di riparazione/ricostruzione e al fine di garantire la loro sicurezza in caso di esiti critici derivanti dalle verifiche di vulnerabilità;
    tali problematiche comporteranno difficoltà sia in termini di responsabilità in capo agli enti proprietari e ai dirigenti scolastici legati al regolare svolgersi dell'anno scolastico e della didattica;
    urge che lo Stato autorizzi e finanzi le eventuali spese che saranno a carico degli enti locali proprietari e che si genereranno per la necessaria dislocazione temporanea dell'attività scolastica stessa in altre strutture;
    urge quindi prevenire tale problematica prevedendo una misura legislativa utile e indispensabile per la dislocazione dell'attività didattica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di intraprendere opportune iniziative anche di carattere finanziario al fine di rimborsare gli eventuali oneri economici generati dalla dislocazione degli studenti e del personale didattico, per garantire il prosieguo dell'attività didattica negli edifici scolastici interessati ai lavori di riparazione/ricostruzione e oggetto di verifiche di vulnerabilità sismica il cui esito dia un indice di rischio sismico al di sotto di quello previsto dalle norme vigenti e specifiche, o che in attesa di tale verifiche presentino già criticità che con molta probabilità daranno esiti non conformi alle norme suddette.
9/2305/317Rachele Silvestri.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 288-290 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispongono incentivi all'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici;
    negli ultimi decenni il processo di erosione della sovranità statuale ha determinato pesanti limitazioni agli spazi di manovra dei Governi, soprattutto sulle scelte di politica economica, condizionando pesantemente l'azione dei poteri dello Stato legittimati democraticamente dagli strumenti della sovranità popolare;
    è necessario non infrangere le regole della normativa comunitaria e della zona euro, di superare la logorante dicotomia «euro sì-euro no», nonché di rafforzare la permanenza dell'Italia nell'Eurosistema, nonché potenziare gli spazi di manovra del Governo della Repubblica, soprattutto a partire dalle capacità decisionali in tema di politica economica e monetaria, e, al tempo stesso, di disinnescare le sempre incombenti minacce attraverso nuovi e innovativi strumenti economici;
    appare importante stimolare la domanda interna e di ridurre il divario fra la produzione potenziale e quella reale — ovvero la differenza tra il PIL potenziale e quello effettivo — senza incidere sulla bilancia dei pagamenti dello Stato;
    fondamentale è quindi integrare il reddito dei lavoratori dipendenti, di ridurre le imposte delle imprese sul lavoro, di migliorare la competitività delle imprese e di finanziare investimenti pubblici e programmi di spesa sociale;
    secondo i criteri di contabilizzazione redatti da EUROSTAT nel documento « Eurostat Guidance Note. Treatment of Deferred Tax Assets (DTAs) and recording of Tax Credits related to DTAs in ESA2010» le obbligazioni dei certificati di compensazione fiscale non costituiscono debito, in quanto non esigibili e l'emittente non ha alcun obbligo di rimborsarle in contanti,

impegna il Governo

a valutare, attraverso un successivo intervento normativo, l'istituzione dei Certificati di compensazione fiscale che incorporano il diritto, con decorrenza biennale dalla data di emissione, alla compensazione per obbligazioni finanziarie verso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, contabilizzati come «crediti d'imposta non pagabili», che rilevano ai fini della contabilità di Stato solo alla data della compensazione e per la quota effettivamente utilizzata.
9/2305/318Cabras.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 288-290 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispongono incentivi all'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici;
    negli ultimi decenni il processo di erosione della sovranità statuale ha determinato pesanti limitazioni agli spazi di manovra dei Governi, soprattutto sulle scelte di politica economica, condizionando pesantemente l'azione dei poteri dello Stato legittimati democraticamente dagli strumenti della sovranità popolare;
    è necessario non infrangere le regole della normativa comunitaria e della zona euro, di superare la logorante dicotomia «euro sì-euro no», nonché di rafforzare la permanenza dell'Italia nell'Eurosistema, nonché potenziare gli spazi di manovra del Governo della Repubblica, soprattutto a partire dalle capacità decisionali in tema di politica economica e monetaria, e, al tempo stesso, di disinnescare le sempre incombenti minacce attraverso nuovi e innovativi strumenti economici;
    appare importante stimolare la domanda interna e di ridurre il divario fra la produzione potenziale e quella reale — ovvero la differenza tra il PIL potenziale e quello effettivo — senza incidere sulla bilancia dei pagamenti dello Stato;
    fondamentale è quindi integrare il reddito dei lavoratori dipendenti, di ridurre le imposte delle imprese sul lavoro, di migliorare la competitività delle imprese e di finanziare investimenti pubblici e programmi di spesa sociale;
    secondo i criteri di contabilizzazione redatti da EUROSTAT nel documento « Eurostat Guidance Note. Treatment of Deferred Tax Assets (DTAs) and recording of Tax Credits related to DTAs in ESA2010» le obbligazioni dei certificati di compensazione fiscale non costituiscono debito, in quanto non esigibili e l'emittente non ha alcun obbligo di rimborsarle in contanti,

impegna il Governo

a valutare, attraverso un successivo intervento normativo, l'opportunità dell'istituzione dei Certificati di compensazione fiscale che incorporano il diritto, con decorrenza biennale dalla data di emissione, alla compensazione per obbligazioni finanziarie verso le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, contabilizzati come «crediti d'imposta non pagabili», che rilevano ai fini della contabilità di Stato solo alla data della compensazione e per la quota effettivamente utilizzata.
9/2305/318. (Testo modificato nel corso della seduta) Cabras.


   La Camera,
   premesso che:
    la protezione civile promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale al fine di fronteggiare, con immediatezza d'intervento, calamità naturali o connesse con l'attività;
    ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, con delibera del Presidente del consiglio sono individuate le risorse finanziare destinate ai primi interventi di emergenza tra i quali però non rientrano i danni provocate dalle mareggiate;
    la difesa delle coste dall'erosione costiera e dagli effetti dei cambiamenti climatici, ad oggi, è assolutamente di primaria importanza. Il fenomeno dell'erosione infatti è una problematica nazionale che sta colpendo le coste del territorio italiano. Molte regioni, a seguito degli ultimi eventi meteorologici, riscontrano enormi difficoltà, soprattutto economiche, nella gestione dei danni;
    la mancanza di un piano emergenziale per la gestione di questi eventi costituisce un limite enorme per la risoluzione celere dei danni sovraesposti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'istituzione di un Fondo emergenziale volto esclusivamente al ripristino delle spiagge danneggiate dalle mareggiate connesse gli eccezionali eventi meteorologici.
9/2305/319Sabrina De Carlo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 367 dell'articolo 1 del provvedimento in esame incrementa di 10 milioni di euro per il 2019 lo stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (FUS);
    in realtà la previsione di entrata in vigore anticipata al 2019 è finalizzata a consentire l'impegno della somma indicata nel 2020, in applicazione dell'articolo 34, comma 6-bis), lettera a), della legge 196/2009;
    il FUS, istituito dalla legge 163 del 1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale – ma non l'unico – strumento di sostegno al settore dello spettacolo,
    in particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in un successivo intervento normativo, dell'adozione di criteri e procedure per l'assegnazione dei contributi e dei finanziamenti diversi per quelle istituzioni, enti, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, che abbiano sede legale in Regioni Obiettivo Convergenza o comunque svantaggiate.
9/2305/320Suriano.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 297 e 299 dell'articolo 1 del provvedimento in esame contengono norme per il potenziamento del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy, l'attrazione degli investimenti in Italia, a sostegno dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
    il decreto-legge n. 104 del 2019, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 settembre scorso, ha trasferito al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale le competenze in materia di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l'estero e di sviluppo dell'internazionalizzazione del Sistema Paese e dunque l'esercizio diretto della vigilanza su ICE-Agenzia da parte della Farnesina, d'intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico. E che ciò porterà anche al trasferimento del Fondo per il Made in Italy sotto la guida della Farnesina, a partire dall'esercizio finanziario del prossimo anno;
    l'obiettivo dell'azione di promozione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è quello di favorire una sempre maggiore integrazione, sia sul piano strategico che su quello progettuale delle iniziative realizzate tra le componenti culturale, economica e scientifica e che all'inizio del 2016 è stato avviato un programma di promozione integrata che ha definito in modo più incisivo le priorità e le linee di azione prioritarie per promuovere la cultura e la lingua in modo integrato con gli altri settori del sistema paese;
    la legge 401/90 ha riguardato la riforma degli Istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero e ha previsto la redazione, con cadenza annuale dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale di una relazione che illustri le attività poste in essere al riguardo;
    il decreto del Ministro degli affari esteri 27 aprile 1995, n. 392, ha portato all'adozione del regolamento recante norme sull'organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale degli istituti italiani di cultura all'estero;
    la promozione culturale è uno dei tre pilastri su cui si fonda il marketing territoriale e non si può descrivere soltanto in relazione a quanto fatto nei settori dell'arte, del cinema, del teatro o della musica, ma va considerata insieme ad altri settori come la promozione del turismo verso il nostro Paese, l'internazionalizzazione del nostro sistema universitario, la cooperazione nel campo della scienza, tecnologia e innovazione, la promozione del design italiano e delle produzioni enogastronomiche, la diplomazia economica in generale,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa necessaria ad armonizzare ed efficientare l'azione degli Enti che operano all'estero attraverso un'unica piattaforma di validazione tesa alla promozione del sistema Paese e del Made in Italy a tutti i livelli anche istituendo, senza ulteriori oneri per lo stato, una struttura di missione che validi e verifichi l'efficacia dell'azione coordinata di rappresentanza italiana all'estero.
9/2305/321Emiliozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 297 e 299 dell'articolo 1 del provvedimento in esame contengono norme per il potenziamento del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy, l'attrazione degli investimenti in Italia, a sostegno dell'ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
    il decreto-legge n. 104 del 2019, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 settembre scorso, ha trasferito al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale le competenze in materia di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l'estero e di sviluppo dell'internazionalizzazione del Sistema Paese e dunque l'esercizio diretto della vigilanza su ICE-Agenzia da parte della Farnesina, d'intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico. E che ciò porterà anche al trasferimento del Fondo per il Made in Italy sotto la guida della Farnesina, a partire dall'esercizio finanziario del prossimo anno;
    l'obiettivo dell'azione di promozione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è quello di favorire una sempre maggiore integrazione, sia sul piano strategico che su quello progettuale delle iniziative realizzate tra le componenti culturale, economica e scientifica e che all'inizio del 2016 è stato avviato un programma di promozione integrata che ha definito in modo più incisivo le priorità e le linee di azione prioritarie per promuovere la cultura e la lingua in modo integrato con gli altri settori del sistema paese;
    la legge 401/90 ha riguardato la riforma degli Istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero e ha previsto la redazione, con cadenza annuale dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale di una relazione che illustri le attività poste in essere al riguardo;
    il decreto del Ministro degli affari esteri 27 aprile 1995, n. 392, ha portato all'adozione del regolamento recante norme sull'organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale degli istituti italiani di cultura all'estero;
    la promozione culturale è uno dei tre pilastri su cui si fonda il marketing territoriale e non si può descrivere soltanto in relazione a quanto fatto nei settori dell'arte, del cinema, del teatro o della musica, ma va considerata insieme ad altri settori come la promozione del turismo verso il nostro Paese, l'internazionalizzazione del nostro sistema universitario, la cooperazione nel campo della scienza, tecnologia e innovazione, la promozione del design italiano e delle produzioni enogastronomiche, la diplomazia economica in generale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa necessaria ad armonizzare ed efficientare l'azione degli Enti che operano all'estero attraverso un'unica piattaforma di validazione tesa alla promozione del sistema Paese e del Made in Italy a tutti i livelli anche istituendo, senza ulteriori oneri per lo stato, una struttura di missione che validi e verifichi l'efficacia dell'azione coordinata di rappresentanza italiana all'estero.
9/2305/321. (Testo modificato nel corso della seduta) Emiliozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 307 dell'articolo 1 del provvedimento in esame reca stanziamenti a favore degli italiani all'estero;
    il numero degli italiani che decidono di trasferirsi all'estero è in continuo aumento. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2 per cento facendo registrare più di 5 milioni all'Anagrafe degli italiani all'estero;
    un dato significativo, non trascurabile, risulta essere quello dei connazionali che decidono di rientrare in Italia. Nel 2016, a titolo esemplificativo, si è registrato il rientro di circa 38.000 italiani;
    coloro che ristabiliscono la residenza in Italia possono usufruire di diverse misure volte ad agevolare il loro rientro, basta menzionare gli incentivi fiscali, gli incentivi economici ovvero l'indennità di disoccupazione per i lavoratori rimpatriati. Tali informazioni, però, non sono sempre facilmente reperibili,

impegna il Governo

a valutare l'istituzione un Portale unico per gli italiani all'estero, rivolto agli italiani che intendano trasferire la loro residenza all'estero o per coloro che risultino già residenti all'estero, nonché per i connazionali rimpatriati, che contenga tutte le informazioni a loro utili, compresi gli aggiornamenti in tema di agevolazioni, votazioni e aggiornamenti della normativa di riferimento.
9/2305/322Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 307 dell'articolo 1 del provvedimento in esame reca stanziamenti a favore degli italiani all'estero;
    il numero degli italiani che decidono di trasferirsi all'estero è in continuo aumento. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2 per cento facendo registrare più di 5 milioni all'Anagrafe degli italiani all'estero;
    un dato significativo, non trascurabile, risulta essere quello dei connazionali che decidono di rientrare in Italia. Nel 2016, a titolo esemplificativo, si è registrato il rientro di circa 38.000 italiani;
    coloro che ristabiliscono la residenza in Italia possono usufruire di diverse misure volte ad agevolare il loro rientro, basta menzionare gli incentivi fiscali, gli incentivi economici ovvero l'indennità di disoccupazione per i lavoratori rimpatriati. Tali informazioni, però, non sono sempre facilmente reperibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un Portale unico per gli italiani all'estero, rivolto agli italiani che intendano trasferire la loro residenza all'estero o per coloro che risultino già residenti all'estero, nonché per i connazionali rimpatriati, che contenga tutte le informazioni a loro utili, compresi gli aggiornamenti in tema di agevolazioni, votazioni e aggiornamenti della normativa di riferimento.
9/2305/322. (Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Ente per il diritto allo studio universitario (EDiSU) è l'ente pubblico strumentale attraverso il quale l'Università degli studi di Pavia garantisce il diritto allo studio. Grazie ad EDiSU circa 1.500 studenti alloggiano negli undici collegi pubblici; oltre 260.000 pasti sono serviti nelle mense; oltre 2.000 sono le borse di studio erogate;
    l'esperienza dimostra che gli studenti che fanno parte delle comunità collegiali ottengono voti migliori della media negli esami, conseguono maggiori crediti formativi, hanno maggiori possibilità di completare il percorso di studi, si laureano con un voto sensibilmente maggiore rispetto alla media. I Collegi sono dunque strutture non soltanto e non tanto residenziali, quanto piuttosto luoghi essenziali per assicurare, in ossequio al dettato costituzionale, il pieno godimento del diritto allo studio;
    l'EDiSU è destinatario di contributi regionali senz'altro cospicui, ma che sono andati riducendosi in questi anni, sia per la limitatezza delle risorse finanziarie a disposizione della Regione Lombardia, sia per la nascita di nuovi atenei nelle altre province lombarde. Se si analizzano i dati, dopo l'incremento annuale progressivo sino a raggiungere nel 2014 l'importo massimo di euro 7.564.416,00, ha poi subito, dall'anno 2015, una drastica inversione di segno. Nel 2018 il contributo è stato di euro 5.469.092,00, e cioè meno 2.095.326,00 rispetto all'importo massimo del 2014 (dunque con una riduzione in termini percentuali del 27,79 per cento). In forza della Convenzione regionale del 2019 la situazione è destinata ad ulteriore peggioramento;
    la repentinità e la grandezza della riduzione del sostegno finanziario mettono in discussione la sopravvivenza stessa del modello pavese dei Collegi e di assistenza allo studio universitario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche attraverso un successivo intervento normativo, di un incremento degli stanziamenti destinati al diritto allo studio, così da garantire la sostenibilità dell'avviato processo di riorganizzazione insieme con la qualità dei servizi offerti, affinché – riprendendo l'articolo 34 Cost. – ai giovani «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi» sia assicurato «il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi».
9/2305/323Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    per l'anno 2020, il totale degli interventi esposti dall'Allegato n. 28 sulla cooperazione allo sviluppo ammonta a 4.751,68 milioni di euro (-325,79 milioni rispetto ai 5.077,47 milioni del 2019);
    nel 2007 su iniziativa della Farnesina è stato istituito come luogo di dialogo tra Ministero degli Esteri, Ufficio Nazionale del Servizio Civile e organizzazioni della società civile italiane, che poi è divenuto dal 2009 una rete indipendente di circa 15 associazioni e centri studi che possono fornire expertise sul tema;
    il comma 253 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha istituito in via sperimentale i corpi di civili di pace;
    l'Italia ha adottato nel 2014 con la legge 125 una disciplina generale della cooperazione che menziona tra gli obiettivi fondamentali «prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione, di riconciliazione, di stabilizzazione post-conflitto, di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche»;
    dal 2016 il nuovo Servizio Civile Universale, sia in Italia che all'Estero è strumento di difesa non armata, di educazione alla pace tra i popoli e di promozione dei valori fondativi della Repubblica,

impegna il Governo:

   a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'istituzione di un fondo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per la realizzazione di interventi di costruzione della pace nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto da parte delle ONG italiane
   a valutare l'istituzione, presso il Ministero degli affari esteri e dalla cooperazione internazionale, DI un Tavolo di coordinamento degli interventi di costruzione della pace nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto, composto dalle organizzazioni non governative, dalle associazioni e dai soggetti impegnati con progetti di iniziative autonomamente finanziate o finanziate ai sensi dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo.
9/2305/324Ehm.


   La Camera,
   premesso che:
    per l'anno 2020, il totale degli interventi esposti dall'Allegato n. 28 sulla cooperazione allo sviluppo ammonta a 4.751,68 milioni di euro (-325,79 milioni rispetto ai 5.077,47 milioni del 2019);
    nel 2007 su iniziativa della Farnesina è stato istituito come luogo di dialogo tra Ministero degli Esteri, Ufficio Nazionale del Servizio Civile e organizzazioni della società civile italiane, che poi è divenuto dal 2009 una rete indipendente di circa 15 associazioni e centri studi che possono fornire expertise sul tema;
    il comma 253 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha istituito in via sperimentale i corpi di civili di pace;
    l'Italia ha adottato nel 2014 con la legge 125 una disciplina generale della cooperazione che menziona tra gli obiettivi fondamentali «prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione, di riconciliazione, di stabilizzazione post-conflitto, di consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche»;
    dal 2016 il nuovo Servizio Civile Universale, sia in Italia che all'Estero è strumento di difesa non armata, di educazione alla pace tra i popoli e di promozione dei valori fondativi della Repubblica,

impegna il Governo:

   a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'opportunità di istituire un fondo presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per la realizzazione di interventi di costruzione della pace nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto da parte delle ONG italiane
   a valutare l'opportunità di istituire, presso il Ministero degli affari esteri e dalla cooperazione internazionale, un Tavolo di coordinamento degli interventi di costruzione della pace nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto, composto dalle organizzazioni non governative, dalle associazioni e dai soggetti impegnati con progetti di iniziative autonomamente finanziate o finanziate ai sensi dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo.
9/2305/324. (Testo modificato nel corso della seduta) Ehm.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 267 dell'articolo 1 del provvedimento in esame destina 10 milioni per l'anno 2020 al Fondo nazionale per il servizio civile;
    i settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero;
    il comma 253 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha istituito in via sperimentale i corpi di civili di pace,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo intervento normativo la disciplina dei corpi civili di pace e la loro relativa stabilizzazione, individuando le necessarie risorse finanziarie.
9/2305/325Di Stasio, Ehm.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 267 dell'articolo 1 del provvedimento in esame destina 10 milioni per l'anno 2020 al Fondo nazionale per il servizio civile;
    i settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero;
    il comma 253 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 ha istituito in via sperimentale i corpi di civili di pace,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo intervento normativo la disciplina dei corpi civili di pace e la loro relativa stabilizzazione, individuando le necessarie risorse finanziarie.
9/2305/325. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Stasio, Ehm.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 621, lettera a), dell'articolo 1 del provvedimento in esame introduce modifiche all'articolo 33, comma 8-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
    nel dettaglio, il punto 1) prevede che la consistenza della quota dei proventi derivanti dalle vendite degli immobili militari di pertinenza del Ministero della difesa passi dal 10 al 30 per cento del valore di apporto dei beni;
    tali proventi sono destinati prioritariamente alla razionalizzazione e alla riorganizzazione del settore infrastrutturale, ad esclusione di spese di natura ricorrente;
    inoltre, al punto 2), è previsto che le risorse monetarie derivanti dall'alienazione delle quote vengano versate all'entrata del bilancio dello stato per la successiva integrale riassegnazione alle spese di investimento dello stato di previsione della spesa del ministero della difesa, in aggiunta rispetto alle dotazioni finanziarie iscritte nel medesimo stato di previsione;
    appare quindi opportuno destinare queste ed aggiuntive risorse al Progetto «Caserme Verdi» realizzato dallo Stato Maggiore dell'Esercito, al fine di consentire l'avvio di un programma di riqualificazione del parco infrastrutturale dell'Esercito secondo moderni standard e criteri costruttivi innovativi ad elevata efficienza energetica e ridotti costi di mantenimento e gestione, con realizzazioni di basi comprensive di aree addestrative, poli alloggiativi per famiglie nonché di impianti sportivi, spazi verdi e socio-ricreativi accessibili anche alla popolazione civile,

impegna il Governo

a prevedere, anche attraverso un successivo intervento normativo, idonee risorse al completamento del Progetto «Caserme Verdi».
9/2305/326Giovanni Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 621, lettera a), dell'articolo 1 del provvedimento in esame introduce modifiche all'articolo 33, comma 8-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
    nel dettaglio, il punto 1) prevede che la consistenza della quota dei proventi derivanti dalle vendite degli immobili militari di pertinenza del Ministero della difesa passi dal 10 al 30 per cento del valore di apporto dei beni;
    tali proventi sono destinati prioritariamente alla razionalizzazione e alla riorganizzazione del settore infrastrutturale, ad esclusione di spese di natura ricorrente;
    inoltre, al punto 2), è previsto che le risorse monetarie derivanti dall'alienazione delle quote vengano versate all'entrata del bilancio dello stato per la successiva integrale riassegnazione alle spese di investimento dello stato di previsione della spesa del ministero della difesa, in aggiunta rispetto alle dotazioni finanziarie iscritte nel medesimo stato di previsione;
    appare quindi opportuno destinare queste ed aggiuntive risorse al Progetto «Caserme Verdi» realizzato dallo Stato Maggiore dell'Esercito, al fine di consentire l'avvio di un programma di riqualificazione del parco infrastrutturale dell'Esercito secondo moderni standard e criteri costruttivi innovativi ad elevata efficienza energetica e ridotti costi di mantenimento e gestione, con realizzazioni di basi comprensive di aree addestrative, poli alloggiativi per famiglie nonché di impianti sportivi, spazi verdi e socio-ricreativi accessibili anche alla popolazione civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche attraverso un successivo intervento normativo, idonee risorse al completamento del Progetto «Caserme Verdi».
9/2305/326. (Testo modificato nel corso della seduta) Giovanni Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    le notizie di cronaca rendono ormai necessaria l'esigenza di assicurare un supporto psicologico al personale militare appartenente alle Forze Armate e garantire, specie in un contesto così sensibile, un adeguato supporto morale con l'intento di pervenire, attraverso la conoscenza dei fenomeni, all'attuazione di procedure che permettano una conoscenza e una gestione efficace di eventi critici che, come è noto, sono ad alto impatto emotivo;
    il Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini ha recentemente dichiarato che: «è in corso, da parte dei competenti organi della Difesa, l'implementazione di alcune attività tra i quali il potenziamento della rete di monitoraggio del personale presso i reparti e le unità delle Forze Armate, anche attraverso la ricerca di possibili collaborazioni con gli organi della sanità civile presenti sul territorio e la definizione di nuove e più efficaci procedure di intervento nell'individuazione, nella prevenzione e nella risoluzione delle situazioni di possibile rischio, sia sistemico che individuale»;
    nella codificazione internazionale dei disturbi mentali, al Dpts è associata inderogabilmente la presenza di un evento rilevante quale causa di stress nel 2013, in Italia, stando ai dati della Difesa, si erano già registrati almeno una trentina di casi (agli atti dell'Osservatorio epidemiologico della difesa sono presenti 16 casi, di cui 3 nel 2007, 9 nel 2008, 1 nel 2010 e 3 nel 2011 a cui si aggiungerebbero altri 16 casi risultati estrapolati dai ricoveri (post-sgombero da teatro operativo estero presso il Celio); il dato relativo ai suicidi avvenuti nel 2017, pubblicato sulla «Relazione sullo stato della disciplina militare e dell'organizzazione delle Forze Armate» registra un aumento rispetto agli anni precedenti (24 nel 2017, 23 casi nel 2016 e 17 casi nel 2015). Nell'ambito delle Forze armate si verificherebbe la tendenza da parte del personale a occultare/dissimulare il disturbo, al fine di evitare provvedimenti medico-legali;
    il Comitato tecnico-scientifico per lo studio dei disturbi mentali nel personale militare che, nonostante trauma e stress non siano sinonimi e non appartengano al medesimo dominio di eventi psichici, ha delineato che la fenomenologia clinica li associa rispetto all'assunto che esiste una soglia di tolleranza agli stimoli, oltre la quale le esperienze sono in grado di provocare ferite profonde all'individuo e che il trauma è un'esperienza che mette in difficoltà il sistema di protezione difensivo dell'individuo e potrebbe esporlo a sentimenti di impotenza e di perdita di controllo;
    il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), al titolo V (sanità militare), capo I (disposizioni generali), articolo 183 reca norme relative ai rapporti con il servizio sanitario nazionale; si rilevano inoltre al capo IV (personale addetto alla sanità militare) nella sezione I (personale del servizio sanitario militare), gli articoli 208, 209 e 210 e nella sezione II (esercizio delle professioni sanitarie), gli articoli 211 e 212 e l'articolo 821, comma 2, lettera c, relativo all'Arma dei Carabinieri, concernente ruoli del personale in servizio permanente, dove è ricompreso espressamente il comparto sanitario e psicologico nel ruolo tecnico degli ufficiali in servizio permanente e l'articolo 847 concernente l'equiparazione degli ufficiali del ruolo tecnico agli ufficiali dei ruoli normali delle Forze armate costituiti per l'assolvimento di analoghe mansioni;
    il Ministro della Difesa ha inaugurato il Centro Veterani della Difesa, collocato all'interno del Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare, con l'intento di diventare unico punto di riferimento, con connotazione interforze, per l'accoglienza e l'assistenza per il personale della Difesa che, nell'adempimento del dovere nei più diversi contesti addestrati ed operativi, abbia subito traumi fisici o psichici;
    sarebbe opportuno l'istituzione di un fondo destinato alla copertura degli interventi di assistenza finalizzati al riconoscimento dei disturbi post-traumatici dei militari e di tutto il personale della Difesa e dei familiari di questi, intendendo per familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, di una delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado di parentela,

impegna il Governo

a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'istituzione presso il Ministero della Difesa di un fondo per il sostegno alle vittime di DPTS e alle loro famiglie per la cura e l'assistenza psicologica e psicoterapeutica con una adeguata disponibilità finanziaria.
9/2305/327Roberto Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    le notizie di cronaca rendono ormai necessaria l'esigenza di assicurare un supporto psicologico al personale militare appartenente alle Forze Armate e garantire, specie in un contesto così sensibile, un adeguato supporto morale con l'intento di pervenire, attraverso la conoscenza dei fenomeni, all'attuazione di procedure che permettano una conoscenza e una gestione efficace di eventi critici che, come è noto, sono ad alto impatto emotivo;
    il Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini ha recentemente dichiarato che: «è in corso, da parte dei competenti organi della Difesa, l'implementazione di alcune attività tra i quali il potenziamento della rete di monitoraggio del personale presso i reparti e le unità delle Forze Armate, anche attraverso la ricerca di possibili collaborazioni con gli organi della sanità civile presenti sul territorio e la definizione di nuove e più efficaci procedure di intervento nell'individuazione, nella prevenzione e nella risoluzione delle situazioni di possibile rischio, sia sistemico che individuale»;
    nella codificazione internazionale dei disturbi mentali, al Dpts è associata inderogabilmente la presenza di un evento rilevante quale causa di stress nel 2013, in Italia, stando ai dati della Difesa, si erano già registrati almeno una trentina di casi (agli atti dell'Osservatorio epidemiologico della difesa sono presenti 16 casi, di cui 3 nel 2007, 9 nel 2008, 1 nel 2010 e 3 nel 2011 a cui si aggiungerebbero altri 16 casi risultati estrapolati dai ricoveri (post-sgombero da teatro operativo estero presso il Celio); il dato relativo ai suicidi avvenuti nel 2017, pubblicato sulla «Relazione sullo stato della disciplina militare e dell'organizzazione delle Forze Armate» registra un aumento rispetto agli anni precedenti (24 nel 2017, 23 casi nel 2016 e 17 casi nel 2015). Nell'ambito delle Forze armate si verificherebbe la tendenza da parte del personale a occultare/dissimulare il disturbo, al fine di evitare provvedimenti medico-legali;
    il Comitato tecnico-scientifico per lo studio dei disturbi mentali nel personale militare che, nonostante trauma e stress non siano sinonimi e non appartengano al medesimo dominio di eventi psichici, ha delineato che la fenomenologia clinica li associa rispetto all'assunto che esiste una soglia di tolleranza agli stimoli, oltre la quale le esperienze sono in grado di provocare ferite profonde all'individuo e che il trauma è un'esperienza che mette in difficoltà il sistema di protezione difensivo dell'individuo e potrebbe esporlo a sentimenti di impotenza e di perdita di controllo;
    il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), al titolo V (sanità militare), capo I (disposizioni generali), articolo 183 reca norme relative ai rapporti con il servizio sanitario nazionale; si rilevano inoltre al capo IV (personale addetto alla sanità militare) nella sezione I (personale del servizio sanitario militare), gli articoli 208, 209 e 210 e nella sezione II (esercizio delle professioni sanitarie), gli articoli 211 e 212 e l'articolo 821, comma 2, lettera c, relativo all'Arma dei Carabinieri, concernente ruoli del personale in servizio permanente, dove è ricompreso espressamente il comparto sanitario e psicologico nel ruolo tecnico degli ufficiali in servizio permanente e l'articolo 847 concernente l'equiparazione degli ufficiali del ruolo tecnico agli ufficiali dei ruoli normali delle Forze armate costituiti per l'assolvimento di analoghe mansioni;
    il Ministro della Difesa ha inaugurato il Centro Veterani della Difesa, collocato all'interno del Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare, con l'intento di diventare unico punto di riferimento, con connotazione interforze, per l'accoglienza e l'assistenza per il personale della Difesa che, nell'adempimento del dovere nei più diversi contesti addestrati ed operativi, abbia subito traumi fisici o psichici;
    sarebbe opportuno l'istituzione di un fondo destinato alla copertura degli interventi di assistenza finalizzati al riconoscimento dei disturbi post-traumatici dei militari e di tutto il personale della Difesa e dei familiari di questi, intendendo per familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, di una delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado di parentela,

impegna il Governo

a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'opportunità di istituire presso il Ministero della Difesa un fondo per il sostegno alle vittime di DPTS e alle loro famiglie per la cura e l'assistenza psicologica e psicoterapeutica con una adeguata disponibilità finanziaria.
9/2305/327. (Testo modificato nel corso della seduta) Roberto Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Gruppo Intervento Speciale dell'Arma dei Carabinieri è collocato all'interno della caserma «Generale G. Amico» di Livorno sede condivisa con la 2A Brigata Mobile, il Comando Provinciale ed altre unità organizzative;
    diverse, di conseguenza, le criticità di natura logistica-organizzativa e di addestramento, con cui sono costretti a convivere le forze speciali infatti si trova dislocato in più plessi, non dispone di un proprio poligono, né di aree polifunzionali per l'addestramento di base, soffre una penuria di posti letto per i militari permanentemente alloggiati e per quelli che, per rendere la quotidiana reperibilità in caso d'allarme, devono dormire in caserma, è privo di qualsivoglia struttura per ospitare anche esigue delegazioni straniere, soffre un'esigua disponibilità di magazzini e di ricoveri per automezzi operativi;
    il 1o Rgt. CC paracadutisti «Tu scani a» è dislocato all'interno della caserma «Vannucci» di Livorno dell'Esercito Italiano. La struttura è, ormai, vetusta e non più adatta ad ospitare l'attuale reparto. Il 9o Rgt. D'assalto par. «Col Moschin», che si trova nelle medesime condizioni, è in corso di trasferimento, in una porzione della base USA di «Camp Darby» che verrà ceduta all'Esercito;
    le principali aree addestrative delle due unità (GIS e Tuscania) sono state, nel tempo, realizzate nell'ambito del Centro Interforze Studi e Applicazioni Militari (CISAM);
    nel corso delle attività di ricognizione volte ad individuare una nuova collocazione per i due reparti, è stata individuata un'area adiacente al perimetro della base USA si «Camp Darby» che, per la sua collocazione geografica (vicinanza all'aeroporto di Pisa e alle aree addestrative del CISAM) e per la sua estensione, appare idonea ad ospitare i due reparti;
    la necessità di trovare una nuova collocazione per il GIS e per il 1o Rgt. CC par.: appare, ormai, ineludibile, alla luce delle esigenze dei due reparti e delle attuali condizioni infrastrutturali che non offrono, soprattutto per il GIS, le condizioni minime per garantirne la piena efficienza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, anche attraverso un successivo intervento normativo, congrue risorse finalizzate alla realizzazione delle nuove sedi dei reparti dell'Arma dei Carabinieri, GIS e Tuscania.
9/2305/328Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'indennità onnicomprensiva spettante al personale delle Forze armate (in particolar modo quello di truppa) impegnato nell'operazione «Strade sicure», ai sensi dell'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, viene disciplinata e finanziata di anno in anno attraverso un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con quelli della Difesa e dell'interno che, per il 2018, prevede: a) il principio dell'equiordinazione del trattamento economico accessorio del personale della Difesa impiegato in servizio di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili con quello del personale delle Forze di Polizia impiegato nella medesima operazione; b) la determinazione dell'importo in euro m0 per ogni giorno di effettivo impiego in servizi svolti nella sede di servizio ed euro 26,00 per ogni giorno di effettivo impiego in servizi svolti al di fuori della sede di servizio; c) il riconoscimento al solo personale militare impiegato di un limite medio mensile di 14,5 ore di compenso per lavoro straordinario effettivamente reso, da corrispondere in aggiunta all'indennità in argomento;
    l'impiego del personale nell'attuale dispositivo «Strade Sicure» produce, al termine del semestre di servizio, un totale di circa 60 giorni di assenza, tra recuperi di festività non fruite ed ore di straordinario non remunerate. Di fatto, tra approntamento, impiego in operazione e recupero, nell'arco di un anno solare, alle unità operative resta ben poco tempo da dedicare alle attività addestrative, con evidenti ricadute sull'operatività dello strumento militare;
    pertanto, salvaguardando il principio di equi-ordinazione retributiva,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di rivedere l'attuale dispositivo «Strade Sicure» con lo scopo di soddisfare, le esigenze di pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alle Forze armate, impegnati ai sensi dell'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
   ad incrementare a partire dall'anno 2020 il monte ore medio di straordinario del personale effettivamente impiegato nei servizi di vigilanza di siti ed obiettivi sensibili;
   ad autorizzare la spesa aggiuntiva per un importo complessivo di euro 7.600.000, a valere sulle disponibilità degli stanziamenti di bilancio.
9/2305/329Del Monaco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'indennità onnicomprensiva spettante al personale delle Forze armate (in particolar modo quello di truppa) impegnato nell'operazione «Strade sicure», ai sensi dell'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, viene disciplinata e finanziata di anno in anno attraverso un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con quelli della Difesa e dell'interno che, per il 2018, prevede: a) il principio dell'equiordinazione del trattamento economico accessorio dei personale della Difesa impiegato in servizio di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili con quello del personale delle Forze di Polizia impiegato nella medesima operazione; b) la determinazione dell'importo in euro m0 per ogni giorno di effettivo impiego in servizi svolti nella sede di servizio ed euro 26,00 per ogni giorno di effettivo impiego in servizi svolti al di fuori della sede di servizio; c) il riconoscimento al solo personale militare impiegato di un limite medio mensile di 14,5 ore di compenso per lavoro straordinario effettivamente reso, da corrispondere in aggiunta all'indennità in argomento;
    l'impiego del personale nell'attuale dispositivo «Strade Sicure» produce, al termine del semestre di servizio, un totale di circa 60 giorni di assenza, tra recuperi di festività non fruite ed ore di straordinario non remunerate. Di fatto, tra approntamento, impiego in operazione e recupero, nell'arco di un anno solare, alle unità operative resta ben poco tempo da dedicare alle attività addestrative, con evidenti ricadute sull'operatività dello strumento militare;
    pertanto, salvaguardando il principio di equi-ordinazione retributiva,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di rivedere l'attuale dispositivo «Strade Sicure» con lo scopo di soddisfare, le esigenze di pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolte dagli appartenenti alle Forze armate, impegnati ai sensi dell'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
   a valutare l'opportunità di incrementare a partire dall'anno 2020 il monte ore medio di straordinario del personale effettivamente impiegato nei servizi di vigilanza di siti ed obiettivi sensibili;
   a valutare l'opportunità di autorizzare la spesa aggiuntiva per un importo complessivo di euro 7.600.000, a valere sulle disponibilità degli stanziamenti di bilancio.
9/2305/329. (Testo modificato nel corso della seduta) Del Monaco.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 dell'articolo 1 del provvedimento in esame autorizza anche per l'anno 2021 uno stanziamento di 21 milioni per l'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa;
    permane l'incertezza sull'applicazione dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 1092/73 che riconosce i benefici al «servizio prestato dagli operai addetti ai lavori insalubri o ai polverifici», poiché una interpretazione restrittiva della norma ha finora negato gli stessi diritti al personale civile, pur impegnati nella stessa area;
    sarebbe quindi opportuno che tutto il personale civile in servizio nelle aree dei polverifici beneficiasse di quanto previsto all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 1092/73 senza distinzioni,

impegna il Governo

a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, il legittimo riconoscimento dei benefici previsti per i lavori insalubri e polverifici espletati nel corso degli anni a tutto il personale civile, la cui attività di lavoro nei polverifici sia assimilata a tutti gli altri senza distinzione alcuna tra profili amministrativi e tecnici, e al personale adibito a lavori insalubri in enti non polverifici.
9/2305/330Iorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 134 dell'articolo 1 del provvedimento in esame autorizza anche per l'anno 2021 uno stanziamento di 21 milioni per l'incentivazione della produttività del personale civile appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa;
    permane l'incertezza sull'applicazione dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 1092/73 che riconosce i benefici al «servizio prestato dagli operai addetti ai lavori insalubri o ai polverifici», poiché una interpretazione restrittiva della norma ha finora negato gli stessi diritti al personale civile, pur impegnati nella stessa area;
    sarebbe quindi opportuno che tutto il personale civile in servizio nelle aree dei polverifici beneficiasse di quanto previsto all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 1092/73 senza distinzioni,

impegna il Governo

a valutare, anche attraverso un successivo intervento normativo, l'opportunità del legittimo riconoscimento dei benefici previsti per i lavori insalubri e polverifici espletati nel corso degli anni a tutto il personale civile, la cui attività di lavoro nei polverifici sia assimilata a tutti gli altri senza distinzione alcuna tra profili amministrativi e tecnici, e al personale adibito a lavori insalubri in enti non polverifici.
9/2305/330. (Testo modificato nel corso della seduta) Iorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca disposizioni per favorire il lavoro e l'occupazione giovanile anche attraverso la previsione di misure a sostegno degli investimenti delle imprese, con particolare riferimento al sud d'Italia. Si prevedono, infatti, specifiche disposizioni per i giovani imprenditori nel Mezzogiorno (misura «Resto Sud») e si istituisce il «Fondo cresci Sud» a sostegno della competitività e della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese nel meridione;
    in generale, poi, numerose sono le risorse che il disegno di legge in esame stanzia per gli investimenti nel campo della ricerca e le autorizzazioni di spesa per l'erogazione di contributi in favore di scuole di eccellenza. Università e per l'erogazione di borse di studio;
   considerato che le Università italiane rappresentano con sempre maggiore rilievo luoghi di incontro tra il mondo accademico ed il mondo imprenditoriale svolgendo un ruolo importante nella nascita e nello sviluppo di progetti innovativi per i giovani e le loro prospettive occupazionali. Al riguardo, per quanto riguarda il Mezzogiorno, particolarmente virtuoso è l'esempio rappresentato dall'università degli Studi di Salerno che vanta una particolare competenza nella valorizzazione dei talenti interni al Campus e nelle relazioni con soggetti istituzionali e del modo dell'imprenditoria;
    appare pertanto utile che il richiamato Ateneo campano si faccia promotore di un progetto innovativo volto a sostenere e incentivare la nascita e la realizzazione delle preliminari fasi di sviluppo di start-up basate su idee imprenditoriali ad elevato tasso di innovazione e dotate di un forte collegamento con la ricerca universitaria;
    oltre a favorire la creazione di una mentalità imprenditoriale, il progetto consentirebbe di sviluppare e accrescere le competenze trasversali degli studenti, la loro attitudine al team-working e lo scambio e la contaminazione di conoscenze tra studenti, ricercatori e docenti provenienti da diversi percorsi formativi e di questi ultimi col mondo del lavoro in merito a differenti contesti produttivi e di servizio (non solo hi-tech ma anche comparto alimentare o turistico). Numerosi sarebbero, inoltre, le ricadute positive per l'intero ecosistema produttivo presente all'interno della comunità di riferimento,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle politiche a sostegno dell'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno d'Italia, l'avvio di una fattiva collaborazione con l'Università degli Studi di Salerno per la realizzazione del progetto «Unistart» volto a favorire, attraverso forme di collaborazione tra università, istituzioni e imprese, la nascita e lo sviluppo di start up innovative.
9/2305/331Iovino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca disposizioni per favorire il lavoro e l'occupazione giovanile anche attraverso la previsione di misure a sostegno degli investimenti delle imprese, con particolare riferimento al sud d'Italia. Si prevedono, infatti, specifiche disposizioni per i giovani imprenditori nel Mezzogiorno (misura «Resto Sud») e si istituisce il «Fondo cresci Sud» a sostegno della competitività e della crescita dimensionale delle piccole e medie imprese nel meridione;
    in generale, poi, numerose sono le risorse che il disegno di legge in esame stanzia per gli investimenti nel campo della ricerca e le autorizzazioni di spesa per l'erogazione di contributi in favore di scuole di eccellenza. Università e per l'erogazione di borse di studio;
   considerato che le Università italiane rappresentano con sempre maggiore rilievo luoghi di incontro tra il mondo accademico ed il mondo imprenditoriale svolgendo un ruolo importante nella nascita e nello sviluppo di progetti innovativi per i giovani e le loro prospettive occupazionali. Al riguardo, per quanto riguarda il Mezzogiorno, particolarmente virtuoso è l'esempio rappresentato dall'università degli Studi di Salerno che vanta una particolare competenza nella valorizzazione dei talenti interni al Campus e nelle relazioni con soggetti istituzionali e del modo dell'imprenditoria;
    appare pertanto utile che il richiamato Ateneo campano si faccia promotore di un progetto innovativo volto a sostenere e incentivare la nascita e la realizzazione delle preliminari fasi di sviluppo di start-up basate su idee imprenditoriali ad elevato tasso di innovazione e dotate di un forte collegamento con la ricerca universitaria;
    oltre a favorire la creazione di una mentalità imprenditoriale, il progetto consentirebbe di sviluppare e accrescere le competenze trasversali degli studenti, la loro attitudine al team-working e lo scambio e la contaminazione di conoscenze tra studenti, ricercatori e docenti provenienti da diversi percorsi formativi e di questi ultimi col mondo del lavoro in merito a differenti contesti produttivi e di servizio (non solo hi-tech ma anche comparto alimentare o turistico). Numerosi sarebbero, inoltre, le ricadute positive per l'intero ecosistema produttivo presente all'interno della comunità di riferimento,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle politiche a sostegno dell'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno d'Italia, l'opportunità di avviare una fattiva collaborazione con l'Università degli Studi di Salerno per la realizzazione del progetto «Unistart» volto a favorire, attraverso forme di collaborazione tra università, istituzioni e imprese, la nascita e lo sviluppo di start up innovative.
9/2305/331. (Testo modificato nel corso della seduta) Iovino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 621, reca norme in materia di immobili militari della Difesa;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244 aveva inaugurato un circolo di vendita di numerosi immobili dismessi di proprietà del Dicastero della Difesa;
    dalla Relazione della Corte dei conti «Gli alloggi di servizio del Ministero della Difesa» del luglio 2017, si evince come tale ciclo virtuoso si stato interrotto dalle disposizioni della legge 23 dicembre 2014, n. 190: «in quanto ha previsto la non riassegnabilità allo stato di previsione della spesa del ministero della Difesa dei proventi delle vendite ed ha imposto al citato dicastero di assicurare, dalle dismissioni di immobili in uso, saldi di finanza pubblica non inferiori a 220 milioni nel 2015 ed a 100 milioni negli anni 2016 e 2017, finalizzati alla riduzione dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Detta legge, in sintesi, ha completamente soppresso le risorse per la realizzazione di nuovi alloggi ed ha ridotto all'ammontare dei canoni di locazione di quelli occupati i fondi per la manutenzione degli alloggi liberi da riassegnare, determinando una situazione di stallo»;
    attualmente, pertanto, le risorse disponibili non sono in grado di alimentare in maniera sufficiente capitoli di spesa dedicati agli alloggi di servizio delle Forze Armate rendendone impossibile la periodica manutenzione che ha portato la quota degli alloggi indisponibili per mancati lavori di manutenzione ed adeguamento al 25 per cento del totale. Tali alloggi non solo non possono essere assegnati ma rappresentano una spesa per i tributi locali che devono comunque essere versati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere normativo, una modifica della legge 23 dicembre 2014, n. 190, al fine di incrementare le risorse sia per la realizzazione di nuovi alloggi di servizio destinati al personale delle Forze Armate, sia per la manutenzione degli alloggi liberi da riassegnare.
9/2305/332Frusone.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 44 e 45 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto istituiscono un Fondo per investimenti a favore dei comuni, presso il Ministero dell'interno, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034;
    tale fondo, è destinato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
    il nostro Paese è dotato di un patrimonio artistico, storico e culturale di inestimabile valore, invidiato da tutto il mondo, in grado di attrarre ogni anno milioni e milioni di turisti dal tutto il mondo che generano un impatto di grandissima rilevanza sulla nostra economia;
    il patrimonio di tipo archeologico riveste particolare importanza, data la gran vastità di reperti e scavi di fama mondiale, anche se, sfortunatamente, alcuni siti archeologici, poco noti al grande pubblico, sono spesso posti al di fuori dei tradizionali circuiti turistici, nonostante il loro indiscutibile valore e l'innegabile importanza nel ricostruire fondamentali spaccati della storia antica del nostro Paese e delle nostre terre;
    questo sistema pare a nostro avviso del tutto irragionevole: da un punto di vista economico, infatti, si potrebbero crearsi posti di lavoro e generare ulteriori benefici economici, pressoché in tutto il territorio nazionale, dando respiro ad un settore che, nonostante il ruolo ricoperto, spesso è in affanno; dall'altra si garantirebbe il giusto e meritato valore a questi siti;
    tra questi, vi sono certamente gli Scavi di Stabiae, a Castellammare di Stabia, meno noti rispetto al vicino Parco Archeologico di Pompei, ma per questo non secondari: vi si trovano antiche importanti scavi di epoca romana, collocati sulla Collina di Varano, ove, tuttavia, sorgono decine di edifici abusivi che deturpano il territorio e di fatto ostacolano la fruizione degli scavi;
    la Collina di Varano, tuttavia, è sottoposta ad un grave conclamato rischio idraulico e idrogeologico che ne compromette la stabilità con immediate ricadute sugli scavi archeologici, in particolare sulle Ville di Epoca romana;
    il rischio è talmente elevato che, al fine di evitare probabili ingenti danni alle suddette strutture, si rende necessario un immediato intervento per la messa in sicurezza dell'area,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di provvedimenti volti a stanziare risorse per la messa in sicurezza della Collina di Varano nel comune di Castellammare di Stabia, contro il rischio di dissesto idrogeologico.
9/2305/333Di Lauro.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 44 e 45 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto istituiscono un Fondo per investimenti a favore dei comuni, presso il Ministero dell'interno, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034;
    tale fondo, è destinato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali;
    il nostro Paese è dotato di un patrimonio artistico, storico e culturale di inestimabile valore, invidiato da tutto il mondo, in grado di attrarre ogni anno milioni e milioni di turisti dal tutto il mondo che generano un impatto di grandissima rilevanza sulla nostra economia;
    il patrimonio di tipo archeologico riveste particolare importanza, data la gran vastità di reperti e scavi di fama mondiale, anche se, sfortunatamente, alcuni siti archeologici, poco noti al grande pubblico, sono spesso posti al di fuori dei tradizionali circuiti turistici, nonostante il loro indiscutibile valore e l'innegabile importanza nel ricostruire fondamentali spaccati della storia antica del nostro Paese e delle nostre terre;
    questo sistema pare a nostro avviso del tutto irragionevole: da un punto di vista economico, infatti, si potrebbero crearsi posti di lavoro e generare ulteriori benefici economici, pressoché in tutto il territorio nazionale, dando respiro ad un settore che, nonostante il ruolo ricoperto, spesso è in affanno; dall'altra si garantirebbe il giusto e meritato valore a questi siti;
    tra questi, vi sono certamente gli Scavi di Stabiae, a Castellammare di Stabia, meno noti rispetto al vicino Parco Archeologico di Pompei, ma per questo non secondari: vi si trovano antiche importanti scavi di epoca romana, collocati sulla Collina di Varano, ove, tuttavia, sorgono decine di edifici abusivi che deturpano il territorio e di fatto ostacolano la fruizione degli scavi;
    la Collina di Varano, tuttavia, è sottoposta ad un grave conclamato rischio idraulico e idrogeologico che ne compromette la stabilità con immediate ricadute sugli scavi archeologici, in particolare sulle Ville di Epoca romana;
    il rischio è talmente elevato che, al fine di evitare probabili ingenti danni alle suddette strutture, si rende necessario un immediato intervento per la messa in sicurezza dell'area,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti volti a stanziare risorse per la messa in sicurezza della Collina di Varano nel comune di Castellammare di Stabia, contro il rischio di dissesto idrogeologico.
9/2305/333. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Lauro.


   La Camera,
   premesso che:
    i porti, per la complessità delle attività commerciali ed industriali in essi svolte sono stati considerati da sempre delle zone ad alto rischio, alle quali è stata dedicata una specifica legislazione ai fini della sicurezza antincendi che ha attribuito al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (CNVVF) la responsabilità del servizio antincendi in ambito portuale;
    a tutt'oggi la classificazione dei porti ai fini della sicurezza antincendi è quella prevista dalla legge 13 maggio 1940, n. 690 con cui fu istituito il servizio di prevenzione ed estinzione nei porti, che d'allora non è stata mai aggiornata. La normativa citata aveva suddiviso i porti nazionali in tre categorie prevedendo la costituzione di distaccamenti portuali dei vigili del fuoco solo in quelli di prima e di seconda categoria;
    neanche le successive normative in materia di riorganizzazione del sistema portuale, da prima la legge n. 84/1994, e il successivo decreto legislativo n. 169 del 2016 hanno sanato le lacune createsi;
    l'attuale classificazione infatti non tiene in considerazione l'evoluzione socio economica di alcune realtà portuali come nel caso del porto di Olbia, primo in Sardegna e tra i primi cinque in Italia per traffico passeggeri e sicuramente uno dei più importanti scali passeggeri del Mediterraneo;
    tra i vari porti considerati come di «rilevanza economica nazionale» è oggi inaccettabile che ci siano delle differenze sulla sicurezza;
    ancora più inaccettabile è che ci siano dei porti a «rilevanza regionale» con un distaccamento dei vigili del Fuoco dedicato e dei porti a «rilevanza economica nazionale» totalmente sguarniti;
    non solo il Porto di Olbia, già sede dell'allora Autorità Portuale, non ha un distaccamento fisso dedicato ma lo stesso distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia, presidio di sicurezza, vigilanza e prevenzione, è assolutamente carente di risorse umane e di mezzi di soccorso al punto tale da compromettere l'efficienza e l'efficacia degli stessi interventi;
    questa grave carenza di personale aumenta i rischi in ambito portuale;
    nonostante l'alta operatività dei nostri Vigili del Fuoco non possiamo chiedergli di dotarsi anche del dono dell'ubiquità h 24;
    la mancanza di personale espone gli stessi a maggiori rischi, a turni massacranti e a difficoltà nel dover gestire fenomeni simultanei in parti diverse della città;
    la prontezza di intervento h 24 in ambito portuale è una certezza che dobbiamo garantire ai milioni di passeggeri che transitano per i nostri porti e ai nostri cittadini che abitano nelle città portuali;
   considerato in fine che non si possono chiedere sforzi disumani al Corpo dei Vigili del Fuoco che già ne compie quotidianamente per garantire la nostra sicurezza a scapito della propria,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure anche di carattere finanziario necessarie ad istituire un presidio nautico fisso h 24 nel porto di Olbia dotandolo del rispettivo personale senza sguarnire dello stesso il presidio della Città.
9/2305/334Marino.


   La Camera,
   premesso che:
    i porti, per la complessità delle attività commerciali ed industriali in essi svolte sono stati considerati da sempre delle zone ad alto rischio, alle quali è stata dedicata una specifica legislazione ai fini della sicurezza antincendi che ha attribuito al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (CNVVF) la responsabilità del servizio antincendi in ambito portuale;
    a tutt'oggi la classificazione dei porti ai fini della sicurezza antincendi è quella prevista dalla legge 13 maggio 1940, n. 690 con cui fu istituito il servizio di prevenzione ed estinzione nei porti, che d'allora non è stata mai aggiornata. La normativa citata aveva suddiviso i porti nazionali in tre categorie prevedendo la costituzione di distaccamenti portuali dei vigili del fuoco solo in quelli di prima e di seconda categoria;
    neanche le successive normative in materia di riorganizzazione del sistema portuale, da prima la legge n. 84/1994, e il successivo decreto legislativo n. 169 del 2016 hanno sanato le lacune createsi;
    l'attuale classificazione infatti non tiene in considerazione l'evoluzione socio economica di alcune realtà portuali come nel caso del porto di Olbia, primo in Sardegna e tra i primi cinque in Italia per traffico passeggeri e sicuramente uno dei più importanti scali passeggeri del Mediterraneo;
    tra i vari porti considerati come di «rilevanza economica nazionale» è oggi inaccettabile che ci siano delle differenze sulla sicurezza;
    ancora più inaccettabile è che ci siano dei porti a «rilevanza regionale» con un distaccamento dei vigili del Fuoco dedicato e dei porti a «rilevanza economica nazionale» totalmente sguarniti;
    non solo il Porto di Olbia, già sede dell'allora Autorità Portuale, non ha un distaccamento fisso dedicato ma lo stesso distaccamento dei vigili del fuoco di Olbia, presidio di sicurezza, vigilanza e prevenzione, è assolutamente carente di risorse umane e di mezzi di soccorso al punto tale da compromettere l'efficienza e l'efficacia degli stessi interventi;
    questa grave carenza di personale aumenta i rischi in ambito portuale;
    nonostante l'alta operatività dei nostri Vigili del Fuoco non possiamo chiedergli di dotarsi anche del dono dell'ubiquità h 24;
    la mancanza di personale espone gli stessi a maggiori rischi, a turni massacranti e a difficoltà nel dover gestire fenomeni simultanei in parti diverse della città;
    la prontezza di intervento h 24 in ambito portuale è una certezza che dobbiamo garantire ai milioni di passeggeri che transitano per i nostri porti e ai nostri cittadini che abitano nelle città portuali;
   considerato in fine che non si possono chiedere sforzi disumani al Corpo dei Vigili del Fuoco che già ne compie quotidianamente per garantire la nostra sicurezza a scapito della propria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure anche di carattere finanziario necessarie ad istituire un presidio nautico fisso h 24 nel porto di Olbia dotandolo del rispettivo personale senza sguarnire dello stesso il presidio della Città.
9/2305/334. (Testo modificato nel corso della seduta) Marino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 commi 545 e seguenti della Legge 11 dicembre 2016, n. 232 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019» come modificata dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», definiscono il quadro normativo relativo alla vendita o qualsiasi altra forma di collocamento di titoli di accesso e di rivendita ad attività di spettacolo per le manifestazioni da intrattenimento;
    il contrasto al c.d. bagarinaggio on line o al secondary ticketing ha, tra gli altri, l'esplicito obiettivo di evitare la perdita di risorse per lo Stato derivante da un imponibile notevolmente inferiore a quello effettivamente pagato dal fruitore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rafforzare gli strumenti normativi per il contrasto del fenomeno del secondary ticketing o bagarinaggio on line incluso attraverso un'azione di vigilanza delle piattaforme di rivendita secondaria e, ove necessario, l'oscuramento delle predette che effettuino rivendita a prezzo maggiorato.
9/2305/335Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario adottare misure radicali per affrontare il tema delle crescenti disuguaglianze e della mancanza di lavoro di qualità e di opportunità per i giovani;
    è urgente investire sulla sostenibilità ambientale, economica, e sociale dell'Italia;
    il 1o gennaio 2020 inizierà il decennio che porterà al 2030, e inizieranno quindi gli ultimi dieci anni utili per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile;
    il 1o dicembre ha preso funzione la nuova Commissione europea, che per i prossimi cinque anni lavorerà con le istituzioni europee e gli Stati membri su una prospettiva e una agenda di sviluppo che il nostro Paese deve sostenere, contribuire a costruire, fare propria;
    l'attuale congedo di paternità, ancorché allungato da 5 a 7 giorni, rimane poco significativo per i papà e inutile per evitare le discriminazioni a danno delle donne in fase di assunzione e carriera;
    i Comuni italiani, in particolare quelli tra 15 e 100 mila abitanti, hanno competenze limitate per affrontare la sfida ambientale;
    i fondi per la ricerca su temi legati alla transizione ecologica sono inadeguati all'emergenza climatica che l'Italia dovrà affrontare nei prossimi anni;
    lo Stato garantisce agevolazioni fiscali per attività ad elevato impatto ambientale e che inquinano;
    precarietà e lavoro povero producono discontinuità nei contributi previdenziali e impossibilità di maturare una pensione dignitosa;
    le crisi aziendali sono gestite sempre come emergenza e attraverso il ricorso esclusivo agli ammortizzatori sociali;
    oltre 2 mila beni immobili confiscati alle mafie non sono riutilizzati, e il Paese dispone di aree industriali dismesse per una superficie complessiva pari al 3 per cento del territorio nazionale; per il recupero, la riqualificazione, il riuso e l'avvio di progetti imprenditoriali e culturali legati a questi beni e aree le procedure sono frammentate e i tempi lunghi; crescono le disuguaglianze di partenza legate alla condizione familiare e territoriale e non esiste una vera politica per l'emancipazione e l'autonomia dei giovani, in ragione anche degli scarsi strumenti di orientamento per studentesse e studenti che si apprestano a compiere le prime scelte importanti della loro vita e a decidere «chi essere da grandi»,

impegna il Governo:

   innalzare l'indennità di maternità dall'80 al 100 per cento e promuovere contestualmente l'introduzione in Italia di un congedo di paternità lungo e obbligatorio, per i lavori dipendenti privati e pubblici, di almeno 3 mesi da usufruire nei primi 9 mesi di vita del neonato;
   stanziare risorse per 2 mila dottorati green per costruire nei Comuni tra 15 e 100 abitanti, in partenariato con le università, dei presidi di ricerca legati alle sfide della transizione ecologica a livello locale;
   stanziare risorse per nuovi spin-off universitari; per rafforzare, valorizzare e valutare la terza missione delle università; per progetti di ricerca nazionali e collaborazioni internazionali su tecnologie verdi;
   dotare il Paese di una nuova «fiscalità verde», comprese aliquote progressive sulle plusvalenze per scoraggiare gli investimenti in società che inquinano e incoraggiare quelli in società attente all'ambiente;
   introdurre una «garanzia contributiva universale» per assicurare il diritto ad una pensione dignitosa a tutti le lavoratrici e i lavoratori precari e discontinui;
   permettere alle lavoratrici e ai lavoratori di riscattare e rilanciare l'attività di impresa delle aziende in crisi attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento di nuovi strumenti finanziari e fiscali;
   istituire un Fondo nazionale per la bellezza urbana che si occupi dell'intero ciclo di riattivazione degli spazi/immobili in disuso – dalla presa in carico alla nuova destinazione rigenerata – al fine di destinare gli immobili e le aree nuovamente accessibili e disponibili per asili nido, centri culturali, hub professionali, associazioni, co-working, startup; istituire, a partire dal 2023, l’«eredità universale» attraverso il conferimento di un capitale di cittadinanza di 15 mila euro ai giovani al compimento del 18esimo anno di età, anticipato da due anni di sensibilizzazione e mobilitazione collettiva sui territori con l'obiettivo di costruire i necessari percorsi di accompagnamento e orientamento nelle scuole e nei Comuni per un uso consapevole di questo capitale.
9/2305/336Fusacchia, Lattanzio, Muroni, Palazzotto, Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario adottare misure radicali per affrontare il tema delle crescenti disuguaglianze e della mancanza di lavoro di qualità e di opportunità per i giovani;
    è urgente investire sulla sostenibilità ambientale, economica, e sociale dell'Italia;
    il 1o gennaio 2020 inizierà il decennio che porterà al 2030, e inizieranno quindi gli ultimi dieci anni utili per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile;
    il 1o dicembre ha preso funzione la nuova Commissione europea, che per i prossimi cinque anni lavorerà con le istituzioni europee e gli Stati membri su una prospettiva e una agenda di sviluppo che il nostro Paese deve sostenere, contribuire a costruire, fare propria;
    l'attuale congedo di paternità, ancorché allungato da 5 a 7 giorni, rimane poco significativo per i papà e inutile per evitare le discriminazioni a danno delle donne in fase di assunzione e carriera;
    i Comuni italiani, in particolare quelli tra 15 e 100 mila abitanti, hanno competenze limitate per affrontare la sfida ambientale;
    i fondi per la ricerca su temi legati alla transizione ecologica sono inadeguati all'emergenza climatica che l'Italia dovrà affrontare nei prossimi anni;
    lo Stato garantisce agevolazioni fiscali per attività ad elevato impatto ambientale e che inquinano;
    precarietà e lavoro povero producono discontinuità nei contributi previdenziali e impossibilità di maturare una pensione dignitosa;
    le crisi aziendali sono gestite sempre come emergenza e attraverso il ricorso esclusivo agli ammortizzatori sociali;
    oltre 2 mila beni immobili confiscati alle mafie non sono riutilizzati, e il Paese dispone di aree industriali dismesse per una superficie complessiva pari al 3 per cento del territorio nazionale; per il recupero, la riqualificazione, il riuso e l'avvio di progetti imprenditoriali e culturali legati a questi beni e aree le procedure sono frammentate e i tempi lunghi; crescono le disuguaglianze di partenza legate alla condizione familiare e territoriale e non esiste una vera politica per l'emancipazione e l'autonomia dei giovani, in ragione anche degli scarsi strumenti di orientamento per studentesse e studenti che si apprestano a compiere le prime scelte importanti della loro vita e a decidere «chi essere da grandi»,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità
    di innalzare l'indennità di maternità dall'80 al 100 per cento e promuovere contestualmente l'introduzione in Italia di un congedo di paternità lungo e obbligatorio, per i lavori dipendenti privati e pubblici, di almeno 3 mesi da usufruire nei primi 9 mesi di vita del neonato;
    di stanziare risorse per 2 mila dottorati green per costruire nei Comuni tra 15 e 100 abitanti, in partenariato con le università, dei presidi di ricerca legati alle sfide della transizione ecologica a livello locale;
    di stanziare risorse per nuovi spin-off universitari; per rafforzare, valorizzare e valutare la terza missione delle università; per progetti di ricerca nazionali e collaborazioni internazionali su tecnologie verdi;
    di dotare il Paese di una nuova «fiscalità verde», comprese aliquote progressive sulle plusvalenze per scoraggiare gli investimenti in società che inquinano e incoraggiare quelli in società attente all'ambiente;
    di introdurre una «garanzia contributiva universale» per assicurare il diritto ad una pensione dignitosa a tutti le lavoratrici e i lavoratori precari e discontinui;
    di permettere alle lavoratrici e ai lavoratori di riscattare e rilanciare l'attività di impresa delle aziende in crisi attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento di nuovi strumenti finanziari e fiscali;
    di istituire un Fondo nazionale per la bellezza urbana che si occupi dell'intero ciclo di riattivazione degli spazi/immobili in disuso – dalla presa in carico alla nuova destinazione rigenerata – al fine di destinare gli immobili e le aree nuovamente accessibili e disponibili per asili nido, centri culturali, hub professionali, associazioni, co-working, startup; istituire, a partire dal 2023, l’«eredità universale» attraverso il conferimento di un capitale di cittadinanza di 15 mila euro ai giovani al compimento del 18esimo anno di età, anticipato da due anni di sensibilizzazione e mobilitazione collettiva sui territori con l'obiettivo di costruire i necessari percorsi di accompagnamento e orientamento nelle scuole e nei Comuni per un uso consapevole di questo capitale.
9/2305/336. (Testo modificato nel corso della seduta) Fusacchia, Lattanzio, Muroni, Palazzotto, Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 727-730 dell'articolo 1 del provvedimento in esame recano norme in materia di concessioni per il gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento con vincita in denaro;
    proprio di recente l'articolo 27 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili, ha previsto che presso l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sia istituito, a decorrere dal 2020, il Registro unico degli operatori del gioco pubblico;
    il comma 4 del predetto articolo ha introdotto, tra gli altri requisiti necessari, che «l'iscrizione al Registro è disposta dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli previa verifica del possesso, da parte dei richiedenti, delle licenze di pubblica sicurezza di cui agli articoli 86 e 88 del testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, delle autorizzazioni e concessioni necessarie ai sensi delle specifiche normative di settore»;
    la formulazione di tale previsione può generare dei dubbi interpretativi in ordine ai requisiti richiesti per l'iscrizione al Registro di prossima istituzione, e in particolare l'elencazione delle licenze di Pubblica Sicurezza ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS potrebbe essere considerata applicabile indistintamente a tutte le tipologie di gioco;
    il regime autorizzativo dei giochi, al contrario, prevede regole differenti e autonome per ogni singola tipologia di gioco, poste dalla specifica normativa di settore;
    intento del legislatore non è certamente modificare la normativa di settore in ordine al regime autorizzativo dei diversi giochi, quanto invece subordinare l'iscrizione al suddetto Registro unico all'effettivo possesso delle licenze, autorizzazioni o concessioni necessarie che sono specificamente previste per ogni singolo gioco, e solo per quello,

impegna il Governo

a esplicitare attraverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze – Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che, nell'ambito dei requisiti per l'iscrizione al Registro unico, il possesso delle licenze di Pubblica Sicurezza ai sensi degli articoli 86 e 88 TULPS sia richiesto solamente per i giochi per i quali la normativa di settore lo esiga e che non possa essere considerato applicabile indistintamente a tutte le tipologie di gioco.
9/2305/337Vitiello, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 727-730 dell'articolo 1 del provvedimento in esame recano norme in materia di concessioni per il gioco mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento con vincita in denaro;
    proprio di recente l'articolo 27 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili, ha previsto che presso l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sia istituito, a decorrere dal 2020, il Registro unico degli operatori del gioco pubblico;
    il comma 4 del predetto articolo ha introdotto, tra gli altri requisiti necessari, che «l'iscrizione al Registro è disposta dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli previa verifica del possesso, da parte dei richiedenti, delle licenze di pubblica sicurezza di cui agli articoli 86 e 88 del testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, delle autorizzazioni e concessioni necessarie ai sensi delle specifiche normative di settore»;
    la formulazione di tale previsione può generare dei dubbi interpretativi in ordine ai requisiti richiesti per l'iscrizione al Registro di prossima istituzione, e in particolare l'elencazione delle licenze di Pubblica Sicurezza ai sensi degli articoli 86 e 88 del TULPS potrebbe essere considerata applicabile indistintamente a tutte le tipologie di gioco;
    il regime autorizzativo dei giochi, al contrario, prevede regole differenti e autonome per ogni singola tipologia di gioco, poste dalla specifica normativa di settore;
    intento del legislatore non è certamente modificare la normativa di settore in ordine al regime autorizzativo dei diversi giochi, quanto invece subordinare l'iscrizione al suddetto Registro unico all'effettivo possesso delle licenze, autorizzazioni o concessioni necessarie che sono specificamente previste per ogni singolo gioco, e solo per quello,

impegna il Governo

    a valutare l'opportunità di esplicitare attraverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze – Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che, nell'ambito dei requisiti per l'iscrizione al Registro unico, il possesso delle licenze di Pubblica Sicurezza ai sensi degli articoli 86 e 88 TULPS sia richiesto solamente per i giochi per i quali la normativa di settore lo esiga e che non possa essere considerato applicabile indistintamente a tutte le tipologie di gioco.
9/2305/337. (Testo modificato nel corso della seduta) Vitiello, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 353, del disegno di legge in esame incrementa le risorse, per il triennio 2020-2022, del Fondo per le pari opportunità al fine di finanziarie il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;
    sul fronte della prevenzione della violenza maschile contro le donne è necessario investire risorse sul trattamento degli uomini violenti nella fase di esecuzione della pena, le cui modalità di espiazione, secondo l'articolo 27 della Costituzione, deve avere una funzione rieducativa;
    in modo particolare, per questa tipologia di reati, caratterizzati dalla abitualità delle condotte e della recidiva specifica estremamente elevata, il carcere, senza un trattamento specifico, si rivela inefficace;
    espiata la pena, gli uomini violenti tendono infatti a commettere altri reati della stessa natura e spesso quando escono dal carcere agiscono violenza o nei confronti della ex partner oppure nei confronti di altre donne;
    è pertanto necessario mettere in campo risorse in questa direzione;
    è altresì importante, in chiave preventiva, investire risorse per la specializzazione e la formazione di tutti i soggetti che vengono a contatto con la violenza sulle donne e sono chiamati ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare le risorse necessarie volte a garantire: la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e per la prevenzione della recidiva.
9/2305/338Annibali, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 353, del disegno di legge in esame incrementa le risorse, per il triennio 2020-2022, del Fondo per le pari opportunità al fine di finanziarie il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;
    sul fronte della prevenzione della violenza maschile contro le donne è necessario investire risorse sul trattamento degli uomini violenti nella fase di esecuzione della pena, le cui modalità di espiazione, secondo l'articolo 27 della Costituzione, deve avere una funzione rieducativa;
    in modo particolare, per questa tipologia di reati, caratterizzati dalla abitualità delle condotte e della recidiva specifica estremamente elevata, il carcere, senza un trattamento specifico, si rivela inefficace;
    espiata la pena, gli uomini violenti tendono infatti a commettere altri reati della stessa natura e spesso quando escono dal carcere agiscono violenza o nei confronti della ex partner oppure nei confronti di altre donne;
    è pertanto necessario mettere in campo risorse in questa direzione;
    è altresì importante, in chiave preventiva, investire risorse per la specializzazione e la formazione di tutti i soggetti che vengono a contatto con la violenza sulle donne e sono chiamati ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative, a valutare l'opportunità di stanziare le risorse necessarie volte a garantire: la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e per la prevenzione della recidiva.
9/2305/338. (Testo modificato nel corso della seduta) Annibali, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 270, 370, 376 e 378, del provvedimento reca disposizioni volte a incrementare le risorse necessarie e indispensabili per la promozione della cultura e della lingua italiana all'estero;
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE), riconosciute dallo Stato italiano e che svolgono un ruolo imprescindibile per la tutela e la promozione dello sviluppo economico del Paese, sono 74, operano in 53 Paesi del mondo e associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla Tab. 3 – Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, alla Missione 11 Competitività e sviluppo delle imprese. Programma 6 Vigilanza sul sistema cooperativo, sulle società e il sistema camerale;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che nel 2019, sulla base di un percorso seguito negli anni precedenti, ha riguardato il 100 per cento dei fondi disponibili pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    la X Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, in data 12/11/2019 nel dare parere favorevole alla Commissione Bilancio sul Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 ha fatto osservazione e suggerito un reintegro delle somme destinate all'attività delle Camere di Commercio Italiane all'estero;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE si è collocata, in media, al 31 per cento della spesa rendicontata, rispetto alla previsione normativa di un 50 per cento;
    questa situazione appare foriera di situazioni di dissesto in soggetti che hanno visto, in sei anni, ridurre sensibilmente il cofinanziamento pubblico, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane;
    nell'anno 2019 il Ministero dello Sviluppo Economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista di 35,7 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assicurare in sede di ripartizione delle disponibilità alle Camere di commercio italiane all'estero un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione globale del capitolo, per realizzare un più adeguato cofinanziamento della spesa sui programmi promozionali già realizzati nell'anno 2019 con risorse proprie.
9/2305/339Carè, La Marca, Schirò, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Bilancio per il 2014, all'articolo 1, comma 228, escludeva dal meccanismo di pay-back della spesa farmaceutica il fatturato dei farmaci orfani, dei farmaci c.d. « orphan-like», nonché di quelli individuati in un'apposita circolare dell'Agenzia europea dei medicinali;
    la legge di bilancio 2019 invece ha introdotto, ai commi da 578 a 580 dell'articolo 1, un meccanismo che prevede che l'Aifa determini la quota di mercato di ciascuna azienda farmaceutica sulla base del fatturato. In tal modo le aziende ripianano pro quota l'eventuale superamento del tetto della spesa farmaceutica, con una deduzione pari a 3 milioni di euro, esclusivamente per il computo del fatturato rilevante per gli acquisti diversi dai gas medicinali;
    inoltre, la legge di cui al precedente punto, al comma 578 prevede che siano esclusi dai calcoli del fatturato i soli «farmaci inseriti nel registro dei medicinali orfani per uso umano dell'Unione europea». Tale registro non comprende peraltro i farmaci « orphan-like» e quelli orfani che hanno perso la esclusività di mercato. Secondo gli operatori del settore vengono in questo modo inclusi nel payback ben 39 farmaci destinati ai malati rari, determinando di fatto una disparità di trattamento tra produttori di farmaci orfani per patologie rare e ultra-rare, senza alternativa terapeutica, con potenziali gravi ripercussioni in termini di innovazione, ricerca e sviluppo e qualità e offerta di cura per le gravi patologie in parola,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, con opportuni futuri interventi normativi, di tutelare tutte le imprese impegnate nella ricerca e nello sviluppo di cure per le malattie rare ed ultra-rare, escludendo dal meccanismo del payback in premessa, oltre ai farmaci orfani inseriti nel registro dei medicinali orfani per uso umano dell'Unione europea già contemplati dalla normativa vigente, anche i codici AIC relativi a farmaci che rispettano i requisiti previsti dal Regolamento Europeo (CE) 141/2000 per la designazione a farmaco organo e che sono elencati nella circolare EMEA 7381/01/EN, nonché altri farmaci da individuarsi con apposita delibera dell'AIFA tra quelli già in possesso dell'autorizzazione in commercio destinati alla cura delle malattie rare che soddisfano i criteri di cui all'articolo 3 del suddetto Regolamento Europeo;
   a valutare l'opportunità di elevare, con opportuni futuri interventi normativi, la franchigia in premessa, attualmente pari a 3 milioni di euro, in maniera tale da tutelare i prodotti a fatturato minore prodotti da PMI del settore, a titolo esemplificativo fino ad euro 30 milioni.
9/2305/340De Filippo, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre creare una banca dati digitale delle verifiche degli impianti elettrici (previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, articolo 86, e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001) per rendere il processo di verifica più efficace, ai fini della sicurezza delle persone, e più efficiente, ai fini della trasmissione dei dati dalle imprese alla pubblica amministrazione;
    INAIL dispone già di un applicativo software (GIVA) che assolve la funzione di banca dati per le denunce degli impianti elettrici e per le verifiche periodiche di altre attrezzature (apparecchi di sollevamento ed a pressione), e può dunque facilmente implementare in tale applicativo la funzione di banca dati delle verifiche degli impianti elettrici;
    per garantire l'uniformità dei versamenti, da parte degli organismi privati ad INAIL, occorre adottare un tariffario unico nazionale, come già avvenuto per le verifiche degli apparecchi di sollevamento e degli apparecchi a pressione, e per la revisione degli autoveicoli, settori in cui – analogamente a quello delle verifiche degli impianti elettrici – occorre privilegiare la professionalità e la competenza, nell'interesse della sicurezza degli utenti e dei lavoratori;
    l'adozione di un unico tariffario nazionale per le verifiche degli impianti elettrici è di facile attuazione, in quanto per tali verifiche già esiste un tariffario nazionale, adottato da ISPESL (ora INAIL), con decreto del 7 luglio 2005 pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2005,

impegna il Governo

a modificare il decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001, prevedendo la banca dati delle verifiche gestita da INAIL, l'obbligo del datore di lavoro di comunicare ad INAIL il nominativo dell'organismo che ha incaricato di effettuare la verifica, l'obbligo del suddetto organismo sia di applicare per la verifica la tariffa individuata dal decreto 7 luglio 2005 «Tariffario ISPESL» sia di corrispondere all'INAIL una quota pari al 5 per cento di tale tariffa.
9/2305/341Marco Di Maio, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre creare una banca dati digitale delle verifiche degli impianti elettrici (previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, articolo 86, e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001) per rendere il processo di verifica più efficace, ai fini della sicurezza delle persone, e più efficiente, ai fini della trasmissione dei dati dalle imprese alla pubblica amministrazione;
    INAIL dispone già di un applicativo software (GIVA) che assolve la funzione di banca dati per le denunce degli impianti elettrici e per le verifiche periodiche di altre attrezzature (apparecchi di sollevamento ed a pressione), e può dunque facilmente implementare in tale applicativo la funzione di banca dati delle verifiche degli impianti elettrici;
    per garantire l'uniformità dei versamenti, da parte degli organismi privati ad INAIL, occorre adottare un tariffario unico nazionale, come già avvenuto per le verifiche degli apparecchi di sollevamento e degli apparecchi a pressione, e per la revisione degli autoveicoli, settori in cui – analogamente a quello delle verifiche degli impianti elettrici – occorre privilegiare la professionalità e la competenza, nell'interesse della sicurezza degli utenti e dei lavoratori;
    l'adozione di un unico tariffario nazionale per le verifiche degli impianti elettrici è di facile attuazione, in quanto per tali verifiche già esiste un tariffario nazionale, adottato da ISPESL (ora INAIL), con decreto del 7 luglio 2005 pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2005,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare il decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001, prevedendo la banca dati delle verifiche gestita da INAIL, l'obbligo del datore di lavoro di comunicare ad INAIL il nominativo dell'organismo che ha incaricato di effettuare la verifica, l'obbligo del suddetto organismo sia di applicare per la verifica la tariffa individuata dal decreto 7 luglio 2005 «Tariffario ISPESL» sia di corrispondere all'INAIL una quota pari al 5 per cento di tale tariffa.
9/2305/341. (Testo modificato nel corso della seduta) Marco Di Maio, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 330 e 331, istituisce un fondo a carattere strutturale denominato fondo per la disabilità e la non autosufficienza;
    l'attenzione alle politiche indirizzate all'inclusione e alla rimozione delle diseguaglianze devono rappresentare una delle principali priorità per il Governo e per il Parlamento;
    Il Fondo nazionale per la non autosufficienza è stato istituito nel 2006 dall'articolo 1 comma 1264 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti al fine di favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, nonché per garantire, su tutto il territorio nazionale, l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali;
    a partire dal 2015 l'esigenza di tutela dei destinatari del fondo si è tradotta nell'impegno concreto di renderlo strutturale;
   considerato che:
    nell'ambito dell'esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio tale esigenza si è tradotta concretamente con l'incremento del fondo citato di venti milioni di euro per l'anno 2020;
    è avvertita in particolare l'esigenza di potenziare la tutela di studenti con disabilità attraverso agevolazioni agli istituti scolastici per l'acquisto di strumenti didattici appositi, dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, delle famiglie che assistono persone con disabilità grave e del ruolo essenziale del caregiver familiare,

impegna il Governo

ad impiegare parte delle risorse stanziate dal Parlamento di cui al considerato:
   a) quanto a 1 milione di euro, al fine di garantire la piena attuazione della legge 18 agosto 2015, n. 134, ad incremento della dotazione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito nello stato di previsione del Ministero della salute;
   b) quanto a 1,3 milioni di euro per sussidi didattici di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b) della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per le istituzioni scolastiche che accolgano alunne e alunni, studentesse e studenti con abilità diversa, certificata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
   c) quanto a 1,3 milioni ad incremento del fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 22 giugno 2016, n. 112;
   d) quanto a 1,3 milioni ad incremento del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, di cui all'articolo 1, comma 254, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/2305/342Colaninno, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 330 e 331, istituisce un fondo a carattere strutturale denominato fondo per la disabilità e la non autosufficienza;
    l'attenzione alle politiche indirizzate all'inclusione e alla rimozione delle diseguaglianze devono rappresentare una delle principali priorità per il Governo e per il Parlamento;
    Il Fondo nazionale per la non autosufficienza è stato istituito nel 2006 dall'articolo 1 comma 1264 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti al fine di favorirne una dignitosa permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, nonché per garantire, su tutto il territorio nazionale, l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali;
    a partire dal 2015 l'esigenza di tutela dei destinatari del fondo si è tradotta nell'impegno concreto di renderlo strutturale;
   considerato che:
    nell'ambito dell'esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio tale esigenza si è tradotta concretamente con l'incremento del fondo citato di venti milioni di euro per l'anno 2020;
    è avvertita in particolare l'esigenza di potenziare la tutela di studenti con disabilità attraverso agevolazioni agli istituti scolastici per l'acquisto di strumenti didattici appositi, dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, delle famiglie che assistono persone con disabilità grave e del ruolo essenziale del caregiver familiare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di impiegare parte delle risorse stanziate dal Parlamento di cui al considerato:
   a) quanto a 1 milione di euro, al fine di garantire la piena attuazione della legge 18 agosto 2015, n. 134, ad incremento della dotazione del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, istituito nello stato di previsione del Ministero della salute;
   b) quanto a 1,3 milioni di euro per sussidi didattici di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b) della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per le istituzioni scolastiche che accolgano alunne e alunni, studentesse e studenti con abilità diversa, certificata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
   c) quanto a 1,3 milioni ad incremento del fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 22 giugno 2016, n. 112;
   d) quanto a 1,3 milioni ad incremento del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, di cui all'articolo 1, comma 254, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/2305/342. (Testo modificato nel corso della seduta) Colaninno, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    ANPAL Servizi S.p.A. è una società in totale controllo pubblico che opera nel campo delle politiche attive del lavoro;
    il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 «disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, articolo 12, comma 3, definisce il ruolo di ANPAL Servizi per «garantire l'avvio e il funzionamento del RdC». La norma assegna alla Società un significativo ruolo nell'attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro approvato in sede di Conferenza Stato Regioni in data 16 aprile 2019;
    i commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 4 della Legge n. 128 del 2019 prevedono che per far fronte ai nuovi compiti assegnati in seguito all'introduzione del reddito di cittadinanza e della nuova programmazione comunitaria, ANPAL Servizi S.p.A. dovrà stabilizzare tutto il personale che ha prestato servizio con contratto a tempo determinato e di collaborazione. La norma consente la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato. Per quanto riguarda i contratti di collaborazione la norma stabilisce che nel triennio 2019-2021 l'azienda dovrà adottare specifiche procedure concorsuali per il personale che, entro il 1o gennaio 2019, ha prestato attività con tale contratto presso la stessa ANPAL Servizi S.p.A. e presso Italia Lavoro S.p.A.;
    il personale a tempo determinato e con contratto di collaborazione presso ANPAL Servizi S.p.A. che ha le caratteristiche stabilite dall'articolo 4 della legge n. 128 del 2019 è stato già selezionato con delle prove ad evidenza pubblica;
    ANPAL Servizi è titolare di un affidamento a valere sul PON FSE 2014-2020 consistente in 173 milioni di euro a copertura delle attività relative alle annualità 2017-2020. Al 1o agosto 2019 risultava un residuo pari a 84 milioni di euro. A luglio 2019 ANPAL Servizi ha presentato ad ANPAL una rimodulazione delle risorse che si accinge a esser approvata con la previsione di alcune nuove attività che estenderanno la valenza del Piano fino al 31 dicembre 2021, e con la richiesta di un'integrazione finanziaria di ulteriori 79 milioni di euro,

impegna il Governo:

   ad attuare tempestivamente le trasformazioni a tempo indeterminato di tutto il bacino dei precari di ANPAL Servizi allo scopo di realizzare quanto previsto dall'articolo 4 della legge n. 128 del 2019. Per far ciò è necessario che la rimodulazione delle risorse PON FSE 2014-2020 tenga conto del dettato normativo. Qualora non dovessero esser sufficienti le risorse finanziare di fonte comunitaria saranno allocate, in tempi stretti, nuove risorse per realizzare la stabilizzazione di tutto il bacino dei precari;
   a valutare la possibilità di convocare presso il Ministero del Lavoro, oltre che i sindacati confederali anche le Camere del Lavoro Autonomo e Precario (CLAP) in quanto sindacato con il più alto numero di iscritti in ANPAL Servizi al fine di definire un accordo che preveda la stabilizzazione di tutti i precari dell'Anpal Servizi tenuto conto di quanto espresso in premessa.
9/2305/343Moretto, Fassina, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    ANPAL Servizi S.p.A. è una società in totale controllo pubblico che opera nel campo delle politiche attive del lavoro;
    il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 «disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni», convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, articolo 12, comma 3, definisce il ruolo di ANPAL Servizi per «garantire l'avvio e il funzionamento del RdC». La norma assegna alla Società un significativo ruolo nell'attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro approvato in sede di Conferenza Stato Regioni in data 16 aprile 2019;
    i commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 4 della Legge n. 128 del 2019 prevedono che per far fronte ai nuovi compiti assegnati in seguito all'introduzione del reddito di cittadinanza e della nuova programmazione comunitaria, ANPAL Servizi S.p.A. dovrà stabilizzare tutto il personale che ha prestato servizio con contratto a tempo determinato e di collaborazione. La norma consente la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato. Per quanto riguarda i contratti di collaborazione la norma stabilisce che nel triennio 2019-2021 l'azienda dovrà adottare specifiche procedure concorsuali per il personale che, entro il 1o gennaio 2019, ha prestato attività con tale contratto presso la stessa ANPAL Servizi S.p.A. e presso Italia Lavoro S.p.A.;
    il personale a tempo determinato e con contratto di collaborazione presso ANPAL Servizi S.p.A. che ha le caratteristiche stabilite dall'articolo 4 della legge n. 128 del 2019 è stato già selezionato con delle prove ad evidenza pubblica;
    ANPAL Servizi è titolare di un affidamento a valere sul PON FSE 2014-2020 consistente in 173 milioni di euro a copertura delle attività relative alle annualità 2017-2020. Al 1o agosto 2019 risultava un residuo pari a 84 milioni di euro. A luglio 2019 ANPAL Servizi ha presentato ad ANPAL una rimodulazione delle risorse che si accinge a esser approvata con la previsione di alcune nuove attività che estenderanno la valenza del Piano fino al 31 dicembre 2021, e con la richiesta di un'integrazione finanziaria di ulteriori 79 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di attuare tempestivamente le trasformazioni a tempo indeterminato di tutto il bacino dei precari di ANPAL Servizi allo scopo di realizzare quanto previsto dall'articolo 4 della legge n. 128 del 2019. Per far ciò è necessario che la rimodulazione delle risorse PON FSE 2014-2020 tenga conto del dettato normativo. Qualora non dovessero esser sufficienti le risorse finanziare di fonte comunitaria a valutare l'opportunità che siano allocate, in tempi stretti, nuove risorse per realizzare la stabilizzazione di tutto il bacino dei precari;
   a valutare l'opportunità di convocare presso il Ministero del Lavoro, oltre che i sindacati confederali anche le Camere del Lavoro Autonomo e Precario (CLAP) in quanto sindacato con il più alto numero di iscritti in ANPAL Servizi al fine di definire un accordo che preveda la stabilizzazione di tutti i precari dell'Anpal Servizi tenuto conto di quanto espresso in premessa.
9/2305/343. (Testo modificato nel corso della seduta) Moretto, Fassina, Gribaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame demanda ulteriori compiti e attività al Corpo della Guardia di Finanza (v. ad esempio l'articolo 1, commi 647, 671 e 681 ss.).
    l'organico del Corpo della Guardia di Finanza necessita di essere rinnovato, per far fronte ad una situazione di carenza di personale divenuta ormai patologica nell'ambito della dotazione delle forze dell'ordine;
    tale esigenza risponde alla necessità di mantenimento degli standard minimi di sicurezza e pieno espletamento delle funzioni del Corpo;
   considerato che:
    è stato recentemente espletato un concorso per 380 allievi finanzieri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 3, del 15 maggio 2018;
    l'istituto dello scorrimento delle graduatorie risponde ad esigenze di economicità, efficacia ed efficienza dell'azione pubblica in quanto l'amministrazione che si avvalga delle graduatorie già predisposte evita infatti il ricorso a dispendiose procedure concorsuali;
    l'espletamento di nuove procedure concorsuali comporta anche il decorso di un lungo lasso temporale, nelle more del quale la carenza di organico si ripercuoterebbe negativamente sull'operatività della Guardia di finanza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ricorrere allo scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori del concorso per 380 allievi finanzieri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 3, del 15 maggio 2018, ai sensi del medesimo articolo 2199 del decreto legislativo n. 66 del 2010, fino ad esaurimento della stessa, per le assunzioni necessarie al rinnovo dell'organico del Corpo della Guardia di Finanza.
9/2305/344Nobili, Giachetti, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 72 reca misure di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, in particolare con riferimento alle voci di spesa per l'acquisto di beni e servizi;
    in materia sanitaria i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e il Nomenclatore tariffario delle protesi assicurano le prestazioni sanitarie e la fornitura di dispositivi medici agli aventi diritto;
    da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha riformato i livelli essenziali di assistenza e il Nomenclatore tariffario delle protesi apportando modifiche al sistema vigente per alcuni dispositivi protesici;
    fino al 2017, i dispositivi acustici erano inseriti nell'elenco 1 del Nomenclatore tariffario delle protesi di cui al decreto ministeriale 332 del 1999, considerando la valenza riabilitativa soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha apportato importanti modifiche agli elenchi delle protesi, in particolare spostando i dispositivi acustici dall'elenco 1 all'elenco 2a, che prevede l'acquisizione da parte del Servizio sanitario nazionale per gli aventi diritto tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale scelta contraddice le considerazioni sulla valenza riabilitativa che viene soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato, in quanto la prestazione sanitaria da parte dell'audioprotesista non è acquisibile tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale circostanza è confermata dal fatto che, a distanza di quasi tre anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 in nessuna regione o centrale di acquisto è stata realizzata una gara per l'acquisto di dispositivi acustici e delle relative prestazioni professionali;
    sull'impossibilità di svolgere procedure pubbliche di acquisto su questi prodotti si è espressa anche CONSIP, che in audizione il 18 dicembre 2018 alla Camera ha dichiarato che «sono dispositivi fatti sulla persona con un livello di personalizzazione tale che non è la gara di qualsiasi forma lo strumento adatto per la loro acquisizione»;
    dello stesso tenore il parere delle Commissioni Affari sociali e Sanità del Parlamento sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha invitato la Commissione nazionale di aggiornamento dei LEA a mantenere il sistema tariffario proprio a garanzia della personalizzazione dei dispositivi;
    il sistema tariffario consentirebbe di ottenere risparmi per il Sistema sanitario nazionale grazie alla stipula di un accordo quadro con la categoria responsabile e, al contempo, garantirebbe appropriatezza e specificità delle prescrizioni di dispositivi acustici e il necessario processo di adattamento individuale alle specifiche esigenze del paziente in capo al professionista audioprotesista,

impegna il Governo

a promuovere nell'ambito della Commissione Nazionale per l'aggiornamento dei LEA, il ritorno al sistema a tariffa e dunque nell'Elenco 1 dei dispositivi acustici, coinvolgendo la categoria per la negoziazione di un accordo quadro che garantisca risparmi per il servizio sanitario nazionale e appropriatezza e specificità per gli aventi diritto attraverso il necessario processo di adattamento individuale da parte del professionista sanitario.
9/2305/345D'Alessandro, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 72 reca misure di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, in particolare con riferimento alle voci di spesa per l'acquisto di beni e servizi;
    in materia sanitaria i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e il Nomenclatore tariffario delle protesi assicurano le prestazioni sanitarie e la fornitura di dispositivi medici agli aventi diritto;
    da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha riformato i livelli essenziali di assistenza e il Nomenclatore tariffario delle protesi apportando modifiche al sistema vigente per alcuni dispositivi protesici;
    fino al 2017, i dispositivi acustici erano inseriti nell'elenco 1 del Nomenclatore tariffario delle protesi di cui al decreto ministeriale 332 del 1999, considerando la valenza riabilitativa soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha apportato importanti modifiche agli elenchi delle protesi, in particolare spostando i dispositivi acustici dall'elenco 1 all'elenco 2a, che prevede l'acquisizione da parte del Servizio sanitario nazionale per gli aventi diritto tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale scelta contraddice le considerazioni sulla valenza riabilitativa che viene soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato, in quanto la prestazione sanitaria da parte dell'audioprotesista non è acquisibile tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale circostanza è confermata dal fatto che, a distanza di quasi tre anni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 in nessuna regione o centrale di acquisto è stata realizzata una gara per l'acquisto di dispositivi acustici e delle relative prestazioni professionali;
    sull'impossibilità di svolgere procedure pubbliche di acquisto su questi prodotti si è espressa anche CONSIP, che in audizione il 18 dicembre 2018 alla Camera ha dichiarato che «sono dispositivi fatti sulla persona con un livello di personalizzazione tale che non è la gara di qualsiasi forma lo strumento adatto per la loro acquisizione»;
    dello stesso tenore il parere delle Commissioni Affari sociali e Sanità del Parlamento sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha invitato la Commissione nazionale di aggiornamento dei LEA a mantenere il sistema tariffario proprio a garanzia della personalizzazione dei dispositivi;
    il sistema tariffario consentirebbe di ottenere risparmi per il Sistema sanitario nazionale grazie alla stipula di un accordo quadro con la categoria responsabile e, al contempo, garantirebbe appropriatezza e specificità delle prescrizioni di dispositivi acustici e il necessario processo di adattamento individuale alle specifiche esigenze del paziente in capo al professionista audioprotesista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere nell'ambito della Commissione Nazionale per l'aggiornamento dei LEA, il ritorno al sistema a tariffa e dunque nell'Elenco 1 dei dispositivi acustici, coinvolgendo la categoria per la negoziazione di un accordo quadro che garantisca risparmi per il servizio sanitario nazionale e appropriatezza e specificità per gli aventi diritto attraverso il necessario processo di adattamento individuale da parte del professionista sanitario.
9/2305/345. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Alessandro, Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agenda 2030 ed i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile sono il faro per la creazione di un futuro di sviluppo e benessere globale, ma il loro stato di attuazione, ha intensità e velocità ancora insufficienti;
    la transizione ecologica dev'essere accompagnata da una strategia definita, ma per ottenere risultati durevoli e solidi sarebbe preferibile evitare di perseguire politiche punitive e regressive, come tagli lineari o nuove tasse;
    la transizione ecologica e l'innovazione dei processi produttivi dev'essere segnata da un mutamento del paradigma culturale, anche attraverso politiche di sistema implementate dalle Istituzioni nazionali e locali, valutando peraltro scelte ponderate e sostenibili, anche dal punto di vista della sicurezza per i consumatori e della sostenibilità per il sistema produttivo italiano;
    emerge l'esigenza di creare un dialogo tra le Istituzioni e le imprese, disegnando insieme un percorso di revisione graduale e intelligente della normativa e la creazione per tappe di una piattaforma di sostenibilità ambientale e sociale che sia anche conveniente e competitiva;
    si ritiene che gli obiettivi fondamentali di contrasto ai cambiamenti climatici non possano essere perseguiti mediante singole misure che vanno ad incrementare la complessità burocratica e fiscale di un Paese che è già affetto da gravi criticità in tema di semplificazione per le imprese, bensì attraverso una visione di insieme che privilegi interventi di agevolazione per l'accesso al credito e gli investimenti sostenibili;
    rileva inoltre l'esigenza che le politiche ambientali rispettino l'inderogabile diritto costituzionale alla salute dei cittadini, di cui all'articolo 32 della Costituzione, da cui a cascata discende il diritto alla sicurezza alimentare;
    nel dichiarare l'assoluta necessità del processo di transizione dal modello lineare ad un modello circolare, emerge contestualmente l'esigenza di un bilanciamento con l'altra priorità di rango costituzionale su citata, ovvero la protezione dei consumatori;
    la discussione in merito alla così detta plastic tax, contenuta nel presente disegno di legge di Bilancio per il 2020, sembrerebbe purtroppo viziata da un atteggiamento forse ideologico, che ha finito per sottovalutare alcuni aspetti connotati da assoluta serietà;
    emerge in particolare la questione degli imballaggi primari, ovvero – come definito dal Codice ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 218 – «il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci» (in particolare il riferimento immediato va alla protezione degli alimenti, condizione essenziale per la tutela della salute umana di cui all'articolo 32 Cost. it.), «dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo»;
    la normativa comunitaria e nazionale prevede, conseguentemente, criteri molto stringenti rispetto al contatto con gli alimenti, che non devono essere contaminati da sostanze nocive e devono anche garantire la così detta «vita a scaffale»;
    in particolare, vi sono specifiche tipologie di imballaggi con funzioni di protezione e contenimento utilizzati per i prodotti alimentari, rispondenti ai requisiti di confezionamento e imballaggio di cui al capitolo X del Regolamento (CE) n. 852 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, realizzati con polimeri espansi in grado di assicurare, in via esclusiva, in ragione delle caratteristiche tecniche del prodotto, i necessari requisiti di sicurezza e integrità dei prodotti e materiali ivi contenuti grazie alle precipue qualità di isolamento termico;
    si rammenta inoltre che, proprio in merito alla possibilità di utilizzare plastica riciclata per gli imballaggi primari, l'EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare – ha segnalato la difficoltà nell'individuare con precisione le sostanze chimiche presenti alla fine del riciclo della plastica, anche perché ci potrebbero essere problemi con i contaminanti che derivano da utilizzi precedenti della plastica, i così detti prodotti chimici « legacy»;
    secondo quanto disposto dai commi 634 ss. in commento, tali tipologie di manufatti non rientrano nei casi di esclusione dall'applicazione dell'imposta, anche se nel settore agroalimentare l'imballaggio plastico utilizzato a contatto con l'alimento deriva principalmente da materia prima vergine;
    l'utilizzo di imballaggi sostitutivi, come ad esempio potrebbero essere vetro o alluminio o altri materiali riciclabili, non è una scelta sempre percorribile. Potrebbero altresì insorgere pesanti ricadute in termini occupazionali e tenuta del sistema produttivo, andando a penalizzare imprese del nostro territorio ad esempio del comparto agroalimentare, che tutelano la salute dei cittadini in conformità a quanto previsto dalle normative comunitarie in materia di sicurezza e igiene;
    è necessario che il Governo valuti di adoperarsi per una transizione ecologica che incentivi ricerca e riconversione, garantendo però al contempo la sicurezza alimentare per i cittadini nonché la sostenibilità economica ed occupazione per le imprese virtuose del settore agroalimentare,

impegna il Governo:

    nelle more della predisposizione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al comma 651, volto a stabilire le modalità di attuazione dei commi 634 ss., ad aprire un confronto tecnico con Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e Ministero della salute ed il coinvolgimento dell'istituto Superiore di Sanità e dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell'Arma dei Carabinieri, finalizzato ad identificare i manufatti che risultino infungibili, per i quali non siano disponibili sul mercato alternative in grado di assicurare la costanza nel mantenimento della catena del freddo durante le fasi di trasporto, l'integrità, la salubrità e il mantenimento delle condizioni organolettiche dei prodotti;
    a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative, anche nell'esercizio delle funzioni di impulso al procedimento legislativo, per provvedere ad una sospensione della così detta plastic tax, di cui al presente ordine del giorno, in riferimento alla garanzia di sicurezza per i consumatori nel settore agroalimentare, con particolare riguardo alle prestazioni dell'imballaggio primario dei prodotti per cui non si ravvisino alternative valide sulla base delle risultanze del suddetto approfondimento tecnico.
9/2305/346Gadda, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agenda 2030 ed i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile sono il faro per la creazione di un futuro di sviluppo e benessere globale, ma il loro stato di attuazione, ha intensità e velocità ancora insufficienti;
    la transizione ecologica dev'essere accompagnata da una strategia definita, ma per ottenere risultati durevoli e solidi sarebbe preferibile evitare di perseguire politiche punitive e regressive, come tagli lineari o nuove tasse;
    la transizione ecologica e l'innovazione dei processi produttivi dev'essere segnata da un mutamento del paradigma culturale, anche attraverso politiche di sistema implementate dalle Istituzioni nazionali e locali, valutando peraltro scelte ponderate e sostenibili, anche dal punto di vista della sicurezza per i consumatori e della sostenibilità per il sistema produttivo italiano;
    emerge l'esigenza di creare un dialogo tra le Istituzioni e le imprese, disegnando insieme un percorso di revisione graduale e intelligente della normativa e la creazione per tappe di una piattaforma di sostenibilità ambientale e sociale che sia anche conveniente e competitiva;
    si ritiene che gli obiettivi fondamentali di contrasto ai cambiamenti climatici non possano essere perseguiti mediante singole misure che vanno ad incrementare la complessità burocratica e fiscale di un Paese che è già affetto da gravi criticità in tema di semplificazione per le imprese, bensì attraverso una visione di insieme che privilegi interventi di agevolazione per l'accesso al credito e gli investimenti sostenibili;
    rileva inoltre l'esigenza che le politiche ambientali rispettino l'inderogabile diritto costituzionale alla salute dei cittadini, di cui all'articolo 32 della Costituzione, da cui a cascata discende il diritto alla sicurezza alimentare;
    nel dichiarare l'assoluta necessità del processo di transizione dal modello lineare ad un modello circolare, emerge contestualmente l'esigenza di un bilanciamento con l'altra priorità di rango costituzionale su citata, ovvero la protezione dei consumatori;
    la discussione in merito alla così detta plastic tax, contenuta nel presente disegno di legge di Bilancio per il 2020, sembrerebbe purtroppo viziata da un atteggiamento forse ideologico, che ha finito per sottovalutare alcuni aspetti connotati da assoluta serietà;
    emerge in particolare la questione degli imballaggi primari, ovvero – come definito dal Codice ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 218 – «il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci» (in particolare il riferimento immediato va alla protezione degli alimenti, condizione essenziale per la tutela della salute umana di cui all'articolo 32 Cost. it.), «dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo»;
    la normativa comunitaria e nazionale prevede, conseguentemente, criteri molto stringenti rispetto al contatto con gli alimenti, che non devono essere contaminati da sostanze nocive e devono anche garantire la così detta «vita a scaffale»;
    in particolare, vi sono specifiche tipologie di imballaggi con funzioni di protezione e contenimento utilizzati per i prodotti alimentari, rispondenti ai requisiti di confezionamento e imballaggio di cui al capitolo X del Regolamento (CE) n. 852 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, realizzati con polimeri espansi in grado di assicurare, in via esclusiva, in ragione delle caratteristiche tecniche del prodotto, i necessari requisiti di sicurezza e integrità dei prodotti e materiali ivi contenuti grazie alle precipue qualità di isolamento termico;
    si rammenta inoltre che, proprio in merito alla possibilità di utilizzare plastica riciclata per gli imballaggi primari, l'EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare – ha segnalato la difficoltà nell'individuare con precisione le sostanze chimiche presenti alla fine del riciclo della plastica, anche perché ci potrebbero essere problemi con i contaminanti che derivano da utilizzi precedenti della plastica, i così detti prodotti chimici « legacy»;
    secondo quanto disposto dai commi 634 ss. in commento, tali tipologie di manufatti non rientrano nei casi di esclusione dall'applicazione dell'imposta, anche se nel settore agroalimentare l'imballaggio plastico utilizzato a contatto con l'alimento deriva principalmente da materia prima vergine;
    l'utilizzo di imballaggi sostitutivi, come ad esempio potrebbero essere vetro o alluminio o altri materiali riciclabili, non è una scelta sempre percorribile. Potrebbero altresì insorgere pesanti ricadute in termini occupazionali e tenuta del sistema produttivo, andando a penalizzare imprese del nostro territorio ad esempio del comparto agroalimentare, che tutelano la salute dei cittadini in conformità a quanto previsto dalle normative comunitarie in materia di sicurezza e igiene;
    è necessario che il Governo valuti di adoperarsi per una transizione ecologica che incentivi ricerca e riconversione, garantendo però al contempo la sicurezza alimentare per i cittadini nonché la sostenibilità economica ed occupazione per le imprese virtuose del settore agroalimentare,

impegna il Governo:

    nelle more della predisposizione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al comma 651, volto a stabilire le modalità di attuazione dei commi 634 ss., a valutare l'opportunità di aprire un confronto tecnico con Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e Ministero della salute ed il coinvolgimento dell'istituto Superiore di Sanità e dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell'Arma dei Carabinieri, finalizzato ad identificare i manufatti che risultino infungibili, per i quali non siano disponibili sul mercato alternative in grado di assicurare la costanza nel mantenimento della catena del freddo durante le fasi di trasporto, l'integrità, la salubrità e il mantenimento delle condizioni organolettiche dei prodotti;
    a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative, anche nell'esercizio delle funzioni di impulso al procedimento legislativo, per provvedere ad una sospensione della così detta plastic tax, di cui al presente ordine del giorno, in riferimento alla garanzia di sicurezza per i consumatori nel settore agroalimentare, con particolare riguardo alle prestazioni dell'imballaggio primario dei prodotti per cui non si ravvisino alternative valide sulla base delle risultanze del suddetto approfondimento tecnico.
9/2305/346. (Testo modificato nel corso della seduta) Gadda, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame istituisce all'articolo 1, commi 14 e 15, un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali e allo sviluppo del Paese, e stanzia risorse per la messa in sicurezza e la viabilità dei territori (articolo 1, comma 66);
    dal 20 agosto 2019 la «frana del Ruinon», nel suo avanzare, ha comportato la caduta rovinosa di massi nel territorio comunale di Valfurva (SO), con la conseguente chiusura della strada provinciale n. 29, la quale è stata riaperta 5 mesi dopo, a seguito di numerosi interventi emergenziali di ripristino, quali lavori di demolizione e brillamento dei massi, volti tutti a limitare gli effetti della continua instabilità e degli smottamenti della «frana del Ruinon»;
    la strada provinciale n. 29 rappresenta l'unica arteria di collegamento per la nota località sciistica di Santa Caterina Valfurva e mette in collegamento importanti aree a forte vocazione turistica, come quella del Parco dell'Adamello e quella di Bormio;
    i forti rischi che caratterizzano l'area interessata dalla «frana del Ruinon» non sono stati affatto superati dagli interventi di somma urgenza posti in essere dalle autorità competenti e il pericolo che la località di Santa Caterina Valfurva torni a essere isolata rappresenta un'eventualità quanto mai concreta e realistica, ponendo a repentaglio l'economia locale e ripercuotendosi sullo stato e sulle prospettive occupazionali e di sviluppo dell'intera zona;
    le attuali condizioni di precarietà della strada provinciale n. 29 continuano, comunque, a incidere negativamente sull'economia complessiva del territorio interessato, in quanto la mancanza di un intervento definitivo e strutturale sulla strada provinciale non risulta idoneo a scongiurare i pericoli derivanti dalla progressione della «frana del Ruinon», facendo sorgere più di un interrogativo circa lo stato di messa in sicurezza del corrispondente tratto stradale;
    al fine di evitare il futuro isolamento stradale e una possibile catastrofe ambientale sono stati progettati interventi per la realizzazione di bypass idraulico e stradale per importo stimato di 170 milioni di euro,

impegna il Governo

ad attivarsi al fine di garantire lo stanziamento di risorse necessarie alla realizzazione di interventi strutturali di messa in sicurezza della strada provinciale n. 29, che siano idonei a garantire una viabilità sicura, agevole e veloce sul corrispondente tratto stradale e che si rivelino idonei ad accompagnare e favorire lo sviluppo economico di tutto il territorio comunale di Valfurva.
9/2305/347Del Barba, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame istituisce all'articolo 1, commi 14 e 15, un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali e allo sviluppo del Paese, e stanzia risorse per la messa in sicurezza e la viabilità dei territori (articolo 1, comma 66);
    dal 20 agosto 2019 la «frana del Ruinon», nel suo avanzare, ha comportato la caduta rovinosa di massi nel territorio comunale di Valfurva (SO), con la conseguente chiusura della strada provinciale n. 29, la quale è stata riaperta 5 mesi dopo, a seguito di numerosi interventi emergenziali di ripristino, quali lavori di demolizione e brillamento dei massi, volti tutti a limitare gli effetti della continua instabilità e degli smottamenti della «frana del Ruinon»;
    la strada provinciale n. 29 rappresenta l'unica arteria di collegamento per la nota località sciistica di Santa Caterina Valfurva e mette in collegamento importanti aree a forte vocazione turistica, come quella del Parco dell'Adamello e quella di Bormio;
    i forti rischi che caratterizzano l'area interessata dalla «frana del Ruinon» non sono stati affatto superati dagli interventi di somma urgenza posti in essere dalle autorità competenti e il pericolo che la località di Santa Caterina Valfurva torni a essere isolata rappresenta un'eventualità quanto mai concreta e realistica, ponendo a repentaglio l'economia locale e ripercuotendosi sullo stato e sulle prospettive occupazionali e di sviluppo dell'intera zona;
    le attuali condizioni di precarietà della strada provinciale n. 29 continuano, comunque, a incidere negativamente sull'economia complessiva del territorio interessato, in quanto la mancanza di un intervento definitivo e strutturale sulla strada provinciale non risulta idoneo a scongiurare i pericoli derivanti dalla progressione della «frana del Ruinon», facendo sorgere più di un interrogativo circa lo stato di messa in sicurezza del corrispondente tratto stradale;
    al fine di evitare il futuro isolamento stradale e una possibile catastrofe ambientale sono stati progettati interventi per la realizzazione di bypass idraulico e stradale per importo stimato di 170 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi al fine di garantire lo stanziamento di risorse necessarie alla realizzazione di interventi strutturali di messa in sicurezza della strada provinciale n. 29, che siano idonei a garantire una viabilità sicura, agevole e veloce sul corrispondente tratto stradale e che si rivelino idonei ad accompagnare e favorire lo sviluppo economico di tutto il territorio comunale di Valfurva.
9/2305/347. (Testo modificato nel corso della seduta) Del Barba, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 219-224, come approvati dal Senato, stabiliscono la detraibilità dall'imposta lorda del 90 per cento delle spese documentate, sostenute nell'anno 2020, relative agli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici ubicati in specifiche zone. L'obiettivo di tale intervento è di promuovere interventi volti al decoro architettonico;
    la bellezza e il decoro devono, tuttavia, tenere necessariamente insieme la riqualificazione estetica con l'accessibilità e la fruibilità di edifici spesso costruiti in epoche passate e, quindi, caratterizzati dalla presenza di innumerevoli barriere architettoniche che non consentono a molte persone di vivere liberamente perché rimangono quasi intrappolate nelle loro abitazioni;
    il primo rapporto Istat sulle persone con disabilità certifica, infatti, come in Italia il 5,2 per cento della popolazione, ossia circa 3,1 milioni di persone (in gran parte anziane), abbia gravi limitazioni che ne compromettono la mobilità;
    l'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007 (insieme al relativo protocollo opzionale) e ratificata dal Parlamento italiano con la legge 3 marzo 2009, n. 18, individua l'accessibilità tra i principi ispiratori generali. Gli articoli 9 e 20 della Convenzione impongono agli Stati parte di prendere misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, la mobilità personale con la maggiore indipendenza possibile e l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, all'informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o offerti al pubblico;
    la legge italiana di ratifica della Convenzione ha istituito l'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, assegnandogli il compito di predisporre un Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale;
    come rilevato dal gruppo di lavoro dell'Osservatorio sulla Disabilità che si è occupato dell'approfondimento relativo a tale linea di intervento, il tema dell'accessibilità, in particolar modo quella relativa ad edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, non ha avuto in questi anni l'attenzione necessaria a livello politico e istituzionale e non è ancora stato affrontato in maniera organica e complessiva;
    la lettera b), n. 1), comma 175, come approvato dal Senato, modifica l'articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, in materia di interventi di ristrutturazione edilizia, prorogando al 31 dicembre 2020 la misura della detrazione al 50 per cento, fino ad una spesa massima di 96.000 euro, per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall'articolo 16-bis, comma 1, del TUIR;
    l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che rientrano nel campo di applicazione di tale agevolazione gli interventi finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche e «alla realizzazione di ogni strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia più avanzata, sia idoneo a favorire la mobilità interna ed esterna all'abitazione per le persone portatrici di handicap gravi, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992»
    la misura della detrazione in questione tuttavia, appare inadeguata per garantire un rapido processo di eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati e, in particolare, non sembra un incentivo sufficiente affinché sempre più condomini intraprendano lavori volti ad accrescere e diffondere l'accessibilità, considerata come un valore di inclusione per tutti e non solo per le persone con disabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di introdurre ulteriori misure incentivanti al fine di promuovere gli interventi per la rimozione o il superamento delle barriere architettoniche negli edifici, in linea con i principi della Convenzione ONU sull'accessibilità, che costituisce valore sociale di inclusione e strumento di crescita della qualità di vita di tutti i cittadini e non solo delle persone con disabilità.
9/2305/348Noja, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

ad esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/349Giachetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/349. (Testo modificato nel corso della seduta) Giachetti.


   La Camera,
   premesso che:
    le private abitazioni, soprattutto quelle situate in aree periferiche o non centrali, necessitano in molti casi di sistemi di allarme e di videosorveglianza;
    numerosi cittadini già usufruiscono di sistemi e servizi di vigilanza per tutelare la sicurezza e la serenità della propria famiglia;
    agevolare e supportare chi intende dotarsi di servizi o di soluzioni tecnologiche per la vigilanza e la sicurezza, diminuirebbe il rischio di potenziali effrazioni o furti e soprattutto il ricorso al possesso e uso di armi,

impegna il Governo

a riconoscere delle agevolazioni, anche sotto forma di credito di imposta, per l'installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o di allarme, nonché per le spese connesse a contratti con istituti di videosorveglianza, con specifici provvedimenti, anche di natura legislativa.
9/2305/350Librandi, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    le private abitazioni, soprattutto quelle situate in aree periferiche o non centrali, necessitano in molti casi di sistemi di allarme e di videosorveglianza;
    numerosi cittadini già usufruiscono di sistemi e servizi di vigilanza per tutelare la sicurezza e la serenità della propria famiglia;
    agevolare e supportare chi intende dotarsi di servizi o di soluzioni tecnologiche per la vigilanza e la sicurezza, diminuirebbe il rischio di potenziali effrazioni o furti e soprattutto il ricorso al possesso e uso di armi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconoscere delle agevolazioni, anche sotto forma di credito di imposta, per l'installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o di allarme, nonché per le spese connesse a contratti con istituti di videosorveglianza, con specifici provvedimenti, anche di natura legislativa.
9/2305/350. (Testo modificato nel corso della seduta) Librandi, Fregolent, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 7 novembre 2019, in attuazione dell'articolo 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è stato sottoscritto l'Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per il sud con il Presidente della regione Sardegna, finalizzato alla rideterminazione del contributo della regione Sardegna alla finanza pubblica;
    in data 16 dicembre 2019 è stata approvata la Legge di Bilancio 2020 che all'articolo 1 dal comma 866 al comma 874 e comma 876 riporta in termini legislativi l'Accordo di cui sopra;
    il comma 868 in attuazione del punto 2) dell'Accordo ha rideterminato in euro 383 milioni annui il contributo della regione Sardegna alla finanza pubblica, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, ma a decorrere solo dall'anno 2020 e non a valere, invece, anche sulle annualità pregresse che restano, pertanto, a carico del bilancio regionale per un ammontare complessivo di 684,210 milioni di euro per l'anno 2018 e di 536 milioni di euro per l'anno 2019, comprensive, quindi, anche della somma di 285,309 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2018 e 2019 non più dovuta in applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 6 del 2019 (totale risorse accantonate e non dovute – euro 570,618 milioni);
    il comma 870 in attuazione del punto 5) dell'Accordo, ha riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo di appena 412 milioni di euro, da erogarsi nel sessennio che va dal 2020 al 2025, si presume a parziale ristoro della mancata e immediata restituzione delle somme pregresse, accantonate e non dovute, precedentemente ricordate; il saldo e stralcio di ogni pretesa di cui sopra si sostanzia nella rinuncia da parte della regione Sardegna alla somma complessiva di 662,119 milioni di euro, calcolata sommando i corrispettivi dovuti dallo Stato alla Regione Sardegna in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale tra cui le già richiamate n. 77/2019 e 6/2019 (euro 570,618 milioni) e la n. 31/2019 (euro 12,870 milioni), e della sentenza del TAR Sardegna n. 194/2019 (euro 78,631 milioni);
    a ulteriore integrazione del quadro finanziario pregresso pocanzi descritto, per gli effetti delle sentenze della Corte costituzionale 205/2016 e 84/2018 su ricorsi presentati dalle regioni Veneto e Lombardia, spettano alla regione Sardegna, per il triennio 2016-2018, altri 100,377 milioni di euro, calcolati nella cifra di circa 33 milioni di euro l'anno, secondo criteri (condivisi dallo Stato) richiamati dalla Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni del 5 settembre 2018, per l'esercizio delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta subentranti nelle medesime funzioni alle province sarde in attuazione della legge regionale n. 2 del 2016;
    in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale e del TAR Sardegna sin qui citate, le somme per le annualità pregresse sino al 2019, dovute dallo Stato alla regione Sardegna, ammonterebbero complessivamente a 762,496 milioni di euro, ragion per cui, calcolata la differenza tra dette somme e quelle promesse di cui al summenzionato comma 870 (412 milioni di euro), nel bilancio regionale sardo, da qui al 2025, entrerebbero minori risorse per una cifra complessiva pari a 350,496 milioni di euro. Risorse, tra l'altro, neppure immediatamente disponibili, se non nell'ambito della programmazione sessennale del contributo, nonostante le emergenze dilaganti nell'isola e le politiche regionali di valenza generale e strategica attendessero risposte finanziarie più rapide;
    il comma 869 concede allo Stato persino «la facoltà di modificare i predetti contributi” per far fronte a non meglio identificate» «eventuali eccezionali esigenze di finanza pubblica» stabilite nella misura massima del 10 per cento dei contributi stessi, ulteriormente incrementabile di un altro 10 per cento nel caso di manovre straordinarie da compiere al fine di assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio del bilancio pubblico;
    l'attuazione del summenzionato comma 869, nell'ipotesi peggiore ma assai probabile della massima modifica del 20 per cento prevista sull'ammontare dei sopraccitati contributi, determinati sul valore di euro 383 milioni, potrebbe comportare a carico della Regione un ulteriore contributo annuo pari a euro 76,6 milioni, per un valore complessivo, in sei anni, di euro 459,600 milioni (76,6 milioni di euro x 6 anni), cifra evidentemente superiore persino ai 412 milioni di euro pattuiti a saldo e stralcio di ogni pretesa che, come è stato dimostrato pocanzi, in attuazione delle sentenze sin qui citate, corrisponde a somme pregresse dovute dallo Stato alla Regione Sardegna per un ammontare complessivo di 762,496 milioni di euro;
    il punto 5) dell'Accordo prevedeva, inoltre, l'impegno dello Stato a svincolare, entro l'anno 2019, l'importo pari ad almeno 76 milioni di euro in attuazione dell'articolo 18-quinquies del decreto-legge n. 148 del 2017, somme evidentemente non aggiuntive in quanto già destinate alla regione Sardegna ai fini della copertura dei debiti sanitari accertati al dicembre 2016;
    il comma 872, che tratta della questione inerente al finanziamento degli enti locali e che i pesanti tagli agli Enti Locali hanno avuto un impatto devastante sui servizi essenziali erogati, nonostante le regioni abbiano provato a garantire, in condizioni di estrema precarietà, l'esercizio delle funzioni fondamentali loro attribuite;
    a conferma di quanto sopra esposto, è lo stesso Ispettore generale capo dell'ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, in audizione il 12 marzo 2019 presso la V commissione Bilancio della Camera dei deputati, ad «affermare che dal 2018, per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, il concorso alla finanza di cui al comma 418 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014 è stato più che integralmente assorbito», mentre «non è stato, invece, previsto il medesimo ristoro per le città metropolitane e le province delle regioni Sardegna e Sicilia»;
    in virtù di quanto sopra esposto in materia di Enti di Area Vasta, per il triennio 2019-2021, in attuazione dei criteri (condivisi dallo Stato) richiamati dalla Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni del 5 settembre 2018, sono state calcolate somme dovute dallo Stato a favore della regione Sardegna pari a:
     euro 33,458 milioni per lo svolgimento delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta subentrati in attuazione della legge regionale n. 2 del 2016;
     euro 30 milioni per lo svolgimento delle funzioni fondamentali degli enti di area vasta;
    sulla base dei calcoli, di cui sopra, compiuti per la determinazione delle somme dovute per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e non fondamentali degli enti di area vasta, lo Stato doveva versare nelle casse del bilancio della Regione Sardegna l'ammontare complessivo di circa euro 63 milioni l'anno;
    a fronte di tali spettanze, il comma 872 si limita a stabilire che «a decorrere dall'anno 2020, alle province della Regione Sardegna e alla Città metropolitana di Cagliari è attribuito un contributo di 10 milioni di euro annui», sostitutivo dell'ammontare complessivo di euro 63 milioni annui calcolati sulla base delle stesse proporzioni con cui lo Stato finanza le regioni a statuto ordinario per lo svolgimento delle stesse funzioni;
    il comma 871 riconosce alla regione Sardegna un trasferimento di risorse aggiuntive per spese di investimento pari all'ammontare complessivo di 1.425,8 milioni di euro, da erogare secondo la modalità degli stati d'avanzamento in quote annuali a decorre dal 2020 e sino al 2033, di cui solo 534,800 milioni di euro sino al 2025;
    dette modalità implicano, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sull'armonizzazione dei bilanci pubblici, che la regione sia tenuta, sin dal primo anno, ad assicurare con risorse proprie la copertura finanziaria per l'effettuazione della complessiva spesa dell'investimento;
    ai sensi dell'articolo 30, comma 2, della legge n. 196 del 2009, richiamato al punto 6 dell'Accordo, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, può essere disposta, nel piano finanziario dei pagamenti, la rimodulazione delle predette quote annuali;
    il comma 871 ultimo periodo prevede anche l'assegnazione di 111 milioni di euro per investimenti in ambito sanitario a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 555, della legge n. 145/2018, finalizzate alla realizzazione del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico di cui all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, norma dalla quale provengono anche i 243,879 milioni di euro disponibili da anni e dei quali ben 200,977 milioni di euro ripartiti addirittura con delibere CIPE n. 97 e 98 del 18/12/2008, non ancora spesi perché in attesa della definizione della proposta di accordo di programma necessaria;
   occorre considerare i dati IFEL (Istituto per la Finanza e l'Economia Locale) con cui si documentano i tagli effettuati dallo Stato sui trasferimenti erariali ai comuni italiani nel periodo che va dal 2009 al 2016;
    dall'esame degli stessi dati IFEL, i comuni della Sardegna risultano, tra tutti gli enti locali italiani, quelli con i tassi di autonomia finanziaria e tributaria più bassi in assoluto, attestandosi sui valori rispettivamente del 40,70 per cento e del 27,50 per cento, contro le medie nazionali, invece, attestate sui valori rispettivamente del 74,4 per cento e del 48,3 per cento, a significare l'incredibile maggiore tasso di dipendenza dei nostri comuni ai trasferimenti erariali, oltre che una evidente minore capacità a produrre ricchezza tramite l'imposizione fiscale locale, con la inevitabile e grave conseguenza dell'insufficienza nell'erogazione dei servizi minimi essenziali in cui i nostri sindaci sono costretti ad operare;
    per sopperire, almeno in parte, alle straordinarie riduzioni dei trasferimenti di cui sopra, la Regione Sardegna ha dovuto progressivamente aumentare gli stanziamenti aggiuntivi al fondo unico, sottraendo risorse di vitale importanza ad altri settori strategici dell'isola, per destinarli, formalmente, agli enti di area vasta per l'esercizio delle funzioni fondamentali (e non) loro attribuite dalla legge, ma di fatto concorrendo a tamponare le numerose falle aperte dai tagli sui trasferimenti erariali nell'ambito delle funzioni ex-regionali trasferite ai comuni e finanziate dallo Stato;
    la Sardegna, a causa dei suoi gravi e permanenti svantaggi naturali derivanti dalle proprie condizioni di insularità, ha accresciuto, nei decenni, rispetto a tutte le altre regioni d'Italia e d'Europa, un gap infrastrutturale, poi divenuto economico e sociale, di proporzioni straordinarie, con gravi responsabilità dei governi nazionali e del Parlamento che si sono succeduti senza mai ottemperare al dovere di rimozione di quegli squilibri economici e sociali di cui all'articolo 119 della Costituzione, così come neppure sostenere in sede europea le battaglie finalizzate al riconoscimento di quelle compensazioni degli svantaggi di cui all'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, lasciando la Sardegna abbandonata al proprio destino;
    la mancanza di collegamenti certi e continui con il continente, di reti energetiche, di una rete ferroviaria diffusa e di un'autostrada in grado di garantire i collegamenti interni dell'isola, non potevano restare fuori da una trattazione più organica e complessiva dell'Accordo del 7 novembre scorso;
    tali svantaggi hanno costituito un handicap allo sviluppo economico e sociale dell'isola quantificato in 430 milioni di euro di maggiori costi annuali per l'energia e 660 milioni di euro per i maggiori costi annuali per il trasporto marittimo, senza calcolare le ricadute negative derivanti dall'inadeguatezza di una mobilità interna degna di un paese del terzo mondo;
    il punto 10 dell'Accordo rimanda genericamente ad un tavolo tecnico-politico, da costituire entro il 6 gennaio 2020, il compito di individuare gli strumenti compensativi più idonei alla rimozione degli svantaggi strutturali permanenti, senza alcun cenno agli impegni conseguenti dello Stato a sostegno di quelle stesse misure;
    al fine di evitare che si ripetano le gravi ingiustizie compiute in questi anni, pur in attuazione di provvedimenti legislativi adottati dal Parlamento, di cui alle sentenze della Corte costituzionale e dei tribunali amministrativi citati in questa lunga premessa, con ripercussioni enormi nei bilanci economico e finanziari della nostra Regione;
    l'accordo sottoscritto rischia di restare limitato ad un compromesso economico, con la rinuncia certa di una quota del pregresso, la restituzione rateizzata della restante quota e un impegno per investimenti importante ma inadeguato, rispetto agli obiettivi di compensazione dei gap infrastrutturali esistenti, necessario per uno sviluppo armonioso della nostra isola nei prossimi 20 anni;
    le risorse per gli investimenti, così limitate e dilazionate nel tempo, sono insufficienti per un adeguato piano infrastrutturale e rischiano di andare disperse nella spesa corrente, se non vincolate e finalizzate,

impegna il Governo:

a proseguire, partendo dal tavolo tecnico convocato per il 6 Gennaio, l'individuazione, oltre a tutti gli strumenti compensativi più idonei alla rimozione degli svantaggi strutturali permanenti per un vero e proprio «Patto per la crescita della Sardegna», anche delle ulteriori richieste relative agli anni pregressi come evidenziate in premessa.
9/2305/351Gavino Manca, Mura, Frailis.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 7 novembre 2019, in attuazione dell'articolo 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è stato sottoscritto l'Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per il sud con il Presidente della regione Sardegna, finalizzato alla rideterminazione del contributo della regione Sardegna alla finanza pubblica;
    in data 16 dicembre 2019 è stata approvata la Legge di Bilancio 2020 che all'articolo 1 dal comma 866 al comma 874 e comma 876 riporta in termini legislativi l'Accordo di cui sopra;
    il comma 868 in attuazione del punto 2) dell'Accordo ha rideterminato in euro 383 milioni annui il contributo della regione Sardegna alla finanza pubblica, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico, ma a decorrere solo dall'anno 2020 e non a valere, invece, anche sulle annualità pregresse che restano, pertanto, a carico del bilancio regionale per un ammontare complessivo di 684,210 milioni di euro per l'anno 2018 e di 536 milioni di euro per l'anno 2019, comprensive, quindi, anche della somma di 285,309 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2018 e 2019 non più dovuta in applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 6 del 2019 (totale risorse accantonate e non dovute – euro 570,618 milioni);
    il comma 870 in attuazione del punto 5) dell'Accordo, ha riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo di appena 412 milioni di euro, da erogarsi nel sessennio che va dal 2020 al 2025, si presume a parziale ristoro della mancata e immediata restituzione delle somme pregresse, accantonate e non dovute, precedentemente ricordate; il saldo e stralcio di ogni pretesa di cui sopra si sostanzia nella rinuncia da parte della regione Sardegna alla somma complessiva di 662,119 milioni di euro, calcolata sommando i corrispettivi dovuti dallo Stato alla Regione Sardegna in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale tra cui le già richiamate n. 77/2019 e 6/2019 (euro 570,618 milioni) e la n. 31/2019 (euro 12,870 milioni), e della sentenza del TAR Sardegna n. 194/2019 (euro 78,631 milioni);
    a ulteriore integrazione del quadro finanziario pregresso pocanzi descritto, per gli effetti delle sentenze della Corte costituzionale 205/2016 e 84/2018 su ricorsi presentati dalle regioni Veneto e Lombardia, spettano alla regione Sardegna, per il triennio 2016-2018, altri 100,377 milioni di euro, calcolati nella cifra di circa 33 milioni di euro l'anno, secondo criteri (condivisi dallo Stato) richiamati dalla Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni del 5 settembre 2018, per l'esercizio delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta subentranti nelle medesime funzioni alle province sarde in attuazione della legge regionale n. 2 del 2016;
    in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale e del TAR Sardegna sin qui citate, le somme per le annualità pregresse sino al 2019, dovute dallo Stato alla regione Sardegna, ammonterebbero complessivamente a 762,496 milioni di euro, ragion per cui, calcolata la differenza tra dette somme e quelle promesse di cui al summenzionato comma 870 (412 milioni di euro), nel bilancio regionale sardo, da qui al 2025, entrerebbero minori risorse per una cifra complessiva pari a 350,496 milioni di euro. Risorse, tra l'altro, neppure immediatamente disponibili, se non nell'ambito della programmazione sessennale del contributo, nonostante le emergenze dilaganti nell'isola e le politiche regionali di valenza generale e strategica attendessero risposte finanziarie più rapide;
    il comma 869 concede allo Stato persino «la facoltà di modificare i predetti contributi” per far fronte a non meglio identificate» «eventuali eccezionali esigenze di finanza pubblica» stabilite nella misura massima del 10 per cento dei contributi stessi, ulteriormente incrementabile di un altro 10 per cento nel caso di manovre straordinarie da compiere al fine di assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio del bilancio pubblico;
    l'attuazione del summenzionato comma 869, nell'ipotesi peggiore ma assai probabile della massima modifica del 20 per cento prevista sull'ammontare dei sopraccitati contributi, determinati sul valore di euro 383 milioni, potrebbe comportare a carico della Regione un ulteriore contributo annuo pari a euro 76,6 milioni, per un valore complessivo, in sei anni, di euro 459,600 milioni (76,6 milioni di euro x 6 anni), cifra evidentemente superiore persino ai 412 milioni di euro pattuiti a saldo e stralcio di ogni pretesa che, come è stato dimostrato pocanzi, in attuazione delle sentenze sin qui citate, corrisponde a somme pregresse dovute dallo Stato alla Regione Sardegna per un ammontare complessivo di 762,496 milioni di euro;
    il punto 5) dell'Accordo prevedeva, inoltre, l'impegno dello Stato a svincolare, entro l'anno 2019, l'importo pari ad almeno 76 milioni di euro in attuazione dell'articolo 18-quinquies del decreto-legge n. 148 del 2017, somme evidentemente non aggiuntive in quanto già destinate alla regione Sardegna ai fini della copertura dei debiti sanitari accertati al dicembre 2016;
    il comma 872, che tratta della questione inerente al finanziamento degli enti locali e che i pesanti tagli agli Enti Locali hanno avuto un impatto devastante sui servizi essenziali erogati, nonostante le regioni abbiano provato a garantire, in condizioni di estrema precarietà, l'esercizio delle funzioni fondamentali loro attribuite;
    a conferma di quanto sopra esposto, è lo stesso Ispettore generale capo dell'ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, in audizione il 12 marzo 2019 presso la V commissione Bilancio della Camera dei deputati, ad «affermare che dal 2018, per le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, il concorso alla finanza di cui al comma 418 dell'articolo 1 della legge n. 190/2014 è stato più che integralmente assorbito», mentre «non è stato, invece, previsto il medesimo ristoro per le città metropolitane e le province delle regioni Sardegna e Sicilia»;
    in virtù di quanto sopra esposto in materia di Enti di Area Vasta, per il triennio 2019-2021, in attuazione dei criteri (condivisi dallo Stato) richiamati dalla Commissione Affari finanziari della Conferenza delle regioni del 5 settembre 2018, sono state calcolate somme dovute dallo Stato a favore della regione Sardegna pari a:
     euro 33,458 milioni per lo svolgimento delle funzioni non fondamentali degli enti di area vasta subentrati in attuazione della legge regionale n. 2 del 2016;
     euro 30 milioni per lo svolgimento delle funzioni fondamentali degli enti di area vasta;
    sulla base dei calcoli, di cui sopra, compiuti per la determinazione delle somme dovute per lo svolgimento delle funzioni fondamentali e non fondamentali degli enti di area vasta, lo Stato doveva versare nelle casse del bilancio della Regione Sardegna l'ammontare complessivo di circa euro 63 milioni l'anno;
    a fronte di tali spettanze, il comma 872 si limita a stabilire che «a decorrere dall'anno 2020, alle province della Regione Sardegna e alla Città metropolitana di Cagliari è attribuito un contributo di 10 milioni di euro annui», sostitutivo dell'ammontare complessivo di euro 63 milioni annui calcolati sulla base delle stesse proporzioni con cui lo Stato finanza le regioni a statuto ordinario per lo svolgimento delle stesse funzioni;
    il comma 871 riconosce alla regione Sardegna un trasferimento di risorse aggiuntive per spese di investimento pari all'ammontare complessivo di 1.425,8 milioni di euro, da erogare secondo la modalità degli stati d'avanzamento in quote annuali a decorre dal 2020 e sino al 2033, di cui solo 534,800 milioni di euro sino al 2025;
    dette modalità implicano, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sull'armonizzazione dei bilanci pubblici, che la regione sia tenuta, sin dal primo anno, ad assicurare con risorse proprie la copertura finanziaria per l'effettuazione della complessiva spesa dell'investimento;
    ai sensi dell'articolo 30, comma 2, della legge n. 196 del 2009, richiamato al punto 6 dell'Accordo, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, può essere disposta, nel piano finanziario dei pagamenti, la rimodulazione delle predette quote annuali;
    il comma 871 ultimo periodo prevede anche l'assegnazione di 111 milioni di euro per investimenti in ambito sanitario a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 555, della legge n. 145/2018, finalizzate alla realizzazione del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico di cui all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988, norma dalla quale provengono anche i 243,879 milioni di euro disponibili da anni e dei quali ben 200,977 milioni di euro ripartiti addirittura con delibere CIPE n. 97 e 98 del 18/12/2008, non ancora spesi perché in attesa della definizione della proposta di accordo di programma necessaria;
   occorre considerare i dati IFEL (Istituto per la Finanza e l'Economia Locale) con cui si documentano i tagli effettuati dallo Stato sui trasferimenti erariali ai comuni italiani nel periodo che va dal 2009 al 2016;
    dall'esame degli stessi dati IFEL, i comuni della Sardegna risultano, tra tutti gli enti locali italiani, quelli con i tassi di autonomia finanziaria e tributaria più bassi in assoluto, attestandosi sui valori rispettivamente del 40,70 per cento e del 27,50 per cento, contro le medie nazionali, invece, attestate sui valori rispettivamente del 74,4 per cento e del 48,3 per cento, a significare l'incredibile maggiore tasso di dipendenza dei nostri comuni ai trasferimenti erariali, oltre che una evidente minore capacità a produrre ricchezza tramite l'imposizione fiscale locale, con la inevitabile e grave conseguenza dell'insufficienza nell'erogazione dei servizi minimi essenziali in cui i nostri sindaci sono costretti ad operare;
    per sopperire, almeno in parte, alle straordinarie riduzioni dei trasferimenti di cui sopra, la Regione Sardegna ha dovuto progressivamente aumentare gli stanziamenti aggiuntivi al fondo unico, sottraendo risorse di vitale importanza ad altri settori strategici dell'isola, per destinarli, formalmente, agli enti di area vasta per l'esercizio delle funzioni fondamentali (e non) loro attribuite dalla legge, ma di fatto concorrendo a tamponare le numerose falle aperte dai tagli sui trasferimenti erariali nell'ambito delle funzioni ex-regionali trasferite ai comuni e finanziate dallo Stato;
    la Sardegna, a causa dei suoi gravi e permanenti svantaggi naturali derivanti dalle proprie condizioni di insularità, ha accresciuto, nei decenni, rispetto a tutte le altre regioni d'Italia e d'Europa, un gap infrastrutturale, poi divenuto economico e sociale, di proporzioni straordinarie, con gravi responsabilità dei governi nazionali e del Parlamento che si sono succeduti senza mai ottemperare al dovere di rimozione di quegli squilibri economici e sociali di cui all'articolo 119 della Costituzione, così come neppure sostenere in sede europea le battaglie finalizzate al riconoscimento di quelle compensazioni degli svantaggi di cui all'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, lasciando la Sardegna abbandonata al proprio destino;
    la mancanza di collegamenti certi e continui con il continente, di reti energetiche, di una rete ferroviaria diffusa e di un'autostrada in grado di garantire i collegamenti interni dell'isola, non potevano restare fuori da una trattazione più organica e complessiva dell'Accordo del 7 novembre scorso;
    tali svantaggi hanno costituito un handicap allo sviluppo economico e sociale dell'isola quantificato in 430 milioni di euro di maggiori costi annuali per l'energia e 660 milioni di euro per i maggiori costi annuali per il trasporto marittimo, senza calcolare le ricadute negative derivanti dall'inadeguatezza di una mobilità interna degna di un paese del terzo mondo;
    il punto 10 dell'Accordo rimanda genericamente ad un tavolo tecnico-politico, da costituire entro il 6 gennaio 2020, il compito di individuare gli strumenti compensativi più idonei alla rimozione degli svantaggi strutturali permanenti, senza alcun cenno agli impegni conseguenti dello Stato a sostegno di quelle stesse misure;
    al fine di evitare che si ripetano le gravi ingiustizie compiute in questi anni, pur in attuazione di provvedimenti legislativi adottati dal Parlamento, di cui alle sentenze della Corte costituzionale e dei tribunali amministrativi citati in questa lunga premessa, con ripercussioni enormi nei bilanci economico e finanziari della nostra Regione;
    l'accordo sottoscritto rischia di restare limitato ad un compromesso economico, con la rinuncia certa di una quota del pregresso, la restituzione rateizzata della restante quota e un impegno per investimenti importante ma inadeguato, rispetto agli obiettivi di compensazione dei gap infrastrutturali esistenti, necessario per uno sviluppo armonioso della nostra isola nei prossimi 20 anni;
    le risorse per gli investimenti, così limitate e dilazionate nel tempo, sono insufficienti per un adeguato piano infrastrutturale e rischiano di andare disperse nella spesa corrente, se non vincolate e finalizzate,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di proseguire, partendo dal tavolo tecnico convocato per il 6 Gennaio, l'individuazione, oltre a tutti gli strumenti compensativi più idonei alla rimozione degli svantaggi strutturali permanenti per un vero e proprio «Patto per la crescita della Sardegna», anche delle ulteriori richieste relative agli anni pregressi come evidenziate in premessa.
9/2305/351. (Testo modificato nel corso della seduta) Gavino Manca, Mura, Frailis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede all'articolo 1, comma 175 specifiche disposizioni che prorogano per l'anno 2020 le detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica (cosiddetto ecobonus), di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la cui disciplina è contenuta negli articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90;
    gli incentivi volti alla detrazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica hanno costituito nell'ultima decade il principale fattore anticongiunturale in un quadro che dal 2008 al 2016 è stato caratterizzato da una contrazione del mercato;
    sono tante le famiglie che vivono in case di proprietà, quasi otto su dieci e il mantenimento di questo valore nel tempo è quindi un obiettivo non solo dei proprietari ma anche dello Stato che da anni utilizza le detrazioni fiscali come leva per stimolare i proprietari ad investire su di esso;
    incentivare con detrazioni fiscali ogni tipo di operazione di manutenzione che sia destinata a migliorarne le caratteristiche rappresenta per lo Stato l'occasione per: a) mantenere in efficienza il patrimonio immobiliare sia in termini di efficienza energetica, sia in termini di adeguamento alle normative antisismiche; b) riqualificare le città ed i centri esistenti, cercando di evitare il consumo di suolo e la creazione di nuove periferie; c) sostenere la domanda e l'occupazione degli operatori della filiera; d) incentivare la diffusione di nuove tecnologie e soluzioni più moderne ed efficienti;
    le detrazioni fiscali per l'efficienza energetica e quelle per le ristrutturazioni edilizie possono essere sfruttate appieno solo da chi paga imposte per un importo superiore allo sgravio e non è prevista la possibilità di traslare su altri periodi di imposta gli importi che eventualmente non si riescono a recuperare negli anni in cui si risulta incapienti per cause indipendenti dal contribuente, quali la perdita posto di lavoro per licenziamento o per problemi di salute;
    in aggiunta il contribuente che risultasse incapiente, non potrebbe cedere lo sgravio ad un familiare convivente con la capienza sufficiente a godere della detrazione, quanto la suddivisione può essere decisa solo al momento del pagamento iniziale dell'intervento incentivato ed è immodificabile per gli anni successivi; in più nel sistema a tassazione individuale non è possibile utilizzare il credito di un componente familiare per il pagamento delle imposte dovute dall'altro componente;
    al fine di garantire i contribuenti nella prospettiva di un investimento che produrrebbe benefici in termini di riduzione di imposte nei successivi anni e incrementare l'apporto che il settore delle costruzioni fornisce alla crescita del Paese, sarebbe auspicabile prevedere delle forme di garanzia che impediscano la perdita del diritto alle detrazioni per l’«ecobonus» e la ristrutturazione edilizia nei casi di incapienza del reddito, anche considerando la possibilità di traslare negli anni successivi la mancata quota di spesa non detratta e allungando il periodo attualmente fissato in 10 anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre nell'ordinamento una disposizione volta ad impedire che un soggetto divenuto incapiente nel corso di fruizione (in forma rateale) dell'agevolazione fiscale per interventi di riqualificazione energetica e recupero del patrimonio edilizio perda il diritto alla detrazione, prevedendo che qualora il contribuente non possa fruire, parzialmente o totalmente, della detrazione spettante a causa di una «riduzione reddituale» di almeno il 20 per cento rispetto alla dichiarazione dei redditi dell'anno precedente, possa optare per il trasferimento all'anno successivo della quota di detrazione non fruita oppure per un allungamento del periodo di fruizione della detrazione.
9/2305/352Fragomeli, Mura, Braga, Benamati, Buratti, Mancini, Rotta, Topo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 prevede un insieme di disposizioni volte ad incentivare le imprese che si finanziano con capitale di rischio;
    l'articolo 1, comma 287, il comma prevede l'abrogazione retroattiva dell'attuale agevolazione MINIIRES ed il ripristino della precedente agevolazione ACE;
    in particolare si ripristina, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica – ACE, istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 e abrogato dalla legge di bilancio 2019. La disciplina viene ripristinata attraverso l'abrogazione espressa delle disposizioni che avevano soppresso la disciplina dell'ACE, per sostituirla con diverse misure di incentivo alle imprese, legato al reinvestimento degli utili;
    l'agevolazione ACE, dunque, viene reintrodotta con decorrenza 2019 ciò presupponendo – per il calcolo dell'agevolazione – l'adozione del valore del Patrimonio Netto al termine dell'esercizio 2010;
   considerato che:
    nell'arco di pochi mesi si sono alternate differenti disposizioni agevolative che non hanno consentito alle imprese di pianificare adeguatamente le proprie recenti scelte in relazione alle diverse norme di agevolazione che si sono succedute nella stessa annualità,

impegna il Governo:

   al fine di non penalizzare le imprese che hanno intrapreso scelte sulla base delle agevolazioni di volta in volta in vigore, a verificare la possibilità di prevedere un meccanismo che, su base opzionale, consenta di assumere quale parametro per calcolare l'incremento dell'agevolazione la consistenza del Patrimonio Netto contabile al termine del 2018 in luogo di quella determinatasi al 2010;
   a verificare la possibilità di prevedere per le imprese che si avvalgono di tale opzione, l'applicazione di un coefficiente di rendimento nozionale da applicarsi in misura ridotta alla metà per i primi tre esercizi.
9/2305/353Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 prevede un insieme di disposizioni volte ad incentivare le imprese che si finanziano con capitale di rischio;
    l'articolo 1, comma 287, il comma prevede l'abrogazione retroattiva dell'attuale agevolazione MINIIRES ed il ripristino della precedente agevolazione ACE;
    in particolare si ripristina, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (in sostanza, dal 2019), l'applicazione del cd. meccanismo fiscale di aiuto alla crescita economica – ACE, istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 e abrogato dalla legge di bilancio 2019. La disciplina viene ripristinata attraverso l'abrogazione espressa delle disposizioni che avevano soppresso la disciplina dell'ACE, per sostituirla con diverse misure di incentivo alle imprese, legato al reinvestimento degli utili;
    l'agevolazione ACE, dunque, viene reintrodotta con decorrenza 2019 ciò presupponendo – per il calcolo dell'agevolazione – l'adozione del valore del Patrimonio Netto al termine dell'esercizio 2010;
   considerato che:
    nell'arco di pochi mesi si sono alternate differenti disposizioni agevolative che non hanno consentito alle imprese di pianificare adeguatamente le proprie recenti scelte in relazione alle diverse norme di agevolazione che si sono succedute nella stessa annualità,

impegna il Governo:

   al fine di non penalizzare le imprese che hanno intrapreso scelte sulla base delle agevolazioni di volta in volta in vigore, a valutare l'opportunità di prevedere un meccanismo che, su base opzionale, consenta di assumere quale parametro per calcolare l'incremento dell'agevolazione la consistenza del Patrimonio Netto contabile al termine del 2018 in luogo di quella determinatasi al 2010;
   a valutare l'opportunità di verificare la possibilità di prevedere per le imprese che si avvalgono di tale opzione, l'applicazione di un coefficiente di rendimento nozionale da applicarsi in misura ridotta alla metà per i primi tre esercizi.
9/2305/353. (Testo modificato nel corso della seduta) Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, ai commi da 291 a 295 introduce norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet;
    tali disposizioni intendono arginare il fenomeno delle cosiddette bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito si prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    dalla lettura della relazione illustrativa della proposta di legge A.C. 1742 e del disegno di legge A.S. 1194 il cui testo è stato pedissequamente ripreso e riportato in questa norma, si comprende con chiarezza che è volontà del legislatore eliminare il rischio per i cittadini di vedersi distaccato un servizio per morosità non conosciute o che avrebbero potuto essere contestate se portate tempestivamente a conoscenza, nonché colmare l'attuale lacuna normativa che fino ad oggi non prevedeva l'obbligo, da parte delle aziende che forniscono i servizi, di garantire l'effettiva ricezione delle comunicazioni con cui si contestano i mancati pagamenti e si preavvisa la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l)) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo

a verificare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative volte a:
   a) interpretare la norma includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
   b) definire le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentare in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1;
   c) interpretare la norma intendendo la sospensione della fornitura oggetto di preavviso quale effettiva disattivazione del servizio cui il cliente è abbonato;
   d) consentire un differimento dell'entrata in vigore degli obblighi richiamati per l'adeguamento dei processi aziendali di almeno 6 mesi;
   e) avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore.
9/2305/354Melilli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, ai commi da 291 a 295 introduce norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet;
    tali disposizioni intendono arginare il fenomeno delle cosiddette bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito si prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    dalla lettura della relazione illustrativa della proposta di legge A.C. 1742 e del disegno di legge A.S. 1194 il cui testo è stato pedissequamente ripreso e riportato in questa norma, si comprende con chiarezza che è volontà del legislatore eliminare il rischio per i cittadini di vedersi distaccato un servizio per morosità non conosciute o che avrebbero potuto essere contestate se portate tempestivamente a conoscenza, nonché colmare l'attuale lacuna normativa che fino ad oggi non prevedeva l'obbligo, da parte delle aziende che forniscono i servizi, di garantire l'effettiva ricezione delle comunicazioni con cui si contestano i mancati pagamenti e si preavvisa la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l)) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative volte a:
   a) interpretare la norma includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
   b) definire le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentare in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1;
   c) interpretare la norma intendendo la sospensione della fornitura oggetto di preavviso quale effettiva disattivazione del servizio cui il cliente è abbonato;
   d) consentire un differimento dell'entrata in vigore degli obblighi richiamati per l'adeguamento dei processi aziendali di almeno 6 mesi;
   e) avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore.
9/2305/354. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, è improntato alla sostenibilità ambientale e all'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2;
    ogni infrastruttura portuale ed il complesso delle attività – indotte e collegate – che in essa si svolgono hanno un rilevante impatto ambientale in termini di qualità dell'acqua e dell'aria, della quantità di emissioni in atmosfera, dell'aumento del consumo di suolo e di risorse, e in termini di produzione di rifiuti. In particolare circa il 20 per cento dell'inquinamento delle città portuali è causato dalle emissioni prodotte dalle navi in sosta che utilizzano autoproducono a bordo l'energia elettrica;
    in particolare secondo alcuni studi ogni nave da crociera emette ogni giorno tanto particolato quanto ne produce in un giorno un milione di auto;
   considerato che:
    è necessario sviluppare e facilitare l'uso del gas naturale liquefatto (GNL) in ambito portuale, attraverso un'attenta pianificazione che garantisca sicurezza e riduzione delle emissioni, realizzando depositi nelle aree portuali;
    l'infrastrutturazione elettrica delle banchine portuali e il conseguente utilizzo dell'energia elettrica per l'alimentazione delle navi in sosta (cosiddetta coldironing) attraverso la connessione con un sistema da terra e lo spegnimento dei motori ausiliari di bordo permette secondo l'ISPRA l'abbattimento in porto delle emissioni di zolfo e di CO2 pari ad almeno il 50 per cento di CO2, il 99 per cento di CO e oltre il 50 per cento di N2O;
    il cold ironing è stato già adottato in numerosi porti europei (Germania, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi) e degli Stati Uniti o in Canada;
    in Italia sono già state elettrificate alcune banchine, ma restano scarsamente utilizzate poiché ricorso al cold ironing, è ostacolato dal costo dell'energia elettrica che risulta maggiore rispetto al combustibile tradizionale anche con basso contenuto di zolfo principalmente per gli oneri di sistema che, sommando le varie componenti, pesano per quasi il 60 per cento sul prezzo finale dell'energia elettrica e per le imposte;
    i combustibili tradizionali che vengono utilizzati per produrre l'elettricità a bordo sono infatti esenti da accise e godono del regime di non imponibilità IVA perché considerati provvista di bordo;
    Svezia, Spagna, Germania e Danimarca sono state autorizzate con decisione del Consiglio Europeo ad applicare un'aliquota ridotta sull'accisa per energia elettrica fornita alle navi diverse dalle imbarcazioni private da diporto in conformità all'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE,

impegna il Governo:

   al fine di favorire la riduzione dell'inquinamento ambientale delle aree portuali, ad adottare ulteriori iniziative, anche normative volte a definire una tariffa dedicata per la fornitura di alimentazione elettrica erogata da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto;
   prevedere un'accisa ridotta per l'energia elettrica in conformità all'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE – sull'energia elettrica fornita direttamente alle navi ormeggiate in porto, diverse dalle imbarcazioni private da diporto, a condizione che siano rispettati i livelli minimi di tassazione di cui all'articolo 10 della Direttiva 2003/96/CE.
9/2305/355Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, è improntato alla sostenibilità ambientale e all'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2;
    ogni infrastruttura portuale ed il complesso delle attività – indotte e collegate – che in essa si svolgono hanno un rilevante impatto ambientale in termini di qualità dell'acqua e dell'aria, della quantità di emissioni in atmosfera, dell'aumento del consumo di suolo e di risorse, e in termini di produzione di rifiuti. In particolare circa il 20 per cento dell'inquinamento delle città portuali è causato dalle emissioni prodotte dalle navi in sosta che utilizzano autoproducono a bordo l'energia elettrica;
    in particolare secondo alcuni studi ogni nave da crociera emette ogni giorno tanto particolato quanto ne produce in un giorno un milione di auto;
   considerato che:
    è necessario sviluppare e facilitare l'uso del gas naturale liquefatto (GNL) in ambito portuale, attraverso un'attenta pianificazione che garantisca sicurezza e riduzione delle emissioni, realizzando depositi nelle aree portuali;
    l'infrastrutturazione elettrica delle banchine portuali e il conseguente utilizzo dell'energia elettrica per l'alimentazione delle navi in sosta (cosiddetta coldironing) attraverso la connessione con un sistema da terra e lo spegnimento dei motori ausiliari di bordo permette secondo l'ISPRA l'abbattimento in porto delle emissioni di zolfo e di CO2 pari ad almeno il 50 per cento di CO2, il 99 per cento di CO e oltre il 50 per cento di N2O;
    il cold ironing è stato già adottato in numerosi porti europei (Germania, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi) e degli Stati Uniti o in Canada;
    in Italia sono già state elettrificate alcune banchine, ma restano scarsamente utilizzate poiché ricorso al cold ironing, è ostacolato dal costo dell'energia elettrica che risulta maggiore rispetto al combustibile tradizionale anche con basso contenuto di zolfo principalmente per gli oneri di sistema che, sommando le varie componenti, pesano per quasi il 60 per cento sul prezzo finale dell'energia elettrica e per le imposte;
    i combustibili tradizionali che vengono utilizzati per produrre l'elettricità a bordo sono infatti esenti da accise e godono del regime di non imponibilità IVA perché considerati provvista di bordo;
    Svezia, Spagna, Germania e Danimarca sono state autorizzate con decisione del Consiglio Europeo ad applicare un'aliquota ridotta sull'accisa per energia elettrica fornita alle navi diverse dalle imbarcazioni private da diporto in conformità all'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE,

impegna il Governo:

   al fine di favorire la riduzione dell'inquinamento ambientale delle aree portuali, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative volte a definire una tariffa dedicata per la fornitura di alimentazione elettrica erogata da impianti di terra alle navi ormeggiate in porto;
   a valutare l'opportunità di prevedere un'accisa ridotta per l'energia elettrica in conformità all'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE – sull'energia elettrica fornita direttamente alle navi ormeggiate in porto, diverse dalle imbarcazioni private da diporto, a condizione che siano rispettati i livelli minimi di tassazione di cui all'articolo 10 della Direttiva 2003/96/CE.
9/2305/355. (Testo modificato nel corso della seduta) Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2020 istituisce e disciplina l'applicazione di un'imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) destinati al contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, meglio conosciuta come plastic-tax;
    gli organismi istituzionali europei hanno da tempo intrapreso una linea strategica mirata al conseguimento di soluzioni in grado di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell'ambiente;
    la citata misura della plastic-tax rappresenta un tassello di una strategia più ampia connessa all'esigenza di instaurare un approccio di tipo circolare nel sistema produttivo ed economico che promuova modelli di produzione e di consumo sempre più efficienti e decisamente in linea con gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente;
    la finalità della disposizione è di determinare un'inversione di tendenza nell'utilizzo comune dei prodotti di materiale plastico, promuovendo al contempo la progressiva riduzione della produzione e quindi del consumo di manufatti di plastica monouso;
    il percorso di attuazione della plastic tax deve essere monitorato con attenzione sia in relazione agli effetti sui saldi di finanza pubblica ed alle relative maggiori entrate garantite all'erario sia per gli impatti sulle numerose filiere produttive, industriali e tecnologiche, presenti in Italia che lavorano le molteplici tipologie di manufatti sul mercato con presenza, in molti casi anche non prevalente in peso, di materiale plastico ad oggi tecnicamente non sostituibile;
    nell'attuale fase esistono in Italia rilevanti filiere che stanno investendo per concepire, a tecnologia disponibile, manufatti con una indispensabile presenza plastica sempre più sostenibili ed è opportuno che l'attuazione delle norme sulla cd. plastic tax siano in grado di accompagnare, senza penalizzarli, la ricerca e lo sviluppo in atto,

impegna il Governo

ad assumere iniziative finalizzate a mettere in atto meccanismi di monitoraggio dell'applicazione dell'imposta di cui all'articolo 1, commi 634-658, al fine di prendere in considerazione eventuali miglioramenti applicativi che possano tenere in conto le specificità delle produzioni di manufatti che hanno solo parziali componenti plastiche, non prevalenti in peso ma essenziali e oggi insostituibili per la protezione e la conservazione dei prodotti – alimentari ma non solo – in essi contenuti.
9/2305/356Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2020 istituisce e disciplina l'applicazione di un'imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) destinati al contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, meglio conosciuta come plastic-tax;
    gli organismi istituzionali europei hanno da tempo intrapreso una linea strategica mirata al conseguimento di soluzioni in grado di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell'ambiente;
    la citata misura della plastic-tax rappresenta un tassello di una strategia più ampia connessa all'esigenza di instaurare un approccio di tipo circolare nel sistema produttivo ed economico che promuova modelli di produzione e di consumo sempre più efficienti e decisamente in linea con gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente;
    la finalità della disposizione è di determinare un'inversione di tendenza nell'utilizzo comune dei prodotti di materiale plastico, promuovendo al contempo la progressiva riduzione della produzione e quindi del consumo di manufatti di plastica monouso;
    il percorso di attuazione della plastic tax deve essere monitorato con attenzione sia in relazione agli effetti sui saldi di finanza pubblica ed alle relative maggiori entrate garantite all'erario sia per gli impatti sulle numerose filiere produttive, industriali e tecnologiche, presenti in Italia che lavorano le molteplici tipologie di manufatti sul mercato con presenza, in molti casi anche non prevalente in peso, di materiale plastico ad oggi tecnicamente non sostituibile;
    nell'attuale fase esistono in Italia rilevanti filiere che stanno investendo per concepire, a tecnologia disponibile, manufatti con una indispensabile presenza plastica sempre più sostenibili ed è opportuno che l'attuazione delle norme sulla cd. plastic tax siano in grado di accompagnare, senza penalizzarli, la ricerca e lo sviluppo in atto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative finalizzate a mettere in atto meccanismi di monitoraggio dell'applicazione dell'imposta di cui all'articolo 1, commi 634-658, al fine di prendere in considerazione eventuali miglioramenti applicativi che possano tenere in conto le specificità delle produzioni di manufatti che hanno solo parziali componenti plastiche, non prevalenti in peso ma essenziali e oggi insostituibili per la protezione e la conservazione dei prodotti – alimentari ma non solo – in essi contenuti.
9/2305/356. (Testo modificato nel corso della seduta) Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 280, inserito nel corso dell'esame al Senato, prevede un incremento dell'organico dei collaboratori scolastici nella regione Sicilia e un finanziamento aggiuntivo necessario all'immissione in ruolo di ulteriori unità che hanno superato la procedura di stabilizzazione avviata per i lavoratori titolari di contratti attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo;
    l'articolo 1, commi 738-740, della Legge 30 dicembre 2018 n. 145 (legge di Bilancio 2019), ha disposto la trasformazione di 226 contratti di assistenti amministrativi e tecnici (ATA) ex co.co.co., con un incremento dell'organico di 113 posti;
    la stabilizzazione effettuata su part-time al 50 per cento non è stata sufficiente a garantire una remunerazione adeguata a tutto il personale che, con l'assunzione nella scuola, ha subito una perdita di reddito netta rispetto a quanto percepito col contratto in qualità di co.co.co.;
    si tratta di un'ingiustizia che va sanata dando garanzia dello stesso livello retributivo per tutti coloro che sono rimasti fuori dalla trasformazione dei contratti a tempo pieno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire – in fase di approvazione del primo provvedimento utile – risorse aggiuntive necessarie a garantire una adeguata remunerazione agli assistenti amministrativi e tecnici ex co.co.co. che, con l'assunzione nella scuola, effettuata a tempo part-time al 50 per cento, hanno subito una perdita di reddito netta rispetto a quanto, invece, percepito col contratto in qualità di co.co.co.
9/2305/357Raciti.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 22 novembre 2017, n. 175 ha provveduto, dopo anni di attesa, alla riforma complessiva del settore dello spettacolo prevedendo, tra l'altro, un'ampia delega legislativa per il completamento della suddetta riforma nell'ambito dei principi ivi tracciati;
    l'attuazione della legge non si è completata per scadenza del termine di delega;
    il mondo della cultura, gli artisti, i tecnici, gli organizzatori e gli altri operatori del mondo dello spettacolo, hanno maturato una grande aspettativa alla quale è necessario dare risposta attraverso il completamento del processo riformatore;
    con la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (NADEF) l'Esecutivo ha annunciato la presentazione, quale collegato alla decisione di bilancio, di un DDL in materia di spettacolo, industrie culturali e creative, turismo e modifiche al codice dei beni culturali,

impegna il Governo

a presentare nei primi mesi del 2020 il suddetto disegno di legge per completare quanto previsto dalla legge 22 novembre 2017, n. 175, ed in particolare il riordino delle disposizioni legislative che disciplinano l'attività, l'organizzazione e la gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché la riforma della disciplina dei settori relativi a teatro, musica, danza, spettacoli viaggianti, attività circensi, carnevali storici e rievocazioni storiche, come previsto dall'articolo 2 della su citata legge.
9/2305/358Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Prestipino, Rossi, Lattanzio, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 22 novembre 2017, n. 175 ha provveduto, dopo anni di attesa, alla riforma complessiva del settore dello spettacolo prevedendo, tra l'altro, un'ampia delega legislativa per il completamento della suddetta riforma nell'ambito dei principi ivi tracciati;
    l'attuazione della legge non si è completata per scadenza del termine di delega;
    il mondo della cultura, gli artisti, i tecnici, gli organizzatori e gli altri operatori del mondo dello spettacolo, hanno maturato una grande aspettativa alla quale è necessario dare risposta attraverso il completamento del processo riformatore;
    con la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (NADEF) l'Esecutivo ha annunciato la presentazione, quale collegato alla decisione di bilancio, di un DDL in materia di spettacolo, industrie culturali e creative, turismo e modifiche al codice dei beni culturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare nei primi mesi del 2020 il suddetto disegno di legge per completare quanto previsto dalla legge 22 novembre 2017, n. 175, ed in particolare il riordino delle disposizioni legislative che disciplinano l'attività, l'organizzazione e la gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché la riforma della disciplina dei settori relativi a teatro, musica, danza, spettacoli viaggianti, attività circensi, carnevali storici e rievocazioni storiche, come previsto dall'articolo 2 della su citata legge.
9/2305/358. (Testo modificato nel corso della seduta) Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Prestipino, Rossi, Lattanzio, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 383, approvato in prima lettura, incrementa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2020 le risorse per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011, al fine di erogare contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale;
    l'Italia ha una ricca, diversificata e millenaria tradizione melodica e musicale: una cultura ed un'arte tramandata nel corso dei secoli da prestigiose scuole ed istituti;
    alcune di queste realtà, didattiche sono state, nel corso degli anni, penalizzate dalla complessiva diminuzione dei contributi;
    l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, grazie alle sue particolari origini e per il modello di cultura e di valorizzazione e promozione musicale che ha rappresentato nel secolo scorso e rappresenta tuttora, viene riconosciuta a livello internazionale quale una delle più prestigiose istituzioni musicali italiane;
    l'Accademia Internazionale di Imola è un istituto di alta formazione concertistica che ha rivoluzionato la didattica tradizionale interagendo con nuove esperienze rispetto ai canoni tipici;
    la Scuola di musica di Fiesole è un centro formativo di primo piano che ha sviluppato metodi didattici differenziati per rispondere alle esigenze della sua multiforme utenza e da sempre valorizza la musica d'insieme,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire ulteriori risorse al fine di sostenere l'attività dell'Accademia Musicale Chigiana di Siena, dell'Accademia Internazionale di Imola e della Scuola di Musica di Fiesole – Scuole di Eccellenza Nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale – ad integrazione dei contributi attualmente alle stesse riconosciuti a valere sulle risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS).
9/2305/359Prestipino, Di Giorgi, Cenni, Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    per conseguire gli obiettivi fissati dall'Unione europea in materia di innovazione e sviluppo economico, sociale e culturale, alcuni Paesi europei hanno incrementato in modo considerevole la percentuale di risorse pubbliche destinate alla ricerca e allo sviluppo tecnologico e avviato processi di riforma;
    in Italia, negli ultimi anni, si è assistito ad una approfondita e proficua discussione su quali possano essere le migliori modalità per valorizzare e rafforzare il sistema della ricerca scientifica e tecnologica. È emersa con chiarezza l'esigenza di aumentare gli investimenti pubblici e privati e di favorire il coordinamento e la sinergia tra soggetti istituzionali, tra Enti pubblici e Università e tra essi e il mondo produttivo;
    per conseguire tali obiettivi appare prioritario dotarsi di strutture organizzative in grado di governare in modo efficiente il sistema della ricerca italiana costituito da Università, Enti e istituti di ricerca nazionali, regionali e locali nonché laboratori di industrie e imprese di piccole e medie dimensioni;
    la legge di Bilancio, ai commi 240-248 dell'articolo 1, sulla base delle risorse stanziate, prevede l'istituzione dell'Agenzia Nazionale della Ricerca con autonomia statutaria, organizzativa, tecnico-operativa e gestionale, vigilata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca, e definisce, in maniera analitica, la missione e l'organizzazione del nuovo Ente;
    si tratta di obiettivi in linea generale già condivisi dal Parlamento nel mese di ottobre in sede di approvazione della nota di aggiornamento al DEF che prevede, tra l'altro, uno specifico disegno di legge per l'istituzione di un'Agenzia Nazionale per la ricerca e il trasferimento tecnologico, a completamento della manovra di bilancio 2020-2022;
    l'esame di un disegno di legge collegato alla manovra grazie alle garanzie procedurali che assistono l'iter, consentirebbe in tempi stretti, di collocare la nuova Agenzia e le risorse in un quadro più ampio di riforma della disciplina della politica nazionale della ricerca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare entro il mese di febbraio 2020 il DDL collegato per consentire un utile confronto e un'ampia discussione all'interno delle Commissioni parlamentari con il coinvolgimento della comunità scientifica nazionale.
9/2305/360Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Prestipino, Ciampi, Rossi, Toccafondi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della giustizia e gli uffici giudiziari soffrono ancora di importanti carenze di organico, che causano ritardi e lentezze nel sistema giudiziario, inoltre tali carenze d'organico chiamano il personale in servizio a sforzi straordinari per garantire il funzionamento dell'amministrazione;
    il concorso per assistenti giudiziari, bandito nel 2016 dal Ministero della giustizia, ha attualmente una graduatoria di 840 idonei, che sarebbe possibile assumere,

impegna il Governo

a procedere allo scorrimento integrale della graduatoria del concorso per assistenti giudiziari nel corso del 2020 e, ove ciò non fosse ritenuto possibile, a prorogare la vigenza della graduatoria a tutto il 2021, al fine di poterla utilmente impiegare sino all'ultimo degli idonei.
9/2305/361Bazoli, Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della giustizia e gli uffici giudiziari soffrono ancora di importanti carenze di organico, che causano ritardi e lentezze nel sistema giudiziario, inoltre tali carenze d'organico chiamano il personale in servizio a sforzi straordinari per garantire il funzionamento dell'amministrazione;
    il concorso per assistenti giudiziari, bandito nel 2016 dal Ministero della giustizia, ha attualmente una graduatoria di 840 idonei, che sarebbe possibile assumere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere allo scorrimento integrale della graduatoria del concorso per assistenti giudiziari nel corso del 2020 e, ove ciò non fosse ritenuto possibile, a valutare l'opportunità di prorogare la vigenza della graduatoria a tutto il 2021, al fine di poterla utilmente impiegare sino all'ultimo degli idonei.
9/2305/361. (Testo modificato nel corso della seduta) Bazoli, Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge di Bilancio 2020 eleva il finanziamento del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico (ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988) a 30 miliardi di euro: 2 miliardi in più rispetto a quanto previsto dalla legge di bilancio 2019 che ha elevato il fondo a 28 miliardi;
    il programma, avviato con un ingente stanziamento di risorse finanziarie pari a 30.000 miliardi di lire, consentiva il finanziamento degli interventi mediante operazioni di mutuo che le regioni erano autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante da operazioni di mutuo con la Cassa depositi e prestiti;
    il programma è stato rifinanziato più volte. In particolare, l'intervento previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha elevato il finanziamento del programma a 23 miliardi e ha inoltre vincolato gli interventi a delle specifiche voci di spesa, tra cui 500 milioni di euro per la riqualificazione strutturale e tecnologica dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico con prioritario riferimento alle regioni meridionali e insulari;
    la legge n. 67 del 1988 costituisce, al momento, l'unico intervento finanziario diretto dello Stato finalizzato all'ammodernamento tecnologico in ambito sanitario;
    in questi anni si è consolidata la certezza che presupposto base per la buona riuscita del Programma, e in genere di ogni investimento, specie in un ambito così complesso come quello sanitario, è una attenta e coerente programmazione di lungo termine, nonché l'utilizzazione di idonei strumenti;
    è pertanto importante superare le modalità di finanziamento parziale con cui il legislatore ha proceduto finora, da ultimo nell'ultima legge di bilancio, consentendo così di colmare la mancanza di un progetto organico di investimenti,

impegna il Governo:

   a non disporre, a partire dalle prossime leggi di Bilancio, ulteriori misure di finanziamento effettuate anno per anno volte all'ammodernamento tecnologico in ambito sanitario;
   ad inquadrare tali misure di finanziamento nell'ambito di un intervento strategico strutturale e di lungo termine, vincolando le cifre alle finalità a partire dalla radioterapia oncologica di ultima generazione, con categorie aggiornate, dando adeguato spazio alle nuove tecnologie, considerando la centralità che essere rivestono nella cura attraverso i device di ultima generazione.
9/2305/362Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge di Bilancio 2020 eleva il finanziamento del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico (ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988) a 30 miliardi di euro: 2 miliardi in più rispetto a quanto previsto dalla legge di bilancio 2019 che ha elevato il fondo a 28 miliardi;
    il programma, avviato con un ingente stanziamento di risorse finanziarie pari a 30.000 miliardi di lire, consentiva il finanziamento degli interventi mediante operazioni di mutuo che le regioni erano autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante da operazioni di mutuo con la Cassa depositi e prestiti;
    il programma è stato rifinanziato più volte. In particolare, l'intervento previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha elevato il finanziamento del programma a 23 miliardi e ha inoltre vincolato gli interventi a delle specifiche voci di spesa, tra cui 500 milioni di euro per la riqualificazione strutturale e tecnologica dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico con prioritario riferimento alle regioni meridionali e insulari;
    la legge n. 67 del 1988 costituisce, al momento, l'unico intervento finanziario diretto dello Stato finalizzato all'ammodernamento tecnologico in ambito sanitario;
    in questi anni si è consolidata la certezza che presupposto base per la buona riuscita del Programma, e in genere di ogni investimento, specie in un ambito così complesso come quello sanitario, è una attenta e coerente programmazione di lungo termine, nonché l'utilizzazione di idonei strumenti;
    è pertanto importante superare le modalità di finanziamento parziale con cui il legislatore ha proceduto finora, da ultimo nell'ultima legge di bilancio, consentendo così di colmare la mancanza di un progetto organico di investimenti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di non disporre, a partire dalle prossime leggi di Bilancio, ulteriori misure di finanziamento effettuate anno per anno volte all'ammodernamento tecnologico in ambito sanitario;
   a valutare l'opportunità di inquadrare tali misure di finanziamento nell'ambito di un intervento strategico strutturale e di lungo termine, vincolando le cifre alle finalità a partire dalla radioterapia oncologica di ultima generazione, con categorie aggiornate, dando adeguato spazio alle nuove tecnologie, considerando la centralità che essere rivestono nella cura attraverso i device di ultima generazione.
9/2305/362. (Testo modificato nel corso della seduta) Ubaldo Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della più efficiente somministrazione dei medicinali gli enti appartenenti al Servizio sanitario nazionale (SSN) devono spesso affrontare problematiche conseguenti alla carenza di beni o servizi a ciò strumentali o accessori, che dunque rischiano talora di limitare l'accesso dei pazienti alle terapie più appropriate;
    in questo contesto, per sopperire alla carenza di beni e servizi strumentali o accessori gli enti del SSN ricorrono spesso all'istituto della donazione da parte di soggetti privati;
    il ricorso alla donazione da parte di soggetti privati che siano anche fornitori degli enti del SSN rischia di determinare situazioni di potenziale conflitto di interesse;
    la fatturazione elettronica è incompatibile con l'istituto della donazione, e ciò rende difficilmente tracciabili le transazioni e i rapporti pubblico-privati che afferiscono all'area delle erogazioni liberali;
    l'articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), prevede che gli enti pubblici possano rivolgersi ad un operatore economico determinato, in assenza di confronto competitivo, qualora il medicinale oggetto di acquisto sia coperto da brevetto e pertanto vi sia sul mercato un unico operatore in grado sul mercato di soddisfare la richiesta di tale specifico medicinale;
    lo stesso articolo 63 si interpreta nel senso che è consentito allo stesso operatore di fornire a titolo gratuito i beni e servizi strumentali o accessori ai fini della migliore utilizzazione dei medicinali coperti da brevetto oggetto dell'appalto, a condizione che tali beni o servizi non limitino la somministrazione di altri medicinali commercializzati da differenti operatori economici;
    quand'anche la fornitura venga aggiudicata tramite una differente procedura, in applicazione degli articoli 60-62 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), qualora l'oggetto dell'acquisto riguardi un medicinale coperto da brevetto gli enti del SSN definiscono un singolo lotto ad hoc, senza che ciò pregiudichi in alcun modo la concorrenza;
    anche gli articoli 60-62 si interpretano nel senso di permettere all'operatore economico aggiudicatario della fornitura del medicinale coperto da brevetto di fornire a titolo gratuito i beni e servizi strumentali o accessori ai fini della migliore utilizzazione del proprio prodotto, sempre che tali beni o servizi non limitino la somministrazione di altri medicinali commercializzati da differenti operatori economici;
    una circolare interpretativa delle norme in questione dirimerebbe la residuale incertezza applicativa da parte di taluni enti del SSN, rendendo i rapporti pubblico-privato maggiormente trasparenti, in conformità con le finalità della normativa e del Piano anticorruzione per il settore sanitario, consentendo nel contempo la più appropriata utilizzazione dei medicinali,

impegna il Governo

e in particolare, il Ministero della salute, a valutare la possibilità di emanare una circolare indirizzata agli enti del SSN, che confermi la piena legittimità dell'offerta a titolo gratuito – nell'ambito di procedure di gara pubblica – e conseguente l'accettazione di beni o servizi che consentano la più appropriata utilizzazione di medicinali, a condizione che ciò non limiti la somministrazione di medicinali commercializzati da altri operatori economici.
9/2305/363Lorenzin.


   La Camera,
   premesso che:
    ai fini della più efficiente somministrazione dei medicinali gli enti appartenenti al Servizio sanitario nazionale (SSN) devono spesso affrontare problematiche conseguenti alla carenza di beni o servizi a ciò strumentali o accessori, che dunque rischiano talora di limitare l'accesso dei pazienti alle terapie più appropriate;
    in questo contesto, per sopperire alla carenza di beni e servizi strumentali o accessori gli enti del SSN ricorrono spesso all'istituto della donazione da parte di soggetti privati;
    il ricorso alla donazione da parte di soggetti privati che siano anche fornitori degli enti del SSN rischia di determinare situazioni di potenziale conflitto di interesse;
    la fatturazione elettronica è incompatibile con l'istituto della donazione, e ciò rende difficilmente tracciabili le transazioni e i rapporti pubblico-privati che afferiscono all'area delle erogazioni liberali;
    l'articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), prevede che gli enti pubblici possano rivolgersi ad un operatore economico determinato, in assenza di confronto competitivo, qualora il medicinale oggetto di acquisto sia coperto da brevetto e pertanto vi sia sul mercato un unico operatore in grado sul mercato di soddisfare la richiesta di tale specifico medicinale;
    lo stesso articolo 63 si interpreta nel senso che è consentito allo stesso operatore di fornire a titolo gratuito i beni e servizi strumentali o accessori ai fini della migliore utilizzazione dei medicinali coperti da brevetto oggetto dell'appalto, a condizione che tali beni o servizi non limitino la somministrazione di altri medicinali commercializzati da differenti operatori economici;
    quand'anche la fornitura venga aggiudicata tramite una differente procedura, in applicazione degli articoli 60-62 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), qualora l'oggetto dell'acquisto riguardi un medicinale coperto da brevetto gli enti del SSN definiscono un singolo lotto ad hoc, senza che ciò pregiudichi in alcun modo la concorrenza;
    anche gli articoli 60-62 si interpretano nel senso di permettere all'operatore economico aggiudicatario della fornitura del medicinale coperto da brevetto di fornire a titolo gratuito i beni e servizi strumentali o accessori ai fini della migliore utilizzazione del proprio prodotto, sempre che tali beni o servizi non limitino la somministrazione di altri medicinali commercializzati da differenti operatori economici;
    una circolare interpretativa delle norme in questione dirimerebbe la residuale incertezza applicativa da parte di taluni enti del SSN, rendendo i rapporti pubblico-privato maggiormente trasparenti, in conformità con le finalità della normativa e del Piano anticorruzione per il settore sanitario, consentendo nel contempo la più appropriata utilizzazione dei medicinali,

impegna il Governo

e in particolare, il Ministero della salute, a valutare l'opportunità di emanare una circolare indirizzata agli enti del SSN, che confermi la piena legittimità dell'offerta a titolo gratuito – nell'ambito di procedure di gara pubblica – e conseguente l'accettazione di beni o servizi che consentano la più appropriata utilizzazione di medicinali, a condizione che ciò non limiti la somministrazione di medicinali commercializzati da altri operatori economici.
9/2305/363. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorenzin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    la Celiachia è l'intolleranza permanente al glutine presente nel grano, orzo, segale esso contiene la proteina la gliadina che è responsabile dell'inappropriata risposta immunitaria. L'unica cura per la celiachia finora è la totale esclusione del glutine dalla dieta. «La celiachia è l'intolleranza alimentare più frequente a livello mondiale»;
    in Sardegna ha numeri piuttosto elevati è stata accertata in un sardo su 70, siamo in testa insieme alla Toscana per incidenza. Nell'isola i celiaci sono 6.197, 4.690 donne e 1.507 uomini. Un altro dato significativo: si tratta di una malattia molto «femminile», dato che è stata accertata in 4.690 donne contro 1.507 uomini;
    il Servizio sanitario garantisce alle persone affette da malattia celiaca l'erogazione gratuita di alimenti privi di glutine;
    in Sardegna le persone celiache in possesso di attestato di esenzione si presentano all'Asl di appartenenza la quale dopo aver provveduto alla verifica del diritto alla prestazione, rilascia « carnet di buoni cartacei» con validità mensile, da richiedere semestralmente e spendibili in un anno;
    questo sistema andrebbe migliorato con dematerializzazione dei buoni cartacei e la possibilità per i celiaci di ritirare gli alimenti senza glutine utilizzando la tessera sanitaria, senza contare il risparmio che avrà la regione;
    dal 2012, la regione Lombardia ha istituito un sistema di gestione telematica software « Celiachi&chiocciola;–RL» (Sistema regionale per l'erogazione dei prodotti dietetici senza glutine), che prevede l'accreditamento dell'importo del buono mensile direttamente sulla tessera sanitaria, utilizzabile in qualsiasi punto vendita accreditato che disponga della apposita piattaforma informatica. Si stanno adeguando Piemonte, Toscana e le altre regioni;
    adottare queste metodo di pagamento significherebbe in primis scegliere più punti vendita dove acquistare i prodotti senza glutine e non uno solo come ora, più esercizi commerciali accreditati e quindi una maggiore concorrenza che porterebbe a una conseguente diminuzione dei prezzi dei prodotti senza glutine;
    attualmente, la materia è regolata dalla legge 4 luglio 2005, n. 123, recante «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia». In particolare, la legge ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina volta, da un lato, a promuove la prevenzione e la diagnosi precoce e, da un altro lato, a individuare alcune misure di sostegno e supporto economico in favore dei soggetti affetti da celiachia;
    sarebbe auspicabile una legge-quadro che, nell'ambito della competenza riservata alla legislazione statale, fissa i princìpi e i limiti entro i quali le regioni devono disporre in materia. Dopo un primo periodo di applicazione della normativa, da più parti è stata sottolineata la necessità di un suo adeguamento, anche al fine di superare alcune problematiche riscontrate nella fase attuativa, prevedendo in particolare:
     a) procedure più snelle per l'accreditamento degli esercizi commerciali;
     b) l'emissione di buoni elettronici, da erogare direttamente sulla tessera sanitaria – Carta nazionale dei servizi;
     c) l'utilizzo dei predetti buoni in tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei limiti della finanza pubblica, la possibilità di prevedere iniziative legislative per l'erogazione dei prodotti senza glutine mediante l'utilizzo di buoni alimentari mensili elettronici accreditati sulla tessera sanitaria – Carta nazionale dei servizi, con un valore minimo dei buoni uniforme in tutto il territorio nazionale Carta nazionale spendili, senza alcun vincolo, presso tutte le farmacie e gli altri esercizi commerciali convenzionati con il sistema sanitario nazionale.
9/2305/364Deidda, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera, prevede tra le altre misure, anche contributi per investimenti a province e città metropolitane;
    si tratta di misure importanti e previste anche nelle passate leggi di bilancio e nello specifico con la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) è stata disciplinata l'istituzione di un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    l'articolo 114, terzo comma, della Costituzione riconosce Roma quale capitale della Repubblica e rimette alla legge statale la disciplina del suo ordinamento. Roma, al pari delle altre metropoli e capitali europee, deve essere in grado di garantire ai cittadini servizi adeguati ed efficienti;
    per questo motivo è stato previsto il trasferimento dei poteri a Roma Capitale ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156;
    la città di Roma, dovrebbe sempre essere dotata di risorse finanziarie puntuali e necessarie a garantire ai cittadini servizi sempre più efficienti e, inoltre, in grado di gestire i considerevoli flussi turistici che la interessano in ogni periodo dell'anno,

impegna il Governo

a destinare risorse per un ammontare pari a 2.000 milioni di euro annui per il completamento del trasferimento dei poteri a Roma Capitale assicurando la competitività con le altre capitali europee e al fine di garantire il miglioramento della mobilità e dell'arredo urbano del centro e delle periferie.
9/2305/365Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera, prevede tra le altre misure, anche contributi per investimenti a province e città metropolitane;
    si tratta di misure importanti e previste anche nelle passate leggi di bilancio e nello specifico con la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) è stata disciplinata l'istituzione di un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    l'articolo 114, terzo comma, della Costituzione riconosce Roma quale capitale della Repubblica e rimette alla legge statale la disciplina del suo ordinamento. Roma, al pari delle altre metropoli e capitali europee, deve essere in grado di garantire ai cittadini servizi adeguati ed efficienti;
    per questo motivo è stato previsto il trasferimento dei poteri a Roma Capitale ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156;
    la città di Roma, dovrebbe sempre essere dotata di risorse finanziarie puntuali e necessarie a garantire ai cittadini servizi sempre più efficienti e, inoltre, in grado di gestire i considerevoli flussi turistici che la interessano in ogni periodo dell'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare risorse per un ammontare pari a 2.000 milioni di euro annui per il completamento del trasferimento dei poteri a Roma Capitale assicurando la competitività con le altre capitali europee e al fine di garantire il miglioramento della mobilità e dell'arredo urbano del centro e delle periferie.
9/2305/365. (Testo modificato nel corso della seduta) Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2021») esaminato dal Senato e trasmesso alla Camera il 17 dicembre 2019, contiene tra le altre misure anche misure per la crescita, l'occupazione, a favore dei lavoratori e risorse per la contrattazione collettiva del pubblico impiego;
    la categoria dei medici veterinari, dopo un decennio di precariato con contratto libero professionale e un successivo decennio di fase limbica rappresentato da un contratto A.C.N. atipico con l'assegnazione di 12,50 ore lavorative settimanali fino al 2017 e 17 ore dal 2018, è sempre più motivata da legittime aspettative di miglioramenti contrattuali al momento dello sblocco del turnover;
    si tratta di una categoria di professionisti utilizzati in 20 anni come attori protagonisti per fronteggiare le innumerevoli emergenze che si sono susseguite, con continui aumenti delle incombenze che gli aggiornamenti normativi hanno prodotto nel tempo, quali quelli nei confronti di brucellosi, tubercolosi, leucosi, BSE, TSE, scrapie, malattia vescicolare, peste suina africana, influenza aviaria, e molte altre ancora;
    è opportuno, prima di procedere al reclutamento di nuovo personale, previsto tramite concorsi già pubblicati in attesa di espletamento, riconoscere un incremento delle ore di incarico ai Medici Veterinari Specialisti Ambulatoriali in servizio, formati con 20 anni di esperienza sul territorio e che hanno da sempre rappresentato il mezzo prioritario per fronteggiare tutte le emergenze;
    si tratta di una categoria che da anni attende che gli venga riconosciuto il giusto ruolo nelle A.S.P. con impiego a tempo pieno, ma questo non è ancora avvenuto, e il bando pubblicato è rivolto prioritariamente alle nuove leve, tralasciando e condannando al «part-time precario» una generazione di lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere interventi volti a realizzare il completamento dell'orario lavorativo settimanale (38 ore) dei medici veterinari a rapporto convenzionale al fine di garantire l'erogazione dei L.E.A. di competenza dei Servizi Veterinari del S.S.N., valorizzando al contempo l'esperienza e la professionalità acquisita dai Medici Veterinari Specialisti Ambulatoriali titolari di incarico a tempo indeterminato presso le Aziende Sanitarie e gli Istituti Zooprofilattici, entro il 31 marzo 2020.
9/2305/366Ciaburro, Bucalo.


   La Camera,
   considerato che:
    i commi 98-100 disciplinano l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 gennaio 2020, di una Commissione di studio per la redazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi;
    queste proposte dovranno essere trasfuse entro l'ottobre 2020 nella legge di bilancio 2021 ridefinendo le esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, di agricoltura e di pesca;
    il gasolio è l'unico carburante utilizzabile al momento per i trattori e tassarlo non porterebbe alcun beneficio immediato in termini di utilizzo di energie alternative a favore delle quali dovrebbe invece essere sviluppato un programma di ricerca e di sperimentazione;
    attualmente gli sgravi sul gasolio agricolo valgono quasi 1 miliardo. I maggiori costi per gli agricoltori del gasolio agricolo senza agevolazione sono stati quantificati associazioni agromeccaniche fino a 150 euro per ettaro e la spesa per le operazioni nei campi aumenterebbe complessivamente di oltre il 30 per cento;
    i commi 85-100 recano misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano, istituendo un Fondo da ripartire destinato ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
    i commi 184-197 contengono un credito d'imposta per investimenti in beni strumentali mentre i commi 198-209 prevedono interventi in materia di ricerca e sviluppo e in innovazione tecnologica 4.0;
    i commi 520 e 521 prevedono la concessione alle imprese agricole di un contributo a fondo perduto e mutui agevolati per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione;
    si ritiene che questo complesso di disposizioni debba consentire un riorientamento sostenibile in agricoltura mediante specifici sostegni, evitando l'adozione di misure di aggravamento fiscale sul parco macchine agricole in uso;
    è necessario fornire al settore agrario efficaci strumenti di supporto per ridurre gli impatti sull'ambiente e migliorare competitività, tecnologia, prestazioni delle macchine e sicurezza degli operatori,

impegna il Governo

ad avviare un programma per la realizzazione di nuove tecnologie nel settore della meccanica agraria e dell'agricoltura di precisione, in concorso con gli enti tecnici quali il Consiglio per la ricerca in agricoltura (CREA) e l'Ente nazionale meccanizzazione agricola (ENAMA), al quale consentire la possibilità di fornire assistenza tecnica e di emettere certificazioni OCSE, nonché le associazioni agricole e agromeccaniche.
9/2305/367Nevi, Spena, Caon.


   La Camera,
   considerato che:
    i commi 98-100 disciplinano l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 gennaio 2020, di una Commissione di studio per la redazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi;
    queste proposte dovranno essere trasfuse entro l'ottobre 2020 nella legge di bilancio 2021 ridefinendo le esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, di agricoltura e di pesca;
    il gasolio è l'unico carburante utilizzabile al momento per i trattori e tassarlo non porterebbe alcun beneficio immediato in termini di utilizzo di energie alternative a favore delle quali dovrebbe invece essere sviluppato un programma di ricerca e di sperimentazione;
    attualmente gli sgravi sul gasolio agricolo valgono quasi 1 miliardo. I maggiori costi per gli agricoltori del gasolio agricolo senza agevolazione sono stati quantificati associazioni agromeccaniche fino a 150 euro per ettaro e la spesa per le operazioni nei campi aumenterebbe complessivamente di oltre il 30 per cento;
    i commi 85-100 recano misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano, istituendo un Fondo da ripartire destinato ad interventi volti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
    i commi 184-197 contengono un credito d'imposta per investimenti in beni strumentali mentre i commi 198-209 prevedono interventi in materia di ricerca e sviluppo e in innovazione tecnologica 4.0;
    i commi 520 e 521 prevedono la concessione alle imprese agricole di un contributo a fondo perduto e mutui agevolati per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione;
    si ritiene che questo complesso di disposizioni debba consentire un riorientamento sostenibile in agricoltura mediante specifici sostegni, evitando l'adozione di misure di aggravamento fiscale sul parco macchine agricole in uso;
    è necessario fornire al settore agrario efficaci strumenti di supporto per ridurre gli impatti sull'ambiente e migliorare competitività, tecnologia, prestazioni delle macchine e sicurezza degli operatori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un programma per la realizzazione di nuove tecnologie nel settore della meccanica agraria e dell'agricoltura di precisione, in concorso con gli enti tecnici quali il Consiglio per la ricerca in agricoltura (CREA) e l'Ente nazionale meccanizzazione agricola (ENAMA), al quale consentire la possibilità di fornire assistenza tecnica e di emettere certificazioni OCSE, nonché le associazioni agricole e agromeccaniche.
9/2305/367. (Testo modificato nel corso della seduta) Nevi, Spena, Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio 2020 contiene diverse disposizioni che mirano nel complesso al miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione giudiziaria, anche con riguardo al personale;
    in particolare, il provvedimento autorizza il Ministero della giustizia ad assumere: i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente (articolo 1, commi 415-416); fino a 18 dirigenti di esecuzione penale esterna della carriera penitenziaria, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, in base a criteri e attraverso l'espletamento di procedure definiti con decreto ministeriale (commi 419-421); 50 unità di personale destinate al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (commi 422-423); 100 unità di personale in deroga ai vigenti limiti sulle facoltà assunzionali, per gli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, destinato ai ruoli di funzionario della professionalità pedagogica e di funzionario della professionalità di servizio sociale (commi 424-425);
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
    per il potenziamento e l'ottimizzazione dell'amministrazione giudiziaria, e per individuare soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza e per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, oltre alle nuove assunzioni previste dal disegno di legge in esame, sarebbe auspicabile anche un'accurata attività di monitoraggio rispetto ad alcuni fenomeni che minano il corretto funzionamento della macchina della giustizia, per comprendere al meglio dove e come intervenire;
    in particolare, per quanto riguarda il tema della prescrizione, questa è stata oggetto nel 2017 di una serie di disposizioni (articolo 1, commi da 10 a 14, della legge 23 giugno 2017, n. 103), sostenute dall'allora Ministro della giustizia Andrea Orlando, dei cui effetti non abbiamo ancora piena contezza; d'altra parte, la stessa prescrizione è stata oggetto di una nuova e più dirompente riforma (quella voluta dal Ministro Bonafede con la legge n. 3 del 2019, che sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado) che entrerà in vigore il prossimo 1o gennaio 2020;
    è noto come l'entrata in vigore «differita» della riforma trovava la propria ratio nella necessità di elaborare una più complessiva riforma della giustizia in grado di affrontare in maniera strutturale il problema dell'irragionevole durata dei processi; tuttavia, dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata portata all'esame delle Camere alcuna proposta normativa in tal senso: nessuna nuova disposizione in materia di «riforma del processo» potrà quindi certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;
    ad ogni modo, in tema di prescrizione, la discussione sembra essere ancora troppo legata a questioni più che altro ideologiche, dimenticando che la stessa è una delle caratteristiche dello Stato liberale; sarebbe auspicabile invece legare il tema a dati e analisi concrete, costruite attraverso una specifica attività ispettiva svolta dal Ministero della giustizia, per capire effettivamente quali siano le cause delle prescrizioni di reati verificatesi nel corso dei procedimenti penali, nonché la tipologia di reati oggetto del maggior numero di prescrizioni, anche per verificare lo stato di attuazione e gli effetti della riforma Orlando approvata solo due anni fa;
    un'analisi è necessaria anche per comprendere le ragioni che determinano indici da prescrizione che si potrebbero definire «a macchia di leopardo» da Corte a Corte. In alcune Corti d'appello si prescrivono il 50 per cento dei processi, in altre a malapena il 5 per cento;
    nelle more della suddetta attività di monitoraggio, sarebbe quindi necessario disporre un rinvio dell'entrata in vigore della riforma introdotta dall'articolo 1, comma 1, le lettere d), e) e f), della legge 9 gennaio 2019, n. 3,

impegna il Governo

al fine di migliorare l'efficienza dell'amministrazione giudiziaria, a disporre, nell'anno 2020, un'accurata attività ispettiva presso le Corti d'appello, per monitorare le cause delle prescrizioni di reati verificatesi nel corso dei procedimenti penali, nonché la tipologia di reati oggetto del maggior numero di prescrizioni, e verificare lo stato di attuazione delle norme di cui all'articolo 1, commi da 10 a 14, della legge 23 giugno 2017, n. 103, rinviando l'entrata in vigore della riforma della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 al 1o gennaio 2021.
9/2305/368Costa, Gelmini, Mandelli, Baldelli, Sisto, Bartolozzi, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Zanella.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio 2020 contiene diverse disposizioni che mirano nel complesso al miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione giudiziaria, anche con riguardo al personale;
    in particolare, il provvedimento autorizza il Ministero della giustizia ad assumere: i magistrati ordinari vincitori del concorso già bandito alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2020, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente (articolo 1, commi 415-416); fino a 18 dirigenti di esecuzione penale esterna della carriera penitenziaria, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, in base a criteri e attraverso l'espletamento di procedure definiti con decreto ministeriale (commi 419-421); 50 unità di personale destinate al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (commi 422-423); 100 unità di personale in deroga ai vigenti limiti sulle facoltà assunzionali, per gli uffici territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, destinato ai ruoli di funzionario della professionalità pedagogica e di funzionario della professionalità di servizio sociale (commi 424-425);
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile; l'attuale irragionevole durata dei processi e la mancanza di certezza dei tempi della giustizia costituisce tra l'altro un grande disincentivo agli investimenti nel nostro Paese;
    per il potenziamento e l'ottimizzazione dell'amministrazione giudiziaria, e per individuare soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza e per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, oltre alle nuove assunzioni previste dal disegno di legge in esame, sarebbe auspicabile anche un'accurata attività di monitoraggio rispetto ad alcuni fenomeni che minano il corretto funzionamento della macchina della giustizia, per comprendere al meglio dove e come intervenire;
    in particolare, per quanto riguarda il tema della prescrizione, questa è stata oggetto nel 2017 di una serie di disposizioni (articolo 1, commi da 10 a 14, della legge 23 giugno 2017, n. 103), sostenute dall'allora Ministro della giustizia Andrea Orlando, dei cui effetti non abbiamo ancora piena contezza; d'altra parte, la stessa prescrizione è stata oggetto di una nuova e più dirompente riforma (quella voluta dal Ministro Bonafede con la legge n. 3 del 2019, che sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado) che entrerà in vigore il prossimo 1o gennaio 2020;
    è noto come l'entrata in vigore «differita» della riforma trovava la propria ratio nella necessità di elaborare una più complessiva riforma della giustizia in grado di affrontare in maniera strutturale il problema dell'irragionevole durata dei processi; tuttavia, dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata portata all'esame delle Camere alcuna proposta normativa in tal senso: nessuna nuova disposizione in materia di «riforma del processo» potrà quindi certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;
    ad ogni modo, in tema di prescrizione, la discussione sembra essere ancora troppo legata a questioni più che altro ideologiche, dimenticando che la stessa è una delle caratteristiche dello Stato liberale; sarebbe auspicabile invece legare il tema a dati e analisi concrete, costruite attraverso una specifica attività ispettiva svolta dal Ministero della giustizia, per capire effettivamente quali siano le cause delle prescrizioni di reati verificatesi nel corso dei procedimenti penali, nonché la tipologia di reati oggetto del maggior numero di prescrizioni, anche per verificare lo stato di attuazione e gli effetti della riforma Orlando approvata solo due anni fa;
    un'analisi è necessaria anche per comprendere le ragioni che determinano indici da prescrizione che si potrebbero definire «a macchia di leopardo» da Corte a Corte. In alcune Corti d'appello si prescrivono il 50 per cento dei processi, in altre a malapena il 5 per cento;
    nelle more della suddetta attività di monitoraggio, sarebbe quindi necessario disporre un rinvio dell'entrata in vigore della riforma introdotta dall'articolo 1, comma 1, le lettere d), e) e f), della legge 9 gennaio 2019, n. 3;
    in ogni caso, sarebbe comunque necessario subordinare l'applicazione delle nuove disposizioni introdotte dalla legge n. 3 del 2019 all'entrata in vigore di una riforma organica del codice di procedura penale, in modo da assicurare la ragionevole durata dei processi,

impegna il Governo

al fine di migliorare l'efficienza dell'amministrazione giudiziaria, a disporre, nell'anno 2020, un'accurata attività ispettiva presso le Corti d'appello, per monitorare le cause delle prescrizioni di reati verificatesi nel corso dei procedimenti penali, nonché la tipologia di reati oggetto del maggior numero di prescrizioni, e verificare lo stato di attuazione delle norme di cui all'articolo 1, commi da 10 a 14, della legge 23 giugno 2017, n. 103, rinviando l'entrata in vigore della riforma della prescrizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 al 1o gennaio 2021, e, in ogni caso, a subordinare l'entrata in vigore delle nuove disposizioni di cui agli articoli 158, 159 e 160 del codice penale all'entrata in vigore di una riforma organica del codice di procedura penale, in modo da assicurare la ragionevole durata dei processi.
9/2305/369Sarro, Zanettin, Costa, Gelmini, Mandelli, Baldelli, Sisto, Bartolozzi, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 310 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame interviene sulle modalità di definizione della cosiddetta «clausola del 34 per cento» ai fini della destinazione alle regioni del Mezzogiorno delle risorse ordinarie in conto capitale, in proporzione alla popolazione di riferimento;
    in particolare, il comma 310 interviene a modificare in più parti l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016, che ha introdotto, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse a favore degli interventi nei territori delle regioni del Mezzogiorno;
    nel testo approvato dal Senato è stata soppressa la norma (presente nel testo iniziale del disegno di legge di bilancio) che prevedeva l'adozione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui stabilire le modalità per verificare l'attuazione delle disposizioni in oggetto, nonché l'andamento della spesa erogata;
    ad ogni modo, al fine di garantire effettivamente una ripartizione delle risorse in conto capitale agli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna in applicazione della cosiddetta «clausola del 34 per cento» sulla riserva di investimenti, sarebbe necessario introdurre un criterio di automaticità di assegnazione in caso di minori risorse attribuite,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative, anche di tipo normativo, volte a stabilire le modalità con le quali verificare l'attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016, nonché le specifiche misure, anche secondo criteri di automaticità, volte a reintegrare i territori delle eventuali minori risorse assegnate in virtù della cosiddetta «clausola del 34 per cento» in attuazione del citato articolo.
9/2305/370Paolo Russo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 310 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame interviene sulle modalità di definizione della cosiddetta «clausola del 34 per cento» ai fini della destinazione alle regioni del Mezzogiorno delle risorse ordinarie in conto capitale, in proporzione alla popolazione di riferimento;
    in particolare, il comma 310 interviene a modificare in più parti l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016, che ha introdotto, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse a favore degli interventi nei territori delle regioni del Mezzogiorno;
    nel testo approvato dal Senato è stata soppressa la norma (presente nel testo iniziale del disegno di legge di bilancio) che prevedeva l'adozione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui stabilire le modalità per verificare l'attuazione delle disposizioni in oggetto, nonché l'andamento della spesa erogata;
    ad ogni modo, al fine di garantire effettivamente una ripartizione delle risorse in conto capitale agli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna in applicazione della cosiddetta «clausola del 34 per cento» sulla riserva di investimenti, sarebbe necessario introdurre un criterio di automaticità di assegnazione in caso di minori risorse attribuite,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative, anche di tipo normativo, volte a stabilire le modalità con le quali verificare l'attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016, nonché le specifiche misure, anche secondo criteri di automaticità, volte a reintegrare i territori delle eventuali minori risorse assegnate in virtù della cosiddetta «clausola del 34 per cento» in attuazione del citato articolo.
9/2305/370. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Russo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene numerosi commi che riguardano la sanità e il nostro Servizio sanitario nazionale;
    in questo ambito si segnalano le problematiche legate allo scompenso cardiaco. Lo scompenso cardiaco è una patologia ad elevata incidenza soprattutto nelle fasce di età più avanzate, con un alto tasso di mortalità, addirittura superiore a quello della maggior parte dei tumori e, nella sua forma cronica, con un impatto sulla qualità della vita e sulla sostenibilità del sistema sanitario tale da essere inserita nell'ambito delle 10 patologie croniche incluse nel Piano Nazionale Cronicità; in Italia la prevalenza è stimabile tra l'1 e il 2 per cento nella popolazione generale (circa 1 milione di persone) e rappresenta la prima causa di ricovero ospedaliero;
    secondo i dati dello Studio ARNO 2016, il costo medio annuo di gestione di un paziente con scompenso cardiaco è pari a circa 11.900 euro, costo che per l'85 per cento è legato alle ospedalizzazioni e alle ri-ospedalizzazioni (circa il 36 per cento dei pazienti viene ri-ospedalizzato per cause cardiovascolari nell'anno successivo il ricovero);
    gli attuali trend demografici nazionali, in linea con quelli mondiali, registrano un progressivo invecchiamento della popolazione che condurranno, conseguentemente, ad un aumento consistente del numero di scompensati cronici nei prossimi anni (+17 per cento nei prossimi 20 anni di pazienti con patologie cardiache croniche secondo i dati del report OsservaSalute 2018 pubblicato dall'Università Cattolica);
    il Parlamento ha dimostrato grande sensibilità nei confronti del tema, riconoscendone il grande impatto sociale ed economico e avanzando diverse proposte di legge volte a migliorare la gestione dell'emergenza legata alla manifestazione acuta della patologia (A.C. 181, 1034, 1593, 1710, 1749, 1836, 1839);
    tali proposte sono poi confluite nel progetto di legge A.C. 1188 (c.d. Legge Salva Vita) la cui approvazione in via definitiva è attesa a breve. Tale proposta dispone la presenza di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni (DAE) in numerosi luoghi pubblici, proponendo adeguati schemi di formazione per il loro utilizzo;
    oltre alla gestione della fase emergenziale, pur irrinunciabile, è necessario ripensare il modello di diagnosi, presa in carico e terapia del paziente di scompenso cardiaco nella sua interezza; è infatti necessario superare la logica di una gestione «verticale» della patologia, che prevede l'intervento sulle singole fasi del percorso patologico, per muovere verso un approccio «orizzontale», che metta il paziente al centro tanto prima della manifestazione acuta, con misure di prevenzione, quanto dopo, garantendo un adeguato trattamento della cronicità anche assicurando la diffusione e l'accesso a terapie innovative che abbiano dimostrato una riduzione del rischio di mortalità e dei tempi di ospedalizzazione, con conseguenti effetti positivi sulla qualità della vita del paziente nonché in termini di assorbimento di risorse pubbliche,

impegna il Governo

ad adottare un approccio integrato al trattamento dello scompenso cardiaco, tanto nella sua forma acuta come in quella cronica, prevedendo misure che rafforzino la prevenzione e che garantiscano un accesso alla diagnosi e alle terapie uniforme, tempestivo ed efficace su tutto il territorio nazionale.
9/2305/371Mulè, Lapia, Bellucci, De Filippo, Rizzo Nervo, Capitanio, Versace, Bagnasco, Novelli, Cassinelli, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene numerosi commi che riguardano la sanità e il nostro Servizio sanitario nazionale;
    in questo ambito si segnalano le problematiche legate allo scompenso cardiaco. Lo scompenso cardiaco è una patologia ad elevata incidenza soprattutto nelle fasce di età più avanzate, con un alto tasso di mortalità, addirittura superiore a quello della maggior parte dei tumori e, nella sua forma cronica, con un impatto sulla qualità della vita e sulla sostenibilità del sistema sanitario tale da essere inserita nell'ambito delle 10 patologie croniche incluse nel Piano Nazionale Cronicità; in Italia la prevalenza è stimabile tra l'1 e il 2 per cento nella popolazione generale (circa 1 milione di persone) e rappresenta la prima causa di ricovero ospedaliero;
    secondo i dati dello Studio ARNO 2016, il costo medio annuo di gestione di un paziente con scompenso cardiaco è pari a circa 11.900 euro, costo che per l'85 per cento è legato alle ospedalizzazioni e alle ri-ospedalizzazioni (circa il 36 per cento dei pazienti viene ri-ospedalizzato per cause cardiovascolari nell'anno successivo il ricovero);
    gli attuali trend demografici nazionali, in linea con quelli mondiali, registrano un progressivo invecchiamento della popolazione che condurranno, conseguentemente, ad un aumento consistente del numero di scompensati cronici nei prossimi anni (+17 per cento nei prossimi 20 anni di pazienti con patologie cardiache croniche secondo i dati del report OsservaSalute 2018 pubblicato dall'Università Cattolica);
    il Parlamento ha dimostrato grande sensibilità nei confronti del tema, riconoscendone il grande impatto sociale ed economico e avanzando diverse proposte di legge volte a migliorare la gestione dell'emergenza legata alla manifestazione acuta della patologia (A.C. 181, 1034, 1593, 1710, 1749, 1836, 1839);
    tali proposte sono poi confluite nel progetto di legge A.C. 1188 (c.d. Legge Salva Vita) la cui approvazione in via definitiva è attesa a breve. Tale proposta dispone la presenza di defibrillatori semiautomatici e automatici esterni (DAE) in numerosi luoghi pubblici, proponendo adeguati schemi di formazione per il loro utilizzo;
    oltre alla gestione della fase emergenziale, pur irrinunciabile, è necessario ripensare il modello di diagnosi, presa in carico e terapia del paziente di scompenso cardiaco nella sua interezza; è infatti necessario superare la logica di una gestione «verticale» della patologia, che prevede l'intervento sulle singole fasi del percorso patologico, per muovere verso un approccio «orizzontale», che metta il paziente al centro tanto prima della manifestazione acuta, con misure di prevenzione, quanto dopo, garantendo un adeguato trattamento della cronicità anche assicurando la diffusione e l'accesso a terapie innovative che abbiano dimostrato una riduzione del rischio di mortalità e dei tempi di ospedalizzazione, con conseguenti effetti positivi sulla qualità della vita del paziente nonché in termini di assorbimento di risorse pubbliche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare un approccio integrato al trattamento dello scompenso cardiaco, tanto nella sua forma acuta come in quella cronica, prevedendo misure che rafforzino la prevenzione e che garantiscano un accesso alla diagnosi e alle terapie uniforme, tempestivo ed efficace su tutto il territorio nazionale.
9/2305/371. (Testo modificato nel corso della seduta) Mulè, Lapia, Bellucci, De Filippo, Rizzo Nervo, Capitanio, Versace, Bagnasco, Novelli, Cassinelli, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    è indispensabile sbloccare i cantieri, e introdurre norme efficaci e urgenti che consentano realmente di snellire le procedure amministrative-burocratiche;
    la difficoltà e la non volontà di realizzare progetti approvati e il blocco su diverse grandi opere in corso non fanno che acuire la difficoltà delle imprese del settore. Se fosse messo in condizioni di ripartire, il settore delle costruzioni potrebbe portare mezzo punto di crescita del Pil;
    giova ricordare che negli ultimi tre anni ci sono stati 10 miliardi di euro di investimenti in opere approvate e mai avviate;
    nel frattempo il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei è salito, stima l'Ance, a quota 84 miliardi di euro;
    se è fondamentale provvedere rapidamente alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti, è altresì decisivo investire in nuove infrastrutture utili al Paese;
    le risorse destinate alle infrastrutture, troppo spesso non vengono spese principalmente per colpa di un sistema burocratico e amministrativo che rappresenta di fatto un ostacolo per l'avvio dei cantieri. A ciò si aggiunga un Codice degli appalti che mostra tutti i suoi limiti,

impegna il Governo

a prevedere le opportune iniziative legislative volte all'emanazione di una nuova legge finalizzata specificatamente ad agevolare la realizzazione di nuove opere e infrastrutture ritenute prioritarie, dando ad esse una corsia preferenziale ai fini dell'avvio dei cantieri e che si basi sulla semplificazione delle procedure amministrative-burocratiche, con previsione di finanziamenti specifici, e un iter certo e accelerato anche attraverso la nomina di commissari di Governo.
9/2305/372Della Frera, Sozzani, Cattaneo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    è indispensabile sbloccare i cantieri, e introdurre norme efficaci e urgenti che consentano realmente di snellire le procedure amministrative-burocratiche;
    la difficoltà e la non volontà di realizzare progetti approvati e il blocco su diverse grandi opere in corso non fanno che acuire la difficoltà delle imprese del settore. Se fosse messo in condizioni di ripartire, il settore delle costruzioni potrebbe portare mezzo punto di crescita del Pil;
    giova ricordare che negli ultimi tre anni ci sono stati 10 miliardi di euro di investimenti in opere approvate e mai avviate;
    nel frattempo il gap infrastrutturale dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei è salito, stima l'Ance, a quota 84 miliardi di euro;
    se è fondamentale provvedere rapidamente alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle infrastrutture esistenti, è altresì decisivo investire in nuove infrastrutture utili al Paese;
    le risorse destinate alle infrastrutture, troppo spesso non vengono spese principalmente per colpa di un sistema burocratico e amministrativo che rappresenta di fatto un ostacolo per l'avvio dei cantieri. A ciò si aggiunga un Codice degli appalti che mostra tutti i suoi limiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere le opportune iniziative legislative volte all'emanazione di una nuova legge finalizzata specificatamente ad agevolare la realizzazione di nuove opere e infrastrutture ritenute prioritarie, dando ad esse una corsia preferenziale ai fini dell'avvio dei cantieri e che si basi sulla semplificazione delle procedure amministrative-burocratiche, con previsione di finanziamenti specifici, e un iter certo e accelerato anche attraverso la nomina di commissari di Governo.
9/2305/372. (Testo modificato nel corso della seduta) Della Frera, Sozzani, Cattaneo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia, nel 2016, ha registrato un tasso di occupazione pari al 50,6 per cento per le donne di età compresa tra venti e sessantaquattro anni. Un livello inferiore rispetto al nostro Paese, nell'Unione europea, si registra solo in Grecia, con un tasso di occupazione femminile pari al 46 per cento. Nel Mezzogiorno, peraltro, la situazione risulta ancora più preoccupante: solo il 31 per cento delle donne ha un lavoro;
    negli ultimi dieci anni, la presenza femminile sul mercato del lavoro è infatti aumentata, ma non in misura sufficiente per segnare una vera inversione di tendenza rispetto al passato. Peraltro, benché meno della metà delle donne italiane non abbia un lavoro, il tasso di fecondità è inferiore a quello della media dei Paesi sviluppati – 1,4 contro 1,6 figli per donna — a dimostrazione del fatto che l'occupazione femminile non incide in senso negativo sulla natalità, semmai la favorisce;
    più donne occupate significa, in sostanza, più crescita. Se il tasso di occupazione femminile italiano salisse al 60 per cento, ossia alla media europea, la ricchezza per abitante aumenterebbe di circa un punto percentuale all'anno: un contributo importante per un'economia come la nostra, la cui crescita è la metà della media europea;
    come ha scritto l'economista Veronica De Romanis, l'unico modo per sanare una situazione «molto distorta» è probabilmente quello di introdurre una «distorsione» temporanea di segno opposto. Per usare un termine più accattivante rispetto a «distorsione», potremmo parlare di «incentivi positivi», «pungolo», «scossa»;
    un primo esempio in tal senso può essere rappresentato dall'introduzione di una misura denominata: «una donna fa la differenza», in forza della quale, per ogni assunzione di una donna a tempo pieno o parziale, con contratto almeno annuale, aggiuntiva rispetto al numero dei contratti dell'anno precedente, l'impresa riceve un credito fiscale pari all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) calcolata sul contratto delle lavoratrici aggiuntive;
    per evitare di incorrere in obiezioni di natura costituzionale in relazione al principio di eguaglianza, la misura la firmataria del presente atto di indirizzo ha proposto emendamenti puntuali al provvedimento in esame senza fare riferimento espressamente alle donne, ma al riequilibrio dei tassi di occupazione maschile e femminile a livello territoriale e di impresa, incentivando le assunzioni di lavoratori appartenenti al sesso per cui si registra il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'impresa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a dare seguito a quanto evidenziato in premessa incentivando attraverso il reperimento delle necessarie risorse finanziarie le assunzioni di lavoratori appartenenti al sesso per cui si registra il più basso tasso di occupazione nella regione in cui ha sede l'impresa.
9/2305/373Carfagna, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il 28 ottobre nell'incontro con i rappresentanti della filiera del grano, il Governo ha annunciato che, con la Manovra di bilancio, per il settore sarebbero stati messi a disposizione 30 milioni di euro a valere sul Fondo per il grano duro, da spendere in tre anni a partire dal 2020 e altri 10 da destinare all'aiuto de minimis per il grano;
    il Fondo per il grano duro, istituito dall'articolo 23-bis, comma 1 del decreto-legge 24 giugno 2016 n. 113, dal 2016 è dotato di 10 milioni di euro l'anno. Nel corso della discussione della Manovra per il 2020, con specifici emendamenti ne è stato richiesto l'incremento della dotazione finanziaria, con la finalità di rafforzare gli accordi di filiera del settore, favorire l'utilizzo di sementi certificate e sostenere la ricerca di settore;
    la misura di sostegno ha avuto successo tra gli agricoltori italiani: per il 2016 sono state presentate 6.800 domande e per gli anni successivi si registra un trend di crescita;
    i cerealicoltori denunciano ritardi ingiustificati nell'erogazione delle risorse del Fondo. I premi per l'anno 2016 i pagamenti sono iniziati quest'anno. Per i premi riguardanti il 2017, i pagamenti dovrebbero iniziare non prima del 2020. Per il 2018, invece, secondo quanto si apprende dalla stampa specializzata, nessuno al Ministero è stato in grado di indicare un termine;
    il 9 luglio 2019 è stata approvata la mozione Spena 1-00218 sulle problematiche della filiera del grano, nella quale si impegna il Governo alla velocizzazione dei pagamenti e la sburocratizzazione delle procedure. Peraltro lo sblocco dei pagamenti è sempre oggetto di impegno dei ministri pro tempore nei vari Tavoli della filiera,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie per velocizzare i pagamenti spettanti ai cerealicoltori a valere sul Fondo per il grano duro, di cui all'articolo 23-bis, comma 1 del decreto-legge 24 giugno 2016 n. 113.
9/2305/374Anna Lisa Baroni, Elvira Savino, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il 28 ottobre nell'incontro con i rappresentanti della filiera del grano, il Governo ha annunciato che, con la Manovra di bilancio, per il settore sarebbero stati messi a disposizione 30 milioni di euro a valere sul Fondo per il grano duro, da spendere in tre anni a partire dal 2020 e altri 10 da destinare all'aiuto de minimis per il grano;
    il Fondo per il grano duro, istituito dall'articolo 23-bis, comma 1 del decreto-legge 24 giugno 2016 n. 113, dal 2016 è dotato di 10 milioni di euro l'anno. Nel corso della discussione della Manovra per il 2020, con specifici emendamenti ne è stato richiesto l'incremento della dotazione finanziaria, con la finalità di rafforzare gli accordi di filiera del settore, favorire l'utilizzo di sementi certificate e sostenere la ricerca di settore;
    la misura di sostegno ha avuto successo tra gli agricoltori italiani: per il 2016 sono state presentate 6.800 domande e per gli anni successivi si registra un trend di crescita;
    i cerealicoltori denunciano ritardi ingiustificati nell'erogazione delle risorse del Fondo. I premi per l'anno 2016 i pagamenti sono iniziati quest'anno. Per i premi riguardanti il 2017, i pagamenti dovrebbero iniziare non prima del 2020. Per il 2018, invece, secondo quanto si apprende dalla stampa specializzata, nessuno al Ministero è stato in grado di indicare un termine;
    il 9 luglio 2019 è stata approvata la mozione Spena 1-00218 sulle problematiche della filiera del grano, nella quale si impegna il Governo alla velocizzazione dei pagamenti e la sburocratizzazione delle procedure. Peraltro lo sblocco dei pagamenti è sempre oggetto di impegno dei ministri pro tempore nei vari Tavoli della filiera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie per velocizzare i pagamenti spettanti ai cerealicoltori a valere sul Fondo per il grano duro, di cui all'articolo 23-bis, comma 1 del decreto-legge 24 giugno 2016 n. 113.
9/2305/374. (Testo modificato nel corso della seduta) Anna Lisa Baroni, Elvira Savino, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il disegno di legge in esame prevede all'articolo 1 commi 634-658, di introdurre un'imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego e incentivi per le aziende produttrici di manufatti in plastica biodegradabile e compostabile;
    la relazione illustrativa del disegno di legge chiarisce che: «... gli organismi istituzionali europei hanno da tempo intrapreso una linea strategica mirata al conseguimento di soluzioni in grado di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell'ambiente. Come emerge dalla lettura dei considerando della direttiva del 5 giugno 2019 n. 2019/904/UE, adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea e finalizzata alla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, l'uso sempre più diffuso della stessa plastica in impieghi di breve durata, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficace, si traduce in modelli di produzione e di consumo sempre più inefficienti e decisamente in contrasto con gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente. Conseguentemente, in ambito istituzionale europeo, viene fortemente auspicato l'instaurarsi di approcci di tipo circolare che promuovano l'impiego di prodotti e sistemi riutilizzabili e sostenibili in luogo dei prodotti di plastica monouso, con l'obiettivo principale di ridurre la quantità di rifiuti prodotti.»;
    a livello nazionale, sempre sul piano della disciplina generale sui rifiuti e fatte salve le discipline specifiche, la disciplina in materia di Imballaggi è contenuta nella «Parte Quarta norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati» Titolo II – Gestione degli nell'articolo 218 del decreto legislativo n. 152/2006, rubricato «Definizioni»;
    La Direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare è impegnata al recepimento del cosiddetto «pacchetto rifiuti» ovvero al recepimento nell'ordinamento nazionale delle modifiche delle legislativo n. 152 del 2006 per recepire la Direttiva 851/2018,

impegna il Governo:

   a prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione della legge di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, meccanismi e procedure che disciplinino la normativa in materia di «regimi di responsabilità estesa del produttore» attribuendo l'obbligo al produttore d'imballi di contribuire alla prevenzione dei rifiuti e alla riutilizzabilità e riciclabilità dei prodotti, attraverso il consenso al recupero proporzionale da parte della filiera produttiva del materiale immesso sul mercato, al fine di garantirne la rigenerazione e il riutilizzo nel per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati, garantendo il perseguimento degli obiettivi di economia circolare;
   a prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione, che il principio di imballaggio riutilizzabile per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati sia disciplinato sia esteso al concetto di «riutilizzo degli imballaggi usati» così come sperimentalmente previsto dall'articolo 219-bis «Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare» inserito nel testo unico ambientale dall'articolo 39 della legge 28 dicembre 3 dicembre 2015, n. 221;
   a prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione, meccanismi e procedure che disciplinino la normativa in materia «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale, limitatamente a bottiglie e vaschette in polietilentereftalato riciclato», eliminando il comma 2 dell'articolo 13-bis del Decreto del Ministero della Sanità 21 marzo 1973, favorendo la piena utilizzabilità degli imballaggi rigenerati e riutilizzabili.
9/2305/375Cortelazzo, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il disegno di legge in esame prevede all'articolo 1 commi 634-658, di introdurre un'imposta sul consumo dei manufatti in plastica con singolo impiego e incentivi per le aziende produttrici di manufatti in plastica biodegradabile e compostabile;
    la relazione illustrativa del disegno di legge chiarisce che: «... gli organismi istituzionali europei hanno da tempo intrapreso una linea strategica mirata al conseguimento di soluzioni in grado di arginare la crescente produzione di imballaggi e contenitori monouso di materie plastiche e la conseguente dispersione degli stessi nell'ambiente. Come emerge dalla lettura dei considerando della direttiva del 5 giugno 2019 n. 2019/904/UE, adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione europea e finalizzata alla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, l'uso sempre più diffuso della stessa plastica in impieghi di breve durata, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficace, si traduce in modelli di produzione e di consumo sempre più inefficienti e decisamente in contrasto con gli obiettivi di salvaguardia dell'ambiente. Conseguentemente, in ambito istituzionale europeo, viene fortemente auspicato l'instaurarsi di approcci di tipo circolare che promuovano l'impiego di prodotti e sistemi riutilizzabili e sostenibili in luogo dei prodotti di plastica monouso, con l'obiettivo principale di ridurre la quantità di rifiuti prodotti.»;
    a livello nazionale, sempre sul piano della disciplina generale sui rifiuti e fatte salve le discipline specifiche, la disciplina in materia di Imballaggi è contenuta nella «Parte Quarta norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati» Titolo II – Gestione degli nell'articolo 218 del decreto legislativo n. 152/2006, rubricato «Definizioni»;
    La Direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare è impegnata al recepimento del cosiddetto «pacchetto rifiuti» ovvero al recepimento nell'ordinamento nazionale delle modifiche delle legislativo n. 152 del 2006 per recepire la Direttiva 851/2018,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione della legge di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, meccanismi e procedure che disciplinino la normativa in materia di «regimi di responsabilità estesa del produttore» attribuendo l'obbligo al produttore d'imballi di contribuire alla prevenzione dei rifiuti e alla riutilizzabilità e riciclabilità dei prodotti, attraverso il consenso al recupero proporzionale da parte della filiera produttiva del materiale immesso sul mercato, al fine di garantirne la rigenerazione e il riutilizzo nel per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati, garantendo il perseguimento degli obiettivi di economia circolare;
    di prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione, che il principio di imballaggio riutilizzabile per lo stesso scopo per il quale sono stati ideati sia disciplinato sia esteso al concetto di «riutilizzo degli imballaggi usati» così come sperimentalmente previsto dall'articolo 219-bis «Sistema di restituzione di specifiche tipologie di imballaggi destinati all'uso alimentare» inserito nel testo unico ambientale dall'articolo 39 della legge 28 dicembre 3 dicembre 2015, n. 221;
    di prevedere, in sede di redazione dei conseguenti atti di attuazione, meccanismi e procedure che disciplinino la normativa in materia «Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale, limitatamente a bottiglie e vaschette in polietilentereftalato riciclato», eliminando il comma 2 dell'articolo 13-bis del Decreto del Ministero della Sanità 21 marzo 1973, favorendo la piena utilizzabilità degli imballaggi rigenerati e riutilizzabili.
9/2305/375. (Testo modificato nel corso della seduta) Cortelazzo, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame detta norme in materia di riforma dell'imposizione e della finanza locale;
    la legge del 27 dicembre 1953 n. 959 ha disposto la costituzione dei Consorzi per i bacini imbriferi montani (BIM) quali consorzi obbligatori di Comuni che si costituiscono, su richiesta di non meno di 3/5 dei comuni stessi, per una gestione associata delle entrate derivanti dai sovracanoni, previsti espressamente dall'articolo 1 comma 8 della medesima legge, a favore delle comunità locali che sopportano uno sfruttamento dell'acqua presente sul proprio territorio ai fini di produzione energetica;
    qualora non si raggiunga la maggioranza prevista, il sovracanone è versato direttamente ai comuni. Il sovracanone è dovuto — ai sensi del comma 8 — dai concessionari di derivazione d'acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di presa ricadono in tutto o in parte nel perimetro dei BIM.
    Recentemente la Corte di Cassazione (Cassazione sentenza n. 16157/2018) ha ritenuto che il sovracanone BIM richiesto al concessionario di utenza idrica configura una prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici e ha, pertanto, natura tributaria; infatti la legislazione statale (articolo 1, quattordicesimo comma, legge 959/1953) prevede la destinazione del sovracanone a un Fondo comune gestito dai consorzi per finalità esclusive di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 533 del 20.12.2002 ha stabilito che i sovracanoni costituiscono elementi della finanza locale e pertanto attengono alla materia della finanza locale cioè spettano esclusivamente ai comuni rivieraschi o ai comuni costituitosi in consorzio BIM;
    la disposizione di cui all'articolo 57 comma 2-octies recentemente deliberata con il «decreto-legge fiscale A.C. 2220» ha l'effetto di privare i comuni e i loro consorzi di una parte delle entrate che la legge invece vuole attributi ad un fondo comune gestito dai consorzi ed impiegato per il progresso economico e sociale delle popolazioni interessate dalle derivazioni. Con l'attribuzione di parte dei sovracanoni ad Uncem vengono cambiati sia destinatario che finalità delle risorse della legge n. 959/1953;
    la disposizione ha l'effetto di sottrarre ai comuni un'entrata loro attribuita dalla legge con vincolo di destinazione al proseguimento di un pubblico interesse e di produrre una grave compressione dell'autonomia finanziaria dei comuni interessati da grandi derivazioni idroelettriche. La norma pertanto presenta molti dubbi di legittimità costituzionale;
    anche se Uncem è un ente associativo di tipo volontario che rappresenta la montagna e i fini che persegue sono da condividere non può essere condivisa la strada che si è percorsa;
    semmai dovevano essere i comuni e i consorzi membri di Uncem a stabilire liberamente se e in quale misura trasferire risorse alla Uncem per il perseguimento delle finalità previste dal decreto fiscale. A maggior ragione ciò vale, per esempio, per la Provincia di Bolzano che non prevede nel suo assetto istituzionale le comunità montane e dove la formazione degli amministratori e del personale degli enti locali viene svolta da un consorzio dei comuni costituito fra gli enti locali della Provincia,

impegna il Governo:

   a valutare attentamente le disposizioni richiamate in premessa, anche sotto i profili della legittimità costituzionale alla luce della sentenza n. 533 del 20.12.2002 e conseguentemente a sopprimerla con un prossimo intervento legislativo;
   in subordine, a garantire che nel decreto di attuazione del Ministero dell'economia e delle finanze nel quale si disciplinano le modalità per l'effettuazione dei servizi e per l'attribuzione delle risorse che il nesso di causalità tra i comuni interessati da una grande derivazione e l'utilizzo del sovracanone venga pienamente rispettato e che le somme prelevate da un certo territorio vengano direttamente reinvestite nella formazione degli amministratori dei comuni montani di quel territorio.
9/2305/376Bond, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame detta norme in materia di riforma dell'imposizione e della finanza locale;
    la legge del 27 dicembre 1953 n. 959 ha disposto la costituzione dei Consorzi per i bacini imbriferi montani (BIM) quali consorzi obbligatori di Comuni che si costituiscono, su richiesta di non meno di 3/5 dei comuni stessi, per una gestione associata delle entrate derivanti dai sovracanoni, previsti espressamente dall'articolo 1 comma 8 della medesima legge, a favore delle comunità locali che sopportano uno sfruttamento dell'acqua presente sul proprio territorio ai fini di produzione energetica;
    qualora non si raggiunga la maggioranza prevista, il sovracanone è versato direttamente ai comuni. Il sovracanone è dovuto — ai sensi del comma 8 — dai concessionari di derivazione d'acqua per produzione di forza motrice, le cui opere di presa ricadono in tutto o in parte nel perimetro dei BIM.
    Recentemente la Corte di Cassazione (Cassazione sentenza n. 16157/2018) ha ritenuto che il sovracanone BIM richiesto al concessionario di utenza idrica configura una prestazione patrimoniale imposta a fini solidaristici e ha, pertanto, natura tributaria; infatti la legislazione statale (articolo 1, quattordicesimo comma, legge 959/1953) prevede la destinazione del sovracanone a un Fondo comune gestito dai consorzi per finalità esclusive di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate e per la realizzazione delle opere che si rendano necessarie per rimediare alla alterazione del corso naturale delle acque;
    la sentenza della Corte Costituzionale n. 533 del 20.12.2002 ha stabilito che i sovracanoni costituiscono elementi della finanza locale e pertanto attengono alla materia della finanza locale cioè spettano esclusivamente ai comuni rivieraschi o ai comuni costituitosi in consorzio BIM;
    la disposizione di cui all'articolo 57 comma 2-octies recentemente deliberata con il «decreto-legge fiscale A.C. 2220» ha l'effetto di privare i comuni e i loro consorzi di una parte delle entrate che la legge invece vuole attributi ad un fondo comune gestito dai consorzi ed impiegato per il progresso economico e sociale delle popolazioni interessate dalle derivazioni. Con l'attribuzione di parte dei sovracanoni ad Uncem vengono cambiati sia destinatario che finalità delle risorse della legge n. 959/1953,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di garantire che nel decreto di attuazione del Ministero dell'economia e delle finanze nel quale si disciplinano le modalità per l'effettuazione dei servizi e per l'attribuzione delle risorse che il nesso di causalità tra i comuni interessati da una grande derivazione e l'utilizzo del sovracanone venga pienamente rispettato e che le somme prelevate da un certo territorio vengano direttamente reinvestite nella formazione degli amministratori dei comuni montani di quel territorio.
9/2305/376. (Testo modificato nel corso della seduta) Bond, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 175, lettera a) prevede la proroga fino al 31 dicembre 2020 della possibilità di detrarre le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, mantenendo intatto l'impianto normativo attuale per cui la detrazione è pari al 65 per cento se la sostituzione ha luogo con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A e con sistemi di termoregolazione evoluti, mentre è pari al 50 per cento, qualora l'impianto originario sia sostituito con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A e caldaie a biomassa;
    l'articolo 1, comma 175 lettera b) prevede la proroga fino al 31 dicembre 2020 della detrazione d'imposta pari al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia tra cui sono ricomprese le opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, comprese le caldaie, in qualsiasi classe energetica;
    la Direttiva (UE) 2018/844 sulla prestazione energetica dell'edilizia, che deve essere recepita entro marzo 2020, impone ai Paesi membri di elaborare strategie di ristrutturazione a lungo termine per sostenere il rinnovamento degli edifici residenziali e non, al fine di costituire un parco edilizio altamente energetico e decarbonizzato entro il 2050, in vista dell'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 per cento rispetto ai valori del 1990;
    la Proposta di Piano nazionale integrato per l'Energia ed il Clima, che l'Italia ha inviato alla Commissione europea lo scorso 9 gennaio, prevede una serie di importanti interventi a favore dell'efficientamento energetico, tra cui la riduzione dei consumi di energia primaria, rispetto allo scenario PRIMES 2007, del 43 per cento a fronte dell'obiettivo dell'UE del 32,5 per cento, e la realizzazione di campagne informative per accrescere la consapevolezza dei clienti finali;
    il settore dell'edilizia civile rappresenta il principale fattore per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio attesi al 2030 e che in questo contesto è determinante intervenire su riscaldamento e raffrescamento, che rappresenta oltre l'80 per cento dei consumi degli edifici;
    l'Italia, sebbene sia il secondo mercato in Europa sia per la produzione di apparecchi per il riscaldamento sia per il numero di pezzi venduti, ha presenti sul suo territorio tre quarti degli edifici inefficienti dal punto di vista energetico, anche in considerazione del fatto che molte abitazioni sono dotate di caldaie, la cui età media è superiore a 15 anni, e che, pertanto, risultano obsolete, tenuto conto delle soluzioni meno inquinanti presenti sul mercato;
    la detrazione per interventi di efficienza energetica relativa agli impianti termici centralizzati, in assoluto tra gli impianti più energivori, è ostacolata da una formulazione non corretta del testo dell'articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, laddove si fa riferimento all'obbligo, per godere del beneficio fiscale, di installare dei controlli di temperatura di classe V, VI e Vili, non pertinenti per questo tipo di installazioni;
    la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia al 50 per cento non prevede attualmente un limite minimo in termini di efficientamento energetico per godere del beneficio fiscale;
    la riqualificazione dell'intero sistema fumario tramite una sostituzione di una canna collettiva ramificata e degli apparecchi ad essa collegati, consuetudinariamente meno efficienti, con apparecchi ad alta efficienza potrebbe portare a un beneficio stagionale calcolabile tra il 20 e il 38 per cento,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori misure normative volte a modificare in tempi brevi la disciplina delle detrazioni fiscali per le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e per gli interventi di ristrutturazione edilizia prevedendo la revoca, ai fini di orientare il mercato verso soluzioni efficienti e meno inquinanti, della possibilità di incentivazione per le caldaie considerate energeticamente meno efficienti, tramite anche un innalzamento dei requisiti richiesti per l'accesso agli incentivi e la previsione di specifiche misure premianti per il completo rinnovo del parco apparecchi degli edifici condominiali tramite la sostituzione delle canne fumarie ramificate e degli apparecchi ad esse collegate;
   a promuovere iniziative di sensibilizzazione in merito allo stato delle apparecchiature installate, anche tramite l'avvio di un progetto di etichettatura energetica degli apparecchi di riscaldamento esistenti, confrontabile con quella già oggi in vigore per ciò che viene immesso sul mercato, al fine di incentivare la sostituzione dei vecchi generatori di calore e raggiungere una maggiore efficienza energetica.
9/2305/377Squeri, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 175, lettera a) prevede la proroga fino al 31 dicembre 2020 della possibilità di detrarre le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, mantenendo intatto l'impianto normativo attuale per cui la detrazione è pari al 65 per cento se la sostituzione ha luogo con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A e con sistemi di termoregolazione evoluti, mentre è pari al 50 per cento, qualora l'impianto originario sia sostituito con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A e caldaie a biomassa;
    l'articolo 1, comma 175 lettera b) prevede la proroga fino al 31 dicembre 2020 della detrazione d'imposta pari al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia tra cui sono ricomprese le opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, comprese le caldaie, in qualsiasi classe energetica;
    la Direttiva (UE) 2018/844 sulla prestazione energetica dell'edilizia, che deve essere recepita entro marzo 2020, impone ai Paesi membri di elaborare strategie di ristrutturazione a lungo termine per sostenere il rinnovamento degli edifici residenziali e non, al fine di costituire un parco edilizio altamente energetico e decarbonizzato entro il 2050, in vista dell'obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 per cento rispetto ai valori del 1990;
    la Proposta di Piano nazionale integrato per l'Energia ed il Clima, che l'Italia ha inviato alla Commissione europea lo scorso 9 gennaio, prevede una serie di importanti interventi a favore dell'efficientamento energetico, tra cui la riduzione dei consumi di energia primaria, rispetto allo scenario PRIMES 2007, del 43 per cento a fronte dell'obiettivo dell'UE del 32,5 per cento, e la realizzazione di campagne informative per accrescere la consapevolezza dei clienti finali;
    il settore dell'edilizia civile rappresenta il principale fattore per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio attesi al 2030 e che in questo contesto è determinante intervenire su riscaldamento e raffrescamento, che rappresenta oltre l'80 per cento dei consumi degli edifici;
    l'Italia, sebbene sia il secondo mercato in Europa sia per la produzione di apparecchi per il riscaldamento sia per il numero di pezzi venduti, ha presenti sul suo territorio tre quarti degli edifici inefficienti dal punto di vista energetico, anche in considerazione del fatto che molte abitazioni sono dotate di caldaie, la cui età media è superiore a 15 anni, e che, pertanto, risultano obsolete, tenuto conto delle soluzioni meno inquinanti presenti sul mercato;
    la detrazione per interventi di efficienza energetica relativa agli impianti termici centralizzati, in assoluto tra gli impianti più energivori, è ostacolata da una formulazione non corretta del testo dell'articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, laddove si fa riferimento all'obbligo, per godere del beneficio fiscale, di installare dei controlli di temperatura di classe V, VI e Vili, non pertinenti per questo tipo di installazioni;
    la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia al 50 per cento non prevede attualmente un limite minimo in termini di efficientamento energetico per godere del beneficio fiscale;
    la riqualificazione dell'intero sistema fumario tramite una sostituzione di una canna collettiva ramificata e degli apparecchi ad essa collegati, consuetudinariamente meno efficienti, con apparecchi ad alta efficienza potrebbe portare a un beneficio stagionale calcolabile tra il 20 e il 38 per cento,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori misure normative volte a modificare in tempi brevi la disciplina delle detrazioni fiscali per le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e per gli interventi di ristrutturazione edilizia prevedendo la revoca, ai fini di orientare il mercato verso soluzioni efficienti e meno inquinanti, della possibilità di incentivazione per le caldaie considerate energeticamente meno efficienti, tramite anche un innalzamento dei requisiti richiesti per l'accesso agli incentivi e la previsione di specifiche misure premianti per il completo rinnovo del parco apparecchi degli edifici condominiali tramite la sostituzione delle canne fumarie ramificate e degli apparecchi ad esse collegate;
   a valutare l'opportunità di promuovere iniziative di sensibilizzazione in merito allo stato delle apparecchiature installate, anche tramite l'avvio di un progetto di etichettatura energetica degli apparecchi di riscaldamento esistenti, confrontabile con quella già oggi in vigore per ciò che viene immesso sul mercato, al fine di incentivare la sostituzione dei vecchi generatori di calore e raggiungere una maggiore efficienza energetica.
9/2305/377. (Testo modificato nel corso della seduta) Squeri, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    nel 2016 sono stati prodotti in Italia 3.680 milioni di litri di bevande analcoliche, per un controvalore di 2.940 milioni di euro;
    le esportazioni italiane di bevande analcoliche sono state appena al di sotto dei 33 milioni di litri (32,9). I consumi domestici hanno raggiunto circa 3 milioni 568 mila litri, pari a 7.433 milioni di euro;
    secondo Assobibe la plastica fissata a 45 centesimi al chilo è una imposizione enorme su plastiche già vendute a 80 centesimi al kg, come il Pet. Anche se prorogati ad ottobre sono pesanti anche 10 centesimi al litro di imposta su prodotti venduti anche a 40-50 centesimi al litro dal produttore al dettagliante. Di fatto, si rinvia solo di pochi mesi l'entrata in vigore di norme che comportano un +60 per cento sul costo della plastica e un +28 per cento di pressione fiscale sulle bevande zuccherate;
    tale imposizione potrebbe avere riflessi importanti sul settore agrumicolo. Il marchio Fanta – che a inizio 2019 ha lanciato sul mercato l'aranciata con arance rosse di Sicilia a marchio Igp – teme di dover ripiegare sull'acquisto di arance dall'estero e non più dalla Sicilia;
    il settore agrumicolo nazionale, recentemente colpito dai dazi USA è un'eccellenza dal punto di vista qualitativo, riconosciuta anche all'estero. L'Italia è il 13o esportatore ed il 10o importatore di agrumi al mondo. Le coltivazioni agrumicole incidono per il 9 per cento sulla produzione lorda vendibile e costituiscono circa il 12 per cento delle superfici coltivate a orto frutta. In base ai dati ISTAT 2018, rielaborati dal Centro per la ricerca in agricoltura (CREA), la superficie coltivata ad agrumi si aggira intorno ai 144.970 ettari con una produzione di 2,63 milioni di tonnellate;
    il settore agrumicolo nazionale da diversi anni è in forte crisi e subisce i contraccolpi delle importazioni più o meno regolamentate di prodotto dall'estero senza passaporto verde e con bassi costi di produzione, che spuntano prezzi di mercato notevolmente più bassi rispetto a quelli italiani,

impegna il Governo

ad adottare specifiche misure di sostegno per il settore agrumicolo nazionale eventualmente valutando di escludere dalla sugar tax o ridurne gli effetti, in relazione alle bevande analcoliche il cui prodotto di base sia costituito da agrumi prodotti sul territorio nazionale.
9/2305/378Fasano, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    nel 2016 sono stati prodotti in Italia 3.680 milioni di litri di bevande analcoliche, per un controvalore di 2.940 milioni di euro;
    le esportazioni italiane di bevande analcoliche sono state appena al di sotto dei 33 milioni di litri (32,9). I consumi domestici hanno raggiunto circa 3 milioni 568 mila litri, pari a 7.433 milioni di euro;
    secondo Assobibe la plastica fissata a 45 centesimi al chilo è una imposizione enorme su plastiche già vendute a 80 centesimi al kg, come il Pet. Anche se prorogati ad ottobre sono pesanti anche 10 centesimi al litro di imposta su prodotti venduti anche a 40-50 centesimi al litro dal produttore al dettagliante. Di fatto, si rinvia solo di pochi mesi l'entrata in vigore di norme che comportano un +60 per cento sul costo della plastica e un +28 per cento di pressione fiscale sulle bevande zuccherate;
    tale imposizione potrebbe avere riflessi importanti sul settore agrumicolo. Il marchio Fanta – che a inizio 2019 ha lanciato sul mercato l'aranciata con arance rosse di Sicilia a marchio Igp – teme di dover ripiegare sull'acquisto di arance dall'estero e non più dalla Sicilia;
    il settore agrumicolo nazionale, recentemente colpito dai dazi USA è un'eccellenza dal punto di vista qualitativo, riconosciuta anche all'estero. L'Italia è il 13o esportatore ed il 10o importatore di agrumi al mondo. Le coltivazioni agrumicole incidono per il 9 per cento sulla produzione lorda vendibile e costituiscono circa il 12 per cento delle superfici coltivate a orto frutta. In base ai dati ISTAT 2018, rielaborati dal Centro per la ricerca in agricoltura (CREA), la superficie coltivata ad agrumi si aggira intorno ai 144.970 ettari con una produzione di 2,63 milioni di tonnellate;
    il settore agrumicolo nazionale da diversi anni è in forte crisi e subisce i contraccolpi delle importazioni più o meno regolamentate di prodotto dall'estero senza passaporto verde e con bassi costi di produzione, che spuntano prezzi di mercato notevolmente più bassi rispetto a quelli italiani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare specifiche misure di sostegno per il settore agrumicolo nazionale eventualmente valutando di escludere dalla sugar tax o ridurne gli effetti, in relazione alle bevande analcoliche il cui prodotto di base sia costituito da agrumi prodotti sul territorio nazionale.
9/2305/378. (Testo modificato nel corso della seduta) Fasano, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    la cosiddetta « blue economy» riguarda circa il 10 per cento del prodotto interno lordo nazionale e Genova, con il suo porto, detiene la quota parte principale in questo fondamentale ambito economico;
    il porto di Genova è incardinato nel Sistema portuale ligure occidentale (assieme ai porti di Savona, Vado e Prà), tramite il quale sono stati movimentati nel 2018 70,4 milioni di tonnellate di merci (di cui 2,7 milioni di container) e 4,2 milioni di passeggeri;
    l'Autorità di Sistema è impegnata a attuare il proprio Piano operativo triennale di natura infrastrutturale e a completare gli adempimenti necessari ad uscire dall'emergenza creata dal crollo del Polcevera, sulla base del programma straordinario di investimenti urgenti, adottato dal Commissario Straordinario su proposta dell'Autorità;
    l'Autorità di Sistema Portuale ligure occidentale, nell'ambito del c.d. «Decreto Genova», n. 109 del 2018 ha ottenuto la possibilità di assumere personale per l'attuazione del programma straordinario di investimenti urgenti, la cui realizzazione deve avvenire nei 36 mesi successivi all'adozione;
    è necessario altresì estendere talune previsioni in materia di lavoro temporaneo anche alle altre realtà portuali del Sistema, al fine di evitare scompensi nello sviluppo programmato degli interventi;
    è necessario realizzare alcuni interventi di sviluppo e riorganizzazione delle attività portuali aventi ricadute, dirette ed indirette, in ambito urbano, consentendo all'Autorità di Sistema di finanziare interventi di pubblico interesse;
    e infine necessario valutare gli impatti della attuali limitazione della legge portuale del 1994 nel quadro evolutivo della portualità europea e nazionale, sia in termini di flessibilità di adeguamento i vigenti Piani Regolatori alle esigenze di sviluppo portuale, sia per quel che riguarda il numero delle aree demaniali che le imprese concessionarie possono detenere in un medesimo porto, che, nell'attuale situazione, devono essere valutate in termini di Sistema portuale e peraltro potrebbero apparire in contrasto con le disposizioni euro unitarie in materia di libertà di stabilimento,

impegna il Governo:

   al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali e consentire lo sviluppo del Sistema portuale ligure occidentale, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
   1) prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato con imputazione dei relativi oneri a valere sulle risorse del bilancio dell'Autorità medesima, di cui al comma 3-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109;
   2) estendere agli scali di Savona e Vado Ligure le disposizioni di cui all'articolo 9-ter del decreto-legge n. 109 del 2018 in materia fornitura di lavoro temporaneo;
   3) consentire all'Autorità di sistema di inserire nel programma straordinario di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge n. 109 del 2018, anche alle opere finalizzate a riqualificare il territorio urbano interessato dagli effetti dell'entrata in funzione di nuove opere o impianti portuali, in particolare se caratterizzati da significativi profili di ordine ambientale;
   4) favorire flessibilità dei Piani Regolatori alle esigenze di sviluppo portuale, prorogando al 2022 il termine previsto dal comma 6 dell'articolo 22 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169;
   5) modificare la legge portuale 28 gennaio 1994, n. 84, prevedendo la possibilità di consentire più di una sola concessione di area demaniale nello stesso porto ad uno stesso soggetto, salvo che non si determini un reale pregiudizio del mercato in termini concorrenziali e salvi i limiti di concentrazione di volta in volta verificati dall'Autorità preposta alla tutela della concorrenza.
9/2305/379Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    la cosiddetta « blue economy» riguarda circa il 10 per cento del prodotto interno lordo nazionale e Genova, con il suo porto, detiene la quota parte principale in questo fondamentale ambito economico;
    il porto di Genova è incardinato nel Sistema portuale ligure occidentale (assieme ai porti di Savona, Vado e Prà), tramite il quale sono stati movimentati nel 2018 70,4 milioni di tonnellate di merci (di cui 2,7 milioni di container) e 4,2 milioni di passeggeri;
    l'Autorità di Sistema è impegnata a attuare il proprio Piano operativo triennale di natura infrastrutturale e a completare gli adempimenti necessari ad uscire dall'emergenza creata dal crollo del Polcevera, sulla base del programma straordinario di investimenti urgenti, adottato dal Commissario Straordinario su proposta dell'Autorità;
    l'Autorità di Sistema Portuale ligure occidentale, nell'ambito del c.d. «Decreto Genova», n. 109 del 2018 ha ottenuto la possibilità di assumere personale per l'attuazione del programma straordinario di investimenti urgenti, la cui realizzazione deve avvenire nei 36 mesi successivi all'adozione;
    è necessario altresì estendere talune previsioni in materia di lavoro temporaneo anche alle altre realtà portuali del Sistema, al fine di evitare scompensi nello sviluppo programmato degli interventi;
    è necessario realizzare alcuni interventi di sviluppo e riorganizzazione delle attività portuali aventi ricadute, dirette ed indirette, in ambito urbano, consentendo all'Autorità di Sistema di finanziare interventi di pubblico interesse;
    e infine necessario valutare gli impatti della attuali limitazione della legge portuale del 1994 nel quadro evolutivo della portualità europea e nazionale, sia in termini di flessibilità di adeguamento i vigenti Piani Regolatori alle esigenze di sviluppo portuale, sia per quel che riguarda il numero delle aree demaniali che le imprese concessionarie possono detenere in un medesimo porto, che, nell'attuale situazione, devono essere valutate in termini di Sistema portuale e peraltro potrebbero apparire in contrasto con le disposizioni euro unitarie in materia di libertà di stabilimento,

impegna il Governo:

   al fine di salvaguardare la continuità delle operazioni portuali e consentire lo sviluppo del Sistema portuale ligure occidentale, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
   1) prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato con imputazione dei relativi oneri a valere sulle risorse del bilancio dell'Autorità medesima, di cui al comma 3-bis dell'articolo 2 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109;
   2) estendere agli scali di Savona e Vado Ligure le disposizioni di cui all'articolo 9-ter del decreto-legge n. 109 del 2018 in materia fornitura di lavoro temporaneo;
   3) consentire all'Autorità di sistema di inserire nel programma straordinario di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge n. 109 del 2018, anche alle opere finalizzate a riqualificare il territorio urbano interessato dagli effetti dell'entrata in funzione di nuove opere o impianti portuali, in particolare se caratterizzati da significativi profili di ordine ambientale;
   4) favorire flessibilità dei Piani Regolatori alle esigenze di sviluppo portuale, prorogando al 2022 il termine previsto dal comma 6 dell'articolo 22 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169;
   5) modificare la legge portuale 28 gennaio 1994, n. 84, prevedendo la possibilità di consentire più di una sola concessione di area demaniale nello stesso porto ad uno stesso soggetto, salvo che non si determini un reale pregiudizio del mercato in termini concorrenziali e salvi i limiti di concentrazione di volta in volta verificati dall'Autorità preposta alla tutela della concorrenza.
9/2305/379. (Testo modificato nel corso della seduta) Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    l'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010 prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano disciplinate due materie: 1) la relazione telematica con la quale le amministrazioni locali indicano l'ammontare complessivo derivante dalle sanzioni per violazione del codice della strada e gli interventi attuati con le medesime; 2) le modalità di collocazione e di uso degli autovelox;
    l'articolo 4-ter, comma 16 del decreto-legge n. 16 del 2012 dispone chiaramente che: «in caso di mancata emanazione del decreto (...) trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142» del codice della strada, che dettano norme sull'utilizzo dei proventi delle sanzioni e prevedono la trasmissione annuale di una relazione telematica ai Ministeri delle infrastrutture e dell'interno;
    il codice della strada, agli articoli 142, comma 12-ter e 208, comma 4, prevede che gli enti locali debbano destinare il cinquanta per cento dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi compresi gli interventi riguardanti la sostituzione, l'ammodernamento e il potenziamento della segnaletica stradale e quelli di manutenzione delle barriere;
    il codice della strada al comma 12-quater dell'articolo 142, prevede che gli enti locali assicurino piena trasparenza sull'utilizzo dei proventi delle multe per le finalità previste dalla legge, disponendo che ciascuna amministrazione invii al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'interno una relazione in cui sia indicato l'ammontare dei proventi conseguiti nell'anno precedente e le modalità di utilizzo delle risorse;
    ad oggi, a nove anni dall'entrata in vigore della disposizione citata, il decreto ministeriale non risulta ancora adottato con la conseguenza che si continua ad assistere all'utilizzo sovente distorto e vessatorio degli autovelox, mentre sulla richiamata relazione telematica e sull'uso delle risorse si rileva che meno di 300 comuni su 8.000 adempiono all'obbligo di legge;
    in ordine alla mancata adozione del sopra citato decreto ministeriale il 16 ottobre 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel corso di un'audizione programmatica in commissione presso la Camera dei deputati ha dichiarato di condividere la parte del provvedimento relativa alla trasparenza, ma di avere perplessità sulla parte che riguarda le modalità di utilizzo degli autovelox, alla luce di un allarme lanciato sul punto dagli enti locali;
    il 18 dicembre scorso, rispondendo alla Camera ad un'interrogazione a risposta immediata il Ministro dell'interno ha reso noto che, a seguito della seduta del 7 novembre della Conferenza, è stato stabilito di disciplinare con due diversi decreti le disposizioni già contenute negli allegati A e B appena citati, concernenti la destinazione dei proventi contravvenzionali e il posizionamento dei dispositivi autovelox, impegnandosi ad una «rapida definizione» del primo allegato, già approvato in sede di Conferenza stato regioni,

impegna il Governo

ad adottare entro il prossimo 31 gennaio 2020 il decreto ministeriale relativo alla trasparenza sull'impiego dei proventi derivanti dalle sanzioni per infrazioni al codice della strada, ed entro il 29 febbraio 2020 il decreto ministeriale sull'utilizzo degli autovelox.
9/2305/380Baldelli, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    l'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010 prevede che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano disciplinate due materie: 1) la relazione telematica con la quale le amministrazioni locali indicano l'ammontare complessivo derivante dalle sanzioni per violazione del codice della strada e gli interventi attuati con le medesime; 2) le modalità di collocazione e di uso degli autovelox;
    l'articolo 4-ter, comma 16 del decreto-legge n. 16 del 2012 dispone chiaramente che: «in caso di mancata emanazione del decreto (...) trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142» del codice della strada, che dettano norme sull'utilizzo dei proventi delle sanzioni e prevedono la trasmissione annuale di una relazione telematica ai Ministeri delle infrastrutture e dell'interno;
    il codice della strada, agli articoli 142, comma 12-ter e 208, comma 4, prevede che gli enti locali debbano destinare il cinquanta per cento dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi compresi gli interventi riguardanti la sostituzione, l'ammodernamento e il potenziamento della segnaletica stradale e quelli di manutenzione delle barriere;
    il codice della strada al comma 12-quater dell'articolo 142, prevede che gli enti locali assicurino piena trasparenza sull'utilizzo dei proventi delle multe per le finalità previste dalla legge, disponendo che ciascuna amministrazione invii al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'interno una relazione in cui sia indicato l'ammontare dei proventi conseguiti nell'anno precedente e le modalità di utilizzo delle risorse;
    ad oggi, a nove anni dall'entrata in vigore della disposizione citata, il decreto ministeriale non risulta ancora adottato con la conseguenza che si continua ad assistere all'utilizzo sovente distorto e vessatorio degli autovelox, mentre sulla richiamata relazione telematica e sull'uso delle risorse si rileva che meno di 300 comuni su 8.000 adempiono all'obbligo di legge;
    in ordine alla mancata adozione del sopra citato decreto ministeriale il 16 ottobre 2019 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel corso di un'audizione programmatica in commissione presso la Camera dei deputati ha dichiarato di condividere la parte del provvedimento relativa alla trasparenza, ma di avere perplessità sulla parte che riguarda le modalità di utilizzo degli autovelox, alla luce di un allarme lanciato sul punto dagli enti locali;
    il 18 dicembre scorso, rispondendo alla Camera ad un'interrogazione a risposta immediata il Ministro dell'interno ha reso noto che, a seguito della seduta del 7 novembre della Conferenza, è stato stabilito di disciplinare con due diversi decreti le disposizioni già contenute negli allegati A e B appena citati, concernenti la destinazione dei proventi contravvenzionali e il posizionamento dei dispositivi autovelox, impegnandosi ad una «rapida definizione» del primo allegato, già approvato in sede di Conferenza stato regioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare entro il prossimo 31 gennaio 2020 il decreto ministeriale relativo alla trasparenza sull'impiego dei proventi derivanti dalle sanzioni per infrazioni al codice della strada, ed entro il 29 febbraio 2020 il decreto ministeriale sull'utilizzo degli autovelox.
9/2305/380. (Testo modificato nel corso della seduta) Baldelli, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 866 e successivi dell'articolo 1 provvedono attuazione dell'Accordo sottoscritto il 7 novembre 2019 tra lo Stato e la Regione Sardegna, a chiusura della vertenza entrate. Il punto 10 dell'Accordo prevede l'individuazione di strumenti idonei a garantire la continuità territoriale, marittima e aerea in favore della Regione Sardegna a cagione della sua condizione di insularità;
    il comma 867 prevede la successiva definizione dei costi relativi all'insularità nell'ambito di apposito tavolo;
    l'articolo 53 dello statuto speciale sardo che stabilisce: «la Regione è rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri marittimi e aerei che possano direttamente interessarla»;
    la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna è attualmente disciplinata da una convenzione per l'esercizio del collegamento marittimo in regime di pubblico servizio. La convenzione scadrà nel luglio 2020. Il rinnovo presuppone la predisposizione di un nuovo bando di gara e l'espletamento della procedura medesima da parte dello Stato e i tempi per l'espletamento sono molto ristretti rispetto alla scadenza del luglio 2020 per le numerose problematiche ad essa connesse. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha escluso che si possa procedere al rinnovo della Convenzione con l'attuale vettore senza passare tramite gara;
    per quanto riguarda la continuità territoriale aerea le disposizioni vigenti, sia quelle relativa alla continuità per Cagliari e Alghero sia quelle riguardanti lo scalo di Olbia, scadranno il 16 aprile 2020;
    l'esistente regime di continuità territoriale in Sardegna rischia di subire una dura battuta in forza dell'imminente scadenza delle convenzioni che la regolano,

impegna il Governo

in attesa della definizione degli esiti del tavolo-tecnico politico per la definizione degli strumenti compensativi degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione d'insularità, come enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 6 del 2019 e degli strumenti compensativi idonei alla loro rimozione:
   1) ad adottate con la dovuta urgenza le iniziative di competenza per accelerare le procedure riguardanti l'attivazione di un nuovo regime di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna;
   2) a prevedere risorse adeguate per garantire la regolare prosecuzione dei servizi di continuità territoriale in corso.
9/2305/381Pittalis, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 866 e successivi dell'articolo 1 provvedono attuazione dell'Accordo sottoscritto il 7 novembre 2019 tra lo Stato e la Regione Sardegna, a chiusura della vertenza entrate. Il punto 10 dell'Accordo prevede l'individuazione di strumenti idonei a garantire la continuità territoriale, marittima e aerea in favore della Regione Sardegna a cagione della sua condizione di insularità;
    il comma 867 prevede la successiva definizione dei costi relativi all'insularità nell'ambito di apposito tavolo;
    l'articolo 53 dello statuto speciale sardo che stabilisce: «la Regione è rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri marittimi e aerei che possano direttamente interessarla»;
    la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna è attualmente disciplinata da una convenzione per l'esercizio del collegamento marittimo in regime di pubblico servizio. La convenzione scadrà nel luglio 2020. Il rinnovo presuppone la predisposizione di un nuovo bando di gara e l'espletamento della procedura medesima da parte dello Stato e i tempi per l'espletamento sono molto ristretti rispetto alla scadenza del luglio 2020 per le numerose problematiche ad essa connesse. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha escluso che si possa procedere al rinnovo della Convenzione con l'attuale vettore senza passare tramite gara;
    per quanto riguarda la continuità territoriale aerea le disposizioni vigenti, sia quelle relativa alla continuità per Cagliari e Alghero sia quelle riguardanti lo scalo di Olbia, scadranno il 16 aprile 2020;
    l'esistente regime di continuità territoriale in Sardegna rischia di subire una dura battuta in forza dell'imminente scadenza delle convenzioni che la regolano,

impegna il Governo

in attesa della definizione degli esiti del tavolo-tecnico politico per la definizione degli strumenti compensativi degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione d'insularità, come enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 6 del 2019 e degli strumenti compensativi idonei alla loro rimozione:
   1) a valutare l'opportunità di adottare con la dovuta urgenza le iniziative di competenza per accelerare le procedure riguardanti l'attivazione di un nuovo regime di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna;
   2) a valutare l'opportunità di prevedere risorse adeguate per garantire la regolare prosecuzione dei servizi di continuità territoriale in corso.
9/2305/381. (Testo modificato nel corso della seduta) Pittalis, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce norme in materia di Plastic tax (commi 634-658) e prevede altresì investimenti in favore dell'economia circolare (green new deal commi da 85 a 96 e credito d'imposta per la ricerca innovativa, commi 198-209;
    In Italia si consumano 2,1 milioni di tonnellate di plastica nel solo settore Food&Beverage;
    sono oggi in commercio sistemi avanzati di trattamento delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti sia ad uso pubblico, sia negli esercizi di somministrazione, che nelle abitazioni private;
    da ciascuna delle cosiddette casette dell'acqua pubblica in media ogni anno vengono prelevati 300 mila litri di acqua, il che permette di evitare la produzione di 200 mila bottiglie da un litro e mezzo in Pet pari a 60 mila chili di plastica in meno ed al risparmio di 1380 chili di anidride carbonica per la loro produzione e 7800 chili per il trasporto delle bottiglie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere incentivi per favorire l'acquisto e l'installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, e miglioramento qualitativo delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti, estendendo a tali dispositivi le agevolazioni già previste per l'acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza energetica.
9/2305/382D'Ettore, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce norme in materia di Plastic tax (commi 634-658) e prevede altresì investimenti in favore dell'economia circolare (green new deal commi da 85 a 96 e credito d'imposta per la ricerca innovativa, commi 198-209;
    In Italia si consumano 2,1 milioni di tonnellate di plastica nel solo settore Food&Beverage;
    sono oggi in commercio sistemi avanzati di trattamento delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti sia ad uso pubblico, sia negli esercizi di somministrazione, che nelle abitazioni private;
    da ciascuna delle cosiddette casette dell'acqua pubblica in media ogni anno vengono prelevati 300 mila litri di acqua, il che permette di evitare la produzione di 200 mila bottiglie da un litro e mezzo in Pet pari a 60 mila chili di plastica in meno ed al risparmio di 1380 chili di anidride carbonica per la loro produzione e 7800 chili per il trasporto delle bottiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere incentivi per favorire l'acquisto e l'installazione di sistemi di filtraggio, mineralizzazione, e miglioramento qualitativo delle acque destinate al consumo umano erogate da acquedotti, estendendo a tali dispositivi le agevolazioni già previste per l'acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza energetica.
9/2305/382. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ettore, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sulla plastica monouso (articolo 1, commi 634-658 – manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI, comunemente definita plastic tax), entrerà in vigore da luglio, invece che da aprile come originariamente previsto, e passa da 1 euro a 45 centesimi al kg. Sono esclusi i prodotti in plastica riciclata, quelli in plastica compostabile e la plastica usata per la realizzazione di dispositivi medici;
    l'imposta è a carico del produttore e, per la plastica importata, a carico dell'importatore. Per la plastica di fonte UE l'imposta grava sull'acquirente, intermedio o finale, che la immette sul territorio nazionale. L'imposta non grava sulla plastica esportata;
    la plastica riciclata è indistinguibile da quella vergine, per cui i controlli effettuati per verificare se un prodotto sia o meno composto da plastica riciclata saranno meramente documentali, basati sulla movimentazione delle quantità di plastica riciclata;
    questo rende possibili una serie di abusi in particolare rispetto alla plastica importata da Paesi fuori dell'Unione Europea, in relazione alla quale gli importatori saranno liberi di dichiarare che questa è riciclata o rigenerata, esibendo documentazioni per le quali è più complesso dimostrare la veridicità;
    tale evidenza potrebbe risolversi in danno dei produttori nazionali di plastica vergine, i quali invece saranno soggetti a controllo. Si tratta un settore importate della nostra economia nel quale si registrano 12 miliardi di fatturato, generati da una base produttiva composta da 3.000 aziende e 50.000 addetti che hanno lavorato nel 2016 7,5 milioni di tonnellate di prodotti plastici della più svariata natura;
    un settore che peraltro è all'avanguardia in Europa sia in termini di riduzione della quantità di plastica nel packaging e nei prodotti, sia in termini di efficienza dei processi produttivi, sia per quel che riguarda le quantità di plastica riutilizzata. Il problema plastica in Italia non deve imputarsi alla filiera produttiva, quanto piuttosto alle falle nei processi di raccolta e riutilizzo;
    il comma 653 prevede la realizzazione di un Piano nazionale sulla plastica sostenibile destinato a ridurre l'uso dei manufatti a singolo impiego. Tuttavia tale obiettivo del piano appare in contraddizione con l'evidenza che il gettito della plastic tax è costante nel corso degli anni (circa 300 milioni a regime dal 2023),

impegna il Governo:

   in sede di realizzazione del Piano nazionale sulla plastica sostenibile, ad individuare specifiche misure di riorientamento fiscale che, nel sopprimere la plastic tax, introduca contestualmente un contributo di scopo, applicata in misura minima su tutte le tipologie di plastica, escluse quelle compostabili e per uso medico, i cui proventi siano destinati la creazione di un ciclo virtuoso della plastica nel quale siano valorizzati e incentivati il corretto smaltimento e il riutilizzo. In tale ambito a prevedere che siano sanzionati i comportamenti e non le produzioni;
   al fine di impedire che le imprese nazionali del settore della plastica si trovino in svantaggio competitivo, ad individuare specifiche metodologie volte a contrastare comportamenti elusivi e per assicurare il corretto pagamento della tassa di cui ai commi da 634 a 658, sui prodotti in ingresso da Paesi terzi sul territorio nazionale, allo scopo di evitare l'importazione di prodotti non conformi o dichiarati falsamente quale plastica riciclata o rigenerata.
9/2305/383Porchietto, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sulla plastica monouso (articolo 1, commi 634-658 – manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI, comunemente definita plastic tax), entrerà in vigore da luglio, invece che da aprile come originariamente previsto, e passa da 1 euro a 45 centesimi al kg. Sono esclusi i prodotti in plastica riciclata, quelli in plastica compostabile e la plastica usata per la realizzazione di dispositivi medici;
    l'imposta è a carico del produttore e, per la plastica importata, a carico dell'importatore. Per la plastica di fonte UE l'imposta grava sull'acquirente, intermedio o finale, che la immette sul territorio nazionale. L'imposta non grava sulla plastica esportata;
    la plastica riciclata è indistinguibile da quella vergine, per cui i controlli effettuati per verificare se un prodotto sia o meno composto da plastica riciclata saranno meramente documentali, basati sulla movimentazione delle quantità di plastica riciclata;
    questo rende possibili una serie di abusi in particolare rispetto alla plastica importata da Paesi fuori dell'Unione Europea, in relazione alla quale gli importatori saranno liberi di dichiarare che questa è riciclata o rigenerata, esibendo documentazioni per le quali è più complesso dimostrare la veridicità;
    tale evidenza potrebbe risolversi in danno dei produttori nazionali di plastica vergine, i quali invece saranno soggetti a controllo. Si tratta un settore importate della nostra economia nel quale si registrano 12 miliardi di fatturato, generati da una base produttiva composta da 3.000 aziende e 50.000 addetti che hanno lavorato nel 2016 7,5 milioni di tonnellate di prodotti plastici della più svariata natura;
    un settore che peraltro è all'avanguardia in Europa sia in termini di riduzione della quantità di plastica nel packaging e nei prodotti, sia in termini di efficienza dei processi produttivi, sia per quel che riguarda le quantità di plastica riutilizzata. Il problema plastica in Italia non deve imputarsi alla filiera produttiva, quanto piuttosto alle falle nei processi di raccolta e riutilizzo;
    il comma 653 prevede la realizzazione di un Piano nazionale sulla plastica sostenibile destinato a ridurre l'uso dei manufatti a singolo impiego. Tuttavia tale obiettivo del piano appare in contraddizione con l'evidenza che il gettito della plastic tax è costante nel corso degli anni (circa 300 milioni a regime dal 2023),

impegna il Governo:

   in sede di realizzazione del Piano nazionale sulla plastica sostenibile, a valutare l'opportunità di individuare specifiche misure di riorientamento fiscale che, nel sopprimere la plastic tax, introduca contestualmente un contributo di scopo, applicata in misura minima su tutte le tipologie di plastica, escluse quelle compostabili e per uso medico, i cui proventi siano destinati la creazione di un ciclo virtuoso della plastica nel quale siano valorizzati e incentivati il corretto smaltimento e il riutilizzo. In tale ambito a valutare l'opportunità di prevedere che siano sanzionati i comportamenti e non le produzioni;
   al fine di impedire che le imprese nazionali del settore della plastica si trovino in svantaggio competitivo, a valutare l'opportunità di individuare specifiche metodologie volte a contrastare comportamenti elusivi e per assicurare il corretto pagamento della tassa di cui ai commi da 634 a 658, sui prodotti in ingresso da Paesi terzi sul territorio nazionale, allo scopo di evitare l'importazione di prodotti non conformi o dichiarati falsamente quale plastica riciclata o rigenerata.
9/2305/383. (Testo modificato nel corso della seduta) Porchietto, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 62 del 2000 detta norma in materia di parità scolastica e prevede che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali;
    le scuole paritarie devono accogliere chiunque chieda di iscriversi compresi gli alunni e gli studenti con handicap;
    nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta una norma che incrementa di 12,5 milioni di euro il contributo destinato alle scuole dell'infanzia paritarie che accolgono alunni disabili escludendo dall'incremento le scuole paritarie di altro ordine e grado,

impegna il Governo

a prevedere misure volte a dare concreta attuazione alla parità scolastica prevedendo un incremento delle risorse destinate alle scuole paritarie di ogni ordine e grado che accolgono alunni con disabilità.
9/2305/384Palmieri, Aprea, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 62 del 2000 detta norma in materia di parità scolastica e prevede che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali;
    le scuole paritarie devono accogliere chiunque chieda di iscriversi compresi gli alunni e gli studenti con handicap;
    nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta una norma che incrementa di 12,5 milioni di euro il contributo destinato alle scuole dell'infanzia paritarie che accolgono alunni disabili escludendo dall'incremento le scuole paritarie di altro ordine e grado,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure volte a dare concreta attuazione alla parità scolastica prevedendo un incremento delle risorse destinate alle scuole paritarie di ogni ordine e grado che accolgono alunni con disabilità.
9/2305/384. (Testo modificato nel corso della seduta) Palmieri, Aprea, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Bilancio previsionale dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» prevede misure atte a migliorare il funzionamento del sistema sanitario nazionale;
    dall'attuale quadro emerge una normativa che penalizza i nostri connazionali all'estero per quanto attiene il Servizio Sanitario Nazionale; i cittadini italiani residenti all'estero, infatti, in quanto iscritti nell'apposito Registro AIRE, perdono automaticamente l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e conseguentemente, quando tornano nella terra di origine, seppure cittadini italiani, hanno diritto alle sole cure di urgenza per un massimo di 90 giorni;
    il fatto che gli iscritti AIRE non possano accedere a tutti i servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale rappresenta, in particolar modo per i pensionati italiani, una disparità di trattamento e un disincentivo a tornare in vacanza in Italia, soprattutto per quegli emigrati di vecchia generazione che possono presentare problemi di salute;
    il Ministero degli affari esteri e della cooperazione sta sostenendo una campagna per favorire il turismo delle origini, anche con la pubblicazione del volume «Guida alle radici italiane» e sarebbe ulteriormente incentivante offrire la possibilità di accedere alle cure sanitarie se necessarie per i pensionati italiani che rientrano nel nostro Paese anche per periodi temporanei,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di predisporre, nell'ambito di successivi provvedimenti legislativi, le necessarie misure normative allo scopo di consentire ai pensionati italiani, residenti in Paesi che non hanno stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con l'Italia, di poter riattivare l'iscrizione al Sistema Sanitario Nazionale presso la Sede ASL di competenza per il comune di iscrizione Aire.
9/2305/385Fitzgerald Nissoli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Bilancio previsionale dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022» prevede misure atte a migliorare il funzionamento del sistema sanitario nazionale;
    dall'attuale quadro emerge una normativa che penalizza i nostri connazionali all'estero per quanto attiene il Servizio Sanitario Nazionale; i cittadini italiani residenti all'estero, infatti, in quanto iscritti nell'apposito Registro AIRE, perdono automaticamente l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e conseguentemente, quando tornano nella terra di origine, seppure cittadini italiani, hanno diritto alle sole cure di urgenza per un massimo di 90 giorni;
    il fatto che gli iscritti AIRE non possano accedere a tutti i servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale rappresenta, in particolar modo per i pensionati italiani, una disparità di trattamento e un disincentivo a tornare in vacanza in Italia, soprattutto per quegli emigrati di vecchia generazione che possono presentare problemi di salute;
    il Ministero degli affari esteri e della cooperazione sta sostenendo una campagna per favorire il turismo delle origini, anche con la pubblicazione del volume «Guida alle radici italiane» e sarebbe ulteriormente incentivante offrire la possibilità di accedere alle cure sanitarie se necessarie per i pensionati italiani che rientrano nel nostro Paese anche per periodi temporanei,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, nell'ambito di successivi provvedimenti legislativi, le necessarie misure normative allo scopo di consentire ai pensionati italiani, residenti in Paesi che non hanno stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni fiscali con l'Italia, di poter riattivare l'iscrizione al Sistema Sanitario Nazionale presso la Sede ASL di competenza per il comune di iscrizione Aire.
9/2305/385. (Testo modificato nel corso della seduta) Fitzgerald Nissoli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'appellativo «Città dei Papi» con cui è principalmente nota Viterbo, è dovuto al periodo in cui, tra il 1257 al 1281, fu la sede pontificia al posto di Roma;
    il Palazzo dei Papi è il più importante monumento della città. Negli anni in cui la città fu sede pontificia, questo palazzo era il «Vaticano» viterbese e il papa si affacciava dalla loggia per impartire la benedizione ai fedeli. La costruzione, voluta dal capitano del popolo Raniero Gatti, ampliò la precedente sede della curia vescovile e fu terminata nel 1267 proprio con l'elegante loggia, un gioiello architettonico di stile gotico in pietra peperino;
    occorrono circa 300 mila euro per i lavori necessari per riparare la loggetta del Palazzo danneggiata;
    durante l'esame al Senato del disegno di legge in oggetto, il Governo si è impegnato ad intervenire a favore del comune di Viterbo per lo stanziamento delle risorse per l'esecuzione di detti lavori,

impegna il Governo

a rendere quanto prima disponibili le suddette risorse affinché si giunga nel più breve tempo possibile al completo restauro di un Monumento di importanza storica e culturale a livello nazionale.
9/2305/386Battilocchio, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'appellativo «Città dei Papi» con cui è principalmente nota Viterbo, è dovuto al periodo in cui, tra il 1257 al 1281, fu la sede pontificia al posto di Roma;
    il Palazzo dei Papi è il più importante monumento della città. Negli anni in cui la città fu sede pontificia, questo palazzo era il «Vaticano» viterbese e il papa si affacciava dalla loggia per impartire la benedizione ai fedeli. La costruzione, voluta dal capitano del popolo Raniero Gatti, ampliò la precedente sede della curia vescovile e fu terminata nel 1267 proprio con l'elegante loggia, un gioiello architettonico di stile gotico in pietra peperino;
    occorrono circa 300 mila euro per i lavori necessari per riparare la loggetta del Palazzo danneggiata;
    durante l'esame al Senato del disegno di legge in oggetto, il Governo si è impegnato ad intervenire a favore del comune di Viterbo per lo stanziamento delle risorse per l'esecuzione di detti lavori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere quanto prima disponibili le suddette risorse affinché si giunga nel più breve tempo possibile al completo restauro di un Monumento di importanza storica e culturale a livello nazionale.
9/2305/386. (Testo modificato nel corso della seduta) Battilocchio, Cassinelli.


   La Camera,
   in sede di discussione del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    ad oggi si conoscono più di 200 tipi diversi di cancro, di cui quasi il 50 per cento rientra nelle categorie meno comuni o rare e per molti la crescita tumorale è guidata in parte da alterazioni genomiche oggi identificabili;
    l'innovazione tecnologica, in ambito di Medicina di Precisione, ha reso disponibili per i pazienti oncologici nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche in grado di ottimizzare il percorso di cura;
    i nuovi farmaci in sviluppo vengono studiati in studi clinici sperimentali sempre più complessi e rispetto al modello istologico che fino ad ora ha governato la ricerca clinica, in cui le decisioni terapeutiche erano basate sostanzialmente sull'organo di origine del tumore, è ormai diventata una realtà la medicina oncologica di precisione: il cosiddetto modello mutazionale, ovvero la caratterizzazione molto più precisa delle alterazioni del DNA del tumore, e quindi la identificazione della terapia con farmaci target in grado di migliorare l'efficacia e ridurre notevolmente gli effetti indesiderati rispetto alla classica chemioterapia;
    la caratterizzazione del tumore del paziente dal punto di vista molecolare ha portato a recenti approvazioni FDA ed EMA definite « agnostic approval», ossia l'autorizzazione di un farmaco oncologico indipendentemente dalla sede del tumore dall'età e dal sesso ma per tutti i pazienti oncologici nei quali viene identificata una specifica mutazione/alterazione, individuabile con metodiche di diagnostica molecolare come l'NGS. L'FDA ed EMA hanno recentemente registrato due nuovi farmaci secondo la procedura « agnostic approval», mentre un altro farmaco è autorizzato oggi da FDA mentre in fase di valutazione da parte di EMA;
    si stanno ormai rendendo progressivamente disponibili sul mercato e nella pratica clinica oncologica i test denominati «Next Generation Sequencing» (NGS) per la probazione genetica sia sul tessuto tumorale, ottenuto tramite biopsia, ma anche la cosiddetta biopsia liquida, esame del DNA tumorale eseguibile su un semplice prelievo di sangue;
    questi nuovi test sono in grado di analizzare fino ad oltre 300 mutazioni geniche in una singola analisi e di identificare i potenziali farmaci rivolti verso le specifiche alterazioni molecolari;
    l'implementazione di un sistema sanitario in grado di fornire nel percorso diagnostico analisi NGS di profilazione molecolare, validate e certificate, permetterebbe ai pazienti di
    accedere a terapie mirate verso la mutazione riscontrata, ottenendo quindi un beneficio clinico significativo, e di avere un miglior uso dei farmaci con conseguente migliore allocazione delle risorse;
    i nuovi farmaci oncologici del modello mutazionale possono avere un valore terapeutico aggiuntivo con particolare riferimento ai tumori rari e nei pazienti che non hanno oggi valide alternative terapeutiche e per questo motivo, la diagnostica molecolare, tramite il sequenziamento NGS, assumerà un ruolo sempre più determinante per identificare i pazienti portatori di mutazioni suscettibili ai trattamenti innovativi o ancora sperimentali e quindi disponibili in studi clinici o addirittura a trattamenti già disponibili in commercio. L'approccio alla terapia tumorale- agnostica può anche aiutare le persone con forme più comuni di cancro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire un fondo specifico e di prevedete una modalità predefinita attraverso cui i clinici dei centri ospedalieri, di alta specializzazione, che trattano pazienti con mutazioni azionabili possano far richiesta di accesso al fondo medesimo, al fine di evitare che i vincoli di budget penalizzino l'utilizzo di farmaci per i quali ci siano evidenze di beneficio ai pazienti.
9/2305/387Saccani Jotti, Cassinelli.


   La Camera,
   in sede di discussione del disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022»,
   premesso che:
    ad oggi si conoscono più di 200 tipi diversi di cancro, di cui quasi il 50 per cento rientra nelle categorie meno comuni o rare e per molti la crescita tumorale è guidata in parte da alterazioni genomiche oggi identificabili;
    l'innovazione tecnologica, in ambito di Medicina di Precisione, ha reso disponibili per i pazienti oncologici nuove opportunità diagnostiche e terapeutiche in grado di ottimizzare il percorso di cura;
    i nuovi farmaci in sviluppo vengono studiati in studi clinici sperimentali sempre più complessi e rispetto al modello istologico che fino ad ora ha governato la ricerca clinica, in cui le decisioni terapeutiche erano basate sostanzialmente sull'organo di origine del tumore, è ormai diventata una realtà la medicina oncologica di precisione: il cosiddetto modello mutazionale, ovvero la caratterizzazione molto più precisa delle alterazioni del DNA del tumore, e quindi la identificazione della terapia con farmaci target in grado di migliorare l'efficacia e ridurre notevolmente gli effetti indesiderati rispetto alla classica chemioterapia;
    la caratterizzazione del tumore del paziente dal punto di vista molecolare ha portato a recenti approvazioni FDA ed EMA definite « agnostic approval», ossia l'autorizzazione di un farmaco oncologico indipendentemente dalla sede del tumore dall'età e dal sesso ma per tutti i pazienti oncologici nei quali viene identificata una specifica mutazione/alterazione, individuabile con metodiche di diagnostica molecolare come l'NGS. L'FDA ed EMA hanno recentemente registrato due nuovi farmaci secondo la procedura « agnostic approval», mentre un altro farmaco è autorizzato oggi da FDA mentre in fase di valutazione da parte di EMA;
    si stanno ormai rendendo progressivamente disponibili sul mercato e nella pratica clinica oncologica i test denominati «Next Generation Sequencing» (NGS) per la probazione genetica sia sul tessuto tumorale, ottenuto tramite biopsia, ma anche la cosiddetta biopsia liquida, esame del DNA tumorale eseguibile su un semplice prelievo di sangue;
    questi nuovi test sono in grado di analizzare fino ad oltre 300 mutazioni geniche in una singola analisi e di identificare i potenziali farmaci rivolti verso le specifiche alterazioni molecolari;
    l'implementazione di un sistema sanitario in grado di fornire nel percorso diagnostico analisi NGS di profilazione molecolare, validate e certificate, permetterebbe ai pazienti di
    accedere a terapie mirate verso la mutazione riscontrata, ottenendo quindi un beneficio clinico significativo, e di avere un miglior uso dei farmaci con conseguente migliore allocazione delle risorse;
    i nuovi farmaci oncologici del modello mutazionale possono avere un valore terapeutico aggiuntivo con particolare riferimento ai tumori rari e nei pazienti che non hanno oggi valide alternative terapeutiche e per questo motivo, la diagnostica molecolare, tramite il sequenziamento NGS, assumerà un ruolo sempre più determinante per identificare i pazienti portatori di mutazioni suscettibili ai trattamenti innovativi o ancora sperimentali e quindi disponibili in studi clinici o addirittura a trattamenti già disponibili in commercio. L'approccio alla terapia tumorale- agnostica può anche aiutare le persone con forme più comuni di cancro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un fondo specifico e di prevedete una modalità predefinita attraverso cui i clinici dei centri ospedalieri, di alta specializzazione, che trattano pazienti con mutazioni azionabili possano far richiesta di accesso al fondo medesimo, al fine di evitare che i vincoli di budget penalizzino l'utilizzo di farmaci per i quali ci siano evidenze di beneficio ai pazienti.
9/2305/387. (Testo modificato nel corso della seduta) Saccani Jotti, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, ha introdotto alcuni correttivi all'imposta sui servizi digitali già inserita nella legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ma sinora mai applicata. L'obiettivo di tale imposta, come noto, è quello di tassare le multinazionali che offrono servizi digitali e che da essi generano ricavi nel Paese in cui operano e relativamente ai quali, ad oggi, non sono sottoposti ad alcuna tassazione;
    in proposito, si consideri che nel 2018 i ricavi pubblicitari, non tassati, generati in Italia solo dalle maggiori società del settore (elaborazioni CRTV su dati Nielsen, FCP Assointemet, Polimi/IAB), superano i 2,6 miliardi di euro, pari al 70 per cento degli investimenti in pubblicità on-line. Si tratta di dati parziali del valore generato dalle multinazionali del web, perché i ricavi derivano anche da abbonamenti e da elaborazione/profilazione/vendita dei dati, degli utenti e usi di big data per scopi di ma chine learning/intelligenza artificiale;
    al fine di arginare, seppur ormai in modo marginale il sopravvento dei «giganti del web» sulle imprese nazionali che competono negli stessi mercati è necessario un chiarimento determinante relativamente ai soggetti passivi ai quali verrà applicata l'imposta;
    in particolare l'articolo 1, comma 36, della citata legge 145/2018, individua i soggetti passivi dell'imposta sui servizi digitali tra quelli esercenti attività d'impresa, singola o di gruppo, che realizzano congiuntamente: a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a euro 750.000.000 e b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a euro 5.500.000. Con riferimento a tale previsione è di fondamentale importanza specificare che anche i ricavi complessivi e ovunque realizzati previsti alla lettera a) siano ricavi derivanti da servizi digitali, così come correttamente indicato per i ricavi nazionali previsti alla lettera b);
    senza tale opportuna specificazione circa i soggetti passivi destinatari della norma e la tipologia di ricavi soggetti a tale imposizione verrebbero ingiustamente penalizzate imprese nazionali che, singolarmente o a livello di gruppo, realizzano ricavi superiori alla soglia indicata dalla disposizione in esame ma derivanti non solo da servizi digitali. Imprese che pagano già le tasse per la fornitura degli stessi servizi;
    l'applicazione della norma al settore radiotelevisivo, dei media, e dell’entertainment così come attualmente formulata, determinerebbe per lo Stato un introito stimabile, al massimo, in 10 milioni di euro, importo ben lontano dal gettito (150 milioni di euro) che sembra aver ipotizzato il Ministero competente,

impegna il Governo

a chiarire con il primo provvedimento utile che l'imposta sui servizi digitali si applichi esclusivamente ai soggetti esercenti attività d'impresa che generano ricavi, sia a livello nazionale sia a livello globale, da servizi digitali.
9/2305/388Giacomoni, Gelmini, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sulla disciplina delle provvidenze pubbliche all'editoria, disponendo, al comma 394, il differimento di un anno dei termini già previsti dalla legge di bilancio 2019 per la progressiva estinzione dei contributi diretti;
    secondo quanto affermato dal Governo anche in sede di dichiarazioni programmatiche, tale differimento è finalizzato a ridisegnare l'intero sistema dei sostegni all'editoria nell'ambito di una legge di sistema che, tra le altre cose, assicuri stabilità e certezza alla contribuzione diretta, una forma di sostegno presente in tutti i principali Paesi, che – anche in linea con i recenti pronunciamenti della Corte Costituzionale – deve ritenersi essenziale per la tutela del pluralismo;
    l'attuale disciplina esclude dalla percezione dei contributi diretti, ai sensi del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, le imprese editrici di quotidiani e periodici «facenti capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in mercati regolamentati», con una formulazione che ha posto problemi interpretativi con particolare riferimento alle imprese editrici partecipate da società quotate in misura minoritaria e ridotta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'annunciata riforma organica degli incentivi al settore editoriale, di un intervento legislativa che chiarisca il perimetro delle imprese ammesse al contributo diretto, operando a tal fine una distinzione tra imprese per le quali la partecipazione da parte di società quotate risulti totale o maggioritaria e imprese editrici partecipate da società quotate in misura ridotta o comunque minoritaria, per le quali è ragionevole consentire la fruizione del contributo.
9/2305/389Pettarin, Giacomoni, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    L'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) con deliberazione 443/2019/R/RIF del 31 ottobre 2019 ha provveduto a definire criteri innovativi di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti, per il periodo 2018-2021;
    i nuovi criteri definiti dall'ARERA comportano, già a partire dal 2020, una profonda modificazione delle modalità fin qui seguite dai gestori del servizio integrato dei rifiuti e dai Comuni per l'elaborazione del piano finanziario del servizio con incidenza sia sul percorso di deliberazione che sulla quantificazione delle tariffe della Tari;
    l'Autorità non ha ritenuto di prevedere un periodo di sperimentazione del nuovo metodo, pur riconoscendo la necessità di assicurare un percorso di regolazione del sistema di gestione dei rifiuti caratterizzato da «gradualità e asimmetria», in ragione della grande differenziazione delle forme di gestione e delle performance del servizio nelle diverse aree del Paese;
    l'esigenza di un lasso di tempo tecnicamente sostenibile per la formulazione dei piani e la deliberazione delle tariffe ha indotto il Parlamento ad adottare una norma inserita nel «decreto fiscale» che, in deroga al normale ordinamento, ha fissato al 30 aprile 2020 il termine per tali adempimenti, in modo autonomo e distinto rispetto al termine per la deliberazione dei bilanci di previsione;
    l'applicazione del nuovo metodo tariffario e l'adeguamento alle nuove disposizioni da parte sia dei Comuni che dei gestori del servizio comporta non un mero recepimento di atti amministrativi, ma investe in maniera pervasiva elementi che attengono al modello gestionale, organizzativo e tariffario del servizio rifiuti, che necessitano di attenta valutazione, fin dalla rilevazione dei dati gestionali ed economici richiesti con le citate direttive, non potendosi altresì escludere effetti sui rapporti contrattuali attualmente in essere tra soggetti gestori del servizio e Comuni che, a loro volta, possono influenzare negativamente sugli equilibri dei bilanci comunali,

impegna il Governo

ad intervenire, nel rispetto delle competente di ARERA, al fine di assicurare le condizioni per un'applicazione graduale del nuovo metodo tariffario, così da consentire ai Comuni ed ai gestori del servizio di assimilare e ponderare opportunamente le novità introdotte alla luce delle concrete condizioni delle rispettive gestioni, e al fine di scongiurare l'irrogazione di eventuali sanzioni da parte dell'ARERA in sede di prima applicazione del nuovo metodo tariffario per l'anno 2020.
9/2305/390Pella, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    L'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) con deliberazione 443/2019/R/RIF del 31 ottobre 2019 ha provveduto a definire criteri innovativi di riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti, per il periodo 2018-2021;
    i nuovi criteri definiti dall'ARERA comportano, già a partire dal 2020, una profonda modificazione delle modalità fin qui seguite dai gestori del servizio integrato dei rifiuti e dai Comuni per l'elaborazione del piano finanziario del servizio con incidenza sia sul percorso di deliberazione che sulla quantificazione delle tariffe della Tari;
    l'Autorità non ha ritenuto di prevedere un periodo di sperimentazione del nuovo metodo, pur riconoscendo la necessità di assicurare un percorso di regolazione del sistema di gestione dei rifiuti caratterizzato da «gradualità e asimmetria», in ragione della grande differenziazione delle forme di gestione e delle performance del servizio nelle diverse aree del Paese;
    l'esigenza di un lasso di tempo tecnicamente sostenibile per la formulazione dei piani e la deliberazione delle tariffe ha indotto il Parlamento ad adottare una norma inserita nel «decreto fiscale» che, in deroga al normale ordinamento, ha fissato al 30 aprile 2020 il termine per tali adempimenti, in modo autonomo e distinto rispetto al termine per la deliberazione dei bilanci di previsione;
    l'applicazione del nuovo metodo tariffario e l'adeguamento alle nuove disposizioni da parte sia dei Comuni che dei gestori del servizio comporta non un mero recepimento di atti amministrativi, ma investe in maniera pervasiva elementi che attengono al modello gestionale, organizzativo e tariffario del servizio rifiuti, che necessitano di attenta valutazione, fin dalla rilevazione dei dati gestionali ed economici richiesti con le citate direttive, non potendosi altresì escludere effetti sui rapporti contrattuali attualmente in essere tra soggetti gestori del servizio e Comuni che, a loro volta, possono influenzare negativamente sugli equilibri dei bilanci comunali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, nel rispetto delle competente di ARERA, al fine di assicurare le condizioni per un'applicazione graduale del nuovo metodo tariffario, così da consentire ai Comuni ed ai gestori del servizio di assimilare e ponderare opportunamente le novità introdotte alla luce delle concrete condizioni delle rispettive gestioni, e al fine di scongiurare l'irrogazione di eventuali sanzioni da parte dell'ARERA in sede di prima applicazione del nuovo metodo tariffario per l'anno 2020.
9/2305/390. (Testo modificato nel corso della seduta) Pella, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    all'inizio dell'anno scolastico 2019-2020, secondo le stime apparse sulla stampa specializzata, la spesa media per i libri di testo andava dai 286 euro per la prima classe della scuola secondaria di primo grado ai quasi 400 euro per le scuole superiori, con una diversa articolazione in base alla tipologia di percorso e di indirizzo scelto;
    a questa spesa si aggiunge quella necessaria per il c.d. corredo scolastico costituito da tutti quegli accessori necessari quotidianamente al singolo studente;
    sempre secondo le stime di istituti di ricerca specializzati si parla di costi complessivi per la famiglia che arriva a superare anche i 500 euro per figlio;
    i testi scolastici sono infatti obbligatori nella misura di almeno uno per ogni disciplina di studio; a questo si aggiunge che in molti casi i docenti propongono anche testi consigliati di ausilio allo studio della materia a cui si aggiungono i vocabolari e le spese per altri strumenti che si rendono indispensabili e obbligatori per la frequenza di detti corsi;
    l'istruzione costituisce il fondamento della crescita e dello sviluppo di un Paese tanto più oggi che si viviamo in una società fondata sulla conoscenza;
    in base a quanto riportato nel Rapporto BES 2019 dell'Istat «permane la criticità dell'abbandono scolastico precoce, in aumento rispetto al 2016: nel 2018, il 14,5 per cento dei giovani tra 18.e 24 anni non ha conseguito il diploma di scuola superiore di secondo grado e non frequenta corsi di studio o formazione»;
    l'articolo 15 del TUIR prevede la possibilità di detrarre le spese sostenute per sé e per i familiari a carico, per frequentare corsi di istruzione secondaria e universitaria (compreso master) ma tra tali spese non risultano detraibili quelle sostenute dalle famiglie per l'acquisto di libri scolastici o universitari per la frequenza di corsi di istruzione secondaria di primo e secondo grado,

impegna il Governo

ad assumere misure concrete volte a prevedere l'inserimento della spesa sostenuta dalle famiglie per l'acquisto di testi scolastici tra le spese per istruzione detraibili dal reddito.
9/2305/391Casciello, Aprea, Palmieri, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    all'inizio dell'anno scolastico 2019-2020, secondo le stime apparse sulla stampa specializzata, la spesa media per i libri di testo andava dai 286 euro per la prima classe della scuola secondaria di primo grado ai quasi 400 euro per le scuole superiori, con una diversa articolazione in base alla tipologia di percorso e di indirizzo scelto;
    a questa spesa si aggiunge quella necessaria per il c.d. corredo scolastico costituito da tutti quegli accessori necessari quotidianamente al singolo studente;
    sempre secondo le stime di istituti di ricerca specializzati si parla di costi complessivi per la famiglia che arriva a superare anche i 500 euro per figlio;
    i testi scolastici sono infatti obbligatori nella misura di almeno uno per ogni disciplina di studio; a questo si aggiunge che in molti casi i docenti propongono anche testi consigliati di ausilio allo studio della materia a cui si aggiungono i vocabolari e le spese per altri strumenti che si rendono indispensabili e obbligatori per la frequenza di detti corsi;
    l'istruzione costituisce il fondamento della crescita e dello sviluppo di un Paese tanto più oggi che si viviamo in una società fondata sulla conoscenza;
    in base a quanto riportato nel Rapporto BES 2019 dell'Istat «permane la criticità dell'abbandono scolastico precoce, in aumento rispetto al 2016: nel 2018, il 14,5 per cento dei giovani tra 18.e 24 anni non ha conseguito il diploma di scuola superiore di secondo grado e non frequenta corsi di studio o formazione»;
    l'articolo 15 del TUIR prevede la possibilità di detrarre le spese sostenute per sé e per i familiari a carico, per frequentare corsi di istruzione secondaria e universitaria (compreso master) ma tra tali spese non risultano detraibili quelle sostenute dalle famiglie per l'acquisto di libri scolastici o universitari per la frequenza di corsi di istruzione secondaria di primo e secondo grado,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere misure concrete volte a prevedere l'inserimento della spesa sostenuta dalle famiglie per l'acquisto di testi scolastici tra le spese per istruzione detraibili dal reddito.
9/2305/391. (Testo modificato nel corso della seduta) Casciello, Aprea, Palmieri, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 53 del 2003 ha disciplinato l'obbligo di istruzione quale diritto-dovere all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età;
    tale obbligo formativo può quindi essere assolto anche nel sistema regionale di istruzione e formazione professionale, che si può articolare in percorsi triennali o quadriennali con conseguimento finale, rispettivamente, di qualifica professionale o di diploma professionale;
    le strutture che realizzano percorsi di istruzione e formazione professionale devono essere accreditate dalle regioni sulla base di standard minimi di qualità definiti a livello nazionale e sono finanziate con risorse pubbliche che annualmente vengono trasferite alle regioni, oggi, dal Ministero del lavoro;
    non sono infatti previste spese a carico delle famiglie per la frequenza di detti corsi e i docenti che vi insegnano devono comunque rientrare in graduatorie pubbliche;
    attualmente l'IeFP è finanziata a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione istituito presso lo stato di previsione del Ministero del lavoro;
    il finanziamento dei percorsi formativi che si svolgono nella IeFP avviene oggi mediante il ricorso ad un fondo di competenza ministeriale che originariamente era collegato all'obbligo di frequenza di attività formative introdotto con la legge n. 144 del 1999, e che è rimasto anche dopo la sostituzione di tale «obbligo formativo» con il diritto-dovere all'istruzione e formazione;
    inizialmente era previsto un contributo anche del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che stanziava a tal fine, in virtù del fatto che la IeFP rientra tra le attività formative, 40 milioni l'anno;
    col passare del tempo questo stanziamento si è progressivamente ridotto fino ad azzerarsi facendo venire meno qualsiasi contributo da parte del Ministero competente in materia di obbligo formativo e una quota importante di finanziamento a tutto il sistema,

impegna il Governo

a prevedere misure volte a definire in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca uno stanziamento di risorse volte a finanziare il sistema dell'istruzione e Formazione Professionale anche come riconoscimento della valenza formativa ed educativa di tali percorsi che costituiscono parte fondamentale del sistema di istruzione nazionale e nei quali è possibile assolvere l'obbligo formativo.
9/2305/392Aprea, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 53 del 2003 ha disciplinato l'obbligo di istruzione quale diritto-dovere all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età;
    tale obbligo formativo può quindi essere assolto anche nel sistema regionale di istruzione e formazione professionale, che si può articolare in percorsi triennali o quadriennali con conseguimento finale, rispettivamente, di qualifica professionale o di diploma professionale;
    le strutture che realizzano percorsi di istruzione e formazione professionale devono essere accreditate dalle regioni sulla base di standard minimi di qualità definiti a livello nazionale e sono finanziate con risorse pubbliche che annualmente vengono trasferite alle regioni, oggi, dal Ministero del lavoro;
    non sono infatti previste spese a carico delle famiglie per la frequenza di detti corsi e i docenti che vi insegnano devono comunque rientrare in graduatorie pubbliche;
    attualmente l'IeFP è finanziata a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione istituito presso lo stato di previsione del Ministero del lavoro;
    il finanziamento dei percorsi formativi che si svolgono nella IeFP avviene oggi mediante il ricorso ad un fondo di competenza ministeriale che originariamente era collegato all'obbligo di frequenza di attività formative introdotto con la legge n. 144 del 1999, e che è rimasto anche dopo la sostituzione di tale «obbligo formativo» con il diritto-dovere all'istruzione e formazione;
    inizialmente era previsto un contributo anche del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che stanziava a tal fine, in virtù del fatto che la IeFP rientra tra le attività formative, 40 milioni l'anno;
    col passare del tempo questo stanziamento si è progressivamente ridotto fino ad azzerarsi facendo venire meno qualsiasi contributo da parte del Ministero competente in materia di obbligo formativo e una quota importante di finanziamento a tutto il sistema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure volte a definire in capo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca uno stanziamento di risorse volte a finanziare il sistema dell'istruzione e Formazione Professionale anche come riconoscimento della valenza formativa ed educativa di tali percorsi che costituiscono parte fondamentale del sistema di istruzione nazionale e nei quali è possibile assolvere l'obbligo formativo.
9/2305/392. (Testo modificato nel corso della seduta) Aprea, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    che il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    che lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

ad esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/393Brunetta, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    che il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, comma 398, la previsione di una procedura di gara che dovrà concludersi entro il 30 aprile 2020 per l'affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari;
    che lo stesso articolo 1, comma 398 prevede la proroga fino al 30 aprile 2020 della convenzione che ha regolato il servizio fino al 20 maggio 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esplicitare che la proroga della convenzione fino al 30 aprile 2020 del regime convenzionale ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, avrà effetto a partire dal 21 maggio 2019 a tale scopo utilizzando lo stanziamento previsto per l'esercizio 2020.
9/2305/393. (Testo modificato nel corso della seduta) Brunetta, Cassinelli, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    è ormai patrimonio comune e dato culturale diffuso che il movimento, l'attività fisica e lo sport sono fattori ed elementi che, se utilizzati in modo corretto e praticati con costanza e progressione, contribuiscono al benessere psico-fisico delle persone e, per le età più sensibili, offrono la possibilità di crescere ed evolvere in modo sano, equilibrato e consapevole;
    praticare una attività sportiva sin da piccoli comporta ricadute positive a livello sociale e anche economico per la fondamentale funzione di prevenzione e di tutela della salute che esercita nei confronti di situazioni di possibile disagio sociale, di stili di vita e alimentari più sani e consapevoli, di possibilità relazionali;
    l'esercizio di tali attività agisce in tal senso, per i bambini e per i ragazzi, tanto più se è esercitato in ambienti sani e in presenza di soggetti competenti e adeguatamente formati in grado di rappresentare una guida e un esempio per i più giovani;
    esercitare una attività sportiva in ambienti sani deve essere una possibilità offerta quindi a tutte le ragazze ed i ragazzi, dai 3 ai 18, indipendentemente dal censo e dalla condizione socio-economica della famiglia;
    la disciplina sportiva esercita una grande funzione educativa connessa alla necessità del rispetto delle regole che deriva dalla sua pratica, sia che essa si esplichi in attività di squadra che singole, contribuendo a insegnare il rispettare verso sé stesso e verso gli altri non soltanto in ambito sportivo dove tale rispetto è regola fondamentale;
    i dati relativi alla pratica sportiva esercitata dalle ragazze e dai ragazzi al di sotto dei 18 anni mostrano ancora numeri contenuti,

impegna il Governo

al prevedere misure legislative volte a modificare la normativa vigente in materia di detrazione per le spese sostenute dalle famiglie per le spese sostenute per l'attività sportiva dei figli, tali da ampliare la platea dei destinatari e di articolare tali misure anche in relazione all'età dei soggetti a carico per i quali tale detrazione è prevista.
9/2305/394Marin, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    è ormai patrimonio comune e dato culturale diffuso che il movimento, l'attività fisica e lo sport sono fattori ed elementi che, se utilizzati in modo corretto e praticati con costanza e progressione, contribuiscono al benessere psico-fisico delle persone e, per le età più sensibili, offrono la possibilità di crescere ed evolvere in modo sano, equilibrato e consapevole;
    praticare una attività sportiva sin da piccoli comporta ricadute positive a livello sociale e anche economico per la fondamentale funzione di prevenzione e di tutela della salute che esercita nei confronti di situazioni di possibile disagio sociale, di stili di vita e alimentari più sani e consapevoli, di possibilità relazionali;
    l'esercizio di tali attività agisce in tal senso, per i bambini e per i ragazzi, tanto più se è esercitato in ambienti sani e in presenza di soggetti competenti e adeguatamente formati in grado di rappresentare una guida e un esempio per i più giovani;
    esercitare una attività sportiva in ambienti sani deve essere una possibilità offerta quindi a tutte le ragazze ed i ragazzi, dai 3 ai 18, indipendentemente dal censo e dalla condizione socio-economica della famiglia;
    la disciplina sportiva esercita una grande funzione educativa connessa alla necessità del rispetto delle regole che deriva dalla sua pratica, sia che essa si esplichi in attività di squadra che singole, contribuendo a insegnare il rispettare verso sé stesso e verso gli altri non soltanto in ambito sportivo dove tale rispetto è regola fondamentale;
    i dati relativi alla pratica sportiva esercitata dalle ragazze e dai ragazzi al di sotto dei 18 anni mostrano ancora numeri contenuti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure legislative volte a modificare la normativa vigente in materia di detrazione per le spese sostenute dalle famiglie per le spese sostenute per l'attività sportiva dei figli, tali da ampliare la platea dei destinatari e di articolare tali misure anche in relazione all'età dei soggetti a carico per i quali tale detrazione è prevista.
9/2305/394. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marin, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 prevede che i medici e i veterinari in formazione specialistica iscritti all'ultimo anno del relativo corso siano ammessi alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita;
   considerato che:
    il decreto 4 febbraio 2015, nel riordinare le scuole di specializzazione di area sanitaria, ha previsto l'applicazione di un ordinamento didattico unico, valido sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati di area sanitaria, e ha regolato l'ordinamento di tutte le scuole di specializzazione di area sanitaria in modo tendenzialmente omogeneo in termini di impegno didattico, durata dei corsi e tirocini pratici;
    tale decreto, che nello specifico definisce la programmazione del numero dei posti da assegnare nelle scuole di specializzazione medica, prevede la stipulazione di uno specifico «contratto di formazione» per ciascuno specializzando, predeterminando le risorse finanziarie da impiegare e il corrispettivo in euro per ciascun anno di formazione specialistica;
    successivamente, l'articolo 8 della legge n. 401 del 2000 ha esteso la programmazione delle scuole di specializzazione, prevista per i laureati in medicina, ad un'ampia categoria di laureati, comprendente anche i farmacisti, che tuttavia, sebbene anch'essi vincitori di concorso, non godono della medesima posizione contrattuale, né di alcun trattamento economico;
    ai sensi della vigente normativa, il superamento di un percorso di specializzazione post lauream di 4 anni è requisito indispensabile, tanto per i farmacisti quanto per i medici, per l'accesso al servizio sanitario nazionale;
    la preparazione professionale per tutti gli specializzandi dell'area sanitaria presuppone un percorso formativo di livello elevato le cui spese, in assenza di una posizione contrattuale, restano completamente a carico dell'interessato;
    risulta del tutto ingiustificata la diversità di stato giuridico e trattamento economico esistente tra i farmacisti specializzandi e i medici specializzandi, nell'ambito della disciplina in materia di accesso e frequenza delle scuole di specializzazione dell'area sanitaria,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, anche con successive modifiche normative, la possibilità di regolamentare lo status contrattuale ed economico dei laureati in farmacia che afferiscono alle scuole di specializzazione di area sanitaria – disciplinate dai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 1o agosto 2005 e 4 febbraio 2015 – equiparandolo a quello dei laureati in medicina e chirurgia.
9/2305/395Mandelli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 prevede che i medici e i veterinari in formazione specialistica iscritti all'ultimo anno del relativo corso siano ammessi alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario nella specifica disciplina bandita;
   considerato che:
    il decreto 4 febbraio 2015, nel riordinare le scuole di specializzazione di area sanitaria, ha previsto l'applicazione di un ordinamento didattico unico, valido sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati di area sanitaria, e ha regolato l'ordinamento di tutte le scuole di specializzazione di area sanitaria in modo tendenzialmente omogeneo in termini di impegno didattico, durata dei corsi e tirocini pratici;
    tale decreto, che nello specifico definisce la programmazione del numero dei posti da assegnare nelle scuole di specializzazione medica, prevede la stipulazione di uno specifico «contratto di formazione» per ciascuno specializzando, predeterminando le risorse finanziarie da impiegare e il corrispettivo in euro per ciascun anno di formazione specialistica;
    successivamente, l'articolo 8 della legge n. 401 del 2000 ha esteso la programmazione delle scuole di specializzazione, prevista per i laureati in medicina, ad un'ampia categoria di laureati, comprendente anche i farmacisti, che tuttavia, sebbene anch'essi vincitori di concorso, non godono della medesima posizione contrattuale, né di alcun trattamento economico;
    ai sensi della vigente normativa, il superamento di un percorso di specializzazione post lauream di 4 anni è requisito indispensabile, tanto per i farmacisti quanto per i medici, per l'accesso al servizio sanitario nazionale;
    la preparazione professionale per tutti gli specializzandi dell'area sanitaria presuppone un percorso formativo di livello elevato le cui spese, in assenza di una posizione contrattuale, restano completamente a carico dell'interessato;
    risulta del tutto ingiustificata la diversità di stato giuridico e trattamento economico esistente tra i farmacisti specializzandi e i medici specializzandi, nell'ambito della disciplina in materia di accesso e frequenza delle scuole di specializzazione dell'area sanitaria,

impegna il Governo

a valutare, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, anche con successive modifiche normative, l'opportunità di regolamentare lo status contrattuale ed economico dei laureati in farmacia che afferiscono alle scuole di specializzazione di area sanitaria – disciplinate dai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 1o agosto 2005 e 4 febbraio 2015 – equiparandolo a quello dei laureati in medicina e chirurgia.
9/2305/395. (Testo modificato nel corso della seduta) Mandelli, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il taglio del cuneo fiscale, con una dote di risorse pari a 3.000 milioni di euro per l'anno in corso, e 5.000 milioni dal 2021, è una delle novità principali della Legge di Bilancio 2020, tuttavia non ci sono dettagli su come sarà applicato;
    il comma 7 dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevede che con ulteriori provvedimenti normativi verrà definito il perimetro dei soggetti beneficiari, i limiti di reddito e l'importo del bonus in arrivo sugli stipendi dal 2020, probabilmente a partire dal mese di luglio;
    inizialmente, si parlava di uno stipendio all'anno in più e di un assegno pari a 1.500 euro; poi, dal taglio del cuneo erano stati promessi circa 500 euro all'anno e ora, invece, si parla di una somma che si aggirerebbe intorno ai 240 euro in più;
    il taglio fiscale interesserà esclusivamente i lavoratori e non le imprese, tra le quali soltanto quelle più piccole, con meno di 9 dipendenti, potranno contate sul bonus al 100 per cento sull'aliquota di contribuzione di loro spettanza, per l'assunzione di apprendisti di primo livello;
    in Italia cuneo fiscale per un lavoratore medio senza figli è pari al 47,9 per cento del costo del lavoro, tra i più alti nei Paesi OCSE (Taxing Wages 2019 dell'OCSE). La maggior parte del cuneo è riconducibile ai contribuiti sociali a carico del datore di lavoro (24 per cento del costo del lavoro totale) e nel 2018 il costo del lavoro è aumentato di 0,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente, interamente a causa delle imposte sul reddito;
    il taglio del cuneo fiscale si assomma al bonus Renzi di 80 euro che, già oggi rappresenta una riduzione delle imposte sui redditi da lavoro. Sommando il bonus Renzi (960 euro all'anno) al nuovo bonus cuneo da 240 euro, si raggiungerebbe una somma pari a 1.200 euro;
    tuttavia i dubbi sono tali da non consentire ad oggi di stabilire cosa cambia davvero sugli stipendi dei tanti lavoratori dipendenti titolari di redditi bassi. Tra le ipotesi allo studio vi sarebbero quelle di estenderlo ai redditi fino a 35.000 euro, seppur in misura ridotta e agli incapienti, ovvero ai contribuenti con redditi non superiori ad 8.100 euro circa;
    sia i sindacati che le organizzazioni datoriali hanno considerato la misura insufficiente, sia per la scarsità di risorse, sia per l'assenza di benefici a favore delle imprese;
    inoltre la mera appostazione di risorse, senza che queste siano compiutamente finalizzate, espone il Fondo di cui al comma 7 dell'articolo 1 alle insidie di emergenze sopravvenute. Peraltro i ritardi nella presentazione e nella discussione della Legge di bilancio non hanno consentito una migliore definizione della misura,

impegna il Governo:

   a finalizzare compiutamente ed incrementare le risorse del comma 7 dell'articolo 1, destinate alla riduzione del carico fiscale sui lavoratori, nel primo provvedimento utile;
   a prevedere per l'anno 2020 l'adozione di misure di riduzione del cuneo fiscale a favore delle imprese, sulla quale grava la gran parte dell'onere.
9/2305/396Gelmini, Zangrillo, Cassinelli.


   La Camera,
   considerato che:
    il taglio del cuneo fiscale, con una dote di risorse pari a 3.000 milioni di euro per l'anno in corso, e 5.000 milioni dal 2021, è una delle novità principali della Legge di Bilancio 2020, tuttavia non ci sono dettagli su come sarà applicato;
    il comma 7 dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevede che con ulteriori provvedimenti normativi verrà definito il perimetro dei soggetti beneficiari, i limiti di reddito e l'importo del bonus in arrivo sugli stipendi dal 2020, probabilmente a partire dal mese di luglio;
    inizialmente, si parlava di uno stipendio all'anno in più e di un assegno pari a 1.500 euro; poi, dal taglio del cuneo erano stati promessi circa 500 euro all'anno e ora, invece, si parla di una somma che si aggirerebbe intorno ai 240 euro in più;
    il taglio fiscale interesserà esclusivamente i lavoratori e non le imprese, tra le quali soltanto quelle più piccole, con meno di 9 dipendenti, potranno contate sul bonus al 100 per cento sull'aliquota di contribuzione di loro spettanza, per l'assunzione di apprendisti di primo livello;
    in Italia cuneo fiscale per un lavoratore medio senza figli è pari al 47,9 per cento del costo del lavoro, tra i più alti nei Paesi OCSE (Taxing Wages 2019 dell'OCSE). La maggior parte del cuneo è riconducibile ai contribuiti sociali a carico del datore di lavoro (24 per cento del costo del lavoro totale) e nel 2018 il costo del lavoro è aumentato di 0,2 punti percentuali rispetto all'anno precedente, interamente a causa delle imposte sul reddito;
    il taglio del cuneo fiscale si assomma al bonus Renzi di 80 euro che, già oggi rappresenta una riduzione delle imposte sui redditi da lavoro. Sommando il bonus Renzi (960 euro all'anno) al nuovo bonus cuneo da 240 euro, si raggiungerebbe una somma pari a 1.200 euro;
    tuttavia i dubbi sono tali da non consentire ad oggi di stabilire cosa cambia davvero sugli stipendi dei tanti lavoratori dipendenti titolari di redditi bassi. Tra le ipotesi allo studio vi sarebbero quelle di estenderlo ai redditi fino a 35.000 euro, seppur in misura ridotta e agli incapienti, ovvero ai contribuenti con redditi non superiori ad 8.100 euro circa;
    sia i sindacati che le organizzazioni datoriali hanno considerato la misura insufficiente, sia per la scarsità di risorse, sia per l'assenza di benefici a favore delle imprese;
    inoltre la mera appostazione di risorse, senza che queste siano compiutamente finalizzate, espone il Fondo di cui al comma 7 dell'articolo 1 alle insidie di emergenze sopravvenute. Peraltro i ritardi nella presentazione e nella discussione della Legge di bilancio non hanno consentito una migliore definizione della misura,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di finalizzare compiutamente ed incrementare le risorse del comma 7 dell'articolo 1, destinate alla riduzione del carico fiscale sui lavoratori, nel primo provvedimento utile;
   a valutare l'opportunità di prevedere per l'anno 2020 l'adozione di misure di riduzione del cuneo fiscale a favore delle imprese, sulla quale grava la gran parte dell'onere.
9/2305/396. (Testo modificato nel corso della seduta) Gelmini, Zangrillo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge all'esame dell'Aula contiene disposizioni volte a promuovere, attraverso specifici contributi, investimenti degli enti locali territoriali finalizzati ad implementare la sicurezza stradale, tramite interventi straordinari di manutenzione di strade;
    a livello europeo, il piano d'azione stradale del 2010, il Libro bianco sui trasporti del 2011, gli Orientamenti programmatici della Commissione europea sulla sicurezza stradale, nonché il Consiglio dell'UE, hanno fissato per il periodo 2011-2020 l'obiettivo del dimezzamento del numero delle vittime della strada, per giungere a quello finale, per il 2050, dell'azzeramento del numero di vittime della strada, tra l'altro, tramite il miglioramento dell'educazione e della formazione;
    nonostante i molteplici interventi, ad oggi, sulle strade italiane non si ferma la scia di sangue, dato evidenziato dalle stime di Istat e Aci, basate sui dati preliminari relativi al primo semestre 2019, che indicano che la mortalità stradale in Italia continua a crescere, su strade ed autostrade, con un cospicuo incremento – circa il 30 per cento;
    a destare ancora maggiore allarme, a questi dati si aggiungono quelli forniti dall'Asaps che denuncia una recrudescenza delle così dette «stragi del sabato sera»;
    queste stragi coinvolgono prevalentemente i nostri giovani i quali, al posto di una serata di svago, trovano una tragica morte: giovani vite spezzate da un messaggio al cellulare, dalla velocità eccessiva 0 da un bicchiere di troppo;
    la massima diffusione dell'informazione sull'uso consapevole delle vetture sui rischi connessi a quelle fatali condotte, spesso reputate dai giovani semplici bravate, in tali casi, costituisce un'indispensabile strumento di prevenzione, utile alla riduzione di tale drammatico fenomeno, molto più delle contravvenzioni e dei procedimenti penali che, inevitabilmente seguono questi eventi luttuosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di natura legislativa, volte a individuare le risorse finanziarie per potenziare campagne di informazione, anche attraverso i canali del servizio pubblico radiotelevisivo e nelle istituzioni scolastiche, in merito all'utilizzo consapevole dei veicoli da parte dei giovani, rivolte a tutte le fasce di età al fine di sensibilizzare gli stessi giovani e i genitori al rispetto delle norme del Codice della strada.
9/2305/397Elvira Savino, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    appare necessario adottare uno strumento concreto di sostegno e rilancio del territorio montano e in particolare di quelle aree a rischio di desertificazione per quanto riguarda i servizi fondamentali, il trasporto pubblico, la disponibilità di asili nido e il sistema distributivo commerciale;
    occorre garantire agevolazioni fiscali alle imprese già esistenti mediante l'istituzione di zone a fiscalità di vantaggio e ad attrarre nuovi investimenti attraverso riduzioni fiscali pensate per le cosiddette «zone franche montane». Tali agevolazioni, nell'ottica di incentivare il ripopolamento delle aree montane marginali, sono destinate a quelle attività e imprese, anche agricole, il cui personale dipendente, almeno per l'85 per cento, risieda nelle zone o nei comuni di riferimento e per i quali l'agevolazione viene concessa;
    negli ultimi anni i territori montani, nonostante gli intenti positivi per una loro valorizzazione, hanno conosciuto un disagio economico e sociale sempre più profondo, a causa della crisi impietosa che ha colpito le aziende, del progressivo taglio di servizi strategici, della carenza di infrastrutture della trasformazione del mondo agricolo e del conseguente spopolamento;
    i territori della montagna, infatti, appaiono inseriti, per la gran parte, in un contesto di seria marginalità e di profondo svantaggio e pagano lo scotto di una difficoltà intrinseca che non appare superabile senza un decisivo intervento pubblico; solo politiche murate possono arrestare una tendenza che, purtroppo, sta diventando sempre più preoccupante;
    negli ultimi anni decine di attività in montagna, piccoli e fondamentali presidi per le comunità locali, portatrici di tradizione, storia e cultura, sono state chiuse a causa del caro affitti e dell'alta tassazione. È dunque compito delle istituzioni porre in atto strategie concrete per non disperdere la ricchezza della montagna, fatta di risorse naturali, ambientali, paesaggistiche e culturali, un vero e proprio tesoro, unico e impareggiabile, che può essere salvaguardato solo evitando lo spopolamento di aree nelle quali la presenza umana si rivela fondamentale e determinante. Una presenza umana che può essere garantita solo con interventi di concreta agevolazione, che si discostino dall'assistenzialismo «a pioggia» di risorse una tantum, sempre e comunque, limitate e il cui accesso appare anche difficoltoso per i piccoli imprenditori di montagna;
    sarebbe, dunque auspicabile individuare una serie di azioni, da porre in essere anche con la stretta collaborazione delle regioni, volte ad attrarre nuovi investimenti e a raggiungere l'agognato obiettivo di creare nuova occupazione in queste aree, producendo conseguentemente un maggiore benessere economico e sociale, arrestando lo spopolamento, nonché tutelando e salvaguardando il complesso delle tradizioni culturali, enogastronomiche e imprenditoriali del nostro Appennino e delle aree montane, nonché prevedere anche forme di contributo per il trasporto pubblico per agevolare i comuni, anche piccolissimi, che non riescono, o vi riescono con grandi difficoltà, a far fronte a tale spesa a causa di bilanci particolarmente ridotti;
    altro intervento di fondamentale rilevanza per i piccoli comuni montani è quello di destinare apposite risorse in conto capitale finalizzate alla realizzazione di asili nido;
    su questi temi il Gruppo Forza Italia presentato specifiche proposte emendative durante l'esame del provvedimento in Commissione V (Bilancio),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare seguito con apposite iniziative normative a quanto indicato in premessa.
9/2305/398Vietina, Pittalis, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 comma 291, 292, 293 e 294 introduce norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet,
    le nuove disposizioni recate dall'articolo intendono arginare il fenomeno delle c.d. bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito, l'articolo aggiuntivo prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    dalla lettura della relazione illustrativa della proposta di legge A.C. 1742 e del disegno di legge A.S. 1194 il cui testo è stato pedissequamente ripreso e riportato in questa norma, si comprende con chiarezza che è volontà del legislatore eliminare il rischio per i cittadini di vedersi distaccato un servizio per morosità non conosciute o che avrebbero potuto essere contestate se portate tempestivamente a conoscenza, nonché colmare l'attuale lacuna normativa che fino ad oggi non prevedeva l'obbligo, da parte delle aziende che forniscono i servizi, di garantire l'effettiva ricezione delle comunicazioni con cui si contestano i mancati pagamenti e si preavvisa la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo:

   a interpretate la norma includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
   a sollecitare le Autorità di regolamentazione di settore ad emanare apposite linee guida che definiscano le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentate in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1;
   a interpretare la norma intendendo la sospensione della fornitura oggetto di preavviso quale effettiva disattivazione del servizio cui il cliente è abbonato;
   a consentite un differimento dell'entrata in vigore degli obblighi richiamati per l'adeguamento dei processi aziendali di almeno 6 mesi;
   ad avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore.
9/2305/399D'Attis, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 comma 291, 292, 293 e 294 introduce norme a tutela degli utenti in materia di errata fatturazione per l'erogazione di energia elettrica, gas e acqua e per la fornitura di servizi telefonici, televisivi e internet;
    le nuove disposizioni recate dall'articolo intendono arginare il fenomeno delle c.d. bollette pazze relative ai contratti in abbonamento;
    la norma introduce per i gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche l'obbligo di trasmettere ai propri clienti che hanno contratti in abbonamento le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e il preavviso della eventuale sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso tramite Raccomandata con avviso di ricevimento;
    per le fatture a debito, l'articolo aggiuntivo prevede, sempre con riferimento ai contratti in abbonamento, un diritto dell'utente al rimborso e l'ottenimento di una penale, che si attiva dopo l'accertamento di una violazione da parte dell'autorità o dopo una sua comunicazione presentata autonomamente anche con modalità telematiche;
    dalla lettura della relazione illustrativa della proposta di legge A.C. 1742 e del disegno di legge A.S. 1194 il cui testo è stato pedissequamente ripreso e riportato in questa norma, si comprende con chiarezza che è volontà del legislatore eliminare il rischio per i cittadini di vedersi distaccato un servizio per morosità non conosciute o che avrebbero potuto essere contestate se portate tempestivamente a conoscenza, nonché colmare l'attuale lacuna normativa che fino ad oggi non prevedeva l'obbligo, da parte delle aziende che forniscono i servizi, di garantire l'effettiva ricezione delle comunicazioni con cui si contestano i mancati pagamenti e si preavvisa la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione;
    oggigiorno una valida forma di comunicazione equiparabile a quella scritta è anche il supporto durevole che il codice del consumo (articolo 45, comma 1, lettera l) definisce come «ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate»;
    è necessario continuare il percorso intrapreso dal nostro Paese verso una completa digitalizzazione, per accelerarne la trasformazione verso una più intensa penetrazione della digitalizzazione, a beneficio dei cittadini;
    le fattispecie disciplinate dalla norma in questione sono state oggetto di precisi interventi normativi anche da parte delle Autorità di Regolazione;
    le previsioni contenute nella norma richiedono l'adeguamento dei processi aziendali con tempi non immediati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di interpretate la norma includendo quale strumento valido per avvisare l'abbonato anche il supporto durevole in aggiunta alla raccomandata con avviso di ricevimento;
    di sollecitare le Autorità di regolamentazione di settore ad emanare apposite linee guida che definiscano le modalità telematiche con cui l'abbonato può documentate in maniera oggettiva l'illegittimità della condotta del gestore cui consegue l'applicazione delle penali di cui al comma 292 dell'articolo 1;
    di interpretare la norma intendendo la sospensione della fornitura oggetto di preavviso quale effettiva disattivazione del servizio cui il cliente è abbonato;
    di consentite un differimento dell'entrata in vigore degli obblighi richiamati per l'adeguamento dei processi aziendali di almeno 6 mesi;
    di avviare un tavolo di confronto con le Autorità di regolazione per garantire la corretta armonizzazione della normativa di settore.
9/2305/399. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Attis, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 147, stabilisce che: a) le graduatorie approvate nel 2011 saranno utilizzabili fino ai 30 marzo 2020; b) quelle approvate dal 2012 al 2017 saranno utilizzabili fino al 30 settembre 2020; c) quelle approvate nel 2018 e nel 2019 saranno utilizzabili entro tre anni dalla loro approvazione;
    il successivo comma 148, inoltre, stabilisce l'abrogazione dei commi 361, 362-ter e 365 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, e modifica l'articolo 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, così da un lato cancellando le proroghe disposte dalla legge di bilancio 2019, dall'altro lato riducendo l'arco temporale di vigenza di tutte le graduatorie future da tre a due anni;
    tra le diverse graduatorie interessate, c’è anche quella degli idonei assistenti giudiziari, formatasi a seguito del concorso indetto dal Ministero della Giustizia nel novembre 2016 e approvata il 14 novembre 2017, con vigenza triennale fino al novembre 2020;
    la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 362, aveva prorogato la validità della suddetta graduatoria al 31 marzo 2021 ma la nuova norma ha ridotto la sua vigenza al 30 settembre, addirittura due mesi prima della sua scadenza naturale;
    quella degli idonei assistenti giudiziari, è l'unica graduatoria di cui, attualmente, dispone il Ministero della Giustizia ed è già stata approvata, finanziata e autorizzata con gli opportuni strumenti normativi ed amministrativi;
    l'11 dicembre, nel corso di un question time alla Camera, il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, ha annunciato un ulteriore scorrimento di 489 unità che andranno ad unirsi ai 3.386 idonei già entrati in servizio, tra gennaio 2018 e luglio di quest'anno;
    la graduatoria, composta in origine da 4.915 persone, si riduce ad appena 838 idonei che, a questo punto, devono essere assunti entro settembre 2020 e decisivi saranno il numero dei pensionamenti e le tempistiche;
   considerato che:
    la disciplina in questione penalizza pesantemente lo scorrimento della graduatoria degli idonei assistenti giudiziari e tutte quelle approvate nel 2017 soprattutto perché crea una palese disparità di trattamento rispetto alle graduatorie più vecchie equiparandole ad esse, ma anche rispetto a quelle più recenti che, invece, hanno vigenza triennale;
    una simile regolazione della materia solleva diversi dubbi di legittimità costituzionale, perché incide in maniera retroattiva su graduatorie già approvate, finanziate ed in attesa di essere interamente esaurite quando, in realtà, i suoi effetti dovrebbero interessare tutte le graduatorie che andranno a determinarsi a seguito dei concorsi che si svolgeranno nel 2020 e anche dopo perché l'emendamento che dispone ciò è inserito nella nuova legge di bilancio che entrerà in vigore dal 1o gennaio 2020;
    di assoluto rilievo, poi, è la circostanza che i notori problemi della giustizia italiana non troveranno certo una cura nella diminuzione delle risorse organizzative a disposizione; la più volte evocata riforma della giustizia non potrà prescindere, qualunque sia la direzione che la caratterizzerà nel merito, da un netto rafforzamento del personale, a tutti i livelli,
   tutto ciò premesso,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, per tutelare la posizione e il legittimo affidamento dei soggetti iscritti nelle graduatorie già formate, assicurando la pronta immissione in ruolo o l'estensione dell'ambito di efficacia temporale delle graduatorie medesime.
9/2305/400Cristina, Pittalis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 147, stabilisce che: a) le graduatorie approvate nel 2011 saranno utilizzabili fino ai 30 marzo 2020; b) quelle approvate dal 2012 al 2017 saranno utilizzabili fino al 30 settembre 2020; c) quelle approvate nel 2018 e nel 2019 saranno utilizzabili entro tre anni dalla loro approvazione;
    il successivo comma 148, inoltre, stabilisce l'abrogazione dei commi 361, 362-ter e 365 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, e modifica l'articolo 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, così da un lato cancellando le proroghe disposte dalla legge di bilancio 2019, dall'altro lato riducendo l'arco temporale di vigenza di tutte le graduatorie future da tre a due anni;
    tra le diverse graduatorie interessate, c’è anche quella degli idonei assistenti giudiziari, formatasi a seguito del concorso indetto dal Ministero della Giustizia nel novembre 2016 e approvata il 14 novembre 2017, con vigenza triennale fino al novembre 2020;
    la legge di bilancio 2019, all'articolo 1, comma 362, aveva prorogato la validità della suddetta graduatoria al 31 marzo 2021 ma la nuova norma ha ridotto la sua vigenza al 30 settembre, addirittura due mesi prima della sua scadenza naturale;
    quella degli idonei assistenti giudiziari, è l'unica graduatoria di cui, attualmente, dispone il Ministero della Giustizia ed è già stata approvata, finanziata e autorizzata con gli opportuni strumenti normativi ed amministrativi;
    l'11 dicembre, nel corso di un question time alla Camera, il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, ha annunciato un ulteriore scorrimento di 489 unità che andranno ad unirsi ai 3.386 idonei già entrati in servizio, tra gennaio 2018 e luglio di quest'anno;
    la graduatoria, composta in origine da 4.915 persone, si riduce ad appena 838 idonei che, a questo punto, devono essere assunti entro settembre 2020 e decisivi saranno il numero dei pensionamenti e le tempistiche;
   considerato che:
    la disciplina in questione penalizza pesantemente lo scorrimento della graduatoria degli idonei assistenti giudiziari e tutte quelle approvate nel 2017 soprattutto perché crea una palese disparità di trattamento rispetto alle graduatorie più vecchie equiparandole ad esse, ma anche rispetto a quelle più recenti che, invece, hanno vigenza triennale;
    una simile regolazione della materia solleva diversi dubbi di legittimità costituzionale, perché incide in maniera retroattiva su graduatorie già approvate, finanziate ed in attesa di essere interamente esaurite quando, in realtà, i suoi effetti dovrebbero interessare tutte le graduatorie che andranno a determinarsi a seguito dei concorsi che si svolgeranno nel 2020 e anche dopo perché l'emendamento che dispone ciò è inserito nella nuova legge di bilancio che entrerà in vigore dal 1o gennaio 2020;
    di assoluto rilievo, poi, è la circostanza che i notori problemi della giustizia italiana non troveranno certo una cura nella diminuzione delle risorse organizzative a disposizione; la più volte evocata riforma della giustizia non potrà prescindere, qualunque sia la direzione che la caratterizzerà nel merito, da un netto rafforzamento del personale, a tutti i livelli,
   tutto ciò premesso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, per tutelare la posizione e il legittimo affidamento dei soggetti iscritti nelle graduatorie già formate, assicurando la pronta immissione in ruolo o l'estensione dell'ambito di efficacia temporale delle graduatorie medesime.
9/2305/400. (Testo modificato nel corso della seduta) Cristina, Pittalis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 124 riguarda la materia dei trasporti, con riferimento alla continuità territoriale per la Sicilia;
    la Sardegna patisce analoghe problematiche derivanti dalla condizione insulare, che richiedono decisioni politiche immediate ed urgenti sia riguardo ai trasporti aerei che in merito a quelli marittimi;
    la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna è attualmente disciplinata dalla Convenzione per l'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori;
    tali attività sono state affidate alla Compagnia Italia di Navigazione (CIN), verso un corrispettivo di 72 milioni di euro annui;
    il periodo di vigenza della Convenzione è giunto quasi al termine e scadrà il 18 luglio del 2020;
    con parere del 4 marzo 2019 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha escluso che ricorrano i presupposti per una proroga della Convenzione rispetto alla sua naturale scadenza;
    l'AGCM ha altresì ricordato che «la normativa eurounitaria sulla liberalizzazione dei servizi di cabotaggio, in particolare il Regolamento CEE n. 3577/92, prevede che un Ente affidante, prima di assoggettare determinati servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP), sia tenuto a effettuare una verifica preventiva del mercato per stabilire se vi siano le condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato, senza compensazione; solo in presenza di comprovata incapacità da parte degli operatori a fornire tali servizi a condizioni di mercato l'Ente affidante può assoggettare i servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP)»;
    la stessa Autorità ha auspicato che il Ministero dei Trasporti proceda, «secondo una tempistica congrua rispetto alla scadenza del 18 luglio 2020, ad una corretta applicazione del Regolamento (CEE) n. 3577/92 e della regolazione settoriale di prossima emanazione dell'ART e svolga un'analisi dei effettivi di mobilità da e per le isole interessate (declinati in termini di tipologia e frequenza dei collegamenti, articolazione tariffaria, standard qualitativi, ecc.), propedeutica sia alla verifica preventiva delle condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato sia all'eventuale assoggettamento a OSP dei servizi da affidare con gara»;
    sempre secondo l'AGCM, «Lo svolgimento di una nuova gara per l'assegnazione nei tempi originariamente previsti del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di OSP, il cui perimetro sia opportunamente definito dalla previa analisi, più sopra richiamata, dei fabbisogni effettivi di mobilità, appare, infatti, lo strumento più appropriato per raggiungere gli obiettivi posti dal Regolamento e dalla regolazione settoriale – tra i quali rileva l'efficienza delle gestioni e il rispetto delle condizioni minime di qualità del servizio – e, in particolare, per correggere eventuali distorsioni e attivare i meccanismi di confronto competitivo in grado di “dissipare” gli extraprofitti di cui potrebbe beneficiare l'impresa aggiudicataria del servizio»;
    a otto mesi dal pronunciamento dell'AGCM non risulta attivata nessuna procedura finalizzata a pubblicare una gara per l'assegnazione del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di OSP;
    lasciare la Sardegna senza un regime di continuità marittima dopo il 18 luglio 2020 significherebbe pregiudicare il diritto alla mobilità dei cittadini isolani e penalizzare l'economia: non solo quella legata al turismo ma anche tutti gli altri settori che hanno necessità del trasporto delle merci via mare,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le azioni necessarie per assicurare la continuità territoriale marittima tra la Sardegna e la Penisola;
   a proseguire un confronto con la Regione Autonoma della Sardegna al fine di condividere le possibili soluzioni sia per affrontare la situazione di emergenza sia per valutare il trasferimento delle funzioni e delle risorse dallo Stato alla Regione Autonoma della Sardegna al fine di garantire per il futuro la realizzazione di un modello di continuità territoriale marittima conformato alle effettive esigenze dell'isola, ai diritti dei cittadini sardi e alla legittima aspettativa delle imprese isolane di poter accedere liberamente ai mercati extra regionali senza vedere condizionata la propria efficienza e operatività ad oggettivi limiti geografici o a quelli derivanti dall'inadeguatezza del sistema dei trasporti marittimi.
9/2305/401Cappellacci, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 124 riguarda la materia dei trasporti, con riferimento alla continuità territoriale per la Sicilia;
    la Sardegna patisce analoghe problematiche derivanti dalla condizione insulare, che richiedono decisioni politiche immediate ed urgenti sia riguardo ai trasporti aerei che in merito a quelli marittimi;
    la continuità territoriale marittima da e per la Sardegna è attualmente disciplinata dalla Convenzione per l'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori;
    tali attività sono state affidate alla Compagnia Italia di Navigazione (CIN), verso un corrispettivo di 72 milioni di euro annui;
    il periodo di vigenza della Convenzione è giunto quasi al termine e scadrà il 18 luglio del 2020;
    con parere del 4 marzo 2019 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha escluso che ricorrano i presupposti per una proroga della Convenzione rispetto alla sua naturale scadenza;
    l'AGCM ha altresì ricordato che «la normativa eurounitaria sulla liberalizzazione dei servizi di cabotaggio, in particolare il Regolamento CEE n. 3577/92, prevede che un Ente affidante, prima di assoggettare determinati servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP), sia tenuto a effettuare una verifica preventiva del mercato per stabilire se vi siano le condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato, senza compensazione; solo in presenza di comprovata incapacità da parte degli operatori a fornire tali servizi a condizioni di mercato l'Ente affidante può assoggettare i servizi a Obblighi di Servizio Pubblico (OSP)»;
    la stessa Autorità ha auspicato che il Ministero dei Trasporti proceda, «secondo una tempistica congrua rispetto alla scadenza del 18 luglio 2020, ad una corretta applicazione del Regolamento (CEE) n. 3577/92 e della regolazione settoriale di prossima emanazione dell'ART e svolga un'analisi dei effettivi di mobilità da e per le isole interessate (declinati in termini di tipologia e frequenza dei collegamenti, articolazione tariffaria, standard qualitativi, ecc.), propedeutica sia alla verifica preventiva delle condizioni per l'offerta dei servizi predetti a condizioni di mercato sia all'eventuale assoggettamento a OSP dei servizi da affidare con gara»;
    sempre secondo l'AGCM, «Lo svolgimento di una nuova gara per l'assegnazione nei tempi originariamente previsti del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di OSP, il cui perimetro sia opportunamente definito dalla previa analisi, più sopra richiamata, dei fabbisogni effettivi di mobilità, appare, infatti, lo strumento più appropriato per raggiungere gli obiettivi posti dal Regolamento e dalla regolazione settoriale – tra i quali rileva l'efficienza delle gestioni e il rispetto delle condizioni minime di qualità del servizio – e, in particolare, per correggere eventuali distorsioni e attivare i meccanismi di confronto competitivo in grado di “dissipare” gli extraprofitti di cui potrebbe beneficiare l'impresa aggiudicataria del servizio»;
    a otto mesi dal pronunciamento dell'AGCM non risulta attivata nessuna procedura finalizzata a pubblicare una gara per l'assegnazione del servizio di cabotaggio marittimo da svolgersi in regime di OSP;
    lasciare la Sardegna senza un regime di continuità marittima dopo il 18 luglio 2020 significherebbe pregiudicare il diritto alla mobilità dei cittadini isolani e penalizzare l'economia: non solo quella legata al turismo ma anche tutti gli altri settori che hanno necessità del trasporto delle merci via mare,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le azioni necessarie per assicurare la continuità territoriale marittima tra la Sardegna e la Penisola;
   a valutare l'opportunità di proseguire un confronto con la Regione Autonoma della Sardegna al fine di condividere le possibili soluzioni sia per affrontare la situazione di emergenza sia per valutare il trasferimento delle funzioni e delle risorse dallo Stato alla Regione Autonoma della Sardegna al fine di garantire per il futuro la realizzazione di un modello di continuità territoriale marittima conformato alle effettive esigenze dell'isola, ai diritti dei cittadini sardi e alla legittima aspettativa delle imprese isolane di poter accedere liberamente ai mercati extra regionali senza vedere condizionata la propria efficienza e operatività ad oggettivi limiti geografici o a quelli derivanti dall'inadeguatezza del sistema dei trasporti marittimi.
9/2305/401. (Testo modificato nel corso della seduta) Cappellacci, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la Fondazione LIA (Libri Italiani Accessibili) ha lo scopo di promuovere il libro e la lettura in tutte le sue forme tradizionali e digitali, attraverso attività di educazione, informazione, sensibilizzazione e ricerca, garantendone i fondamentali princìpi di accessibilità, integrazione e socialità, al fine di ampliare l'accesso ai prodotti editoriali per le persone non vedenti e ipovedenti;
    grazie alle potenzialità del digitale, LIA ha attuato un modello, basato sull'utilizzazione di standard internazionali che consentono di spostare a monte la produzione di e-book accessibili e di integrarla nei normali flussi produttivi e distributivi editoriali, al fine di offrire ai non vedenti e agli ipovedenti un numero sempre maggiore di titoli fruibili in modo diretto e indipendente, a oggi circa trentamila;
    il servizio offerto da LIA, che ha avuto inizio nel gennaio 2011, mettendo online nel giugno 2013 il proprio catalogo di e-book accessibili, ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali come servizio innovativo d'eccellenza, del quale la comunità dei ciechi e degli ipovedenti, oltre un milione di utenti in Italia, può usufruire;
    tale servizio, finanziato dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, non ha visto rinnovato il proprio stanziamento per il triennio 2020-2022 in legge di Bilancio,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile parlamentare o ministeriale, il ripristino dello stanziamento finanziario, almeno per il 2020, finalizzato alla gestione delle fondamentali funzioni svolte dalla Fondazione LIA.
9/2305/402Cannizzaro, Mandelli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la Fondazione LIA (Libri Italiani Accessibili) ha lo scopo di promuovere il libro e la lettura in tutte le sue forme tradizionali e digitali, attraverso attività di educazione, informazione, sensibilizzazione e ricerca, garantendone i fondamentali princìpi di accessibilità, integrazione e socialità, al fine di ampliare l'accesso ai prodotti editoriali per le persone non vedenti e ipovedenti;
    grazie alle potenzialità del digitale, LIA ha attuato un modello, basato sull'utilizzazione di standard internazionali che consentono di spostare a monte la produzione di e-book accessibili e di integrarla nei normali flussi produttivi e distributivi editoriali, al fine di offrire ai non vedenti e agli ipovedenti un numero sempre maggiore di titoli fruibili in modo diretto e indipendente, a oggi circa trentamila;
    il servizio offerto da LIA, che ha avuto inizio nel gennaio 2011, mettendo online nel giugno 2013 il proprio catalogo di e-book accessibili, ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali come servizio innovativo d'eccellenza, del quale la comunità dei ciechi e degli ipovedenti, oltre un milione di utenti in Italia, può usufruire;
    tale servizio, finanziato dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, non ha visto rinnovato il proprio stanziamento per il triennio 2020-2022 in legge di Bilancio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel prossimo provvedimento utile parlamentare o ministeriale, il ripristino dello stanziamento finanziario, almeno per il 2020, finalizzato alla gestione delle fondamentali funzioni svolte dalla Fondazione LIA.
9/2305/402. (Testo modificato nel corso della seduta) Cannizzaro, Mandelli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene sull'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo, ossia l'imposta comunale sugli immobili (IMU) e il Tributo per i servizi indivisibili (TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo;
    è inoltre prevista la riduzione dell'aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale e l'anticipo al 2022 della deducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali;
    l'attuale elevata tassazione sugli immobili contribuisce inevitabilmente a ostacolare la ripresa del settore delle costruzioni e del mercato immobiliare già in difficoltà, laddove sarebbe invece necessario introdurre disposizioni specifiche finalizzate a sostenere il comparto;
    la crisi economica di questi anni ha infatti messo, e continua a mettere, in difficoltà il mercato immobiliare che è sostanzialmente fermo da troppo tempo: sono diminuite le compravendite, molti immobili rimangono invenduti;
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha espressamente previsto i casi per i quali non si applica l'imposta municipale,

impegna il Governo:

   a integrare l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 al fine di prevedere l'esenzione dall'IMU e dalla TASI per le unità immobiliari di categoria catastale CI (negozi e botteghe), utilizzate nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, per le quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni;
   a prevedere che l'esenzione IMU già attualmente prevista per i fabbricati costruiti o ristrutturati e destinati dall'impresa costruttrice alla futura vendita, venga estesa anche alle aree destinate alla costruzione per la successiva vendita.
9/2305/403Polidori, Ruffino, Mazzetti, Cortelazzo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, interviene sull'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo, ossia l'imposta comunale sugli immobili (IMU) e il Tributo per i servizi indivisibili (TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo;
    è inoltre prevista la riduzione dell'aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale e l'anticipo al 2022 della deducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali;
    l'attuale elevata tassazione sugli immobili contribuisce inevitabilmente a ostacolare la ripresa del settore delle costruzioni e del mercato immobiliare già in difficoltà, laddove sarebbe invece necessario introdurre disposizioni specifiche finalizzate a sostenere il comparto;
    la crisi economica di questi anni ha infatti messo, e continua a mettere, in difficoltà il mercato immobiliare che è sostanzialmente fermo da troppo tempo: sono diminuite le compravendite, molti immobili rimangono invenduti;
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha espressamente previsto i casi per i quali non si applica l'imposta municipale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di integrare l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 al fine di prevedere l'esenzione dall'IMU e dalla TASI per le unità immobiliari di categoria catastale CI (negozi e botteghe), utilizzate nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, per le quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni;
    di prevedere che l'esenzione IMU già attualmente prevista per i fabbricati costruiti o ristrutturati e destinati dall'impresa costruttrice alla futura vendita, venga estesa anche alle aree destinate alla costruzione per la successiva vendita.
9/2305/403. (Testo modificato nel corso della seduta) Polidori, Ruffino, Mazzetti, Cortelazzo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 691 e 692 dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono un regime premiale volto a incentivare l'utilizzazione della fattura elettronica: per i contribuenti che sia avvalgono del regime forfettario e che hanno un fatturato annuo costituito esclusivamente da fatture elettroniche;
    si ricorda che l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto del 2015, n. 127, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati, esonera dall'obbligo di fatturazione elettronica i soggetti passivi che applicano il regime forfettario;
    a riguardo infatti il Ministero dell'economia e delle finanze con decreto del 10 maggio 2019 ha stabilito quelli che sono i soggetti esonerati e tra questi le prestazioni del trasporto pubblico collettivo di persone, di veicoli e bagagli al seguito ma non ha escluso quelle del trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti i quali svolgono servizio sia di taxi che di noleggio ciò è dovuto come ad esempio nel comune di Venezia dalla peculiarità e dalla limitata estensione degli spazi acquei idonei all'attività delle imbarcazioni adibite al trasporto passeggeri, spazi che non consentono mai uno stazionamento fisso adeguato oltre ad attenersi alle regole rigide di traffico per limitare il moto ondoso;
    il trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti per le sue caratteristiche è impossibilitato a trasmettere telematicamente i dati giornalieri sia per problemi di linea, che sull'acqua è carente sia per motivi logistici, perché sull'imbarcazione appare difficile installare un registratore di cassa. A riguardo gli operatori del settore necessitano un chiarimento da parte dell'amministrazione finanziaria su come comportarsi con la nuova normativa perché se come taxi sono esonerati, come ncc dovrebbero applicarla, ma vista la doppia natura che hanno proprio per la particolarità suddetta, la situazione rimane difficoltosa,

impegna il Governo

alla luce di quanto descritto in premessa ad adottare ogni iniziativa utile al fine di esonerare il trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti che svolgono servizio sia di taxi che di noleggio dall'obbligo dello scontrino elettronico.
9/2305/404Milanato, Brunetta, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 691 e 692 dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono un regime premiale volto a incentivare l'utilizzazione della fattura elettronica: per i contribuenti che sia avvalgono del regime forfettario e che hanno un fatturato annuo costituito esclusivamente da fatture elettroniche;
    si ricorda che l'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto del 2015, n. 127, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati, esonera dall'obbligo di fatturazione elettronica i soggetti passivi che applicano il regime forfettario;
    a riguardo infatti il Ministero dell'economia e delle finanze con decreto del 10 maggio 2019 ha stabilito quelli che sono i soggetti esonerati e tra questi le prestazioni del trasporto pubblico collettivo di persone, di veicoli e bagagli al seguito ma non ha escluso quelle del trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti i quali svolgono servizio sia di taxi che di noleggio ciò è dovuto come ad esempio nel comune di Venezia dalla peculiarità e dalla limitata estensione degli spazi acquei idonei all'attività delle imbarcazioni adibite al trasporto passeggeri, spazi che non consentono mai uno stazionamento fisso adeguato oltre ad attenersi alle regole rigide di traffico per limitare il moto ondoso;
    il trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti per le sue caratteristiche è impossibilitato a trasmettere telematicamente i dati giornalieri sia per problemi di linea, che sull'acqua è carente sia per motivi logistici, perché sull'imbarcazione appare difficile installare un registratore di cassa. A riguardo gli operatori del settore necessitano un chiarimento da parte dell'amministrazione finanziaria su come comportarsi con la nuova normativa perché se come taxi sono esonerati, come ncc dovrebbero applicarla, ma vista la doppia natura che hanno proprio per la particolarità suddetta, la situazione rimane difficoltosa,

impegna il Governo

alla luce di quanto descritto in premessa a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile al fine di esonerare il trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti che svolgono servizio sia di taxi che di noleggio dall'obbligo dello scontrino elettronico.
9/2305/404. (Testo modificato nel corso della seduta) Milanato, Brunetta, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    gli Indici Sintetici di Affidabilità introdotti con la legge di bilancio 2017 è una nuova metodologia statistico-economica che permette di definire il grado di affidabilità e la stabilità di un'azienda o di un libero professionista;
    il decreto del Ministero dell'economia 28.12.2018 ai sensi del comma 7 dell'articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 ha- escluso dall'applicazione ISA (Indici sintetici di affidabilità) i soggetti che esercitano, in ogni forma di società cooperativa, le attività di «Trasporto con taxi» – codice attività 49.32.10 o di «Trasporto mediante noleggio di autovetture da rimessa con conducente» — codice attività 49.32.20, ma non gli stessi soggetti che esercitano, in ogni forma di società cooperativa, trasporto di passeggeri per vie d'acqua di navigazione interna con codice attività 50.30.00;
    a quanto pare a quest'ultimi non è riconosciuta l'esclusione Isa perché hanno diverso codice di attività seppur la ragione sociale è la stessa. Si rileva che il trasporto pubblico non di linea a mezzo natanti svolgono sulla medesima imbarcazione sia il servizio taxi che di noleggio ciò è dovuto come ad esempio nel comune di Venezia dalla peculiarità e dalla limitata estensione degli spazi acquei idonei all'attività delle imbarcazioni adibite al trasporto passeggeri,

impegna il Governo

alla luce di quanto descritto in premessa, ad adottare ogni iniziativa utile al fine di esonerare dall'applicazione ISA (Indici sintetici di fattibilità) il trasporto di passeggeri per vie d'acqua di navigazione interna con codice attività 50.30.00.
9/2305/405Baratto, Brunetta, Milanato, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge di bilancio contiene alcune disposizioni in materia di pubblico impiego, dirette, tra l'altro, ad incrementare le risorse per la contrattazione collettiva, nonché a garantire una maggiore trasparenza dei concorsi per il reclutamento di personale, ad assumere personale e a modificare gli organici delle Amministrazioni;
    nello specifico, l'articolo 1, comma 7 del provvedimento all'esame dell'Aula, autorizza per il 2020 il Ministro dell'economia ad apportare le variazioni compensative di bilancio tra i programmi di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'interno «Elaborazione, quantificazione e assegnazione delle risorse finanziarie da attribuire agli enti locali» e «Gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali», in relazione alle minori o maggiori occorrenze connesse alla gestione dell'albo dei segretari provinciali e comunali;
    in merito alla figura dei segretari comunali si registra l'allarme relativo alla drammatica carenza della figura dei segretari comunali, in molti comuni, che rischia di paralizzare, a tutti gli effetti, lo svolgimento della ordinaria attività amministrativa e il buon andamento degli uffici pubblici, assumendo i caratteri di una problematica di portata nazionale;
    allo stato attuale risulterebbe che vi sono regioni in cui più del 50 per cento dei comuni è sprovvisto della figura del segretario comunale: una figura fondamentale a supporto dei Sindaci per la quotidiana attività amministrativa, soprattutto, alla luce delle continue interpretazioni normative che implicano scelte e responsabilità gravose con implicazioni importanti non solo per il bene comune dei cittadini ma anche per la tutela e la salvaguardia del ruolo del Sindaco stesso;
    il concorso pubblico, indetto con decreto protocollo n. 13722 del 18 dicembre 2018, per l'ammissione di 291 borsisti al sesto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 224 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – per cui si sono appena concluse le prove scritte – è da considerarsi non sufficiente ad ovviare alle più ampie e strutturali carenza che caratterizzano attualmente la categoria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative al fine di sopperire alla grave carenza dei segretari comunali anche attraverso iniziative volte ad individuare personale qualificato della pubblica amministrazione che possano garantire il buon funzionamento degli uffici pubblici.
9/2305/406Ruffino, Cassinelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge all'esame dell'Aula prevede specifiche disposizioni in merito al comparto della Difesa ed in particolar modo in merito alle risorse per la contrattazione collettiva del pubblico impiego nonché per l'armonizzazione dei trattamenti accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei ministeri;
    in merito alle Forze armate italiane si specifica che l'Esercito italiano, la Marina militare, l'Aeronautica militare e l'Arma dei carabinieri dispongono, ciascuna, di un proprio corpo speciale;
    in merito al trattamento economico, la legge 23 marzo 1983, n. 78 ha riformato in maniera organica tutto il sistema delle indennità operative, elemento cardine del trattamento accessorio, e trova la sua ratio proprio nella volontà del legislatore di configurare una specifica componente accessoria che abbia la caratteristica di comprendere tutte le diverse peculiarità di un modello di Forze armate complesso ed in continua evoluzione;
    in tal senso, la filosofia di fondo della legge citata prevede un'indennità d'impiego operativo «di base», comune a tutto il personale militare indipendentemente dalla situazione di impiego, comunque caratterizzato da condizioni operative ben superiori a quelle del restante personale del pubblico impiego, ed altre indennità operative fondamentali, il cui valore è calcolato secondo una maggiorazione percentuale della prima (che è pari al 100 per cento), aventi lo scopo di compensare le specializzazioni del personale che sia qualificato ed impiegato in settori di maggiore rischio, disagio e logorio psico-fisico;
    a ciò si aggiunga che il decreto del Presidente della Repubblica n. 171/2007 ha introdotto in favore del personale incursore anche un'indennità mensile per «Operatore di Forze Speciali» pari a euro 120,00 mensili lordi, cumulabile con tutte le operative fondamentali e supplementari;
    infine, il decreto del Presidente della Repubblica n. 52 del 2009 attribuisce al personale con qualifica di «acquisitore obiettivi» o « ranger», in servizio rispettivamente presso l'85o Rgt. Paracadutisti ed il 4o Rgt. Alpini Paracadutisti, un'indennità supplementare mensile pari al 20 per cento della base cumulabile con le altre indennità supplementari già in godimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di ricalcolare le indennità supplementari rispetto all'indennità di impiego operativo per gli incursori nonché per gli operatori delle Forze Speciali che hanno superato i corsi di formazione, approvati dal Capo dello Stato Maggiore e che sono nella disponibilità all'impiego del comando interforze per le operazioni speciali.
9/2305/407Perego Di Cremnago, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge all'esame dell'Aula prevede che la maggiorazione del contributo statale per investimenti «Industria 4.0» sia del 100 per cento per gli investimenti realizzati dalle micro e piccole imprese nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nel limite complessivo di 60 milioni di euro a valere sulle risorse autorizzate;
    in riferimento allo sviluppo di Industria 4.0, la legge 11 dicembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 115 istituisce i cosiddetta competence center quali poli d'eccellenza realizzati con il coinvolgimento di università, centri di ricerca e imprese aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, nel quadro degli interventi connessi al Piano nazionale Industria 4.0;
    il decreto del Ministero dello sviluppo economico 12 settembre 2017, n. 214 (entrato in vigore il 24 gennaio 2018), ha definito «centro di competenza ad alta specializzazione»: un polo di innovazione costituito, secondo il modello di partenariato pubblico-privato, da almeno un organismo di ricerca e da una o più imprese, aggiungendo che «il numero dei partner pubblici non può superare la misura del 50 per cento dei partner complessivi»;
    lo stesso decreto ha poi stabilito che il programma di attività è finalizzato ad erogare servizi di: orientamento alle imprese, in particolare piccole e medie imprese, formazione alle imprese, nonché attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale sviluppo sperimentale, proposti dalle imprese, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico. Il 24 maggio 2018 è stata poi pubblicata la graduatoria redatta sulla base di un bando del gennaio 2018, che ha confermato la quasi totale assenza delle regioni del Sud del Paese;
    la circostanza che soltanto uno dei centri sia allocato in una regione del Sud e funzionale ad un sistema territoriale meridionale, a fronte di una popolazione corrispondente al 34 per cento di quella italiana, fa emergere una discriminazione che non solo si riflette sulla corretta distribuzione delle risorse per le infrastrutture, ma svolge effetti del tutto inversi rispetto all'esigenza della perequazione infrastrutturale necessaria ad affrontare il grave divario che ancora divide il Paese e che così rischia di appesantirsi ulteriormente;
    va poi segnalato che nessun centro di eccellenza risulti operativo nelle Isole e, in particolare, in Sicilia, a fronte di una popolazione corrispondente all'8,5 di quella italiana. A questo si aggiunga che in Sicilia si registra la presenza di un solo centro (a Catania) dell'articolata rete dei Digital innovation hub, di fatto la porta di accesso delle imprese al mondo di «Industria 4.0»;
    è chiaro che, nel caso dei competence center, le responsabilità appartengono per intero al precedente Governo che nella legge, nel decreto e nel bando non ha previsto alcun imprescindibile correttivo per una corretta distribuzione territoriale al fine di garantire la conseguente equilibrata presenza di tali centri nel Sud e nelle Isole;
    si tratta, però, adesso di porre urgentemente rimedio e per questo appare necessario l'intervento dell'attuale Governo statale in collaborazione con le istituzioni regionali e locali;
    tutto ciò indebolisce ogni sforzo per ridurre il divario digitale tra il Nord e il Sud Italia e determina, solo per fare un esempio, il rischio di vanificare gli ingenti investimenti fatti per potenziare l'infrastrutturazione del Sud con la banda larga e ultra larga;
    il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Michele Ceraci, in risposta all'interpellanza urgente del 28 giugno 2019, presentata dal primo firmatario del presente atto di indirizzo, si è semplicemente limitato ad esporre la normativa attualmente in vigore senza fornire alcuna risposta certa in merito alla necessità di investire sul Sud e sulle Isole ed invertire la tendenza per offrire ai giovani meridionali e, in particolare, ai siciliani una chance per restare a lavorare nella propria terra, sottraendoli al drammatico destino dell'emigrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di prevedere l'istituzione dei competence center in Sicilia per erogare servizi di orientamento e formazione alle imprese e attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale indirizzati, in particolare, alla necessità per le imprese di superare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità.
9/2305/408Bartolozzi, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge all'esame dell'Aula istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'Interno il fondo «Asili nido e Scuole dell'infanzia» per il finanziamento degli interventi relativi ad opere di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia;
    alla luce degli innumerevoli fatti cronaca che riportano casi di maltrattamenti e abusi di bambini negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia si reputa necessario e non più procrastinabile l'approvazione del disegno di legge di iniziativa del gruppo di Forza Italia all'esame della I Commissione Affari Costituzionali del Senato, già approvato dalla Camera dei deputati, in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, al fine di offrire una risposta ai frequenti episodi di violenza fisica e verbale che si consumano all'interno dei luoghi citati;
    si rammenta che nella scorsa legislatura, la Camera dei deputati esaminò e approvò, sempre su iniziativa del gruppo di Forza Italia, un provvedimento sulla medesima materia; tuttavia, il testo trasmesso al Senato non giunse all'esame dell'Assemblea e perciò l'intervento legislativo non si realizzò;
    la volontà di colmare un vuoto normativo grave, in una situazione in cui molto spesso la prevenzione degli abusi è nulla (e a scoprire e denunciare i casi sono le famiglie), era ed è un atto di responsabilità verso coloro i quali non hanno la possibilità di difendersi da soli. La violenza si manifesta infatti ancora più ripugnante e atroce se pensiamo che le vittime di tali episodi sono i soggetti più deboli e indifesi della nostra società: il riferimento è ai bambini, agli anziani, ai disabili, alle persone incapaci di denunciare soprusi, non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria difesa e, quindi, ancor più bisognosi di tutela;
    il legislatore ha il dovere di intervenire prevedendo misure adeguate per tutelare non solo la sicurezza dei soggetti più deboli, ma anche la serenità delle famiglie le quali affidano i propri cari a strutture che dovrebbero garantire ad essi la cura, il rispetto e la massima attenzione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di procedere tempestivamente all'istituzione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità al fine di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica in danno dei più deboli.
9/2305/409Calabria, Cassinelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge all'esame dell'Aula istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'Interno il fondo «Asili nido e Scuole dell'infanzia» per il finanziamento degli interventi relativi ad opere di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia;
    alla luce degli innumerevoli fatti cronaca che riportano casi di maltrattamenti e abusi di bambini negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia si reputa necessario e non più procrastinabile l'approvazione del disegno di legge di iniziativa del gruppo di Forza Italia all'esame della I Commissione Affari Costituzionali del Senato, già approvato dalla Camera dei deputati, in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, al fine di offrire una risposta ai frequenti episodi di violenza fisica e verbale che si consumano all'interno dei luoghi citati;
    si rammenta che nella scorsa legislatura, la Camera dei deputati esaminò e approvò, sempre su iniziativa del gruppo di Forza Italia, un provvedimento sulla medesima materia; tuttavia, il testo trasmesso al Senato non giunse all'esame dell'Assemblea e perciò l'intervento legislativo non si realizzò;
    la volontà di colmare un vuoto normativo grave, in una situazione in cui molto spesso la prevenzione degli abusi è nulla (e a scoprire e denunciare i casi sono le famiglie), era ed è un atto di responsabilità verso coloro i quali non hanno la possibilità di difendersi da soli. La violenza si manifesta infatti ancora più ripugnante e atroce se pensiamo che le vittime di tali episodi sono i soggetti più deboli e indifesi della nostra società: il riferimento è ai bambini, agli anziani, ai disabili, alle persone incapaci di denunciare soprusi, non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria difesa e, quindi, ancor più bisognosi di tutela;
    il legislatore ha il dovere di intervenire prevedendo misure adeguate per tutelare non solo la sicurezza dei soggetti più deboli, ma anche la serenità delle famiglie le quali affidano i propri cari a strutture che dovrebbero garantire ad essi la cura, il rispetto e la massima attenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di procedere tempestivamente all'istituzione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità al fine di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica in danno dei più deboli.
9/2305/409. (Testo modificato nel corso della seduta) Calabria, Cassinelli, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge di bilancio prevede alcune disposizioni in merito agli immobili militari della Difesa e nello specifico i commi 621-623 intervengono sulle quote dei proventi derivanti dalle vendite degli immobili della difesa;
    come riportato da un servizio della trasmissione Report, in onda su Rai3, il Ministero della Difesa non versa i tributi su migliaia di alloggi militari che non hanno funzione istituzionale e che quindi sono soggetti al pagamento dell'Imu;
    solo per citare alcuni casi, Il Messaggero Veneto riporta che il comune di Udine avanza 2,1 milioni di euro, Pordenone 1,5 milioni di euro e Palmanova quasi 500 mila euro;
    il più delle volte si tratta di abitazioni con relative pertinenze per le quali, secondo la Cassazione, il Ministero della Difesa deve versare l'IMU;
    come riportato da fonti di stampa, il Ministro della difesa si è reso disponibile ad affrontare la questione in un tavolo comune con l'Anci e il Dicastero interessato;
    si tratta di una situazione che oltre a dare il cattivo esempio da parte dello Stato mette in seria difficoltà i Comuni nel garantire servizi essenziali ai cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le opportune iniziative al fine di provvedere tempestivamente al pagamento dei debiti, derivanti dal mancato pagamento dei tributi degli immobili del demanio in cui abita il personale militare, nei confronti dei comuni interessati.
9/2305/410Novelli, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    i commi 145 e 146 del disegno di legge all'esame dell'Aula modificano la disciplina in materia di pubblicità dei concorsi per il reclutamento di personale. Il testo originario del successivo comma 147 concerneva le possibilità di scorrimento delle graduatorie approvate nel 2019 dei concorsi per il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni. In base alla modifica introdotta dal Senato, i commi 147, 148 e 149 definiscono una revisione della disciplina concernente le possibilità di utilizzo – per la copertura di posti ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel bando – delle graduatorie dei suddetti concorsi ed i termini temporali di validità delle stesse graduatorie;
    la normativa vigente in materia di validità delle graduatorie di pubblici concorsi è il frutto di una stratificazione di intervento normativi spesso parziali o poco satisfattivi delle esigenze di amministrazioni e idonei ai medesimi concorsi;
    da ultimo, in occasione dell'esame di conversione del decreto-legge n. 101 del 2019 con l'articolo 6-bis non è stata prorogata la validità delle graduatorie approvate nell'anno 2010 nonostante fossero giunte numerose richieste in tal senso al fine di evitare lo svolgimento di nuovo concorsi con il conseguente aggravio di spese;
    numerosi enti locali, in particolare, hanno segnalato come la validità delle graduatorie di concorsi pubblici approvati a decorrere dal 1o gennaio 2010 possa rappresentare una valida soluzione per assumere nuovo personale senza nuove procedure concorsuali e risparmiando così risorse utili da impiegare nei servizi a cittadini e imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in deroga alla disciplina vigente, e al fine di permetterne lo scorrimento con l'assunzione dei numerosi idonei presenti, la validità delle graduatorie di pubblici concorsi approvate nell'anno 2010 almeno per la durata dell'intero anno 2020.
9/2305/411Napoli, Ruffino, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    in particolare, durante l'esame in Senato, sono state introdotte introdotta disposizioni volte a promuovere l'educazione alle differenze di genere, prevedendo che le università inseriscano nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o potenzino i medesimi corsi già esistenti;
    la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, e ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176 rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia: essa costituisce uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la ratificano, oltre ad offrire un quadro di riferimento organico nel quale collocare tutti gli sforzi compiuti in cinquant'anni a difesa dei diritti dei bambini;
    i numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti neonati, bambini e adolescenti vittime di maltrattamento, atti bullistici, abusi sessuali e violenze, talvolta sino alla morte, da parte di persone in ambito familiare ed extra-familiare, dimostrano come, allo stato attuale, il sistema di protezione non sia in grado né di proteggere chi non ha i mezzi per potersi difendere, né di abbattere il muro di silenzio che talvolta circonda le situazioni di violenza e che coinvolge perlopiù i vicini di casa e il personale scolastico;
    nell'ambito della tutela dei diritti del minore, oltre agli istituti di carattere repressivo è di fondamentale importanza l'attività di prevenzione e studio dell'impatto sociale dei fenomeni di violenza in danno dei minori;
    in un intervento statuale intermodale, è necessario garantire un'offerta formativa in ambito universitario che includa corsi di studi sui fenomeni della violenza tra minori e sui minori, formando, con un approccio multidisciplinare, figure professionali che a vario titolo gestiscono le politiche di prevenzione e contrasto contro tale violenza o entrano in contatto con le vittime, o con loro familiari – strutture ospedaliere, strutture del sistema socio-sanitario, servizi sociali, case famiglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche legislativa, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volta ad inserire o a potenziare, ove esistenti, tra i corsi di studio universitari l'educazione ai fenomeni di violenza in danno di minori.
9/2305/412Tartaglione, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge in esame reca interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli;
    alcune Aziende Ospedaliere hanno inaugurato «buone prassi», aprendo all'interno dei reparti Ginecologia e Ostetricia degli sportelli di ascolto, dedicato a migliorare le condizioni dei bambini fin dai primi giorni di vita, attraverso il sostegno ai genitori, l'accrescimento del benessere del nucleo familiare e attraverso una collaborazione con l'ospedale, il territorio e un'azione di sostegno alle neo-mamme ed alle famiglie;
    analoghe best practices sono state seguite all'interno di alcune scuole che hanno istituito al loro interno «sportelli d'ascolto», svolgendo un'attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza;
    si tratta, però, di interventi isolati, in quanto tali fondamentali servizi di supporto ai minori ed alla genitorialità non sono obbligatori e, soprattutto sono carenti delle necessarie risorse finanziarie;
    la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dal nostro Paese, ha stabilito che l'infanzia ha diritto a un aiuto e a un'assistenza particolari, sul presupposto – sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo – che la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e, in particolare, dei minori, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività;
    allo scopo di rendere effettivi tali fondamentali principi, è necessario attuare efficaci politiche di supporto alle famiglie ed ai minori ed assicurare il basilare diritto all'infanzia ed all'equilibrio psico-fisico nella crescita del minore e, al contempo, garantire un adeguato sostegno precoce alla genitorialità,

impegna il Governo:

   ad assumere le idonee iniziative, anche legislative, volte ad istituire, tramite un servizio di assistenza psicologica alle donne in stato di gravidanza e di sostegno precoce alla genitorialità, presso le UU.OO. di ginecologia, ostetricia delle Aziende Sanitarie Ospedaliere, lo Sportello Unico per le Famiglie, come principale punto d'accesso per i nuclei familiari, con funzioni di informazione, orientamento e consulenza;
   ad assumere le idonee iniziative, anche legislative, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volte ad istituire negli istituti scolastici di ogni ordine e grado gli sportelli d'ascolto psicologico volti a promuovere una più stretta collaborazione scuola-famiglia, con l'ausilio di personale tecnico specializzato.
9/2305/413Marrocco, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il disegno di legge in esame reca interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli;
    alcune Aziende Ospedaliere hanno inaugurato «buone prassi», aprendo all'interno dei reparti Ginecologia e Ostetricia degli sportelli di ascolto, dedicato a migliorare le condizioni dei bambini fin dai primi giorni di vita, attraverso il sostegno ai genitori, l'accrescimento del benessere del nucleo familiare e attraverso una collaborazione con l'ospedale, il territorio e un'azione di sostegno alle neo-mamme ed alle famiglie;
    analoghe best practices sono state seguite all'interno di alcune scuole che hanno istituito al loro interno «sportelli d'ascolto», svolgendo un'attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza;
    si tratta, però, di interventi isolati, in quanto tali fondamentali servizi di supporto ai minori ed alla genitorialità non sono obbligatori e, soprattutto sono carenti delle necessarie risorse finanziarie;
    la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dal nostro Paese, ha stabilito che l'infanzia ha diritto a un aiuto e a un'assistenza particolari, sul presupposto – sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo – che la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e, in particolare, dei minori, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività;
    allo scopo di rendere effettivi tali fondamentali principi, è necessario attuare efficaci politiche di supporto alle famiglie ed ai minori ed assicurare il basilare diritto all'infanzia ed all'equilibrio psico-fisico nella crescita del minore e, al contempo, garantire un adeguato sostegno precoce alla genitorialità,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di assumere le idonee iniziative, anche legislative, volte ad istituire, tramite un servizio di assistenza psicologica alle donne in stato di gravidanza e di sostegno precoce alla genitorialità, presso le UU.OO. di ginecologia, ostetricia delle Aziende Sanitarie Ospedaliere, lo Sportello Unico per le Famiglie, come principale punto d'accesso per i nuclei familiari, con funzioni di informazione, orientamento e consulenza;
    di assumere le idonee iniziative, anche legislative, nel rispetto dell'autonomia scolastica, volte ad istituire negli istituti scolastici di ogni ordine e grado gli sportelli d'ascolto psicologico volti a promuovere una più stretta collaborazione scuola-famiglia, con l'ausilio di personale tecnico specializzato.
9/2305/413. (Testo modificato nel corso della seduta) Marrocco, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea) nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria, indicano l'Italia come primo Paese dell'Ue per morti premature da biossido di azoto (N02) e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nei report dell'Aea, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno. Senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle nostre città;
    al di là dell'impegno dei singoli sindaci e amministratori locali, il governo centrale deve svolgere un ruolo sempre più centrale e implementare le politiche per la riduzione della CO2 e per il contrasto all'inquinamento atmosferico;
    il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e una integrata strategia antismog;
    sotto questo aspetto diventa centrale investire su una mobilità privata e pubblica maggiormente ecosostenibile;
    l'industria automobilistica sta sempre più investendo sull'auto elettrica e ibrida, ma questa giusta scelta industriale deve però essere affiancata e trovare condivisione, dalle decisioni e dalle politiche del governo in termini di agevolazioni e di sviluppo della rete di ricariche elettriche attualmente praticamente inesistente,

impegna il Governo

a prevedere che le occupazioni con impianti e infrastrutture adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, siano esentate dal pagamento della tassa e del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP e COSAP), individuando contestualmente delle risorse a favore degli enti locali per i conseguenti minori introiti.
9/2305/414Sozzani, Ruffino, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    i recenti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea) nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria, indicano l'Italia come primo Paese dell'Ue per morti premature da biossido di azoto (N02) e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nei report dell'Aea, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno. Senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle nostre città;
    al di là dell'impegno dei singoli sindaci e amministratori locali, il governo centrale deve svolgere un ruolo sempre più centrale e implementare le politiche per la riduzione della CO2 e per il contrasto all'inquinamento atmosferico;
    il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e una integrata strategia antismog;
    sotto questo aspetto diventa centrale investire su una mobilità privata e pubblica maggiormente ecosostenibile;
    l'industria automobilistica sta sempre più investendo sull'auto elettrica e ibrida, ma questa giusta scelta industriale deve però essere affiancata e trovare condivisione, dalle decisioni e dalle politiche del governo in termini di agevolazioni e di sviluppo della rete di ricariche elettriche attualmente praticamente inesistente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che le occupazioni con impianti e infrastrutture adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, siano esentate dal pagamento della tassa e del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP e COSAP), individuando contestualmente delle risorse a favore degli enti locali per i conseguenti minori introiti.
9/2305/414. (Testo modificato nel corso della seduta) Sozzani, Ruffino, Cortelazzo.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 577 a 585 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», hanno modificato il metodo di calcolo del sistema di ripiano della spesa farmaceutica, passando al sistema del «market share»;
    tale sistema prevede che l'Agenzia Italiana del Farmaco determini la spesa farmaceutica complessiva per acquisti diretti, e sul totale della spesa così calcolata rilevi il fatturato di ciascuna azienda;
    il nuovo sistema porterà le quote di ripiano di alcune aziende a essere quasi dieci volte superiori rispetto a quanto dovuto con il sistema di calcolo precedente, causando evidenti difficoltà economiche e finanziarie;
    l'implementazione immediata di questo sistema, senza la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento prima della sua entrata in vigore, non ha permesso una programmazione adeguata alle aziende titolari di AIC;
    la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento consentirebbe alle aziende impattate di destinare le risorse eccedenti per l'anno 2021 a investimenti in ricerca e sviluppo in ambito sanitario, azioni in campo sociale volte a incrementare l'occupazione o migliorare le condizioni di lavoro, interventi per aumentare la produttività e la qualità degli impianti di produzione sul territorio dello Stato italiano,

impegna il Governo

a prevedere un meccanismo di garanzia – come l'introduzione di un apposito tetto transitorio e riferito solo all'anno 2019 – che restituisca stabilità al contesto in cui opera il comparto farmaceutico, evitando una sperequazione eccessiva che danneggerebbe realtà che generano valore per l'Italia investendo nell'innovazione e nello sviluppo del Paese.
9/2305/415Mugnai, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 577 a 585 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», hanno modificato il metodo di calcolo del sistema di ripiano della spesa farmaceutica, passando al sistema del «market share»;
    tale sistema prevede che l'Agenzia Italiana del Farmaco determini la spesa farmaceutica complessiva per acquisti diretti, e sul totale della spesa così calcolata rilevi il fatturato di ciascuna azienda;
    il nuovo sistema porterà le quote di ripiano di alcune aziende a essere quasi dieci volte superiori rispetto a quanto dovuto con il sistema di calcolo precedente, causando evidenti difficoltà economiche e finanziarie;
    l'implementazione immediata di questo sistema, senza la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento prima della sua entrata in vigore, non ha permesso una programmazione adeguata alle aziende titolari di AIC;
    la previsione di un periodo transitorio e di una misura di accompagnamento consentirebbe alle aziende impattate di destinare le risorse eccedenti per l'anno 2021 a investimenti in ricerca e sviluppo in ambito sanitario, azioni in campo sociale volte a incrementare l'occupazione o migliorare le condizioni di lavoro, interventi per aumentare la produttività e la qualità degli impianti di produzione sul territorio dello Stato italiano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un meccanismo di garanzia – come l'introduzione di un apposito tetto transitorio e riferito solo all'anno 2019 – che restituisca stabilità al contesto in cui opera il comparto farmaceutico, evitando una sperequazione eccessiva che danneggerebbe realtà che generano valore per l'Italia investendo nell'innovazione e nello sviluppo del Paese.
9/2305/415. (Testo modificato nel corso della seduta) Mugnai, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio del 29 gennaio 2019, una grossa frana ha coinvolto pesantemente il centro storico di Pomarico (Matera). Il fronte della frana ha una larghezza di cento metri e una profondità di trenta e si estende per centinaia di metri;
    alcuni edifici, che erano stati sgomberati nei giorni precedenti a causa di una frana, provocata quasi sicuramente dalle piogge insistenti cadute nella zona, sono crollati, fortunatamente senza conseguenze per le persone;
    l'ennesima frana che ha colpito Pomarico nel gennaio scorso, dimostra ancora una volta una ormai insostenibile situazione di troppo diffuso dissesto idrogeologico, e la necessità di mettere finalmente in sicurezza un territorio estremamente fragile;
    la regione, d'intesa con il Comune di Pomarico, previa definizione del fabbisogno finanziario necessario, ha garantito un piano d'intervento per la realizzazione di nuove abitazioni o il recupero e adeguamento strutturale e funzionale di abitazioni esistenti da acquistare,

impegna il Governo

a prevedere uno stanziamento di risorse volte a contribuire al ripristino dell'area, degli immobili colpiti dalla frana e avviare, nell'ambito delle proprie prerogative, tutte le iniziative utili volte ad accelerare le procedure per la cantierizzazione dei lavori per la messa in sicurezza delle aree colpite.
9/2305/416Casino, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel pomeriggio del 29 gennaio 2019, una grossa frana ha coinvolto pesantemente il centro storico di Pomarico (Matera). Il fronte della frana ha una larghezza di cento metri e una profondità di trenta e si estende per centinaia di metri;
    alcuni edifici, che erano stati sgomberati nei giorni precedenti a causa di una frana, provocata quasi sicuramente dalle piogge insistenti cadute nella zona, sono crollati, fortunatamente senza conseguenze per le persone;
    l'ennesima frana che ha colpito Pomarico nel gennaio scorso, dimostra ancora una volta una ormai insostenibile situazione di troppo diffuso dissesto idrogeologico, e la necessità di mettere finalmente in sicurezza un territorio estremamente fragile;
    la regione, d'intesa con il Comune di Pomarico, previa definizione del fabbisogno finanziario necessario, ha garantito un piano d'intervento per la realizzazione di nuove abitazioni o il recupero e adeguamento strutturale e funzionale di abitazioni esistenti da acquistare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere uno stanziamento di risorse volte a contribuire al ripristino dell'area, degli immobili colpiti dalla frana e avviare, nell'ambito delle proprie prerogative, tutte le iniziative utili volte ad accelerare le procedure per la cantierizzazione dei lavori per la messa in sicurezza delle aree colpite.
9/2305/416. (Testo modificato nel corso della seduta) Casino, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene numerosi commi che riguardano la sanità e il nostro Servizio sanitario nazionale;
    l'istituto Giannina Gaslini, ospedale pediatrico di Genova, è dal 2007 che si sottopone volontariamente all'esame della Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations, oggi il maggior ente di accreditamento degli Stati Uniti, che ha accreditato quasi 5.000 ospedali e monitorizza più di 20 mila programmi sanitari, con la missione di migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria nella comunità internazionale. In questi anni ha ricevuto numerose volte l'accreditamento da parte della Joint Commission International (JCI) a conferma dell'eccellenza della struttura ospedaliera;
    l'istituto Gaslini è inoltre leader al mondo per quanto riguarda la diagnosi e la cura delle malattie reumatiche del bambino, ed è ai primi posti tra gli IRCCS – e al primo posto tra gli IRCCS pediatrici italiani – non solo per quanto riguarda la produzione scientifica, ma anche per il numero dei ricercatori riconosciuti «di eccellenza» in un contesto internazionale;
    è di questi giorni la notizia che i medici dell'ospedale pediatrico Gaslini sono riusciti a ricostruire il cuore a una bambina di 21 mesi affetta da una grave malformazione dalla nascita che in altri ospedali era stata ritenuta incorreggibile. La cardiopatia congenita è stata corretta e la bambina è stata dimessa con la prospettiva di una vita normale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un incremento dei finanziamenti pubblici nell'ambito delle strutture che operano nel settore della sanità e della ricerca, anche valutando misure premiali di finanziamento per le strutture di eccellenza quali quelle esposte in premessa.
9/2305/417Bagnasco, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene diverse misure volte a favorire la rigenerazione urbana; tra le norme introdotte, vengono stanziate delle risorse dal 2121 al 2034 per l'erogazione di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana anche volti al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale;
    sotto questo aspetto, nell'ambito della buona pianificazione territoriale, sarebbe indispensabile favorire realmente, e con efficaci misure di favore, il riuso del patrimonio edilizio esistente, sia pubblico che privato, quale strategia vincente, e come tale da incentivare, per contenere il consumo del suolo, indirizzando l'attività edilizia verso il vasto patrimonio di edifici e di infrastrutture esistenti,

impegna il Governo:

   a introdurre e comunque a implementare le misure di premialità volte ad incentivare e promuovere efficacemente il recupero e il riuso del patrimonio edilizio esistente;
   a prevedere specifiche deroghe al patto di stabilità interno a favore di quei comuni che individuano ambiti caratterizzati da degrado da sottoporre a processi di rigenerazione urbana.
9/2305/418Sandra Savino, Cortelazzo, Mazzetti, Labriola, Ruffino, Casino, Giacometto, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene diverse misure volte a favorire la rigenerazione urbana; tra le norme introdotte, vengono stanziate delle risorse dal 2121 al 2034 per l'erogazione di contributi ai comuni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana anche volti al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale;
    sotto questo aspetto, nell'ambito della buona pianificazione territoriale, sarebbe indispensabile favorire realmente, e con efficaci misure di favore, il riuso del patrimonio edilizio esistente, sia pubblico che privato, quale strategia vincente, e come tale da incentivare, per contenere il consumo del suolo, indirizzando l'attività edilizia verso il vasto patrimonio di edifici e di infrastrutture esistenti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di introdurre e comunque a implementare le misure di premialità volte ad incentivare e promuovere efficacemente il recupero e il riuso del patrimonio edilizio esistente;
    di prevedere specifiche deroghe al patto di stabilità interno a favore di quei comuni che individuano ambiti caratterizzati da degrado da sottoporre a processi di rigenerazione urbana.
9/2305/418. (Testo modificato nel corso della seduta) Sandra Savino, Cortelazzo, Mazzetti, Labriola, Ruffino, Casino, Giacometto, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede diverse misure a favore delle persone disabili. Purtroppo però, ancora una volta, il provvedimento in esame non prevede, in nessuna modalità, alcun adeguamento e aumento dei trattamenti assistenziali per minorazioni civili di cui siano già titolari le persone in possesso del riconoscimento del relativo status e che rientrino in specifici limiti reddituali personali;
    attualmente le pensioni di inabilità e gli assegni di invalidità sono inferiori a 280 euro mensili;
    in questi anni, non si sono mai volute o potute trovare specifiche risorse per aumentare le tutele all'invalidità. Come se la categoria di persone che ne ha diritto, non fosse in una condizione di bisogno più urgente rispetto ad altre fasce sociali;
    peraltro la previsione di un sostegno agli invalidi deriva da una precisa disposizione costituzionale. La nostra Carta, infatti, all'articolo 38, primo comma, prevede che «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». E dunque gli assegni di invalidità, nelle loro varie forme devono rispondere a questa esigenza,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative legislative volte a prevedere un aumento a 350 euro mensili degli importi delle pensioni di inabilità e degli assegni di invalidità, attualmente del tutto insufficienti.
9/2305/419Versace, Bagnasco, Dall'Osso, Novelli, Paolo Russo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede diverse misure a favore delle persone disabili. Purtroppo però, ancora una volta, il provvedimento in esame non prevede, in nessuna modalità, alcun adeguamento e aumento dei trattamenti assistenziali per minorazioni civili di cui siano già titolari le persone in possesso del riconoscimento del relativo status e che rientrino in specifici limiti reddituali personali;
    attualmente le pensioni di inabilità e gli assegni di invalidità sono inferiori a 280 euro mensili;
    in questi anni, non si sono mai volute o potute trovare specifiche risorse per aumentare le tutele all'invalidità. Come se la categoria di persone che ne ha diritto, non fosse in una condizione di bisogno più urgente rispetto ad altre fasce sociali;
    peraltro la previsione di un sostegno agli invalidi deriva da una precisa disposizione costituzionale. La nostra Carta, infatti, all'articolo 38, primo comma, prevede che «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». E dunque gli assegni di invalidità, nelle loro varie forme devono rispondere a questa esigenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative legislative volte a prevedere un aumento a 350 euro mensili degli importi delle pensioni di inabilità e degli assegni di invalidità, attualmente del tutto insufficienti.
9/2305/419. (Testo modificato nel corso della seduta) Versace, Bagnasco, Dall'Osso, Novelli, Paolo Russo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene numerosi commi che riguardano la sanità e il nostro Servizio sanitario nazionale;
    in materia sanitaria i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e il Nomenclatore tariffario delle protesi, assicurano le prestazioni sanitarie e la fornitura di dispositivi medici agli aventi diritto;
    da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, ha riformato i Livelli essenziali di assistenza e il Nomenclatore tariffario delle protesi apportando modifiche al sistema vigente per alcuni dispositivi protesici;
    fino al 2017, i dispositivi acustici erano inseriti nell'elenco 1 del Nomenclatore tariffario delle protesi di cui al Decreto ministeriale 332 del 1999, considerando la valenza riabilitativa soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato;
    il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha apportato importanti modifiche agli elenchi delle protesi, in particolare spostando i dispositivi acustici dall'elenco 1 all'elenco 2a, che prevede l'acquisizione da parte del SSN per gli aventi diritto tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale scelta contraddice le considerazioni sulla valenza riabilitativa che viene soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato, in quanto la prestazione da parte dell'audioprotesista non è acquisibile tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale circostanza è confermata dal fatto che, a distanza di quasi tre anni dall'entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in nessuna Regione o centrale di acquisto è stata realizzata una gara per l'acquisto di dispositivi acustici e delle relative prestazioni professionali;
    sull'impossibilità di svolgere procedure pubbliche di acquisto su questi prodotti si è espressa anche CONSIP, che in audizione il 18 dicembre 2018 alla Camera ha dichiarato che «sono dispositivi fatti sulla persona con un livello di personalizzazione tale che non è la gara di qualsiasi forma lo strumento adatto per la loro acquisizione»;
    dello stesso tenore il parere delle Commissioni Affari sociali e Sanità del Parlamento sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha invitato la Commissione nazionale di aggiornamento dei LEA a mantenere il sistema tariffario proprio a garanzia della personalizzazione dei dispositivi;
    il sistema tariffario consentirebbe di ottenere risparmi per il Sistema sanitario nazionale grazie alla stipula di un accordo quadro con la categoria responsabile e, al contempo, garantirebbe appropriatezza e specificità delle prescrizioni di dispositivi acustici e il necessario processo di adattamento individuale alle specifiche esigenze del paziente in capo al professionista audioprotesista,

impegna il Governo

a stabilire nell'ambito della Commissione Nazionale per l'aggiornamento dei LEA, il ritorno al sistema a tariffa e dunque nell'elenco 1 dei dispositivi acustici, coinvolgendo la categoria per la negoziazione di un accordo quadro che garantisca risparmi per il SSN e appropriatezza e specificità per gli aventi diritto attraverso il necessario processo di adattamento individuale da parte del professionista sanitario.
9/2305/420Pentangelo, Versace, Dall'Osso, Bagnasco, Bond, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene numerosi commi che riguardano la sanità e il nostro Servizio sanitario nazionale;
    in materia sanitaria i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e il Nomenclatore tariffario delle protesi, assicurano le prestazioni sanitarie e la fornitura di dispositivi medici agli aventi diritto;
    da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, ha riformato i Livelli essenziali di assistenza e il Nomenclatore tariffario delle protesi apportando modifiche al sistema vigente per alcuni dispositivi protesici;
    fino al 2017, i dispositivi acustici erano inseriti nell'elenco 1 del Nomenclatore tariffario delle protesi di cui al Decreto ministeriale 332 del 1999, considerando la valenza riabilitativa soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato;
    il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 ha apportato importanti modifiche agli elenchi delle protesi, in particolare spostando i dispositivi acustici dall'elenco 1 all'elenco 2a, che prevede l'acquisizione da parte del SSN per gli aventi diritto tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale scelta contraddice le considerazioni sulla valenza riabilitativa che viene soddisfatta per mezzo dell'intervento del professionista sanitario abilitato, in quanto la prestazione da parte dell'audioprotesista non è acquisibile tramite procedure pubbliche di acquisto;
    tale circostanza è confermata dal fatto che, a distanza di quasi tre anni dall'entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in nessuna Regione o centrale di acquisto è stata realizzata una gara per l'acquisto di dispositivi acustici e delle relative prestazioni professionali;
    sull'impossibilità di svolgere procedure pubbliche di acquisto su questi prodotti si è espressa anche CONSIP, che in audizione il 18 dicembre 2018 alla Camera ha dichiarato che «sono dispositivi fatti sulla persona con un livello di personalizzazione tale che non è la gara di qualsiasi forma lo strumento adatto per la loro acquisizione»;
    dello stesso tenore il parere delle Commissioni Affari sociali e Sanità del Parlamento sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che ha invitato la Commissione nazionale di aggiornamento dei LEA a mantenere il sistema tariffario proprio a garanzia della personalizzazione dei dispositivi;
    il sistema tariffario consentirebbe di ottenere risparmi per il Sistema sanitario nazionale grazie alla stipula di un accordo quadro con la categoria responsabile e, al contempo, garantirebbe appropriatezza e specificità delle prescrizioni di dispositivi acustici e il necessario processo di adattamento individuale alle specifiche esigenze del paziente in capo al professionista audioprotesista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire nell'ambito della Commissione Nazionale per l'aggiornamento dei LEA, il ritorno al sistema a tariffa e dunque nell'elenco 1 dei dispositivi acustici, coinvolgendo la categoria per la negoziazione di un accordo quadro che garantisca risparmi per il SSN e appropriatezza e specificità per gli aventi diritto attraverso il necessario processo di adattamento individuale da parte del professionista sanitario.
9/2305/420. (Testo modificato nel corso della seduta) Pentangelo, Versace, Dall'Osso, Bagnasco, Bond, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, contiene disposizioni per favorire gli investimenti nei settori dell'edilizia pubblica, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della viabilità. Misure che vanno nella giusta direzione ma che risultano insufficienti, soprattutto per quanto riguarda le iniziative per la difesa del suolo e la messa in sicurezza del nostro fragile territorio;
    i numeri ci dicono che oltre 7 milioni di persone risiedono in territori vulnerabili, e più di un milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Il 91 per cento dei comuni italiani ed oltre 3 milioni di nuclei familiari vivono in territori classificati ad alta pericolosità. Nonostante questo da troppi anni gli interventi e le risorse per la prevenzione sono del tutto insufficienti;
    significativa è la recente indagine della Corte dei conti relativa al «Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018)», volta a verificare lo stato di attuazione di specifici programmi d'intervento posti in essere dal Ministero dell'ambiente con i competenti enti territoriali, per la messa in sicurezza di aree interessate da dissesto idrogeologico;
    l'indagine suddetta, ha evidenziato la scarsa efficacia delle misure adottate, se si considera che le risorse effettivamente erogate alle Regioni a partire dal 2017 al 31 dicembre 2018 rappresentano solamente il 19,9 per cento dei 100 milioni di euro in dotazione. Gli interventi programmati dalle Regioni e finanziati a partire già dal 2017 risultano o non ancora partiti o in via di esecuzione; l'importante formazione di residui è sostanzialmente ascrivibile alla lentezza dell'attività dei centri di spesa; alle complessità connesse alle varie procedure e all'esecuzione degli interventi condizionata dal pagamento differito,

impegna il Governo:

   ad adottare maggiori e più efficaci misure di semplificazione volte ad accelerare l'approvazione dei progetti e le procedure di messa in gara dei lavori per la difesa del suolo che attualmente comportano un allungamento dei tempi, e a mettere comunque in atto ogni iniziativa utile per rimuovere quelle strozzature negli iter per la cantierizzazione e l'esecuzione delle opere necessarie per la messa in sicurezza del territorio;
   a valutare l'opportunità di prevedere, ai fini dell'accelerazione degli iter e dell'avvio dei cantieri, che i Commissari Presidenti delle regioni si possano avvalere di strutture di supporto ad hoc, allentando in tal modo il carico di lavoro dei medesimi Commissari e degli stessi uffici regionali di cui ci si avvale.
9/2305/421Mazzetti, Sozzani, Labriola, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, contiene disposizioni per favorire gli investimenti nei settori dell'edilizia pubblica, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della viabilità. Misure che vanno nella giusta direzione ma che risultano insufficienti, soprattutto per quanto riguarda le iniziative per la difesa del suolo e la messa in sicurezza del nostro fragile territorio;
    i numeri ci dicono che oltre 7 milioni di persone risiedono in territori vulnerabili, e più di un milione vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Il 91 per cento dei comuni italiani ed oltre 3 milioni di nuclei familiari vivono in territori classificati ad alta pericolosità. Nonostante questo da troppi anni gli interventi e le risorse per la prevenzione sono del tutto insufficienti;
    significativa è la recente indagine della Corte dei conti relativa al «Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico (2016-2018)», volta a verificare lo stato di attuazione di specifici programmi d'intervento posti in essere dal Ministero dell'ambiente con i competenti enti territoriali, per la messa in sicurezza di aree interessate da dissesto idrogeologico;
    l'indagine suddetta, ha evidenziato la scarsa efficacia delle misure adottate, se si considera che le risorse effettivamente erogate alle Regioni a partire dal 2017 al 31 dicembre 2018 rappresentano solamente il 19,9 per cento dei 100 milioni di euro in dotazione. Gli interventi programmati dalle Regioni e finanziati a partire già dal 2017 risultano o non ancora partiti o in via di esecuzione; l'importante formazione di residui è sostanzialmente ascrivibile alla lentezza dell'attività dei centri di spesa; alle complessità connesse alle varie procedure e all'esecuzione degli interventi condizionata dal pagamento differito,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare maggiori e più efficaci misure di semplificazione volte ad accelerare l'approvazione dei progetti e le procedure di messa in gara dei lavori per la difesa del suolo che attualmente comportano un allungamento dei tempi, e a valutare l'opportunità di mettere comunque in atto ogni iniziativa utile per rimuovere quelle strozzature negli iter per la cantierizzazione e l'esecuzione delle opere necessarie per la messa in sicurezza del territorio;
   a valutare l'opportunità di prevedere, ai fini dell'accelerazione degli iter e dell'avvio dei cantieri, che i Commissari Presidenti delle regioni si possano avvalere di strutture di supporto ad hoc, allentando in tal modo il carico di lavoro dei medesimi Commissari e degli stessi uffici regionali di cui ci si avvale.
9/2305/421. (Testo modificato nel corso della seduta) Mazzetti, Sozzani, Labriola, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, prevede per le sole spese sostenute nel 2020 una detrazione dall'imposta lorda pari al 90 per cento per interventi, anche di sola pulitura o tinteggiatura esterna, volti al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici (cosiddetto bonus facciate). Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi;
    la detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi;
    gli edifici per i quali si può beneficiare della suddetta detrazione, sono però, solamente quelli ubicati in zona A o B ai sensi del decreto ministeriale n. 1444 del 1968;
    la previsione normativa introdotta può indubbiamente favorire e accelerare gli interventi di recupero e la riqualificazione delle facciate e delle parti comuni di molti edifici privati,

impegna il Governo

ad estendere attraverso ulteriori iniziative normative i benefici fiscali di cui in premessa, anche alle altre zone territoriali omogenee individuate dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968.
9/2305/422Labriola, Mazzetti, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, prevede per le sole spese sostenute nel 2020 una detrazione dall'imposta lorda pari al 90 per cento per interventi, anche di sola pulitura o tinteggiatura esterna, volti al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici (cosiddetto bonus facciate). Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi;
    la detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi;
    gli edifici per i quali si può beneficiare della suddetta detrazione, sono però, solamente quelli ubicati in zona A o B ai sensi del decreto ministeriale n. 1444 del 1968;
    la previsione normativa introdotta può indubbiamente favorire e accelerare gli interventi di recupero e la riqualificazione delle facciate e delle parti comuni di molti edifici privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere attraverso ulteriori iniziative normative i benefici fiscali di cui in premessa, anche alle altre zone territoriali omogenee individuate dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968.
9/2305/422. (Testo modificato nel corso della seduta) Labriola, Mazzetti, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oggi, a Messina, ancora esiste una delle più vecchie baraccopoli del nostro Paese, pesante eredità del devastante terremoto del 1908. Un reticolato di baracche e unità abitative «provvisorie», che si è andato estendendo negli anni;
    si tratta di insediamenti dove vivono circa 6.400 persone in situazione di condizioni di estremo degrado. Una vera e propria emergenza igienico sanitaria, sociale e ambientale;
    la situazione socio-sanitaria e ambientale dei citati insediamenti è gravissima: aree fortemente degradate; rifiuti abbandonati sul suolo pubblico; scarichi fognari a cielo aperto; costruzioni precarie e baracche senza i minimi requisiti igienici ed edilizi, spesso con tettoie in cemento-amianto o in lamiera; presenza diffusa di ratti. L'interno delle numerose costruzioni non rispetta i requisiti minimi previsti per gli ambienti abitativi;
    ricordiamo che proprio a causa della gravissima situazione, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, aveva emanato l'ordinanza contingibile e urgente n. 163 del 6 agosto 2018, per lo sgombero e la demolizione di tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento già individuati; non sono più procrastinabili gli interventi di riqualificazione e bonifica dei medesimi insediamenti,

impegna il Governo

a prevedere, per quanto di competenza e di concerto con gli enti territoriali, l'adozione di opportune iniziative anche attraverso lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie, volte ad accelerare un piano di risanamento, finalizzato alla bonifica e riqualificazione ambientale, nonché demolizione degli alloggi malsani ed impropri, esistenti nella cerchia urbana della città e nei relativi ambiti territoriali di risanamento già individuati, nonché per la costruzione o l'acquisto degli alloggi popolari destinati a sostituire le suddette abitazioni demolite.
9/2305/423Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    ad oggi, a Messina, ancora esiste una delle più vecchie baraccopoli del nostro Paese, pesante eredità del devastante terremoto del 1908. Un reticolato di baracche e unità abitative «provvisorie», che si è andato estendendo negli anni;
    si tratta di insediamenti dove vivono circa 6.400 persone in situazione di condizioni di estremo degrado. Una vera e propria emergenza igienico sanitaria, sociale e ambientale;
    la situazione socio-sanitaria e ambientale dei citati insediamenti è gravissima: aree fortemente degradate; rifiuti abbandonati sul suolo pubblico; scarichi fognari a cielo aperto; costruzioni precarie e baracche senza i minimi requisiti igienici ed edilizi, spesso con tettoie in cemento-amianto o in lamiera; presenza diffusa di ratti. L'interno delle numerose costruzioni non rispetta i requisiti minimi previsti per gli ambienti abitativi;
    ricordiamo che proprio a causa della gravissima situazione, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, aveva emanato l'ordinanza contingibile e urgente n. 163 del 6 agosto 2018, per lo sgombero e la demolizione di tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento già individuati; non sono più procrastinabili gli interventi di riqualificazione e bonifica dei medesimi insediamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per quanto di competenza e di concerto con gli enti territoriali, l'adozione di opportune iniziative anche attraverso lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie, volte ad accelerare un piano di risanamento, finalizzato alla bonifica e riqualificazione ambientale, nonché demolizione degli alloggi malsani ed impropri, esistenti nella cerchia urbana della città e nei relativi ambiti territoriali di risanamento già individuati, nonché per la costruzione o l'acquisto degli alloggi popolari destinati a sostituire le suddette abitazioni demolite.
9/2305/423. (Testo modificato nel corso della seduta) Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema autostradale tangenziale di Torino (SATT) è regolato da una concessione, che si trova in regime di proroga dalla fine del 2016, in capo ad ATIVA Spa, società di cui la Città Metropolitana di Torino detiene una quota azionaria pari a circa il 18 per cento;
    la nuova concessione attualmente messa a gara dovrebbe contemplare oltre alla gestione della SATT, anche la diramazione Torino-Pinerolo, l'asse autostradale Torino-Moncalieri, l'A5 Torino- Ivrea e la bretella A4-A5 Ivrea-Santhià con la Torino-Piacenza;
    ricordiamo che il SATT costituisce un nodo essenziale nell'ambito dell'itinerario internazionale che, attraverso il Traforo del Fréjus, unisce l'est e l'ovest europeo a sud della catena alpina (corridoio 5). Oltre a questa funzione di ausilio alla mobilità a larga percorrenza, il SATT svolge un importante ruolo di collegamento tra i Comuni limitrofi e l'agglomerato urbano torinese, grazie alla presenza di numerosi svincoli di raccordo con la viabilità ordinaria;
    è da diversi mesi che alcuni comuni del torinese hanno avanzato la richiesta, sostenuta anche dalla regione e dalla Città metropolitana di Torino, di eliminare i caselli di Beinasco, Rivoli, Vado e Settimo, e introdurre un sistema di pagamento tramite bollino;
    detta richiesta sembrerebbe essere stata recepita nel bando per l'affidamento del sistema tangenziale di Torino, solamente sotto forma di progetto di fattibilità;
    da anni il territorio attende risposte su un tema che significherebbe molto in quanto a efficienza dei trasporti per l'intera area metropolitana di Torino. La pubblicazione dei nuovi bandi avrebbe potuto rappresentare un'opportunità unica per inserire nel bando la Tangenziale Est di Torino,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare iniziative finalizzate a ricomprendere la progettazione e la realizzazione della tangenziale est di Torino, quale completamento dell'anello tangenziale del capoluogo, fra le opere previste dal concessionario nel periodo in cui avrà in gestione i tratti autostradali previsti dalla gara in essere, stanziando le adeguate risorse finanziarie.
9/2305/424Giacometto, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha introdotto rilevanti novità in materia di plastic tax e di sugar tax;
    in particolare da luglio 2020 entrerà in vigore la tassa sulla plastica che corrisponde a 45 centesimi al chilo e si applica ai prodotti in plastica monouso con validità anche sui TetraPak. Da tale tassa, risultano esclusi i prodotti in plastica riciclata e quelli nei quali la percentuale di plastica presente è inferiore al 40 per cento. Gli effetti stimati in termini di cassa nell'ipotesi che le disposizioni siano efficaci dal 1o luglio 2020 e l'imposta sia versata a partire dal mese di ottobre 2020 è pari a 140 milioni di euro nel 2020;
    la tassa sulle bibite gassate e zuccherate è stata introdotta a decorrere da ottobre 2020 per dare il modo, nelle intenzioni del Governo, alle aziende di rimodulare le linee produttive e rivedere i costi. Detta tassa corrisponderà a 10 centesimi al litro e nella considerazione che le disposizioni siano efficaci dal 1o ottobre 2020 e la tassa sia versata a partire dal 1o novembre 2020 il gettito corrispondente sarà pari a 58 milioni nel 2020;
    come si evince dalla lettura della stampa nazionale la plastic tax e la sugar tax hanno portato alcuni colossi del settore commerciale a rivedere drasticamente le proprie strategie di penetrazione del mercato. Tra queste ci sono Coca Cola e la San Pellegrino che dopo l'approvazione nell'ambito della manovra di finanza pubblica delle due tasse stanno rivedendo addirittura il piano assunzioni del personale;
    secondo la Assobibe (l'Associazione italiana industria bevande analcoliche aderente a Confindustria), l'impatto della plastic e sugar tax per le aziende del settore è drammaticamente pesante. Si stima infatti un aumento del 60 per cento del costo di approvvigionamento della plastica, 1500 lavoratori della filiera a rischio e 568 milioni di entrate che i produttori dovranno versare per adempiere alle due tasse. L'associazione, infatti, ha stimato 58,8 milioni nel 2020, 261,8 milioni nel 2021 e 256 milioni nel 2022. Numeri che ovviamente preoccupano grandi colossi come Coca-Cola HBC Italia che ha pensato al blocco delle assunzioni e investimenti;
    come riporta Il Sole 24 Ore infatti la sugar e plastic tax avranno un peso pari a 160 milioni per l'azienda senza considerare che già negli ultimi anni è calato del 25 per cento il consumo di bibite gassate tra i giovani, che era uno dei target di riferimento. A questo calo si aggiunge il 10 per cento sui volumi;
    per rafforzare la sua leadership nel mercato e superare il crollo della domanda, Coca Cola ha puntato a nuovi prodotti come le bibite vegetali investendo anche 200 milioni per nuove linee produttive. Coca Cola quindi ha per ora bloccato 49 milioni di investimenti in Italia che erano previsti il prossimo anno così i piani assunzionali. Addirittura potrebbe rischiare la chiusura anche lo stabilimento di Marcianise, in Campania mentre per la produzione della Fanta con arance rosse di Sicilia a marchio Igp, il rischio è dover acquistare le arance all'estero;
    conseguenze preoccupanti si rilevano anche per il Gruppo San Pellegrino che con la plastic e sugar tax pensa ad un calo del 7 per cento sui volumi di acqua minerale e il 14 per cento sulle bibite. Anche in questo caso la strategia aziendale potrebbe cambiare con meno investimenti e possibili effetti negativi anche per l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi della plastic tax e della sugar tax richiamate in premessa, soprattutto sotto il profilo delle preoccupanti ripercussioni che ne derivano dal punto di vista della produzione industriale in Italia e della tenuta occupazionale di imprese che hanno sempre investito nel nostro Paese, tenuto conto anche del limitato impatto in termini di gettito.
9/2305/425Prestigiacomo, Cassinelli, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha introdotto rilevanti novità in materia di plastic tax e di sugar tax;
    in particolare da luglio 2020 entrerà in vigore la tassa sulla plastica che corrisponde a 45 centesimi al chilo e si applica ai prodotti in plastica monouso con validità anche sui TetraPak. Da tale tassa, risultano esclusi i prodotti in plastica riciclata e quelli nei quali la percentuale di plastica presente è inferiore al 40 per cento. Gli effetti stimati in termini di cassa nell'ipotesi che le disposizioni siano efficaci dal 1o luglio 2020 e l'imposta sia versata a partire dal mese di ottobre 2020 è pari a 140 milioni di euro nel 2020;
    la tassa sulle bibite gassate e zuccherate è stata introdotta a decorrere da ottobre 2020 per dare il modo, nelle intenzioni del Governo, alle aziende di rimodulare le linee produttive e rivedere i costi. Detta tassa corrisponderà a 10 centesimi al litro e nella considerazione che le disposizioni siano efficaci dal 1o ottobre 2020 e la tassa sia versata a partire dal 1o novembre 2020 il gettito corrispondente sarà pari a 58 milioni nel 2020;
    come si evince dalla lettura della stampa nazionale la plastic tax e la sugar tax hanno portato alcuni colossi del settore commerciale a rivedere drasticamente le proprie strategie di penetrazione del mercato. Tra queste ci sono Coca Cola e la San Pellegrino che dopo l'approvazione nell'ambito della manovra di finanza pubblica delle due tasse stanno rivedendo addirittura il piano assunzioni del personale;
    secondo la Assobibe (l'Associazione italiana industria bevande analcoliche aderente a Confindustria), l'impatto della plastic e sugar tax per le aziende del settore è drammaticamente pesante. Si stima infatti un aumento del 60 per cento del costo di approvvigionamento della plastica, 1500 lavoratori della filiera a rischio e 568 milioni di entrate che i produttori dovranno versare per adempiere alle due tasse. L'associazione, infatti, ha stimato 58,8 milioni nel 2020, 261,8 milioni nel 2021 e 256 milioni nel 2022. Numeri che ovviamente preoccupano grandi colossi come Coca-Cola HBC Italia che ha pensato al blocco delle assunzioni e investimenti;
    come riporta Il Sole 24 Ore infatti la sugar e plastic tax avranno un peso pari a 160 milioni per l'azienda senza considerare che già negli ultimi anni è calato del 25 per cento il consumo di bibite gassate tra i giovani, che era uno dei target di riferimento. A questo calo si aggiunge il 10 per cento sui volumi;
    per rafforzare la sua leadership nel mercato e superare il crollo della domanda, Coca Cola ha puntato a nuovi prodotti come le bibite vegetali investendo anche 200 milioni per nuove linee produttive. Coca Cola quindi ha per ora bloccato 49 milioni di investimenti in Italia che erano previsti il prossimo anno così i piani assunzionali. Addirittura potrebbe rischiare la chiusura anche lo stabilimento di Marcianise, in Campania mentre per la produzione della Fanta con arance rosse di Sicilia a marchio Igp, il rischio è dover acquistare le arance all'estero;
    conseguenze preoccupanti si rilevano anche per il Gruppo San Pellegrino che con la plastic e sugar tax pensa ad un calo del 7 per cento sui volumi di acqua minerale e il 14 per cento sulle bibite. Anche in questo caso la strategia aziendale potrebbe cambiare con meno investimenti e possibili effetti negativi anche per l'occupazione,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione gli effetti applicativi della plastic tax e della sugar tax richiamate in premessa, soprattutto sotto il profilo delle ripercussioni che ne derivano dal punto di vista della produzione industriale in Italia e della tenuta occupazionale di imprese che hanno sempre investito nel nostro Paese, tenuto conto anche del limitato impatto in termini di gettito.
9/2305/425. (Testo modificato nel corso della seduta) Prestigiacomo, Cassinelli, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    alcune disposizioni del presente provvedimento intervengono in materia di trasporto intermodale e sicurezza del trasporto su strada;
    il sistema intermodale integrato pontino Roma-Latina e Cisterna-Valmontone è un'opera infrastrutturale viaria inserita nel novero delle così dette infrastrutture strategiche, il cui progetto definitivo è stato approvato ormai da molti anni;
    presso la Struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, è ad oggi in corso un tavolo di lavoro apposito a cui partecipano Regione Lazio, ANAS e Società Autostrade del Lazio finalizzato alla project review dell'opera;
    attualmente la parte del progetto che riguarda la realizzazione della bretella autostradale Cisterna-Valmontone risulta priva delle risorse pubbliche necessarie per la realizzazione dell'opera, pari ad euro 502,1 milioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare gli strumenti per reperire le risorse necessarie all'erogazione del finanziamento pubblico previsto per la realizzazione della bretella Cisterna-Valmontone.
9/2305/426Barelli, Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il gettito della cedolare nella relazione tecnica della legge di bilancio dello scorso anno è stimato in 203 milioni di euro a regime, a fronte di minor gettito di 325 milioni di euro. L'arco di tempo considerato è di 6 anni (durata dei canoni di locazione commerciale), quindi, per la proroga qui proposta dal 2021 al 2027,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare per l'anno 2020,la cedolare secca per gli affitti commerciali.
9/2305/427Cattaneo, Prestigiacomo, Mazzetti, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il gettito della cedolare nella relazione tecnica della legge di bilancio dello scorso anno è stimato in 203 milioni di euro a regime, a fronte di minor gettito di 325 milioni di euro. L'arco di tempo considerato è di 6 anni (durata dei canoni di locazione commerciale), quindi, per la proroga qui proposta dal 2021 al 2027,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare per l'anno 2020,la cedolare secca per gli affitti commerciali.
9/2305/427. (Testo modificato nel corso della seduta) Cattaneo, Prestigiacomo, Mazzetti, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Obiettivo Convergenza riguarda, gli Stati membri e le Regioni il cui prodotto interno lordo pro capite (Pil/abitante), calcolato in base ai dati relativi all'ultimo triennio precedente all'adozione del regolamento n. 1083/2006 sui Fondi Strutturali, è inferiore al 75 per cento della media dell'UE allargata;
    per le Regioni che superano tale soglia a causa del cosiddetto «effetto statistico» (ovverosia a causa dell'ingresso dei dieci nuovi Stati membri), il cui PIL medio per abitante è inferiore al 75 per cento della media dell'Unione europea a 15 Stati membri ma superiore al 75 per cento della media dell'Unione europea a 25 Stati, è previsto un sostegno economico transitorio (il cosiddetto phasing out). Per l'Italia le Regioni ammissibili sono Campania, Puglia, Calabria e Sicilia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa per promuovere la rinascita industriale e occupazionale delle Regioni ricomprese nell'Obiettivo Europeo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) realizzando gli obiettivi dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano e dell'adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, prevedendo l'integrale esenzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES) per le imprese ivi operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché per le nuove imprese che avviano un'attività economica in tali Regioni.
9/2305/428Scoma, Prestigiacomo, Paolo Russo, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il comma 75 dell'articolo 1 ha equiparato i monopattini elettrici che rientrano nei limiti di potenza e velocità definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, ai velocipedi di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
    la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), con l'articolo 1, comma 102, ha previsto la possibilità di autorizzare la sperimentazione della circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quali segway, hoverboard e monopattini, e il succitato decreto ministeriale 4 giugno 2019 ha provveduto a dare attuazione alla sperimentazione, prevedendo che potesse essere autorizzata entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto medesimo e che le sperimentazioni autorizzate si potessero concludere entro i 24 mesi successivi alla medesima data;
    ad oggi sono numerose le amministrazioni comunali che hanno avviato la sperimentazione, ancora in corso di svolgimento, sulla circolazione dei dispositivi per la micromobilità elettrica, investendo anche risorse economiche per la realizzazione e l'istallazione di una specifica segnaletica stradale;
    la finalità della sperimentazione era quella di raccogliere dati al fine di valutare la fattibilità e la successiva regolazione della circolazione di dispositivi per la micromobilità elettrica, in particolare per quanto attiene i profili inerenti la sicurezza stradale. A tal fine il comma 2, dell'articolo 7 del decreto ministeriale 4 giugno 2019, dispone che i comuni debbano comunicare le risultanze della sperimentazione intrapresa entro tre mesi dalla sua conclusione;
    l'equiparazione tra monopattini elettrici e velocipedi recata dal comma 75 del provvedimento in esame di fatto vanifica le sperimentazioni in corso di svolgimento in numerose città italiane;
    dal punto di vista tecnico, inoltre, sarà necessario coordinare le disposizioni di cui all'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e l'articolo 2 del decreto ministeriale 4 giugno 2019 per quanto riguarda la potenza massima dei motori elettrici ammessa, nonché, per quanto attiene la sicurezza stradale, si pone un problema di individuazione di limiti di velocità uniformi, che a legislazione vigente divergono, per velocipedi e monopattini elettrici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare gli strumenti più idonei al fine di consentire la conclusione delle sperimentazioni in corso sulla circolazione su strada di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, e di garantire pienamente la sicurezza stradale, anche valutando gli effetti del disposto di cui al comma 75, articolo 1, del presente provvedimento, al fine di disporre una temporanea sospensione ovvero il differimento dell'applicazione.
9/2305/429Rosso, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022;
    il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori è uno dei pochi esempi di controllo delle comunicazioni di massa originato da un sistema di autoregolamentazione poi affiancato da una co-regolamentazione legislativa statale;
    tale comitato svolge rilevanti funzioni di controllo in ordine all'applicazione delle disposizioni del Codice di autoregolamentazione Tv e minori, che ha la finalità di aiutare le famiglie ed il pubblico più giovane ad un uso corretto della televisione e di sensibilizzare chi produce i programmi alle esigenze dei minori;
    l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 72 del 2007, prevede al comma 3, la totale gratuita della partecipazione alle sedute del Comitato;
    tale disposizione ha comportato all'atto pratico un forte condizionamento dell'operatività del Comitato dovuta ad una frequente mancanza del numero legale delle sedute svolte;
    lo sviluppo di nuovi canali e tecnologie di trasmissione dei programmi televisivi impone, per garantire la conoscenza dell'attività, la necessità di supportare il Comitato attraverso la collaborazione di Università ed Organismi specializzati pubblici e privati per la effettuazione di ricerche e studi nelle materie di competenza, per rafforzare la protezione dei minori, inoltre lo stesso codice richiama esigenze di risorse al fine della gestione e del funzionamento del comitato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di garantire una corretta e completa applicazione del codice di autoregolamentazione Tv e minori, nonché la tutela di questi ultimi, di individuare gli strumenti e le risorse finanziarie più idonei a consentire la piena operatività e funzionalità del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori.
9/2305/430Zanella, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022:
    in Italia, come confermato da recenti dati pubblicati dall'Istat, c’è una grave carenza di asili nido, in particolare pubblici, che impedisce a molte famiglie e bambini di accedere ad un servizio essenziale;
    tale criticità, che si trasforma in maggiori costi economici che le famiglie debbono sostenere, tuttavia non si risolve prevedendo i così detti bonus asilo, perché se il numero di asili disponibili è limitato saranno comunque poche le famiglie che potranno beneficiare dei bonus;
    la principale misura da adottare è quella di creare più asili disponibili sul territorio, prevedendo la trasformazione di edifici e strutture di proprietà dei comuni che sono inutilizzate, in stato di abbandono, oppure che sono state affidate in concessione ad organizzazioni o associazioni che ne fanno un uso diverso rispetto a quello previsto all'atto della concessione;
    sarebbe opportuno intervenire in primo luogo su quelle strutture che sono situate in zone verdi, luoghi ideali per la collocazione di strutture dedicate all'infanzia;
    per realizzare tale obiettivo i comuni debbono essere sostenuti con appositi finanziamenti o tramite delle forme di collaborazione tra soggetti
    pubblici e privati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare gli strumenti finanziari più idonei per consentire ai comuni di trasformare in asili nido strutture ed edifici di loro proprietà, in particolare se collocati in zone verdi, che non sono utilizzati o che siano impiegati per finalità diverse da quelle previsti da atti di concessione.
9/2305/431Spena, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022:
    i commi da 479 a 481 del presente provvedimento dettano disposizioni in materia di richiesta di accesso al Reddito di cittadinanza;
    recenti dati Eurostat attestano che in Europa la disoccupazione giovanile si è ridotta, la media UE è passata infatti dal 15,9 per cento al 15,7 per cento;
    in Italia, purtroppo, la disoccupazione giovanile si attesta su livella notevolmente più alti e preoccupanti rispetto alla media europea, con un tasso pari al 30,5 per cento, un dato che colloca l'Italia al terzo posto, dopo Spagna e Grecia, nella classifica dei paesi europei con il maggior tasso di disoccupazione giovanile;
    il primo periodo di applicazione a regime dell'istituto del reddito di cittadinanza non ha prodotto significativi impatti sul livello di disoccupazione in generale né, tanto meno, sulla disoccupazione giovanile;
    dai dati disponibili solo poco più del 2 per cento degli attuali percettori di reddito di cittadinanza sarebbe stati riavviati al lavoro;
    la formazione professionale è uno strumento indispensabile i più giovani che sono in cerca di occupazione come è di fondamentale importanza per un giovane poter accumulare esperienza pratica di natura specialistica con periodi di stage in aziende;
    la carenza di formazione ed esperienza specifica in alcuni settori lavorativi rende impossibile coprire posti di lavoro con figure di cui avrebbero grande bisogno ma che non riescono a trovare nel mercato del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, l'introduzione tra gli obblighi ai quali sono sottoposti i percettori di reddito di cittadinanza anche quello accettare le offerte di stage formativo presso aziende che abbiano dichiarato la propria disponibilità ai centri per l'impiego di competenza, secondo specifiche modalità da individuare nel medesimo Patto per il lavoro sottoscritto.
9/2305/432Zangrillo, Cannatelli, Musella, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022:
    il provvedimento in esame reca alcune disposizioni in materia di continuità territoriale aerea per la regione Sicilia e in materia e in materia di tariffe sociali per i voli da e per la Sicilia;
    la regione Sicilia ha più di 5 milioni di abitanti residenti e sono molto numerosi i cittadini siciliani che lavorano o studiano fuori regione e che per tornare periodicamente a casa utilizzano voli aerei;
    il volume di traffico registrato dai quattro aeroporti di Palermo, Catania, Trapani e Comiso nell'anno 2018 è stato pari ad una movimentazione totale di ben 18 milioni di passeggeri per un totale di circa 134.000 voli complessivi;
    il Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione europea del 17 giugno 2014, prevede espressamente che gli Stati possano prevedere aiuti per facilitare gli spostamenti di cittadini residenti in regioni remote;
    il bacino di utenza potenziale di cittadini residenti nella regione Sicilia che dovrebbe poter accedere alle tariffe aree agevolate in base al principio della continuità territoriale aerea è notevolmente superiore alle risorse che il presente provvedimento prevede di destinare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare gli strumenti idonei ad aumentare e rendere strutturali per il futuro le risorse destinate a garantire il principio della continuità territoriale aerea della regione Sicilia
9/2305/433Germanà, Prestigiacomo, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 297 incrementa le risorse per il Piano straordinario per il Made in Italy per 44,9 milioni di euro per il 2020 e di 40,2 milioni di euro per il 2021 da destinare alle finalità quali il supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale, la valorizzazione delle produzioni di eccellenza, il sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani, le campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding;
    il complesso degli stanziamenti per il Piano straordinario per il Made in Italy, cui vanno ad aggiungersi quelle del Piano ordinario, assommano a 110,9 milioni per il 2020 e a 40,3 nel 2021. Nessuna somma è stanziata per il 2022. Si tratta di risorse nettamente inferiori sia a quelle iscritte nell'assestato di bilancio 2019 (140 milioni di euro) sia a quelle assegnate negli anni scorsi;
    inoltre il rifinanziamento annuale delle misure non consente alle imprese interessate di programmare gli investimenti futuri per la penetrazione all'estero e la partecipazione pluriennale a fiere internazionali;
    si consideri che da quanto emerso dalle ricerche di Confindustria Moda, se le aziende italiane del settore moda negli ultimi anni hanno aumentato l’export (salito al 65,5 per cento) e costruito reti distributive internazionali è stato anche grazie alla spinta arrivata dalle fiere nostrane e ai finanziamenti erogati dallo Stato ai 50 saloni-top del made in Italy;
    è necessario rafforzare l'impegno dello Stato in favore della penetrazione delle imprese italiane all'estero a fronte di fenomeni quali la crescita delle barriere doganali, le tensioni geopolitiche internazionali, l'esplosione del fenomeno l’italian sounding;
    a tal proposito il comma 508, prevede la mera riassegnazione di parte delle risorse del Piano straordinario per il contrasto di tale fenomeno, mentre il comma 3 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 34 del 2019 prevede l'assegnazione di soli 1,5 milioni di euro dall'anno 2019 per il credito d'imposta delle spese sostenute dalle imprese che agiscono legalmente a tutela dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding,

impegna il Governo:

   ad incrementare e a stabilizzare per gli anni futuri le risorse del Piano straordinario per il Made in Italy di cui all'articolo 30 del decreto-legge n. 133 del 2014;
   ad incrementare le risorse per il credito d'imposta delle spese sostenute dalle imprese che agiscono legalmente a tutela dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding, di cui al comma 3 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 34.
9/2305/434Fiorini, Porchietto, Barelli, Carrara, Squeri, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 297 incrementa le risorse per il Piano straordinario per il Made in Italy per 44,9 milioni di euro per il 2020 e di 40,2 milioni di euro per il 2021 da destinare alle finalità quali il supporto alle più rilevanti manifestazioni fieristiche italiane di livello internazionale, la valorizzazione delle produzioni di eccellenza, il sostegno alla penetrazione dei prodotti italiani, le campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti e di contrasto al fenomeno dell’Italian sounding;
    il complesso degli stanziamenti per il Piano straordinario per il Made in Italy, cui vanno ad aggiungersi quelle del Piano ordinario, assommano a 110,9 milioni per il 2020 e a 40,3 nel 2021. Nessuna somma è stanziata per il 2022. Si tratta di risorse nettamente inferiori sia a quelle iscritte nell'assestato di bilancio 2019 (140 milioni di euro) sia a quelle assegnate negli anni scorsi;
    inoltre il rifinanziamento annuale delle misure non consente alle imprese interessate di programmare gli investimenti futuri per la penetrazione all'estero e la partecipazione pluriennale a fiere internazionali;
    si consideri che da quanto emerso dalle ricerche di Confindustria Moda, se le aziende italiane del settore moda negli ultimi anni hanno aumentato l’export (salito al 65,5 per cento) e costruito reti distributive internazionali è stato anche grazie alla spinta arrivata dalle fiere nostrane e ai finanziamenti erogati dallo Stato ai 50 saloni-top del made in Italy;
    è necessario rafforzare l'impegno dello Stato in favore della penetrazione delle imprese italiane all'estero a fronte di fenomeni quali la crescita delle barriere doganali, le tensioni geopolitiche internazionali, l'esplosione del fenomeno l’italian sounding;
    a tal proposito il comma 508, prevede la mera riassegnazione di parte delle risorse del Piano straordinario per il contrasto di tale fenomeno, mentre il comma 3 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 34 del 2019 prevede l'assegnazione di soli 1,5 milioni di euro dall'anno 2019 per il credito d'imposta delle spese sostenute dalle imprese che agiscono legalmente a tutela dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità:
    di incrementare e a stabilizzare per gli anni futuri le risorse del Piano straordinario per il Made in Italy di cui all'articolo 30 del decreto-legge n. 133 del 2014;
    di incrementare le risorse per il credito d'imposta delle spese sostenute dalle imprese che agiscono legalmente a tutela dei propri prodotti colpiti dal fenomeno dell’Italian Sounding, di cui al comma 3 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 34.
9/2305/434. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorini, Porchietto, Barelli, Carrara, Squeri, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 12 aprile 2004 il Parlamento Europeo ha adottato la dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordocieche, con la quale ha riconosciuta la sordocecità come disabilità specifica e unica caratterizzata da deficienze della vista e dell'udito che comportano difficoltà nell'accesso all'informazione, alla comunicazione e alla mobilità, ed ha individuato le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a riconoscere ed applicare, attraverso un'adeguata legislazione, i diritti delle persone sordocieche;
    tale impegno ha favorito l'approvazione in Italia della legge n. 107 del 2010, recante «Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche». L'intento del legislatore in questo senso è stato lodevole, in quanto ha costituito un primo e fondamentale passo per consentire a queste persone di uscire da un limbo giuridico, ricevendo finalmente adeguato riconoscimento e conseguentemente, servizi specifici calibrati sui propri reali bisogni;
   considerato tuttavia che:
    l'articolo 2, comma 1, della suddetta legge, dispone che per sordocieche devono intendersi «le persone cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente in materia di sordità civile e di cecità civile» e che percepiscono in forma unificata le indennità loro spettanti ai sensi della normativa vigente in materia. Secondo il comma 2, percepiscono altresì in forma unificata anche le eventuali altre prestazioni conseguite rispettivamente per la condizione di sordità e cecità civile, erogate dall'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale;
    l'articolo 1, della legge 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, considera tuttavia sorde le persone affette da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva (fino ai 12 anni di età), tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato e purché essa non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizi;
    l'articolo 2 comma 1, della legge n. 107 del 2010 ha segnato un'evidente contraddizione con le finalità della legge, comportando l'esclusione formale di un numero considerevole di persone che, pur presentando contemporaneamente una disabilità visiva ed uditiva, ha perso l'udito dopo il compimento del dodicesimo anno d'età, soglia, questa, riconosciuta dalla legislazione in materia di sordità civile. In questo modo si esclude una platea rilevante di persone che pur presentando le due disabilità, non sono riconosciute come sordocieche;
    uno studio dell'ISTAT, che ha quantificato in 189.000 (circa lo 0,3 per cento della popolazione residente) le persone che presentano contemporaneamente entrambe le invalidità. Tale rilevazione mostra dunque i contorni di un fenomeno spesso sommerso e che coinvolge un numero ben più alto di persone rispetto alle stime effettuate negli anni. Inoltre, la gran parte delle persone sordocieche presenta ulteriori disabilità: il 51,7 per cento è affetto da invalidità motoria, il 40,1 per cento manifesta danni permanenti legati ad insufficienza mentale e una quota più contenuta, il 32,5 per cento dichiara la presenza di una malattia mentale e disturbi del comportamento;
    in tale contesto, si rende dunque necessaria una revisione dei criteri previsti dalla legge n. 107 del 2010 per il riconoscimento della sordocecità,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative legislative, previo confronto con tutti i soggetti istituzionali coinvolti e delle associazioni più rappresentative a livello nazionale per la tutela e la promozione dei diritti delle persone sordocieche, volte alla revisione della legge n. 107 del 2010, relativamente ai requisiti necessari per il riconoscimento della sordocecità affinché trovino reale e piena attuazione i diritti delle persone sordocieche.
9/2305/435Sisto, Bellucci, D'Attis, Galizia, Lucaselli, Miceli, Mulè, Novelli, Versace, Cassinelli, Rizzetto, Montaruli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 12 aprile 2004 il Parlamento Europeo ha adottato la dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordocieche, con la quale ha riconosciuta la sordocecità come disabilità specifica e unica caratterizzata da deficienze della vista e dell'udito che comportano difficoltà nell'accesso all'informazione, alla comunicazione e alla mobilità, ed ha individuato le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a riconoscere ed applicare, attraverso un'adeguata legislazione, i diritti delle persone sordocieche;
    tale impegno ha favorito l'approvazione in Italia della legge n. 107 del 2010, recante «Misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche». L'intento del legislatore in questo senso è stato lodevole, in quanto ha costituito un primo e fondamentale passo per consentire a queste persone di uscire da un limbo giuridico, ricevendo finalmente adeguato riconoscimento e conseguentemente, servizi specifici calibrati sui propri reali bisogni;
   considerato tuttavia che:
    l'articolo 2, comma 1, della suddetta legge, dispone che per sordocieche devono intendersi «le persone cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente in materia di sordità civile e di cecità civile» e che percepiscono in forma unificata le indennità loro spettanti ai sensi della normativa vigente in materia. Secondo il comma 2, percepiscono altresì in forma unificata anche le eventuali altre prestazioni conseguite rispettivamente per la condizione di sordità e cecità civile, erogate dall'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale;
    l'articolo 1, della legge 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, considera tuttavia sorde le persone affette da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva (fino ai 12 anni di età), tale da aver compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato e purché essa non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizi;
    l'articolo 2 comma 1, della legge n. 107 del 2010 ha segnato un'evidente contraddizione con le finalità della legge, comportando l'esclusione formale di un numero considerevole di persone che, pur presentando contemporaneamente una disabilità visiva ed uditiva, ha perso l'udito dopo il compimento del dodicesimo anno d'età, soglia, questa, riconosciuta dalla legislazione in materia di sordità civile. In questo modo si esclude una platea rilevante di persone che pur presentando le due disabilità, non sono riconosciute come sordocieche;
    uno studio dell'ISTAT, che ha quantificato in 189.000 (circa lo 0,3 per cento della popolazione residente) le persone che presentano contemporaneamente entrambe le invalidità. Tale rilevazione mostra dunque i contorni di un fenomeno spesso sommerso e che coinvolge un numero ben più alto di persone rispetto alle stime effettuate negli anni. Inoltre, la gran parte delle persone sordocieche presenta ulteriori disabilità: il 51,7 per cento è affetto da invalidità motoria, il 40,1 per cento manifesta danni permanenti legati ad insufficienza mentale e una quota più contenuta, il 32,5 per cento dichiara la presenza di una malattia mentale e disturbi del comportamento;
    in tale contesto, si rende dunque necessaria una revisione dei criteri previsti dalla legge n. 107 del 2010 per il riconoscimento della sordocecità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative legislative, previo confronto con tutti i soggetti istituzionali coinvolti e delle associazioni più rappresentative a livello nazionale per la tutela e la promozione dei diritti delle persone sordocieche, volte alla revisione della legge n. 107 del 2010, relativamente ai requisiti necessari per il riconoscimento della sordocecità affinché trovino reale e piena attuazione i diritti delle persone sordocieche.
9/2305/435. (Testo modificato nel corso della seduta) Sisto, Bellucci, D'Attis, Galizia, Lucaselli, Miceli, Mulè, Novelli, Versace, Cassinelli, Rizzetto, Montaruli.


   La Camera,
    vista l'importanza della promozione della cultura nel nostro paese e ritenuta fondamentale l'attività delle accademie di belle arti, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508,

impegna il Governo

a stanziare le risorse finanziarie al fine di promuovere interventi volti all'apertura di nuove sedi di accademie di belle arti in edifici di particolare pregio storico-artistico.
9/2305/436Claudio Borghi.


   La Camera,
    vista l'importanza della promozione della cultura nel nostro paese e ritenuta fondamentale l'attività delle accademie di belle arti, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare le risorse finanziarie al fine di promuovere interventi volti all'apertura di nuove sedi di accademie di belle arti in edifici di particolare pregio storico-artistico.
9/2305/436. (Testo modificato nel corso della seduta) Claudio Borghi.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022:
    la manovra di bilancio, letta nel suo complesso, tenendo quindi conto anche delle disposizioni comprese nel cosiddetto decreto fiscale, prevede, triste costante di ogni governo in carica dal 2011 in poi, un generale aumento della pressione fiscale, e appesantimento di obblighi e procedure burocratiche che disegnano un'Italia dove è sempre più difficile fare le cose, e farle con profitto;
    per tornare a crescere lasciandoci alle spalle definitivamente una crisi lunga, intensa e malgestita, l'Italia ha bisogno di imboccare la via della creazione di nuova ricchezza, non di redistribuire l'esistente, ormai insufficiente. Serve uno shock virtuoso che liberi una nazione piena di talento e idee boicottate da lacci e lacciuoli burocratici, oppresso da una pressione fiscale tra le più alte in Europa, e minacciato da un ordinamento di sempre più marcata impronta giustizialista, inefficiente e penalizzante;
    serve che l'Italia riesca a dispiegare le proprie immense potenzialità economiche, culturali, creative e turistiche; invece, si buttano 7 miliardi l'anno per un istituto, come il reddito di cittadinanza, che ha già dimostrato il suo fallimento, e che scoraggia la creazione di nuovi posti di lavoro, specie quelli in «chiaro»; serve intervenire sulla cosiddetta gig economy, crinale pieno di opportunità nuove ma anche di nuove derive da governare;
    la nostra cecità normativa riguardo alla modernità, solo per fare un esempio minimo ma plastico, impedisce a privati, che pure pagano una pesantissima e anacronistica tassa di proprietà sulla propria auto, di condividerla o affittarla a terzi trasformando il costo di un auto magari poco utilizzata, in una fonte di guadagno, così come si impone ai lavoratori autonomi, in aggiunta agli obblighi di natura fiscale, il versamento di una quota di contributi previdenziali per una pensione che mai vedranno,

impegna il Governo:

ad individuare e realizzare politiche di chiaro stampo liberale finalizzate ad un generale rilancio dell'economia italiana, ad una riduzione della burocrazia, e ad una maggior tutela dei diritti del cittadino, valutando anche l'opportunità di:
   a) prevedere la possibilità di rendere facoltativo il versamento dei contributi per i lavoratori autonomi non iscritti ad alcuna cassa previdenziale;
   b) prevedere la possibilità di svolgere un'attività di condivisione, dietro corrispettivo, di autoveicoli tra privati per il tramite di piattaforme digitali.
9/2305/437Ruggieri, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022:
    la manovra di bilancio, letta nel suo complesso, tenendo quindi conto anche delle disposizioni comprese nel cosiddetto decreto fiscale, prevede, triste costante di ogni governo in carica dal 2011 in poi, un generale aumento della pressione fiscale, e appesantimento di obblighi e procedure burocratiche che disegnano un'Italia dove è sempre più difficile fare le cose, e farle con profitto;
    per tornare a crescere lasciandoci alle spalle definitivamente una crisi lunga, intensa e malgestita, l'Italia ha bisogno di imboccare la via della creazione di nuova ricchezza, non di redistribuire l'esistente, ormai insufficiente. Serve uno shock virtuoso che liberi una nazione piena di talento e idee boicottate da lacci e lacciuoli burocratici, oppresso da una pressione fiscale tra le più alte in Europa, e minacciato da un ordinamento di sempre più marcata impronta giustizialista, inefficiente e penalizzante;
    serve che l'Italia riesca a dispiegare le proprie immense potenzialità economiche, culturali, creative e turistiche; invece, si buttano 7 miliardi l'anno per un istituto, come il reddito di cittadinanza, che ha già dimostrato il suo fallimento, e che scoraggia la creazione di nuovi posti di lavoro, specie quelli in «chiaro»; serve intervenire sulla cosiddetta gig economy, crinale pieno di opportunità nuove ma anche di nuove derive da governare;
    la nostra cecità normativa riguardo alla modernità, solo per fare un esempio minimo ma plastico, impedisce a privati, che pure pagano una pesantissima e anacronistica tassa di proprietà sulla propria auto, di condividerla o affittarla a terzi trasformando il costo di un auto magari poco utilizzata, in una fonte di guadagno, così come si impone ai lavoratori autonomi, in aggiunta agli obblighi di natura fiscale, il versamento di una quota di contributi previdenziali per una pensione che mai vedranno,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di individuare e realizzare politiche di chiaro stampo liberale finalizzate ad un generale rilancio dell'economia italiana, ad una riduzione della burocrazia, e ad una maggior tutela dei diritti del cittadino, valutando anche l'opportunità di:
   a) prevedere la possibilità di rendere facoltativo il versamento dei contributi per i lavoratori autonomi non iscritti ad alcuna cassa previdenziale;
   b) prevedere la possibilità di svolgere un'attività di condivisione, dietro corrispettivo, di autoveicoli tra privati per il tramite di piattaforme digitali.
9/2305/437. (Testo modificato nel corso della seduta) Ruggieri, Cassinelli.


   La Camera,

impegna il Governo

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative, anche di natura finanziaria, finalizzate a risolvere l'iniqua situazione che ha determinato una grave sperequazione tra coloro che avevano investito i propri risparmi in azioni ed obbligazioni emesse dalla Banca popolare di Vicenza, ad oggi rimasta ancora irrisolta.
9/2305/438Zanettin.


NOTA DI VARIAZIONI AL BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2020 E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2020-2022 (A.C. 2305/I)

A.C. 2305/I – Nota di variazioni

  La presente Nota aggiorna i valori contabili dell'articolo 16 (ex articolo 116 – Totale generale della spesa) del disegno di legge di bilancio e comporta modifiche ai quadri generali riassuntivi per il triennio 2020-2022 in termini di competenza e di cassa, allo stato di previsione dell'entrata (Tabella n. 1) e a tutti gli stati di previsione della spesa dei Ministeri (Tabelle da 2 a 14) e, conseguentemente, ai relativi allegati tecnici per capitoli.

  Per le suddette modifiche si veda lo stampato A.C. 2305/I.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 16 DICEMBRE 2019, N. 142, RECANTE MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO AL SISTEMA CREDITIZIO DEL MEZZOGIORNO E PER LA REALIZZAZIONE DI UNA BANCA DI INVESTIMENTO (A.C. 2302)

A.C. 2302 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

  La Camera,
   premesso che:
    il Governo interviene con il presente decreto-legge per il potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie della Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale Spa, interamente controllata dalla società Invitalia – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze;
    tale operazione di potenziamento, in seconda battuta, dovrà portare alla costituzione di una nuova società, alla quale saranno assegnate le attività e le partecipazioni acquisite dalla Banca del Mezzogiorno per promuovere attività finanziarie e di investimento a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno;
    si ravvisa da subito, nell'emanazione stessa del decreto-legge, una palese violazione del precetto costituzionale che affida l'esercizio della funzione legislativa collettivamente alle due Camere, ai sensi dell'articolo 70 della Costituzione;
    è noto, infatti, come il ricorso alla decretazione d'urgenza si configuri ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato Costituzionale vigente, spostando – di fatto – in capo al Governo ogni potere legislativo spettante invece alle Camere; ancor più evidente con il Governo giallorosso che, pur da poco insediatosi, ha già abbondantemente abusato del ricorso alla decretazione d'urgenza (ben sette decreti-legge in 4 mesi di Governo) come normale prassi legislativa;
    non si ravvede, altresì, la necessità e l'urgenza, di cui all'articolo 77, comma 2, della Costituzione, di affrontare la materia del potenziamento delle capacità patrimoniali di un istituto di credito controllato dallo Stato, peraltro disponendo un incremento fino all'importo massimo di 900 milioni di euro che «potrà avvenire anche nel corso del 2020», come espressamente indicato dal Governo nella relazione illustrativa del disegno di legge;
    parimenti si ritiene che non sia possibile affrontare il tema dello storico divario tra le regioni del Mezzogiorno e il resto d'Italia attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza peraltro di fine anno, come il Governo esplicitamente dichiara di voler fare nella relazione illustrativa al disegno di legge a difesa dell'intervento normativo posto in essere con il decreto-legge;
    tale decreto, in questi termini, rischia inoltre di essere giudicato come una misura anticoncorrenziale dalla Commissione europea che potrebbe ravvederci un aiuto di Stato in quanto arreca un vantaggio solo alle imprese situate in determinate zone, a maggior ragione tenendo in debita considerazione la comunicazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato in favore delle banche del 10 luglio 2013,

delibera

ai sensi dell'articolo 40 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2302.
N. 1. Centemero, Molinari, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.