Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 23 maggio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    dal 7 gennaio 2022 è stata rilevata nelle province limitrofe di Genova ed Alessandria la presenza di peste suina africana nel cinghiale, una malattia virale, non trasmissibile all'uomo, altamente contagiosa, che colpisce i suini domestici e selvatici, per i quali risulta spesso letale;

    la peste suina africana è una malattia con un vasto potenziale di diffusione grazie anche alla notevole capacità di resistenza dell'agente eziologico nell'ambiente esterno e, nel caso dovesse estendersi agli allevamenti di suini domestici, comporterebbe pesanti ripercussioni con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto produttivo, in particolare per il commercio comunitario e internazionale di animali vivi e dei loro prodotti;

    con decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, il Governo ha emanato misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana, prevedendo, oltre alla nomina di un commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire, contenere ed eradicare la peste suina africana, altre disposizioni, tra le quali il contrasto all'espansione del virus attraverso la costruzione di recinzioni attorno alle aree infette, una delega alle regioni di programmazione e attuazione di piani di contenimento e, infine, misure volte a tutelare gli allevamenti attraverso l'implementazione della biosicurezza;

    il 4 maggio 2022 l'Istituto zooprofilattico del Lazio ha segnalato e individuato un caso di peste suina africana all'interno del Parco dell'Insugherata, un'area naturale protetta situata nella zona nord del comune di Roma capitale, a seguito del quale è stato attivato il monitoraggio sull'intera zona e successivamente, tramite ordinanza del presidente della regione Lazio, definita una zona infetta;

    in considerazione delle possibili gravi ripercussioni per il comparto suinicolo e i settori produttivi ad esso collegati, secondo le raccomandazioni dell'Ispra risulta di cruciale importanza limitare la diffusione della peste suina africana, attraverso l'adozione di drastiche misure di biosicurezza, che dovranno riguardare anche l'inibizione dell'attività venatoria nelle aree interessate dall'infezione, al fine di evitare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus, sia in modo diretto, che indiretto;

    il decreto-legge n. 9 del 2022 ha inizialmente previsto l'adozione da parte delle regioni di un piano di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nella specie cinghiale, mediante la ricognizione della consistenza della specie all'interno del territorio di competenza, l'indicazione di metodi ecologici, delle aree di intervento diretto, delle modalità, dei tempi e degli obiettivi annuali del prelievo, esclusivamente connessi ai fini del contenimento della peste suina africana;

    lo stesso decreto-legge riserva una limitata considerazione agli allevamenti intensivi, dal punto di vista del rischio sanitario insito in tale tipologia di attività produttiva, stante l'innegabile potenziale insorgenza e diffusione della malattia che gli stabilimenti suinicoli di tipo industriale comportano;

    in sede di conversione in legge, il citato decreto-legge sembra autorizzare l'automatismo del controllo generalizzato delle popolazioni di cinghiali su scala nazionale e su base annuale, indipendentemente dalla presenza di focolai del virus, all'interno dei piani regionali, in aperto contrasto con i principi di necessità e proporzionalità delle azioni di contrasto alla diffusione della malattia previsti dal regolamento (UE) 429/2016, spingendo le regioni, nelle more di adozione dei piani, ad assumere misure emergenziali di deregolamentazione in materia venatoria per quanto riguarda la specie del cinghiale, che determinano un indebito danno alla biodiversità;

    occorre considerare che l'eradicazione della peste suina africana e la gestione venatoria delle popolazioni di cinghiali sono attività prive di qualsiasi relazione, in quanto i principi e i metodi appaiono profondamente diversi e nello stesso senso si è espresso anche l'Ispra nel suo intervento, davanti alla Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato della Repubblica, del 28 febbraio 2022. L'eradicazione della peste suina africana, infatti, è un intervento con finalità sanitarie che non può essere messo in relazione con un'attività ludico-ricreativa, come la caccia o il controllo faunistico svolto da privati cittadini;

    alla luce della nuova formulazione dell'articolo 9 della Costituzione (legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1), gli animali, l'ambiente e la biodiversità assumono valore di beni costituzionalmente garantiti, la cui tutela risulta equiparata a quella di beni di pari rango – quali, tra tutti, la salute – rispetto ai quali si pone la necessità di un bilanciamento in tutti i casi in cui ricorra una divergenza tra due principi, come nel caso di cui si discute;

    l'analisi delle fonti sovranazionali, quali il regolamento (UE) n. 429/2016, i regolamenti delegati (UE) nn. 2020/687 e 2020/689, la direttiva n. 2002/60/CE, nonché delle fonti nazionali, quali il decreto legislativo n. 54 del 2004 in attuazione della citata direttiva (recante disposizioni specifiche per la peste suina africana), evidenzia come il controllo e l'eradicazione dell'epidemia passi attraverso un'ampia gamma di misure attuabili, a partire dall'identificazione di un focolaio, e non si identifichi necessariamente in un controllo generalizzato delle popolazioni di cinghiali su tutto il territorio nazionale, anche attraverso norme derogatorie dell'esercizio venatorio,

impegna il Governo:

1) a disporre opportune misure per garantire che gli interventi per il controllo della peste suina africana siano condotti nei limiti di necessità e proporzionalità rispetto alla situazione epidemiologica in atto, utilizzando in via prioritaria metodi ecologici e misure di biosicurezza non cruente, commisurate al rischio effettivo di diffusione del virus;

2) a rafforzare le misure restrittive nei confronti della caccia ludico-ricreativa in prossimità delle aree critiche e ben oltre il periodo di emergenza, poiché tale attività spinge i cinghiali ad uscire dal territorio naturale per occupare luoghi più sicuri, avvicinandosi ad allevamenti di suini allo stato brado non protetti, non tutelati e non sorvegliati, con evidente aumento del rischio di diffusione della peste suina africana;

3) a disporre rigorose misure di controllo del territorio, per identificare e chiudere gli allevamenti clandestini di cinghiali, ma anche per accertare il rispetto dei requisiti sanitari richiesti negli esemplari allevati, in particolare nelle aziende faunistico-venatorie, ove ancor oggi è possibile reimmettere nell'ambiente cinghiali per fini di caccia, con il rischio di liberare esemplari potenzialmente infetti o di farli fuggire a causa dell'assenza o dell'inadeguatezza delle recinzioni;

4) ad adottare opportune iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, da destinare all'installazione di recinzioni anche nelle zone limitrofe alle aree dichiarate infette, un atto cautelativo fondamentale per contenere la diffusione della peste suina africana;

5) ad adottare, in un prossimo intervento legislativo, opportune misure per la riduzione del numero degli animali negli allevamenti intensivi, allo scopo di conseguire il progressivo superamento di un modello produttivo insostenibile, che non di rado comporta gravi conseguenze non solo sul benessere animale, ma anche sotto il profilo sanitario e della sicurezza alimentare.
(1-00653) «Siragusa, Benedetti, Dori, Ehm, Fioramonti, Fratoianni, Menga, Paxia, Romaniello, Paolo Nicolò Romano, Sarli, Suriano, Termini, Vizzini».


   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia causata dal COVID-19 ha messo in luce tutte le contraddizioni del nostro sistema sanitario e, in particolar modo, in alcune regioni sono emerse in maniera cristallina le sperequazioni prodotte da politiche sanitarie in favore di una sanità privata che ha guardato al profitto e alla creazione di expertise iper-specialistiche che, nell'approccio di prossimità delle comunità intese nella loro interezza (aree urbane, rurali, montane e interne), non hanno tenuto in debito conto l'importanza strategica della sanità territoriale quale strumento di vera prossimità sociale e sanitaria;

    il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 agosto 2021, recante «Assegnazione delle risorse finanziarie previste per l'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e ripartizione di traguardi e obiettivi per scadenze semestrali di rendicontazione» e il decreto del Ministero dell'economia e finanze del 23 novembre 2021, recante le modifiche alla tabella A del sopra citato decreto, assegnano alle singole amministrazioni le risorse finanziare per l'attuazione degli interventi di cui sono titolari;

    la missione 6 salute contiene tutti gli interventi a titolarità del Ministero della salute suddivisi in due componenti:

     a) M6C1 – Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale:

      1) case della Comunità e presa in carico della persona;

      2) casa come primo luogo di cura e telemedicina:

     i) casa come primo luogo di cura;

     ii) implementazione delle centrali operative territoriali;

     iii) telemedicina per un migliore supporto ai pazienti cronici;

      3) rafforzamento dell'assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture (ospedali di comunità);

     b) M6C2 – Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario:

      1) aggiornamento tecnologico e digitale;

      2) formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico;

    è recente la pubblicazione della delibera del Consiglio dei ministri per l'adozione del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», anche funzionale all'attività delle nuove apposite strutture, da realizzare, finanziate con specifiche risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    nella delibera in predicato sono elencate diverse motivazioni, dalla necessità che il decreto ministeriale n. 70 del 2015 sugli standard ospedalieri sia accompagnato «(...) dal potenziamento dei servizi territoriali in modo uniforme sul territorio nazionale mediante la definizione di appositi standard (...)», al richiamo della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica del 2020, in cui viene ribadito che: «(...) nonostante l'aumento di attività degli anni più recenti sembra confermarsi ancora, non solo nelle aree più deboli del Paese, una sostanziale debolezza e limitazione della rete territoriale per riuscire a far fronte alle necessità della popolazione in condizioni di non autosufficienza e di quella per la quale la gravità delle condizioni o la cronicizzazione delle malattie richiederebbero una assistenza al di fuori delle strutture di ricovero (...)»;

    secondo il Governo, vi è «(...) la necessità e l'urgenza, superata la crisi, di accompagnare un più corretto utilizzo delle strutture di ricovero con il potenziamento di quelle strutture territoriali (case della salute) che possono essere in grado di dare una risposta continua a quei bisogni sanitari non così gravi e intensi da trovare collocazione in ospedale, mantenendo tuttavia un forte legame con le strutture di ricovero (...)»;

    il Governo ha precisato che la «(...) riorganizzazione delle attività dei medici di medicina generale, reti specialistiche multidisciplinari, oltre che il potenziamento ulteriore dell'assistenza domiciliare integrata e dell'assistenza residenziale, rappresenta una scelta obbligata verso la quale si è mosso anche un Piano nazionale della cronicità, proponendo nuovi modelli organizzativi centrati sulle cure territoriali e domiciliari integrate e delegando all'assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie (...)»;

    nel quadro di questa riforma sanitaria andrebbe però considerata la questione degli standard assistenziali, che non possono essere uniformi per tutto il territorio nazionale, sul presupposto logico che andrebbero favorite le regioni più svantaggiate in termini di viabilità, rigidità climatiche, deprivazione sanitaria, maggiore incidenza di patologie croniche, povertà e vulnerabilità sociale;

    a titolo d'esempio, i quasi dodici anni di commissariamento della sanità della regione Calabria hanno determinato effetti molto gravi per il mancato sviluppo dei servizi territoriali, dovuto anche allo scarso, se non in alcuni casi inesistente, collegamento fra ospedali e distretti;

    in Calabria si registra insufficienza della prevenzione e inadeguatezza delle reti assistenziali e, a causa delle limitazioni imposte dal piano di rientro, è avvenuto uno smantellamento di reparti ospedalieri e di ambulatori territoriali, con la conseguenza di lasciare intere aree senza assistenza di base, specie nelle zone montane, interne e disagiate;

    nella seduta del 21 aprile 2022 della Conferenza Stato-regioni si è registrata la mancata intesa sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, concernente il regolamento recante i modelli e gli standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel servizio sanitario (DM71). La mancata intesa è conseguente al parere contrario ribadito dalla regione Campania, che lo ha motivato con la mancanza di risorse aggiuntive dedicate all'assunzione e messa a disposizione del personale previsto dai nuovi standard di assistenza territoriale (cure primarie). L'adozione del decreto, entro il 30 giugno 2022, è il punto di partenza della riforma dell'assistenza territoriale;

    con riguardo alle risorse, il percorso implementativo della riforma si fonda su tre fonti di finanziamento:

     a) risorse stabili del fondo sanitario nazionale, ai sensi del decreto-legge n. 34 del 2020 che ha autorizzato a regime, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno di riferimento, le seguenti risorse:

      1) 480.000.000 euro per il reclutamento di personale infermieristico (articolo 1, comma 5);

      2) 766.466.017 euro: di cui 733.969.086 euro previsti per il rafforzamento dell'assistenza domiciliare integrata (articolo 1, comma 4) e 32.496.931 euro per l'operatività delle centrali regionali (articolo 1, comma 8);

     b) risorse finalizzate per l'assunzione di personale dipendente e di personale convenzionato, a valere sul Fondo sanitario nazionale, stanziate dall'articolo 1, comma 274, della legge di bilancio per il 2022, di accompagnamento al percorso di implementazione (per gli anni 2022-2026) e a regime a sostegno permanente degli standard per l'assistenza territoriale, per una spesa di 90,9 milioni di euro per il 2022, di 150,1 milioni di euro per il 2023, di 328,3 milioni di euro per il 2024, di 591,5 milioni di euro per il 2025 e di 1.015,3 milioni di euro a decorrere dal 2026;

     c) risorse rivenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per il finanziamento della componente 1 relativamente al progetto «Casa come primo luogo di cura – assistenza domiciliare», per un totale di risorse impegnate pari, complessivamente, a 7 miliardi di euro, ai quali si aggiungono 1,50 miliardi di euro di risorse React EU e 0,50 miliardi di euro risorse afferenti al Fondo complementare;

    l'obiettivo della componente è il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, compresa la protezione dai rischi sanitari ambientali e climatici, per meglio rispondere alle esigenze delle comunità in materia di cure e assistenza a livello locale. Gli interventi di questa componente, che si devono leggere in parallelo con quelli della missione 5, componente 2, dedicati all'assistenza sociale, intendono rafforzare le cure intermedie erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (case e ospedali di comunità), il contemporaneo rafforzamento dell'assistenza domiciliare e lo sviluppo della telemedicina;

    il percorso implementativo della riforma si fonda su:

     a) omogeneità del modello organizzativo degli ambiti territoriali sociali, da assicurarsi mediante atti di programmazione regionali o provinciali (articolo 1, comma 161, della legge n. 234 del 2021 – legge di bilancio per il 2022);

     b) introduzione dell'infermiere di famiglia o di comunità, IFoC, (articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020). In sintesi, l'infermiere di famiglia o di comunità:

      1. collabora all'intercettazione del bisogno di salute, agendo sulla promozione, prevenzione e gestione della salute in tutte le fasce d'età;

      2. contribuisce alla programmazione delle attività, anche attraverso gli strumenti propri della gestione degli assistiti finalizzati a mantenere la popolazione in condizioni di buona salute, rispondendo ai bisogni del singolo paziente, sia in termini di prevenzione sia di cura delle condizioni croniche;

      3. favorisce l'accessibilità e l'orientamento ai servizi al fine di garantire un'effettiva presa in carico della persona assistita;

      4. promuove il coinvolgimento attivo e consapevole della comunità, organizzando processi e momenti di educazione sanitaria di gruppo in presenza o in remoto, in collaborazione con tutti i livelli e gli attori sanitari;

      5. utilizza sistematicamente strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza;

     c) conferma dell'unità di continuità assistenziale nel limite previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 274, della legge di bilancio per il 2022, che è un'équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa:

      1) gli standard sono: 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti;

      2) standard di personale di 1 centrale operativa territoriale, per 100.000 abitanti: 5-6 infermieri, 1-2 unità di personale di supporto;

     d) intervento inerente ai livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza e gli ambiti territoriali sociali operato dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, commi 159-171), al fine di favorire l'integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali, ferme restando le rispettive competenze e ferme restando le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza. La legge di bilancio per il 2022 ha infatti definito il contenuto dei livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza e qualificato gli ambiti territoriali sociali quale sede necessaria in cui programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, nonché a garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell'offerta integrata dei livelli essenziali delle prestazioni sociali sul territorio. Inoltre, gli ambiti territoriali sociali concorrono alla piena attuazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza nell'ambito delle politiche per l'inclusione e la coesione sociale;

     e) istituzione dei punti unici di accesso, la cui sede operativa è situata presso le case della comunità, grazie ai quali il Servizio sanitario nazionale e gli ambiti territoriali sociali garantiscono alle persone in condizioni di non autosufficienza l'accesso ai servizi sociali e ai servizi sociosanitari;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe essere l'opportunità per attuare in concreto lo spirito della legge del 23 dicembre 1978, n. 833, che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, addivenendo ad una vera assistenza territoriale percepita concretamente dall'utenza, programmando strutturalmente anche dopo la fine della programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (non solo fino al 2026), per assicurare l'assistenza di prossimità attraverso l'implementazione dell'attività distrettuale con un attento e continuativo esercizio delle funzioni affidate alle organizzazioni fisse funzionali ad intercettare e rimediare al fabbisogno epidemiologico emergente (case e ospedali di comunità), nonché un serio servizio sociale di presa in carico dell'individuo, garantendogli la continuità tra territorio e spedalità (centrali operative territoriali);

    affinché siffatte strutture, idealmente apprezzabili, possano svolgere il loro ruolo per la collettività dovrebbero essere allocate, magari in formazione aggregata, nei siti migliori e più favorevoli alla collettività, soprattutto rintracciando preventivamente l'esistenza del fabbisogno epidemiologico, mai rilevato nella quasi totalità delle latitudini geografiche del nostro sistema sanitario, a cui si aggiunge una programmazione necessaria della copertura finanziaria, post Piano nazionale di ripresa e resilienza, indispensabile alla loro sostenibilità nel tempo;

    nell'audizione tenutasi il 29 gennaio 2021, presso la Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, del presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, i posti letti sono passati infatti da 244 mila nel 2010 a 211 mila nel 2018. Si tratta di –33.000 posti letto negli ospedali tra il 2010 e il 2018 secondo le stime dell'Istat. Una riduzione che è emersa in tutta la sua drammaticità proprio con l'esplosione dell'emergenza COVID-19;

    secondo gli operatori e gli analisti del settore la cifra prevista per la medicina territoriale è insufficiente e non basterà a colmare tutte le lacune che affliggono il sistema sanitario italiano, per il quale nel documento di economia e finanza, approvato il 6 aprile 2022 dal Governo, è stato previsto un taglio dello 0,6 per cento annuo della spesa sanitaria per il periodo 2023/2025;

    non v'è alcun dubbio che gli investimenti nel sistema sanitario e la necessità di declinarlo in un modello di medicina diffusa sul territorio con diversi presidi siano il percorso da seguire perché, ad esempio, il ricovero in ospedale avverrebbe solo nei casi particolarmente gravi o che richiedano cure specialistiche. Affinché quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza risulti efficace, è imprescindibile un incremento stabile della spesa pubblica in questo settore. Al contrario, le nuove strutture che verranno realizzate con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e con la diminuzione di spesa sanitaria già prevista dal documento di economia e finanza rischiano di rimanere delle scatole vuote o, peggio, cattedrali nel deserto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per rivedere il taglio dello 0,6 per cento annuo della spesa sanitaria per il periodo 2023/2025, inserendo nel prossimo disegno di legge di bilancio un incremento consistente della spesa sanitaria che sia strutturale per far fronte alle necessità implementative delle strutture funzionali alla medicina territoriale e di prossimità;

2) ad adottare le iniziative di competenza al fine di potenziare i dipartimenti di salute mentale, i quali sono stati via via definanziati, essendo di primaria importanza all'interno di una comunità di prossimità;

3) a promuovere l'inserimento nel decreto ministeriale di cui in premessa, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», di criteri che, ai fini della definizione degli standard medesimi e nell'ottica di garantire il diritto alla salute in maniera uniforme e completa, tengano conto delle aree regionali svantaggiate in termini di viabilità, rigidità climatiche, deprivazione sanitaria, maggiore incidenza di patologie croniche, povertà e vulnerabilità sociale;

4) ad adottare iniziative per istituire, sin da ora, un fondo unico post Piano nazionale di ripresa e resilienza dove allocare ogni anno, con le leggi di bilancio, le risorse economiche necessarie alla realizzazione strutturale e continuativa in termini di assunzione del personale medico, paramedico e delle risorse umane fondamentali per il funzionamento e il mantenimento, all'interno del Servizio sanitario nazionale, delle strutture strumentali e funzionali alla realizzazione della medicina territoriale.
(1-00654) «Sapia, Massimo Enrico Baroni, Leda Volpi, Colletti, Cabras, Corda, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MANCINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   il Circolo Sportivo «Il Faro», gestito dall'Associazione Sportiva Dilettantistica «CCCP 1987» (regolarmente iscritta al registro nazionale del CONI), rappresenta un punto di riferimento fondamentale per il Municipio XII di Roma;

   nel corso degli anni, l'attività del circolo, volta principalmente al sostegno e alla promozione della pratica sportiva come strumento di inclusione e aggregazione, si è caratterizzata anche per una particolare attenzione a problematiche di natura sociale delle specifiche realtà presenti sul territorio;

   in tale contesto, si è affermata la Crazy for Football, squadra nazionale di calcio a 5, composta da ragazzi con una patologia psichiatrica certificata, divenuta campione del mondo;

   nonostante la crisi pandemica abbia causato enormi difficoltà a tutto il sistema sportivo dilettantistico, il circolo «Il Faro» è riuscito a garantire la propria attività, risultando un solido supporto per giovani e famiglie;

   la Croce Rossa Italiana, proprietaria dell'area su cui insistono gli impianti sportivi, ha promosso un'azione giudiziaria nei confronti dell'ASD CCCP 1987, contestando la legittimità del contratto di locazione sottoscritto nel 2005 con la Fondazione Il Faro di Susanna Agnelli, che all'epoca aveva in uso gli spazi e gli impianti in questione;

   recentemente, l'Amministrazione municipale ha favorito l'individuazione di una soluzione condivisa attraverso la convocazione di un apposito tavolo tecnico, registrando tuttavia l'indisponibilità della Croce Rossa Italiana, intenzionata unicamente a rientrare in possesso degli spazi senza meglio specificarne la futura destinazione d'uso;

   l'Associazione della Croce Rossa Italiana è persona giuridica di diritto privato ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo 28 settembre 2012 e successive modificazioni e, ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario e posta sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica, svolge anche compiti di interesse pubblico;

   a parere dell'interrogante, appare evidente che tale posizione di chiusura espressa dall'ente proprietario, privando di fatto i Municipi XI e XII di una realtà molto preziosa dal punto di vista educativo, sociale e sportivo, recherebbe un indiscutibile pregiudizio per tutta la comunità –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di individuare, in raccordo con il comune di Roma e la Croce rossa, una soluzione che consenta all'associazione sportiva dilettantistica di continuare a svolgere la propria funzione sociale in favore dei bambini e dei ragazzi del territorio, in particolare quelli che presentano necessità speciali o forme di disabilità;

   quali iniziative intenda assumere per diffondere una cultura sportiva che, analogamente a quella promossa dalla citata associazione, incentivi la pratica dello sport come strumento di inclusione e aggregazione.
(3-02983)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il 19 maggio 2022, il Consiglio dell'Unione europea ed il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo condiviso per la regolamentazione comunitaria in materia di stoccaggio di gas, nell'alveo della strategia REPowerEU;

   la proposta normativa di Bruxelles fissa nella dimensione dell'80 per cento il riempimento minimo degli stoccaggi di gas per l'anno termico aprile 2022-marzo 2023, e del 90 per cento a partire dall'anno successivo, secondo un determinato andamento mensile;

   per quanto attiene agli stoccaggi di gas, l'Italia è tra i Paesi europei con la legislazione più avanzata in materia e anche tra quelli più efficienti in materia di stoccaggio, in quanto prevede anche determinati obblighi in merito al servizio di stoccaggio tale da garantire sempre una determinata quota di gas, al contrario di quanto verificatosi in altri Paesi europei, come la Germania;

   la nuova strategia europea per l'energia prevede una clausola di solidarietà tramite la quale nel caso in cui un determinato Paese membro sia sprovvisto di impianti di stoccaggio, può ricorrere al gas immagazzinato da un Paese limitrofo nella misura massima del 15 per cento dei consumi;

   considerando l'attuale situazione internazionale e la contingenza delle varie strategie di contenimento della dipendenza europea dal gas russo, tale clausola di solidarietà può intaccare la sovranità energetica nazionale, se non adeguatamente contenuta e razionalizzata;

   la strategia REPowerEU, tra le altre, prevede, nel breve periodo, la riduzione del 5 per cento della domanda di gas e petrolio tramite un mutamento delle tendenze di consumo energetiche, processo che potrebbe comportare ulteriori costi a scapito del settore industriale nazionale;

   la possibilità di ridirezionare le risorse dei prestiti dello strumento Next Generation EU, e dunque del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per il sostegno dei costi di transizione energetica del REPowerEU costituisce, nel caso dell'Italia, un concorso alla effettiva messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza, in quanto le risorse ora concorrono anche a finalità inizialmente non previste –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per garantire la sovranità energetica nazionale tutelando gli stock energetici nazionali e scongiurare eventuali rincari di origine governativa a danno delle industrie produttive nazionali.
(4-12154)

CULTURA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SANI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   secondo i dati resi noti dal Ministero della cultura nel periodo pre Covid sono circa 27 miliardi di euro, pari all'1,6 per cento del Pil e per un totale di 117 mila occupati, i numeri legati al sistema museale nazionale;

   sempre secondo tale indagine sono 53 milioni le persone che hanno visitato i musei italiani nel 2018 generando proventi da visitatore per circa 280 milioni di euro. I turisti culturali, cioè coloro che si sono spostati appositamente per visitare uno dei musei statali, sono stati 24 milioni. Sul fronte del lavoro, gli occupati sono di poco inferiori ai 120.000 tra diretti e indiretti, pari al 7 per cento delle posizioni lavorative nel settore del turismo e dei servizi ricettivi;

   per il Ministero il potenziale ancora inespresso è notevole e vede una traiettoria che potrebbe incrementare l'impatto sul Pil, nell'arco dei prossimi anni, fino ad arrivare a circa 40 miliardi di euro. I ricavi da visitatori potrebbero raggiungere il miliardo di euro e i posti di lavoro crescere fino alle 200 mila unità;

   le principali linee di azione delineate nell'ambito del Pnrr concernenti la Cultura sono incluse nella terza componente della Missione 1, che è interamente dedicata a Turismo e Cultura 4.0, due dei settori più colpiti dalla pandemia;

   con 6,675 miliardi di euro si mira a incrementare il livello di attrattività del sistema turistico e culturale del paese attraverso la modernizzazione delle infrastrutture, materiali e immateriali;

   gli investimenti previsti per la Cultura ammontano nel complesso a 4,275 miliardi di euro a cui si sommano nel Fondo Complementare gli investimenti del Piano Strategico Grandi attrattori culturali, per 1,460 miliardi di euro, finalizzati al finanziamento di 14 interventi di tutela, valorizzazione e promozione culturale;

   l'area archeologica di Roselle, situata a circa 10 chilometri a nord di Grosseto, rappresenta un patrimonio di eccezionale importanza storica immerso in un meraviglioso contesto paesaggistico, Roselle fu una delle dodici città stato etrusche, oggi è un interessante sito archeologico in cui è possibile riscontrare visivamente il sovrapporsi della civiltà romana su quella etrusca;

   all'interno dell'area archeologica si trova un anfiteatro sede, da oltre trenta anni, di una suggestiva stagione culturale di spettacoli e rappresentazioni teatrali;

   si apprende dalla stampa che la stagione culturale 2022 del parco archeologico di Roselle è a rischio. L'allarme è stato lanciato sui media anche dalla stessa Susanna Sarti, direttrice delle aree archeologiche nazionali di Cosa, Roselle e Vetulonia;

   l'iter del concorso, organizzato dal Ministero della cultura per reclutare 1052 nuovi operatori culturali, non sarebbe ancora concluso, nonostante nel mese di febbraio 2022 si siano tenute le prove orali. Rimangono quindi gravi incertezze su dove verrà indirizzato il nuovo personale;

   tale situazione potrebbe quindi mettere a rischio una delle manifestazioni più prestigiose del territorio oltre a privare di opportunità lavorative e professionali numerose associazioni culturali e compagnie teatrali;

   sarebbe paradossale che a causa di ritardi burocratici venisse penalizzata, anche economicamente, un'area culturale nazionale di notevole valenza –:

   se sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere per garantire il corretto svolgimento dell'edizione 2022 della stagione culturale di spettacoli ed eventi nell'area archeologica di Roselle.
(5-08153)


   ANZALDI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   il 27 marzo 1992 a Palermo il fotoreporter Tony Gentile realizzò lo scatto in cui si vedono i due magistrati, Falcone e Borsellino, pochi mesi prima di essere uccisi dalla mafia, che parlano e sorridono. L'immagine in bianco e nero è diventata celebre dopo essere stata pubblicata in seguito alle stragi di Capaci e via D'Amelio;

   nei decenni successivi la foto è diventata un'icona della lotta a Cosa Nostra. Uno scatto, quello realizzato dal fotoreporter Tony Gentile, che per la sua spontaneità e potenza evocativa, è stato replicato su murales e striscioni, è diventato un'opera in metallo fuori dall'aeroporto di Palermo, fino a essere usato per una serie di monete celebrative in ricordo dei due magistrati uccisi dalla mafia;

   negli anni passati, il fotografo ha agito in giudizio avanti al Tribunale di Roma nei confronti di Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A. per chiedere il risarcimento dei danni conseguenti all'asserito illecito utilizzo da parte di Rai della nota fotografia in programmi di informazione e sul proprio sito web. L'autore richiedeva nello specifico di accertare che la propria fotografia rivestisse carattere di opera fotografica e che venisse dichiarata la responsabilità di Rai-Radiotelevisione Italiana S.p.A., per aver illecitamente riprodotto, elaborato e pubblicato la celebre fotografia, senza menzionare la paternità della stessa, né richiedere il consenso dell'autore o corrispondere a questo un equo compenso;

   secondo la legge 22 aprile 1941, n. 633 Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, la riproduzione di fotografie pubblicate sui giornali o altri periodici, concernenti persone o fatti di attualità o aventi comunque pubblico interesse, è lecita contro pagamento di un equo compenso all'autore, ma comunque nella riproduzione deve indicarsi il nome del fotografo e la data dell'anno della realizzazione;

   a esito del procedimento, il Tribunale, con sentenza n. 14758 pubblicata il 12 settembre 2019, ha riconosciuto in capo al fotografo la titolarità dei diritti di sfruttamento economico dello scatto in questione, ma ha escluso che l'opera possa avere carattere autoriale, facendola rientrare nella fattispecie di «fotografie semplici» laddove la legge riconosce in capo all'autore soltanto il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio dello scatto per un periodo di 20 anni della realizzazione dello stesso (articolo 87, comma 1, L.D.A.). La sentenza ha escluso dunque l'ipotesi di opere fotografiche, in presenza di un particolare grado di creatività (cosiddetto «qualificato»). In questo caso la fotografia è protetta come opera dell'ingegno (articolo 2 Legge sul Diritto d'Autore) per un periodo di 70 anni a partire dalla morte dell'autore;

   la celebre fotografia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nonostante il valore simbolico assunto dallo scatto, non può configurarsi come opera d'arte, con la conseguenza che, riconosciuta la caratteristica di mera fotografia semplice e la relativa tutela del diritto connesso di durata limitata a 20 anni, il nome del fotografo non potrà più essere citato in alcuna riproduzione, proprio in occasione del trentennale della strage di Capaci e via D'Amelio;

   tale situazione evidenzia come alcune espressioni del genio (dipinti, sculture, installazioni, performance, e altro) appaiono essere istintivamente percepite, sia socialmente sia giuridicamente, come dotate di un intrinseco valore artistico, mentre alle fotografie tocca, generalmente, una sorte del tutto diversa –:

   se sia a conoscenza delle circostanze di cui in premessa e se non ritenga che, a fronte dell'alto valore simbolico della celebre fotografia che riproduce i magistrati Falcone e Borsellino, non sia nelle sue facoltà riconoscerne comunque il valore di «opera d'arte».
(5-08155)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la ragguardevole somma di ben 28,3 milioni di euro, il Governo intende manifestare la propria amorevole attenzione alle esigenze sentimentali dei carcerati tramite l'edificazione, per ogni istituto penitenziario italiano, di «casette dell'amore», all'interno delle quali i detenuti in regime di carcere duro potranno soddisfare le proprie relazioni affettive con i propri coniugi, compagni o amanti;

   ci si trova quindi di fronte ad un'ulteriore esempio della premura dello Stato nei confronti delle esigenze dei reclusi, i quali fin troppo spesso risultano implicati in ignobili aggressioni a danno degli agenti penitenziari o in veri e propri atti di rivolta all'interno degli istituti, e non altrettanto solerte nel voler trovare soluzioni efficaci e repentine per risolvere la disastrosa situazione del sistema carcerario italiano;

   il personale penitenziario, infatti, si ritrova tuttora sprovvisto di quelle strumentazioni necessarie al mantenimento dell'ordine all'interno delle carceri, sovente turbato dai medesimi detenuti a cui ora si vogliono garantire incontri sentimentali all'interno di questi prefabbricati, con permessi mensili che possono arrivare fino a 24 ore a detenuto;

   duole far notare quanto la misura in esame a parere dell'interrogante rasenti il paradossale: gli agenti penitenziari, spesso operanti in condizioni miserabili, in istituti fatiscenti, privi di strumenti quali taser o bodycam necessari al mantenimento dell'ordine nelle galere, rischiano di vedersi impiegati a svolgere mansioni da guardia ai detenuti intenti nell'espletamento delle loro necessità affettive;

   in una situazione in cui i nostri agenti vengono mandati in carceri anche molto distanti dalle rispettive famiglie; impiegati in turnazioni straordinarie che riescono a sfiorare le 3.000 ore mensili per carenza d'organico; costantemente aggrediti dai carcerati più problematici; operanti in istituti spesso sprovvisti di quei sistemi di videosorveglianza che garantirebbero agli stessi di difendersi da accuse infondate da parte dei reclusi, il Governo intende impiegare le proprie risorse per salvaguardare la vita sentimentale di quei soggetti che si sono macchiati dei crimini più gravi ai danni della collettività;

   l'aver predisposto 28 milioni di euro per la costruzione di queste «casette dell'amore», piuttosto che per risolvere la gravissima e oramai insostenibile situazione in cui versano le patrie galere, rappresenta un'invereconda umiliazione nei confronti della dignità dei nostri agenti penitenziari, le cui numerose lamentele e insistenti richieste di aiuto rimangono, tuttavia, totalmente inascoltate dallo Stato –:

   se il Governo intenda utilizzare i 28,3 milioni di euro citati in premessa nella fornitura di taser e bodycam agli agenti di Polizia penitenziaria.
(4-12149)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nonostante siano intervenuti, sul finire del 2021, adeguamenti agli stipendi e alle indennità per i magistrati ordinari, comportando un incremento pari al 4,85 per cento, da ben 20 anni risultano totalmente assenti i corrispettivi adeguamenti per le indennità dei magistrati onorari;

   benché questi ultimi garantiscano lo svolgimento di buona parte del lavoro all'interno dei nostri tribunali, lo Stato persiste nel dimostrare il proprio completo disinteresse nel garantire una doverosa riformulazione dei compensi in base al mutare del costo della vita;

   secondo quanto stabilito dal decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, l'adeguamento, discrezionalmente predisposto dal ministero, sarebbe intervenuto nel caso di variazioni significative dell'indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, le quali, sempre secondo il dicastero, non si sono verificate in maniera consistente negli ultimi tre trienni, giustificando, in tal modo, l'assenza di una rimodulazione delle indennità per i magistrati onorari;

   inoltre, sempre secondo quanto disposto dal citato decreto-legge, sarebbe stato possibile garantire il loro adeguamento solamente all'interno delle risorse finanziarie disponibili in base alla legislazione vigente, motivo per il quale, a parere del ministero, non è stato possibile procedere con lo stesso;

   non si comprende, pertanto, quali siano state le differenti motivazioni poste alla base della scelta di adeguare le indennità per la categoria dei magistrati ordinari e non per quelle dei magistrati onorari, comportando, di fatto, una difformità di trattamento tra le due categorie;

   trattasi, quindi, a parere dell'interrogante, di una vergognosa mancanza dello Stato che assume i contorni dell'umiliazione nei confronti di una categoria che garantisce il normale funzionamento dei tribunali italiani e che vede svilita, in tal modo, la propria professionalità –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di adeguare le indennità dei magistrati onorari.
(4-12153)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONTARULI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, sul quotidiano nazionale «Il Fatto Quotidiano» è emersa una notizia relativa allo status dei lavori di realizzazione della rete ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, ove si evidenzia come il finanziamento del 50 per cento dell'opera da parte dell'Unione europea sia a rischio;

   in particolare, dall'articolo in parola, si rende noto che l'ex commissario Paolo Foietta, durante una riunione dell'Osservatorio Torino-Lione dell'aprile 2022, ha rilevato che l'Unione europea richiede un impegno comune da parte di Italia e Francia per la realizzazione dell'intera opera infrastrutturale, altrimenti la parte di cofinanziamento Unione europea viene meno;

   nello specifico è richiesto ai due Paesi membri di sottoscrivere unitamente una «Decisione di esecuzione», ossia un documento ufficiale in cui vengano regolati e stabiliti gli interventi, le misure, i vincoli, le coperture economiche e le tappe operative relative alla progettazione dell'intera opera quale condizione necessaria per accedere al cofinanziamento europeo;

   tuttavia, la criticità risiede nel fatto che la Francia sembra aver abbandonato, di fatto, l'idea di costruire, sul proprio territorio, la tratta della linea nazionale di propria competenza per mancanza di benefici economici, investendo, contestualmente, nell'ammodernamento della linea esistente;

   invero, alla luce di quanto sopra, il progetto risulta fermo e rischia di tramontare e tutti gli sforzi sin qui posti in essere da parte dell'Italia risulterebbero privi di effetti pratici –:

   quali urgenti iniziative il Governo italiano intenda assumere per non compromettere il cofinanziamento del 50 per cento dell'opera da parte dell'UE e, quindi, garantire tempestivamente la realizzazione dell'opera infrastrutturale che risulta fondamentale per lo sviluppo strategico del Paese.
(5-08154)

Interrogazione a risposta scritta:


   VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi, alcuni organi di stampa della Sardegna hanno dato ampio risalto alla notizia secondo la quale sarebbe in corso un procedimento di privatizzazione dell'aeroporto «Mario Mameli» di Cagliari-Elmas, gestito (con una concessione quarantennale sottoscritta nel 2007) dalla Sogaer, società controllata per oltre il 94 per cento dalla Camera di Commercio di Cagliari-Oristano;

   è il caso di osservare che l'aeroporto «Mario Mameli» è il primo in Sardegna per numero di passeggeri (4.739.077 nel 2019) ed è anche l'unico aeroporto pubblico, visto che gli altri due, quello di Olbia e quello di Alghero, sono gestiti da società a controllo privato;

   la notizia ha destato legittime e fondate preoccupazioni tra l'opinione pubblica, anche con forti reazioni critiche, in considerazione dell'alta rilevanza che il sistema dei trasporti e delle infrastrutture aeroportuali riveste per una regione insulare, sia sotto il profilo del pieno e sostanziale esercizio del diritto costituzionale alla mobilità dei cittadini, sia per quanto attiene all'operatività del tessuto economico, aspetto, quest'ultimo, che risulta strategico in una regione storicamente a vocazione turistica;

   ne consegue che, con la privatizzazione dell'aeroporto di Cagliari-Elmas, si rischierebbe di esporre la gestione di una struttura nevralgica per la Sardegna e di un servizio pubblico essenziale a logiche di mercato, con il fondato rischio, tra l'altro, che si possano determinare inaccettabili situazioni di monopolio nella gestione degli scali aerei sardi;

   a questo proposito, è il caso di segnalare che, da quanto si apprende, sarebbe intenzionato a rilevare l'aeroporto il fondo privato americano «BlackRock» assieme ad altri investitori, tra cui ci sarebbe anche il Fondo F2i Ligantia, attualmente socio di maggioranza, con il 79,8 per cento della Geasar, la società di gestione dell'aeroporto di Olbia, e, con il 71,25 per cento, della Sogeaal, la società di gestione dell'aeroporto di Alghero;

   lo stesso fondo F2i Ligantia avrebbe acquisito una quota dello 0,209 per cento del capitale azionario della Sogaer di Cagliari;

   da quanto esposto, emergerebbe con forza il rischio che si possano determinare effettivamente situazioni di monopolio nella gestione degli aeroporti della Sardegna, con il grave e preoccupante rischio che ci possano essere ripercussioni sulle politiche dei trasporti e del turismo;

   l'aeroporto «Mario Mameli» è considerato «l'unica porta per lo sviluppo del Sud Sardegna», e la perdita del controllo pubblico dello scalo rischierebbe di impoverire il territorio, visto che «I veri azionisti dell'aeroporto di Cagliari sono tutti i soci della Camera di Commercio di Cagliari e Oristano, cioè tutti gli iscritti alla Cciaa e tutti gli abitanti del Sud Sardegna»;

   come hanno sostenuto alcuni rappresentanti di categoria «Il rapporto tra il Sud Sardegna e il suo aeroporto non è paragonabile a nessun'altra circostanza che non abbia le stesse caratteristiche di isolamento sociale ed economico. E per queste caratteristiche rappresenta un unicum. Che sia sbagliato non è un'opinione: basta guardare gli asset degli aeroporti delle isole del Mediterraneo nostre competitor per rendersene conto»;

   l'aeroporto rappresenta sicuramente l'asset più importante della Camera di commercio, la stessa gestione dell'infrastruttura sembra rappresenti anche un importante investimento visto che, tra le altre cose, «la Sogaer Spa ha collezionato negli ultimi 10 anni: in media 2 milioni di euro netti annui» –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura normativa, per evitare che il controllo dell'aeroporto di Cagliari-Elmas, strategico per la Sardegna, sia sottratto alla gestione pubblica, con il rischio di compromettere le politiche su trasporti e turismo, nonché un servizio pubblico essenziale.
(4-12152)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la sicurezza stradale è uno dei temi più ricorrenti nella cronaca nazionale: fa parte della nostra vita quotidiana e da essa dipende la salute degli utenti della strada. Ogni anno, purtroppo, sono centinaia gli automobilisti, pedoni e tutti coloro che restano coinvolti in incidenti stradali;

   tra gli organi competenti in materia di sicurezza stradale, il Ministero interrogato assume un ruolo fondamentale in quanto svolge, per mezzo delle forze dell'ordine preposte, attività di prevenzione e controllo al fine di ridurre il numero di incidenti tra veicoli e di contenerne le conseguenze, di fronteggiare eventuali situazioni di rischio e programmare le strategie di intervento adeguate;

   i bilanci forniti da Asaps, l'Associazione sostenitori ed amici della Polizia Stradale, sono estremamente preoccupanti. Il fine settimana tra venerdì 29 aprile e domenica 1° maggio 2022 si conclude con 27 decessi sulle strade italiane: 24 uomini, 3 donne, un bambino di 11 anni e un ragazzo di 14. Di questi, sette sono avvenuti in Emilia Romagna, cinque in Veneto – tre nella sola provincia di Verona – tre in Toscana. Otto motociclisti coinvolti, diversi ciclisti e un pedone;

   e ancora: un tamponamento a Cagliari ha provocato la morte di una donna di 63 anni e del nipotino di 9 anni; a Bologna due persone sono rimaste intrappolate tra le fiamme della propria auto; a Forlimpopoli lo scontro frontale tra due auto ha provocato un morto; a Reggio Emilia un ciclista è stato travolto e ucciso da un'auto; a Cesena un motociclista investe un gruppo di ciclisti, provocando la morte di due di loro. Questi i numeri della silenziosa strage che si ripete ormai da anni sulle strade italiane e i costi sociali delle persone decedute e ferite sono incalcolabili e in costante aumento;

   il fine settimana tra il venerdì 13 e domenica 15 maggio 2022 non è da meno: 28 incidenti stradali hanno causato ben 30 vittime. Tra le vittime, due giovanissimi di 16 e 18 anni. 26 uomini, 4 donne, 18 motociclisti, 11 fuoriuscite autonome dei veicoli dal tracciato stradale;

   è chiaro come questa situazione sia lo specchio di una dilagante imprudenza stradale e di un sempre più carente controllo delle strade da parte delle autorità preposte, soggette a pesanti tagli di personale e, di conseguenza, in evidente difficoltà a svolgere adeguatamente l'attività di controllo del territorio, compreso il controllo delle strade e delle autostrade del territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire, e attraverso quali modalità, per fronteggiare i sempre crescenti numeri di incidenti stradali, alla luce dei recenti tagli ai presidi di Polizia.
(5-08151)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   è notizia dei giorni scorsi che la Câmara dos Deputados brasiliana ha iniziato ad interessarsi alla questione, già portata all'attenzione dei Ministri interrogati numerose volte dall'interrogante, riguardante il riconoscimento della cittadinanza italiana dei cittadini brasiliani di origine italiana;

   con una lettera-appello indirizzato al nostro ambasciatore a Brasilia, il deputato Eduardo Bolsonaro ha richiamato l'attenzione del Governo italiano sul problema del mancato riconoscimento, da parte del nostro Governo, del cosiddetto Cnn (Certificato negativo di naturalizzazione) rilasciato dal Governo federale brasiliano;

   con il Cnn il Governo brasiliano attesta ufficialmente che il dante causa (in questo caso, il discendente italo-brasiliano) non si è mai naturalizzato e, pertanto, non ha mai perso il diritto a richiedere l'accertamento della cittadinanza italiana iure sanguinis;

   tale questione costituisce un ulteriore tassello di quello che l'interrogante ritiene essere un vero e proprio ostruzionismo della pubblica amministrazione italiana nei confronti degli italo-brasiliani che richiedono la cittadinanza italiana;

   già con numerosi precedenti atti di sindacato ispettivo (da ultimo i nn. 4-11417 e 4-10505) l'interrogante aveva censurato il tentativo del Ministero dell'interno, attraverso la sua circolare prot. 64525 del 2021, di rallentare le pratiche per il riconoscimento/accertamento della cittadinanza italiana iure sanguinis a cittadini italo-brasiliani, nonostante il Governo brasiliano – unico soggetto competente a riconoscere o negare l'avvenuta naturalizzazione brasiliana – affermi il contrario attraverso il Cnn –:

   se il Governo intenda rivedere la propria posizione con riferimento alla validità del Certificato negativo di naturalizzazione brasiliano, nonché al suo invito a riconsiderare l'ordine di trattazione delle pratiche di cittadinanza jure sanguinis che riguardano i discendenti di emigrati italiani;

   se il Governo sia consapevole del rischio, richiamato anche nella lettera del deputato Bolsonaro, di un possibile incidente diplomatico causato dal mancato riconoscimento di valore giuridico al Certificato negativo di naturalizzazione brasiliano in Italia.
(4-12151)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nonostante la firma apposta dal del Presidente della Repubblica al decreto con cui si procede al rinnovo contrattuale per le forze armate e di polizia a ordinamento civile e militare nel mese di aprile, la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale risulta tuttora assente;

   quella della pubblicazione, infatti, è l'ultimo passaggio necessario a garantire l'applicazione dei termini del nuovo contratto per il triennio 2019-2021, permettendo, ai membri delle categorie citate, di percepire gli emolumenti aggiornati con i nuovi importi, unitamente agli arretrati loro spettanti per le mensilità non godute a partire dal primo di gennaio 2022;

   l'ingiustificabile ritardo circa la pubblicazione del rinnovo costringe i nostri agenti e militari a lavorare e a essere retribuiti tramite un contratto scaduto da più di tre anni, una mancanza assolutamente intollerabile e lesiva della dignità dei nostri uomini e donne in divisa;

   gli effetti diretti di tale indugio comporta il rischio concreto di veder traslare l'erogazione degli emolumenti aggiornati al mese di giugno, mentre per il bonus degli arretrati si rischia di arrivare al mese di luglio, nonostante la sigla dell'accordo sia avvenuta sul finire dell'anno precedente, il 23 dicembre 2021;

   data la delicatezza nonché l'importanza del caso in questione, sarebbe risultato più che giustificato un intervento repentino al fine della sua risoluzione. Tuttavia, lo Stato persiste nel ritardare l'erogazione del meritato compenso aggiornato ai quei suoi servitori che, spesso con la propria vita, difendono l'incolumità dei nostri cittadini e mantengono l'ordine nelle nostre città –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di procedere all'immediata corresponsione degli emolumenti aggiornati e agli arretrati dovuti secondo quanto disposto dal rinnovo contrattuale siglato nel dicembre 2021.
(4-12158)


   CORDA, MASSIMO ENRICO BARONI e LEDA VOLPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 2004, n. 76, «Regolamento recante norme sul reclutamento, avanzamento ed impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco», ha inglobato in un'unica compagine il personale rientrante in quella «temporanea o discontinua» accorpandolo in quella «volontaria»;

   trattasi, nel primo caso, di personale richiamato in servizio per supplire al sotto organico del Corpo nazionale e con retribuzione fissa mentre, nel secondo caso, del personale che svolge il proprio servizio presso i distaccamenti volontari ed è retribuito solo per le ore di intervento effettuate;

   con tale modifica legislativa il personale richiamato in servizio, considerato prima impiegato dipendente, ha assunto la condizione giuridica di volontario per la quale non sono concessi permessi, ferie, assenze per malattia e, secondo quanto stabilito dalla legge quadro sul volontariato n. 266 del 1991, non dovrebbe essere prevista alcuna retribuzione;

   il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, ha nuovamente suddiviso il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in tre contingenti: personale permanente, personale volontario che presta servizio presso le strutture centrali e periferiche (ex temporanei o discontinui) e personale volontario che presta servizio solo ed esclusivamente presso le caserme volontarie dei Vigili del fuoco;

   questa condizione giuridica attribuita al personale temporaneo o discontinuo ha negato loro la possibilità, in tutte le procedure di reclutamento bandite nel corso degli ultimi 15 anni, di essere stabilizzati, quasi discriminando la loro posizione prevedendo requisiti di partecipazione riserve di posti decisamente non congrui al numero e ai profili da stabilizzare;

   ad oggi, da queste procedure di selezione inique sono rimasti fuori ben 7000 precari che rischiano di non essere mai stabilizzati;

   indagini da parte della magistratura sono in corso sugli ultimi concorsi banditi per il reclutamento del personale dei Vigili del fuoco per presunte irregolarità nelle procedure di selezione. Nonostante ciò il Dipartimento dei Vigili del fuoco continua ad assumere idonei non vincitori da quelle graduatorie finite sotto la lente d'ingrandimento di diverse procure italiane;

   a fronte di tutto ciò, nonostante ripetute interrogazioni parlamentari e sollecitazioni da parte dei sindacati, dagli organi amministrativi competenti non è arrivati alcuna risposta anzi, hanno scelto, ad oggi, di trincerarsi dietro il silenzio;

   anche la Commissione europea si è pronunciata sulla questione sancendo che il personale temporaneo dei Vigili del fuoco è a tutti gli effetti da considerare personale precario della Pubblica Amministrazione avente il diritto ad essere stabilizzato ed ha inviato tre lettere di messa in mora per il nostro Paese che non ha mai provveduto ad adeguarsi alle direttive europee in materia e dalle quali potrà scaturire una procedura di infrazione nei prossimi mesi –:

   se intenda provvedere alla stabilizzazione di tutto il personale «temporaneo o discontinuo»;

   se intenda chiarire e fornire tutti gli elementi utili, per quanto di competenza, sui fatti connessi alle procedure di concorso sottoposte ad indagine;

   se intenda chiarire sui legami fra sindacati del Corpo nazionale di Vigili del fuoco e il comparto dell'antincendio privato;

   quali iniziative ritenga di dover adottare per adeguare la legge italiana alla normativa europea e per scongiurare eventuali procedure di infrazione nei confronti dell'Italia.
(4-12160)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   AMITRANO e DEL SESTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, lo sfruttamento della manodopera lavorativa di italiani e di stranieri in special modo, si manifesta non solo attraverso la completa inosservanza delle normative in materia previdenziale e di sicurezza dei luoghi di lavoro, bensì anche attraverso vere e proprie forme di riduzione in schiavitù assai spesso perpetrate attraverso i cosiddetti «caporali», questi ultimi autori di illecita attività di intermediazione tra la domanda e l'offerta di lavoro;

   un fenomeno, dunque, che presenta, in alcune realtà territoriali, forti legami con la criminalità organizzata e nonostante l'impianto normativo vigente, periodicamente nel nostro Paese si riscontrano episodi di caporalato e di sfruttamento del lavoro nero, solo nelle ultime settimane si sono registrati casi in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Calabria, Toscana e Campania;

   il fenomeno del lavoro nero è in forte crescita, soprattutto a Napoli e nella sua provincia, un fenomeno diffuso che, oltre a rappresentare una forma di sfruttamento dei lavoratori e dei loro diritti, danneggia altresì l'obiettivo di elaborare un sistema produttivo sano ed efficace;

   negli ultimi anni, il preoccupante ritorno del lavoro nero investe non solo gli immigrati in ambito del settore agricolo, ma anche i cittadini italiani, assoldati a basso costo nelle fabbriche o aziende, con l'obiettivo da parte dei datori, di scaricare il costo della crisi economica – provocata dalla pandemia e attualmente dalla guerra in Ucraina che ha paralizzato le commesse e le forniture – sulle categorie più deboli, sulle persone meno attrezzate a difendersi, costrette ad accettare le regole imposte dai nuovi «caporali»;

   da notizie stampa del 7 marzo 2022, nel corso dei controlli messi in campo a Napoli è emerso che l'Ufficio dell'ispettorato del lavoro di Napoli, in collaborazione con la polizia municipale, ha scoperto in via Argine una fabbrica di abiti usati nella quale erano impiegati circa 20 lavoratori tra uomini, donne e giovani mentre tagliavano, cucivano e rimettevano in sesto abiti usati destinati al mercato del cascame tessile, lavoratori in nero che, come riportato dal quotidiano «Il Mattino» percepivano il reddito di cittadinanza e anche una paghetta settimanale di circa 20 euro al giorno per 8 ore di lavoro;

   attualmente, sono in corso anche le verifiche sui finanziamenti pubblici che hanno nutrito attività formalmente corrette, che commissionano la raccolta di indumenti usati e che probabilmente anche attraverso eventuali subappalti – sotto traccia – arrivavano ai singoli lavoratori in nero;

   con decreto ministeriale n. 32 del 24 febbraio 2022 è stato istituito il Tavolo tecnico, insediatosi il 3 marzo 2022 e che si pone l'importante obiettivo di elaborare un Piano nazionale di contrasto al lavoro sommerso nei diversi settori dell'economia; va considerato, inoltre, che, il contrasto all'impiego di personale sprovvisto di un regolare contratto è una delle due riforme che compongono la cornice delle «Politiche attive del lavoro e sostegno all'occupazione» poiché la missione n. 5 del Pnrr mira a far emergere il lavoro irregolare, salvaguardando così i diritti dei lavoratori –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per rafforzare e potenziare le attività di prevenzione, vigilanza e contrasto al lavoro sommerso, attraverso azioni ispettive mirate a contrastare non solo i fenomeni del lavoro nero e del caporalato, ma anche quello dell'interposizione illecita di manodopera e delle altre forme di sfruttamento che si traducono in fattispecie di dumping connesse all'utilizzo, a scopo elusivo, degli istituti previsti dalla vigente normativa in materia lavoristica, al fine di far emergere il lavoro irregolare e garantire, altresì, la tutela dei diritti dei lavoratori.
(3-02982)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 230 del 21 dicembre 2021 ha istituito l'assegno unico per i figli a carico, detto anche «assegno universale»;

   il nuovo assegno unico «universale» entrato in vigore dal 1° marzo 2022 verrà versato fino al 28 febbraio 2023;

   hanno diritto a percepirlo tutti i cittadini italiani, i cittadini di uno stato UE residenti in Italia nonché coloro che, pur cittadini extra UE, siano titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo;

   in base alla legge federale sugli assegni familiari coloro che hanno un contratto di lavoro in Svizzera hanno diritto a percepire gli assegni familiari cantonali entro i limiti di date condizioni reddituali;

   la normativa svizzera prevede la possibilità di richiedere tali assegni familiari anche per i figli residenti all'estero;

   gli assegni familiari vengono erogati dalle Casse di Compensazione;

   in materia di sicurezza sociale con precipuo riferimento agli assegni familiari la disciplina si rinviene in diversi regolamenti comunitari;

   in particolar modo il Regolamento CE n. 883/2004 disciplina il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e ne determina i relativi allegati;

   l'articolo 68 del Regolamento Ce n. 883/2004 disciplina le regole di priorità in caso di cumulo prevedendo che nel caso di prestazioni dovute da più Stati membri a un medesimo titolo l'ordine di priorità è fissato con riferimento a determinati criteri secondari tra cui la residenza dei figli;

   il comma 2 del medesimo articolo 68 prevede che le prestazioni familiari sono erogate in base alla legislazione definita prioritaria ai sensi del paragrafo 1 e che i diritti alle prestazioni familiari sono sospesi fino a concorrenza dell'importo previsto dalla prima legislazione e vengono erogati sotto forma d'integrazione differenziale;

   a seguito della istituzione dell'assegno unico universale le Casse di Compensazione hanno erogato gli assegni familiari ai frontalieri sino al 28 febbraio 2022 sospendendone la corresponsione dal 1o marzo 2022;

   le Casse di Compensazione richiedono la compilazione del Modello europeo E-411;

   sin da sempre la compilazione da parte delle sedi Inps di tale modello ha presentato criticità legate sia ai tempi tecnici di compilazione ed invio sia a quelli fattuali di ricezione stante la mancata implementazione di una piattaforma digitale e la necessità di invii per posta cartacea;

   l'introduzione dell'assegno unico universale ha acuito le difficoltà oggettive a causa dell'ampliamento della platea degli aventi diritto;

   di fatto la corresponsione degli assegni familiari ai frontalieri è alto stato bloccata –:

   se il Ministro interrogato non intenda implementare l'Inps con dotazioni strumentali funzionali alla risoluzione delle oggettive difficoltà tecnico-operative di compilazione, redazione e rilascio dei moduli E-411 indispensabili ai fini della corresponsione degli assegni familiari per importi differenziali nonché se non intenda valutare l'introduzione di altre formule o tecniche semplificate al fine di permettere la comunicazione degli importi degli assegni familiari pagati dallo Stato italiano in modo da rendere agevole e celere la corresponsione dell'importo differenziale dalle Casse di Compensazione svizzere;

   se non intenda inoltre definire la questione pregiudiziale della natura dell'assegno unico familiare, nella specie se questo sia detraibile dall'importo degli assegni familiari ovvero rappresenti un assegno di tipo assistenziale avulso da qualsiasi calcolo cumulativo e/o detrattivo.
(5-08152)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come noto, l'incremento dei costi delle materie prime e alimentari ha portato a un generalizzato rincaro della quasi totalità dei beni di consumo, dalla fase produttiva alla distribuzione al dettaglio, coinvolgendo ampiamente il settore alimentare;

   come annunciato dal quotidiano tedesco Bild in Germania, primo produttore europeo di birra, con il 23 per cento delle quote di mercato europee, i birrifici tedeschi, in particolar modo quelli di medie e piccole dimensioni, hanno stimato una carenza di stock di birra in vetro a causa del rincaro del materiale, che ha visto maggiori costi per oltre l'80 per cento;

   al costo di produzione, particolarmente aggravato, si unisce il costo di distribuzione, dovuto al rincaro dei costi della logistica e alla mancanza di autisti per il trasporto su gomma, problema che ha colpito in modo trasversale tutto il mercato europeo;

   secondo le più recenti stime economiche, è previsto un calo della produzione globale di birra del 16 per cento, dovuto al rincaro di materie prime come malto e orzo, con impatti trasversali sia sui grandi produttori, che sui piccoli produttori brassicoli;

   la filiera brassicola nazionale, considerando l'indotto, offre lavoro a 140.000 addetti per una produzione, per quanto riguarda la sola birra artigianale, di 550.000.000 litri l'anno, di cui un terzo deriva proprio da aziende agricole;

   questa contingenza di elementi è capace di colpire in modo trasversale l'intera industria brassicola nazionale, e in particolar modo quella artigianale, composta di piccole attività la cui crescita può subire importanti battute d'arresto dovute alla spirale inflattiva dei mercati alimentari internazionali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire la tenuta del settore brassicolo nazionale, con particolari riguardo ai microbirrifici e alle produzioni di birra artigianali.
(4-12155)


   LAPIA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   per il terzo anno consecutivo in Sardegna, con particolare riferimento alle zone centrali dell'isola, si sta rapidamente sviluppando – e allargando a macchia d'olio – una vera e propria invasione di cavallette: si tratta oramai di un'emergenza fuori controllo, con agricoltori e allevatori disperati per la drammatica situazione venutasi a creare e per l'assenza di una concreta strategia atta ad arrestare il fenomeno. Tutto questo nonostante lo stesso Centro Studi Agricoli avesse per tempo, già ad inizio anno, segnalato questa concreta possibilità agli uffici competenti della regione Sardegna;

   i territori dei comuni interessati dal fenomeno cresco di giorno in giorno e ad oggi se ne contano almeno 22 per un totale di oltre 30 mila ettari di campi: Ottana, Lei, Orotelli, Silanus, Dualchi, Sedilo, Bolotana, Orani, Sarule, Olzai, Sorradile, Nughedu Santa Vittoria, Noragugumese, Oniferi, Illorai, Esporlatu, Burgos, Bottida, Bono, Anela, Buitei e Benetutti, è stato previsto che il fenomeno, tuttavia, nei prossimi giorni continuerà ad interessare altre vaste porzioni di territorio in tutto il centro Sardegna, a causa della continua schiusa delle uova;

   come ha già fatto sapere il Centro Studi Agricoli, l'Agenzia regionale Laore e l'Università di Sassari sono già impegnate nella mappatura dei nidi delle cavallette ma la principale mancanza la si deve imputare alla regione Sardegna che, per mezzo dei due assessorati competenti – Ambiente e Agricoltura – non è intervenuta tempestivamente con azioni di disinfestazioni alle prime schiuse delle uova, ritardando inoltre l'erogazione dei ristori nei confronti di agricoltori e allevatori. Tutto questo nonostante sia già il terzo anno consecutivo che il fenomeno si manifesta con una tale portata e, negli scorsi anni, sia stato già più volte segnalato alle autorità competenti, le quali non si comprende per quali ragioni non abbiano messo da subito in campo le azioni per contrastarlo;

   a denunciare il fenomeno vi è anche la Coldiretti, la quale spiega come il passaggio degli sciami di cavallette distrugga il raccolto dei campi, mandando in fumo mesi di lavoro e di investimenti, come fosse un vero e proprio incendio. Vengono colpiti anche orti e giardini, provocando una vera catastrofe biologica: una situazione che sta mettendo in ginocchio centinaia di aziende agricole ma anche allevamenti, il cui foraggio viene letteralmente divorato dagli insetti in pochissimo tempo; tutto ciò costringe gli allevatori a nuove spese per acquistare ulteriore foraggio e a nuovi investimenti per cercare di proteggere le proprie aziende;

   l'invasione è stata favorita – come sostengono gli studiosi e le associazioni di categoria – dall'inverno mite appena trascorso, e dall'eccessiva siccità, e nelle prossime settimane – con l'arrivo del «caldo africano» già preannunciato dalle previsioni meteo – verrà favorita l'ulteriore schiusa delle uova, con una evoluzione del fenomeno dai risvolti imprevedibili e, fuori da ogni dubbio, drammatici;

   se non si agirà per tempo, e se la regione Sardegna non dichiarerà lo stato di calamità naturale, le conseguenze del duro colpo inferto a tutto il sistema produttivo del centro Sardegna rischiano di essere devastanti per l'intera economia dell'isola –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;

   di quali elementi disponga circa le cause dei ritardi nelle azioni di contrasto ai focolai che si sono sviluppati celermente ma che erano stati ampiamente previsti dagli studiosi della materia ed altresì segnalati agli organi competenti;

   quali azioni il Ministro interrogato intenda assumere nell'immediato, per quanto di competenza, per far fronte a questa drammatica emergenza che rischia di mettere in ginocchio l'intera economia sarda.
(4-12157)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GIACOMETTO, PALMIERI e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 4 del 2022 novellando l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2021 stanzia per il 2022 40 milioni di euro, da destinare a contributi per le imprese che svolgono attività prevalente nel settore dell'organizzazione di feste e cerimonie della ristorazione, del catering, nonché per i bar e per il settore della gestione delle piscine;

   tali imprese devono aver subito nel 2021 una riduzione non inferiore al 40 per cento rispetto ai ricavi del 2019. Per le imprese costituite nel corso dell'anno 2020, in luogo dei ricavi, la riduzione deve far riferimento all'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dei mesi del 2020 successivi a quello di apertura della partita Iva rispetto all'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2021;

   l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2021, prevedeva l'erogazione di contributi a fondo perduto per un importo complessivo di 60 milioni di euro per l'anno 2021, alle imprese operanti nei settori del wedding, dell'intrattenimento, dell'organizzazione di feste e cerimonie e del settore dell'Hotellerie-Restaurant-Catering (HORECA);

   il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico recante i criteri e modalità per l'erogazione di contributi alle imprese operanti nei suddetti settori, di attuazione del citato articolo 1-ter, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2022, dopo circa 7 mesi dall'entrata in vigore della norma, peraltro ancora privo delle modalità applicative per le quali si è reso necessario un ulteriore provvedimento da emanarsi a cura dell'Agenzia delle Entrate –:

   considerato che le modalità applicative sono simili a quelle dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2021, quali siano i tempi di erogazione dei contributi di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 4 del 2022, destinati ai settori HORECA, ristorazione, bar e bar senza cucina, per l'anno 2022.
(3-02984)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   MACCANTI, DONINA, FOGLIANI, FURGIUELE, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO, ZANELLA e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   tra gli editori radiofonici nazionali sussiste una forte preoccupazione riguardo le iniziative che saranno a breve assunte per il futuro del settore e in particolare dopo il refarming della banda 700 MHz che terminerà il 30 giugno 2022;

   al termine del refarming, infatti, per la radiofonia ci saranno numerose risorse frequenziali che dovranno essere messe a disposizione attraverso la redazione di uno specifico piano Dab da parte dell'Agcom;

   tuttavia, al fine di procedere in modo efficiente e stabile alla suddetta pianificazione Dab, l'Italia dovrà anche portare a termine la trattativa internazionale con i Paesi dell'Adriatico, ma tale trattativa è ingessata da oltre un anno e di conseguenza, l'Agcom non può procedere alla pianificazione definitiva delle risorse da assegnare al Dab;

   il Ministero dello sviluppo economico ritiene di dover attendere la pianificazione di Agcom per poter procedere all'attivazione degli impianti sulle frequenze regolarmente assegnate, con il rischio che questo possa tradursi in una vera e propria «data da destinarsi», nel frattempo rilasciando agli operatori di rete radiofonica locale autorizzazioni Dab con l'espediente della «sperimentazione»;

   in tale quadro di incertezza, risulta agli interroganti che il Ministero vorrebbe ulteriormente restringere la pianificazione dell'FM, addebitando tale compressione a situazioni interferenziali –:

   quali siano le ragioni che ancora oggi ostacolano la chiusura dell'accordo con i Paesi dell'Adriatico, tenuto conto che il tavolo è stato aperto oltre tre anni fa, e le tempistiche per la definizione dello stesso, nonché le motivazioni per le quali ai soli operatori di rete radiofonica nazionale privati viene impedita l'estensione del servizio Dab dopo oltre 20 anni di attività e cospicui investiti nel settore.
(5-08148)


   SCAGLIUSI, GRIPPA, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, LIUZZI, RAFFA, SERRITELLA e TRAVERSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022,n. 15, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi (cosiddetto «milleproroghe 2022»), sono stati approvati alcuni emendamenti che hanno disposto una proroga al 31 dicembre 2024 della titolarità dei diritti d'uso delle frequenze in banda 26 Ghz, hanno inserito ulteriori disposizioni in tema 5G e hanno istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo tecnico permanente volto ad analizzare le problematiche legate alla liberazione di alcune frequenze, specificando che ai componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti;

   per quanto riguarda la banda 700 Mhz, ai sensi della normativa in vigore, è stabilito che la stessa debba essere liberata onde consentire lo sviluppo delle tecnologie basate sul 5G. Tuttavia, come noto, tale liberazione ha posto rilevanti problemi dovuti allo spostamento e alla cessazione dell'attività degli operatori che erano titolari di diritti d'uso su quella porzione di spettro, tra cui gli esercenti di emittenti locali;

   per analizzare le problematiche dell'impatto tecnologico, economico e occupazionale legate all'abbandono progressivo, da parte delle televisioni, della frequenza 700 Mhz e del graduale adeguamento degli apparecchi televisivi al nuovo standard Dvbt2, nel decreto «milleproroghe 2022» è stata approvata l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un tavolo tecnico al quale potranno partecipare i soggetti coinvolti nel refarming delle frequenze, nonché tutti i soggetti istituzionali competenti; il tavola dovrà concludere i suoi lavori entro il 30 giugno 2022, termine ultimo per la liberazione delle frequenze, tenendo presente il parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

   il Ministero dello sviluppo economico, in casi eccezionali di particolare difficoltà tecnica per le reti locali di primo livello, potrà individuare modalità alternative di applicazione del vincoli interni della pianificazione, previsti dalla delibera dell'Agcom 39/19/CONS, salvaguardando i diritti acquisti dai soggetti interessati –:

   a quale stadio si trovino attualmente i lavori ministeriali tesi a costituire, rendere operativo e coordinare il tavolo tecnico previsto dalla disposizione richiamata, approvata e contenuta nel decreto-legge «milleproroghe 2022».
(5-08149)


   GARIGLIO e LACARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, stabilisce i criteri per l'assegnazione dei contributi ministeriali previsti per il «fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali»;

   per le televisioni locali commerciali i parametri su cui viene stabilita la graduatoria sono, ai sensi dell'articolo 6 del menzionato decreto, il numero minimo di dipendenti, i dati auditel e gli investimenti in tecnologia;

   la ragione dei contributi alle televisioni locali sta nella volontà di tutelarne l'autonomia e salvaguardare la pluralità d'informazione;

   il medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 stabilisce, all'articolo 6, comma 2, che il 95 per cento delle risorse destinate alle televisioni commerciali vengano attribuite alle prime cento della graduatoria e il restante 5 per cento distribuito tra quelle classificatesi oltre il centesimo posto;

   stando a quanto si apprende, nel giro di pochi anni, televisioni locali prima inesistenti, la cui attività economica principale è diversa da quella di emittente televisiva, si trovano in graduatoria anche tra le prime cento emittenti pur avendo numeri auditel inconsistenti o vicini allo zero, ma detenendo un alto costo del personale che gli permette di ottenere posizioni rilevanti;

   sarebbe opportuno che l'accessibilità ai contributi fosse permessa solamente a soggetti che si dedicano esclusivamente all'attività televisiva, sia per una questione di concorrenza lavorativa, sia come garanzia della qualità dell'informazione –:

   alla luce dei fatti riportati in premessa, quali verifiche e iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza, anche per verificare che il personale lavorativo, richiamato in premessa, operi effettivamente ed esclusivamente ai fini dell'attività televisiva.
(5-08150)

Interrogazione a risposta scritta:


   COVOLO e PAOLIN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nel Rapporto Clusit 2022 – Associazione Italiana per la Sicurezza informatica – in cui vengono raccolti i dati relativi agli incidenti informatici su scala globale degli ultimi 12 mesi, si evidenzia il valore più elevato mai registrato di cyber attacchi gravi, destinato a subire un ulteriore incremento nell'anno corrente;

   in particolare negli ultimi dieci anni, in regione Veneto, i reati informatici denunciati all'autorità giudiziaria, sono più che raddoppiati (+110,2 per cento). Un aumento nell'ordine del 10,1 per cento all'anno, che pone, la regione ai vertici della classifica nazionale dove, in media, tra il 2010 e il 2020 le truffe e frodi informatiche sono salite del 72,8 per cento;

   l'elevata complessità tecnica delle operazioni nella dimensione cyber, unita al più recente incremento del rischio in ragione della situazione di crisi in Ucraina, necessita di una maggiore collaborazione pubblico-privata al fine di rafforzare la resilienza cibernetica delle nostre infrastrutture, così da proteggere il sistema economico produttivo italiano e preparare efficacemente anche le imprese alle future minacce;

   la sicurezza informatica diventa, quindi, un fattore cruciale anche per le piccole e medie imprese e per questo, non è più differibile la realizzazione della banda ultra larga, rispetto alla quale il Veneto registra un ritardo di due anni rispetto a quanto preventivato, come denuncia il Presidente di Confartigianato del Veneto Roberto Boschetto ne «Il Giornale di Vicenza» del 19 maggio 2022;

   il progetto per la copertura della regione che ammonta a 320 milioni di euro, più 80 ulteriori messi a disposizione dalla regione Veneto, è datato 2016 e doveva essere concluso nel 2020. Il modello economico e produttivo del Veneto ha bisogno di una infrastruttura digitale, oggi più che mai vitale –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di incrementare gli investimenti per la sicurezza informatica delle imprese, anche in considerazione dell'attuale assetto geopolitico, nonché quali iniziative di competenza intenda adottare per favorire la più rapida definizione del piano banda ultra larga in Veneto.
(4-12159)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORI e SIRAGUSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   da recenti notizie apparse sulla stampa si apprende che il 4,4 per cento dell'energia eolica prodotta in Italia verrebbe dispersa, per evitare il sovraccarico della rete elettrica nazionale e stante l'insufficiente capacità di accumulo principalmente nella zona Sud del Paese;

   secondo Arerà (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), l'energia elettrica non prodotta da impianti eolici per effetto delle limitazioni imposte da Terna nel 2020 sarebbe stimata in 822 GWh, in aumento rispetto al 2019, quando la mancata produzione è stata pari a 696 Gwh;

   la maggioranza dell'energia eolica dispersa verrebbe prodotta nel mezzogiorno d'Italia, tra la Puglia e la Campania, a causa delle congestioni verificatesi nelle principali direttrici della rete elettrica nazionale, maggiormente soggette a fenomeni di sovraccarico;

   di tale produzione energetica, che di fatto non avrebbe fornito alcun beneficio alle aziende e ai cittadini italiani alle prese con lo spropositato aumento della bolletta energetica, ne avrebbero tratto vantaggio unicamente le imprese del settore eolico, remunerate paradossalmente per la mancata diffusione dell'energia per circa 18 milioni di euro;

   gli intenti più volte dichiarati dal Governo sarebbero quelli di aumentare la capacità di produzione energetica da eolico, tramite decine di nuove autorizzazioni per la realizzazione di maxi parchi eolici, per lo più al sud del Paese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per accelerare lo sviluppo di nuove capacità di accumulo, al fine di favorire il massimo dispacciamento dell'energia rinnovabile prodotta dagli impianti eolici.
(4-12150)


   LAPIA. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   negli scorsi giorni le società Falck Renewables e BlueFloat Energy, operanti entrambi nel settore delle energie rinnovabili, hanno presentato ai sindaci di Posada e Budoni – comuni situati in provincia di Nuoro – un progetto per la realizzazione di un parco eolico situato a largo della costa nordorientale sarda denominato «Tibula Energia» che conterebbe circa 62 turbine galleggianti in mare;

   l'annuncio del progetto, avvenuto a mezzo stampa e con una missiva inviata ai sindaci dei due comuni interessati, ha chiaramente suscitato dubbi e perplessità all'interno sia della popolazione che delle stesse istituzioni locali, tanto che i consiglieri del Comune di Posada hanno richiesto all'unanimità la convocazione di un consiglio comunale monotematico per discutere di quella che potrebbe diventare una seria problematica per il territorio e per la sua economia basata principalmente sul turismo;

   sulle coste al largo delle quali dovrebbe sorgere il nuovo parco eolico, infatti, nasce il Parco Regionale Naturale di Tepilora con circa 8 mila ettari di paesaggi incontaminati, sentieri, sorgenti e corsi d'acqua, meta di un turismo dedito alla ricerca di escursioni in armonia con la natura. Le stesse coste, caratterizzate da immense e suggestive spiagge, diventano meta di importanti flussi di turismo durante la stagione estiva, dando un supporto non indifferente all'economia dei territori appartenenti proprio a quei comuni interessati dal progetto del parco eolico;

   non è il primo ingente investimento che alcune società operanti nel settore delle rinnovabili intendono fare in Sardegna; questa regione, infatti, già da tempo è obiettivo prediletto per imponenti progetti nell'ambito della produzione di energia eolica e solare; una scelta che, nell'ultimo periodo, viene facilitata dai sempre meno stringenti vincoli burocratici che ha permesso la facilitazione della messa in opera di tali progetti, senza tuttavia tenere conto che molto spesso il rischio è quello di creare pesanti danni all'economia di territori e dei cittadini che li abitano i quali, al momento, non sembrerebbero trarne alcun beneficio;

   a conferma di quanto in premessa vi sono anche gli annunci degli ultimi giorni da parte del Ministero, di concerto con il Ministero della cultura, in merito all'essere determinati nel voler ridurre i vincoli burocratici per la costruzione degli impianti di produzione di energia rinnovabile (così come prevede il cosiddetto Decreto Aiuti) –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di tutelare i territori dei comuni di Posada e Budoni, i loro cittadini e la produzione economica legata al settore del turismo e della ricettività esposto a subire pesanti ricadute.
(4-12156)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Lacarra n. 5-07460 del 4 febbraio 2022.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Buompane e altri n. 4-12105, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2022, è stata ritirata la firma del deputato Grimaldi.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

   interrogazione a risposta scritta Amitrano e Del Sesto n. 4-11556 del 10 marzo 2022 in interrogazione a risposta orale n. 3-02982.