XVIII LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanze:
La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure per il contenimento e contrasto dell'emergenza Covid-19, è deputato anche al reperimento dei beni necessari al contrasto dell'emergenza, tra questi rientrano i dispositivi di protezione individuale, come le mascherine;
nell'ambito dell'emergenza in corso, data l'assoluta necessità di dotarsi di dispositivi di protezione individuale, è necessario prestare maggiore attenzione alle specifiche esigenze delle persone sorde o con ipoacusia, per le quali la lettura del labiale è fondamentale per poter comunicare;
in Italia vi sono circa 877mila persone con problemi dell'udito, più o meno gravi, e 92mila «sordi prelinguali»;
il Governo, in occasione della conversione in legge del decreto-legge 19/2020, ha accolto il 13 maggio 2020 l'ordine del giorno 9/2447-A/82 (Versace), con cui si impegnava a provvedere alla fornitura e alla distribuzione di mascherine dotate di una copertura trasparente all'altezza della bocca, tali da consentire alle persone sorde o con ipoacusia di poter leggere il labiale dell'interlocutore, ma all'approvazione del citato ordine del giorno, allo stato attuale, non è stato dato seguito;
durante l'audizione in commissione affari sociali della Camera, il 9 giugno 2020, il commissario Domenico Arcuri, dichiarava che erano ancora in corso valutazioni circa l'opportunità e le modalità di produzione di questa tipologia di dispositivi che comunque, a parere dello stesso Arcuri, soffrirebbero l'assenza di una domanda di mercato rilevante;
nell'ottica di superare questo ostacolo comunicativo, lo Stato dovrebbe essere il primo acquirente di dispositivi di protezione utilizzabili anche da chi interloquisce abitualmente con persone sorde, distribuendoli al personale scolastico e al personale addetto ai servizi al pubblico, giacché le mascherine trasparenti non dovrebbero essere indossate dalle persone sorde, ma dai loro interlocutori in modo che il labiale sia leggibile;
il 27 agosto 2020 il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Agostino Miozzo, nel corso di un'audizione presso la commissione cultura della Camera, ha reso noto come fosse in corso una valutazione sull'utilizzo delle mascherine trasparenti nelle scuole e, secondo fonti di stampa, diffuse il 2 settembre 2020, il Cts avrebbe dato il via libera all'utilizzo di questo tipo di mascherine che, tuttavia, ad oggi non risultano distribuite pubblicamente;
con l'adozione del decreto-legge n. 125 del 2020, è divenuto obbligatorio avere sempre con sé una mascherina e indossarla nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private;
la testata online Milano Today ha dato notizia di un grave episodio, occorso ad una ragazza con disabilità uditiva e ad una sua amica, quest'ultima multata, avvenuto a Milano il 9 ottobre 2020, perché abbassava la mascherina in modo da poter far leggere il labiale all'amica sorda;
con una nota diffusa il 24 novembre 2020, l'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità ha chiarito che «il Governo ha mantenuto fermo il principio che la mascherina non è obbligatoria per quelle persone la cui disabilità è incompatibile con il suo utilizzo, e non è obbligatoria neanche per gli accompagnatori di queste persone» e di aver «chiesto al Ministero dell'interno di far sì che gli agenti di polizia deputati ai controlli assicurino il rispetto della deroga»;
i funzionari della struttura afferente alla Presidenza del Consiglio dei ministri hanno specificato che «al momento non esistono mascherine "trasparenti" certificate dall'Inail» e le stesse, quindi, «sono solo da considerare come "mascherine di comunità" e sono quindi utilizzabili anche se non sono state ancora certificate dall'Inail», e ancora che l'Ufficio stesso ha «chiesto al Commissario straordinario e all'Inail di adoperarsi per individuare possibili produttori e per definire un processo di certificazione con procedura innovativa» e che quindi «imprenditori e aziende interessate alla produzione di questo tipo di mascherine possono rivolgersi all'Inail per informazioni sull'eventuale percorso di certificazione»;
Paolo Pandin, Chief Executive Officer (Ceo) dell'azienda Under Shield di Fontanaviva (Padova) che produce mascherine trasparenti, in un'intervista del 15 settembre 2020, ha dichiarato che l'ufficio del Commissario straordinario Arcuri avrebbe contattato l'impresa per avere «informazioni sul progetto» e dall'intervista è emerso inoltre come le mascherine prodotte sarebbero già certificate quali «DPI di categoria 1»;
per le persone con deficit uditivi, la lettura del labiale è fondamentale per comprendere ciò che dice l'interlocutore e per cui l'utilizzo della mascherina rappresenta un ostacolo enorme, ma non insormontabile, se solo si provvedesse alla fornitura di dispositivi dotati di una finestra trasparente in corrispondenza della bocca –:
se il Governo intenda dare seguito all'ordine del giorno 9/2447-A/82 e quali iniziative urgenti intenda intraprendere, anche attraverso il lavoro del Commissario straordinario per il contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19, per disporre la fornitura e la distribuzione delle mascherine trasparenti, con particolare riferimento alle scuole e alle amministrazioni pubbliche.
(2-01037) «Versace».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
la stampa trentina sta pubblicando in questi giorni alcuni stralci del blog dell'ex rettore dell'università di Trento Davide Bassi che analizza l'evoluzione dell'epidemia in provincia;
l'illustre cattedratico, che ora lavora a Genova ed in Svizzera, afferma testualmente: «Anche se da una decina di giorni la Provincia Autonoma di Trento è costretta a rivelare i dati completi sui contagi da Sars-CoV-2, nulla ci è stato detto su quanto è avvenuto durante lo scorso mese di novembre»;
effettivamente, anche il quotidiano «Il Dolomiti» ha avanzato più volte questa richiesta, per ora, senza ricevere delucidazioni;
anche una raccolta di firme di cittadini è rimasta priva di riscontro;
«A Piazza Dante – accusa Bassi, puntando il dito contro i vertici provinciali – le bocche sono cucite e pur in presenza di molti articoli di stampa dedicati sull'argomento, la linea sembra essere quella di negare l'evidenza, complice anche l'assordante silenzio del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanità»;
ora però l'ex rettore, grazie alla collaborazione dei sindaci che hanno diffuso i dati completi, ha elaborato un grafico, pubblicato anche dai quotidiani locali, dedicato al capoluogo, che permette di comprendere meglio l'evoluzione della pandemia;
benché le rilevazioni effettuate su Trento non siano necessariamente estendibili a tutto il territorio provinciale, i dati raccolti rappresentano comunque un importante strumento per farsi un'idea della reale estensione del contagio;
i dati raccolti dall'ex rettore dimostrerebbero la discrepanza fra i positivi comunicati dalla provincia e quelli «reali» che emergono dai dati comunicati dai sindaci;
«Dati – precisa Bassi – che la Provincia ha dovuto comunicare per obbligo di legge perché riguardavano le persone attualmente positive a cui è stata imposta la quarantena»;
prendendo in esame il comune di Trento, si nota che, ancora oggi, esiste una grande differenza fra le persone positive «reali» e quelle certificate dai dati ufficiali;
«Dal grafico è possibile notare come il 9 novembre, primo giorno per il quale sono disponibili i dati, c'era già una notevole differenza tra i dati provinciali e i dati veri;
fino alla seconda decade di novembre le due curve mostrano un andamento divergente, con i dati provinciali in lenta discesa, mentre i dati reali erano in forte salita. Nel momento di massima divergenza – afferma l'ex rettore – il numero vero degli attualmente positivi residenti nel Comune di Trento era pari a più di 6 volte il numero ufficiale»;
il 25 novembre 2020 il comune di Trento ha iniziato a pubblicare sul suo sito web i dati dei contagi di cui è in possesso, indicando anche la distribuzione per fasce d'età e per circoscrizione. «Più o meno allo stesso tempo si nota una forte inversione di tendenza – sottolinea Bassi – la separazione tra dati provinciali e dati reali si riduce rapidamente». In sostanza diminuisce la differenza fra i positivi individuati con il tampone molecolare e quelli positivi agli antigenici. «Si noti il paradosso: da fine novembre in poi gli attualmente positivi veri stanno calando vistosamente, mentre quelli ufficiali, comunicati da Pat, mostrano una sia pur lieve crescita»;
«Il Messaggero», nell'edizione di sabato 12 dicembre 2020 aveva già segnalato le anomalie registrate nella provincia di Trento;
dai dati diffusi dalla provincia, e ripresi dal Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità, al 12 dicembre 2020 le persone contagiate in Trentino risultavano pochissime;
la provincia di Trento registrava 2.439 infetti da COVID, uno ogni 221 residenti, quando la limitrofa provincia di Bolzano (che ha numero di abitanti simile) ne registrava circa il quadruplo, 10.651;
il Veneto, contemporaneamente, registrava 85.093, uno ogni 50 abitanti;
questi dati hanno consentito al territorio Trentino di apparire il più virtuoso in Italia, per quanto concerne l'infezione da COVID, nonostante avesse ricoverati in terapia intensiva n. 8,9 per centomila abitanti, contro n. 6,5 del Veneto;
sembra che il Trentino abbia sfruttato un cavillo giuridico, che avrebbe consentito di non comunicare all'Istituto superiore di Sanità i contagiati individuati con tampone rapido, che sarebbero stati messi in isolamento fiduciario e sottoposti a tampone molecolare solo a distanza di dieci giorni, quando molti di loro erano già guariti;
così si spiegherebbero le vistose, ed apparentemente incomprensibili, differenze di contagio, tra le due regioni limitrofe;
il Veneto, al contrario, ha scelto di agire fin da subito con la massima trasparenza, comunicando all'Istituto superiore di sanità anche gli esiti dei tamponi rapidi;
non a caso il presidente della regione Veneto Zaia, in diverse occasioni, ha lamentato criteri non omogenei sul territorio nazionale per il calcolo del contagio da COVID –:
se il Ministro della salute intenda adottare iniziative per la verifica dei dati sulle infezioni COVID del Trentino;
se il Governo intenda adottare iniziative per sottoporre a revisione le norme che consentono a regioni e province autonome di elaborare in modo diverso tra loro i dati sul contagio COVID.
(2-01039) «Zanettin».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, per sapere – premesso che:
Cashback è il programma ideato dal Governo per incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici e prevede un rimborso in denaro fino a 150 euro a fronte degli acquisti di beni e servizi effettuati con mezzi di pagamento elettronici;
l'informativa sulla privacy che compare quando si scarica la app IO, necessaria a partecipare al cashback, dichiara che la app «si avvale, limitatamente allo svolgimento di alcune attività, di fornitori terzi che risiedono in Paesi extra UE (Usa)»;
di fatto quindi IO invia dati a soggetti terzi negli Usa, senza specificare in alcun modo quali dati e per quali finalità;
l'invio di dati negli Usa è ormai ritenuto non sicuro da parte dell'Unione europea. Con la sentenza Schrems del 6 ottobre 2015 la Corte di giustizia europea ha stabilito che l'Unione europea non è stata in grado di garantire in pieno le adeguate garanzie per la protezione dei dati dei cittadini europei, e che le aziende statunitensi non garantiscono adeguata protezione alla loro privacy. Ha quindi consentito agli Stati di sospendere l'accordo «Safe Harbor» sugli standard privacy degli scambi di dati, nel caso in cui non sia garantito un «livello adeguato» di protezione delle informazioni;
con sentenza del 16 luglio 2020 («Schrems II»), la Corte di giustizia ha dichiarato invalida la decisione 2016/1250 con cui la Commissione europea aveva certificato l'adeguatezza della protezione dei dati personali offerta dal Privacy Shield precedentemente ritenuto idoneo strumento per il trasferimento di dati personali tra Unione europea e Usa;
l'11 novembre 2020 il Comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb), l'organismo europeo indipendente il cui scopo è garantire un'applicazione coerente del Regolamento generale sulla Protezione dei Dati (Rgpd), ha emanato due raccomandazioni, immediatamente applicabili, estremamente stringenti sulle misure che integrano gli strumenti di trasferimento per garantire il rispetto del livello di protezione dei dati personali dei cittadini dell'Unione europea;
a fronte del trattamento di dati estremamente sensibili, come i dati personali, i conti bancari e soprattutto le abitudini di acquisto di ogni singolo utilizzatore della app IO, l'Edpb richiede che, alle clausole contrattuali standard, siano ora affiancate misure ulteriori rigorose e specifiche;
non è quindi sufficiente che la piattaforma PagoPa, che gestisce la app IO, si limiti a dire che «in ogni caso, i Responsabili del trattamento si avvalgono esclusivamente di fornitori che adottano idonee garanzie, anche in forza di accordi contenenti clausole contrattuali standard o norme vincolanti di impresa, nel rispetto dei principi previsti dal RGPD»;
il Governo Usa ha un potere di accesso ai dati che non è meramente ipotetico: lo dicono le Faq del Garante della privacy, lo dicono le leggi americane sulla sicurezza nazionale e i relativi diritti di sorveglianza. Nello scenario migliore, il Governo Usa potrebbe prendere i dati provenienti dalla app IO e catalogarli per creare dei profili da utilizzare per motivi di sicurezza nazionale. Nel peggiore, i dati potrebbero essere utilizzati per allenare sistemi di intelligenza artificiale o subire violazioni. Si tratta difatti di dati molto appetibili non solo per il mercato nero, ma anche per i gestori di BigData;
non è ammissibile che una pubblica amministrazione, distribuendo una app finalizzata a raccogliere i dati di consumo di milioni di italiani, non fornisca un'informativa sulla privacy adeguata. Il Gdpr e le prescrizioni Edpb su questo sono chiari: il titolare (PagoPa spa) deve fornire notizie adeguate agli interessati, altrimenti già solo questo risulta un comportamento sanzionabile. Salvo fatto più grave;
le evidenze portano gli interpellanti a dubitare della diligenza di PagoPa, interamente partecipata dallo Stato, nonché del Ministro vigilante. Ancora una volta le pubbliche amministrazioni sottovalutano l'importanza dei dati, l'affidabilità dei gestori degli stessi, nonché la sicurezza e l'adeguatezza dei server. Lo dimostrano i continui disagi, le falle operative, l'insufficienza delle reti, le perdite e le sottrazioni di dati. Emblematici, prima del caso in questione, sono stati i casi delle registrazioni informatiche per accedere al cosiddetto bonus biciclette o dell'accesso al server dell'Inps per le indennità da seicento euro;
e questo in costanza di un Governo che fa della digitalizzazione dei rapporti economici, civili e con la pubblica amministrazione il suo vessillo –:
se il Governo non ritenga opportuno bloccare il programma cashback in attesa della definizione delle informative supplementari per la tutela della privacy associate alla app IO descritte in premessa, in linea con le prescrizioni dell'Edpb;
se non ritenga opportuno che PagoPA utilizzi in ogni caso fornitori terzi residenti sul territorio dell'Unione europea e quindi soggetti alle rigorose regole sulla gestione dei dati del Rgpd;
se non ritenga opportuno verificare e fornire elementi al Parlamento su quali informazioni siano state inviate e gestite da fornitori terzi residenti negli Usa, adottando adeguate iniziative normative per prevedere sanzioni a carico dei responsabili dei procedimenti ove fosse verificato che sono stati inviati dati sensibili;
se non ritenga che la messa in sicurezza dei dati sensibili dei cittadini debba essere considerata prioritaria questione di Sicurezza nazionale.
(2-01041) «D'Attis, Gelmini, Sisto, Pettarin, Vietina, Maria Tripodi, Pittalis, Saccani Jotti, Fitzgerald Nissoli, Anna Lisa Baroni, Tartaglione, Giacometto, Nevi, Pentangelo, Aprea, Sandra Savino, Torromino, Rossello, Porchietto, Ferraioli, Mazzetti, Casino, Rotondi, Milanato, Rosso, Baratto, Cortelazzo, Bagnasco, Pella, Baldini, Caon, Ripani, Polidori, Labriola, Versace».
Interrogazioni a risposta scritta:
FOSCOLO, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, LAZZARINI, LOCATELLI, PAOLIN, SUTTO e TIRAMANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel corso della puntata di Striscia la notizia del 9 dicembre 2020, è andato in onda un servizio tutt'altro che rassicurante in merito alle mascherine prodotte nello stabilimento Fca di Mirafiori, distribuite presso le scuole italiane con tanto di logo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
a fronte delle segnalazioni pervenute da genitori e famiglie, che denunciavano il cattivo odore e la scadente consistenza dei dispositivi in questione, la troupe televisiva di Striscia la notizia ha sottoposto le mascherine chirurgiche ai tradizionali test e metodi di prova, selezionando tre confezioni a campione, riferibili a due lotti di produzione differenti;
le prove eseguite hanno rivelato che:
(i) il valore relativo alla capacità di filtrazione è risultato pari al 67 per cento per le mascherine riferibili al primo lotto e pari al 77 per cento per le mascherine riferibili al secondo lotto, rimanendo quindi in entrambi i casi al di sotto della soglia minima del 95 per cento stabilita dalla normativa tecnica UNI EN 14683:2019;
(ii) le mascherine riferibili al secondo lotto hanno ottenuto un valore di respirabilità di 52,6 Pa/cm2, anch'esso disallineato rispetto allo standard richiesto dalla predetta normativa (< 40 Pa/cm2);
dunque, in base ai test eseguiti dalla trasmissione, le mascherine di cui si discute, con il logo della Presidenza del Consiglio dei ministri – almeno quelle riferibili ai lotti campionati – non rispettano i requisiti minimi stabiliti dalla normativa vigente e, conseguentemente, non dovrebbero essere distribuite come mascherine chirurgiche, né al pubblico, né tantomeno agli studenti e agli alunni in ambito scolastico;
invece, risulta che le suddette mascherine siano state effettivamente distribuite in questi mesi, che le stesse riportino sulla confezione la dichiarazione di conformità alla normativa tecnica e che l'Istituto superiore di sanità ne abbia validato la conformità stessa, rilasciando parere favorevole alla produzione, commercializzazione e utilizzo, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
a fronte delle prove eseguite dalla trasmissione, Fca ha precisato che le mascherine prodotte nello stabilimento interessato vengono realizzate con i macchinari forniti dal Commissario straordinario Domenico Arcuri, con materie prime stabilite dalle autorità nazionali competenti –:
se gli organi competenti abbiano mai sottoposto ad analisi le mascherine citate in premessa e, in caso negativo, per quali ragioni dette analisi non siano state condotte, nonostante le segnalazioni che ne hanno denunciato la scadente fattura e consistenza;
se il Governo non ritenga opportuna l'esecuzione periodica di test a campione sulle mascherine chirurgiche, a prescindere dalla possibilità di ricorrere all'autorizzazione in deroga ai sensi del decreto-legge «cura Italia»;
quali controlli e provvedimenti si intendano adottare a fronte dell'esito dei test citati in premessa.
(4-07781)
DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI e CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il 17 marzo 2020 il Governo nominava il «Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19» nella persona del dottor Domenico Arcuri;
il dottor Domenico Arcuri è, dunque, a capo di una struttura che risponde direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri Conte;
la struttura diretta dal Domenico Arcuri aveva, fra gli altri, il compito di stipulare i maggiori contratti pubblici per la fornitura di materiale per il contrasto dell'epidemia;
la scelta del Governo e del Commissario Arcuri, dettata dall'urgenza, è stata quella di procedere ad acquisti massivi e senza gara d'appalto al fine di fronteggiare rapidamente le necessità dell'emergenza sanitaria;
la conclamata necessità di agire con rapidità non deve, però, sacrificare il valore della trasparenza in verità, tanto più necessario quanto più gli acquisti sono stati effettuati in deroga alle leggi ordinarie;
alla data del 17 novembre 2020, secondo i dati diffusi da Openpolis, sono stati rilevati 9.000 lotti di gara indetti dalle pubbliche amministrazioni, pari ad un importo di 14,13 miliardi di euro;
sempre alla data del 17 novembre 2020 e sempre secondo i dati diffusi da Openpolis sarebbero stati aggiudicati 5,5 miliardi di euro;
ancora i dati di Openpolis precisano che le imprese cinesi avrebbero vinto lotti del valore medio più di 50 volte maggiore rispetto a quelle italiane;
ancora i dati diffusi da Openpolis testimonierebbero che il 90 per cento degli importi aggiudicati ad aziende straniere sono andati ad imprese cinesi –:
se il Governo, sempre in termini di emergenza e anche al fine di agevolare la ricostruzione della filiera della produzione nazionale, non ritenga di privilegiare le aziende italiane;
quali siano i motivi che hanno reso meno concorrenziali le aziende italiane, europee e americane;
quali siano i singoli criteri, per ogni singolo bando vinto da aziende cinesi, che ne abbiano determinato l'esito.
(4-07785)
FIORINI, MURELLI, VINCI e CAVANDOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
durante il primo weekend di dicembre 2020 l'Italia si è ritrovata nella morsa del maltempo. Gravemente colpite sono state le regioni del Nord, tra cui anche l'Emilia-Romagna dove si sono verificati allagamenti, esondazioni e frane. Le immagini trasmesse dalle emittenti televisive hanno evidenziato la gravità degli eventi che le previsioni meteorologiche avevano previsto;
in poche ore sono stati centinaia gli interventi dei vigili del fuoco e della Protezione civile impegnati a soccorrere la popolazione, rimuovere detriti e alberi, arginare frane e intervenire a supporto di abitazioni, ma anche di negozi e aziende travolte dal fango e già duramente colpite dai danni economici della pandemia;
ad aggravare la già complicata situazione dei soccorsi non sono mancate le complicazioni legate al COVID-19, infatti, i soccorritori hanno dovuto porre maggiore attenzione ai positivi e quarantenati da isolare rispetto agli altri sfollati;
al momento, è ancora presto per stimare i danni ma secondo Coldiretti Modena, da una prima conta, sono stati coinvolti 4 mila ettari di campagne e 200 aziende agricole per la rottura dell'argine del Panaro nei pressi di Gaggio;
infatti, la mattina del 6 dicembre 2020, la falla ha provocato l'inondazione del territorio che da Castelfranco Emilia arriva a Nonantola e alle porte di Modena;
la voragine di 55 metri è stata tamponata in emergenza in attesa di un intervento risolutivo. La zona della rottura è vicina a quella di un analogo evento verificatosi il 19 gennaio 2014 che ha alluvionato Bastiglia e Bomporto. La relazione tecnica post alluvione segnalava che i rischi erano dovuti alle tane scavate dagli animali;
tecnici, esperti e comitati negli anni hanno evidenziato i rischi del nodo idraulico nel modenese ma sono rimasti inascoltati, vista la situazione attuale;
da quanto riportato da organi di stampa, le casse di espansione del Panaro, a cui manca ancora il collaudo dopo circa 40 anni dalla costruzione, non sarebbero state attivate pienamente per alleggerire la pressione sull'argine spezzato;
la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo ha presentato atti di sindacato ispettivo per evidenziare la carenza della messa in sicurezza di ponti e fiumi, in previsione delle stagioni invernali, per evitare danni a persone e a cose;
alla popolazione colpita, sia famiglie che attività produttive, oltre al supporto momentaneo, servono risarcimenti immediati per tornare quanto prima nelle abitazioni e riprendere le attività lavorative –:
quali iniziative siano state intraprese per affrontare la grave situazione di dissesto idrogeologico delle zone alluvionate e se, in seguito all'allerta, siano stati effettuati sopralluoghi nell'area coinvolta;
se l'entità dei danni causati dalla rottura dell'argine sarebbe stata inferiore con il pieno utilizzo delle casse di espansione e quale sia lo stato del procedimento di collaudo, i motivi del ritardo, il cronoprogramma e i costi, considerando anche gli eventuali ammodernamenti e adeguamenti necessari dalla progettazione ad oggi;
se le abitazioni e gli insediamenti produttivi vicini alle casse di espansione siano al sicuro da rischi di alluvione con l'utilizzo a pieno dell'opera come progettata;
se sia veritiero che siano stati alcuni cittadini castelfranchesi, trovatisi allagati al mattino, ad aver allertato le autorità e quali siano le procedure di alert verso i residenti nelle adiacenze di via Tronco a Castelfranco Emilia e a chi siano affidate;
se e quali controlli siano stati eseguiti per il controllo della fauna selvatica (nutrie e istrici) in attuazione delle norme vigenti;
se non si convenga sulla necessità di provvedere tempestivamente con interventi strutturali e periodici sui ponti e fiumi della zona, oltre che di adottare iniziative, per quanto di competenza, in ordine alle responsabilità di questo disastro che era già annunciato;
se e quali iniziative urgenti di ristoro siano state previste per le popolazioni e le attività colpite dagli eventi in premessa.
(4-07787)
SAPIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo notizie stampa, la regione Calabria starebbe per diventare «zona gialla», in virtù, si deduce, della diminuzione del rischio di trasmissione del nuovo coronavirus e della riduzione degli altri parametri base;
si tratterebbe dunque di una buona notizia, soprattutto per la salvaguardia del tessuto produttivo ed economico del territorio, già provati da risaputi impedimenti strutturali e condizionamenti ambientali; a parere dell'interrogante, però, occorrerebbe verificare i processi di raccolta e trasmissione dei dati relativi al COVID realizzati dalla regione Calabria, posto che le ordinanze ministeriali con cui vengono disposte le specifiche misure di contenimento decretate dal Presidente del Consiglio dei ministri dipendono in particolare dal quadro epidemiologico e sanitario fornito dalle singole regioni;
nello specifico, va osservato che in Calabria vi è un dirigente, che continua a operare con riferimento all'emergenza sanitaria nella regione, già delegato dalla presidente dell'ente regionale, prematuramente scomparsa; l'adozione del programma operativo COVID spetta al Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, così come la sua attuazione, secondo, peraltro, i chiarimenti resi dal direttore generale del dipartimento ministeriale della Programmazione sanitaria nazionale in audizione in Commissione affari sociali della Camera, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 150 del 2020;
a norma dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 1 del 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, detiene i poteri di ordinanza in materia di protezione civile, che può esercitare (...) per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile;
in un articolo pubblicato il 10 dicembre 2020 su «Il Fatto di Calabria», si rappresenta che, in Calabria, «l'altalena della percentuale positivi su tamponi» «scende repentinamente e “si stabilizza sul nulla” secondo alcuni ricercatori Unical»;
ivi si fa menzione di «giochi di prestigio, o di superficialità al comando, che fanno a cazzotti con la linearità della predisposizione scientifica»;
in particolare, ivi si racconta, con riferimento al 9 dicembre 2020, che «l'immenso territorio Asp di Cosenza, coincidente con la provincia, mette in conto 59 casi, presumibilmente finiti di processare il giorno prima», benché «alla sera precedente solo il laboratorio di Virologia dell'ospedale dell'Annunziata di Cosenza ne ha rintracciati 97 di positivi al Coronavirus, senza contare i tamponi molecolari dell'ospedale in tenda e quelli processati a Rossano»;
in un altro articolo, pubblicato il 10 dicembre 2020 dalla suddetta testata giornalistica, si esprimono netti dubbi sull'aggiornamento dei dati COVID dell'Asp di Cosenza rispetto a San Giovanni in Fiore;
infatti, si riferisce di «ben 337 positivi al Covid-19 il 4 dicembre, che diventano poco più di 90 soltanto 3 giorni dopo» e si riassume un'intervista Facebook del giornalista Emiliano Morrone al responsabile delle Usca della stessa azienda sanitaria, dalla quale emerge che non risulta chiaro: il perché, a fronte del dato del 4 dicembre, per il comune in questione sia stata contestualmente espressa – dall'Asp di Cosenza non si sa da chi – valutazione negativa rispetto all'ipotesi di «zona rossa» su 337 casi attivi; quanti al 7 dicembre 2020 fossero i tamponi negativi rispetto agli stessi 337 casi del 4 dicembre e quanti, sempre il 7 dicembre, fossero i pazienti in quarantena da oltre 21 giorni ufficialmente considerati guariti, né, per costoro, se sulla scorta di valutazione clinica individuale;
ivi si aggiunge che, «secondo il sindacalista Cgil Giovambattista Nicoletti, San Giovanni in Fiore doveva» invece «diventare “zona rossa”» e si legge di «pressioni politiche sui vertici delle Asp» –:
quali iniziative di competenza si intendano assumere per verificare l'attendibilità dei dati sul COVID-19 relativi alla regione Calabria e per assicurare la puntuale gestione dell'emergenza sanitaria e del Programma operativo COVID nel territorio calabrese.
(4-07790)
CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
come emerso a mezzo stampa e da inchiesta della testata Il Sole 24 ore, ma anche come denunciato da numerosi professionisti ed associazioni di categoria, l'abolizione del Tributo per i servizi indivisibili (Tasi), operato con la legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha costretto i comuni ad alzare le aliquote dell'Imu per tenere invariate le entrate a bilancio;
per evitare la ricerca di una copertura finanziaria per il mancato gettito dovuto all'abolizione della Tasi, la norma ha concesso ai comuni un più ampio margine di determinazione dei canoni Imu, di fatto scaricando sugli enti locali le conseguenze di tale normativa;
come rilevato a mezzo stampa, l'abolizione della Tasi ha visto un conseguente e proporzionale incremento dell'Imu;
l'abolizione disposta con la legge di bilancio per il 2020, peraltro, doveva essere antesignana di una semplificazione normativa per il pagamento dei tributi locali, che avrebbe dovuto avere luogo con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro giugno 2020;
a causa della crisi da COVID-19, tale semplificazione normativa non ha avuto luogo e le risorse economiche dei comuni italiani, nonostante le forme di ristoro e redistribuzione delle risorse disposte dal Governo, si sono assottigliate, mettendo in particolare crisi i piccoli comuni e in modo ancora più particolare gli enti in dissesto;
di proroga in proroga, il termine per la pubblicazione delle delibere Imu sul portale del Ministero dell'economia e delle finanze del federalismo fiscale è slittato a dopo il 16 dicembre 2020, data entro la quale i contribuenti devono saldare l'imposta per l'anno 2020, risultando in un appuntamento fiscale entro il 28 febbraio 2021 per un eventuale conguaglio del saldo di dicembre 2020;
è evidente che – anche in luce di tutte le difficoltà affrontate dai comuni a seguito della crisi da COVID-19 – il peso della discrasia normativa delineata in questa premessa non può ricadere sulle amministrazioni comunali, le quali, particolarmente per quanto attiene ai piccoli comuni, faticano a mantenere il proprio personale ed i servizi ai cittadini, anche alla luce di un turbolento susseguirsi di imprevisti e necessità – dovuti alla pandemia – che per loro natura sono difficilmente prevedibili con i provvedimenti del Governo, obbligando i predetti enti locali a provvedere come possono per sostenere le proprie comunità –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per:
a) fornire apposite misure di ristoro e sostegno per i bilanci dei comuni italiani oltre a quanto già disposto, con particolare considerazione dei piccoli comuni e degli enti in dissesto;
b) risolvere la discrasia normativa di cui alla presente premessa senza determinare una riduzione delle risorse in carico ai comuni, anche prevedendo una copertura per l'abolizione della Tasi di cui in premessa, onde evitare ripercussioni su cittadini ed amministrazioni comunali;
c) riformare la disciplina in materia di personale dei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti in modo da garantire l'erogazione di servizi ai cittadini ed alle comunità mediante l'introduzione di parametri aggiuntivi (come estensione territoriale, chilometraggio delle strade comunali e numero di immobili presenti sul territorio comunale) rispetto al solo parametro del limite della spesa storica, assicurando inoltre la presenza di un contingente minimo di personale anche in situazioni di dissesto e bilanci non in equilibrio.
(4-07792)
D'ATTIS, SISTO, LABRIOLA e ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
i dati sulla diffusione del contagio da Covid-19 in Puglia mostrano con tutta evidenza una situazione ormai fuori controllo;
la percentuale dei tamponi positivi in Puglia resta più alta della media nazionale, le vittime da Covid-19 da marzo 2020 ad oggi hanno superato le 1.800 e resta la forte pressione sugli ospedali;
quella che appare all'interrogante la fallimentare gestione da parte del presidente della regione, Michele Emiliano, mostra la necessità di procedere tempestivamente alla nomina di un Commissario che possa agire nell'esclusivo interesse dei cittadini adottando interventi mirati per garantire la salute degli stessi, abbandonando la mera logica del consenso;
di fronte a queste evidenze, ad avviso dell'interrogante è inspiegabile la zona di rischio gialla riconosciuta dal Governo alla regione –:
se il Governo non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per intraprendere le opportune iniziative al fine di dare corso all'attivazione del potere sostitutivo rispetto alla gestione dell'emergenza sanitaria nella regione Puglia, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione.
(4-07815)
MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il cosiddetto Recovery Plan dovrebbe essere un'importante opportunità per la Sicilia permettendo la realizzazione di diversi progetti ritenuti «di largo respiro» e di vitale importanza per l'economia dell'isola;
in diverse occasioni il Governo ha parlato della ripartenza dell'economia italiana e questo poteva essere possibile anche con interventi concreti per lo sviluppo dei territori e di quelle realtà rimaste più indietro che, soprattutto in questo momento di emergenza sanitaria non riescono a risollevarsi; dai primi documenti circolati non risulta che nel Recovery Plan vi siano progetti importanti per la Sicilia (ad esempio quello del Ponte sullo Stretto di Messina, come anche il completamento delle autostrade Siracusa-Gela e Ragusa-Catania);
la scelta di non includere opere come quelle predette taglia di fatto la Sicilia fuori da ogni tipo di sviluppo infrastrutturale –:
se non sia necessario ricomprendere nel Recovery Plan le opere ritenute fondamentali per lo sviluppo della regione Siciliana e quali siano le ragioni del mancato inserimento, allo stato, delle suddette opere per il rilancio dell'isola;
se si intenda prevedere un confronto con le istituzioni siciliane per individuare le opere strategiche cui indirizzare parte delle risorse del Recovery Plan.
(4-07820)
ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in data 15 aprile 2020, l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo (4-05228), rappresentando il problema del digital divide, in particolare per la didattica a distanza, evidenziando una grave situazione di disparità tra regioni del Nord e quelle del Sud dell'Italia;
secondo l'ultimo rapporto Istat infatti «Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi» la percentuale di famiglie senza computer supera il 41 per cento nel Mezzogiorno, con Calabria e Sicilia in testa (rispettivamente al 46 per cento e 44,4 per cento), diversamente dalle altre aree del Paese nelle quali si attesta attorno al 30 per cento;
nel citato atto di sindacato ispettivo, che a tutt'oggi non ha ancora avuto una risposta da parte dei Ministri interrogati, si evidenziava la necessità di avviare un piano per implementare la scuola digitale, al di là di questo ormai perdurante momento emergenziale, predisponendo una piattaforma per le attività didattiche on line e un piano di formazione per i docenti, al fine di consentire omogeneità di preparazione ed effettiva attuazione del diritto di eguaglianza (articolo 3 della Costituzione) in relazione al diritto allo studio (articoli 33 e 34 della Costituzione);
trascorsi ormai 7 mesi e perdurante lo stato emergenziale, il Governo non ha ancora adottato iniziative per assicurare una maggiore e adeguata diffusione di idonei dispositivi informatici presso i nuclei familiari del Mezzogiorno e una sufficiente e uniforme connettività su tutto il territorio nazionale, così garantendo la sostanziale eguaglianza in relazione al diritto all'istruzione degli studenti;
i dati elaborati a seguito di una ricerca condotta da Coldiretti Puglia, rilevano che, in particolare in Puglia, quasi una famiglia su due (il 43 per cento) che vive nelle aree rurali non dispone di una connessione a banda larga, con difficoltà quindi di accesso alle lezioni on line di alunni e studenti con i propri insegnanti, con lo stop alle lezioni in presenza disposte dall'ordinanza regionale;
secondo tale ricerca, la situazione peggiora ulteriormente se si considera la banda ultra larga, ferma al 15,1 per cento a fronte di una media nazionale del 45,4 per cento, che solo nel 2021 sarà al 23 per cento di copertura, a fronte di una media nazionale del 53,2 per cento;
«L'utilizzo di internet – dichiara Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia – deve essere promosso e sviluppato in maniera più forte e incisivo in Puglia, da sempre caratterizzata dal digital divide tra città e campagna dove le nuove tecnologie sono uno strumento indispensabile per far esplodere le enormi risorse che il territorio può offrire»;
la disponibilità di accessi internet ad alta capacità per consentire la didattica on line è importante anche per ridurre l'isolamento delle aree rurali e al tempo stesso rendere più efficaci le misure anti contagio, riducendo la necessità che dalle zone di campagna ogni giorno i ragazzi si spostino su autobus e treni locali per raggiungere i centri più grandi, considerate anche le attuali limitazioni agli spostamenti imposte dai recenti provvedimenti governativi –:
quali iniziative il Governo intenda assumere tempestivamente al fine di garantire un'adeguata diffusione di idonei dispositivi informatici presso i nuclei familiari del Mezzogiorno e una sufficiente e uniforme connettività su tutto il territorio nazionale.
(4-07823)
LOLLOBRIGIDA, PRISCO e ALBANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Corriere Adriatico in data 25 novembre 2020, l'Inps Marche avrebbe avviato una maxi indagine sui redditi di cittadinanza percepiti da soggetti poi resisi irreperibili, senza la possibilità concreta di verificare la sussistenza in capo agli stessi della situazione economica che aveva reso possibile la erogazione del contributo, e spesso neppure la effettiva permanenza dei medesimi beneficiari della misura nell'ambito del territorio nazionale;
una parte dei soggetti di cui sopra, rientrerebbero tra quelli ai quali è stato concesso asilo politico nell'ambito dei programmi Siprar e Siproimi, ovvero del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati;
nel campione di 600 pratiche all'esame degli ispettori dell'Inps della regione Marche, risulterebbe che la quota dei soggetti provenienti dai programmi di protezione percettori del reddito di cittadinanza e poi resisi irreperibili sia pari a circa il dieci per cento delle situazioni esaminate, dato certamente significativo e non trascurabile;
sempre secondo quanto riportato in data 25 novembre 2020 dal Corriere Adriatico, il direttore dell'Inps Marche Fabio Vitale avrebbe scritto ai comuni chiedendo collaborazione ai servizi sociali delle pubbliche amministrazioni perché il sostegno vada a chi ha bisogno e non a chi appartiene a organizzazioni criminali;
in molti casi, l'Inps Marche avrebbe scoperto che, nelle domande, non compariva il requisito dei dieci anni di residenza in Italia, anche non continuativa, e degli ultimi due anni di residenza continuativa;
sempre secondo quanto riportato dalle fonti di stampa, secondo le indagini in corso, la stessa difficoltà nella compilazione delle domande per accedere al reddito di cittadinanza ed entrare in possesso della «tessera gialla» potrebbe indurre a pensare che ci possano essere organizzazioni criminali a monte capaci di gestire le pratiche per conto degli immigrati;
le verifiche di cui sopra starebbero riguardando anche i certificati di residenza, gli stati di famiglia e la titolarità delle abitazioni in cui alloggiano od alloggiavano i percettori del reddito –:
se il Governo intenda chiarire con urgenza a quanto ammonti esattamente il numero di stranieri giunti in Italia nell'ambito dei programmi Siprar e Siproimi di accoglienza e protezione internazionale, che godano del diritto di asilo e che percepiscano il reddito di cittadinanza;
quali siano le verifiche compiute circa la permanenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi in capo ai suddetti beneficiari, per continuare a godere del reddito di cittadinanza, e il numero di revoche della misura eventualmente disposto anche in relazione alla successiva comprovata irreperibilità dei soggetti beneficiari;
quali iniziative siano state disposte o si vorranno prendere con la massima urgenza, anche in raccordo con le competenti sedi territoriali dell'Inps ed in collaborazione con le forze dell'ordine e gli enti locali interessati, per implementare le suddette verifiche nell'interesse del corretto funzionamento e della trasparenza dell'amministrazione, e per la prevenzione di possibili fenomeni criminosi connessi al godimento «sine titulo» del reddito di cittadinanza.
(4-07824)
POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
giovedì 3 dicembre 2020 un tribunale federale belga ha tenuto la seconda sessione di un processo per terrorismo che vede coinvolto Assadollah Assadi, un diplomatico iraniano, per il quale è stata richiesta la pena di 20 anni di carcere dal pubblico ministero il 27 novembre 2020;
Assadi è accusato di aver pianificato un attentato, poi sventato, ai danni del Mek – un gruppo di opposizione al regime iraniano – che si sarebbe radunato a Parigi il 30 giugno 2018 alla presenza di Rudy Giuliani, consigliere del presidente americano uscente Donald Trump;
secondo l'intelligence francese e quella belga, Assadi è una figura di rilievo nel sistema di intelligence della Repubblica islamica all'estero: infatti, l'uomo sembrerebbe responsabile delle operazioni di spionaggio nell'Europa meridionale;
in sede di interrogatorio, Assadi ha confermato la presenza di numerosi gruppi terroristici – sostenuti dall'Iran – in tutto il Medio Oriente i quali sarebbero stati, a suo avviso, pronti a organizzare nuovi attentati in Occidente se il Belgio, durante il processo, non lo avesse scagionato;
si tratta del primo caso in cui un Paese europeo processa un funzionario del corpo diplomatico per terrorismo;
a prescindere dalla specifica linea d'azione che la comunità internazionale riterrà appropriata, le pene detentive per Assadi e i suoi complici potrebbero essere il punto d'avvio per la definizione di un sistema sanzionatorio, a livello di europeo, in grado di scoraggiare l'attività terroristica –:
se il Governo intenda intraprendere iniziative affinché, a livello europeo, siano previste politiche più rigorose volte a prevenire e contrastare le attività terroristiche di matrice islamica che costituiscono una seria minaccia per la pace e la sicurezza del mondo occidentale, nonché ad assicurare il rispetto da parte della Repubblica Islamica dell'Iran degli impegni assunti anche in trattati internazionali in materia di lotta al terrorismo, di tutela delle minoranze, di rispetto dei diritti umani, di non proliferazione, di abolizione della tortura, di trattamento dei prigionieri politici.
(4-07825)
CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il Ministro Speranza, il 2 dicembre 2020, è intervenuto alla Camera dei deputati per rendere comunicazioni sulle ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza da Covid-19, e ha affermato che: «La distribuzione dei vaccini, in particolare quelli relativi alla catena del freddo standard, avverrà con il coinvolgimento delle Forze armate», «con l'aumento delle dosi di vaccino si inizierà a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di popolazione, fra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali, quali, anzitutto, gli insegnanti, il personale scolastico, le Forze dell'ordine, il personale delle carceri [...]» ed infine che «Il confezionamento dei vaccini multidose richiede l'acquisizione di un adeguato numero di siringhe, aghi e diluente»;
con la sentenza del Consiglio di Stato n. 07564/2020 Reg. Prov. Coll. n. 07246/2019 Reg. Ric. in sede giurisdizionale, la Sezione Quarta ha affermato che: «Il militare, invero, ha il dovere giuridico di esporsi al pericolo: recato dalle forze nemiche [...] – rinveniente dagli svariati rischi inevitabilmente connessi con l'uso [...] – intrinseco alle attività addestrative; – conseguente all'ontologica insidia recata dalla permanenza fisica in contesti operativi instabili, in quanto, benché formalmente pacificati, siano ancora percorsi da forti elementi di frattura dell'ordinaria esistenza civile (ragion per cui vengono, appunto, inviati militari e non semplice personale civile). Tale dovere, tuttavia, non può essere inteso come base per affermare che sul militare gravi ogni tipo di rischio comunque conseguente alla sua presenza fisica nel teatro di operazioni. [...] il rischio non stricto sensu bellico, ove non implausibile, può e deve essere previsto, circoscritto e prevenuto, nei limiti del possibile, dall'Amministrazione»;
la Commissione di inchiesta sull'uranio impoverito e sui vaccini della 17a Legislatura ha convintamente affermato che «nell'ottica della eliminazione o quantomeno della massima riduzione del rischio di effetti negativi conseguente all'uso di vaccini in dosi multiple, raccomanda l'utilizzo di vaccini monodose» e ancora che «[...] tale modalità di inoculazione appare, dunque, la più corretta per evitare l'insorgere di reazioni avverse»;
il vice-presidente pro tempore della suddetta Commissione, onorevole Catalano, nella conferenza stampa del 7 febbraio 2018, ha ribadito questa raccomandazione informando il Governo e la pubblica opinione del problema della fornitura di vaccini multidose;
con numerose interrogazioni, tra cui 4-05185, 4-05226 e 4-07476 l'interrogante ha già posto al Governo le sue considerazioni in merito alla sicurezza e alla non eticità della sperimentazione, in quanto trattasi di vaccini che utilizzano una nuova tecnologia quali i vettori mRNA e Adenovirus Ogm, per trasportare l'informazione genetica che trasforma il nostro organismo in una fabbrica di vaccini, più che a renderlo direttamente immune, come sostenuto anche da Matti Sällberg del Karolinska Institutet svedese. Le complicazioni di questa tecnologia non sono state opportunamente studiate indipendentemente dalla comunità scientifica;
recentemente la Corte di Cassazione ha confermato il nesso di causalità tra quelle vaccinazioni e il decesso di Fabio Mondello, un volontario in ferma breve dell'Esercito, affermando: «l'alta probabilità statistica che il considerevole numero di vaccinazioni somministrate in brevissima sequenza temporale abbia causato o comunque favorito la malattia acuta letale. Il nesso di causalità è un punto fermo sotto il profilo medico, legale e scientifico»;
il principio di precauzione ispira una condotta cautelativa per quanto riguarda le decisioni politiche sulla gestione delle questioni scientificamente controverse;
il principio latino «Primum non nocere» ovvero «per prima cosa, non nuocere», afferma che per scegliere una terapia, bisogna innanzitutto non arrecare danno al paziente e per questo, tra i trattamenti possibili, va sempre privilegiato quello che ha meno controindicazioni;
sia i militari che i civili sono già esposti al relativo obbligo vaccinale –:
quali garanzie il Governo possa dare in merito a quanto esposto in premessa e alle criticità evidenziate e se non intenda prevedere di sospendere temporaneamente la somministrazione del vaccino Covid-19.
(4-07827)
RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il lancio del razzo «Vega» da parte della Arianespace, commissionato dall'Agenzia spaziale europea, è fallito dopo otto minuti dal decollo in seguito alla deviazione del vettore dalla rotta stabilita e alla sua caduta nel Mar Artico;
secondo le dichiarazioni dell'amministratore di Arianespace, la perdita del vettore «Vega» è stata dovuta ad «un'anomalia durante l'assemblaggio del vettore», ma vi è il sospetto che si sia trattato di un sabotaggio: Arianespace e l'Agenzia spaziale europea hanno dichiarato, infatti, di voler costituire una commissione di inchiesta indipendente incaricata di fornire evidenza dettagliata che spieghi le ragioni per le quali non sono state prese le misure necessarie per identificare e correggere l'errore di integrazione;
il giorno dell'incidente, il titolo di Avio spa ha perso il 16 per cento del valore in Borsa divenendo un bersaglio vulnerabile a possibili scalate ostili;
nel triennio 2020-2022 l'Italia è stato il terzo contribuente al bilancio dell'Agenzia spaziale europea ed ha raddoppiato il suo stanziamento, portandolo a 2 miliardi e 288 milioni di euro;
la votazione per la nomina del successore dell'attuale direttore generale dell'Agenzia spaziale europea, il tedesco Wörner, è avvenuta il 24 novembre 2020 con la vittoria dell'austriaco Aschbacher, la cui nomina ufficiale dovrebbe avvenire entro dicembre 2020;
le probabilità di un candidato italiano sono state dissipate dalla presentazione di due candidature, gli astrofisici Di Pippo e Battiston, con l'effetto di disperdere i voti, e, poi, ritirate con la decisione del Governo italiano di sostenere la candidatura di Aschbacher;
la conferma della nomina di Aschbacher libererà il posto da esso attualmente ricoperto di direttore del centro dell'Agenzia spaziale europea per l'osservazione della Terra con sede a Frascati e altri posti di direttore di dipartimento;
il centro dell'Agenzia spaziale europea Esrin di Frascati è forse il più importante tra i cinque centri dell'Agenzia spaziale europea, svolgendo, oltre alle attività di osservazione della Terra, altre numerose attività strategiche, ma, nonostante ciò, la sua esistenza sarebbe a rischio;
Avio spa è una società internazionale leader nello sviluppo e nella produzione di lanciatori spaziali e sistemi di propulsione; ha cinque stabilimenti industriali, di cui tre in Italia, ed impiega circa 1.000 dipendenti; è il primo appaltatore per il programma Vega e un sub-appaltatore per il programma Ariane, entrambi finanziati dall'Agenzia spaziale europea, ponendo l'Italia nel limitato novero dei Paesi in grado di produrre una navicella spaziale nella sua interezza;
nel 2013 Avio spa ha venduto la sua divisione aeronautica all'americana General electric, divenendo Avio Aero –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per accertare le cause del fallimento della missione VV17 e, in particolare, quali iniziative intenda assumere se si dovesse accertare che l'incidente è stato il risultato di un'azione di sabotaggio ai danni del vettore «Vega» o di altre apparecchiature di produzione italiana;
per quali motivazioni il Governo abbia presentato due candidature italiane per il posto di direttore generale dell'Agenzia spaziale europea, compromettendo in tal modo le possibilità di nomina di un candidato italiano, e se intenda porvi rimedio;
se sia stato approntato un piano finalizzato alla nomina di un candidato italiano alla direzione del centro dell'Agenzia spaziale europea Esrin di Frascati e delle altre direzioni dell'Agenzia spaziale europea di prossima scadenza;
quali azioni il Governo intenda intraprendere al fine di assicurare che il centro Esrin di Frascati non venga cessato o trasferito, ma sviluppato in funzioni e risorse;
quali siano le linee strategiche ed operative adottate dal Governo per la difesa e lo sviluppo degli interessi strategici, tecnologici, industriali e occupazionali del settore spaziale italiano;
se, per quanto di competenza, risulti al Governo che vi siano piani per l'acquisizione di Avio Aero da parte di un soggetto del settore aeronautico o spaziale italiano o da parte di un investitore finanziario italiano.
(4-07828)
SILLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
la cosiddetta «seconda ondata» della pandemia da COVID-19 ha determinato la necessità di predisporre nuove misure restrittive;
tali misure restrittive hanno comportato la limitazione della libertà di movimento delle persone, circoscritta alla sussistenza di specifici e comprovati motivi;
le misure hanno, altresì, inciso sul settore del commercio, stabilendo la chiusura dei centri commerciali, almeno, nei giorni festivi e prefestivi;
è evidente che le misure restrittive comportano un notevole calo del giro di affari delle attività del commercio;
per far fronte a tale calo, il Governo ha predisposto, ad oggi, 4 decreti-legge volti a prevedere misure di ristoro per le attività danneggiate, individuate attraverso i codici Ateco;
è emersa, sin da subito, l'esclusione dai ristori di molteplici settori del commercio. Ha avuto notevole risonanza, in particolare, l'esclusione del settore del commercio di calzature;
proprio per tali ragioni, con il susseguirsi dei decreti-legge «ristori», il Governo ha tentato di completare il novero delle attività del commercio, al fine di garantire a tutti il giusto sostegno;
ad oggi, tuttavia, permane la rilevante (ed avviso dell'interrogante ingiustificata) esclusione dai ristori del codice Ateco 477130, relativo al «commercio biancheria, camiceria e maglieria»;
il settore, invero, è composto sovente da piccole attività familiari, che si sono viste private (soprattutto, ma non solo, nelle regioni in cui sono applicate le misure più restrittive) di gran parte delle risorse necessarie al proprio sostentamento;
inoltre, le attività che si occupano della commercializzazione di tali articoli non sono che lo sbocco finale di una filiera molto importante dal punto di vista economico, che rappresenta altresì una bandiera del made in Italy;
il settore, peraltro, non è certo insignificante dal punto di vista occupazionale e, dunque, la definitiva chiusura di tali attività non può che avere effetti negativi dal punto di vista della perdita di numerosi posti di lavoro;
la problematica è stata sottolineata, altresì, dalla Confcommercio di Grosseto, che ha sollecitato la definizione di indennizzi anche per le categorie ancora escluse dalle misure di sostegno economico, in particolare i negozi di camicie e maglierie –:
se sia intenzione del Governo adottare iniziative volte a porre tempestivamente rimedio all'esclusione segnalata in premessa, prevedendo che in particolare alle attività di cui al codice Ateco 477130 («commercio biancheria, camiceria e maglieria») venga riconosciuto un sostegno, sotto forma di contributo a fondo perduto, in ragione delle conseguenze negative delle misure restrittive in vigore.
(4-07830)
RAMPELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
il 31 gennaio 2020 il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza, che consente alle amministrazioni centrali di snellire molte procedure burocratiche e approvvigionarsi in tempi più rapidi delle forniture necessarie per il contenimento dei contagi da COVID-19, procedendo con acquisti massivi e senza gara d'appalto;
la gestione di un periodo così delicato è passata subito al dipartimento della Protezione civile, che fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e il 17 marzo 2020 il Governo ha nominato Domenico Arcuri Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19;
come monitorato da Openpolis.it, la pubblica amministrazione ha indetto, alla data del 17 novembre 2020, ultima data di aggiornamento dell'osservatorio sui bandi COVID, 9.000 lotti di gara del valore complessivo di 4,73 miliardi di euro, dei quali «1,7 miliardi (il 36,2 per cento) è stato assegnato a imprese non italiane. Più del 90 per cento di questi importi sono stati vinti da imprese cinesi, che hanno fornito soprattutto mascherine e altri dispositivi di protezione individuale, principalmente nei primi mesi dell'emergenza»;
in particolare, le aziende cinesi, con 1,57 miliardi di euro di bandi aggiudicati, pari al 91,7 per cento del totale, hanno fornito prodotti relativi a «mascherine e altre protezioni» (il 99,44 per cento del totale), «trasporto e movimentazione» (0,34 per cento) e «terapia intensiva, rianimazione e farmaci» (0,22 per cento);
alle aziende cinesi seguono le aziende sudcoreane, che si sono aggiudicate un importo totale di 29.050.000 euro, quelle americane (28.818.202), di Hong Kong (25.161.396), tedesche (25.088.620) e del Regno Unito (10.338.000);
come si legge nelle faq del sito dell'Osservatorio sui bandi pubblici COVID-19, il Governo non fornisce tutti i dati necessari: «Il commissario Arcuri ha più volte annunciato l'imminente pubblicazione di tutti i dati sugli acquisti effettuati, ma ad oggi è un impegno disatteso»;
al di là degli aspetti giuridici, c'è un profilo di opportunità, non certamente marginale, considerato che la crisi sanitaria, oltre alla scia di vittime che ha lasciato, è esplosa in una drammatica crisi economica e sociale e il buonsenso avrebbe voluto che le enormi cifre gestite dal Governo avrebbero potuto essere messe a disposizione delle aziende italiane, sostenendo gli investimenti per la riconversione e per la produzione nazionale di tutto ciò che serviva a gestire l'emergenza;
in un momento di crisi economica come quella attuale i bandi pubblici relativi all'emergenza avrebbero potuto dare una boccata di ossigeno alle imprese italiane;
e non solo, perché la Cina, durante questa emergenza pandemica, ha rifornito numerosi Stati, forse per spirito di solidarietà, ma certamente ad avviso dell'interrogante per una strategia politica ben precisa: lo sdoganamento del concetto di «Via della Seta medica» per sfruttare, dal punto di vista geopolitico, la sua vittoria contro il COVID-19, sull'origine del quale permangono, peraltro, molti dubbi e opacità proprio in capo a Pechino –:
se i fatti di cui in premessa corrispondano al vero e per quali motivazioni non si sia scelto di mettere a disposizione delle aziende italiane le risorse gestite dal Governo per l'emergenza sanitaria da COVID-19 per consentirne la riconversione e metterle in condizione di poter produrre il fabbisogno nazionale;
se sia vero e per quali motivazioni ad oggi non siano stati ancora pubblicati tutti i dati sugli acquisti effettuati per far fronte all'emergenza sanitaria da COVID-19 e se non ritenga di dovervi provvedere.
(4-07831)
ILARIA FONTANA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. – Per sapere – premesso che:
la discarica di Roccasecca (Frosinone) è stata recentemente oggetto di tre ampliamenti che hanno richiesto deliberazioni del Consiglio dei ministri per superare il dissenso espresso dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nelle conferenze dei servizi istruttorie dell'ente responsabile dell'autorizzazione ambientale, la regione Lazio;
il dissenso del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è sempre stato dovuto alla non compatibilità dell'ampliamento con la tutela delle aree soggette a vincolo paesaggistico nella zona della discarica;
con prima deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2019, l'ampliamento generato dall'autorizzazione alla sopraelevazione della discarica da parte della Regione Lazio è stato parzialmente ridotto, ponendo inoltre 14 mesi di tempo per sfruttare le volumetrie;
con successiva deliberazione del Consiglio dei ministri del 20 aprile 2020, la riduzione di capacità di discarica imposta nella precedente deliberazione è stata revocata spostandone anche il termine di esercizio al 31 dicembre 2020;
con l'ultima deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 novembre 2020, è stato infine superato il dissenso del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per l'ampliamento del quinto invaso di discarica, che aveva ricevuto parere favorevole in valutazione di impatto ambientale da parte della regione Lazio;
tali deliberazioni sono state assunte in base a quanto previsto dagli articoli 14-quater e 14-quinquies della legge n. 241 del 1990. La necessità di procedere nel senso espresso dalle deliberazioni è stato giustificato dalle situazioni emergenziali nella gestione dei rifiuti urbani che potevano scaturire dal mancato ampliamento della discarica in oggetto;
l'ultima deliberazione del 4 novembre 2020 riguarda un procedimento di valutazione di impatto ambientale fermo da anni e concluso nel 2019 in virtù della ridefinizione di alcuni vincoli paesaggistici nel nuovo piano territoriale paesistico regionale. Il Consiglio dei ministri, tuttavia, con deliberazione del 6 aprile 2020, aveva deciso di impugnare il nuovo piano territoriale paesistico regionale presso la Corte costituzionale;
la Corte costituzionale ha annullato il piano territoriale paesistico regionale il 17 novembre 2020 con sentenza n. 240, alla luce del mancato pieno coinvolgimento dello Stato su una materia concorrente. Proprio le modifiche apportate a detto piano rientravano tra i motivi di dissenso espressi dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in sede di conferenza dei servizi;
nella Convenzione europea del paesaggio, all'articolo 5 (provvedimenti generali), è stabilito che ogni Parte si impegna a riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità;
la raccomandazione CM/Rec(2017)7 del 27 settembre 2017 del Consiglio d'Europa ha raccomandato ai Paesi che hanno ratificato la Convenzione europea del paesaggio di considerare l'importanza del paesaggio nei lavori dedicati ai diritti umani e alla democrazia con attenzione allo sviluppo sostenibile, ad applicare i principi dei diritti umani e di democrazia nelle politiche del paesaggio e ad implementare il principio di non regressione;
le disposizioni generali del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) stabilisce che nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione la tutela del Paesaggio consiste «nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione» –:
se tale uso ripetuto della procedura di cui all'articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 sia coerente con i principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
se il perpetuato superamento dei vincoli presenti nell'area della discarica di Roccasecca sia in contrasto con la Convenzione europea del paesaggio e con la raccomandazione del 27 settembre 2017 del Consiglio d'Europa citata in premessa.
(4-07833)
MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
nei quotidiani degli ultimi giorni si riporta la notizia che la Cina avrebbe avviato una vera e propria campagna di disinformazione circa la reale origine del virus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia mondiale ancora in corso, creando, come evidenziato da la Repubblica, «una narrazione che considera solo metà dei fatti, che strumentalizza studi e dichiarazioni di ricercatori stranieri per avvalorare un'ipotesi possibile in linea teorica ma giudicata poco attendibile dalla comunità scientifica. Che sia stato “importato” dall'estero, magari dai Paesi che dicono di aver rilevato i casi più vecchi, come l'Italia»;
in seguito alla diffusione dello studio di un gruppo di ricercatori dell'Università di Milano, che ha rivelato che tracce di coronavirus sarebbero state trovate sul tampone fatto a un bambino milanese ammalatosi il 21 novembre 2020, i media di regime cinesi stanno approfittando dell'informazione che formulare ulteriori accuse nei confronti dell'Italia e il giornale nazionalista Global Times si è spinto sino a chiedere che la Lombardia sia inserita nell'indagine dell'Organizzazione mondiale della sanità sulle origini del patogeno, al pari di Wuhan e dello Hubei;
al contrario di quanto stanno tentando di affermare, la realtà è che non solo con ogni probabilità il virus è davvero originato in Cina ma che proprio la Cina ha pesanti responsabilità nella gestione delle fasi iniziali della pandemia, le quali, unite all'accettazione acritica della versione cinese da parte del direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, hanno fatto sì che la dichiarazione di pandemia sia intervenuta quando erano già passati quattro mesi dal primo contagio;
le autorità cinesi inizialmente hanno negato l'epidemia, giungendo, addirittura, a incarcerare i medici che tentavano di dire la verità sulla pericolosità del virus, e, nonostante il primo caso accertato risalga al 17 novembre 2020, ha ritenuto di avvisare l'Organizzazione mondiale della sanità solo il 31 dicembre 2019 e solo dopo il 20 gennaio 2020 hanno finalmente ammesso il contagio da uomo a uomo;
secondo l'interrogante i ritardi con i quali le autorità cinesi hanno agito sia in ambito nazionale quanto internazionale, pur di non assumersi la responsabilità di quanto stava accadendo, hanno causato danni incalcolabili al mondo intero, sia in termini di perdita di vite umane, sia sotto il profilo economico e produttivo;
in uno studio dell'Università di Southampton dal titolo «Effetto di interventi non farmaceutici per contenere l'epidemia COVID-19 in Cina» si afferma chiaramente che «se in Cina si fossero condotti gli interventi di distanziamento sociale una settimana, due settimane o tre settimane prima, i casi avrebbero potuto essere ridotti rispettivamente del 66 per cento, 86 per cento e 95 per cento, insieme a una riduzione significativa del numero di aree colpite» –:
quali iniziative intenda assumere nelle competenti sedi internazionali al fine di tutelare l'Italia dalle incredibili accuse cinesi e per velocizzare le procedure d'indagine volte a fare chiarezza su quello che è accaduto rispetto all'origine del virus e alla sua primissima diffusione.
(4-07837)
DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la cooperativa sociale è un particolare tipo di società cooperativa che gestisce servizi socio-sanitari ed educativi finalizzati all'inserimento nel mercato del lavoro di persone svantaggiate la cui funzione sociale deve avere carattere di mutualità;
ai soci lavoratori delle società cooperative, in caso di accertata invalidità civile o stato di disabilità, si applicano i benefici previsti dalla legge n. 104 del 1992 tra i quali il diritto a 3 giorni di riposo al mese (anche frazionabili in ore) o riposi giornalieri di una o due ore;
con il decreto n. 18 del 2020 – cosiddetto «Cura Italia» – prima, e con il decreto n. 34 del 2020 – cosiddetto «Rilancio» – poi, è stato previsto l'incremento del numero di giorni di riposo previsti da 3 a 9 per mese, modifica temporanea atta a tutelare i soggetti più a rischio a causa dell'emergenza sanitaria;
per alcune categorie di cooperative non è previsto l'accesso alla cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria e sono destinatarie del Fondo integrazione salariale che comprende tutti i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti, e che appartengono a settori nell'ambito dei quali non sono stati stipulati accordi per l'attivazione di un Fondo di solidarietà bilaterale o di un Fondo di solidarietà bilaterale alternativo;
in particolare, il Fondo integrazione salariale può erogare un assegno ordinario o straordinario. Il primo ha durata massima di 26 settimane di un biennio mobile e, di conseguenza, numerosi lavoratori, pur non essendo stati ancora reintegrati nel posto di lavoro o avendo subito una riduzione dell'orario di lavoro, non ricevono alcun tipo di sostegno economico –:
se il Governo sia a conoscenza della situazione fin qui riportata e se intenda assumere iniziative affinché siano introdotte misure di sostegno economico per tutelare i lavoratori diversamente abili.
(4-07840)
MURELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 3 dicembre 2020, ha introdotto nuove disposizioni per il contrasto e il contenimento del contagio da COVID-19, applicabili per il periodo compreso tra il 4 dicembre 2020 e il 15 gennaio 2021;
nel disciplinare le restrizioni in vigore in tale periodo, il provvedimento ha disposto, all'articolo 1, comma 10, lettera ff) la chiusura nelle giornate festive e prefestive degli esercizi commerciali presenti all'interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili;
questa dicitura, che non trova una immediata corrispondenza nel vigente quadro normativo in materia di commercio, ha creato numerose incomprensioni e difficoltà interpretative, che non hanno trovato chiarimenti soddisfacenti da parte delle istituzioni, né a livello locale né tantomeno a livello nazionale;
a quanto risulta all'interrogante, il 5 dicembre 2020 è stata diramata una circolare dell'ufficio di gabinetto del Ministero dell'interno che, nel tracciare in maniera più sistematica l'elenco delle limitazioni introdotte dal nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, senza offrire novelle interpretative, ricomprende nella limitazione di cui alla lettera ff) anche le aggregazioni di esercizi commerciali;
tale estensione della limitazione sembra del tutto ingiustificata e troverebbe spiegazione solo in un errore di trascrizione della lettera ff) che, a parere dell'interrogante, potrebbe basarsi sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri circolante nelle ore immediatamente antecedenti alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
questo cortocircuito informativo non ha fatto altro che creare ulteriore incertezza, specialmente tra le strutture che operano a cielo aperto, attualmente – indipendentemente dalla loro classificazione tecnica – non in grado di determinare con chiarezza se sono ricomprese oppure no nel perimetro di applicazione di una disposizione che, se perdurasse la sua applicazione nel periodo natalizio, potrebbe causare perdite che possono raggiungere oltre il 50 per cento del fatturato;
tali strutture, infatti, fin dall'inizio della pandemia, si sono organizzate e hanno investito risorse per adeguarsi ai vigenti protocolli di sicurezza e, nella maggior parte dei casi, offrono dei servizi di sicurezza e pulizia che le rendono non solo assimilabili ma, in alcuni casi, più sicure delle vie di molti centri storici;
tale restrizione, pertanto, appare discriminatoria rispetto a quanto disposto per altre grandi realtà di vendita, per le quali non vi è alcuna restrizione all'interno del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché in contrasto con la ratio del provvedimento, il cui scopo è quello di ridurre al minimo il rischio di contagio e non quello di limitare ingiustificatamente la libera iniziativa economica privata sancita dall'articolo 41 della Costituzione –:
quale sia la ragione che ha indotto l'ufficio di gabinetto del Ministero dell'interno a fornire alla prefetture locali una lettura dell'articolo 1 lettera ff) difforme dal testo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
se intenda chiarire la portata della summenzionata limitazione, con particolare riferimento alle realtà che operano a cielo aperto e che sono addirittura più sicure in virtù delle misure anti-assembramento garantite dai servizi di pulizia e sicurezza;
se intenda adottare iniziative in merito alla definizione di «outlet», in quanto questa comporta una distinzione ben precisa tra il singolo negozio e i parchi commerciali cosiddetti «outlet» e le conseguenti limitazioni.
(4-07847)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:
VALENTINI e FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la pandemia in corso sta causando notevoli disagi a molti connazionali per raggiungere le sedi consolari per effettuare le pratiche di rinnovo dei passaporti;
la nostra rete consolare è dotata di sedi consolari onorarie rette da un console onorario che esercita delle funzioni burocratiche a favore dei cittadini italiani presenti nell'area di competenza, garantendo ad essi la tutela dei loro interessi secondo i principi di eguaglianza, imparzialità, efficienza e trasparenza nel rispetto dei diritti fondamentali e della libertà personale;
il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha dotato alcuni consoli onorari che ne hanno fatto richiesta di un dispositivo elettronico per la sola raccolta dei dati biometrici, necessari per l'emissione del passaporto elettronico. In tal modo, il consolato competente per territorio potrà ricevere i dati biometrici dai consoli onorari senza che i connazionali si rechino nella sede centrale del consolato, e successivamente potrà rilasciare il passaporto;
tale pratica viene incontro alle esigenze dei connazionali e contribuisce a snellire il lavoro dell'amministrazione degli affari esteri, un fatto di grande rilevanza soprattutto in questo periodo in cui la pandemia limita gli spostamenti –:
se non intenda il Ministro interrogato di dover dotare in tempi brevi i consoli onorari dei dispositivi elettronici, meglio conosciuti come «valigette elettroniche», e se non ritenga di dover informare su quante richieste siano state già ad oggi soddisfatte, al fine di venire incontro alle esigenze dei nostri connazionali all'estero.
(5-05186)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
LUPI e MAGI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dopo le elezioni presidenziali dei 9 agosto 2020, proteste di massa sono scoppiate in tutta la Bielorussia contro le frodi elettorali, riconosciute anche dall'Unione europea e dagli Stati Uniti, che, insieme a molti altri Paesi, non hanno riconosciuto Lukashenko come legittimo presidente;
la violenta repressione delle proteste ha comportato una serie di gravissime violazioni dei diritti umani che hanno indotto l'Unione europea e gli Stati Uniti a imporre sanzioni;
secondo alcuni osservatori, i dipendenti del Ministero dell'interno bielorusso marchiano le persone arrestate con diversi colori per definire il tipo di tortura e di maltrattamento a cui saranno sottoposte, comprese le mutilazioni;
alla fine di novembre 2020 si contavano oltre 25.000 persone imprigionate dalla polizia durante le varie manifestazioni di protesta e 144 prigionieri politici;
secondo la Commissione internazionale per le indagini sulle torture in Bielorussia, le azioni delle forze dell'ordine hanno portato alla morte di almeno quattro persone, ma altri osservatori parlano di almeno 9 morti, incluso l'artista Roman Bondarenko;
di solito, dopo alcuni giorni di prigionia e torture, i manifestanti vengono rilasciati in cambio di una dichiarazione di rinuncia «a partecipare alle attività eversive», ma ci sono anche casi in cui i corpi vengono ritrovati nei boschi o spariscono nel nulla;
dopo oltre 100 giorni di proteste sempre più profughi bielorussi cercano rifugio;
secondo il Ministero dell'interno bielorusso, dall'inizio dell'autunno 2020, nonostante la chiusura delle frontiere a causa del Coronavirus, circa 10.000 bielorussi si sono trasferiti in Polonia, 3.000 in Ucraina e 500 in Lituania e Lettonia; secondo i dati Belstat, in due mesi sono andate all'estero più persone rispetto all'intero 2019;
docenti e discenti sono tra i gruppi più colpiti: più di 47 docenti e ricercatori sono stati licenziati, oltre 347 studenti sono stati arrestati e almeno 110 sono stati esclusi dalle Università, mentre circa 191 stanno cercando di lasciare il Paese per continuare a studiare;
di fronte a violazioni così gravi dei diritti umani appare dunque improcrastinabile un intervento concreto del Governo per sostenere la popolazione bielorussa –:
quali iniziative intenda adottare il nostro Paese sia ai fini del rilascio di un numero di visti di ingresso per motivi umanitari finalizzati all'ottenimento del permesso di soggiorno per protezione speciale, con garanzia del sostegno al percorso d'integrazione, sia eventualmente al fine di richiamare l'ambasciatore italiano a Minsk come già fatto da altri Paesi.
(5-05187)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO, MICELI, FASSINO, LA MARCA, RACITI, BOLDRINI, NAVARRA, SCHIRÒ e ANDREA ROMANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dal 1° settembre 2020, 18 pescatori di Mazara del Vallo, tra cui 8 di nazionalità italiana, sono bloccati a Bengasi, arrestati a bordo dei loro motopescherecci «Antartide» e «Medinea» in alto mare, e precisamente a 38 miglia dalle coste libiche, dalla guardia costiera del generale Khalifa Haftar;
dopo quasi quattro mesi di detenzione, la situazione di stallo sta destando enorme preoccupazione non solo per le famiglie dei pescatori, ma anche nelle istituzioni e concittadini;
Amhed Maitig, vice presidente del Governo libico di Tripoli, ha rilasciato il 26 novembre 2020 un'intervista pubblicata sul Corriere della Sera dove affermava che tra Italia e Libia esisterebbe un accordo per lo scambio di prigionieri, e che questo strumento sarebbe la via utile per una soluzione positiva per tutti. Difatti, Tripoli chiede da tempo la liberazione di quattro calciatori libici, condannati in Italia a 30 anni di carcere e tuttora detenuti con l'accusa di essere tra gli scafisti della cosiddetta «Strage di Ferragosto» del 2015 in cui morirono 49 migranti, in asfissia nella stiva di un'imbarcazione. Uno scambio, dunque, che vedrebbe contrapposti rei condannati da un sistema giudiziario «legale» e «legittimo» e pescatori bloccati da una milizia non riconosciuta dalla comunità internazionale;
il 13 dicembre scorso, il Ministro Di Maio ha dichiarato «il Governo italiano è al lavoro per ottenere la liberazione dei 18 pescatori in stato di fermo in Libia da oltre 100 giorni, ma senza cedere ai ricatti. Haftar dice che li ridà se noi restituiamo quattro scafisti, è inaccettabile, se questo signore non ci ascolta, faremo diversamente»;
riconosciuta l'importanza del riserbo sulle trattative, funzionale a non compromettere le stesse e gli sforzi diplomatici della Farnesina di interlocuzione diretta sia con le autorità dell'Est della Libia, sia con Emirati Arabi e Russia, considerati alleati di Haftar, per esortarli a esercitare la loro influenza sulle autorità di Bengasi –:
quale sia lo stato della trattativa tra il nostro Governo e le autorità di Tobruk al fine di individuare i passi futuri per giungere al più presto al rilascio dei nostri connazionali.
(5-05188)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
ZOFFILI, BILLI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 14 dicembre 2020, la testata on line Formiche.net ha affermato di aver potuto visionare un elenco di iscritti al Partito Comunista Cinese nel quale figuravano quasi due milioni di nomi, corrispondenti al 2,1 per cento del totale complessivo dei suoi membri, pari a 92 milioni;
le informazioni contenute nel database venuto alla luce sarebbero state sottratte nell'aprile 2016 da un gruppo di dissidenti cinesi penetrato in un server basato a Shanghai;
molte persone tra quelle presenti nel database avrebbero ricoperto o ricoprirebbero tuttora incarichi in aziende occidentali importanti, comprese quelle del settore farmaceutico e delle produzioni per la Difesa, inclusi colossi come Pfizer, AstraZeneca, Boeing, Thales ed Airbus, nonché banche, gruppi editoriali, università e sedi diplomatico-consolari;
sarebbero stati infiltrati da persone iscritte al Partito Comunista Cinese presenti nel database anche i consolati a Shanghai di Australia, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica e Svizzera;
gli infiltrati sono risultati addetti agli uffici amministrativi o commerciali, alcuni anche in posizioni dalle quali avrebbero potuto osservare le missioni delle autorità politiche del Paese di riferimento;
tra i consolati a Shanghai in cui sono stati presenti iscritti al Partito Comunista Cinese figura anche quello d'Italia, con un impiegato addetto dal 2008 alla mansione di assistente amministrativo;
l'infiltrazione di un consolato generale italiano dell'importanza di quello a Shanghai da parte di un'organizzazione politica straniera della rilevanza del Partito Comunista Cinese solleva problemi e preoccupazioni dal punto di vista della sicurezza delle informazioni che vi transitano –:
quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per evitare ulteriori infiltrazioni del Partito Comunista Cinese nella rete diplomatico-consolare italiana attiva nella Repubblica Popolare Cinese.
(5-05189)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
QUARTAPELLE PROCOPIO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
Ahmadreza Djalali, un medico iraniano-svedese, ex ricercatore anche della Vrije Universiteit di Bruxelles e del Karolinska Institutet di Stoccolma e che ha lavorato anche presso il Centro di medicina dei disastri (Crimedim) dell'Università del Piemonte Orientale a Novara, è stato condannato in via definitiva a morte da un tribunale iraniano con l'accusa di «spionaggio» ed è attualmente detenuto nel braccio della morte del carcere di Evin;
Djalali è stato arrestato dai servizi segreti mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz, con l'accusa, che già ad altri stranieri e cittadini con doppio passaporto è costata anni in prigione, di spionaggio per conto di Israele, e condannato a morte. Nelle prigioni iraniane ci sono, attualmente, almeno sei cittadini stranieri o con doppia nazionalità;
Djalali ha sempre respinto le accuse a suo carico dicendo di essere stato punito per essersi rifiutato di diventare una spia. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International, il processo è stato arbitrario e iniquo: l'imputato si è visto ricusare per due volte un avvocato di sua scelta. Le autorità iraniane hanno fatto forti pressioni su Djalali affinché firmasse una dichiarazione in cui «confessasse» di essere una spia per conto di un «governo ostile». Quando ha rifiutato, è stato minacciato di essere accusato di reati più gravi;
intanto, le sue condizioni di salute sono preoccupanti: nell'ultimo anno, tre diversi esami del sangue hanno indicato che ha un numero basso di globuli bianchi. Un medico che lo ha visitato in carcere all'inizio del 2019 ha detto che deve essere visto da medici specializzati in ematologia e oncologia in un ospedale fuori dal carcere. Dal suo arresto il 26 aprile 2016, ha perso 24 chili e ora pesa 51 chili;
la mobilità internazionale del mondo accademico in difesa dello studioso è forte: in Italia, all'Università del Piemonte Orientale, oltre 165 scienziati hanno aderito alla maratona accademica, in diretta streaming, per salvare Djalali, mentre Sir Richard Roberts, premio Nobel per la medicina 1993, ha raccolto più di 150 firme di altrettanti Nobel per chiederne la liberazione;
l'Iran resta uno degli Stati con il più alto numero di esecuzioni di pena capitale annue. Già nel 2016, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che esprimeva seria preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti umani in Iran. In particolare, la risoluzione delle Nazioni Unite aveva espresso «seria preoccupazione per l'allarmante alta frequenza e aumento della pratica della pena di morte», che viene utilizzata per crimini che non sono qualificati come reati «più gravi», nei confronti di minorenni, «in violazione delle garanzie riconosciute a livello internazionale», ed esortava la Repubblica islamica a porre fine all'«uso diffuso e sistematico della detenzione arbitraria» e a rispettare «gli standard del giusto processo» –:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo, nei consessi internazionali e nelle relazioni bilaterali con l'Iran, per sollecitare la sospensione definitiva della condanna a morte di Ahmadreza Djalali e il suo immediato rilascio.
(5-05155)
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la vicenda dei pescherecci di Mazara del Vallo, sequestrati dopo la visita del Ministro interrogato a Tripoli senza motivazione da oltre cento giorni, assume caratteri ancora più grotteschi rispetto all'evoluzione delle vicende nello scacchiere;
mentre i nostri pescatori restano in detenzione nonostante quelli che all'interrogante appaiono gli inconcludenti sforzi diplomatici, la Turchia è riuscita a risolvere in soli 6 giorni una vicenda analoga;
il cargo «Mabouka» era stato fermato sabato 5 dicembre 2020 al largo di Derna, con il tutto il suo equipaggio fra cui 7 marinai turchi. Prontamente e senza indugio, Ankara aveva avvertito i capi della «Libyan national Army», la milizia di Bengasi, che «chiunque prende di mira gli interessi turchi in Libia diventa lui stesso un obiettivo legittimo per la nostra ritorsione»;
dopo soli sei giorni di riflessione, il generale Haftar ha saggiamente optato per la liberazione dei sette marinai turchi che erano a bordo;
l'annuncio è stato dato direttamente dal portavoce militare di Haftar, il generale Ahmed al Mismari, che ha detto che la nave ha pagato una multa per aver violato le acque libiche;
martedì notte 8 dicembre 2020, per alcune ore, si era temuto che una ritorsione turca fosse iniziata, quando alcuni caccia o droni turchi hanno operato per alcune ore nell'area di Jufra e Sirte, dove passa la linea del fronte fra le forze del Governo di Tripoli appoggiate dalla Turchia e quelle di Haftar, sostenute da Russia ed Emirati Arabi Uniti;
viene legittimamente da pensare che la vicenda si sarebbe potuta risolvere mediante il rapido intervento della Marina militare italiana, al centro di una vicenda dai confini incerti sotto i profili della responsabilità sull'ordine di non intervenire;
l'episodio dimostra secondo l'interrogante, ancora una volta, come l'Italia non abbia più una politica militare e internazionale di alto livello nel Mediterraneo, declassata di fatto a potenza di second'ordine a partire dagli interventi militari francesi del 2011;
a giudizio dell'interrogante, dalla differenza della risposta data da Haftar tra Erdogan e il Ministro interrogato quest'ultimo dovrebbe trarre la conclusione di tutta la sua inadeguatezza e dimettersi immediatamente con le più contrite scuse ai familiari dei 18 pescatori di Mazara ingiustamente detenuti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della tempestiva liberazione dei marinai turchi e quali siano gli intendimenti del Governo in merito a ulteriori iniziative da intraprendere per la liberazione dei pescatori di Mazara.
(5-05156)
MARCO DI MAIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
è importante e utile adottare una normativa che introduca tra l'Italia e la Repubblica di Cina (Taiwan) le cosiddette «vacanze lavoro» o le «working holiday», perché rappresentano per molti giovani, studenti e lavoratori un positivo e valido strumento di crescita accademica e professionale;
il miglior investimento sul futuro è quello sui giovani, che sono i cittadini di domani, e lo Stato ha per questo il dovere di favorire la crescita personale, nonché l'emancipazione dei giovani, anche attraverso periodi di soggiorno all'estero;
sono centinaia gli studenti universitari italiani – appartenenti alle numerose università italiane che hanno in essere accordi di collaborazione e di scambio studenti/docenti con atenei taiwanesi – che ogni anno si recano a Taiwan sia per lo studio della lingua cinese, sia per i rispettivi corsi accademici;
sono già 11 i Paesi membri dell'Unione europea – Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria – ad aver sottoscritto accordi con Taiwan in tema di «working holiday»;
non vi può essere una contrarietà di principio a definire, anche da parte dell'Italia, un'intesa «working holiday» finalizzata a promuovere gli scambi e le esperienze lavorative, a livello giovanile, con le agevolazioni normative che rappresentano il contenuto specifico di una tale intesa destinata a coinvolgere i giovani che potranno fruire di tali agevolazioni;
il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – a condizione di reciprocità – può rilasciare visti multipli per «vacanza lavoro» validi dodici mesi ai titolari di passaporti rilasciati dalla Repubblica di Cina (Taiwan);
le relazioni economico-commerciali con Taiwan sono in costante crescita – nel 2019 l'Italia si è collocata al 5° posto dell'Unione europea con circa 4,5 miliardi di euro di interscambio bilaterale – favorite anche dalla legge n. 62 del 2015 sulla esenzione della doppia tassazione approvata dal parlamento italiano a larga maggioranza;
Taiwan rappresenta una «piazza» estremamente stimolante nel mondo della ricerca scientifica/tecnologica e dell'informatica, come dimostra che il fatto che il 67 per cento della produzione mondiale di semiconduttori è ubicata in quel Paese –:
quali iniziative intenda attuare il Governo per realizzare, di concerto con il Governo taiwanese, il programma citato in premessa, che abbia come obiettivo quello di facilitare lo svolgimento di periodi di vacanza nella nazione ospitante durante i quali i giovani dell'altra nazione partner del progetto possano avere la possibilità di trovare un lavoro retribuito.
(5-05157)
QUARTAPELLE PROCOPIO e BERLINGHIERI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi mesi, la Repubblica di Guinea è stata segnata da una forte instabilità politica legata alle elezioni presidenziali;
il Presidente uscente Alpha Condé ha vinto le elezioni presidenziali del 18 ottobre 2020 in Guinea con il 59,5 per cento dei voti ed ha quindi iniziato un terzo mandato alla guida del Paese. Ma la notizia è stata accolta con proteste, anche violente, a Conakry, la capitale, poiché il leader dell'opposizione, Cellou Dalein Diallo, sostiene da tempo che ci siano stati brogli elettorali;
la ricandidatura di Condé era stata resa possibile da una modifica apportata alla Costituzione, tramite un referendum, e spinta dallo stesso Condé, intenzionato a presentarsi alle nuove presidenziali. La modifica è osteggiata dall'opposizione e ha portato a grandi e spesso violente proteste nel Paese;
questa scelta politica ha aperto un vaso di Pandora fatto di scontri e tensione sociale e dal gennaio 2020 la Guinea è stata al centro di tumulti e proteste, che hanno suscitato una durissima reazione delle forze di governo contro i manifestanti: difatti, tra ottobre 2019 e luglio 2020 sono state uccise almeno 50 persone secondo i dati forniti da Amnesty international;
gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per «le incongruenze» nei risultati preliminari delle elezioni presidenziali in Guinea. In un comunicato stampa, l'ambasciata Usa ha parlato di «mancanza di trasparenza nelle tabulazioni dei voti e incongruenze tra i risultati annunciati e i risultati dei fogli di conteggio dei seggi elettorali»;
gli Stati Uniti hanno esortato tutte le parti a risolvere pacificamente le controversie elettorali non con manifestazioni, ma attraverso gli strumenti istituzionali. Washington ha sostenuto gli sforzi diplomatici dell'Ecowas, la comunità economica dell'Africa occidentale, dei sindacati africani e delle Nazioni Unite per riportare stabilità nel Paese –:
quali notizie abbia il Governo in merito alla violenta repressione dei manifestanti e se intenda esprimere una ferma condanna a suddetti atteggiamenti da parte delle forze di governo in carica in Repubblica di Guinea;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo, sia nelle relazioni bilaterali con la Repubblica di Guinea che nei consessi europei ed internazionali, per sollecitare una rapida soluzione istituzionale in merito alla situazione politica del Paese.
(5-05159)
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dopo una lunga prigionia durata 108 giorni, i pescatori italiani di Mazara del Vallo sequestrati in Libia sono stati finalmente liberati da un Governo che si è rivelato per l'interrogante a lungo impotente ed immobile dinanzi al dramma delle loro famiglie;
la Turchia ci ha messo 5 giorni per risolvere una situazione analoga, ricorrendo alla minaccia di una ritorsione militare in caso della perdurante reticenza degli uomini di Haftar;
a giudizio dell'interrogante, la scelta di annunciare preventivamente a mezzo stampa un'improvvisa missione in Libia dei due più alti vertici governativi in materia di politica estera, lascia numerose ombre in merito al comportamento del Governo in questi giorni;
il successo della missione lascia intendere che ci sia stato un accordo preventivo e, a parere dell'interrogante, il Presidente del Consiglio dei ministri Conte e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio avrebbero fatto una vergognosa passerella per risollevare le sorti del Governo alla luce della sciagurata gestione in merito alle misure contenitive da adottarsi in vista del Natale, che ancora non vedono la luce e lasciano nell'incertezza milioni di Italiani;
a giudizio dell'interrogante, nessuno della compagine governativa dovrebbe avere l'indecenza di vantarsi di aver liberato i nostri pescatori con 108 giorni di ritardo e a condizioni sconosciute;
secondo una ricostruzione apparsa sul quotidiano La Repubblica, fonti qualificate hanno indicato che, al termine di un lungo confronto con i servizi segreti, il Presidente Conte e il Ministro Di Maio abbiano disdetto altri impegni istituzionali in programma per la mattina e si siano messi in viaggio;
nell'ultima settimana le trattative condotte dall'Aise diretto da Giovanni Caravelli e si sarebbero intensificate, con lunghi colloqui con le controparti di Bengasi, fino ad arrivare alla svolta;
intervistato alla trasmissione «L'Aria che tira» su La7, il deputato europeo del Movimento 5 Stelle Dino Giarrusso ha dichiarato: «Sono stato contattato da presunte persone che volevano trattare» la liberazione dei pescatori in Libia e «ho immediatamente avvisato, com'è dovere fare, lo staff del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Non ne ho mai parlato perché a parlarne in pubblico si rischia di fare guai» –:
se corrisponda al vero la dinamica dei fatti, richiamati in premessa ed eventualmente quali fossero gli emissari e quali le richieste avanzate;
se vi sia stata una trattativa con il Governo Haftar ed eventualmente quali siano state le richieste iniziali e i termini finali dell'accordo che ha condotto alla liberazione dei pescatori di Mazara.
(5-05198)
Interrogazione a risposta scritta:
MURONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
secondo quando riportato da Il Fatto Quotidiano il 10 dicembre 2020 «...la procura di Roma ha chiuso l'inchiesta sull'uccisione del ricercatore friulano, emettendo quattro avvisi di chiusura delle indagini, un atto che solitamente prelude la richiesta di rinvio a giudizio». Secondo i pubblici ministeri romani Giulio Regeni, dopo esser stato attenzionato dal novembre-dicembre 2015, fu catturato e torturato a morte dai servizi segreti egiziani dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016. Per questo, secondo Il Fatto Quotidiano, a rischiare di finire a processo sarebbero il generale Tariq Sabir, numero 2 della sicurezza egiziana, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif che, secondo i pubblici ministeri è stato il carceriere, l'aguzzino di Giulio Regeni;
Il Fatto Quotidiano riferisce che «Sono altri 13 i soggetti nel circuito degli indagati di cui la mancata collaborazione dell'autorità egiziana ha impedito di accertare le posizioni»;
data la mancanza di collaborazione delle autorità egiziane, i genitori di Giulio Regeni hanno chiesto al Governo di richiamare l'ambasciatore italiano al Cairo;
la legge n. 185 del 1990 vieta la vendita di armi a Paesi in cui si pratica la tortura. Ebbene, nonostante che in un rapporto pubblicato il 22 febbraio 2018 Amnesty International avesse denunciato che «La crisi dei diritti umani in Egitto è continuata senza sosta. Le autorità hanno utilizzato la tortura e altri maltrattamenti e la sparizione forzata contro centinaia di persone, e dozzine sono state giustiziate in via extragiudiziale impunemente», mentre secondo il Post nel 2018, l'Italia autorizzava sei nuove esportazioni di sistemi militari dal valore di oltre 69 milioni di euro, rendendo il regime egiziano il terzo acquirente assoluto di armi italiane tra gli stati extra Nato ed extra Unione europea;
secondo il periodico on line Al-Araby Al-Jadeed, la prima delle due fregate italiane Fremm, acquistate dal Cairo per un importo superiore a 1,1 miliardi di dollari, arriverà in Egitto entro la fine di quest'anno. Quanto alla seconda fregata, arriverà nella primavera del prossimo anno. Inoltre, secondo quanto riferisce Startmag.it, sono «in corso colloqui tra il Ministero della difesa e dell'intelligence egiziano da un lato e l'Agenzia italiana per lo sviluppo delle esportazioni Sace (gruppo Cdp-Mef) dall'altro, per ottenere un prestito tra i 500 e i 650 milioni di euro, da un gruppo di banche per finanziare la seconda fase dell'operazione che include la fornitura di armi navali che non erano state indicate nell'accordo iniziale quando sono iniziate le trattative nella primavera del 2019, inclusi almeno quattro “Corvette”, equipaggiamenti di guerra elettronica, radar e moderni dispositivi di telerilevamento ma anche tecnici italiani per addestrare gli ufficiali egiziani.»;
si registrano, inoltre, numerosi altri casi in cui aziende con partecipazione a capitale pubblico intrattengono partnership con compagnie dello Stato egiziano; ad esempio Eni che opera in Egitto fin dal 1954 tramite Ieoc Production che vanta joint ventures paritetiche con la compagnia di Stato egiziana Egyptian General Petroleum Corporation (Egpc) –:
se intenda adottare iniziative per procedere al richiamo dell'ambasciatore italiano al Cairo;
quali iniziative si intendano a adottare nei confronti del Governo egiziano in relazione ai fatti contestati alle autorità di quel Paese dalla magistratura italiana, la cui mancata collaborazione è stata certificata dai pubblici ministeri romani;
se, al momento, siano in corso ulteriori trattative tra aziende italiane e Governo egiziano per la vendita di armi a quel Paese e se il Governo intenda adottare iniziative per la sospensione dei contratti di fornitura d'armi all'Egitto;
quali iniziative di competenza si intendano adottare per congelare ogni rapporto di collaborazione tra aziende italiane con partecipazione a capitale pubblico e Governo e/o compagnie di Stato egiziani.
(4-07836)
AFFARI EUROPEI
Interrogazione a risposta scritta:
MANTOVANI, DEIDDA e GALANTINO. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nel gennaio 2019, la Commissione europea ha invitato le autorità competenti ad adattare la legislazione nazionale per garantire che pagassero le tasse sugli utili da attività economiche, come le altre società nel Paese e in linea con le norme dell'Unione europea;
nel novembre 2019 la direzione generale Competition, ovvero la direzione generale della Commissione europea deputata a vigilare sul rispetto delle regole comunitarie in tema di concorrenza e libero mercato, annunciava di aver aperto un'indagine approfondita per verificare se l'esenzione fiscale garantita dalla legge italiana ai porti sia in linea con il regolamento europeo in tema di aiuti di Stato, così come previsto dall'articolo 108, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
la comunicazione della Commissione europea 2020/C7/03, pubblicata in Gazzetta ufficiale europea, dichiara che: «la Commissione conclude in via provvisoria che l'esenzione dall'imposta sul reddito delle società di cui beneficiano le autorità di sistema portuale italiane costituisce un aiuto di Stato incompatibile ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e che l'aiuto in questione si configura come aiuto esistente»;
la Commissione europea ha chiesto all'Italia, in data 4 dicembre 2020, di abolire le esenzioni dall'imposta sulle società concesse alle autorità portuali sul proprio territorio, allineando il proprio regime fiscale alle norme dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, entro il 1° gennaio 2022;
come riportato in data 9 dicembre 2002 dal quotidiano Italia Oggi secondo il Commissario alla concorrenza Verstager: «L'esenzione dall'imposta sulle società concessa ai porti italiani fornisce loro un vantaggio selettivo in violazione delle norme dell'Unione europea», ha aggiunto Vestager, «in particolare l'esenzione fiscale non persegue un chiaro obiettivo di interesse pubblico, come la promozione della mobilità o del trasporto multimodale. Il risparmio fiscale generato può essere utilizzato dal porto per finanziare qualsiasi tipo di attività o per sovvenzionare i prezzi praticati dai porti ai clienti a scapito dei concorrenti e di una concorrenza leale»;
sempre dalle colonne del sopra citato quotidiano è possibile leggere quanto dichiarato dal presidente di Federlogistica, Luigi Merlo il quale ha acceso i riflettori sulla necessità di un intervento da parte del Governo: «è necessario che la risposta del Governo italiano sia ferma e immediata», ha affermato. «Imporre sulle autorità portuali forme di tassazione analoghe a quelle delle società private, senza entrare nel dettaglio delle attività regolate, significherebbe distruggere l'intero sistema sul quale si regge la portualità italiana. Il rischio è imporre extracosti che si ripercuoterebbero sull'efficienza del sistema e sulle società concessionarie»;
vi è piena consapevolezza dell'inderogabilità e della necessità di armonizzare l'ordinamento italiano, anche alla luce di quanto già recepito in materia da Paesi Bassi, Belgio e Spagna, a quanto previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea –:
se il Governo abbia elaborato in via preventiva i perimetri all'interno dei quali le attività, gestite dalle autorità di sistema portuale, dovranno essere qualificate come imponibili, indicando altresì i ricavi e i costi da prendere in considerazione al fine di non creare elementi di incertezza normativa in un momento particolarmente difficile per l'economia e l'occupazione.
(4-07844)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, approvato dal decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 («decreto semplificazioni 2018»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, è finalizzato all'individuazione di un quadro definito di riferimento delle aree ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale;
il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha prorogato di sei mesi il termine per l'approvazione dello stesso e conseguentemente sarà approvato entro il 13 febbraio 2021, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
i lavori per la predisposizione del Piano e per la definizione delle attività e dei ruoli dei vari soggetti coinvolti, nonché per la realizzazione di specifiche elaborazioni al fine di poter produrre il rapporto preliminare ambientale ed attivare quanto prima la procedura di valutazione ambientale strategica sono stati svolti, così come è stata svolta l'attività di ricognizione dei dati cartografici necessari, la relativa richiesta alle istituzioni interessate, nonché lo studio preliminare sulla vincolistica esistente e sulle aree con interesse geominerario a livello nazionale;
più in particolare, con l'accordo di collaborazione tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale è stato previsto lo specifico cronoprogramma di riferimento per le attività da effettuare e le relative tempistiche da rispettare;
si evidenzia che l'attivazione della procedura di valutazione ambientale strategica presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, preliminare all'approvazione definitiva del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, era prevista entro il mese di ottobre 2020, insieme all'intesa della Conferenza unificata, con riferimento alle aree in terraferma;
rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in commissione (n. 5-04310) presentato dal deputato Sut, il 9 luglio 2020, il Governo ha risposto che «il 17 ottobre 2019 è stato approvato l'accordo di collaborazione tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ispra, in cui sono esplicitate le aree di reciproca collaborazione ed è stato previsto lo specifico cronoprogramma di riferimento per le attività da effettuare e le relative tempistiche, che saranno seguite in modo da garantire il rispetto dei termini previsti», mentre in merito alla valutazione ambientale strategica dovrebbe essere attivata al più tardi entro il mese di ottobre 2020;
qualora non venisse raggiunta l'intesa con la Conferenza unificata con riferimento alle aree su terraferma, né in prima seduta (entro sessanta giorni), né in seconda seduta su richiesta del Ministro dello sviluppo economico (entro trenta giorni) e, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa (entro il termine di centoventi giorni dalla seconda seduta) o di dissenso motivato della Conferenza unificata, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee potrà essere adottato limitatamente alle aree marine –:
se tutto ciò corrisponda al vero;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda adottare iniziative tese ad attivare la procedura di valutazione ambientale strategica fine di approvare il sopra indicato Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee e quali azioni intenda adottare al fine di rispettare la tempistica indicata, atteso l'importante obiettivo di valorizzazione in termini di sostenibilità ambientale e socio-economica.
(2-01034) «Vianello, Sut».
Interrogazione a risposta orale:
ASCARI, DEL SESTO e SPADONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi 10 anni, si sono susseguite numerose piene dei fiumi Secchia e Panaro che hanno provocato gravi danni sul territorio modenese e numerosi disagi alla popolazione locale;
tra gli eventi più tragici si ricordano le piene del gennaio 2014, in cui si verificò anche una vittima, del dicembre 2017, quando l'esondazione del fiume provocò l'allagamento delle zone circostanti e danni agli agricoltori e imprenditori locali, e, infine, la piena di questi giorni, che ha devastato intere aree della campagna modenese e alcune città della provincia;
erano 20 anni che non si registrava una piena del genere del fiume Secchia e ben 50 anni del vicino fiume Panaro: in 24 ore sono caduti circa 370 millimetri di pioggia;
alcuni ponti posti su questi fiumi sono a serio rischio di possibili cedimenti, un pilone del ponte di Samone è crollato, un argine del fiume Panaro a Castelfranco ha ceduto, 2.700 famiglie sono rimaste senza luce, un numero indefinito di abitazioni è stato allagato e le famiglie sono state costrette a lasciare le proprie case oppure, dove possibile, a trasferirsi ai piani alti;
ancora non è possibile contare i danni fatti alle attività produttive, molte delle quali sono andate completamente distrutte. Nonostante i puntuali e recenti eventi di piena, l'Autorità di bacino distrettuale del Fiume Po e l'Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) hanno classificato tali piene, che si verificano con drammatica periodicità, come di minore entità;
secondo quanto denunciato da alcuni comitati locali di salute pubblica, i finanziamenti per garantire la completa messa sicurezza in caso di piene medie o maggiori del Secchia non sarebbero sufficienti;
la capacità dell'attuale cassa di espansione del Secchia, realizzata negli anni '70, risulta insufficiente anche per le piene medie e in caso di piene grandi si rischia il cedimento degli argini in terra;
il territorio modenese è da sempre caratterizzato da numerose attività industriali, agricole e culturali che rischiano di essere fortemente penalizzate dalle continue esondazioni del fiume;
la viabilità stessa è stata fortemente compromessa a causa della chiusura di diversi ponti sui due fiumi, nonché dalla chiusura di altri tratti viari, che rendono particolarmente difficili le comunicazioni sul territorio, anche in relazione alle attività di emergenza e salvataggio –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo affinché si faccia chiarezza sullo stato ambientale, idraulico e funzionale dei fiumi Secchia e Panaro, al fine di verificare quali siano i lavori di manutenzione e messa in sicurezza effettivamente necessari e l'entità dei finanziamenti da investire, anche contro le eventuali piene medie e grandi (definite TR50 e TR200), evitando ulteriori danni alla popolazione, alle realtà economiche e produttive della zona e al patrimonio culturale e ambientale del territorio.
(3-01971)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ZOLEZZI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
l'area del «Ex Lago Paiolo» è situata all'interno del comune di Mantova, nelle immediate adiacenze dell'azienda ospedaliera Carlo Poma delimitata a sud dal confine comunale coincidente con il Canale Paiolo;
destinata a piano di edificazione per una superficie potenziale pari a 73.130 metri quadri (variante generale del piano dei servizi, nel 2005), tuttora l'area conserva significativi ambienti naturali con la presenza di specie di particolare interesse, non solo faunistico ma anche vegetazionale. La relazione «Monitoraggio della vegetazione dell'area nord dell'ex Lago Paiolo» del 2009 evidenzia che le specie e gli habitat presenti nell'area di studio sono i medesimi che hanno giustificato l'istituzione di siti Rete Natura 2000, quali: zona di protezione speciale IT20B0009 «Valli del Mincio» e del sito di importanza comunitaria IT20B0017 «Ansa e Valli del Mincio», zona di protezione speciale e del sito di importanza comunitaria IT20B0010 «Vailazza» e sito di importanza comunitaria IT20B0014 «Chiavica del Moro»;
questa area comprende boschi, cariceti, praterie e fossi di scolo scavati nella torba affiorante ai margini dei quali si sviluppano fasce di vegetazione idrofila con numerose specie vegetali di pregio conservazionistico;
tale area è stata acquistata dalla società Pitentino s.r.l., che ha firmato la sottoscrizione della convenzione del piano attuativo nel 2009 (di conseguenza il comparto rimane edificabile per 10 anni+3 di proroga, fino al 2021). Nulla di quanto previsto nel piano attuativo è stato però attuato, a causa del fallimento della Pitentino s.r.l. L'intera area è stata perciò messa in vendita da parte del curatore fallimentare, nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, a eventuali compratori che dovrebbero attuare in toto o in parte le disposizioni stabilite;
dopo il fallimento la prima asta nel 2017 partì da una base di 3,84 milioni di euro. L'asta più recente si è tenuta nel mese di novembre 2020 ed è andata deserta, il prezzo dell'area era sceso a 1,6 milioni di euro;
l'iter autorizzativo della convenzione ha compreso anche la valutazione di impatto ambientale (codice: VIA864-RL, del 2009) dove però di fatto non si faceva cenno alla presenza di rana di lataste (rana latastei) e testuggine palustre europea (emys orbicularis) ritrovate con esemplari adulti e uova dal gruppo naturalistico mantovano in ripetute campagne, una mancanza importante visto che tali specie sono inserite negli allegati II (prevede la designazione di sito di importanza comunitaria) e IV (specie d'interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa) della direttiva 43/92/CE «habitat». Tale valutazione di impatto ambientale risulterebbe comunque scaduta a decorrere dal 4 novembre 2018 (provvedimento 11161 del 5 novembre 2010, identificativo atto n. 716), in quanto trascorsi gli 8 anni di validità della stessa e in quanto non seguita da richieste di proroghe;
si segnala il riconoscimento, ottenuto nel 2019, di area di rilevanza erpetologica nazionale (codice ITA117LOM031) da parte della Societas herpetologica italica che ha sede presso l'Università degli studi di Pavia;
sono state riscontrate nidificazioni di molte specie avicole (969 individui). I ripetuti allagamenti nel mantovano e gli sforamenti degli inquinanti atmosferici (nel 2019 165 giorni di superamento fra PM2.5 e ozono) mostrano la necessità di ridurre l'impermeabilizzazione del suolo e di favorire la forestazione urbana anche per contrastare le procedure d'infrazione dell'Unione europea in corso e in via di definizione –:
se il Ministro interrogato ritenga esprimersi sulla valutazione di impatto ambientale del progetto di quest'area in merito a eventuali nuove richieste di edificazione a seguito dei riscontri della presenza delle specie indicate inserite nella direttiva «habitat»;
se ritenga di avviare l'iter per la designazione di sito di importanza comunitaria per questa area e se ritenga di assegnare fondi per la protezione di aree naturali in comuni compresi nelle infrazioni per la qualità dell'aria non inseriti in città metropolitana.
(5-05195)
MURONI e PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Legambiente, Italia Nostra, WWF, Forum Ambiente salute e sviluppo, Isde (Medici per l'ambiente). No al carbone, Salute Pubblica, hanno inviato due lettere aperte al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rappresentando le permanenti criticità ambientali nel territorio di Brindisi, riconosciuto area di elevato rischio di crisi ambientale e Sito di interesse nazionale, ai fini delle bonifiche di aree inquinate ed hanno evidenziato come progetti in corso di esame risultino in pieno contrasto con gli obiettivi carbon free (uscita dalla combustione del carbonio e non soltanto del carbone Cool) e con quelli della riconversione ecologica alla base del Green New Deal;
soltanto per citare alcuni esempi, si fa riferimento alla bonifica della discarica micorosa che ospita ancora pericolosissimi rifiuti industriali e che ha visto l'assegnazione dell'appalto, con un incredibile ribasso del 74 per cento ed, oggi, la revoca dell'affidamento, lasciando il sito privo dei minimi interventi di messa in sicurezza;
presso la commissione ministeriale Via-Vas è in corso la valutazione di impatto ambientale di una nuova centrale termoelettrica alimentata a gas che Enel vorrebbe realizzare in sostituzione della centrale Br-Sud alimentata a carbone che è uno dei maggiori produttori di gas climalteranti in Europa;
la nuova centrale impiegherebbe appena cinquanta-settanta posti di lavoro avrebbe, come documentato anche dall'Arpa Puglia, addirittura un incremento delle emissioni climalteranti e creerebbe nuovi rischi idrogeologici e danni ambientali;
nel porto di Brindisi, sono previste ingenti opere portuali attualmente sottoposte al giudizio di compatibilità ambientale da parte della commissione Via-Vas che, come si legge sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel mese di agosto del 2019 ha respinto l'istanza dell'Autorità di sistema portuale del basso adriatico a causa della mancata integrazione inerente le caratterizzazioni di sedimenti da dragare;
il progetto prevede il dragaggio di fondali interessati da sversamenti di sostanze inquinanti e dalla presenza di un relitto e di reperti archeologici e la realizzazione di una enorme colmata con escavazione fino a meno 27 metri rispetto al livello del mare;
senza alcuna comunicazione ufficiale dell'apertura di un riesame del provvedimento emesso, sono stati acquisiti successivi pareri e la commissione Via-Vas si è espressa soltanto su caratterizzazioni non validate da un ente certificatore;
nella stessa area interessata dalla colmata e da un nuovo banchinamento è stato presentato un progetto di realizzazione di un deposito costiero di gnl da parte di Edison e si è prevista una capacità di deposito per l'impianto di 19.950 mc3 equivalenti, appena cinquanta metri cubi al di sotto della soglia prevista (20.000 mc3), in base al decreto legislativo n. 152 del 2006, per cui è prevista la Via nazionale e, conseguentemente, non si è consentita alcuna vera possibilità di partecipazione al procedimento e di esame dell'impatto ambientale;
le opere portuali previste non possono avere valutazioni condizionanti ed eventualmente pregiudiziali rimesse a semplici prescrizioni: valutazione di incidenza ambientale in riferimento alla foce di fiume grande, sottoposta a vincolo ambientale, di cui si prevede addirittura una canalizzazione artificiale; condizioni insufficienti riguardanti l'esame a maglie strette dei fondali da caratterizzare e validazione delle caratterizzazioni; interferenze rispetto a caratteristiche ed attività presenti o previste nell'area nel Pug in itinere e nel piano triennale dei trasporti –:
se per i Ministri interrogati la realizzazione della centrale termoelettrica a Gas proposta da Enel rispetti la giusta transizione energetica indicata più volte dal Governo;
se non intendano avviare uno studio di fattibilità e la procedura della Via nazionale sul progetto Edison di cui in premessa per verificare le ricadute ambientali su un territorio già fortemente compromesso.
(5-05199)
Interrogazioni a risposta scritta:
DEIANA, ALBERTO MANCA e PERANTONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 7 dicembre 2020 gli agenti del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della regione Sardegna hanno posto sotto sequestro preventivo un'ampia area costiera del comune di Alghero, all'interno della quale insiste l'hotel Capo Caccia, dopo aver accertato l'avvenuto disboscamento di un ginepreto, per una superficie di circa un ettaro, in una zona ad altissima tutela ambientale ricadente nel perimetro del Parco naturale regionale di Porto Conte;
in particolare, l'area costiera di Porto Conte, situata nell'omonimo parco naturale, è sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e a vincolo di conservazione integrale ai sensi della legge regionale n. 23 del 1993. L'area in questione è immediatamente contigua alla zona di protezione speciale – Zps ITB013044 e situata nel sito di importanza comunitaria – Sic «Capo Caccia (con le Isole Foradada e Piana) e Punta del Giglio» (codice ITB010042), ai sensi delle direttive n. 92/43/CEE sulla tutela degli habitat e n. 09/147/CE sulla salvaguardia dell'avifauna selvatica;
gli agenti del Corpo forestale sono intervenuti per impedire che la compromissione ambientale rilevata potesse essere estesa ulteriormente e che altre piante ultracentenarie venissero abbattute;
sotto il profilo autorizzatorio, come si apprende da notizie di stampa, il comune di Alghero ha precisato che «relativamente all'aspetto ambientale, quindi legato alle eventuali operazioni di disboscamento, non risultano richieste di autorizzazione di alcun intervento, e quindi provvedimenti di rilascio del Servizio Tutela del Paesaggio del comune di Alghero, ovviamente per la parte che gli compete; così come non esistono richieste di autorizzazioni per la rimozione di essenze o alberate interessate da vincoli particolari all'ente preposto, in questo caso il Corpo Forestale» e che «qualora venga rilevata l'ipotesi di danno ambientale non esiterà a costituirsi Parte Civile in un eventuale processo» –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda intraprendere, anche attraverso il Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, in relazione ai fatti descritti in premessa, al fine di individuare gli interventi necessari al ripristino e alla salvaguardia dell'area interessata dalle operazioni di disboscamento, nonché in relazione all'eventuale esercizio dell'azione di danno ambientale.
(4-07805)
PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la ex Materit, azienda di Ferrandina (Matera), produceva manufatti in cemento-amianto: tubazioni, lastre, colmi, manicotti, sia per uso edilizio che per uso agricolo;
nel 1989 venne posta sotto sequestro a causa della mancanza di una discarica autorizzata per lo smaltimento dei rifiuti e successivamente ha cessato ogni attività;
ancora oggi, all'interno dello stabilimento ex Materit si trovano abbandonati e incustoditi centinaia di sacchi contenenti amianto e altri rifiuti pericolosi conservati in pessimo stato, rappresentando un serio rischio per la salute pubblica e l'ambiente, a causa della contemporanea presenza di polveri di asbesto, silicio, fanghi e liquami. Il sito ex Materit rimane, ormai da vent'anni, uno dei più inquinati e pericolosi della Basilicata;
l'appalto di progettazione e realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del sito, indetto nel 2014, è stato caratterizzato da ricorsi, controricorsi e appelli e non si è mai giunti all'aggiudicazione definitiva della gara ed alla stipula del relativo contratto. Nel 2020 la regione Basilicata ha comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la volontà di aggiudicare i lavori di messa in sicurezza e bonifica del sito alla società Teorema spa, unica ditta rimasta in gara;
le perplessità dell'interrogante sull'opportunità di affidare i lavori alla Teorema, società controllata di Avr s.p.a., che nel giugno 2020 è finita in amministrazione giudiziaria insieme alle sue controllate e a ditte ad essa collegate per i «rapporti di stabile ed oggettiva agevolazione» con «imprenditori appartenenti o collegati alle cosche della ‘ndrangheta», sono già state esposte nell'interrogazione a risposta scritta n. 4/06407 del 20 luglio 2020;
con determina dirigenziale n. 1088 del 5 novembre 2020 la regione Basilicata ha annullato la gara d'appalto e ha indetto, con determina dirigenziale n. 1089 del 5 novembre 2020, una gara per la redazione del piano di caratterizzazione e progettazione di interventi di messa in sicurezza a seguito della nota protocollo n. 81005 del 13 ottobre 2020, con la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha trasmesso alla giunta regionale della Basilicata i contributi istruttori ad esso inviati dall'Ispra e dall'Inail, con la quale comunica che le criticità rappresentate nei sopra citati pareri costituiscono motivo ostativo alla conclusione positiva del procedimento;
il timore dell'interrogante è che possano trascorrere tanti altri anni per giungere alla bonifica del sito. Occorre ricordare come siano trascorsi già 25 anni da quando si è sollevato il tema della bonifica dell'area, 13 anni dalla caratterizzazione e 6 anni dal bando che è stato annullato. L'azzeramento del pregresso e l'avvio dell'iter dal principio allungheranno i tempi a dismisura;
la ex Materit è una bomba ecologica che degrada sempre di più, il sito è rimasto per lunghi anni abbandonato, soggetto ad intrusioni e oggetto di abbandono di rifiuti pericolosi e non e, visti i gravi ritardi nell'espletamento dell'iter necessario a permettere la bonifica dell'ex Materit, a parere dell'interrogante sarebbe opportuno e non più rinviabile procedere con la nomina da parte del Governo di un commissario straordinario per la bonifica ambientale dell'ex Materit, che abbia strumenti e risorse per operare e giungere in tempi ragionevoli alla bonifica dell'area –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché possa essere definitivamente risolta la vicenda esposta in premessa, ricorrendo anche alla nomina di un commissario straordinario per la bonifica ambientale affinché l'area in cui insiste lo stabilimento della ex Materit possa essere finalmente bonificata.
(4-07838)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE LORENZO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
in un articolo presente sul giornale «Il Mattino» di Napoli del 1° dicembre 2020 risulta che «l'ascensore di Pizzofalcone, chiuso ufficialmente il 3 settembre 1968, è situato a poche centinaia di metri dall'ascensore che collega la parte superiore e la parte inferiore del ponte di Chiaia. Dista ancora meno da un terzo ascensore in costruzione sulla sommità del monte Echia a circa 50 metri dai ruderi di quella che viene indicata dagli storici come la villa di Lucullo. E proprio la costruzione del terzo impianto in questi giorni ha acceso una spinosissima polemica in città. In molti, infatti, puntano il dito contro il progetto del nuovo ascensore che rischia di rovinare per sempre la bellissima vista del golfo di Napoli»;
il progetto, costato circa 1 milione e 200 mila euro finanziati con il Patto per Napoli, nell'ambito del Fondo sviluppo e coesione, prevede la costruzione di un ascensore in cemento armato in una zona che deve essere tutelata dal punto di vista paesaggistico, per il suo valore universalmente riconosciuto, gravemente compromesso dalla realizzazione di un torrino fuori terra che altera il pregiato contesto storico del paesaggio napoletano;
in un articolo del Corriere del Mezzogiorno del 29 novembre 2020 risulta scritto che: «il box terminale dell'ascensore che svetta a Monte Echia è ben più alto rispetto al progetto che era stato modificato sulla base dei suggerimenti proposti all'epoca dall'omonimo comitato». Lo stesso ascensore entrerà in funzione solo dopo il consolidamento del costone tufaceo che appoggia su sabbie e pozzolane delle eruzioni dei Campi Flegrei i cui lavori, avviati da circa 3 anni, avrebbero determinato, secondo il geologo Riccardi Caniparoli, danni alla Galleria Vittoria, chiusa al traffico da mesi –:
alla luce di quanto esposto, quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di tutelare il luogo storico e paesaggistico del Monte Echia, contemperando le differenti esigenze di tutela di tale bene e di costruzione di tale opera nel pieno rispetto delle normative urbanistiche e paesaggistiche, tenuto conto degli ingenti fondi statali impegnati.
(5-05180)
Interrogazioni a risposta scritta:
DEL SESTO e VILLANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
in data 28 febbraio 2020, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo pubblicava un avviso pubblico relativo alla selezione di interventi finalizzati alla riqualificazione e valorizzazione turistico-culturale dei Comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, meglio noto come «Bando borghi e centri storici» (Gazzetta Ufficiale – V serie speciale – contratti pubblici n. 24 del 28 febbraio 2020);
le domande andavano presentate entro 45 giorni dalla pubblicazione del bando in Gazzetta Ufficiale, quindi entro il 13 aprile 2020;
a seguito delle disposizioni governative per il contenimento della pandemia da COVID-19, i termini venivano prorogati dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo al 29 maggio 2020 e, infine, al 29 giugno 2020;
dopo la scadenza del termine ultimo, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, nei quattro mesi successivi, non pubblicava comunicazioni sul numero delle domande ricevute e sulla valutazione di merito delle stesse per l'ammissione al finanziamento;
nel frattempo, sulla pagina web https://ponculturaesviluppo. beniculturali.it/bando-borghi-e-centri-storici/ si informava che tutte le attività relative al suddetto bando, a seguito della riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169), erano state trasferite alla direzione generale turismo per competenza;
la comunicazione più recente della suddetta direzione generale turismo risale allo scorso 10 novembre 2020, quando la stessa, sulla pagina web https://www.turismo.beniculturali.it/news/bando-borghi-centri-storici/, informava che «Alla chiusura dell'avviso pubblico, sono stati registrati circa 1400 invii su cui sono incominciate le istruttorie», aggiungendo: «Purtroppo, la gestione del rilevante numero richieste ricevute e l'obbligo di seguire le norme per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus COVID-19 sta determinando forti rallentamenti nello svolgersi delle attività amministrative.»;
l'articolo 5 del decreto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – Segretariato generale – servizio II n. 69 del 21 febbraio 2020, recante l'approvazione del suddetto avviso pubblico, ha stabilito che: «La selezione degli interventi da ammettere al finanziamento avverrà attraverso la valutazione dei progetti presentati da parte di un'apposita commissione nominata dall'autorità di gestione e resa pubblica sul sito istituzionale.»;
il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 5 ottobre 2017, n. 434, aveva designato i responsabili degli organismi di gestione e controllo del piano stralcio «Cultura e Turismo» FSC 2014-2020 e, nello specifico, per l'autorità di gestione il dirigente pro tempore del servizio II del Segretariato generale, architetto Dora Di Francesco;
la menzionata carenza di informazioni non ha consentito agli interroganti di poter stabilire se la responsabilità dell'autorità di gestione sia rimasta in capo all'architetto Di Francesco, a seguito della menzionata riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, e se tale commissione sia stata effettivamente nominata, come stabilito dal menzionato articolo 5, in considerazione della mancata pubblicazione dei nominativi dei suoi membri –:
quali informazioni possa fornire il Ministro interrogato su quanto specificato in premessa;
quale sia l'attuale stato di avanzamento dell'istruttoria delle richieste pervenute;
quali siano i termini previsti per la chiusura della fase istruttoria e per la pubblicazione della relativa graduatoria.
(4-07795)
MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi determinata dalla pandemia da Covid-19 è quello della cultura;
in particolare, il comparto dell'industria musicale e dell'intrattenimento ha gravemente risentito delle misure adottate per contenere il diffondersi del virus e ciò non solo a causa dell'arresto imposto a manifestazioni e concerti dal vivo, ma anche in ragione della indiretta sospensione di tutti i processi produttivi legati alla musica e della chiusura delle attività commerciali, tra cui i rivenditori di musica registrata, e dei luoghi di aggregazione nei quali si usufruisce di musica registrata o dal vivo, comportando gravi conseguenze anche in termini di corresponsione dei diritti d'autore e connessi;
in termini occupazionali, l'emergenza sanitaria ha penalizzato l'attività di circa 350.000 persone che lavorano nel mondo dello spettacolo e della cultura, in larga parte proprio nel settore musicale, non solo artisti e musicisti ma anche produttori, tecnici, operai, macchinisti, fonici, tecnici di sala di registrazione, titolari e dipendenti di esercizi commerciali di prodotti musicali;
l'articolo 89 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo due fondi per le emergenze nei settori dello spettacolo e del cinema e audiovisivo, con dotazione complessiva di 130 milioni di euro, successivamente ampliata da ulteriori provvedimenti adottati dal Governo;
con il decreto ministeriale n. 380 del 5 agosto 2020 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha destinato una parte delle risorse del fondo emergenze di parte corrente sopra citato al sostegno degli operatori dell'industria musicale, discografica e fonografica;
il decreto ministeriale individua quali beneficiari dei contributi esclusivamente le attività aventi i codici ATECO 59.20.10 (edizione di registrazioni sonore), 18.20.00 (edizione di supporti registrati), 59.20.20 (edizione di musica stampata) o 59.20.30 (studi di registrazione sonora), escludendo molti dei codici normalmente utilizzati proprio dai produttori discografici e fonografici a cui le misure di ristoro sono rivolte;
inoltre, anche coloro che hanno presentato domanda di ristoro, secondo le indicazioni del decreto, non risulta all'interrogante abbiano ancora percepito il contributo previsto;
consta all'interrogante che attualmente diverse domande risultino ammesse con riserva per la verifica della regolarità del Documento Unico di Regolarità Contributiva, riserva rispetto alla quale non si conoscono le tempistiche e modalità future di erogazione, mentre altre istanze risultino rigettate –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali si prevede siano le tempistiche per l'effettiva erogazione dei contributi previsti dal decreto ministeriale n. 380 del 5 agosto 2020;
quali ulteriori iniziative intenda adottare al fine di assicurare un adeguato ristoro anche agli operatori erroneamente esclusi dall'ambito di applicazione del decreto ministeriale n. 380 del 5 agosto 2020, superando le criticità emerse nell'attuazione e applicazione di quest'ultimo.
(4-07826)
PETTARIN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
nel 2015 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha indetto un bando per le figure professionali nel campo dell'artigianato artistico musicale e, in particolare, per il settore dell'organaria, orientato all'ottenimento della qualifica di restauratore, per la quale è stato pubblicato un elenco nel 2018;
quello dell'organario è un mestiere antico, di nicchia, ma di grande valore, un mestiere che si apprende ancora a bottega e per il quale necessitano competenze non solo manuali, ma anche grande sensibilità musicale. Doti queste che si riscontrano nei professionisti che esercitano il loro lavoro con pazienza e dedizione, preservando ed alimentando il patrimonio organistico conservato nelle chiese di tutta Italia;
dall'elenco del 2018, e quindi dalla qualifica di restauratore, rimanevano esclusi una decina di professionisti (peraltro già in possesso della qualifica di collaboratore/tecnico del restauro, rilasciata sempre dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo), non perché inidonei, ma per cavilli burocratici, legati perlopiù al mal funzionamento del portale del Ministero, dal quale inviare la domanda prevista dal bando;
il ministero ha altresì indetto un bando nel 2019, che prevede una prova di idoneità per poter conseguire la qualifica di restauratore, ma del quale non si conoscono ancora tempi e modi di svolgimento, vista anche la situazione di emergenza COVID in cui si è calati in questo momento;
i professionisti esclusi dalla pubblicazione dell'elenco restauratori hanno visto preclusa la possibilità di poter continuare il proprio lavoro in autonomia poiché, nella fase transitoria che dura ormai da un paio di anni, per eseguire lavori di restauro, si devono avvalere del supporto di una terza persona (con qualifica di restauratore) per la firma dei progetti, pena la mancata autorizzazione degli stessi da parte delle soprintendenze;
le competenze professionali degli esclusi sono rimaste tali, anzi sono aumentate nel tempo. Non così per alcune figure di restauratori, che non possono vantare anni di esperienza «sul campo», ma solo titolo acquisito scolasticamente e che si trovano solo ad apporre una firma a progetti e a sottoscrivere lavori ideati e poi eseguiti da altri;
tutto ciò ha creato e crea una situazione di disagio lavorativo che non trova soluzione –:
se il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo possa impegnarsi ufficialmente, fin d'ora, a convocare le prove di idoneità previste nel bando del 2019 appena sarà nuovamente possibile effettuare concorsi in presenza;
se possa mettere in atto fin da subito ogni sforzo per poter dare continuità alle professionalità degli organari esclusi, prendendo in considerazione anche una sanatoria che, in tempi brevi, previa valutazione dei requisiti, possa dar loro modo di acquisire la qualifica di restauratori e rendere giustizia a chi ha sempre lavorato con impegno e coscienza, ma che ora non può più farlo, per questione meramente burocratica;
quali iniziative siano previste per tutelare la professionalità di tutti gli artigiani organari.
(4-07834)
DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nella tarda mattina del 4 dicembre 2020 i Carabinieri di Albenga procedevano all'arresto presso la propria abitazione di un ragazzo di 33 anni, Emanuel Scalabrin;
la compagna di Scalabrin, presente all'arresto, ha riferito alla zia di abusi e violenze a cui lo stesso sarebbe stato sottoposto da alcuni militari in borghese;
in particolare sarebbe stato trascinato e immobilizzato su un letto, dove sarebbe stato colpito in ogni parte del corpo: torace, addome, schiena e volto;
i carabinieri intervenuti sostengono che Scalabrin avrebbe opposto resistenza all'arresto e avrebbero quindi dovuto agire di conseguenza;
Scalabrin avrebbe urlato e chiesto aiuto, pallido in volto e con crisi respiratorie, mentre la sua compagna Giulia avrebbe implorato i Carabinieri di fermarsi;
secondo la comunicazione della notizia di reato al magistrato, questa fase di contenimento del ragazzo sul letto sarebbe durata ben 30 minuti;
successivamente Scalabrin è stato tradotto nella cella di sicurezza della caserma dei carabinieri di Albenga, dove verso sera verrà chiamata la guardia medica a causa dello stato di malore lamentato dallo stesso;
secondo fonti giornalistiche la visita medica sarebbe durata circa un'ora e, avendo riscontrato pressione arteriosa e cardiaca elevata con conseguente tachicardia, il personale sanitario intervenuto ha richiesto ai carabinieri il trasferimento in ospedale, al pronto soccorso, per procedere con degli accertamenti sulle sue condizioni cliniche;
sempre dalle medesime fonti si apprende che la visita al pronto soccorso dell'ospedale di Pietra Ligure sarebbe durata pochi minuti, compreso il tempo di compilare la cartella clinica del paziente;
riportato in caserma, Scalabrin è stato nuovamente condotto in cella e solamente alle 11 del mattino successivo i militari ne hanno constatato il decesso;
a parere dell'interrogante sono troppe le circostanze anomale in questa drammatica vicenda, sulla quale è stata aperta una indagine da parte della procura di Savona, a partire dalla dichiarazione, che sarebbe agli atti, circa il costante monitoraggio a cui sarebbe stato sottoposto lo Scalabrin in stato di fermo, attraverso la telecamera posta nella cella di detenzione della caserma di Albenga, circostanza che non ha potuto trovare conferma stante l'assenza dell'hard disk del dispositivo di videosorveglianza, come sarebbe stato accertato dalla società che lo aveva installato;
secondo i legali della famiglia del ragazzo al momento non si è neppure in grado di conoscere l'ora in cui è avvenuto il decesso;
pur essendo compito della magistratura accertare le eventuali condotte e responsabilità che possono aver provocato la morte di Emanuel Scalabrin, possono essere nel frattempo avviate da parte delle autorità competenti attività dirette a verificare almeno alcune delle circostanze di questa drammatica vicenda –:
quali iniziative di competenza intendano intraprendere, in relazione ai fatti esposti in premessa, e se sono a conoscenza, quanto al Ministro della difesa, di provvedimenti assunti dal comandante generale dei carabinieri volti ad approfondire, anche tramite inchieste interne, quanto accaduto durante le fasi di arresto di Emanuel Scalabrin e delle sua detenzione presso la cella di sicurezza nella caserma di Albenga, dove Scalabrin è stato ritrovato senza vita il giorno dopo l'arresto e, quanto al Ministro della salute, di ispezioni da parte della direzione sanitaria dell'ospedale di Pietra Ligure o da parte del dicastero da lui diretto con riferimento alla brevissima visita e al mancato ricovero nello stesso ospedale, al fine di chiarire, per quanto di competenza, ogni anomalia e incongruenza denunciata dalla famiglia e dai legali dello stesso Emanuel Scalabrin.
(4-07811)
FASSINA. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
Elbit Systems Ltd., azienda leader del complesso militare-industriale israeliano, ha annunciato di aver vinto un contratto del valore di 95 milioni di dollari per fornire a «un Paese europeo» un Rotary-Wing Mission Training Center (R-W MTC), cioè un centro di addestramento elicotteri e relativi servizi d'addestramento per i piloti e gli equipaggi dei velivoli di Aeronautica, Esercito e Marina militare. Il contratto avrà una durata di nove anni, con l'opzione di estendere i servizi di manutenzione dell'R-W MTC per altri dieci;
è top secret il nome del Paese a cui l'azienda israeliana fornirà le apparecchiature tecnologiche e i servizi addestrativi, ma secondo alcune testate specialistiche nel settore anni e difesa è presumibile che sia proprio il Ministero della difesa italiano ad aver sottoscritto il contratto multimilionario;
meno di un mese fa Elbit ha sottoscritto un contratto di 50 milioni di euro con l'agenzia Frontex dell'Unione europea per la fornitura di droni «Hermes», per il controllo delle frontiere marittime contro le imbarcazioni di migranti in fuga dal continente africano. Gli «Hermes» possono essere convertiti anche in droni-killer –:
se il Ministro interrogato confermi le affermazioni citate in premessa circa il contratto tra il Ministero della difesa e la società israeliana Elbit Systems Ltd per l'allestimento di un centro di addestramento elicotteri e relativi servizi d'addestramento per i piloti e gli equipaggi dei velivoli di Aeronautica, Esercito e Marina militare.
(4-07822)
RIPANI. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
con il decreto legislativo n. 177 del 2016, emanato in attuazione della cosiddetta «Riforma Madia», è stato soppresso il Corpo Forestale dello Stato e gran parte del suo personale – circa l'80 per cento – è stato trasferito all'Arma dei Carabinieri;
pertanto, un corpo altamente specializzato a ordinamento civile è stato «militarizzato» e, di conseguenza, i suoi membri hanno subito un rilevante mutamento di status ed un'altrettanto rilevante modifica del rapporto di lavoro in termini di riconoscimento e attribuzione di poteri da parte dell'ordinamento giuridico;
ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 177 del 2016, l'Arma dei Carabinieri è subentrata a tutti i contratti attivi e passivi in essere, ivi compresi quelli del personale del Comando per la Tutela della Biodiversità e dei Parchi, che coordina i tre neo istituiti Raggruppamenti Biodiversità, Parchi e Cites;
le assunzioni e il trattamento economico del personale del comando, di cui il Corpo Forestale si avvaleva per la tutela dei parchi nazionali, delle riserve naturali e per garantire l'applicazione della convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, sono regolamentati da contratti di diritto privato ormai «obsoleti»;
infatti, tali lavoratori non beneficiano del rinnovo contrattuale da 8 anni e solo di recente è stato riaperto il tavolo della trattativa sindacale che ancora non ha dato esiti;
il personale operaio assunto a tempo indeterminato (OTI) dei reparti carabinieri per la biodiversità, a quanto risulta all'interrogante, registra criticità in ordine al trattamento economico, casistica infortuni e malattia, gestione delle I buste paga, mensa e buoni pasto, dotazione di vestiario, ritardi nella corresponsione di indennità e rimborsi, su cui è necessario intervenire prontamente. Gli operai Utb sono circa 250 in Toscana, 1300 a livello nazionale;
si parla di una riforma necessaria che, oltre ad offrire loro il giusto riconoscimento lavorativo ed economico, rappresenta un importante strumento per supportare il complessivo rilancio delle politiche ambientali, in linea con gli obiettivi dell'Unione europea e della Strategia forestale nazionale –:
se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e come intenda procedere per accelerare le trattative sindacali già in essere.
(4-07832)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta orale:
GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'istituto nazionale previdenza sociale (Inps) nei giorni scorsi ha iniziato ad inviare ad un numero ancora ignoto di destinatari, fra pensionati, titolari di assegno di disoccupazione e percettori di indennità di cassa integrazione, una comunicazione che «annulla e sostituisce» la Certificazione unica 2020 che gli era stata recapitata nei mesi scorsi e che era stata usata per la compilazione della loro dichiarazione dei redditi, perché «le somme certificate non corrispondono a quelle effettivamente erogate o trattenute nel 2019»;
allo stesso modo, tale errore nella comunicazione dei dati reddituali causato dall'Inps ha coinvolto anche chi ha optato per la dichiarazione precompilata fornita sul proprio sito dall'Agenzia delle entrate, innescando così un cortocircuito nei confronti di quei cittadini che, fidandosi di quanto comunicato da strutture pubbliche che hanno accesso all'Anagrafe tributaria, hanno semplicemente confermato, senza apporre alcuna modifica, quanto contenuto nella loro posizione personale presente sul portale; ciò anche per non incorrere in controlli e/o contestazioni da parte del fisco, come peraltro è previsto dalle norme della dichiarazione precompilata resa disponibile al contribuente in base all'articolo 1 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175;
tale Certificazione unica 2020 rettificata, inviata solo in questi giorni, obbligherà pertanto i destinatari, direttamente o tramite i professionisti, i Caf e i patronati, a ripresentare la propria dichiarazione dei redditi oltre il termine del 10 dicembre 2020, sanando la propria posizione attraverso l'istituto del ravvedimento operoso per dichiarazione tardiva entro i 90 giorni della scadenza ordinaria (cioè il 10 marzo 2021), con il pagamento della relativa sanzione ridotta; nel caso in cui, invece, oltre alla tardività della presentazione si verifichi anche un carente o tardivo versamento delle tasse (quindi, dopo il 10 marzo 2020), l'esito a carico del contribuente sarà anche una sanzione per omesso versamento –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per verificare il numero di Certificazioni uniche errate inviate dall'Inps sul totale dei potenziali destinatari (un bacino di circa 19 milioni di italiani, di cui 15,5 milioni di pensionati) e per evitare che gli errori commessi dall'Inps anche per il tramite della dichiarazione precompilata a cura dell'Agenzia delle entrate, debbano ricadere sui cittadini-contribuenti, sia in termini di maggiori adempimenti, sia in termini di sanzioni a loro carico.
(3-01970)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
secondo l'articolo 1, comma 741, della legge n. 160 del 2019, con riguardo all'Imu, «Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile»;
numerosi comuni escludono però la interpretazione del Ministero dell'economia e delle finanze sull'agevolazione Imu per coniugi con residenze in comuni diversi o con due immobili nello stesso comune. In pratica se un coniuge si sposta di città o paese per lavoro, lasciando moglie e figli nell'abitazione principale, perde l'agevolazione. Se un coniuge tarda a cambiare residenza per motivi logistici, per tutto il tempo del ritardo, viene meno l'agevolazione. Stessa sorte accade se si verifica la fattispecie di due coniugi con residenze disgiunte nello stesso comune –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per dare un'interpretazione autentica e univoca circa l'esenzione dell'Imu prima casa, specie per i nuclei familiari disgiunti aventi due immobili nello stesso comune o in comuni diversi.
(5-05191)
BITONCI, CENTEMERO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
destano non poche preoccupazioni per le piccole e medie imprese, le partite Iva e le famiglie in generale, le nuove regole europee sui depositi bancari;
dal prossimo 1° gennaio 2020 sembra non siano più ammessi neanche piccoli sconfinamenti sui conti correnti, con la conseguenza che gli addebiti automatici non saranno più consentiti se i titolari non avranno sufficiente liquidità disponibile sui propri conti;
ciò è la conseguenza dell'entrata in vigore delle nuove norme dettate dall'Eba – European Banking Authority – l'Autorità bancaria europea, le quali impongono anche alla banca, dopo tre mesi di mancati pagamenti da soli 100 euro ciascuno, di segnalare il cliente «in rosso» alla Centrale rischi e di classificare tutta la sua esposizione come «crediti malati»;
a lanciare l'allarme è stata Unimpresa, che ha posto l'attenzione sul pericolo di un improvviso stop a tutta una serie di pagamenti, sottolineando la criticità «per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia Covid-19, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui»;
indubbiamente, si corre il rischio di una fortissima stretta al credito, quale inevitabile conseguenza della segnalazione di cattivo pagatore alla Centrale rischi, proprio in un momento in cui la crisi economica derivante dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 richiederebbe regole meno severe;
a parere degli interroganti è impensabile che un privato, una partita Iva o un'azienda possa venire segnalata alla Centrale rischi della Banca d'Italia per sconfinamenti di entità limitata, quasi irrisori; si tratterebbe di strangolare l'economia, specie nell'attuale fase pandemica, dal momento che la classificazione di un'impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le esposizioni nei confronti della banca, con probabili ripercussioni negative anche su altre imprese ad essa economicamente collegate ed esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario –:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di scongiurare i rischi esposti in premessa e sostenere famiglie, aziende e partite Iva nell'accesso al credito, in specie nella fase di ripresa economica post pandemia e, in particolare, se non intenda promuovere, per quanto di competenza, la possibilità di innalzare adeguatamente le soglie di segnalazione per i conti correnti in rosso proprio nell'ottica di evitare un ulteriore aggravio dell'attuale situazione economica di molte famiglie, partite Iva ed imprese italiane.
(5-05197)
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
tenuto conto della crisi economica conseguente all'emergenza epidemiologica da Sars-CoV2, il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, ha previsto particolari facilitazioni in relazione alle agevolazioni prima casa;
in particolare, l'articolo 24 testualmente prevede: «I termini previsti dalla nota II-bis all'articolo 1 della tariffa parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nonché il termine previsto dall'articolo 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ai fini del riconoscimento del credito d'imposta per il riacquisto della prima casa, sono sospesi nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020»;
in considerazione del perdurare della crisi pandemica e, di conseguenza, di quella economica, la proroga ivi disposta di un anno sembra una tempistica troppo ristretta anche in riferimento alle imposizioni di lockdown ancora in essere;
la mobilità ridotta, le misure di contenimento e l'incertezza del mercato immobiliare non permettono, infatti, di determinare serenamente e rapidamente l'acquisto di nuovi immobili, anche al fine di non perdere le agevolazioni spettanti –:
se il Governo intenda adottare iniziative volte a prorogare ulteriormente il termine di sospensione attualmente previsto per legge, così da agevolare quanti sono interessati ad acquistare una nuova abitazione e mitigare i tanti effetti che la crisi pandemica ha generato nell'ultimo anno.
(4-07788)
VARCHI, FERRO e LUCASELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
se è vero che con i 209 miliardi del Recovery Fund, di cui 82 a fondo perduto e 127 di prestiti, «l'Italia può reinventarsi ancora una volta», usando le parole della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e se è vero che la ripresa dell'Italia è importante per tutta l'Europa, come ha riconosciuto lei stessa, è altrettanto vero che tale ripresa deve iniziare dal rilancio del nostro Mezzogiorno;
in particolare, solo per fare alcuni esempi, tra le priorità del nostro piano nazionale non possono mancare il superamento del divario infrastrutturale tra nord e sud, con idonei investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali (strade e autostrade, porti e aeroporti, scuole e ospedali, banda larga e ultralarga), la riduzione del gap occupazionale e nell'accesso ai servizi e beni pubblici;
e non solo, le regioni meridionali possono vantare un patrimonio naturale, storico e artistico che costituisce una grossa risorsa per il turismo, tuttora la nostra prima industria nazionale, ma senza una riqualificazione di tale risorsa naturale, l'offerta non riuscirà ad attrarre nel prossimo futuro un turismo di qualità;
fra le priorità, un ruolo decisivo spetta alla «transizione digitale»: in attesa che siano finalmente realizzate le infrastrutture materiali necessarie, un Internet più veloce può «accorciare» le distanze fra il Sud e il resto dell'Italia e dell'Europa, incentivando le comunicazioni e specialmente il commercio dei nostri prodotti alimentari, sostenuti da un'agricoltura sempre più biologica;
per «reinventare» l'Italia a partire dal Mezzogiorno, occorre infine una riforma sociale incentrata sul contrasto al degrado dell'ecosistema, sulla lotta alla povertà e alle disuguaglianze e sul rilancio della natalità: da un recente rapporto della Caritas e di Legambiente, è emerso che il 60,1 per cento della popolazione meridionale vive sotto livelli accettabili; così come, secondo dati Istat, nel 2019 non solo si è registrato il minor numero di nascite di sempre, ma è avvenuto anche il ricambio naturale più basso degli ultimi 102 anni, con il Sud alle prese con una speranza di vita più bassa e un drammatico spopolamento;
perché tutto ciò sia possibile, per avviare e favorire la ripresa nazionale, l'Italia deve adeguare la ripartizione delle risorse europee tra le regioni secondo i criteri utilizzati dall'Europa stessa, quali popolazione, reddito pro capite e tasso medio di disoccupazione negli ultimi 5 anni;
proprio in base a questi criteri, all'Italia sono stati attribuiti 209 miliardi di euro, la quota più importante dell'ammontare totale: se il criterio fosse stato soltanto quello della popolazione, l'Italia avrebbe, infatti, ricevuto soltanto 97,5 miliardi di euro, i restanti 111,5 miliardi di euro sono stati attribuiti all'Italia perché il Mezzogiorno ha un reddito pro capite medio di 17 mila euro rispetto ai 33 del Centro-Nord, e un tasso di disoccupazione del 17 per cento rispetto al 7,6 per cento del Centro-Nord;
se le risorse del Recovery Fund assegnate all'Italia sono ben maggiori rispetto al solo criterio della popolazione lo si deve esclusivamente alle condizioni economiche della popolazione del Mezzogiorno, per cui sembra ovvio che il 70 per cento delle risorse complessive, calcolato in base ai suddetti criteri, debba andare al Mezzogiorno –:
se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in merito alla «questione meridionale» e, in particolare, alla ripartizione delle risorse del Recovery fund tra le regioni italiane secondo i citati criteri utilizzati dalla stessa Europa;
se non ritenga che la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza debba essere fatta con il coinvolgimento diretto delle regioni.
(4-07796)
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la strategia adottata dal Governo per la lotta all'evasione fiscale assume toni sempre più vessatori nei confronti dei commercianti;
dopo l'avvio della fase di richiesta del codice da parte dei consumatori, i negozianti si interrogano sulla possibilità di non aderire alla lotteria degli scontrini;
all'avvio del gioco a premi dal 1° gennaio 2021 che promette premi in denaro di importo consistente, consegue l'obbligo di adeguare i registratori di cassa già in uso, non solo quelli non ancora aggiornati alla memorizzazione e all'invio telematico dei corrispettivi, ma anche quelli già pronti all'avvio a pieno regime dello scontrino elettronico;
un adeguamento che non è gratuito e che comporta, in un periodo già pesante sul fronte economico, l'obbligo di sostenere nuovi costi;
l'adeguamento è obbligatorio anche per l'esercente che non intende acquisire il codice lotteria dei clienti, registrare e trasmettere il codice lotteria del cliente non è obbligatorio per l'esercente e l'omissione non è sanzionata. Questi, secondo quanto previsto dalla lettera c), articolo 20 del decreto n. 124 del 2019, potrà comunicare la circostanza all'Agenzia delle entrate in modalità telematica, tramite una sezione dedicata del portale Lotteria;
la segnalazione finirà nel calderone delle informazioni utilizzate sia dalla guardia di finanza che dall'Agenzia delle entrate per la messa a punto delle attività di analisi del rischio evasione;
l'analisi del rischio è uno dei fattori preliminari all'avvio dei controlli fiscali. Il punteggio di affidabilità del negoziante sarà quindi condizionato dalla delazione del cliente. La norma, sebbene non preveda una sanzione diretta nel caso di mancata adesione alla lotteria degli scontrini, apre la strada a controlli invasivi di Agenzia delle entrate e della guardia di finanza;
inoltre, è invece obbligatorio adeguare i registratori di cassa telematici. Le nuove regole tecniche sono contenute nel provvedimento dell'Agenzia delle entrate emanato il 30 giugno 2020, dopo la proroga prevista dal decreto «Rilancio» in materia di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri;
l'adeguamento del registratore di cassa non è a costo zero ed è questo l'aspetto che appesantisce l'avvio della lotteria degli scontrini. Il termine ultimo è quindi fissato al 1° gennaio 2021;
i negozianti sono costretti ad acquistare un lettore ottico, un aggiornamento del programma e un acquisto della licenza collegata con Agenzia delle entrate per un costo medio di 200/250 euro, Iva inclusa per registratore, da pagare al momento dell'installazione –:
se il Governo intenda adottare iniziative per predisporre rimborsi per gli esercenti costretti ad adeguare il proprio registratore di cassa.
(4-07808)
PATELLI, MOLINARI, RIXI, BENVENUTO, BOLDI, CAFFARATTO, GASTALDI, GIACCONE, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, LIUNI, MACCANTI, PETTAZZI e TIRAMANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
in ordine all'attuazione del programma del fondo sviluppo e coesione 2014-2019, il comma 7, articolo 44, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, prevede il 31 dicembre 2021 come termine ultimo per generare obbligazioni giuridicamente vincolanti, da parte delle amministrazioni (OGV), ai fini della realizzazione di interventi in relazione ai quali non si è ancora avviata la procedura di aggiudicazione;
la delibera Cipe n. 26 del 2018 stabilisce che le obbligazioni giuridicamente vincolanti devono essere assunte entro il 31 dicembre 2021, pena la revoca delle risorse assegnate ai relativi interventi. Per le infrastrutture, l'obbligazione giuridicamente vincolante s'intende assunta con l'intervento della proposta di aggiudicazione, ex articolo 33 del decreto legislativo n. 50 del 2016, ovvero di atto equivalente;
la complessa situazione causata dall'emergenza pandemica da COVID-19, che ha comportato, fra l'altro, notevoli slittamenti nello svolgimento delle attività d'ufficio della pubblica amministrazione, ha creato notevoli ostacoli nella concretizzazione dei percorsi amministrativi e delle attività di campo, necessari al completamento delle procedure previste per l'attivazione delle risorse FSC 2014-2020;
in particolare per il Piemonte, le recenti avversità atmosferiche del 2-3 ottobre 2020, hanno creato ingenti danni e hanno messo a dura prova amministrazioni e imprese delle province di Biella, Cuneo, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli, anche facendo crollare il ponte tra Romagnano Sesia e Gattinara, compromettendo così la viabilità di una zona che da circa 40 anni attende la realizzazione del collegamento stradale Masserano-Ghemme, cosiddetto Pedemontana piemontese;
le difficoltà riscontrate nella realizzazione di tale strada sono un esempio lampante delle difficoltà amministrative nell'attuale periodo, emergenziale: la necessità di doversi relazionare con circa 150 proprietari privati in pieno periodo di lockdown, ai fini della sottoscrizione dei verbali di accesso per la bonifica bellica, ha già provocato slittamenti nel cronoprogramma dei lavori, rallentati anche dalla fitta vegetazione arborea, il maltempo e la necessaria contestuale realizzazione di parte delle indagini archeologiche in area classificata ad alto rischio archeologico;
infatti, per la realizzazione della Pedemontana piemontese, le lunghe procedure burocratiche del nostro sistema degli appalti pubblici, aggravate dalla situazione emergenziale, rendono incerti i tempi per la conclusione del procedimento di approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, con conseguente localizzazione urbanistica e dichiarazione di pubblica utilità, anche in considerazione della necessità della contestuale espressione del parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai fini della prosecuzione e del completamento della restante parte delle indagini archeologiche; pertanto, visti i tempi di espletamento ed aggiudicazione di una gara d'appalto di tale importanza, difficilmente potrà essere rispettato il termine del 31 dicembre 2021 per l'aggiudicazione dei lavori, ai fini del mantenimento del finanziamento dei fondi FSC 2014-2020;
le associazioni di industriali e costruttori locali hanno coinvolto i parlamentari piemontesi in una richiesta unanime, affinché si proceda ad individuare un commissario straordinario, sul modello Genova, in grado di snellire l'iter procedurale dell'opera ed evitare il collasso del sistema produttivo biellese e valsesiano e delle relative filiere dell'edilizia, nonché l'impatto negativo sull'economia delle province di Biella, Vercelli e Novara;
nell'immediato, è alquanto urgente lo slittamento, almeno per i mesi dell'emergenza COVID-19, del termine per generare obbligazioni giuridicamente vincolanti, da parte delle amministrazioni, ai fini della realizzazione di interventi in relazione ai quali non si è ancora avviata la procedura di aggiudicazione –:
se i Ministri interrogati, nelle more della nomina di un commissario straordinario in grado di snellire l'iter procedurale per la realizzazione della Masserano-Ghemme, cosiddetta Pedemontana piemontese, intendano provvedere ad inserire nell'annunciato decreto-legge «proroga termini» lo slittamento del termine del 31 dicembre 2021, previsto per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti, ai fini del mantenimento del finanziamento dei fondi FSC 2014-2020, almeno per i mesi in cui l'emergenza COVID-19 ha rallentato tutte le attività d'ufficio delle pubbliche amministrazioni e le attività di campo.
(4-07809)
GUIDESI, BINELLI, ANDREUZZA, COLLA, DARA, FIORINI, GALLI, PETTAZZI, PIASTRA e SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
ad oggi le tabaccherie registrano gli stessi ricavi lordi degli ultimi 3-4 decenni sui prodotti che vendono per lo Stato (tabacchi 10 per cento, lotto 8 per cento, lotterie 8 per cento, valori Bollati 5 per cento), avendo però adempimenti e costi fissi più alti di anno in anno che mettono in difficoltà l'attività imprenditoriale delle rivendite;
il tabaccaio ha le caratteristiche di un funzionario dello Stato, per il ruolo che ricopre (capillare distribuzione, prezzi imposti dal monopolio, pochissima libertà di implementazione del fatturato, servizio alla cittadinanza) e, proprio in ragione di tale ruolo, non ha la possibilità di aumentare la sua marginalità o di selezionare i prodotti, né di ricorrere alla pubblicità per incentivare le vendite. Ciononostante non è riconosciuta a questo settore alcuna agevolazione fiscale o beneficio socio/sanitario e il tabaccaio viene equiparato in tutto e per tutto ad un imprenditore, con i connessi rischi di iniziativa economica, senza averne però le caratteristiche;
anche consentire per legge il pagamento con moneta elettronica dei generi di monopoli nelle tabaccherie, chiedendo agli esercenti di farsi carico delle spese, comporta dei costi significativi soprattutto se si considerano i margini imposti di guadagno e l'impossibilità di aumentare il prezzo di vendita dei prodotti. Facendo un esempio concreto: su un pacchetto di sigarette, il cui prezzo è di circa 5 euro, il costo di transazione medio è di 4 o 5 centesimi su un ricavo di 50 centesimi (0.8 per cento -1.0 per cento), al netto dei vari costi fissi come il canone di tenuta POS. In questo modo si obbliga un esercente a rinunciare al 15-20 per cento del suo ricavo lordo, soggetto quindi a successiva tassazione. Identico ragionamento vale per i valori bollati, il cui pagamento con moneta elettronica comporterebbe un costo aggiuntivo del 20 per cento;
si consideri da ultimo che ogni esercente deve avere un magazzino per i tabacchi pari al doppio dei bisogni settimanali per far fronte ad eventuali richieste improvvise della sua clientela e per non perdere quote di mercato, sempre più difficili da riconquistare. Questo magazzino, in sostanza, per lo Stato è stato venduto a prescindere dall'andamento dei flussi nella tabaccheria che, a differenza di quanto avviene per altri settori, non ha la possibilità di produrre un documento di «rimanenza» –:
se e quali iniziative urgenti intenda assumere per supportare questo importante settore commerciale, rivedendo eventualmente, per quanto di competenza, la normativa applicabile alle tabaccherie.
(4-07810)
BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
le fondazioni di origine bancaria sono sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze che esercita i poteri di controllo, ordinari e straordinari, previsti dal decreto legislativo n. 153 del 1999, e, in generale, verifica il rispetto della legge e degli statuti, la sana e prudente gestione delle fondazioni, la redditività dei patrimoni e l'effettiva tutela degli interessi contemplati dagli statuti;
il 22 aprile 2015 è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Acri (Associazione di fondazioni e di casse di risparmio spa), avente, tra l'altro, la ridefinizione degli aspetti della governance e, in particolare, i corrispettivi economici dei componenti i propri organi, le procedure di nomina dirette ad assicurare la presenza del genere meno rappresentato, le ipotesi di incompatibilità che possono compromettere il libero e indipendente svolgimento delle funzioni degli organi, tenuto conto, anche, degli incarichi politici;
lo statuto della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, all'articolo 12 (cause generali di ineleggibilità), prevede testualmente: «sono ineleggibili alla carica (...) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei ventiquattro mesi precedenti alla nomina le seguenti cariche: (...) h) esecutive o direttive di partito e movimento politico a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale»;
il 20 novembre 2020 è stato nominato nuovo consigliere Francesco Bicciato, scelto su una terna di candidati presentata dal sindaco del comune di Padova, ente designante previsto dallo statuto della fondazione;
nell'agosto 2017 nasce a Padova l'associazione politico-culturale denominata Orizzonti-Il futuro insieme con sede in Vicolo Cigolo n. 14b, il cui statuto, all'articolo 3 (natura e scopi), recita testualmente: «L'Associazione nasce dall'esperienza della Lista Lorenzoni, sindaco nelle elezioni amministrative di Padova del 2017 e, dal successo ottenuto, trae spunto e stimolo per un'ulteriore più stabile strutturazione»;
su Facebook, Orizzonti si definisce «organizzazione politica»; sul sito «prosecuzione della Lista Lorenzoni» ed attualmente annovera soci fondatori eletti alle amministrative del 2017 nel comune di Padova, definiti «punto di riferimento essenziale per la nostra azione», tra i quali componenti della giunta e consiglieri comunali, oltre al consigliere regionale Lorenzoni (ex vicesindaco di Padova) eletto alle regionali 2020;
il sito ufficiale riporta la composizione del suo primo consiglio direttivo con la presenza di Bicciato Francesco, definito dalla stessa Orizzonti «fondatore»;
lo stesso Bicciato, in un articolo dell'8 marzo 2018, «Il civismo di Orizzonti nel futuro della politica – Il movimento nato dalla lista Lorenzoni sindaco laboratorio nazionale», dichiarava: «è un movimento che deve incorporare i principi del centrosinistra. Ora partendo da questa bellezza culturale ci aspetta la costruzione di un soggetto politico originale, che oggi è fatto di civismo e di partiti»; in un successivo articolo de Il Mattino di Padova del 13 febbraio 2020, dichiarava di supportare e sostenere il progetto complessivo portato avanti da Arturo Lorenzoni, candidato presidente alle regionali ed eletto consigliere;
nel post Facebook del 21 novembre scorso, in occasione della nomina in Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, l'organizzazione politica Orizzonti-Il futuro insieme scriveva: «congratulazioni e buon lavoro al “nostro” Francesco Bicciato per questo nuovo ed importante ruolo» –:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per quanto di competenza e in relazione ai propri poteri di vigilanza, in ordine all'eventuale ineleggibilità di Francesco Bicciato ai sensi dell'articolo 12 dello statuto della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, accertando se, nei 24 mesi antecedenti alla nomina in Fondazione ovvero precedenti la data dell'accettazione della designazione, avesse ancora una carica direttiva nell'associazione/movimento/organizzazione politica Orizzonti-Il futuro insieme;
se non ritenga che l'impegno e l'attivismo politico a livello locale, pubblicamente dichiarato dia Francesco Bicciato, ed il suo legame politico con Orizzonti e consiglieri comunali, assessori e consiglieri regionali espressione dell'organizzazione, possa compromettere il libero ed indipendente svolgimento delle funzioni di consigliere generale della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo.
(4-07839)
GIUSTIZIA
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
la sospensione delle attività giudiziarie, giustificata dall'esigenza di tutelare il bene primario della salute pubblica a fronte dell'emergenza da Covid-19, rischia di creare irreparabili danni soprattutto nell'ambito delle relazioni familiari;
le famiglie hanno, infatti, bisogno di avere risposte immediate, soprattutto quando si tratta di tutela dei diritti dei minori, per i quali, ad esempio, essere privati della presenza di uno o entrambi i genitori, perché magari affidati «temporaneamente» alle comunità, potrebbe produrre un pregiudizio irreparabile;
nonostante il Governo abbia previsto un sistema di celebrazione alternativo delle udienze, la maggior parte degli uffici giudiziari è rimasto fermo per mesi;
è il caso, ad esempio, che sta facendo molto discutere nel Luinese, di un padre che lotta da oltre un anno per poter riavere i propri figli, affidati ad una comunità dove la gestione viene definita «priva di regole, piena di pericoli e senza una base sanitaria adeguata sia fisica che psicologica»;
secondo la ricostruzione dei fatti, esposta dal legale del padre, nel luglio 2019 i servizi sociali, venuti a conoscenza di una coppia alle prese con una crisi coniugale culminata nell'abbandono della famiglia da parte della madre, informano il pubblico ministero che attiva la procedura d'urgenza con l'allontanamento dei figli minori dalla casa genitoriale;
a settembre 2019 viene fissata l'udienza in tribunale per i coniugi, al fine di valutare il provvedimento con cui era stata limitata la potestà genitoriale e da allora è iniziato un percorso di incontri tra gli assistenti sociali ed i genitori, che possono vedere i bambini solo in area protetta;
a fine 2019 i servizi sociali hanno consegnato la loro relazione al Tribunale, e da allora, nonostante i continui solleciti, le parti attendono di conoscere il destino dei bambini, che chiedono di poter tornare a casa dal padre;
secondo il legale del padre, sarebbe bastato un bicchiere di gelato sul tavolo e qualche indumento dei bambini sparso per la casa per definire l'ambiente familiare come diseducativo e pericoloso per la prole;
come si apprende da fonti di stampa, la denuncia più grave riguarderebbe gli abusi da parte degli operatori sociali che agiscono ricattando e mettendo in condizioni di soggezione e terrore psicologico i bambini, tanto che diverse famiglie, tutte vittime di questo «sistema», si sarebbero riunite raccogliendo prove inconfutabili;
sia pure con le opportune cautele, rimane prioritario il diritto dei bambini a tornare a casa, secondo il principio della «protezione del miglior interesse del minore», sancito dall'articolo 3 della convenzione di New York sulla protezione di diritti del fanciullo del 1989 e recepito dalla legislazione comunitaria e nazionale e dalla giurisprudenza;
esiste un numero enorme di genitori che sta piangendo per i figli strappati dalle loro braccia, a volte perché non in grado di esercitare la responsabilità genitoriale, ma a volte anche amorevoli, «imprigionati» in un sistema devastante, che per inerzia o inefficienza rischia di negargli per sempre il diritto a un'infanzia serena;
da troppi anni vengono denunciati casi eclatanti di adozioni mascherate, affidamenti «facili», servizi sociali incompetenti e case-famiglia inadeguate, con l'aggravante di un sistema giudiziario che rende di fatto impossibile ai genitori qualsiasi possibilità di intervento tempestivo e li obbliga a estenuanti percorsi giudiziari;
una delle pochissime inchieste sul tema, realizzata incrociando dati dell'università di Padova con quelli del Ministero della giustizia, parla di 160 mila bambini allontanati dai giudici negli ultimi vent'anni e la metà dei casi è stata archiviata;
al di là delle posizioni ideologiche e del periodo straordinario di emergenza sanitaria, quello degli allontanamenti dal nucleo familiare e degli affidi è un sistema da rivedere al più presto: l'affidamento ai servizi sociali dovrebbe essere solo la extrema ratio, cui ricorrere in casi d'urgenza, ed i bambini dovrebbero tornare al più presto nella loro famiglia naturale, come espressamente riconosciuto dalla Corte di Cassazione (4 novembre 2019, n. 28244), che ha rimarcato il principio secondo cui la «famiglia naturale» deve essere preferita alla comunità, che deve essere il riferimento soltanto per affidi temporanei –:
quali siano i dati aggiornati dei minori collocati fuori famiglia per decisione del tribunale dei minori, quanti di loro siano rientrati in famiglia e quale sia il tempo medio di permanenza nelle strutture di accoglienza;
se non ritenga necessario adottare iniziative normative per riformare il sistema degli allontanamenti dei minori dal nucleo familiare e degli affidi, al fine di garantire la piena attuazione del principio del diritto dei minori a vivere e crescere all'interno della famiglia;
se non si ritenga lesivo dei diritti dei bambini attendere per oltre un anno che le autorità giudiziarie si pronuncino su un provvedimento «temporaneo» e quali iniziative di competenza intenda adottare per superare i rallentamenti drammatici causati dalla pandemia;
se non ritenga necessario aprire una riflessione, anche in un'ottica di spending review, sul sistema delle comunità e dei costi esorbitanti, non più sostenibili, a carico della collettività.
(2-01036) «Bellucci».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
il 9 dicembre 2020, è stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale n. 267, con la quale la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione), convertito, con modificazioni, nella legge 23 maggio 1997, n. 135, nella parte in cui non prevede che il Ministero della giustizia rimborsi le spese di patrocinio legale al giudice di pace nelle ipotesi e alle condizioni stabilite dalla norma stessa;
il Tar del Lazio aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, in riferimento agli articoli 3, 97, 104, primo comma, 107 e 108, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non riconosce ai funzionari onorari con funzioni equivalenti a quelle dei funzionari di ruolo – e specificamente al giudice di pace – il diritto al rimborso riconosciuto ai dipendenti statali per le spese legali sostenute nei giudizi di responsabilità, quando questi siano stati promossi per fatti di servizio e si siano conclusi con accertamento negativo della responsabilità;
ad avviso del rimettente, la mancata previsione del rimborso determinerebbe un'irragionevole disparità di trattamento in danno dei funzionari onorari e ciò si tradurrebbe, riguardo ai magistrati onorari, in una lesione dell'indipendenza, oltre che in un ostacolo al buon andamento dell'amministrazione della giustizia;
nell'ordinanza di rimessione, il Tar del Lazio ha motivato sulla rilevanza delle questioni nei seguenti termini: posto che l'esclusione dei magistrati onorari dal novero dei soggetti che possono fruire del diritto al rimborso delle spese legali «costituisce l'unica ragione posta a fondamento dell'atto impugnato nel presente giudizio», la declaratoria di illegittimità costituzionale di tale esclusione comporterebbe l'annullamento dell'atto medesimo, «con conseguente obbligo della Amministrazione di rideterminarsi tenendo conto della astratta ammissibilità della ricorrente al beneficio, e procedendo quindi a valutare se sussistano, in concreto, i requisiti indicati dalla norma per concederle il rimborso delle spese legali»:
la Corte rileva che la norma censurata ha carattere eccezionale ed è di stretta interpretazione. Non è estendibile per analogia, ma l'estensione è stata precedentemente operata dal legislatore per specifiche categorie di funzionari onorari, come per gli amministratori degli enti locali, ai quali è riconosciuto a determinate condizioni;
la Corte di giustizia dell'Unione europea – con la sentenza 16 luglio 2020, causa C-658/18, UX – ha stabilito che il giudice di pace italiano rientra nella nozione di «giurisdizione di uno degli Stati membri» ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
la Corte di Lussemburgo, riportata la figura del giudice di pace alla nozione di «lavoratore a tempo determinato», ha stabilito, con riferimento al tema specifico delle ferie annuali retribuite, che differenze di trattamento rispetto al magistrato professionale non possono essere giustificate dalla sola temporaneità dell'incarico, ma unicamente «dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui detti magistrati devono assumere la responsabilità»;
secondo la Corte Costituzionale italiana, le differenze peculiari tra giudice di pace e magistrato ordinario non incidono sull'identità funzionale dei singoli atti che il giudice di pace compie nell'esercizio della funzione giurisdizionale, per quanto appunto rileva agli effetti del rimborso di cui alla norma censurata;
la ratio di tale istituto – individuata nella sentenza n. 189 del 2020, con richiamo al fine di «evitare che il pubblico dipendente possa subire condizionamenti in ragione delle conseguenze economiche di un procedimento giudiziario, anche laddove esso si concluda senza l'accertamento di responsabilità» – sussiste per l'attività giurisdizionale nel suo complesso, quale funzione essenziale dell'ordinamento giuridico, con pari intensità per il giudice professionale e per il giudice onorario;
in questo senso, come pure rilevato dalla medesima sentenza, il beneficio del rimborso delle spese di patrocinio «attiene non al rapporto di impiego [...] bensì al rapporto di servizio», trattandosi di un presidio della funzione, rispetto alla quale il profilo organico appare recessivo;
la Corte rileva come il giudice di pace si affianchi – limitatamente al giudizio di primo grado – alla magistratura ordinaria nell'auspicata prospettiva che questo più elevato livello, così realizzato, consenta una risposta più adeguata, da parte dell'ordine giudiziario nel suo complesso, alla sempre crescente domanda di giustizia (sentenza n. 150 del 1993);
attesa l'identità della funzione del giudicare, e la sua primaria importanza nel quadro costituzionale, è irragionevole per l'interpellante che il rimborso delle spese di patrocinio sia dalla legge riconosciuto al solo giudice «togato» e non anche al giudice di pace, mentre per entrambi ricorre, con eguale pregnanza, l'esigenza di garantire un'attività serena e imparziale, non condizionata dai rischi economici connessi ad eventuali e pur infondate azioni di responsabilità –:
se intenda adottare opportune iniziative normative per estendere il rimborso delle spese di patrocinio ai giudici di pace.
(2-01042) «Delmastro Delle Vedove».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
notizie di stampa informano che il Ministro interrogato ha provveduto a sostituire il dottor Giulio Romano alla direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
la posizione è rimasta a lungo vacante ed è stata ora affidata al dottor Gianfranco De Gesu, stimato dirigente dell'amministrazione penitenziaria;
l'incarico, che negli ultimi trentacinque anni è stato sempre ricoperto da magistrati, è stato ora affidato ad un dipendente dell'esecutivo;
l'interrogante ha sempre sostenuto la necessità di limitare al massimo gli incarichi fuori ruolo dei magistrati, ma le peculiari e delicatissime funzioni di questo specifico ruolo giustificano appieno che venga esso ricoperto da un magistrato;
il direttore generale dei detenuti gestisce in particolare l'applicazione del 41-bis nei nostri penitenziari;
in questa veste interloquisce quotidianamente con le procure su indagini delicatissime per le quali sono spesso necessarie azioni congiunte con la direzione generale nell'ambito della più assoluta segretezza;
vengono confidate al direttore generale le più delicate azioni investigative, che necessitano spesso di un intervento consapevole da parte di un soggetto, che non può non avere la sensibilità e la prontezza di un magistrato;
per altro verso, un dirigente penitenziario, a differenza del magistrato, non gode dello status che ne fa un soggetto autonomo ed indipendente dal potere esecutivo;
il dirigente penitenziario è soggetto al gradimento del Ministro in quanto dal Ministro dipendono la sua stessa riconferma nell'incarico, la possibilità di essere trasferito, prebende di carattere economico e di carriera;
ai dirigenti penitenziari in passato era giustamente affidato il ruolo di vice capo del dipartimento, destinato in concreto ad occuparsi di materie diverse da quelle trattate dalla direzione generale detenuti;
peraltro, con la nomina di un vice capo dipartimento magistrato, il Ministro, ad avviso dell'interrogante, ha deliberatamente sottratto alla dirigenza penitenziaria un ruolo che le è storicamente appartenuto;
il Ministro ha dunque, secondo l'interrogante, errato due volte: allora nominando un magistrato vice capo; oggi nominando un dirigente penitenziario a capo della direzione generale detenuti;
due errori che si sommano e che non si compensano;
alla luce di quanto sopra esposto, la decisione del ministro interrogato appare sorprendente –:
per quali motivi il Ministro, nella sua scelta, pur legittima, abbia inteso discostarsi dalla prassi consolidata di affidare ad un magistrato la direzione generale dei detenuti.
(5-05154)
VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
sono circa 5.000 i magistrati onorari, il secondo pilastro fondamentale per l'esercizio della giurisdizione, che consente di smaltire circa il 60 per cento del carico dei processi civili e penali: alcuni di questi professionisti lavorano anche da 20 anni, con gli stessi doveri dei magistrati ordinari ma senza averne gli stessi diritti assistenziali e previdenziali e percependo una retribuzione e indennità pari a circa un sesto di un magistrato ordinario;
il nostro appare un sistema drammaticamente bipolare, che, da un lato, continua a pagare decine di milioni di indennizzi per violazione del principio del giusto processo e, dall'altro, non sembra intenzionato a riformare il sistema; da un lato si serve, perché non può fame a meno, della magistratura onoraria per far funzionare la macchina della giustizia, ma, dall'altro, non è disposto a riconoscere ai giudici onorari i diritti spettanti;
come denunciato da Caterina Gallizia, membro dell'associazione di giudici onorari AssoGOT «Il nostro compenso dipende dalle udienze che riusciamo a fare. Riceviamo 98 euro lordi per ogni udienza. A Milano a fine mese la retribuzione non supera i 1000 euro netti, senza malattia né previdenza» e l'emergenza pandemica ha peggiorato questa condizione, con i giudici onorari che hanno rischiato il contagio senza alcuna tutela in caso di malattia;
il 16 luglio 2020 la Corte di giustizia europea ha riconosciuto ai magistrati onorari lo status di giudici europei e di lavoratori subordinati a tempo determinato con tutto ciò che ne consegue, ma, nonostante ciò, la proposta di legge all'esame del Senato sul tema, per gli interroganti, non solo non elimina alcuna delle criticità, ignorando totalmente quanto statuito dalla sentenza, ma rischia, se possibile, di peggiorarne la situazione;
la rottura definitiva è arrivata con le recenti dichiarazioni del Ministro Bonafede che, in risposta ad un'interrogazione parlamentare, ha precisato che «La distinzione tra magistrati professionali o togati e magistrati onorari è infatti basata sui seguenti indici: a) spontaneità dell'adesione di soggetti impegnati in altre occupazioni; [...] l'opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale »: si tratta di parole, secondo gli interroganti, inopportune che certificano il rifiuto categorico a stabilizzare i magistrati onorari, considerati di fatto «manovalanza» per mantenere il prestigio dei togati;
tali gravissime dichiarazioni hanno portato due giudici onorari di Palermo a iniziare uno sciopero della fame, a cui ha fatto eco un duro sciopero nazionale di tutta la categoria, pronta ad astenersi dalle udienze per tutto il mese di dicembre 2020, per ricordare come «da quindici anni, a causa della cronica carenza di organico e della sempre crescente domanda di giustizia, i magistrati onorari hanno fornito un contributo significativo alla giurisdizione, in assenza di un'adeguata tutela previdenziale ed assistenziale» (Associazione nazionale magistrati, documento GEC 22 aprile 2017) e che il loro impiego «costituisce una misura apprezzabile nell'ottica di un'efficiente amministrazione della giustizia ex artt. 97 e 111 Cost.» (Cassazione 4 dicembre 2017, n. 28937, secondo cui «i giudici onorari, sia in qualità di giudici monocratici che di componenti di un collegio, possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati, come si evince dall'art. 106 Cost.»);
«La legge è uguale per tutti», ma non per il magistrato onorario –:
quali siano le intenzioni del Governo in merito a una riforma organica della magistratura onoraria che vada nel senso di una definitiva stabilizzazione dei relativi professionisti come lavoratori subordinati, in linea con la sentenza del 16 luglio 2020 della Corte di giustizia europea.
(5-05176)
FERRO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il Ministero della giustizia ha ritenuto di individuare nella struttura della Fondazione Terina di Lamezia Terme la soluzione migliore per celebrare il processo Rinascita Scott, poiché l'esorbitante numero degli imputati (479), delle potenziali persone offese (205), dei difensori (circa 400) e del personale degli uffici giudiziari richiedeva spazi ed una logistica che nessuna struttura presente nel comune di Catanzaro poteva garantire;
il progetto della nuova aula bunker del distretto di Catanzaro è stato illustrato in occasione della conferenza permanente tenutasi il 15 luglio 2020 e, al momento, prevede un comodato d'uso a titolo gratuito della durata di 3 anni, ma, ovviamente, saranno necessari interventi di adeguamento funzionale (edili e impiantistici);
tale soluzione, seppur temporanea, è stata scelta anche per evitare che il maxiprocesso si celebrasse fuori regione e, quindi, in un contesto del tutto estraneo rispetto alle sue origini;
al di là della contingenza del momento, però, è impensabile che il distretto di Corte di appello di Catanzaro non abbia un'aula bunker, con il rischio di vedere smantellati equilibri e dinamiche giudiziarie e territoriali di non poco conto e diventando l'unico distretto d'Italia sprovvisto di un'aula bunker: una gravissima carenza per un territorio dove i maxiprocessi si celebrano da sempre;
l'acquisto dei locali della Fondazione Terina si rende, pertanto, necessario in ragione delle specifiche esigenze organizzative del Ministero della giustizia per affrontare, nell'immediato, alcuni dei processi più rilevanti ai fini della lotta alla criminalità organizzata nel territorio della regione Calabria e, per il futuro, per sopperire ad una carenza sistemica di strutture giudiziarie;
tali necessità, però, non possono essere soddisfatte nell'ambito dei normali programmi di edilizia giudiziaria e penitenziaria e, pertanto, necessitano di uno specifico finanziamento, stimato in circa 3 milioni di euro –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per garantire l'acquisto dei locali della Fondazione Mediterranea Terina di Lamezia Terme, per la realizzazione di un'aula bunker del distretto di Corte di appello di Catanzaro, quale luogo naturale per la celebrazione dei maxiprocessi.
(5-05178)
TATEO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
è notizia acclarata quella della forte protesta dei magistrati onorari, precari della giustizia da anni che rivendicano il diritto sacrosanto di lavorare in condizioni di vita migliori, riforme e riconoscimento di diritti fondamentali. Una protesta che sta dilagando in tutta Italia e che a Palermo ha spinto tre magistrati onorari a iniziare uno sciopero della fame. Le problematiche sono tante e i magistrati onorari hanno subito come una forte offesa le parole del Ministro della giustizia in risposta ad una interrogazione parlamentare;
la questione più spinosa è l'inattività del Governo a risolvere i problemi della magistratura onoraria italiana. Prova di questo è l'ulteriore rinvio, a gennaio 2021, dell'esame, in Commissione giustizia del Senato, di un testo di legge riformatore della materia. «Il suddetto testo, peraltro, tende a precarizzare ulteriormente la categoria assommando il rapporto di lavoro onorario a quello autonomo, contrariamente a quanto dettato dalla recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, che, nel luglio scorso, ha riconosciuto ai magistrati onorari italiani la qualifica di Giudici europei e di lavoratori, la cui disapplicazione, da parte del Governo italiano, comporterebbe l'avvio della procedura d'infrazione, con conseguente grave danno economico per l'intero Paese»;
a questo si aggiunge la risposta del Ministro della giustizia all'interrogazione parlamentare, nella quale ha dichiarato che la magistratura onoraria, oltre ad essere caratterizzata dalla spontaneità della adesione e dai caratteri di precarietà e temporaneità, ha la finalità di «contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale»;
le associazioni di categoria della magistratura onoraria segnalano e ribadiscono che i magistrati onorari stanno assolvendo ogni giorno, in questi ultimi mesi, caratterizzati dal dilagare dell'epidemia da Covid-19, nei tribunali italiani, allo svolgimento delle udienze civili e penali loro delegate dai capi degli uffici, senza alcuna tutela economica e previdenziale, e senza alcuna misura di sostegno o ristoro al reddito, in caso di assenza dal lavoro, previste per la maggior parte dei lavoratori dipendenti ed autonomi;
«Nell'offenderci – si legge nel comunicato della Consulta della magistratura onorari che ha la rappresentanza delle diverse associazioni –, per la prima volta, non si alza il vessillo dell'invarianza finanziaria» ormai poco credibile, a «fronte di somme – anche maggiori degli 80 milioni necessari a uscire dall'impasse – stanziate, esemplificativamente, per bonus risciò e monopattini», ma si afferma semplicemente che il magistrato onorario «è immeritevole di tutele, che non è un lavoratore e che non esiste per l'Ordinamento, poiché funzionale non all'efficienza del Sistema e al buon andamento della “res publica” bensì allo status della magistratura togata»;
persino il contributo di solidarietà di 600 euro, previsto per tre mensilità, «è stato, in moltissimi Uffici, negato per la fase successiva all'11 maggio o decurtato delle misere indennità percepite per i pochi giorni di attività prestata, quasi a punire il magistrato virtuoso» –:
quali siano le iniziative normative adottate e adottande dal Ministro interrogato per la rapida soluzione delle problematiche enunciate nelle premesse ed a favore di una tempestiva ed efficace risoluzione della precaria situazione in cui versa l'intera magistratura onoraria italiana prima che il sistema tracolli;
se intenda valutare anche il ricorso a iniziative normative urgenti per mantenere in servizio i magistrati onorari a tempo pieno e fino a 70 anni e riconoscere loro i diritti previdenziali, assistenziali e retributivi «compatibili con le funzioni esercitate».
(5-05179)
SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il carcere di Messina Gazzi è un istituto penitenziario di primaria importanza per la Sicilia e per l'intero Mezzogiorno;
il personale dell'istituto penitenziario, seppur con grandi difficoltà e con un sottodimensionamento di circa 50 unità, sta svolgendo il proprio lavoro in modo eccellente, al fine di garantire ai detenuti la possibilità di scontare la pena senza incorrere nel sovraffollamento che, purtroppo, contraddistingue molte carceri italiane;
la direzione dell'istituto penitenziario si è attrezzata per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, tanto che è stato allestito un reparto dedicato da utilizzare in caso di contagi per il completo isolamento dei detenuti ed esternamente è stata collocata una tenda pre-triage dedicata ai nuovi ingressi dei detenuti, al fine di accertarne accuratamente le condizioni cliniche;
nell'istituto penitenziario vi è un reparto di chirurgia che dal 2016 è stato dismesso e l'area nella quale insisteva è rimasta del tutto inutilizzata;
il reparto in questione possiede ancora i requisiti strutturali e tecnici per poter svolgere la sua funzione originaria;
attualmente, per sottoporre i detenuti ad interventi di chirurgia, l'istituto penitenziario di Messina Gazzi si avvale dei presidi dell'azienda ospedaliera Papardo, che dista circa 20 chilometri dal carcere, con un conseguente aggravio di risorse economiche e di personale occorrenti alla traduzione dei detenuti al di fuori della casa di detenzione e alla loro sorveglianza;
le recenti vicende relative alla scarcerazione di detenuti, alcuni dei quali reclusi in regime di 41-bis, dovrebbero suggerire al Ministro della giustizia di provvedere tempestivamente alla realizzazione di reparti clinici e di cura all'interno degli istituti penitenziari per poter bilanciare adeguatamente il principio del diritto alla salute con quello della sicurezza pubblica, garantendo l'assistenza all'interno delle carceri –:
se il Governo non ritenga necessario prevedere, per il carcere di Gazzi a Messina, iniziative urgenti per:
a) dotare l'organico della polizia penitenziaria delle 50 unità di personale mancanti;
b) riattivare tempestivamente il reparto di chirurgia già funzionante e clamorosamente dismesso dal 2016
(5-05192)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
con l'ordinanza del 23 novembre 2020, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha avviato la sperimentazione di voli con a bordo esclusivamente passeggeri con attestato di negatività al test molecolare o antigenico (cosiddetti voli «Covid-tested»);
la citata ordinanza circoscrive l'operatività del progetto, in sede di prima attuazione, ai voli con destinazione l'aeroporto internazionale «Leonardo da Vinci» di Roma Fiumicino, giusto il progetto proposto dall'ente gestore del medesimo aeroporto;
l'articolo 1 della predetta ordinanza consente alle persone in viaggio su voli «Covid-tested» operativi dagli aeroporti di Francoforte «Frankfurt am Main», Monaco di Baviera «Franz Josef Strauss» Atlanta «Hartsfield-Jackson», New York «John Fitzgerald Kennedy» e «Newark Liberty», con destinazione l'aeroporto internazionale «Leonardo da Vinci» di Roma Fiumicino, di fare ingresso nel territorio nazionale senza necessità, laddove previsto, di rispettare gli obblighi di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario previsti dalla legislazione emergenziale vigente;
agli interpellanti risulta che una analoga manifestazione di interesse sia intervenuta, in data 7 settembre 2020, da S.e.a. S.p.a, quale ente gestore dell'aeroporto di Milano-Malpensa, per comprendere nella sperimentazione anche lo scalo varesino, con l'eventuale creazione di corridoi sicuri dedicati al traffico extra-Unione europea;
il traffico passeggeri del sistema aeroportuale milanese (Malpensa e Linate), nei mesi estivi, ha registrato un lieve incremento rispetto alla stagione primaverile, ma, nonostante una lieve ripresa fisiologica in estate, la perdita dei flussi complessivi resta drammatica, pari a circa il 65 per cento in meno nel mese di agosto 2020;
i voli intercontinentali, particolarmente rilevanti per qualità e tipologia dei passeggeri e delle destinazioni (Usa, Emirati Arabi, Cina, anche Russia), sono particolarmente azzerati, e le stime complessive per i mesi autunnali non sono particolarmente incoraggianti;
alcune compagnie che operano nel lungo raggio per i voli extra Schengen si sono dichiarate pronte a riattivare, nella stagione invernale aeronautica, i collegamenti con l'aeroporto di Milano-Malpensa laddove vi siano le necessarie condizioni di sicurezza sanitaria con reciproco riconoscimento da parte dei Paesi interessati come origine o destinazione dei voli –:
per quali ragioni non sia stato incluso anche l'aeroporto di Milano-Malpensa nella sperimentazione di voli con a bordo esclusivamente passeggeri con attestato di negatività al test molecolare o antigenico (cosiddetti voli «Covid-tested»), considerata la rilevanza strategica dello scalo e la capacità di gestione dei flussi in totale sicurezza da esso dimostrata.
(2-01038) «Bianchi, Galli, Tarantino, Grimoldi, Molinari».
Interpellanza:
La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
nel comune di Termoli, il quartiere Rio Vivo, dove vivono migliaia di cittadini, è regolamentato dal Piano regolatore generale quale residenziale, con infrastrutture pubbliche primarie e secondarie. L'Agenzia del Demanio considera quei terreni come appartenenti al demanio marittimo, e ne chiede l'abbandono, oltre a risarcimenti per diversi milioni di euro;
di recente è intervenuta una sentenza della corte d'appello di Campobasso n. 291/20, promossa dall'Agenzia, che secondo l'interrogante inopinatamente ha accolto queste richieste. Tale sentenza è già stata impugnata davanti la Corte di Cassazione. Ma altri giudizi, aventi lo stesso oggetto, sono in fase di definizione presso la corte molisana. La vicenda ha origini ultracentenarie, risalenti al 1912 quando ci fu l'accordo tra comune di Termoli e lo Stato centrale circa l'attribuzione delle rispettive proprietà e fu attuata, la divisione fra «demanio marittimo» e «demanio patrimoniale», il primo pubblicistico, il secondo privatistico;
nella terminologia dell'epoca, con la parola «demanio» si intendeva qualsiasi proprietà dello Stato o di enti pubblici, a prescindere dalla loro qualificazione pubblicistica o privatistica. Con l'instaurazione del Catasto particellare (1934-36), la parte marittima fu intestata a «Demanio pubblico dello Stato – Ramo marina mercantile» e dunque pubblicistica, quella invece del demanio patrimoniale a «Demanio pubblico dello Stato – Antico Demanio» e dunque disponibile. Così rimase fino agli anni ‘80, quando la Capitaneria di Porto di Termoli cominciò a rivendicare anche la zona dell'Antico Demanio quale appartenente al demanio marittimo. La stessa questione fu mossa per la zona di Campomarino. Per quest'ultima, però, ci fu un'iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel settembre 2005, onde risolvere definitivamente la questione. Il risultato fu che, con il decreto-legge n. 80 del 2004, fu sancito, all'articolo 6, comma 2-bis, che «La fascia demaniale marittima compresa nel territorio del Comune di Campomarino (Campobasso) è delimitata con effetti retroattivi, secondo la linea di demarcazione definita sulla base delle risultanze catastali alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. L'attuazione in via amministrativa della ridefinizione della predetta linea di demarcazione è delegata all'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture»;
dopo tale disposizione, si addivenne ad una soluzione della vicenda. L'Agenzia del Demanio riconobbe l'efficacia e l'operatività della norma, estinguendo il giudizio di Cassazione in atto contro il comune, con rinuncia alle statuizioni di cui alle sentenze delle corti di merito (corte d'appello di Campobasso, sentenza n. 139 del 2003, già oggetto di ricorso per cassazione) nonché a qualsiasi altro diritto riconosciuto in altre sentenze, sia di merito, sia di legittimità. Tale accordo fu firmato per l'Agenzia del Demanio, dal direttore P.t. della Filiale del Molise, previa acquisizione del parere favorevole della direzione centrale area operativa, espresso in data 12 luglio 2005, con nota n. 2005/18425/NOR, parere conforme alla precedente nota del Ministero n. 2004/21354/NOR del 4 giugno 2004, con la quale si era comunicato che la problematica aveva trovato compiuta ed esaustiva definizione nella legge n. 140 del 2004;
poiché fino al 2008, non si era ancora provveduto alla sua attuazione in via amministrativa, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti quindi indirizzò una lettera – del 15 aprile 2008, prot. 16042/0008/S.M. – alla direttrice dell'Agenzia del Demanio, in cui spiegava che la legge n. 140 del 2004: 1) dava rilievo normativo all'intestazione catastale, riconoscendo la natura privatistica dell'Antico demanio; 2) doveva intendersi immediatamente operativa, essendo poi la delimitazione della zona marittima meramente un adempimento burocratico;
diversamente da Campomarino, per Termoli è continuato ancora oggi quello che appare all'interrogante un forte «accanimento» giudiziario, portato avanti dall'Agenzia del Demanio, con una serie di numerosissime cause. A questo punto, per risolvere ogni questione, nella legge n. 205 del 2017, articolo 1, comma 907, si è estesa la norma di Campomarino anche nei comuni di Termoli e San Salvo, a valere dalla stessa data del 2004 e con effetto retroattivo. Nonostante ciò, l'Agenzia del Demanio e l'Avvocatura hanno continuato a coltivare le cause contro gli abitanti di Rio Vivo non curanti anche del fatto che, dopo la legge n. 205 del 2017 si era riconosciuto la validità della dizione «Antico Demanio» quale proprietà statale di diritto privato;
tuttavia ora la corte d'appello di Campobasso, con sentenza n. 291 del 2020, ha dichiarato che la zona occupata dai privati e ritenuta patrimoniale ai sensi della legge n. 205 del 2017, appartiene invece al demanio marittimo, nonostante la predetta legge avesse permesso di risolvere le questioni demaniali del litorale abruzzese e molisano –:
se non si ritenga di intervenire, per quanto di competenza, presso l'Agenzia del Demanio e la Capitaneria di Porto di Termoli per recedere dalle cause in corso e affinché si attengano alle cogenti direttive del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per risolvere definitivamente la questione di cui in premessa.
(2-01040) «Tartaglione».
Interrogazione a risposta orale:
DONZELLI e BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'inizio dei lavori sulla tratta ferroviaria fra Prato e Bologna, avvenuto il 13 dicembre 2020, ha comportato, tra le altre cose, il blocco dei treni dalle 9 alle 16 nei giorni feriali sulla tratta Prato-Vernio, che saranno sostituiti con autobus fra Prato e San Benedetto Val di Sambro; un solo binario per tutta la durata dei lavori, che comporterà l'allungamento dei tempi di percorrenza, visto che i convogli provenienti da direzioni opposte si scambieranno nelle stazioni; tre fine settimana al mese e tre settimane consecutive nel mese di agosto 2020 (dal 7 al 29) di fermo totale dei treni (sostituiti con autobus). Per questo si sono rese necessarie modifiche al trasporto pubblico per i cittadini che vivono nelle zone della direttrice;
in tutto questo, i comitati hanno denunciato la totale mancanza di comunicazione sullo stato dei lavori e di coinvolgimento nella condivisione della razionalizzazione dei servizi di trasporto sostitutivi;
i sindaci dei comuni attraversati dalla linea, inoltre, hanno scritto una lettera per chiedere maggior dialogo e maggiori garanzie alla regione Toscana ed alla regione Emilia Romagna sugli interventi di mitigazione dei conseguenti disagi;
i pendolari in questa situazione sono stati di fatto abbandonati: treni soppressi e servizi sostitutivi sono risultati insufficienti, con l'aggravante di una comunicazione latitante. I lavori sarebbero dovuti iniziare nel giugno 2019: in tutto questo tempo nessuno ha pensato di comunicare i tempi dei vari slittamenti e con tempestività l'inizio dei lavori. Si tratta di opere che dureranno alcuni anni e non è in alcun modo accettabile gestire in questo modo le conseguenze –:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in narrativa;
se non intenda adottare iniziative di competenza, in raccordo con le regioni Toscana ed Emilia Romagna, promuovendo un tavolo di confronto con i comitati e i comuni interessati dalla tratta al fine di predisporre adeguati servizi sostitutivi, alla luce della lunga durata dei lavori e della conseguente strutturalità dei disagi.
(3-01967)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 652 di Fondo Valle Sangro (SS 652), nota anche come strada a scorrimento veloce (SSV) Sangrina è una strada statale italiana che ha inizio a Cerro al Volturno dalla strada statale 158 della Valle del Volturno e collega l'interno del Molise alla costa adriatica. Durante il tratto di strada, attraversa il territorio di Villa Santa Maria (Chieti) dove sorge l'omonimo ponte di circa tre chilometri, che con trentatré pilastri di altezza variabile dai 20 ai 106 metri domina il paese;
l'infrastruttura sin dall'inizio della sua costruzione è stata al centro di una battaglia da parte dei cittadini e delle associazioni locali che lamentavano problemi di sicurezza per le abitazioni sottostanti. Preoccupazioni che sono diventate concrete quando dal ponte già nel passato sono caduti calcinacci sui tetti e che si ripropongono ogni qualvolta si abbattono sull'area delle precipitazioni. Da dichiarazioni dei residenti si apprende: «Ogni volta che piove le nostre abitazioni diventano impraticabili. Su di esse si rovesciano fiumi d'acqua: alcune parti si allagano e siamo stati obbligati, a più riprese, a richiedere anche l'intervento dei vigili del fuoco»;
da un paio di anni sul medesimo mega viadotto, sono stati installati bocchettoni di scarico tra un pilone e l'altro e in entrambi i lati del pacchetto viario che raccolgono e convogliano le acque piovane che finiscono sulle case sottostanti. Questo fenomeno crea numerosi disagi tanto che i proprietari delle case non riescono né ad uscire né a rientrare, neppure con l'auto, e di fatto restano ostaggi di ondate di acqua;
risulta agli interroganti che alcuni di questi bocchettoni sarebbero rotti o otturati, aggravando la già difficile situazione. A ciò si aggiungono fondi agricoli sommersi dall'acqua con danni alle coltivazioni. Una situazione complessa dove ci sono ulteriori apprensioni per il rischio di danno ecologico che sarebbe causato dal continuo fluire di liquami creati dalla commistione delle acque con le scorie gassose e particolato depositato sul fondo della strada dalle migliaia di auto che quotidianamente attraversano l'impalcato;
per quanto sopra, da diverse segnalazioni pervenute agli interroganti, si è a conoscenza che le famiglie interessate dal problema avrebbero chiamato in causa l'Azienda nazionale autonoma delle strade (Anas), che ha eseguito i lavori e che ha competenze sulla strada senza aver ottenuto risultati, che sarebbero seguite diffide e ci sarebbero tutte le intenzioni di non abbassare la guardia da parte dei cittadini e soggetti coinvolti per sollecitare e ottenere la positiva definizione delle criticità;
per i proprietari dei terreni e delle case sarebbero da valutare risarcimenti per i danni ricevuti ormai da anni, che i cittadini, che abitano sotto il viadotto, siano inoltre garantiti dal pericolo costituito dallo scarico dei fumi, dalla caduta di pioggia, di ghiaccio e di tutto quanto altro nella strada si accumula per il passaggio di autoveicoli anche di grosse dimensioni –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e di quali ulteriori elementi dispongano;
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano adottare al fine di promuovere un intervento urgente del soggetto competente sul tratto stradale, nonché, anche con il coinvolgimento degli organismi regionali per la tutela dell'ambiente, al fine di avere quanto prima un quadro aggiornato sia sulle possibili azioni che possano porre rimedio alla caduta delle masse d'acqua, sia per la verifica della non pericolosità delle stesse sull'ecosistema interessato.
(5-05174)
FRAILIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende da organi di stampa che la Sogaer, società di gestione dell'aeroporto «Mario Mameli» di Cagliari, è riuscita a sopravvivere fino a oggi solo grazie alle sue forze; l'ipotesi all'orizzonte, a cui inevitabilmente si potrebbe andare incontro, è dover ridimensionare o addirittura rinunciare a una delle porte d'ingresso nell'isola con il conseguente isolamento per l'intera regione;
il lockdown è costato alla Sogaer, in termini di passeggeri, un calo dell'85 per cento tra marzo e agosto 2020. Sono stati investiti 250 mila euro per i misuratori di temperatura, macchinari per la sanificazione e per la sicurezza del personale dell'aeroporto. Inoltre, 540 lavoratori, tra operativi e amministrativi, si alternano in cassa integrazione ancora fino al 31 marzo 2021;
questa pandemia ha portato e porterà novità che entreranno a far parte della vita di tutti gli aeroporti in pianta stabile, come le mascherine e i test sanitari; ora, però, la cosa fondamentale è salvare gli aeroporti. A tal proposito Assoeroporti sembra abbia chiesto allo Stato aiuti per 800 milioni di euro;
ad oggi, da Cagliari non si stanno allontanando solo le compagnie aeree low cost, per l'impossibilità di programmare il futuro, ma si rischia di far scappare anche compagnie radicate nel territorio come KLM, British Airways, Lufthansa;
si prevedono danni gravissimi per il comparto, se non si riuscirà a programmare la prossima stagione. L'unica sicurezza al momento per l'isola è la collaborazione con gli altri due scali sardi;
la continuità territoriale è ancora una volta il nodo principale; a seguito di una decisione assunta da Alitalia, il drastico calo dei collegamenti aerei con il continente si è verificato anche a Cagliari e sono stati tagliati tre voli per Roma e due per Milano; Alitalia giustifica questo taglio dei collegamenti con la mancanza di passeggeri;
la regione ha presentato una proposta affinché si mettano a disposizione dei tre scali sardi 20 milioni di euro per risanare il comparto e far ripartire l'economia. La stessa, in Conferenza Stato-regioni, si è mobilitata ed, attraverso l'assessorato ai trasporti, ha sollevato il problema e cercato di aprire un dialogo sul tema anche se le risposte non sono ancora arrivate –:
quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato in ordine alle criticità rappresentate in premessa al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità agli abitanti della regione Sardegna, così da risollevare l'economia nell'isola perché oggi più che mai il presente preoccupa ma il futuro spaventa.
(5-05196)
BARBUTO, GRIPPA e MARAIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la sicurezza sui luoghi di lavoro, regolamentata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, garantisce ai lavoratori un ambiente lavorativo salubre e sicuro e stabilisce tutte le misure preventive e necessarie per ridurre al minimo i rischi connessi al lavoro;
il principio dettato dal testo unico, costituisce una priorità assoluta e non derogabile in ogni ambiente di lavoro, ivi compresi i cantieri ferroviari, tant'è vero che Rfi ha istituito, proprio in questi giorni, i «Safety Day»;
il rispetto delle norme sulla sicurezza, pertanto, deve sempre essere osservato e fatto osservare, soprattutto quando RFI appalta i lavori ditte esterne;
è notizia del 26 novembre 2020, la morte di Biagio Ritondale, 64 anni, investito da un mezzo d'opera nei pressi della stazione di Condofuri, durante lo svolgimento delle attività di rinnovo dei binari della linea Jonica, affidati all'impresa appaltatrice «Ventura»;
tragicamente, si può parlare della cronaca di una morte annunciata, atteso che, nello stesso cantiere di Condofuri, esattamente due mesi prima, ovvero il 25 settembre 2020, si era verificato un altro incidente mortale nel quale era rimasto vittima Francesco Ventura, 49 anni, un altro operaio dell'impresa «Ventura», stritolato dal macchinario spargi ghiaia in cui era rimasto intrappolato;
nonostante, in due mesi, due operai della medesima ditta siano rimasti uccisi nello stesso cantiere, mentre dalla fine del 2018 ad oggi nei cantieri di Rfi la media di incidenti mortali è di quasi uno al mese, sempre le medesime ditte continuano a vedersi affidati i lavori di manutenzione alla infrastruttura ferroviaria;
non è un caso, infatti, che in determinati contesti lavorativi, come quelli sopra rappresentati, si registri una clamorosa assenza di sindacalizzazione delle maestranze, di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e l'imposizione di orari e ritmi di lavoro massacranti, a discapito di un ambiente di lavoro salubre e sicuro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
quali siano i criteri che sono stati utilizzati per l'affidamento di appalti sulle linee ferroviarie a ditte esterne ed i controlli che sulle stesse vengono esercitati per l'accertamento del rispetto delle regole sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e quali iniziative di competenza intenda adottare per evitare che si registrino altre morti bianche nei cantieri di Rfi.
(5-05200)
Interrogazioni a risposta scritta:
ZOFFILI, LUCCHINI, CAPITANIO, DONINA, FURGIUELE, GIACOMETTI, MACCANTI, MORELLI, RIXI, TOMBOLATO, ZANELLA e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la Sardegna, con i suoi 24.090 chilometri quadrati, è una delle regioni più grandi d'Italia collocandosi al terzo posto dopo la Sicilia e il Piemonte; tuttavia, i collegamenti non rispettano la vastità geomorfologica dell'isola e, a causa della scarsità dei collegamenti, vaste zone, specie quelle interne, versano da sempre in stato di totale isolamento;
la strada statale 131, con un tracciato da superstrada ad alta percorrenza di circa 236,3 chilometri, collega i due capi dell'isola in direzione Nord-Sud, da Porto Torres a Cagliari, e, in totale mancanza di una autostrada nella regione, rappresenta l'arteria principale su cui si riversa tutto il traffico pesante; alcuni punti del tracciato sono di assoluta pericolosità, specie in prossimità dei centri abitati ove rischiosi incroci a raso diventano spesso teatro di incidenti mortali;
l'arteria, che viene percorsa giornalmente da una media di circa 20.000 autovetture, oltre ad un notevole traffico pesante, versa in uno stato di perenne carenza manutentiva che rende di fatto il tragitto più lungo e soprattutto più pericoloso;
in particolare, insistono in diversi tratti cantieri aperti da tempo, con lunghi restringimenti della carreggiata nei due sensi di marcia, come quello che si trova nei pressi di Bauladu, a circa metà della lunghezza della strada;
in altri tratti, lo stato del manto stradale presenta sfalsamenti e rattoppi per centinaia di metri che diventano insidie occulte, specie nei giorni di pioggia, come ad esempio il tratto subito dopo il bivio per Cossoine in direzione Sassari;
a fronte delle pessime condizioni della strada, che costituiscono un innegabile danno economico per svariate categorie di utenti, i cittadini locali lamentano il persistere di un comportamento passivo da parte dei responsabili preposti alla manutenzione, da cui potrebbero ravvisarsi estremi di responsabilità civile e penale rilevanti;
il perdurare del pessimo stato della strada statale 131, non solo pregiudica il collegamento tra i due capi dell'isola, ma incrementa la pericolosità di un'arteria ormai superata dall'attuale alta densità di traffico;
appare opportuna e non è più procrastinabile l'adozione da parte dell'Anas di apposite iniziative, idonee ad eliminare qualsiasi persistente situazione di pericolo lungo la strada, così da abbreviare i tempi di percorrenza del tragitto e, soprattutto, risolvere le annose situazioni di pericolo in prossimità dei centri abitati –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda chiarire lo stato dei lavori in corso e i motivi delle pessime condizioni del manto stradale della strada statale 131 e adottare iniziative immediate affinché l'Anas si attivi urgentemente per eliminare tutte le situazioni di pericolo che insistono lungo l'intero tracciato dell'arteria stradale ed in particolare in prossimità dei centri abitati.
(4-07791)
SERRACCHIANI e GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'interrogante già sottoponeva all'attenzione dei Ministri interrogato il tema del distacco transnazionale fra Stati membri, istituto abusato in Italia soprattutto nel settore dell'autotrasporto e che danneggia molto pesantemente le aziende virtuose con sede in Italia, perché consente una concorrenza sleale favorita dal differenziale di costo tra la contribuzione nazionale e quella di altre nazioni dell'Est Europa, in particolare Bulgaria e Romania;
il fenomeno di cui trattasi trae origine dalla precedente direttiva 16 dicembre 1996 n. 96/71/CE;
l'articolo 2, comma 7, secondo periodo, della citata direttiva stabiliva che: «Le indennità specifiche per il distacco sono considerate parte integrante del salario minimo, purché non siano versate a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, come le spese di viaggio, vitto e alloggio». Con successiva direttiva 15 maggio 2014, n. 2014/67/UE che nelle considerazioni richiama la sopra citata direttiva, lascia inalterata, non regolamentando diversamente la materia, il concetto di retribuzione e, di conseguenza, la questione delle indennità specifiche per il distacco (anche dette indennità di trasferta). Le due direttive qui citate vengono recepite dall'ordinamento giuridico con decreto legislativo n. 136 del 2016 che nulla dispone in merito al concetto di retribuzione;
sempre a tal riguardo, l'interrogante desidera qui rappresentare la recente notizia che al porto di Genova vi sarebbero veicoli industriali guidati da autisti, stranieri e italiani, che in Italia risultano disoccupati e che sono assunti nei Paesi dell'Est, ma anche in Portogallo;
tale denuncia è stata pubblicata in data 3 novembre 2020 dall'Osservatorio logistica trasporto merci e spedizioni territoriale di Genova – soggetto composto da alcune associazioni datoriali delle imprese di autotrasporto e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori – che segnala come gli autisti a tutti gli effetti disoccupati in Italia, sebbene assunti all'estero, possano altresì abusare degli strumenti di sostegno al reddito, quali assegni di disoccupazione;
da diversi anni l'Osservatorio osserva e denuncia il fenomeno dei lavoratori assunti in Paesi esteri, utilizzati in Italia e percettori di disoccupazione, chiedendo tra le altre cose l'attivazione di una regia di controllo, anche con l'ausilio dell'autorità di sistema portuale, ente che rilascia le autorizzazioni di accesso agli spazi portuali e proponendo, per ovviare concretamente a questa situazione di dumping sociale, l'ipotesi di autorizzazione all'ingresso nell'area portuale solo agli autisti che possono documentare regolare posizione lavorativa (Unilav) –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del problema qui riportato;
se abbiano intenzione di promuovere azioni volte a effettuare una ricognizione che consenta di individuare le aziende che operano in tale modo;
se, alla luce di possibili casi di ricezione indebita di sussidi di disoccupazione o altri strumenti messi a disposizione dallo Stato in favore di disoccupati, abbiano intenzione di promuovere azioni risarcitorie;
se abbiano intenzione di approfondire la proposta dell'Osservatorio della logistica e trasporti di Genova e consentire l'ingresso alle aree portuali solo su esibizione di comprovati documenti, quali ad esempio l'Unilav;
se i Ministri interrogati intendano valutare di anticipare l'adozione e l'entrata in vigore dell'Italia, delle misure legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2020/1057 sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada, che deve avvenire entro il 2 febbraio 2022.
(4-07800)
INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE
Interrogazione a risposta orale:
MOLLICONE. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:
dal novembre 2019 il Ministro interrogato presiede il Comitato per la diffusione della banda ultralarga, organo di coordinamento del Piano strategico per la banda ultralarga;
l'Italia è in enorme ritardo rispetto gli obiettivi di connettività;
nell'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (Desi 2020) della Commissione europea l'Italia risulta in 25a posizione su 28 Stati membri dell'Unione europea e il punteggio italiano è di ben 9 punti inferiori alla media dell'Unione europea (43,6 vs 52,6);
In Italia, il gruppo Zte sta contribuendo alla rete Ftth di Open Fiber e, fatti salvi gli investimenti e l'eventuale rischio occupazionale, sono, comunque, presenti rischi geopolitici enormi;
infatti, come già indicato dal documento conclusivo dei lavori dell'indagine sulla sicurezza delle telecomunicazioni del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, è rischiosa la presenza di aziende con un'evidente connessione con le gerarchie militari e politiche di Stati stranieri, in particolare extraeuropei;
come si legge nel documento, «Contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, pur formalmente indipendenti dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate alle istituzioni del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna»;
in chiusura del rapporto e tenendo conto di tutti questi rilievi, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica suggerisce che «il Governo e gli organi competenti in materia dovrebbero considerare molto seriamente, anche sulla base di quanto prevede la recente disciplina dettata dal decreto-legge n. 105 del 2019, la possibilità di limitare i rischi per le nostre infrastrutture di rete, anche attraverso provvedimenti nei confronti di operatori i cui legami, più o meno indiretti, con gli organi di governo del loro Paese appaiono evidenti»;
Davide Casaleggio, fra i leader del MoVimento 5 Stelle, di cui fa parte il Ministro interrogato, ha ospitato in un convegno nel novembre 2019 Thomas Miao, ceo di Huawei, una delle società con linkage con lo Stato cinese su cui il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha sollevato l'allarme –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di salvaguardare la sicurezza delle reti infrastrutturali nazionali da attori statali e non statali potenzialmente ostili, tutelando i dati dei cittadini e la sovranità digitale italiana.
(3-01969)
INTERNO
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
l'interpellante intende segnalare, con il presente atto di sindacato ispettivo, come peraltro ha fatto in diverse altre occasioni, l'ennesimo episodio di violenza, registratosi nella città di Vicenza da parte di disadattati di origine extracomunitaria;
«Il giornale di Vicenza» oggi in edicola ricostruisce un movimentato episodio di cronaca che ha visto come protagonisti due richiedenti asilo di nazionalità maliana ed ivoriana;
i due, di cui la questura non ha fornito le generalità, di 24 e 26 anni, hanno devastato l'altra notte, con pugni e calci, in corso San Felice a Vicenza, le auto in sosta rompendo specchietti e finestrini, ed ammaccando le carrozzerie;
la forza pubblica, richiamata dai residenti, disturbati dal fracasso e dalle urla, è prontamente intervenuta;
i due richiedenti asilo sono stati portati in questura, identificati e denunciati;
l'ivoriano ha anche opposto resistenza agli agenti, che sono stati costretti ad accompagnarlo al pronto soccorso dell'ospedale, dove alla fine è stato sedato –:
se il Governo, considerata la pericolosità sociale dei protagonisti dell'episodio citato in premessa, intenda adottare iniziative di competenza per attivare nei loro confronti la procedura di espulsione dal territorio nazionale.
(2-01035) «Zanettin».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nelle ultime settimane si stanno intensificando gli attacchi dei manifestanti No-Tav al cantiere di Chiomonte nella zona della Val di Susa (in Piemonte) dove sono attualmente in corso i lavori della Torino-Lione. Soltanto poche settimane fa, nel mese di settembre 2020, un agente della Digos di Torino era rimasto ferito ed altri due contusi, nel corso degli scontri;
domenica 6 dicembre 2020 una settantina di attivisti, secondo i media in gran parte del centro sociale «Askatasuna» (quindi già protagonisti di ripetuti simili atti di violenza), hanno assalito il cantiere con sassi e bastoni per essere successivamente allontanati dalle forze dell'ordine presenti a difesa del cantiere stesso;
soltanto pochi giorni dopo, il 14 dicembre 2020, un gruppo di 250 attivisti No-Tav incappucciati ha lanciato bombe carta e petardi contro i reparti mobili delle forze dell'ordine causando il ferimento di due agenti. Il gruppo di teppisti fa parte delle centinaia di manifestanti in cammino sui sentieri di montagna dopo essere partiti dal raduno al campo sportivo di Giaglione (Torino);
appare evidente come, al di là del diritto legittimo di dissentire pacificamente contro la realizzazione della Torino-Lione, molto frequentemente le manifestazioni No-Tav si trasformino in veri e propri atti terroristici violenti contro i cantieri, le forze dell'ordine e quindi lo Stato;
si tratta peraltro di azioni di violenza spesso prevedibili ed ampiamente annunciate: le manifestazioni infatti, come riportano anche i media, sono convocate ed annunciate apertamente anche dai membri stessi del centro sociale «Askatasuna». Gli atti di violenza poi, come quelli del 14 dicembre, sono state anche pubblicamente rivendicati: «Quella di oggi – riporta un comunicato No-Tav – è stata una grande giornata di lotta che evidenzia la vitalità del Movimento e rappresenta il costo politico dell'operazione scellerata messa in atto da Governo, Telt e questura di Torino»;
è inoltre tutto da verificare, in questo contesto, la legalità degli assembramenti dei manifestanti No-Tav in relazione alle attuali restrizioni vigenti per contrastare la pandemia da Coronavirus;
è quindi opportuno, per evitare nuovi scontri e potenziali atti terroristici, che il Governo prenda adeguate misure, senza militarizzare il territorio ma per garantire comunque la sicurezza pubblica, il corretto avanzamento dei cantieri Tav e l'incolumità stessa delle forze dell'ordine impegnate nello svolgimento delle loro mansioni;
è quindi opportuno, per evitare nuovi scontri e potenziali atti terroristici, che il Governo prenda adeguate misure, senza militarizzare il territorio ma per garantire comunque la sicurezza pubblica, il corretto avanzamento dei cantieri Tav e l'incolumità stessa delle forze dell'ordine impegnate nello svolgimento delle loro mansioni –:
se intenda assumere, in relazione a quanto espresso in premessa, iniziative urgenti e straordinarie al fine di evitare altri pericolosi assalti nei confronti dei cantieri Tav e delle forze dell'ordine impegnate nel loro presidio.
(5-05158)
MONTARULI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
negli scorsi giorni diversi gruppi di attivisti «No Tav» hanno manifestato nei pressi dei cantieri per la realizzazione della linea ferroviaria internazionale ad alta velocità Torino-Lione in Val di Susa in Piemonte, infrastruttura strategica che si pone l'obiettivo di collegare in maniera rapida ed efficace il nord Italia al sistema europeo dell'alta velocità, favorendo i rapporti commerciali ed implementando gli scambi economici;
tali manifestazioni sono sfociate, in data 13 dicembre 2020, in un'aggressione ai danni delle forze dell'ordine: un gruppo di 250 manifestanti, incappucciati e con volto coperto, avrebbero lanciato bombe-carta, petardi e pietre contro i reparti mobili delle forze dell'ordine presenti a presidiare il cancello di accesso al sentiero «Gallo Romano» che delimita l'accesso all'area del cantiere di Chiomonte;
i militari delle forze dell'ordine che presidiano l'area, attaccati da tre diversi punti, al fine di disperdere la folla, hanno proceduto, al lancio di gas lacrimogeni, tuttavia il bilancio si è concluso con due feriti appartenenti alla polizia di Stato e alla Guardia di finanza;
ormai da tempo il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia richiede al Governo di procedere quanto prima alla nomina di un commissario straordinario per la rapida realizzazione dell'infrastruttura, ma di fatto non è mai stato assunto un provvedimento di accoglimento di tale proposta, e il rallentamento dell'opera condanna, per converso, la Val di Susa a subire questi inaccettabili e costanti episodi di guerriglia e costringe gli operai e gli appartenenti alle forze dell'ordine a continui tentativi di attacchi violenti;
in data 14 dicembre 2020, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a margine dell'audizione nelle Commissioni riunite trasporti della Camera e dei lavori pubblici del Senato, ha dichiarato che il completamento dei lavori relativi alla realizzazione della linea ferroviaria internazionale Torino-Lione avverrà, verosimilmente, nel 2032, due anni dopo la previsione originaria;
a parere dell'interrogante è fondamentale e prioritario reprimere ogni tentativo di attacco al cantiere e accelerare i tempi per la realizzazione dell'opera –:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Governo al fine di garantire la sicurezza degli operai e degli appartenenti alle forze dell'ordine impegnati nel cantiere relativo alla realizzazione della linea ferroviaria internazionale Torino-Lione, nonché al fine di accelerare i tempi per la realizzazione dell'opera procedendo alla nomina di un commissario straordinario.
(5-05194)
Interrogazioni a risposta scritta:
MOLTENI, TONELLI, LOCATELLI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in numerose città italiane vengono da tempo segnalati assembramenti di stranieri davanti agli uffici immigrazione delle questure della polizia di Stato;
ciò accade ormai da mesi e quotidianamente a dispetto delle prescrizioni imposte per il contenimento del contagio da COVID-19;
più recentemente, a Foggia, tra le città pugliesi più colpite dal virus durante questa seconda ondata, sono stati documentati diversi affollamenti, con foto delle decine di persone accalcate sul marciapiede davanti all'ufficio immigrazione di viale Ofanto alle spalle della questura;
ugualmente a Napoli, nonostante le ripetute segnalazioni del sindacato di polizia Usip-Uil, da mesi, fin dalle prime ore del mattino, all'esterno dell'ufficio immigrazione della questura in via Galileo Ferraris, si crea ressa e calca, una situazione ormai non più sostenibile;
stessa situazione documentata a Prato, quando addirittura in un solo giorno quattrocento stranieri si sono presentati davanti alla questura per ritirare il permesso di soggiorno, creando assembramenti, che però sono stati sciolti dagli agenti che poi hanno continuato a vigilare sul distanziamento e sul corretto uso della mascherina;
ugualmente, davanti alla questura di Como, si registrano ormai quotidiane code e assembramenti che mal si conciliano con le tante raccomandazioni e con i decreti e regolamenti in vigore da mesi atti a frenare la pandemia da COVID-19;
è di tutta evidenza che tale situazione, ormai fuori controllo, non sia più sostenibile in quanto gravemente lesiva del diritto alla salute degli agenti di polizia, costretti a ripetuti interventi, e dei cittadini, trattandosi di assembramenti che avvengono in luogo pubblico;
quanto sopra appare altresì irragionevole per l'ulteriore sforzo organizzativo richiesto alle questure, già in cronica carenza di organico, e per l'ulteriore impegno degli agenti, come sempre in prima linea, impiegati per impedire che si creino situazioni pericolose e fuori controllo davanti alle questure anziché nel presidio del territorio;
quali iniziative immediate e urgenti il Ministro interrogato intenda assumere, in considerazione di quanto esposto in premessa, al fine di prevenire gli assembramenti che si verificano continuamente dinanzi agli uffici immigrazione delle questure e quali iniziative specifiche intenda adottare a tutela della salute degli agenti della polizia di Stato e dei cittadini per i rischi a cui sono conseguentemente esposti.
(4-07783)
FASANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nelle ultime settimane il comune di Giffoni Sei Casali (Salerno) è finito nel mirino di bande di ladri che hanno messo a segno diversi furti in abitazione:
il sindaco di Giffoni Sei Casali, Francesco Munno, ha richiesto al prefetto di Salerno, Francesco Russo, maggiori controlli e la convocazione del comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza poiché nel piccolo borgo di Prepezzano, località del comune di Giffoni Sei Casali, è avvenuta una serie allarmante di furti in rapidissima successione;
nonostante l'impegno costante dei carabinieri della locale stazione, guidati dal maresciallo Maurizio Fortunato e della polizia locale diretta dal comandante Giuseppe Viscido, ormai il paese è terrorizzato. La cosa più grave, segnalata tra l'altro dal sindaco al prefetto, è che queste bande criminali agiscono anche in presenza nell'abitazione dei legittimi proprietari. Quindi, oltre che un pericolo per i beni, queste incursioni rappresentano un rischio gravissimo per l'incolumità delle persone;
queste criticità, all'ordine del giorno in questo momento a Giffoni Sei Casali, sono da tempo presenti in tutta l'area dei Picentini –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e/o se sia stato edotto dal prefetto di Salerno;
se dalla riunione del comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza possano scaturire misure adeguate per fronteggiare il pericolo reale che corrono i cittadini del comune di Giffoni Sei Casali.
(4-07797)
LOCATELLI, CLAUDIO BORGHI, MOLTENI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
sono notizie di stampa dell'ultima settimana i continui episodi di risse tra adolescenti tutti minorenni che si danno appositamente appuntamento tramite i canali dei social network;
il fenomeno che ha fatto più scalpore, non fosse altro per la sua entità, ovvero la partecipazione di centinaia di giovani, e perché è stato solo il primo in ordine temporale, è stato quello che è avvenuto sulla Terrazza del Pincio, nel pieno centro di Roma, ma l'elenco di episodi similari si sta allungando di ora in ora e riguarda tutta Italia;
da quel giorno sui canali social si è rincorso un vero e proprio tam-tam finalizzato a replicare la bravata e, infatti, al Pincio l'episodio si è ripetuto anche il sabato successivo ed è sconvolgente dover constatare che il ragazzo più grande avesse solo 14 anni, poi ci sono stati altri casi analoghi a Gaeta, in provincia di Latina, dove sono intervenute le forze dell'ordine in via Marina di Serapo, dopo una segnalazione al 113, che hanno messo in fuga i giovani, tutti tra i 15 e i 25 anni;
a Venezia, circa una quarantina di giovani si sono trovati in campo Bella Vienna, alle spalle di Rialto, subito dopo la chiusura dei locali alle 18, e hanno partecipato a una maxi rissa, alcuni di loro erano palesemente in stato di alterazione psico-fisica da alcolici, con lo stesso schema, intorno alle 18 di domenica 13 dicembre 2020, è cominciata una rissa tra ragazzi in piazza Volta, a Como, dove sono dovute intervenire le forze dell'ordine, Polizia di Stato e polizia locale, per sgomberare la piazza e sedare gli animi;
sempre in provincia di Como, c'è stato un episodio anche ad Albate, in piazza Tricolore, dove sono stati coinvolti anche degli adulti sui cinquanta anni contro un gruppo di giovani e la peggio è toccata ad un agente della polizia locale che è finito in ospedale per un violento calcio in faccia;
ad aggravare la circostanza c'è il contesto dovuto alla pandemia da COVID-19 e il fatto che, dai video e dalle immagini che sono state diffuse con riguardo ai diversi episodi, la maggior parte dei ragazzi che partecipavano non indossavano la mascherina oppure la portavano abbassata ed è il motivo che ha fatto intervenire le forze dell'ordine in tenuta anti-sommossa per disperdere gli assembramenti;
alla luce di tutti i fatti avvenuti, oggi si può affermare che l'ipotesi più concreta sia quella che la rissa organizzata non sia stata casuale, come stanno cominciando a pensare i magistrati che stanno indagando, ma che i protagonisti possano essersi dati volutamente appuntamento sui canali social forse per un regolamento di conti, legato a precedenti discussioni o, semplicemente, per una moda del momento –:
se ritenga opportuno intervenire quanto prima per contrastare il fenomeno illustrato in premessa e quali misure intenda adottare per arginarlo al più presto.
(4-07799)
BELOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da oltre un anno, nel comune di Romano di Lombardia (Bg), scorrazza una banda di una quindicina di ragazzini minori di origine straniera;
questa baby gang, come da denunce della polizia locale di Romano di Lombardia, è ritenuta responsabile di vari reati, da rapine, minacce, aggressioni, furti, vandalismi;
a marzo 2019, il presunto capobanda, dopo vari furti, con la tecnica del branco, nei supermercati e minacce ai dipendenti e alla clientela, veniva fermato per rapina ad un cliente ultrasessantenne con un coltello e una pistola elettrica taser;
ad aprile 2019, in pieno centro, quattro componenti della banda avvicinavano un passante, puntandogli un coltello in faccia per farsi consegnare soldi e cellulare;
a giugno 2019, identificati dalle telecamere, venivano denunciati alla Procura dei minori di Brescia un romeno di 14 anni, un marocchino di 15 e un albanese di soli 12 anni, per furti di biciclette e risse;
la banda da mesi terrorizza anche i ragazzi del paese con continui furti di cellulari e minacce che spesso non vengono nemmeno denunciati per paura di ritorsioni, come avvenuto con l'aggressione il 26 maggio davanti al municipio a tre ragazzi coetanei, tanto da costringere gli studenti delle medie a chiudersi in casa per timore di venire aggrediti e rapinati;
l'8 maggio 2020 il 12enne albanese e il 14enne romeno erano stati fermati perché sottraevano biciclette dal bicipark della stazione, mentre pochi giorni dopo, insieme al 16enne marocchino, venivano identificati mentre cercavano di forzare il deposito del bar dell'oratorio parrocchiale;
nelle scorse settimane la gang ha minacciato un operatore della sosta al mercato e poi alcuni membri della banda erano stati fermati con piccole quantità di stupefacenti;
la sera del 22 novembre 2020, i tre capi della banda venivano denunciati ancora dalla polizia locale per la rapina ad un «pony pizza» 18enne, poi sfumata per l'intervento di un agente fuori servizio di passaggio nella zona;
nonostante le innumerevoli denunce anche l'altra notte, violando le disposizioni di coprifuoco, si sono resi protagonisti di atti vandalici alla capanna di Babbo Natale allestita nel centro del paese, come accertato dalle riprese della videosorveglianza;
messi di fronte alle proprie responsabilità, i ragazzini della gang hanno sempre assunto un atteggiamento sprezzante contando di farla franca, oltre che per la giovane età, per il clima di omertà e paura che si è creato tra le vittime;
a carico di questi minori di origine straniera vi sono diverse denunce alla Procura dei minori per gravi reati quali rapina, furto, aggressioni, minacce, atti vandalici;
a tutt'oggi, non risulta agli interroganti che sia stato preso alcun provvedimento da parte della Procura dei minori di Brescia –:
se il Governo intenda fornire elementi, per quanto di competenza, in ordine alle effettive iniziative assunte fino ad oggi per contrastare l'attività della baby gang di cui in premessa;
quali ulteriori iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza dei cittadini di Romano di Lombardia a fronte delle azioni di questa baby gang che sta terrorizzando i coetanei e creando allarme in tutta la popolazione.
(4-07814)
IEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ogni domenica sui marciapiedi in viale Molise e piazzale Cuoco a Milano si svolge ormai da anni un mercato abusivo con la vendita di oggetti perlopiù, pare, provenienti da furti e ricettazioni;
solo tre anni fa ad esempio, in occasione di un intervento della polizia locale, era stato sequestrato materiale di provenienza furtiva per oltre 100 mila euro e tre persone erano state denunciate per ricettazione;
come noto e riportato anche dalla stampa, questo mercato abusivo, gestito per la maggior parte da immigrati, va avanti da anni, tra ripetute segnalazioni dei residenti e diversi interventi della polizia locale che si sono però rivelati inefficaci perché puntualmente i venditori tornano a esporre la loro merce la successiva domenica;
difatti, dopo ogni intervento della polizia locale, gli abusivi si «riorganizzano» e la vendita puntualmente viene riallestita;
questa gravissima situazione di illegalità non è oltremodo tollerabile per i conseguenti problemi di degrado urbano che comporta per i residenti del quartiere, ormai esasperati dalla situazione e legittimamente preoccupati, a maggior ragione, anche per gli assembramenti che si creano ogni domenica sui marciapiedi della zona, a dispetto delle prescrizioni anti-COVID;
nonostante le numerose segnalazioni dei residenti ed il fatto che questo gravissimo problema sia da tempo noto all'amministrazione comunale, ad oggi, non risultano specifici interventi di quest'ultima volti al ripristino della legalità e del decoro del quartiere, come ad esempio la previsione di un presidio fisso per scoraggiare e impedire ai venditori abusivi di occupare il suolo pubblico –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali interventi immediati e specifici intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di impedire l'occupazione del suolo pubblico e il mercato abusivo che ogni domenica si svolge nella zona tra viale Molise e piazzale Cuoco a Milano.
(4-07818)
ISTRUZIONE
Interrogazioni a risposta scritta:
PALAZZOTTO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 29 settembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il calendario delle prove scritte della procedura straordinaria per titoli ed esami per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di I e II grado;
tale calendario prevedeva l'inizio delle prove in data 22 ottobre 2020 con conclusione prevista per il 16 novembre 2020;
a partire dalla fine di settembre 2020, i numeri del contagio da Covid-19 ha ricominciato a salire vertiginosamente, coinvolgendo anche molti dei potenziali concorrenti;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 le procedure concorsuali straordinarie sono state sospese fino al 3 dicembre 2020;
agli interroganti giungono diverse segnalazioni di docenti precari che non hanno potuto partecipare alle prove in quanto contagiati dal virus o costretti in quarantena e quindi nell'impossibilità assoluta di muoversi dal proprio domicilio;
a parere degli interroganti tale impedimento assume carattere di eccezionalità e deriva da prescrizioni per la salvaguardia della salute pubblica;
nel bando relativo alla procedura straordinaria per titoli ed esami per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado non sono previste prove suppletive;
in data 20 novembre 2020 il Tar del Lazio ha espresso parere favorevole in relazione allo svolgimento di prove suppletive per quei candidati la cui partecipazione alla prova scritta sia stata resa impossibile a causa del Covid-19 –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di affrontare e risolvere la problematica esposta in premessa, consentendo a tutti quei docenti precari che, a causa di precise disposizioni normative e non per loro scelta, non hanno potuto recarsi presso le sedi concorsuali e svolgere regolarmente l'esame previsto, di non veder sfumare la tanto agognata stabilizzazione.
(4-07793)
PALAZZOTTO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 6 giugno 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del decreto-legge n. 22 dell'8 aprile 2020 convertito con modifiche dalla legge di conversione n. 41 del 6 giugno 2020 recante «Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di stato nonché in materia di procedure concorsuali e per la continuità della gestione accademica»;
in sede di discussione parlamentare del disegno di legge di conversione, il testo originale del decreto-legge è stato integrato con l'articolo 2-bis che prevede l'istituzione presso il Ministero dell'istruzione di un tavolo di confronto per avviare con periodicità percorsi abilitanti in modo da garantire anche in futuro ai neo-laureati un percorso di accesso all'insegnamento caratterizzato da una formazione adeguata;
il comma 4 del sopra citato articolo 2-bis prevede che le modalità di funzionamento e la durata del suddetto tavolo vengano individuate per mezzo di un decreto del Ministro dell'istruzione;
nello stesso comma 4, si precisa che il decreto del Ministro dell'istruzione debba essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 41 del 6 giugno 2020;
i sessanta giorni previsti dalla legge risultano ormai ampiamente superati;
il numero di docenti precari ha raggiunto dimensioni notevoli ed è destinato a crescere ulteriormente visto l'alto numero di domande di pensionamento previste per i prossimi anni;
risulta quindi fondamentale procedere ad una programmazione seria e a medio termine in grado di dare certezza ai futuri docenti e garantire che il loro ingresso nel mondo della scuola sia accompagnato da un percorso formativo di qualità –:
quali iniziative, e secondo quali tempistiche, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare per consentire la partenza del tavolo di confronto sulle abilitazioni periodiche in modo da permetterne l'avvio sin dal prossimo anno scolastico.
(4-07794)
DE LORENZO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 6 giugno 2020 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale – serie generale – n. 94 dell'8 aprile 2020 il testo del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22 convertito dalla legge 6 giugno 2020, n. 41 recante: «Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato, nonché in materia di procedure concorsuali e di abilitazione e per la continuità della gestione accademica»;
in sede di discussione parlamentare, il testo originale è stato integrato con l'articolo 2-bis che disciplina l'istituzione del tavolo per i percorsi abilitanti. Tale articolo stabilisce infatti che: «è istituito presso il Ministero dell'istruzione un tavolo di confronto per avviare con periodicità percorsi abilitanti, in modo da garantire anche in futuro ai neo-laureati un percorso di accesso all'insegnamento caratterizzato da una formazione adeguata»;
il comma 4 dell'articolo 2-bis del decreto-legge sopra richiamato stabilisce che: «con decreto del Ministro dell'istruzione, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le modalità di funzionamento, incluse le modalità di espressione dei pareri, nonché la durata del Tavolo. Ai componenti del Tavolo non spettano compensi, indennità, rimborsi di spese o gettoni di presenza comunque denominati»;
i sessanta giorni previsti dalla legge risultano ormai ampiamente superati;
il numero di docenti precari ha raggiunto dimensioni notevoli ed è destinato a crescere ulteriormente visto l'elevato numero di domande di pensionamento previste per i prossimi anni;
in considerazione di tutto quanto sopra riportato, risulta quindi fondamentale procedere ad una programmazione seria e a medio termine in grado di dare certezza ai futuri docenti e garantire che il loro ingresso nel mondo della scuola sia accompagnato da un percorso formativo di qualità –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per consentire la partenza del tavolo di confronto sulle abilitazioni periodiche ed entro quali tempistiche intenda farlo al fine di assicurarne l'avvio sin dal prossimo anno scolastico.
(4-07803)
MORRONE e TOCCALINI. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in data 6 novembre 2020 il Ministero dell'istruzione procedeva alla sospensione degli esami di abilitazione all'esercizio della libera professione di perito agrario e perito agrario laureato, perito industriale e perito industriale laureato, geometra e geometra laureato, agrotecnico ed agrotecnico, indetti con le ordinanze ministeriali n. 5, 6, 7, 8 del 14 maggio 2020, programmati dal 17 al 20 novembre 2020;
lo stesso Ministero dell'istruzione comunicava che, con successivo provvedimento, si procederà ad una nuova calendarizzazione delle prove, nonché all'indicazione delle modalità di svolgimento delle stesse, in relazione all'andamento dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e dei correlati provvedimenti normativi che saranno adottati in materia;
tale fatto costituisce tuttavia un grave impedimento al lavoro per tutti coloro che, concluso il periodo di praticantato, si sono iscritti all'esame convinti di poter iniziare la loro attività a partire dal 1° gennaio 2021;
come noto, questi ordinamenti prevedono un praticantato di 18 mesi, al termine del quale si può sostenere l'esame ed iscriversi ai singoli albi;
diversamente, non si può più rimanere negli studi professionali ove si è svolto il praticantato con la qualifica di praticante, in quanto la conclusione del tirocinio comporta la cancellazione dall'albo praticanti;
si tratta di una situazione inaccettabile per molti ragazzi e ragazze che hanno investito le loro risorse e il loro tempo per essere pronti ad affrontare in maniera seria il mondo del lavoro, specialmente in un periodo complicato come questo –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di disporre con urgenza l'esame in modalità telematica, in modo da consentire a coloro che supereranno la prova, di avviare l'attività lavorativa all'inizio del 2021, (o, in caso contrario, di considerare abilitati gli iscritti alle prove d'esame per l'anno 2020, così come previsto per le professioni sanitarie.
(4-07806)
DE LORENZO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 29 settembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale (n. 76 del 29 settembre 2020) il calendario delle prove scritte della procedura straordinaria, per titoli ed esami, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di I e II grado su posto comune e di sostegno;
tale calendario prevedeva l'inizio delle prove in data 22 ottobre 2020 con conclusione prevista per il 16 novembre 2020;
a partire dalla fine di settembre, il numero dei contagi da COVID-19 è salito vertiginosamente, coinvolgendo anche molti dei potenziali concorrenti;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 all'articolo 1, comma 9, lettera z), nel disciplinare le «misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale», ha previsto la sospensione dello «svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private», inclusa la procedura concorsuale straordinaria per la scuola di primo e secondo grado;
all'interrogante sono giunte diverse segnalazioni di docenti precari che non hanno potuto partecipare alle prove della procedura concorsuale straordinaria per la scuola di primo e secondo grado in quanto contagiati dal Covid-19 e/o costretti in quarantena e quindi impossibilitati a muoversi dal proprio domicilio;
l'impedimento sopra richiamato assume il carattere dell'eccezionalità e risponde alla fondamentale esigenza di rispettare le prescrizioni dettate in materia di salvaguardia della salute pubblica in un periodo così critico che stiamo attualmente vivendo;
con un'ordinanza del 20 novembre 2020 il Tar del Lazio ha accolto la richiesta di misura cautelare avanzata da una candidata che, in quanto affetta da Covid-19, non si era potuta presentare per lo svolgimento della prova scritta nel giorno prefissato come da calendario. In tale ordinanza il Tar Lazio afferma quanto segue: «considerato che la ricorrente, posta in quarantena in quanto risultata positiva al Covid-19 al test diagnostico molecolare, come da certificato allegato, non ha potuto partecipare alla prova concorsuale scritta tenutasi il giorno 29 ottobre, in quanto oggettivamente impossibilitata; ritenuto, pertanto, che debba essere predisposta una sessione suppletiva quando ci saranno le condizioni di sicurezza sanitaria come da avviso prot. N. 34577 del 4 novembre 2020», e «accoglie l'istanza cautelare e dispone l'effettuazione di prove suppletive» –:
quali iniziative intenda adottare per adeguarsi a quanto statuito dal Tar del Lazio con l'ordinanza sopra citata al fine di consentire a tutti i docenti precari che, a causa di precise disposizioni normative, non hanno potuto recarsi presso le sedi concorsuali, di svolgere le prove concorsuali suppletive, il cui superamento costituisce condizione necessaria e imprescindibile per la loro stabilizzazione.
(4-07807)
CARDINALE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 29 settembre 2020 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il calendario delle prove scritte della «procedura straordinaria, per titoli ed esami, per l'immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno»;
tale calendario prevedeva l'inizio delle prove in data 22 ottobre 2020 con conclusione prevista per il 16 novembre 2020;
a partire dalla fine di settembre 2020, i numeri del contagio da COVID-19 ha cominciato a risalire vertiginosamente, coinvolgendo anche molti dei potenziali concorrenti;
in virtù del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, è stato «sospeso lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private» fino al 3 dicembre 2020;
numerosi docenti precari non hanno potuto partecipare alle prove in quanto contagiati dal virus o costretti in quarantena e quindi nell'impossibilità assoluta di muoversi dal proprio domicilio;
tale impedimento assume carattere di eccezionalità e deriva da prescrizioni per la salvaguardia della salute pubblica;
nel bando sopra citato non sono previste prove suppletive;
con l'ordinanza cautelare n. 7199 del 2020, depositata il 20 novembre 2020, il Tar Lazio ha espresso parere favorevole in relazione allo svolgimento di prove suppletive per quei candidati la cui partecipazione alla prova scritta sia stata resa impossibile a causa del COVID-19 –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per affrontare questa questione e consentire a tutti quei docenti precari che, a causa di precise disposizioni normative e non per loro libera scelta, non hanno potuto recarsi presso le sedi concorsuali, di non veder sfumare la tanto agognata stabilizzazione lavorativa.
(4-07817)
CARDINALE. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
in data 8 aprile 2020 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il testo del decreto-legge n. 22 dell'8 aprile 2020, approvato con modifiche dalla legge n. 41 del 6 giugno 2020, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 6 giugno 2020 recante «Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato, nonché in materia di procedure concorsuali e di abilitazione e per la continuità della gestione accademica»;
l'articolo 2-bis del citato decreto-legge prevede la creazione, presso il Ministero dell'istruzione, di «un tavolo di confronto per avviare con periodicità percorsi abilitanti in modo da garantire anche in futuro ai neo-laureati un percorso di accesso all'insegnamento caratterizzato da una formazione adeguata»;
il comma 4 del sopra citato articolo 2-bis prevede che le modalità di funzionamento e la durata del suddetto tavolo di confronto vengano individuate per mezzo di un decreto del Ministro dell'istruzione, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 41 del 2020;
i 60 giorni previsti dalla legge sono scaduti in data 8 agosto 2020;
il numero di docenti precari ha ormai raggiunto dimensioni notevoli ed è destinato a crescere ulteriormente, visto anche l'alto numero di domande di pensionamento previste per i prossimi anni;
risulta quindi fondamentale procedere ad una programmazione seria e a medio termine in grado di dare certezza ai futuri docenti e garantire che il loro ingresso nel mondo della scuola sia accompagnato da un percorso formativo di qualità –:
quali iniziative e tempistiche, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Ministro interrogato intenda adottare per consentire la partenza del tavolo di confronto sulle abilitazioni periodiche in modo da consentirne l'avvio sin dal prossimo anno scolastico.
(4-07819)
NOVELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
il 6 dicembre 2020 varie squadre del comando provinciale dei vigili del fuoco di Udine sono intervenute per un incendio che ha interessato la cabina di decompressione del gas metano installata presso la scuola media «Bertoli» in via Vero Tonino a Pasian di Prato. La cabina è stata colpita da un fulmine che ha immediatamente causato la fuoriuscita di gas metano ed il successivo incendio;
il giorno seguente l'incendio i genitori dei circa 250 studenti sono stati avvisati che, per permettere i lavori di ripristino, nei giorni successivi le lezioni si sarebbero tenute con didattica a distanza;
nella mattinata di mercoledì 9 dicembre 2020, però, le lezioni sono state improvvisamente interrotte per decisione della dirigente scolastica, motivata dalla diffida inviatale dal legale di un sindacato con la quale si evidenziava una violazione del contratto nazionale che prevede la didattica a distanza solo in casi eccezionali, come la pandemia, ma non per eventi come l'impraticabilità di un plesso scolastico;
le lezioni sono quindi potute riprendere, in presenza, solo lunedì 14 dicembre 2020;
un sindacato, ad avviso dell'interrogante non curante della tutela del diritto all'istruzione, per un cavillo contrattuale ha di fatto bloccato per quattro giorni l'attività didattica di una scuola media;
la sospensione delle lezioni ha danneggiato non solo gli studenti e le loro famiglie, ma anche la gran parte del corpo docente che avrebbe continuato a svolgere la propria attività –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se sia in grado di fornire elementi con maggior dettaglio;
se il Governo abbia intenzione, alla luce dell'accaduto, di adottare iniziative al fine di prendere in considerazione l'ipotesi secondo cui la didattica a distanza possa essere utilizzata anche per temporanea inagibilità dei plessi scolastici.
(4-07821)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
DONZELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'azienda Bekaert ha annunciato che «in ragione della prossima conclusione del periodo di cassa integrazione, e non potendosi ancora prevedere soluzioni certe, la società si trova nella necessità di avviare la procedura di licenziamento collettivo»;
con una nota, l'azienda Bekaert ha annunciato, in data 10 dicembre 2020, il licenziamento dei 176 operai della fabbrica di Figline Valdarno (Firenze), precisando che «nonostante le difficoltà e la situazione di emergenza pandemica, proseguono le attività per una possibile reindustrializzazione»;
è una situazione, quella della crisi della Bekaert, che si protrae da almeno due anni e mezzo, e, oltre ad un comportamento inqualificabile dell'azienda, essa ha visto il Governo tardare più volte i provvedimenti sugli ammortizzatori sociali, nonostante le iniziative di Fratelli d'Italia per il loro rinnovo e le ripetute richieste di intervento ignorate da parte del tavolo di crisi istituito dal Ministero dello sviluppo economico –:
se il Governo non intenda adottare iniziative per rinnovare con urgenza gli ammortizzatori sociali per i 176 operai dell'azienda;
come intenda impegnarsi per favorire la reindustrializzazione dell'azienda, in modo da consentire un futuro ai lavoratori.
(3-01968)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
D'ALESSANDRO, NOJA, DE FILIPPO, MARCO DI MAIO, UNGARO, FERRI, PAITA, OCCHIONERO, DEL BARBA, MORETTO e SCOMA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 26, comma 2, del cosiddetto decreto-legge «Cura Italia», per i lavoratori «fragili» equiparava al ricovero ospedaliero il periodo di assenza a tutela dal rischio di contagio da Covid-19;
il comma 5 dell'articolo 26 del decreto-legge «Cura Italia», pone i relativi oneri a carico dello Stato «nel limite massimo di spesa di 130 milioni di euro per l'anno 2020»;
l'articolo 74 del cosiddetto decreto-legge «Rilancio» ha prorogato il predetto comma 2 al 31 luglio 2020, portando a 380 milioni di euro il tetto massimo di spesa previsto;
la relazione tecnica al decreto-legge «Rilancio» indica come gli effetti finanziari della norma derivino solo dai dipendenti del settore privato e stima una platea di soggetti potenzialmente interessati di 55.200;
in forza dei commi 1 e 1-bis dell'articolo 26 del cosiddetto decreto-legge «Agosto», integrati dalla legge di conversione, il termine del 31 luglio 2020 è stato prorogato al 15 ottobre 2020, con un ulteriore incremento delle risorse a copertura di 283 milioni di euro, ed è stato previsto che, per il periodo 16 ottobre-31 dicembre 2020, i lavoratori fragili svolgano di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche con diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, o effettuino specifiche attività di formazione professionale anche da remoto;
non è stato ancora chiarita la disciplina da applicare ex post ai periodi di assenza nel periodo di vacatio legis tra la scadenza del 31 luglio 2020 e l'entrata in vigore della proroga prevista dal decreto-legge «Agosto», né se le assenze lavorative previste dall'articolo 26, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» rientrino nel periodo di comporto;
allo stato, non risultano gli esiti del monitoraggio demandato ad Inps ai sensi dell'articolo 26, comma 5, del decreto-legge «Cura Italia» circa le risorse effettive impiegate ad oggi a tutela dei lavoratori fragili –:
quali iniziative intenda promuovere il Governo per tutelare i lavoratori fragili la cui attività lavorativa sia incompatibile con forme di lavoro agile o formazione in remoto, chiarendo anche le modalità di calcolo delle assenze di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto-legge «Cura Italia» anche ai fini del periodo di comporto e verificando gli esiti del monitoraggio di Inps, così da accertare quante delle risorse specificamente stanziate per la mistura del suddetto comma 2 dell'articolo 26 siano state impiegate.
(5-05181)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
COSTANZO e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
come riportato dal Corriere della Sera Torino il 26 ottobre 2020, la società Pininfarina, di proprietà dell'indiana Mahindra&Mahindra, ha comunicato alla Consob la liquidazione della Pininfarina Engineering, la controllata in cui lavoravano 138 ingegneri e specializzata nel mercato automobilistico dello sviluppo prodotto «chiavi in mano»;
il 2 novembre 2020 è iniziata la procedura di licenziamento collettivo per cessata attività riguardante 135 dipendenti;
come riportato da Il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2020, «le attività della Pininfarina Engineering, nei primi nove mesi del 2020, sono calate di oltre il 30 per cento rispetto al 2019. Negli ultimi due esercizi l'andamento economico e finanziario della società è andato peggiorando»;
Pininfarina Engineering Srl era stata costituita a luglio 2018. Secondo fonti riportate da Il Fatto Quotidiano, il 30 settembre 2020 la controllante avrebbe ricostituito al proprio interno un'unità di ingegneria e il 1° ottobre 2020 avrebbe richiamato a sé le commesse di lavoro già assegnate e in sviluppo alla Engineering, lasciandone senza lavoro i progettisti. La nuova unità di ingegneria di Pininfarina Spa ha ingaggiato a ottobre progettisti esterni, nonostante i lavoratori della Engineering fossero in «cassa Covid». Pininfarina ha poi chiesto alla controllata il distacco di 54 dipendenti per portare avanti le attività riacquisite;
Ugo Bolognesi della Fiom di Torino ha dunque evidenziato a Il Fatto Quotidiano come «non c'è stata alcuna cessazione di attività. Le operazioni continuano con 54 dipendenti della Engineering distaccati nella capogruppo e personale di aziende esterne»;
secondo quanto riportato dal sito «TorinoToday» del 3 dicembre 2020, Pininfarina Engineering ha ribadito in regione Piemonte di non voler sospendere i licenziamenti, portando gli incentivi all'esodo da 6 mila a 16 mila euro – con «un accordo tombale» tra lavoratori e azienda, che non permetterebbe più di impugnare i licenziamenti. I reintegri sarebbero 60, di cui 20 verranno riassunti presso la Pininfarina di Cambiano;
secondo i dati forniti dall'azienda – sarebbero scesi da 135 a 127 i lavoratori che, dopo la messa in liquidazione del ramo d'azienda Pininfarina Engineering, rischiano di perdere il posto;
fino ad agosto 2020 la moratoria sui licenziamenti non prevedeva deroghe, se non quella relativa a colf e badanti, mentre la norma in vigore oggi contempla tre eccezioni al divieto: cessazione definitiva dell'impresa conseguente a liquidazione; accordo collettivo aziendale con incentivi all'esodo; fallimento dell'impresa –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per impedire che, come risulta stia avvenendo in diverse realtà, le aziende aggirino le norme sul divieto di licenziamento sfruttando le deroghe alla moratoria.
(5-05182)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
DURIGON, GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, BITONCI, CENTEMERO, CANTALAMESSA, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, TARANTINO e RIBOLLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
è notizia riportata anche a mezzo stampa quella di pensionati, disoccupati e cassintegrati costretti dall'Inps a rifare la dichiarazione dei redditi;
l'istituto ha inviato una «nuova certificazione unica 2020» precisando, nella lettera d'accompagno, che «annulla e sostituisce la precedente (...) perché le somme certificate non corrispondono a quelle effettivamente erogate o trattenute nel 2019»;
l'errore sembra riguardi anche le precompilate: la lettera, difatti, avvisa che «qualora intenda avvalersi della dichiarazione precompilata fornita dall'Agenzia delle Entrate, dovrà, ove necessario, modificarne il contenuto sulla base della Certificazione Unica rettificata»;
ad allarmarsi, oltre che i destinatari della missiva, vi sono anche professionisti, consulenti e Caf, che hanno fatto da intermediari nell'invio delle dichiarazioni e che ora corrono il rischio di dover provvedere alla rettifica al fine di tutelare i cittadini dalle contestazioni del fisco;
l'Inps ha fornito la cifra degli interessati alla rettifica, ovvero 620 mila, ma non ha chiarito la tipologia dell'errore – pur essendo evidente si sia trattato di un errore di programma – limitandosi a spiegare che «la rettifica si è resa necessaria per integrare, sostituire o correggere i dati della precedente Certificazione Unica (...)»;
oramai i termini di presentazione sono scaduti e, senza un diverso intervento riparatore del Governo, la sola strada percorribile è quella della dichiarazione tardiva tramite ravvedimento operoso, con il pagamento di una sanzione –:
se trovi conferma il dato di 620 mila certificazioni uniche errate e l'ipotesi che si sia trattato di errore di programma e, in tal caso, come intenda far risolvere il problema all'Inps, atteso che il medesimo non deve ricadere in termini di maggiore aggravio su professionisti e consulenti, né rappresentare il rischio di un contenzioso col fisco per i contribuenti, né tantomeno tradursi in sanzioni per questi ultimi.
(5-05183)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
tra le molteplici criticità del reddito di cittadinanza, istituito dal primo governo Conte, si mette in evidenza che, a quasi due anni dall'istituzione del sussidio, la relativa legge non è ancora applicata rispetto ad una parte fondamentale, ossia il regime dei controlli, onde evitare frodi;
sul punto, la legge sul reddito di cittadinanza prevede che l'Inps verifichi, entro 5 giorni dalla domanda, il possesso dei requisiti, acquisendo «dall'Anagrafe tributaria, dal Pubblico registro automobilistico e dalle altre amministrazioni pubbliche detentrici dei dati, le informazioni necessarie»; ed ancora, «Con provvedimento dell'Inps, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono definite la tipologia dei dati, le modalità di acquisizione e le misure a tutela degli interessati»;
tuttavia, la medesima legge prevede che, anche senza aver espletato tutte le verifiche necessarie, il riconoscimento da parte dell'Inps avvenga entro la fine del mese successivo alla trasmissione della domanda;
ebbene, dunque, sino ad oggi, l'erogazione del reddito è avvenuta in assenza di tutti i controlli previsti per legge;
al riguardo, l'Inps, con grave ritardo, ha presentato, solo recentemente, il 20 novembre 2020, al Garante della privacy, il provvedimento sulla acquisizione dei dati da altre amministrazioni, per ottenere l'autorizzazione all'accesso ai dati;
tuttavia, l'iter per accedere ai dati non si è esaurito con il successivo via libera del Garante, arrivato il 26 novembre 2020. L'Inps dovrà accordare singole convenzioni per lo scambio dati con ciascuna delle amministrazioni: col Pubblico registro automobilistico (Pra), verificare il possesso di veicoli; con l'anagrafe tributaria per i controlli su case e depositi bancari; col casellario giudiziario per i carichi penali; con regioni e comuni per vedere eventuali altre prestazioni e i requisiti anagrafici. Solo dopo questi ulteriori passaggi, l'Inps potrà effettivamente fare tutti i controlli previsti dalla legge prima di attribuire il pagamento del reddito di cittadinanza;
è per questo che, ad oggi, accade che molti percettori del reddito ne stiano beneficiando abusivamente, in danno alla spesa pubblica, dichiarando dati falsi o omettendo informazioni necessarie, pur di incassare il sussidio;
è una situazione che vede responsabili l'esecutivo e l'Inps –:
entro quali tempi verrà concluso l'iter poter accedere ai dati necessari, ai fini dei controlli mirati all'individuazione dei reali aventi diritto del reddito di cittadinanza.
(5-05184)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
VISCOMI, UBALDO PAGANO, CARLA CANTONE, GRIBAUDO, LACARRA, LEPRI, MURA e SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il decreto interministeriale n. 1 del 22 gennaio 2020 ha dato attuazione alle disposizioni in materia di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti da imprese della pesca marittima, in caso di sospensione dal lavoro derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio e non obbligatorio;
le imprese interessate a ricevere l'indennità, avrebbero dovuto presentare una singola istanza per ciascuna unità di pesca presente in azienda, dal 1° gennaio 2020 al 29 febbraio 2020, tramite il sistema telematico denominato «CIGSonline»;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con avviso del 25 marzo 2020, ha disposto, in conseguenza dello stato emergenziale attualmente in vigore e conformemente a quanto disposto dall'articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 2020, al fine di consentire la più ampia partecipazione alla fruizione dell'indennità ed a modifica di quanto già comunicato con la notizia del 18 febbraio 2020, la proroga al 20 giugno 2020 dell'invio della «scheda 9», ai fini dell'ottenimento del visto dell'autorità marittima competente;
di conseguenza, con il medesimo avviso, ha dichiarato che «la dilazione di tutto l'iter istruttorio comporterà un inevitabile slittamento del termine entro il quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione Generale degli Ammortizzatori sociali e della formazione – trasmetterà il provvedimento di autorizzazione, corredato dagli elenchi degli aventi diritto, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare, ittiche e della pesca – Direzione Generale della pesca marittima e dell'acquacoltura – che sarà spostato dalla data del 30 giugno 2020 a quella del 30 ottobre 2020 (inclusa la sospensione feriale), con la conseguente possibilità che le Capitanerie di Porto non riescano a provvedere all'erogazione delle indennità in favore dei beneficiari nel corso dell'anno 2020»;
le indennità relative al fermo pesca 2018 sono state liquidate pressoché interamente entro il mese di settembre del 2019;
considerate le serie ripercussioni della crisi pandemica su tutti i settori dell'economia nazionale, il grave ritardo nella liquidazione del fermo pesca 2019, che, come ammesso dallo stesso Ministero, potrebbe non avvenire entro la fine dell'anno in corso, potrebbe avere effetti rovinosi sul comparto pesca, sia per i lavoratori ivi impiegati, sia per le imprese –:
se e quali iniziative di competenza si intendano intraprendere al fine di velocizzare le procedure di liquidazione delle indennità del fermo pesca 2019, eventualmente integrando l'organico del personale ministeriale incaricato di gestire tali pratiche.
(5-05185)
(Presentata il 16 dicembre 2020)
Interrogazione a risposta scritta:
GALIZIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
numerosi militari e appartenenti al Comparto sicurezza collocati a riposo a domanda lamentano la mancata applicazione del beneficio riconosciuto al personale appartenente al Comparto difesa e sicurezza ai fini pensionistici e previdenziali dall'articolo 6-bis, comma 2, del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito dalla legge 20 novembre 1987, n. 427, come modificato dall'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 232, che riconosce 6 scatti di anzianità al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile;
la mancata applicazione della norma ha investito le autorità giurisdizionali sia amministrative che contabili e da ultimo il Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 1231 del 2019, ha riconosciuto il diritto al beneficio a coloro che siano stati collocati a riposo a domanda, purché abbiano compiuto i 55 anni di età e 35 anni di servizio utile, così come disposto dalla norma. Sulla base di questa ultima sentenza, numerosi militari collocati a riposo in questi ultimi anni stanno promuovendo azioni legali, in quanto l'Inps, ente liquidatore, riconosce il diritto al beneficio solo ad altre determinate condizioni –:
se il Governo intenda chiarire, con la massima urgenza, le ragioni della disapplicazione della norma da parte delle amministrazioni competenti e della necessità che i benefìci vengano riconosciuti solo a seguito di determinate condizioni, con conseguente notevole aumento del contenzioso giurisdizionale e un aggravio di spese legali a carico dello Stato.
(4-07782)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CRITELLI e INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la filiera bieticolo-saccarifera nazionale rappresenta un comparto importante dell'economia agricola nazionale, i cui insediamenti produttivi sono diffusi nell'ambito territoriale del Paese su otto regioni, e ha conosciuto una profonda ristrutturazione dal 2006 ad oggi;
tale riorganizzazione ha prodotto effetti destabilizzanti per il settore, con elevati livelli di perdita di competitività, nonostante gli operatori industriali abbiano proseguito, anche di recente, a nutrire interesse per il mercato bieticolo-saccarifero, attraverso ingenti investimenti orientati sulla qualità, sull'innovazione e sulla produzione biologica;
il timore di un mancato accordo sulla Brexit rischia di determinare gravi ripercussioni sul futuro del settore. Il Regno Unito infatti detiene circa il 50 per cento della capacità di raffinamento e importa gran parte dello zucchero dai partner dell'Unione europea;
in mancanza di una intesa con Bruxelles, Londra potrebbe decidere di sostituire le forniture europee con quelle extra Unione europea molto più competitive;
in conseguenza di ciò i produttori europei potrebbero trovarsi in uno scenario dagli effetti imprevedibili. L'incentivo a sostituire le importazioni europee sarebbe rafforzato dall'assenza di vincoli in entrata considerato che il mercato dell'Unione europea è protetto da dazi e contingenti all'import, che mantengono i prezzi artificialmente alti;
il mancato raggiungimento di un accordo commerciale rischia di comportare cambiamenti tali da incidere sugli attuali standard di produzione e di determinare il rischio concreto di un peggioramento della situazione del settore saccarifero italiano –:
quali iniziative a sostegno dell'intera filiera bieticolo-saccarifera il Ministro interrogato intenda mettere in campo nel caso di uscita dall'Unione europea del Regno Unito senza un accordo sulle future relazioni commerciali.
(5-05175)
GOLINELLI, VIVIANI, LIUNI, BUBISUTTI, GASTALDI, LOLINI, LOSS, MANZATO, MAGGIONI, MORELLI, PATASSINI e ZOFFILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 ha disposto un quadro differenziato di contenimento nazionale basato su distinti scenari di rischio, noti come «zona gialla», «zona arancione» e «zona rossa», che ha portato a divieti e limitazioni all'esercizio dell'attività venatoria;
l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica presenti sul territorio italiano, oltre ad essere un rischio per la sicurezza delle persone nei centri abitati e nelle campagne, comporta gravi danni alle colture agricole, in termini di campi e raccolti;
gli ungulati rappresentano uno dei principali responsabili di gran parte dei danni causati alle produzioni agricole e agli allevamenti;
già durante il lockdown della primavera 2020, gli avvistamenti degli ungulati si sono moltiplicati, portando ad oltre due milioni il numero dei cinghiali che hanno potuto circolare liberamente per campagne e città, causando ingenti danni ai raccolti e mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini;
in un momento particolarmente difficile come quello attuale le istituzioni dovrebbero dimostrare vicinanza al mondo dell'associazionismo, e nel caso specifico a quello venatorio, e non indebolirlo con provvedimenti che, dettati da posizioni ad avviso degli interroganti puramente ideologiche, nulla hanno a che vedere con la necessità sanitaria di contenimento dell'epidemia;
l'interesse del mondo venatorio su temi che riguardano l'ambiente, la sostenibilità e la gestione della fauna selvatica fa di questa realtà un'indispensabile risorsa a favore di azioni di contenimento delle specie invasive, di difesa dell'agricoltura e, più in generale, di tutela del territorio;
un prolungamento della stagione venatoria consentirebbe ai cacciatori di potere recuperare i periodi non sfruttati per la caccia e ridurre i danni economici e ambientali, divenuti ormai insostenibili, a causa dell'eccessivo numero di esemplari presenti nell'habitat;
non proseguire, a causa delle limitazioni dovute dall'emergenza sanitaria, al contenimento degli ungulati porterebbe un incremento straordinario della popolazione di cinghiali, con conseguenti ingenti danni alle coltivazioni e alle persone; è fondamentale, quindi, che le azioni di contenimento della fauna selvatica proseguano, ma soprattutto devono essere maggiormente efficaci, considerato anche il rischio derivante dalla diffusione di epizoozie, come la peste suina africana;
il proliferare dei cinghiali, capriolo e cervi, oltre alle altre specie di ungulati, acuitosi in questo periodo a seguito delle misure restrittive imposte dal Governo all'esercizio dell'attività venatoria, rischia di determinare seri pericoli, non solo per gli allevatori e gli agricoltori, ma anche per l'eventuale diffusione della peste suina africana, malattia virale diffusa soprattutto dai cinghiali selvatici; limitare la diffusione della peste suina africana richiede anche un rafforzamento delle misure di controllo e contenimento degli ungulati;
sarebbe anche auspicabile prevede la gratuità, senza alcun costo per i cacciatori (circa 9 euro a campione), degli esami di laboratorio per la ricerca della trichinella sui cinghiali prelevati a caccia o in selecontrollo, questo al fine di incentivare i controlli sugli stessi durante la stagione venatoria;
il regolare e continuato svolgimento delle operazioni di prelievo di cinghiale ha la finalità della tutela delle colture agricole, che possono essere danneggiate dall'eccessiva presenza di cinghiali, della tutela della pubblica incolumità nonché di prevenzione della diffusione di epizoozie, mentre delle specie di nocivi permette il corretto equilibrio che, una volta rotto, causa gravi danni a tutto il sistema ambientale –:
se non ritengano, per quanto di competenza, di adottare iniziative, anche di natura normativa, al fine di consentire un prolungamento della stagione venatoria, per potere recuperare i periodi non sfruttati per la caccia a seguito delle chiusure e limitazioni imposte dal Governo nei mesi di novembre e dicembre 2020, al fine di contenere la fauna selvatica invasiva, quali cinghiali, ungulati e nocivi, evitando così ulteriori ingenti danni all'agricoltura, all'equilibrio ambientale nonché l'eventuale diffusione di epizoozie.
(5-05190)
POLITICHE GIOVANILI E SPORT
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, per sapere – premesso che:
gli ultimi provvedimenti del Governo a sostegno di lavoratori e delle imprese in relazione all'emergenza epidemiologica in atto includono misure di ristoro per i collaboratori sportivi;
i requisiti richiesti per l'ottenimento dell'indennità prevista sono particolarmente stringenti, ovvero possono farne richiesta soltanto coloro che dimostrino di essere titolari di un rapporto di collaborazione continuativa con il Comitato olimpico nazionale italiano, il Comitato italiano paraolimpico, le Federazioni sportive nazionali, le Federazioni sportive paraolimpiche, gli enti di promozione sportiva, le discipline sportive associate riconosciute dal Coni e dal Cip ovvero con società e associazioni sportive dilettantistiche che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, risultino già iscritte al registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche tenuto dal Coni; che non abbiano percepito o debbano percepire altro reddito da lavoro o reddito di cittadinanza per il periodo oggetto della richiesta; il cui profilo non, rientri nell'ambito di applicazione dell'articolo 84 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto-legge «Rilancio») ovvero che non siano titolari di partita iva;
la definizione delle modalità di presentazione delle domande, i documenti richiesti e le cause di esclusione, nonché le modalità di distribuzione e i criteri di gestione delle eventuali risorse residue sono demandata al Ministero dell'economia e delle finanze che, di concerto con l'autorità delegata Sport e Salute s.p.a., ha optato per una procedura digitalizzata capace di garantire l'evasione delle domande ricevute e di conseguenza il pagamento delle indennità concesse entro 15 giorni dall'inoltro della richiesta;
per le mensilità di marzo, aprile e maggio 2020 si sono verificati numerosi problemi legati all'istruzione delle pratiche culminati in un importante ritardo nell'erogazione dei contributi cui il Ministro interpellato aveva assicurato di trovare immediata soluzione;
tali ritardi purtroppo non accennano a diminuire, anzi, ad oggi, a distanza di 45 giorni dalla loro proposizione, solo il 10 per cento delle 53.913 nuove richieste risulterebbe agli interroganti, esser stato evaso e pochissimi lavoratori hanno ricevuto il contributo spettante;
non è possibile, per gli interpellanti, continuare a far gravare sulla categoria dei collaboratori sportivi l'incapacità gestionale di Sport e Salute s.p.a. che non si dimostra in grado di compiere le opportune verifiche ed evadere le richieste nei tempi stabiliti, tantomeno accettare che i ritardi siano causati dal tardivo intervento di Agenzia delle entrate e della guardia di finanza per i necessari adempimenti antifrode –:
se il Ministro interpellato intenda indicare i motivi di tale ritardo e le iniziative di competenza che si intendano adottare per assicurare che le risorse destinate ai collaboratori sportivi vengano effettivamente erogate in tempi estremamente rapidi, data la concomitanza con le festività natalizie e l'imminente chiusura degli uffici competenti.
(2-01043) «Racchella, Belotti, Colmellere, De Angelis, Patelli, Sasso, Toccalini».
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
PINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 219 del 2017, all'articolo 4, comma 6, cita: «Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare»;
il decreto del Ministero della salute 10 dicembre 2019, n. 168, articolo 6, comma 1, specifica: «Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non consentano di redigere le DAT per atto pubblico, per scrittura privata autenticata o per scrittura privata, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o altri dispositivi che permettano alla persona con disabilità di comunicare»;
lo stesso decreto n. 168 del 2019 all'articolo 6, comma 2, recita: «Le DAT, espresse ai sensi di cui al comma 1, sono trasmesse alla Banca dati nazionale con le modalità previste dal disciplinare tecnico di cui all'articolo 10»;
la circolare n. 2 del 2020 del Ministero dell'interno, in riferimento al decreto n. 168 del 2019 del Ministero della salute, trasmette le istruzioni operative per la trasmissione via PEC alla Banca dati nazionale, delle DAT raccolte dagli uffici dello stato civile dei comuni. In base a quanto indicato, gli ufficiali di stato civile dei comuni, deputati alla raccolta delle DAT, per trasmettere le DAT alla relativa Banca dati nazionale, devono compilare un modulo on line contenente i dati di riferimento della DAT, i dati del disponente, dell'eventuale fiduciario e allegare copia della DAT, ove il disponente abbia fornito il consenso alla sua trasmissione. L'ufficiale di stato civile del comune informa la persona che le DAT sono trasmesse in elettronico alla Banca dati nazionale presso il Ministero della salute, quindi acquisisce la DAT redatta in forma scritta e tutte le informazioni richieste al fine di procedere alla corretta compilazione del modulo on line. Tale circostanza è verificabile anche nella predisposizione del modulo di trasmissione che allega solo file digitalizzati e non videoregistrati;
ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge n. 219 del 2017 le DAT devono essere consegnate «personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo»;
la persona che necessita della videoregistrazione della propria DAT nella maggior parte delle volte non ha capacità motorie che le rendono possibile recarsi personalmente presso l'ufficio di stato civile del proprio comune di residenza;
di fronte all'impossibilità di inserire DAT videoregistrate all'interno della Banca dati nazionale, i comuni italiani al momento non accettano questo formato di Disposizioni anticipate di trattamento, seppur siano previste dalla legge n. 219 del 2017;
l'impossibilità di depositare DAT videoregistrate colpisce le persone più fragili nel nostro Paese e le persone che più avrebbero bisogno e desiderio di depositare delle proprie DAT –:
come e in quali tempi si intenda colmare questa lacuna fornendo indicazioni precise ai comuni circa il ritiro di DAT videoregistrate;
come e in quali tempi si intenda dare indicazioni precise ai comuni circa il ritiro delle DAT di persone impossibilitate per ragioni di salute a recarsi presso l'ufficio di stato civile del comune di residenza.
(4-07789)
LAPIA, BERARDINI e LOMBARDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il giornale «la Nuova Sardegna» del 5 dicembre 2020 riporta una notizia in merito al fatto che troppe morti per Covid non comparivano nel bollettino della regione, secondo il quale i decessi in provincia di Nuoro erano stati appena sei a novembre e tre nei primissimi giorni di dicembre 2020. Al censimento nella provincia di Nuoro dei decessi per Covid mancavano 43 morti;
questa discrepanza è emersa a seguito del fatto che alcuni titolari di un'impresa di pompe funebri hanno denunciato pubblicamente che il numero dei morti a Nuoro era molto più elevato di quanto dichiarato dalla regione;
da una verifica al numero di decessi registrato all'ufficio stato civile del comune di Nuoro si è venuti a conoscenza di quanto il dato fosse poco attendibile: a novembre 2020 in città ci sono stati 122 decessi, e ben 78 di questi sono dovuti al Covid, come riportano i referti che compaiono in ciascun certificato di morte;
i moduli Istat e le disposizioni dell'Istituto superiore di sanità non lasciano dubbi: anche in presenza di patologie pregresse, la diagnosi è Covid. Il dato dei 78 decessi, inoltre, è incontrovertibile perché per ogni persona morta di coronavirus scatta una procedura rigidissima che viene applicata dallo spostamento del corpo sino alla sua sepoltura;
l'ospedale San Francesco di Nuoro ha sempre comunicato correttamente il numero delle vittime, oltre che allo stato civile del comune, al servizio di igiene pubblica del dipartimento di prevenzione. Spettava a quest'ultimo servizio inviare i dati alla regione e all'Istituto superiore di sanità;
analogamente, il dato dei soggetti positivi al Covid-19 è stato nelle ultime settimane incredibilmente altalenante, con i positivi che in provincia di Nuoro passavano da 150 a 1 da un giorno all'altro, per risalire a 157 il giorno dopo e ridiscendere il giorno successivo a 3 e così via;
la riprova che i dati trasmessi alla regione e all'Istituto superiore di sanità fossero inattendibili si è avuta il 13 dicembre 2020, con un riallineamento dei positivi che nella sola provincia di Nuoro sono cresciuti di ben 491 unità, come scrive «Sardina Post» del 13 dicembre 2020 –:
quali iniziative di competenza, in collaborazione con la regione Sardegna, intenda intraprendere per verificare quali siano state le cause che hanno prodotto una forte discrepanza nel censimento delle cause dei decessi nella provincia di Nuoro e in particolare per le morti dovute al Covid-19;
se non ritenga che i dati erronei trasmessi dalla Assi di Nuoro alla regione Sardegna e all'Istituto superiore di sanità, riguardanti i decessi e i soggetti positivi al Covid-19 nella provincia di Nuoro, abbiano indotto ad una descrizione sbagliata della gravità della pandemia in provincia di Nuoro, generando, eventualmente, misure inefficaci per il contrasto della pandemia in tutta la regione.
(4-07804)
CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Regno Unito è diventato il primo Paese al mondo ad approvare il vaccino contro il Coronavirus, il Pfizer/BioNTech, aprendo la strada alla vaccinazione di massa, escludendo i minori di 16 anni e le donne in gravidanza;
l'autorità britannica del farmaco, la Mhra Buyer Organisation, il 23 ottobre 2020 aveva organizzato un Technology Entratainment Design (Ted) per la ricerca urgente di uno strumento software di intelligenza artificiale (AI) per elaborare l'elevato volume previsto di reazioni avverse al farmaco (ADR) del vaccino Covid-19 e garantire che nessun dettaglio dal testo di reazione delle reazioni avverse venisse perso. Infatti il Regno Unito ha previsto di utilizzare l'IA per elaborare le reazioni avverse ai vaccini Covid, come riportato dal Financial Time;
l'Ema conta di dare il via libera a Pfizer il 29 dicembre 2020 mentre la Food and Drug Administration (Fda) americana ha pubblicato il report degli studi preliminari per la decisione che prenderà nella giornata del 10 dicembre 2020;
dalla lettura del report della Fda si evince che il placebo e il vaccino hanno dato gli stessi esiti in termini di reazioni avverse, con la morte di 6 persone durante i test, fino al 14 novembre 2020, 2 nel braccio dei vaccini e 4 nel braccio del placebo;
come risulta dal Trial n. NCT04368728, cui il report fa riferimento, il placebo è una soluzione salina. I dati conclusivi e grezzi però non saranno disponibili se non solo 24 mesi dopo la conclusione del Trial, ovvero il 29 gennaio 2023, rendendo quindi impossibile realizzare studi indipendenti sulle reazioni avverse del vaccino, per valutare i dati di Pfizer. Le parole di Andrea Crisanti – «Senza dati, non me lo faccio (il vaccino, ndr), perché voglio essere rassicurato che è stato testato e soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Come cittadino ne ho diritto, non sono disposto ad accettare scorciatoie» – si riferiscono proprio a questa problematica;
il Ministro interrogato, in data 2 dicembre 2020, presso il Senato della Repubblica, ha dichiarato in sostanza che la sperimentazione di Fase 4, ovvero la Farmacovigilanza, sarà organizzata da Aifa con studi indipendenti post-autorizzativi sui vaccini Covid;
in tal modo, secondo l'interrogante risulterebbe confermato che, senza aspettare la conclusione della Fase 3, la sperimentazione di Fase 4 risulterebbe essere un test di reazioni avverse su larga scala;
la dottoressa Kelly Moore, direttrice associata della Immunization Action Coalition americana, il 4 dicembre 2020 alla Cnn, riferendosi alle persone anziane delle case di cura che saranno i primi a ricevere il vaccino, ha detto di aspettarsi qualche morte nelle strutture dopo la somministrazione del vaccino, come evento normale, perché le persone anziane lì terminano la loro vita ordinariamente. Ha aggiunto inoltre che in questo momento, semplicemente, non si hanno i dati per sapere quanto bene funzionano i vaccini in queste persone;
a pochi giorni dall'inizio della vaccinazione, il Regno Unito ha interrotto la somministrazione del vaccino per chi ha avuto significative reazioni allergiche;
l'interrogante non è convinta che i dati forniti da Pfizer alla Fda siano privi di un conflitto di interesse, e concorda con Crisanti sulla necessità di avere i dati grezzi della sperimentazione, per valutare in modo indipendente i Bias dell'analisi statistica;
va considerato il precedente segnalato nella scorsa legislatura, nell'interrogazione dell'onorevole Catalano n. 4-17956 del 28 settembre 2017, nella quale si denunciavano notevoli criticità con riguardo al processo di valutazione dell'Ema sul farmaco Hexavac, poi ritirato dalla casa farmaceutica –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative con determinazione e al fine di garantire il rispetto della dignità e la tutela della salute dei cittadini italiani, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, della Costituzione, per chiedere, prima dell'avvio della somministrazione nel territorio italiano del vaccino Pfizer, i dati originali provvisori del Trial, da rendere disponibili e aperti a tutta la comunità scientifica per le pubblicazioni indipendenti.
(4-07842)
BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data 11 dicembre 2020 il quotidiano The Guardian ha pubblicato un articolo nel quale si afferma che l'Organizzazione mondiale della sanità è stata accusata di aver cospirato col Ministero della salute al fine di occultare notizie di primaria importanza inerenti alla gestione della pandemia da COVID-19 nella nostra Nazione;
questo articolo è stato ripreso da numerose testate internazionali;
a diversi giorni di distanza il Ministero della salute non ha ritenuto di rilasciare alcuna nota ufficiale sul tema, nonostante l'evidente danno reputazionale che l'Italia rischia di subire in ragione dei fatti riferiti nell'articolo, estremamente circostanziati e dettagliati –:
per quale motivo non abbia ritenuto di smentire ufficialmente le notizie riportate nei numerosi articoli citati dalla stampa internazionale, esponendo l'Italia a un siffatto danno reputazionale;
se e in che modo intenda smentire ufficialmente il contenuto degli articoli nella parte che riguarda l'Italia.
(4-07843)
SAITTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende dagli organi di stampa locali e dalle segnalazioni di privati cittadini, nella provincia di Catania sono state evidenziate diverse criticità in relazione alle lunghe tempistiche per ottenere gli esiti dei tamponi;
tali attese, comprese tra i 15 e i 20 giorni, sarebbero principalmente dovute al fatto che vi è un solo laboratorio, quello di Caltagirone, impegnato nello smaltimento e nel processare un numero sempre più ingente di tamponi;
degli 8 laboratori presenti nella provincia di Catania, infatti, solo quello di Caltagirone sta operando per analizzare i tamponi per il COVID-19;
il resto dei test viene scaricato sul Policlinico universitario di Catania, con evidenti gravi conseguenze e ritardi nei tracciamenti dei pazienti positivi;
dato il numero crescente di tamponi che si stanno effettuando nel territorio della provincia di Catania occorrerebbe pertanto attivare e attrezzare i laboratori presenti per analizzare i test;
da alcune dichiarazioni, rilasciate nella testata giornalistica Il Fatto Nisseno del 20 novembre 2020, si apprende che nella provincia di Catania, così come in altre province della Sicilia, la situazione a livello organizzativo, risulta «sempre più fuori controllo», con un ritardo nel numero di tamponi effettuati;
numerose sono le famiglie rimaste chiuse in casa da settimane nell'attesa del responso di un tampone o di una visita che, talvolta, tarda ad arrivare anche per mancanza dei dispositivi di sicurezza;
nella situazione drammatica che si sta vivendo, tali ritardi generano insofferenza e creano problematiche sulle contromisure da adottare a tutela della salute delle persone e sul tracciamento dei contagi;
i cittadini, infatti, hanno necessità ed urgenza di conoscere, nel più breve tempo possibile, i risultati dei tamponi effettuati anche al fine di tutelarsi e per comprendere il tipo di precauzioni da adottare a livello sociale, familiare e lavorativo;
nelle zone della provincia di Catania, così come in altre zone della Sicilia, la realtà sanitaria richiede urgentemente chiarezza e interventi a tutela della popolazione e dei medici che operano in prima linea –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e in raccordo con la Regione Siciliana, al fine di fare in modo di risolvere la questione sopra prospettata.
(4-07845)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
le nevicate del 9 dicembre 2020 hanno ricordato che, da anni, ogni evento atmosferico calamitoso mette in ginocchio migliaia di comuni montani che già sono messi a dura prova dalle mille difficoltà che li caratterizzano;
solo negli ultimi tre mesi sono stati colpiti da interruzione di corrente elettrica 108 comuni piemontesi, 20.000 abitanti liguri, 13 mila abitanti trentini a e oltre 10.000 friulani in particolare quelli residenti in Carnia e nel Tarvisiano;
vale la pena ricordare che, in questi comuni, ogni giornata di forte pioggia, vento, neve provoca delle interruzioni di corrente elettrica che, nelle circostanze più fortunate, procura danni alle apparecchiature elettroniche, rende impossibile la comunicazione sia telefonica che informatica, con conseguente impossibilità per molti di lavorare, andare a scuola, essere curati, informati o semplicemente rassicurati. Nelle circostanze più sfortunate si traduce in isolamento, assenza di riscaldamento ed acqua calda, impossibilità a muoversi e purtroppo un sensibile aumento della probabilità di essere colpiti da infortuni ed incidenti;
la soluzione non può ovviamente limitarsi al ristoro dei danni, che non è né sufficiente, né risolutivo. Il problema potrebbe però essere definitivamente risolto con l'interramento, nella sede o sul ciglio stradale di collegamento di questi comuni con il fondovalle, delle intere linee aeree di distribuzione della corrente elettrica, dei collegamenti telefonici e la contestuale copertura con fibra ottica di tutti i comuni ancora non raggiunti;
l'opera infrastrutturale, certamente costosa ed impegnativa, potrebbe trovare nel Recovery Fund, la fonte di finanziamento più appropriata. Infatti quest'opera rappresenterebbe una concreta misura di ripresa e sviluppo per i 3538 comuni montani che, grazie a quest'intervento, vedrebbero abbattuto il loro gap con il fondovalle, quantomeno rispetto alle problematiche che si riscontrano nella fornitura di corrente elettrica che è un servizio essenziale per la qualità della vita, poiché condiziona ogni singola attività –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa e se intenda adottare iniziative di competenza per porre in essere un piano infrastrutturale, come esposto in premessa, che possa risolvere i gravi disagi – dagli incidenti causati dall'essenza di fornitura elettrica – a cui sono sottoposti i comuni di montagna per l'inadeguatezza degli attuali impianti elettrici.
(5-05160)
EVA LORENZONI, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, GIACCONE, LEGNAIOLI, MINARDO, MOSCHIONI e MURELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel corso del 2018 l'azienda Invatec-Medtronic aveva annunciato di voler chiudere l'attività negli stabilimenti situati sul territorio bresciano e tale decisione aveva messo a rischio i 250 dipendenti coinvolti nei siti produttivi di Roncadelle e Torbole Casaglia (BS);
a dicembre del 2019, dopo mesi di trattative, Medtronic ha firmato un accordo definitivo con la Business Creation Investiments (BCI) in cui si sancisce il trasferimento dell'impianto di Roncadelle dall'Invatec alla stessa BCI e vengono garantiti i posti di lavoro;
al fine di gestire il trasferimento, l'azienda BCI ha costituito una società ad hoc che prende il nome di Roncadelle Operations S.r.l. (R.Op.);
il progetto di riqualificazione industriale dello stabilimento di Roncadelle prevede, oltre alla tutela dei dipendenti interessati, la produzione di siringhe automatiche di sicurezza con ago retrattile con brevetto Retrago, da realizzarsi entro il 2020;
stando a quanto si apprende dalle sigle sindacali dei lavoratori Invatec-Medtronic, in data 17 novembre 2020 Roncadelle Operations avrebbe comunicato un cambio di programma rispetto al piano industriale precedentemente comunicato;
tale variazione concerne la decisione di abbandonare la produzione delle siringhe con ago retrattile brevettate da Retrago per iniziare a produrre una nuova tipologia di siringhe automatiche di sicurezza con ago retrattile interamente brevettata da BCI e R.Op. che si chiamerà SAFER;
tale variazione ha avuto inoltre come conseguenza lo slittamento dell'avvio della produzione rispetto agli accordi, posticipando il trasferimento dei dipendenti da Medtronic a R.Op. a, si prevede, febbraio del 2021;
a questo proposito le sigle sindacali auspicano un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di verificare il nuovo piano industriale alla luce delle novità in atto;
tale situazione, venutasi a creare nell'ultimo mese, ha certamente creato un clima di incertezza nei dipendenti del sito di Roncadelle circa il loro futuro lavorativo –:
se il Ministro dello sviluppo economico fosse a conoscenza della variazione rispetto al piano industriale concordato, se non ritenga opportuno organizzare un incontro con la proprietà e le parti sindacali e quali iniziative il Governo, per quanto di propria competenza, intenda porre in essere al fine di tutelare i lavoratori interessati.
(5-05177)
Interrogazioni a risposta scritta:
MUGNAI, D'ETTORE e RIPANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 1959, ossia oltre sessanta anni fa, quando, a Figline Valdarno (Firenze), la Pirelli avvia il proprio stabilimento e comincia la produzione di «Steel cord» (cordicella metallica);
nel 1975 l'azienda di Figline prende il nome di «Azienda Cord Metallico Spa della Società pneumatici Pirelli Spa», per identificare al meglio la propria produzione;
nel 2013 si ha l'annuncio imprevedibile: la produzione dello «Steel cord» non rientra più nei piani della Pirelli, l'azienda valuta pertanto l'esternalizzazione;
nel 2014 la Pirelli si libera di questo ramo vendendolo all'unico competitor europeo, Bekaert;
nel 2018, come racconta la stampa, si aprì la vertenza della Bekaert di Figline Valdarno, che decise di delocalizzare e chiudere lo stabilimento con una procedura che prevedeva, dopo poco più di due mesi, la cessazione dell'attività e 318 licenziamenti;
nel 2019, come appare dalle notizie delle agenzie stampa, Bekaert avvia una nuova procedura di licenziamento. Lo rende noto la stessa azienda, spiegando di aver avviato «come già previsto nell'accordo di ottobre scorso, e cioè entro i 75 giorni precedenti la scadenza della Cigs, la nuova procedura di licenziamento collettivo per il personale che sarà ancora in forze al 31 dicembre 2019»;
in data 31 ottobre 2019, (come da comunicato stampa del Ministero dello sviluppo economico) presso il Ministero dello sviluppo economico si è tenuto il tavolo di monitoraggio riguardante il progetto di reindustrializzazione del sito di Figline Valdarno della società Bekaert S.p.a. La riunione era presieduta dal vice capo di gabinetto del Ministero dello sviluppo economico Giorgio Sorial. Sono emerse durante la riunione due manifestazioni di interesse e due piani industriali pervenuti. La prima manifestazione di interesse proviene da parte della società Trafilerie Meridionali S.p.a., un'azienda abruzzese che opera da 60 anni nella produzione di bead wire. La seconda manifestazione di interesse proviene da parte di una cooperativa dei lavoratori;
in data 30 settembre 2020, un gruppo di 100 lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno, come apparso sulla stampa locale, ha inviato una lettera all'allora neo presidente della regione Toscana, Eugenio Giani, per chiedergli di «impegnarsi da subito, appena insediato, per risolvere questa cruciale vertenza che si trascina ormai dal 22 giugno 2018». Il 5 gennaio 2021 prossimo infatti terminerà la proroga-COVID della cassa integrazione guadagni (Cig) che riguarda al momento 178 persone;
il 2 dicembre 2020 le sigle sindacali unitariamente dichiarano, come apparso sulla stampa: «Sulla reindustrializzazione ci sono stati impegni ben precisi presi da Governo e Regione ad ora completamente disattesi, come quello di una convocazione entro ottobre. Su Bekaert servono risposte urgenti: sono finiti i tempi. Se fosse impossibile la proroga oltre marzo della cassa straordinaria, la multinazionale belga aprirebbe la procedura di licenziamento entro il 15 di dicembre: un regalo amaro per 170 famiglie»;
il 3 dicembre 2020 risponde sulla stampa la regione Toscana. La regione è in contatto con il Governo, e segnatamente con il Ministero dello sviluppo economico, per cercare una soluzione alla vertenza che riguarda i 170 operai della Bekaert. Ad annunciarlo è il consigliere per il lavoro Valerio Fabiani che segue la questione per conto del presidente della regione, Eugenio Giani –:
se il Governo intenda convocare rapidamente un tavolo nazionale e istituzionale sulla crisi della Bekaert come annunciato nei primi giorni del mese di dicembre 2020 dalla regione Toscana;
se il Governo intenda assumere iniziative al fine di prevedere la proroga della cassa integrazione straordinaria per i 170 lavoratori dello stabilimento, visto l'approssimarsi della scadenza della suddetta.
(4-07784)
COLMELLERE e GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
gli istituti tecnici superiori sono percorsi formativi scelti da un numero sempre maggiore di giovani che desiderano acquisire un'alta specializzazione che consenta loro di inserirsi nei settori strategici del sistema economico-produttivo del Paese e di dare un contributo all'innovazione e al trasferimento tecnologico alle imprese, specie quelle di piccole e medie dimensioni;
negli istituti tecnici superiori si formano profili tecnici altamente specializzati e spendibili nel mondo del lavoro, tanto che, secondo il monitoraggio nazionale 2020, l'83 per cento dei diplomati trova lavoro a un anno dal diploma e il 92,4 per cento di questi riesce a impiegarsi in un'area coerente con il proprio percorso di studi (il tasso di occupati a 12 mesi dal diploma registra la percentuale più alta dal 2015 a oggi). Gli istituti tecnici superiori si rivelano quindi strumento efficace per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani che acquisiscono il diploma di tecnico superiore;
tali risultati sono possibili grazie a una didattica flessibile e basata sull'esperienza pratica, che è necessario diffondere e accrescere anche nelle istituzioni scolastiche di secondo grado e nelle istituzioni formative accreditate dalle regioni, interessate a potenziare le competenze digitali nella formazione del proprio personale e nei percorsi in alternanza scuola-lavoro degli studenti;
la legge n. 160 del 2019, all'articolo 1, comma 412, destinava 15 milioni di euro del fondo dedicato alle dotazioni straordinarie per gli istituti tecnici superiori ad investimenti in conto capitale per le infrastrutture presso sedi e laboratori per permettere agli stessi di ottimizzare l'offerta formativa dedicata agli studenti, affidando di concerto ai Ministeri interrogati la ripartizione delle risorse;
con decreto ministeriale n. 63 del 14 luglio 2020 il Ministro dell'istruzione fissava i criteri di riparto del fondo straordinario per le misure nazionali di sistema compresi il monitoraggio e la valutazione, la fornitura di diplomi, le azioni di orientamento e i progetti di supporto alla diffusione a tutti gli istituti tecnici superiori;
da tale trasferimento esulano evidentemente le risorse sopramenzionate dedicate all'infrastrutturazione degli istituti che devono essere oggetto di concertazione con il Ministero dello sviluppo economico;
tale ritardo è in contraddizione con quanto espressamente previsto dal comma 466 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018 volta ad assicurare stabile e tempestivo accreditamento delle risorse disponibili a legislazione vigente, ovvero che i fondi vengano trasferiti entro il 30 settembre di ciascun anno –:
se i Ministri interrogati intendano indicare i motivi di tale ritardo e le misure che si intendono adottare per assicurare che le risorse destinate agli istituti tecnici superiori possano essere effettivamente erogate in tempi utili al loro efficace utilizzo.
(4-07798)
PERCONTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti locali è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, il quale disciplina i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione assegnate al Ministero dello sviluppo economico;
i citati contributi vengono assegnati sulla base di criteri e requisiti di ammissione che tengono conto del sostegno all'occupazione, dell'innovazione tecnologica e della qualità dei programmi e dell'informazione nonché sulla base dei dati di ascolto;
i requisiti di ammissione – oltre a richiedere agli operatori di rete la regolarità contributiva e l'aver trasmesso nei marchi e palinsesti per cui presentano domanda – prevedono, anche, un numero minimo di personale alle dipendenze dell'emittente, dedicato alla fornitura di servizi media audiovisivi, la cui parte sia poi composta da giornalisti. Il numero del suddetto personale, inoltre, è fissato in base al numero di abitanti presenti nel territorio in cui sono diffuse le trasmissioni nell'ambito della regione per cui è stata presentata la domanda;
il sopracitato decreto, nel definire i criteri di ripartizione delle risorse presenti sul capitolo di bilancio del Ministero al sostegno finanziario all'emittenza radio e televisiva operante in ambito locale, prevede che l'85 per cento sia «riservato ai contributi spettanti alle emittenti televisive, di cui il 5 per cento deve essere riservato ai contributi destinati alle emittenti televisive aventi carattere comunitario...»; ed inoltre precisa, all'articolo 6, nell'ambito dell'istruttoria per la predisposizione delle graduatorie con specifico riferimento alle emittenti televisive commerciali, che «alle prime cento emittenti è destinato il 95 per cento delle risorse disponibili. Alle emittenti che si collocano dal centunesimo posto in poi è destinato il 5 per cento delle medesime risorse»;
l'attuale regolamento per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti locali, benché abbia certamente superato le precedenti modalità di erogazione «a pioggia», ha anche introdotto criteri selettivi eccessivamente penalizzanti soprattutto riguardo ad alcune regioni, che rischiano di veder ridotta la contribuzione complessiva in modo del tutto squilibrato rispetto al passato, con il rischio della chiusura di molte piccole emittenti, a scapito del principio del pluralismo informativo; tra i settori colpiti dalla grave crisi economica, generatasi nel Paese in seguito all'emergenza da Covid-19, vi è anche quello radiotelevisivo che, a fronte del crollo della raccolta pubblicitaria e dei relativi fatturati, oggi ha bisogno di nuove prospettive di sviluppo economico che consentano di mantenere alto il livello del pluralismo informativo, garantendo al contempo i numerosi posti di lavoro attualmente a rischio –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e quali iniziative intenda intraprendere, al fine di revisionare gli elementi che rendono penalizzanti i criteri di calcolo dei contributi finanziari alle TV locali.
(4-07802)
CIABURRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
come noto, la crisi da Covid-19 ha ridotto i depositi di liquidità in capo a cittadini e imprese, obbligando lo stanziamento di risorse in forma emergenziale mediante continui e successivi decreti-legge;
le forme di ristoro finora disposte con i predetti decreti-legge, come riportato dall'ufficio studi della Cgia di Mestre, hanno coperto mediamente solo il 25 per cento delle perdite subite, percentuale che scende al 2 per cento per le perdite subite dai ristoranti, al 3 per cento per quelle subite dai centri commerciali, e meno del 10 per cento per gli alberghi – senza menzionare i comparti che non hanno ancora ricevuto alcuna forma di ristoro;
come riportato dal recente Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca centrale europea per il 2020, l'economia italiana è particolarmente sensibile al «cliff effect», effetto per il quale il simultaneo venir meno di gran parte delle moratorie sui prestiti, degli schemi di cassa integrazione, dei blocchi dei licenziamenti e degli aiuti diretti causerebbe un calo sostanziale dei meccanismi di sostegno dell'economia per il 2021, nonché il sostanziale collasso di interi settori dell'economia reale;
nel caso italiano, le moratorie sui finanziamenti alle piccole e medie imprese sono state prorogate all'inizio del 2021, con una proroga per marzo 2021 unicamente per le attività turistiche e solo per i mutui, altre misure di carattere economico come finanziamenti alle imprese con garanzia statale e rinvii delle scadenze fiscali trovano spazio unicamente nella prima metà del 2021;
secondo le stime più recenti, la decadenza del blocco dei licenziamenti al 31 marzo 2021, senza misure compensative a tutela delle imprese, comporterà esuberi per almeno 250.000 addetti, senza considerare i 420.000 occupati persi già a ottobre 2020, secondo i dati Istat, e senza considerare quei 600.000 posti di lavoro circa – secondo Banca d'Italia – salvati unicamente dalle misure anti Covid e dunque sensibili alla decadenza delle stesse nell'anno 2021;
in assenza di clausole di salvaguardia e tutela per il tessuto imprenditoriale italiano, la recrudescente assenza di liquidità per le imprese, il venir meno di tutele e sussidi economici per quanto di modesta entità, sarà impossibile per le attività produttive sul territorio nazionale adempiere ai loro obblighi verso terzi, come ad esempio la corresponsione dei pagamenti per le forniture di materiali di lavoro, innescando un effetto a catena che rischia di incrementare il già incerto scenario economico delineato alle presenti premesse;
a partire dal 1° gennaio 2021 entrerà in vigore il regolamento delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione del 19 ottobre 2017, recante la nuova classificazione europea dello stato di inadempienza per le imprese nei confronti degli istituti di credito; il suddetto provvedimento integra il regolamento (UE) n. 575/2013;
il predetto regolamento è caratterizzato da soglie estremamente basse: sarà sufficiente avere un arretrato di oltre 90 giorni nei confronti di una banca, superiore all'1 per cento dell'esposizione totale verso l'istituto di credito, con una soglia minima (scoperto) di 100 euro per le persone fisiche e di 500 euro per le imprese, per essere segnalati alla Centrale Rischi della Banca d'Italia, rendendo impossibile l'accesso al credito bancario;
l'attuazione di tale normativa nel contesto economico italiano delineatosi per il 2021 è destinato a comportare il fallimento a catena di numerose attività produttive –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere, per:
a) fornire una clausola di salvaguardia alle imprese in luce delle evidenze di cui in premessa;
b) rinviare l'entrata in vigore del regolamento (UE) n. 171/2018 e collegati fino alla fine della crisi pandemica da Covid-19;
c) scongiurare effetti di disoccupazione di massa alla fine del blocco dei licenziamenti.
(4-07813)
MOLINARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
dal 24 novembre 2020 gran parte delle utenze degli abitanti del comune di Montecastello in provincia di Alessandria, nonché del municipio e dell'ufficio postale risultano inattive;
il guasto, prontamente segnalato dall'amministrazione locale alla compagnia telefonica concessionaria del servizio universale, ha comportato un evidente nocumento alla popolazione, alle attività lavorative e a quelle istituzionali;
tale gravissima situazione sarebbe dovuta a un cavo tranciato durante i lavori di posa di micropali in un cantiere privato in località Pietra Marazzi;
il sindaco, addirittura, stante l'immotivata latitanza della società concessionaria, si è dovuto rivolgere al prefetto di Alessandria e all'autorità di pubblica sicurezza;
la popolazione di Montecastello, 327 abitanti, tra i quali numerosi anziani, studenti ma anche soggetti che svolgono attività lavorative, è stata completamente abbandonata. La situazione, ovviamente aggravata dallo stato emergenziale in corso, ha comportato tali e tanti disagi che il sindaco ha dovuto mettere a disposizione gli ambienti del comune, dotato di wi-fi, per la didattica a distanza e lo smart working;
da quanto risulta all'interrogante, il fenomeno è legato alle infrastrutture ormai obsolete, ma anche agli scarsi investimenti da parte delle compagnie del settore in aree geografiche non densamente abitate;
tale situazione ha creato per ben 14 giorni (la rete è stata ripristinata il 7 dicembre 2020) gravi disagi ai cittadini e alle imprese di Montecastello e dei comuni limitrofi, che non hanno potuto usufruire di un servizio fondamentale per lo svolgimento di un'attività lavorativa o per comunicazioni urgenti con familiari e conoscenti, andando ad incidere sullo sviluppo della qualità della vita dei soggetti coinvolti;
si evidenzia che la società Telecom è incaricata, ai sensi dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante «codice delle comunicazioni elettroniche», di fornire il servizio universale telefonico su tutto il territorio nazionale. Il contenuto del servizio universale è esaminato periodicamente dalla Commissione europea nell'ambito del Comitato delle comunicazioni;
ai sensi dell'articolo 61, comma 4, del codice, nell'ambito della direttiva per la qualità e le carte dei servizi di telefonia vocale fissa e per il servizio universale (delibera n. 479/17/CONS del 5 dicembre 2017), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha fissato i valori obiettivo, ossia gli standard generali degli indicatori di qualità del servizio universale per la telefonia vocale fissa, che Telecom Italia si deve impegnare a raggiungere. Tali tempi mediamente non devono superare le 48 ore;
la società Telecom Italia, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge n. 223 del 2006, ha presentato all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni degli impegni in cui indica, fra gli obiettivi, quello di soddisfare i clienti finali attraverso concreti interventi per lo sviluppo e il miglioramento della qualità della rete e dei servizi;
la società concessionaria non è nuova a disattendere i propri obblighi di servizio universale: con la delibera n. 479/17/CONS – l'Autorità ha emanato un'ordinanza di ingiunzione nei confronti della società Telecom per il mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità del servizio universale per l'anno 2018 fissati ai sensi dell'articolo 61, comma 4, del decreto legislativo 10 agosto 2003, n. 259 (contestazione n. 8/19/DTC) –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per evitare il ripetersi di simili episodi, tenuto conto del particolare disagio degli utenti data la peculiarità territoriale della zona, e se intenda adottare iniziative per prevedere forme di risarcimento qualora i cittadini, a seguito di interruzione della rete telefonica e internet, abbiano avuto conseguenze negative sul piano lavorativo.
(4-07816)
DELMASTRO DELLE VEDOVE. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
il 9 dicembre 2020 il presidente di Confindustria Novara-Vercelli-Valsesia Gianni Filippa, il Presidente dell'Unione industriale biellese Giovanni Vietti, il presidente di Ance Novara Vercelli Emilio Brustia e il presidente di Ance Biella Francesco Panuccio hanno lanciato un accorato appello per chiedere alle istituzioni di intervenire a sostegno delle imprese che producono ricchezza per il territorio;
senza un supporto fattivo da parte delle istituzioni, l'intero quadrante della regione Piemonte rischierebbe un esiziale contraccolpo economico in virtù dei ritardi connessi alla realizzazione del collegamento stradale Masserano-Ghemme, la cosiddetta «Pedemontana piemontese»;
secondo quanto riferito dai presidenti, l'attuale iter autorizzativo prevede l'avvio del cantiere solo nel 2023, secondo la migliore delle ipotesi;
oltre ai problemi produttivi, organizzativi e finanziari provocati dall'emergenza sanitaria, le aziende manifatturiere e delle costruzioni sono sempre più penalizzate dagli svantaggi competitivi dovuti alle carenze del territorio;
l'alluvione di ottobre 2020 ha fatto crollare il ponte tra Romagnano Sesia e Gattinara, compromettendo in modo molto serio la viabilità della zona. L'ipotesi di dover attendere oltre un biennio soltanto per vedere avviata la gara per la realizzazione di un'infrastruttura di cui si parla da 40 anni è del tutto irricevibile;
a giudizio dell'interrogante sarebbe necessario procedere a individuare un commissario ad acta, sull'esempio positivo del «modello-Genova», che sia in grado di snellire l'iter procedurale dell'opera ed evitare un ulteriore allungamento dei tempi che rischierebbe di portare al collasso il sistema produttivo biellese e quello valsesiano, insieme alle relative filiere dell'edilizia, con un impatto fortemente negativo sull'economia di ben tre province: Biella, Vercelli e Novara;
i danni provocati dal maltempo di inizio ottobre 2020 hanno aggravato una situazione di crisi, che in alcuni comparti è ormai molto preoccupante;
le imprese del territorio profondono quotidianamente ogni sforzo per recuperare produttività ma non possono resistere a lungo in condizioni di costante emergenza e di oggettivo svantaggio infrastrutturale;
inoltre, non è possibile neanche accettare che quella che l'interrogante ritiene una burocrazia ottusa continui a bloccare lo sviluppo, e, in alcuni casi, l'esistenza stessa delle aziende di Biella, Vercelli e Novara;
il 2020 è stato l'anno del COVID e dell'alluvione in Piemonte. Sarebbe imperdonabile che diventasse anche l'anno della fine delle speranze per la realizzazione della Pedemontana –:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla possibilità di nominare un commissario ad acta, sull'esempio positivo del «modello-Genova», per la realizzazione del collegamento stradale Masserano-Ghemme «Pedemontana piemontese».
(4-07829)
FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Sanac S.p.a. è una società attiva dal 1939 nel settore della progettazione e produzione di materiali refrattari per l'industria siderurgica e per applicazioni generali. Con 4 unità produttive, Gattinara (VC), Grogastu (CA), Massa (MS), Vado Ligure (SV) e 350 dipendenti, Sanac è una realtà consolidata nel panorama internazionale e leader in Italia nel proprio settore di riferimento, con circa il 35 per cento del mercato nazionale;
lo stabilimento Sanac di Massa tra la vasta gamma di prodotti può vantare un sistema cosiddetto «a cassetto per siviera» interamente brevettato al suo interno;
nel 1995, l'azienda entra a far parte del gruppo Riva in concomitanza con l'acquisto della società Ilva S.p.a. di cui Sanac faceva parte;
l'azienda, nonostante la buona situazione economico-produttiva, è dovuta entrare in amministrazione straordinaria nel marzo del 2015, trattandosi di una società controllata da Ilva;
le difficoltà giudiziarie e di gestione dell'acciaieria di Taranto, principale cliente di Sanac, hanno causato un calo drastico degli ordini con una conseguente diminuzione di produzione, fatturato e personale;
il 2 febbraio 2017, nel tavolo al Ministero dello sviluppo economico, il Governo chiariva come la cessione di Sanac sarebbe stata oggetto di un bando pubblico e che l'attenzione del Governo sarebbe rimasta alta al fine di garantire adeguate prospettive di continuità produttiva e occupazione della stessa;
il 5 settembre 2018, presso il suddetto Ministero, è stato siglato l'accordo con Arcelor Mittal per la cessione di Ilva;
il 12 dicembre 2018 si è tenuto un incontro relativo alla situazione Sanac, durante il quale i rappresentanti della procedura commissariale hanno confermato che, delle 5 società che hanno manifestato interesse, solo Arcelor Mittal ha presentato un'offerta di acquisto vincolante;
tra i lavoratori c'è il timore che Mittal abbia poca convinzione ed utilità nel comprare anche Sanac, ma, a quanto consta all'interrogante, la utilizzerebbe solo nell'attesa di trovare chi, a minor prezzo, possa fornire tutto quello che Sanac produce;
c'è all'orizzonte il rischio della tenuta occupazionale, oltre che per i diretti interessati, circa 100 persone, (a fronte delle 160 unità che erano occupate prima di questa situazione, e delle oltre 400 come totalità dirette) anche per tutto l'indotto: altre 80 persone;
sarebbe opportuno che chi guida l'azienda Sanac attuasse investimenti per ricostruire una rete di ufficio vendita e risorse umane e per far tornare gli stabilimenti, che ora sono poco appetibili, il fiore all'occhiello della siderurgia italiana –:
se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per favorire l'ingresso di Invitalia in Sanac S.p.a. con il 51 per cento di maggioranza, avendo così un rapporto di fornitura privilegiato con l'acciaieria di Taranto, come è sempre stato in passato con le gestioni precedenti, ma continuando anche a produrre per terzi.
(4-07835)
BERTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la raffineria di Livorno, situata tra la zona industriale della città e la località di Stagno, frazione del comune di Collesalvetti, è un impianto di proprietà della società Eni S.p.a. autorizzato alla raffinazione di oltre 5 milioni tonnellate annue di petrolio per la produzione principale di benzine e gasolio, oli combustibili, Gpl e prodotti del ciclo lubrificanti;
fin dal 2013 i residenti della zona lamentano frequenti emissioni odorigene, specialmente di idrocarburi e gas, che hanno portato ad un numero consistente di segnalazioni rivolte all'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat);
nel solo 2019 dall'area nord di Livorno, comprendente anche l'area artigianale-industriale del Picchianti e l'area portuale, e dalla località di Stagno sono pervenute 90 segnalazioni per maleodoranze in aggiunta a quelle pervenute per rumori e inquinamento delle acque superficiali;
le ultime segnalazioni, pervenute dagli abitanti di Stagno, risalgono al 4 agosto 2020 in conseguenza di forti rumori provenienti dalla raffineria, e al 5 dicembre 2020 quando è stato segnalato un consistente odore di idrocarburi e la contestuale registrazione, da parte della centralina di misurazione della qualità dell'aria di Arpat, di una concentrazione elevata e anomala di benzene;
in data 6 dicembre 2020 Arpat, in seguito alla realizzazione di controlli in loco, ha dichiarato che la rilevazione era frutto di un malfunzionamento della centralina, ed ha quindi invalidato i dati ottenuti;
anomalie strumentali o mancate rilevazioni della centralina di Arpat ubicata a Stagno si erano già verificate nel mese di luglio 2020, in occasione di un incendio sviluppatosi all'interno della raffineria, e a più riprese nel periodo 5-13 dicembre 2020: in particolare, nel periodo 10-13 dicembre 2020, su totale di quasi 400 ore di rilevamenti, riferiti a quattro sostanze specifiche, risultano mancanti 116 ore, corrispondenti al 30 per cento del totale;
le azioni promosse negli anni da Arpat, tra cui il «Piano di monitoraggio e controllo delle emissioni odorigene nel territorio dei Comuni di Livorno e Collesalvetti» del 2016, non hanno determinato una riduzione delle segnalazioni provenienti da un'area che, come riconosciuto dalla stessa agenzia, è assoggettata alla ricaduta di una molteplicità di emissioni in atmosfera originate da diverse aziende, per lo più operanti nel settore petrolchimico, ivi compresa la raffineria Eni, e dalla vicina area portuale in conseguenza del traffico marittimo e delle attività ad esso connesse;
l'area è stata riconosciuta quale Sito di interesse nazionale (Sin) ai fini di bonifica, istituito mediante la legge n. 426 del 1998 in conseguenza dell'elevata contaminazione di suolo, sottosuolo e acque sotterranee dovuta alla presenza di sostanze inquinanti quali idrocarburi e metalli;
negli anni sono sorte associazioni e comitati tra le quali figura la sezione locale di «Medicina Democratica» il cui referente, Maurizio Marchi, ha sottolineato l'aumento negli anni delle maleodoranze costituite prevalentemente da acido solfidrico, sostanza che secondo alcuni studi risulterebbe cancerogena anche a basse dosi, e da Composti organici volatili (Cov);
in un comunicato datato 27 marzo 2020, l'associazione evidenziava, citando dati dell'Agenzia regionale di sanità regionale, un eccesso di mortalità nel territorio di Collesalvetti dell'1,9 per cento rispetto al dato toscano nel periodo 2006-2015 ed una mortalità per tumori in eccesso del 4,4 per cento –:
di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto riportato in premessa;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere in relazione alla perduranti criticità ambientali che interessano l'area riconosciuta quale Sito di interesse nazionale di Livorno anche in conseguenza di quella che appare all'interrogante la limitata capacità di intervento dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana.
(4-07841)
MAGGIONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
con determinazione dirigenziale n. 587 del 1° luglio 2020, la provincia di Pavia ha autorizzato la società Iliad Italia s.p.a. ad installare impianti di radiotelecomunicazioni per telefonia cellulare di ultima generazione 5G nel comune di Castelnovetto (Pavia);
con la sigla 5G si indica l'insieme delle tecnologie e degli standard di quinta generazione relativi alla telefonia mobile;
l'Italia si pone come uno dei Paesi più avanzati al mondo nell'adozione di tale nuova tecnologia che, per le sue caratteristiche, nei prossimi anni consentirà la digitalizzazione di ampi settori economici: dai trasporti all'industria, all'agricoltura, alla cultura, alla scuola, alla sanità, al turismo, all'ambiente;
il 5G, a differenza delle precedenti architetture di rete mobile, non sarà messo in funzione su bande specifiche, ma dovrà supportare la connettività sull'intero spettro di frequenze, per abilitare servizi con requisiti molto diversi tra loro;
più della metà delle infrastrutture di rete mobile in Europa è ancora 4G, mentre una quota rilevante (il 14 per cento) è ancora rappresentata dalla connettività 2G. Un dato che dovrebbe alimentare la riflessione su almeno due urgenze: da una parte, incoraggiare gli investimenti degli operatori e, dall'altra, ridurre al minimo gli impedimenti burocratici che rallentano il roll-out delle nuove reti;
al contempo la nuova tecnologia deve essere vagliata anche sotto il profilo della sicurezza nazionale. Il 5G è un tema politico, prima ancora che tecnico. Sulla rete di ultima generazione si regge buona parte della «guerra fredda tecnologica» fra Stati Uniti e Cina con rilevanti ripercussioni anche per l'Europa;
a parere dell'interrogante il necessario sviluppo tecnologico deve procedere contestualmente a quello di sicurezza; in particolare, l'ingresso delle aziende cinesi nella rete 5G italiana deve essere attentamente soppesato dal Governo, potendo rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale, come già rilevato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che nel rapporto finale dell'indagine conoscitiva sulla sicurezza delle telecomunicazioni giunge alla conclusione che, oltre a «un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere all'implementazione di tali infrastrutture», sia opportuno valutare la possibilità di «escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G» –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di assicurare che le installazioni infrastrutturali di cui in premessa non siano di fabbricazione cinese o comunque sotto il controllo diretto o indiretto di società cinesi.
(4-07846)
UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
per l'anno accademico 2019/2020, l'ammissione dei medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria richiedeva il superamento di un concorso per titoli ed esami disciplinato dal decreto direttoriale n. 1177 del 24 luglio 2020;
dopo una serie di rinvii, il 22 settembre 2020 i candidati hanno svolto la prova secondo le modalità previste dal sopracitato decreto;
il 5 ottobre 2020 il Ministero dell'università e della ricerca ha disposto un rinvio della data di pubblicazione della graduatoria, prevista per tale data, in considerazione della necessità di procedere alla corretta formazione della stessa nel rispetto del provvedimento cautelare dell'autorità giudiziaria, in seguito ai numerosi ricorsi giurisdizionali esperiti da medici appartenenti alle categorie individuate dall'articolo 7, comma 2, lettera c) del bando di concorso;
il 26 ottobre 2020 il Ministero ha pubblicato la graduatoria, specificando che in essa «è data evidenza delle posizioni, ancora provvisorie, dei ricorrenti destinatari di provvedimenti del TAR Lazio che devono essere ancora oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato nei prossimi giorni e per i quali il punteggio è ancora attribuito anche ai titoli»;
lo stesso Ministero ha preannunciato la modifica del cronoprogramma e ha assicurato che la nuova tempistica «consentirà comunque il completamento in tempi brevi delle fasi di scelta ed immatricolazione in modo da rispettare la data di avvio delle attività didattiche, prevista da bando in data 30 dicembre 2020»;
il 9 novembre 2020 il Ministero ha pubblicato il nuovo cronoprogramma, che prevedeva l'avvio della fase delle scelte a partire da lunedì 23 novembre fino a venerdì 27 novembre 2020, con assegnazioni il 30 novembre 2020 e termine per le immatricolazioni mercoledì 9 dicembre 2020. L'avvio della fase straordinaria di recupero è previsto per il 16 dicembre 2020;
con decreto direttoriale, il 23 novembre 2020 il Ministero, alla luce dei provvedimenti del Consiglio di Stato, ha aggiornato la graduatoria e prorogato la data di chiusura della fase di scelta di tipologia e sede, di cui all'articolo 1 del decreto della direzione generale n. 1794 del 9 novembre 2020, prevista per il 27 novembre 2020, e spostata al 30 novembre 2020. Con lo stesso atto stabilisce che, con successivo provvedimento, verrà comunicato il cronoprogramma, ulteriormente modificato;
con decreto direttoriale del 30 novembre 2020 il Ministero, in seguito agli ulteriori pronunciamenti giurisdizionali del Tar Lazio, ha nuovamente aggiornato la graduatoria e rinviato al 1° dicembre 2020 il termine per la scelta di tipologie e sede e fissando al 3 dicembre 2020 il termine per le assegnazioni;
il 3 dicembre 2020 le assegnazioni non sono avvenute ed è stato disposto l'ennesimo rinvio. Il Ministero ha comunicato che il Consiglio di Stato, nell'accogliere l'appello cautelare proposto dal Ministero stesso avverso i ricorsi di taluni candidati in relazione al quesito n. 87, sospendendo la sentenza impugnata, ha tuttavia espressamente aggiunto che «le ulteriori operazioni concorsuali andranno svolte successivamente alla decisione cautelare collegiale », fissando la camera di consiglio per il 15 dicembre 2020;
il Ministero ha avvisato altresì che, a seguito della pubblicazione della decisione che il Consiglio di Stato adotterà nell'udienza collegiale fissata per il 15 dicembre 2020, sarà reso noto il cronoprogramma aggiornato delle successive fasi della procedura concorsuale;
ad oggi, l'esito del procedimento è avvolto in uno stato di gravissima incertezza, che lede l'aspettativa di 23 mila candidati e il diritto dei 14 mila che hanno superato la prova, mortificando la professionalità di dottori in medicina e chirurgia, che, al termine di un duro percorso universitario, si vedono ingiustamente sbarrata la strada verso la specializzazione e conseguentemente verso il lavoro;
questa imbarazzante vicenda avviene nel mezzo di un'emergenza di proporzioni mondiali, derivante dalla pandemia, e priva i medici stremati, impegnati in reparti al collasso, del valido aiuto dei loro colleghi più giovani;
risultano evidenti le responsabilità di una macchina ministeriale che non ha saputo garantire l'efficienza delle procedure del concorso;
occorre intervenire immediatamente per liberare i medici specializzandi dal «ginepraio» burocratico affinché finalmente possano raggiungere i reparti cui sono destinati –:
quali iniziative intenda porre in essere al fine di portare a termine il concorso per titoli ed esami di cui in premessa e per arrivare urgentemente alla presa in servizio di oltre 14 mila specializzandi.
(2-01033) «Cappellacci».
Interrogazione a risposta orale:
TUZI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
da anni il fenomeno chiamato «imbuto formativo» è al centro delle preoccupazioni di studenti e professionisti che hanno rilevato in tutte le sedi competenti le criticità del sistema e proposto ipotesi alternative per risolvere la problematica dei cosiddetti «camici grigi»;
al fine di far fronte alla grave carenza di medici specialisti il Ministero dell'università e della ricerca e quello della salute hanno incrementato il numero dei posti da assegnare da 8.776 a 14.395;
il bando di concorso per le borse di specializzazione in medicina è stato pubblicato il 24 luglio 2020 ed è stato oggetto di numerose impugnazioni presso gli organi giurisdizionali competenti;
il concorso per le borse di specializzazione in medicina si è tenuto il 22 settembre 2020 con ben due mesi di ritardo rispetto al consueto periodo a causa dell'emergenza COVID-19;
in data 28 ottobre 2020 l'interrogante ha depositato presso la Commissione VII un'interrogazione a risposta immediata sull'argomento per avere contezza delle iniziative da porre in essere e delle tempistiche di assegnazione dei contratti di formazione medico specialistica;
la graduatoria definitiva è stata pubblicata solo il 23 novembre 2020 dopo quasi un mese dalla pubblicazione della graduatoria temporanea pubblicata il 26 ottobre 2020;
il Tar del Lazio ha accolto molteplici ricorsi e il Consiglio di Stato, con decreto presidenziale n. 6948/2020 pubblicato il 2 dicembre 2020, ha disposto il rinvio della procedura di accesso dei medici alle scuole di specializzazione successivamente alla decisione cautelare collegiale da assumersi in data 15 dicembre 2020;
il cronoprogramma, approvato con decreto direttoriale del 30 novembre 2020 di aggiornamento della graduatoria unica nazionale di merito per il concorso nazionale per l'accesso dei medici alle scuole di specializzazione, contenente le date delle successive procedure concorsuali, non è più attuale e necessita di un aggiornamento;
si susseguono i rinvii e si protrae lo stato di incertezza in cui versa questa categoria –:
quali siano le tempistiche del nuovo aggiornamento del cronoprogramma relativo alle procedure concorsuali;
se intenda confermare la data del 30 dicembre 2020 come data di inizio delle attività didattiche, in base all'articolo 1 comma 1 del bando del concorso, oppure se intenda disporre una proroga;
se si intenda procedere per le assegnazioni dei contratti di formazione medica tramite sessione straordinaria di recupero, come previsto dall'articolo 10 del suddetto bando, oppure se si intenda procedere con le sessioni straordinarie successive alla presa di servizio.
(3-01966)
Interrogazione a risposta in Commissione:
GRIPPA e BARBUTO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'anno che sta per concludersi sarà purtroppo ricordato alla storia come quello in cui la fame d'aria, la necessità di cure per i contagiati dal virus Sars-Covid-19 e il sostegno economico alla popolazione costretta a rivedere le proprie abitudini di vita e lavorative erano i temi su cui lavorare con estrema priorità. Ma è anche la fase storica in cui le scelte, le decisioni e un certo sistema che sino ad ora si era fatto spazio in alcuni settori della nostra sanità sono da rivedere al fine di chiudere molti varchi a cattive gestioni della cosa pubblica, all'ingerenza di affaristi e di criminali che anche su questa pandemia non si sono fatti scrupolo di lucrare;
è proprio nella selezione di accademici della sanità, che una recente intervista al professore Emilio Campos, vicepresidente della Società oftalmologica italiana pubblicata sulla pagina web «roma.repubblica.it», in un articolo a firma di Carlo Picozza del 6 dicembre 2020 ha fatto sorgere dubbi rispetto allo svolgimento delle prove di selezione dei professori universitari di Bologna e nel merito degli articoli pubblicati su diversi ambiti di ricerca;
in particolare il professore afferma: «Professori scelti con criteri perversi, accordi tra commissari. La ricerca? Pagata dalle aziende e gli articoli scritti dal personale delle case farmaceutiche». Ed ancora: «I concorsi? Tutti pilotati. E le ricerche farlocche». «Attività di ricerca farlocca: pagata dalle case farmaceutiche, è svolta dal loro personale per brevettare i prodotti, ma firmata dai docenti universitari che poi diventano esperti del glaucoma, delle maculopatie o di altro»;
a quanto sopra descritto, il vicepresidente aggiunge altresì nella sua intervista che si verificano minacce fisiche per quei commissari che non scendono a compromesso col sistema di potere e l'utilizzo del «ricorso» in tribunale con lo scopo di bloccare la procedura di evidenza pubblica. A parere dell'interrogante quanto rappresentato evidenzia forti dubbi sul regolare svolgimento dei procedimenti di selezione dei candidati alla cattedra di oftalmologia e scredita altrettanto il lavoro di altrettanti specialisti in oculistica che svolgono egregiamente la loro professione e hanno dato modo di far apprezzare il loro lavoro e il nostro Paese per i risultati raggiunti nel campo della chirurgia oculistica e della ricerca;
la pratica emersa dalle dichiarazioni del professore non sembrerebbe un caso isolato perché da una ricerca dell'interrogante emerge un simile caso descritto in un articolo del giornale Bologna Today del 5 novembre 2011 titolato: «Proiettili per intimidire collega: condannato professore Unibo – Due anni e 4 mesi di reclusioni per docente oculistica e la moglie, complice, per le minacce avanzate al fine di ottenere l'assegnazione di cattedra universitaria». In quel caso si apprende di un «Tentativo di pilotare un concorso universitario minacciando un collega, fino ad arrivare ai proiettili. Così si sono guadagnati 2 anni e 4 mesi di reclusione il professor Alberto Meduri, già docente di oculistica all'ateneo di Bologna e la moglie, Lucia Scorolli, allora responsabile dell'unità operativa di oftalmologia del Policlinico Sant'Orsola. A decidere la condanna il Tribunale di Bologna durante il processo per estorsione aggravata, infatti la coppia di oculisti arrivò a telefonate minatorie, irruzioni in studio e proiettili recapitati al collega Emilio Campos (e all'anziana madre), a capo all'epoca dell'altra unità operativa oculistica del policlinico» –:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e di quali elementi disponga, per quanto di competenza, in relazione a quanto rappresentato;
quali iniziative, il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, per verificare eventuali irregolarità nell'espletamento della selezione pubblica e quali ulteriori iniziative normative intenda adottare per consentire che tali selezioni siano svolte e gestite in assoluta trasparenza e nel pieno rispetto della legalità.
(5-05193)
Interrogazioni a risposta scritta:
FASANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 9 dicembre 2020 il presidente dell'ordine dei medici di Salerno ha lanciato un grido d'allarme in relazione alla situazione vissuta dagli aspiranti specializzandi, la cui posizione è rimasta bloccata, e questo è l'aspetto più grave, anche durante la pandemia;
ogni anno si verificano ritardi per l'immissione dei giovani medici nei percorsi di formazione post laurea (specializzazione e corso di formazione in medicina generale);
come si apprende dalla nota stampa diramata dall'ordine dei medici di Salerno «l'elenco degli specializzandi sarebbe dovuto uscire alle 12.00 del 5 ottobre 2020, ma i ricorsi contro il bando hanno finito per rallentare ogni operazione, con il risultato che tra “stop and go” da settembre 2020 abbiamo circa 1.200 medici abilitati in attesa di entrare in scuola di specializzazione e cercare di dare una mano e ossigeno ai nostri ospedali»;
questa situazione si protrae da tempo a livello nazionale e, purtroppo, lo scenario non è mutato nemmeno in questa fase di grave emergenza sanitaria: dei 24.000 aspiranti specializzandi, infatti, solo 14.445 avranno la possibilità di ottenere una borsa di specializzazione;
tanti giovani medici, in attesa dell'inserimento in corsia, hanno lasciato gli incarichi che stavano svolgendo, indebolendo ulteriormente il sistema sanitario italiano in questa fase di emergenza –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano adottare per rendere più snello il sistema, evitando che intoppi di tipo burocratico frenino l'inserimento in corsia di tanti giovani medici, che in una città come Salerno e in una regione come la Campania sarebbero oltre modo utili per puntellare una situazione sanitaria che è emergenziale e al limite del collasso.
(4-07786)
D'ETTORE, MUGNAI e RIPANI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da notizie stampa si apprende che il Governo, per affrontare la campagna di somministrazione del vaccino anti-Covid, starebbe ipotizzando di utilizzare, obbligandoli in tal senso, i medici specializzandi, non prevedendo a tal fine una retribuzione ma valutando di remunerarli con il riconoscimento di crediti formativi;
in tal senso si sarebbero espressi pubblicamente sia il Ministro dell'università e ricerca che il Ministro della salute;
questo accade in un contesto in cui lo stesso Ministro della salute ha definito la campagna vaccinale che l'Italia si accinge ad affrontare, come una «sfida epocale» per lo sforzo organizzativo che richiede: si parla, solo per la prima tornata, di 11 milioni di dosi nel primo trimestre del 2021;
appare evidente che il momento è straordinario e straordinarie devono essere le risorse messe in campo e le misure adottate, ma questo non comprende la mancanza di rispetto e la «svalorizzazione» per il percorso formativo affrontato, concluso, superato da parte dei medici laureati che hanno deciso di accedere, in quanto medici, alla specializzazione;
una buona percentuale di questi professionisti hanno già dato il loro contributo e messo a disposizione le loro competenze per far fronte all'emergenza da Covid-19;
coloro che accedono alle scuole di specializzazione non sono studenti e quello nelle scuole di specializzazione, pur essendo un percorso di studio, è una specializzazione e formazione ulteriore di professionisti laureati, abilitati a prestare servizio nel e per il Servizio sanitario nazionale;
si tratta dell'accesso a un percorso formativo che, quest'anno, deve affrontare l'ulteriore difficoltà di un cronoprogramma degli step burocratici rivisto in continuazione in seguito ai numerosi ricorsi presentati e alla necessità di attendere la pronuncia della magistratura amministrativa;
su alcuni di questi ricorsi il Consiglio di Stato si pronuncerà il 15 dicembre 2020 quando le attività delle scuole è previsto che inizino il 30 dicembre 2020, con conseguente contrazione dei tempi di scelta e organizzazione per i candidati alle borse di specializzazione dell'area medica;
i candidati hanno avuto un intervallo di tempo tra il 12 e il 15 dicembre 2020 per espletare gli adempimenti burocratici, per riformulare la scelta di tipologia e sede di specializzazione, per organizzare il loro eventuale trasferimento nella sede della scuola prescelta e il tutto sotto l'alea della decisione del Consiglio di Stato;
si sta parlando di 24 mila persone che stanno facendo una scelta di estrema importanza per la loro vita professionale e personale, che sono al momento in balia del continuo rimescolamento della graduatoria e che si ritrovano, inoltre, privi del dovuto riconoscimento-:
pur consapevoli della gravità del momento e della situazione che si sta vivendo a causa dell'emergenza pandemica da Covid-19 se non ritengano innanzitutto di chiedere pubblicamente scusa ai medici specializzandi, nonché di escludere in ogni modo la possibilità che vengano impegnati obbligatoriamente nella campagna vaccinale contro il Covid-19 prevista per i prossimi mesi e senza prevedere un'apposita e straordinaria retribuzione;
come intenda procedere il Governo anche per garantire, in via generale, una equa retribuzione ai medici specializzandi per attività e funzioni ospedaliere che gli vengono di fatto assegnate, pure in questo particolare periodo di emergenza epidemiologica.
(4-07801)
FRASSINI, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, PANIZZUT, PAOLIN, SUTTO, TIRAMANI e ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
una serie interminabile di errori, intoppi, stalli, rinvii e ritardi: è la paradossale Odissea che stanno vivendo – ma sarebbe più corretto dire, subendo – oltre venticinque mila medici che hanno partecipato all'ultimo concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione di area sanitaria;
l'incapacità degli organi di Governo è emersa sin dalle prime fasi del concorso, già in sede di predisposizione del bando, i cui requisiti di ammissione hanno provocato ricorsi – tra gli altri – dei candidati iscritti al corso di formazione in medicina generale;
nel corso dell'estate, si sono registrati ritardi nella pubblicazione delle informazioni essenziali per sostenere il concorso, come quelle sul numero dei candidati, sul numero dei posti disponibili per le scuole, sulla data del test e sulle procedure di sicurezza da mettere in atto per tutelare i partecipanti dal rischio di contagio da Sars-CoV-2. Tali informazioni sono state divulgate, nella loro interezza, solamente in data 16 settembre 2020, ad appena 6 giorni dalla prova, svoltasi il successivo 22 settembre;
si è arrivati così alla fase successiva, relativa alla graduatoria, che, dopo ulteriori ritardi, annunci e smentite, è stata pubblicata il 26 ottobre 2020. Peraltro, la graduatoria è stata pubblicata senza il relativo cronoprogramma che – tanto per cambiare – è stato rimandato da un avviso del Ministero dell'università e della ricerca al successivo 9 novembre 2020;
consta agli interroganti che il 2 novembre 2020, senza alcuna forma di preavviso, il portale online ha consentito ai candidati in graduatoria di selezionare le sedi in cui immatricolarsi sulla base della loro posizione. Questa procedura, la cui data di avvio avrebbe dovuto essere annunciata nel cronoprogramma, è rimasta attiva per circa mezz'ora. Dopo di ciò, il portale è stato resettato: il Ministero ha annullato le scelte operate dai candidati, alludendo a un presunto bug informatico che è andato così ad aggiungersi ai precedenti bug burocratici;
tra il 28 novembre e il 1° dicembre 2020, dopo un'ulteriore serie di annunci e smentite, è stato effettivamente consentito ai candidati di selezionare le sedi di interesse. Da lì in poi, peraltro, un nuovo stallo, relativo alle assegnazioni. A quanto consta agli interroganti, queste ultime saranno comunicate solamente in data successiva al 15 dicembre 2020, dopo la decisione del Consiglio di Stato su un ulteriore ricorso giurisdizionale che nel frattempo era stato promosso da alcuni candidati contro l'annullamento di un quesito della prova (il numero 87) che lo stesso Ministro dell'università e della ricerca ha definito via Facebook «difficilmente interpretabile»;
dunque, a oltre due mesi dallo svolgimento della prova, svoltasi il 22 settembre 2020, i candidati medici che hanno partecipato al concorso rimangono nell'incertezza più assoluta, costretti ad attendere l'assegnazione alle scuole di area sanitaria;
la situazione è chiaramente «kafkiana» e lo diventa ancora di più se si considera che il nostro Servizio sanitario nazionale ha urgente bisogno di nuovi medici, per sopperire alle carenze di organico, per preparare la campagna vaccinale e per fronteggiare la maggiore pressione dovuta alla pandemia da Covid-19 –:
se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire con la massima priorità e urgenza per sbloccare la situazione di stallo e per consentire alle migliaia di medici che ne hanno diritto di avviare il loro percorso di specializzazione.
(4-07812)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Paita n. 5-03342, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 gennaio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Migliore.
L'interrogazione a risposta in Commissione Ubaldo Pagano n. 5-04478, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Andrea Romano.
L'interrogazione a risposta scritta Boniardi e Cecchetti n. 4-07765, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colla.
L'interrogazione a risposta scritta Delmastro Delle Vedove e Donzelli n. 4-07780, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ciaburro.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Gelmini n. 1-00404, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 430 del 20 novembre 2020.
La Camera,
premesso che:
il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate nonostante questi ultimi mesi di sostanziale tregua pandemica, avrebbero dovuto imporre una migliore organizzazione per attrezzarsi al meglio al temuto ritorno e alla recrudescenza dei contagi;
così come a primavera scorsa, anche ora ci si ritrova purtroppo di fronte alle tende dell'Esercito dinanzi ai pronto soccorso. Gli ospedali sono prossimi al collasso per carenza di personale e mancanza di posti letto a fronte dell'imponente afflusso di malati conseguente alla rapida e vertiginosa diffusione dell'infezione da COVID-19;
ad avviso dei firmatari del presente atto, la colpevole superficialità del Governo ha fatto trascorrere invano questi mesi di apparente tregua dopo la prima ondata pandemica. Un rilassamento ancora più intollerabile alla luce del fatto che la comunità scientifica aveva messo in guardia fin da subito su un certo ritorno del picco dei contagi e dei morti da COVID-19;
da tempo in Italia sono stati prodotti diversi studi che indicavano ciò che stava effettivamente accadendo, e la strada da intraprendere per evitare di ritornare in una situazione tragica quale quella sperimentata nella scorsa primavera;
è del tutto evidente che al Governo spetti l'attività legislativa, nonché di coordinamento, di programmazione degli interventi e di controllo;
la Carta Costituzionale, e in particolare l'articolo 117, attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ciò significa che allo Stato spetta la definizione delle norme generali e, quindi, il coordinamento dell'azione delle regioni a tutela della salute;
la realtà è che da tempo andava avviato un serio piano di potenziamento per prepararsi alla prevedibile seconda ondata. Questo potenziamento non è avvenuto. Come per il piano di potenziamento delle terapie intensive che poi ha accumulato più di un ritardo e per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro;
le risorse dovevano servire, come previsto dal «decreto rilancio», anche a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, ristrutturando i locali «con l'individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi». La realtà, come dichiarato anche dal presidente della Simeu, la Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza, è che «quei soldi sono stati usati troppo poco o meglio quasi per nulla». Oggi invece la gran parte dei pronto soccorso ha riorganizzato le strutture che già aveva, ma gli spazi si stanno dimostrando del tutto insufficienti;
c'era l'impegno di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad oggi si è a meno della metà dei posti aggiuntivi e operativi di terapia intensiva, previsti dal Governo a maggio 2020. Solo il 12 ottobre 2020 si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni; come ha ricordato il professor Crisanti in un documento consegnato in occasione di una sua recente audizione alla Camera, «durante la terza settimana di agosto è stato presentato a esponenti del Governo un documento che prefigurava come la ripresa delle attività lavorative, l'inizio delle scuole e alcuni appuntamenti elettorali inevitabilmente avrebbero creato le condizioni ottimali per innescare una esplosione della trasmissione. Lo stesso documento proponeva quindi di arrivare a questo appuntamento preparati per bloccare l'inevitabile aumento della trasmissione virale attraverso la creazione di un sistema di sorveglianza nazionale basato su una rete di laboratori in grado di processare centinaia di migliaia di tamponi molecolari al giorno in sinergia con gli strumenti di tracciamento informatico tipo app immuni e capacità logistica di rendere il test disponibile in tutte le zone del paese (...). Questo segnale di allarme è stato trascurato e invece di investire risorse, strumenti informatici e logistica in un sistema sorveglianza attiva in grado di interrompere le catene di trasmissione e consolidare i risultati ottenuti con sacrifici umani ed economici senza precedenti nella storia della Repubblica abbiamo affrontato con spensierata leggerezza la riapertura delle scuole, a ripresa delle attività produttive senza un piano di prevenzione»;
le carenze organizzative e il troppo tempo trascorso in questi ultimi mesi senza la necessaria programmazione stanno mostrando tutti i loro effetti, a cominciare dalle misure messe in campo per consentire il tracciamento e ricostruire la catena dei contagi;
è necessario incrementare il numero di tamponi, dando soluzione ai troppi cittadini che per farli, sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni;
a ciò si aggiunga che inspiegabilmente, i centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni;
nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici; attualmente ogni giorno si ricoverano quasi mille persone in più, ed è ormai quasi impossibile proteggere tutti i medici di famiglia con gli stessi dispositivi di protezione che hanno i medici delle terapie intensive;
queste carenze organizzative fanno sì che sempre più persone si presentino in ospedale e ai pronto soccorso dove poi i medici spesso sono obbligati a ricoverare i pazienti in osservazione;
per dare una risposta a queste esigenze che vengono dal territorio, e sempre nell'ambito del potenziamento dell'assistenza territoriale, sarebbe necessario supportare le regioni nell'implementazione delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca), previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 indispensabili per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta consentendogli di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;
le notizie di questi giorni fanno ben sperare nella possibilità di cominciare a somministrare uno o più vaccini anti Covid già dai primi mesi del 2021;
vanno assolutamente scongiurati la totale approssimazione, disorganizzazione e i troppi ritardi con i quali si sta procedendo in queste settimane alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, peraltro particolarmente necessaria in questa fase di pandemia per agevolare la diagnosi differenziata e ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;
le quantità disponibili di vaccini sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, non faticano a farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale;
in attesa dei prossimi vaccini anti Covid, è decisivo che i piani vengano formulati subito. Per arrivare a distribuire il vaccino fin dai primi mesi del prossimo anno, è necessario che l'Italia, così come gli altri Paesi, cominci a programmare fin da subito per prepararsi per tempo;
il piano del Governo, ancora tutto da costruire, servirà ad elaborare una strategia necessaria ad affrontare al meglio la distribuzione e somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che peraltro ha bisogno di temperature particolarmente basse;
sarà decisivo individuare già da adesso le categorie di persone a cui somministrare per primi il futuro vaccino anti Covid;
si è perso del tempo prezioso per prepararsi al meglio alla prevista seconda ondata pandemica. Non solo riguardo al potenziamento e alla dotazione delle strutture sanitarie, ma anche riguardo al fondamentale lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati, indispensabile per monitorare e conoscere in dettaglio capire dove avviene il contagio. Per fare questo ci sarebbe bisogno dei dati individuali, ossia i cosiddetti «microdati»;
in Italia la comunità scientifica li invoca da inizio pandemia, ma senza risultati. Per ora si dispone di informazioni «aggregate» sulla distribuzione di età e comorbilità negli infetti. Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto si può fare ora. I dati probabilmente esistono, ma non sono raccolti in un dataset centralizzato condiviso con la comunità scientifica. Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni, che, se condivise con la comunità scientifica, consentirebbe di elaborare strategie mirate per contrastare la diffusione del virus e preservare quanto più possibile l'economia e la vita produttiva e sociale del Paese;
nella strategia di contrasto alla pandemia in atto, un ruolo centrale avrebbe dovuto essere quello di mettere in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sotto questo aspetto dal 15 giugno 2020 è stata resa operativa, su base volontaria, l'App Immuni, che consente di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio o un contatto con un utente risultato positivo al Sars-Cov2. La realtà è che questo strumento di tracciamento si è rivelato sostanzialmente fallimentare. Un insuccesso che non può essere solamente addebitato ai cittadini e ad un loro rilassamento in termini di percezione del pericolo, ma è evidente una responsabilità di chi ancora una volta non ha saputo organizzare al meglio queste iniziative di tracciamento e di individuazione dei soggetti positivi;
riguardo all'App Immuni, ad avviso dei firmatari del presente atto tutto è stato fatto tardi e male. La tecnologia può servire a rendere più efficiente un sistema, oppure paradossalmente può avere l'effetto di evidenziare l'inefficienza del medesimo sistema. L'esperienza della App ha mostrato l'inefficienza di questo sistema; la lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire per esempio i canali di trasmissione dei virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno 2020 l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto e molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti;
la giusta attenzione alla pandemia in atto fa troppo spesso dimenticare che il COVID-19 provoca anche numerose vittime indirette, in quanto aumenta la mortalità per altre patologie a causa dei rinvii delle procedure di screening, delle diagnosi e degli interventi. Molti malati si trovano, infatti, in una condizione drammatica, in quanto i ritardi accumulati provocano in molti casi la cronicizzazione della patologia o un incremento dei decessi; secondo i dati diffusi da Nomisma, durante il periodo di lockdown, in Italia sono stati 410 mila gli interventi chirurgici rimandati e quindi da riprogrammare. Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario, con esclusione di quelli oncologici;
nel dettaglio, sarebbero stati rimandati il 56 per cento dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell'apparato cardiocircolatorio, mentre un terzo degli interventi da riprogrammare, stimati in 135 mila, riguarderebbero l'area ortopedica;
secondo l'Associazione italiana di oncologia medica, invece, nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per i tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019; quello che in questi mesi è mancato, come ha sottolineato anche la Fondazione Gimbe, è stata una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari;
la realtà è che la terribile pandemia in atto ha messo a nudo l'estrema fragilità della nostra sanità pubblica;
l'emergenza Coronavirus sta rappresentando una sorta di tragico «stress test» per il nostro servizio sanitario e la sua capacità di far fronte a scenari avversi;
la pandemia in alto sta dimostrando ancora una volta che l'offerta sanitaria del nostro Paese deve essere ripensata e rafforzata;
sempre maggiori sono infatti le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale a garantire il fondamentale diritto alla salute che ha sempre caratterizzato il nostro servizio sanitario fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);
la fotografia attuale è che le risorse assegnate al fondo sanitario nazionale sono del tutto insufficienti, e a questo sottofinanziamento si aggiunge il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche, e l'aumento dei costi;
nonostante le criticità suesposte, la bozza del 6 dicembre scorso del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano per l'accesso ai fondi del Next Generation Eu, all'esame del Consiglio dei ministri, assegnava alla missione Salute solamente 9 miliardi (il 4,6 per cento delle risorse previste) per il rinnovamento dell'assistenza territoriale, la telemedicina e la digitalizzazione dei servizi. Delle sei missioni previste, la missione Salute è quella con una dotazione più bassa;
questo nonostante questa estate il Ministro della salute avesse inizialmente presentato a Palazzo Chigi alcune proposte per accedere alle risorse messe in campo dall'Unione europea con il Recovery Fund, e per finanziare un piano di rilancio del nostro sistema sanitario. In totale oltre 20 progetti per un ammontare complessivo di circa 68 miliardi di euro da realizzarsi nei prossimi 5 anni;
l'Italia è il Paese più anziano d'Europa, con circa 24 milioni di malati cronici, e con differenze fortissime tra il Nord e il Sud del Paese. Si ha inoltre il più basso numero di posti letto in Europa;
ma quello che da molto tempo è emerso e che si è acuito inevitabilmente con questa pandemia, è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;
a far funzionare il servizio sanitario nazionale, non sono infatti solamente le nostre infrastrutture sanitarie e la dotazione di attrezzature mediche, ma sono i professionisti della sanità. Nei reparti degli ospedali mancano i medici specialisti, e i colleghi sono sottoposti a orari e privazioni che li riportano indietro alla prima ondata di marzo 2020;
secondo le stime sul fabbisogno nelle corsie di rianimazione servono almeno 9 mila operatori per poter attivare i 3 mila letti in terapia intensiva che si punta ad aggiungere; il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato), per troppi anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;
la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023; a ciò si aggiunge una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;
ad oggi, dopo ben 6-7 anni di studi, solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post-laurea in conseguenza della fallimentare programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Il numero di contratti di formazione post lauream, è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo» che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici;
l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica;
in Italia la sola carenza calcolata della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di almeno 53 mila infermieri di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sono quelli mancanti sul territorio;
nel nostro Paese ci sono molto meno infermieri della media Ocse (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20 per cento la mortalità, mentre attualmente ne assiste in media 11;
nei mesi scorsi è stata lanciata una petizione dal «Lettera 150» e dalla Fondazione David Hume, con un decalogo per «salvare l'Italia». La petizione prende avvio da «l'operazione verità» sugli errori commessi nei mesi scorsi per combattere l'epidemia. Una operazione lanciata da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina;
nella petizione si legge: «Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre debba assolutamente essere fatto ora che l'epidemia è riesplosa e stiamo per vivere un nuovo lockdown. Per evitare che anche questa volta i sacrifici degli italiani siano dispersi al vento vengono quindi proposte dieci cose non fatte finora, e che vanno fatte subito». I firmatari del presente atto di indirizzo le fanno convintamente proprie e anche su queste, chiedono un impegno serio al Governo ad attuarle,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per prevedere un deciso incremento dei nove miliardi assegnati alla Missione Salute dalla bozza del 6 dicembre 2020 del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano predisposta dal Governo;
2) ad adottare iniziative per prevedere che specifiche risorse vengano destinate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziando i programmi sanitari regionali redatti secondo il fabbisogno specifico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché all'ammodernamento e al potenziamento della rete ospedaliera e dei servizi di assistenza territoriale;
3) ad adottare iniziative per incrementare gli investimenti nella ricerca pubblica e privata;
4) ad adottare iniziative per avviare un piano di assunzioni di medici, infermieri, farmacisti e operatori sanitari procedendo, tra l'altro, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del gran numero di specialisti medici, infermieri e farmacisti attualmente ancora precari;
5) ad adottare iniziative per riorganizzare, di concerto con le regioni, il servizio territoriale, potenziando il ruolo dei medici, farmacisti e infermieri anche attraverso l'utilizzo diffuso della telemedicina;
6) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di superare il vincolo di esclusività per gli infermieri pubblici, consentendo loro un'intramoenia infermieristica che permetta agli stessi di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (Rsa, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture;
7) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere, di concerto con gli ordini professionali, la formazione di tutti i professionisti sanitari maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;
8) ad adottare iniziative per finanziare ulteriori borse di specializzazione di medici, farmacisti e biologi, minimizzando il più possibile il rapporto neolaureati/borse e dando soluzione all'imbuto formativo;
9) ad avviare le opportune iniziative normative volte a prevedere il coinvolgimento professionale di medici e farmacisti specializzandi dal terzo o quarto anno affinché, a seconda della branca sanitaria, possano continuare la formazione specialistica svolgendo la loro professione sul campo, prevedendo altresì anche il coinvolgimento degli infermieri già dal terzo anno di studio;
10) a mettere in atto tutte le iniziative volte a recuperare gli interventi e gli screening anti-tumorali e di altre patologie sospesi durante i mesi più duri della pandemia e a ridurre le liste di attesa per patologie diverse dal COVID-19;
11) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a potenziare sensibilmente le misure di contrasto alla diffusione della pandemia, per fronteggiare la seconda ondata in atto e le possibili nuove recrudescenze del virus, al fine di:
a) un rafforzamento della «sorveglianza attiva» attraverso test sierologici e l'uso di massa dei tamponi con il supporto in tutte le regioni dei laboratori, delle strutture diagnostiche private e delle farmacie in possesso di tutti i requisiti necessari, al fine di consentire che i tamponi siano effettuati nel maggior numero e minor tempo possibile, a garanzia di una effettiva tempestività nel monitoraggio e controllo della diffusione della Sars-Cov2;
b) attivare in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico e il dossier farmaceutico al fine di creare un database con tutti i dati necessari per gestire al meglio la diffusione pandemica;
c) realizzare 20 mila posti di terapia intensiva prevedendo 1 posto letto ogni 3 mila abitanti;
d) garantire realmente il distanziamento su tutti i mezzi pubblici, in quanto importante luogo di diffusione del contagio, prevedendo finanziamenti per incrementare il trasporto pubblico locale, il coinvolgimento di soggetti privati a supporto della mobilità locale ed efficaci modalità di controllo – finora inesistenti – del rispetto del distanziamento e della capienza massima a bordo, nonché prevedendo la misurazione della temperatura all'ingresso del mezzo;
e) sanare, nell'immediato, le gravi carenze e le inefficienze riscontrate finora nell'organizzazione della campagna vaccinale antinfluenzale, implementando a tal fine il ruolo centrale e troppo sottovalutato che può e deve essere svolto dalle farmacie assicurando un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali, e prevedendo la somministrazione dei vaccini all'interno delle medesime farmacie, anche attraverso infermieri specializzati o medici specializzandi;
f) predisporre e sottoporre alla valutazione preventiva del Parlamento un piano volto ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino anti Covid che tenga conto della logistica della distribuzione stessa e che individui puntualmente le categorie di persone a cui somministrare il vaccino con priorità nelle fasi iniziali, includendo tra queste il personale e gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani, le persone di età avanzata e le persone con disabilità;
g) informare costantemente il Parlamento sul cronoprogramma e gli sviluppi per la distribuzione e la somministrazione dei vaccini anti-Covid;
h) predisporre una efficace programma di informazione e sensibilizzazione ai cittadini sulla campagna vaccinale anti-Covid;
i) garantire che le vaccinazioni possano essere effettuate nel più breve tempo possibile, valutando, di concerto con le regioni, l'opportunità di ampliare la platea dei soggetti abilitati alla vaccinazione e di individuare anche le farmacie, dotate di spazi idonei, quale punto di inoculazione dei vaccini;
l) prevedere specifiche risorse per l'acquisto di nuovi monoclonali attivi contro il COVID-19;
m) rafforzare l'assistenza territoriale e, in particolare, quella domiciliare soprattutto per i soggetti in isolamento, anche attraverso un potenziamento sul territorio delle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta consentendo agli stessi di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;
n) implementare le cure domiciliari anche attraverso la creazione di una rete di telesorveglianza che metta in contatto il paziente con medici, farmacisti e infermieri;
o) valutare la possibilità di utilizzare i medici specializzandi in anestesia sin dal terzo anno nelle terapie intensive per colmare le carenze e i vuoti attuali;
p) istituire presìdi territoriali sanitari nelle scuole o reti di scuola (medici scolastici e/o infermieri) al fine di monitorare la prevenzione del contagio attraverso la somministrazione di tamponi al personale insegnante e scolastico;
q) riattivare i presidi sanitari e ospedalieri, anche delle zone di montagna, dismessi totalmente o che siano solo parzialmente utilizzati a causa della riorganizzazione territoriale imposta dalla normativa vigente, anche per trasformarli in strutture Covid;
r) potenziare e diffondere l'utilizzo dei Covid-hotel e altre strutture dove poter trascorrere la quarantena senza rischio di contagiare famigliari conviventi;
s) dotare gli uffici, le strutture pubbliche, e i mezzi di trasporto pubblico locale di strumenti idonei di protezione dal contagio, quali misuratori di temperatura, Dpi, gel disinfettante e altro;
t) avviare una costante interlocuzione tra il Comitato tecnico-scientifico, il Ministero della salute, la Società italiana Sistema 118 e rappresentanti di medici e personale sanitario, al fine di individuare le misure più efficaci per implementare le attività di contrasto alla diffusione del Coronavirus;
u) rafforzare la rete delle strutture residenziali e semiresidenziali che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità (Rsa, centri diurni e altre strutture analoghe, comunque denominate dalla normativa regionale), stanziando risorse al fine di potenziarne la relativa offerta, supportarne l'operatività e assicurare presso di esse la disponibilità di personale sanitario e sociosanitario, nonché dei dispositivi utili al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, inclusi i tamponi rapidi.
(1-00404) (Nuova formulazione) «Gelmini, Panizzut, Lollobrigida, Mandelli, Bagnasco, Novelli, Bond, Mugnai, Versace, Paolo Russo, Pella, Brambilla, Labriola, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Paolin, Sutto, Tiramani, Bellucci, Gemmato».
Ripubblicazione di testi.
Si pubblica di seguito il testo di quattro interrogazioni a risposta immediata in Commissione, già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 16 dicembre 2020 in allegato al resoconto sommario della seduta della Commissione XIII Agricoltura, di quattro interrogazioni a risposta immediata in Commissione, già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 16 dicembre 2020 in allegato al resoconto sommario della seduta della Commissione VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici e di cinque interrogazioni a risposta immediata in Commissione, già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 16 dicembre 2020 in allegato al resoconto sommario della seduta della Commissione X Attività produttive, commercio e turismo:
MAGLIONE, GAGNARLI, GALLINELLA, CASSESE, CADEDDU, CILLIS, DEL SESTO, GALIZIA, LOVECCHIO, ALBERTO MANCA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
a tre anni dall'approvazione della legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, dopo decenni di completo abbandono del settore, si registra nel nostro Paese una crescita esponenziale della coltivazione di questo prodotto, con una superficie interessata che è passata da poco meno di 900 ettari a circa 2 mila, coinvolgendo centinaia di aziende agricole;
a seguito delle norme introdotte e anche su sollecitazione degli operatori della filiera è emersa la necessità di istituire un tavolo tecnico di filiera quale strumento indispensabile a riunire le diverse anime del settore e definire le attività da intraprendere per sostenerlo, rafforzandone le potenzialità e favorendo lo scambio di informazioni tecniche e scientifiche;
nonostante l'emergenza sanitaria e le restrizioni derivate dalla pandemia da COVID-19 l'organizzazione necessaria all'istituzione del tavolo tecnico si è attivata con successo e nel mese di settembre 2020 sono stati individuati i 7 rappresentanti (con i relativi 7 supplenti) degli operatori e portatori di interesse della filiera della canapa che parteciperanno insieme ai rappresentanti delle associazioni agricole, degli organi di controllo e del mondo della ricerca unitamente ai rappresentanti di altre Amministrazioni interessate;
il 2 dicembre 2020, in base alle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, la Commissione delle Nazioni Unite sui narcotici ha deciso di riclassificare la cannabis, rimuovendola dall'elenco delle droghe sottoposte a rigidi protocolli di controllo che, per quasi sessant'anni, hanno contribuito allo stigma dell'uso farmaceutico dei cannabinoidi ed è evidente come tale decisione contribuisca a richiamare ulteriormente l'interesse verso un prodotto che si presta ad usi che vanno dall'alimentare all'edile;
in questo scenario, le associazioni e gli operatori del settore lamentano il ritardo nell'istituzione del tavolo di filiera che può divenire il luogo ideale per un confronto attivo e costruttivo, volto a favorire lo sviluppo di questa coltivazione e delle relative sue produzioni –:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto ministeriale di istituzione del tavolo di filiera e se non ritenga di dover invece procedere nel più breve tempo possibile al fine di avviare il confronto tra gli operatori e i portatori di interesse, nell'ottica di uno sviluppo agricolo ed economico della produzione di canapa nel nostro Paese.
(5-05161)
CARETTA e CIABURRO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
contestualmente al Consiglio dei Ministri dell'Unione europea «Agricoltura e Pesca» in programma il 15 ed il 16 dicembre 2020, è stato calendarizzato l'esame della proposta della Commissione europea sulle nuove norme di regolamentazione della pesca nel Mediterraneo;
tale proposta prevedrebbe, tra le altre, una riduzione dello sforzo di pesca consentito del 15 per cento nell'ambito del Piano di gestione del Mediterraneo occidentale, con possibilità di tagli analoghi anche per l'attività di pesca nel Mar Adriatico, trovando la contrarietà del comparto pesca italiano, francese e spagnolo;
per centinaia di imbarcazioni, come evidenziato non solo da varie associazioni di categoria, ma anche da amministratori locali e regionali di diversi enti territoriali su tutto il territorio italiano, la predetta riduzione dell'attività di pesca significherebbe non riuscire a raggiungere la sostenibilità economica, con meno di 170 giorni di giornate di pesca e costi superiori ai ricavi;
già nell'anno 2019 lo sforzo di pesca è stato ridotto del 9 per cento e nel 2020 del 10 per cento; un'ulteriore riduzione del 15 per cento implicherebbe che le barche a strascico, oltre ai 30 giorni di fermo pesca, avranno altri 10-11 giorni di fermo;
tale incremento delle giornate di fermo avrebbe forti ripercussioni anche sulla sicurezza degli operatori, in quanto – dato lo scenario di crisi e la necessità di massimizzare la rendita – saranno portati a massimizzare la lunghezza delle giornate di pesca rimanenti, senza contare il rischio di incremento delle pratiche di pesca illegali e clandestine;
il settore ittico è già stato fortemente colpito dalla chiusura dei canali HoReCa, che di fatto ha limitato per mesi la vendita di pesce fresco nella filiera della ristorazione, mettendo in difficoltà una flotta da traino nazionale che conta oltre 2.300 imbarcazioni per circa 6.000 pescatori ed un valore della produzione superiore ai 500 milioni di euro;
se la proposta di ulteriore riduzione dello sforzo di pesca dovesse trovare applicazione, imprese e cooperative nazionali perderebbero 50.000 giornate di pesca, favorendo le importazioni di prodotti stranieri –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali iniziative abbia intenzione di intraprendere per tutelare il comparto ittico nazionale, scongiurando l'applicazione della proposta della Commissione europea di riduzione dello sforzo di pesca nel Mar Mediterraneo.
(5-05162)
VIVIANI, MANZATO, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI e LOSS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la Commissione europea ha presentato una Proposta di regolamento che interviene al ribasso circa la possibilità di pesca per il Mediterraneo occidentale per il 2021; questi nuovi provvedimenti nel 2021 potrebbero ridurre da un 10 ad un 30 per cento l'attività per la pesca a strascico nel Mediterraneo occidentale;
il Piano di gestione del Mediterraneo Occidentale ha già drasticamente ridotto le zone e le giornate di pesca per la flotta italiana operante nel Mar Tirreno. Nonostante le criticità e non senza subire importanti conseguenze sulla redditività, il settore della pesca, per tutelare la risorsa ittica, nel 2020 ha già ridotto lo sforzo di pesca del 10 per cento e rispettato le chiusure spazio temporali, come previsto dall'attuale piano di gestione;
sarebbe necessaria un'opportuna valutazione scientifica degli impatti prodotti dalle misure già attive perché senza elementi conoscitivi, non si possono imporre ulteriori diminuzioni «a scatola chiusa», pur nel rispetto dello stesso Regolamento sul Mediterraneo occidentale;
per scongiurare la messa in atto di nuove limitazioni all'attività della pesca, tutti i rappresentanti di settore italiani, francesi e spagnoli hanno sottoscritto un documento indirizzato ai Governi nazionali affinché non appoggino l'iniziativa unionale;
per i pescatori la riduzione dello sforzo di pesca si traduce, soprattutto per le piccole barche a strascico, in più ore in mare perché dovranno sfruttare i pochi giorni che gli rimangono per pescare;
con questi provvedimenti si continua a prestare attenzione solo all'aspetto ambientale, tralasciando quello economico, mettendo a rischio la sopravvivenza di alcune marinerie;
nonostante alcuni segmenti siano già sotto i giorni sufficienti per avere un minimo di redditività di impresa, un'eventuale ulteriore riduzione delle giornate e delle zone di pesca comporterebbe un danno irrecuperabile al settore – già duramente colpito dall'emergenza COVID in corso – in termini di fatturato e occupazione, mettendo a rischio persino la sopravvivenza di tante di imprese di pesca;
sembra, a quanto consta agli interroganti, che la Commissione europea abbia intenzione di respingere la richiesta avanzata dall'Italia di prorogare i piani di gestione attualmente in vigore, esprimendo in questo modo la volontà di continuare con la proposta della riduzione dello sforzo di pesca nei termini sopra citati –:
quali iniziative urgenti, nelle opportune sedi europee, intenda mettere in atto affinché siano modificati i termini della proposta della Commissione europea al fine di scongiurare la messa in atto di nuove limitazioni all'attività della pesca onde evitare un'ulteriore riduzione delle giornate di pesca già diminuite nell'anno 2020.
(5-05163)
NEVI e PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'11 dicembre 2020 la stampa ha dato notizia di un'operazione di Carabinieri e Guardia di finanza che ha assicurato alla giustizia una banda con ramificazioni internazionali dedita alla contraffazione di pregiati vini italiani. Tra le attrezzature sequestrate, oltre 8 mila contrassegni di Stato (fascette) per vini Doc e Docg. La frode si aggiunge a quella del falso Sassicaia, di circa un mese fa e al caso del falso Brunello del 2018. Anche in questi casi i criminali avevano ampia disponibilità di contrassegni di Stato contraffatti;
un'analisi appena approfondita delle varie indagini fa rilevare che nessuna delle frodi è stata scoperta grazie al contrassegno di Stato e anzi la falsificazione di questo appare essere il problema minore dei falsificatori. Nel caso del Brunello si era partiti dalle segnalazioni dei consumatori finali, in quello del Sassicaia addirittura grazie a una cassa di vino falso caduta da un camion;
la produzione del contrassegno di Stato, che è equiparato a una carta valori, e le quantità consegnate ai produttori sono rigidamente controllati e contingentati. L'applicazione del contrassegno dovrebbe garantire autenticità e tracciabilità dei vini Doc e Docg. Solo così è possibile giustificare il relativo costo per la filiera del vino, un onere di circa 20 milioni di euro l'anno, pari a circa un terzo delle spese dei controlli di qualità;
da verifiche fatte, utilizzando la app Trust your wine del Poligrafico per la lettura dei contrassegni di Stato con lo smartphone, risulterebbe che l'applicazione dà per buone anche le fascette riprodotte tramite fotocopie a colori di buona qualità e non c'è un alert che informi il consumatore o il produttore che lo stesso codice è stato letto due volte in due posti diversi;
in sostanza la app informerebbe solo che quel codice esiste nel database del Poligrafico. Il che consentirebbe di replicare una sola fascetta autentica all'infinito. Ipotesi confermata da Authentico, un sito dove i consumatori possono segnalare prodotti falsi, che, sul caso del falso Brunello, parla, con riferimento ai contrassegni, di «codice alfanumerico verosimile» –:
quali informazioni sia in grado di fornire il Ministro interrogato in merito alle questioni esposte in premessa e se non ritenga opportuno dare piena attuazione all'articolo 48 della legge n. 238 del 2016 nella parte in cui prevede l'adozione di sistemi di controllo e tracciabilità alternativi, in grado di fornire al consumatore finale l'immediata conferma dell'autenticità del prodotto.
(5-05164)
PEZZOPANE e MORGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
notizia di qualche giorno fa è che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha autorizzato Anas a realizzare gli interventi classificati in «priorità 4» nell'ambito del Programma di ripristino della rete stradale interessata dal terremoto del 2016 ed ha stabilito che i lavori saranno realizzati da Anas in qualità di soggetto attuatore;
si tratta di 443 interventi straordinari per il ripristino di danni non strutturali prodotti dagli eventi sismici su strade prevalentemente provinciali e comunali, per un investimento complessivo di oltre 230 milioni di euro;
gli interventi interessano 117 comuni del cratere sismico, ricompreso nelle regioni Marche, Umbria, Abruzzo e Lazio, ed assumono particolare rilevanza in quanto direttamente connessi alla mobilità locale e alla ripresa sociale ed economica del territorio;
il Programma di ripristino della rete stradale è stato varato nel 2016 dal Dipartimento della Protezione Civile e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per far fronte ai complessi e diffusi danni prodotti dagli eventi sismici che si sono succeduti da agosto del 2016 nell'Italia centrale. I sette stralci operativi che lo compongono avevano ad oggi finanziato l'attuazione di 1056 interventi, con un investimento complessivo di circa 978 milioni di euro. Con questo ulteriore stanziamento, il Programma sale a circa 1500 interventi, con un investimento complessivo di oltre 1,2 miliardi di euro –:
se il Ministro interrogato intenda fornire informazioni più dettagliate relative al programma e ai tempi di realizzazione degli interventi sopra citati così da accelerare la ripresa sociale ed economica di questi territori e finalmente far partire la ricostruzione.
(5-05165)
CORTELAZZO, GELMINI, CASINO, FERRAIOLI, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'11 febbraio 2020 si è provveduto all'aggiudicazione provvisoria per la progettazione definitiva ed esecutiva della nuova strada n. 10 «Padana Inferiore» tra Carceri (Padova) e Legnago (Verona);
l'aggiudicatario provvisorio è il raggruppamento temporaneo d'imprese guidato dalla «Pro Iter Progetto Infrastrutture Territorio» di Milano e con mandanti «Sinergo Spa» di Martellago (Venezia), «ErreVi.A. Ricerca Viabilità Ambiente Srl» di Trezzano sul Naviglio (Milano) e «SP Ingegneria Srl» di Verona;
detta infrastruttura viaria, è parte di un'incompiuta da anni: attualmente è stata realizzata solo la tratta tra Monselice e Carceri, passando per Este. Si tratta di un'arteria di collegamento importante tra due realtà territoriali rilevanti della nostra regione: il Basso Veronese ed il Basso Padovano;
la strada fa parte delle 27 tratte di grandi strade di comunicazione – per un totale di 725 chilometri – che la regione Veneto ha trasferito allo Stato perché se ne occupi Anas tramite «Veneto strade»;
dopo aver sbloccato una lunga impasse che aveva bloccato per anni il progetto della nuova strada regionale (SR) 10, che doveva essere realizzato da un privato aggiudicatario di una concessione, si è ottenuta la riclassificazione della strada da regionale a statale, in modo che la gestione restasse in capo a «Veneto Strade», al fine di recuperare le risorse per la sua realizzazione –:
quali iniziative si intendano adottare al fine di garantire la completa realizzazione nuova strada n. 10 «Padana Inferiore» di cui in premessa, ora di competenza di Anas, e se il completamento dell'opera sia previsto nel piano Anas 2021.
(5-05166)
LUCCHINI e MORRONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 19 maggio 2020 Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) ha indetto il bando di gara (telematica) per la «Progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di realizzazione delle opere sostitutive del passaggio a livello al km 17+748 della linea Castel Bolognese-Ravenna in comune di Bagnacavallo (RA)»;
il progetto prevede il superamento delle problematiche connesse al passaggio a livello di via Naviglio a Bagnacavallo, attraverso la realizzazione di un nuovo tratto di viabilità della lunghezza di circa un chilometro che collegherà – attraverso tre nuove rotatorie e un sottopasso ferroviario in via Bagnoli Superiore – la strada provinciale San Vitale con l'area produttiva posta sulla provinciale Naviglio nei pressi della rotonda di immissione sull'A14 diramazione Ravenna (A14dir);
il bando, con scadenza fissata al 26 giugno 2020, reca un importo a base d'asta di 9.277.435,25 euro escluse Iva e spese tecniche, mentre il costo complessivo del progetto è di circa 12 milioni e 850 mila euro, oltre la metà dei quali finanziati dal comune di Bagnacavallo con contributi di Rfi, regione e provincia; si tratta, in particolare, di una procedura ristretta con invito degli operatori individuati tra quelli inscritti nel «Sistema di Qualificazione delle imprese di RFI S.p.A. SQ011 – Opere civili su linee in esercizio – Opere Civili alla sede ferroviaria Categoria di Specializzazione LOC-001»;
si tratta di un'opera fondamentale per il territorio, attesa da tempo da cittadini e imprese, che avrà effetti molto positivi – per un'area molto ampia che parte dal Bagnacavallese – in termini di viabilità, sicurezza del traffico, qualità dell'aria, ammodernamento del territorio e migliori condizioni per gli operatori;
allo stato risulta che nel mese di settembre 2020 si sono tenute due sedute della commissione di gara nelle quali si è provveduto all'apertura delle buste della gara e all'apertura dell'offerta tecnica della gara –:
se intenda fornire informazioni circa lo stato di avanzamento della procedura di gara di cui in premessa, valutando l'adozione di iniziative volte ad un'eventuale accelerazione dei tempi per far sì che l'opera sia realizzata in tempi brevi.
(5-05167)
MARAIA, DEIANA, ALBERTO MANCA, ILARIA FONTANA, DAGA, D'IPPOLITO, DI LAURO, FEDERICO, LICATINI, MICILLO, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
per fronteggiare le precipitazioni nevose e garantire la percorribilità delle tratte di competenza, tutelando la sicurezza dei propri clienti, Autostrade per l'Italia, congiuntamente alla polizia stradale, redige e mette in atto ogni anno un Piano di gestione dell'emergenza neve;
tale piano antineve prevede, da parte di Autostrade per l'Italia, il coinvolgimento e l'attivazione di 9 sale radio, un Centro multimediale nazionale e un Centro di coordinamento nazionale emergenze di viabilità per il monitoraggio degli eventi e il coordinamento del personale e dei mezzi antineve. Sono previsti 168 posti neve, in cui sono dislocati i mezzi operativi e/o depositi di cloruro, oltre a 6 depositi strategici di cloruro di sodio. Il piano prevede l'impiego di un numerosi mezzi, esterni e aziendali, di cui: 1.121 lame sgombraneve; 201 spargitori per cloruro di sodio; 302 mezzi combinati spargitore e lama; 140 innaffiatrici di cloruro di calcio in soluzione; 165 motopale per il caricamento del cloruro di sodio, di cui 38 di proprietà ASPI; 83 lame con apertura ridotta per lo sgombero neve dei piazzali di stazione; 272 mezzi operativi per la pulizia piazzali ed Aree di Servizio; 27 Unimog di proprietà della Società per lo smaltimento dell'accumulo nevoso in corsia di emergenza; 112 carri in presidio per soccorso. È inoltre previsto l'impiego di 5.300 persone. A questi si aggiunge il contributo della polizia stradale con: 10 centri operativi autostradali; 310 automezzi; 280 pattuglie al giorno; 1726 operatori impiegati;
in tutte le fasi dell'evento nevoso, e ad ogni livello di criticità, Autostrade per l'Italia e la polizia stradale devono informare costantemente la prefettura e le amministrazioni locali competenti per l'adozione di eventuali provvedimenti restrittivi del traffico su tutto il territorio limitrofo all'autostrada, o per la predisposizione dei necessari interventi di assistenza in caso di blocchi;
i primi episodi di maltempo nevoso della scorsa settimana hanno determinato la chiusura di tratti autostradali sulle autostrade A6, A26, A7, tre delle più importanti reti di collegamento del versante Nord-Ovest, con notevole disagio per migliaia di utenti bloccati al freddo, nonché il fermo temporaneo dei mezzi con massa complessiva superiore alle 7,5 tonnellate –:
quali iniziative di propria competenza il Ministro interrogato intenda assumere per garantire e/o potenziare, su tutte le tratte autostradali, la tempestiva applicazione del suesposto Piano antineve in caso di precipitazioni nevose, al fine di evitare la chiusura di tratte autostradali.
(5-05168)
ZUCCONI, RIZZETTO e SILVESTRONI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
è ormai noto che la multinazionale del tabacco Philip Morris ha versato un'ingente somma di denaro, pari a 2,3 milioni di euro, alla Casaleggio Associati, tra il 2017 e il 2020, che, a detta di Davide Casaleggio, sarebbe stata corrisposta per una presunta consulenza;
sta di fatto che la multinazionale intrattiene rapporti economici con la Casaleggio ed ha ottenuto una tassazione agevolata a beneficio dell'industria del tabacco con l'appoggio, alle proposte in materia, del gruppo M5S. Ciò è stato anche confermato da alcuni esponenti del gruppo politico in questione, tra i quali l'allora Ministro della salute, Giulia Grillo, che non era in linea con tale posizione politica espressa dai vertici del proprio partito, dichiarandosi contraria all'aumento dello sconto fiscale sulle sigarette elettroniche, che, invece, è stato attuato;
su tali vicende, si inserisce anche la scelta del primo Governo Conte, di inviare, nel 2018, una delegazione italiana che, insolitamente, limitò i dirigenti del Ministero della salute, allora presieduto dal Ministro Grillo, per ampliarlo con la partecipazione di dirigenti del Ministero dello sviluppo economico, con a capo l'allora Ministro Luigi Di Maio, alla Conferenza delle Parti, convocata dall'OMS, per discutere dell'adozione del Piano Strategico a medio termine 2019-2025, nell'ambito della Convenzione quadro per il controllo del tabacco;
su tali fatti la procura di Milano ha aperto un fascicolo di inchiesta, per verificare la natura della presunta consulenza, da oltre 2 milioni di euro, incassata dalla società di Davide Casaleggio, poiché lo stesso è anche esponente del partito M5S. Sul punto, infatti, in questi anni, da più parti ne è stato contestato il ruolo in palese conflitto d'interessi, per evidente commistione di interessi privati e interessi pubblici –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per porre in essere una più equa politica di distribuzione commerciale delle sigarette elettroniche.
(5-05169)
POLIDORI, BARELLI, SQUERI, BALDINI, TORROMINO e SPENA. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
l'articolo 59 del decreto-legge n. 104 del 2020, riconosce un contributo a fondo perduto alle imprese di vendita di beni o servizi, operanti nelle zone A o equipollenti, individuate dal decreto n. 1444 del 1968, (cosiddetti centri storici) di 29 comuni capoluogo di provincia o città metropolitane che nel 2019 avevano registrato i maggiori flussi turistici, a fronte di una riduzione del fatturato superiore al 33 per cento. La relazione tecnica ha quantificato gli oneri in 500 milioni di euro;
la misura è stata predisposta sul modello del contributo a fondo perduto di cui all'articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020, che ha distribuito in poche settimane 6 miliardi di euro tra le imprese di vendita di beni o servizi al pubblico residenti sul territorio nazionale in presenza una riduzione del fatturato superiore al 33 per cento;
viceversa il provvedimento dell'Agenzia delle entrate per l'accesso al contributo di cui al citato articolo 59 del decreto-legge n. 104 del 2020 è stato emanato solo il 13 novembre, con inoltro delle istanze a partire dal 18 novembre;
il 10 dicembre l'Agenzia delle entrate ha diramato un comunicato nel quale si rileva che, mentre per i ristori previsti dai vari decreti legge emanati tra fine ottobre e fine novembre alle attività economiche fermate dal lockdown, gli accrediti sono stati effettuati entro un massimo di 15 giorni, per i contributi per le attività commerciali dei centri storici, a oltre 4 mesi dall'emanazione della norma, sono stati erogati solo 72 milioni di euro (14 per cento delle risorse) a circa 28 mila attività, su una platea potenziale di oltre 190 mila imprese;
il lockdown previsto dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di novembre e dicembre ha definitivamente affossato le speranze di ripresa del settore turistico per il periodo natalizio. A fronte di ciò per gli esercizi ricettivi e la ristorazione si è intervenuti tempestivamente, mentre il settore del commercio nelle aree turistiche appare completamente ignorato;
nemmeno è giunto a conclusione il procedimento per l'attribuzione di un codice ATECO specifico per le attività economiche operanti nelle aree ad alta densità turistica di cui all'articolo 182 del decreto rilancio;
più in generale, l'attività propria del Ministro interrogato a tutela del commercio dagli impatti della crisi in atto appare carente –:
se non ritenga, per quanto di competenza, adottare iniziative per sollecita attuazione delle misure indicate in premessa, oltre a nuove specifiche misure per le aree commerciali maggiormente colpite dagli effetti della pandemia.
(5-05170)
BINELLI, VANESSA CATTOI, GUIDESI, DARA, ANDREUZZA, FIORINI, GALLI, PIASTRA e SALTAMARTINI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
viste le nuove linee guida del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC) e gli obiettivi Europei di decarbonizzazione al 2030 e 2050, occorre investire nel campo delle rinnovabili al fine di diversificare nel medio-lungo termine le fonti di energia alternativa. È, dunque, opportuno implementare le attività di studio, analisi e ricerca nella «filiera idrogeno», al fine di incentivarne anche la produzione di idrogeno da idroelettrico e l'utilizzo anche nel settore della mobilità collettiva;
una delle più interessanti sfide per la transizione energetica è stata lanciata dalla Provincia di Trento che ha proposto, con un progetto pilota, l'introduzione dell'idrogeno prodotto da idroelettrico come vettore, con impatti positivi nell'area Nord Est del Veneto sia per la parte ferroviaria (Valsugana, Trento-Bassano del Grappa) che per la parte di trasferimento della produzione idrogeno (Valle dell'Adige, Bolzano-Trento-Verona). In particolare, il progetto mira a realizzare un impianto pilota per la produzione di idrogeno sfruttando risorse energetiche rinnovabili primarie nel territorio Trentino quali quelle idroelettrico fluviali e predisponendo un piano logistico per l'utilizzo dell'idrogeno nei trasporti locali attraverso le reti gas: l'obiettivo è infatti l'elettrificazione parziale della linea ferroviaria della Valsugana (sino a Borgo/Primolano) garantendone la prosecuzione sino a Bassano attraverso treni ibridi H2 da impiegare nella tratta non elettrificata in sostituzione dei rotabili diesel;
in vista della grande opportunità di rilancio del sistema Paese attraverso l'utilizzo del Recovery Fund, sarebbe fondamentale inserire tra i progetti pilota da finanziare anche quello promosso dalla Provincia di Trento e avviare una mirata attività di progettazione, realizzazione e gestione delle apparecchiature, degli impianti e dei sistemi complessi finalizzati alla sperimentazione di tecnologie avanzate per l'utilizzo dell'idrogeno. In questo modo si potrebbero sviluppare prodotti di ricerca e brevetti negli impianti sperimentali con prospettive di commercializzazione e al contempo fornire prototipi non solo per implementare la produzione e l'impiego dell'idrogeno come fonte energetica alternativa, ma anche e soprattutto per rilanciare una filiera produttiva importante, in termini sia economici che occupazionali, anche in un'ottica di future partnership con stakeholders internazionali –:
se intenda inserire tra i progetti pilota da finanziare con le risorse del Recovery Fund anche quello promosso dalla Provincia di Trento.
(5-05171)
SUT, ALEMANNO, CARABETTA, CHIAZZESE, GIARRIZZO, MASI, PAPIRO, PAXIA, PERCONTI, SCANU e VALLASCAS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
l'A.S. di Ilva Sp.a., nel 2017 affidava al Gruppo Cimolai, nota azienda della provincia di Pordenone specializzata nella fabbricazione e nella lavorazione di prodotti in metallo, la realizzazione delle strutture di copertura dei Parchi primari dello stabilimento siderurgico di Taranto, oggi gestito da ArcelorMittal Italia (AMI);
i sopracitati lavori, iniziati il 1° febbraio 2018 e finalizzati a contrastare la propagazione delle polveri minerali provenienti dall'acciaieria «ex Ilva» verso il centro abitato di Taranto, hanno interessato l'attività di progettazione, fabbricazione e montaggio delle suddette coperture, in ottemperanza alla prescrizione n. 1 del Riesame dell'A.I.A. prot. DVA-DEC-2012-547 del 26 ottobre 2012, nonché a quanto previsto nel Piano Ambientale adottato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014, successivamente modificato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2017;
si è appreso di recente da fonti stampa la messa in mora di Cimolai da parte di AMI, nonché la sua unilaterale decisione di rescissione contrattuale, motivata dall'irrimediabile compromissione del rapporto di fiducia con l'azienda costruttrice;
l'inizio del contenzioso – all'esito di un articolato confronto a distanza tra le parti – lascia di fatto incompiute, sebbene quasi ultimate, due opere simbolo della svolta ambientale dell'ex Ilva;
il 6 dicembre, Cimolai ribadisce a mezzo stampa «il proprio corretto operato verso gli accordi sottoscritti con il Gestore dell'ex Ilva», sottolineando «la corretta esecuzione delle opere affidatele, ovvero il 99,5 per cento del Parco Minerale e il 96 per cento del Parco Fossile, in assenza di contestazione dei lavori da parte di AMI che avrebbe, invece, “rifiutato di dare seguito alle richieste di confronto, rigettando espressamente il contraddittorio”»;
l'interrotta ultimazione dell'opera appaltata compromette l'utilizzabilità dell'intero intervento, destando forti preoccupazioni per la tutela sanitaria della popolazione residente nell'area prospiciente lo Stabilimento, per la dilatazione dei tempi di chiusura dei lavori e per il derivato aggravio della Spesa pubblica;
forte preoccupazione per la rottura dei rapporti tra AMI e Cimolai è stata espressa in relazione al prossimo futuro dell'acciaieria di Taranto, dai Commissari straordinari dell'ex Ilva in A.S., durante l'audizione del 27 ottobre in X Commissione Attività produttive della Camera –:
quali siano gli intendimenti in merito alla vicenda sopra descritta, in considerazione delle ricadute economico – finanziarie della controversia in atto sulla Cimolai S.p.A. e più in generale sull'Ilva.
(5-05172)
BENAMATI, NARDI, BONOMO, GAVINO MANCA, SOVERINI e ZARDINI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
il servizio di interrompibilità istantanea per il sistema elettrico è parte integrante del sistema di difesa della rete nazionale ed è uno degli strumenti di cui Terna dispone ai fini dell'esercizio in sicurezza del sistema elettrico ed in particolare al fine di mitigare il rischio di disalimentazioni nelle diverse condizioni di esercizio;
Governo e Parlamento hanno garantito, sia prima dell'epidemia da Covid-19 sia adesso, l'impegno di forti risorse per assicurare continuità occupazionale e produttiva al settore siderurgico italiano e agli altri settori industriali energivori (chimica, cemento, carta, ecc.), che sono riusciti a mantenere la loro competitività e sostenibilità economica di lungo periodo anche grazie al contributo di tre istituti: interrompibilità, interconnector e articolo 39 energivori, tutti strumenti adottati in compliance con le regole dell'UE, che hanno mitigato il costo dell'energia elettrica allineandolo a quello dei concorrenti europei;
il servizio di interrompibilità, per il quale a fronte di una remunerazione, definita in esito a un'asta si prevede l'interruzione dei carichi elettrici dichiarati disponibili dall'utente che vi aderisce, ha assunto un ruolo cruciale con lo sviluppo delle fonti rinnovabili negli ultimi 10 anni, avrà un ruolo ancora più importante considerati i nuovi obiettivi di decarbonizzazione previsti dal PNIEC ed ha inoltre rappresentato per i settori industriali elettro-intensive una modalità di partecipazione della domanda al mercato, consentendo in tal modo di ridurre il differenziale del prezzo Italiano, mediamente più elevato del 30 per cento rispetto alla media UE;
per il triennio 2018-2020 il fabbisogno del sistema elettrico nazionale è stato fissato in una quantità massima di potenza interrompibile di 4.600 MW: 200 MW per la Sicilia, 400 per la Sardegna, 4.000 per il resto del Paese; per l'anno 2020 il fabbisogno sul Continente è stato fissato in 4.300 MW, portando così il fabbisogno complessivo a 4.900 MW;
Terna, ai fini del rinnovo delle procedure per l'approvvigionamento del servizio di interrompibilità istantanea del carico per il prossimo triennio 2021-2023, ha pubblicato in consultazione lo scorso novembre un documento che illustra le modifiche proposte alla regolazione del servizio di interrompibilità –:
quale sia lo stato della programmazione per il Servizio di interrompibilità del carico per il triennio 2021-2023 e quando sia previsto lo svolgimento dell'asta triennale 2021-2023.
(5-05173)
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Boschi n. 2-01012 del 17 novembre 2020;
interrogazione a risposta scritta Magi n. 4-07670 del 1° dicembre 2020;
interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-05145 del 9 dicembre 2020;
interrogazione a risposta immediata in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-05188 del 17 dicembre 2020.
Ritiro di firme da una risoluzione.
Risoluzione in Commissione Lapia ed altri n. 7-00573, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2020: sono state ritirate le firme dei deputati: Stumpo, Sportiello, D'Arrando.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Siracusano n. 4-05612 del 12 maggio 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05192.
interrogazione a risposta orale Zanettin n. 3-01930 del 20 novembre 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05154.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta scritta Aprile n. 4-07720 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 439 del 4 dicembre 2020. Alla pagina 16481, prima colonna, alla terza riga deve leggersi «decreto interministeriale» e non «decreto-legge», come stampato.