Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 luglio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'idrovia Padova-Venezia, concepita come una grande opera pubblica negli anni '50 del secolo scorso, è rimasta un'opera incompiuta ed i cui lavori di realizzazione sono andati avanti a fasi alterne fino al 1992, anno in cui era stato completato il 60 per cento dell'opera;

    dal 1985 l'idrovia è stata comunque ridotta ad una serie di monconi inutilizzabili, mentre, in considerazione dei grandi vantaggi dal punto di vista del contenimento dell'inquinamento atmosferico e soprattutto data la sua funzione di canale scolmatore, veniva inserita nel cosiddetto piano D'Alpaos elaborato nel 2011, dopo la grande alluvione del 2010 che ha indicato come non più rimandabili gli interventi di regimentazione del sistema fluviale Brenta-Bacchiglione;

    il piano D'Alpaos include opere per 3,2 miliardi di euro mirate a mitigare il rischio idraulico e geologico, come bacini di laminazione, consolidamenti di argini, ricalibrature di alvei e briglie. La previsione più onerosa riguarda proprio il percorso dell'idrovia (28 chilometri), inizialmente immaginato come un semplice collegamento logistico tra le zone industriali di Padova e Marghera, ma successivamente, ridisegnato per un utilizzo doppio, ossia, da un lato, come canale navigabile di quinta classe (cioè in grado di ospitare chiatte lunghe 105 metri e dunque con una capacità di caricare container pari a sessanta camion o a due treni merci) e, dall'altro, come canale scolmatore (capace di assicurare una portata di 350 metri cubi d'acqua al secondo, così da fronteggiare le piene del sistema Brenta-Bacchiglione);

    concludere l'idrovia per utilizzarla come canale scolmatore consentirebbe di mettere in sicurezza i bacini del Brenta e del Bacchiglione, frequentemente soggetti a piene; dopo l'alluvione del 2010 eventi di piena si sono registrati a fasi alterne nel novembre 2011, tra gennaio e febbraio 2014, nell'aprile 2017 e ad ottobre 2018;

    come ampiamente documentato da articoli scientifici e studi che riportano i modelli matematici che prefigurano le enormi devastazioni che produrrebbero le esondazioni dei suddetti fiumi, tra le soluzioni proposte per arginare gli enormi danni che ne conseguirebbero, la deviazione delle acque attraverso l'idrovia era ritenuta funzionale alla mitigazione del rischio idraulico a cui sono esposti da sempre i territori del vicentino, del padovano e dei comuni della città metropolitana di Venezia;

    per l'opera in questione, attualizzando le cifre, ad oggi sono stati spesi circa 100 milioni di euro e dal 1992, quando i cantieri si bloccano definitivamente, i lavori già fatti vanno incontro ad un inarrestabile degrado; la conca di navigazione vicino a Mira, ad esempio, oggi dovrebbe essere completamente rifatta, così come le sale di comando. Come già denunciato dal professor D'Alpaos «di quel che è stato costruito non c'è più nulla di utilizzabile»;

    ad oggi, per realizzare l'opera per averne il doppio utilizzo (canale navigabile e canale scolmatore) servirebbero 512 milioni di euro, in assenza dei quali è impossibile passare alla fase di progettazione definitiva ed esecutiva (siamo ancora allo studio di fattibilità); al contrario, se si decidesse di completare l'esistente per garantirne la funzione di canale scolmatore, l'opera potrebbe avere una possibilità di realizzazione in tempi brevi, con importanti vantaggi a livello di rischio idraulico;

    tuttavia, nonostante gli indiscussi vantaggi che il completamento dell'opera in questione apporterebbe alla maggior parte dei territori della «terraferma» da essa attraversati, resta da chiarire un punto critico, cioè l'impatto che essa avrà sulla rete idraulica di alcuni di essi e sulla Laguna di Venezia anche in termini di sversamento di inquinanti e di rispetto dei parametri fissati dal Piano Direttore, da anni in vigore;

    a tal fine, è opportuno che la valutazione degli impatti ambientali connessi all'utilizzo del canale dell'idrovia come scolmatore si soffermi sulla concrete modalità di scarico in laguna (mediante realizzazione di vasche di laminazione delle piene prima dell'immissione, ovvero mediante scarico diretto in laguna), ponendo attenzione all'analisi qualitativa e quantitativa degli inquinanti sversati e all'apporto solido di sedimenti in occasione degli eventi di piena, con particolare riferimento a metalli, nutrienti e particellato in sospensione nelle acque;

    per questo motivo si rende assolutamente necessario che il progetto del completamento dell'idrovia Padova-mare venga integrato con studi di valutazione delle dinamiche idrauliche tesi all'individuazione delle opportune soluzioni atte ad evitare eventuali conseguenze negative sull'ecosistema lagunare;

    nel mese di marzo 2020 l'associazione «Salvaguardia idraulica del territorio padovano e veneziano» si è rivolta alla sezione giurisdizionale della magistratura contabile, invocandone l'intervento «nell'ambito del giudizio di conto e non di responsabilità erariale» per avere una pronuncia sulla regolarità dell'attuazione dell'opera per stabilire chi siano i titolari delle funzioni del completamento dell'idrovia o, in caso di rinuncia definitiva al progetto, «del ripristino del territorio con eliminazione dello scempio che n'è stato fatto»; la sezione giurisdizionale ha dichiarato inammissibile il ricorso e, in estrema sintesi, ha replicato che non è competenza della Corte dei conti individuare le risorse ed i soggetti per il completamento dell'opera pubblica o per il suo smantellamento;

    ad oltre quarant'anni dall'ideazione dell'opera si assiste in maniera confusa (a causa di una situazione di empasse che appare insolubile) al venir meno dell'originaria funzione trasportistica (le necessità commerciali sono profondamente mutate) e all'incremento nella considerazione generale della funzione idraulica di canale scolmatore a tutela della città di Padova, per la cui soluzione sarebbe sufficiente un'opera di minori dimensioni e quindi di minori costi;

    il «sistema idroviario padano-veneto» ha comunque un valore dichiarato di preminente interesse nazionale ai sensi della legge n. 380 del 1990 e di interesse europeo ai sensi della legge n. 16 del 2000, che ratificava l'accordo europeo sulle grandi vie navigabili d'importanza internazionale (AGN), e ha incluso il canale Venezia-Padova nella lista delle vie navigabili d'importanza nazionale;

    l'opera incompiuta ha determinato un grave degrado ambientale, con i resti delle opere realizzate e poi abbandonate all'incuria del tempo che hanno avuto e continuano ad avere un impatto importante in un ambiente di grande pregio paesaggistico (siamo nella zona delle Ville Venete);

    si è quindi ad un bivio importante in cui è necessario valutare attentamente la qualità e l'efficacia del progetto che deve garantire, in primo luogo, la tutela del territorio attraverso idonei interventi per la salvaguardia idraulica e soluzioni ulteriori che tengano conto degli attuali interessi commerciali, sociali e ambientali dell'infrastruttura,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile volta, nell'ambito della progettazione avviata dalla regione Veneto, a pervenire ad una progettazione definitiva dell'idrovia Padova-Venezia che garantisca i più alti standard in termini di sicurezza idraulica dei bacini complessivamente coinvolti, inclusi i nodi critici nei territori attraversati dal canale Novissimo nell'entroterra veneziano, e a individuare le risorse necessarie anche nel quadro delle risorse europee disponibili, con solidi studi sulle problematiche idrauliche e sui relativi effetti ambientali connessi all'utilizzo del sedime del canale dell'idrovia come scolmatore, con particolare riferimento agli impatti sulla rete idraulica esistente e sull'ecosistema naturale della Laguna di Venezia soprattutto alla luce della prevista entrata in funzione del Mose;

2) ad adottare iniziative per svolgere un'analisi costi/benefici volta a verificare se sia ancora attuale l'interesse commerciale, sociale ed ambientale alla realizzazione dell'infrastruttura come idrovia di V classe, valutando possibili interventi organici alternativi o complementari finalizzati prioritariamente alla sicurezza idrogeologica, nonché all'istituzione di un parco fluviale all'interno di un corridoio ecologico che ricalchi il percorso dell'idrovia, garantendo la piena partecipazione degli enti locali e dei soggetti interessati;

3) in attesa del compimento dei predetti interventi, ad adottare iniziative per destinare le necessarie risorse al risanamento idrogeologico e alla messa in sicurezza del territorio e dei bacini coinvolti, attraverso interventi di manutenzione ordinaria dei canali finalizzati al recupero della capacità drenante della rete idraulica e di regolazione dei deflussi.
(1-00369) «Pellicani, Maniero, Moretto, Muroni, Braga, Deiana, Spessotto, Buratti, Ilaria Fontana, Del Basso De Caro, Morgoni, Pezzopane, Vianello, Daga, Di Lauro, D'Ippolito, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Terzoni, Varrica, Vignaroli, Zolezzi».

Risoluzione in Commissione:


   La X Commissione,

   premesso che:

    il settore della ristorazione, con oltre 300 mila imprese e con più di 1 milione di dipendenti, rappresenta da sempre uno dei settori che maggiormente contribuisce al prodotto interno lordo nazionale;

    il comparto turistico e della ristorazione è stato quello più colpito a livello economico dal COVID-19;

    secondo una recente analisi dell'Istat tra le attività che hanno più risentito dell'emergenza economica ci sono gli alberghi e i ristoranti. Sei strutture su dieci rischierebbero la chiusura entro la fine dell'anno, comportando la perdita di un valore aggiunto pari a 19,6 miliardi di euro, ma ciò metterebbe soprattutto a repentaglio oltre 800 mila posti di lavoro;

    in questa difficile situazione per l'Italia intera e il settore della ristorazione, nel corso della trasmissione TG2 Post del 17 luglio 2020, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze del M5S, Laura Castelli, in maniera incredibilmente semplicistica ha invitato i ristoratori a cambiare mestiere per rispondere al calo degli affari;

    queste parole, ad avviso del firmatario del presente atto così superficiali, arrivano, tra l'altro, in un momento veramente delicato per la nostra Nazione. Infatti, nonostante le richieste di contribuenti (anche ristoratori) e commercialisti, il Governo non ha voluto prorogare la lunga serie di appuntamenti fiscali che si accavalleranno a partire dal 20 luglio 2020 e che erano stati rimandati a causa dell'emergenza dovuta al Coronavirus. Sono oltre 200 le scadenze fiscali che si sommeranno in questo periodo per un flusso di circa 8 miliardi di euro, coinvolgendo 4,5 milioni di contribuenti, e che renderanno ancor più grave una situazione già seria;

    è intollerabile, a giudizio del firmatario del presente atto, che il Sottosegretario Castelli si rivolga dunque con dichiarazioni di questo livello a migliaia di imprenditori, operatori e loro dipendenti che con grande difficoltà stanno cercando di affrontare una crisi gravissima;

    è inaccettabile che il Sottosegretario Castelli, in rappresentanza del Governo, non riesca a dare altra indicazione che quella di arrendersi alla crisi del settore non trovando, ma soprattutto non offrendo, adeguate risposte, bensì inviti a rassegnarsi al fallimento di un'intera categoria che da sola genera oltre il 13 per cento del prodotto interno lordo;

    i dati sconcertanti del settore della ristorazione sono confermati da una recente indagine della Federazione italiana pubblici esercizi – Fipe da cui si evince come, dopo due mesi dalla riapertura delle attività, la situazione è molto grave. In particolar modo, il calo medio del fatturato per queste aziende si attesta al 41,1 per cento. Inoltre, la gravità della situazione è palpabile anche presso gli imprenditori i quali esprimono un giudizio positivo sulla stessa solo per il 18,1 per cento degli intervistati (in vistoso calo rispetto al mese precedente quando si attestava al 22,2 per cento);

    il sentiment di forte preoccupazione delle aziende per il futuro è riscontrabile anche da coloro che ritengono che non riusciranno a tornare ai livelli di attività precedenti il lockdown (68 per cento) a causa di numerosi fattori di ostacolo tra cui l'assenza di turisti,

impegna il Governo:

   ad assumere idonee iniziative volte a sostenere il settore della ristorazione, così dimostrando nei fatti che l'ipotesi formulata dal Sottosegretario Castelli, che prefigurava una non ben comprensibile azione di smobilitazione del settore, non risulta condivisa dal Governo, anche al fine di evitare rilevanti ricadute occupazionali;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per assicurare la sopravvivenza delle aziende del comparto della ristorazione, anche mediante una riduzione del cuneo fiscale.
(7-00523) «Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 19 luglio 2019 è stata approvata la legge n. 69, cosiddetta «codice rosso», recante norme volte a contrastare la violenza di genere, tra cui il nuovo reato di «Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti», comunemente noto come «revenge porn», il quale punisce «chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000»;

   il fenomeno del revenge porn è relativamente recente, sviluppatosi soprattutto con l'avanzare della tecnologia digitale: viene perpetrato soprattutto da uomini, di ogni età, in danno soprattutto delle ex partner, anche se, nei canali di diffusione di questi materiali, sono spesso presenti materiali pedopornografici;

   il report di Amnesty International sull'Italia parla chiaramente: almeno una donna su cinque ha subito molestie e minacce online, con un gravissimo impatto psicologico, anche di lunga durata;

   dopo l'inchiesta di Wired di inizio aprile 2020, il giornale Fanpage.it ha smascherato un'altra rete online di pedofili e revenge porn di un gruppo Telegram con oltre 53 mila iscritti, molti dei quali costantemente impegnati nel condividere e richiedere materiale pornografico, sia di adulti che di minorenni, coperti dall'anonimato garantito da nickname;

   gli amministratori del gruppo, inoltre, indicano anche una «gruppo di riserva» nel quale migrare; si tratta di un sistema collaudato: il gruppo nasce, raggiunge il picco di utenti e viene infine chiuso da Telegram o a seguito dell'intervento della polizia postale; tuttavia, il «gruppo di riserva», da ripopolare in caso di cancellazione, consente di tramandare un'eredità condivisa fatta di foto e video privati;

   le conseguenze sociali, umane ed economiche per le vittime del revenge porn nel mondo reale sono a volte anche tragiche, inclusa la morte di qualche innocente vittima;

   nel gruppo Telegram le donne sono nient'altro che pezzi di carne esposti in una vetrina virtuale, si incita allo stupro e alla pedofilia, il femminicidio viene rappresentato come «una forma d'arte»;

   le richieste di materiale pedopornografico, anche relativo a minori nati nel 2017, sono migliaia ogni giorno ed avvengono nel più assoluto disinteresse degli amministratori;

   gli scambi riguardano anche materiale foto e video di ex partner, ma anche di famigliari, come sorelle, cugine o madri, naturalmente senza il consenso delle dirette interessate, configurando il reato di revenge porn;

   Telegram non è l'unico strumento utilizzato per perpetrare il revenge porn ed altre App di messaggistica e social sarebbero coinvolte;

   il fenomeno ha raggiunto livelli allarmanti e tutte le iniziative adottate dalle istituzioni e dai gestori delle piattaforme online si sono rivelati inutili –:

   quali iniziative di competenza, anche normative, intendano intraprendere al fine di contrastare in maniera più efficace il fenomeno del revenge porn, anche tramite l'inasprimento delle pene, la creazione o il rafforzamento di strumenti di tutela psicologica ed economica per le vittime e l'organizzazione di campagne informative volte a sensibilizzare la popolazione sul revenge porn e sulle sue conseguenze;

   se il Governo non intenda adottare le iniziative di competenza al fine di concertare con gli amministratori di Telegram, nonché di altre piattaforme di messaggistica e social, soluzioni al fine di pervenire a una strategia condivisa di contrasto al «revenge porn», nonché valutare l'adozione di iniziative per l'introduzione di norme vincolanti per responsabilizzare le piattaforme social e di messaggistica nel contrasto al fenomeno del revenge porn, prevedendo la possibilità di comminare sanzioni in caso di mancato pronto intervento di rimozione dei contenuti lesivi.
(3-01689)

Interrogazione a risposta scritta:


   BERTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 luglio 2015 il comandante della motonave «IVY», salpata da Piombino con destinazione Varna in Bulgaria, ordina, a causa di un'avaria, lo sversamento in mare di 56 ecoballe contenenti un totale di oltre 63 tonnellate di materiale plastico eterogeneo, da utilizzare come combustibile solido secondario (Css);

   lo sversamento avviene nel golfo di Follonica, fra la costa toscana e l'isola d'Elba, in una zona ricompresa nell'area marina protetta del santuario internazionale dei cetacei «Pelagos» e nel «parco nazionale dell'arcipelago Toscano»;

   dal 2015 sono riemerse 16 ecoballe, l'ultima delle quali recuperata in data 17 giugno 2020, rinvenute dai pescherecci o spiaggiatesi lungo il litorale. Conseguentemente, ne restano da recuperare 40 per un totale complessivo di circa 45 tonnellate di rifiuti;

   nel dicembre 2015 e agosto 2016 e nuovamente nell'ottobre 2019 e febbraio 2020 vengono eseguite indagine subacquee finalizzate all'individuazione dell'esatta posizione delle ecoballe e ad una verifica del loro stato di conservazione;

   nel gennaio 2016, Arpat evidenzia in un rapporto come «la lunga permanenza in mare potrebbe accelerare il danneggiamento dell'involucro» delle ecoballe, determinando la conseguente dispersione del materiale ivi contenuto;

   le rilevazioni eseguite nel febbraio 2020 confermano che alcune ecoballe presentano parziali segni di cedimento dei sistemi di ritenuta (reggette in nylon), un degradamento imputabile al fenomeno naturale delle correnti e all'azione antropica generata dalle attività di pesca a strascico;

   lo sfaldamento delle ecoballe sembra essere confermato dalla segnalazione di diversi episodi di inquinamento, gli ultimi dei quali riguardano l'avvistamento, datato 17 maggio 2020, di «un fiume di plastica» a due miglia dal porto di Salivoli (Piombino) e il ritrovamento di un ingente quantitativo di frammenti di plastica rinvenuti, in data 12 giugno 2020, sulla battigia della spiaggia in località Reale nel comune di Porto Azzurro sull'Isola d'Elba;

   il 25 giugno del 2019, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, viene nominato, quale commissario straordinario del Governo, il Contrammiraglio Aurelio Caligiore, capo del reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto (Ram), struttura specialistica incardinata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   la nomina viene contestata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che in data 20 dicembre 2019 avvia un procedimento finalizzato a verificare la compatibilità dell'incarico commissariale con il ruolo di capo del Ram, indicando come termine per la conclusione del procedimento il mese di aprile 2020, proroga successivamente al 31 luglio 2020;

   il commissario Caligiore, il cui incarico è scaduto in data 25 luglio 2020, ha indicato in 60 giorni lavorativi la durata dell'intervento di recupero, per un costo complessivo di 1.500.000 euro, con un margine di rialzo del 20-25 per cento. Un intervento difficilmente realizzabile dal commissario stesso che poteva agire nell'ambito dei poteri previsti dal comma 1 del già citato articolo 11 e limitati al solo «coordinamento operativo tra amministrazioni statali»;

   tali potestà non consentono di procedere ad un recupero urgente delle ecoballe e si ritiene dunque opportuno valutare la possibilità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo del 2 gennaio 2018, n. 1, e alla nomina di un commissario delegato avente poteri di deroga –:

   se e quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per superare l'attuale situazione di stallo amministrativo e operativo, al fine di procedere ad un rapido recupero delle ecoballe, scongiurando così il verificarsi di un grave danno all'ecosistema marino, alle spiagge e all'economia turistica dell'area.
(4-06439)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, BILLI, COMENCINI, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 giugno 2020, l'europarlamentare Leopoldo Lopez Gil ha rilasciato un'intervista all'agenzia di stampa Dire;

   Leopoldo Lopez Gil, cittadino spagnolo e venezuelano, padre di Leopoldo Lopez, presidente del partito di opposizione in Venezuela Voluntad Popular prima di Juan Guaido, ora rifugiato politico a Madrid, ha denunciato «le pessime condizioni delle carceri venezuelane»; sostenendo che «i detenuti si trovano a vivere in situazioni al limite, spesso addirittura senza avere acqua»;

   Lopez Gil ha rinnovato l'appello all'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Joseph Borrell, perché l'Unione europea intervenga per la liberazione degli 11 detenuti con cittadinanza sia venezuelana che europea, tra cui due portoghesi, sei spagnoli e tre italiani;

   si tratta, in quest'ultimo caso, secondo la ricostruzione di Lopez Gil, di Juan Carlos Marrufo Capozzi, Hugo Enrique Marino Salas e Juan Antonio Planchart Marquez. «Sono stati privati della libertà ingiustamente — ha accusato il parlamentare — e si ritrovano ad affrontare le avversità di un sistema dove regna l'incertezza sulla legittimità del governo e dove negli ultimi anni si è inasprita la persecuzione contro i dissidenti politici, che già caratterizzava il periodo di presidenza di Hugo Chavez» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di approfondire e verificare i fatti esposti in premessa e in quale modo intenda assistere i nostri connazionali detenuti nelle carceri venezuelane.
(4-06447)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   NOJA. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il Tribunale unificato dei brevetti (Tub) è l'organo giurisdizionale sovranazionale specializzato nelle controversie in materia di brevetti, istituito sulla base dell'Accordo del Consiglio n. 2013/C175/01, sottoscritto il 19 febbraio 2013 da venticinque Stati membri dell'Unione europea, e ratificato in Italia con la legge n. 214 del 2016;

   il Tub è composto da una Corte di prima istanza, a sua volta suddivisa in divisioni centrali, locali e regionali, una Corte d'appello e un Registro;

   le divisioni centrali hanno sede a Parigi, Londra e Monaco di Baviera; la Corte d'appello ha sede in Lussemburgo;

   a seguito della procedura di Brexit, si è reso necessario il trasferimento della sede della divisione centrale del Tribunale, originariamente, assegnata a Londra;

   con l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, l'Italia è diventata il terzo Stato europeo per numero di brevetti: in tal senso, appare opportuno che almeno una delle tre sezioni della divisione centrale del Tub sia ubicata nel nostro Paese;

   il 9 aprile 2019, la Camera ha approvato la mozione n. 1-00157 che impegnava il Governo pro tempore «a mettere in atto tutte le iniziative concrete – facendo valere, nelle opportune sedi istituzionali, il peso del nostro Paese nell'attuale panorama brevettuale europeo – affinché l'Italia, in qualità di Paese europeo sul “podio” degli Stati membri per numero di brevetti depositati, possa ottenere il trasferimento della sezione specializzata della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti»;

   tra le città italiane, Milano è apparsa subito una candidatura competitiva, poiché rappresenta un'eccellenza mondiale nella specializzazione di brevetti chimici e farmaceutici, per la sua capacità di innovazione e di attrazione di investimenti legati alla proprietà intellettuale, per la sua posizione strategica che la rende la città italiana con maggiore esposizione verso l'Europa e perché è già destinataria di una sezione locale del Tub;

   risulta come, in considerazione di ciò, siano state avviate interlocuzioni per favorire tale candidatura, nell'eventualità in cui si concretizzi il trasferimento della sezione;

   tuttavia, ad oggi, è emersa una nuova candidatura italiana; l'amministrazione di Torino, infatti, ha deciso di concorrere tra le città in lizza per l'assegnazione della sede;

   è del tutto evidente come tale competizione rischi seriamente di compromettere la candidatura del nostro Paese ad ospitare tale importante sezione giurisdizionale, indebolendo enormemente la posizione italiana;

   come segnalato in data 28 maggio 2020 dal sottosegretario, Ivan Scalfarotto, in risposta all'interrogazione n. 4-04569: «nel momento in cui se ne verificassero le condizioni il Governo, si impegnerà ad assumere tutte le iniziative concrete affinché l'Italia possa partecipare al processo di assegnazione della nuova sede, con il fine di dimostrare l'effettiva capacità e credibilità della propria azione. Parte di questo sforzo dovrà essere l'individuazione di quella candidatura nazionale che, sulla base di criteri oggettivi, risulti la più idonea ad ottenere il trasferimento nel nostro Paese della sezione specializzata della divisione centrale del TUB ad oggi assegnata a Londra e in grado di far valere — nel processo competitivo tra i Paesi aderenti al TUB che con ogni probabilità condurrà all'individuazione della nuova sede — il peso dell'Italia nel contesto brevettuale europeo»;

   anche in ragione della mancata aggiudicazione a Milano, nel 2017, della sede dell'Agenzia europea dei farmaci, sarebbe grave se l'Italia non esprimesse una candidatura solida ed unitaria per l'assegnazione della sede della sezione specializzata della Divisione centrale –:

   quali iniziative incisive intendano tempestivamente intraprendere per supportare la candidatura italiana;

   se non ritengano opportuno mettere urgentemente in atto le iniziative di competenza necessarie al fine di candidare la sola città di Milano a sede specializzata della divisione centrale del Tub, impedendo alle due candidature di elidersi a vicenda.
(4-06443)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MURELLI e TIRAMANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la centrale nucleare di Caorso, la più grande d'Italia, progettata e realizzata nei primi anni Settanta con una potenza di 860 megawatt, dall'ottobre del 1986 non è stata più riavviata per effetto dell'esito del referendum sul nucleare del 1987;

   Sogin, ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, risulta incaricata del decommissioning degli impianti nucleari non più in esercizio, della gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti e della chiusura del ciclo del combustibile. I lavori dell'intero decommissioning si sarebbero dovuti concludere nel 2018 per un costo totale di 7,2 miliardi di euro;

   il piano di Sogin soffre di ritardi nelle autorizzazioni, anche per questioni di carattere burocratico del procedimento amministrativo italiano. D'altra parte il Governo non si decide a concludere le procedure per l'identificazione del deposito nazionale delle scorie e pertanto il decommissioning prevede per ora la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi nello stesso sito di ciascun impianto, come ad esempio avverrà nel caso di disattivazione di Bosco Marengo attesa per la fine del 2020;

   si apprende dalla stampa che l'ultimo aggiornamento del «Piano a vita intera» della Sogin è stato presentato ad Arera il 30 giugno 2020 con mutamenti determinati dall'arrivo del nuovo consiglio di amministrazione e dalla volontà di concentrarsi sul core business; si prevede un costo di 2,3 miliardi di euro per gli anni 2020-2035, a cui va aggiunto il costo annuale di funzionamento di Sogin;

   Arera infatti gira alla società i fondi raccolti dalla bolletta elettrica in base ai progetti effettivamente realizzati ogni anno e i ritardi accumulati da Sogin per lo smantellamento delle centrali ricascano sulle tasche dei cittadini;

   dal 2001 al 2018, in ben 18 anni di lavori e a 30 anni dal referendum, il programma di smantellamento è stato realizzato solamente per circa un terzo delle attività previste; pertanto si nutrono forti dubbi sul rispetto del cronoprogramma per il raggiungimento del cosiddetto brownfield, che in particolare prevede il decommissioning della centrale di Caorso nel 2031, con un costo aggiuntivo di 350 milioni, e una previsione di 800 milioni aggiuntivi per il completamento della chiusura dei nove siti nucleari sul territorio nazionale –:

   se i Ministri interrogati intendano dare risposte certe ai cittadini di Caorso e delle altre località sedi di centrali nucleari interessate dal decommissioning sia in merito ai tempi per l'effettiva chiusura degli impianti e il raggiungimento del cosiddetto brownfield, sia in ordine all'ammontare delle risorse effettivamente spese da Sogin fino ad oggi, poste a carico della bolletta elettrica;

   quali siano i tempi che si prevedono per l'individuazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi per poter avviare il trasferimento dei rifiuti ed effettivamente garantire la bonifica dei siti interessati dal decommissioning.
(4-06438)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   diverse fonti giornalistiche (www.ilfattoquotidiano.it del 28 maggio 2020 e www.veronasera.net del 29 maggio 2020) hanno riportato la notizia di una indagine avviata della procura di Torino su presunte irregolarità da parte dell'ex sovrintendente del Teatro Regio, William Graziosi;

   i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria hanno avviato svariate perquisizioni in tutta Italia; in particolare, al centro dell'indagine c'è il legame professionale tra l'ex sovrintendente e un'agenzia teatrale svizzera: il cui fatturato è cresciuto proprio grazie alle scritture di artisti sostenute da Graziosi;

   successive notizie di stampa (www.repubblica.it del 16 luglio 2020) hanno evidenziato che un sistema analogo, per cui due agenzie (nello specifico la Inart a Venezia e quella facente capo ad Ariosi a Milano) risultano avere un rapporto numerico sproporzionato di ingaggi rispetto alle altre agenzie, si sarebbe verificato in altre due strutture di grande spessore come «La Fenice» di Venezia e «La Scala» di Milano;

   la vicenda getta alcune ombre anche sull'attuale gestione della Fondazione Arena di Verona, poiché la presentazione dei calendari, presenti, passati e futuri ha evidenziato una prevalenza di contratti stipulati tra la stessa Fondazione e l'Agenzia di Ariosi Management e Inart, che gestiscono la maggior parte delle produzioni di spettacoli in programma nell'intera stagione;

   in merito ai fatti sopra descritti si ritiene opportuno evidenziare che l'articolo 29 della legge n. 800 del 1967 sugli spettacoli dal vivo prevede che gli spettacoli devono prevedere l'esibizione di artisti italiani in misura prevalente, mentre, dai nominativi degli artisti presenti nel calendario della stagione 2020 della Fondazione Arena di Verona, ciò sembra non essere stato attuato;

   per quanto riguarda l'applicabilità alle Fondazioni lirico sinfoniche delle disposizioni in materia di trasparenza di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, rileva il comma 2 dell'articolo 2-bis che dispone che la disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, trovi applicazione «in quanto compatibile» ad associazioni, fondazioni, enti di diritto privato comunque denominati, in possesso di tre requisiti: 1) bilancio superiore a 500.000 euro; 2) finanziamento maggioritario da parte delle pubbliche amministrazioni per almeno due esercizi consecutivi nell'ultimo triennio; 3) nomina della totalità dei componenti degli organi di amministrazione da parte della pubblica amministrazione, tutti requisiti posseduti da Fondazione Arena di Verona –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di far luce sulle operazioni di gestione della Fondazione Arena di Verona;

   se intenda adottare iniziative normative al fine di regolamentare, oltre che tutelare, le rappresentanze artistiche.
(5-04442)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUTTI, SILVESTRONI e ROTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella seduta di giovedì 16 luglio 2020 la Camera dei deputati ha impegnato il Governo ad assumere iniziative in ordine all'implementazione della rete unica di telecomunicazioni;

   nel suo intervento, a nome del Governo, il sottosegretario Manzella ha dichiarato, parlando della rete unica, «è chiaro che una posizione emersa sul punto è assicurare una guida pubblica attraverso i diversi strumenti di partecipazione o regolatori disponibili...»;

   in altri passaggi, riportati nello stenografico dei lavori dell'aula, il sottosegretario Manzella ha confermato la volontà del Governo di procedere sulla strada della rete unica «che metta a fattor comune gli asset di OF, costituito dalla rete in fibra e quelle della rete di proprietà dell'operatore Tim»;

   nelle ultime ore si fanno insistenti le voci per cui sarebbero in atto sollecitazioni da parte di esponenti del Ministero dell'economia e delle finanze su Cassa depositi e prestiti al fine di indurla a stipulare, entro il 4 agosto 2020 giorno in cui, casualmente, sembra essere convocato un importante consiglio di amministrazione di Tim, un accordo con Tim che veda l'implementazione della rete unica di telecomunicazioni, integrando verticalmente le infrastrutture di Of e di Tim apparentemente sotto il controllo di Tim;

   ciò appare all'interrogante grave e molto discutibile se si considera, da un lato, la prevalenza di azionisti stranieri nel capitale di Tim (Vivendi e fondi multinazionali) e, dall'altro, la chiara espressione del Parlamento e del Governo registrata nella citata seduta del 16 luglio 2020 e nell'emendamento approvato a larga maggioranza nel corso della conversione del «decreto fiscale» 2018 (legge di conversione 17 dicembre 2018, n. 136);

   va infine valutata la variabilità al ribasso del titolo di Tim, considerato l'acquisto di azioni Tim da parte di Cassa depositi e prestiti, principale custode del risparmio degli italiani, a euro 0,88 ad aprile 2018, di euro 0,53/0,55 a febbraio e marzo 2019, con un posizionamento ben inferiore a euro 0,40 da settimane e con una tendenza all'ulteriore ribasso, stando a quanto indicato dagli analisti delle principali banche d'affari londinesi –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa, se i fatti trovino conferma o se la vicenda possa essere, con certezza, derubricata a «falsa notizia»;

   se i Ministri interrogati intendano confermare l'orientamento espresso il 16 luglio 2020 dal sottosegretario Manzella, favorevole alla rete unica e pubblica;

   se il Governo non ritenga che un eventuale accordo che porti al ripristino di un monopolio della rete di telecomunicazioni in capo a un operatore verticalmente integrato provocherebbe un vasto contenzioso prodotto dalla legittima opposizione degli operatori di telecomunicazioni concorrenti suscettibile di produrre ostacoli e ritardi nella infrastrutturazione del Paese;

   se il Governo non ritenga che l'eventuale ripristino del monopolio dell'operatore storico proprietario della rete in rame porterebbe al prevalere dell'interesse dei suoi azionisti a ritardare la dismissione della rete in rame e quindi a diluire nel tempo gli investimenti nelle infrastrutture di nuova generazione (fibra, 5G, Fwa).
(5-04443)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la redazione «DireDonne» ha portato all'attenzione del pubblico la storia di una giovane donna di Trento madre di un bambino di 11 anni in affido familiare da quasi 9. Luisa ha avuto il figlio a 18 anni e a causa di una diagnosi errata in Ctu, le è stato tolto il bambino a soli 6 mesi. Diagnosi, ha ricordato alla redazione l'avvocato Donatella Bussolati del foro di Milano esperta di diritto minorile, che tutti gli specialisti successivi hanno sconfessato;

   la Ctu, si legge nell'intervista, mira a dimostrare che questa mamma sia border line e si arriva a sostenerlo senza eseguire gli appositi test. Inizialmente è stato emanato un decreto per inviare Luisa e suo figlio in una comunità mamma-bambino. «Qui, racconta l'avvocato Bussolati che ora ha preso la difesa di questa mamma, non si trova bene, ci sono anche mamme tossicodipendenti. Così, viste le buone relazioni dei servizi sociali di Trento, madre e figlio tornano a casa dai nonni. Poco dopo però arriva un decreto che li riporta in comunità in attesa dell'affidamento del bambino»;

   il giudice onorario di questo primo decreto è il vicedirettore dello spazio neutro dove Luisa oggi incontra suo figlio, mentre un altro giudice è dirigente in una cooperativa che collabora con l'Ente dove è impiegato il «padre affidatario»;

   si arriva così «al secondo decreto che stabilisce l'affido eterofamiliare e gli incontri protetti con la madre che sono gestiti appunto – continua Bussolati, da quella cooperativa di cui il giudice onorario è vice direttore e che continua ad oggi a relazionare sul caso»;

   Luisa ha un compagno da 9 anni e lavora regolarmente eppure la Ctu «ha stabilito che non sa mantenere relazioni stabili»;

   «Mio figlio ha chiesto di voler tornare da me, è stato sentito dal Tribunale ed è stato audito dal giudice durante l'anno e mezzo in cui hanno sospeso le visite perché sono andata alla recita di Natale a scuola e sono dovuta andar via perché avrebbero chiamato i Carabinieri. Gli ho detto che se torna da me certamente vedrebbe la famiglia affidataria, sono una mamma, un'adulta e so che vengono prima le esigenze dei bambini»;

   la donna, si legge, vede oggi suo figlio ogni 15 giorni per due ore in uno spazio neutro;

   si parla di una mamma che durante l'emergenza per il COVID-19 non ha potuto abbracciare suo figlio, perché di 2 nuclei familiari diversi. «È stato sgridato – ha raccontato Luisa – perché mi dava la mano». Questa mamma si è sottoposta ad altre perizie: «Sette specialisti dicono che quella Ctu – che le ha tolto la responsabilità genitoriale – è allucinante, eppure nessuno ha contestato la perizia di 12 anni fa, fatta con pochi incontri e senza test. Uno di questi specialisti – ha puntualizzato l'avvocato – è un Ctu del Tribunale»;

   occorre assicurare l'effettiva temporaneità dei provvedimenti di affidamento così come previsto dalla legge;

   la circolare n. 18/VA/2018 del Csm reca previsioni in materia di conflitto d'interesse, con particolare riguardo al divieto di esercizio delle funzioni di giudice onorario minorile per coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture ove vengono inseriti i minori da parte dell'autorità giudiziaria, che partecipano alla gestione complessiva delle medesime strutture, che prestano a favore di esse attività professionale anche a titolo gratuito o che fanno parte degli organi sociali di società che le gestiscono –:

   se non intenda, per le ragioni esposte in premessa, promuovere iniziative ispettive presso il tribunale dei minori di Trento.
(4-06452)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI, GRIMOLDI, MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO, ZORDAN, PANIZZUT, ZIELLO e FOSCOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per effetto di quanto da ultimo disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 giugno 2020 (le cui misure sono state recentemente prorogate), i passeggeri dei voli aerei sono obbligati a presentare, al momento dell'imbarco a pena di diniego dello stesso, un'autocertificazione che attesti l'assenza di sintomi da Covid-19 e di contatti a rischio nei due giorni precedenti al viaggio; i passeggeri devono anche impegnarsi a comunicare, al vettore e all'autorità sanitaria territoriale competente, la comparsa di sintomatologia da Covid-19 entro otto giorni dallo sbarco dall'aeromobile;

   per ridurre al minimo il passaggio del personale di bordo e lo stazionamento nei corridoi, cibi e bevande vengono serviti in modo da consentire il più possibile lo standard igienico, in porzioni sigillate. Anche per i voli vale la solita regola in merito all'igiene: disinfettarsi frequentemente le mani con gel e salviettine;

   dal 15 giugno è obbligatorio compilare prima dell'imbarco l'autocertificazione che attesti di non aver avuto contatti con persone affette da patologia Covid-19;

   agli interroganti giungono numerose segnalazioni in merito all'assenza di dispenser di soluzioni igienizzanti nei servizi igienici degli aeromobili e se richiesti specificamente il personale di bordo non ne dispone;

   l'emergenza coronavirus ha rivoluzionato le abitudini di vita degli italiani, imponendo alcune precauzioni quando si è a distanza ravvicinata o in luoghi chiusi. L'uso della mascherina si aggiunge al distanziamento fisico e all'igienizzazione costante delle mani e secondo quanto disposto dall'allegato n. 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 luglio 2020 per quanto riguarda le attività commerciali «è necessario rendere disponibili prodotti per l'igienizzazione delle mani per i clienti e per il personale anche in più punti del locale, in particolare all'entrata e in prossimità dei servizi igienici»;

   sfuggono agli interroganti le ragioni per cui il trasporto aereo non si sia adeguato al pari delle attività commerciali, rivedendo le attuali disposizioni in materia di divieti «LAG» (liquidi, aerosol e gel) in cabina e coordinandole con le disposizioni in materia di Dpi anti-Covid-19 –:

   se e quali iniziative di competenza intendano intraprendere riguardo alle criticità esposte in premessa, affinché anche i vettori aerei siano obbligati a disporre a bordo di soluzioni igienizzanti.
(4-06441)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con l'interrogazione n. 4-04524 del 21 gennaio 2020, che non ha ancora ricevuto risposta, l'interrogante ha già chiesto al Ministro le ragioni dell'ennesimo stallo delle procedure realizzazione della tangenziale di Casalpusterlengo e notizie certe sulle tempistiche effettive dell'assegnazione definitiva dell'appalto e dell'inizio dei lavori;

   da allora, sono stati avviati gli espropri e da circa due mesi sono in atto i lavori per la bonifica bellica del tracciato, ma ancora non si conosce nulla per l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, nonostante l'aggiudicazione provvisoria della gara, da 106 milioni di euro, sia avvenuta un anno fa, a fine luglio 2019, alla ditta Aleandri di Bari;

   la popolazione attende da più di 30 anni la realizzazione di tale variante alla strada statale 9 - via Emilia, a sud-ovest dell'abitato di Casalpusterlengo, per ovviare ad una serie di disagi da traffico e da inquinamento atmosferico ed acustico; nei lunghi anni trascorsi si sono alternati tavoli, riunioni e rassicurazioni da parte dell'Anas e dei Ministri in carica, con dubbi, colpi di scena e proteste da parte dei cittadini;

   dal 2014, a seguito del crollo dell'intonaco della chiesa di San Rocco, la via Emilia è chiusa ai mezzi pesanti, pari o superiori alle 7,5 tonnellate, con tutti i disagi che ne conseguono per camionisti e imprese; i danni economici per tale zona di intensa attività commerciale e industriale, già provata dall'emergenza COVID-19 sono enormi; i cittadini sono ormai sfiduciati e stanchi di aspettare e temono che l'opera sparisca dai programmi dell'Anas –:

   se il Ministro interrogato intenda appurare i motivi dei ritardi da parte dell'Anas e dare risposte inconfutabili alla popolazione e alle amministrazioni locali sui tempi certi che si prevedono per l'assegnazione definitiva dell'appalto della tangenziale di Casalpusterlengo e sull'inizio effettivo dei lavori, nonché sul cronoprogramma previsto per la realizzazione dell'opera.
(4-06446)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in questi giorni sono stati sospesi i lavori di manutenzione straordinaria urgente sulla tangenziale di Lodi, tratto San Bernardo - ponte dell'Adda;

   il nubifragio del 21-22 ottobre 2019, che ha colpito duramente il Lodigiano ha provocato danni alla tangenziale di Lodi per il rigonfiamento del terreno, con vere e proprie voragini sulla scarpata, alte due metri, che hanno scoperto l'intelaiatura della strada e anche esposto alcune barre di acciaio; da allora il traffico è stato limitato a 50 chilometri orari e ad una corsia per senso di marcia per circa 200 metri, con la formazione di code ed enormi disagi per i mezzi di trasporto e i cittadini;

   Anas, ente competente per la strada statale 9, ha elaborato un progetto di consolidamento per una spesa di circa 400 mila euro e i lavori avrebbero dovuto essere eseguiti in poche settimane, grazie ad un accordo quadro già stipulato tra Anas e alcune imprese per gli interventi di manutenzione straordinaria urgente;

   nonostante le rassicurazioni da parte dell'Anas l'inizio dei lavori è stato rinviato diverse volte, l'appalto ha richiesto una lunga procedura e, a causa dell'emergenza COVID-19, è stato ulteriormente rinviato;

   finalmente, terminato il lockdown, la ditta ha preso in carico il cantiere a metà giugno 2020, ma i lavori hanno proceduto a rilento, nonostante la data di fine luglio, prevista per l'ultimazione del cantiere, si stia avvicinando;

   si apprende dalla stampa (il cittadino del 22 luglio 2020) che gli uffici dell'Anas avrebbero fatto sapere che al momento i lavori sono fermi per problemi tecnici organizzativi della ditta appaltatrice, che non si conosce con certezza quando riprenderanno e che Anas sta provvedendo a tutelarsi per questo ritardo –:

   se il Ministro interrogato intenda appurare i motivi del fermo dei lavori di manutenzione straordinaria sulla tangenziale di Lodi SS9-dir, tratto San Bernardo-ponte dell'Adda, e dare risposte certe ai cittadini, perplessi e stupefatti per i lunghi tempi occorsi per il consolidamento di soli 200 metri di strada e tuttora sottoposti a smisurati disagi di viabilità che incidono enormemente sui tempi della propria vita quotidiana e il proprio lavoro.
(4-06449)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   martedì 21 luglio 2020 nel Golfo di Palmas, in Sardegna, è stato intercettato dalla Guardia di finanza «Maresciallo Casotti» un altro barchino con a bordo diciannove immigrati di nazionalità algerina che cercavano di raggiungere illegalmente le coste dell'isola;

   l'imbarcazione, dotata di un motore da quaranta cavalli, aveva a disposizione ancora una tanica piena di benzina e, come per tutti i precedenti sbarchi, si ipotizza che anche in questo caso sia partita da Annaba, in Algeria, approfittando delle condizioni meteorologiche favorevoli;

   gli agenti della Guardia di finanza assieme ai colleghi della sezione navale di Sant'Antioco, dopo aver intercettato l'imbarcazione, hanno condotto gli immigrati sino al porto e, come di consueto, successivamente gli stessi sono stati trasferiti dai carabinieri della compagnia di Carbonia al centro di accoglienza di Monastir, di cui peraltro sono noti i già gravissimi problemi di ordine pubblico e sicurezza;

   si tratta dell'ennesimo sbarco illegale registrato nel Sulcis che dall'inizio dell'anno, in poco più di sei mesi, fa salire ormai già a cinquecento il numero degli immigrati che sono giunti irregolarmente in Sardegna rispetto agli 890 complessivi del 2019;

   una cifra destinata, purtroppo, ad aumentare ancora in modo esponenziale dato che fino ad oggi nessuna misura immediata e specifica è stata intrapresa dal Governo per fermare gli incessanti flussi migratori illegali che si stanno riversando sulla Sardegna;

   difatti, come riportato dalla stampa, sono attesti nuovi e ulteriori sbarchi ed è di tutta evidenza quali enormi danni ciò stia provocando all'isola sia dal punto di vista sanitario che della sicurezza nonché al comparto turistico della stessa;

   già con precedenti atti di sindacato ispettivo l'interrogante (n. 4-06178, n. 4-06030 e da ultimo n. 4-06373 del 17 luglio 2020) ha più volte evidenziato la gravità di quanto sta accadendo in Sardegna e sollecitato l'intervento urgente dei Ministri interrogati –:

   quali iniziative intendano adottare nell'immediato, per quanto di competenza, per garantire il controllo dei confini marittimi e per fermare i flussi migratori illegali verso le coste della Sardegna.
(4-06442)


   ZIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante gli sforzi dell'attuale amministrazione comunale, gli ultimi tre furti avvenuti la scorsa notte a Pisa continuano ad evidenziare la necessità di immediate misure volte a implementare la dotazione e il numero di agenti delle forze dell'ordine per garantire un costante pattugliamento anche serale e notturno del territorio cittadino;

   già con atto di sindacato ispettivo dell'interrogante n. 4-06129 del 24 giugno 2020 veniva evidenziata tale necessità, anche per non vanificare gli sforzi che faticosamente l'amministrazione comunale di Pisa sta facendo per garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in città, in particolare a favore delle attività commerciali che stanno cercando di riprendere la propria attività;

   l'ultimo episodio riportato dalla stampa, in cui nella stessa notte hanno subito un furto con scasso ben tre esercizi commerciali (il ristorante il Tocco, la gelateria de' Coltelli e la pizzeria Ghiotteria), non fa che confermare l'emergenza e la necessità di misure immediate, anche perché, stando alle telecamere della videosorveglianza, pare che i ladri abbiano agito in tutta tranquillità e indisturbati; difatti, sempre secondo quanto riferito dalla stampa, questi prima avrebbero sradicato un tombino da utilizzare come ariete contro le vetrine e poi sarebbero andati sul lungarno Pacinotti per scegliere con calma gli esercizi commerciali da rapinare –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare nell'immediato in relazione a quanto riportato in premessa, in particolare per implementare la dotazione organica delle forze dell'ordine sul territorio della città di Pisa e supportare così le autorità di pubblica sicurezza locali, onde garantire un costante pattugliamento e controllo del territorio comunale.
(4-06445)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   la clinica San Raffaele di Rocca di Papa, del gruppo San Raffaele spa azienda leader nel campo della riabilitazione e punto di riferimento nella ricerca e nel panorama della sanità nazionale, in questi giorni è più volte apparsa con il segno negativo nei canali di comunicazione e, a quanto si apprende, è in procinto di perdere l'accreditamento presso la regione Lazio;

   la struttura, come noto, è situata nelle vicinanze del lago di Castel Gandolfo, è accreditata con il servizio sanitario regionale ed è in grado di offrire supporto assistenziale a soggetti di ogni età, in diversi settori quale la lungodegenza, residenza sanitaria assistenziale (Rsa) e hospice centro di cure palliative certificato Esmo European Society for Medical Oncology; inoltre, dispone di 191 posti letto a cui si aggiungono altri 64 posti in assistenza domiciliare per i pazienti dell'hospice;

   nel mese di aprile 2020 la regione Lazio aveva riscontrato le maggiori irregolarità; infatti, secondo una relazione della Asl, all'interno della struttura dei Castelli Romani non sarebbero state rispettate le minime norme di separazione fra pazienti Covid e non Covid, tanto che nel giro di pochissimi giorni è diventata un «focolaio» con 178 casi di contagio e 21 decessi, oltre alle mancate misure di prevenzione del contagio da parte dei dipendenti;

   inoltre, sempre secondo la Asl l'ormai ex direttore sanitario non avrebbe avuto i titoli per esercitare quel ruolo (è stato subito rimosso dal gruppo). Per questo motivo la regione Lazio ha avviato l'iter per valutare al San Raffaele Rocca di Papa la revoca dell'accreditamento al servizio sanitario regionale. Le relazioni della Asl sono state consegnate alla procura di Velletri che ha aperto un fascicolo in merito;

   l'assessore alla sanità Alessio D'Amato della regione Lazio, infatti, ha dato il «via» al procedimento amministrativo di revoca della convenzione con il sistema sanitario regionale per la casa di cura San Raffaele di Rocca di Papa – in provincia di Roma – una delle tredici strutture del Lazio che fanno capo al gruppo di cliniche di proprietà del deputato di Forza Italia ed editore dei quotidiani Libero e Il Tempo;

   in conseguenza di ciò, centinaia di dipendenti nei prossimi giorni rischiano di perdere il lavoro quale conseguenza di ricaduta della revoca della concessione alla clinica, gli stessi, che durante il periodo dell'emergenza hanno continuato a lavorare in condizioni di estremo pericolo per la loro salute e per quella dei loro familiari e senza il pagamento degli stipendi;

   si ravvisano delle gravissime inefficienze e responsabilità che certamente verranno valutate nelle sedi opportune; tuttavia e senza voler entrare nel merito dell'osservanza delle indicazioni sul contenimento del virus, appare doveroso osservare che centinaia di professionalità oggi rischiano di perdere il loro posto di lavoro senza responsabilità alcuna, ma anzi consapevoli del fatto di aver semmai contribuito a fronteggiare una gravissima situazione emergenziale senza i mezzi minimi necessari per il contrasto dell'epidemia;

   senza ulteriore indugio è necessario un intervento immediato per tutelare le centinaia di famiglie di lavoratori della clinica San Raffaele di Rocca di Papa per garantire loro la dignità che meritano per aver dimostrato serietà ed impegno durante il periodo dell'emergenza sanitaria –:

   considerata anche l'urgenza e la particolare attualità politica della tematica, se sia intenzione del Ministro interpellato istituire, per quanto di competenza, un tavolo tecnico di concertazione, con tutte le parti affinché siano tutelati i livelli occupazionali anche verificando una collocazione lavorativa delle tante lavoratrici e dei tanti lavoratori della clinica in altre strutture, con la speranza dunque che il loro sacrificio non sia considerato invano, anche e soprattutto allo scopo di salvaguardare le conoscenze acquisite sul campo, in una situazione difficile ed emergenziale come quella appena trascorsa.
(2-00874) «Francesco Silvestri».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come segnalato con lettera ufficiale dell'assessore alla regione Lazio, in qualità di componente del consiglio di amministrazione dell'Anpal, indirizzata anche al Ministro interrogato, si evidenzia la necessità di un chiarimento e di una puntualizzazione circa le procedure decisionali in essere presso gli organismi di gestione della medesima Agenzia;

   in particolare, tenuto conto del numero dei componenti del consiglio di amministrazione e della loro diversa fonte di designazione, si segnala l'esigenza di precisare nelle comunicazioni ufficiali se le deliberazioni di detto organismo siano state assunte all'unanimità o a maggioranza. Da ultime, quelle indicate con i numeri 6, 8 e 9, come desumibile dal relativo verbale, hanno registrato il voto contrario del rappresentante delle regioni;

   per di più, nella specifica circostanza dell'esame delle citate delibere, a parere dell'interrogante, si è applicato impropriamente il principio previsto dall'articolo 7, comma 6, dello statuto dell'Anpal, in base al quale «in caso di parità prevale il voto del presidente», tenuto conto che la medesima «parità» non si è registrata per l'assenza di un suo componente, bensì per un voto di astensione;

   inoltre, con riferimento all'oggetto dell'approvazione del bilancio della società Anpal Servizi, deve evidenziarsi quella che appare un'ulteriore e grave incongruenza procedurale, tenuto conto che l'articolo 13 dello statuto di detta società esclude espressamente e puntualmente tra le competenze dell'amministratore unico proprio l'adozione di tale documento contabile, sottoponendone il varo al consiglio di amministrazione dell'Anpal;

   il fatto è che il presidente dell'Anpal ricopre anche il ruolo di amministratore unico di Anpal Servizi, e avvalendosi, a giudizio dell'interrogante impropriamente, come ricordato in precedenza, del principio di prevalenza del voto del presidente in caso di parità nel consiglio di amministrazione, ha, di fatto, aggirato la citata disposizione dello statuto di Anpal Servizi;

   qualora fossero confermate tali circostanze, si dovrebbero evidenziare gravi irregolarità nelle procedure decisionali degli organi di governo di Anpal e Anpal Servizi, richiamando ancora una volta l'attenzione su una gestione che già nel recente passato è stata oggetto di diffuse critiche e censure –:

   di quali elementi sia a conoscenza e quali siano gli orientamenti, per quanto di competenza, in merito alle vicende evidenziate in premessa che, qualora confermate, richiedono, ad avviso dell'interrogante, un intervento deciso e immediato per ripristinare una gestione efficiente, trasparente e conforme all'ordinamento di enti di tale rilevanza come Anpal e Anpal Servizi.
(5-04441)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi i dipendenti della Roma Multiservizi hanno protestato contro l'amministrazione capitolina di Virginia Raggi a seguito del licenziamento di 270 persone nell'ambito dell'appalto per la raccolta dei rifiuti differenziati delle utenze non domestiche;

   i lavoratori sono stati licenziati alla fine di marzo 2020 e da circa due mesi e mezzo protestano contro il mancato rinnovo del contratto, contro il ritardo nell'arrivo della cassa integrazione, approvata dall'11 maggio e mai accreditata, e contro la mancanza di risposte sul loro futuro occupazionale;

   l'azienda municipalizzata, dopo quasi due anni di affidamento diretto, ha deciso di reinternalizzare questa attività ma non il personale ad essa dedicato. Affidato il servizio ad aziende esterne un anno e mezzo fa, da aprile è rimasto scoperto su 4 dei 16 lotti di gara, tornati in capo ad Ama;

   la Multiservizi è inoltre attraversata da altre turbolenze, come la sua trasformazione societaria in «newco spa», la nuova multiutility di Roma Capitale che si occuperà di «servizio scolastico integrato». La newco spa sarà partecipata al 51 per cento da Roma Capitale e al 49 per cento dal Cns;

   rimane pendente nei confronti delle procedure amministrative già adottate dal comune di Roma un giudizio davanti alla Corte di giustizia europea;

   questa trasformazione fa tremare i circa 2.400 dipendenti della multiutility. Il Campidoglio ha assicurato che saranno riassorbiti dalla nuova società con la tutela dei livelli occupazionali e salariali, mentre nessuna riassunzione è prevista per i 45 impiegati amministrativi –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla corresponsione delle risorse del Fis ai lavoratori della Multiservizi;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo per garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-06448)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOFFILI, VIVIANI, DE MARTINI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la regione Sardegna – nel nuorese e, in particolare, nei comuni di Orani, Orotelli, Illorai, Ottana, Sedilo e Bolotana – si trova, in questi giorni, a dover nuovamente fare i conti con l'invasione della «Dociostaurus maroccanus», nota come locusta del Marocco o cavalletta crociata;

   i danni causati da questo insetto alle aziende agricole e zootecniche del nuorese sono ingentissimi e da una prima ricognizione si rileva che sono andati distrutti grano, ortaggi, foraggi, erba medica e altre colture con oltre 13 mila ettari devastati dagli sciami;

   con un atto di sindacato ispettivo (interrogazione n. 3-00799) del 18 giugno 2019, a prima firma dell'interrogante, al quale ancora non è stata data risposta, si denunciava la medesima situazione nella medesima zona e si chiedeva di intervenire affinché venisse debellato il fenomeno o quanto meno venissero adottate misure idonee a prevenire la ricomparsa delle cavallette per scongiurare ben più consistenti eventi per il prossimo anno;

   la regione Sardegna ha già chiesto lo stato di calamità naturale per i danni provocati dall'invasione di cavallette nel nuorese;

   le cause di questa «nuova invasione» di locuste si possono riscontrare, oltre che nell'abbandono delle terre che ne favorisce l'incremento, dal momento che proprio la lavorazione del terreno rappresenta uno dei fattori agronomici di contenimento delle popolazioni, che diversamente non avrebbero avuto spazio per deporre le uova e riprodursi in modo così esagerato, anche nelle condizioni climatiche, in quanto in Sardegna quest'anno si è avuto un inverno particolarmente mite e poco piovoso. Condizioni ideali per lo sviluppo di questi insetti che, dopo gli eventi già registrati in Africa e Asia nei mesi scorsi, sono arrivati a toccare l'Italia;

   quest'anno l'invasione delle locuste è già stata definita la più massiccia invasione di cavallette da almeno 70 anni a questa parte. L'avifauna potrebbe rappresentare un mezzo di contrasto al dilagare dell'infestazione in quanto i predatori naturali come gli uccelli potrebbero aiutare a contenere le popolazioni di locuste, che dalle terre incolte partono all'assalto dei raccolti devastando tutto quello che trovano sul loro cammino –:

   quali iniziative intenda mettere in atto urgentemente, per quanto di competenza, per debellare il fenomeno citato in premessa, anche tramite la convocazione di un tavolo di confronto che coinvolga i vertici della regione Sardegna e gli altri enti e soggetti preposti, al fine di trovare soluzioni alla situazione e sostenere e tutelare gli agricoltori e gli allevatori sardi, tenendo presente che questi hanno un'enorme importanza per il presidio del territorio, e di evitare che il fenomeno si ripresenti ogni anno in modo sempre più consistente.
(5-04439)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMO ENRICO BARONI, MENGA, SAPIA, LAPIA e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è del 6 luglio 2020 il drammatico comunicato stampa firmato da ben 130 associazioni di tutta Italia in rappresentanza di 1.300 famiglie, con cui si chiede disperatamente che venga riorganizzato al più presto il centro multidisciplinare «Uosd (Unità operativa semplice dipartimentale) Malattie rare displasie scheletriche – patologia metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva» dell'azienda ospedaliera universitaria policlinico Umberto I di Roma, che è stato gradualmente frammentato e disperso;

   l'Uosd è stato per quindici anni un sicuro punto di riferimento per i pazienti affetti da malattie rare dell'osso provenienti da tutta Italia, tra cui i 700 malati rari di osteogenesi imperfecta, talmente fragili che fin dalla nascita possono soffrire di decine di fratture spontanee, quadro che peggiora gravemente con il passare degli anni e per cui purtroppo non è ancora stata trovata una cura;

   a seguito della notizia dell'adozione, da parte dell'Umberto I, di un atto che disponeva la soppressione dell'Uosd, la deputata Vittoria Baldino, in data 5 novembre 2019, ha presentato una interpellanza urgente; la sottosegretaria di Stato per la salute Sandra Zampa ha risposto a tale interpellanza che l'attività sulle malattie rare scheletriche del metabolismo osseo sarebbe stata comunque svolta ed effettuata negli ambiti del dipartimento materno infantile, e che avrebbe continuato a monitorare la situazione, al fine di verificare che non venissero meno le garanzie di cure per i pazienti;

   in data 11 dicembre 2019 il direttore generale del policlinico Umberto I ha emanato la delibera n. 000158 per disporre la disattivazione dell'Uosd Malattie rare displasie scheletriche – patologia metabolismo osseo età pediatrica ed evolutiva;

   a decorrere dal 1° giugno 2020 (circolare del 29 maggio 2020 del policlinico Umberto I prot. 0019638) i dottori del dimesso Uosd venivano riassegnati ad altre aree dell'ente ospedaliero;

   la riassegnazione degli operatori sanitari e la sospensione del day hospital per la terapia dei pazienti con malattie rare delle ossa, hanno comportato la distruzione della «filiera di intervento specialistico» che partiva dalla barella del pronto soccorso e arrivava fino al decorso post-operatorio;

   inoltre, da quanto si apprende dal detto comunicato stampa, il personale specializzato in grado di intervenire e gestire questi particolari pazienti soprattutto in età neonatale, oltre ad essere stato dislocato fisicamente in reparti differenti, non avrebbero l'opportunità di trattare le malattie rare dell'osso se non in momenti residuali rispetto alla loro nuova occupazione principale;

   la conseguenza è che il team che da quindici anni lavorava in sinergia con infermieri e personale dedicato non ha più la possibilità di collaborare e non ha più gli strumenti per assicurare i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) previsti dal decreto ministeriale n. 279 del 2001 che ha istituito la rete nazionale delle malattie rare –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei recenti fatti esposti in premessa;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, affinché siano assicurati i livelli essenziali di assistenza e i dottori riassegnati siano messi nelle condizioni di operare in sinergia e tornare a erogare ai pazienti con malattie rare delle ossa, prestazioni con gli standard assistenziali raggiunti in passato, a partire dal ricovero in pronto soccorso e dal day hospital terapeutico, e fino al follow-up clinico e così garantire loro il diritto di accesso alle cure come sancito dall'articolo 32 della Carta Costituzionale.
(5-04438)


   VISCOMI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'ospedale di Polistena, in provincia di Reggio Calabria, è – allo stato ed ancora in attesa della costruzione di una nuova struttura ospedaliera, programmata ormai da molti anni ma ancora neppure avviata – l'unico ospedale funzionante a beneficio di cittadini nella Piana di Gioia Tauro (RC);

   a quanto è stato riferito, all'Unità operativa complessa (Uoc) cardiologia – Utic dello stesso ospedale sono stati assegnati sedici posti letto, di cui otto per Utic ed otto per cardiologia, di questi due per il relativo servizio di day hospital;

   come è noto, gli standard ospedalieri definiti in sede ministeriale prevedono che ad ogni posto letto di terapia intensiva siano assegnati tre infermieri; allo stato, invece, gli infermieri presenti in tutta la struttura de quo sono pari complessivamente a sedici unità;

   detto numero è inferiore anche agli standard previsti dalle linee di indirizzo regionali per la determinazione delle dotazioni organiche;

   vi è inoltre assoluta carenza di operatori socio-sanitari, allo stato in numero di due unità e quindi, in conseguenza di ciò, molti infermieri e paramedici sono costretti a subire, di fatto, un continuo demansionamento per colmare le carenze esistenti;

   allo stato, a quanto consta all'interrogante, in organico sono presenti nove medici per tutta l'unità operativa, di cui solo quattro totalmente operativi, dal momento che i restanti assegnati sono, a quanto pare e per legittime varie ragioni, esentati dal lavoro notturno;

   in conseguenza di tale situazione – tra turni estenuanti e carenza di personale – una delle più importanti strutture di cura ed assistenza dell'ospedale di Polistena non è più in grado di dare risposte adeguate ai bisogni di cura del territorio;

   tale situazione sta peraltro vanificando l'operato, universalmente apprezzato, del dirigente della medesima struttura, trasferito in mobilità dal Gom di Reggio Calabria (a giugno 2018) e quindi incaricato come direttore facente funzione: il notevole incremento della quantità dei ricoveri e della qualità degli interventi risulta oggetto di pubblico apprezzamento a mezzo stampa anche da parte di organizzazioni sindacali di categoria –:

   se sia a conoscenza della situazione;

   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per garantire ai cittadini che vivono nel bacino di riferimento dell'ospedale di Polistena il diritto a cure adeguate in genere e per le patologie cardiologiche in particolare.
(5-04440)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato da articoli di stampa tra cui ilfattoquotidiano.it, Repubblica, Corriere.it, nel pomeriggio del 4 luglio 2020 dai parchi minerali dell'ex Ilva di Taranto si è sollevata una tempesta di minerale e carboni che si è riversata sul quartiere Tamburi, depositandosi nelle case e nei polmoni degli abitanti che vivono sotto le ciminiere dello stabilimento gestito da ArcelorMittal, definito pochi giorni fa dall'ad Lucia Morselli, ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, «il più bello d'Europa»;

   foto e video della cappa che avvolge la città sono diventati virali sui social network;

   «Con un piccolo tornado, scrive Antonio Lenti del movimento “Tamburi combattenti”, le polveri dell'Ilva hanno letteralmente invaso il quartiere»;

   le enormi strutture hanno certamente limitato la quantità di materiale trasportato dal vento rispetto al passato, ma è evidente che nemmeno quella gigantica costruzione sia in grado neutralizzare in modo definitivo lo spolverio che ha avvelenato l'ambiente e la salute dei tarantini;

   nel 2012, si legge sul ilfattoquotidiano.it, l'autorizzazione integrata ambientale aveva ordinato la copertura dei parchi: il progetto è stato annunciato come uno dei più grandi risultati per il miglioramento della vita di operai e cittadini;

   ad aprile 2017 Arcelor aveva annunciato la fine dei lavori per la prima delle due strutture, spiegando che si trattava di un'opera che una volta terminati i lavori «avrà un ruolo decisivo nel limitare la dispersione di polveri verso la città, in particolare nel quartiere Tamburi. I minerali presenti nei parchi primari saranno infatti messi sotto copertura entro la fine del 2019.». Entro maggio 2020 doveva essere completata la copertura dei fossili;

   si parla di una fabbrica, si legge su ilgiornale.it, che ha un'estensione di 15.450 ettari, di questi settanta ettari sono di parchi minerali dove avviene lo stoccaggio e la movimentazione delle materie prime che insieme alle emissioni di fumi rappresentano le emergenze ambientali della città;

   dal 2012 al 2016 furono scoperti 18 mila nuovi casi di neoplasie certificati dall'Asl nel Registro tumori (i dati facevano riferimento al periodo 2009-2011) con prospettive poco incoraggianti. Uno studio epidemiologico commissionato dalla regione Puglia nel 2016 ha confermato l'ipotesi di un eccesso di malattie tumorali nei bambini di Taranto del 30 per cento superiore alla media nazionale. Nella primavera del 2017, poi, grazie ad una raccolta fondi che vedeva come madrina Nadia Toffa, furono raccolti 337 mila euro che hanno portato alla realizzazione del reparto di oncoematologia pediatrica all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto;

   nella città dell'acciaio ci sono poi le giornate di «wind days», si legge; quando il vento di tramontana soffia dall'ex Ilva verso la città trasportando polvere di minerale, agli studenti non è consentito andare a scuola. Non solo. È vietata anche l'attività sportiva all'aperto soprattutto per i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, i cardiopatici, gli immunodepressi e gli asmatici in quanto considerati dalla Asl di Taranto (come si legge sul sito di «Peacelink») soggetti a rischio. È consigliato, inoltre, aprire le finestre di casa tra le 12 e le 18 quando l'inquinamento diminuisce, sempre che non vi siano folate di vento intense in quella fascia oraria –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza a tutela della salute pubblica intenda adottare con urgenza per impedire che le polveri inquinanti continuino ad essere inalate dalla popolazione, posto che il particolato fine, quello al di sotto del PM10 e del PM2.5, se respirato entra in circolo nel sangue tramite i polmoni, con ciò dando luogo a una vera e propria violazione dei diritti fondamentali dell'uomo e a un rischio concreto per la salute.
(4-06444)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la regione Calabria è commissariata dal 2010 per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;

   in un articolo pubblicato il 9 luglio 2020 su Il Quotidiano del Sud si riporta l'esito dell'incontro tra sindacati e management dell'Azienda ospedaliera di Cosenza;

   secondo l'articolo suddetto, ad avviso dei rappresentanti sindacali Rodolfo Gualtieri, segretario aziendale Cisl Medici, e Luigi Ziccarelli, segretario aziendale Anaao, «tale incontro ha risolto alcuni dubbi sul passato e sul futuro ma non in meglio», poiché la commissaria dell'azienda ospedaliera di Cosenza, Giuseppina Panizzoli, avrebbe «esplicitamente dichiarato che il nuovo Atto aziendale risponde solo all'esigenza di raggiungere uno degli obiettivi impostogli dal decreto Calabria. Ha aggiunto che è stato formulato sull'idea di base di non danneggiare nessun dirigente e su alcune precise richieste dei direttori di dipartimento»;

   una di queste, secondo gli stessi sindacalisti, riguarderebbe «l'unità di Terapia intensiva pediatrica, a suo tempo conquista dell'impegno del Garante (regionale, nda) per l'infanzia e l'adolescenza, oggi cancellata su richiesta del dottor Scarpelli, direttore del Dipartimento materno infantile»;

   secondo Gualtieri e Ziccarelli, il piano delle assunzioni – riporta l'articolo – avrebbe «numeri risibili e spalmati in tre anni», in pratica «neanche sufficienti a coprire i pensionamenti»;

   la risposta della commissaria Panizzoli sul futuro dell'oncoematologia pediatrica sarebbe stata, racconta l'articolo, che «di questo centro non vi è traccia in nessun documento aziendale», anche se, a detta dei citati rappresentanti sindacali, la stessa «ignora o fa finta di ignorare che il centro fu stabilito nel 2001 con la Delibera del dottor D'Alessandro, all'epoca dirigente generale»;

   l'articolo conclude con la richiesta di Gualtieri e Ziccarelli di bocciare il nuovo atto aziendale «che, per ammissione della stessa dottoressa Panizzoli, ha visto la luce solo per ottenere il bonus economico per il raggiungimento degli obiettivi»;

   ai sensi dell'articolo 1 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, «per fanciullo si intende ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni»;

   la citata Convenzione stabilisce quattro principi fondamentali, tra cui quello del «superiore interesse» del minore (articolo 3), sicché in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità, nonché il principio del diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino (articolo 6), da cui discende che gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini;

   la stessa Convenzione riconosce, inoltre, a tutti i minori un'ampia serie di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute e all'unità familiare;

   va osservato il principio per cui la tutela del diritto essenziale alla vita è preminente rispetto al pareggio di bilancio, sicché nella predisposizione dei bilanci pubblici va nello specifico tenuto conto, in primo luogo, del peso giuridico del diritto alla salute, che la Costituzione tutela come fondamentale all'articolo 32 –:

   se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;

   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite dei commissari governativi alla sanità calabrese, al fine di scongiurare la chiusura della terapia intensiva pediatrica dell'azienda ospedaliera di Cosenza e per mantenere e rafforzare, nella stessa azienda, la struttura di oncoematologia pediatrica.
(4-06451)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   MACCANTI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 maggio 2017, Alitalia – Società Aerea Italiana s.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, perché dotata – all'atto di presentazione dell'istanza – di un numero di dipendenti ed un indebitamento complessivo superiori alle soglie minime di legge;

   con il medesimo decreto ministeriale, alla luce della complessità della procedura di amministrazione straordinaria, è stata altresì disposta la nomina di un collegio di commissari straordinari, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 38, comma 2, e dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;

   le medesime determinazioni sono state assunte per la società Alitalia Cityliner s.p.a. con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 12 maggio 2017;

   per sostenere la continuità dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia, lo Stato – nel periodo compreso tra maggio 2017 e gennaio 2020 – ha erogato ad Alitalia finanziamenti a titolo oneroso pari a complessivi 1,3 miliardi di euro;

   l'ultimo finanziamento a titolo oneroso è stato erogato con il decreto-legge 2 dicembre 2019, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 gennaio 2020, n. 2; il decreto-legge n. 137 del 2019 ha altresì disposto delle modifiche al programma della procedura di amministrazione straordinaria per il trasferimento dei complessi aziendali nonché ai poteri dell'organo commissariale, prevedendo in particolare che quest'ultimo predisponesse un piano industriale e curasse direttamente il trasferimento dei complessi aziendali entro il 31 maggio 2020;

   con il decreto del 12 dicembre 2019 il Ministro dello sviluppo economico ha nominato l'avvocato Giuseppe Leogrande quale nuovo commissario straordinario delle società del gruppo Alitalia SAI in amministrazione straordinaria, in sostituzione dei commissari dimissionari nominati in precedenza;

   il 6 marzo 2020 l'organo commissariale ha adottato l'invito a manifestare interesse per l'acquisizione delle attività aziendali facenti capo ad Alitalia - Sai s.p.a. e Alitalia Cityliner s.p.a. entrambe in amministrazione straordinaria; a tale invito diversi soggetti avrebbero risposto presentando delle offerte di acquisizione;

   per la sopravveniente emergenza epidemiologica da Covid-19 e la contestuale crisi del trasporto aereo cui è andata incontro anche Alitalia, il Governo ha disposto – con l'articolo 79 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e con l'articolo 202 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 – la nazionalizzazione della medesima compagnia, destinando allo scopo 3 miliardi di euro, così decidendo di interrompere l'iter di cessione dei complessi aziendali sul mercato avviato nel marzo 2020 con la pubblicazione del bando;

   la decisione di nazionalizzare Alitalia pone in concreto fine al mandato del commissario straordinario, avvocato Giuseppe Leogrande;

   il 29 giugno 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato la designazione dei nuovi vertici aziendali, ovverosia Francesco Caio, quale presidente, e Fabio Lazzerini, quale amministratore delegato –:

   se il commissario straordinario, avvocato Giuseppe Leogrande, abbia raggiunto gli obbiettivi legati al suo mandato;

   quale sia stato il trattamento economico riconosciuto, sotto ogni forma, allo stesso organo commissariale, essendo giunto al termine il suo mandato, considerata la decisione di nazionalizzare la compagnia aerea;

   quale sarà il trattamento economico riconosciuto al nuovo presidente e al nuovo amministratore delegato di Alitalia.
(4-06453)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto studi giuridici internazionali (Isgi) è un'unità organizzativa del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) che svolge attività di ricerca, formazione e alta consulenza nel campo del diritto internazionale, diritto europeo e diritto privato comparato;

   l'Isgi, anche grazie ad alcune trasformazioni e fusioni avvenute nel corso degli anni successivi alla sua costituzione avvenuta nel 1986, vanta una significativa tradizione scientifica in materia giuridica, contrassegnata da una crescente produzione scientifica;

   il ruolo scientifico e la capacità di attrazione di fondi europei e nazionali dell'Istituto si sono progressivamente ampliati, portandolo ad essere inserito in una rete molto vasta di rapporti internazionali con università e centri di ricerca, non solo europei ma anche extra-europei, spesso formalizzata con appositi accordi di cooperazione;

   negli ultimi dieci anni i ricercatori di questo Istituto, composto da poco più di dieci unità, hanno acquisito oltre 800 euro di fondi esterni, mediante partecipazione a bandi competitivi europei e nazionali e, in tal modo, l'Isgi ha consolidato il proprio posizionamento non solo rispetto agli altri istituti dello stesso Cnr ma anche rispetto alle istituzioni, alla società civile e al mondo produttivo, con i quali oltre a svolgere attività di ricerca, offre al tempo stesso supporto tecnico e consulenza giuridica su temi di grande rilievo per le politiche nazionali del nostro Paese;

   sin dalla sua costituzione come Centro di ricerca (poi Istituto), l'Isgi è stato diretto da professori universitari: il primo ha esercitato il proprio mandato per 26 anni e il secondo, in stretta continuità con il precedente, per i successivi 5 anni; solo negli ultimi due anni, in attesa della nomina del nuovo direttore, come da regolamento, l'Istituto è stato retto ad interim da ricercatori dell'Istituto;

   sin dalla nascita dell'Istituto le commissioni per la nomina del direttore sono state costituite da professori universitari, compresa quest'ultima, nominata a seguito del bando 390.352 del dicembre 2019, composta da un professore emerito dell'università di Salerno, in pensione da 10 anni, da una professoressa ordinaria dell'università di Parma e dall'ultimo direttore dell'Isgi, professore ordinario presso l'università Roma Tre;

   ai sensi del regolamento, la commissione valuta le capacità scientifiche e gestionali dei candidati sulla base dei titoli presentati e della prova orale; al termine, designa un tema nell'ambito della quale il consiglio di amministrazione, previa audizione, sceglie il nuovo direttore;

   il 22 giugno 2020, la Commissione ha concluso i lavori e ha escluso tutti i candidati interni, includendo nella terna solo i professori universitari;

   tra i candidati interni figuravano un dirigente di ricerca, un primo ricercatore e un ricercatore, i quali hanno tutti contribuito in modo molto significativo al rafforzamento e alla visibilità dell'Istituto;

   nella procedura di cui in precedenza si evidenziano dubbi di opportunità su alcune scelte, come l'inserimento in commissione di un professore emerito in età avanzata; o che figuri nella commissione per la selezione del direttore di un Istituto, un ex direttore del medesimo Istituto; o che nella terna appena selezionata figuri un professore associato appartenente al medesimo dipartimento dell'università Roma Tre di uno dei membri della commissione;

   appare singolare che nessuno dei ricercatori dell'Isgi, pur avendo dimostrato capacità scientifiche e gestionali, sia stato considerato meritevole –:

   quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per approfondire la vicenda di cui in premessa e per assicurare che l'Isgi-Cnr possa valorizzare la sua importanza strategica, nel solco dell'autonomia rispetto all'università, così come previsto dalla visione del Cnr.
(4-06440)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da mesi diversi organi di stampa riportano notizie lesive dell'immagine e del prestigio dell'Accademia di belle arti di Napoli;

   a inizio 2020 risale la denuncia da parte di una studentessa nei confronti di un docente per molestie subite da lei e da altre colleghe, fatti di cui l'attuale direzione dell'Accademia sarebbe stata informata più volte dalle stesse allieve;

   vicenda e circostanze che sono state già fatte oggetto della interrogazione n. 4-04771 a firma sempre dell'interrogante;

   anche a seguito di questa vicenda, alcuni docenti dell'Accademia avevano avanzato alla direzione una richiesta di convocazione di un collegio dei professori, organo previsto dalle norme istitutive delle Afam e dallo statuto dell'Accademia;

   a distanza di mesi a tale richiesta sembrerebbe non sia stata data alcuna risposta;

   i docenti in questione lamentano che la direzione dell'Accademia, in costante violazione dello statuto dell'Accademia stessa, non abbia mai convocato un collegio dei professori;

   dalle lettere di due dei docenti richiedenti a suo tempo la convocazione del suddetto collegio, pubblicate recentemente dalla testata online «Artribune», si evince che anche il nucleo di valutazione, strumento che la legge considera necessario per la gestione dell'istituzione, risulterebbe mancante dall'organigramma della suddetta istituzione da anni;

   dalle summenzionate lettere si ricava, inoltre, la scarsa trasparenza nella conduzione dell'Accademia, scarsa trasparenza che emerge anche in relazione alla pubblicazione di verbali delle sedute degli organi;

   riguardo alla mancata convocazione pluriennale del collegio dei professori il direttore sembrerebbe sostenere di aver sostituito il collegio (previsto dallo statuto) con i Consigli di Scuola, circostanza che se confermata appare di dubbia legittimità;

   il collegio dei professori non è solo un organo di governo di supporto consultivo e propositivo del Consiglio accademico (organo deliberante), ma è anche uno strumento di partecipazione attiva alla vita didattica dell'Accademia e di possibilità di visione di insieme e di comunicazione interpersonale tra i professori e la direzione;

   a parere dell'interrogante, quello che emerge dalla stampa è una gestione dell'Accademia delle belle arti di Napoli improntata a un non pieno rispetto di norme riconducibili alle leggi dello Stato e alle norme statutarie;

   a quanto risulta e lamentato l'attuale direttore dell'Accademia non risponderebbe ad alcuna richiesta avanzata dai docenti, dagli studenti e dagli organi di stampa –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per verificare quanto esposto in premessa circa la contestata gestione dell'Accademia delle belle arti di Napoli da parte dell'attuale direttore.
(4-06450)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Caon n. 1-00270, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 242 del 21 ottobre 2019.

   La Camera,

   premesso che:

    l'idrovia Padova-Venezia, della lunghezza di 27 chilometri e mezzo, inizia nell'area dell'interporto di Padova (zona industriale) e termina nella laguna veneta, raggiungendo il canale di grande navigazione Malamocco-Marghera;

    incompiuta, in quanto priva della parte centrale, oggi è visibile in due tratti a valle di Padova e nella parte terminale del suo percorso. Attualmente essa non è scavata nel tratto compreso tra la Cunetta di Brenta e il Canale Novissimo. Era stata progettata per il traffico di chiatte fluviali di dimensioni di 80 x 9,5 x 2,5 metri, con una capacità massima di 60 Teu (circa 1.320 tonnellate);

    la sua storia nasce nel 1955, sulla base di un'idea delle camere di commercio di Padova e Venezia, con un progetto elaborato dal genio civile di Venezia. La prima autorizzazione di spesa fa riferimento alla legge n. 92 nel 1963. La costituzione del Consorzio per l'idrovia Padova-Venezia è del 1965. I lavori iniziano nel 1968, ma vanno avanti con ritardi e a singhiozzo, fino alla soppressione del Consorzio nel 1988;

    in seguito la legge n. 16 del 2000, che ratificava l'accordo europeo sulle grandi vie navigabili d'importanza internazionale (Accord européen sur les grandes voies navigables d'importance internationale (AGN), sottoscritto a Ginevra il 19 gennaio 1996), ha incluso nella lista di vie navigabili d'importanza nazionale il canale Venezia-Padova (annexe I dell'articolo 1). Analogamente ha previsto nel 2012 il «Blue book» della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite. Tali riconoscimenti non hanno consentito il riavvio dell'opera;

    recentemente l'idrovia è tornata al centro del dibattito per la possibilità di essere utilizzata come scolmatore delle piene sia del fiume Bacchiglione che del Brenta. L'esigenza di regimentare questo sistema fluviale si è posta come indifferibile dopo l'alluvione del 2010, ma eventi di piena si sono registrati nel novembre 2011, tra gennaio e febbraio 2014 e nell'aprile 2017. Anche a fine ottobre 2018 si è registrata una piena di 5 metri;

    tale situazione è ampiamente conosciuta e documentata, sia da indagini commissionate dalla regione Veneto (studio Ing. Mazzucato, indagine del 2014) che da rilevamenti degli anni 2017 e 2018 sul fiume Brenta e sul Bacchiglione. Le alluvioni si possono riproporre anche ad intervalli brevi, mettendo a rischio la vita delle persone, ed i costi dei danni che producono sono superiori a quelli delle opere necessarie ad evitarle. La diversione delle acque tramite l'idrovia consentirebbe di far defluire, senza esondazioni, piene con portate al colmo a 1.900-2.000 m3/s, mitigando sensibilmente il rischio idraulico cui è attualmente esposta una parte importante del territorio del vicentino, del padovano e dei comuni della città metropolitana di Venezia;

    la provincia di Padova è da sempre soggetta a fenomeni alluvionali. La rovinosa alluvione del novembre 2010 ha mostrato in maniera drammatica come la cementificazione e la mancata attuazione degli interventi prospettati dalla commissione De Marchi dopo l'alluvione del 1966 (che fu di 11,53 metri s.l.m.) abbiano reso il territorio veneto fragile e vulnerabile a fronte della minaccia dei fiumi (si veda: Luigi d'Alpaos, «I rischi di inondazione nella Provincia di Padova», in Padova e il suo territorio, n. 119, febbraio 2006);

    nel febbraio 2016 la conferenza dei sindaci della Riviera del Brenta ha approvato e inviato all'autorità di bacino, una mozione che chiede l'inserimento dell'idrovia fra le opere da progettare e iniziare entro il 2021, con riferimento al piano di bacino approvato, in via definitiva, nel dicembre 2015;

    nello stesso anno, dopo aver presentato uno specifico bando due anni prima, la giunta regionale del Veneto ha ripreso i vecchi progetti del genio civile, presentando la progettazione preliminare con la supervisione dell'università di Padova. Tale progettazione ha stabilito la quota di regolazione del livello dell'idrovia (+4 metri sul medio mare), oltre il natante di riferimento più adatto per l'idrovia, con requisiti di adeguatezza per transitare sotto tutti i 12 ponti esistenti. Nel progetto della regione Veneto, mediante riutilizzò dei materiali di scavo, sono previste opere di valorizzazione ambientale oltre alla pista ciclopedonale, che da Padova porterà fino a Venezia;

    ad esaltare il ruolo di collegamento tra Padova e la laguna veneta che l'idrovia riveste, si segnala che, nel corso dell'istruttoria, gli uffici della regione hanno sentito anche i rappresentanti dell'autorità portuale di Venezia, in considerazione del fatto che l'iter relativo alla realizzazione del porto d'altura di Venezia al largo di Malamocco si trovava in fase alquanto avanzata. Il nuovo piano regolatore dovrà permettere al porto di Venezia di rimanere competitivo rispetto agli orizzonti temporali di pianificazione infrastrutturale europea 2030 e 2050: una via acquea di collegamento consentirebbe a Padova di utilizzare direttamente il nuovo porto;

    altro aspetto importante dell'opera, segnalata dal magistrato delle acque, sarebbe la funzione di apporto di sedimenti alla laguna Veneta, la quale soffre di perdita dei bassi fondali, passati dai 168 chilometri quadrati del 1930 ai 60 chilometri quadrati del 2000, con perdita di sedimenti di 2,2 milioni di metri cubi l'anno, nonostante il fatto che il magistrato abbia realizzato strutture morfologiche con il riuso di 19,5 milioni di metri cubi negli ultimi 30 anni (si veda https://slideshare.net);

    a fronte dei positivi e convergenti riscontri, la regione Veneto, sempre nel 2016, ha incluso il completamento dell'idrovia Padova-Venezia tra le opere immediatamente cantierabili, ritenendo urgente realizzarla quanto prima come scolmatore del Brenta e del Bacchiglione, salvo poi, a completamento del progetto, ampliarne la funzione a via navigabile. Esaurite le procedure preliminari, l'opera è finalmente fattibile, ma occorrono adeguate risorse;

    nel corso del 2018 e del 2019 ben 31 consigli comunali della provincia di Padova e della città metropolitana di Venezia, rappresentativi di un territorio con oltre 500.000 abitanti, hanno approvato mozioni ed ordini del giorno, indirizzati alla regione Veneto, con la richiesta di procedere all'esecuzione del progetto definitivo dell'opera denominata «idrovia Padova-Venezia con funzione anche di scolmatore»;

    nel mese di ottobre 2019 numerose associazioni hanno scritto al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al presidente della regione Veneto, a tutte le autorità competenti, compresa la magistratura, per affrontare con urgenza il rischio di alluvione che interessa il territorio attraversato dai fiumi Brenta e Bacchiglione da Padova al mare. Nell'ambito di questa iniziativa la stessa Legambiente Padova ha definito l'idrovia Padova-Mare «l'unica grande opera necessaria»;

    l'Unione europea ha rilanciato le vie navigabili attraverso la revisione delle reti strategiche di trasporto (Ten-T) e lo sviluppo del programma Naides, giunto ormai alla fase Naiades II. Si vuole che il 30 per cento delle merci dell'Unione sia trasportato con metodi più puliti e questa previsione comprende l'utilizzo dei suoi 37.000 chilometri di vie navigabili interne. La quota del trasporto unionale per via navigabile è oggi al 6 per cento, una percentuale ferma dal 2001;

    per potenziare la navigazione interna, Bruxelles sta spendendo il 7 per cento del fondo Connected Europe dotato di 24 miliardi di euro nell'attuale bilancio settennale, per collegare i corsi d'acqua nei corridoi di trasporto Ten-T, aggiungere collegamenti mancanti e integrare meglio il traffico di chiatte con altri modi di spedizione merci. Ma questa è una frazione dei 13 miliardi di euro necessari per eliminare le strozzature entro il 2030;

    il 14 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su Naiades II – un programma di azione a sostegno del trasporto sulle vie navigabili interne (2018/2882(RSP)) sollecitando la Commissione «... ad aggiornare e rinnovare il programma NAIADES entro il 2020 al fine di garantire che il potenziale del trasporto sulle vie navigabili interne... sia sfruttato...»;

    nell'Allegato infrastrutture del documento di programmazione economica e finanziaria (oggi documento di economia e finanza) del 2011, il Governo pro tempore affermava di voler recuperare i 990 chilometri di rete e canali fluviali ubicati nel settentrione d'Italia dove è movimentato il 60 per cento delle merci del Paese e in tale ambito di voler recuperare l'asta idroviaria/scolmatore Padova-Venezia, catalogandola nella generica e atemporale voce «attività programmate»;

    l'Unione europea ha stanziato risorse per la sicurezza idraulica dei territori all'interno dei fondi strutturali di ciascuna programmazione settennale. Secondo i dati del Dipartimento per le politiche di coesione, nell'ambito dei programmi operativi, in particolare a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), relativamente alle programmazioni 2007-2013 e 2014-2020, l'Italia ha ricevuto dall'Unione europea 1,6 miliardi di euro in 14 anni per il contrasto al dissesto idrogeologico. In tale ambito le regioni italiane hanno presentato circa 700 interventi, ma ne hanno conclusi appena 333, meno della metà, per un ammontare di pagamenti che si aggira sui 320 milioni di euro (il 20 per cento di quanto ricevuto);

    di contro, dal 2002 il fondo di solidarietà dell'Unione europea per far fronte a catastrofi naturali dal 2002 all'aprile 2019 ha erogato 5,2 miliardi: ben 2,5 miliardi di euro (ossia quasi la metà) sono andati al nostro Paese, che, per quanto fragile e fortemente antropizzato, rappresenta solo l'8 per cento del totale della superficie dell'Unione e poco più del 12 per cento, in termini di popolazione. È stato dimostrato che, per ogni euro investito nella prevenzione delle alluvioni, se ne risparmiano circa sei, necessari per la riparazione dei danni conseguenti,

impegna il Governo:

1) valutati gli esiti degli studi sino ad oggi condotti dalla regione Veneto e dalle altre autorità competenti in termini di sicurezza idraulica dei bacini coinvolti e di impatto ambientale sulla laguna veneta, ad adottare le iniziative di competenza, in coordinamento con la regione medesima, al fine di individuare le risorse necessarie al completamento dell'idrovia Padova-Venezia, anche nel quadro delle risorse europee disponibili, destinata nell'immediato a regimentare il livello delle acque nei casi di esondazione dall'alveo del sistema fluviale Bacchiglione-Brenta, sulla base della progettazione già approvata dalla regione medesima, prevedendo che le opere d'urgenza siano realizzate tenendo conto della possibilità di trasformare, qualora ne sia verificato l'impatto economico-ambientale positivo nel quadro del programma europeo Naiades, il canale scolmatore in idrovia di V classe, di collegamento tra l'area industriale di Padova e la rete portuale lagunare;

2) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a garantire la messa in sicurezza del territorio e dei bacini coinvolti, attraverso interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete dei canali esistenti, finalizzati al recupero della capacità drenante della rete idraulica esistente e al potenziamento del suo utilizzo come rete trasportistica, nel quadro degli indirizzi dell'Unione europea;

3) a favorire, per quanto di competenza, l'istituzione di un parco fluviale all'interno di un corridoio ecologico Padova-Laguna Veneta, anche mediante realizzazione di una ciclovia, che ricalchi il percorso dell'idrovia, garantendo la piena partecipazione degli enti locali e dei soggetti interessati, nel quadro della progettazione già avviata dalla Regione Veneto in tal senso.
(1-00270) (Nuova formulazione) «Caon, Cortelazzo, Baratto, Bendinelli, Zanettin, Mazzetti, Labriola, Ruffino, Giacometto, Casino, Marin».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Donina n. 4-06417 del 22 luglio 2020.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta De Martini e Zoffili n. 4-06380 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 374 del 17 luglio 2020. Alla pagina 13954, seconda colonna, alla riga trentatreesima, deve leggersi: «conterebbero 650 agenti in meno di quanto», e non come stampato.