XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 699 di lunedì 23 maggio 2022
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI
La seduta comincia alle 10.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANDREA DE MARIA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 20 maggio 2022.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “Largo S. Pio V” di Roma, che stanno assistendo alla nostra seduta (Applausi).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 109, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Discussione del disegno di legge: S. 2330 – “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” (Approvato dal Senato) (A.C. 3514-A) e delle abbinate proposte di legge: De Carlo; Benvenuto ed altri; Mura ed altri; Gagliardi ed altri; Prisco; Parolo ed altri; Ziello ed altri; Consiglio regionale della Basilicata (A.C. 1644-2157-2516-2518-2566-2616-2712-3433).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3514-A: “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” e delle abbinate proposte di legge nn. 1644-2157-2516-2518-2566-2616-2712-3433.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 maggio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 maggio 2022).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3514-A e abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice Erica Mazzetti.
ERICA MAZZETTI , Relatrice. Grazie, Presidente e onorevoli colleghi e colleghe. Saluto anche i ragazzi qui presenti. Riferisco, anche a nome della collega relatrice, sul testo del disegno di legge del Governo, già approvato dal Senato, recante la delega in materia di contratti pubblici.
Il provvedimento che la Commissione ambiente porta all'attenzione dell'Aula, pur di origine governativa, nasce dall'esigenza condivisa da tutte le forze parlamentari di intervenire sull'attuale disciplina che regola la procedura di affidamento di lavori e servizi da parte del soggetto pubblico. È infatti opinione largamente condivisa che occorra una rivisitazione complessiva del codice dei contratti pubblici, soprattutto se si considera che, fin da subito e in modo ancora più massiccio nel corso degli ultimi mesi, sono state introdotte numerose modifiche, frequentemente mediante provvedimenti d'urgenza che ne hanno profondamente modificato l'originario impianto, che risale al 2016. A distanza di alcuni anni, quindi, si registra un quadro normativo di settore che ha perduto nel tempo la sua organicità, anche in considerazione di diverse disposizioni d'urgenza introdotte dal codice stesso, a seguito di diversi interventi normativi adottati a causa della pandemia da COVID-19.
L'adozione di questa riforma rientra, fra l'altro, tra gli impegni recentemente assunti dal Governo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto PNRR. Nello stesso Piano, infatti, si prevede - successivamente all'adozione del decreto-legge in materia del giugno 2021- una riforma complessiva del quadro legislativo in materia di contratti pubblici con la seguente tempistica: entro giugno 2022, l'entrata in vigore della presente legge delega; entro marzo 2023, l'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi; entro giugno 2023 l'entrata in vigore di tutte le altre normative (primarie, subprimarie, nonché di diritto privato) per la revisione del sistema degli appalti pubblici; entro dicembre 2023 il pieno funzionamento del sistema nazionale di e-procurement.
Sia al Senato sia in Commissione, durante l'esame referente, i gruppi hanno quindi condiviso l'obiettivo della presente iniziativa legislativa di riformare la normativa di settore, nel senso di ridurre drasticamente, razionalizzare e armonizzare maggiormente la disciplina interna con il diritto comunitario. Prova ne è che, a conclusione di un'istruttoria in Commissione ampia e approfondita, che si è avvalsa di fondamentali contributi resi con le audizioni di soggetti qualificati, il confronto politico si è svolto in modo molto costruttivo al punto che non si sono registrati voti contrari in sede di conferimento del mandato alle sottoscritte relatrici. Analogamente, i contributi resi dalle Commissioni in sede consultiva sono stati tutti favorevoli. Gli unici rilievi, provenienti dalla Commissione per le questioni regionali, con riguardo alla richiesta di tener conto delle indicazioni pervenute dai soggetti rappresentativi delle autonomie territoriali, e dalla Commissione cultura, che richiamano la specificità dei beni culturali per tale materia, sono stati presi in considerazione dalla Commissione, la quale, tuttavia, ritiene che tali indicazioni siano dirette soprattutto al legislatore delegato che ne dovrà tener conto in sede di predisposizione dei decreti attuativi.
Con un apposito emendamento delle relatrici è stata altresì superata una criticità evidenziata dal Comitato per la legislazione in merito alle modalità di acquisizione del parere da parte delle Commissioni parlamentari sugli schemi del decreto legislativo.
Passo, quindi, ad illustrare il contenuto del provvedimento, evidenziando come sia stato sostanzialmente conservato l'impianto normativo delineatosi durante la prima lettura al Senato, su cui, tuttavia, sono state apportate modifiche certamente migliorative del testo. Per questo voglio ringraziare tutti gli uffici, ma anche il Vice Ministro Bellanova che anche questa mattina è qui con noi, perché il lavoro svolto è stato veloce - come ci ha chiesto il Governo e credo che questo sia stato fondamentale -, ma anche molto accurato, ascoltando le voci delle categorie economiche e professionali audite.
L'articolo 1, comma 1, definisce l'oggetto della delega, ovvero la disciplina dei contratti pubblici e fissa in sei mesi il termine per il suo esercizio. Il comma 2 contiene invece i principi e i criteri direttivi. La lettera a) impone il perseguimento di obiettivi di coerenza e adesione alle direttive europee, attraverso l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolamentazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, con l'obiettivo di assicurare l'apertura della concorrenza e il confronto competitivo fra i diversi operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture. In merito a tale principio, viene precisato come, nell'attuazione della delega, si dovrà tenere conto delle specificità dei contratti nel settore dei beni culturali. È quindi precisata l'inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza, nonché l'obiettivo di assicurare l'apertura alla concorrenza e il confronto competitivo tra i diversi operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese. In sede referente è stato altresì chiarito che, nell'attuazione della delega si dovrà tener conto anche delle specificità dei contratti nei settori speciali (si tratta dei settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di aree geografiche) e che l'apertura alla concorrenza e al confronto competitivo fra i diversi operatori deve includere anche le micro imprese.
La lettera b), introdotta in sede referente, richiede di rivedere le competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti.
La lettera c) stabilisce che il legislatore delegato debba riformare la disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti afferenti sia ai settori ordinari che ai settori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica) al fine di conseguire una loro riduzione numerica, anche attraverso procedure di accorpamento e di riorganizzazione delle stesse. A tale riguardo, si prevede la possibilità di introdurre degli incentivi all'utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti ausiliarie per l'espletamento delle gare pubbliche. Il Senato ha integrato questo punto prevedendo anche il monitoraggio del suddetto accorpamento e riorganizzazione. Si prevedono altresì specifici percorsi di formazione per la specializzazione del personale delle stazioni appaltanti, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano al servizio degli enti locali.
La lettera d) prevede, al fine di favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese, la possibilità di procedere alla suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità territoriale. Si richiama al riguardo lo Small Business Act, che rappresenta un'iniziativa politica comunitaria a favore delle piccole e medie imprese e comprende dieci principi da cui discendono una serie di azioni concrete intese a sostenere le piccole e medie imprese europee. In sede referente, è stata aggiunta la previsione di criteri premiali per l'aggregazione di impresa, nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici e l'obbligo di motivare la decisione di non procedere alla suddivisione in lotti dell'appalto da parte della stazione appaltante.
La lettera e) pone il criterio della semplificazione della disciplina dei contratti pubblici che abbiano un importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenzialità, non discriminazione, proporzionalità, economicità, efficacia e imparzialità dei procedimenti. Anche in questo caso, si fa riferimento alla necessità di tenere conto, nell'attuazione della delega, della specificità dei contratti nel settore dei beni culturali. Al Senato è stato, altresì, introdotto il divieto per le stazioni appaltanti di utilizzare, ai fini della selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate. In sede referente, il criterio di delega in esame è stato integrato con il riferimento al rispetto del principio di rotazione nelle procedure di scelta del contraente.
La lettera f) prevede la semplificazione delle procedure finalizzate alla realizzazione di investimenti in tecnologie verdi e digitali, nonché in innovazione e ricerca. In relazione a tale criterio, viene fatto esplicito riferimento alla necessità che le misure di semplificazione in questione aiutino a perseguire gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015. In sede referente, è stato precisato che la semplificazione delle procedure deve essere finalizzata anche alla realizzazione di investimenti in innovazione sociale.
La lettera g) introduce l'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formazione dell'offerta, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa. In sede referente, è stato introdotto un ulteriore obbligo di inserimento nei bandi delle stazioni appaltanti riguardante il costo da rinnovo dei contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all'oggetto dell'appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente.
La lettera h) reca l'obbligo, per le stazioni appaltanti, di inserire, tenuto conto della tipologia di intervento, in particolare ove l'intervento stesso riguardi beni culturali, delle specifiche clausole sociali volte a garantire (e non più solo a “promuovere”, come previsto nel testo approvato dal Senato) la stabilità occupazionale del personale impiegato nonché le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità. Le clausole sociali dovranno prevedere, al fine di contrastare il lavoro irregolare, che per i lavoratori in subappalto vengano garantite le stesse condizioni economiche e normative dei dipendenti dell'appaltatore. La previsione dell'obbligo in oggetto è frutto di una modifica apportata in sede referente, con cui è stata soppressa la previsione - contenuta, invece, nel testo approvato dal Senato - secondo cui si rimetteva al legislatore delegato la scelta se configurare come obbligo ovvero solo come facoltà l'inserimento delle clausole sociali nei bandi di gara. Sempre nel corso dell'esame in sede referente, è stata, inoltre, introdotta una riserva nelle procedure di gara a favore di operatori economici il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate.
La lettera i), inserita al Senato, fissa il criterio secondo cui occorre promuovere l'obbligo per le stazioni appaltanti di ricorrere a forniture in cui la parte di prodotti originari di Paesi terzi che compongono l'offerta non sia maggioritaria rispetto al valore totale dei prodotti. Nel corso dell'esame in sede referente, la lettera in esame è stata integrata al fine di richiedere anche la previsione, nel caso di forniture provenienti da Paesi extra Unione europea, di misure atte a garantire il rispetto di criteri ambientali minimi e dei diritti dei lavoratori, anche al fine di assicurare una leale concorrenza nei confronti degli operatori economici europei.
La lettera l), introdotta in sede referente, reca il divieto di prestazione gratuita delle attività professionali, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione.
La lettera m) riguarda gli interventi per ridurre i tempi relativi alle procedure di gara, fornendo al contempo certezza dei tempi relativi alla stipula dei contratti e all'esecuzione degli appalti. A tale riguardo viene richiamata la necessità, nel criterio direttivo in esame, di assicurare interventi di digitalizzazione e informatizzazione delle procedure di gara, dando piena attuazione alla banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell'operatore economico e riducendo, ove possibile, gli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti che partecipano alla procedura competitiva. In relazione alla stipula dei contratti, in sede referente è stato precisato che la stessa avvenga anche attraverso contratti tipo predisposti dall'Anac, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, relativamente ai contratti tipo di lavori e servizi di ingegneria e architettura. Lascio la parola alla mia collega relatrice, onorevole Braga, per il proseguimento della relazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Chiara Braga.
CHIARA BRAGA, Relatrice. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, ringrazio la relatrice, onorevole Mazzetti, per avere già inquadrato e descritto in maniera molto efficace i contenuti della prima parte di questa legge delega.
Mi voglio limitare, sulla parte che è già stata illustrata, a sottolineare come questo disegno di legge, che è stato modificato e rafforzato dall'esame parlamentare, ha consentito non solo di rendere la normativa più corrispondente al diritto comunitario, ma anche di affrontare alcuni nodi ritenuti maggiormente significativi per rispondere alle esigenze di riforma di cui il Paese ha necessità, coniugando gli obiettivi di semplificazione e accelerazione degli appalti pubblici con quelli, altrettanto rilevanti, di legalità, trasparenza, apertura alla concorrenza, sostenibilità, parità di genere e generazionale, inclusione lavorativa per le persone con disabilità, tutela e sicurezza sul lavoro. A tale riguardo, la collega Mazzetti ha già sottolineato l'importanza di una modifica introdotta proprio dall'esame parlamentare e, in particolare, l'intervento sulla lettera h).
Il ripristino dell'obbligo di clausola sociale è stato condiviso da tutti i gruppi parlamentari che a loro volta hanno raccolto un appello unitario delle forze sindacali; ed è un passaggio fondamentale, perché sappiamo bene che questo strumento è quello più efficace per proteggere nei cambi di appalto i lavoratori e le lavoratrici, in modo particolare nel settore dei servizi ad alta intensità di manodopera. La ripresa degli investimenti pubblici, la gestione di servizi pubblici essenziali non possono avvenire in alcun modo a scapito della tutela del lavoro. Grazie all'emendamento approvato dal Parlamento viene rimossa ogni ambiguità su questo punto e garantito che non si farà alcun passo indietro sulla validità delle clausole sociali rispetto alle norme esistenti.
Vado avanti ad illustrare i contenuti del disegno di legge, riprendendo dal criterio di delega che richiama la lettera n), inserita al Senato, che impone di razionalizzare e semplificare le cause di esclusione al fine di rendere le regole di partecipazione chiare e certe, individuando le fattispecie che configurano un illecito professionale.
La lettera o) prevede la semplificazione della normativa primaria in materia di programmazione e localizzazione delle opere pubbliche, con particolare riguardo all'istituto del dibattito pubblico, strumento fondamentale per accompagnare lo sviluppo di opere rilevanti per le quali gli obiettivi di condivisione e accettazione territoriale e sociale devono essere perseguiti con particolare attenzione.
La lettera p), inserita al Senato, richiede di introdurre l'obbligo di sottoscrizione di apposite polizze assicurative per il personale interno alle amministrazioni di copertura dei rischi di natura professionale, con oneri a carico delle amministrazioni stesse, nel caso di affidamento degli incarichi di progettazione.
La lettera q) dispone in merito alla semplificazione delle procedure concernenti l'approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione dei livelli di progettazione, ai fini di una loro riduzione, lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti. A tale riguardo, si prevede una razionalizzazione della composizione e dell'attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Voglio a questo proposito ricordare come la qualità della progettazione rappresenti un fattore determinante dell'efficacia dell'intero processo di realizzazione delle opere pubbliche.
La lettera r) impone di definire, nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenzialità e tenuto conto delle esigenze di semplificazione richieste dalle specificità del settore, la disciplina applicabile ai contratti pubblici nell'ambito dei servizi di ricerca e sviluppo da parte degli organismi di ricerca e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché della disciplina applicabile alle ipotesi di collaborazione tra organismi di ricerca.
La lettera s) prevede la rivisitazione e semplificazione del sistema di qualificazione degli operatori al fine di valorizzare i criteri di verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, dell'adeguatezza dell'attrezzatura tecnica e dell'organico, delle attività effettivamente eseguite e del rispetto della legalità e delle disposizioni relative alla prevenzione antimafia, alla tutela del lavoro, alla prevenzione e al contrasto della discriminazione di genere, anche attraverso l'utilizzo di banche dati a livello centrale che riducano le incertezze in sede di qualificazione degli operatori nelle singole procedure di gara e considerando la specificità del settore dei beni culturali.
La qualificazione degli operatori è un altro elemento essenziale, insieme alla qualificazione delle stazioni appaltanti, per migliorare il quadro dei contratti pubblici, potendo anche contare su alcune recenti modifiche normative consolidate che ne hanno innalzato i livelli di qualità e garanzia, come, ad esempio, l'obbligo del documento unico di regolarità contributiva e di congruità riguardo alla manodopera impiegata.
La lettera t) richiede al legislatore delegato l'individuazione dei casi nei quali si può ricorrere a meccanismi valutativi delle offerte mediante automatismi e la tipizzazione dei casi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere, ai fini dell'aggiudicazione, al solo criterio del prezzo o del costo. Anche in questo caso si specifica nel criterio direttivo che, nell'esercizio della delega, si dovrà tenere conto delle peculiarità dei contratti nel settore dei beni culturali.
Al Senato tale criterio è stato molto opportunamente integrato al fine di prevedere, in particolare, che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assegnati a ribasso.
La lettera u), inserita al Senato, richiede la ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d'opera in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell'esecuzione.
La lettera v), anch'essa inserita al Senato, prevede che i decreti attuativi riformino la disciplina relativa ai servizi sociali e della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché quella dei servizi ad alta intensità di manodopera, stabilendo come criterio utilizzabile ai fini dell'aggiudicazione esclusivamente quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In sede referente, è stato inoltre previsto che nei suddetti bandi sia obbligatoria la previsione di specifiche clausole sociali per promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato. La lettera z) indica tra i criteri e i principi direttivi l'individuazione di modalità incentivanti per il ricorso alle procedure flessibili, quali, ad esempio, il dialogo competitivo, il partenariato, le procedure per l'affidamento di accordi quadro e le procedure competitive con negoziazione. La lettera aa) stabilisce che nell'esercizio della delega si provveda all'indicazione di meccanismi di razionalizzazione e semplificazione delle forme di partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo alla finanza di progetto, alle concessioni di servizi e alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, con l'obiettivo di rendere tali procedure maggiormente attrattive per gli investitori professionali e per gli operatori del mercato delle opere pubbliche.
Quale strumento di semplificazione viene prevista anche l'adozione di contratti-tipo e, in base a una modifica operata in sede referente, di bandi-tipo.
La lettera bb) prevede l'individuazione delle cause che giustificano la stipulazione di contratti segretati o che giustifichino l'adozione di particolari misure di riservatezza.
La lettera cc), introdotta al Senato, prevede la revisione del sistema delle garanzie fideiussorie per la partecipazione ed esecuzione dei contratti pubblici, prevedendo una disciplina omogenea per i settori ordinari e per i settori speciali e stabilendo, in relazione alle garanzie dell'esecuzione dei contratti, la possibilità di sostituire le stesse mediante l'effettuazione di una ritenuta di garanzia proporzionata all'importo del contratto in occasione del pagamento di ciascun stato avanzamento lavori.
Le lettere dd) ed ee) richiedono al Governo che negli atti delegati vi sia l'indicazione dei contratti pubblici esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive europee, nonché delle ipotesi in cui le stazioni appaltanti possano ricorrere all'appalto integrato. Attualmente il codice prevede il divieto del ricorso all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, divieto che però è sospeso fino al 30 giugno 2023. In sede referente, la lettera ee), che prevede l'individuazione delle ipotesi in cui è possibile ricorrere all'appalto integrato, è stata opportunamente integrata al fine di introdurre una serie di vincoli. Viene infatti richiesto, per quanto riguarda la possibilità di accedere a questa facoltà, il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti, nonché l'obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta da parte della stazione appaltante al progettista o della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta.
La lettera ff) fissa il divieto di proroga dei contratti di concessione, ad eccezione di quelli regolati dai principi europei in materia di affidamento in house. Con riguardo alle concessioni si specifica la necessità di procedere ad una razionalizzazione della disciplina sul controllo degli investimenti dei concessionari e sullo stato delle opere realizzate, fermo restando l'obbligo dei concessionari stessi in merito alla corretta e puntuale esecuzione dei contratti.
La lettera gg), sempre in merito ai contratti di concessione, formula uno specifico criterio di delega volto alla razionalizzazione della disciplina delle modalità di affidamento dei contratti da parte dei concessionari, con l'obiettivo di introdurre una disciplina specifica per i rapporti concessori riguardanti la gestione dei servizi di interesse economico generale. Al Senato tale criterio di delega è stato integrato nel senso di prevedere l'introduzione di una disciplina riferita alle concessioni in essere e non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione. La disposizione fa specifico riferimento alla disciplina - da dettare secondo criteri di gradualità e proporzionalità e tenendo conto delle dimensioni e dei caratteri del soggetto concessionario, dell'epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto e del suo valore economico - dei casi in cui sussista l'obbligo di affidare a terzi, mediante procedure di evidenza pubblica, parte dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle medesime concessioni, garantendo la stabilità del personale impiegato e la salvaguardia della relativa professionalità.
È importante, sul punto, richiamare la pronuncia della Corte costituzionale n. 218 del 2021, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle previsioni contenute all'articolo 177 del vigente codice dei contratti pubblici, concernenti l'obbligo, a carico dei titolari di concessioni affidate direttamente, di affidare all'esterno, mediante appalto a terzi, l'80 per cento dei lavori di servizi e forniture oggetto di concessioni e di assegnare il restante 20 per cento a società in house o, comunque, controllate e collegate. Tale norma non trova alcun fondamento nella disciplina europea, oltre a porre una serie di criticità, che sono state più volte portate all'attenzione di Governo e Parlamento anche dall'Autorità di regolazione e dalle associazioni sindacali. A tale riguardo, sarà importante che, nell'esercizio della delega, ci sia piena aderenza agli orientamenti espressi dalla Corte costituzionale con la richiamata sentenza.
La lettera hh) prevede l'individuazione di meccanismi sanzionatori e premiali volti a incentivare la tempestiva esecuzione dei contratti da parte dell'aggiudicatario.
La lettera ii), introdotta al Senato, dispone in merito alla semplificazione delle procedure di pagamento da parte delle stazioni appaltanti del corrispettivo contrattuale, anche riducendo gli oneri amministrativi a carico delle imprese. In sede referente è stato specificato che, in sede di esercizio della delega, devono essere previsti anche meccanismi di accelerazione delle procedure di pagamento.
La lettera ll) fissa il criterio del rafforzamento dei meccanismi di risoluzione delle controversie alternative al rimedio giurisdizionale.
Il comma 3 del disegno di legge prevede che vi sia il contestuale coordinamento normativo ovvero l'esplicita abrogazione delle disposizioni oggetto di riforma o incompatibili, nonché l'adozione di norme di coordinamento transitorie e finali.
Il comma 4, invece, disciplina nel dettaglio il procedimento di adozione dei decreti legislativi di attuazione della delega in esame. In particolare, come già esplicitato nel comma 1, i decreti legislativi in questione dovranno essere adottati entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega.
Il testo prevede che i decreti legislativi saranno adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con i Ministri competenti ed è prevista l'acquisizione dei pareri della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Viene previsto, altresì, un termine di 30 giorni per l'espressione del parere e il meccanismo di silenzio-assenso, una volta decorso tale termine.
In sede referente, il comma in esame - recependo una condizione posta dal parere del Comitato per la legislazione e volta a soddisfare, in termini inequivoci, l'esigenza che il testo trasmesso alle Camere abbia completato la fase procedimentale interna all'Esecutivo, così come richiesto dalla lettera dei Presidenti delle Camere al Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 febbraio 1998 - è stato modificato al fine di precisare la scansione delle varie fasi procedurali previste. La nuova formulazione prevede, infatti, l'articolazione delle seguenti fasi: adozione degli schemi, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato, che sono resi entro il termine di 30 giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere; successiva trasmissione degli schemi alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano entro il termine di 30 giorni, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato.
Ove il parere delle Commissioni parlamentari citate indichi specificamente talune disposizioni come non conformi ai principi e ai criteri direttivi recati dalla legge delega, il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali motivazioni, corredate dai necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro 10 giorni dall'assegnazione e, decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.
Inoltre, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti dal presente articolo, o successivamente, questi ultimi sono prorogati di 3 mesi.
Lo stesso comma 4, infine, autorizza l'emanazione di decreti legislativi correttivi e integrativi che potranno essere adottati entro 2 anni.
Il comma 5 reca la clausola di invarianza finanziaria, anche se, qualora i decreti legislativi determinassero nuovi o maggiori oneri non coperti al loro interno, gli stessi decreti potranno essere adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. Nel corso dell'esame al Senato è stato inserito l'articolo 2, recante una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali: Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi della presente legge secondo le disposizioni contenute negli statuti speciali e nelle relative norme di attuazione.
Concludo, Presidente, l'illustrazione del provvedimento ringraziando, oltre la relatrice Mazzetti, tutti i gruppi parlamentari, per la dialettica costruttiva e gli apporti positivi, che hanno consentito un dialogo proficuo con il Governo. Ringrazio, in particolare, la Vice Ministra Bellanova, che ha seguito con grande attenzione e disponibilità il provvedimento, nonché gli uffici del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e della VIII Commissione.
Ritengo che la discussione che abbiamo svolto in sede referente, ulteriormente arricchita dai pareri delle altre Commissioni e dal dibattito che si svolgerà in quest'Aula, possa contribuire a realizzare un obiettivo importante di rafforzamento e miglioramento dell'assetto dei contratti pubblici nel nostro Paese e a concretizzare un obiettivo centrale di riforma, garantendo il rispetto dei nostri impegni assunti in sede europea con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, Vice Ministra Bellanova, che si riserva di intervenire in una fase successiva.
È iscritta a parlare la deputata Fregolent. Ne ha facoltà.
SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Anch'io ringrazio i colleghi dell'VIII Commissione, che hanno redatto un lavoro molto efficace ed efficiente, la Vice Ministra Bellanova, per il supporto che ci ha dato, le due relatrici, che hanno ascoltato le richieste provenienti dai vari gruppi.
Oggi è una giornata molto emozionante per chi ama la buona politica, ci sono due anniversari che, per chi appunto ama la politica e ama la giustizia, non possono non essere ricordati: il 22 maggio del 1885 nasceva Giacomo Matteotti, forse il più grande oratore antifascista che quest'Aula abbia visto in tempi in cui la dittatura fascista non era così odiata dalla popolazione. Essere uno tra i pochi a prendere la parola in quest'Aula e denunciare che cos'era il fascismo dimostra che c'è sempre qualcuno che riesce a dire “no” in tempi non sospetti, e quelle persone devono essere ricordate. Poi, in questi minuti, a Palermo, ma non solo, si ricordano i 30 anni dalla strage di Capaci, dalla morte del giudice Falcone, di Francesca Morvillo, degli uomini della scorta, di Vito Schifani, di Rocco Dicillo e di Antonino Montinaro. Io mi auguro che la Camera ricordi sia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a 30 anni dalla morte. C'è un'intera generazione - la mia - che ha studiato giurisprudenza prendendo esempio da quelle persone, prendendo esempio dalla loro azione, prendendo esempio dal loro coraggio e rimanendo turbati dalla loro morte e decidendo di impegnarsi in prima persona affinché le istituzioni fossero qualcosa di diverso. Non so se ci siamo riusciti, ma questo era il nostro intento.
Sembra che la mia premessa non c'entri niente con il codice degli appalti e, invece, io credo che leggi più semplici e più chiare facciano la differenza, in uno Stato di civiltà. Dove c'è la complicazione, dove ci sono regole troppo barocche, lì la criminalità organizzata riesce sempre ad avere successo, perché ha molto più tempo da aspettare che non la buona e semplice impresa, e avere posto e chiarito alcuni dettagli anche in questa normativa fa fare un piccolo passo avanti verso la legalità.
Il disegno di legge in esame, come è stato ricordato in precedenza dalle relatrici, è una delega al Governo in materia di contratti pubblici. Nel corso dell'esame al Senato è stato inserito un ulteriore articolo recante una clausola di salvaguardia. Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa e dal documento di accompagnamento e di analisi di impatto della regolamentazione, l'intervento normativo proposto dal Governo è volto ad adeguare la normativa interna al diritto europeo e a razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina dei contratti pubblici concernenti i lavori, i servizi e le forniture.
L'intervento in questione è stato strutturato al fine di assicurare un riordino ed una rivisitazione complessiva del codice dei contratti pubblici, il decreto legislativo n. 50 del 2016, rispetto al quale, nel corso degli anni, sono state introdotte diverse modifiche, anche attraverso numerosi provvedimenti d'urgenza, che hanno profondamente modificato l'originario impianto del codice stesso.
L'obiettivo della riforma, pertanto, stando a quanto riportato anche nella relazione illustrativa al testo originario del disegno di legge, è quello di ridurre drasticamente e razionalizzare le norme in materia di contratti pubblici, armonizzando ulteriormente la disciplina interna col diritto comunitario.
L'adozione di questa riforma rientra, tra l'altro, tra gli impegni recentemente assunti dal Governo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Nello stesso Piano si prevede una riforma complessiva del quadro legislativo in materia di contratti pubblici. Il lavoro fatto dalle forze di maggioranza e di opposizione, alla Camera e al Senato, ha comportato un miglioramento del testo, come è stato esplicitato dalle due relatrici. Le semplificazioni contenute nel testo si coniugano con la sostenibilità ambientale, sociale ed economica: sono tre tipi di sostenibilità che devono stare insieme, perché sappiamo che solo così potremo garantire imprese e lavoro negli appalti e nei subappalti, nelle grandi come nelle piccole imprese.
La delega che viene assegnata al Governo sarà presidiata dall'Esecutivo, anche se molta polemica è stata fatta per il richiamo al Consiglio di Stato. Non c'è alcuna cessione di sovranità, se non un chiarimento: anziché avvalersi del parere dell'Esecutivo, si chiamerà in causa il Consiglio di Stato per fargli svolgere il ruolo che già altre leggi esistenti gli attribuiscono.
Con questa delega rafforziamo non solo la realizzazione del PNRR ma anche quella ripresa economica necessaria al Paese dopo la pandemia. Io mi auguro che la delega venga resa esecutiva ben presto dal Governo, ma non abbiamo dubbi al riguardo, essendo un obiettivo del PNRR. Altrimenti, l'Europa ce ne chiederà conto. Soprattutto, dobbiamo dare regole certe al lavoro e agli imprenditori che, in questi anni, non hanno visto l'applicazione del codice degli appalti così come era stato approvato nel 2016, perché dopo quell'approvazione ci sono state troppe successive e repentine modifiche. Perciò, non si è mai avuto, in questa materia così delicata, un quadro normativo certo e sicuro. È quindi ora di dare alla buona imprenditoria e al buon lavoro norme certe per poter andare avanti e per far andare avanti il nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rachele Silvestri. Ne ha facoltà.
RACHELE SILVESTRI (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno, Vice Ministro.
Anch'io, prima di cominciare il dibattito sulla discussione generale, vorrei ricordare questa giornata, una giornata importante per il nostro Paese, che dobbiamo ricordare, e dobbiamo anche capire quello che è stato per il nostro Paese. Io, purtroppo, non ricordo la strage di Capaci, era il 1992. Quando parlo della strage di Capaci, molte persone dicono: è difficile dimenticare, tutti ricordiamo dove eravamo quel 23 maggio, nel momento in cui abbiamo saputo quella notizia. Io non ricordo dov'ero, però negli anni ho imparato a conoscere le figure di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino e l'amore che avevano per il nostro Stato e per il loro lavoro. Scusate, ma per me è anche un'emozione poterlo ricordare in quest'Aula, l'Aula che rappresenta uno Stato, lo Stato che amava e per il quale ha potuto dare la sua vita in tutti i sensi; quello Stato che, purtroppo, non è riuscito a proteggerlo come doveva. C'è una frase che mi è sempre rimasta impressa e che mi ha sempre colpito. In un'intervista del 1986, un giornalista chiese a Giovanni Falcone: lei ha vissuto la sua vita sempre lottando contro la mafia. Ma chi glielo fa fare? E Giovanni Falcone, con la sua semplicità, rispose: soltanto lo spirito di servizio. Questa penso che sia una piccola frase che però immagazzina tutta la grandezza di quest'uomo e l'amore che provava per la giustizia e per il nostro Paese. Quindi è fondamentale, per il nostro Paese ma soprattutto per le generazioni a venire, per le generazioni che verranno più avanti, continuare a ricordare la figura di Giovanni Falcone, di sua moglie, Francesca Morvillo, e di Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro e il loro sacrificio, perché con il loro sacrificio il nostro Paese si è anche svegliato da quello che la mafia cercava di nascondere. Grazie, per avermi concesso questi pochi minuti per poter ricordare una figura così importante per il nostro Paese.
Passando alla discussione generale, oggi con difficoltà ci ritroviamo in quest'Aula a discutere di una legge delega che conferisce al Governo amplissimi poteri in maniera di contratti pubblici. Come espressamente auspicato durante il periodo di attività di questo Governo, il Parlamento deve svolgere la sua funzione legislativa. La compulsiva posizione delle questioni di fiducia ha privato quest'Aula di qualsiasi possibilità di intervento. Sono 51 le questioni di fiducia richieste dal Governo, un record. Un tema su cui anche il Presidente della Repubblica, in occasione del suo reinsediamento, ha avuto modo di esprimersi, evidenziando la centralità del Parlamento come elemento cardine del processo democratico del Paese; ma, nonostante tutto, è stato spesso ignorato dal Presidente Draghi e dal suo Governo.
La discussione odierna impegna quest'Aula su un tema che Fratelli d'Italia ha da sempre posto al centro del dibattito politico e che per molto tempo non è stato percepito come importante nell'agenda politica degli altri partiti. I contratti pubblici, il regolare funzionamento e la regolare applicazione del codice degli appalti e i crediti che molti imprenditori vantano nei confronti dello Stato sono elementi centrali per il buon andamento del sistema Paese e per una società civile. Proprio per questo non possiamo non notare in questo provvedimento l'esistenza di una sostanziale delega in bianco, non verso il Governo, addirittura verso il Consiglio di Stato. È questa la verità dei fatti. Il Governo e questa maggioranza stanno reinterpretando in maniera sostanziale la Costituzione. Si conferiscono ad un organo giurisdizionale poteri e competenze che non gli spettano e al cui esercizio non è chiamato. Il Consiglio di Stato è stato, purtroppo, troppo spesso impegnato a dirimere controversie che nascevano dall'inadeguatezza di quel codice degli appalti che oggi necessita di essere modificato e semplificato per far fronte alle sfide cui il Paese è stato chiamato; ma non deve essere considerato come un organo legislativo, perché tale non è.
Cari colleghi, non possiamo nasconderci dietro un dito, non possiamo e non dobbiamo. Fratelli d'Italia da sempre ha sottolineato la necessità di una revisione del codice degli appalti e di tutta la disciplina degli affidamenti per la realizzazione di opere pubbliche. In questa direzione erano protesi gli sforzi in Aula e nelle Commissioni ed anche e soprattutto l'attività emendativa realizzata dai gruppi di Camera e Senato in occasione di questo disegno di legge. Abbiamo convintamente offerto il nostro contributo in maniera propositiva per cercare di migliorare una disciplina che già dal 2016 ha evidenziato i propri limiti, ancor di più aggravati dalla legislazione successiva che tentava di apportare correttivi nel solco di una fantomatica semplificazione mai concretamente realizzata e che, anzi, ha ulteriormente complicato il complessivo quadro normativo. Ci aspettavamo, però, lo stesso impegno dalle forze di maggioranza. Per essere chiari, non si parla di una mancanza di responsabilità da parte degli stimatissimi onorevoli colleghi ma, piuttosto, di timore reverenziale nei confronti del Governo che ha spesso utilizzato lo strumento della fiducia - tante quante il governissimo del professor Monti - per cristallizzare il dibattito interno alla maggioranza e costringere tutti ad una resa in nome di una sopravvivenza che, mi dispiace per voi, ma durerà ancora poco.
In un Paese in cui il 20 per cento della spesa pubblica è gestito tramite il sistema delle gare d'appalto - più o meno il 10 per cento del PIL nazionale - non avremmo dovuto aspettare un'emergenza sanitaria e la gestione del PNRR per rimettere mano alla disciplina degli affidamenti pubblici.
Oggi, ahinoi, ci ritroviamo ad inseguire, consapevoli che il Paese non potrà perdonare a questa classe dirigente anche il più piccolo errore nella gestione del Piano nazionale di ripresa a resilienza. La caotica produzione legislativa correttiva sul codice degli appalti, dal decreto legislativo n. 56 del 2017 al “decreto Semplificazioni”, passando per lo “Sblocca cantieri” ed arrivando a questa legge delega, non ha ancora colto le criticità che, anche durante le audizioni delle diverse sensibilità pubbliche, private, accademiche e giurisdizionali sul provvedimento oggi in discussione, sono emerse.
Abbiamo tentato di porre limiti al legislatore delegato, come anche abbiamo tentato, con l'attività emendativa in Commissione, di semplificare le procedure di gara ed, oggi, chiediamo ancora e con forza che le istanze di Fratelli d'Italia e del Paese reale siano considerate dal Governo nell'emissione dei decreti attuativi. Chiediamo che l'Anac sia parte attiva del processo di semplificazione e non solo un'Autorità di controllo; chiediamo che l'Anac sia un'autorità di confronto per i piccoli e medi imprenditori, al fine di accompagnarli in un procedimento di evidenza pubblica che possa davvero essere presidio di legalità, trasparenza e pari opportunità per tutti gli operatori del mercato e non solo per le stazioni appaltanti. Invitiamo il Governo a seguire le linee guida dell'Autorità nazionale anticorruzione per la semplificazione e la digitalizzazione e non solo per quanto ci è richiesto dall'Europa. Lo ribadiamo, ove ce ne fosse ancora bisogno: è tempo che l'Italia pensi dapprima al proprio interesse nazionale e, poi, ad assecondare le richieste europee. L'attenzione deve essere rivolta, come detto poc'anzi, verso l'ossatura industriale di questo Paese e, dunque, verso le piccole e medie imprese che, nonostante la pandemia, la guerra in Ucraina e il caro materie prime, continuano a lavorare tutti i giorni con abnegazione e passione per le proprie famiglie, i propri dipendenti e per tutta l'Italia, rappresentando, ad oggi, ancora e per fortuna, la colonna vertebrale nel nostro sistema Paese.
Invito anche il Governo a predisporre, nel solco degli studi che vorrà condurre per l'estensione del decreto legislativo in materia, una visione più ampia dell'intero sistema di aggiudicazione, che, dunque, non sia limitato solo ai contratti pubblici finanziati dalle risorse del PNRR.
È urgente e quanto mai necessario affrontare il problema dell'asta al primo prezzo. Il nostro Paese, con il codice del 2016, ha ritenuto opportuno adottare il sistema delle aste al primo prezzo, nel quale la società che si offre come appaltatrice al prezzo più basso si aggiudica la committenza. Questa modalità è esplicitamente sconsigliata dalle direttive europee e non pone al centro della valutazione ulteriori elementi ugualmente utili alla realizzazione dell'opera, quali le modalità con cui verrà svolta la committenza, le tempistiche con cui sarà realizzata ovvero la qualità del servizio offerto alla stazione appaltante.
Ora, se consideriamo che questo disegno di legge intende armonizzare le procedure italiane e le relative normative di inquadramento al diritto europeo, c'è un evidente problema. Il metodo dell'asta, che astrattamente appare essere più semplice e snello rispetto al criterio dell'offerta economica più vantaggiosa, viene utilizzato come strumento di deburocratizzazione per gli appalti sotto soglia e, quindi, per tutti quei contratti previsti dalla stazione appaltante per un importo effettivo inferiore ai 2 milioni che, nello scenario italiano, rappresentano circa 30 miliardi annui. Questo, di per sé, non rappresenterebbe un problema, anzi, suggerirebbe anche molteplici soluzioni, ma bisogna considerare che per molte aste al primo prezzo esiste un automatismo di eliminazione automatica delle offerte anomale, sistema che esclude le offerte migliori attraverso un calcolo standardizzato incapace di regolare effettivamente il mercato delle offerte. Questa eliminazione automatica - cari colleghi - ha una funzione ben precisa che, però, nel sistema italiano non si realizza, danneggiando le piccole e medie imprese. Il sistema, che servirebbe ad eliminare l'offerta dell'impresa che ha sottostimato l'appalto e che di conseguenza avrebbe più difficoltà a portarlo a compimento, induce gli operatori a un correttivo naturale che è quello di alzare artificialmente il prezzo, per non essere segnalati quali offerte anomale ed essere esclusi dalla gara.
La Banca d'Italia, già nel 2011, in un suo report, segnalava il rischio che queste gare possano trasformarsi sul piano pratico in una estrazione casuale del vincitore, in cui tutti i partecipanti hanno la stessa probabilità di vittoria, che è proprio quello che il Governo, alla lettera d), comma 2, articolo 1, dell'atto camera 3514, vorrebbe evitare che si verificasse. Nel caso in cui il Governo decidesse di ignorare questa ulteriore criticità, i problemi che ne deriverebbero non si limiterebbero alla sfera efficientista a cui dobbiamo aspirare nell'esecuzione e realizzazione delle mission del PNRR, ma anche e soprattutto di legalità. Con l'esclusione automatica delle migliori offerte è paradossalmente più facile per un'organizzazione collusa pilotare la gara di appalto. Questo non lo dico io, ma i TAR e il Consiglio di Stato. C'è una marea di società “scatole vuote”, che, su mandato delle organizzazioni, partecipano alle gare di affidamento, presentando offerte artificialmente basse per poi essere escluse e favorire il mandante. Abbiamo il dovere di difendere la realizzazione delle infrastrutture, la regolarità degli appalti, la progettazione ed esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ed è per questo che invito il Governo a considerare questi dati per non essere, come per le truffe sul bonus al 110 per cento, sorpresi da quanto la criminalità, in assenza di regole definite e stringenti, sia capace di inventare.
C'è ancora tanto da fare e purtroppo siamo convinti che una disciplina figlia della fretta non possa in alcun modo essere esaustiva e completa. Il legislatore futuro dovrà certamente intervenire ancora su questi temi; una delega in bianco non è certamente un buon inizio per un codice che è centrale nelle sorti del sistema Paese, in termini sia economici, sia sociali. Ci faremo eventualmente trovare pronti per porre al centro della disciplina degli appalti i cittadini e le imprese, ci faremo trovare pronti, perché le nostre idee rappresentano lo specchio di una società che da voi non è avvertita.
Gli emendamenti che in questo iter bicamerale abbiamo sottoposto all'attenzione degli onorevoli colleghi e che spesso sono stati bocciati per logiche di spicciola contrapposizione ideologica sono il frutto dell'ascolto attento ai territori che ciascun deputato e ciascun senatore di Fratelli d'Italia pone al centro della propria attività parlamentare, ogni giorno. La direzione del Governo non ci è chiara; con il testo approvato non si favorisce nessun attore, né le pubbliche amministrazioni né, tantomeno, le imprese. Avremmo voluto che questa fosse un'occasione per riordinare il complicato quadro normativo in materia e dare finalmente soluzioni permanenti e non temporanee ed, invece, si è rivelata un'ulteriore occasione sprecata per realizzare quanto richiamato dalla nostra Carta costituzionale rispetto ai princìpi cui deve ispirarsi l'azione delle amministrazioni pubbliche e per venire incontro ai lavoratori, agli imprenditori e agli investitori.
Anch'io mi unisco, come è stato fatto dalle colleghe, al ringraziamento dei colleghi dell'VIII Commissione che, come sempre, non hanno ceduto alla tentazione di avvelenare il dibattito delle forze politiche; invece, si è sempre favorito il dialogo e il buon lavoro tra di noi - quindi, grazie di nuovo -, ciò però non è bastato per dar vita a un testo che potesse renderci soddisfatti. Questa per noi - lo ribadisco - era l'occasione per offrire all'Italia una legislazione capace di essere un volano per l'intera economia ed, invece, si è trasformata in un'altra sconfitta di questa maggioranza che, per paura di litigare, ha preferito non affrontare i temi e delegare tutto nelle mani del presidente Draghi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Rospi. Ne ha facoltà.
GIANLUCA ROSPI (FI). Grazie, Presidente. Apro anche io il mio intervento, ricordando i trent'anni dalla strage di Capaci e, quindi, il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta. Al contrario della collega, avevo 14 anni, stavo studiando nella mia stanza, quando ho sentito un sussulto dall'altra parte: erano mia madre e mio padre che gridavano per la morte del giudice Falcone. Era il periodo delle stragi, era il periodo in cui ogni giorno, ogni mese c'era una bomba, c'era un omicidio e vorrei ricordare il giudice Falcone anche io con una frase, però, un'altra frase: “Si muore generalmente, perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”.
Ebbene, il giudice Falcone e, qualche mese più tardi, anche il giudice Borsellino sapevano che la loro vita era segnata dalla morte, che avrebbero avuto una vita breve. Ma questo non li ha fermati, hanno continuato ad andare avanti. Il loro coraggio deve rappresentare per tutti noi una visione e uno stile di vita. Il loro coraggio consisteva nel lavorare non per loro, ma per le nuove generazioni, per lasciare un mondo più pulito, più libero e più legale a tutti noi che eravamo le nuove generazioni. In parte, ci sono riusciti, perché, grazie alla loro vita, hanno permesso allo Stato e al popolo di ribellarsi alla mafia e quella stagione tremenda delle stragi è finita, sotto certi punti di vista. Naturalmente, la mafia non è sconfitta; dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme con coraggio per sconfiggere definitivamente questo male della società. È nostro dovere ricordare proprio oggi che tutti insieme dobbiamo continuare il lavoro intrapreso dal giudice Falcone e a lottare contro la mafia e per la legalità.
Detto questo, anche io mi appresto a intervenire sul testo. Signor Presidente, Vice Ministro Bellanova, l'urgenza di sburocratizzare e semplificare la macchina dello Stato, correlata alla necessità di avviare politiche efficaci ed efficienti per sostenere la ripresa economica del Paese, oggi è ancor più impellente, a causa della crisi economica determinata dalla guerra, scoppiata alle porte dell'Europa; guerra, voglio qui ricordare, che ha prodotto e continua ad alimentare una crisi energetica, economica e umanitaria di portata mondiale, con conseguente aumento dei costi dell'energia e delle materie prime che si ripercuote su tutto il tessuto imprenditoriale e le famiglie italiane ed europee.
Il Governo italiano, grazie anche all'aiuto di Forza Italia, sta applicando varie misure per mitigare l'inflazione, che vanno dal taglio dei prezzi del carburante ai bonus sociali e ai crediti di imposta per aiutare sia le imprese che le famiglie a basso reddito. Oltre a queste misure, il Governo sta avviando una serie di riforme per semplificare e sburocratizzare la macchina dello Stato, per eliminare i numerosi colli di bottiglia che imbrigliano cittadini e imprese nella quotidianità del loro lavoro. Proprio su questo tema - la necessità di semplificazione e sburocratizzazione - si inserisce il provvedimento in discussione quest'oggi. Il disegno di legge in esame prevede una delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi relativi alla disciplina dei contratti pubblici. Il provvedimento è stato approvato, come ricordavano i miei colleghi, in prima lettura al Senato il 9 marzo scorso, dove, grazie anche al contributo di Forza Italia, sono state apportate numerose modifiche che hanno consentito di migliorare sensibilmente il testo iniziale licenziato dal Governo. Oggi, qui alla Camera, è in seconda lettura; durante il percorso in Commissione ambiente, sono state introdotte ulteriori diverse integrazioni e modifiche al testo approvato al Senato. Colgo l'occasione per ringraziare i colleghi della Commissione ambiente, lei, Vice Ministro Bellanova, e tutti i funzionari della Commissione per il lavoro, svolto nel brevissimo tempo avuto a disposizione, per la discussione di un provvedimento così importante che regolamenta il mercato delle contrattazioni pubbliche.
Mi preme sottolineare che, tra gli emendamenti approvati, ben sette sono quelli di Forza Italia e che in Commissione Forza Italia ha votato a favore del provvedimento.
La finalità di questa delega è quella di riscrivere profondamente il vigente codice dei contratti pubblici che in questi sei anni ha dimostrato tutti i suoi limiti e ha contribuito ad appesantire fortemente e a rendere farraginosa la normativa in materia, rallentando il settore dei lavori pubblici. L'intervento normativo proposto dal Governo è, quindi, volto, da una parte, ad adeguare la normativa interna al diritto europeo, ad evitare l'avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea ed a giungere alla risoluzione di tutte le procedure già avviate; dall'altra parte, è volto a ridurre drasticamente, semplificare e razionalizzare le norme in materia di contratti pubblici, concernenti i lavori, i servizi e le forniture. Questa di semplificare e riscrivere l'attuale codice è stata una richiesta da sempre avanzata in ogni occasione da Forza Italia. Peraltro, questa riforma del codice degli appalti rientra anche tra gli impegni assunti dal Governo con l'Europa attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza; attuarla nei tempi richiesti dall'Unione europea è inoltre fondamentale per il bene del Paese. Nello stesso PNRR, infatti, si prevede una riforma complessiva del quadro legislativo in materia di contratti pubblici, da completarsi entro e non oltre giugno 2023.
Il disegno di legge delega prevede l'adozione di uno o più decreti legislativi, sulla base di alcuni principi e criteri direttivi indicati in questo provvedimento. Mi limito a citarne solo alcuni, anche con riferimento alle modifiche più importanti sostenute dal gruppo di Forza Italia. Tra queste vi è, per esempio, la revisione delle competenze dell'Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, con la finalità di rafforzarne le sole funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti. Una delle cause - che ha creato confusione nel settore dei contratti pubblici dopo l'approvazione del decreto legislativo n. 50 del 2016, l'attuale codice dei contratti in vigore - è stata la produzione di numerosi circolari, da parte dell'Autorità nazionale anticorruzione, che hanno modificato ripetutamente le regole del gioco, creando incertezza negli operatori di mercato. Come gruppo di Forza Italia ci auguriamo che venga superato una volta per tutte il sistema di soft law nei decreti attuativi e si ritorni al sistema del regolamento unico (possibilmente uno per i lavori e uno dedicato ai servizi e alle forniture). I criteri direttivi indicati in questo provvedimento riguardano anche l'introduzione dell'obbligo, per le stazioni appaltanti, di inserire nei bandi di gara un regime obbligatorio di revisione dei prezzi, da attuarsi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell'offerta, stabilendo anche che gli eventuali oneri derivanti dal meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili delle stazioni appaltanti e non da caricare sulle imprese.
Nel corso dell'esame in sede referente, è stato introdotto un ulteriore obbligo di inserimento nei bandi delle stazioni appaltanti: la revisione dei prezzi anche per quanto riguarda il costo del rinnovo della contrattazione nazionale del lavoro.
Un ulteriore criterio riguarda la semplificazione delle procedure concernenti l'approvazione dei progetti di opere pubbliche, attraverso lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e delle attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Anche qui, nel corso dell'esame in sede referente, tale criterio di delega è stato modificato al fine di chiarire che la ridefinizione dei livelli di progettazione, quale strumento di semplificazione, deve necessariamente - e non eventualmente, come previsto nel testo approvato dal Senato - condurre a una riduzione di tali livelli.
Vorrei ricordare oggi a quest'Aula che la fase di progettazione e soprattutto di approvazione e validazione del progetto è la più lunga di tutto l'iter di realizzazione di un'opera pubblica. Si stima in media che in Italia, per fare un'opera pubblica, ci vogliono all'incirca 14 anni (nel Sud Italia anche di più, oltre 20), e la fase di progettazione, validazione e verifica della progettazione occupa il 60 per cento di questo tempo, quindi 9 anni su 14. Non c'è dubbio che, senza una riduzione dei livelli di progettazione da tre a due, oggi anche più facile grazie alle nuove tecnologie, come la tecnologia BIM, e soprattutto senza una semplificazione e sburocratizzazione dell'iter di approvazione dei progetti - come la semplificazione nell'ottenimento di pareri ministeriali o degli enti locali, l'uso obbligatorio di conferenze di servizi, l'inserimento di tempistiche certe per l'ottenimento di pareri - senza tutto ciò, Vice Ministro, sarà difficile ridurre le tempistiche per la realizzazione delle opere pubbliche.
Bene anche l'aver indicato meccanismi di razionalizzazione e semplificazione delle forme di partenariato pubblico-privato, con l'obiettivo di rendere tali procedure maggiormente attrattive per gli investitori professionali e per gli operatori di mercato delle opere pubbliche.
Bene la rivisitazione del sistema di qualificazione degli operatori economici, al fine di valorizzarne i criteri e le competenze tecniche e professionali, l'adeguatezza dell'attrezzatura tecnica e dell'organico, le disposizioni per la prevenzione antimafia e per la tutela del lavoro.
Valutare i criteri di selezione delle imprese anche in base alla solidità economica e al sistema di qualificazione, alle competenze tecnico-professionali e alla storia dell'impresa significa assegnare la realizzazione di un'opera pubblica in base al merito oltre che al prezzo.
Siamo d'accordo anche sull'introduzione dell'obbligo di sottoscrivere apposite polizze assicurative di copertura dei rischi di natura professionale con oneri a carico delle amministrazioni, nel caso di affidamento degli incarichi di progettazione a personale interno alle amministrazioni stesse. Anche se su questo punto, Vice Ministro, avremmo voluto introdurre un meccanismo per incentivare l'affidamento della progettazione esecutiva, soprattutto sopra determinati importi, a professionalità esterne alla PA, mantenendo in house, quindi dentro la PA, gli studi di fattibilità tecnico-economica o le progettazioni altamente specialistiche. Questa proposta, che abbiamo presentato e poi ritirato, avrebbe consentito di migliorare la qualità dei progetti e, allo stesso tempo, avrebbe accelerato la fase più importante e complicata dell'appalto (quella di progettazione, validazione e verifica), oltre a specializzare le pubbliche amministrazioni sulle attività più conformi alla propria struttura, che sono le attività di controllo e di collaudo tecnico e amministrativo delle opere pubbliche.
Una cosa che avevamo evidenziato durante la discussione al Senato e che non ci aveva tanto convinto riguardava il ruolo del Consiglio di Stato. Su questo punto abbiamo apportato alcune modifiche in sede referente: siamo riusciti a mitigare questo tecnicismo, riportando la decisione ultima sui decreti attuativi al Parlamento attraverso le Commissioni competenti. Lo abbiamo detto al Senato ed è giusto ribadirlo anche qui in quest'Aula: noi, come Forza Italia, riteniamo che le decisioni le debba prendere la politica attraverso il Parlamento e il Governo e non il Consiglio di Stato, che è - e deve rimanere - un valido supporto.
Forza Italia voterà convintamente questo provvedimento perché rispecchia un punto di vista che portiamo avanti da oltre vent'anni e sono certo che nei prossimi mesi, nei quali il Governo redigerà i testi, si manterrà un rapporto collaborativo e costruttivo con tutti e due i rami del Parlamento perché è nell'interesse di tutti noi, e soprattutto di tutti gli italiani, costruire un codice dei contratti pubblici che possa dare le risposte che i cittadini, le imprese e il Paese ci chiedono ormai da diversi anni. Buon lavoro.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cecilia D'Elia. Ne ha facoltà.
CECILIA D'ELIA (PD). Grazie, Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. L'onorevole Fregolent ci ha richiamato al dovere della memoria in questa giornata, la memoria di uomini che hanno onorato quest'Aula e la lotta per la democrazia, come Matteotti, la memoria di uomini che hanno dato la vita per la giustizia, la legalità e lo Stato di diritto. Questo c'entra con quello che andiamo a discutere in questa mattinata, c'entra con il fatto che noi siamo riusciti a isolare nella società la mafia; lo abbiamo fatto anche contrastandola culturalmente, oltre che con le leggi e con le inchieste, seguendo i soldi, come appunto si diceva.
Io penso che quello di cui andiamo a discutere oggi, ossia l'esistenza di procedure di appalto pubblico efficienti, sia essenziale anche per questo, per risolvere molte delle principali sfide strategiche che il nostro Paese si trova ad affrontare. Parliamo di crescita e occupazione, di disciplina di bilancio, di modernizzazione dell'amministrazione pubblica, di lotta e prevenzione della corruzione e della collusione, di accesso al mercato per le piccole e medie imprese, nonché di innovazione e crescita sostenibile a livello ambientale e sociale e, in fin dei conti, di fiducia dei cittadini e delle cittadine nelle autorità pubbliche e nella democrazia.
La produttività e l'efficienza della spesa e degli investimenti di risorse pubbliche rappresenta una leva essenziale delle politiche pubbliche, che sono a loro volta essenziali per promuovere e determinare la qualità della crescita economica. Credo di poter dire che l'esperienza della pandemia ha fugato ogni dubbio sulla necessità e centralità dell'azione pubblica, in particolare in periodi di crisi ed emergenze, come quelle che stiamo vivendo, non solo a causa della pandemia, ma adesso della guerra in Ucraina.
In questa prospettiva, il provvedimento, che oggi è all'esame dell'Aula, reca una delega al Governo per il riordino della disciplina degli appalti pubblici. In particolare, l'intervento si è reso necessario per assicurare un riordino e una rivisitazione complessiva del cosiddetto codice appalti, rimasto inattuato in diverse sue parti e rispetto al quale, nel corso degli anni, sono state introdotte diverse modifiche, molte derogatorie, anche attraverso numerosi provvedimenti d'urgenza, che ne hanno profondamente modificato l'impianto originario.
L'intervento normativo ha quindi lo scopo di adeguare la disciplina dei contratti pubblici a quella del diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture, nonché di evitare l'avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate.
Gli appalti pubblici sono infatti uno strumento fondamentale per l'attuazione delle politiche di governo e per la realizzazione degli obiettivi strategici nazionali. Un sistema degli appalti pubblici ben funzionante rafforza la qualità degli investimenti, ad esempio di quelli in infrastrutture, garantendo una più alta qualità dei servizi erogati alle cittadine e ai cittadini, e rende più forte il sistema Paese e la sua credibilità. È per questo che l'adozione di questa riforma rientra, tra l'altro, tra gli impegni assunti dal Governo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale si prevede una revisione complessiva del quadro legislativo in materia di contratti pubblici, da adottare entro tempistiche stringenti.
In particolare, il cronoprogramma del PNRR prevede l'entrata in vigore, entro giugno 2022, della legge delega per la revisione del codice dei contratti pubblici e una sua attuazione entro fine anno.
Tra i capisaldi della riforma, contenuti nei principi e criteri direttivi della delega, spiccano il divieto di gold plating, ossia il divieto di introduzione o mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, ferma restando l'inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità, della trasparenza e della qualificazione delle stazioni appaltanti. La qualificazione delle stazioni appaltanti, sia quelle afferenti ai settori ordinari, sia quelle afferenti ai settori speciali, è infatti un tassello fondamentale per una crescita economica e sociale integrata, nonché per la realizzazione di un mercato improntato alla concorrenza e per l'offerta di servizi di qualità. Si ricorda, infatti, che si annoverano, ad oggi, ancora circa 32 mila stazioni appaltanti, spesso molto piccole, che generano inefficienza e dispersione.
L'attuale codice, che prevede un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti basato su requisiti, anche premianti, tra cui strutture organizzative stabili, formazione e aggiornamento del personale, numero di gare svolte nel quinquennio, rispetto dei tempi e dei costi di esecuzione, pure in linea con le direttive europee, non ha purtroppo trovato definitiva attuazione. Per raggiungere tali obiettivi, la delega prevede una loro riduzione numerica anche attraverso procedure di accorpamento e di riorganizzazione di quelle esistenti, la promozione di incentivi finalizzati all'utilizzo delle centrali uniche di committenza e il potenziamento della qualificazione del personale.
Sempre in funzione di supporto alle stazioni appaltanti, è stato approvato, in sede referente, un emendamento che richiama espressamente le competenze in capo all'Autorità nazionale anticorruzione in materia, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore.
Il provvedimento interviene poi con principi e criteri direttivi per favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese, prevedendo la possibilità di procedere alla suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità. Per rafforzare la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese, nel corso dell'esame in sede referente è stata aggiunta la previsione di criteri premiali per l'aggregazione d'impresa e l'obbligo di motivare la decisione di non procedere alla suddivisione in lotti dell'appalto da parte della stazione appaltante.
Passando, poi, alla disciplina dei cosiddetti contratti sotto soglia, che ha subìto negli anni svariate modifiche e deroghe, la delega prevede la semplificazione della disciplina tenendo necessariamente conto dei principi di trasparenza e concorrenzialità, di non discriminazione, di proporzionalità, economicità, efficacia e imparzialità dei procedimenti, prevedendo altresì il divieto per le stazioni appaltanti di utilizzare, ai fini della selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate. A garanzia della partecipazione degli operatori economici e del loro alternarsi negli affidamenti sotto soglia, in sede referente il criterio di delega è stato integrato, grazie a un emendamento, con il rispetto del principio di rotazione nelle procedure di scelta del contraente. Sul punto si auspica, quindi, che tali innovazioni possano finalmente stabilizzare la normativa di riferimento, dando al contempo sicurezza agli operatori del settore.
Un altro punto che riteniamo qualificante è la norma tesa a rafforzare, mediante procedure semplificate, gli obiettivi di tutela dell'ambiente e di investimenti in tecnologie verdi e digitali, anche al fine di perseguire gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Grazie a un emendamento approvato in Commissione, è stato precisato che la semplificazione delle procedure deve essere finalizzata anche alla realizzazione di investimenti in innovazione sociale. Si rammenta, inoltre, che al Senato, grazie a un emendamento del Partito Democratico, sono state introdotte misure volte a garantire il rispetto dei criteri di responsabilità energetica e ambientale nell'affidamento degli appalti pubblici, in particolare mediante la definizione dei criteri ambientali minimi da rispettare obbligatoriamente, differenziati per tipologia e importi di appalto e valorizzati economicamente nelle procedure di affidamento. Si è voluto così garantire non solo la fase, a monte, della definizione dei criteri ma anche la fase, a valle, della rendicontazione dei risultati raggiunti in termini di sostenibilità ambientale ed energetica.
La delega, inoltre, tocca temi che sono di drammatica attualità: parliamo dell'impennata dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici. Per far fronte a tale evenienza è stato introdotto un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di condizioni di oggettiva eccezionalità e imprevedibilità al momento della formazione dell'offerta, compreso - questa parte è stata inserita grazie a un emendamento approvato in Commissione - il costo da rinnovo dei contratti nazionali sottoscritti dalle associazioni dei lavoratori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabile in relazione all'oggetto dell'appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente.
Passiamo adesso a un tema che ha sempre rappresentato il fulcro di tutte le nostre iniziative nel nostro impegno politico: la tutela del lavoro e la sicurezza. Il passaggio alla Camera ha infatti permesso di reintrodurre nella legge delega l'obbligatorietà della clausola sociale, ovvero la garanzia che i cambi d'appalto non siano fatti a discapito dei lavoratori e delle lavoratrici, in modo particolare nei settori dei servizi ad alta intensità di manodopera. Siamo molto soddisfatti di questo risultato.
Era un obiettivo che il Partito Democratico aveva assunto come impegno prioritario, raccogliendo l'appello unitario delle organizzazioni sindacali: un obiettivo che è stato sostenuto dalle diverse forze politiche. Il ripristino dell'obbligo di clausola sociale è fondamentale, perché sappiamo che è lo strumento più efficace per proteggere nei cambi di appalto le lavoratrici e i lavoratori, in modo particolare quando si tratta, appunto, di servizi ad alta intensità di manodopera, dove spesso le lavoratrici sono le più esposte. La ripresa degli investimenti pubblici - questo è il punto - e la gestione dei servizi pubblici essenziali non possono avvenire in nessun modo a scapito della tutela del lavoro. Questo per noi è un punto dirimente e lo è stato anche nella discussione sul PNRR. Anzi, il tema è esattamente quello di promuovere, attraverso gli investimenti pubblici, l'occupazione, in particolare femminile e giovanile, dando qualità sociale all'investimento pubblico per contrastare le diseguaglianze che frenano la crescita e il benessere. Con l'emendamento approvato abbiamo rimosso ogni ambiguità su questo punto e garantito che non si farà alcun passo indietro sulla validità delle clausole sociali rispetto alle norme oggi vigenti.
Nessun passo indietro, quindi, né ambiguità. Le stazioni appaltanti avranno l'obbligo di inserire, tenuto conto della tipologia di intervento e, in particolare, ove l'intervento stesso riguardi i beni culturali, specifiche clausole sociali volte a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate e, al fine di contrastare il lavoro irregolare, a garantire ai lavoratori e alle lavoratrici in subappalto le stesse condizioni economiche e normative dei dipendenti dell'appaltatore. Sempre nel corso dell'esame in sede referente è stata inoltre introdotta una riserva nelle procedure di gara a favore di operatori economici il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate.
Restando sempre in tema di tutela e sicurezza sul lavoro, non possiamo non parlare del criterio di delega che prevede che vengano puntualmente individuati i casi nei quali si può ricorrere a meccanismi valutativi delle offerte mediante automatismi o al solo criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'offerta, prevedendo in ogni caso che non potranno mai essere effettuati ribassi sul costo della manodopera e sulla sicurezza dei lavoratori.
Così pure, a garanzia della qualità, le gare in materia di servizi sociali e della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e, in genere, quelle di servizi ad alta intensità di manodopera non potranno mai essere assegnate con l'unico criterio del prezzo. Anche in questi casi, grazie a un emendamento approvato in Commissione, è stato espressamente specificato che nei bandi di gara dovranno essere inserite le clausole sociali a tutela dell'occupazione.
Ricordo, quindi, in chiave non esaustiva, la previsione, introdotta in Commissione, del divieto di prestazione gratuita delle attività professionali, salvo casi eccezionali e previa adeguata motivazione.
Per quanto riguarda il cosiddetto appalto integrato, ovvero l'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, non si negano le circostanze che possono ridurre la possibilità per la stessa amministrazione di controllare il progetto e, dunque, di monitorare l'esecuzione e la successiva gestione dell'opera oggetto dell'appalto. A tal proposito, si auspica che nell'esercizio della delega venga adeguatamente valorizzata la riqualificazione delle stazioni appaltanti. Valutiamo favorevolmente l'emendamento, approvato in Commissione, che riconduce la possibilità di ricorrere all'appalto integrato nei casi in cui si dà valore aggiunto al progetto. In particolare, le modifiche apportate introducono una serie di vincoli consistenti nel possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti e nell'obbligo di indicare, nei documenti di gara o negli inviti, le modalità per la corresponsione diretta, da parte della stazione appaltante, al progettista della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta.
Il disegno di legge delega interviene anche su altri aspetti. Da ultimo, ricordo il criterio di delega relativo alla razionalizzazione delle modalità di affidamento dei contratti da parte dei concessionari, con l'obiettivo di introdurre una normativa specifica riguardante la gestione dei servizi di interesse economico generale, anche al fine di prevedere l'introduzione di una disciplina delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore dei decreti delegati affidate senza gara.
Sul punto si rammenta che è intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 218 del 2021, dichiarando l'illegittimità costituzionale delle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016 e nella corrispondente norma di delega della legge 28 gennaio 2016, n. 11, concernenti l'obbligo, a carico dei titolari di concessioni affidate direttamente, di affidare all'esterno, mediante l'appalto a terzi, l'80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture oggetto di concessioni e di assegnare il restante 20 per cento a società in house o, comunque, controllate o collegate. A giudizio della Corte, le norme dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono una misura irragionevole e sproporzionata rispetto al fine, pur legittimo, di garantire l'apertura al mercato e alla concorrenza.
Riteniamo che, nell'ambito del procedimento di riordino della disciplina delle concessioni in essere e nel rispetto della giurisprudenza costituzionale e dei principi di tutela della concorrenza, occorra dare garanzia di continuità, salvaguardando dall'obbligo di esternalizzazione per lo meno i servizi pubblici essenziali gestiti direttamente dal concessionario con mezzi e personale proprio.
Non mi dilungherò oltre, ma ci tengo a ringraziare sinceramente le relatrici, l'onorevole Mazzetti e l'onorevole Braga, la Vice Ministra Bellanova, i colleghi del Partito Democratico e i componenti della Commissione ambiente che su un provvedimento strategico per il rilancio del Paese hanno svolto un proficuo lavoro di miglioramento del testo. Abbiamo reso inderogabili le misure a tutela del lavoro, della parità di genere, della sicurezza e del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza; introdotto previsioni di semplificazione di norme e procedure, rispetto per l'ambiente, riduzione e certezza dei tempi.
Auspichiamo, adesso, una celere approvazione da parte del Senato per consentire l'avvio del lavoro di redazione dei decreti delegati, sui quali occorrerà garantire un pieno coinvolgimento delle parti interessate, in primis delle imprese, dei sindacati e del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Billi. Ne ha facoltà.
SIMONE BILLI (LEGA). Presidente, Vice Ministro, oggi è un giorno importante: è l'anniversario - sono trent'anni - della strage di Capaci in cui persero la vita Falcone, la moglie Morvillo e la scorta. È importante, Presidente, commemorare questi veri e propri eroi e mantenere alta l'attenzione contro tutte le mafie.
Presidente, questa settimana è importante anche perché ci avviciniamo al giorno del voto per i cinque referendum sulla giustizia più giusta, previsti per il 12 giugno, in contemporanea con alcune elezioni amministrative. La riforma di cui oggi parliamo qui, in quest'Aula, la riforma sulla delega appalti, è importante, perché dispone anche nuove regole per rendere sempre più efficace il contrasto alle infiltrazioni delle economie criminali e mafiose e affianca la riforma della giustizia per uno Stato di diritto più giusto e moderno.
L'obiettivo di questa riforma è principalmente ridurre le norme e razionalizzare il settore dei contratti pubblici, armonizzando la disciplina interna con gli indirizzi comunitari. Ci sono diverse tappe già segnate in tale ambito, dalla revisione del codice dei contratti, al decreto attuativo conseguente, all'entrata in vigore di tutte le leggi, i regolamenti e i provvedimenti attuati per la revisione del sistema dei contratti pubblici, fino al pieno funzionamento del sistema nazionale dell'e-procurement.
Stiamo parlando di una riforma organica, che garantisca il confronto competitivo e lo snellimento delle procedure come conditio sine qua non per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L'Italia che lavora e costruisce ha bisogno di criteri chiari e inconfutabili per l'aggiudicazione delle commesse. Oggi, purtroppo, accade spesso che i tempi relativi alle procedure di gara siano allungati in maniera considerevole a seguito di ricorsi che nascono proprio da criteri riportati nei bandi e nei disciplinari di gara spesso troppo articolati ed esclusivi, piuttosto che inclusivi, e che, pertanto, si prestano facilmente a essere oggetto di contenzioso, e, quindi, a essere contestati. Oggi, l'informatizzazione e la digitalizzazione possono costituire una base solida sulla quale il sistema dei contratti pubblici può essere riformato nel migliore dei modi. Un nuovo, più snello e meno oneroso sistema di qualificazioni e procedure per aggiudicazioni chiare e finanche veloci che possano caratterizzare questo nuovo corso storico che noi ci apprestiamo a intraprendere.
Norme semplici e regolamenti chiari sono alla base di ogni lavoro produttivo, che si tratti di un codice, di una circolare o di un bando, e direi anche indispensabili per prevenire ricorsi e contenziosi. Qui occorre insistere anche sulle procedure concernenti l'approvazione dei progetti attraverso lo snellimento di ogni iter che renda cantierabile un progetto. Un'impresa che ancora oggi è complessa per alcune tipologie di opere dove organi stessi dello Stato, ad esempio quelli centrali o quelli periferici, spesso si contendono pareri e nulla osta. Una buona norma in questo settore è utile a ridurre la spesa improduttiva a carico dello Stato e perfino a ridurre il costo del lavoro, se si tagliano o si riducono dei costi che gravano sulle imprese, senza un palese beneficio.
Il semplice ritardo in un qualunque programma di investimento è già un costo per gli investitori e per la collettività tutta che beneficia di quel servizio oppure di quell'opera. Quindi, Presidente, serve snellire le procedure, velocizzare le risposte che vengono date al mondo del lavoro, focalizzare e concentrare le energie per riuscire effettivamente nell'appalto, piuttosto che perdere tempo nel prepararsi per l'appalto.
Occorrono, infatti, regole che scongiurino opere incompiute, come le 410 opere al 2020 del valore di oltre 2,5 miliardi che tengono in ostaggio lo sviluppo e la crescita del nostro Paese da troppi anni. Il nostro contributo per semplificare la disciplina che regola i contratti pubblici ha l'obiettivo di garantire chiarezza e sostegno alle nostre attività produttive. Il disegno di legge in discussione elenca, quindi, principi e criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi, e, in sintesi, ne segnalo alcuni: evitare il gold plating, ovvero il processo in base al quale i poteri di una direttiva dell'Unione europea vengono estesi nell'ambito del recepimento delle leggi nazionali di uno Stato membro, andando al di là di quanto richiesto. Questione per cui la Lega al Governo si è molto spesa, affinché rimanga ferma l'inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza.
Abbiamo la previsione di una ridefinizione in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti e del personale in esse operante, la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese agli appalti, la semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici dei lavori, dei servizi e delle forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, la semplificazione delle procedure finalizzate alla realizzazione di investimenti in tecnologie verdi e digitali, in innovazione, ricerca e innovazione sociale, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la previsione di un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni non prevedibili e anche per i casi del rinnovo dei contratti nazionali, la previsione dell'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, avvisi ed inviti, specifiche clausole sociali, al fine di garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato e l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali, sia di settore, sia per promuovere le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.
Sono state, quindi, inserite clausole molto importanti, rilevanti per le piccole e medie imprese. Mi riferisco, in particolare, alla revisione dei prezzi, e, quindi, alla possibilità di adeguare il prezzo corrisposto alle imprese in caso di eventi eccezionali e non prevedibili, e anche alla possibilità di procedere alla suddivisione degli appalti in lotti e alla valorizzazione delle imprese di prossimità, basandosi su criteri premiali per l'aggregazione delle imprese.
Su proposta della Lega, è stata approvata una norma che rende esplicito il principio ispiratore della prescrizione prevista dall'articolo 137 dell'attuale codice dei contratti pubblici sul made in Italy, nell'ambito dei principi e criteri direttivi previsti dal disegno di legge, rafforzando la portata dissuasiva della norma e inserendo una sanzione che scoraggerà, in modo ben più efficace, il marcato respingimento di offerte contenenti una quota maggioritaria di prodotti originari di Paesi terzi. Sono stati tempi difficili per l'economia dell'Italia, il benessere dei territori passa attraverso la creazione del lavoro.
Ebbene, per una ripresa davvero valida è necessaria la semplificazione delle procedure di acquisto, che, tra l'altro, costituisce un obiettivo del PNRR, ai fini di un'efficace realizzazione delle infrastrutture per il rilancio dell'attività edilizia, entrambi aspetti essenziali per la ripresa a seguito della pandemia. La Lega è al Governo per il bene delle imprese e dei suoi professionisti; se non fossimo al Governo avremmo solo ipotizzato, senza portare a compimento, idee e richieste in grado di dare risposte, certezze e programmazione per il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucaselli. Ne ha facoltà.
YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Anche il gruppo di Fratelli d'Italia si asocia al ricordo che oggi unisce un po' tutti gli italiani, quello dei tragici fatti di 30 anni fa. Ma vorremmo farlo fuori dalla retorica, fuori dalle grandi frasi a effetto che, però, dimenticano un elemento sostanziale che, invece, per noi è importantissimo, perché, così come ricordiamo Falcone, ricordiamo gli uomini della scorta; ricordiamo oggi, in realtà, tutti quegli uomini che hanno combattuto e perso la vita nel credere allo Stato e all'importanza dello Stato. E, allora, noi dobbiamo farlo ricordando che questi uomini non vanno lasciati soli dallo Stato.
Partendo da questo, veniamo subito ai fatti che ci occupano qui, oggi, in questa discussione generale, perché, vede, Presidente, è da un po' di tempo che siamo abituati a sentire che è importante che il Parlamento intervenga su riforme sostanziali. Noi continuiamo a credere che davvero sia così, ma vorremmo che questa non fosse semplicemente una frase fatta e che, invece, si trasformasse, poi, in provvedimenti reali, concreti, che hanno la possibilità di incidere davvero nelle procedure e nel miglioramento della burocrazia italiana. Purtroppo, però, continuiamo a vedere che tutto questo non accade, perché la funzione normativa che noi abbiamo in questo Parlamento, la funzione a noi delegata, cioè quella di poter intervenire sui testi normativi che sono portati alla nostra attenzione, in realtà, viene sostanzialmente, soprattutto in questa legislatura, disattesa.
Allora, proprio perché parliamo, invece, di un tema importantissimo che ha dei riflessi non soltanto sui cittadini, ma, più in generale, sull'economia e sul tessuto imprenditoriale italiano, vale la pena fare un piccolo percorso di quelle che sono state le normative. Sicuramente tutti ricordiamo il dato di partenza: un paio di decenni fa, il riferimento legislativo era il regio decreto n. 350, che è stato applicato per più di un secolo e abrogato soltanto nel 1999. Accanto a questo, abbiamo avuto negli anni tantissima produzione normativa, che si è occupata, alle volte in modo slegato, alle volte in modo più coerente, di normare parti specifiche di questo settore. Ovviamente, il percorso normativo è lunghissimo: si parte dal decreto n. 1063 del 1962, che si occupava del capitolato generale d'appalto per le opere dei lavori pubblici, per passare alla legge n. 55 del 1990 che, invece, introduceva le limitazioni nei subappalti, alla legge n. 109 del 1994 sui lavori pubblici, che, tra l'altro - ricordo - fu approvata proprio dopo l'esplosione di Tangentopoli. L'elenco è molto lungo, arriviamo alle norme del 2002, del 2006, del 2010, non ultimo il codice dei contratti pubblici del 2016.
E mi sono davvero molto brevemente limitata ad elencare le principali norme che, nei decenni più recenti, hanno cercato di riformare e semplificare il sistema dei contratti pubblici, di regolare e formulare una nuova gestione di questi contratti, delle procedure, del sistema stesso di qualificazione delle imprese e, qualche volta, anche con dei cambiamenti radicali. E così ci siamo ritrovati a passare dall'albo nazionale dei costruttori ai provveditorati e alle società organismi di attestazione (SOA), proprio in virtù di queste riforme radicali che dovevano essere attuate. E, allora, proprio per questo motivo e partendo da questo dato, noi non possiamo negare che il testo che verrà approvato qualcosina di meglio contiene rispetto a quanto inizialmente era stato prospettato dal Governo; resta, però, secondo il pensiero di Fratelli d'Italia, il fatto che si poteva e doveva fare ancora molto, molto di più. Noi sappiamo che, da anni, quasi come un disco rotto, si ripete che si devono velocizzare le procedure per gli appalti e questo è il tema del testo normativo che noi discutiamo oggi, in quest'Aula ed è quello che si aspettavano gli operatori del settore da questo decreto; tuttavia, ci sono degli elementi che sicuramente dal nostro punto di vista restano oscuri, perché, ancora una volta, si è cercato di dare la sensazione che una riforma ci fosse senza, però, toccare i punti nodali davvero del sistema Italia, che andava riformato e che va riformato profondamente; probabilmente, ancora una volta, torno a dire che ciò toccherà al prossimo Governo, se ne avrà il coraggio.
A tutto questo dobbiamo aggiungere un elemento, perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che è un Piano straordinario rispetto alla normalità, dà all'Italia una capacità e, in questo caso io aggiungerei anche un dovere, di spesa e di investimento, che sarà superiore almeno di 10 volte rispetto a quello che sino a questo momento l'Italia poteva effettuare. Già qui, però, siamo in affanno a livello nazionale e a livello regionale nella realizzazione delle opere pubbliche. È chiaro che, dovendo porre in essere delle attività di ristrutturazione e di progettazione che non possono durare meno di un anno - e, invece, sappiamo bene che l'iter è molto più lungo, soprattutto in Italia - rischiamo che anche questa occasione, quella del PNRR, resti un'occasione persa per l'Italia.
A tutto questo, poi, aggiungiamo l'affidamento tramite gara dei lavori. Anche questa, sempre salvo contenziosi, normalmente dura da uno a cinque-sei anni e, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un'opera che, ancorché realizzata, resta poi non più attuale rispetto alle esigenze che mutano molto più velocemente di quanto in Italia si riescano a realizzare le opere.
Questo provvedimento avrebbe dovuto misurarsi anche con questi problemi e con coraggio, con la diffidenza che dobbiamo superare nella collaborazione fra pubblico e privato. Parlo del partenariato pubblico-privato, il PPP del contratto di disponibilità, che è uno strumento previsto dal codice, ma che non è utilizzato, perché non vengono fatte quelle modifiche che lo renderebbero fattivamente utilizzabile. Allora, vede Presidente, è mia convinzione che, nel giro di uno o due anni, noi saremo costretti a rincorrere i privati e il loro contributo affinché si possa attuare il PNRR, ma il rischio è che a quel punto sarà troppo tardi. Noi dobbiamo farlo ora, dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi.
È proprio per una ragione come questa che non si può accettare la draconiana teoria secondo cui il Parlamento deve dire il meno possibile quando deve dare indicazioni per l'attuazione di una delega al Governo. Io non credo che questa sia la strada giusta per poter arrivare a delle vere riforme. Va bene, sicuramente, l'aggiornamento dei prezzi, così come la valorizzazione delle piccole imprese; va bene la limitazione al minimo del metodo del sorteggio, ma ci sono, comunque, delle questioni che non sono comprensibili e mi riferisco - e lo chiedo al Vice Ministro - alla parte relativa al Consiglio di Stato. Vede Vice Ministro, lei sa meglio di me che è previsto dal disegno di legge che il Governo possa utilizzare il Consiglio di Stato per emanare provvedimenti legislativi. E, allora, mi chiedo: perché il Governo, che può farlo automaticamente e autonomamente, ha la necessità di scriverlo nero su bianco nel testo?
Ecco, credo sia stato sbagliato inserire ciò; anche dal punto di vista costituzionale e normativo perché, per quanto mi risulta, non è mai accaduto che si sia delegata al Consiglio di Stato una competenza così importante, con tanto di supporto normativo. In realtà, lo si faceva di fatto, ma era un bene che fosse così, perché è difficile dare una lettura alla volontà del Governo con riferimento all'inserimento di questa norma e, quindi, viene questo dubbio: forse, il Governo voleva assicurare il Parlamento che non avrebbe scritto i testi delegati? Voleva dare la serenità al Parlamento di non intervenire in questo dibattito che, invece, è importantissimo? Ma non ce n'era bisogno, perché, di fatto, quello che accade in quest'Aula è già molto noto. Ma con tutta sincerità, mi sembra del tutto inopportuno e poco appropriato; sarebbe la sottolineatura di una poca fiducia nel Parlamento e ciò ovviamente non va assolutamente bene. Ci imbarazza, tra l'altro, l'interpretazione di una norma del genere rispetto al Parlamento, ossia come coloro che devono dire al Governo di non fare i testi ma delegarli, scrivendolo nel disegno di legge. Del resto, se analizziamo il testo, ci troviamo di fronte ad una legge delega che è davvero una delega in bianco e questa è l'ennesima prova di quanto il Governo, in realtà, anche all'interno del puzzle del PNRR, affidi a se stesso tutte le competenze, invece di far rientrare il Parlamento in questo dibattito. Una delega in bianco, dunque, che mi permetto di definire doppia, perché, da un lato, il Parlamento dà una delega in bianco al Governo e, dall'altro, il Governo - mi sia permesso il gioco di parole - dà un'ulteriore delega al Consiglio di Stato. Insomma, da questo punto di vista, è davvero un pasticcio normativo.
Quando parliamo di questo, qualche domanda dobbiamo porcela, perché è davvero difficile ricordare un Parlamento che delega il Governo e poi, a sua volta, un Governo che delega di fatto un altro organo dello Stato a svolgere le proprie funzioni.
Ovviamente, anche in questo caso, abbiamo una serie di perplessità rispetto alla delega che viene data ad un organo giurisdizionale. Chi ne capisce di procedure, di atti amministrativi, di appalti, di bandi e di gare, qualche problema se lo pone, sia dal punto di vista politico-democratico, perché ovviamente sarebbe un eccesso di delega - e per noi questo non è mai positivo-, sia dal punto di vista del risultato finale. Infatti, è difficile immaginare che un magistrato, un giudice, possa mettere mani a un percorso che, invece, non solo dovrebbe garantire la legalità, ma, soprattutto, l'esecutività dei lavori. E il fatto che si possa poi trasformare in opere concrete quanto il PNRR deve apportare al sistema, a fronte dell'esigenza delle imprese di sburocratizzare e semplificare, non ci pare venga rispettato da questo principio di delega.
Per quanto riguarda il merito del provvedimento, mi sia permesso di fare riferimento ad un passaggio che abbiamo sicuramente condiviso, ossia quello relativo al divieto di unire i lotti: una questione che, di fatto, ha spesso precluso i lavori alle nostre piccole e medie imprese. Noi avevamo, come già detto, accolto con favore l'iniziativa di questa legge delega, riponendo su di essa speranze tangibili e lo abbiamo dimostrato attraverso l'attività emendativa e, soprattutto, quella svolta in Commissione dai colleghi. Sarebbe, dunque, stata una buona occasione per mettere alla prova la nostra capacità di sintesi e mettere a sistema le esigenze di tutti gli attori che operano nel settore degli appalti pubblici.
Fratelli d'Italia e il nostro Tommaso Foti hanno interpretato, proprio con questo spirito, in entrambi i rami del Parlamento, la volontà di partecipare fattivamente alla costruzione di un testo che fosse il migliore possibile. Il lavoro fatto da Fratelli d'Italia nella gestione dell'attività emendativa è andato esattamente in questa direzione. Abbiamo analizzato i contributi di tutti, traendone le dovute conseguenze e formulando le più opportune riflessioni. Tuttavia, le grandi aspettative di cui ci eravamo caricati sono rimaste deluse da un atteggiamento della maggioranza e, soprattutto, del Governo che ha sostanzialmente tradito il senso stesso della delega, determinando un'altra occasione persa. Come abbiamo già denunciato - come lo ha fatto più volte il collega Foti - la criticità più evidente di questa delega, che ci corre l'obbligo di sottolineare anche quest'oggi, è che lascia amplissimi spazi all'attività del legislatore delegato ed è chiaro che il provvedimento si sarebbe dovuto formulare in modo da indirizzare più compiutamente il Governo che oggi, invece, gode sostanzialmente di una delega in bianco. E allora, proprio ritornando all'attività emendativa del gruppo di Fratelli d'Italia, abbiamo tentato di porre paletti al potere legislativo delegato, sia rispetto ai principi, per esempio tentando di specificare alcuni criteri, sia con riferimento alla modifica di alcuni istituti. Abbiamo provveduto all'individuazione più compiuta delle esigenze di deburocratizzazione, che erano già inserite nel disegno di legge, cercando però di introdurre parametri di riferimento; inserendo, ad esempio, il rimando ai principi ispiratori dei decreti emergenziali del 2020 e del 2021, che stanno producendo buoni frutti in termini di semplificazione.
Abbiamo tentato di far passare disposizioni che andassero nel senso della facilitazione e della partecipazione alle gare d'appalto per le piccole e medie imprese e, ovviamente, non possiamo ritenerci soddisfatti del fatto che sia stato ignorato l'emendamento che avrebbe garantito che le imprese, che vantano crediti certificati con le pubbliche amministrazioni, non potessero essere escluse in caso di irregolarità fiscali non definitivamente accertate. Si tratta di contributi, quelli di Fratelli d'Italia, di buon senso, che vanno nella direzione che tutti si aspettavano.
Anche quest'ultima evidenza è una battaglia di civiltà che impedirebbe allo Stato di comportarsi da tiranno - lasciatemi passare il termine - nel momento di esigere i crediti, e di essere, invece, indulgente con se stesso nel momento di pagare. Ecco, questo è stato un altro dei temi che Fratelli d'Italia ha affrontato e che, invece, la maggioranza ha rigettato. Non è una questione di poco conto; non è semplicemente un cavillo tecnico perché, quando le pubbliche amministrazioni non pagano alla scadenza, le prime imprese che vanno in sofferenza sono proprio quelle che costituiscono il nerbo dell'economia italiana: le piccole e le medie imprese che non hanno la sufficiente disponibilità finanziaria, che rischiano di avere, a causa delle inadempienze delle stazioni appaltanti, accertamenti fiscali che le escludono poi dalle successive gare, come un cane che si morde la coda; insomma oltre il danno, la beffa. Noi volevamo che questo sistema fosse sistemato e, invece, anche in questo caso, il Governo e la maggioranza non ci hanno ascoltati.
In materia di appalti pubblici, laddove sono pregiudicate le piccole e medie imprese, è lì che dilagano non solo e non tanto le grandi concentrazioni economiche, ma anche la criminalità organizzata. E con questa delega così ampia non si comprende davvero quale sia la direzione che il Governo vuole adottare per il futuro, per la definizione della disciplina in materia di appalti, che si può solo desumere dalla natura degli emendamenti che abbiamo presentato e che ci avete bocciato. Non è questa la direzione che ci piace, né quella che serve, secondo il nostro punto di vista, all'impresa italiana e di cui hanno bisogno le pubbliche amministrazioni per vedersi facilitato il lavoro.
In conclusione, Presidente e Vice Ministro, a Fratelli d'Italia premeva e interessava - per una revisione della disciplina in maniera organica, indirizzando il legislatore delegato e astringendolo a principi definitivi - che venisse dato ossigeno alle imprese, che fossero date regole chiare certe sulla sburocratizzazione e sui tempi, che venissero dati strumenti agili alla committenza e garanzia di trasparenza e correttezza per la realizzazione di principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. A noi, colleghi, non pare che ciò sia avvenuto e, quindi, esprimeremo a malincuore su di esso un voto contrario.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 3514-A e abbinate)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Chiara Braga, che rinuncia. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Erica Mazzetti, che rinuncia. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendiamo a questo punto brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 12,15.
La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12,15.
Discussione del disegno di legge: Delega al Governo per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (A.C. 3475-A).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3475-A: Delega al Governo per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 maggio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 maggio 2022).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3475-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Rossana Boldi.
ROSSANA BOLDI, Relatrice. Grazie, Presidente. Se posso, se ci sono le distanze, toglierei la mascherina…
PRESIDENTE. Prego.
ROSSANA BOLDI, Relatrice. Presidente, colleghi, il disegno di legge n. 3475-A, di iniziativa governativa, di cui l'Assemblea avvia l'esame nella seduta odierna, costituisce una delle riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. In particolare, nell'ambito della missione 6 in materia di salute, la componente 2, concernente “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale”, prevede espressamente la revisione e l'aggiornamento dell'assetto regolamentare e del regime giuridico degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e delle politiche di ricerca del Ministero della Salute, con l'obiettivo di rafforzare il rapporto fra ricerca e innovazione e cure sanitarie.
La riforma degli IRCCS, che deve essere attuata con le risorse a legislazione vigente, rientra tra le azioni individuate nel PNRR per migliorare la situazione strutturale del Paese e, come previsto nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2021, costituisce un disegno di legge collegato alla manovra di bilancio 2021-2024.
Il PNRR prevede che la predetta riforma degli IRCCS sia attuata entro il 31 dicembre 2022, con l'adozione di uno o più decreti legislativi. Faccio presente che allo stato attuale la disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico è definita dal decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288; la natura giuridica degli IRCCS può essere pubblica o privata. Dal 2003 gli IRCCS di diritto pubblico, su istanza della regione in cui l'istituto ha sede prevalente di attività clinica e di ricerca, possono essere trasformati in fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati.
Attualmente, vi sono 21 IRCCS pubblici, di cui uno riconosciuto in attesa di conferma, e 30 privati, di cui uno, anche in questo caso, in attesa di conferma a seguito del riconoscimento. Nel corso dell'esame in sede referente presso la XII Commissione, ha avuto luogo un'ampia attività istruttoria, con lo svolgimento di audizioni di soggetti istituzionali, di numerosi direttori di IRCCS, sia pubblici sia privati, e di rappresentanti del personale della ricerca sanitaria. Dalle audizioni e dalla documentazione depositata sono emersi spunti sicuramente utili per la successiva fase emendativa. Il testo oggi in discussione è il risultato dell'approvazione di proposte emendative presentate praticamente da tutti i gruppi parlamentari, sia di maggioranza, sia di opposizione.
Entrando nel merito del contenuto, rilevo che il disegno di legge in esame si compone di un articolo unico che, al comma 1, delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di riordino degli IRCCS, sulla base di principi e criteri direttivi definiti dalle lettere da a) a q).
Finalità della delega sulla base di una modifica inserita durante l'esame in Commissione è il rafforzamento della qualità della ricerca sanitaria del Servizio sanitario nazionale in un'ottica traslazionale, anche mediante il potenziamento delle politiche di ricerca del Ministero della Salute. Viene in ogni caso fatta salva, come precisato con una disposizione introdotta in Commissione, l'autonomia giuridico amministrativa propria degli istituti di diritto privato di cui all'articolo 12, comma 1, del suddetto decreto legislativo n. 288 del 2003.
Procederò ora all'illustrazione dei singoli principi e criteri direttivi, soffermandomi in particolare sulle modifiche introdotte nel corso dell'esame presso la XII Commissione.
La lettera a) concerne la disciplina, nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome, delle modalità e delle condizioni per potenziare il ruolo degli IRCCS, quali istituti di ricerca e cura (quest'ultimo termine è stato sostituito in Commissione in luogo del termine “assistenza”) a rilevanza nazionale. Tali istituti di ricerca sono volti a promuovere in via prioritaria l'eccellenza della ricerca preclinica, clinica, traslazionale, clinico-organizzativa nonché l'innovazione e il trasferimento tecnologico, da integrare con i compiti di cura e assistenza nell'ambito di aree tematiche internazionalmente riconosciute sulla base della classificazione delle major diagnostic category. Queste ultime, con una modifica introdotta in Commissione, sono integrate dal Ministero della Salute con categorie riferibili a specializzazioni disciplinari non direttamente collegate alle major diagnostic category o per le quali sussistano appositi programmi di coordinamento nazionale anche con riferimento alle classi di età.
La lettera b) concerne la revisione dei criteri per il riconoscimento, per la revoca nonché per la conferma del carattere scientifico, su base quadriennale, differenziando e valorizzando gli IRCCS monotematici (per un'unica specializzazione disciplinare) e gli IRCCS politematici (per più aree biomediche integrate), introducendo criteri e soglie di valutazione elevati, riferiti all'attività di ricerca, secondo standard internazionali, e all'attività clinica e assistenziale. Ulteriore criterio - aggiunto durante l'esame - è prevedere l'allineamento su base quadriennale, anche con riferimento alla relativa programmazione della ricerca corrente.
La lettera c) prevede, ai fini del riconoscimento degli IRCCS, la necessità di considerare in via prioritaria - certo non esclusiva - il criterio della collocazione territoriale dell'istituto e quello del bacino minimo di utenza per ciascuna area tematica, fermo restando il rispetto della programmazione sanitaria regionale anche per gli aspetti di natura finanziaria. Deve essere, inoltre, garantita un'equa distribuzione nel territorio nazionale, come specificato in sede referente, mentre il testo originario del provvedimento si riferiva alla distribuzione territoriale. Con una modifica approvata in Commissione, si è inoltre stabilito che non sia prevista la verifica di compatibilità, di cui all'articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, inerente alle autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie - purché non afferenti alla rete dell'emergenza-urgenza - in caso di richiesta di trasferimento di sede, avanzata da un IRCCS, all'interno dello stesso territorio comunale.
La lettera d) introduce un principio che assicura l'accesso agli IRCCS indipendentemente dalla regione di residenza del paziente, allo scopo di garantire un equo accesso dei cittadini alle prestazioni di alta specialità, tipiche per competenza e specializzazione tecnologica degli IRCCS, secondo principi di appropriatezza e ottimizzazione dell'offerta assistenziale del Servizio sanitario nazionale. Nel corso dell'esame in Commissione è stato soppresso il riferimento alla previsione di meccanismi di adeguamento dei volumi di attività nell'ambito dei budget di spesa complessivi regionali. Abbiamo voluto così stabilire un principio, in base al quale i cittadini italiani possono avere uguaglianza nell'accesso presso queste strutture di eccellenza.
La lettera e), non modificata in Commissione, prevede, ai fini del riconoscimento di nuovi IRCCS proposti dalle regioni, che, in sede di riparto del fabbisogno sanitario nazionale standard, d'intesa con le regioni e nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, una quota per il finanziamento della ricerca degli IRCCS possa essere vincolata, nell'ambito di una programmazione di attività e di volumi di prestazioni dei medesimi istituti, in modo coerente ai fabbisogni del Servizio sanitario nazionale.
La lettera f) corrisponde all'esigenza di regolamentare, per gli IRCCS aventi sedi in più regioni, le modalità di coordinamento a livello interregionale della programmazione sanitaria delle sedi secondarie, che devono essere dotate di capacità operative di alto livello - secondo quanto è stato precisato con un emendamento approvato in sede referente - anche mediante sistemi di accreditamento e di convenzionamento uniformi, nel rispetto della natura giuridica riconosciuta alla sede principale.
La lettera g) - oggetto di modifica in Commissione - è volta a disciplinare la costituzione, la governance, le modalità di finanziamento e la valutazione delle reti di IRCCS, secondo le aree tematiche anche multidisciplinari, sulla base di una programmazione quadriennale e nell'osservanza dei principi di flessibilità organizzativa e gestionale, semplificazione operativa, condivisione delle conoscenze e sviluppo di infrastrutture e piattaforme tecnologiche condivise, aperte alla collaborazione con gli altri enti del Servizio sanitario nazionale, con reti o gruppi di ricerca, anche internazionali, nonché con partner scientifici ed industriali, nazionali e internazionali.
La lettera h) è tesa a promuovere il coordinamento tra direzione generale e direzione scientifica degli IRCCS, al fine di assicurare il raccordo tra l'attività di ricerca e quella di assistenza, in coerenza con gli indirizzi di politica sanitaria regionale e nazionale, per una più efficace azione nell'ambito delle aree tematiche di riconoscimento.
Come si evidenzia nella relazione illustrativa del provvedimento, un fenomeno ricorrente degli IRCCS, infatti, è la divergenza tra gli obiettivi della direzione generale, più orientata agli aspetti assistenziali, e quelli della direzione scientifica, indirizzata alla ricerca. Con una modifica approvata in Commissione, è stato, quindi, specificato che il predetto coordinamento avvenga anche attraverso il coinvolgimento concreto del direttore scientifico nella direzione strategica dell'istituto e nell'assegnazione di obiettivi condivisi.
La lettera i) - non modificata in Commissione - prevede, nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività di vigilanza da parte del Ministero della Salute sugli IRCCS di diritto pubblico e di diritto privato.
La lettera l) è volta a rivedere il regime di incompatibilità dei direttori scientifici degli IRCCS pubblici – che, fino adesso, ha creato qualche problema -, al fine di rendere compatibile l'esercizio del predetto incarico con lo svolgimento di attività di ricerca esercitata nell'esclusivo interesse dell'istituto di appartenenza. L'attuale regime di incompatibilità previsto per l'incarico di direttore scientifico, che comporta l'impossibilità assoluta di svolgere l'attività professionale e ogni altra attività, quali l'insegnamento e la ricerca, anche se svolta nell'interesse dell'istituto, ha comportato la necessità di circoscrivere la portata del regime di incompatibilità del direttore scientifico, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del provvedimento. Con una modifica approvata in Commissione, è stato aggiunto il criterio per il quale il trattamento economico dei direttori scientifici deve essere equiparato a quello del direttore generale.
La lettera m) concerne l'individuazione dei requisiti di comprovata professionalità e competenza anche manageriale, come specificato in Commissione, per i componenti degli organismi di governo degli IRCCS di diritto pubblico ed esclusivamente degli organi scientifici degli IRCCS di diritto privato. Il riferimento esclusivo a tali organi, per quanto riguarda gli IRCCS di diritto privato, è stato aggiunto con una modifica approvata nel corso dell'esame in Commissione, allo scopo di rispettare il principio di autonomia degli istituti di diritto privato, inserito all'alinea del comma 1. Con riferimento all'individuazione dei requisiti dei componenti degli IRCCS, durante l'esame in Commissione è stato introdotto, inoltre, il criterio dell'assenza di conflitti di interesse.
La lettera n) è tra quelle più delicate come argomento trattato, in quanto riguarda la revisione della disciplina del personale della ricerca sanitaria. Faccio presente che la Commissione si è trovata di fronte al limite invalicabile, costituito dal fatto che la delega in oggetto è a invarianza finanziaria. Pertanto, si è cercato di migliorare i principi e i criteri direttivi, di cui alla lettera n), con l'impegno condiviso da tutti i gruppi parlamentari di contribuire a risolvere il problema della cosiddetta piramide dei ricercatori in occasione della prossima legge di bilancio. Un impegno condiviso da tutti i gruppi parlamentari, che deve diventare un impegno anche del Governo. La lettera n), nel testo modificato dalla Commissione, prevede, dunque, che, in relazione agli IRCCS pubblici e agli istituti zooprofilattici sperimentali, si proceda a una revisione della disciplina del personale della ricerca sanitaria prevista dalla legge di bilancio 2018, commi da 422 a 434, dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017, anche al fine della valorizzazione delle competenze e dei titoli acquisiti - finalità aggiunta in sede referente -, nell'ambito delle risorse di cui al comma 424 e nel rispetto dei vincoli di cui al comma 428 della citata legge di bilancio, con facoltà di rimodulare il numero degli anni di servizio previsti dal contratto di lavoro a tempo determinato, collegandolo alla valutazione positiva di cui al richiamato comma 428, anche al fine dell'inquadramento a tempo indeterminato nei ruoli del Servizio sanitario nazionale, così come è stato stabilito con un emendamento approvato in Commissione. Sono stati aggiunti, inoltre, i criteri della promozione e della mobilità del personale della ricerca sanitaria tra gli IRCCS di diritto pubblico, gli enti pubblici di ricerca e le università e del riconoscimento delle figure professionali che il progresso tecnologico ha reso necessarie allo sviluppo della ricerca biomedica di qualità.
La lettera o), oggetto di integrazioni a seguito dell'esame in Commissione, è volta ad assicurare che l'attività di ricerca degli IRCCS sia svolta nel rispetto dei criteri di trasparenza e di integrità della ricerca stabiliti a livello internazionale, anche mediante la promozione di sistemi di valutazione dell'impatto della ricerca sulla salute dei cittadini, l'utilizzo di sistemi di valutazione dell'attività scientifica degli IRCCS, secondo standard internazionali, e la previsione di regole comportamentali, compresa l'adesione a un codice di condotta, che garantiscano la leale concorrenza e il corretto utilizzo delle risorse, nonché nel rispetto dei principi di sicurezza dei percorsi sperimentali, stabiliti dalle raccomandazioni ministeriali, con una maggiore integrazione, come i comitati etici regionali.
La lettera p), non modificata in Commissione, concerne la previsione, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di proprietà intellettuale, di misure idonee a garantire la tutela della proprietà intellettuale degli IRCCS, anche con riguardo al trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca.
La lettera q), infine, prevede il coordinamento delle disposizioni vigenti in materia di IRCCS, anche mediante l'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con i decreti attuativi del presente disegno di legge.
Con una modifica apportata dalla Commissione, si è precisato che resta fermo quanto previsto dall'Accordo tra il Governo italiano e la Santa Sede per regolare i rapporti tra l'ospedale pediatrico Bambino Gesù e il Servizio sanitario nazionale, ratificato ai sensi della legge n. 187 del 1995.
Il comma 2 dell'articolo 1 dispone che i decreti legislativi di attuazione siano adottati su proposta del Ministro della Salute, di concerto con i Ministri dell'Economia e delle finanze, dell'Università e della ricerca e per la Pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Ai sensi del comma 3, gli schemi dei decreti legislativi devono essere trasmessi alla Camera e al Senato per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si esprimono entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere, comunque, emanati qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari cada nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, ovvero successivamente. Il termine per l'esercizio della delega è prorogato di tre mesi. Il comma 4 stabilisce che, entro 36 mesi - erano 18 nel testo originale - dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi attuativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 1 e con le procedure di cui ai commi 2 e 3, il Governo può, comunque, adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi. Il comma 5 dell'articolo in commento sancisce la clausola di invarianza finanziaria, già richiamata nel corso della relazione. Proprio questa è stata la cosa che ha messo tutta la Commissione maggiormente in difficoltà, perché - come potete immaginare - non è facile fare una riforma di questo tipo isorisorse (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in una fase successiva.
È iscritta a parlare la deputata Francesca Anna Ruggiero. Ne ha facoltà.
FRANCESCA ANNA RUGGIERO (M5S). Grazie, Presidente. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle oggi, in Aula, vuole ricordare il trentesimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Tra questi agenti, c'era anche Rocco Dicillo, un agente di Polizia originario del comune di Triggiano, della provincia di Bari, a cui va il nostro sentimento di vicinanza, perché non dimentichiamo. In quest'Aula, poco fa, ho sentito i ricordi di quella strage. Ricordo ancora quel giorno, quelle immagini in TV: ero convinta, all'età di 8 anni, che fossero le scene di un film; non immaginavo che scene così crude potessero essere vere e reali. L'ho capito con il tempo, osservando il volto dei miei genitori, lo sgomento, le urla e le lacrime al funerale del giudice Falcone. Di quell'evento ricordiamo un valore importante che il giudice ci ha voluto trasmettere: la perseveranza. La perseveranza nel far sì che gli incarichi pubblici siano ricoperti da persone senza conflitto d'interessi, senza ombre nel passato, competenti e oneste.
C'è una frase del giudice Falcone a cui mi sono ispirata in tutti questi anni: “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio ed avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. E' con questo messaggio che, Presidente Spadoni, la ringrazio per averci dato la possibilità di ricordare la strage di Capaci.
Mi accingo ora a intervenire sulla legge delega sulla riforma degli IRCCS. Il provvedimento relativo alla legge delega per la riforma degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, che ci apprestiamo a discutere oggi, ricopre una duplice importanza.
In primo luogo, è un provvedimento che, con la riorganizzazione degli IRCCS, migliora il sistema della ricerca sanitaria di eccellenza del nostro Paese e rafforza il rapporto fra ricerca, innovazione e cure sanitarie.
In secondo luogo, questa legge delega si iscrive in un quadro più ampio, rientrando nella Missione 6 - Salute - del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Inoltre, la presente iniziativa legislativa - come previsto nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2021 - costituisce uno strumento collegato alla manovra di bilancio 2022-2024.
Il disegno di legge delega è stato approvato, su proposta del Ministro della Salute, dal Consiglio dei Ministri in data 11 febbraio 2022. Il provvedimento è stato presentato il 18 febbraio 2022 e assegnato alla XII Commissione (Affari sociali) in sede referente il 2 marzo 2022 e, nella seduta del 19 maggio, la Commissione ha votato il mandato al relatore.
L'obiettivo dichiarato, prefissato, della legge delega è dunque quello di rafforzare e migliorare il rapporto fra ricerca, innovazione e cure sanitarie, nell'ottica del superamento di alcune inefficienze e criticità legate al funzionamento degli IRCCS e, quindi, del consolidamento strutturale del Servizio sanitario nazionale. Questo traguardo potrà essere raggiunto attraverso un ventaglio di interventi previsti dai principi di indirizzo contenuti nel provvedimento. L'introduzione di criteri e standard internazionali per il riconoscimento e la conferma del carattere scientifico degli IRCCS, con la valutazione dell'impact factor, della complessità assistenziale e dell'indice di citazione, garantirà la presenza di sole strutture di eccellenza all'interno della rete.
La definizione di modalità di individuazione di un bacino minimo di riferimento per area tematica renderà la valutazione per l'attribuzione della qualifica di IRCSS più coerente con le necessità dei diversi territori. L'impegno a garantire l'accesso agli IRCCS a prescindere dalla residenza regionale del paziente permetterà di assicurare il diritto alla salute in maniera universale, senza discriminazioni di carattere territoriale. Una maggiore collaborazione fra gli istituti, le regioni e il Ministero della Salute, unita a una maggiore sinergia con la Direzione generale scientifica e l'ammorbidimento del regime di incompatibilità del direttore scientifico con altre attività porterà ad un miglioramento del lavoro degli IRCCS.
La riforma degli IRCCS è, dunque, cruciale per il futuro del Paese. Durante l'emergenza COVID abbiamo tutti potuto comprendere quanto sia stato fondamentale il ruolo della ricerca biomedica. La rete degli IRCCS ha risposto ai massimi livelli possibili, nonostante le carenze accumulate negli anni sul versante delle risorse umane, scientifiche e tecnologiche. Ora non possiamo mancare l'occasione di avere una rete all'avanguardia che sia in grado di fare sistema e consenta ai ricercatori di lavorare al meglio.
Il provvedimento in esame è formato da un unico articolo, recante la delega al Governo per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Il comma 1 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega, il Governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi ed elenca i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo, fatta salva l'autonomia giuridico-amministrativa degli istituti di diritto privato, dovrà attenersi. Durante l'esame in sede referente, si è sottolineata l'ulteriore finalità del provvedimento di rafforzare la qualità della ricerca sanitaria del Servizio sanitario nazionale in un'ottica traslazionale, anche mediante il potenziamento delle politiche di ricerca del Ministero della Salute.
Fra i 15 principi di indirizzo e i criteri elencati, la lettera a) mira al rafforzamento del ruolo degli IRCCS quali istituti di ricerca e cura, in cui si coniuga la finalità principale dell'eccellenza della ricerca clinica traslazionale e del trasferimento tecnologico con la correlata finalità di cura e assistenza svolte.
Alla lettera b), relativa alla revisione sia della procedura di riconoscimento del carattere scientifico che di revoca e conferma, oltre all'allungamento a quattro anni, anziché i due attuali, del termine entro il quale gli IRCCS devono inviare al Ministero i dati aggiornati per la conferma del riconoscimento, su proposta del MoVimento 5 Stelle, si è allineata su base quadriennale anche la relativa programmazione della ricerca corrente. Su questo punto è importante sottolineare che vengono introdotte soglie e criteri di valutazione elevati, orientati a promuovere l'eccellenza e a ridurre i margini di arbitrarietà nell'assegnazione della qualifica di IRCCS.
La lettera c), che individua, ai fini del riconoscimento, in via prioritaria i criteri di localizzazione territoriale dell'istituto e quelli del bacino minimo di riferimento per ciascuna area tematica, ha l'obiettivo di garantire una rispondenza degli istituti alle necessità locali, sempre nel quadro di un'equa distribuzione sul territorio nazionale.
La lettera d) disciplina il principio legato alle modalità di accesso alle prestazioni di alta specialità erogate dall'IRCSS da parte dei pazienti extraregionali.
La lettera e) interviene nell'ambito dei meccanismi di integrazione del livello di finanziamento della ricerca sanitaria correlati all'ingresso nel nuovo sistema di nuovi IRCCS, prevedendo che una quota per il finanziamento della ricerca possa essere vincolata. Questo intervento è fondamentale per assicurare un finanziamento minimo a fronte dell'incremento numerico degli istituti, che sono aumentati da 35 a 52.
La lettera f) punta a disciplinare criteri e modalità di collaborazione tra le regioni volti a valorizzare gli istituti pubblici con sedi insistenti su più regioni e province autonome.
La lettera g) individua la necessità di disciplinare la costituzione, la governance, le modalità di finanziamento e la valutazione delle reti degli IRCCS secondo le aree tematiche riconosciute a livello internazionale.
La lettera h) è finalizzata a promuovere, nel rispetto dell'autonomia regionale, il coordinamento tra la direzione generale e la direzione scientifica dell'IRCCS, anche attraverso il coinvolgimento concreto del direttore scientifico nella direzione strategica e l'assegnazione di obiettivi condivisi. Questo è un aspetto rimarcato, anche grazie al MoVimento 5 Stelle, per garantire il raccordo tra l'attività di ricerca e quella di assistenza, in coerenza con gli indirizzi di politica sanitaria regionale e nazionale, per assicurare un'azione più efficace nelle aree tematiche oggetto di riconoscimento. Lo scopo è ridurre le distanze fra gli obiettivi della direzione generale, più orientata all'assistenza, e quelli della direzione scientifica, focalizzati sulla ricerca.
La lettera i) si prefigge lo scopo di adeguare gli strumenti di vigilanza per gli IRCCS pubblici e per quelli privati, per monitorare in maniera trasparente la gestione delle risorse pubbliche.
La lettera l), in linea con la posizione del MoVimento 5 Stelle, intende disciplinare il regime di incompatibilità dei direttori scientifici degli IRCCS, rendendo compatibile questo incarico con l'attività di ricerca preclinica, clinica, traslazionale e di formazione esercitata nell'interesse esclusivo dell'istituto di appartenenza. Tale intervento è utile anche per promuovere l'attività di ricerca e migliorare la qualità dei direttori scientifici degli istituti.
Anche la lettera m) procede nella stessa direzione in riferimento agli organismi governativi degli IRCCS pubblici ed esclusivamente agli organi scientifici di quelli privati. In questo principio di indirizzo, è stata accolta la linea del MoVimento 5 Stelle volta a escludere potenziali conflitti di interesse in capo alle personalità che andrebbero a ricoprire questi ruoli. Come MoVimento 5 Stelle riteniamo fondamentale che la guida manageriale di questi istituti sia riposta nelle mani di uomini e donne dalla spiccata moralità, senza ombre nel passato né interessi diversi da quelli dell'eccellenza della ricerca e dell'assistenza sanitaria.
La lettera n) della legge delega è una delle più importanti perché riguarda la condizione lavorativa del personale della ricerca presso gli IRCCS di diritto pubblico e gli istituti zooprofilattici sperimentali. La soluzione prevista dall'attuale testo, che apre a una modifica della disciplina per l'accesso al ruolo a tempo indeterminato, i cui termini attualmente sono fissati a dieci anni, lascia un certo grado di insoddisfazione.
È un aspetto su cui il Governo deve fare di più, come d'altronde richiesto dallo stesso Parlamento. Non è un caso che, in maniera trasversale, su questo punto siano stati presentati in sede referente numerosi emendamenti che avevano l'obiettivo di tutelare il personale della ricerca. Guardiamo, dunque, a un impegno comune in sede di esame del disegno di legge di bilancio per individuare le risorse necessarie a conseguire tale obiettivo. I ricercatori devono essere tutelati e stabilizzati, altrimenti il nostro Paese rischia di continuare a subire un inaccettabile depauperamento delle intelligenze. È una situazione che non possiamo continuare a permetterci, perché la ricerca e l'innovazione sono il motore della crescita e del progresso.
Sempre per quanto riguarda la lettera n), siamo riusciti a specificare, in sede referente, che la modifica della disciplina deve attuarsi anche al fine della valorizzazione delle competenze e dei titoli acquisiti, nonché in vista di un inquadramento a tempo indeterminato di questo personale nei ruoli del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, va promossa la mobilità del personale della ricerca sanitaria tra gli IRCCS pubblici, gli enti pubblici di ricerca e le università e vanno riconosciute le figure professionali che il progresso tecnologico ha reso necessarie allo sviluppo della ricerca biomedica di qualità.
La lettera o) prevede che l'attività di ricerca degli istituti sia svolta nel rispetto dei criteri di trasparenza mediante l'utilizzo di sistemi di valutazione dell'attività scientifica degli IRCCS secondo standard internazionali. Su questo principio siamo intervenuti, specificando la necessità di un codice di condotta che garantisca la leale concorrenza e il corretto utilizzo delle risorse. Per il MoVimento 5 Stelle è ineludibile l'esigenza di garantire l'eccellenza nell'attività di ricerca degli istituti, impedendo sprechi di risorse pubbliche.
La lettera p) prevede l'applicazione di misure idonee a tutelare la proprietà intellettuale degli IRCCS, mentre il resto dell'articolato contiene disposizioni di carattere formale, procedurale, nonché legate all'invarianza finanziaria del provvedimento.
In conclusione, possiamo dire che con questa legge delega il Paese compie un ulteriore passo in avanti verso la valorizzazione e la modernizzazione della ricerca e dell'assistenza sanitaria per eccellenza. Siamo parzialmente soddisfatti, perché nei principi di indirizzo del testo, così come modificato in Commissione, sono state accolte alcune proposte presentate dal MoVimento 5 Stelle. Mi riferisco all'approvazione degli emendamenti sulla governance, volti a impedire che i componenti di organismi di governo degli IRCCS pubblici abbiano conflitti di interessi, e all'emendamento per sottoporre anche le attività delle reti degli IRCCS a valutazione scientifica secondo i migliori standard internazionali. Così come siamo soddisfatti della linea seguita, che è quella del MoVimento 5 Stelle, cioè una delega che coinvolga anche gli IRCCS di diritto privato che, almeno per i componenti degli organi scientifici, dovranno attenersi ai requisiti di competenza e professionalità propri degli IRCCS pubblici.
Invece, sul fronte della tutela dei ricercatori ribadiamo che si doveva fare di più. È necessario un adeguamento delle piante organiche degli IRCCS che tenga conto della loro peculiarità e includa anche una quota di personale addetto esclusivamente alla ricerca. Ai ricercatori si devono applicare gli idonei strumenti legislativi per la stabilizzazione del personale precario della ricerca, valorizzando il loro lavoro con il riconoscimento dei titoli acquisiti ai fini concorsuali e di carriera nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.
Dobbiamo poi consentire l'individuazione, in maniera univoca, delle modalità e voci economiche da utilizzarsi per procedere alla costituzione stabile dei fondi contrattuali dei ricercatori. La possibilità di assumere ricercatori a tempo indeterminato risulta indispensabile per la competitività degli IRCCS a livello nazionale e internazionale e, in particolare, per attrarre le giovani menti più brillanti in questo circuito di ricerca. Inoltre, appare assolutamente necessario l'inserimento di una chiara indicazione, sia nell'ambito delle procedure di valutazione degli IRCCS per il mantenimento del loro carattere scientifico sia in quelle autorizzatorie di nuovi istituti, sulla garanzia che il rapporto di lavoro del personale degli IRCCS di diritto privato sia disciplinato dal contratto nazionale della sanità privata firmato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e che al personale della ricerca venga garantito almeno analogo trattamento previsto per i ricercatori pubblici. Bisogna, infatti, impedire il protrarsi di fenomeni di dumping contrattuale che ostacolano la parità di trattamento giuridico ed economico tra i lavoratori che operano in questo nevralgico settore.
Questo è il quadro degli interventi su cui dobbiamo ancora lavorare. Ce lo chiedono i ricercatori e ce lo chiedono i cittadini per poter vantare una rete di eccellenza all'interno del nostro sistema sanitario nazionale.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli. Ne ha facoltà.
YLENJA LUCASELLI (FDI). Grazie, Presidente. Il riordino della disciplina degli IRCCS è indubbiamente una grandissima opportunità, un'opportunità unica non soltanto per il loro potenziamento e miglioramento a livello nazionale ma anche per poterci finalmente misurare sul piano internazionale.
Noi sappiamo bene che questi istituti rappresentano una parte fondamentale del sistema di ricerca ed assistenza del nostro Paese e, per non perdere il nostro bagaglio di conoscenza e competenzam è sicuramente necessario definire coerenti strategie di investimento di medio e lungo termine. Un doppio obiettivo, dunque, quello che dobbiamo porci: da un lato, incrementare l'efficienza, l'appropriatezza e l'omogeneità territoriale di questo sistema a favore dei cittadini e, dall'altro, valorizzare i risultati della ricerca a favore del tessuto economico del Paese. Va ricordato, innanzitutto, che gli IRCCS si occupano di ricerca biomedica, che implica ovviamente la necessità di infrastrutture solide, tecnologicamente complesse, di una qualità di accuratezza, di riproducibilità, responsabilità a tutti i livelli di governance, interdipendenza e contaminazione tra ricerca di base, ricerca clinica e assistenza.
Il disegno di legge contiene numerosi elementi che dimostrano l'effettiva possibilità di determinare un'evoluzione armonica ed efficiente di questo sistema. L'impianto della normativa è sicuramente condivisibile nella parte in cui mira a rafforzare il ruolo di questi istituti quali istituti di ricerca e assistenza a rilevanza nazionale e promuoverne il ruolo strategico di centri di eccellenza nella ricerca clinica traslazionale e del trasferimento tecnologico con la correlata attività di cura ed assistenza. La pandemia COVID ha confermato, ove mai ce ne fosse stato bisogno, quanto questi istituti siano un asset nazionale strategico per rispondere alla crescente domanda di salute della popolazione. Il testo base, grazie anche al lungo ed interessantissimo ciclo di audizioni, è stato profondamente ampliato ed abbiamo accolto con favore l'introduzione, ad esempio, di criteri e soglie di valutazione più elevati.
Ai fini del riconoscimento e della conferma del titolo di IRCCS questo provvedimento prevede l'introduzione di criteri e di soglie di valutazione che riteniamo elevati, con meccanismi maggiormente oggettivi e orientati all'eccellenza, ispirati a principi di massima trasparenza e che lascino minore spazio alla discrezionalità nel riconoscimento e nella conferma di queste strutture. Fratelli d'Italia condivide pienamente la proposta di revisionare proprio i criteri di riconoscimento e valutazione, ponendo l'asticella, da un punto di vista scientifico, assistenziale e gestionale, sempre più in alto, e la necessità di individuare e valutare gli istituti sulla base di criteri che siano considerati come imprescindibili, non soltanto per lo sviluppo della scienza ma soprattutto per una maggiore vicinanza a pazienti ed erogatori.
L'introduzione di soglie con valori maggiormente sfidanti introduce, inoltre, un elemento di selezione tra gli istituti, oltre che un elemento di spinta verso il miglioramento continuo. Questo, ovviamente, comprende anche l'attività scientifica. Noi riteniamo sia necessaria la modifica degli attuali indicatori utilizzati per la valutazione e il rinnovo del riconoscimento, integrandoli, soprattutto in tema di produzione scientifica, con gli indicatori internazionali riconosciuti; questo consentirebbe, ovviamente, il duplice vantaggio di una più precisa rappresentazione dei risultati della ricerca e di un confronto con gli enti di ricerca internazionali.
È chiaro che in Italia il Programma nazionale esiti, che ha efficacemente avviato la raccolta e la diffusione di una serie di indicatori a livello ospedaliero e territoriale, va armonizzato anche rispetto al sistema regionale. Credo che questo sia un altro dei temi che deve essere necessariamente affrontato, soprattutto quando si parla di ricerca e quando si parla di centri di eccellenza. Abbiamo la necessità che ci sia una dislocazione sul territorio nazionale, e questa può essere fatta soltanto se Governo, regioni e, ovviamente, enti locali riescono finalmente a coordinarsi sul territorio, garantendo ad ogni regione la presenza di istituti che restano istituti di eccellenza.
Abbiamo la necessità di far sì che questi centri assumano il ruolo di poli di eccellenza in modelli di rete con i centri di primo livello e con la medicina territoriale; anche per questo scopo sarebbe importante un coordinamento maggiore con le regioni.
L'azione di questi istituti oggi è fortemente indirizzata al raggiungimento di obiettivi assistenziali e, di fatto, non c'è una vera distinzione rispetto agli ospedali. Pur essendo evidente la necessità di un'integrazione con il sistema sanitario regionale, questi istituti dovrebbero fare riferimento a regole che soddisfino i principi esposti nel disegno di legge, quindi, anche da questo punto di vista, cercheremo di ampliare il dibattito. Ovviamente c'è in tutto questo una logica nazionale che deve garantire all'interno di ogni regione la presenza di un presidio che sia studiato insieme alle autorità nazionali e, soprattutto, alle autorità mediche.
L'adozione di questa logica permetterebbe di disegnare un sistema in relazione alle vere necessità del Paese. Un esempio è quello che riguarda i centri oncologici che la Commissione europea raccomanda nel numero di almeno 1 per 5 milioni di abitanti; un dato che ancora, purtroppo, l'Italia non è riuscita a raggiungere, nonostante si continui a dire che l'Italia rappresenti una vera eccellenza europea nella ricerca: in realtà, è una vera eccellenza mondiale. Proprio per misurare l'eccellenza in ospedali di ricerca, sia a livello regionale che ministeriale, bisogna considerare parametri multipli, in grado di definire l'impatto delle azioni sui diversi domini. Pazienti, sistema sanitario, ricerca, trasferimento tecnologico dei dati: sono temi di cui la letteratura internazionale già ci dà una serie di elementi e di indicazioni che potremmo semplicemente recepire ed applicare anche in Italia. In questa ottica complessiva può essere avviata un'analisi sulla distribuzione territoriale.
Bisognerebbe istituire nelle singole regioni, ad esempio, un ufficio specificatamente dedicato a questi istituti. A tutto questo aggiungiamo due riflessioni, perché riteniamo sempre che i provvedimenti, nonostante abbiano un buon elemento di partenza, siano comunque sempre perfettibili. Innanzitutto facciamo riferimento alle risorse umane, ossia all'obbligo di riferirsi al piano di programmazione delle risorse umane, proposto dalla direzione generale, che viene poi, di volta in volta, delegato alle varie regioni, perché questa è una procedura che indubbiamente limita la possibilità di inserire figure oggi fondamentali per la ricerca biomedica e che non sono previste dai contratti nazionali. Resta poi ancora il tema della struttura organizzativa gestionale, che riproduce quella di un normale ospedale e, in questo caso, obbliga a percorsi di carriera e a posizioni predefinite che dovrebbero avere un corrispettivo anche per la ricerca.
In alcuni istituti pubblici questo già avviene, ma dobbiamo favorire la mobilità nazionale e l'attrattività internazionale anche in una logica di flessibilità stipendiale.
Infine, l'avvento della piramide ha permesso di superare parzialmente alcuni limiti nella gestione delle risorse umane, ma è ancora troppo farraginosa e ciò ricade sui nostri bravissimi ricercatori. Deve essere ricordato, infatti, che fare ricerca è una professione che si svolge secondo precise regole di comportamento entro un perimetro di responsabilità che risponde a codici che ne misurano l'impatto, che implica un'organizzazione dinamica che sappia intercettare le domande e si adatti agli obiettivi che originano dall'avanzare della conoscenza. Quindi, abbiamo la necessità di collocare i collaboratori di ricerca sanitaria nei comparti, all'interno dei quali il loro lavoro e la loro dedizione possa trovare un senso. Tutto questo è quello che, secondo il gruppo di Fratelli d'Italia, può ancora essere aggiunto a questo provvedimento che, comunque, consideriamo con estremo favore.
Ultima postilla, se posso, da componente della Commissione bilancio, è che anche in questo provvedimento, quando si parla degli oneri, al punto 5 della lettera q), si prevede che dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Vorrei che finalmente si uscisse dalla logica “a legislazione vigente”: “a legislazione vigente” vuol dire che non ci sono nuovi investimenti e pensare di poter fare riforme di cui questa Nazione ha necessità senza spesa è impossibile. Non si può parlare di un riordino effettivo di un comparto così importante, come quello di cui parliamo oggi della ricerca e dell'assistenza sanitaria, se non facciamo i conti con le necessità economiche. Se il significato di quel punto che ho letto - e ne sono assolutamente certa - è che la riforma della legge, con tutti i buonissimi propositi, i contenuti descritti e le criticità emerse, deve essere attuata senza risorse, mi risulta davvero difficile comprendere la possibilità di un'effettiva evoluzione.
Pertanto, il gruppo di Fratelli d'Italia è sicuramente d'accordo nel merito, parteciperà attivamente al dibattito per poter ampliare gli argini di questo provvedimento e porterà avanti la propria battaglia anche in Commissione bilancio sulla prossima legge di bilancio, affinché la riorganizzazione di una struttura così determinante per l'Italia, con lo stanziamento di risorse, venga fatta realmente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rospi. Ne ha facoltà.
GIANLUCA ROSPI (FI). Grazie, Presidente. Il disegno di legge che l'Aula si appresta ad esaminare e votare in prima lettura prevede numerose disposizioni volte a modificare l'attuale normativa che regolamenta gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e a realizzare, quindi, gli specifici obiettivi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. È, infatti, un disegno di legge delega emanato dal Governo in attuazione della riforma prevista nell'ambito del PNRR e che prevede che, entro il 31 dicembre di quest'anno, vengano adottati uno o più decreti attuativi di questo provvedimento, volti a riordinare la normativa in materia e riorganizzare quegli istituti di ricerca.
Occorre anche dire che questa riforma rientra pienamente tra le azioni individuate nel PNRR per migliorare la situazione strutturale del Paese. I decreti legislativi attuativi, che dovranno essere adottati entro sei mesi dall'approvazione definitiva di questo testo da parte del Parlamento, rappresenteranno la base normativa necessaria a riorganizzare la rete degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e riuscire a migliorare la qualità e l'eccellenza del nostro Servizio sanitario nazionale anche attraverso il rafforzamento del rapporto fondamentale strategico tra ricerca, innovazione e cure sanitarie. Questo sarà possibile anche attraverso la creazione di una rete integrata fra gli IRCCS e facilitando lo scambio di competenze specialistiche fra gli istituti stessi e con le altre strutture del nostro Servizio sanitario. Questo è quello che ci chiede l'Europa e in questa direzione si muove questa riforma in esame, oggi, in quest'Aula.
Accanto a questi obiettivi, il PNRR sottolinea espressamente la necessità di rafforzare la governance di questi istituti di ricerca e cura che dovranno essere sempre più orientati alla ricerca e ai risultati da conseguire e questo lo si otterrà anche attraverso la responsabilizzazione del direttore generale e del direttore scientifico.
Ricordo che, attualmente, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sono tenuti ad orientare le proprie attività di ricerca al trasferimento nella pratica assistenziale di interventi innovativi ed efficaci, realizzando così prestazioni di ricovero e cura di alta specialità.
Le risorse che saranno assegnate agli istituti si dovranno basare sempre di più su parametri relativi all'attività scientifica e alla capacità di attrarre risorse in finanziamenti nazionali e internazionali, al fine di sviluppare al meglio le potenzialità degli istituti e di incrementare la qualità della ricerca sanitaria nel nostro Paese.
La riforma contenuta in questo disegno di legge vuole rivedere e aggiornare la disciplina e il regime giuridico degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e delle politiche di ricerca del Ministero della Salute e, quando sarà completata con l'approvazione di tutti i decreti attuativi, andrà a riscrivere in buona parte il decreto legislativo n. 288 del 2003, che, ad oggi, disciplina agli attuali 51 istituti di ricerca e cura, sia pubblici che privati.
L'esame in Commissione affari sociali ha, comunque, consentito di apportare diverse modifiche e miglioramenti al testo iniziale licenziato dal Governo. Mi fa piacere sottolineare che al miglioramento del testo Forza Italia ha contribuito grazie all'approvazione di 11 sue proposte emendative.
La riforma che scaturisce da questa delega individua 15 principi e criteri direttivi, ai quali si dovranno attenere i futuri decreti attuativi. Tra questi, ne voglio evidenziare alcuni tra i più importanti. I decreti avranno come obiettivo quello di potenziare il ruolo degli IRCCS quali istituti di ricerca e cura a rilevanza nazionale. La riforma dovrà, inoltre, rivedere gli attuali criteri, sia per il riconoscimento del carattere scientifico, che di revoca e conferma, introducendo elevate i criteri di valutazione con riguardo sia all'attività di ricerca sia assistenziale e clinica. Andranno disciplinate e definite meglio le modalità di accesso, da parte di pazienti provenienti da fuori regione, alle prestazioni erogate dagli istituti.
Un ulteriore criterio direttivo riguarda la governance, le modalità di finanziamento e la valutazione delle reti di istituti di ricerca e cura. Un momento centrale dovrà essere quello di potenziare la condivisione delle conoscenze e lo sviluppo di infrastrutture e piattaforme tecnologiche condivise, aperte alla collaborazione verso altri enti del nostro Servizio sanitario con reti e gruppi di ricerca, anche internazionali. Inoltre, dovrà essere garantita l'attività di vigilanza da parte del Ministero della Salute sugli IRCCS, sia pubblici che privati, e questo sarà possibile anche attraverso la previsione di un costante monitoraggio, che dovrà contribuire ad accertare e garantire il mantenimento degli standard di qualità e dei requisiti previsti per il riconoscimento scientifico degli stessi istituti. Inoltre, al fine del riconoscimento degli istituti, si prevede la necessità di considerare, in via prioritaria, il criterio di localizzazione territoriale dell'istituto e quello del bacino minimo di riferimento per ciascuna area tematica, e questo anche per rendere il tutto più coerente con le necessità dei diversi territori.
Un altro criterio direttivo importante contenuto nella delega e che, come Forza Italia, abbiamo contribuito a migliorare grazie all'approvazione di un nostro emendamento riguarda la revisione della disciplina del personale della ricerca sanitaria degli IRCCS pubblici e degli istituti zooprofilattici, anche al fine dell'inquadramento a tempo indeterminato dei ruoli del Servizio sanitario nazionale. Accanto a questo, andrà promossa la mobilità del personale della ricerca sanitaria tra gli IRCCS pubblici, gli enti pubblici di ricerca e le università.
La nuova normativa che regolamenterà gli istituti di ricerca e cura dovrà, inoltre, assicurare che l'attività di ricerca degli istituti venga svolta nel rispetto dei criteri internazionali di trasparenza e di integrità della ricerca. Per questo motivo, dovranno essere utilizzati sistemi di valutazione dell'attività scientifica secondo standard internazionali. Insomma, questa importante delega al Governo, se sarà - sono certo - ben tradotta nei decreti legislativi che saranno emanati nei prossimi mesi, consentirà di migliorare decisamente la normativa a supporto di un ruolo sempre più strategico che, nel nostro Paese, dovranno rivestire gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Questa riforma consentirà di valorizzare di più il ruolo di eccellenza nella ricerca e nella sanità, e favorire il trasferimento delle loro innovazioni sul nostro territorio.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Angela Ianaro. Ne ha facoltà.
ANGELA IANARO (PD). Grazie, Presidente. La ricerca di qualità, quale responsabile di effetti concreti e misurabili per gli individui e per la collettività, ha un valore inestimabile per il Paese. La ricerca sanitaria si connota per le sue straordinarie implicazioni, riconducibili non solo all'ambito della salute, ma anche ad una più ampia dimensione sociale ed economica.
Nel panorama scientifico nazionale, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico costituiscono centri di eccellenza per la promozione, lo sviluppo e l'applicazione delle innovazioni terapeutiche e delle nuove tecnologie nel campo biomedico e sanitario.
Il provvedimento all'esame di quest'Aula reca la delega al Governo per il riordino della disciplina degli IRCCS, al fine di dare concreta attuazione alla riforma prevista nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che nel campo della ricerca sanitaria si prefigge l'obiettivo della riorganizzazione di tali istituti entro il 31 dicembre 2022. Infatti, è la Componente 2 della Missione 6 - Salute a prevedere espressamente, nell'ambito dell'innovazione, della ricerca e della digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale, la revisione e l'aggiornamento dell'assetto regolamentare e del regime giuridico degli IRCCS e delle politiche di ricerca del Ministero della Salute, con il fine di rafforzare il necessario raccordo fra ricerca, innovazione e cure sanitarie.
Si tratta di una riforma necessaria, in quanto l'attuale sistema si configura come caratterizzato da un gran numero di istituti tra loro molto eterogenei quanto a dimensioni, tematiche, performance e distribuzione sul territorio nazionale e che risulta dalla configurazione risalente al 2003, non più rispondente alle esigenze di oggi. Ma è una riforma necessaria anche perché è volta ad innovare gli IRCCS per orientare le loro attività al trasferimento di interventi efficaci e innovativi nella pratica assistenziale e realizzare prestazioni di ricovero e cura ad elevata specialità, conferendo loro la chiara ed esplicita funzione di garantire la fondamentale sinergia tra ricerca, innovazione e assistenza, che, purtroppo, ancora manca in molte regioni. Condicio sine qua non del riordino è, pertanto, la necessaria chiarezza della missione che andranno a svolgere nei prossimi anni e che sarà determinante per assicurare al nostro Paese un ruolo di prim'ordine nel panorama internazionale della ricerca biomedica. L'attività di ricerca da loro condotta presenta, infatti, la peculiarità di realizzare uno scambio continuo e proficuo di conoscenze tra il laboratorio e la clinica, trovando, in ogni ricerca prodotta, uno sbocco nelle applicazioni terapeutiche ospedaliere, con una ricaduta diretta sull'assistenza dei pazienti.
Per gli attuali 52 IRCSS presenti oggi nel nostro Paese si prefigurano obiettivi molto ambiziosi. L'articolo unico del presente provvedimento, infatti, si fonda su princìpi e criteri direttivi specifici, che spaziano dall'azione di potenziamento del ruolo degli IRCCS, quali istituti a rilevanza nazionale, alla revisione dei criteri di riconoscimento del carattere scientifico per la revoca o la conferma su base quadriennale, differenziando e valorizzando gli istituti a carattere monotematico da quelli politematici, con l'introduzione, altresì, di soglie di valutazione elevate con riferimento all'attività di ricerca clinica e assistenziale, rispondendo agli standard internazionali.
Ma il riordino riguarda anche i criteri di valutazione riferiti alla localizzazione territoriale dell'istituto, all'area tematica oggetto di riconoscimento e al bacino minimo di utenza per ciascuna area tematica. È, inoltre, importante assicurare una loro equa distribuzione territoriale, e disciplinare le modalità di accesso da parte dei pazienti extraregionali alle prestazioni di alta specialità erogate, conformemente ai princìpi enunciati di appropriatezza e ottimizzazione dell'offerta sanitaria del Sistema sanitario nazionale, prevedendo meccanismi di adeguamento dei volumi di attività nell'ambito dei budget di spesa complessivi regionali.
Tuttavia - e qui mi preme sottolineare l'importanza di questo argomento - l'eccellenza e la competitività dell'attività di ricerca non possono prescindere dalle risorse umane impiegate, dal rafforzamento del ruolo dei ricercatori e dalla previsione di un percorso che possa portare ad una loro stabilizzazione in termini di contratto. Su questo punto, noi del Partito Democratico - ma, devo riconoscere, tutta la Commissione - ci siamo battuti e siamo, purtroppo, rimasti bloccati dalla clausola di invarianza finanziaria. Tuttavia, vogliamo sottoporre per l'ennesima volta all'attenzione del Governo l'importanza di questa tematica. Non possiamo lasciare disatteso l'obiettivo di incidere sulla piramide della ricerca, continuando a penalizzare i nostri migliori talenti; occorre, pertanto, intervenire fermamente attraverso la definizione di un percorso professionale che dia una concreta stabilizzazione ai ricercatori. Non possiamo ricordarci di quanto sono bravi i nostri ricercatori soltanto durante il periodo di emergenza. Dobbiamo fare qualcosa di più e dobbiamo rendere il loro percorso sicuro, in modo da dare anche orizzonti certi al loro sbocco professionale.
L'articolo unico del presente provvedimento dedica una specifica parte alla revisione della disciplina del personale della ricerca sanitaria, prevista dalla legge di bilancio per l'anno 2018, che ha istituito presso gli IRCCS e gli Istituti zooprofilattici sperimentali un ruolo non dirigenziale della ricerca e delle connesse attività di supporto. Come è noto, si tratta quindi di contratti a tempo determinato, soggetti a valutazione annuale, con durata quinquennale e con la possibilità di rinnovo per ulteriori 5 anni, prevedendo altresì la loro successiva trasformazione a tempo indeterminato. Nonostante ciò, la situazione di precarietà permane. Come è emerso nel corso delle audizioni tenutesi in Commissione affari sociali, la piramide della ricerca non ha migliorato la situazione della ricerca sanitaria pubblica e ciò può risultare evidente dal confronto della situazione tra il 2019 e il 2021: nel dicembre 2019 gli IRCCS hanno assunto il personale storico della ricerca sanitaria, circa 1.800 tra ricercatori sanitari e collaboratori alla ricerca, con contratto a tempo determinato di 5 più 5 anni; a dicembre 2021, risulta che, dei circa 1.800 iniziali assunti a tempo determinato, ne siano rimasti soltanto 1.290; la riduzione del personale della ricerca sanitaria nei primi due anni di piramide della ricerca è stata superiore al 25 per cento. Non possiamo permettere che l'eccellenza della ricerca sanitaria nazionale sia caratterizzata da una cronica precarietà, impedendo la continuità di carriera e lo sviluppo professionale dei nostri migliori talenti. Senza risorse non si fa ricerca. Se non si fa ricerca, non possiamo parlare di futuro. Dobbiamo riuscire a valorizzare il prestigio del sistema in termini di visibilità nazionale ed internazionale, e per far questo è opportuno affrontare il punto critico relativo al finanziamento della ricerca corrente, rimasto stabile nel tempo ma a fronte di un aumento sostanzioso del numero degli istituti. Corriamo il rischio di perdere una straordinaria opportunità, che ha peraltro un'evidente ricaduta sull'assistenza dei malati e sul ruolo che gli IRCCS svolgono nel perseguimento degli obiettivi del Piano sanitario nazionale in materia di ricerca sanitaria.
Concludo, Presidente. Il processo di riordino avviato costituisce sicuramente una tappa estremamente importante e doverosa per il futuro della ricerca biomedica in Italia, però, come è già stato sottolineato, non si possono fare grandi cambiamenti e attendersi grandi risultati con una clausola di invarianza finanziaria. I dati recentemente pubblicati dall'OCSE indicano che il nostro Paese investe in ricerca risorse pari all'1,4 per cento del PIL, contro una media europea che si attesta intorno al 2,1 per cento. Non possiamo più permetterci di perdere alcuni tra i nostri migliori talenti, che preferiscono fare ricerca all'estero (e vi assicuro che su questo porto testimonianze dirette, essendo a contatto col mondo della ricerca). Dobbiamo procedere con una gestione efficiente della dotazione organica della ricerca e tutelare quello che è uno dei know-how migliori al mondo, quello del nostro Paese. L'evoluzione storica che gli IRCCS hanno vissuto negli ultimi anni richiede un piano strategico di prospettiva sul loro futuro in qualità di attori del sistema sanitario nazionale per la promozione della ricerca e dell'innovazione, elementi cardine per un'assistenza di eccellenza che rimane sicuramente l'obiettivo che dobbiamo porci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Fregolent. Ne ha facoltà.
SILVIA FREGOLENT (IV). Signora Presidente, rappresentanti del Governo, il disegno di legge che delega il Governo per il riordino della disciplina degli IRCCS è un atto normativo di importanza cruciale. Infatti, costituisce il primo fondamentale passo per l'attuazione della componente 2 del PNRR relativa a “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale”. Più nello specifico, la Missione 6 impegna il nostro Paese a revisionare e aggiornare il regime giuridico e l'assetto ordinamentale degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, allo scopo di implementare la sinergia tra ricerca, assistenza, cura e innovazione. Infatti, gli IRCCS italiani sono istituti di eccellenza di rilievo nazionale per la ricerca e la cura, costituendo, queste ultime, due assi portanti strettamente connessi tra di loro su cui si fonda l'attività di questi istituti, punto di riferimento irrinunciabile per la tutela della salute dei cittadini, con particolare riferimento a malattie rare e complesse, tumori e altre patologie che richiedono prestazioni ad altissima specializzazione.
Il disegno di legge detta principi e criteri direttivi che impegnano il Governo a potenziare il ruolo degli IRCCS, revisionando gli standard di valutazione secondo classificazioni uniformi e internazionalmente riconosciute, valorizzando la partecipazione a reti di ricerca nazionali e internazionali, garantendo il trasferimento tecnologico dei risultati. Inoltre, si richiede di disciplinare le modalità di accesso alle prestazioni di alta specialità erogate dagli IRCCS e di assicurare il raccordo, oggi purtroppo non di rado carente, tra direzione scientifica e direzione generale, ovverosia tra attività di ricerca e attività di cura e assistenza la cui integrazione è imprescindibile per una ricerca sul campo di eccellenza. Ulteriori profili interessati dalla legge delega sono la revisione dell'attività di vigilanza e monitoraggio, l'individuazione di requisiti di comprovata professionalità e competenza degli organi di governo degli IRCCS, nonché, quanto al personale della ricerca sanitaria, la revisione della cosiddetta piramide della ricerca.
L'attuale testo, oggi all'attenzione di quest'Aula, è il frutto di un importante e lungo lavoro di collaborazione tra gruppi parlamentari, sia di maggioranza sia di opposizione, ai fini del miglioramento del disegno di legge presentato dal Governo. Su alcuni emendamenti, Italia Viva si è particolarmente impegnata assieme ad altri, affinché venissero recepite alcune modifiche per noi irrinunciabili. In primo luogo, si è ribadita, al comma 1, l'autonomia giuridico-amministrativa degli IRCCS di riferimento privato, eccellenze di cui è fondamentale venga preservata l'indipendenza, fermo restando il rigoroso rispetto degli standard di eccellenza, ai fini dell'accesso ai finanziamenti, come avviene appunto per gli IRCCS di diritto pubblico. In secondo luogo, si segnala che inizialmente la lettera a) del testo faceva riferimento alle sole aree tematiche riconosciute a livello nazionale, in base alla classificazione esistente. Ebbene, questa classificazione si riferisce alle sole aree diagnostiche principali, non risultando incluse aree tematiche e discipline di estrema importanza, tra cui, ad esempio, quelle correlate all'età, come pediatrica e geriatria. Pertanto, in Commissione, è stato approvato un emendamento che integra specializzazioni non direttamente collegate alle categorie diagnostiche, come richiesto da moltissimi degli auditi che, tra gli altri profili, hanno sottolineato come le classi di età siano una componente essenziale da tenere in considerazione nell'attività di ricerca, poiché il fattore età è in grado di incidere moltissimo sulle strategie di cura, anche nell'ambito della medesima patologia. In terzo luogo, alla lettera c) è stato esplicitato che laddove un IRCCS richieda il trasferimento presso altra sede situata all'interno del medesimo comune, non sia necessario procedere nuovamente alla verifica di compatibilità dei requisiti. Si tratta di un emendamento volto a garantire che il controllo sia un accertamento sulla qualità della ricerca, non invece un impedimento burocratico che, al contrario, si tradurrebbe in un ostacolo alla stessa. Inoltre, alla lettera g) vengono ulteriormente potenziati e meglio esplicitati i principi e i criteri direttivi che guideranno la nuova disciplina della costituzione, della governance e della modalità di finanziamento delle reti degli IRCCS, sottolineando l'importanza di un'apertura non soltanto ad altri enti del Servizio sanitario nazionale, ma anche a reti o gruppi di ricerca nazionali e internazionali, nonché a partner scientifici industriali.
Infatti, la pandemia ha reso evidente la necessità e l'urgenza di sviluppare ampie reti e collaborazioni afferenti non solo al mondo della ricerca ma anche della tecnica e dell'industria, per riuscire a garantire l'accesso a terapie avanzate e a farmaci innovativi.
Quanto alla lettera m), noi abbiamo molto insistito sulla necessità, recepita nel testo emendato, che nell'individuazione dei requisiti di professionalità degli organi di governo degli IRCCS trovino adeguato riconoscimento anche competenze di natura manageriale, poiché l'attività di ricerca scientifica e di cura è un sistema complesso che necessita non soltanto di un'expertise scientifica ma altresì di management di alto livello, ai fini dell'efficienza in concreto e della sostenibilità economica del sistema stesso.
Infine, ci sta molto a cuore evidenziare due ulteriori punti per noi di cruciale importanza su cui si è intervenuti in XII Commissione. In primo luogo, riguardo alla possibilità di accesso alle prestazioni da parte dei pazienti extraregionali il testo presentato dall'Esecutivo conteneva un elemento di grande preoccupazione poiché stabiliva che, nel disciplinare le modalità di accesso alle prestazioni degli IRCCS da parte dei pazienti residenti fuori regione, non soltanto il Governo dovesse adeguarsi ai principi di appropriatezza e ottimizzazione del Servizio sanitario nazionale ma dovesse altresì prevedere meccanismi di adeguamento dei volumi di attività nell'ambito dei budget di spesa complessivi delle regioni. Ora, premesso che la mobilità sanitaria non produce un impatto sulla spesa complessiva del sistema sanitario nazionale, poiché il meccanismo di compensazione tra debiti e crediti interregionali produce un risultato a somma zero, la criticità evidenziata da tutti i soggetti auditi è che il riferimento al budget di spesa regionale rischiava di tradursi in un limite invalicabile nell'accesso alle cure da parte dei cittadini extra regionali, ovverosia non residenti nella regione in cui ha sede l'IRCCS di riferimento per la propria patologia. Questo rischio è stato ritenuto, da noi di Italia Viva, nonché da molte altre forze politiche, inaccettabile, perché proprio la rilevanza nazionale e non di rado l'internalizzazione di questi istituti li rende punti di riferimento insostituibili per pazienti con malattie rare o complesse. Nessuna ragione che abbia a che vedere con una valutazione di pura ragioneria può condurre alla negazione della possibilità di accedere a istituti di cura altamente specializzati, istituti che non sono affatto presenti in tutte le regioni d'Italia. Ne va della piena tutela del diritto alla salute e, dunque, alla scelta del luogo di cura di cui alla Costituzione nonché del mantenimento della natura universalistica del nostro Sistema sanitario nazionale.
Per questo ringraziamo il Governo per aver ascoltato il Parlamento, per aver accettato di espungere dal testo il riferimento ai budget complessivi delle regioni accogliendo e riformulando numerosi emendamenti presentati, appunto, come abbiamo già detto prima, da Italia Viva e da tutti i gruppi parlamentari. Oggi, il testo fa riferimento ai soli principi di appropriatezza e ottimizzazione, le due pietre angolari su cui legittimamente deve fondarsi qualsiasi disciplina relativa alle modalità di accesso alle prestazioni di alta specialità erogate da questi istituti. Naturalmente, vigileremo in sede di pareri sugli schemi dei decreti attuativi per essere certi che si rimanga nel solco dettato da questi due principi, non seguendo criteri ulteriori che risulterebbero estranei alla ratio voluta dal legislatore.
Infine, un ultimo punto su cui - dobbiamo dirlo - non ci riteniamo pienamente soddisfatti riguarda il tema del personale della ricerca sanitaria. Avremmo voluto che in questa occasione si potesse finalmente affrontare l'enorme problematica della cosiddetta piramide della ricerca che, in base alla disciplina oggi vigente, non è riuscita ad arginare l'abuso dei contratti a termine e la piaga del precariato in un settore così strategico per la crescita del nostro Paese. Sappiamo che su questo c'è l'impegno del Governo ad assumere iniziative, già con la prossima legge di bilancio, e siamo comunque soddisfatti del fatto che, pur in mancanza della soluzione che avremmo ritenuto auspicabile, già in questa sede sia stato accolto un emendamento di Italia Viva grazie al quale è stata inserita, con riferimento alla revisione della disciplina del personale della ricerca sanitaria, l'espressa finalità di valorizzazione delle competenze e dei titoli acquisiti nonché di riconoscimento delle nuove figure professionali che il progresso tecnologico ha reso necessarie allo sviluppo della ricerca biomedica di qualità.
Complessivamente, dunque, riteniamo che questa sia una buona legge delega, ulteriormente migliorata dal lavoro svolto in sede referente e dalla disponibilità del Governo a valutare e, in parte, accogliere diverse proposte emendative che rappresentano il frutto dell'attento ascolto dei numerosi stakeholder auditi nella Commissione affari sociali (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Paolin. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Presidente, colleghi, Vice Ministro, il disegno di legge in discussione conferisce al Governo una delega molto importante, la delega per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Partirei, se mi è consentito, da un sincero ringraziamento alla relatrice, l'onorevole Rossana Boldi, ai colleghi e agli Uffici della Commissione per l'ottimo lavoro svolto in sede referente.
Il tempo a disposizione non era molto; abbiamo le scadenze del PNRR che incombono, abbiamo la crisi internazionale in Ucraina e abbiamo avuto anche una lunga serie di provvedimenti da esaminare in Commissione nell'arco di poche settimane, alcuni importanti, altri meno o che non riesco a definire tali. Nella seconda categoria metto sicuramente l'ultimo decreto COVID, forse il trentesimo dall'inizio della pandemia, che ancora una volta ci ha rubato tempo prezioso, con dibattiti privi di senso su mascherine e altri obblighi ormai superati. Se avessimo archiviato le restrizioni del COVID dal 31 marzo scorso, con la fine dello stato d'emergenza, come chiedevamo da tempo, avremmo sicuramente potuto lavorare di più a questo e ad altri provvedimenti, anche con più serenità. Ad ogni modo, è anche per il poco tempo a disposizione che il lavoro di sintesi che è stato svolto in Commissione assume un valore particolare. A mio avviso, abbiamo migliorato il testo della legge delega al massimo delle nostre possibilità. Abbiamo svolto un ampio ciclo di audizioni e la maggior parte degli emendamenti accolti, sostenuti da tutti i gruppi parlamentari, proviene proprio da suggerimenti raccolti dalle associazioni, dagli esperti e dai direttori degli istituti. Anche a loro va un sincero ringraziamento per la qualità dei contributi offerti. Ovviamente, non c'è in questo provvedimento tutto quello che chiedevamo. Abbiamo un grande rammarico per non essere riusciti a inserire nella delega la stabilizzazione dei ricercatori degli IRCCS e degli istituti zooprofilattici, ma la riforma è a costo zero, con la clausola di neutralità finanziaria contro cui i nostri emendamenti si sono scontrati inesorabilmente. Ritengo, comunque, estremamente importante il fatto che si sia registrata in Commissione una convergenza sulle iniziative da adottare per il personale della ricerca pubblica sanitaria. Tutti gli auditi, a prescindere dagli interessi rappresentati, hanno sottolineato l'importanza della questione. Tutti i gruppi parlamentari hanno rappresentato proposte emendative sul punto, diverse nella forma ma del tutto analoghe nella sostanza, il che poi, alla fine, è quello che conta. Auspico che da questa convergenza si possano gettare le basi per ottenere finalmente un risultato concreto, già nel prossimo disegno di legge di bilancio. Ce lo siamo ripromesso in Commissione e chiederemo di fare altrettanto al Governo con un apposito ordine del giorno, che auspichiamo sarà accolto senza riformulazioni, senza il consueto “a valutare l'opportunità di”, perché in questo caso non c'è più nulla da valutare. Il personale della ricerca pubblica sanitaria ha una media di dieci, venti e, in alcuni casi, anche trent'anni di contratti atipici alle spalle. Non possiamo chiedere a questo personale di rimanere precario a vita, tantomeno di scalare una piramide decennale come quella costruita dalla legge di bilancio 2018. Recepiamo, allora, le richieste delle associazioni, penso alle proposte di ARSI e di ANAAO Assomed, che la Lega sostiene e rilancerà al Governo: applicazione della “stabilizzazione Madia” per il personale della piramide, ruolo dirigenziale della ricerca sanitaria, dotazioni organiche della ricerca nell'ambito degli IRCCS. La possibilità di assumere, stabilizzare e inquadrare adeguatamente il personale della ricerca sanitaria è indispensabile per la competitività degli IRCCS a livello nazionale e internazionale. Non possiamo dire che vogliamo dare impulso alla ricerca sanitaria e, poi, dimenticarci del personale che questa ricerca contribuisce a rendere eccellente. Non possiamo parlare di sinergia tra assistenza e ricerca, se non esiste per quest'ultima un inquadramento a tempo indeterminato, se non esiste un ruolo dirigenziale, se non esiste nulla di tutto ciò; un minimo di coerenza!
Venendo poi agli altri aspetti del provvedimento, mi piace ricordare che la riforma rientra tra le azioni individuate nel PNRR per migliorare la situazione strutturale del Paese. Gli obiettivi che ci poniamo sono dunque ambiziosi: potenziamento del ruolo degli IRCCS, standard internazionali per il riconoscimento del carattere scientifico, coordinamento tra direzione generale e scientifica, conferma del riconoscimento e programmazione della ricerca su base quadriennale.
Positive sono anche le modifiche apportate in sede referente, che hanno salvaguardato giustamente l'autonomia giuridico-amministrativa degli istituti di diritto privato.
Abbiamo anche sottolineato l'importanza delle reti di ricerca attraverso collaborazioni nazionali e internazionali. Non resta adesso che attendere i decreti legislativi, nella speranza - lo voglio ripetere – che, entro la fine dell'anno, si intervenga anche sulla situazione del personale, perché da questo intervento, a mio avviso, dipende in massima parte l'esito di questa importante riforma.
Noi terremo alta l'attenzione, speriamo che il Governo assuma e mantenga gli impegni (Applausi della deputata Boldi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 3475-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, deputata Rossana Boldi, rinuncia alla replica.
Prendo atto che la rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, fatto a Roma il 26 novembre 2021 (A.C. 3423-A) (ore 13,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3423-A: Ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, fatto a Roma il 26 novembre 2021.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 20 maggio 2022 (Vedi l'allegato A della seduta del 20 maggio 2022).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3423-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Lia Quartapelle Procopio.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO, Relatrice. Grazie, Presidente. L'importanza del Trattato di collaborazione tra Italia e Francia, altrimenti detto “Trattato del Quirinale”, è nota a quest'Aula ed è nota, soprattutto, al dibattito pubblico italiano. È uno dei pochi accordi internazionali di cui si è discusso molto anche nel nostro Paese. Se ne è discusso, perché effettivamente amplia di molto le aree di collaborazione tra il nostro Paese e la Francia. Mai come in questo momento sappiamo quanto sia importante il tema delle alleanze internazionali del nostro Paese. In un momento di grande difficoltà a livello internazionale ci rendiamo conto di quanto la tradizionale postura della politica estera italiana, ovvero una postura di collaborazione e lavoro comune con i Paesi a noi vicini, sia quella giusta, la strada verso cui andare.
Rafforzare le nostre relazioni con la Francia ha un valore in sé e un valore più di carattere generale, perché è un momento in cui dobbiamo valorizzare le possibilità di lavoro comune in aree importanti, quali la difesa, la cooperazione culturale, la cooperazione sui confini e le materie di natura economica, nelle quali solo la cooperazione permette al nostro Paese di avere una presenza qualificata e innovativa a livello internazionale.
Abbiamo avuto la possibilità di approfondire durante la discussione tutti gli ambiti di cooperazione, dalla pubblica amministrazione alle materie di carattere tecnologico, alle materie di difesa, con un ciclo approfondito di audizioni, fortemente voluto anche dal presidente della Commissione affari esteri Fassino. Rimando, quindi, per queste materie al tanto lavoro svolto in Commissione su questo Trattato.
Voglio soffermarmi solo su due punti, che sono stati affrontati sia nella discussione pubblica sia nella discussione in Commissione. Questo Trattato è stato attaccato per due ragioni principali. Il primo attacco ci è venuto da quelle aree culturali e politiche che ritengono che il nostro Paese faccia meglio da solo. Tali aree politiche - poi vedremo come si comporteranno tutti i partiti nell'approvazione della ratifica di questo accordo - ritengono che rafforzare le nostre relazioni con un altro Paese voglia in realtà dire che noi siamo deboli sullo scenario internazionale. A questo tipo di critiche voglio rispondere esattamente il contrario: più il nostro Paese è in grado di collaborare, più è in grado di proiettare, sia rispetto al Paese con cui collabora, sia rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea e a gli altri Paesi del mondo, la possibilità di avere un'influenza; rafforzare le alleanze vuol dire rafforzare la nostra capacità di influenzare il corso delle questioni globali che ci troviamo ad affrontare.
La seconda critica mossa a questo Trattato ha a che fare con il processo di integrazione europea: si è detto che il processo di integrazione europea deve avvenire indipendentemente dai rapporti tra Stati e che, anzi, il rafforzamento dei legami con uno o un altro Stato vada un po' a discapito di un percorso di integrazione europea, che dovrebbe avvenire partendo anche dalle istituzioni europee con sede a Bruxelles.
Vorrei contrastare questo tipo di affermazione: in questi giorni, proprio in occasione della crisi ucraina, ci siamo resi conto di quanto la leadership di alcuni Paesi europei abbia portato la nostra Unione a prendere delle decisioni importanti in materia di difesa, di scambi commerciali, di visti, di accoglienza dei rifugiati. Per far avanzare l'Unione europea noi abbiamo bisogno che i Paesi con interessi comuni, come sono la Francia e l'Italia, ma anche altri Paesi – come la Germania e la Spagna - si mettano insieme per far fare un salto di qualità al processo di integrazione europea. Quindi, noi vediamo questo Trattato come un rafforzamento dei meccanismi politici alla base dell'integrazione europea e non come un contrasto all'integrazione europea. Per questa ragione riteniamo che questo Trattato sia davvero importante e auspichiamo che questa Camera arrivi ad approvarlo il prima possibile per poi farlo passare al Senato, per arrivare a concludere nel mese di giugno, quando il procedimento sarà concluso anche in Francia, tutto il processo di ratifica. È un momento in cui dobbiamo fare presto e bene, nell'atteggiamento che teniamo a livello internazionale e nel rafforzamento delle nostre alleanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Ungaro).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo, che però si riserva di intervenire in una fase successiva.
È iscritto a parlare il deputato Massimo Ungaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Come illustrato dalla relatrice Quartapelle Procopio, il Trattato di cooperazione rafforzata tra Italia e Francia è un trattato storico molto importante, che andrà a creare strutture di consultazione e di dialogo rafforzato in tanti campi, dagli esteri alla difesa (a questo riguardo, ci sarà appunto un Consiglio italo-francese), alla cooperazione industriale economica (verrà istituito un Forum tra i Ministri dell'Economia), all'istruzione e all'università (su cui ci sarà un incontro biennale ministeriale), fino anche alla cooperazione frontaliera (a tal riguardo, verrà istituito un Comitato di cooperazione frontaliera).
Ci sono tanti aspetti in questo Trattato e mi soffermerò solo sui più importanti.
Nel campo della difesa - l'abbiamo già detto – vi saranno scambi importanti tra le Forze armate e, a livello di affari interni, una volontà comune di arrivare a una politica migratoria europea e di rafforzare la cooperazione giudiziaria. Nel campo dello sviluppo sociale sostenibile, vi è anche l'intenzione di far ripartire l'integrazione e il dialogo europeo sulla base di valori comuni, quali la lotta ad ogni forma di discriminazione, la garanzia delle pari opportunità soprattutto per le donne e la promozione dell'origine geografica tipica dei nostri prodotti gastronomici. Speriamo anche che, a questo proposito, la Francia si unisca a noi nella lotta contro il Nutri-Score a livello internazionale.
Nel Trattato viene definita molto chiaramente l'intenzione di Italia e Francia di adoperarsi per affermare una vera e propria Europa sociale e di introdurre un salario minimo a livello europeo. Sono posizioni che storicamente l'Italia ha sempre sostenuto a livello europeo e credo che sia importante che vengano sostenute anche a livello francese.
Il Trattato prevede una più forte cooperazione nel campo dello spazio. Anche nel campo dell'istruzione ci sono tante iniziative importanti, dall'introduzione di un Servizio civile italo-francese, alla necessità di rilanciare l'insegnamento dell'italiano nelle scuole francesi e viceversa. Ci sono oltre 450 mila cittadini italiani residenti in Francia e credo che ci sarà da guadagnare per entrambi i Paesi se riusciremo a creare dei campus dei mestieri franco-italiani o, comunque, a rafforzare ulteriormente la cooperazione culturale o a difendere l'insegnamento dell'italiano in Francia. Ma non è sufficiente l'insegnamento della lingua; è importante riuscire a investire in maniera massiccia, anche a partire da questo Trattato di cooperazione, nella creazione di nuove partnership, tirocini, soggiorni di studio per i nostri ragazzi italiani e francesi. Tutto questo andrà a favore anche, ovviamente, dello sviluppo del turismo e, quindi, della cooperazione economica.
Spero veramente che si possa arrivare alla creazione di un esame di Stato unico, bilaterale, il famoso EsaBac appunto, che fonde insieme la maturità italiana, l'esame di Stato e il Baccalauréat francese, che si possano creare dei campus dei mestieri che preparino i ragazzi a parlare bene l'italiano e il francese - credo che nel Sud della Francia e nel Nord-Ovest italiano questo potrà favorire il settore alberghiero e turistico – e che si possa cercare di incentivare i tirocini nelle imprese e negli enti cultuali dei due Paesi fin dal liceo.
Questo per quanto riguarda il campo dell'istruzione. Nel campo dei trasporti, una volta che verrà finalmente varata e costruita la TAV, l'Alta velocità tra Torino e Lione, sarà sufficiente solo un'ora e mezza per spostarsi da Torino a Lione e questo sarà un passo straordinario per unire i nostri due Paesi. Quindi, tante sono le iniziative importanti. Per quanto riguarda la cooperazione economica, credo sia rilevante questo Trattato, nel quale si afferma molto chiaramente che Italia e Francia si adopereranno per conseguire l'unione bancaria, l'unione dei capitali e anche per introdurre a livello europeo un'assicurazione europea sui depositi bancari, la cosiddetta EDIS, un punto su cui l'Italia preme da molto - non può più attendere - per cercare di approfondire la nostra unione. Quindi, Presidente, credo che questo sia un trattato di portata storica per un motivo molto semplice: con riferimento all'ultima crisi finanziaria (2008-2011), abbiamo visto i limiti dell'asse franco-tedesco che è stato la base portante della nostra Unione europea; si tratta di due Paesi fulcro della stessa che si sono combattuti con tre guerre fratricide che hanno attraversato due secoli. L'asse franco-tedesco è stato fondamentale, insieme agli altri quattro Paesi fondatori, per la nascita dell'Unione europea. Ma adesso è importante andare avanti. Credo veramente che questo Trattato bilaterale tra Italia e Francia possa portare avanti, al prossimo livello, l'orizzonte per l'integrazione europea e sia anche molto importante per riuscire, magari, a gestire i rapporti difficili, a livello di affari esteri, tra Italia e Francia in alcuni piccoli e limitati frangenti. Spero, inoltre, che questo Trattato offrirà un quadro di risoluzione delle possibili controversie, come quelle in Africa, o su altre tematiche.
È un Trattato storico importante anche perché ci troviamo in un momento della nostra Europa che definirei costituzionale. Da una parte, con la fine dei lavori della Conferenza sul futuro dell'Unione europea, si è avviato un necessario dibattito sulla volontà di riformare i trattati e qui Italia e Francia sono unite nella volontà di riformare le regole fiscali europee: ci servono regole fiscali più chiare e trasparenti che permettano ai Paesi di attuare politiche economiche anticicliche. Questo sarà fondamentale perché, ovviamente, con l'arrivo dell'inflazione, non potremo più affidarci alla politica monetaria della BCE, almeno per il prossimo futuro, e quindi sarà fondamentale avere una politica economica con regole chiare. Quindi, sfruttiamo questo anno di sospensione del Patto di stabilità per il 2023 per avviare una discussione seria e costruttiva. Credo che questo trattato fornisca la cornice giusta per permettere a Italia e Francia di affrontare il dibattito con gli altri partner europei.
Poi - e vado a concludere, Presidente - se mi permette, faccio due valutazioni. Credo sia importante questo Trattato anche perché abbiamo visto quanto sia fondamentale riuscire a trovare spazi di cooperazione politica che vadano al di là delle strutture dell'Unione europea: in questi giorni si discute dell'adesione dell'Ucraina all'Unione europea, mentre un Paese, invece, ci ha lasciato, il Regno Unito. Credo sia interessante valutare per il nostro Paese la proposta che ha avanzato il Presidente Macron sulla creazione di una comunità politica europea, un modo appunto di organizzare le democrazie del nostro continente che vada al di là dell'Unione europea e, in questo modo, cercare di coinvolgere l'Ucraina, il Regno Unito, ma anche la Moldavia, la Georgia o - chissà - anche Berna e la Svizzera. Credo sia fondamentale e spero che il senso politico di questo Trattato vada anche in quella direzione, perché, Presidente, le democrazie sono in ritirata, c'è una crisi evidente delle democrazie nel mondo: solo dieci anni fa, meno della metà della popolazione mondiale viveva sotto un regime di dittatura, mentre, dopo dieci anni, ormai, siamo arrivati al 70 per cento. Le dittature, le autocrazie sferrano un'offensiva; siamo stati distratti da tematiche forse più urgenti, come la crisi finanziaria, la pandemia e, adesso, la guerra in Ucraina, ma ci dimentichiamo che le democrazie sono poche e, soprattutto, che la democrazia rimane un valore fragile.
Questo Trattato di cooperazione rafforzata tra Italia e Francia afferma di nuovo questi valori democratici e l'importanza che due grandi Paesi, come l'Italia e la Francia, si uniscano e si organizzino per difendere la democrazia e, soprattutto, approfondire la nostra Unione europea (Applausi della deputata Ianaro).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Olgiati. Ne ha facoltà.
RICCARDO OLGIATI (M5S). Grazie, Presidente. Oggi arriva all'esame dell'Aula un atto estremamente importante che mira a migliorare, implementare e rafforzare il rapporto tra il nostro Paese e uno dei membri fondatori dell'Unione europea, nonché nostro imprescindibile partner, come la Francia, soprattutto in questi anni in cui la pandemia prima e ora la guerra russo-ucraina hanno messo il continente di fronte alle più grandi sfide della sua esistenza, minandone a tratti la propria solidità.
Il cosiddetto Trattato del Quirinale è un passo estremamente importante e dalla forte impronta politica e il passaggio parlamentare fa seguito alla firma avvenuta nei mesi scorsi tra il Presidente Macron e il Presidente Draghi. Oggi il Parlamento inizia l'iter di ratifica e lo fa con la consapevolezza che questo atto può comportare una svolta decisiva nei rapporti di cooperazione tra Italia e Francia. Per questo motivo, l'esame che abbiamo sostenuto in Commissione affari esteri è stato un percorso molto lungo e approfondito, iniziato già alla fine del 2021, e ha avuto momenti di altissimo spessore con il ciclo di audizioni di tutti i principali Ministri del Governo italiano e anche di esponenti dell'Assemblea nazionale francese.
Questo percorso ci ha permesso di analizzare e sviscerare i contenuti del Trattato, permettendoci di comprenderne l'importanza sotto moltissimi aspetti e temi che andrò a toccare nel mio intervento. Non possiamo negare le evidenze e fare finta che negli anni passati il rapporto Italia-Francia abbia avuto solo momenti alti. Ci sono stati - e in parte ci sono ancora - dossier su cui abbiamo visioni non del tutto coincidenti e che hanno creato momenti di difficoltà tra i due Paesi. Oggi con questo Trattato approviamo uno strumento che potrà diventare un impegno a superare le differenze e a collaborare a 360 gradi per far sì che dal rapporto privilegiato tra due Paesi sia l'Europa intera a beneficiarne.
Venendo al contenuto del Trattato, esso contiene 12 articoli. Il primo macro tema affrontato è proprio quello degli affari esteri, sicuramente quello più importante e delicato a livello politico. L'impegno a condividere in anticipo sui principali consessi internazionali posizioni concordate è una svolta di cui si sentiva il bisogno. Basti ricordare le evidenti difficoltà riscontrate nel passato per giungere a una stabilizzazione dell'area del Sud del Mediterraneo e, in particolare, della Libia. In una fase storica come questa, in cui i dossier come quelli libico e del Nordafrica più in generale, strettamente collegati anche a quello dell'approvvigionamento energetico, assumono un'importanza geopolitica mai raggiunta, essere capaci di mostrarsi uniti è fondamentale per poter indirizzare le scelte politiche dei Paesi membri dell'UE a beneficio di tutti.
Sottolineo anche l'importanza della gestione dei flussi migratori provenienti sempre dal Sud del Mediterraneo. Oggi, per ovvi motivi, si parla meno di questi flussi a vantaggio dell'immigrazione proveniente dall'Est Europa come logica conseguenza della guerra tra Russia e Ucraina, ma la minore attenzione mediatica non ha modificato la situazione dell'Africa, anzi dobbiamo iniziare a pensare che la crescente inflazione, unita alla forte crisi di materie prime alimentari, rischia di diventare una bomba pronta ad esplodere, in particolare proprio nell'area Sud del Mediterraneo. Dobbiamo, quindi, farci trovare pronti nella gestione di questi flussi che, attraverso il Sahel, raggiungono le coste italiane, con tutte le problematiche che conosciamo. Ecco che questo Trattato sancisce, una volta per tutte, l'obiettivo di aumentare e mantenere costante il dialogo con Nordafrica, Sahel e Corno d'Africa da parte di Italia e Francia per arrivare ad un approccio condiviso e costruttivo del dossier, contribuendo, quindi, alla gestione del fenomeno a livello globale ed europeo.
Il secondo tema affrontato nel Trattato è quello altrettanto attuale, legato a sicurezza e difesa. Oggi - aggiungerei purtroppo -, dopo decenni di pace abbiamo riscoperto l'importanza della difesa. L'Italia e la Francia si impegnano ad una cooperazione e allo scambio tra Forze armate e materiali di difesa, settore in cui sappiamo bene quanto l'eccellenza dell'industria italiana contribuisca al rafforzamento della sicurezza europea. Questa cooperazione dovrà necessariamente indirizzare l'Europa al progetto di difesa comune europea, senza che questa diventi subalterna o alternativa all'appartenenza euro-atlantica, ma in modo da mirare ad una razionalizzazione delle spese dei singoli Paesi.
Per quanto concerne gli affari europei, sottolineo l'importanza dell'obiettivo di un più ampio ricorso al sistema della maggioranza qualificata delle decisioni fondamentali, almeno sui temi principali. Questa discussione sarà ovviamente promossa all'interno dei vari trattati vigenti senza strappi istituzionali, ma è ormai evidente a tutti che, troppo spesso, ci siamo trovati, come Unione europea, a sottostare a ricatti di Paesi che hanno guardato più al proprio interesse che a quello generale. Superare, quindi, la logica del veto e dell'unanimità è un tema da affrontare con coraggio e l'auspicio che si pone questo Trattato va nella direzione giusta.
Per quanto riguarda le politiche migratorie, tema già accennato in precedenza, Italia e Francia si impegnano a sostenere politiche migratorie e di asilo europee nonché politiche di integrazione in base ai principi di responsabilità e di solidarietà tra gli Stati membri. A questo si aggiunge anche la cooperazione tra le rispettive Forze di Polizia per il contrasto al terrorismo internazionale. Sarà, quindi, fondamentale - e il Trattato lo prevede - una maggiore coordinazione ed un maggiore interscambio tra di esse, soprattutto nelle aree transfrontaliere.
Un punto tra i più qualificanti di quelli presenti nel Trattato del Quirinale è sicuramente la cooperazione industriale tra i due Paesi. Gli obiettivi dichiarati impegnano le parti a facilitare investimenti reciproci, intensificare le collaborazioni industriali bilaterali e approfondire la cooperazione in settori strategici per il rafforzamento della transizione digitale europea.
Ragionando in termini più allargati, è ritenuto urgente coordinare gli investimenti dei rispettivi piani di rilancio nazionali nei settori strategici per l'autonomia europea, quali le infrastrutture cloud, le batterie elettriche, l'industria farmaceutica, i materiali sanitari, l'energia, i semiconduttori e la connettività. In sostanza, dobbiamo cercare di promuovere una vera politica industriale europea, dopo che la pandemia ha messo in luce le gravi conseguenze dell'abbandono di alcuni settori strategici a vantaggio di altre aree del pianeta, che hanno approfittato della loro posizione di forza grazie a una maggiore competitività dovuta anche a regole differenti nel mercato del lavoro. Non possiamo più permetterci di essere fortemente dipendenti da Paesi come la Russia o la Cina. Anche questo tema viene affrontato nel modo giusto dal Trattato in oggetto e dovremo essere bravi a declinare nel concreto i benefici che questa collaborazione può portare a tutta l'Europa.
La cooperazione rafforzata prevista dal Trattato investe anche temi come lo sviluppo sociale, sostenibile e inclusivo. A tal fine, Italia e Francia si impegnano a sostenere gli strumenti multilaterali relativi allo sviluppo sostenibile, a partire dall'Agenda 2030 dell'ONU e dagli Accordi di Parigi in ordine ai cambiamenti climatici. Sui processi di decarbonizzazione, riduzione delle emissioni climalteranti, contrasto alla deforestazione e tutela delle biodiversità, nonché del settore agricolo e agroalimentare non possiamo più fare passi indietro, pena la distruzione del pianeta. È quindi importante che anche su questi aspetti ci sia pieno coordinamento e allineamento tra il nostro Paese e la Francia.
Un capitolo del Trattato è dedicato anche alla nuova frontiera cui tutti i principali player mondiali guardano con grande attenzione e con grandi investimenti, cioè lo spazio. Anche in questo settore l'industria italiana è ampiamente riconosciuta come una grande eccellenza e deve porsi con un ruolo da protagonista sia nel rapporto bilaterale sia multilaterale europeo nel quadro di future missioni satellitari.
Per quanto concerne i settori dell'istruzione, formazione, ricerca e innovazione, il Trattato mira a implementare la mobilità tra i due Paesi rafforzando la conoscenza delle rispettive culture e condividendo le rispettive esperienze, in particolare attraverso il programma europeo Erasmus+. Allo stesso modo, anche in ambito culturale i due Stati si impegnano a promuovere la vicinanza dei rispettivi popoli e il comune sentimento di appartenenza europea mediante scambi all'interno della società civile e la mobilità dei giovani, che rimane fondamentale per la creazione di quel sentimento europeista troppe volte minato in diversi Paesi d'Europa, come nel caso della Brexit, e che vive, ancora oggi, momenti di forte difficoltà.
Quelli che ho passato in rassegna sono alcuni dei temi affrontati dal Trattato che ci accingiamo a ratificare, cioè quelli che ritengo più importanti. Vado a concludere con alcune considerazioni che ritengo doverose. La prima, che ho ricordato anche nel corso delle audizioni di molti Ministri intervenuti, è quella che se dovessimo leggere il Trattato e applicarlo alla lettera avremmo risolto la stragrande maggioranza non solo dei problemi nei rapporti tra Italia e Francia ma anche in seno europeo. Purtroppo, come ben sappiamo, un conto sono i trattati su carta, un conto è la loro piena applicazione, che spesso non vanno di pari passo. Una cosa, però, è certa: le basi sono estremamente solide e positive. Il lavoro diplomatico è stato eccellente, ma ora dovremo essere bravi a rendere operative le tantissime opportunità che questo Trattato ci offre. In sostanza, va bene la teoria ma ora serve la pratica, perché altrimenti avremo solo perso tempo e una grande occasione. Lavoriamo, quindi, per la rapida approvazione in entrambi i rami del Parlamento e concentriamoci poi a promuovere velocemente i potenziali effetti benefici. Come Commissione esteri, da questo punto di vista abbiamo addirittura iniziato in anticipo intensificando la diplomazia parlamentare con missioni reciproche, Italia e Francia, con l'impegno a renderle costanti.
La seconda considerazione che ritengo opportuna pone l'accento su quella che potrebbe sembrare, agli occhi dei più attenti, un'anomalia. Come detto in diversi passaggi precedenti, viviamo un momento storico in cui la solidità europea è stata messa a dura prova dalla pandemia e ora dalla guerra russo-ucraina. In questo quadro abbiamo sempre promosso - e continuiamo a farlo - l'unità europea di tutti i 27 Paesi membri. L'anomalia cui facevo cenno è che parliamo tanto di multilateralismo e poi approviamo un Trattato bilaterale con la Francia. Credo sia doveroso spiegare che l'obiettivo che ci stiamo ponendo non è quello di creare il club dei privilegiati, che cercano di imporre le scelte all'Europa, ma è esattamente l'opposto. Il rafforzamento della cooperazione tra i nostri due Paesi deve essere visto come un asse forte che mira a indirizzare scelte politiche lungimiranti e rafforzative per l'intero continente. Tanti trattati bilaterali che rafforzano i rapporti tra i Paesi locomotiva dell'Europa non possono che fare bene a individuare quella guida forte di cui l'Europa stessa ha bisogno. Qui mi ricollego all'ultima considerazione, prima di chiudere il mio intervento, che più che una considerazione è un auspicio. Questo Trattato arriva nel solco di un altro importante Trattato europeo bilaterale stipulato tra Francia e Germania nel 2019 tra i rispettivi Presidenti Macron e Merkel, noto come Trattato di Aquisgrana. Credo sia importante, e come MoVimento 5 Stelle siamo pronti a sostenerlo in ogni sede possibile, lavorare ora per chiudere questo triangolo con un atto analogo tra Italia e Germania. Se lo faremo, compiremo un grosso passo in avanti, non solo per il rafforzamento dei rapporti, già fortemente interconnessi, tra noi che, dopo l'uscita del Regno Unito, rappresentiamo le tre economie più importanti del continente, ma potremo anche ridare un forte slancio all'Occidente intero in un momento in cui l'ordine geopolitico mondiale si appresta a subire cambiamenti. Se ci faremo trovare pronti, potremo essere protagonisti di un cambiamento positivo e ricco di opportunità, ma che, se non sarà governato, potrebbe invece comportare novità pesanti per l'Europa, per la nostra sicurezza, per la stabilità del nostro mercato interno e dell'ordine sociale, e di conseguenza per l'esistenza dell'Unione europea stessa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Billi. Ne ha facoltà.
SIMONE BILLI (LEGA). Presidente, Vice Ministro, onorevoli colleghi, questo disegno di legge è di rilevanza storica per l'autorizzazione a ratificare il cosiddetto Trattato del Quirinale, firmato da Italia e Francia al termine di trattative molto complesse, iniziate almeno nel 2017, all'epoca del Governo Gentiloni. Si tratta, infatti, di un accordo di vasta portata, che lega Roma a Parigi, istituzionalizzando la concertazione politica preventiva tra loro nell'ambito di una vera e propria cooperazione bilaterale rafforzata, modellata sull'esempio del Trattato franco-tedesco dell'Eliseo e del successivo Trattato di Aquisgrana. Dall'approvazione del provvedimento non deriveranno maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, ma basta dare una scorsa ai 12 articoli del Trattato per capire quanto sia impegnativo per noi come Paese. Si prevede la cooperazione bilaterale nel campo della politica estera, da attivare tanto a livello politico quanto a livello di alti funzionari in costanza di crisi o alla vigilia di importanti appuntamenti internazionali. Si stabilisce che Italia e Francia sviluppino la cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa, con l'obiettivo di sviluppare le capacità di interesse comune, al fine di migliorare l'efficienza e la competitività dei rispettivi sistemi industriali e di contribuire allo sviluppo e al potenziamento della base industriale e tecnologica della difesa. A quanto si sa, le parti promuoveranno la creazione di alleanze industriali strutturate. Inoltre, si contempla la facilitazione del transito e dello stazionamento delle Forze armate dell'altra parte sul proprio territorio; un fatto di grande valenza non solo operativa, ma anche simbolica. Significa, infatti, che all'Italia potrà essere chiesto di ospitare unità militari francesi sul proprio suolo. L'articolo 3 concerne la cooperazione nel campo degli affari europei, nel quale si prefigura un impianto d'azione comune che si estende dalla politica economica a quella industriale, a quella energetica, della concorrenza e altro ancora. È probabilmente in questo articolo la ragione dell'adesione italiana. Proviamo a contenere il rigore tedesco assieme alla Francia.
L'articolo 4, invece, riguarda le politiche migratorie, la giustizia e gli affari interni. Si punterebbe a perseguire una politica solidale e responsabile, che contempli tanto la ripartizione degli oneri quanto degli accordi con i Paesi sorgente e di transito; obiettivi sui quali, come Lega, siamo assolutamente concordi. L'articolo 5 è dedicato alla cooperazione economica, industriale e digitale; saranno incoraggiati gli investimenti diretti reciproci. Il dubbio in questo caso è che la capacità francese di fare sistema blindi le imprese transalpine e faciliti, senza vera reciprocità, la penetrazione francese nel tessuto produttivo e dei servizi italiani. L'articolo 6 approfondisce il tema dello sviluppo sociale, sostenibile ed inclusivo, secondo le linee programmatiche enunciate in materia dall'Unione europea. L'articolo 7 riguarda la politica spaziale, chiave dell'autonomia strategica europea, verosimilmente anche in rapporto con gli Stati Uniti. Sarà sviluppata la collaborazione industriale nel settore anche attraverso l'Agenzia spaziale europea, nella quale, peraltro, i francesi sono già molto forti. L'articolo 10 definisce la frontiera terrestre italo-francese un bacino di vita interconnesso, in cui le popolazioni italiana e francese condividono un destino comune. Le parti approfondiranno la loro cooperazione in materia di sicurezza, in particolare attraverso scambi di personale e favorendo la realizzazione di operazioni comuni e coordinate.
Sarebbe un progresso, visto che in passato abbiamo assistito a sconfinamenti dei gendarmi francesi non sempre giustificati.
L'articolo 11, invece, prevede l'organizzazione di Vertici intergovernativi annuali. Almeno una volta a trimestre un membro del Governo di una delle Parti parteciperà, in alternanza, alle riunioni del Governo della controparte. Nascerà, inoltre, un Comitato strategico paritetico composto dai segretari generali dei due Ministri degli Affari esteri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la scelta della cooperazione rafforzata risponde certamente alla convergenza degli interessi francese e italiano al bilanciamento della supremazia tedesca in Europa, con l'obiettivo di contenerne alcune manifestazioni sul terreno economico, politico ed istituzionale. L'andamento del confronto nelle Commissioni di questo ramo del Parlamento, tuttavia, ha comprovato come, a fronte del riconoscimento di questa esigenza, sia acutamente avvertito il rischio della nostra subordinazione che deriverebbe dagli squilibri di forza esistenti tra le controparti. A fronte di 240 mila addetti in Francia al servizio di gruppi imprenditoriali italiani, nel nostro Paese i posti di lavoro dipendenti dagli investimenti francesi ammontano, infatti, a un milione e 700 mila. Parigi dispone, inoltre, del diritto di veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed è una potenza nucleare, con interessi in tutto il mondo. È alla luce di queste considerazioni che in Commissione la Lega ha raccomandato di monitorare attentamente ciò che accadrà nella fase attuativa di questo Trattato. A questo proposito, appare interessante l'idea, veicolata in audizione dal Ministro della Difesa Guerini, di provare a bilanciare il peso del Trattato del Quirinale stringendone altri di uguale contenuto con la Spagna e anche con la Germania, come, del resto, ha fatto anche la Francia, ad Aquisgrana, in modo tale da poter negoziare su più tavoli, volta per volta, la composizione di interessi più favorevole per il nostro Paese.
Sarà, infine, necessario tenere conto di nuovi sviluppi introdotti nella geopolitica europea dallo scoppio della guerra russo-ucraina. Francia e Italia sembrano già coordinarsi, esprimendo in modo coordinato l'istanza europea alla ripresa del dialogo delle parti; circostanza che sembra confermare la congruità del Trattato del Quirinale con i nostri interessi nazionali. Il dato nuovo, tuttavia, è ora l'annunciato riarmo della Germania, rispetto al quale il problema dell'avanzamento del processo di integrazione europea e quello del mantenimento degli equilibri del nostro continente assumono un nuovo significato. La necessità del bilanciamento ne esce, infatti, rafforzata tanto nell'ambito industriale quanto in quello della sicurezza. Pertanto “sì” al Trattato una volta di più, ma gestendolo in modo oculato e funzionale ai nostri interessi, senza alcuna soggezione al nostro partner francese.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 3423-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare la deputata Lia Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Cento anni fa, a Mosca, nasceva Andrej Sacharov, fisico, padre della bomba all'idrogeno, il più importante e il più noto scienziato russo dell'epoca o, forse, dello scorso secolo. Il più giovane membro dell'Accademia delle Scienze, tre volte Eroe del lavoro socialista, vinse l'Ordine di Lenin nel 1954, il Premio Stalin, il Premio Lenin. Ma non fu solo questo: a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, Sacharov si distinse per le sue battaglie per i diritti civili a sostegno di tutti i dissidenti in Russia. Nel 1970 fondò il Comitato per i diritti civili, utilizzando i suoi privilegi di membro dell'Accademia delle Scienze e intervenendo presso il segretario del Partito comunista dell'Unione Sovietica e presso tutti i membri del Politburo, per difendere la causa dei diritti umani in quel Paese. Fu profetico anche in questo. Si batté per far rientrare i tatari di Crimea, si batté perché l'Unione Sovietica si assumesse la responsabilità del massacro di Katyn.
Vinse il Premio Nobel per la pace nel 1975, come portavoce della coscienza dell'umanità. Oggi il suo nome è apposto a un importante premio internazionale, il premio Sacharov per la libertà di pensiero, che ogni anno il Parlamento europeo dà a quelle figure che si battono per i diritti umani nel mondo. Il primo premio fu dato a Nelson Mandela nel 1988 e il premio del 2021 è stato dato da David Sassoli ad Aleksej Navalny.
Sacharov fu pieno di quel senso di colpa e di vergogna di cui parlano molti russi anche oggi di fronte a quanto sta facendo Vladimir Putin. Fu, però, in grado di trasformare la sua posizione di privilegio e la sua voce in Russia e internazionale per diventare il simbolo del dissenso. Questa è la Russia che noi vogliamo anche oggi ricordare e anche oggi celebrare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 24 maggio 2022 - Ore 11:
1. Svolgimento di interpellanze e di una interrogazione .
(ore 14)
2. Informativa urgente del Governo in vista del G7 dei Ministri dell'energia e dell'ambiente del 25-27 maggio 2022.
(ore 15,30)
3. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2330 - Delega al Governo in materia di contratti pubblici (Approvato dal Senato). (C. 3514-A)
e delle abbinate proposte di legge: DE CARLO; BENVENUTO ed altri; MURA ed altri; GAGLIARDI ed altri; PRISCO; PAROLO ed altri; ZIELLO ed altri; CONSIGLIO REGIONALE DELLA BASILICATA. (C. 1644-2157-2516-2518-2566-2616-2712-3433)
Relatrici: BRAGA e MAZZETTI.
4. Seguito della discussione delle mozioni Lupi, Squeri e Schullian n. 1-00540, Vianello ed altri n. 1-00545, Masi ed altri n. 1-00614, Binelli ed altri n. 1-00628, Foti ed altri n. 1-00641 e Dori ed altri n. 1-00649 concernenti iniziative in materia di energia nucleare di nuova generazione .
5. Seguito della discussione della proposta di legge:
SIANI ed altri: Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori. (C. 2298-A)
e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI ed altri; BELLUCCI ed altri. (C. 1780-3129)
Relatore: VERINI.
6. Seguito della discussione delle mozioni Nappi ed altri n. 1-00618, Carnevali ed altri n. 1-00643, Gemmato ed altri n. 1-00645, Mandelli ed altri n. 1-00647, Panizzut ed altri n. 1-00648, Menga ed altri n. 1-00651 e Sapia ed altri n. 1-00654 concernenti iniziative per la riorganizzazione dell'assistenza sanitaria territoriale .
7. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00639, Incerti, Fornaro ed altri n. 1-00642, Lollobrigida ed altri n. 1-00644, Nevi ed altri n. 1-00646 e Siragusa ed altri n. 1-00653 concernenti iniziative volte ad incrementare le misure per il contrasto della peste suina africana e per il sostegno della filiera suinicola .
8. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243-3357-A)
Relatore: FIANO.
9. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610, Raduzzi ed altri n. 1-00620 e Lollobrigida ed altri n. 1-00632 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .
10. Seguito della discussione delle mozioni Biancofiore ed altri n. 1-00557, Maria Tripodi ed altri n. 1-00626, Lollobrigida ed altri n. 1-00635 e Aresta ed altri n. 1-00652 concernenti iniziative normative volte al ripristino della festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate .
11. Seguito della discussione della proposta di legge:
FOTI ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività. (C. 1059-A/R)
Relatori: DEIANA, per la maggioranza; FOTI, di minoranza.
12. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Ruggieri. (Doc. IV-ter, n. 22-A)
Relatrice: EVA LORENZONI.
13. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Donzelli. (Doc. IV-quater, n. 2)
Relatore: CONTE.
14. Seguito della discussione del disegno di legge:
Delega al Governo per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288. (C. 3475-A)
Relatrice: BOLDI.
15. Seguito della discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, fatto a Roma il 26 novembre 2021. (C. 3423-A)
Relatrice: QUARTAPELLE PROCOPIO.
La seduta termina alle 14,15.