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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 luglio 2018
33.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00111 Cecconi: Iniziative volte alla regolamentazione dell'utilizzo e della vendita della cosiddetta cannabis light.
5-00116 Bellucci: Iniziative volte a bloccare vendita dei prodotti a base di cannabis a basso contenuto di Thc.

  TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo congiuntamente alle interrogazioni degli Onorevoli Cecconi e Bellucci poiché le stesse vertono sulla medesima materia, sostanziandosi, pur dopo premesse in parte differenti, in un pressoché identico quesito rivolto al Ministero della salute.
  Voglio, innanzitutto, ringraziare gli interroganti poiché, con i loro atti ispettivi, mi consentono di fare chiarezza su una tematica che ha ricevuto notevole attenzione mediatica, dalla quale, tuttavia, non è emersa a sufficienza la obiettiva complessità del fenomeno.
  Corrisponde a verità la circostanza che l'origine e la diffusione del fenomeno sia stata, di fatto, favorita dalle disposizioni contenute nella legge n. 242 del 2016.
  Si deve, tuttavia, precisare che detto intervento normativo fa riferimento ad una pluralità di impieghi che difficilmente possono essere ricondotti all'offerta commerciale di fatto proposta dai tanti, nuovi esercizi diffusisi in questi ultimi mesi.
  Una disposizione, in particolare, della legge n. 242/2016 risulterebbe essere all'origine del fenomeno: ci si riferisce all'articolo 4, comma 5, il quale se, da un lato, introduce effettivamente una scriminante per la condotta dell'agricoltore che detenga piante di canapa risultate ai controlli con un contenuto di THC superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, dall'altro, nulla dispone in merito all'eventuale destinazione d'uso delle infiorescenze che rientrino entro detto range: una scriminante, questa, orientata, nell'intenzione del legislatore, solo ad esonerare di qualsivoglia responsabilità penale il coltivatore che, in buona fede, vedesse, ad esempio per effetto di agenti atmosferici, accrescere il contenuto di THC nelle proprie coltivazioni.
  È, dunque, sulla base solo di una delle molteplici interpretazioni delle norme della legge n. 242, che il fenomeno di cui si è detto dianzi viene asseritamente definito quale «cannabis legale»: ciò anche in ragione della circostanza che tali prodotti – per quanto offerti al pubblico come vagamente riconducibili agli impieghi previsti dalla legge n. 242/2016 ed in quanto non bisognevoli delle autorizzazioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 – sono venduti senza che ne sia indicata alcuna modalità di utilizzo o di assunzione (essi, infatti, vengono presentati talora come «oggetti da collezione», talaltra come materiale «industriale» o «tecnico»).
  La complessità del quadro sopra delineato ha, dunque, determinato questo Dicastero – posto nella obiettiva difficoltà di individuare eventuali profili di rischio connessi agli impieghi ed alle modalità di utilizzo concretamente adottati dai consumatori – a richiedere l'autorevole parere del Consiglio superiore di sanità.
  Va tuttavia ricordato che il Consiglio superiore di sanità si è esclusivamente espresso nel senso della potenziale pericolosità dei prodotti presentati alla vendita Pag. 190quali «cannabis» o «cannabis light» o «cannabis leggera», evidenziando la estrema variabilità degli effetti che un utilizzo privo di prescrizioni – e, pertanto, privo di limiti di quantità oltre che di indicazioni sulle modalità di assunzione – può determinare da soggetto a soggetto.
  In ogni caso, ritengo corretto segnalare che si deve al Ministro Grillo la decisione di rendere pubblico, alla luce della delicatezza della materia che non può essere confusa con una banalizzazione della problematica, nell'ottica del principio di massima trasparenza cui questo Governo tiene moltissimo, la versione integrale del parere del Consiglio superiore di sanità, del quale erano stati resi noti, fino al quel momento, solo alcuni passaggi parziali, tali da non agevolare una piena comprensione del complesso fenomeno.
  A fronte delle valutazioni del Consiglio Superiore di sanità, le quali risultano improntate – come è giusto che sia – al principio di massima precauzione, il Ministero, come noto, ha chiesto un parere all'Avvocatura Generale dello Stato in ordine alle iniziative che, sulla base dell'ordinamento vigente, sia lecito adottare.
  La complessità del fenomeno, tuttavia, è confermata anche dalla circostanza che, la medesima Avvocatura ha ritenuto opportuno integrare l'istruttoria al fine di acquisire ulteriori elementi dagli altri Dicasteri competenti istituzionalmente.
  Comunico, inoltre che, nelle more dell'acquisizione del cennato parere, il Ministro della salute, il 28 giugno scorso, ha ritenuto opportuno investire anche l'istituto Superiore di Sanità per ottenerne l'avviso in ordine agli eventuali profili di rischio per la salute pubblica ed individuale connessi agli impieghi e alle modalità di utilizzo dei prodotti in parola.
  In conclusione, voglio rassicurare gli interroganti, che il Ministero della salute, non appena avrà acquisito i pareri richiesti, valuterà prontamente le iniziative idonee a tutelare la salute individuale e collettiva, se del caso anche attraverso la definizione di un nuovo quadro regolativo e normativo del fenomeno, il quale, per la sua obiettiva complessità, potrebbe investire anche profili di competenza di altri Dicasteri.

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ALLEGATO 2

5-00112 Panizzut: Utilizzo diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Innanzitutto, voglio scusarmi per l'estremo tecnicismo degli elementi che mi appresto a fornirvi: ciò, tuttavia, è dovuto allo stesso tenore del quesito postomi, che impone una risposta dettagliata e, appunto, tecnica.
  Come correttamente indicato dagli Onorevoli interroganti, l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 542/1994, dispone testualmente che «Le apparecchiature R.M. “settoriali” – dedicate, cioè, agli arti – utilizzanti elettromagneti e/o magneti permanenti o misti, con valori di campo statico di induzione magnetica non superiori a 0,5 Tesla, non sono soggette a autorizzazione all'installazione ed all'uso».
  Il comma 3 dello stesso articolo 3, soggiunge che dette apparecchiature possono essere installate in tutte le strutture sanitarie pubbliche o private, comprese quelle non dotate del servizio di radiologia diagnostica.
  In caso di apparecchiature diagnostiche RMN «settoriali», la normativa prevede, dunque, che la struttura sanitaria (privata o pubblica) che intenda installare tale tipologia di apparecchiatura non debba chiedere un'autorizzazione specifica all'installazione, essendo solo obbligata a dare comunicazione alle autorità competenti (Ministero della salute, Regione, INAIL ed Istituto Superiore di Sanità) dell'inizio dell'attività.
  Questo tipo di apparecchiature RMN settoriali sono, pertanto, le uniche che non necessitano di preventiva autorizzazione per poter essere installate, mentre le apparecchiature RMN che effettuano l'esame diagnostico per tutti i segmenti del corpo sono soggette ad autorizzazione.
  Il progresso della tecnologia di settore consente attualmente ai fabbricanti di apparecchiature RMN di mettere in commercio altre RMN denominate anch'esse «settoriali» – e, dunque, dedicate allo studio degli arti e con campo magnetico che non superi 0,5 Tesla – ma che consentono anche l'esplorazione di altri distretti corporei, in particolare la spalla, l'anca ed il rachide vertebrale.
  Il fabbricante mette a disposizione dello specialista radiologo un mezzo diagnostico sicuro ed idoneo, come qualità di immagine e destinazione d'uso, anche allo studio di altri segmenti oltre agli arti, ma tali apparecchiature pongono effettivamente una problematica di autorizzazione preventiva dell'installazione.
  Infatti, nel decreto del Presidente della Repubblica n. 542/1994, il testo non sembra lasciare dubbi in merito alla tipologia di RMN che la normativa abbia ritenuto di esonerare da una preventiva autorizzazione di autorità sanitaria: apparecchiature settoriali – dedicate agli arti.
  Va da sé che le apparecchiature RMN di nuova generazione sopra descritte non possano essere considerate come settoriali propriamente dette, ai sensi dell'articolo 3, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 542/1994, beneficiando così dell'esonero dell'autorizzazione.
  Peraltro, è noto anche a questa Amministrazione che un'interpretazione più estensiva del significato di RMN settoriali data nel tempo da alcune amministrazioni regionali, ha prodotto una situazione non Pag. 192uniforme sul territorio nazionale. Alcune Regioni infatti, anche con apposite leggi regionali, hanno consentito l'installazione delle RMN settoriali di nuova generazione {con possibilità di esame di altri distretti oltre agli arti) senza la preventiva autorizzazione.}
  Proprio al fine di stabilire «standards» di sicurezza ed impiego per le apparecchiature RMN, il Ministero della Salute ha attivato, nel novembre 2017, un tavolo tecnico di esperti di settore in risonanza magnetica, che ha approvato un documento tecnico finalizzato all'adozione di nuovi riferimenti aggiornati all'evoluzione tecnologica del settore ed alla contestuale abrogazione dei vetusti «standard di sicurezza».
  Tale documento recepisce le varie istanze innovative provenienti sia dal mondo scientifico nazionale ed internazionale per gli aspetti di sicurezza in ambito RMN, sia dalle aziende produttrici di dispositivi medici per la coerenza con la Direttiva 93/42/CEE, sia dagli organi di vigilanza per gli aspetti connessi alle installazioni ed impianti RMN, sia per l'organizzazione operativa funzionale all'ottenimento della miglior prestazione diagnostica possibile.
  Con tale documento, che ha acquisito i pareri favorevoli dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'INAIL e del Consiglio Superiore di Sanità, e che è attualmente in attesa del parere della Conferenza Stato-Regioni, è stata fornita un'interpretazione univoca ed unanime delle apparecchiature RMN settoriali: solo quelle settoriali propriamente dette (dedicate esclusivamente allo studio degli arti) potranno essere esonerate dalla richiesta di autorizzazione alla competente Regione, proprio per consentire a quest'ultima di espletare la prevista prerogativa di programmazione che la normativa (decreto del Presidente della Repubblica n. 542/1994, articolo 5, comma 2) riserva in ambito di apparecchiature RMN che eseguono anche lo studio di altri distretti corporei diversi dagli arti.
  Dopo che sarà stato acquisito il citato parere della Conferenza Stato-Regioni, le predette indicazioni costituiranno, pertanto, un punto di chiarificazione definitivo sulla problematica rappresentata, consentendo una omogenea applicazione della normativa in parola su tutto il territorio nazionale.

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ALLEGATO 3

5-00113 Novelli: Erogazione di farmaci da parte degli operatori socio-sanitari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, la figura dell'Operatore Socio Sanitario (OSS) è stata definita nell'ambito dell'Accordo tra il Ministro della Sanità, il Ministro per la Solidarietà Sociale e le Regioni e Province Autonome del 22 febbraio 2001.
  In particolare, l'Operatore socio-sanitario, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale regionale, svolge attività indirizzata a soddisfare bisogni primari della persona, nell'ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario.
  Detto Accordo, oltre alle attività e alle specifiche competenze della figura in esame, individua anche gli obiettivi del relativo percorso formativo attraverso corsi di mille ore, la cui organizzazione è stata interamente demandata alle Regioni e alle Province Autonome, cui compete l'istituzione dei corsi medesimi e l'individuazione del numero dei posti disponibili sulla base del fabbisogno regionale annualmente determinato.
  Per quanto attiene alle attività previste per l'Operatore Socio Sanitario, si precisa che le stesse sono definite dettagliatamente dagli allegati A e B del citato Accordo Stato-Regioni.
  Preciso che tra le competenze ascrivibili a tale Operatore, non è prevista la somministrazione della terapia farmacologica al paziente, potendo l'Operatore Socio Sanitario soltanto: «aiutare – in sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del Personale preposto – per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso».
  Per la tipologia di formazione e le competenze attribuite, l'Operatore Socio Sanitario, a seguito degli interventi legislativi nel settore delle professioni sanitarie, è ritenuto, secondo il Ministero della salute, far parte della categoria dell'Operatore di interesse sanitario, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 26 febbraio 2006, n. 43, ed in quanto tale non assimilabile alle professioni sanitarie, che conseguono un'abilitazione all'esercizio professionale all'esito di un corso triennale universitario.
  Peraltro, l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito con modificazioni, nella legge 8 gennaio 2002, n. 1 recante «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario», ha previsto che, con apposito Accordo, venisse disciplinata per l'Operatore Socio Sanitario la formazione complementare in assistenza sanitaria, al fine di consentire a detto Operatore di collaborare con l'infermiere o con l'ostetrica e di svolgere autonomamente alcune attività, assistenziali, in base all'organizzazione dell'unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
  In attuazione di tali previsioni normative, si è reso dunque necessario completare il profilo dell'Operatore Socio Sanitario con una formazione complementare in assistenza sanitaria, che è stata disciplinata con l'Accordo siglato in data 16 gennaio 2003 tra il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome.Pag. 194
  L'Operatore Socio Sanitario, che con formazione complementare acquisisce una sua «specializzazione», conseguendo un attestato che gli consente di collaborare con l'infermiere e con l'ostetrica nello svolgimento di alcune attività assistenziali, nell'ambito, comunque, dei limiti ben individuati dall'Accordo medesimo.
  Nell'allegato A dell'Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, in particolare, è previsto che l'Operatore Socio Sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria: «è in grado di eseguire la somministrazione, per via naturale, della terapia prescritta, conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione».
  Inoltre, egli è in grado di eseguire: «la terapia intramuscolare e sottocutanea su specifica pianificazione infermieristica, conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione».
  Pertanto, in conclusione, si deve rimarcare che i compiti e le funzioni dell'Operatore Socio Sanitario e dell'OSSS (OSS specializzato) all'interno delle organizzazioni aziendali, devono in ogni caso essere coerenti con le disposizioni ora citate.
  Preciso, comunque, che sulla base della normativa sopra esposta, tali compiti non possono confondersi con quelli ascrivibili alla professione sanitaria di Infermiere, che in qualità di responsabile dell'assistenza generale deve sovrintendere in ogni caso alle attività dell'Operatore Socio Sanitario e dell'Operatore Socio Sanitario con formazione complementare.
  Nell'ambito dell'Ordinamento Costituzionale vigente, resta, peraltro, affidato alle Regioni il compito di assicurare che in ciascuna realtà organizzativa venga data piena attuazione al quadro normativo di riferimento sopra descritto.
  Occorre, infine, segnalare che l'istituzione di una specifica area delle professioni socio-sanitarie all'interno del Servizio Sanitario Nazionale, trova oggi pieno riconoscimento attraverso l'articolo 5 della legge n. 3 del 2018, il quale rinvia ad uno o più Accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni l'individuazione di nuovi profili professionali socio-sanitari.
  L'individuazione di tali nuovi profili, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, dovrà avvenire in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Patto per la salute e nei Piani sanitari e socio-sanitari regionali.
  Il medesimo articolo 5 stabilisce inoltre che: «sono ricompresi nell'area professionale socio-sanitaria i preesistenti profili professionali di operatore socio-sanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale».
  Peraltro, l'istituzione dell'area socio-sanitaria è prevista anche nel nuovo CCNL Comparto sanità 2016-2018, che demanda ad una specifica Commissione paritetica tra Aran e Parti firmatari, l'individuazione del personale da collocare in essa.
  A tal riguardo, voglio rimarcare che il Ministero della salute avvierà approfondimenti con le Regioni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 3 del 2018.
  Da ultimo, con riferimento specifico ai fatti rappresentati nell'interrogazione parlamentare in esame, nulla risulta agli atti della competente Direzione Generale di questo Ministero.
  Concludo assicurando che il Ministero della salute, nell'ambito dei propri poteri di vigilanza, è sempre pronto ad attivare i Carabinieri-NAS, ogni qualvolta pervengano segnalazioni e/o esposti relativi a casi di esercizio abusivo di professioni sanitarie.

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ALLEGATO 4

5-00114 Carnevali: Iniziative volte a tenere sotto controllo la gestione delle liste d'attesa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La tematica in esame è, tuttora, disciplinata dal «Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2010-2012»: un documento evidentemente risalente nel tempo, il cui aggiornamento, purtroppo, non è ancora venuto a definizione, costituendo una eredità della precedente legislatura.
  Anche per questo motivo, il Ministro Grillo, tra i primi atti del suo insediamento, è voluta intervenire con una specifica iniziativa rivolta alle Regioni, di cui gli Onorevoli interroganti sono a conoscenza: motivo per il quale se ne rende inutile ripetere i contenuti.
  Mi concentrerò, allora, come richiesto dai colleghi interroganti, sui contenuti del nuovo Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2018-2020, la cui attività di aggiornamento sta proseguendo a cura del Tavolo Tecnico costituito da rappresentanti ed esperti del Ministero della salute, Regioni e Province Autonome, Agenas, Istituto Superiore di Sanità e «Cittadinanza Attiva».
  Obiettivo principale del nuovo Piano è quello di assicurare la condivisione di un percorso per il governo delle liste di attesa, finalizzato a garantire un appropriato, equo e tempestivo accesso dei cittadini ai servizi sanitari, che si realizza con l'applicazione di rigorosi criteri di appropriatezza, il rispetto delle classi di priorità, sia nella fase di prenotazione che di erogazione, nonché la trasparenza riguardo alle informazioni relative alle liste di attesa e alle modalità di prenotazione.
  Nello specifico, volendo anticipare i contenuti del PNGLA 2018-2020, attualmente in istruttoria, desidero rimarcare che sarà affermato il principio che nel caso di mancata esplicitazione dei tempi massimi di attesa nei Piani regionali, dovranno comunque essere rispettati i parametri temporali determinati nel Piano nazionale.
  Il PNGLA 2018-2020 fornirà, inoltre, l'elenco preciso delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera soggette ai monitoraggi, le cui risultanze, nell'ottica della massima trasparenza, saranno pubblicati periodicamente nel portale del Ministero della salute.
  Inoltre, verrà confermato l'obbligo di indicare sulla prescrizione il codice della classe di priorità, il quesito diagnostico e se si tratta di prime visite/prime prestazioni diagnostiche ovvero di accesso successivo.
  È importante che nelle prescrizioni sia chiaro, infatti, se si tratta di prestazione in primo accesso (primo contatto del cittadino con il Servizio Sanitario Nazionale) o in accesso successivo al primo (seconda visita, ulteriore indagine reputata necessaria al fine di approfondimento e del completamento dell’iter diagnostico e conseguente alla prestazione inizialmente richiesta).
  Le Aziende Sanitarie dovranno, inoltre, prevedere la possibilità di prenotare l'appuntamento direttamente, senza rimandare la prescrizione al Medico di Medicina Generale/Pediatra di Libera Scelta.
  Il nuovo Piano evidenzierà il diritto a che nei Piani regionali vengano riportate le modalità alternative di accesso alle prestazioni, nel caso in cui le stesse non Pag. 196possano essere garantite, con l'ordinaria offerta aziendale, nei tempi massimi di attesa individuati.
  Le Regioni, nei loro Piani regionali, dovranno provvedere ad un'adeguata organizzazione delle attività in libera professione erogata per conto e a carico delle Aziende, ai fini del contenimento dei tempi di attesa per le prestazioni particolarmente critiche, nonché alla verifica ed al controllo delle prestazioni erogate in libera professione a favore e a carico dell'utente che ne fa richiesta, per le quali devono essere attivati percorsi di prenotazione differenziati rispetto alle prenotazioni in regime istituzionale, attraverso numeri telefonici, sportelli e agende dedicate.
  Tra gli strumenti di governo della domanda, saranno promossi modelli gestionali, da attuarsi previa analisi di fattibilità e in relazione alle risorse disponibili, tra cui i «Raggruppamenti di Attesa Omogenea-RAO» per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, che prevedono il coinvolgimento di soggetti/medici prescrittori ed erogatori.
  Tra gli strumenti di governo dell'offerta, vi sarà l'implementazione della capacità erogativa, in relazione alle risorse disponibili e nel rispetto dei vincoli contrattuali, quali, ad esempio, l'estensione delle attività diagnostiche in fasce orarie ulteriori e diverse da quelle già programmate.
  Desidero rimarcare che il nuovo Piano sarà improntato alla gestione trasparente ed alla totale visibilità delle agende di prenotazione, tanto in modalità condivisa che riservata, sia per il primo accesso che per i controlli successivi, nonché delle prestazioni specialistiche, includendo tutta l'attività erogata, compresa quella in regime ALPI: il Centro Unico di Prenotazione deve gestire in maniera centralizzata tutte le agende delle strutture pubbliche e private accreditate.
  Riguardo la presa in carico del paziente e dei suoi bisogni, le Regioni e Province Autonome definiranno specifici percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali PDTA (sia in ambito ospedaliero che territoriale) correlati alle patologie di maggior impatto (oncologiche e cardio-vascolari, nell'ambito della cronicità) e ne cureranno l'implementazione, fornendo precise indicazioni nei propri Piani regionali di governo delle liste di attesa (PRGLA).
  In definitiva, il nuovo Piano stabilirà il principio per cui la fornitura di servizi in tempi congrui e rispondenti ai bisogni dei cittadini rientra tra i principali criteri di valutazione in merito alla attività delle Regioni, nel momento in cui queste intendano accedere al maggior finanziamento del SSN.
  I dati richiesti rappresenteranno, dunque, un parametro obiettivo, di natura tecnica e organizzativa, in grado di misurare l'effettivo impegno delle Regioni nel garantire l'erogazione di prestazioni entro tempi appropriati alle condizioni cliniche dei pazienti.
  Concludo rassicurando gli Onorevoli interroganti che la soluzione dell'annosa e complessa questione delle liste di attesa rappresenta una priorità per il Ministro della salute, come peraltro indicato nel contratto di governo, e che le relative iniziative potranno già essere attuate nell'ambito delle risorse complessivamente a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale.

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ALLEGATO 5

5-00115 Lapia: Sulla situazione del presidio ospedaliero «S. Francesco» di Nuoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio gli onorevoli interroganti per il quesito posto con l'interrogazione in esame ed illustro le notizie acquisite da parte dell'Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna, cui, come noto, compete l'organizzazione dei servizi sanitari sul territorio.
  L'Assessorato ha inteso, innanzitutto, precisare che nessun taglio è previsto nel 2018 in Sardegna nei confronti del personale sanitario, in quanto dopo due anni di riduzione del «turn over», le Aziende Sanitarie potranno ricoprire, entro quest'anno, il 100 per cento delle cessazioni dal Servizio.
  Sempre secondo il predetto Assessorato, il processo di stabilizzazione e le nomine in ruolo per circa 1500 dipendenti, stanno determinando un certo rallentamento temporaneo, che si sta risolvendo in questi giorni.
  In particolare, per quanto riguarda una «dismissione delle principali funzioni dei reparti del Presidio Ospedaliero San Francesco di Nuoro e la carenza del personale addetto» è stato qui riferito che al momento risulta pianificata una riduzione/sospensione programmata di attività ambulatoriali o di sala operatoria, nei mesi di luglio ed agosto, in relazione al «piano ferie», predisposto al fine di consentire il godimento di un adeguato periodo di riposo, per tutto il personale della dirigenza e del comparto, nell'arco temporale compreso tra il 15 giugno-30 settembre.
  Nel frattempo, la competente Direzione aziendale è impegnata ad assicurare le sostituzioni di personale del comparto assente per lunghi periodi tramite assunzioni a tempo determinato, nonché attraverso la proroga dei contratti in scadenza nei prossimi mesi e l'acquisizione del personale su posto vacante o in sostituzione.
  È stata inoltre data assicurazione che viene tenuto sotto costante monitoraggio il rispetto della normativa sull'organizzazione del lavoro, non risultando tendenzialmente, finora, violazioni per riduzione dei periodi di riposo (11 ore tra un turno e l'altro) relativamente al personale del comparto.
  Per quanto concerne il Pronto Soccorso, con 32.000 passaggi annui (e tempi di attesa migliori rispetto a quelli del 2017), al momento risultano in servizio un numero di medici sufficiente ad assicurare la copertura dei turni, con n. 2 medici e n. 5 infermieri per turni diurni e n. 4 notturno, stante il personale assente per ferie, infortunio e pensionamento.
  In relazione alle criticità segnalate per la Unità Operativa di Ostetricia-Ginecologia, determinate dall'assenza non programmata di 3 ostetriche, in attesa del reclutamento di personale in sostituzione, si è ritenuto opportuno, così come già accaduto anche nel recente passato, avvalersi della collaborazione degli Infermieri strumentisti del Blocco Operatorio, in particolare dell'equipe A2, che si occupa di chirurgia elettiva e d'urgenza per Urologia e Ginecologia: ciò al fine di garantire la massima sicurezza per utenti e professionisti nel Punto nascita e nello stesso Blocco Operatorio.
  A tal proposito, viene precisato che né il profilo professionale, né il codice deontologico impediscono all'infermiere e all'Ostetrica il supporto all'attività operatoria nella gestione del parto cesareo.Pag. 198
  L'assenza delle 3 ostetriche ha inevitabilmente comportato una ricalendarizzazione delle attività; tuttavia l'Assessorato ha voluto sottolineare l'impegno dell'intera struttura finalizzato a ridurre i disagi, per cui va riconosciuto in particolare il lavoro degli operatori sanitari interessati, fermo restando che non sussiste alcun pregiudizio per la sicurezza dei pazienti.
  La Direzione ATS Sardegna/ASSL Nuoro è, inoltre, impegnata in un piano di riorganizzazione delle attività, con una specifica attenzione proprio alle problematiche della sicurezza di pazienti e operatori, e che – con il coinvolgimento di tutti i professionisti interessati e l'acquisizione di ulteriori risorse – consentirà al Presidio Ospedaliero San Francesco, in sinergia con Azienda Ospedaliera «Brotzu» e Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, di svolgere appieno il suo ruolo di «terzo polo» sanitario regionale nella rete dell'emergenza-urgenza per le patologie tempo-dipendenti.
  In relazione alla riferita mancanza di farmaci necessari ed essenziali a garantire i livelli minimi di cura dei pazienti, l'Assessorato ha ammesso che il sistema di approvvigionamento ha registrato qualche criticità in passato, tuttavia compensata tra le varie Aree.
  In relazione al presunto non utilizzo di macchinari per assenza di personale, l'Assessorato ha riferito che si sono verificate parziali assenze programmate del personale su parziali funzioni specifiche, ma questo non è in alcun modo riconducibile alla volontà di depotenziare servizi e prestazioni del P.O. «San Francesco» di Nuoro.
  In conclusione, desidero assicurare gli onorevoli interroganti che in esito ad una più accurata analisi dei dati e delle informazioni che sono stati raccolti specificatamente per questo atto ispettivo, il Ministero valuterà le opportune iniziative finalizzate a tutelare il livello essenziale delle prestazioni e dei servizi sanitari offerti dall'Ospedale San Francesco di Nuoro, a migliore tutela della cittadinanza servita da tale presidio ospedaliero.