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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 28 gennaio 2020

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 28 gennaio 2020.

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bergamini, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Marrocco, Mauri, Molinari, Montaruli, Morani, Morassut, Morelli, Orlando, Orrico, Parolo, Rampelli, Ribolla, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bergamini, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Sabrina De Carlo, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Marrocco, Mauri, Molinari, Montaruli, Morani, Morassut, Morelli, Orlando, Orrico, Palazzotto, Parolo, Rampelli, Ribolla, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 27 gennaio 2020 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CASTIELLO: «Istituzione di un servizio di assistenza sanitaria sui treni» (2349);
   TOPO ed altri: «Modifiche all'articolo 10 del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, in materia di ripristino delle sezioni distaccate insulari di tribunale aventi sede a Ischia, Lipari e Portoferraio» (2350).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   XI Commissione (Lavoro):
  VARCHI ed altri: «Modifica al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, concernente l'accesso anticipato al pensionamento per i conducenti di automezzi speciali del Ministero della giustizia» (2291) Parere delle Commissioni I, II, V e IX;
  SERRACCHIANI ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza morale e della persecuzione psicologica nei luoghi e nei rapporti di lavoro (mobbing)» (2311) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IV, V, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  CARFAGNA ed altri: «Disposizioni in materia di pubblicità dei dati relativi al numero, all'inquadramento e alla retribuzione dei lavoratori dipendenti, al fine di superare il divario retributivo tra i sessi» (2338) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X e XIV.
   Commissioni riunite VII (Cultura) e XII (Affari sociali):
  ALESSANDRO PAGANO ed altri: «Disposizioni concernenti la disciplina delle scuole di specializzazione di area sanitaria» (1929) Parere delle Commissioni I, III, IV, V, VI, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

  Il Parlamento europeo ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dal 25 al 28 novembre 2019, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto e della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda lo sforzo di difesa nell'ambito dell'Unione (Doc. XII n. 570) – alla VI Commissione (Finanze);
   Risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, dell'accordo in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e l'Ucraina che modifica le preferenze commerciali per le carni di pollame e le preparazioni derivate previste dall'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra (Doc. XII n. 571) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sui diritti del bambino in occasione del 30o anniversario della Convenzione sui diritti del fanciullo (Doc. XII n. 572 ) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Risoluzione legislativa sul progetto comune di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2020, approvato dal comitato di conciliazione nel quadro della procedura di bilancio (Doc. XII n. 573) – alla V Commissione (Bilancio);
   Risoluzione sulla situazione delle libertà in Algeria (Doc. XII n. 574) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione su Cuba, il caso di José Daniel Ferrer (Doc. XII n. 575) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione legislativa concernente il progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo fra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea per l'assegnazione agli Stati Uniti di una quota del contingente tariffario per le carni bovine di alta qualità di cui al protocollo d'intesa sottoposto a revisione concernente l'importazione di carni bovine provenienti da animali non trattati con alcuni ormoni di crescita e i dazi maggiorati applicati dagli Stati Uniti a determinati prodotti dell'Unione europea (2014) (Doc. XII n. 576) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione non legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo fra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea per l'assegnazione agli Stati Uniti di una quota del contingente tariffario per le carni bovine di alta qualità di cui al protocollo d'intesa sottoposto a revisione concernente l'importazione di carni bovine provenienti da animali non trattati con alcuni ormoni di crescita e i dazi maggiorati applicati dagli Stati Uniti a determinati prodotti dell'Unione europea (2014) (Doc. XII n. 577) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sull'emergenza climatica e ambientale (Doc. XII n. 578) – alla VIII Commissione (Ambiente);
   Risoluzione sulla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 2019 in programma a Madrid, Spagna (COP 25) (Doc. XII n. 579) – alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VIII (Ambiente);
   Risoluzione sulle recenti azioni intraprese dalla Federazione russa nei confronti di giudici, procuratori e investigatori lituani che hanno indagato sui tragici eventi del 13 gennaio 1991 a Vilnius (Doc. XII n. 580) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione sulla crisi dell'organo di appello dell'OMC (Doc. XII n. 581) – alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 21 gennaio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 4 ottobre 2019, n. 117, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/2102, recante modifica della direttiva 2011/65/UE sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 4 ottobre 2019, n. 117 (146).
  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VIII Commissione (Ambiente) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro l'8 marzo 2020. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 17 febbraio 2020.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 86 DEL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, COME MODIFICATO DALL'ARTICOLO 2, COMMA 29, DELLA LEGGE 25 LUGLIO 2005, N. 150

Risoluzioni

   La Camera,
   udite le Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le approva.
(6-00095) «Dori, Bazoli, Annibali, Conte».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
   premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini ancora come incapace di contribuire al progresso civile, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica elefantiaca e fuori controllo. Peraltro, l'irragionevole durata dei processi e, nella maggior parte dei casi, la caoticità e impredittibilità dei loro esiti, costituiscono un grande disincentivo all'attività d'imprese e professionisti, come pure agli investimenti stranieri nel nostro Paese;
    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti rimangono allarmanti, aggravati dalle difficoltà ad avere accesso all'autorità giudiziaria;
    dalle statistiche fornite dal sito dello stesso Ministero della Giustizia, il numero dei processi pendenti – aggiornati al primo semestre 2019 — è a dir poco impressionante, e non in linea con le aspettative di un Paese civile;
   più nel dettaglio si consideri che, con riferimento al settore penale, risultano pendenti al periodo di riferimento in questione 1.493.253 giudizi; molti di questi, hanno già infranto qualunque previsione costituzionale di ragionevole durata, e almeno 334.385 sono – come usa dire – «a rischio legge Pinto»;
    con riferimento al settore civile, i giudizi pendenti sono addirittura 3.312.263, e non meno allarmanti sono le prospettive relative ai tempi di definizione: sempre dalle statistiche ufficiali si rileva come vi siano 351.699 giudizi di durata ultratriennale in tribunale, 101.930 di durata ultrabiennale in appello e 77.289 giudizi ultrannuali in Cassazione; più della metà del carico pendente innanzi alla Suprema Corte, peraltro, riguarda il contenzioso tributario;
    assolutamente incongruo per un Paese civile è poi il numero di casi d'ingiusta detenzione registratisi dal 1992 ad oggi, pari a circa 1.000 l'anno; un costo altissimo per il nostro ordinamento, non solo in termini finanziari; ma anche e soprattutto in termini di delegittimazione del sistema giustizia e delle garanzie costituzionali, restituendo questi numeri l'immagine impietosa di uno Stato che, nel dubbio, considerando la presunzione d'innocenza tamquam non esset, preferisce mettere in cella le persone, e poi semmai, dopo aver loro rovinato irrimediabilmente la vita;
    nel settore tributario sono 373.685 (a fine 2018, ultimo aggiornamento disponibile) le cause pendenti;

a fronte di tutto ciò, non si conoscono nel dettaglio, ma probabilmente si conteranno sulle dita di una mano o poco più, i casi di responsabilità civile o disciplinare di chi opera in una situazione ovattata e costituzionalmente inammissibile di dissociazione fra potere e responsabilità, a causa di una malintesa trasformazione del concetto d'indipendenza in quello d'immunità assoluta;
    il sistema giudiziario italiano ha quindi assoluto e improcrastinabile bisogno di interventi strutturali e profondi, idonei a razionalizzare il numero, la durata e gli esiti dei processi civili e penali: a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti e per garantire l'effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese, in un processo di ragionevole e certa durata;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella in cui versa ancora il nostro Paese; i dati della nostra giustizia determinano nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    secondo recenti studi Cer-Eures, lentezza delle indagini, burocrazia e inefficienze costano circa 40 miliardi di euro, pari a 2,5 punti di prodotto interno lordo; l'incertezza dei tempi processuali si traduce in meno investimenti esteri e in una perdita di 130 mila posti di lavoro;
    particolarmente salato è il conto per le piccole e medie imprese, che costituiscono la parte di gran lunga più consistente del nostro tessuto economico-produttivo: secondo stime della CNA, il costo annuo per le piccole e medie imprese è pari a 22 miliardi di euro all'anno, e quasi il 40 per cento degli imprenditori dichiara di impiegare circa 3 giorni a settimana per il disbrigo dei vari adempimenti burocratici;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali;
    a fronte di tutto questo, la politica in materia di giustizia del Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo tradisce in modo impietoso un connubio, davvero raro a trovarsi, di incompetenza tecnica, miopia strategica, assenza di ogni disposizione all'ascolto di cittadini, imprese ed operatori del settore;
    le recenti riforme, infatti, denunciano la mancanza di qualsivoglia capacità di individuare i veri problemi del Paese, sulla giustizia come sul resto, e l'unico disegno che emerge da esse è la volontà di alimentare il fuoco del giustizialismo, a prescindere dalle gravissime conseguenze che ciò sta già avendo sulla tenuta delle garanzie costituzionali;
    un vero capolavoro dell'orrido, in questa prospettiva, è la riforma della prescrizione entrata in vigore lo scorso 1o gennaio. Un provvedimento che ha provocato la mobilitazione contraria a 360 gradi di tutti gli esperti ed operatori del settore, con iniziative senza precedenti dell'Unione camere penali, del Consiglio nazionale forense, dell'Organismo congressuale forense, tutti fortemente contrari;
    si è obiettivamente dinnanzi ad una riforma che ad avviso dei firmatari del presente atto non fa che scaricare sull'imputato tutto il peso delle inefficienze del sistema giudiziario: ogni ritardo, dilazione o rinvio dovuto a carichi di lavoro eccessivi o mal distribuiti, alle carenze di personale, agli atteggiamenti del personale del comparto, dai magistrati ai cancellieri, diviene processualmente irrilevante e anzi normativamente legittimato e coperto, da questo provvedimento. Quasi come se il legislatore, anziché cercare di risolvere queste problematiche, le assumesse come una costante invariabile e immodificabile. Tutte queste disfunzioni, ataviche nel nostro sistema e per nulla presidiate da adeguati sanzioni disciplinari, non avranno più alcuna conseguenza neanche di ordine processuale: una sorta d'impunità dell'apparato, a integrale detrimento dell'imputato e della parte offesa, che si vedono destinati a languire nel limbo di una vicenda processuale senza termini;
    porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima, e tutta la collettività, che hanno interesse ad un pronto accertamento della responsabilità e alla punizione del reato; l'innocente, già danneggiato dal sol fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di veder definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;

si è poi assistito alla configurazione di pene accessorie inespiabili e all'introduzione della confisca allargata rispetto anche ai reati fiscali più irrilevanti. E poi, secondo una tremenda quanto inarrestabile escalation, all'abolizione della prescrizione, si è già detto, e alla riforma delle intercettazioni, che spalanca le porte dei nostri telefoni, dei nostri computer, dei nostri uffici e delle nostre case all'invasione dei trojan, e apre la stagione della «pesca a strascico» dei reati;
    a tutto questo «libro nero», sembra importante ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo anche aggiungere il progetto di affidare al referendum propositivo, con un pugno di firme raccolte anche in via telematica, la materia penale: si apre così un canale, all'interno della stessa Costituzione, per riversare nell'ordinamento i frutti avvelenati del populismo penale, spostando magari sui social sia la definizione delle scelte di criminalizzazione, che lo svolgimento del processo. La piattaforma telematica, la pancia della gente, gli umori della piazza diventeranno legislatore, giuria e giudice;
    resta poi irrisolta, ed endemica, l'annosa questione del sovraffollamento carcerario. È costante lo stato di crisi e sofferenza dei penitenziari. La gran parte degli istituti penitenziari è tuttora sprovvista di direttori e i pochi in servizio sono costretti a gestire ad interim più istituti, senza avere di conseguenza la necessaria padronanza delle dinamiche quotidiane e, meno che mai, senza che sia possibile attuare un benché minimo programma adesivo del precetto di cui all'articolo 27 della Costituzione;
    i sempre più frequenti eventi critici registrati nelle nostre carceri ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dovrebbero far riflettere e invitare gli esponenti della maggioranza anche a ridurre gli eccessi verbali, che troppo spesso caratterizzano il dibattito e che mettono in atto l'idea di un carcere quale luogo «dove marcire»;
    si è determinata, altresì, un'esasperazione delle condizioni di detenzione, che hanno fatto registrare alla fine dei 2019 un numero di suicidi pari a 53, meno dei 61 del 2018, ma costantemente superiori alle medie degli anni precedenti;
    alla data del 31 dicembre 2019, nelle carceri italiane ci sono 60.769 detenuti (19.900 dei quali stranieri) contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.688 posti; 1.500 in più rispetto al dicembre del 2018 e 3.500 in più rispetto al 2017;
    è da sottolineare il ricorso ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo smodato allo strumento della custodia cautelare in carcere, la cui funzione, purtroppo, ha subito negli anni una radicale trasformazione: da istituto con funzione prettamente cautelare, ancorché nell'ottica di un'esigenza di prevenzione dei reati e di tutela da forme di pericolosità sociale, è diventata troppo spesso una vera e propria misura anticipatrice della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza;
    nella XVII legislatura, sono stati diversi gli interventi in materia di custodia cautelare, in quanto misure oggetto di una delle priorità del nostro sistema giudiziario. La legge 16 aprile 2015, n. 47, ha effettivamente delimitato l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, circoscrivendo i presupposti per l'applicazione della misura e modificando il procedimento per la sua impugnazione. Nell'approvazione delle modifiche normative, si sarebbe però potuto sicuramente essere più incisivi e, soprattutto, pensare ad introdurre elementi volti a configurare un illecito disciplinare a carico dei magistrati responsabili di evidenti distorsioni del sistema di carcerazione preventiva, a cui troppo spesso si ricorre in mancanza di reali esigenze cautelari e senza rispettare il criterio dell'assoluta indispensabilità;
    l'utilizzo della custodia cautelare in carcere, e, quindi, della limitazione preventiva della libertà personale, deve infatti essere circoscritto alle sole ipotesi in cui questa esigenza è davvero indispensabile per garantire la sicurezza della collettività, per salvaguardare il valore delle indagini e soprattutto per assicurare quel contemperamento, che più volte è stato evocato, ma non sempre con misura e con fondatezza, tra tutela della libertà personale ed esigenze di protezione della sicurezza collettiva delle nostre comunità e dei nostri territori;
    sempre in relazione al tema penitenziario, va rilevato che la questione della presenza di detenuti stranieri nelle carceri è uno dei temi attualmente più condizionanti il sistema penitenziario italiano, data l'incidenza sull'annoso problema del sovraffollamento. La percentuale italiana della componente reclusa immigrata è superiore alla media europea di oltre 11 punti percentuali, essendo pari al 32 per cento. Circa 4 punti percentuale in più rispetto alla Germania, che per l'appunto ha uno dei tassi di affollamento più bassi nell'area dell'Unione europea. In Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa l'8 per cento della popolazione. I detenuti il 32 per cento della popolazione reclusa. I soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10 per cento del totale dei detenuti stranieri, ovvero circa il 3 per cento del totale della popolazione detenuta nel nostro Paese;
    sarebbe quindi opportuno promuovere, non solo a parole, accordi bilaterali volti ad agevolare il trasferimento dei detenuti provenienti dai Paesi che fanno registrare il maggior flusso di immigrazione verso l'Italia e, più in generale, con quei Paesi i cui cittadini registrano un alto tasso di presenza nelle carceri italiane;
    in tema di edilizia giudiziaria, è necessario ribadire la necessità di mettere in campo soluzioni efficaci e non «raffazzonate» e provvisoriamente tese alla «definitività illusoria»; degli impegni già assunti dal Ministro lo scorso anno sul tema, non vi è traccia concreta, e sono rimasti solo gli annunci;
    in merito alla riforma della geografia giudiziaria, prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, oggetto di un lungo dibattito, tuttora in corso, sono ampiamente noti i disagi arrecati ai cittadini per la perdita del giudice di prossimità: con la riforma sono stati chiusi circa 1.000 uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni), al fine, dichiarato, di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse. Le cancellerie della volontaria giurisdizione hanno un'affluenza altissima di pubblico (attesa la competenza in materia di amministrazione di sostegno, tutele e curatele molte volte gestite da familiari che non hanno accesso a depositi telematici) tale da dover fare ore, ore ed ore d'attesa per avere informazioni o copia conforme del provvedimento. Questi sono problemi reali che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Ministro sembra non conoscere e far finta di non conoscere. Non è sufficiente aumentare di una unità di funzionari per Tribunale, serve un aumento di organico consistente e uno snellimento delle procedure anche in materia di amministratore di sostegno;
    la decisione di riduzione del numero dei tribunali ha omesso di considerare alcune «specificità territoriali» quali: la conformazione geografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; la diversa dimensione della «domanda di giustizia» espressa dal territorio, sia sul versante civile (tasso di litigiosità) che sul versante penale (tasso di criminosità);
    nel rispetto della dicitura «giustizia rapida ed efficiente», occorre quindi una rivisitazione della geografia giudiziaria modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni, con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese;
    ad ogni modo, più in generale, bisognerebbe effettuare le opportune valutazioni in merito ai modello di ordinamento giudiziario attualmente operante nel nostro Paese; nello specifico, bisognerebbe avviare una definitiva riflessione in merito al riconoscimento della diversità delle funzioni giudiziarie e la conseguente separazione in senso proprio delle carriere dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero. La legislazione repubblicana ha valorizzato al massimo l'indipendenza della magistratura e l'obbligatorietà dell'azione penale per favorire una progressiva assimilazione delle figure del giudice e del pubblico ministero, che rappresenta la più marcata differenza tra il sistema giudiziario italiano e quello degli altri Paesi;
    tuttavia, con il codice di procedura penale del 1989, il modello di pubblico ministero scelto dai costituenti è entrato in conflitto con il nuovo ruolo assegnatogli nel processo accusatorio. Per questo motivo, nel corso dei lavori della Commissione bicamerale si affermò, tra rappresentanti di forze politiche diverse, l'idea di separare le funzioni dei giudici e dei pubblici ministeri e, in alcuni casi, di separare anche le loro carriere. Infine, la legge costituzionale n. 2 del 1999 ha introdotto il giusto processo, anche in attuazione delle convenzioni internazionali, rendendo così indifferibile la separazione tra l'ordine dei giudici e l'ufficio del pubblico ministero. Soltanto tale separazione consente, infatti, di realizzare un'effettiva terzietà dell'organo giudicante — vale a dire, la sua equidistanza dalle parti e la parità sul piano processuale dell'accusa e della difesa offrendo al cittadino un processo effettivamente giusto. Il tema è uno dei punti fondamentali del programma di giustizia del centrodestra presentato agli elettori nel corso delle ultime elezioni politiche;
    da ultimo, non meno importante nella logica della realizzazione a tutto tondo del principio del giusto processo e della parità fra accusa e difesa, appare necessaria valutare la costituzionalizzazione della figura dell'avvocato, e, in ogni caso, assicurare in modo pieno ed efficace la realizzazione dell'equo compenso a favore dei professionisti, che partecipano all'esercizio di una funzione materialmente costituzionale,

impegna il Governo

   1) a mettere in atto ogni iniziativa di competenza tesa ad un intervento globale e coerente che abbia i seguenti punti, quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
    a) la completa abrogazione della riforma della prescrizione;
    b) l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione in quanto: nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema; senza sacrificare le garanzie deve essere oltremodo assicurata l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati, in particolare attraverso un'azione complessiva di informatizzazione; analogamente è a dirsi del processo tributario, rispetto al quale proprio negli ultimi mesi il principio di terzietà e imparzialità del giudice, come pure il ruolo imprescindibile della difesa tecnica, sembrano messi a più grave repentaglio;
    c) la revisione delle norme in materia di appello e ricorso per Cassazione avverso le sentenze di proscioglimento, con gli obiettivi della deflazione dei processi e della protezione degli innocenti rispetto al rischio di eventuali accanimenti persecutori dello Stato, riprendendo le istanze del tutto condivisibili e legittime sottese alla legge n. 46 del 2006 (cosiddetta legge Pecorella), e declinandole secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale in un ben noto filone di pronunce, proponendo un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei rimedi impugnatori a disposizione delle parti ed escludendo la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento rese con le formule ampiamente liberatorie (il fatto non sussiste; l'imputato non lo ha commesso; il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione) ai sensi dell'articolo 530, 1o comma, del codice di rito: ciò in quanto appare ragionevole, anche alla luce della presunzione di non colpevolezza, escludere un secondo grado di giudizio di merito, defatigante e, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo in un certo senso persecutorio, per l'imputato che sia riuscito a discolparsi completamente in primo grado, al di là di ogni ragionevole dubbio;
    d) la realizzazione di interventi definitivi finalizzati al superamento delle carenze drammatiche di personale amministrativo e all'effettiva riqualificazione del personale;
    e) la necessaria semplificazione normativa e burocratica della legislazione primaria e regolamentare che incide sul sistema giustizia, che aumenta il livello di litigiosità e contribuisce ad allungare i tempi dei processi;
    f) la realizzazione di maggiori investimenti in informatizzazione del processo civile e del processo penale, al fine di conseguire un miglioramento complessivo dell'organizzazione dei servizi di cancelleria, di realizzare considerevoli risparmi di spesa e di raggiungere una trasparenza delle informazioni relative alle cause e alle sentenze per l'avvocatura e i cittadini, e l'implementazione di tecniche di caseflow management, ovvero di tecniche di raccolta, gestione e analisi dei dati all'interno degli uffici giudiziari, per l'elaborazione di best practices per la fissazione e la gestione di scadenze, l'esame preventivo dei procedimenti in entrata e la loro assegnazione a iter procedurali differenziati in base alle loro caratteristiche, la precoce identificazione e la gestione dei casi più complessi e potenzialmente più problematici;
    g) la definitiva implementazione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, già avviata con parziale successo, in ragione di una loro maggiore efficienza e produttività; la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati;
    h) l'implementazione di un monitoraggio efficace ed incisivo in merito all'applicazione delle norme in materia di custodia cautelare e alla piena realizzazione del princìpio per cui, in linea con quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, la presunzione di innocenza deve prevalere su ogni altra pur legittima considerazione, così da prevedere il ricorso alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio;
    i) l'attuazione di un programma credibile e immediato, adeguatamente finanziato, per la realizzazione di un nuovo piano carceri, attraverso l'implementazione delle strutture esistenti e l'edificazione dei nuovi istituti, nonché per provvedere alla copertura dei ruoli vacanti della polizia penitenziaria, al fine di garantire ad essi di poter operare in condizioni di sicurezza, prevedendo un incremento significativo del numero di agenti in servizio, anche al fine di garantire ad essi condizioni lavorative adeguate e sicure;
    k) l'adozione di iniziative volte a consentire lo scorrimento dell'intera graduatoria degli idonei al concorso di assistenti giudiziari, permettendo non solo al dipartimento organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi ma a tutti i dipartimenti del Ministero della giustizia di farvi ricorso per colmare gli attuali vuoti in organico che si registrano anche nel dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e nel dipartimento per la giustizia minorile e di comunità;
    l) la realizzazione di interventi specifici e strutturali volti ad offrire soluzioni alle molteplici problematiche dell'edilizia giudiziaria, senza discriminazioni territoriali, come condizione essenziale per una gestione efficiente degli uffici giudiziari e a garanzia del diritto di agire e resistere in giudizio;
    m) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che di fatto, sopprimendo circa 1000 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sui territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali;
    n) la celere rivisitazione della geografia giudiziaria definita nel 2012 e, al fine di tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze dei territori, la sottoscrizione delle convenzioni con le regioni e gli enti locali proponenti o assumere ulteriori iniziative;
    o) il potenziamento del ricorso a misure alternative al processo, anche in ambito penale, sulla base delle esperienze positive della messa alla prova, in assenza di pericolosità sociale, pure in relazione alla finalità rieducativa della pena;
    p) la piena attuazione della normativa europea con riferimento al tema della tutela delle vittime di reato, se del caso prevedendo anche una disciplina risarcitoria da parte dello Stato laddove l'autore dei reato sia tornato a delinquere, nonché ad assumere iniziative per modificare la disciplina relativa al pagamento delle spese giudiziarie, nel senso che esse non possano più gravare sulle vittime o sulle loro famiglie;
    q) la predisposizione di iniziative di riforma costituzionale che garantiscano la piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra il ruolo dell'organo giudicante e dell'organo requirente, all'esercizio dell'azione penale secondo regole ben definite, alla ragionevole durata del processo penale, alla riforma del Consiglio superiore della magistratura che favorisca un'azione della magistratura svolta nell'esclusivo rispetto della legge, evitando la proliferazione del correntismo;
    r) la piena attuazione e tutela del precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e immuni da influenze di carattere correntizio e politico, garantita anche da comunicati impersonali della stessa magistratura, e salvaguardata – tramite opportuni interventi anche di carattere normativo – con una più puntuale disciplina della candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali;
    s) l'implementazione di una riforma organica della magistratura onoraria, tenuto, conto del ruolo importante che già oggi svolge nell'amministrare la giustizia, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, al fine di darle una piena ed esaustiva collocazione ordinamentale;
    t) la codificazione di un sistema di controlli in grado di verificare – nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza – la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai protagonismi dei singoli, nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale, predisponendo, in linea con quanto richiesto anche in sede comunitaria, un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che sappia garantire la credibilità dell'ordine giudiziario;
    u) l'introduzione di un meccanismo per cui l'ordinanza che accoglie l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione sia comunicata, ai fini dell'avvio del procedimento di responsabilità, ai titolari dell'azione disciplinare; si tratta di un meccanismo necessario, in particolare alla luce del costante aumento dei rimborsi dovuti dallo Stato per ingiusta detenzione;
    v) l'adozione di ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, per scongiurare fenomeni di eccessiva «mediatizzazione» della giustizia da parte di tutti i soggetti interessati e degli organi dell'informazione, evitando che la legittima attività di comunicazione e cronaca trasmodi in forme di indebita pressione o condizionamento (tramite titoli necessariamente spettacolari, conferenze stampa senza contraddittorio, divulgazioni di ricostruzioni parziali o decontestualizzate) sulle garanzie delle persone sottoposte al procedimento o sull'accertamento delle responsabilità;
    z) la realizzazione di una riforma delle disposizioni che riguardano le intercettazioni telefoniche e ambientali, con particolare riferimento alla loro diffusione, soprattutto se riguardano terzi non indagati e vengono peraltro estrapolate dal contesto generale, col fine di tutelare il diritto alla riservatezza, in particolare per i soggetti estranei ai procedimenti;
    aa) il potenziamento degli strumenti di lotta alla criminalità di tipo mafioso, non soltanto sotto il profilo della certezza della pena, ma anche mediante l'effettiva applicazione delle misure di prevenzione;
    bb) l'elaborazione di misure efficaci ed incisive di contrasto al terrorismo internazionale, sia mediante iniziative volte a definire opportune disposizioni di legge, sia mediante la creazione di strutture specializzate che dovranno operare in stretta connessione con le analoghe istituzioni europee ed internazionali;
    cc) l'adozione di iniziative per la sicurezza dei cittadini, volte a rendere più rigido il trattamento sanzionatorio dei reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, attraverso l'implementazione, per quanto di competenza, di specifiche azioni normative già in discussione presso la Commissione giustizia;
    dd) il contrasto ad ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali;
    ee) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 32 per cento dei detenuti è di origine straniera;
    ff) iniziative di competenza volte alla costituzionalizzazione della figura dell'avvocato e all'effettiva garanzia dell'equo compenso.
(6-00096) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi».


MOZIONI ENRICO BORGHI, FEDERICO, MARCO DI MAIO, FORNARO, PLANGGER ED ALTRI N. 1-00312, PAROLO ED ALTRI N. 1-00316, LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00317 E VIETINA ED ALTRI N. 1-00318 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA SALVAGUARDIA, LA VALORIZZAZIONE E LO SVILUPPO DELLE AREE INTERNE, RURALI E MONTANE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 44 della Costituzione italiana vincola il legislatore al rispetto di due obiettivi principali quali il conseguimento di un uso razionale del suolo e la realizzazione di rapporti sociali equi; più in generale realizza una «protezione costituzionale» all'introduzione di politiche agricole e di governo del territorio volte a recepire quelle norme del diritto internazionale che promuovono uno sviluppo economico, sociale e ambientale «sostenibile»;
    il medesimo articolo prevede, in fine, che «La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane». La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane riveste, dunque, carattere di preminente interesse nazionale e, in generale, a tale scopo concorrono lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali;
    a favore delle zone montane è intervenuta la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane» e, da ultimo, la legge 6 ottobre 2017, n. 158 recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni»;
    nell'ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020, è stata data particolare attenzione – quale strumento per lo sviluppo dell'intero Paese – alle cosiddette «aree interne», per le quali sono assegnate le risorse nazionali previste appositamente dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, articolo 1, comma 13 (legge di stabilità 2014), successivamente integrate dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, articolo 1, comma 674 (legge di stabilità 2015) e dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 811, (legge di stabilità 2016);
    l'Accordo di Partenariato 2014-2020 (approvato dalla Commissione Europea il 29 ottobre 2014, è poi modificato l'8 febbraio 2018 a seguito della programmazione delle risorse attribuite all'Italia con l'adeguamento tecnico del Quadro finanziario pluriennale europeo 2014-2020, così come previsto dall'articolo 92, paragrafo 3 del regolamento dell'Unione europea) ha inteso contribuire alla ripresa dello sviluppo economico e sociale dell'Italia attraverso la sperimentazione di una Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) «capace di toccare ogni regione e macro-regione del Paese, creando lavoro, realizzando inclusione sociale e riducendo i costi dell'abbandono del territorio»;
    la sperimentazione della Strategia nazionale per le aree interne ha attivato 72 «aree progetto» in 1.061 comuni (13,4 per cento del totale, il 26 per cento dei comuni di aree interne), coinvolgendo circa 2 milioni di abitanti (il 3,4 per cento del totale, il 15,5 per cento della popolazione dei comuni classificati di aree interne) che vivono su circa 51.000 chilometri quadrati di territorio (16,7 per cento del territorio italiano e 28,4 per cento del territorio di aree interne);
    a dicembre 2019, risultano 47 le strategie d'area approvate, sono 24 gli accordi di programma quadro sottoscritti e a più 700 milioni di euro ammontano gli investimenti già programmati, fra risorse nazionali comunitari (Fesr, Fse e Feasr) e fondi privati;
    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone, tra le altre cose, che «l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna»;
    il Parlamento europeo con la risoluzione del 10 maggio 2016 sulla politica di coesione nelle regioni montane dell'Unione europea (2015/2279(INI)) e la risoluzione, approvata il 3 ottobre 2018, su come affrontare le esigenze specifiche delle zone rurali, montane e periferiche (2018/2720(RSP)) ha posto la centralità delle aree interne, rurali e montane nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea;
    le aree interne «quale parte maggioritaria del territorio italiano caratterizzata dalla significativa distanza dai centri di offerta di servizi essenziali», secondo la classificazione adottata dall'Accordo di partenariato, interessano 4.216 comuni, pari a circa il 52 per cento del totale, e che in essi vive circa il 22 per cento della popolazione totale su una superficie pari al 60 per cento del territorio nazionale;
    le zone montane costituiscono il 55 per cento del territorio italiano e 65 per cento del territorio dell'Unione europea, ospitano in Europa il 57 per cento della sua popolazione e generano il 46 per cento del valore aggiunto lordo;
    un quarto della popolazione delle zone rurali, montane e interne del Paese non ha accesso a Internet ad alta velocità e riscontra gravi problematiche nell'accesso ai servizi televisivi e radiofonici;
    è importante aiutare le zone interne e montane a superare le sfide cui devono far fronte; una di tali sfide è costituita dallo spopolamento rurale, in quanto i giovani continuano ad abbandonare queste zone e gli anziani (di età superiore a 65 anni) rappresentano il 34 per cento della popolazione totale; occorre pertanto garantire agli abitanti delle zone non urbane opportunità simili a quelle di cui godono gli abitanti delle zone urbane;
    l'economia, le aree urbane, l'industria (incluso il turismo) e i cittadini dipendono in ampia misura da queste zone montane in termini di approvvigionamento alimentare, utilizzo dei suoli, energia, risorse idriche, aria pulita e materie prime;
    è necessario sfruttare appieno le possibilità offerte dalla cooperazione, dalle strategie macroregionali (Eusalp ed Eusair) e da altri strumenti di interazione tra regioni per affrontare le esigenze specifiche delle Alpi e degli Appennini, promuovere la coesione e favorire rapporti di interazione a livello europeo;
    l'Italia, attraverso l'azione del Governo e del Parlamento, deve promuovere e sostenere lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni, garantire l'equilibrio demografico del Paese favorendo la residenza in tali comuni, nonché tutelarne e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonici e favorire l'adozione di misure in favore dei cittadini residenti nei piccoli comuni e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riferimento al sistema dei servizi territoriali, in modo da contrastarne lo spopolamento e da incentivare l'afflusso turistico. L'insediamento in questi comuni rappresenta una risorsa a presidio del territorio, soprattutto per le attività di piccola e diffusa manutenzione, prevenzione del dissesto idrogeologico e tutela dei beni comuni;
    la legge 27 dicembre 2019, n. 160, bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, al fine di rafforzare e ampliare la strategia nazionale per le aree interne (SNAI), ha stanziato 60 milioni di euro per l'anno 2021 e 70 milioni di euro ciascuno degli anni 2022 e 2023 nonché ulteriori 30 milioni all'anno per il 2020, 2021 e 2022 per interventi di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative necessarie a realizzare uno sviluppo territoriale equilibrato del Paese, con particolare attenzione alle aree interne, alle aree rurali e alle zone montane, mediante politiche nazionali incentrate sulle diverse esigenze di tali territori e orientate a un modello di sviluppo sostenibile coerente con il Green Deal europeo;

2) a costruire una strategia integrata di intervento nelle aree interne, nelle aree rurali e nelle zone montane, sia mediante la convocazione degli Stati generali della montagna, sia valorizzando la Federazione dei progetti e delle comunità delle aree interne, luogo di «condivisione e messa in comune delle esperienze» Snai, quali strumenti in cui consentire l'incontro ed il coordinamento dei soggetti portatori di interessi e delle politiche elaborate a livello europeo, nazionale e locale con l'obiettivo di stabilizzare e compensare le tendenze negative sui mercati locali, derivanti dalle dinamiche demografiche e dalla scarsità di risorse naturali per promuovere lo sviluppo locale;

3) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo per la creazione, nel nuovo periodo di programmazione dei Fondi di coesione 2021-2027, accanto all'agenda urbana e alla riserva per le aree interne, di specifiche linee di intervento destinate alle zone montane affiancandole a un programma di azioni e interventi nell'ambito della programmazione nazionale del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-27;

4) ad adottare iniziative per attuare un serrato coordinamento tra le politiche nazionali e quelle europee per garantire lo sviluppo di tali territori, mediante investimenti volti a integrare tutte le politiche al fine di generare la crescita sociale ed economica intelligente, sostenibile e inclusiva, la sicurezza alimentare, l'inclusione sociale, la parità di genere, la lotta ai cambiamenti climatici, la riduzione del divario digitale, la prevenzione del dissesto, la creazione di posti lavoro, la digitalizzazione e l'efficienza del mercato, la massima interazione tra territori e in particolare tra aree interne e urbane;

5) ad adottare le iniziative di competenza per attuare la legge n. 158 del 2017 sui piccoli comuni, approvando in tempi rapidi i decreti attuativi al fine di individuare anche le modalità di spesa delle risorse economiche previste alla legge ed incrementando la dotazione del fondo previsto dalla medesima legge;

6) ad assumere iniziative per estendere la Strategia nazionale per le aree interne alle zone montane, alpine e appenniniche, classificabili come «aree interne» e non coinvolte nella sperimentazione in atto, attraverso il metodo dell'istruttoria pubblica e attivando il processo partecipativo e associativo previsto nella Strategia, individuando ulteriori fondi europei, nazionali e regionali nell'ambito delle politiche di coesione e garantendo un maggior raccordo con le altre politiche ordinarie, come sollecita anche la Commissione europea nell'allegato D) della relazione per Paese relativa all'Italia 2019;

7) a realizzare un più forte coordinamento tra i Ministeri competenti, anche attraverso il rafforzamento dell'azione del Comitato tecnico aree interne istituito con delibera del Cipe no 9 del 28 gennaio 2015, al fine di generare un'accelerazione nella fase di spesa delle risorse europee e nazionali disponibili, in particolare quelle previste per le 72 cosiddette «aree pilota» individuate dalla Strategia nazionale per le aree interne;

8) ad adottare iniziative per individuare in 100 milioni di euro il Fondo nazionale per la montagna per il prossimo quinquennio, già attraverso il disegno di legge di bilancio 2021;

9) ad avviare un Piano Nazionale per i piccoli comuni, le aree rurali e montane del Paese al fine della prevenzione del dissesto idrogeologico, la lotta ai cambiamenti climatici, il riuso dei beni immobili e il contrasto al consumo di suolo, con uno stanziamento di 2 miliardi di euro per ciascun anno per i prossimi cinque anni; in tale contesto a sviluppare un programma di tutela della biodiversità montana particolarmente minacciata dai cambiamenti climatici, attraverso progetti pilota di supporto alle attività agricole e di riqualificazione naturalistica;

10) ad adottare ogni iniziativa utile a favorire l'istituzione di un patto per i piccoli comuni nell'ottica di garantire un approccio più efficace, integrato e coordinato alle politiche dell'Unione europea aventi un impatto sulle zone rurali, con la partecipazione di tutti i livelli di Governo, conformemente al principio di sussidiarietà e in linea con l'Agenda urbana per l'Europa stabilita nel patto di Amsterdam;

11) ad assumere iniziative per consentire la piena attuazione dell'Agenda nazionale per le zone montane, che includa un quadro strategico per lo sviluppo di tali zone, al fine di raggiungere gli obiettivi in materia di verifica rurale, piccoli comuni intelligenti, accesso ai servizi pubblici, digitalizzazione, formazione e innovazione, riequilibrio tra zone rurali e zone urbane;

12) a sostenere l'ulteriore sviluppo del turismo rurale e dell'agroturismo montano preservando nel contempo le specificità di tali aree, ad esempio le tradizioni e i prodotti locali tradizionali; a tal fine a promuovere una serie di benefici fiscali per le micro-attività sportive diffuse nelle aree montane, dai rifugi ai centri di educazione ambientale alle attività di gestione di aree protette e siti Natura2000, comprese le iniziative per la ristrutturazione degli edifici con iniziative tipo art-bonus (rifugio/bivacco-bonus e similari) e l'acquisto di beni durevoli e di consumo;

13) ad individuare un piano di azione per una differenziazione dei sistemi fiscali delle aree interne, delle aree rurali e delle zone montane del Paese, al fine di favorire investimenti pubblici e privati, nonché la residenzialità, la nascita di nuove imprese, il contrasto alla desertificazione commerciale e all'abbandono di servizi pubblici, anche sul modello di quanto avvenuto con il programma «Resto al Sud»;

14) a mettere in atto iniziative per definire misure di agevolazione fiscale per le spese connesse all'acquisto ed alla trasformazione degli immobili nelle aree interne e montane affiancandole anche ad una semplificazione burocratica in caso di interventi di recupero di borghi montani che abbiano alla base forme associative e/o di cooperazione tra giovani e che prevedano la residenzialità per un numero minimo di anni;

15) ad adottare iniziative per stanziare, in base a criteri di premialità, ulteriori incentivi e risorse economiche, a valere sull'attuale ciclo di programmazione nonché sul prossimo 2021-2027, a favore delle aree già individuate dalla Strategia nazionale per le aree interne che si siano distinte per la messa in atto di pratiche virtuose nell'attuazione degli obiettivi della Strategia in parola;

16) a porre in essere tutte le iniziative necessarie per rafforzare la governance del Comitato tecnico aree interne, anche mediante una più solida collaborazione tra le amministrazioni che lo compongono;

17) ad adottare le iniziative necessarie per incentivare nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne lo sviluppo di una governance multilivello che ampli il coinvolgimento delle amministrazioni a livello locale fornendo alle stesse maggiori risorse per l'ampliamento delle tecnostrutture territoriali ed una riorganizzazione delle funzioni del segretario comunale nei comuni delle aree montane per rispondere alle esigenze evidenziate da più parti, a partire dall'Uncem;

18) ad avviare con urgenza le dovute procedure per adeguare la legislazione vigente al fine di agevolare da parte della popolazione residente nelle aree interne il godimento di servizi primari e salvaguardando i livelli di qualità e sicurezza, la revisione dei criteri per il mantenimento dei presidi ospedalieri e scolastici, nonché di quelli della giustizia negli ambiti montani;

19) a valutare la compatibilità giuridica del trasferimento alle regioni della competenza in materia di grandi derivazioni idroelettrica, promuovendo se del caso, modifiche normative in grado di evitare contenziosi e, di assicurare efficienza del sistema e pieno coinvolgimento degli enti locali dei territori montani interessati dalle opere di captazione e distribuzione;

20) a sostenere l'ulteriore sviluppo delle aree interne, rendendo la Strategia nazionale per le aree interne una politica organica, tesa ad ampliare l'attuale numero limitato di aree per Regione, avviando un processo di apprendimento e replicazione dei meccanismi virtuosi riscontrati.
(1-00312)
(Nuova formulazione) «Enrico Borghi, Federico, Marco Di Maio, Fornaro, Plangger, Rotta, De Menech, Bordo, Di Giorgi, De Maria, Fiano, Gribaudo, Lepri, Pezzopane, Pollastrini, Viscomi, Melilli, Pastorino, Fregolent, Ferri, Terzoni, Perconti, Deiana, Daga, D'Ippolito, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Gagnarli, Giarrizzo, Elisa Tripodi, Bilotti, Papiro, Perantoni, Mura, Ferri, Cenni, Incerti, Carnevali».


   La Camera,
   premesso che:
    lo Stato italiano è caratterizzato da una significativa presenza di territori montani, le cui specificità geomorfologiche, climatiche e ambientali si riflettono ampiamente negli aspetti culturali e socioeconomici: nonostante questo, tali aree vengono gestite perlopiù senza distinzione dal resto del territorio, secondo criteri uniformi e improntati alle esigenze delle zone a maggior densità di popolazione e ai principali centri urbani, localizzati nelle pianure;
    la presenza delle popolazioni nei territori montani è conseguentemente resa difficile non solo dalle note criticità naturali, ma soprattutto da un inadeguato impianto normativo e da una complessa e incomprensibile gestione burocratica che incide su ogni tipo di attività svolta;
    il territorio di montagna è un patrimonio collettivo la cui salvaguardia impone scelte onerose che generano costi ecosistemici che ad oggi gravano esclusivamente sulle comunità che lì vivono; tali costi vanno puntualmente determinati e condivisi, in un'ottica di sussidiarietà, in modo equo nella fiscalità generale;
    ciò ha determinato negli anni, salvo casi limitati, una progressiva insostenibilità economica e l'abbandono delle attività svolte in zona montana e delle risorse che, in essa presenti, possono costituire nuova ricchezza, se opportunamente gestite;
    lo spopolamento oggi affligge soprattutto le località più periferiche e i nuclei abitati più piccoli che, da sempre, sono anche presidi imprescindibili per la gestione del territorio, prevenendo i danni e i costi, anche in termini di vite umane, generati dall'abbandono;
    anche le conseguenze derivanti dai «cambiamenti climatici» obbligano ad avviare una seria riflessione sia sui modelli di sviluppo sinora praticati che sulle risorse naturali, a iniziare da quelle idriche, nell'interesse della collettività;
    sulla montagna oggi si deve ritrovare una nuova consapevolezza, oltre che dei suoi limiti, anche delle potenzialità, attraverso progetti sfidanti, sostenibili e concreti e una crescita culturale che non può che passare attraverso la consapevolezza e la responsabilità diretta di chi la abita e vive;
    occorre pervenire ad uno sviluppo sostenibile, fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente, constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro, consapevoli che coopera all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio, culturale e naturale, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione dei cittadini;
    il 31 gennaio 2020, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha convocato una seduta plenaria degli «Stati generali della montagna» e si ritiene opportuno che il Parlamento, tramite la presente mozione, segni alcuni punti di visione strategica sul tema, anche al fine di orientare l'azione del Governo in materia,

impegna il Governo:

1) ad utilizzare, nella definizione delle politiche per la montagna, un approccio improntato alla fiducia e alla responsabilizzazione delle popolazioni residenti nelle terre alte, adottando le iniziative di competenza per avviare conseguentemente una concreta semplificazione e diversificazione delle regolamentazioni rispettosa delle specificità territoriali;

2) ad indirizzare le azioni delle politiche per la montagna, secondo i seguenti principi strategici, adottando iniziative, per quanto di competenza, in maniera coordinata con le regioni e le province autonome, volte a:
   a) ripensare al governo del territorio montano partendo dalle caratteristiche e dalle risorse e vocazioni intrinseche, cercando così di riformulare i rapporti tra le «montagne» e il resto del territorio, con l'obiettivo di favorire la permanenza e il ritorno dell'uomo, nonché la gestione appropriata delle risorse, finalizzata alla generazione di servizi sostenibili e di «qualità» per la collettività;
   b) definire delle idonee modalità di riconoscimento, nei processi decisionali collettivi, delle istanze di chi popola le aree montane e le presidia affinché i provvedimenti adottati non si declinino in mere elargizioni per le aree «marginali», ma facciano parte di un piano strategico di valorizzazione e di sviluppo;
   c) promuovere una reale sinergia tra Governo e istituzioni territoriali, locali, regionali finalizzata ad incrementare la competitività nella progettazione e nell'acquisizione di fondi europei, anche tramite le strategie macroregionali;
   d) attuare un reale riconoscimento della specificità montana e assumere iniziative normative dedicate, affinché gli interessi delle popolazioni montane siano efficaci, valutando forme di rappresentanza derivanti, oltre che dalla consistenza numerica, anche dall'estensione del territorio;
   e) valutare la definizione di compensazioni e di strumenti perequativi atti a ricompensare la funzione di salvaguardia degli equilibri e di gestione territoriale, anche per la prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta da chi abita la montagna, poiché la manutenzione del patrimonio, il suo presidio e la tutela devono essere considerati servizi erogati a vantaggio dell'intera collettività;
   f) riconoscere che il paesaggio, elemento importante della qualità della vita delle popolazioni, rappresenta un processo di trasformazione derivante dalle interazioni tra l'ambiente naturale e le attività antropiche e, quindi, per la sua tutela e manutenzione devono essere garantite condizioni di sostenibilità economica per le attività con esso compatibili, nonché che lo stesso costituisce un fattore chiave del benessere individuale e sociale, la cui salvaguardia, gestione e pianificazione disegnano una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni insediate;
   g) promuovere interventi preventivi per evitare o mitigare dissesti idrogeologici, intensificando il monitoraggio, la sistemazione di corsi d'acqua e di versanti instabili;
   h) promuovere provvedimenti atti a favorire il «restare in montagna» e l'insediamento di attività imprenditoriali di giovani nei settori di massima vocazione territoriale, quali l'agricoltura, il turismo, l'utilizzo delle risorse forestali, le produzioni artigianali e agroalimentari tradizionali e altro, in maniera tale che il modello di impresa in montagna possa beneficiare di uno snellimento burocratico e di procedure specifiche e semplificate, valutando anche azioni di agevolazione del prelievo fiscale, tenuto anche conto dei disagi spesso cagionati ai sistemi informatici da condizioni climatiche avverse e da carenze infrastrutturali legate all'impervietà di alcune aree montane;
   i) rivedere i parametri quantitativi minimi che, ad oggi, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, determinano la composizione delle classi presso i livelli di istruzione dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, non considerando i limiti demografici che affliggono le aree montane, posto che la presenza nei centri di montagna delle scuole è elemento essenziale per la loro vita, stimolo indispensabile a non abbandonarli;
   j) difendere i presidi commerciali e artigianali dei territori più piccoli, attraverso l'incentivazione e la valutazione di iniziative normative volte a introdurre misure fiscali di vantaggio per favorire le microattività nei piccoli centri;
   k) garantire l'erogazione di servizi essenziali alla popolazione residente (a partire da sanità, trasporti, istruzione, poste e telecomunicazioni) per contrastare il fenomeno dello spopolamento e dare vita a un percorso di nuova attrattività, tenuto conto che tali servizi devono essere organizzati, pensati, finanziati, strutturati per un territorio difficile, poco popolato e vasto, anche attraverso scelte coraggiose e innovative, evitando di applicare modelli di territori urbanizzati, ma sfruttando anche innovazioni tecnologiche che, abbattendo le distanze, consentano di comunicare, formarsi ed informarsi a basso costo, limitando gli spostamenti o anche favorendo la riconversione di strumenti esistenti e forme innovative di trasporto pubblico;
   l) individuare modalità di gestione dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali presenti a vantaggio prioritario e diretto della popolazione residente, in forma di sgravi e/o compensazioni fiscali, attraverso una reale attuazione dei servizi ecosistemici;
   m) porre una particolare attenzione ai temi forestali e agrosilvopastorali, con riferimento alla gestione del bosco e del territorio, mediante strumenti di valorizzazione della filiera bosco-legno e del valore aggiunto dell'agricoltura di montagna, tramite il superamento della frammentazione fondiaria, del problema dei terreni incolti ed abbandonati, in particolare quelli di proprietà privata, e il sostegno alle nuove realtà associative di valorizzazione del territorio;
   n) riconoscere la tutela alla sentieristica, anche valutando modalità di semplificazione delle responsabilità per i fruitori della montagna e per i gestori di rifugi, tramite la valorizzazione della loro funzione di pubblico servizio;
   o) sostenere che le professioni della montagna siano legate sia alla fruizione invernale che estiva della stessa.
(1-00316) «Parolo, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,
   premesso che:
    lo Stato italiano è caratterizzato da una significativa presenza di territori montani, le cui specificità geomorfologiche, climatiche e ambientali si riflettono ampiamente negli aspetti culturali e socioeconomici: nonostante questo, tali aree vengono gestite perlopiù senza distinzione dal resto del territorio, secondo criteri uniformi e improntati alle esigenze delle zone a maggior densità di popolazione e ai principali centri urbani, localizzati nelle pianure;
    la presenza delle popolazioni nei territori montani è conseguentemente resa difficile non solo dalle note criticità naturali, ma soprattutto da un inadeguato impianto normativo e da una complessa e incomprensibile gestione burocratica che incide su ogni tipo di attività svolta;
    il territorio di montagna è un patrimonio collettivo la cui salvaguardia impone scelte onerose che generano costi ecosistemici che ad oggi gravano esclusivamente sulle comunità che lì vivono; tali costi vanno puntualmente determinati e condivisi, in un'ottica di sussidiarietà, in modo equo nella fiscalità generale;
    ciò ha determinato negli anni, salvo casi limitati, una progressiva insostenibilità economica e l'abbandono delle attività svolte in zona montana e delle risorse che, in essa presenti, possono costituire nuova ricchezza, se opportunamente gestite;
    lo spopolamento oggi affligge soprattutto le località più periferiche e i nuclei abitati più piccoli che, da sempre, sono anche presidi imprescindibili per la gestione del territorio, prevenendo i danni e i costi, anche in termini di vite umane, generati dall'abbandono;
    anche le conseguenze derivanti dai «cambiamenti climatici» obbligano ad avviare una seria riflessione sia sui modelli di sviluppo sinora praticati che sulle risorse naturali, a iniziare da quelle idriche, nell'interesse della collettività;
    sulla montagna oggi si deve ritrovare una nuova consapevolezza, oltre che dei suoi limiti, anche delle potenzialità, attraverso progetti sfidanti, sostenibili e concreti e una crescita culturale che non può che passare attraverso la consapevolezza e la responsabilità diretta di chi la abita e vive;
    occorre pervenire ad uno sviluppo sostenibile, fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente, constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro, consapevoli che coopera all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio, culturale e naturale, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione dei cittadini;
    il 31 gennaio 2020, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha convocato una seduta plenaria degli «Stati generali della montagna» e si ritiene opportuno che il Parlamento, tramite la presente mozione, segni alcuni punti di visione strategica sul tema, anche al fine di orientare l'azione del Governo in materia,

impegna il Governo:

1) ad utilizzare, nella definizione delle politiche per la montagna, un approccio improntato alla fiducia e alla responsabilizzazione delle popolazioni residenti nelle terre alte, adottando le iniziative di competenza per avviare conseguentemente una concreta semplificazione e diversificazione delle regolamentazioni rispettosa delle specificità territoriali;

2) ad indirizzare le azioni delle politiche per la montagna, secondo i seguenti principi strategici, adottando iniziative, per quanto di competenza, in maniera coordinata con le regioni e le province autonome, volte a:
   a) ripensare al governo del territorio montano partendo dalle caratteristiche e dalle risorse e vocazioni intrinseche, cercando così di riformulare i rapporti tra le «montagne» e il resto del territorio, con l'obiettivo di favorire la permanenza e il ritorno dell'uomo, nonché la gestione appropriata delle risorse, finalizzata alla generazione di servizi sostenibili e di «qualità» per la collettività;
   b) definire delle idonee modalità di riconoscimento, nei processi decisionali collettivi, delle istanze di chi popola le aree montane e le presidia affinché i provvedimenti adottati non si declinino in mere elargizioni per le aree «marginali», ma facciano parte di un piano strategico di valorizzazione e di sviluppo;
   c) promuovere una reale sinergia tra Governo e istituzioni territoriali, locali, regionali finalizzata ad incrementare la competitività nella progettazione e nell'acquisizione di fondi europei, anche tramite le strategie macroregionali;
   d) attuare un reale riconoscimento della specificità montana e assumere iniziative normative dedicate, affinché gli interessi delle popolazioni montane siano efficaci, valutando forme di rappresentanza derivanti, oltre che dalla consistenza numerica, anche dall'estensione del territorio;
   e) valutare la definizione di compensazioni e di strumenti perequativi atti a ricompensare la funzione di salvaguardia degli equilibri e di gestione territoriale, anche per la prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta da chi abita la montagna, poiché la manutenzione del patrimonio, il suo presidio e la tutela devono essere considerati servizi erogati a vantaggio dell'intera collettività;
   f) riconoscere che il paesaggio, elemento importante della qualità della vita delle popolazioni, rappresenta un processo di trasformazione derivante dalle interazioni tra l'ambiente naturale e le attività antropiche e, quindi, per la sua tutela e manutenzione devono essere garantite condizioni di sostenibilità economica per le attività con esso compatibili, nonché che lo stesso costituisce un fattore chiave del benessere individuale e sociale, la cui salvaguardia, gestione e pianificazione disegnano una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni insediate;
   g) promuovere interventi preventivi per evitare o mitigare dissesti idrogeologici, intensificando il monitoraggio, la sistemazione di corsi d'acqua e di versanti instabili;
   h) promuovere provvedimenti atti a favorire il «restare in montagna» e l'insediamento di attività imprenditoriali di giovani nei settori di massima vocazione territoriale, quali l'agricoltura, il turismo, l'utilizzo delle risorse forestali, le produzioni artigianali e agroalimentari tradizionali e altro, in maniera tale che il modello di impresa in montagna possa beneficiare di uno snellimento burocratico e di procedure specifiche e semplificate, valutando anche azioni di agevolazione del prelievo fiscale, tenuto anche conto dei disagi spesso cagionati ai sistemi informatici da condizioni climatiche avverse e da carenze infrastrutturali legate all'impervietà di alcune aree montane;
   i) valutare la possibilità di rivedere i parametri quantitativi minimi che, ad oggi, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, determinano la composizione delle classi presso i livelli di istruzione dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, non considerando i limiti demografici che affliggono le aree montane, posto che la presenza nei centri di montagna delle scuole è elemento essenziale per la loro vita, stimolo indispensabile a non abbandonarli;
   j) difendere i presidi commerciali e artigianali dei territori più piccoli, attraverso l'incentivazione e la valutazione di iniziative normative volte a introdurre misure fiscali di vantaggio per favorire le microattività nei piccoli centri;
   k) garantire l'erogazione di servizi essenziali alla popolazione residente (a partire da sanità, trasporti, istruzione, poste e telecomunicazioni) per contrastare il fenomeno dello spopolamento e dare vita a un percorso di nuova attrattività, tenuto conto che tali servizi devono essere organizzati, pensati, finanziati, strutturati per un territorio difficile, poco popolato e vasto, anche attraverso scelte coraggiose e innovative, evitando di applicare modelli di territori urbanizzati, ma sfruttando anche innovazioni tecnologiche che, abbattendo le distanze, consentano di comunicare, formarsi ed informarsi a basso costo, limitando gli spostamenti o anche favorendo la riconversione di strumenti esistenti e forme innovative di trasporto pubblico;
   l) individuare modalità di gestione dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali presenti a vantaggio prioritario e diretto della popolazione residente, in forma di sgravi e/o compensazioni fiscali, attraverso una reale attuazione dei servizi ecosistemici;
   m) porre una particolare attenzione ai temi forestali e agrosilvopastorali, con riferimento alla gestione del bosco e del territorio, mediante strumenti di valorizzazione della filiera bosco-legno e del valore aggiunto dell'agricoltura di montagna, tramite il superamento della frammentazione fondiaria, del problema dei terreni incolti ed abbandonati, in particolare quelli di proprietà privata, e il sostegno alle nuove realtà associative di valorizzazione del territorio;
   n) riconoscere la tutela alla sentieristica, anche valutando modalità di semplificazione delle responsabilità per i fruitori della montagna e per i gestori di rifugi, tramite la valorizzazione della loro funzione di pubblico servizio;
   o) sostenere che le professioni della montagna siano legate sia alla fruizione invernale che estiva della stessa.
(1-00316)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Parolo, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,
   premesso che:
    il territorio dello Stato italiano è costituito al 55 per cento da zone montane, le cui specifiche caratteristiche climatiche, ambientali, geografiche e morfologiche ne hanno ampiamente condizionato e determinato numerosi aspetti culturali e socioeconomici e, nonostante tale evidenza, queste aree sono ad oggi gestite secondo gli stessi criteri adottati per la gestione delle aree a maggiore densità di popolazione e dei principali centri urbani siti in località pianeggianti;
    le criticità naturali tipiche dei territori montani, l'impianto normativo manifestamente inadeguato ed i criteri utilizzati nella gestione degli stessi rendono vieppiù difficoltosa la presenza delle popolazioni nei territori montani, messa ulteriormente in difficoltà da incomprensibili ed obsolete lungaggini burocratiche;
    almeno un quarto della popolazione delle aree rurali e montane del Paese non ha accesso a connessioni internet ad alta velocità, riscontrando conseguenti difficoltà nell'accesso a servizi telematici, televisivi e radiofonici;
    le zone montane e rurali costituiscono il 65 per cento del territorio dell'Unione europea, ospitando il 57 per cento della popolazione dell'Unione e generando il 46 per cento del valore aggiuntivo lordo;
    le zone montane rappresentano un presidio a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico del Paese, costituendo un patrimonio collettivo la cui salvaguardia impone oneri e costi che ad oggi gravano quasi esclusivamente sulle comunità che vi vivono, incrementando le numerose difficoltà che queste devono affrontare;
    tali problematiche hanno determinato una crescente insostenibilità economica delle comunità situate in aree montane e rurali, le quali sono soggette ad un continuo spopolamento, soprattutto di giovani, che abbandonano le comunità alla ricerca di opportunità in aree urbane, incrementando a sua volta i costi per il mantenimento delle aree montane e rurali, e i danni generati dall'abbandono;
    è responsabilità dello Stato, ai sensi della Costituzione, garantire uguali opportunità a tutti i cittadini e rimuovete ogni ostacolo che ne impedisca l'autorealizzazione, rendendo dunque auspicabile porre attenzione sulla «questione montana», anche nella sua dimensione umana, coinvolgendo e istituzioni locali;
    l'articolo 44 della Costituzione offre una «protezione costituzionale» a tutela delle aree montane, protezione poi confermata dalle possibilità di cooperazione messe a disposizione dall'Unione europea, come l'accordo Eusalp;
    la crescente scarsità delle risorse naturali, tema la cui importanza è stata accresciuta dal fenomeno dei «cambiamenti climatici» richiede di riportare il patrimonio ambientale, le risorse naturali e dunque anche le aree rurali e montane del Paese al centro del dibattito, richiamando l'importanza di stipulare un nuovo patto tra cittadino e territorio;
    la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane» ha delineato un quadro strategico nel quale muoversi per incrementare le tutele nei confronti delle zone montane e rurali, esigenza poi confermata dalla risoluzione del 3 ottobre 2018 del Parlamento europeo (2018/2720(RSP)), la quale ha ribadito il ruolo centrale delle aree interne, rurali e montane nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea;
    nonostante gli sforzi normativi sia della legge 25 luglio 1952, n. 991, recante «Provvedimenti in favore dei territori montani» sia della legge 31 gennaio 1994, n. 97, la definizione di «montanità» resta un elemento poco chiaro e oggetto di controversie, al netto di una mancata armonizzazione tra quadro regolamentare europeo, nazionale e regionale;
    il 29 gennaio 2019 è stata presentata una proposta di legge, tuttora in attesa di essere discussa, per istituire e disciplinare le zone franche di montagna (ZFM), con lo scopo di salvaguardare e promuovere lo sviluppo delle aree montane e di favorire la residenzialità e l'imprenditorialità in questo tipo di territori;
    il Politecnico di Torino, l'università degli studi di Torino, la regione Piemonte, la città di Mondovì, l'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (Uncem) del Piemonte, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e la Fondazione Collegio Carlo Alberto, centri di eccellenza, hanno siglato nel 2016 un Memorandum of understanding per ripensare i modelli di sviluppo delle Alte Terre europee in occasione della decisione dell'Unione europea di individuare una strategia unica per la costituenda Macroregione Alpina, prevedendo l'istituzione di iniziative di eccellenza a supporto della sostenibilità delle Alte Terre;
   l'incontro tra iniziative di eccellenza e collaborazioni tra pubblico e privato per elaborare soluzioni allo spopolamento delle aree rurali e montane, anche con la finalità di realizzare strategie di sviluppo sostenibili del territorio, se gestito e pianificato in modo adeguato può contribuire positivamente alla creazione di posti di lavoro e di ricchezza;
   in data 31 gennaio 2020 il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha convocato una seduta plenaria degli «Stati Generali della Montagna» e si ritiene opportuno che il Parlamento, tramite la presente mozione, segni alcuni punti di visione strategica sul tema, anche al fine di orientare l'azione del Governo in materia,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative necessarie per garantire la piena attuazione dell'articolo 44, secondo comma, della Costituzione, armonizzando e dando luogo ad una definizione unica di «montanità», e adottando, per le aree ricadenti sotto questa categoria, politiche improntate alla semplificazione degli oneri burocratici ed amministrativi che ricadono sulle popolazioni risiedenti nelle terre alte, riconoscendone la tipicità;

2) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per riconoscere il ruolo dei piccoli comuni, dando loro la possibilità di associarsi in federazioni di comuni, riconoscendone le peculiarità, anche tramite confronti con le istituzioni locali;

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per sostenere progetti ed iniziative che mettano in sinergia enti di ricerca, società civile, istituzioni ed enti locali, anche al fine dell'elaborazione di strategie di sviluppo sostenibile delle «Alte Terre»;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per sviluppare approcci integrati per l'erogazione di servizi di alta formazione di supporto allo sviluppo sostenibile delle «Alte Terre», prevedendo anche la collaborazione tra pubblico e privato, istituzioni e università e agevolando, ove applicabile, il ricorso a fondi strutturali europei e l'iniziativa privata;

5) ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, per garantire la sopravvivenza delle Unioni montane, anche garantendo la possibilità per le varie Unioni di federarsi, e interpretando un ruolo di mediatore tra Unioni montane e istituzioni adibite alla ricerca ed all'alta formazione;

6) a individuare e porre in essere le necessarie iniziative di competenza per sostenere e valorizzare la presenza dei giovani nelle Unioni montane, valorizzando il patrimonio edilizio, agevolando la partecipazione alle attività culturali e sportive, garantendo lo sviluppo delle infrastrutture di rete 5G e la diffusione della connessione a banda larga, l'accessibilità alla formazione, ai servizi pubblici ed ai servizi di trasporto anche e soprattutto in quelle aree a fallimento di mercato quali quelle montane;

7) ad adottare tutte le iniziative di competenza necessarie per sviluppare la strategia europea Eusalp, garantendo agli enti locali una maggiore partecipazione nelle sue strategie di definizione, ponendo in essere il necessario supporto logistico ed agevolando la comunicazione e la cooperazione anche con i comuni montani dei Paesi al confine con l'Italia;

8) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per contrastare lo spopolamento delle aree rurali e montane, anche tramite semplificazioni degli oneri amministrativi, incentivi fiscali, sviluppo delle infrastrutture di rete e delle infrastrutture di trasporto;

9) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo per la creazione, contestualmente al periodo di programmazione dei Fondi di coesione Ue 2021-2027, di un fondo per il finanziamento di politiche specifiche per le aree interne, rurali e montane, a sostegno anche della tipicità e specificità delle Unioni montane;

10) ad adottare le iniziative necessarie per riconoscere il ruolo delle Unioni montane nei contesti elettorali nella definizione dei collegi;

11) ad assumere tutte le necessarie iniziative, per quanto di competenza, per agevolare la formazione di accordi e politiche comuni tra le regioni alpine e appenniniche in materia di politiche ambientali e gestione dei parchi;

12) a individuare ed adottare le iniziative normative necessarie per garantire alle Unioni montane un maggiore decentramento amministrativo e libertà di gestione dei propri tenitori, incrementando il ruolo «sussidiario» dello Stato centrale ed incrementando l'autonomia dei territori;

13) ad adottare iniziative per sostenere lo sviluppo del turismo rurale e dell'agroturismo montano tramite maggiori semplificazioni amministrative ed esenzioni fiscali, preservando al contempo la specificità di tali aree, come le tradizioni ed i prodotti locali tipici;

14) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per rivitalizzare le aree interne, rurali e montane del Paese in fase di spopolamento, attuando una differenziazione fiscale al fine di favorire investimenti pubblici e privati, la nascita di nuove imprese, la residenzialità e il contrasto all'abbandono del territorio, garantendo altresì un'efficiente manutenzione delle infrastrutture locali spesso danneggiate dal maltempo e seguendo la pratica delle « zones de revitilisation rurale» (ZRR) predisposte dalla Repubblica francese a tutela delle Unioni montane;

15) ad adottare le necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire l'erogazione di servizi essenziali alla popolazione residente quali servizi legati alla sanità, trasporti, istruzione, poste e telecomunicazioni, tenendo in considerazione le difficoltà legate alla loro predisposizione in contesti territoriali impervi e di non facile gestione;

16) ad adottare iniziative per individuare modalità di compensazione dello sfruttamento delle risorse naturali presenti sul territorio delle aree interne, rurali e montane a vantaggio prioritario e diretto della popolazione residente, in forma di sgravi e compensazioni fiscali, col fine di garantire una gestione del territorio e delle comunità sostenibile;

17) ad indirizzare le azioni delle politiche per la montagna a favore e tutela della tipicità delle singole Unioni montane, adottando iniziative anche normative, per favorire l'istituto della federazione di comuni rispetto a quello della fusione o dell'unione dei comuni;

18) ad adottare tutte le iniziative necessarie per svolgere un ruolo di mediatore tra regioni alpine ed enti locali, promuovendo un patto sociale tra aree urbane ed aree interne, rurali e montane, anche valutando di adottare iniziative normative per introdurre forme di rappresentanza politica derivanti, oltre che dalla consistenza numerica, dall'estensione del territorio;

19) ad adottare iniziative per valutare la definizione e la predisposizione di compensazioni e strumenti perequativi per ricompensare la salvaguardia e la tutela del patrimonio ambientale, anche per la prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta da chi abita la montagna dando nuova considerazione alla manutenzione, al presidio e alla tutela del patrimonio come servizi di pubblica utilità erogati a vantaggio dell'intera comunità;

20) ad assumere iniziative volte a garantire la riduzione o, almeno, a evitare ulteriore aggravio per i costi di carburante nelle aree montane, posto che oggi il carburante costa di più perché i costi di trasporto in montagna sono caricati sul consumatore e c’è scarsità di punti di rifornimento, e ad assicurare la diminuzione, in tale aree, degli importi dei pedaggi autostradali;

21) ad adottare iniziative di competenza per elaborare un Piano di sostegno alla residenzialità abitativa e commerciale per le località montane attraverso specifiche politiche di riduzione fiscale;

22) a valutare la possibilità di adottare iniziative per rivedere l'aliquota del 22 per cento per i comuni di montagna, o, almeno, per lasciare parte degli introiti derivanti dall'applicazione di detta aliquota sul territorio per destinarli ai più importanti investimenti infrastrutturali;

23) ad adottare iniziative per rivedere le modalità di calcolo per l'assegnazione delle risorse finalizzate all'erogazione dei servizi ai territori, attualmente basata sul numero degli abitati degli stessi, al fine di evitare che la riduzione dei servizi dovuta al già grave fenomeno di spopolamento ne possa generare un ulteriore peggioramento.
(1-00317) «Lollobrigida, Meloni, Ciaburro, Luca De Carlo, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    il territorio dello Stato italiano è costituito al 55 per cento da zone montane, le cui specifiche caratteristiche climatiche, ambientali, geografiche e morfologiche ne hanno ampiamente condizionato e determinato numerosi aspetti culturali e socioeconomici e, nonostante tale evidenza, queste aree sono ad oggi gestite secondo gli stessi criteri adottati per la gestione delle aree a maggiore densità di popolazione e dei principali centri urbani siti in località pianeggianti;
    le criticità naturali tipiche dei territori montani, l'impianto normativo manifestamente inadeguato ed i criteri utilizzati nella gestione degli stessi rendono vieppiù difficoltosa la presenza delle popolazioni nei territori montani, messa ulteriormente in difficoltà da incomprensibili ed obsolete lungaggini burocratiche;
    almeno un quarto della popolazione delle aree rurali e montane del Paese non ha accesso a connessioni internet ad alta velocità, riscontrando conseguenti difficoltà nell'accesso a servizi telematici, televisivi e radiofonici;
    le zone montane e rurali costituiscono il 65 per cento del territorio dell'Unione europea, ospitando il 57 per cento della popolazione dell'Unione e generando il 46 per cento del valore aggiuntivo lordo;
    le zone montane rappresentano un presidio a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico del Paese, costituendo un patrimonio collettivo la cui salvaguardia impone oneri e costi che ad oggi gravano quasi esclusivamente sulle comunità che vi vivono, incrementando le numerose difficoltà che queste devono affrontare;
    tali problematiche hanno determinato una crescente insostenibilità economica delle comunità situate in aree montane e rurali, le quali sono soggette ad un continuo spopolamento, soprattutto di giovani, che abbandonano le comunità alla ricerca di opportunità in aree urbane, incrementando a sua volta i costi per il mantenimento delle aree montane e rurali, e i danni generati dall'abbandono;
    è responsabilità dello Stato, ai sensi della Costituzione, garantire uguali opportunità a tutti i cittadini e rimuovete ogni ostacolo che ne impedisca l'autorealizzazione, rendendo dunque auspicabile porre attenzione sulla «questione montana», anche nella sua dimensione umana, coinvolgendo e istituzioni locali;
    l'articolo 44 della Costituzione offre una «protezione costituzionale» a tutela delle aree montane, protezione poi confermata dalle possibilità di cooperazione messe a disposizione dall'Unione europea, come l'accordo Eusalp;
    la crescente scarsità delle risorse naturali, tema la cui importanza è stata accresciuta dal fenomeno dei «cambiamenti climatici» richiede di riportare il patrimonio ambientale, le risorse naturali e dunque anche le aree rurali e montane del Paese al centro del dibattito, richiamando l'importanza di stipulare un nuovo patto tra cittadino e territorio;
    la legge 31 gennaio 1994, n. 97, recante «Nuove disposizioni per le zone montane» ha delineato un quadro strategico nel quale muoversi per incrementare le tutele nei confronti delle zone montane e rurali, esigenza poi confermata dalla risoluzione del 3 ottobre 2018 del Parlamento europeo (2018/2720(RSP)), la quale ha ribadito il ruolo centrale delle aree interne, rurali e montane nelle politiche di sviluppo dell'Unione europea;
    nonostante gli sforzi normativi sia della legge 25 luglio 1952, n. 991, recante «Provvedimenti in favore dei territori montani» sia della legge 31 gennaio 1994, n. 97, la definizione di «montanità» resta un elemento poco chiaro e oggetto di controversie, al netto di una mancata armonizzazione tra quadro regolamentare europeo, nazionale e regionale;
    il 29 gennaio 2019 è stata presentata una proposta di legge, tuttora in attesa di essere discussa, per istituire e disciplinare le zone franche di montagna (ZFM), con lo scopo di salvaguardare e promuovere lo sviluppo delle aree montane e di favorire la residenzialità e l'imprenditorialità in questo tipo di territori;
    il Politecnico di Torino, l'università degli studi di Torino, la regione Piemonte, la città di Mondovì, l'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (Uncem) del Piemonte, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e la Fondazione Collegio Carlo Alberto, centri di eccellenza, hanno siglato nel 2016 un Memorandum of understanding per ripensare i modelli di sviluppo delle Alte Terre europee in occasione della decisione dell'Unione europea di individuare una strategia unica per la costituenda Macroregione Alpina, prevedendo l'istituzione di iniziative di eccellenza a supporto della sostenibilità delle Alte Terre;
   l'incontro tra iniziative di eccellenza e collaborazioni tra pubblico e privato per elaborare soluzioni allo spopolamento delle aree rurali e montane, anche con la finalità di realizzare strategie di sviluppo sostenibili del territorio, se gestito e pianificato in modo adeguato può contribuire positivamente alla creazione di posti di lavoro e di ricchezza;
   in data 31 gennaio 2020 il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha convocato una seduta plenaria degli «Stati Generali della Montagna» e si ritiene opportuno che il Parlamento, tramite la presente mozione, segni alcuni punti di visione strategica sul tema, anche al fine di orientare l'azione del Governo in materia,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative necessarie per garantire la piena attuazione dell'articolo 44, secondo comma, della Costituzione, armonizzando e dando luogo ad una definizione unica di «montanità», e adottando, per le aree ricadenti sotto questa categoria, politiche improntate alla semplificazione degli oneri burocratici ed amministrativi che ricadono sulle popolazioni risiedenti nelle terre alte, riconoscendone la tipicità;

2) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per riconoscere il ruolo dei piccoli comuni, dando loro la possibilità di associarsi, riconoscendone le peculiarità, anche tramite confronti con le istituzioni locali;

3) ad assumere tutte le iniziative necessarie per sostenere progetti ed iniziative che mettano in sinergia enti di ricerca, società civile, istituzioni ed enti locali, anche al fine dell'elaborazione di strategie di sviluppo sostenibile delle «Alte Terre»;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per sviluppare approcci integrati per l'erogazione di servizi di alta formazione di supporto allo sviluppo sostenibile delle «Alte Terre», prevedendo anche la collaborazione tra pubblico e privato, istituzioni e università e agevolando, ove applicabile, il ricorso a fondi strutturali europei e l'iniziativa privata;

5) ad adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, per garantire la sopravvivenza delle Unioni montane, anche garantendo la possibilità per le varie Unioni di federarsi, e interpretando un ruolo di mediatore tra Unioni montane e istituzioni adibite alla ricerca ed all'alta formazione;

6) a individuare e porre in essere le necessarie iniziative di competenza per sostenere e valorizzare la presenza dei giovani nelle Unioni montane, valorizzando il patrimonio edilizio, agevolando la partecipazione alle attività culturali e sportive, garantendo lo sviluppo delle infrastrutture di rete 5G e la diffusione della connessione a banda larga, l'accessibilità alla formazione, ai servizi pubblici ed ai servizi di trasporto anche e soprattutto in quelle aree a fallimento di mercato quali quelle montane;

7) ad adottare tutte le iniziative di competenza necessarie per sviluppare la strategia europea Eusalp, garantendo agli enti locali una maggiore partecipazione nelle sue strategie di definizione, ponendo in essere il necessario supporto logistico ed agevolando la comunicazione e la cooperazione anche con i comuni montani dei Paesi al confine con l'Italia;

8) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per contrastare lo spopolamento delle aree rurali e montane, anche tramite semplificazioni degli oneri amministrativi, incentivi fiscali, sviluppo delle infrastrutture di rete e delle infrastrutture di trasporto;

9) ad assumere le necessarie iniziative in ambito europeo per la creazione, contestualmente al periodo di programmazione dei Fondi di coesione Ue 2021-2027, di un fondo per il finanziamento di politiche specifiche per le aree interne, rurali e montane, a sostegno anche della tipicità e specificità delle Unioni montane;

10) ad adottare le iniziative necessarie per riconoscere il ruolo delle Unioni montane nei contesti elettorali nella definizione dei collegi;

11) ad assumere tutte le necessarie iniziative, per quanto di competenza, per agevolare la formazione di accordi e politiche comuni tra le regioni alpine e appenniniche in materia di politiche ambientali e gestione dei parchi;

12) a individuare ed adottare le iniziative normative necessarie per garantire alle Unioni montane un maggiore decentramento amministrativo e libertà di gestione dei propri tenitori, incrementando il ruolo «sussidiario» dello Stato centrale ed incrementando l'autonomia dei territori;

13) ad adottare iniziative per sostenere lo sviluppo del turismo rurale e dell'agroturismo montano tramite maggiori semplificazioni amministrative ed esenzioni fiscali, preservando al contempo la specificità di tali aree, come le tradizioni ed i prodotti locali tipici;

14) a individuare e dare attuazione a tutte le iniziative necessarie per rivitalizzare le aree interne, rurali e montane del Paese in fase di spopolamento, attuando una differenziazione fiscale al fine di favorire investimenti pubblici e privati, la nascita di nuove imprese, la residenzialità e il contrasto all'abbandono del territorio, garantendo altresì un'efficiente manutenzione delle infrastrutture locali spesso danneggiate dal maltempo e seguendo la pratica delle « zones de revitilisation rurale» (ZRR) predisposte dalla Repubblica francese a tutela delle Unioni montane;

15) ad adottare le necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire l'erogazione di servizi essenziali alla popolazione residente quali servizi legati alla sanità, trasporti, istruzione, poste e telecomunicazioni, tenendo in considerazione le difficoltà legate alla loro predisposizione in contesti territoriali impervi e di non facile gestione;

16) ad adottare iniziative per individuare modalità di compensazione dello sfruttamento delle risorse naturali presenti sul territorio delle aree interne, rurali e montane a vantaggio prioritario e diretto della popolazione residente, in forma di sgravi e compensazioni fiscali, col fine di garantire una gestione del territorio e delle comunità sostenibile;

17) ad indirizzare le azioni delle politiche per la montagna a favore e tutela della tipicità delle singole Unioni montane;

18) ad adottare tutte le iniziative necessarie per svolgere un ruolo di mediatore tra regioni alpine ed enti locali, promuovendo un patto sociale tra aree urbane ed aree interne, rurali e montane, anche valutando di adottare iniziative normative per introdurre forme di rappresentanza politica derivanti, oltre che dalla consistenza numerica, dall'estensione del territorio;

19) ad adottare iniziative per valutare la definizione e la predisposizione di compensazioni e strumenti perequativi per ricompensare la salvaguardia e la tutela del patrimonio ambientale, anche per la prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta da chi abita la montagna dando nuova considerazione alla manutenzione, al presidio e alla tutela del patrimonio come servizi di pubblica utilità erogati a vantaggio dell'intera comunità;

20) ad assumere iniziative volte a garantire la riduzione o, almeno, a evitare ulteriore aggravio per i costi di carburante nelle aree montane, posto che oggi il carburante costa di più perché i costi di trasporto in montagna sono caricati sul consumatore e c’è scarsità di punti di rifornimento, e ad assicurare la diminuzione, in tale aree, degli importi dei pedaggi autostradali;

21) ad adottare iniziative di competenza per elaborare un Piano di sostegno alla residenzialità abitativa e commerciale per le località montane attraverso specifiche politiche di riduzione fiscale;

22) ad adottare iniziative per rivedere le modalità di calcolo per l'assegnazione delle risorse finalizzate all'erogazione dei servizi ai territori, attualmente basata sul numero degli abitati degli stessi, al fine di evitare che la riduzione dei servizi dovuta al già grave fenomeno di spopolamento ne possa generare un ulteriore peggioramento.
(1-00317)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Lollobrigida, Meloni, Ciaburro, Luca De Carlo, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone che l'Unione debba provvedere a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni riferendosi, tra l'altro, alle aree che presentano permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le zone rurali, le aree montane e quelle periferiche;
    l'articolo 44 della Costituzione italiana prevede espressamente che la legge disponga provvedimenti a favore delle zone montane. A tal fine, nel corso della storia repubblicana, diverse leggi si sono susseguite, ultima delle quali la legge n. 97 del 1994, recante «Nuove disposizioni per le zone montane»;
    nel corso della precedente legislatura è stata approvata, quale atto conclusivo di un dibattito politico-parlamentare iniziato nel 2001, la legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni», considerando come tali quelli con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Si tratta di una platea di 5.498 comuni su un totale di 7.914 (69,5 per cento), dove risiedono (dati Istat 2017) poco meno di dieci milioni di abitanti, cioè il 16,3 per cento del totale dei cittadini italiani;
    i piccoli comuni in Italia sono essenzialmente i comuni montani: sulla base della definizione oggi vigente in Italia sono totalmente montani 3.460 comuni (cioè con territorio con una altitudine media attorno ai 500-600 metri di altezza). Questi comuni coprono il 48 per cento della superficie nazionale con il 13 per cento della popolazione (circa 8 milioni). La densità di popolazione è circa un terzo della media nazionale;
    nell'ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020, è stato dato avvio, in attuazioni delle norme primarie sopra descritte, alla Strategia nazionale per le aree interne (Snai) diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrarre, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle più lontane dai servizi di base. La strategia ha individuato 72 aree interne di intervento, che comprendono 1.077 comuni, per 2.072.718 abitanti e un territorio di 51.366 chilometri quadrati, poco meno di un sesto del territorio nazionale;
    nella mappa di riferimento della Snai, sono stati classificati come periferico ed ultraperiferico il 30 per cento del territorio nazionale, con il 7,6 per cento della popolazione che vive ad una distanza di oltre 40 minuti dai centri di servizio. È stato classificato come intermedio un ulteriore 29,2 per cento del territorio, con il 14,9 per cento della popolazione, con una distanza compresa tra 20 e 40 minuti. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 314) ha incrementato di 200 milioni, di cui 60 milioni per il 2021 e 70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, le risorse nazionali destinate alla Snai per un complesso di risorse che ammontano, per il periodo 2015-2023, a 481,2 milioni;
    la legge finanziaria per il 2013 ha istituito il fondo nazionale integrativo per i comuni montani, classificati interamente montani, dotato di 5 milioni l'anno. Le quattro annualità 2014-2017 sono state destinate al contrasto della desertificazione commerciale che oggi riguarda oltre mille comuni italiani, dei quali 200 già rimasti senza un negozio e senza un bar e altri 500 sono con meno di tre esercizi. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1 comma 314) ha disposto l'istituzione, presso il dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022;
    numerose sono state le misure per la realizzazione di opere pubbliche nei piccoli comuni tra il 2013 e il 2020. A partire dal programma «6.000 campanili» l'importo complessivo delle risorse stanziate tra il 2013 e il 2017 a tale scopo, secondo l'accurata disamina del Servizio studi della Camera, è stato di 900 milioni di euro. Nella corrente legislatura, la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 107) ha stanziato 400 milioni (di cui 207 destinati ai piccoli comuni) per investimenti relativi alla messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale. Il «decreto crescita» (decreto-legge n. 34 del 2019, articolo 30) ha destinato ai 5.498 piccoli comuni 50.000 euro l'uno, pari a 274,9 milioni, per interventi per lo sviluppo territoriale sostenibile;
    la legge di bilancio 2020, ha assegnato ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 per l'anno 2022, 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Per il riparto è previsto un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro la data del 31 gennaio 2020;
    occorre prendere positivamente atto dell'attenzione che i Governi della precedente e della presente legislatura hanno prestato alle opere pubbliche e agli interventi per i comuni piccoli e grandi. Ma si tratta di misure che mancano del carattere di organicità, concentrate su specifici aspetti o sulla realizzazione di lavori pubblici. Gli investimenti in medie e piccole opere pubbliche non creano direttamente sviluppo, anche ne sono i prodromi. Certo, creano occupazione e reddito per le imprese locali. Ma in termini più generali, anche considerando che una strada funzionale o un ponte o una scuola ricostruiti sono elementi che sostengono la crescita economica, occorre tener presente che i 1.282 milioni spesi tra il 2013 e il 2019 di fatto non hanno contrastato la crisi dei piccoli comuni, delle aree interne e delle aree montane, con il conseguente abbandono dei territori. Nel 1951 la popolazione montana rappresentava il 41,8 per cento sul totale nazionale, oggi la percentuale è scesa al 26 per cento;
    viceversa un'agevolazione fiscale per l'insediamento, un contributo a fondo perduto o un prestito agevolato ad una attività economica, se indirizzati ad una platea indistinta di soggetti, ma riferita ad una specifica area territoriale, sono moltiplicatori diretti di sviluppo. Una presenza umana può essere garantita solo con interventi di concreta agevolazione, che si discostino dal mero assistenzialismo o dall'assegnazione di risorse una tantum. L'assunto che questa parte politica sostiene è il seguente: è solo lo sviluppo economico, sorretto da adeguate politiche di welfare che ferma la crisi economica, produttiva e demografica delle aree montane e interne;
    emblematico dell'incapacità delle pubbliche amministrazioni di muoversi in questo senso è quanto accaduto in merito all'esito dei progetti relativi ai piani di sviluppo rurale (Psr) del periodo 2014-2020 o a valere sulla misura «resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017 che è finanziata con le risorse del fondo sviluppo e coesione: gli errori di programmazione delle amministrazioni regionali, in particolare nelle regioni del (SUP), hanno determinato il respingimento del 55 per cento (oltre 20 mila domande) delle quasi 39 mila presentate da giovani aspiranti imprenditori agricoli, con punte di oltre il 75 per cento di domande respinte in Basilicata, Calabria e Puglia, con il rischio di perdere i fondi messi a disposizione dall'Unione europea e la prospettiva, per i giovani aspiranti, di perdere la propria quota di investimento. Il risultato è la perdita di un potenziale di mezzo miliardo all'anno di valore aggiunto che le giovani imprese avrebbero potuto sviluppare;
    la legge n. 158 del 2017, che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, che si prefigura appunto di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni, dispone di un fondo per lo sviluppo strutturale, economico le sociale, di soli 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, pari a 2,5 euro a testa per anno per abitante. Nella proposta originaria che la Camera aveva approvato nel 2016, erano presenti un fondo per incentivare la residenza nei piccoli comuni di 20 milioni e un fondo sviluppo strutturale di 40 milioni per due anni. Inoltre, era previsto un piano di sviluppo territori rurali, con oneri a carico dei Fondi dell'Unione europea. In più, le due prime proposte delle commissioni contenevano un terzo fondo per il recupero e riqualificazione dei centri storici 50 milioni di euro per due anni. In totale 115 milioni di euro l'anno a regime;
    la legge n. 158, oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre due anni dall'entrata in vigore, totalmente inattuata. Manca il piano nazionale, mancano i criteri per la salvaguardia e il mantenimento di servizi essenziali. Manca il piano per l'istruzione destinato alle zone rurali e montane, inattuate risultano anche altre previsioni di sviluppo territoriale. Manca persino l'individuazione dei parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni che possono accedere alle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, che dovevano essere emanati entro il 17 marzo 2018 con un decreto interministeriale;
    il territorio italiano è costituito per circa il 35 per cento da montagne, percentuale decisamente superiore alla superficie pianeggiante, che è pari a circa il 23 per cento. La montagna rappresenta una peculiarità indiscutibile del territorio nazionale, caratterizzata da paesaggi naturali bellissimi e incontaminati. Non a caso l'innovativa «legge Galasso» degli anni ’80, oggi trasfusa nell'articolo 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio, assicurava la protezione delle montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri per la catena appenninica e per le isole, riconoscendo loro il valore di «aree di ricarica», cioè di produzione e rigenerazione dell'aria e dell'acqua e di conservazione della biodiversità;
    si tratta quindi di riconoscere alla montagna il «servizio» prestato alla pianura e di coniugare la sfida ambientalista del Green new deal lanciato dall'Unione, con lo sviluppo economico che è necessario assicurare a coloro che scelgono di insediarvisi per vivere o portare avanti la propria attività. Si tratta di recuperare patrimoni edilizi abbandonati (secondo una ricerca del Cescat – Centro studi casa ambiente e territorio di Assoedilizia, in Italia esistono oltre 2 milioni di case abbandonate e disabitate, prevalentemente ubicate nei piccoli comuni, nelle campagne e in montagna), rimettere a coltura terreni e pascoli abbandonati, riconoscere all'agricoltura di montagna il suo ruolo di presidio idrogeologico, riportare le attività commerciali e artigianali nei piccoli comuni, decentrare il turismo indirizzandolo verso le migliaia di meravigliosi borghi che punteggiano il nostro territorio;
    il rapporto « La montagna perduta» Cer-Uncem del 2016 denuncia i rischi dello spopolamento ma evidenzia che l'abbandono dei piccoli centri avviene solo dove le politiche pubbliche di sostegno alle attività economiche e di welfare non sono lungimiranti. Val d'Aosta e Trentino Alto Adige, negli ultimi 40 anni hanno registrato un incremento di popolazione tra i più alti d'Italia, sono oggi le regioni più «giovani» del Paese e quelle più capaci di moltiplicare la ricchezza interna;
    l'Unione europea, peraltro offre il medesimo indirizzo: con più risoluzioni il Parlamento europeo ha richiamato la Commissione sulla politica di coesione nelle regioni montane d'Europa: la risoluzione approvata il 3 ottobre 2018 (2018/2720(RSP) chiede espressamente che «l'Agenda dell'Unione europea per le zone rurali, montane e periferiche favorisca lo sviluppo socioeconomico, la crescita e la diversificazione dell'economia, il benessere sociale, la protezione della natura nonché la cooperazione e l'interconnessione con le zone urbane al fine di promuovere la coesione e prevenire il rischio di frammentazione territoriali»,

impegna il Governo:

1) anche con riferimento al contributo e agli indirizzi che è necessario offrire agli «Stati generali della montagna» convocati dal Ministro per gli affari generali e le autonomie per il 31 gennaio 2020, ad assumere iniziative per:
   a) dare piena attuazione alla legge n. 158 del 2017 recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, dotandola di risorse adeguate, al fine di consentire il perseguimento delle finalità in essa previste;
   b) prevedere la costituzione di fondi per incentivare la residenza nei piccoli comuni, anche mutuando le esperienze regionali già in corso;
   c) valutare la possibilità di istituire zone montane a fiscalità di vantaggio sulla base del grado di marginalità, del rischio di desertificazione economica e commerciale e del calo demografico nell'ultimo quinquennio;
   d) definire misure compensative riconoscendo la funzione di salvaguardia delle «aree di ricarica» montane, di cui all'articolo 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, nonché di gestione degli equilibri territoriali e di prevenzione del dissesto idrogeologico, svolta dai cittadini, dagli operatori economici e delle comunità insistenti nelle aree montane;
   e) rafforzare la tutela del paesaggio nelle aree montane non solo come elemento necessario per la qualità della vita dei cittadini, ma anche come corretta interazione tra attività antropiche e ambiente naturale, anche valutando l'utilizzo a tale scopo di quota parte delle risorse previste per il Green new dalla legge di bilancio per il 2020;
   f) adottare misure volte a consentire la sollecita erogazione delle risorse, a valere sui fondi assegnati ai piani di sviluppo rurale (Psr) o alla misura «resto al Sud» di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, volte a favorire l'insediamento di giovani imprenditori nelle aree marginali, agricole e montane del Paese;
   g) introdurre specifiche misure di welfare (sanità, trasporti, istruzione, servizi pubblici) per le aree montane del Paese, migliorando le finalizzazioni delle risorse della Strategia nazionale per le aree interne e ridefinendo a livello nazionale i criteri di inclusione nelle aree di intervento, al fine di evitare disparità di trattamento ed esclusioni, derivanti da criteri di selezione aggiuntivi adottati dalle regioni;
   h) al fine di ridurre il divario infrastrutturale e le «distanze fisiche» con le altre aree del Paese, prevedere che l'Agenda digitale in corso di attuazione comprenda un capitolo montagna, tramite il quale sia data priorità nella posa della banda ultralarga alle aree «bianche» montane e periferiche, anche in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 158 del 2017;
   i) introdurre specifiche e più efficaci misure volte: a favorire la ricomposizione fondiaria; a ridefinire il compendio unico in agricoltura di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228; a consentire il recupero degli immobili, dei terreni e dei pascoli abbandonati; a riconoscere la multifunzionalità delle aziende agricole insediate nelle zone montane;
   l) redigere un testo unico delle leggi sulla montagna, in cui siano raccolte tutte le disposizioni e i fondi ad essa riferite, coordinandole con le strategie di intervento economico e ambientale in corso di attuazione.
(1-00318) «Vietina, Novelli, D'Ettore, Bond, Sandra Savino, Brunetta, Porchietto, Napoli, Ruffino, Occhiuto, Pella, Giacometto».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea dispone che l'Unione debba provvedere a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni riferendosi, tra l'altro, alle aree che presentano permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le zone rurali, le aree montane e quelle periferiche;
    l'articolo 44 della Costituzione italiana prevede espressamente che la legge disponga provvedimenti a favore delle zone montane. A tal fine, nel corso della storia repubblicana, diverse leggi si sono susseguite, ultima delle quali la legge n. 97 del 1994, recante «Nuove disposizioni per le zone montane»;
    nel corso della precedente legislatura è stata approvata, quale atto conclusivo di un dibattito politico-parlamentare iniziato nel 2001, la legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni», considerando come tali quelli con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Si tratta di una platea di 5.498 comuni su un totale di 7.914 (69,5 per cento), dove risiedono (dati Istat 2017) poco meno di dieci milioni di abitanti, cioè il 16,3 per cento del totale dei cittadini italiani;
    i piccoli comuni in Italia sono essenzialmente i comuni montani: sulla base della definizione oggi vigente in Italia sono totalmente montani 3.460 comuni (cioè con territorio con una altitudine media attorno ai 500-600 metri di altezza). Questi comuni coprono il 48 per cento della superficie nazionale con il 13 per cento della popolazione (circa 8 milioni). La densità di popolazione è circa un terzo della media nazionale;
    nell'ambito della politica regionale di coesione per il ciclo 2014-2020, è stato dato avvio, in attuazioni delle norme primarie sopra descritte, alla Strategia nazionale per le aree interne (Snai) diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrarre, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle più lontane dai servizi di base. La strategia ha individuato 72 aree interne di intervento, che comprendono 1.077 comuni, per 2.072.718 abitanti e un territorio di 51.366 chilometri quadrati, poco meno di un sesto del territorio nazionale;
    nella mappa di riferimento della Snai, sono stati classificati come periferico ed ultraperiferico il 30 per cento del territorio nazionale, con il 7,6 per cento della popolazione che vive ad una distanza di oltre 40 minuti dai centri di servizio. È stato classificato come intermedio un ulteriore 29,2 per cento del territorio, con il 14,9 per cento della popolazione, con una distanza compresa tra 20 e 40 minuti. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1, comma 314) ha incrementato di 200 milioni, di cui 60 milioni per il 2021 e 70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, le risorse nazionali destinate alla Snai per un complesso di risorse che ammontano, per il periodo 2015-2023, a 481,2 milioni;
    la legge finanziaria per il 2013 ha istituito il fondo nazionale integrativo per i comuni montani, classificati interamente montani, dotato di 5 milioni l'anno. Le quattro annualità 2014-2017 sono state destinate al contrasto della desertificazione commerciale che oggi riguarda oltre mille comuni italiani, dei quali 200 già rimasti senza un negozio e senza un bar e altri 500 sono con meno di tre esercizi. La legge di bilancio per il 2020 (articolo 1 comma 314) ha disposto l'istituzione, presso il dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022;
    numerose sono state le misure per la realizzazione di opere pubbliche nei piccoli comuni tra il 2013 e il 2020. A partire dal programma «6.000 campanili» l'importo complessivo delle risorse stanziate tra il 2013 e il 2017 a tale scopo, secondo l'accurata disamina del Servizio studi della Camera, è stato di 900 milioni di euro. Nella corrente legislatura, la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, comma 107) ha stanziato 400 milioni (di cui 207 destinati ai piccoli comuni) per investimenti relativi alla messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale. Il «decreto crescita» (decreto-legge n. 34 del 2019, articolo 30) ha destinato ai 5.498 piccoli comuni 50.000 euro l'uno, pari a 274,9 milioni, per interventi per lo sviluppo territoriale sostenibile;
    la legge di bilancio 2020, ha assegnato ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2021, 250 per l'anno 2022, 550 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e 700 milioni per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Per il riparto è previsto un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro la data del 31 gennaio 2020;
    occorre prendere positivamente atto dell'attenzione che i Governi della precedente e della presente legislatura hanno prestato alle opere pubbliche e agli interventi per i comuni piccoli e grandi. Ma si tratta di misure che mancano del carattere di organicità, concentrate su specifici aspetti o sulla realizzazione di lavori pubblici. Gli investimenti in medie e piccole opere pubbliche non creano direttamente sviluppo, anche ne sono i prodromi. Certo, creano occupazione e reddito per le imprese locali. Ma in termini più generali, anche considerando che una strada funzionale o un ponte o una scuola ricostruiti sono elementi che sostengono la crescita economica, occorre tener presente che i 1.282 milioni spesi tra il 2013 e il 2019 di fatto non hanno contrastato la crisi dei piccoli comuni, delle aree interne e delle aree montane, con il conseguente abbandono dei territori. Nel 1951 la popolazione montana rappresentava il 41,8 per cento sul totale nazionale, oggi la percentuale è scesa al 26 per cento;
    viceversa un'agevolazione fiscale per l'insediamento, un contributo a fondo perduto o un prestito agevolato ad una attività economica, se indirizzati ad una platea indistinta di soggetti, ma riferita ad una specifica area territoriale, sono moltiplicatori diretti di sviluppo. Una presenza umana può essere garantita solo con interventi di concreta agevolazione, che si discostino dal mero assistenzialismo o dall'assegnazione di risorse una tantum. L'assunto che questa parte politica sostiene è il seguente: è solo lo sviluppo economico, sorretto da adeguate politiche di welfare che ferma la crisi economica, produttiva e demografica delle aree montane e interne;
    emblematico dell'incapacità delle pubbliche amministrazioni di muoversi in questo senso è quanto accaduto in merito all'esito dei progetti relativi ai piani di sviluppo rurale (Psr) del periodo 2014-2020 o a valere sulla misura «resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017 che è finanziata con le risorse del fondo sviluppo e coesione: gli errori di programmazione delle amministrazioni regionali, in particolare nelle regioni del (SUP), hanno determinato il respingimento del 55 per cento (oltre 20 mila domande) delle quasi 39 mila presentate da giovani aspiranti imprenditori agricoli, con punte di oltre il 75 per cento di domande respinte in Basilicata, Calabria e Puglia, con il rischio di perdere i fondi messi a disposizione dall'Unione europea e la prospettiva, per i giovani aspiranti, di perdere la propria quota di investimento. Il risultato è la perdita di un potenziale di mezzo miliardo all'anno di valore aggiunto che le giovani imprese avrebbero potuto sviluppare;
    la legge n. 158 del 2017, che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, che si prefigura appunto di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni, dispone di un fondo per lo sviluppo strutturale, economico le sociale, di soli 25 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, pari a 2,5 euro a testa per anno per abitante. Nella proposta originaria che la Camera aveva approvato nel 2016, erano presenti un fondo per incentivare la residenza nei piccoli comuni di 20 milioni e un fondo sviluppo strutturale di 40 milioni per due anni. Inoltre, era previsto un piano di sviluppo territori rurali, con oneri a carico dei Fondi dell'Unione europea. In più, le due prime proposte delle commissioni contenevano un terzo fondo per il recupero e riqualificazione dei centri storici 50 milioni di euro per due anni. In totale 115 milioni di euro l'anno a regime;
    la legge n. 158, oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre due anni dall'entrata in vigore, totalmente inattuata. Manca il piano nazionale, mancano i criteri per la salvaguardia e il mantenimento di servizi essenziali. Manca il piano per l'istruzione destinato alle zone rurali e montane, inattuate risultano anche altre previsioni di sviluppo territoriale. Manca persino l'individuazione dei parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni che possono accedere alle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, che dovevano essere emanati entro il 17 marzo 2018 con un decreto interministeriale;
    il territorio italiano è costituito per circa il 35 per cento da montagne, percentuale decisamente superiore alla superficie pianeggiante, che è pari a circa il 23 per cento. La montagna rappresenta una peculiarità indiscutibile del territorio nazionale, caratterizzata da paesaggi naturali bellissimi e incontaminati. Non a caso l'innovativa «legge Galasso» degli anni ’80, oggi trasfusa nell'articolo 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio, assicurava la protezione delle montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri per la catena appenninica e per le isole, riconoscendo loro il valore di «aree di ricarica», cioè di produzione e rigenerazione dell'aria e dell'acqua e di conservazione della biodiversità;
    si tratta quindi di riconoscere alla montagna il «servizio» prestato alla pianura e di coniugare la sfida ambientalista del Green new deal lanciato dall'Unione, con lo sviluppo economico che è necessario assicurare a coloro che scelgono di insediarvisi per vivere o portare avanti la propria attività. Si tratta di recuperare patrimoni edilizi abbandonati (secondo una ricerca del Cescat – Centro studi casa ambiente e territorio di Assoedilizia, in Italia esistono oltre 2 milioni di case abbandonate e disabitate, prevalentemente ubicate nei piccoli comuni, nelle campagne e in montagna), rimettere a coltura terreni e pascoli abbandonati, riconoscere all'agricoltura di montagna il suo ruolo di presidio idrogeologico, riportare le attività commerciali e artigianali nei piccoli comuni, decentrare il turismo indirizzandolo verso le migliaia di meravigliosi borghi che punteggiano il nostro territorio;
    il rapporto « La montagna perduta» Cer-Uncem del 2016 denuncia i rischi dello spopolamento ma evidenzia che l'abbandono dei piccoli centri avviene solo dove le politiche pubbliche di sostegno alle attività economiche e di welfare non sono lungimiranti. Val d'Aosta e Trentino Alto Adige, negli ultimi 40 anni hanno registrato un incremento di popolazione tra i più alti d'Italia, sono oggi le regioni più «giovani» del Paese e quelle più capaci di moltiplicare la ricchezza interna;
    l'Unione europea, peraltro offre il medesimo indirizzo: con più risoluzioni il Parlamento europeo ha richiamato la Commissione sulla politica di coesione nelle regioni montane d'Europa: la risoluzione approvata il 3 ottobre 2018 (2018/2720(RSP) chiede espressamente che «l'Agenda dell'Unione europea per le zone rurali, montane e periferiche favorisca lo sviluppo socioeconomico, la crescita e la diversificazione dell'economia, il benessere sociale, la protezione della natura nonché la cooperazione e l'interconnessione con le zone urbane al fine di promuovere la coesione e prevenire il rischio di frammentazione territoriali»,

impegna il Governo:

1) anche con riferimento al contributo e agli indirizzi che è necessario offrire agli «Stati generali della montagna» convocati dal Ministro per gli affari generali e le autonomie per il 31 gennaio 2020, ad assumere iniziative per:
   a) dare piena attuazione alla legge n. 158 del 2017 recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, dotandola di risorse adeguate, al fine di consentire il perseguimento delle finalità in essa previste;
   b) prevedere la costituzione di fondi per incentivare la residenza nei piccoli comuni, anche mutuando le esperienze regionali già in corso;
   c) valutare la possibilità di istituire zone montane a fiscalità di vantaggio sulla base del grado di marginalità, del rischio di desertificazione economica e commerciale e del calo demografico nell'ultimo quinquennio;
   d) rafforzare la tutela del paesaggio nelle aree montane non solo come elemento necessario per la qualità della vita dei cittadini, ma anche come corretta interazione tra attività antropiche e ambiente naturale, anche valutando l'utilizzo a tale scopo di quota parte delle risorse previste per il Green new dalla legge di bilancio per il 2020;
   e) adottare misure volte a consentire la sollecita erogazione delle risorse, a valere sui fondi assegnati ai piani di sviluppo rurale (Psr) o alla misura «resto al Sud» di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, volte a favorire l'insediamento di giovani imprenditori nelle aree marginali, agricole e montane del Paese;
   f) introdurre specifiche misure di welfare (sanità, trasporti, istruzione, servizi pubblici) per le aree montane del Paese, migliorando le finalizzazioni delle risorse della Strategia nazionale per le aree interne e ridefinendo a livello nazionale i criteri di inclusione nelle aree di intervento, al fine di evitare disparità di trattamento ed esclusioni, derivanti da criteri di selezione aggiuntivi adottati dalle regioni;
   g) al fine di ridurre il divario infrastrutturale e le «distanze fisiche» con le altre aree del Paese, prevedere che l'Agenda digitale in corso di attuazione comprenda un capitolo montagna, tramite il quale sia data priorità nella posa della banda ultralarga alle aree «bianche» montane e periferiche, anche in attuazione dell'articolo 8 della legge n. 158 del 2017;
   h) introdurre specifiche e più efficaci misure volte: a favorire la ricomposizione fondiaria; a ridefinire il compendio unico in agricoltura di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228; a consentire il recupero degli immobili, dei terreni e dei pascoli abbandonati; a riconoscere la multifunzionalità delle aziende agricole insediate nelle zone montane;
   i) redigere un testo unico delle leggi sulla montagna, in cui siano raccolte tutte le disposizioni e i fondi ad essa riferite, coordinandole con le strategie di intervento economico e ambientale in corso di attuazione.
(1-00318)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Vietina, Novelli, D'Ettore, Bond, Sandra Savino, Brunetta, Porchietto, Napoli, Ruffino, Occhiuto, Pella, Giacometto».


PROPOSTA DI LEGGE: DORI ED ALTRI: MODIFICHE AL CODICE PENALE, ALLA LEGGE 29 MAGGIO 2017, N. 71, E AL REGIO DECRETO-LEGGE 20 LUGLIO 1934, N. 1404, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 27 MAGGIO 1935, N. 835, IN MATERIA DI PREVENZIONE E CONTRASTO DEL FENOMENO DEL BULLISMO E DI MISURE RIEDUCATIVE DEI MINORI (A.C. 1524-A) E ABBINATA PROPOSTA DI LEGGE: MELONI ED ALTRI (A.C. 1834)

A.C. 1524-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 3.

A.C. 1524-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
  All'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 1), capoverso comma 1, dopo le parole: al fine di predisporre inserire le seguenti:, compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente,;

  All'articolo 4, comma 1, sopprimere la lettera f);

  All'articolo 6, apportare le seguenti modificazioni:
   al comma 1, sopprimere le parole:, attraverso proprie piattaforme nazionali di formazione e monitoraggio,;
   al comma 3, sopprimere le parole: nella piattaforma di cui al comma 1;
   dopo il comma 3, aggiungere il seguente: 3-bis. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità attuative del presente articolo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  All'articolo 7, comma 2, sostituire le parole:, a valere sul fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107 con le seguenti:. Al relativo onere, pari a 200.000 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2020 e 2021, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

  All'articolo 8, sostituire il comma 2 con il seguente: 2. Nell'ambito dell'applicazione informatica offerta gratuitamente dal servizio 114, è prevista, per le finalità di cui al comma 1, una specifica area dotata di una funzione di geolocalizzazione, attivabile previo consenso dell'utilizzatore, nonché di un servizio di messaggistica istantanea.

  Dopo l'articolo 8, inserire il seguente:
  Art. 8-bis. 1. Salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 3.1, 3.12, 3.150, 4.101, 4.104, 4.105, 4.109, 4.110, 6.100, 7.100, 7.101 e 8.7 e sugli articoli aggiuntivi 2.01, 3.02, 3.0150, 6.0150, 8.03, 8.010, 8.0100, 8.0102, 8.0104, 8.0105, 8.0106, 8.0107, 8.0108, 8.0109, 8.0110, 8.0111 e 8.0112, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative contenute nel fascicolo n. 1.

A.C. 1524-A – Ulteriore parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE CONTENUTE NEL FASCICOLO N. 3 E NON COMPRESE NEL FASCICOLO N. 1.

PARERE FAVOREVOLE

  sull'emendamento 3.190 con la seguente condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   al capoverso lettera a-bis) dopo le parole: è istituito aggiungere le seguenti: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,

PARERE FAVOREVOLE

  sull'emendamento 4.192 con la seguente condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   alla parte consequenziale, capoverso 1-ter, sostituire le parole da: delle proiezioni fino alla fine del capoverso medesimo, con le seguenti: del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, di cui all'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208

PARERE FAVOREVOLE

  sull'articolo aggiuntivo 8.03 con la seguente condizione volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   al comma 2, sostituire la parola: annuale con la seguente: triennale

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 4.190, 4.191 e 6.190, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

  sulle restanti proposte emendative.

  Si intende conseguentemente revocato il parere contrario sull'articolo aggiuntivo 8.03 espresso nella seduta del 19 novembre 2019.

A.C. 1524-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 612-bis del codice penale)

  1. All'articolo 612-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero da porlo in una condizione di emarginazione»;
   b) al terzo comma, dopo le parole: «legge 5 febbraio 1992, n. 104,» sono inserite le seguenti: «o se è commesso da più persone»;
   c) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
   «Con la sentenza definitiva di condanna è sempre disposta la confisca degli strumenti informatici e telematici utilizzati per commettere il reato».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.
(Modifiche all'articolo 612-bis del codice penale)

  Sopprimerlo.
1. 27. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.
(Modifica all'articolo 612-bis del codice penale)

  1. All'articolo 612-bis del codice penale la rubrica è sostituita dalla seguente: «Atti persecutori e di bullismo».
1. 28. Sisto.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

  1. Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è inserito il seguente:
  «Art. 612-ter. (Bullismo). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a quattro anni chiunque, con condotte sistematiche, molesta, dileggia, denigra, ingiuria, diffama, intimidisce, minaccia una persona con il fine di metterlo in ridicolo, generando un grave stato di ansia o timore psicologico tale da isolarla dal contesto sociale.
  La pena è aumentata fino ad un terzo se il fatto è commesso per via telematica nonché mediante la diffusione di contenuti online.
  La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso da due o più persone o a danno di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o di una donna in stato di gravidanza o con fini di discriminazione di genere.
  Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
  Si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.».
1. 109. Giannone, Benedetti, Cunial.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

  1. Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è inserito il seguente:
  «Art. 612-ter. (Bullismo). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, mediante violenza, minaccia o atti ingiuriosi o diffamatori, o comunque mediante ogni altro atto idoneo a intimidire taluno, pone una persona in stato di grave soggezione psicologica tale da escluderla dal contesto sociale.
  La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso da due o più persone riunite o a danno di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o di una donna in stato di gravidanza.
  Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale.
  Si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.».
1. 11. Meloni, Varchi, Maschio, Lucaselli, Bellucci, Galantino.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

  Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è aggiunto il seguente:

«Art. 612-ter.
(Atti di bullismo)

  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni, chiunque pone in essere nei confronti di taluno atti di bullismo, in modo da cagionare un perdurante stato di ansia o di paura.
  Sono atti di bullismo reiterate condotte di ingiuria, diffamazione, furto, estorsione, minaccia, violenza privata, lesioni personali dolose, percosse, ovvero comportamenti prevaricatori.
  La pena è aumentata se i fatti di cui al secondo comma sono posti in essere e diffusi con dispositivi elettronici o telematici.
  La pena è aumentata se il fatto è commesso da due o più persone.
  La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore di anni 14 o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con finalità di discriminazione di genere.
  La pena è diminuita fino alla metà se i fatti di cui ai commi primo e secondo sono commessi da un minorenne.
  Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
  Con la sentenza definitiva di condanna il giudice dispone la confisca degli strumenti informatici e telematici utilizzati per commettere il reato.».
1. 15. Versace, Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Fiorini, Zanella.

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

  1. Dopo l'articolo 612-bis del codice penale è aggiunto il seguente:

«Art. 612-ter.
(Atti di bullismo)

  Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni, chiunque pone in essere nei confronti di taluno atti di bullismo, in modo da cagionare un perdurante stato di ansia o di paura.
  Sono atti di bullismo reiterate condotte di ingiuria, diffamazione, furto, estorsione, minaccia, violenza privata, lesioni personali dolose, percosse, ovvero comportamenti prevaricatori.
  La pena è aumentata se i fatti di cui al secondo comma sono posti in essere e diffusi con dispositivi elettronici o telematici.
  La pena è aumentata se il fatto è commesso da due o più persone.
  La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore di anni 14 o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con finalità di discriminazione di genere.
  La pena è diminuita fino alla metà se i fatti di cui ai commi primo e secondo sono commessi da un minorenne, ove questi si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto e nell'individuazione degli autori.
  Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.
  Con la sentenza definitiva di condanna il giudice dispone la confisca degli strumenti informatici e telematici utilizzati per commettere il reato.».
1. 16. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
*1. 2. Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Paolini, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).
*1. 10. Giannone, Benedetti, Cunial.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) al primo comma, le parole: «condotte reiterate, minaccia o molesta», sono sostituite dalle seguenti «condotte anche reiterate, minaccia, molesta o prevarica»
1. 108. Bisa, Tateo, Turri, Potenti, Cantalamessa, Morrone, Marchetti, Di Muro, Paolini.

  Al comma 1 sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) dopo il primo comma è inserito il seguente:
  «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni chiunque reiteratamente pone in essere nei confronti di taluno condotte di ingiuria, diffamazione, furto, estorsione, minaccia, violenza privata, lesioni personali dolose e percosse, ovvero tiene comportamenti prevaricatori, in modo da cagionare un perdurante stato di ansia o di paura.».
1. 23. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) dopo il primo comma, è inserito il seguente:
  «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la medesima pena si applica a chiunque reiteratamente pone in essere nei confronti di taluno atti di ingiuria, diffamazione, furto, estorsione, minaccia, violenza privata, lesioni personali dolose e percosse, ovvero tiene comportamenti prevaricatori, in modo da cagionare un perdurante stato di ansia o di paura.».
1. 24. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: al primo comma, aggiungere le seguenti: le parole «con condotte reiterate» sono soppresse e
1. 110. Giannone, Benedetti, Cunial.

  Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: una condizione di emarginazione con le seguenti: stato di grave soggezione psicologica tale da escluderlo dal contesto sociale.
1. 100. Varchi, Maschio, Lucaselli, Bellucci, Galantino.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
   a-bis) il secondo comma è sostituito dal seguente: «La pena è sempre aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva, lavorativa o condominiale alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti telefonici, informatici o telematici.»
1. 3. Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Paolini, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.

  Al comma 1, dopo la lettera a) aggiungere la seguente:
   a-bis) al secondo comma, le parole: «ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici» sono soppresse;

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b) sostituire le parole: o se è commesso da più persone con le seguenti: se è commesso da più persone, o attraverso strumenti informatici o telematici
1. 104. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b) al terzo comma:
    1) dopo le parole: «legge 5 febbraio 1992, n. 104,» sono inserite le seguenti: «se è commesso da più persone»;
    2) dopo le parole: «persona travisata» sono aggiunte le seguenti: «ovvero con finalità di discriminazione di genere»;
1. 105. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: più persone con le seguenti: due o più persone, anche separatamente.
1. 101. Varchi, Maschio, Lucaselli, Bellucci, Galantino.

  Al comma 1, lettera b), dopo le parole: se è commesso da più persone aggiungere le seguenti: o in danno di persona nelle condizioni di cui all'articolo 61, numero 5).
1. 107. Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Paolini, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.

  Al comma 1, lettera c), alinea, sostituire le parole: è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesima lettera, premettere il seguente capoverso: « La pena è diminuita fino alla metà se i fatti di cui ai commi primo e secondo sono commessi da un minorenne, ove questi si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.»
1. 106. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.

  Al comma 1, lettera c), alinea, sostituire le parole: è inserito il seguente con le seguenti: sono inseriti i seguenti.

  Conseguentemente, al medesimo comma, medesima lettera, premettere il seguente capoverso: « La pena è diminuita fino un terzo se i fatti di cui ai commi primo e secondo sono commessi da un minorenne, ove questi si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.»
1. 102. Lucaselli, Varchi, Maschio, Bellucci.

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
   d) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Atti persecutori e di bullismo».
1. 103. Varchi, Maschio, Bellucci, Lucaselli, Galantino.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Circostanze aggravanti)

  1. All'articolo 61, primo comma, del codice penale, dopo il numero 11-septies), è aggiunto il seguente:
   «11-octies) l'avere commesso il fatto in danno del personale scolastico nell'esercizio delle proprie funzioni».
1. 0100. Perantoni.
(Inammissibile)

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale)

  1. All'articolo 604-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
   1) al primo comma, lettera a), dopo le parole: «sull'odio razziale» sono inserite le seguenti: «, di genere» e dopo le parole: «atti di discriminazione per motivi razziali,» sono inserite le seguenti: «di genere,»;
   2) al primo comma, lettera b), dopo le parole: «per motivi razziali,» sono inserite le seguenti: «di genere,»;
   3) al secondo comma, dopo le parole: «per motivi razziali,» sono inserite le seguenti: «di genere,»;

  Conseguentemente:
   1) la rubrica dell'articolo è sostituita con la seguente: Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, di genere, etnica e religiosa;
   2) all'articolo 604-ter, primo comma del codice penale (Circostanza aggravante), dopo la parola: razziale sono inserite le seguenti: di genere.
1. 02. Bartolozzi, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Spena, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.
(Inammissibile)

A.C. 1524-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.
(Modifica dell'articolo 731 del codice penale)

  1. L'articolo 731 del codice penale è sostituito dal seguente:
   «Art. 731. – (Inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori) – Il genitore o l'esercente la responsabilità genitoriale su un minore o chiunque ne eserciti le funzioni, che ometta di impartirgli o di fargli impartire l'istruzione obbligatoria, è punito con l'ammenda da euro 100 a euro 1000».

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 2
(Modifica dell'articolo 731 del codice penale)

  Sostituire il comma 1 con il seguente: 1. All'articolo 731 del codice penale, le parole: «fino a 30 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 700 a euro 5.000».
2. 100. Varchi, Maschio, Lucaselli, Bellucci, Galantino.

  Al comma 1, capoverso «Art. 731», sostituire le parole da: su un minore fino alla fine del capoverso, con le seguenti: che ometta, senza giustificato motivo, di impartire o di far impartire l'obbligo scolastico per almeno 10 anni, è punito con l'ammenda fino a 3.000 euro.
2. 151. Giannone, Benedetti, Cunial.

  Al comma 1, capoverso «Art. 731», sostituire le parole: da euro 100 a euro 1.000 con le seguenti: fino a euro 3.000.
2. 150. Giannone, Benedetti, Cunial.

  Al comma 1, capoverso «Art. 731», sostituire le parole: 100 a euro 1.000 con le seguenti: 700 a euro 5.000.
2. 101. Varchi, Maschio, Lucaselli, Bellucci, Galantino.

  Al comma 1, capoverso «Art. 731», dopo il primo comma, aggiungere il seguente: Il genitore o l'esercente la responsabilità genitoriale o chiunque ne eserciti le funzioni che al di fuori di casi di legittimo impedimento del minore promuova, giustifichi od ometta di interrompere prolungati periodi di assenza dalle attività di cui al primo comma è punito con l'ammenda da euro 100 a euro 800.
2. 102. Potenti, Turri, Bisa, Tateo, Morrone, Paolini, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.

  Al comma 1, capoverso «Art. 731», dopo il primo comma, aggiungere il seguente: Salvi gli altri obblighi di legge, il dirigente scolastico segnala tempestivamente alla Procura della Repubblica l'assenza del minore priva di giustificato motivo per oltre quindici giorni continuativi nell'arco del trimestre.
2. 103. Potenti, Bisa, Tateo, Turri, Morrone, Paolini, Cantalamessa, Marchetti, Di Muro.

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:

Art. 2-bis.

  1. I proventi delle ammende irrogate ai sensi dell'articolo 731 del codice penale sono assegnati al bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per essere utilizzati per il finanziamento di interventi di contrasto alla povertà educativa minorile e recupero della dispersione scolastica nelle aree a maggiore rischio di evasione dell'obbligo, realizzati mediante progetti educativi di inclusione attuati dagli enti locali in collaborazione con le associazioni non a scopo di lucro attive sui territori. Tali percorsi devono essere specificamente indirizzati a famiglie in stato di disagio socio economico e devono prevedere offerte formative di orientamento individualizzate e percorsi motivazionali specifici nel caso di mancata frequenza scolastica. Le risorse di cui al presente comma sono allocate sul capitolo 2331/12 «Orientamento e dispersione scolastica».
  2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità e i criteri di assegnazione delle risorse agli enti locali e alle istituzioni scolastiche.
2. 01. Bartolozzi, Spena, Costa, Cassinelli, Cristina, Ferraioli, Pittalis, Siracusano, Zanettin, Marrocco, Versace, Fiorini, Zanella.