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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 341 di venerdì 15 maggio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA.

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Benvenuto, Brescia, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Delmastro delle Vedove, Delrio, Gregorio Fontana, Frusone, Gelmini, Giaccone, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Molinari e Sisto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti in ordine ai crediti vantati nei confronti del Ministero della giustizia dalla Berica impianti s.p.a. di Arzignano (Vicenza), alla luce delle relative pronunce giurisdizionali - n. 2-00785)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Zanettin e Gelmini n. 2-00785 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zanettin se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente. Questo è il terzo atto di sindacato ispettivo che presento in ordine alle vicende della Berica Impianti. Nel corso della discussione del primo di questi atti di sindacato ispettivo, il 22 gennaio 2019, il Governo era venuto qui e aveva detto attraverso il sottosegretario, che all'epoca era Morrone, che questi contenziosi sarebbero stati definiti a breve. In quell'occasione avevo invitato il Governo a leggere un po' le carte e ipotizzavo già pronunce rovinose ai danni dello Stato perché le carte parlano chiaro: sono un avvocato un minimo esperto della materia e quindi sono stato facile profeta.

Immediatamente dopo, nel gennaio 2019, sono arrivate in particolare una sentenza del tribunale di Torino e un'altra sentenza in cui lo Stato è stato condannato. Oggi la Berica Impianti vanta nei confronti dello Stato circa 6 milioni di euro di crediti esecutivi; addirittura, la sentenza di Torino è passata in giudicato, quindi non è più discutibile e lo Stato non ha fatto appello.

Quelle somme sono assolutamente necessari alla Berica Impianti perché l'azienda, che è un'azienda sana, è stata costretta al concordato preventivo e quelle somme sono proprio necessarie per adempiere agli obblighi che il concordato preventivo impone e io mi aspetto che oggi il Governo ci venga a dire quando intende pagare quanto dovuto, quanto sancito da una sentenza, quanto oggi indiscutibile al legittimo creditore che appunto è la Berica Impianti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto si rappresenta quanto segue. Il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Toscana non ha ritenuto di aderire alla proposta conciliativa formulata dal tribunale di Firenze in data 17 gennaio 2019, in quanto il servizio legale regionale, su espressa indicazione degli uffici tecnici locali e centrali, ha rappresentato al patrocinio erariale l'impossibilità di procedere a una quantificazione di una proposta transattiva che prevede un'ulteriore spesa a carico del Ministero, avendo parte convenuta già corrisposto a parte ricorrente, sulla base dei conteggi effettuati, un importo superiore a quanto realmente spettante; si è riservata di valutare un'eventuale azione tesa al recupero del credito.

La causa si trova attualmente in fase istruttoria (sono in corso di svolgimento le operazioni peritali) e la prossima udienza è fissata per il prossimo 14 luglio.

Il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice ha comunque rappresentato alle parti la possibilità di ritentare la transazione della controversia, alla luce delle risultanze del suo incarico e prima dell'invio della bozza della relazione.

Con sentenza n. 545 del 2019 il tribunale di Torino ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore di Berica Impianti Spa, della somma di euro 4.677.825,70 oltre agli interessi moratori e alle spese di lite.

Con provvedimento del direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, datato 26 marzo 2020, è stata richiesta la conservazione fondi sul capitolo 1762 p.g. 1 per un importo complessivo pari a euro 5 milioni ai fini del pagamento in favore di Berica Impianti Spa, mentre in data 7 maggio 2020, con nota n. 151351, è stata trasmessa al Gabinetto di questo Ministero la richiesta di variazione compensativa di bilancio per il successivo inoltro al competente Ministro dell'Economia e delle finanze; i suddetti fondi saranno dunque disponibili nell'arco di 20-30 giorni circa.

Con sentenza n. 2469/2019, il tribunale di Bologna ha condannato il Ministero della Giustizia a pagare a Berica Impianti Spa la somma di 86.864,99 oltre IVA se dovuta, interessi dalla pronuncia al saldo e la metà delle spese di lite.

Il provveditorato regionale di Bologna ha ordinato il pagamento di quanto disposto nella suddetta sentenza; sono attualmente in corso contatti con il commissario giudiziale della società per ottenere specifiche indicazioni sulle modalità di pagamento. Il competente ufficio del Ministero della Giustizia provvederà comunque ad assegnare i fondi necessari al suddetto provveditorato per il pagamento delle spese legali e della quota parte del compenso del CTU.

Infine, causa civile n. 19877/2016 R.G. è stata promossa innanzi al tribunale di Bologna da Berica Impianti Spa con atto di citazione notificato nel dicembre 2016 nei confronti del Ministero della Giustizia-Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e Ministero della Giustizia-Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per quanto riguarda il provveditorato regionale dell'Emilia Romagna per ottenere la condanna in via principale al pagamento di un importo di euro 3.362.182 a titolo di costi addizionali nell'ambito di contratto di appalto di “fornitura del servizio di energia” dal primo al settimo anno contrattuale, avuto riguardo alle variazioni dei prezzi intervenute dal 2004, previo scomputo degli acconti già versati di 418.000 IVA inclusa, oltre agli interessi moratori dal dovuto al saldo o, per il periodo successivo alla notifica dell'atto di citazione, agli interessi ai sensi dell'articolo 1284 del codice civile dalla domanda al saldo.

Il Ministero della Giustizia si è costituito con l'Avvocatura dello Stato resistendo alle domande. La causa è stata iscritta a ruolo del dicembre 2016, con prima udienza fissata dall'attrice ad aprile del 2017. I successivi tre mesi di causa sono stati impegnati in un tentativo di conciliazione, concordemente richiesto dalle parti e auspicato dal giudice; successivamente è stato conferito incarico al consulente tecnico d'ufficio al fine di calcolare i costi addizionali. Il consulente tecnico d'ufficio ha depositato la sua relazione, ed è stato successivamente disposto un supplemento di consulenza tecnica d'ufficio (è stato assegnato termine fino al 30 maggio 2020 per il deposito del supplemento di relazione) e la trattazione della causa è stata rinviata al 25 giugno del 2020.

PRESIDENTE. L'onorevole Zanettin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). No, Presidente, non sono soddisfatto per la risposta che ci ha dato oggi il sottosegretario, perché trovo svariate lacune nella sua risposta e cercherò di argomentarle. La prima: lei mi ha dato dei numeri, li ho elaborati molto in fretta in modo spannometrico, però da quello che ho capito comunque rispetto a quanto è oggi sancito giudizialmente gli importi che vengono messi a disposizione da parte dell'amministrazione sono di circa 2 milioni inferiori rispetto a quelli dovuti perché gli interessi moratori e gli interessi legali, che sono applicati sulla sentenza del tribunale di Torino, in particolare, sono molto elevati e maturano di giorno in giorno, e quindi quei 5 milioni che mettete a disposizione, che intendete mettere a disposizione, non coprono quanto già dovuto.

Per quanto riguarda anche l'ipotesi di transazione pendente avanti il tribunale di Firenze, ricordo, ma lo avevo già detto nella scorsa seduta, il 22 gennaio, che quella ipotesi di transazione non l'ha formulata la Berica Impianti, ma l'ha formulata addirittura il giudice della causa. Quindi, alla luce anche di quello che tecnicamente si chiama il giudicato esterno, cioè il fatto che sono passate in giudicato sentenze che dirimono questioni esattamente identiche, con la stessa causa petendi, noi dobbiamo ipotizzare che altre rovinose condanne arriveranno a carico dello Stato.

Quindi, invito caldamente l'amministrazione a trovare delle soluzioni transattive, altrimenti, sarò facile profeta oggi come sono stato facile profeta il 22 gennaio 2019, lo Stato sarà chiamato a pagare ingenti somme, sempre maggiori, a carico del bilancio statale. Ricordo che ogni giorno che passa, da qui al pagamento effettivo delle somme, matura un interesse, a vantaggio della Berica e a svantaggio dello Stato, di mille euro al giorno. Ora, questa è una vicenda che lascia l'amaro in bocca, perché questa era un'azienda assolutamente sana sul mercato, vinceva appalti; poi, a seguito di una serie di contenziosi che stiamo vedendo, è andata in crisi di liquidità, è stata costretta al concordato preventivo e rischia il fallimento se il Governo non paga queste somme assolutamente dovute. La vicenda ci impone una riflessione anche su come la burocrazia statale, forse non è neanche la politica qui, ma come la burocrazia statale amministra in modo assolutamente sciatto e superficiale il danaro pubblico. Molti partiti anche in questo momento, in particolare il Partito Democratico, ho sentito attraverso il suo capogruppo qui, alla Camera, ipotizza ipotesi di tassazioni straordinarie piuttosto che di addizionali per il periodo relativo all'emergenza sanitaria. Vicende come queste, la sciatteria con cui lo Stato amministra il proprio danaro e anche i contratti che ha in essere con i suoi fornitori, che sono anche suoi cittadini, ci inducono a ritenere che queste ipotesi non potranno mai essere formulate fintanto che c'è una così cattiva amministrazione dell'erario e dei contratti da parte della pubblica amministrazione. Ripeto, non possiamo essere soddisfatti: qui avevamo un'azienda sana, che era sul mercato, e che, a seguito di un comportamento assolutamente inadempiente da parte della pubblica amministrazione, si è trovata in crisi di liquidità, in concordato preventivo e rischia il fallimento. Non è questo il modo di amministrare il Paese.

(Iniziative di competenza volte a valorizzare il ruolo delle donne negli incarichi di responsabilità, con particolare riferimento alla composizione degli organismi di consulenza per il contrasto al COVID-19 e alle nomine dei vertici delle aziende partecipate - n. 2-00784)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Boldrini ed altri n. 2-00784 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Boldrini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LAURA BOLDRINI (PD). Signora Presidente, signora Ministra, signora sottosegretaria, mi fa piacere questa mattina tutte le donne in quest'Aula, ecco, l'interpellanza che mi avvio a presentare, che ho depositato insieme a 42 deputati di vari schieramenti politici, segue l'interrogazione da noi stessa già presentata lo scorso 29 aprile in cui si chiedeva al Governo quali impegni intendesse assumere per integrare con la presenza di figure femminili esperte nei vari ambiti la composizione degli organismi di consulenza costituiti per il contrasto al COVID-19 e, seconda cosa, anche per valorizzare nelle nomine per le aziende partecipate e per altri incarichi di responsabilità i talenti e le competenze di cui le donne italiane sono portatrici. Questo nel rispetto, signora Presidente, dei principi di parità e di uguaglianza presenti nella nostra Costituzione.

Nel frattempo qualcosa è accaduto: abbiamo molto apprezzato l'impegno preso nei giorni scorsi dal Presidente del Consiglio, a cui è seguita l'indicazione di cinque donne per integrare la task force coordinata da Vittorio Colao e altre sei per integrare quella della Protezione civile. Un gesto concreto, che ha posto rimedio a un'evidente mancanza commessa al momento della formazione delle squadre dedicate ad affrontare l'emergenza COVID, che vedevano una scarsa, se non addirittura nulla, presenza femminile. È peraltro sotto gli occhi di tutti che nella crisi del Coronavirus sono state fin da subito le donne ad agire in prima linea nei laboratori di ricerca, nelle corsie degli ospedali, nell'insegnamento a distanza, nelle farmacie, nelle case di riposo, quindi nell'assistenza agli anziani, nei supermercati, nelle famiglie. Un ruolo primario, svolto con determinazione, che ha notevolmente contribuito alla tenuta del sistema e che tuttavia, tuttavia, non ha ottenuto il dovuto riconoscimento sociale, perché quando poi si devono mettere insieme figure autorevoli per fronteggiare le sfide che avremo davanti nei prossimi tempi le donne non ci sono oppure sono pochissime.

Il gesto concreto del Presidente del Consiglio è stato sollecitato da appelli di comitati, appelli di sindacati, di donne parlamentari, noi stesse, signora Presidente, e donne anche impegnate nel sociale, che hanno richiesto ad alta voce una rappresentanza paritaria; altre associazioni hanno organizzato campagne di sensibilizzazione, altre hanno lanciato petizioni. Quattrocento donne si sono rivolte direttamente al Presidente della Repubblica, così come scienziate, accademiche e ricercatrici hanno firmato una lettera per chiedere adeguata rappresentanza nelle commissioni nominate dal Governo. Il fatto che l'integrazione della task force, anzi delle varie task force con figure femminili sia giunta solo a seguito di una tale mobilitazione, anziché essere attuata a monte come un fatto ovvio e naturale, dimostra purtroppo una lacuna culturale che è ancora presente nel nostro Paese. Un ritardo che deve essere colmato in modo strutturale e non di volta in volta e su sollecitazione. A febbraio, signora Presidente, 40 deputati dell'Intergruppo per le donne, i diritti e le pari opportunità di questa Camera hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio, presentandogli varie istanze sulla condizione femminile. Il 2 marzo una delegazione dell'Intergruppo lo ha incontrato a Palazzo Chigi, anche alla sua presenza, signora Ministra Bonetti, lo ricorderà, per spronare il Governo a mettere in atto in ogni ambito politiche straordinarie capaci di sostenere l'evoluzione sociale di questo Paese, che passa necessariamente attraverso una maggiore centralità della donna nella società, nel mondo del lavoro, nella politica, nell'economia e in ogni altro ambito. Durante l'incontro che è stato tenuto a Palazzo Chigi è stato posto al Presidente del Consiglio il problema della sottorappresentazione e della sottorappresentanza delle donne nei ruoli di vertice. Nonostante esse siano, noi siamo, il 51 per cento della popolazione, le donne hanno scarso accesso alle stanze dei bottoni.

Se la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa è garantita dalla “legge Golfo-Mosca”, non si può affermare altrettanto per le posizioni di amministratore delegato, di nomina governativa appunto, che continuano infatti a essere appannaggio esclusivo degli uomini, e dunque non sono rappresentative dell'intera platea professionale di cui le donne fanno parte a pieno titolo.

Figure femminili di valore sono state recentemente indicate come presidenti e come componenti di consigli di amministrazione, appunto perché c'è la legge, ma i nomi proposti per il ruolo di amministratore delegato sono stati esclusivamente di uomini, il che spinge a parlare della riproposizione del classico pinkwashing, cioè quella pratica piuttosto diffusa che serve a mantenere indisturbati gli assetti di potere, declinati esclusivamente al maschile.

Ecco, signora Presidente, il perché di questa interpellanza: vogliamo sapere dal Governo come intenda procedere per rispettare quanto previsto dalla Costituzione - lo dicevo prima - agli articoli 3 e 51, e per desistere dal privilegiare la promozione pressoché assoluta degli uomini in ogni campo, dalla politica alla scienza, dai ruoli apicali alla composizione di commissioni di esperti, e in tutti quei luoghi dove si prendono decisioni come se, in ognuno di questi ambiti, non ci fossero donne competenti e preparate. È vero invece il contrario: è vero che le donne competenti e preparate esistono, e che sono tante.

Così, mentre esprimiamo soddisfazione per la risposta data al primo quesito di questa interpellanza, quello relativo appunto all'integrazione dei comitati di esperti, ribadiamo la richiesta contenuta nel secondo punto, cioè se, nelle successive nomine che il Governo farà per le aziende partecipate, si intenderà ricorrere, anche per i ruoli di amministratore delegato, alle indubbie e numerose competenze che esistono fra le donne italiane.

Signora Presidente, signora Ministra, le donne italiane non sono più disposte a sobbarcarsi i problemi senza veder riconosciuti i propri sacrifici; non sono più disposte a essere ricacciate indietro nel momento in cui si tratta di decidere; non sono più disposte a tollerare di vedersi passare avanti uomini che vantano maggiori meriti che spesso però non hanno; non sono più disposte, insomma, a essere dei fantasmi in un Paese che si ostina a non volerle vedere come protagoniste a pieno titolo del presente e del futuro.

La loro esclusione non è democratica e fa dell'Italia un Paese non giusto, un Paese che ha ancora bisogno di leggi anti-discriminatorie per non escludere le donne. Lo dimostra quanto è accaduto appena pochi giorni fa in Molise, la cui nuova giunta non prevede neanche una donna! Signora Ministra, la esorto a prendere atto di questa situazione, totalmente anomala! È inaccettabile nel nostro Paese!

L'Italia non può continuare a essere un club per soli uomini. Non possiamo permetterci passi indietro sulla strada della parità di genere, perché, fra l'altro, vale diversi punti di PIL. Siamo tutte e tutti chiamati adesso, oggi, a scelte lungimiranti, e ad assumerci le nostre responsabilità, passando dalle parole ai fatti, per dare alle donne ciò che è delle donne. Grazie, signora Presidente.

PRESIDENTE. La Ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, ha facoltà di rispondere.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie, Presidente, e grazie davvero all'onorevole interpellante per questa richiesta d'intervento e per la sollecitazione su temi che mi sono a cuore e che sono a cuore profondamente all'intero Governo, soprattutto alla luce dell'esperienza che abbiamo appena vissuto, come è stato ben richiamato nell'interpellanza.

È evidente, mi permetto di dire, che questa emergenza sanitaria, che ha invaso il nostro Paese, abbia avuto un elemento caratterizzante di fondo: ha sconvolto completamente un paradigma sociale, ormai consolidato nel nostro Paese, che differenziava le dimensioni di vita delle persone, che differenziava il tema economico, quello sociale, l'approccio familiare, l'approccio alla carriera, alla formazione e all'educazione. Ha rimescolato tutto, un virus ha completamente fatto saltare ogni certezza in tutti i settori che ho appena citato, e per ricostruire un paradigma nuovo dal quale ripartire è evidente che siamo chiamati oggi ad un approccio nuovo: non possiamo mettere in campo strumenti vecchi per sfide nuove.

In particolare, le donne sono state penalizzate in questi anni da questa dimensione di astrazione e di divisione degli ambiti dell'identità personale, perché una donna è persona unica, che va considerata nella sua unità, ecco perché il tema, per esempio, della violenza maschile contro le donne, che è un atto che va ad alterare completamente la dignità personale fisica delle donne, non è sconnesso dall'autonomia finanziaria delle donne.

Le donne vivono la fragilità di un sistema sociale che ci ha diviso a pezzi, perché le donne, nella loro dimensione, nel loro divenire di vita, ancora più che del mondo maschile, sono davvero un'armonia di persone. Allora, se la sfida è quell'umanesimo della concretezza al quale ci dobbiamo ricondurre, quest'umanesimo della concretezza da cui ripartire ha il volto femminile, ha quel volto di quella capacità di unione multidimensionale che l'ambito femminile sa portare. Ne è stata l'evidenza, come è stato detto, la presenza delle donne in questo momento di grande difficoltà. La resistenza, ancora prima che la resilienza, dell'Italia è stata donna. È stata donna con il 70 per cento delle donne impiegate nei servizi sociosanitari. Anche in quest'Aula abbiamo più volte applaudito a quegli eroi, ma quegli eroi erano per lo più eroine. Non l'abbiamo detto, ma quegli eroi erano per lo più eroine, dagli ospedali, ai supermercati, alle farmacie, l'onorevole li ha ampiamente citati.

Ecco perché ho voluto, io per prima, far ripartire una nuova progettualità, anche nell'ambito delle mie competenze, per la delega per le pari opportunità che mi è stata affidata, dalla consultazione, dall'istituzione di un gruppo di donne, che ho chiamato “Donne per un nuovo Rinascimento”, in riferimento a questa dimensione davvero di nuovo paradigma che siamo chiamati ad impostare.

Purtroppo, forse non è stata così sottolineata questa presenza di dodici donne, non a rappresentanza di ambiti di vita, ma dodici donne capaci di portare se stesse, la loro vita, la loro esperienza; donne di alto profilo in ambito scientifico, culturale, accademico, ma anche una giovane ricercatrice che è esattamente all'inizio della sua carriera e che si sta avviando su un percorso anche di investimento per la collettività.

Ecco, questo gruppo di “Donne per un nuovo Rinascimento”, che è stato un po' taciuto, in realtà ha finito sostanzialmente il suo lavoro - perché poi c'è questa capacità che le donne hanno di concretezza e di fattività - e nelle prossime ore farò proposte puntuali, e mi assumerò l'impegno poi di portarle nell'ambito del Governo e nella proposta che faremo anche al Parlamento, in tanti ambiti: la promozione delle donne nel mondo del lavoro; il superamento di quelle barriere che ancora oggi, come è stato detto, impediscono l'avanzamento nei percorsi di carriera, che è un dovere: dobbiamo rimuovere quegli ostacoli che di fatto - di fatto! - impediscono anche la progressione delle donne nell'empowerment femminile; contro ogni stereotipo di genere; la possibilità di esercitare una leadership; la possibilità di iniziare ad entrare in quel mondo, che è il mondo che ci attende nei prossimi anni, che è quello delle STEM, degli ambiti formativi e lavorativi degli STEM.

In realtà, abbiamo degli appuntamenti importanti che ci vengono richiesti anche dall'Unione europea, che ha promosso e fatto uscire, il 5 marzo, una nuova strategia per la parità di genere, di cui tutti i Paesi si devono fare carico, un documento che è un'unione dell'uguaglianza alla strategia per la parità di genere per i prossimi cinque anni. Siamo invitati, e noi questo intendiamo fare, alla creazione e all'istituzione nel nostro Paese di un primo piano strategico per la parità di genere, che deve vedere la luce entro il 2020, e che intendo collocare anche come uno dei primi atti che deve fare un osservatorio per la parità di genere che verrà e vorrei fosse istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio.

Questa strategia dovrà andare esattamente nell'indicare le linee per il superamento del divario di genere, per la promozione dell'imprenditoria femminile e della presenza femminile nel lavoro; un capitolo, in particolare, sul divario di genere nelle materie STEM e sul divario di genere nell'accesso ai luoghi decisionali e di responsabilità.

Ovviamente, la lotta contro la violenza maschile contro le donne non ci deve vedere arretrare, quindi dobbiamo già da ora iniziare alla progettazione di un piano strategico, del nuovo piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che dovrà e iniziare nel 2021 (il 2020 è l'ultimo anno di effettiva valenza del precedente).

Anche questo deve diventare non una prassi, ma una scelta istituzionalmente definita per norma anche nel nostro Paese. È stato richiamato che il Presidente del Consiglio, come è stato già ricordato, ha integrato le task force di sua nomina, in particolare, il comitato di esperti a guida di Vittorio Colao è stato integrato con la figura di Enrica Amaturo, professoressa di sociologia all'Università di Napoli, Marina Calloni, professoressa di filosofia e politica sociale all'Università degli studi di Milano-Bicocca; abbiamo poi la figura di Linda Laura Sabbadini, che è dirigente Istat, Donatella Bianchi, che è presidente del WWF italiano e Maurizia Iachino che è dirigente di azienda. In analogo intendimento si è poi sollecitato il capo della Protezione civile, Borrelli, che ha integrato il comitato tecnico-scientifico con altre sei personalità di scienziate competenti in vari settori.

Dal un punto di vista, bisogna dirlo, del Governo, credo sia stato importante il rinnovo della cosiddetta “legge Golfo-Mosca”, che ha portato la percentuale delle donne richieste, come presenza nei board delle società quotate partecipate, al 40 per cento. Dobbiamo dire che quella legge è stata la legge che ha permesso al nostro Paese di fare un vero e proprio balzo in avanti nella valutazione del cosiddetto Gender Equality Index a livello europeo, perché l'Italia, grazie alla rappresentanza delle donne negli organismi decisionali, ha fatto effettivamente un balzo in avanti. Sono d'accordo, è stato un atto necessario ma non sufficiente; siamo, quindi, oggi chiamati a promuovere un'ulteriore presenza, anche rispetto al riconoscimento nei luoghi istituzionali. È mia intenzione proporre, da questo punto di vista, anche l'introduzione, sempre nell'ambito di questo osservatorio, di strumenti che valutino ex ante, e non solo ex post, l'impatto di genere delle politiche messe in atto ed anche dei processi decisionali, perché si tratta di processi decisionali e di nomina che possono andare a garantire la presenza paritaria. E quando dico “paritaria” intendo “paritaria”, cioè al 50 per cento di donne e uomini. Consapevole che questo però non è semplicemente un fatto di rappresentanza di una minoranza del nostro Paese, ma del dovere che abbiamo di poter costruire tutte le condizioni perché la cittadinanza del nostro Paese - quella femminile - sia presente. Le donne non sono una minoranza da tutelare; credo che l'approccio culturale di chi ci vede una quota limitata a rappresentanza di un mondo non abbia compreso invece la portata e il valore effettivo che le donne possono dare, come hanno dimostrato di dare, al nostro Paese. Credo sia superfluo ricordare, ma lo faccio perché è importante, ed oggi è stato menzionato nel dibattito in Aula e anche in questi mesi, che ad una donna noi dobbiamo gli strumenti oggi per combattere questa epidemia: questa donna aveva il nome di Tina Anselmi; come a tante donne dobbiamo oggi il Paese che siamo, anche nella tutela dei diritti di tutti. Ciò non riguarda solo l'ambito delle società partecipate, ma dobbiamo anche continuare a lavorare in ordine alla presenza delle donne nell'ambito delle istituzioni. Dobbiamo riconoscere, come è stato detto, che ci sono state numerose leggi in questi ultimi anni: cito la legge n. 115 del 2012 per le elezioni comunali, la legge n. 56 del 2014 per le elezioni di secondo grado dei consigli metropolitani e provinciali, la legge n. 20 del 2016 per le elezioni dei consigli regionali, fino ad arrivare alla n. 165 del 2017 per le elezioni del Parlamento.

È chiaro che queste leggi, che promuovono una presenza femminile a livello di elezioni, devono poi essere seguite, per esempio, anche da meccanismi decisionali che permettano fattivamente nei consigli, a tutti i livelli, una parità di genere, che consentano alle giunte competenti di avere una presenza anche femminile. Su questo credo che il Governo, insieme al Parlamento, debba continuare a lavorare per norme che non siano la finalità ma attivino processi positivi. Va riconosciuto, per esempio, che con la legge n. 165 del 2017, che ha promosso una parità di genere a livello di liste, siamo arrivati - non abbiamo ottenuto il massimo del risultato - ad una presenza del 35 per cento di donne che siedono in questo Parlamento, a fronte di una media europea del 29,4; guardiamo, quindi, con soddisfazione un dato finalmente positivo per la presenza di genere femminile nell'ambito delle istituzioni rispetto alla media europea. Cogliamola insieme, Governo e Parlamento. Mi assumo personalmente un impegno in questo senso, a far sì che questo dica che abbiamo una responsabilità ulteriore, perché è vero che una donna che oggi riesce, riesce per tutte le altre. Questo 35 per cento di donne presenti in questo Parlamento credo che, insieme al Governo, possa avere un ruolo fondamentale, che, magari in qualche modo, aiuterà la storia a cambiare direzione.

Ricordo, infine, anche un protocollo importante, che è stato firmato tra il Dipartimento per le pari opportunità e la Consob e Banca d'Italia nel 2018, per l'istituzione anche di un Osservatorio interistituzionale sulla partecipazione femminile negli organi di amministrazione e di controllo delle società italiane. Questo organo ha poi promosso l'istituzione di un comitato tecnico, che ha iniziato a lavorare; è evidente che questo tipo di lavoro oggi deve essere inserito in un ambito strategico istituzionalmente riconosciuto e ulteriormente promosso, eventualmente anche per procedere, come è stato indicato, a scelte che vadano nella direzione auspicata. Questo organismo, però, è un organismo di controllo e di trasparenza; quindi è chiaro che qualsiasi scelta che compiremo, anche nell'ambito delle nomine, avrà poi una valutazione della quale ovviamente ci assumeremo pienamente la responsabilità. Questo processo di responsabilizzazione delle istituzioni penso possa portare e debba portare a quella auspicata presenza adeguata del protagonismo femminile, che non solo va permessa, va promossa.

PRESIDENTE. L'onorevole Ascari ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta.

STEFANIA ASCARI (M5S). Presidente, ringrazio la Ministra Bonetti: mi dichiaro soddisfatta. Durante questi mesi di emergenza sanitaria molte volte abbiamo sentito dire che le donne sono state in prima fila nel contrastare il virus; lo abbiamo sentito talmente tante volte in TV, nei discorsi in Aula, che è diventata quasi una formula vuota di significato. E invece no: le donne sono state davvero protagoniste insostituibili di questa crisi. Penso alle dottoresse, alle infermiere, alle operatrici sociosanitarie impegnate nei reparti COVID-19, che hanno lottato corpo a corpo contro l'espandersi del virus; ma anche alle farmaciste, alle commesse dei supermercati, alle donne impegnate nella grande distribuzione alimentare, che con il loro lavoro quotidiano hanno consentito a milioni di italiani di fare la spesa. Penso alle insegnanti, che hanno raccolto con entusiasmo, pur nella fatica, la sfida della didattica a distanza, garantendo così il diritto alla continuità dell'istruzione per milioni di studenti in Italia. Insomma, c'è tutto un mondo del lavoro femminile che con questa emergenza non si è mai fermato. Eppure quando diciamo che le donne sono in prima linea in qualche modo diciamo una bugia, perché le donne in Italia restano ancora, nonostante gli sforzi e le battaglie collettive e personali, sempre in seconda fila. Eh sì, perché se le donne hanno retto sulle loro spalle tutto il peso del welfare familiare in questi mesi, conciliandolo con il lavoro svolto da casa, dobbiamo però rilevare che la presenza delle donne nelle cariche apicali in Italia è ancora una sconfortante rarità. Nonostante le leggi che pure vi sono state sulle quote di genere, leggi che rivendichiamo con orgoglio, ancora purtroppo non rileviamo un'adeguata rappresentanza femminile ai vertici delle aziende. Così come, spiace dirlo, non l'abbiamo rilevata nella composizione del comitato di esperti diretto dal manager Vittorio Colao, che ha il delicato compito di organizzare la ripartenza del Paese, e nel comitato tecnico-scientifico che lo coadiuva. E ovviamente ringraziamo sentitamente il Premier Conte per l'immediata disponibilità a mettere mano a questa stortura, a rimediare a questa iniqua disparità. Tre giorni fa, infatti, sono state integrate in questi due comitati undici donne, professioniste di altissimo profilo, che sono certa rappresentano un importante valore aggiunto nella risposta nazionale all'emergenza COVID-19.

Ci auguriamo, però, che nel futuro non servano appelli, petizioni o interpellanze per veder coinvolte le donne che - lo ricordiamo, qualora ve ne fosse bisogno - rappresentano più della metà della popolazione italiana. La strada che le donne devono percorrere per poter arrivare nei ruoli apicali, quelli nei quali gli uomini si accomodano senza problemi né remore, è ancora tortuosa e in salita; più che un soffitto di cristallo, è un soffitto di cemento, c'è e si vede benissimo e fatichiamo ogni giorno per abbatterlo.

Per questo, oggi, in questa occasione, mi fa piacere ricordare la storia di Rosa Oliva che, proprio sessant'anni fa, a quel soffitto ha dato una grossa picconata; Rosa, nel 1958, era una giovane di 24 anni che decise di presentarsi al concorso per la carriera prefettizia, pur sapendo già di non avere i requisiti, non perché le mancassero i titoli di studio, ma perché donna. E quando un mortificato maresciallo le disse che la domanda era stata respinta, lei chiese di metterlo per iscritto e portò quel biglietto al suo insegnante, il professor Costantino Mortati. Fu lui che le scrisse il ricorso; Rosa, infatti, era determinata a difendere il diritto alla parità, sancito in Costituzione e la sua tenacia generò una valanga. Il 13 maggio 1960, la Corte, con una sentenza storica, emanata da una corte di soli uomini, riconobbe il diritto suo e di tutte le donne a partecipare ai concorsi pubblici, che fino a mezzo secolo fa erano riservati solo ai maschi. A Rosa e a tutte le donne che nel nostro Paese lottano, affinché la Carta costituzionale metta radici nella vita di ogni giorno, traducendo quegli splendidi principi in opportunità reali, a tutte loro, noi dobbiamo dire: grazie!

I numerosi passi fatti da quel 1960 sono il risultato di battaglie collettive e fatiche personali e ci hanno portato, oggi, in quest'Aula, ad avere il Parlamento più femminile di sempre. Ma non basta, Presidente, perché noi chiediamo che le donne possano esserci proprio dove si prendono le decisioni, lì dove si scrive la storia del Paese; e la loro partecipazione non è solo un diritto, ma anche un vantaggio per tutta la collettività, per tutta la cittadinanza, dal momento che le donne hanno livelli di istruzione elevati e posseggono competenze e abilità, quali quelle riguardanti le relazioni interpersonali e la comunicazione che, nel mondo del lavoro di oggi, sono cruciali. Non sono mie queste ultime parole, ma del Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, le ha pronunciate lo scorso dicembre. E, allora, non usufruire di queste competenze oggi, signor Presidente, sarebbe miope, oltre che dannoso per tutti.

Per questo, in conclusione, ci tengo a ringraziare ancora una volta il Presidente del Consiglio che, raccogliendo anche l'appello dell'Intergruppo per le donne, i diritti e le pari opportunità, di cui io mi onoro di far parte, nonché l'appello trasversale di 30 colleghe senatrici, ha fatto in modo che queste opportunità di cui tanto parliamo fossero pari davvero.

Alle undici donne che si sono aggiunte alle task force nazionali formulo il mio più sincero augurio di buon lavoro. Abbiamo aperto una breccia nella speranza che diventi una strada comune, che ci porti a camminare insieme verso un futuro più sostenibile, ma anche più equo e più giusto per noi donne.

(Iniziative volte a garantire la conclusione del concorso per direttore dei servizi generali e amministrativi nelle istituzioni scolastiche ed educative - n. 2-00788)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Villani ed altri n. 2-00788 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Villani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Presidente, sottosegretario, colleghe colleghi, nell'illustrare questa mia interpellanza, voglio prima di tutto fare una precisazione che sicuramente ci aiuterà a comprendere meglio la sua valenza.

Il 1° settembre 2000, veniva attribuita alle istituzioni scolastiche l'autonomia rafforzata e ai presidi e ai direttori didattici si assegnava la qualifica di dirigente scolastico, attribuendo così loro l'importante ruolo di legali rappresentanti delle scuole, coadiuvati dal direttore dei servizi generali e amministrativi per le funzioni contabili, finanziarie e amministrative.

Ebbene, a circa vent'anni dall'istituzione di tale profilo professionale, solo nel dicembre 2018, finalmente, è stato bandito il primo concorso ordinario per reclutare 2004 direttori dei servizi generali e amministrativi delle istituzioni scolastiche ed educative italiane. Posso togliere la mascherina?

PRESIDENTE. Sì, dal banco dei nove può.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Si tratta di concorso importante per il mondo della scuola che in questi due anni da parlamentare ho seguito attentamente in tutte le sue tappe. Dall'emanazione del bando sono trascorsi, ahimè, oltre 16 mesi; le prove scritte si sono svolte, in tutte le sedi regionali italiane, il 5 e il 6 novembre 2019, ma i risultati delle prove scritte, a tutt'oggi, sono stati resi noti solo in Sardegna, nelle Marche, in Umbria, in Abruzzo, in Campania, in Piemonte e nel Friuli-Venezia Giulia, 7 regioni su 18, mentre nel Lazio la correzione degli elaborati pare non sia neanche iniziata. Nelle altre regioni, l'ostacolo per la pubblicazione degli scritti sarebbe dato dall'impossibilità di procedere alla correzione degli elaborati in formato cartaceo, con la presenza dei commissari. Ne consegue che la data di stesura delle graduatorie di merito e, quindi, la relativa assunzione dei vincitori o degli idonei è tuttora avvolta nella più totale incertezza.

Giova ricordare che le commissioni giudicatrici per gli scritti sono composte da soli tre componenti: un presidente e due membri, e sarebbe, quindi, alquanto pretestuoso anche immaginare di invocare l'alibi dell'emergenza sanitaria, per il mancato completamento dei lavori. Infatti, se da un lato l'emergenza COVID-19 ha potuto determinare un fisiologico rallentamento delle procedure di concorso, dall'altro non si può certo prescindere da quanto stabilito dall'articolo 4 del decreto-legge sulla scuola, che prevede che la sospensione delle procedure concorsuali riguardi lo svolgimento di prove in presenza dei candidati e non certo il prosieguo delle correzioni da parte delle commissioni d'esame.

Del resto, per lo svolgimento delle prove orali, interviene, già dal 17 marzo 2020, il cosiddetto “decreto Cura Italia” che, all'articolo 87, consente di procedere con modalità telematiche. Se non si interviene subito, sottosegretario, si corre il rischio di non arrivare in tempo utile per le assunzioni a tempo indeterminato dal 1° settembre 2020, quando nelle scuole italiane mancheranno all'appello oltre 3 mila direttori dei servizi generali e amministrativi, rispetto a un totale di poco superiore alle 7.800 unità, con una scopertura di quasi il 40 per cento di una figura professionale monocratica, strategica e indispensabile per il buon funzionamento amministrativo e contabile delle istituzioni scolastiche, che si troveranno in una condizione di precarietà amministrativa e organizzativa; e ciò metterebbe oggettivamente a rischio l'avvio di un anno scolastico già gravido di incognite e di grandi criticità.

È un'eventualità da scongiurare, essendo questo un momento in cui la scuola ha bisogno delle condizioni di maggiore efficienza per la gestione della fase 2 di questa emergenza sanitaria. La mancanza del capo dei servizi di segreteria renderebbe oltremodo difficoltosa l'organizzazione dei servizi amministrativi, tecnici e ausiliari, nonché lo svolgimento delle innumerevoli attività amministrative e contabili.

La scuola italiana sta aspettando con affanno questo concorso, anche per stabilizzare coloro che in questi anni hanno ricoperto in maniera anche precaria questo importante e decisivo ruolo all'interno dell'organizzazione scolastica. Sulla base delle predette rilevazioni, sarebbe fondamentale portare a conclusione il concorso per direttori dei servizi generali e amministrativi, per una più serena apertura dell'anno scolastico 2020-2021, individuando soluzioni che possano permettere da subito la ripresa dei lavori, così come garantire nel più breve tempo possibile la pubblicazione dei risultati e degli ammessi alle prove orali, consentendo a questi ultimi di potersi finalmente concentrare sullo studio.

Un'altra questione dirimente è quella dei lavoratori senza titolo esclusi dal concorso. In tal senso, sarebbe auspicabile che nelle graduatorie regionali permanenti si possano inserire a domanda anche gli assistenti amministrativi a tempo indeterminato in possesso della laurea specifica per accedere al ruolo di direttori dei servizi generali amministrativi, i cosiddetti “responsabili amministrativi” ancora presenti nelle graduatorie ex decreto ministeriale n. 146 del 2000.

Vede, sottosegretario, ho provato a mie spese quanto sia difficile lavorare in funzione dirigenziale facendosi carico di mille responsabilità, dalla sicurezza degli edifici alla tutela della privacy, alle relazioni sindacali, all'attività negoziale, alla manutenzione degli edifici e agli acquisti in assenza di figure professionali sufficientemente preparate con valide competenze, che sono imprescindibili per la gestione di un'istituzione scolastica che, con la razionalizzazione e il dimensionamento, è resa ancora più complessa. Lavorare senza la figura del DSGA rende di fatto impossibile portare avanti, oltre che la normale amministrazione, anche l'enorme mole di adempimenti burocratici, amministrativi ma soprattutto gestionali legati all'avvio di un anno scolastico.

Ciò detto, sono ben consapevole della sensibilità di questo Ministero, impegnato nel difficile tentativo di garantire un regolare e ordinato avvio del prossimo anno scolastico. È lecito, quindi, sapere quali iniziative il Ministero dell'Istruzione, per la sua competenza nella vicenda, intenda mettere in atto per arrivare alla conclusione del concorso e per procedere, nei tempi stabiliti, con le assunzioni dei direttori dei servizi generali e amministrativi.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, Anna Ascani, ha facoltà di rispondere.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole Villani e onorevoli interpellanti. Per una più esaustiva comprensione dell'argomento in questione, ritengo indispensabile un inquadramento del tema da lei sollevato nell'ambito della normativa vigente.

L'articolo 87, comma 5, del decreto-legge n. 18 del marzo scorso, dispone che “Lo svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica, sono sospese per sessanta giorni a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto”.

Successivamente, l'articolo 4 del decreto-legge n. 22 dell'8 aprile, recante misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato, prevedendo che “La sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego di cui all'articolo 87, comma 5, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si intende riferita esclusivamente allo svolgimento delle prove concorsuali delle medesime procedure”, circoscrive l'ambito applicativo richiamato all'articolo 87, comma 5, alle sole prove concorsuali che non abbiano avuto luogo al momento dell'entrata in vigore della norma sopra richiamata.

Chiarito ciò, mi fa piacere informarla che, nonostante la grave situazione epidemiologica e le limitazioni a essa correlate, la maggior parte delle commissioni ha sostanzialmente concluso le operazioni di valutazione delle prove scritte e sta procedendo finalmente allo scioglimento dell'anonimato.

Per quanto riguarda, invece, lo svolgimento delle prove orali, ricordo che l'articolo 1, lettera q), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile scorso, dispone la sospensione delle “(…) procedure concorsuali private ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati è effettuata esclusivamente su basi curricolari ovvero con modalità a distanza; per le procedure concorsuali pubbliche resta fermo quanto previsto dall'articolo 87, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e dall'articolo 4 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22”.

L'articolo 10 dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri individua, poi, al 17 maggio il termine generale di efficacia per le disposizioni previste, a eccezione di alcune deroghe espressamente indicate.

Ne deriva che le commissioni potranno procedere - previo parere del comitato tecnico scientifico e conseguente adozione di ogni possibile azione che ne assicuri il corretto adempimento e delle misure conformi a quanto previsto dall'emergenza sanitaria - allo svolgimento delle prove orali, con fissazione del calendario a una data successiva al prossimo 17 maggio, consentendo una conclusione della procedura concorsuale in tempo utile per l'inizio del prossimo anno scolastico. Naturalmente, al nostro Ministero preme molto che questa procedura si concluda in tempi utili per le ragioni che lei giustamente ha richiamato.

Per quanto riguarda, infine, le procedure assunzionali, l'articolo 1, comma 605, della legge n. 205 del 2017, autorizza il concorso pubblico per l'assunzione di direttori dei servizi generali e amministrativi, nei limiti delle facoltà assunzionali previste dall'articolo 39 della legge n. 449 del 1997.

Allo stato attuale, quindi, le immissioni in ruolo potranno essere effettuate nei limiti delle cessazioni avvenute lo scorso anno, che risultano essere pari a 760 unità, e di quelle che si registreranno nel corrente anno scolastico e negli anni successivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Villani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Sono soddisfatta e ringrazio il sottosegretario Ascani per la risposta. Mi rincuora, infatti, sapere che, nonostante il difficile periodo, la maggior parte delle commissioni esaminatrici abbia sostanzialmente concluso le operazioni di valutazione delle prove scritte e si stia, dunque, procedendo allo scioglimento dell'anonimato. Fa piacere perché davvero ritenevo preoccupante che soltanto 7 regioni su 18 avessero portato a compimento la procedura giusta.

Così come mi tranquillizza sapere che le commissioni potranno procedere, previo ovvio parere del comitato tecnico scientifico, anche allo svolgimento delle prove orali, consentendo la conclusione del concorso, spero in tempo utile per l'inizio del prossimo anno scolastico. Penso che ciò sia un elemento dirimente per non gravare ulteriormente sulle segreterie scolastiche in un momento così particolare in cui il mondo della scuola, in generale nella “fase 2”, dovrà risolvere una serie di difficoltà già derivanti dalla convivenza con il COVID-19. Di fronte - come ben sa il Ministero, che sta lavorando affinché non si arrivi impreparati a settembre - avremo nuove sfide da affrontare, con una riorganizzazione dei tempi scuola, degli spazi e delle nuove modalità di didattica.

In tale scenario, vede, la figura del DSGA diventa ancora più centrale, dovendo egli, in qualità di capo della segreteria, attribuire al personale ATA, ai cosiddetti “assistenti amministrativi” di cui è coordinatore, delicati incarichi di natura organizzativa e, quando e se necessario, anche assegnare eventuali prestazioni eccedenti il normale orario di lavoro.

All'interno di un istituto il DSGA sovrintende, come sappiamo, ai servizi generali amministrativi-contabili, ne cura l'organizzazione e ne monitora i risultati raggiunti. Chiunque conosca il settore scolastico sa quanto sia importante tale ruolo e lo so bene anch'io. Infatti, all'inizio di ogni anno - a settembre - redigevo, in qualità di dirigente scolastico, la cosiddetta “direttiva al DSGA” nelle scuole che dirigevo, con l'atto di indirizzo affinché la scuola funzionasse correttamente.

Eppure, abbiamo aspettato tanti anni per avere questo concorso, un concorso atteso che ha l'obiettivo finalmente di introdurre nella scuola persone formate e competenti e, contestualmente, stabilizzare lavoratori che da anni contribuiscono con dedizione a portare avanti il settore scolastico. Sono figure che per anni hanno consentito il funzionamento delle nostre scuole, che, senza la loro disponibilità, non avrebbero potuto funzionare. Faccio un esempio su tutti per le scuole della Lombardia. In Lombardia abbiamo, praticamente, 1.130 scuole totali - istituzioni scolastiche - e soltanto 450 DSGA di ruolo, mentre 650 posti vengono occupati dai cosiddetti “facenti funzione”.

Ebbene, il 28 dicembre 2018 è stato indetto un concorso ordinario per l'assunzione di 2.004 DSGA (è un concorso ordinario). Sarebbe, a mio avviso, altrettanto auspicabile dare seguito alle intese che sono state sottoscritte con le organizzazioni sindacali della scuola, concertate dal Ministero, che prevedevano la pubblicazione di un bando di concorso riservato per 1.200 posti destinati ai DSGA “facenti funzione” con almeno tre anni di incarico negli ultimi otto, in possesso di laurea specifica e con almeno 36 mesi di servizio. Parliamo di persone che hanno ricoperto e stanno ricoprendo, anche per molti anni, il ruolo di direttori dei servizi generali, svolgendo sempre con professionalità il loro lavoro. Non possiamo essere sordi alle loro richieste di riconoscimento del lavoro svolto.

Io, in rappresentanza del MoVimento 5 Stelle, dove ho portato, poi, il bagaglio esperienziale dei miei circa quarant'anni all'interno del mondo della scuola, mi sono fortemente battuta, negli anni scorsi e fin dai primi mesi del mio mandato parlamentare, affinché venisse bandito il concorso ordinario e anche per ottenere, però, il percorso dedicato per coloro che avevano svolto tale funzione come facenti funzione.

Infine, mi permetto di formulare delle proposte affinché, nella malaugurata ipotesi che il concorso per DSGA non si concluda in tempo utile per l'inizio dell'anno scolastico 2020/2021 in tutte le regioni ove in svolgimento o solo in alcune di esse, che i DSGA già facenti funzioni e quelli assunti a tempo determinato nel corrente anno scolastico siano confermati a domanda nella stessa sede di servizio, se questa naturalmente rimane vacante o disponibile, previo parere favorevole del dirigente scolastico. Gli assistenti amministrativi che hanno svolto per almeno tre anni scolastici e senza demerito le funzioni di DSGA potrebbero confluire, a domanda, in una graduatoria regionale permanente dalla quale si potrebbero effettuare gli incarichi di sostituzione dei DSGA su tutti i posti vacanti e disponibili.

Inoltre, mi consenta, sottosegretario, di spendere una parola per gli assistenti tecnici: parliamo comunque del mondo delle segreterie scolastiche; è una figura presente nelle scuole del secondo ciclo, ma totalmente assente in quelle del primo; mi riferisco naturalmente alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado. Sono figure professionali indispensabili nella scuola del primo ciclo, io stessa sono relatrice di una risoluzione proprio al riguardo, e soprattutto in questo periodo di emergenza, tanto che ne sono stati previsti mille, assunti con contratto al 30 giugno; ebbene, sarebbe opportuno non solo stabilizzare, ma incrementare stabilmente la dotazione organica degli assistenti tecnici competenti in informatica e telematica, prevedendone l'assunzione in tutte le istituzioni scolastiche del primo ciclo, superando naturalmente quanto stabilito dall'articolo 120 del decreto-legge n. 18 del 2020, che ne prevede l'assunzione per un breve periodo. La scuola ha bisogno di questo personale ed è nostro compito monitorare affinché l'iter del concorso ordinario e, successivamente, se verrà bandito, quello straordinario, si chiuda entro i tempi stabiliti e venga garantita, laddove è possibile, una continuità di servizio. Ma, da questo punto di vista, la sua risposta, sottosegretario, è stata più che soddisfacente; nella scuola c'è molto da fare sul versante del precariato e questo concorso DSGA si può già considerare un risultato raggiunto e per cui mi sono battuta con tutte le mie forze fin dai primi giorni, per richiedere meritocrazia e giustizia, dopo tanti sacrifici per il personale scolastico coinvolto.

(Chiarimenti in ordine al coordinamento dei dati pubblicati da Inps e regioni con riguardo alla cassa integrazione in deroga e iniziative volte a velocizzare i pagamenti delle varie forme di indennità per integrazione salariale da parte dell'Inps - n. 2-00776)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Garavaglia ed altri n. 2-00776 (Vedi l'allegato A)..

L'onorevole Durigon ha facoltà di illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario.

CLAUDIO DURIGON (LEGA). Grazie, Presidente e grazie, sottosegretario, per la sua presenza. Nei giorni scorsi, abbiamo vissuto dei momenti davvero imbarazzanti, perché abbiamo visto addirittura il Premier Conte dichiarare che, per inefficienze di queste regioni, non sono state pagate queste famose casse integrazioni. Addirittura, in trasmissioni ufficiali, anche il Vice Ministro dell'Economia Misiani ha dichiarato un numero di domande presenti nel portale INPS, di domande di cassa integrazione in deroga: 37. Questo numero 37 - e mi fa specie perché l'ha fatto il Vice Ministro dell'Economia - derivava praticamente dal fatto che erano due i decreti per la cassa integrazione: uno per le zone rosse e l'altro invece per la cassa integrazione ordinaria, anche se in deroga. Ecco, questo disallineamento dei dati tra l'INPS e le stesse regioni ha creato un diverbio, quasi istituzionale, che, secondo me, è imbarazzante per il Governo averlo creato; e soprattutto perché, secondo noi, c'è un disallineamento da parte della stessa INPS, che mette in ritardo dei dati all'interno del loro portale. Le faccio un esempio. Io ho qui il documento ufficiale dell'INPS all'interno del sito: prendiamo la Lombardia, visto che è così tanto citata da questo Governo come l'emblema totale delle vostre preoccupazioni; c'è scritto 50 mila domande presentate, mentre, se lei prende il portale della regione Lombardia, vi è scritto 67 mila. Ecco, questa disparità di dati ha indotto esponenti altissimi del Governo, dal Premier prima, anche al Vice Ministro Misiani a dichiarare cose non esatte e addirittura prendendo delle righe sbagliate dello stesso INPS, prendendo la riga del decreto delle zone rosse e non del decreto attuativo del famoso “Cura Italia”, insomma, che prevedeva le casse in deroga per tutti.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali Francesca Puglisi ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA PUGLISI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Con il presente atto parlamentare gli onorevoli interpellanti richiamano l'attenzione del Governo sul sistema informatico dell'INPS e sull'esigenza di semplificazione delle procedure relative ai pagamenti delle indennità per le integrazioni salariali previste in questo periodo emergenziale. Innanzitutto colgo l'occasione per sottolineare che proprio due giorni fa il Governo ha approvato, in Consiglio dei ministri, il decreto-legge Rilancio che a breve verrà sottoposto all'approvazione del Parlamento. Si tratta di un provvedimento particolarmente importante che, grazie all'impegno del Ministero del Lavoro, destina oltre 25 dei 55 miliardi totali per tutelare milioni di lavoratori e famiglie nel nostro Paese. Nel decreto in questione abbiamo previsto un rifinanziamento di tutti gli ammortizzatori sociali, prevedendo anche la proroga della cassa integrazione per ulteriori nove settimane. In questo contesto l'INPS, impegnato nella gestione e nel pagamento di numerosi e differenti interventi di sostegno al reddito, si è trovato a dover far fronte a flussi di attività imponenti, che hanno comportato sin dall'inizio uno sforzo enorme da parte dell'istituto, che si è trovato nella necessità di potenziare le risorse dedicate anche al fine di aumentare la capacità elaborativa delle infrastrutture.

Non è mai successo, nel nostro Paese, che si fermasse l'Italia intera; quindi, con riferimento ai dati relativi all'andamento delle domande autorizzate dalle regioni e pervenute all'INPS posso rassicurare gli onorevoli interpellanti che questi dati vengono monitorati quotidianamente attraverso la banca dati dei percettori del reddito, la cui accessibilità è posta da sempre a disposizione delle regioni interessate. In particolare, per quanto riguarda i dati concernenti le domande di accesso alla cassa integrazione guadagni in deroga della regione Lombardia, l'INPS, espressamente interpellata al riguardo, ha comunicato che le domande istruite e per le quali è stato emanato il decreto regionale sono 57.436, mentre le domande autorizzate dall'INPS, ad oggi, sono 38.958.

Quanto alla pubblicazione dei dati sul sito INPS, l'istituto ha precisato che gli aggiornamenti non avvengono in tempo reale, ma con modalità periodica e che sono in corso attività di reingegnerizzazione continua in merito alle pubblicazioni dei prospetti dei dati di interesse, con la finalità di fornire le maggiori informazioni possibili ai datori di lavoro e ai lavoratori interessati.

Per quanto riguarda la necessità, condivisa da tutti, di accelerare il più possibile - la condividiamo innanzitutto noi, come Governo, e siamo dispiaciuti che, nonostante le ingenti risorse stanziate, queste non siano nella disponibilità delle persone - il percorso necessario che porta dalla sospensione dell'attività lavorativa all'erogazione del trattamento della cassa integrazione in deroga, il Ministero che rappresento innanzitutto ha promosso un confronto, una riunione con tutti gli assessori al lavoro delle regioni, i direttori delle sedi regionali, il presidente Tridico e la Ministra Catalfo, proprio per analizzare insieme quali fossero le difficoltà riscontrate. Dunque ci siamo resi parte attiva nel promuovere modifiche normative, a seguito di questa riunione, di questo confronto, volte ad accelerare l'erogazione dei trattamenti di integrazione salariale ai lavoratori, proponendo anche la costituzione di un gruppo di lavoro tecnico formato da rappresentanti del Ministero, delle regioni e dell'INPS, per arrivare a specifiche soluzioni che possano migliorare e rendere più snelli i processi, modificando laddove è necessario, le norme vigenti.

Dunque, grazie al proficuo dialogo tra le istituzioni e al principio di leale collaborazione che ha sempre contraddistinto l'azione di questo Governo, nel provvedimento adottato di recente (il cosiddetto “decreto Rilancio”), abbiamo previsto diverse misure di semplificazione, per fare in modo che i lavoratori, in caso di ricorso agli ammortizzatori sociali, possano percepire in tempi rapidi i trattamenti economici previsti.

Inoltre, mi preme sottolineare che in virtù dell'accordo sottoscritto con le regioni, le prime nove settimane di CIG previste dal “decreto Cura Italia” seguiranno la precedente regola delle domande inviate alle regioni mentre il nuovo periodo di cassa integrazione in deroga, ugualmente pari a nove settimane e di cui al “decreto Rilancio”, verrà autorizzato direttamente dall'INPS così da snellire e velocizzare le attuali procedure e garantire ai lavoratori che si trovano difficoltà misure e risposte in tempi rapidi. In conclusione voglio sottolineare che l'impegno del Ministero del Lavoro in questo difficile periodo emergenziale è massimo a tutela delle imprese, di tutti i lavoratori e delle loro famiglie.

PRESIDENTE. L'onorevole Durigon ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

CLAUDIO DURIGON (LEGA). Grazie, Presidente, allora si evince appunto dalla risposta del sottosegretario che il disallineamento dell'INPS è proprio causato dagli uffici che giustamente non sono ancora adeguati per dare una risposta simultanea alle domande presentate. Ma si evince però - mi perdoni, sottosegretario - che siamo davanti a un Vice Ministro del MEF che va in televisione dichiarando che ci sono 37 domande: io credo che oggettivamente questo Vice Ministro, visto che è anche di quella regione, dovrebbe in qualche modo informarsi prima di com'è lo stato dell'arte. Si evince anche dalle dichiarazioni che ha fatto il Presidente Conte costantemente dicendo che i ritardi sono dovuti a queste stesse regioni, quando invece anche da queste sue parole che lei oggi ci dice, per esempio, sono disallineati i numeri perché vedo dal comunicato ufficiale sul sito dell'INPS che sono 50 mila domande sempre per la Lombardia, mentre lei ha appena detto 57 mila e nel sito della regione sono 67 mila. Il problema è che, nonostante tutto questo, non sono state ancora pagate: soltanto una minima parte sono state pagate e istruite perché poi sapete benissimo che c'è un percorso che deve fare anche l'INPS richiedendo la SR41, quindi prima che all'azienda torni tutto quanto questo passano ancora ulteriori giorni. È brutta la retorica di dire: noi l'avevamo detto che il “Cura Italia” era un decreto che metteva fortemente in crisi l'operazione INPS, perché sono più di 11 milioni di beneficiari che in qualche modo dovevano avere risultati dal lavoro che poteva fare l'INPS e quindi la crisi del ritardo dei famosi pagamenti ha portato, ha ingenerato sicuramente questa soluzione. Ho letto nelle bozze che sono circolate e nelle dichiarazioni dello stesso Ministro e anche del Presidente Tridico che finalmente sono state messe le garanzie all'accordo ABI-sindacati: ecco anche questo noi volevamo che fosse fatto prima, perché oggettivamente oggi parliamo di due mesi e mezzo di ritardo. Ma sono ulteriormente preoccupato: uso questo tecnicismo dell'Aula per dirlo al Governo, per dirlo a lei perché lo possa riportare anche al Ministro, perché sono molto preoccupato? Perché lei, poco fa, ha detto che nello stesso decreto avete messo ulteriori nove settimane. Allora, noi abbiamo visto e sappiamo benissimo che dalla chiusura, che è stata l'8 marzo, ad oggi le nove settimane sono terminate la scorsa settimana e quindi ci sono ancora oltre due settimane da coprire per questa chiusura che è fino al 18; dopodiché rimarrebbero praticamente ulteriori tre settimane da usufruire da qui al 31 agosto perché sono cinque settimane delle nove settimane che si fruiscono, dal momento che finiscono le prime nove fino al 31 agosto. Allora se si immagina che la ripresa del lavoro, specialmente in alcuni settori, possa avvenire così d'emblée con il fatto che possa ripartire tutto, credo che siamo fuori strada e se questo va inserito nel contesto dove è stata messa una norma che per carità è giusta per i lavoratori, ma che non è previsto l'obbligo di non licenziare significa che noi rimettiamo in mano ad aziende chiuse o semichiuse o comunque a ridotto incasso la situazione di pagare stipendi a persone che purtroppo non possono lavorare in questo momento. Credo che questo sia un problema, sia un problema serio e spero che nel dibattito che ci sarà su questo decreto si possa modificare perché oggettivamente credo che siamo fuori strada sotto questo punto di vista.

Altro punto che leggo sempre dalle interviste del Presidente Tridico, della accelerazione che si vuole fare con questo nuovo sistema della procedura di questa cassa. Voglio dare dei numeri, ma numeri reali. Non c'è soltanto la cassa in deroga che passa tramite le famose regioni: c'è anche la cassa integrazione ordinaria. E se noi prendiamo i dati ufficiali dell'INPS che ci sono risultano non pagati per la cassa integrazione ordinaria un milione e mezzo di persone: cassa integrazione ordinaria, non c'entra niente la regione, sono domande dirette all'INPS. E pensate che per fortuna gli altri 4,04 milioni sono stati pagati perché sono stati anticipati dalle aziende. Parlo di cassa ordinaria ossia di domande dirette all'INPS: se noi pensiamo che si possa pagare o si possa dare un'accelerata bypassando le regioni soltanto, che è giusto e condivido, e di portarle direttamente all'INPS accelerando il sistema, è sbagliatissimo perché non è questo. Dovevamo garantire la possibilità, tramite le banche, che le aziende potessero anticipare vincolati i soldi ai lavoratori ogni 27 del mese come già avveniva.

Ulteriore problematica che nutro e vedo e voglio sottoporvi per far capire qual è la soluzione: ho sentito e ho letto anche questa mattina, sempre nelle dichiarazioni del Presidente, dell'anticipo del 40 per cento della cassa integrazione alla presentazione della famosa domanda o su per giù alla prima elaborazione. Vorrei farvi capire che cos'è il 40 per cento: il 40 per cento è dell'80 per cento dello stipendio, con un massimo di 1.000 euro. Significa che noi abbiamo persone che dovevano prendere 800 euro di cassa integrazione e andranno a prendere 300 euro-400 euro, dopodiché aspettiamo l'INPS che elabora per poi arrivare al conguaglio finale. Se noi pensiamo di dare ai lavoratori l'anticipo di cassa di 300-400 euro e mandare avanti questo Paese e che ciò significa accelerare, stiamo sbagliando quanto vogliamo fare per questo Paese.

Quindi ringrazio il Presidente ma indico al sottosegretario che ci sono delle cose che non vanno: mettiamo da parte l'aspetto del valore istituzionale e degli errori fatti anche da esponenti importanti di questo Governo dicendo delle famose 37 domande perché, lo ribadisco, sono dati del decreto della zona rossa e non dell'attività del famoso “Cura Italia”, penso che ci sia un momento di dover riflettere e far capire che bisogna accelerare ma bisogna accelerare in maniera diversa.

(Iniziative volte ad una revisione dell'attuale sistema di gestione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario delle regioni, in relazione all'emergenza COVID-19, con particolare riferimento al reclutamento del personale sanitario - n. 2-00787)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-00787 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Nesci se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

DALILA NESCI (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Grazie anche ai rappresentanti del Governo qui presenti. Questa interpellanza urgente affronta questioni centrali, a mio avviso, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria. I focus sono essenzialmente due: la gestione dei piani di rientro e poi, dall'altro lato - e questa è la domanda mi rendo conto anche molto complicata che ho fatto al Governo - di capire chiaramente quale sia la catena di comando istituzionale e delle responsabilità nelle regioni in piano di rientro in cui però il commissario ad acta del piano di rientro non coincide con il presidente della regione. Ma andiamo a parlare dei piani di rientro perché questa pandemia da COVID-19 ha messo in luce drammaticamente alcuni nostri punti deboli del Sistema sanitario nazionale e, tra questi, vi è la grande questione della sperequazione regionale, che è stata, a mio avviso, originata e aggravata dai piani di rientro perché questi strumenti sono sempre di più divenuti rafforzativi delle differenziazioni e delle disuguaglianze, e da qui a poco spiegherò perché. In primis, non da poco, la previsione dell'articolo 119 della Costituzione sulla perequazione delle risorse fino ad oggi è rimasta incompiuta. Basterebbe questo, ma bisogna argomentare ancora. Intanto i piani di rientro hanno favorito, perché sono proprio stati pensati con questo modello, una applicazione indistinta di questo metodo correttivo, meramente contabile, dei servizi sanitari regionali sottoposti a piano di rientro, il più delle volte in un taglio lineare dei costi e delle strutture con il risultato di generare sul territorio nazionale diversità assistenziali, addirittura difformità pericolosissime nella garanzia del diritto universale alla salute. Il maggior numero di casi da COVID-19 è stato riscontrato - purtroppo piangiamo ancora tantissimi morti - in regioni non sottoposte a piano di rientro: la Lombardia, il Piemonte, l'Emilia Romagna, con cifre di contagiati e di decessi significativamente più alti rispetto ad altre regioni del Centro e del Sud - penso al Lazio, alla Campania, alla Calabria, al Molise - e a tutte le regioni sottoposte invece a piani di rientro o commissariate.

Ma se la diversità assistenziale della regione Lombardia, che in particolare non era stata penalizzata dalle sanzioni e dalle restrizioni dei piani di rientro, in realtà ha mostrato tutta la sua fallibilità durante l'emergenza da COVID, non soltanto per una pandemia che era assolutamente non ponderabile puntualmente da tutti, però sicuramente è da rintracciare questa fallibilità nella carenza strutturale nell'assistenza territoriale, questo ormai ci è chiaro.

Ma, d'altro canto, non possiamo sottacere che, se qualcuna delle regioni sottoposte a piano di rientro fosse stata focolaio del virus, lì veramente avremmo contato decessi incalcolabili.

Quindi, per fortuna, le regioni del Centro-Sud in piano di rientro sono state avvantaggiate dalle misure che prontamente ha preso il Governo, purtroppo anche di restrizione della circolazione e delle libertà personali, ma di cui hanno beneficiato assolutamente queste regioni più in difficoltà.

Però, in questa emergenza sanitaria le regioni devono effettivamente essere messe in condizione di agire compiutamente, perché se da un lato per tutte le regioni, comprese quelle commissariate, i presidenti sono configurati come soggetti attuatori dell'emergenza sanitaria, e quindi delle misure emergenziali, dall'altro lato per le regioni invece in piano di rientro continuano a permanere questi vincoli, queste restrizioni, tipiche del modello del piano di rientro.

In effetti, questo modello che insiste ancora nelle regioni in piano di rientro mette in difficoltà il reperimento del personale, benché sappiamo che tanti sono stati i decreti governativi che hanno favorito il reclutamento di personale; ma c'è un problema di cui dobbiamo farci carico e soprattutto superare per le regioni in piano di rientro, perché negli anni le regioni sono state suddivise in un doppio binario, quello delle premialità e quello delle penalità, che di fatto non ha pagato e non sta pagando né in questa fase emergenziale, ma, ce lo possiamo dire chiaramente, nemmeno in una gestione ordinaria.

Il sistema sanitario nazionale, confrontato con i sistemi sanitari degli altri Paesi industrializzati, in particolare quelli europei, appare abbastanza efficiente. Quindi, noi ci vantiamo giustamente del nostro sistema sanitario e del nostro grado di civiltà, che vuole sempre più efficientarlo investendo in sanità pubblica, però c'è sempre stata nel corso di quest'ultimo decennio almeno la preoccupazione di controllarne continuamente la crescita, anche per i vincoli di derivazione europea circa l'elevato debito pubblico.

Poi con la riforma costituzionale del 2001 si è consolidata maggiormente l'autonomia delle regioni e si è stabilita una competenza concorrente sulla tutela della salute, quindi da parte dello Stato e da parte delle regioni, e, nel contempo, si è anche generata una vera e propria responsabilità asimmetrica sulla spesa, perché abbiamo lo Stato che fornisce le risorse dal livello centrale, ma poi sono le regioni che, con un certo grado di autonomia, le spendono.

Ovviamente, solo in tempi relativamente recenti si è cercato di abbinare alle restrizioni e ai tagli dei piani di rientro i controlli sulla garanzia e il rispetto su tutto il territorio italiano, quindi in maniera uniforme, dei livelli essenziali di assistenza. Quindi, anni di piano di rientro e commissariamento hanno comportato l'aumento esponenziale delle aliquote dell'IRAP e dell'addizionale regionale dell'Irpef, il blocco automatico del turnover del personale, seppure, via via, a volte allentato, e poi il divieto di effettuare spese non obbligatorie fino alla fine dell'anno successivo a quello in cui si effettua la verifica.

Quanto ai risultati, il disavanzo delle regioni sottoposte a piano di rientro si è ridotto progressivamente, in effetti, fino a 5 miliardi dal 2006 al 2018, e quindi abbiamo avuto dei risultati in termini di riduzione della spesa, ma è ovvio che questo risultato contabilmente positivo è prioritariamente dovuto ad una forte compressione della spesa e allo sforzo di massimizzare i risparmi immediati, quindi i tagli lineari di cui parlavo prima, e non ha mai favorito di fatto, in concreto, tante esperienze e ce lo dicono, un processo di riorganizzazione complessiva dell'offerta sanitaria, che invece avrebbe dovuto consentire di rafforzare i servizi alternativi alle strutture ospedaliere e di superare la maggiore frammentazione della rete e anche il maggiore ricorso a strutture private accreditate

Una delle voci di spesa che hanno risentito maggiormente delle restrizioni poi è stata sicuramente quella per il personale, con una riduzione in valore assoluto di quasi 2 miliardi dal 2010 al 2018, e a questo andamento ha corrisposto anche un ridimensionamento del numero sicuramente dei lavoratori, compresi, e sottolineo soprattutto, medici e infermieri; in particolare, nelle regioni in piano di rientro abbiamo avuto un peggioramento delle condizioni di lavoro, dei turni orari, dell'organizzazione, un aumento esponenziale del contenzioso. La riduzione del personale degli enti sanitari pubblici ha poi accompagnato di seguito un ridimensionamento delle strutture ospedaliere e, soprattutto, non ha fatto da contraltare al ridimensionamento degli ospedali il potenziamento, invece, dei servizi territoriali.

Nelle regioni con piano di rientro le carenze strutturali e anche la presenza di un forte settore privato accreditato, la sussistenza ancora di strutture, diciamocelo, infrastrutturalmente anacronistiche e la penuria di risorse rendono più difficile superare i motivi di arretratezza e soprattutto rendono sempre più difficile avviare le necessarie riorganizzazioni

Decenni di piano di rientro non solo non hanno risolto il problema di alcune regioni, ma hanno addirittura aggravato la situazione del disavanzo, richiedendo un intervento ulteriormente straordinario. Mi riferisco al “decreto Calabria”, perché la regione Calabria purtroppo è esemplificativa dei fallimenti nel decennio scorso di questo strumento del piano di rientro prima e del commissariamento subito dopo.

Ma, ripeto, nonostante queste cure dei piani di rientro, il fenomeno della mobilità passiva e dell'emigrazione sanitaria verso il Nord aumenta, drenando con sé tutte le risorse sottratte, ovviamente, agli investimenti, invece, nelle regioni del Sud, dove si sperimenta purtroppo la maggior parte della mobilità passiva, con tutti, tra l'altro, i costi sociali del caso.

I piani di rientro hanno comportato anche l'aumento del costo delle prestazioni specialistiche a compartecipazione, hanno spostato di fatto la domanda verso il privato e, a sua volta, purtroppo si sono favorite anche agevolazioni fiscali concesse alle misure di welfare aziendale, consolidando, anche qui, con evidenza, un sistema corporativo alternativo al servizio pubblico e per questo a mio avviso pericolosissimo per l'universalità dei diritti del sistema sanitario nazionale.

Il piano di rientro nasceva come uno strumento emergenziale per correggere il deficit dei sistemi sanitari regionali e come disciplina di risanamento e di tutela economica, ma nel tempo è divenuto la gestione ordinaria di buona parte delle regioni italiane; e bisogna prendere atto che ormai è divenuto esso stesso un problema per la sanità e per l'economia del Paese, quindi con la difficoltà di trovare risorse che vadano a coprire questi buchi neri che sembrano i piani di rientro.

I piani di rientro hanno dunque fallito l'obiettivo di riordinare i sistemi regionali e, soprattutto, hanno fallito l'obiettivo di uniformare il più possibile l'offerta dei LEA. Dalle tabelle e dalle griglie LEA abbiamo visto che, guarda caso, risultano inadempienti su questo punto proprio le regioni in piano di rientro, con agli ultimi posti Campania e Calabria.

Dunque, questa metodologia uniforme, ragionieristica, dei piani di rientro non è stata capace di assicurare altrettanto uniformi prestazioni o servizi garantiti sull'intero territorio nazionale, e non poteva ovviamente essere altrimenti, anche perché, in realtà, i diritti dovrebbero essere garantiti non parcellizzati e non frazionati.

Il sistema sanitario universalistico, che è nato nel 1978, superando il precedente sistema mutualistico, rappresentava ai tempi un'intuizione assolutamente formidabile, che però, via via, è stata ridimensionata sia dal legislatore italiano che dal legislatore europeo, finendo per essere compresso in ciò che potremmo definire un federalismo dissennato, da insostenibili vincoli economici e da procedure di monitoraggio e di controllo contabile essenzialmente basati su una serie di innumerevoli modelli informatizzati che nulla hanno a che vedere con la necessità di riorganizzare la rete assistenziale per i cittadini e soddisfare i bisogni di salute dei singoli territori, che tra l'altro sono variegati.

Inoltre, rammento, a beneficio di tutti, che in Europa, per rispondere in maniera rapida alla pandemia di Coronavirus, è stata necessaria l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, quindi consentendo all'Italia di discostarsi dagli obblighi del bilancio europeo, quindi è evidente che noi potremmo fare lo stesso con i piani di rientro, che potrebbero essere sospesi, quantomeno per la fase dell'emergenza, che pare, tra l'altro, si avvii giustamente ad una proroga. Quindi, noi dobbiamo fare i conti anche con questo, e soprattutto con una possibile ondata di ritorno dei contagi, che potrebbe proprio colpire le regioni del Sud. Quindi, la domanda al Governo è duplice: sulla sospensione dei piani di rientro e chiarire la catena di comando nelle regioni commissariate dove il commissario non coincide con il presidente della regione.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Francesca Puglisi, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA PUGLISI, Sottosegretaria di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Presidente, rispondo all'interpellanza in esame a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e, nei profili di competenza, del Ministero della Salute. Giova premettere che il Ministro della Salute, per assicurare la migliore gestione della cosiddetta “fase 2”, intende sviluppare la seguente strategia, articolata in cinque punti, su tutto il territorio nazionale, senza limitazioni o deroghe per le regioni in piano di rientro: mantenere e far rispettare il distanziamento sociale a tutti i livelli e promuovere l'utilizzo diffuso di mezzi di protezione individuale; potenziamento della rete di assistenza territoriale, in particolare di quella domiciliare, al fine di assicurare una migliore presa in carico della cronicità e delle categorie di pazienti fragili, che sono i più vulnerabili ed esposti al contagio, anche mediante servizi di telemedicina coordinati da centrali operative regionali; potenziamento della rete ospedaliera incrementando il numero di posti di terapia intensiva e semintensiva e i servizi di emergenza e urgenza, in modo da poter assicurare una pronta risposta in caso di nuovi picchi epidemici; avvio di un'indagine nazionale di siero-prevalenza, al fine di poter disporre in tempi rapidi di studi epidemiologici e statistiche affidabili e complete sullo stato immunitario della popolazione, per la migliore individuazione delle misure di profilassi e di contenimento (la misura è stata varata recentemente, con l'emanazione del decreto-legge n. 30 del 10 maggio del 2020); rafforzamento delle strategie di contact tracing mediante apposita app liberamente scaricabile sul cellulare, che consentirà di tracciare i contatti stretti intercorsi con persone risultate positive al COVID-19 a fini di prevenzione e cura. Anche in questo caso, dopo una fase di studio, la misura è stata attuata in via d'urgenza mediante adozione di un decreto-legge. Tutte queste misure, va ribadito, saranno garantite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

Entrando nel merito della questione posta, si rassicurano gli onorevoli interpellanti che tutte le misure che il Governo e il Ministero della Salute hanno adottato fin dall'inizio dello stato di emergenza, sia di natura normativa che amministrativa, per fronteggiare l'emergenza sanitaria da COVID-19, non hanno posto né limiti né differenze per le regioni in piano di rientro. I vari DPCM, le ordinanze e i protocolli, definiti sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico e degli organismi tecnici competenti, non escludono le regioni in piano di rientro né contemplano limitazioni di sorta in loro danno.

Quanto alla segnalata necessità di garantire il diritto all'assistenza sanitaria in vista di una, non auspicabile, ulteriore ondata di contagi da COVID-19, anche per le regioni in piano di rientro si ribadisce che, al pari delle precedenti iniziative normative, anche le ultime misure di cui al decreto-legge Rilancio, finalizzate a potenziare l'assistenza territoriale e la rete ospedaliera in modo strutturale e non limitatamente al periodo emergenziale, non pongono alcuna restrizione o limitazione per le regioni in piano di rientro.

Pertanto, ed in estrema sintesi, non è previsto, in pregiudizio delle menzionate regioni, limitazione alcuna rispetto alle strategie da porre in essere, neanche per quanto attiene al personale del Sistema sanitario nazionale, sia in termini di assunzioni che in termini di incentivi economici. I punti della strategia di intervento per la gestione della “fase 2” hanno trovato una prima attuazione con il recente varo delle nuove misure normative contenute nel citato decreto-legge Rilancio, dove è previsto un potenziamento dei servizi sanitari regionali, e in particolare il potenziamento dell'offerta sociosanitaria a livello territoriale, con una particolare attenzione dedicata all'assistenza domiciliare integrata, nonché alle unità speciali di continuità assistenziale. Specifiche norme sono rivolte alla riorganizzazione della rete ospedaliera complessiva, con una precipua attenzione per il potenziamento strutturale dell'offerta di posti letto di terapia intensiva e semintensiva. Nell'ambito di queste disposizioni si ribadisce che viene contemplata l'assunzione di personale sanitario anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente e vengono stanziate a tal fine apposite risorse.

Quanto precede conferma che le articolate misure adottate per il potenziamento dei servizi sanitari regionali, con le connesse risorse stanziate, sono previste in favore di tutte le regioni, comprese quelle in piano di rientro. In ogni caso, va rimarcato che l'istituto dei piani di rientro è finalizzato a garantire il corretto impiego delle risorse pubbliche stanziate per rendere sostenibile il Sistema sanitario nazionale, garantendo la produttività della spesa sanitaria e ponendo rimedio a gestioni inefficienti che mettono in pericolo la tutela del diritto alla salute. In un contesto generale di risorse scarse e di bisogni di cura crescenti, è indispensabile assicurare che la spesa sanitaria sia gestita nel modo più efficiente possibile, contemperando al meglio l'esigenza di garantire il diritto fondamentale alla salute, previsto dall'articolo 32 della Costituzione, con le esigenze di finanza pubblica e di equilibrio economico-finanziario del sistema.

PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

DALILA NESCI (M5S). Sì, sono parzialmente soddisfatta, e spiego perché. Intanto sgomberiamo subito il campo da equivoci: questo Governo, così come il precedente, ha invertito la rotta sui tagli, questo deve essere chiaro. Soprattutto, negli ultimi cinque mesi abbiamo investito 8,845 miliardi di euro nel Sistema sanitario nazionale, quindi è chiaro che gli investimenti, soprattutto in questa fase emergenziale, ci sono stati, e già il cambio di rotta c'era stato con la passata legge di bilancio. Però il punto nodale rimane: è vero che questi decreti fanno investimenti e anche danno la possibilità di assunzione - in parte, tra l'altro, sono assunzioni a tempo determinato -, ma poi, finito questo periodo dell'emergenza, cosa succederà? Questi lavoratori verranno stabilizzati o licenziati? E qui si innesta il problema della catena di comando istituzionale, perché, signora rappresentante del Governo, c'è stata chiaramente una nomina da parte del Capo del Dipartimento della Protezione civile, che ha fatto diventare, nomina, a partire dal 27 gennaio - faccio l'esempio della regione Calabria -, soggetto attuatore la presidente di regione - tra l'altro, abbiamo assistito anche ad un braccio di ferro istituzionale che assolutamente non condivido e che trovo pericolosissimo -, però, dall'altro lato, abbiamo anche, proprio in Calabria, che è una regione in piano di rientro, un commissario, quindi una struttura commissariale, che non coincide con il soggetto attuatore, che chiaramente, in una trasmissione televisiva, ha proprio dichiarato che non emana alcun decreto commissariale in questa fase emergenziale perché ravvisa che le responsabilità e le competenze sono da rintracciare nell'attuatore, nel soggetto attuatore, che è il presidente di regione. Quindi, ci troviamo di fronte ad un evidente problema di gestione dei rapporti istituzionali. In effetti, come non comprendere la struttura commissariale? Perché se io vado a prendere l'atto di nomina di questa struttura commissariale mi basta leggere un punto, il punto numero 8, che dice: razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale.

Ecco, questo è il problema: il problema è che le strutture commissariali, non coincidenti con i presidenti di regione e soprattutto delle regioni in piano di rientro, hanno questi obiettivi, chiaramente per legge, di razionalizzare e di contenere. L'obiettivo del piano di rientro quindi permane, e da qui la necessità di sospenderlo. Sicuramente l'episodio rappresentativo della Calabria ci fa capire nello specifico che non ci sono più i presupposti per mantenere questa struttura commissariale, e con questi obiettivi: noi dobbiamo fare i conti con un possibile contagio di ritorno, che magari arriverà a contagiare le regioni del Sud, e noi non possiamo avere questi doppi livelli istituzionali, che magari accentueranno il braccio di ferro con il Governo.

Noi dobbiamo mettere in salvo la salute dei cittadini soprattutto in queste regioni, evidentemente, e quindi rimodulare la scelta iniziale della struttura commissariale in base alla sopravvenuta esigenza dell'emergenza COVID-19: perché qui non serve più una struttura commissariale che persegua solo il piano di rientro, serve una struttura commissariale che riesca a mantenere salda la gestione sanitaria in questa fase.

E faccio un esempio concreto: la questione dei tamponi, fatti a tanti cittadini rientrati al Sud provenienti dal Nord. Ecco, qui richiamo all'attenzione del Governo tutto, e in special modo del Ministero della Salute, del Ministero dell'Interno: noi non dobbiamo permettere che ai cittadini da parte dei dipartimenti di prevenzione delle strutture ospedaliere arrivino notizie confuse, non univoche, perché già queste persone sono fortemente provate dalle quarantenne, che tra l'altro decidono di accettare precauzionalmente e volontariamente, ma sappiamo che sono sottoposte poi alla vigilanza anche delle Forze dell'ordine, quindi c'è una concreta restrizione delle libertà costituzionali e personali.

Diamo allora chiaramente trasparenza e intelligibilità a quali siano i percorsi ai quali vanno incontro i cittadini, perché io dai casi concreti… E continuo a dire ai cittadini di denunciarmi e soprattutto di segnalarmi le anomalie, perché le istituzioni devono fare questo: collaborare con gli altri livelli istituzionali per cercare soluzioni; e per questo mi discosto totalmente dallo sciacallaggio in atto anche di alcuni colleghi, che generano a mio avviso confusione, allarmismo.

Noi dovremmo essere sul “pezzo”, studiare e capire cosa succede in ogni frangente, perché bisogna mettere sicuramente sempre il fiato sul collo del dipartimento della salute regionale, delle aziende sanitarie provinciali. Noi abbiamo i riscontri che i processamenti dei tamponi stanno avvenendo, ma qualcuno si è chiesto oppure sa che mancano in tutta Italia i reagenti che permettono il processamento di questi tamponi? Allora, collaboriamo a livello istituzionale per trovare questa soluzione e per non ritrovarci di nuovo punto e daccapo con quello che è successo con i dispositivi di protezione individuale, che vedevano una carenza proprio sul mercato europeo ed internazionale. Sono queste, quindi, le responsabilità che si deve prendere la politica ad ogni livello istituzionale.

E poi apriamo altri laboratori: è evidente che i laboratori che oggi processano questi tamponi sono pochi, quindi diamo risorse in questo senso. E poi non voglio assolutamente smentire la rappresentante del Governo, però solo puntualizzare che, per quanto riguarda la sospensione dei piani di rientro, è già stato approvato un mio ordine del giorno, il n. 9/2463/148, in cui il Governo si impegna a sospendere i piani di rientro, quindi è chiaro ed evidente che noi siamo in una fase di riforma necessaria di questa norma e di questo regime. E poi, soprattutto, anche la XII Commissione nel parere che ha dato al DEF, Documento di economia e finanza, ha chiaramente detto che è necessario superare il modello dei piani di rientro e dei commissariamenti, che hanno fallito in questo doppio binario di premialità e penalità che non ha raggiunto gli obiettivi previsti.

Ma poi soprattutto, dopo che persino l'Europa veramente in poche notti ha sospeso il Patto di stabilità, comprendiamo che noi dobbiamo andare in quella direzione, ma anche in un necessario cambio di paradigma economico: perché le democrazie europee fino ad oggi, e l'abbiamo vissuto sulla nostra pelle, sono state schiacciate da un pensiero ordoliberista, e soprattutto da un perseguimento direi patologico del profitto a danno della dignità dei lavoratori, della persona, della salute, come abbiamo visto. In questo modello economico sguazzano le mafie, che sono proprio il paradigma perfetto per questo modello neoliberista che va spazzato via: una filosofia dell'austerity che ha imposto meccanismi oggi inaccettabili, impropri a rispondere a questa perdurante congiuntura negativa, che molto probabilmente si trasformerà tra l'altro in una depressione economica vera e propria.

È il momento di scelte radicali, non è il momento di pensare a strumenti che in realtà ci porteranno ad accordi capestro per la democrazia e l'economia del nostro Stato, come il MES; è il momento di scelte coraggiose, e soprattutto fondate sull'economia e sui modelli economici che già funzionano. Io penso ad una Banca Centrale Europea che diventi come la Fed degli Stati Uniti d'America, come la Bank of England, la Bank of Japan: la Banca centrale europea deve diventare prestatore di ultima istanza, e quindi via via spostare in questa fase di emergenza economica più che mai la leva monetaria alla leva politico-economica, perché è qui che i Governi democraticamente eletti, proprio in questa fase devono avere margini seri e chiari di autodeterminazione, perché altrimenti noi andiamo allo sfacelo.

È evidente che noi non torneremo alla vita di prima, ma se vogliamo preparare, da rappresentanti delle istituzioni, un futuro di pace e di prosperità, noi, mentre ci occupiamo della quotidianità, se non avremo una visione di lungo periodo non risponderemo a questa emergenza, a questa catastrofe, che supereremo solo con visione politica e grandi capacità.

(Chiarimenti e iniziative in ordine agli indennizzi per il rilascio della frequenza della banda 700 mhz, al fine di assicurare la conoscenza da parte degli operatori dei relativi criteri, importi e tempistiche di pagamento - n. 2-00786)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zanella ed altri n. 2-00786 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zanella se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICA ZANELLA (FI). Presidente, sottosegretario Liuzzi, cercherò di riassumere brevemente il tema della nostra interpellanza, e poi di ascoltare con attenzione quello che lei avrà da dire.

La nostra interpellanza riguarda appunto il rilascio volontario, obbligatorio per alcune regioni, di frequenze; essa parte da un'interrogazione precedente, perché voi avete pubblicato un bando in data 30 aprile, che peraltro stabilisce una tempistica molto ristretta, dal 4 al 30 maggio, per questo rilascio volontario, obbligatorio in Liguria, Toscana e Lazio, di alcune frequenze, appunto con tempistiche molto veloci. Ma soprattutto con una modalità operativa che ci ha lasciato perplessi, perché di fatto voi dite alle emittenti: voi rilasciateci le frequenze e poi noi vi diciamo quanto vi paghiamo. Cioè, è come se io le dicessi: scusi, lei mi vende la casa, viene cortesemente dal notaio, mi sottoscrive la vendita, e poi io le dico quanto le corrispondo di indennizzo; insomma, era già quantomeno particolare come modalità.

Successivamente, c'è stata un'aggravante: da varie voci - che poi paiono essersi verificate, ma noi abbiamo ovviamente redatto la nostra interpellanza martedì, quindi non avevate ancora redatto il cosiddetto “decreto Rilancio” - risulta che voi abbiate inserito un articolo con dei criteri che sono quantomeno extra-ordinari, ovvero mai utilizzati in un rilascio di frequenze in decreti precedenti, che di fatto fondamentalmente vedrebbero una procedura d'indennizzo attribuito in via prioritaria in base al numero degli impianti, e non al numero di abitanti che le frequenze coprono.

Ricordo che ovviamente i criteri che si basavano sul riconoscimento degli abitanti coperti, e ripresi sia nel 2012 che nel 2015 da due decreti ministeriali, sono criteri che vengono avallati sempre da Agcom, mentre il criterio di indennizzo che il Governo sembrerebbe voler adottare… Poi le chiedo onestamente, perché nelle domande ovviamente non c'era spazio, perché non sapevamo ancora nulla del decreto, nelle bozze risulta un articolo 52-quinquies che parla di questo rilascio di frequenze.

E mi conceda, francamente in un contesto omnibus, il rilascio delle frequenze non c'entra nulla, si tratta di un comparto e soprattutto di una tematica che meriterebbero un decreto a parte, che auspichiamo avvenga. Ecco, il criterio di base è sicuramente non comprensibile, a meno che non ci siano interessi particolari che, conoscendola personalmente, non vogliamo riconoscerle, però, visto che ci piacciono gli esempi, le spiego: un territorio come la Lombardia, con 10 milioni di abitanti, ha un'antenna, un impianto che si chiama Valcava, che copre 5 milioni di abitanti. Un territorio come il suo - l'ho anche riportato per facilitarne la comprensione, in Basilicata ci sono meno di 600 mila abitanti, se non erro - è chiaro che è un territorio frastagliato e così via e, quindi, necessita di più antenne; quindi, una micro antenna, che copre qualche decina di migliaia di abitanti, ha lo stesso valore, secondo questi criteri ipotetici che spero che lei ci smentisca, di un impianto che copre 5 milioni di abitanti. Cosa vuol dire? Che un'emittente lombarda che, per coprire dieci milioni di abitanti, ha bisogno di tre impianti, percepirebbe come indennizzo meno di un'emittente della Basilicata che, per coprirne 500 o 600 mila, non so se si riesce a raggiungere tutto il territorio, come anche in Lombardia ci sono ovviamente delle difficoltà, territori montani e così via, prenderebbe di più. La sua regione, per fare un esempio, ovviamente non esaustivo, vi sono tante altre realtà simili, andrebbe a prendere circa, su per giù, quattro volte di più di indennizzo rispetto ai criteri precedenti, quelli basati sulla popolazione.

Va da sé, anche intuitivamente e commercialmente che, per esempio, io investitore - visto che le emittenti locali si basano molto sugli investimenti pubblicitari - difficilmente pagherò una pubblicità che va in onda su un'emittente della Basilicata che copre 600 mila persone, quanto pago una pubblicità che va in onda su un'emittente lombarda che ne copre 10 milioni. Questo è intuitivo.

Quindi, poi, ascolterò la sua risposta e cercherò di ribatterle all'uopo, ma le chiedo, oltre a quanto riportato nell'interpellanza, anche se mi conferma che c'è un articolo in merito nel “decreto Rilancio”, se, invece, per il riconoscimento degli indennizzi, vi baserete sui criteri già riportati dai decreti ministeriali del 2012 e del 2015 e se non intenda, ovviamente, rivedere le stringenti tempistiche, perché dal 4 al 30 maggio, cioè praticamente dopodomani, questi operatori non sanno quanto piglieranno di indennizzo, non hanno la capacità di capire strategicamente se accettare o meno e, quindi, noi speriamo che voi facciate un decreto, chiariate gli indennizzi e diate la possibilità, poi, alle emittenti di fare una riflessione, perché si parla anche di rilascio anticipato di frequenze. È inutile sottolineare che criteri complessi andrebbero a inficiare tutto il sistema del rilascio, del passaggio e così via. Quindi, mi auguro che lei riesca a rispondermi compiutamente.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Mirella Liuzzi, ha facoltà di rispondere.

MIRELLA LIUZZI, Sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti per la questione sottoposta alla nostra attenzione, perché abbiamo la possibilità di affrontare un tema importante. Gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere i criteri per l'attribuzione degli indennizzi previsti per gli operatori di rete locali per il rilascio delle frequenze in banda 700 mhz, nonché se non si intendano rivedere le tempistiche previste dal bando del 30 aprile 2020 per il rilascio delle frequenze medesime.

Con riferimento alle richieste effettuate, in via preliminare, ritengo opportuno fare una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Com'è noto, in attuazione della decisione UE 2017/899, l'articolo 1, commi 1026 e seguenti, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), modificato dalla legge del 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), nel disciplinare e programmare il processo che, entro il 30 giugno 2022, dovrà conferire un nuovo assetto al sistema radiotelevisivo su piattaforma televisiva digitale terrestre, ha stabilito le modalità e le tempistiche di rilascio delle frequenze radiotelevisive in banda 700 mhz, nonché ha previsto l'erogazione di indennizzi a favore degli operatori di rete locali successivamente alla dismissione delle relative frequenze.

Il calendario per aree geografiche e le scadenze della tabella di marcia sono stati successivamente definiti dal decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 19 giugno 2019, il cosiddetto decreto road map, indicando la fase temporale 1° gennaio 2020-31 maggio 2020 entro la quale attuare: lo spegnimento dei canali 51 e 53 nell'area ristretta A (Liguria, province costiere della Toscana, Nord Sardegna e province di Viterbo, Roma e Latina), lo spegnimento facoltativo dei medesimi canali nelle restanti province delle regioni della stessa area e lo spegnimento sempre facoltativo delle frequenze degli operatori locali su tutto il territorio nazionale.

La richiamata tempistica è definita anche in base alle scadenze assunte in specifici accordi internazionali, al fine di evitare o ridurre interferenze con i Paesi confinanti.

Alla luce del citato quadro temporale di riferimento, i titolari dei diritti d'uso dei canali interessati alle attività di rilascio obbligatorio delle frequenze nell'area ristretta A sono stati auditi dai competenti uffici del Ministero dello Sviluppo economico il 24 e il 31 ottobre 2019. In tale sede, gli operatori di rete locali hanno richiesto espressamente di procedere allo spegnimento del proprio multiplex, in considerazione della procedura tecnicamente semplice, in un arco di tempo molto limitato - non superiore a una settimana - nel mese di maggio 2020, usufruendo comunque della possibilità, ai sensi dell'articolo 1, comma 1031, della richiamata legge di bilancio 2018, del trasporto di almeno un programma sul multiplex contenente l'informazione regionale del concessionario del servizio pubblico. Tutto ciò, al fine di avvalersi della medesima risintonizzazione da parte dei cittadini determinata dagli interventi degli operatori nazionali.

Conseguentemente, la tempistica delle attività di rilascio delle frequenze era nota da diversi mesi, posto che, come sottolineato anche dagli onorevoli interpellanti, le date relative all'attività di spegnimento delle suddette frequenze in ambito locale sono state definite dalla determina direttoriale del 28 novembre 2019, nel periodo 4 - 30 maggio 2020. Infatti, con l'avviso del 30 aprile 2020, a cui fanno riferimento gli onorevoli interpellanti, sono state fornite esclusivamente indicazioni operative ai fini di eventuali comunicazioni, relative al rilascio in via volontaria delle frequenze da parte degli operatori locali, con i competenti uffici del Ministero dello Sviluppo economico.

Con riferimento alla questione relativa alla regolazione degli indennizzi a favore degli operatori di rete locali, l'articolo 4, comma 10, del “decreto road map”, prevede che - e cito -: “A seguito del rilascio delle rispettive frequenze di ambito locale, ai titolari dei relativi diritti d'uso sarà erogato l'indennizzo corrispondente, secondo le modalità previste dal decreto ministeriale adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 1039, lettera b), e comma 1040 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, come modificata dalla legge 31 dicembre 2018, n. 145”.

Al riguardo, è opportuno evidenziare che la finalità del medesimo decreto è quella di individuare i criteri di calcolo e le procedure di erogazione degli indennizzi, erogazione che in ogni caso dovrà avvenire successivamente al rilascio delle frequenze; e che la stessa disposizione non appare incidere in via diretta sul processo di liberazione obbligatoria delle frequenze, da parte degli operatori di rete, previsto nella citata normativa di riferimento.

Pertanto gli indennizzi spettanti agli operatori titolari di tali frequenze, anche per i rilasci anticipati e volontari, saranno erogati a seguito delle procedure di rilascio, ossia successivamente all'adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 1, comma 1040, della legge n. 205 del 2017.

In ogni caso, informo che, in questa fase, i competenti uffici del Ministero dello Sviluppo economico stanno svolgendo un'approfondita istruttoria per la definizione dei criteri di calcolo degli indennizzi, tenuto conto anche delle specifiche circostanze che caratterizzano l'attuale processo di riassetto del settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Zanella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICA ZANELLA (FI). No, per niente, non mi ha risposto, fondamentalmente. Quando si riferisce a una approfondita istruttoria sui criteri di calcolo, quindi, lei mi assicura che non infilerete subdolamente e surrettiziamente nel “decreto Rilancio” un articolo che riguarda gli indennizzi con criteri che decidete voi senza averli condivisi e che non sono mai stati ripresi? Chiedo questo, perché mi sembrava evidente nella mia domanda che vi fosse la richiesta di specificare quali siano i criteri di indennizzo, perché, vede, le dico quello che riprendono, per ora, le bozze che noi abbiamo visto e cioè che il Ministero dello Sviluppo economico avrebbe intenzione di determinare gli importi degli indennizzi in base alla stima dei costi fissi non recuperabili e del loro ammortamento, riferiti al numero e alla tipologia degli impianti in esercizio sostenuti per la realizzazione della rete.

Ecco, cioè vi abbiamo chiesto nell'interpellanza esattamente se i criteri siano questi o se vi conformerete ai criteri già utilizzati che non creeranno contenziosi, lungaggini e non rischiano di pregiudicare un passaggio importante e doveroso, anche per un processo di transizione, diciamo, richiesto e concordato con l'Europa.

Quindi, non mi ha risposto su questo, non mi ha risposto sui criteri. Lei, guardi, facendo trapelare questo articolo ha fatto una straordinaria cosa: è riuscita in una straordinaria impresa poche volte occorsa - e glielo dico perché io ho presieduto anche il Corecom per tanti anni, l'autorità di controllo per le telecomunicazioni in regione Lombardia, e quindi, insomma, le emittenti locali le conosco bene e anche le associazioni che difendono le emittenti locali e che ne tutelano gli interessi - e lei, ecco, le ha messe quasi tutte insieme. Praticamente, il 99 per cento delle emittenti è imbufalito rispetto a una possibilità che lei inserisca questi criteri, peraltro surrettiziamente - ribadisco - in un decreto che dovrebbe essere rilancio e che, invece, annichilirebbe necessariamente il comparto, e senza darci spiegazioni.

Ribadisco: io credo assolutamente nella sua onestà intellettuale, perché la conosco personalmente, ma l'esempio di un'emittente lombarda che, grazie a Valcava, copre 5 milioni di abitanti - e, quindi, con altri due impianti ipoteticamente ne copre 10 - e l'emittente della sua regione che con tot numero di impianti ne copre 600 mila, numero molto superiore agli impianti e che avrebbe un indennizzo maggiore, sicuramente, insomma, pone degli interrogativi importanti che lei onestamente non ha fugato. Mi dispiace, però, guardi, le ho fatto un esempio stringente e lei non mi sta rispondendo sui criteri. Ma lei sa che ci sono delle imprese… Noi abbiamo parlato, noi stiamo parlando di un comparto che, a parte che occupa migliaia di persone che rimangono in sospeso in questo senso, ha scontato gravemente gli effetti di questa emergenza COVID e che voi non avete aiutato in nessun modo. Io ho presentato emendamenti al “Cura Italia”, li ho presentati per la liquidità eccetera, perché ci siano delle risorse e degli stanziamenti aggiuntivi. Io le ricordo che loro, tutte le emittenti locali radiofoniche e televisive - quelle radiofoniche, ovviamente, in questo contesto non sono contemplate -, però, voglio dire, hanno svolto un valore aggiunto, un servizio al territorio molto, molto importante in questo periodo, perché per tanti territori che erano necessariamente scoperti da emittenti nazionali, che non avevano tempo di occuparsi di notizie della propria zona, hanno svolto un servizio - tra l'altro, voglio dire, rischiando, così come tanti altri che hanno lavorato in questo periodo per tenerci informati, per curarci, i servizi ai supermercati eccetera eccetera - e mettendo a repentaglio la loro incolumità per darci notizie vere, declinate sul territorio; voi li ripagate senza uno stanziamento ulteriore, che spero venga fuori da questo decreto da 55 miliardi, e nel caso in cui non ci fosse mi parlano di un articolo - perché qui si va a bozze eccetera, da rivedere, salvo intese eccetera eccetera -, però, spero che ci sia un indennizzo e un ristoro anche per tutta l'emittenza locale che vada sugli 80 milioni, come abbiamo sempre richiesto, e non sui 20 milioni, come si accennava in qualche bozza che girava. Oltretutto, non aiutandoli gli imponete un rilascio di frequenze senza dire quanto le pagate e con criteri capestro che pregiudicherebbero tutto il buon andamento del settore e, magari, potrebbero anche portare alla chiusura di qualche società e qualche, voglio dire, emittente televisiva, con conseguente, ovviamente, ricaduta a livello occupazionale.

Le ricordo, semmai dovesse pensare di utilizzare quel criterio balzano delle antenne anziché della copertura territoriale, che poi gli attuali operatori di rete ai quali verrà espropriata la frequenza, se vorranno trasmettere i propri programmi dovranno pagare la veicolazione a coloro che si aggiudicheranno le frequenze, sulla base, ovviamente, degli abitanti coperti, e non delle antenne utilizzate. Quindi, pensateci bene. Io mi auguro che voi facciate le cose con contezza, con attenzione del settore , senza perseguire interessi particolari.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di esame di progetti di legge e di una mozione.

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame dei seguenti argomenti: Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro (A.C. 2207); Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array (A.C. 2360); Mozione 1-00349 concernente iniziative in materia di obblighi vaccinali.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 19 maggio 2020 - Ore 10:

1. Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:

S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato). (C. 2120)

Relatore: ROMANIELLO.

S. 257-702 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MARCUCCI ed altri; MONTEVECCHI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 2165)

e delle abbinate proposte di legge: ASCANI ed altri; QUARTAPELLE PROCOPIO. (476-1099)

Relatrice: GRANDE.

BOLDRINI: Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione. (C. 2207)

Relatrice: BOLDRINI.

S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2360)

Relatrice: SABRINA DE CARLO.

(ore 16)

2. Seguito della discussione delle mozioni Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi ed altri n. 1-00346 e Davide Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro ed altri n. 1-00348 concernenti iniziative volte al superamento delle limitazioni delle libertà costituzionalmente garantite e delle criticità normative emerse in relazione alla gestione dell'emergenza da COVID-19 .

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 867 - Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni (Approvato dal Senato). (C. 2117-A)

e delle abbinate proposte di legge: NOVELLI ed altri; ROSTAN ed altri; MINARDO; PIASTRA ed altri; BRUNO BOSSIO; CARNEVALI ed altri; BELLUCCI ed altri; LACARRA ed altri; PAOLO RUSSO ed altri.

(C. 704-909-1042-1067-1070-1226-1246-1590-2004)

Relatori: BORDO, per la II Commissione; IANARO, per la XII Commissione.

4. Seguito della discussione dei progetti di legge:

S. 1140 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Mozambico, fatto a Maputo l'11 luglio 2007 (Approvato dal Senato). (C. 2229)

Relatrice: QUARTAPELLE PROCOPIO.

Ratifica ed esecuzione dell'accordo di cooperazione fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sui programmi europei di navigazione satellitare, fatto a Bruxelles il 18 dicembre 2013. (C. 1677)

Relatore: OLGIATI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione scientifica, tecnologica e innovazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dell'Australia, fatto a Canberra il 22 maggio 2017. (C. 1676-A)

Relatore: OLGIATI.

S. 1123 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato globale e rafforzato tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d'Armenia, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 24 novembre 2017 (Approvato dal Senato) (C. 2120)

Relatore: ROMANIELLO.

S. 257-702 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MARCUCCI ed altri; MONTEVECCHI ed altri: Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, fatta a Faro il 27 ottobre 2005 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 2165)

e delle abbinate proposte di legge: ASCANI ed altri; QUARTAPELLE PROCOPIO. (476-1099)

Relatrice: GRANDE.

BOLDRINI: Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 nel corso della 108ª sessione della Conferenza generale della medesima Organizzazione. (C. 2207)

Relatrice: BOLDRINI.

S. 1376 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione istitutiva dell'osservatorio Square Kilometre Array, con Allegati, fatta a Roma il 12 marzo 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2360)

Relatrice: DE CARLO SABRINA.

La seduta termina alle 11,05.