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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 settembre 2018
60.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni (Atto n. 20).

PARERE APPROVATO

  La Commissione II,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   rilevato che:
    il provvedimento in discussione è diretto ad attuare la delega contenuta nella legge 23 giugno 2017, n. 103, recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario», nella parte relativa all'adeguamento delle norme dell'ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei minori di età;
    come sottolineato nella relazione introduttiva della schema di decreto legislativo, l'introduzione di una normativa speciale per l'esecuzione della pena nei confronti dei condannati minorenni, si è resa necessaria per adattare la disciplina dell'ordinamento penitenziario alle specifiche esigenze di tali soggetti, con specifico riguardo al peculiare percorso educativo e di reinserimento sociale di cui gli stessi necessitano in ragione della giovane età;
    il provvedimento, conformemente ai principi di delega enunciati all'articolo 1, comma 85, lettera p), della legge sopra richiamata, consente di dare attuazione agli impegni assunti dall'Italia in sede di ratifica e sottoscrizione di diverse convenzioni internazionali (Regole di Pechino, Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei minori), dalle quali emerge la necessità che l'esecuzione penale sia delineata in modo da garantire l'individualizzazione e la flessibilità del trattamento, tenendo conto prioritariamente del superiore interesse del minore;
    in particolare, l'articolo 1 dello schema di decreto legislativo stabilisce, al comma 2, che l'esecuzione della pena detentiva e delle «misure penali di comunità» deve favorire la responsabilizzazione, l'educazione e il pieno sviluppo psicofisico del minore, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale, oltre che prevenire la commissione di ulteriori reati;
    l'ambito di applicazione del provvedimento, come evidenziato nella relazione illustrativa, riguarda non solo i minorenni autori di reato, ma anche i giovani al sotto dei venticinque anni di età, cosiddetti giovani adulti, che pure necessitano, analogamente ai primi, di efficaci percorsi di recupero e di reinserimento sociale. L'articolo 24 del decreto legislativo n. 272 del 1989, come modificato dall'articolo 5 del decreto-legge n. 92 del 2014, prevede, infatti, che le misure cautelari, le misure alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di sicurezza si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo, ma non il venticinquesimo anno di età, sempre che, per quanti abbiano già compiuto il ventunesimo anno, non ricorrano particolari ragioni di sicurezza valutate dal giudice competente, tenuto conto altresì delle finalità rieducative;
    sarebbe necessario, a questo riguardo, riconsiderare la complessiva disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti Pag. 38dei «giovani adulti». La permanenza di tali soggetti nel circuito minorile non dovrebbe, infatti, essere determinata da alcun automatismo, ma condizionata ad una valutazione dell'effettiva adesione del condannato al programma di intervento educativo, con il coinvolgimento dei servizi competenti;
    in particolare, dovrebbero essere oggetto di riflessione le vigenti disposizioni dell'Ordinamento penitenziario che consentono il passaggio dei soggetti maggiorenni detenuti presso le strutture carcerarie per adulti agli istituti penitenziari minorili. Inoltre, dovrebbero essere introdotte disposizioni dirette a prevedere che, quando le finalità rieducative del giovane adulto che stia espiando la pena all'interno di un istituto minorile non risultino in alcun modo perseguibili a causa della mancata adesione al programma educativo in atto, lo stesso debba espiare la pena in un istituto penitenziario per adulti;
   ritenuto che:
    il Capo II del provvedimento è dedicato alle «misure penali di comunità», quali misure alternative specificamente destinate ai condannati minorenni. Tali misure, come stabilito dall'articolo 2, comma 2, sono disposte quando risultano idonee a favorire «l'evoluzione positiva della personalità e un proficuo percorso educativo e di recupero, sempre che non vi sia il pericolo che il condannato si sottragga all'esecuzione penale o commetta altri reati»;
    nello specifico, tra le misure penali di comunità individuate dal comma 1 dell'articolo 2, figura – oltre all'affidamento in prova al servizio sociale, l'affidamento in prova con detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare, la semilibertà – anche l'affidamento in prova terapeutico (comma 1), che tuttavia, diversamente dalle precedenti, non è disciplinato dallo schema di decreto legislativo;
    appare, pertanto, necessario introdurre, al richiamato articolo 2 del provvedimento, una disposizione diretta a chiarire che, relativamente alla misura dell'affidamento terapeutico, trova applicazione la disciplina generale di cui all'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Testo unico delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza);
    il comma 3 dell'articolo 2 dispone che, ai fini della concessione delle misure penali di comunità e dei permessi premio e per l'assegnazione al lavoro esterno trova applicazione l'articolo 4-bis, commi 1 e 1-bis, dell'ordinamento penitenziario;
    tale previsione non appare compatibile con l'orientamento della Corte Costituzionale in ordine al divieto di automatismi e preclusioni in ambito minorile, poiché in contrasto con la funzione rieducativa della pena dei detenuti minorenni e con il principio di individualizzazione del trattamento. La norma, quindi, dovrebbe essere riformulata;
    il medesimo articolo 2, al comma 7, prevede che l'esecuzione penale di comunità deve rispondere anche al principio di territorialità, all'uopo si prevede infatti che essa avvenga principalmente nel contesto di vita del minorenne e nel rispetto delle positive relazioni socio familiari, «salvo che non si ravvisino elementi tali da far ritenere sussistenti collegamenti con la criminalità organizzata»;
    tale norma andrebbe riformulata in termini più ampi;
   ritenuto altresì che:
    l'articolo 4, riprendendo quanto previsto dall'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, disciplina l'affidamento in prova al servizio sociale. La misura in questione consiste nell'affidamento del condannato all'ufficio di servizio sociale per i minorenni per lo svolgimento del programma di intervento educativo. La soglia di pena prevista per l'accesso all'affidamento in prova dei minorenni è fissata in 6 anni (comma 1);Pag. 39
    tale limite di pena non appare sufficientemente congruo, rilevandosi la necessità di modificare la soglia di accesso alla misura in questione nel limite di quattro anni della pena detentiva da eseguire;
    il medesimo articolo, al comma 2, dispone che il programma di intervento educativo, predisposto in collaborazione con i servizi sanitari territoriali, deve contenere gli impegni in ordine: a) alle attività di istruzione, di formazione, di lavoro o comunque utili dal punto di vista educativo e per l'inserimento sociale; b) alle prescrizioni riguardanti la dimora, la libertà di movimento e divieti di frequentare determinati luoghi; c) alle prescrizioni dirette ad impedire lo svolgimento di attività non consentite o relazioni personali che potrebbero portare alla commissione di ulteriori reati. Appare opportuno, a questo riguardo, prevedere ulteriori prescrizioni relative al contenuto del programma, in modo da renderlo più dettagliato;
    il comma 5 dello stesso articolo 4 prevede, inoltre, che nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza sulla base delle indicazioni fornite dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni. Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate dal direttore dell'ufficio sociale per i minorenni, il quale ne dà immediata comunicazione al magistrato di sorveglianza. A tale riguardo, dovrebbe essere specificato che tali deroghe possono essere autorizzate solo per motivi di urgenza;
    l'articolo 6, nel disciplinare la misura della detenzione domiciliare, prevede, al comma 1, che il condannato possa essere ammesso a tale misura, che può essere disposta quando non vi siano le condizioni per l'affidamento in prova al servizio sociale e per l'affidamento in prova al servizio sociale con detenzione domiciliare, se la pena detentiva da eseguire non sia superiore a quattro anni;
    tale soglia di accesso alla misura della detenzione domiciliare appare eccessivamente ampia, dovendo la stessa essere ricondotta nel limite di tre anni della pena detentiva da eseguire;
   considerato che:
    l'articolo 8 reca infine disposizioni volte a razionalizzare e uniformare le procedure comuni a tutte le misure alternative alla detenzione, in considerazione del fatto che la attuale disciplina risulta affrontata in modo disorganico, essendo contenuta in parte nella legge sull'ordinamento penitenziario e in parte nel regolamento di esecuzione della stessa;
    in particolare, il comma 1, del predetto articolo dispone che la competenza a decidere sull'adozione, sostituzione e revoca delle misure penali di comunità spetta al tribunale di sorveglianza per i minorenni. Si prevede, inoltre, che l'adozione della misura è disposta «su richiesta dell'interessato, del difensore e dell'esercente la responsabilità genitoriale nel caso in cui il condannato sia ancora minorenne, o su proposta del pubblico ministero o dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni»;
    appare necessario meglio precisare il tenore della norma, in modo da distinguere in modo più chiaro i casi in cui in cui il condannato sia maggiorenne (in tale ipotesi potendo la richiesta essere presentata dal soggetto interessato) da quelli in cui lo stesso non abbia, invece, compiuto la maggiore età (in tal caso, potendo l'istanza essere presentata dal difensore o dall'esercente la potestà genitoriale), ferma restando la possibilità di disporre l'applicazione della misura su proposta del pubblico ministero o dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni;
   considerato altresì che:
    l'articolo 16, al comma 1, prevede che le camere di pernottamento devono essere adattate alle esigenze di vita individuale dei detenuti e devono ospitare due persone, stabilendo, in ogni caso, che non possono essere ospitati più di quattro detenuti;Pag. 40
    la disposizione dovrebbe essere riformulata in modo meno rigido, limitandosi a prevedere che ciascuna camera di pernottamento possa ospitare sino ad un massimo di quattro persone;
    l'articolo 17 del provvedimento garantisce ai detenuti la permanenza all'aperto «per un tempo non inferiore a quattro ore al giorno». Si specifica, inoltre, che tale periodo «non può essere ridotto»;
    appare necessario modificare tale disposizione, stabilendo che tale permanenza possa essere ridotta per motivi specifici;
   evidenziato che:
    l'articolo 19 del provvedimento prevede, al comma 1, che il detenuto ha diritto a otto colloqui mensili con i congiunti e con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo, distribuiti su almeno quattro giorni, di cui «uno festivo o prefestivo». Ogni colloquio ha una durata non inferiore «a sessanta minuti». La durata massima di ciascuna conversazione telefonica mediante dispositivi, anche mobili, in dotazione dell'istituto, è di «venti minuti»;
    al fine di meglio precisarne il tenore applicativo, la disposizione dovrebbe essere riformulata, prevedendo che il detenuto abbia diritto a otto colloqui mensili, di cui almeno uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo. Dovrebbero, inoltre, essere precisati sia la durata massima di ogni colloquio, sia il numero massimo di conversazioni telefoniche cui può settimanalmente avere accesso il condannato. Dovrebbero, infine, essere previsti strumenti diretti a prevenire il rischio di contatti del detenuto con ambienti di natura criminale;
    il medesimo articolo 19 stabilisce, al comma 3, che sono contemplate visite prolungate, della durata non inferiore a quattro ore, con una o più delle persone tra quelle indicate al comma precedente;
    appare necessario modificare la disposizione, specificando tanto il numero massimo di visite prolungate di cui ciascun condannato può beneficiare, quanto la loro durata massima;
   valutato che:
    l'articolo 21, introducendo e disciplinando la vigilanza dinamica e forme di custodia attenuata, prevede, al comma 1, che le camere di pernottamento, fuori dalle ore dedicate al riposo pomeridiano e notturno, devono restare aperte;
    tale disposizione suscita rilevanti perplessità, non prevedendo alcuna possibilità di deroga in merito a situazioni che presentano profili di pericolosità. La norma dovrebbe, quindi, essere soppressa, al fine di scongiurare eventuali rischi per la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari;
   valutato, infine, che:
    l'articolo 22 esclude espressamente l'applicazione del regime della sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario, per i detenuti minorenni (comma 1). Con riguardo ai giovani adulti tale provvedimento di rigore può trovare applicazione solo laddove ricorrano casi di eccezionale gravità e comunque per un periodo non superiore a tre mesi, prorogabile una sola volta. In relazione alle restrizioni connesse al suddetto regime la disposizione esclude che esse possano riguardare il diritto alla socialità. Si prevede, inoltre, che l'adozione del provvedimento con il quale si applica la sorveglianza particolare sia accompagnata dalla previsione di una costante opera di sostegno degli operatori volta al ripristino del regime ordinario (comma 2);
    l'articolo in discussione andrebbe soppresso, non ravvisandosi particolari ragioni ostative all'applicazione, nei confronti dei minorenni e dei giovani adulti, della medesima disciplina in tema di sorveglianza particolare prevista per i soggetti adulti;
    l'articolo 23 sancisce il principio, già presente nell'ordinamento penitenziario, della territorialità dell'esecuzione penale. Pag. 41La disposizione prevede, infatti, che a meno che non ricorrano «comprovate ragioni ostative», anche dovute a collegamenti con ambienti criminali, la pena deve essere eseguita in istituti prossimi alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle famiglie, in modo da mantenere le relazioni personali e socio-familiari educativamente e socialmente significative (comma 1);
    la norma dovrebbe essere riformulata, stabilendo che il principio della territorialità dell'esecuzione dovrebbe poter essere oggetto di deroga non esclusivamente «per comprovate ragioni ostative», ma per specifici motivi che dovranno essere oggetto di più ampia e discrezionale valutazione da parte dell'autorità giudiziaria;
    l'articolo 24, al comma 1, ridisegna le sanzioni disciplinari da comminare ai minori, le quali consistono: a) nel rimprovero verbale e scritto del direttore dell'istituto; b) in attività dirette a rimediare al danno cagionato; c) nell'esclusione dalle attività ricreative per non più di dieci giorni; d) nell'esclusione dalle attività in comune per non più di dieci giorni,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 7, dopo le parole: «socio-familiari,» siano inserite le seguenti: «salvo motivi contrari e, in ogni caso,»; sia, inoltre, introdotta, al medesimo articolo, una disposizione diretta a precisare che, relativamente alla misura dell'affidamento terapeutico, trova applicazione la disciplina generale di cui all'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990;
   2) all'articolo 4, siano apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, sostituire la parola: «sei» con la seguente: «quattro»; b) al comma 5, secondo periodo, aggiungere dopo le parole: «sono autorizzate», le seguenti: «per motivi di urgenza»;
   3) all'articolo 6, comma 1, siano sostituite le parole: «quattro anni» con le seguenti: « tre anni»;
   4) all'articolo 8, comma 1, sia sostituito il secondo periodo con i seguenti: «L'adozione della misura penale non può essere disposta d'ufficio, ma su richiesta dell'interessato, se maggiorenne. Nel caso in cui il condannato non abbia compiuto la maggiore età, la richiesta è presentata dal difensore o dall'esercente la responsabilità genitoriale. L'adozione della misura può essere proposta dal pubblico ministero o dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni»;
   5) all'articolo 16, sia sostituito il comma 1 con il seguente: «Le camere di pernottamento devono essere adattate alle esigenze di vita individuale dei detenuti e possono ospitare sino ad un massimo di quattro persone»;
   6) all'articolo 17, comma 1, sia sostituito il secondo periodo con il seguente: «Tale periodo può essere ridotto per specifici motivi.»;
   7) all'articolo 19, comma 1, sia sostituito il primo periodo con il seguente: «Il detenuto ha diritto ad otto colloqui mensili, di cui almeno uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo, con i congiunti e con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo». Siano, inoltre, precisate, al medesimo comma, sia la durata massima di ogni colloquio, sia il numero massimo di conversazioni telefoniche cui può settimanalmente avere accesso il condannato. Siano, infine, previsti strumenti diretti a prevenire il rischio di influenze esterne o di contatti del detenuto con ambienti di natura criminale;
   8) all'articolo 19, comma 3, sia specificato tanto il numero massimo di visite prolungate di cui ciascun condannato può beneficiare, quanto la loro durata massima;
   9) all'articolo 21, comma 1, sia soppresso il primo periodo;Pag. 42
   10) sia soppresso l'articolo 22;
   11) all'articolo 23, comma 1, siano sostituite le parole: «Salvo comprovate ragioni ostative, anche dovute» con le seguenti: «Salvo specifici motivi, anche dovuti»;
   12) all'articolo 26, comma 4, terzo periodo, sostituire la parola: «docente» con la seguente: «educativo»;
   13) relativamente ai soggetti tra i 18 e i 25 anni di età (c.d. giovani adulti), siano inserite nel provvedimento disposizioni dirette a evitare che i detenuti transitati negli istituti per adulti possano tornare ad espiare la pena in un istituto minorile. Siano, inoltre, introdotte disposizioni dirette a prevedere che, quando le finalità rieducative del giovane adulto che stia espiando la pena all'interno di un istituto minorile non risultino in alcun modo perseguibili a causa della sua mancata adesione al programma educativo in atto, la pena debba essere espiata in un istituto penitenziario per adulti;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2, valuti il Governo l'opportunità di riformulare il comma 3, in modo da renderlo chiaramente compatibile con la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale in ordine al divieto di automatismi e preclusioni per i minori di età;
   b) all'articolo 4, comma 2, valuti il Governo l'opportunità di prevedere ulteriori prescrizioni relative al contenuto del programma di intervento educativo;
   c) all'articolo 7, comma 4, valuti il Governo l'opportunità di sostituire il secondo e terzo periodo con i seguenti: «Se il condannato rimane assente dall'istituto, senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare. In tali casi la semilibertà può essere revocata.»

Pag. 43

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale (Atto n. 37).

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto, recante disposizioni per la revisione della disciplina del casellario giudiziale;
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo in titolo è adottato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 1, comma 18, della legge 23 giugno 2017, n. 103 del 2017;
    il provvedimento, come si evince dalla relazione illustrativa, è diretto ad adeguare la disciplina del casellario giudiziale alle modifiche intervenute nella materia penale, anche processuale, e nel diritto dell'Unione europea in materia di protezione dei dati personali, con l'obiettivo della semplificazione del procedimento e della riduzione degli adempimenti amministrativi (articolo 1, comma 18, lettera a), della legge richiamata);
    lo stesso, inoltre, coerentemente ai criteri di delega (articolo 1, comma 18, lettera b)), è volto a delimitare l'ambito entro il quale le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi possono richiedere all'Ufficio del casellario centrale il certificato generale contenente le iscrizioni presenti nella banca dati a nome di una determinata persona, quando tale certificato sia necessario alle loro funzioni;
   rilevato che:
    in particolare, l'articolo 4 dello schema di decreto, nel recare modifiche all'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002, contenente la disciplina relativa ai certificati del casellario giudiziale, unifica le tipologie di certificato rilasciabile su richiesta dell'interessato, attualmente rappresentate dai certificati generale, penale e civile, ed individua un'unica species di certificato (» certificato del casellario giudiziale»), contenente tutte le iscrizioni esistenti nel casellario giudiziale a carico di un determinato soggetto;
    viene, inoltre, adeguato il contenuto dell'articolo 27 del citato decreto del Presidente della Repubblica (certificato del casellario dei carichi pendenti richiesto dall'interessato) a quanto previsto dall'articolo 24 per il certificato del casellario giudiziale su richiesta dell'interessato, disponendo che non vi figurino: i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'articolo 131 del codice penale; l'ordinanza che, ai sensi dell'articolo 464-quater del codice di procedura penale, dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova; la sentenza che, ai sensi dell'articolo 464-septies del codice di procedura penale, dichiara estinto il reato per esito positivo della messa alla prova;
    attualmente, il certificato dei carichi pendenti può essere richiesto solo all'Ufficio del Casellario Giudiziale presso la Procura della Repubblica nella cui circoscrizione è compreso il Comune di residenza dell'interessato, consentendo la conoscenza dei procedimenti penali a carico di un determinato soggetto e gli eventuali relativi giudizi di impugnazione;Pag. 44
    di tali dati, come pure evidenziato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nella relazione approvata nella seduta del 27 aprile 2016 (DOC. XXIII, n. 13), non è disponibile una aggregazione sistematica e unitaria, non essendo ancora stato istituito un casellario nazionale dei carichi pendenti;
    la questione appare di indubbia rilevanza e dovrebbe essere oggetto di valutazione da parte dell'Esecutivo, atteso che il problema pare ascrivibile a ragioni di carattere tecnico-informatico ed organizzatorio, piuttosto che strettamente ordinamentale;
   rilevato altresì che:
    l'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313 dispone, alla lettera b), che le iscrizioni nel casellario dei carichi pendenti sono eliminate alla cessazione della qualità di imputato ai sensi dell'articolo 60, comma 2, del codice di procedura penale;
    competente a disporre l'eliminazione è l'Ufficio iscrizione, che, tuttavia, non sempre vi provvede sollecitamente;
    anche tale questione, che come quella esposta in precedenza è ascrivibile a problemi di natura meramente tecnico-organizzativa, e non di carattere ordinamentale, appare meritevole di riflessione da parte del Governo, che dovrebbe adottare tutte le iniziative volte a garantire la tempestiva eliminazione dal casellario dei carichi pendenti delle sentenze di non luogo a procedere (articolo 428 c.p.p) non più soggette ad impugnazione e delle sentenze di proscioglimento (articolo 529 e seguenti c.p.p) divenute irrevocabili;
   valutato che:
    l'articolo 2 del provvedimento, nel modificare l'articolo 5, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, sostituisce il limite finale di conservazione delle iscrizioni, attualmente individuato nel compimento, da parte del soggetto intestatario delle stesse, dell'ottantesimo anno di età, con quello del decorso di cento anni dalla nascita della persona cui si riferiscono, anche se anteriormente deceduta. Secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa, la disposizione trova la sua ratio giustificativa nell'esigenza di allineare il nostro ordinamento «a quanto previsto nella maggior parte degli altri Paesi europei»;
    l'articolo 3 dello schema di decreto, inoltre, nel novellare l'articolo 19, comma 5, del richiamato testo unico, prevede che l'ufficio centrale elimini dal sistema le iscrizioni relative alle persone «trascorsi cento anni dalla nascita»;
    la morte, pertanto, non è più prevista come motivo di cancellazione dell'iscrizione. In merito a tale aspetto, sul quale si è soffermato anche il Garante della protezione dei dati personali nel parere espresso il 13 settembre ultimo scorso, dovrebbe essere valutata l'opportunità di prevedere la morte quale causa di eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale, quando vi sia richiesta degli eredi della persona cui le stesse iscrizioni si riferiscono;
   ritenuto che:
    l'articolo 7, oltre a prevedere l'ordinario termine iniziale di entrata in vigore del decreto legislativo (comma 1), stabilisce che alcune disposizioni comportanti modifiche tecniche del sistema, acquistano efficacia decorsi uno (comma 2) o due anni (comma 3) dalla pubblicazione del decreto stesso;
    appare opportuno riconsiderare tale regime transitorio, dal momento che il differimento dell'entrata in vigore di alcune delle disposizioni del provvedimento, tra le quali, in particolare, quelle dirette a modificare i commi da 1 a 8 dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 313 del 2002 Pag. 45(relativi ai certificati richiesti dalle pubbliche amministrazioni e gestori di pubblici servizi), potrebbe determinare discontinuità nell'accesso dei soggetti interessati alle certificazioni rilasciate dal casellario,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   agli articoli 2 e 3 dello schema di decreto legislativo, valuti l'Esecutivo l'opportunità di prevedere la morte quale motivo di eliminazione delle iscrizioni dal casellario giudiziale, quando vi sia richiesta degli eredi della persona cui le medesime iscrizioni si riferiscono.

Pag. 46

ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario (Atto n. 39).

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante riforma dell'ordinamento penitenziario che dà attuazione alla delega conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, nella parte relativa alle modifiche all'ordinamento penitenziario (articolo 1, commi 82, 83 e 85, lett. a), d), i) l), m) o), r), t) e u));
   considerato che:
    il 16 gennaio 2018 era stato trasmesso alle Camere un primo schema di decreto legislativo attuativo della delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario (AG 511), sul quale le Commissioni Giustizia di Camera e Senato si erano espresse entrambe con pareri favorevoli con condizioni e osservazioni;
    successivamente il Governo – in regime di prorogatio delle Camere – aveva trasmesso, il 23 marzo, ai sensi dell'articolo 1, comma 83 della citata legge n. 103, un nuovo schema di decreto legislativo ai fini del «secondo parere» (AG 17) sul quale le Commissioni Giustizia delle nuove Camere hanno reso parere contrario;
    a seguito dei pareri contrari espressi dalle competenti Commissioni parlamentari sul precedente schema di decreto, il Governo ha elaborato un nuovo testo del decreto legislativo e lo ha trasmesso alle Camere – come si legge nella relazione illustrativa – «così avviando un nuovo procedimento di esercizio della delega, con conseguente applicazione, per la prima volta, della proroga di 60 giorni del relativo termine» prevista dall'articolo 1, comma 83, della legge 23 giugno 2017, n. 103;
   rilevato che:
    lo schema di decreto si caratterizza – secondo quanto specificato nella relazione illustrativa che accompagna il testo – per la «scelta di mancata attuazione della delega nella parte complessivamente volta alla facilitazione dell'accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi»;
    valutato positivamente il nuovo impianto del provvedimento che – in considerazione dei pareri contrari da ultimo resi dalle Camere – non dà quindi attuazione alla parte della delega volta alla facilitazione dell'accesso alle misure alternative e alla eliminazione di automatismi preclusivi (lettere b), c) ed e) del comma 85 dell'articolo 1 della legge n. 103 del 2017).
    valutato il parere reso dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nella seduta del 6 settembre scorso che ha condizionato il parere favorevole all'accoglimento di specifiche proposte emendative;
    ritenuta l'opportunità di recepire le suddette proposte emendative in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti.

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:

   valuti il Governo l'opportunità di recepire le proposte emendative formulate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in materia di modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti.