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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 ottobre 2019
254.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00338 Quartapelle Procopio e altri: Sull'offensiva della Turchia in atto nel Nord della Siria.

NUOVA FORMULAZIONE N. 7-00338.

   La III Commissione,
   premesso che,
    la crisi siriana è iniziata nel marzo del 2011, all'interno del contesto delle cosiddette «primavere arabe», una serie di proteste ed agitazioni occorse a cavallo tra il 2010 e il 2011 in molti Stati del Vicino oriente e del Nord Africa. A partire dal 2012 la crisi siriana è degenerata in vero e proprio conflitto armato tra l'esercito regolare siriano e una varietà di sigle, autonome o eterodirette da Paesi terzi della regione. Sin da subito, sono risultate coinvolte migliaia di combattenti stranieri (foreign fighter) provenienti da decine di altri Paesi;
    tale componente di foreign fighter è riconducibile a istanze del cosiddetto jihadismo islamista, dal cui ambiente sono emerse una varietà di raggruppamenti che hanno contribuito in maniera significativa alla nascita del sedicente «Stato Islamico» (Da'ish o Daesh o ISIS), sorto al confine tra Siria ed Iraq e proclamato nel luglio 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi;
    nella variegata cornice delle forze che hanno combattuto contro Daesh il contributo delle formazioni politico-militari di estrazione curda è stato decisivo dapprima per contenere l'espansione di Daesh e poi per sconfiggerlo nel quadrante ad esse delegato dalla Coalizione internazionale anti-Daesh e dagli Stati Uniti. Nello specifico, il contributo delle componenti curde è stato determinante nell'azione sul campo a difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, divenuta la capitale siriana di Daesh. Tali obiettivi sono stati conseguiti dopo strenui combattimenti nelle città e nei villaggi e con enorme sacrificio in termini di vite umane e di sofferenze e violenze subite dalla popolazione civile curdo-siriana;
    il confronto con gli islamisti di Daesh ha acquisito profondo valore simbolico anche alla luce del particolare modello di governo locale di ispirazione democratica, partecipativa e pluralista instaurato nell'area. Particolare rilievo hanno avuto le donne curde impegnate nelle formazioni armate del Kurdistan siriano, offrendo al mondo un esempio di straordinario coraggio e valore nella difesa del proprio popolo, del territorio e della propria dignità;
    il 7 ottobre 2109 il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inaspettatamente annunciato l'immediato ritiro delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria, dando il via libera all'offensiva turca, motivata da Ankara con la necessità di instaurare una fascia di sicurezza in territorio siriano, a ridosso del confine tra Siria e Turchia, in cui reinsediare circa due milioni di profughi siriani, con pesanti ripercussioni sugli equilibri etnici nella regione del Rojava;
    le modalità del ritiro statunitense, improvviso e non concordato con i principali attori internazionali, hanno esposto l'intera area del nord-est siriano a pericolosi scenari di instabilità, tra cui la rivivificazione dello Stato islamico, sconfitto ma tuttora in attività, nonché all'apparente sottovalutazione degli interessi di tutti gli attori internazionali che hanno Pag. 57una forte proiezione nella regione. Un'ulteriore preoccupazione investe il piano della sicurezza nei Paesi confinanti e in Europa, a causa dell'incertezza nella gestione di migliaia di prigionieri appartenenti a Daesh e dei loro familiari – di cui svariate migliaia provengono dall'Europa – detenuti anche nelle carceri curde, con evidenti e inimmaginabili ripercussioni sul piano della sicurezza collettiva;
    la decisione di Trump è stata fortemente contestata negli Stati Uniti tanto nel campo democratico quanto in quello repubblicano, al punto da indurre il presidente statunitense ad attenuare la linea sul piano del ritiro militare e a proporsi come mediatore tra curdi e Turchia;
    il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è purtroppo ancora riuscito a produrre una dichiarazione comune sull'offensiva della Turchia in Siria a causa del dissenso da parte di Russia e Stati Uniti;
    l'Unione europea ha dal canto suo richiamato la Turchia alle sue responsabilità come Paese membro della Coalizione internazionale anti-Daesh chiedendo il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU 2254 e del Comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dalla Siria nel processo di Ginevra a guida ONU;
    quanto alla NATO, l'Italia con Germania, Spagna, Olanda e Stati Uniti partecipa alla missione «Active Fence», istituita su richiesta della Turchia di incrementare il dispositivo di difesa area integrato per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria;
    la Turchia ricopre un ruolo cruciale in ambito NATO, un'alleanza militare difensiva il cui Statuto tuttavia prevede, all'articolo 1, l'impegno delle Parti alla composizione pacifica di qualsiasi controversia internazionale in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite;
    le dichiarazioni del Segretario Generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, richiederebbero un chiarimento quanto al rispetto da parte della Turchia dei principi fondanti dell'Alleanza alla luce delle notizie su bombardamenti di centri abitati, di autoambulanze della Mezza Luna Rossa e delle numerose vittime civili già registrate, oltre alle decine di migliaia di persone già in fuga dalle città e dai villaggi;
    la dinamica ondivaga delle diplomazie occidentali, nel corso degli eventi bellici occorsi in Siria a partire dal 2011, ha indotto alla fine i curdi siriani a riconsiderare a loro volta l'asse delle proprie alleanze interne ed esterne al Paese, ricercando e trovando proprio presso Damasco protezione e salvezza dalla furia delle incursioni turche, da ultimo con l'accordo sottoscritto con il governo nella base aeronautica russa in Siria di Hmeimim in data 13 ottobre 2019, con il quale le Forze democratiche siriane (FDS) e l'Unità di protezione popolare (YPG), assi portanti dell'autonomia curda in Siria, convengono sullo spiegamento delle forze armate siriane lungo l'intero confine con la Turchia, a partire dalle roccaforti curde di Kobane e Manbij;
    nel nostro ordinamento l'articolo 1 della legge 9 luglio 1990, n. 185, recante Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, impone la conformità di ogni esportazione, importazione e transito di materiale di armamento alla politica estera e di difesa dell'Italia, ai principi della Costituzione repubblicana, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e li vieta espressamente quando siano in contrasto, tra l'altro, con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato e della lotta contro il terrorismo o quando riguardino Paesi in stato di conflitto armato e verso i Paesi i cui governi sono responsabili di Pag. 58accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo;
    importanti Paesi europei – Germania, Francia ma anche Olanda, Norvegia e Finlandia – hanno già disposto la sospensione della forniture di armamenti ad Ankara e lo stesso presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, che ha a fin da subito manifestato profonda preoccupazione per l'iniziativa unilaterale della Turchia, con una nota ha preannunciato che il Governo italiano è impegnato nell'Ue per arrivare a «una moratoria nella vendita di armi alla Turchia» e «si adopererà per contrastare l'azione militare turca nel Nord-Est della Siria con ogni strumento consentito dal diritto internazionale»;
    il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, già in conclusione del Consiglio affari esteri, tenutosi a Lussemburgo il 14 ottobre 2019, ha preannunciato un decreto ministeriale con cui bloccare l'export di armamenti verso la Turchia;
    giungono attendibili segnalazioni sul rapido incremento del numero degli sfollati, tra cui migliaia di civili fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa, ormai privo di vigilanza. Tra le 10 mila persone in fuga, sarebbero oltre 800 familiari di membri dell'ISIS, per lo più donne e bambini;
    Recep Tayyip Erdogan, capo di Stato di un Paese formalmente candidato all'ingresso nell'Unione europea e firmatario nel 2016 di un accordo con Bruxelles per la gestione dei migranti siriani a fronte di un contributo di 6 miliardi di euro in parte già versati, non ha esitato a ricattare l'Europa minacciando di innescare un flusso assai rilevante di profughi se le cancellerie europee non dovessero riconoscere la legittimità della sua iniziativa militare contro la Siria e i curdi del Rojava;
    il Consiglio europeo del 17-18 ottobre, chiamato ad affrontare la crisi con la Turchia, non potrà fare a meno di valutare misure da adottare nei confronti di Ankara sul piano militare ma anche economico, con inevitabili ripercussioni sull'andamento negoziato di adesione, già gravemente compromesso dai recenti accadimenti,

impegna il Governo:
   a chiedere con forza alle Autorità turche un'immediata cessazione delle ostilità nel nord della Siria, unitamente al monito affinché non siano perpetrati crimini di pulizia etnica, né siano realizzate deportazioni di massa o commesse violazioni dei diritti umani e affinché sia preservata l'incolumità della popolazione civile dell'area e, in particolare, la sicurezza delle strutture sanitarie preposte al soccorso e cura dei feriti, nonché quella degli operatori umanitari, dei giornalisti e degli operatori dell'informazione presenti sul campo;
   a condannare fermamente in sede internazionale l'azione militare della Turchia, collaborando attivamente in seno a tali organizzazioni internazionali per ottenere l'immediato cessate il fuoco e il ripristino di condizioni di sicurezza anche nell'interesse del contrasto a Daesh;
   a chiedere in sede ONU e continuare a chiedere in sede UE l'obiettivo di un embargo sulla fornitura di armamenti ad Ankara, procedendo contestualmente sulla base delle disposizioni della legge n. 185 del 1990 alla sospensione delle esportazioni dall'Italia verso la Turchia;
   proporre in sede ONU e UE l'istituzione di un gruppo di contatto per arrivare a un cessate il fuoco immediato;
   a promuovere in sede NATO l'immediato avvio di una riflessione complessiva su una sospensione dell'Operazione Active Fence valutando la possibilità di anticipare le procedure di dismissione operativa della batteria italiana, già previsto per dicembre;
   a promuovere una sospensione dei negoziati sul rinnovo della Facility for Pag. 59Refugees in Turkey e una urgente riflessione a livello europeo sull'insieme dei trasferimenti alla Turchia e a prevedere – in base all'evolversi delle risposte degli interlocutori – l'attivazione di procedure in ambito eurounitario che includa la possibilità di attivare meccanismi sanzionatori;
   a valutare – anche sulla base delle determinazioni dell'autorità giudiziaria – il trasferimento nelle carceri italiane dei foreign fighters di nazionalità italiana attualmente detenuti in territorio siriano;
   a prevedere l'immediata messa in campo di strumenti di aiuto umanitario e di supporto alla popolazione civile, in sinergia con le Nazioni Unite e gli operatori umanitari presenti sul terreno.
(7-00338) «Quartapelle Procopio, Cabras, Fassino, Palazzotto, Migliore, Andrea Romano, Schirò, La Marca, Boldrini».

Pag. 60

ALLEGATO 2

Risoluzione n. 7-00340 Delmastro Delle Vedove: Sull'offensiva della Turchia in atto nel Nord della Siria.

TESTO DELLA RISOLUZIONE N. 7-00340.

   La III Commissione,
   premesso che:
    la Turchia del presidente Erdogan ha assunto da tempo una pericolosa deriva islamista che nella politica domestica si traduce nella compressione dei più elementari diritti politici e sociali dei cittadini, mentre nella politica estera si traduce nella costante eccitazione di una logica di scontro di civiltà in nome dell'islamismo politico;
    il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdogan rivendica la tradizione dell'islam politico, e sta occupando ogni carica dello Stato con cui il sultano Erdogan ha costruito una modernissima e preoccupante «democratura islamista»;
    la Turchia di Erdogan ha smantellato, nel complice silenzio occidentale ed europeo, i principi laici introdotti da Ataturk nei suoi sedici anni di ininterrotto governo;
    l'adesione della Turchia alla Nato ha, sino ad oggi, «coperto politicamente» la deriva islamista del sultano Erdogan, nonostante numerosi riscontri della sua politica di contiguità con il jihadismo globale per il tramite del servizio di intelligence (MIT);
    in particolare, nel contesto della guerra all'Isis, i funzionari turchi spesso hanno garantito accoglienza all'interno dei confini del Paese della mezzaluna ai militanti di Isis che scappavano dai curdi, fatto che confermato dalla notizia che molti jihadisti catturati dai curdi nel Nord della Siria fossero in possesso di documenti per entrare e uscire regolarmente dal territorio turco e abbiano affermato di essere stati assistiti da funzionari turchi;
    altra terribile circostanza di riscontro è costituita dal fatto che miliziani jihadisti hanno collaborato con i militari turchi non solo nell'occupazione di Afrin, città a Nord della Siria, ma anche nella conseguente pulizia etnica;
    ulteriormente due funzionari dell’intelligence turca, catturati dai guerriglieri curdi nel nord dell'Iraq nel 2017, hanno fornito nomi e contatti di una presunta rete di assistenza all'Isis e ad altri gruppi jihadisti che sono operativi in Siria e in Iraq, una rete di assistenza che farebbe capo direttamente al governo turco di Erdogan;
    a ciò si aggiunga che Wikileaks ha pubblicato 58.000 email che testimoniano, senza possibilità di smentita, il coinvolgimento del genero di Erdogan, Berat Albayrak, nel sostegno al mercato illegale del petrolio dell'Isis rubato dai pozzi di Siria e Iraq, la cui vendita finanziava il Califfato nell'acquisto di armi;
    ancora, la figlia del presidente turco, Sumeyye Erdogan, ha organizzato a Sanliurfa – città nella parte sud orientale della Turchia vicina al confine siriano – un centro medico che include un ospedale per curare i feriti dell'Isis;
    secondo diversi osservatori Erdogan sarebbe il principale sponsor del terrorismo jihadista nella regione, una sorta Pag. 61di padrino per i «fratelli» del Califfato, che in Turchia vengono sostenuti e protetti;
    recentemente, a New York, durante l'assemblea generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli esteri egiziano, Ahmed Hafez, ha lanciato precise accuse contro Erdogan, sostenendo che il presidente turco supporta il terrorismo dell'Isis anche in Libia, attraverso la costante fornitura di assistenza militare, armi e addestramento;
    Erdogan sta pascendo e proteggendo i terroristi del presente e del futuro; nel suo Paese si addestra quel terrore che mira a destabilizzare l'Europa attraverso attentati e stragi, e le bombe contro i curdi fanno parte di un piano ben preciso: indebolire tutti di fronte ai possibili prossimi attentati terroristici di matrice islamica;
    ancora, al fine di rappresentare la simbolica battaglia ingaggiata contro l'Europa, l'Occidente e la Cristianità, riproducendo la retorica jihadista volta a cancellare le tracce della Cristianità proprio dalle terre della prima Cristianità, il sultano Erdogan ha ancora, nel marzo 2019, ribadito che Santa Sofia, la storica chiesa della Cristianità costruita nel 537 dall'imperatore Bizantino Giustiniano, «non sarà più museo. Il suo status cambierà. La chiameremo moschea», alimentando la retorica islamista e anticristiana della «fratellanza dei naxbantiya» a cui appartiene;
    la politica estera del sultano Erdogan è ugualmente aggressiva, a partire dalle roboanti e inaccettabili affermazioni in ordine alla islamizzazione dell'Europa attraverso l'invito ai turchi europei alla proliferazione come quando alimentando la frustrazione degli immigrati turchi in Europa dichiarava stentoreo «Non fate tre, ma cinque figli perché siete il futuro dell'Europa»;
    a tacere di altre inaccettabili prese di posizione in politica domestica ed estera, il presidente Erdogan ha deciso di egemonizzare l'area nella convinzione che il futuro della Turchia sia non quello di piccola potenza regionale, ma di guida dell'islam politico;
    nei giorni scorsi, incredibilmente e in spregio ad ogni norma, il Ministro dell'energia turco Fatih Donmez ha dato sfacciatamente l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco 7, non solo e non tanto di pertinenza del Governo di Nicosia, quanto e soprattutto assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;
    l'inaudita posizione turca si inserisce nella sfacciata prosecuzione della sua temeraria politica energetica che, utilizzando il governo di Cipro del Nord, sostiene, in spregio alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che l'area marittima in questione appartenga alla piattaforma continentale turca;
    l'atteggiamento di aperta sfida turca pregiudica gli interessi all'approvvigionamento energetico nazionale, atteso che Eni detiene buona parte delle concessioni cipriote, ma soprattutto è una nuova sfida alla comunità internazionale ed un chiaro messaggio all'islamismo politico di cui, anche con queste azioni, vuole rivendicare la guida;
    l'Unione europea ha inserito il caso Turchia nell'agenda del Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 al fine di valutare la possibilità di assumere misure più severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota;
    la fallimentare e imbelle politica rinunciataria nei confronti di Erdogan da parte dell'Italia e della comunità internazionale ha evidentemente alimentato la convinzione del sultano di poter ulteriormente alzare l'asticella dello scontro;
    mercoledì 9 ottobre 2019 la Turchia ha, infatti, lanciato l'operazione «Sorgente di pace» nel nordest della Siria con l'ingresso di truppe e mezzi militari che dovranno occupare una fascia di circa Pag. 6230 chilometri a partire dal confine turco all'interno del territorio del Kurdistan siriano;
    ufficialmente l'operazione è volta a costituire una fascia di sicurezza per «eliminare i gruppi terroristi esistenti nella regione, specialmente Daesh e Pkk/Pyd-Ypg ad est del fiume Eufrate, e stabilire un corridoio di pace per assicurare che i profughi siriani che vivono in Turchia possano fare ritorno nella loro terra natale»;
    il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiaramente definito l'operazione turca come «un'invasione di uno Stato arabo e un'aggressione alla sua sovranità», e il presidente Mohamed Ali Alhakim ha avvisato del fatto che l'offensiva «aggraverà la crisi umanitaria, aumenterà la sofferenza del popolo siriano e rafforzerà la capacità dei terroristi di riorganizzarsi»;
    è evidente al mondo intero infatti che, al di là delle proclamate intenzioni, il reale e neanche troppo velato obiettivo turco è quello di minare l'integrità territoriale siriana e mettere in campo una devastante operazione di pulizia etnica nei confronti dei curdi, essenziali alleati nella lotta al jihadismo del Califfato;
    la forza militare turca, secondo esercito più popoloso della Nato dopo quello americano, e secondo esercito più popoloso in campo dopo quello russo, è soverchiante, e potrebbe, per forza e mezzi, pregiudicare definitivamente il delicato equilibrio territoriale della Siria, compiere una rapida e spietata pulizia etnica ai danni dei curdi, oltre a consentire all'integralismo jihadista di rialzare la testa;
    inoltre, consentire alla Turchia di operare in spregio alle norme della comunità internazionale alimenterebbe il «mito del rinato impero ottomano» presso la comunità islamica più radicale, con fatali ricadute in termini di scontro di civiltà;
    l'intervento dell'esercito russo e dell'esercito siriano, fatalmente necessario e legittimo, potrebbe far degenerare la situazione determinando un vero e proprio conflitto armato con conseguenze devastanti per la popolazione e per il richiamo all'ennesimo «confronto fra civiltà»;
    in termini di tragedia umanitaria già oggi si contano oltre 150.000 sfollati dall'inizio delle operazioni militari della Turchia nei territori del Rojava, l'amministrazione curda nel nord-est della Siria, oggetto delle brame del delirante sedicente sultano Erdogan;
    secondo l'Osservatorio siriano si contano già più di 150 morti fra le fila dei militanti curdi, e la soverchiante forza militare turca si manifesta per il tramite di bombardamenti a tappeto;
    mentre alcune città sono state occupate, la polizia curda-siriana ha fatalmente abbandonato la sicurezza attorno a diversi campi profughi da cui sono fuggiti diversi jihadisti dell'Isis;
    al solo fine di comprendere l'entità della tragedia umanitaria che si staglia all'orizzonte è bene tenere presente che, secondo l'Onu, nei prossimi giorni, circa 400.000 persone nell'area potrebbero aver bisogno di assistenza e protezione;
    la tragedia si abbatterà ancora una volta sull'inerme popolazione fra cui moltissimi cristiani che potrebbero essere costretti ad abbandonare per sempre le terre della prima cristianità;
    gruppi jihadisti appartenenti ad Al Nusra si sono uniti alla Turchia per fare la guerra ai curdi: decine di foto scattate dagli stessi miliziani e che già girano sui social ne sono la più innegabile testimonianza e rendono verosimile l'ipotesi che i terroristi islamici detenuti verranno liberati perché si uniscano all'esercito turco;
    secondo le fonti curde sarebbero addirittura 800 gli affiliati Isis già scappati dai campi di detenzione e che si sono uniti all'esercito turco;Pag. 63
    allo stesso modo è inquietante registrare il primo nuovo attentato rivendicato da Isis ed effettuato con una autobomba nella città di Qamishli;
    certamente l'unilaterale aggressione della Turchia alla Siria e ai curdi potrebbe consentire, stante i numeri di cui sopra, a Isis di riorganizzarsi vanificando gli sforzi della comunità internazionale, dei siriani e dei curdi;
    nel Consiglio europeo del 17 e del 18 ottobre 2019 è prevista la trattazione della questione delle trivellazioni della Turchia nel tratto marino di sovranità cipriota e dato in concessione a Eni e Total, con l'ipotesi di applicare sanzioni alla Turchia;
    l'Europa coralmente ha già condannato l'operazione militare turca, ma Erdogan ha sfacciatamente minacciato «Vi avverto, se cercherete di descrivere la nostra operazione (nel Nord della Siria) come un'invasione, il nostro lavoro sarà facile: apriremo i confini e invieremo 3,6 milioni di rifugiati in Europa»;
    anche in considerazione della violenta risposta, è necessario complessivamente rivedere la posizione nei confronti della Turchia che sempre più ostenta la linea di allontanarsi politicamente dalla comunità internazionale, recitando la parte di una nazione ostile, contraddistinta dalla agitazione dell'islam politico,

impegna il Governo:
   a valutare la possibilità di allinearsi agli Stati che non intendono più cedere armamenti alla Turchia;
   ad assumere iniziative in ogni sede opportuna, in particolare in sede di Unione europea, affinché sia affrontata la questione della Turchia, in particolare considerando:
    a) l'adozione di severe sanzioni per la denegata ipotesi che la Turchia non si ritiri immediatamente dalla sovranità marina di Cipro, rispettando le legittime concessioni estrattive, e non si ritiri immediatamente dai confini della libera Siria, cessando ogni operazione militare;
    b) in ogni caso la revoca dello status di «associato» all'Europa della Turchia, dichiarando unilateralmente la fine di qualsivoglia negoziato per l'adesione della Turchia all'unione europea.
(7-00340) «Delmastro Delle Vedove, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Prisco, Montaruli, Silvestroni, Mantovani, Rizzetto, Butti, Rotelli, Varchi, Donzelli, Frassinetti, Gemmato, Ferro, Osnato, Trancassini, Acquaroli, Luca De Carlo, Caretta».

Pag. 64

ALLEGATO 3

Risoluzione n. 7-00341 Zoffili: Sull'offensiva della Turchia in atto nel Nord della Siria.

TESTO DELLA RISOLUZIONE N. 7-00341.

   La III Commissione,
   premesso che:
    i curdi sono stati decisivi per il contenimento prima e per la sconfitta poi dello Stato islamico, sorto al confine tra Siria ed Iraq e proclamato nel luglio 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi: ai curdi siriani è stata, infatti, delegata per lungo tempo dalla Coalizione internazionale anti-Daesh e dagli Stati Uniti l'azione sul campo nella difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, divenuta la capitale siriana di Daesh, obiettivi conseguiti dopo strenui combattimenti nelle città e nei villaggi e con enorme sacrificio in termine di vite umane e di sofferenze e violenze subite dalla popolazione civile curda;
    nel Kurdistan siriano il confronto con gli islamisti di Daesh ha acquisito profondo valore simbolico anche alla luce del particolare modello di governo locale instaurato nella regione, fondato sul rispetto del pluralismo politico, sulla garanzia di pari diritti alle diverse etnie e minoranze religiose presenti, tra cui cristiani ed ebrei, e sulla partecipazione delle donne a tutti gli ambiti della vita pubblica, incluse le forze armate;
    le donne curde impegnate nelle forze armate curde hanno, in particolare, offerto al mondo un esempio di straordinario coraggio e valore nella difesa del loro popolo, del territorio e della loro dignità;
    l'Unione europea ha dal canto suo richiamato la Turchia alle sue responsabilità come Paese membro della Coalizione internazionale anti-Daesh chiedendo il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu 2254 e del Comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dalla Siria nel processo di Ginevra a guida Onu;
    quanto alla Nato, l'Italia con Germania, Spagna, Olanda e Stati Uniti partecipa alla missione «Active Fence», istituita su richiesta della Turchia di incrementare il dispositivo di difesa area integrato per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria;
    secondo l'Osservatorio per i diritti umani in Siria ci sono già 130 mila sfollati, tra cui migliaia di civili che oggi sono fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa, ormai privo di vigilanza. Tra le 10 mila persone in fuga, sarebbero oltre 800 i familiari di membri dell'Isis, per lo più donne e bambini;
    Erdogan, capo di Stato di un Paese formalmente candidato all'ingresso in Europa e firmatario nel 2016 di un accordo con Bruxelles per la gestione dei migranti siriani a fronte di un contributo di 3 miliardi di euro in parte già versati, non ha esitato a ricattare l'Europa minacciando di innescare un flusso assai rilevante di profughi se le cancellerie europee non riconosceranno la legittimità della sua iniziativa militare contro la Siria e i curdi del Rojava,

impegna il Governo:
   ad assumere iniziative volte a revocare alla Turchia lo status di «Paese associato» all'Unione europea, dichiarando Pag. 65unilateralmente lo «stop» definitivo a ogni ipotesi di adesione della stessa all'Unione europea;
   ad intimare alle autorità turche l'immediata cessazione delle ostilità nel nord della Siria, unitamente al monito affinché non siano perpetrati crimini di pulizia etnica, né siano realizzate deportazioni di massa o commesse violazioni dei diritti umani e affinché sia preservata l'incolumità della popolazione civile curda e, in particolare, la sicurezza delle strutture sanitarie preposte al soccorso e alla cura dei feriti, nonché quella dei giornalisti e degli operatori dell'informazione presenti sul campo;
   a condannare fermamente in sede Onu, di Unione europea e anche Nato l'azione militare della Turchia collaborando attivamente in seno a tali organismi per ottenere l'immediato cessate il fuoco e il ripristino di condizioni di sicurezza nell'interesse del contrasto allo Stato islamico;
   ad indire una moratoria delle forniture di armamenti ad Ankara;
   a promuovere in sede Nato la immediata sospensione dell'operazione «Active Fence»;
   a prevedere l'immediata messa in campo di strumenti di aiuto umanitario e di supporto alla popolazione civile.
(7-00341) «Zoffili, Formentini, Comencini, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Giorgetti, Grimoldi, Picchi, Ribolla».

Pag. 66

ALLEGATO 4

Risoluzione 7-00338 Quartapelle Procopio e altri: Sull'offensiva della Turchia in atto nel Nord della Siria.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

   La III Commissione,
   premesso che,
    la crisi siriana è iniziata nel marzo del 2011, all'interno del contesto delle cosiddette «primavere arabe», una serie di proteste ed agitazioni occorse a cavallo tra il 2010 e il 2011 in molti Stati del Vicino oriente e del Nord Africa. A partire dal 2012 la crisi siriana è degenerata in vero e proprio conflitto armato tra l'esercito regolare siriano e una varietà di sigle, autonome o eterodirette da Paesi terzi della regione. Sin da subito, sono risultate coinvolte migliaia di combattenti stranieri (foreign fighter) provenienti da decine di altri Paesi;
    tale componente di foreign fighter è riconducibile a istanze del cosiddetto jihadismo islamista, dal cui ambiente sono emerse una varietà di raggruppamenti che hanno contribuito in maniera significativa alla nascita del sedicente «Stato Islamico» (Da'ish o Daesh o ISIS), sorto al confine tra Siria ed Iraq e proclamato nel luglio 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi;
    nella variegata cornice delle forze che hanno combattuto contro Daesh il contributo delle formazioni politico-militari di estrazione curda è stato decisivo dapprima per contenere l'espansione di Daesh e poi per sconfiggerlo nel quadrante ad esse delegato dalla Coalizione internazionale anti-Daesh e dagli Stati Uniti. Nello specifico, il contributo delle componenti curde è stato determinante nell'azione sul campo a difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa, divenuta la capitale siriana di Daesh. Tali obiettivi sono stati conseguiti dopo strenui combattimenti nelle città e nei villaggi e con enorme sacrificio in termini di vite umane e di sofferenze e violenze subite dalla popolazione civile curdo-siriana;
    il confronto con gli islamisti di Daesh ha acquisito profondo valore simbolico anche alla luce del particolare modello di governo locale di ispirazione democratica, partecipativa e pluralista instaurato nell'area. Particolare rilievo hanno avuto le donne curde impegnate nelle formazioni armate del Kurdistan siriano, offrendo al mondo un esempio di straordinario coraggio e valore nella difesa del proprio popolo, del territorio e della propria dignità;
    il 7 ottobre 2109 il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inaspettatamente annunciato l'immediato ritiro delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria, dando il via libera all'offensiva turca, motivata da Ankara con la necessità di instaurare una fascia di sicurezza in territorio siriano, a ridosso del confine tra Siria e Turchia, in cui reinsediare circa due milioni di profughi siriani, con pesanti ripercussioni sugli equilibri etnici nella regione del Rojava;
    le modalità del ritiro statunitense, improvviso e non concordato con i principali attori internazionali, hanno esposto l'intera area del nord-est siriano a pericolosi scenari di instabilità, tra cui la rivivificazione dello Stato islamico, sconfitto ma tuttora in attività, nonché all'apparente sottovalutazione degli interessi di tutti gli attori internazionali che hanno Pag. 67una forte proiezione nella regione. Un'ulteriore preoccupazione investe il piano della sicurezza nei Paesi confinanti e in Europa, a causa dell'incertezza nella gestione di migliaia di prigionieri appartenenti a Daesh e dei loro familiari – di cui svariate migliaia provengono dall'Europa – detenuti anche nelle carceri curde, con evidenti e inimmaginabili ripercussioni sul piano della sicurezza collettiva;
    la decisione di Trump è stata fortemente contestata negli Stati Uniti tanto nel campo democratico quanto in quello repubblicano, al punto da indurre il presidente statunitense ad attenuare la linea sul piano del ritiro militare e a proporsi come mediatore tra curdi e Turchia;
    il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è purtroppo ancora riuscito a produrre una dichiarazione comune sull'offensiva della Turchia in Siria a causa del dissenso da parte di Russia e Stati Uniti;
    l'Unione europea ha dal canto suo richiamato la Turchia alle sue responsabilità come Paese membro della Coalizione internazionale anti-Daesh chiedendo il rispetto della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU 2254 e del Comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dalla Siria nel processo di Ginevra a guida ONU;
    quanto alla NATO, l'Italia con Germania, Spagna, Olanda e Stati Uniti partecipa alla missione «Active Fence», istituita su richiesta della Turchia di incrementare il dispositivo di difesa area integrato per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria;
    la Turchia ricopre un ruolo cruciale in ambito NATO, un'alleanza militare difensiva il cui Statuto tuttavia prevede, all'articolo 1, l'impegno delle Parti alla composizione pacifica di qualsiasi controversia internazionale in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite;
    le dichiarazioni del Segretario Generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, richiederebbero un chiarimento quanto al rispetto da parte della Turchia dei principi fondanti dell'Alleanza alla luce delle notizie su bombardamenti di centri abitati, di autoambulanze della Mezza Luna Rossa e delle numerose vittime civili già registrate, oltre alle decine di migliaia di persone già in fuga dalle città e dai villaggi;
    la dinamica ondivaga delle diplomazie occidentali, nel corso degli eventi bellici occorsi in Siria a partire dal 2011, ha indotto alla fine i curdi siriani a riconsiderare a loro volta l'asse delle proprie alleanze interne ed esterne al Paese, ricercando e trovando proprio presso Damasco protezione e salvezza dalla furia delle incursioni turche, da ultimo con l'accordo sottoscritto con il governo nella base aeronautica russa in Siria di Hmeimim in data 13 ottobre 2019, con il quale le Forze democratiche siriane (FDS) e l'Unità di protezione popolare (YPG), assi portanti dell'autonomia curda in Siria, convengono sullo spiegamento delle forze armate siriane lungo l'intero confine con la Turchia, a partire dalle roccaforti curde di Kobane e Manbij;
    nel nostro ordinamento l'articolo 1 della legge 9 luglio 1990, n. 185, recante Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, impone la conformità di ogni esportazione, importazione e transito di materiale di armamento alla politica estera e di difesa dell'Italia, ai principi della Costituzione repubblicana, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e li vieta espressamente quando siano in contrasto, tra l'altro, con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato e della lotta contro il terrorismo o quando riguardino Paesi in stato di conflitto armato e verso i Paesi i cui governi sono responsabili di Pag. 68accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo;
    importanti Paesi europei – Germania, Francia ma anche Olanda, Norvegia e Finlandia – hanno già disposto la sospensione della forniture di armamenti ad Ankara e lo stesso presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, che ha a fin da subito manifestato profonda preoccupazione per l'iniziativa unilaterale della Turchia, con una nota ha preannunciato che il Governo italiano è impegnato nell'Ue per arrivare a «una moratoria nella vendita di armi alla Turchia» e «si adopererà per contrastare l'azione militare turca nel Nord-Est della Siria con ogni strumento consentito dal diritto internazionale»;
    il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, già in conclusione del Consiglio affari esteri, tenutosi a Lussemburgo il 14 ottobre 2019, ha preannunciato un decreto ministeriale con cui bloccare l'export di armamenti verso la Turchia;
    giungono attendibili segnalazioni sul rapido incremento del numero degli sfollati, tra cui migliaia di civili fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa, ormai privo di vigilanza. Tra le 10 mila persone in fuga, sarebbero oltre 800 familiari di membri dell'ISIS, per lo più donne e bambini;
    Recep Tayyip Erdogan, capo di Stato di un Paese formalmente candidato all'ingresso nell'Unione europea e firmatario nel 2016 di un accordo con Bruxelles per la gestione dei migranti siriani a fronte di un contributo di 6 miliardi di euro in parte già versati, non ha esitato a ricattare l'Europa minacciando di innescare un flusso assai rilevante di profughi se le cancellerie europee non dovessero riconoscere la legittimità della sua iniziativa militare contro la Siria e i curdi del Rojava;
    il Consiglio europeo del 17-18 ottobre, chiamato ad affrontare la crisi con la Turchia, non potrà fare a meno di valutare misure da adottare nei confronti di Ankara sul piano militare ma anche economico, con inevitabili ripercussioni sull'andamento negoziato di adesione, già gravemente compromesso dai recenti accadimenti,

impegna il Governo:
   a chiedere con forza alle Autorità turche un'immediata cessazione delle ostilità nel nord della Siria, unitamente al monito affinché non siano perpetrati crimini di pulizia etnica, né siano realizzate deportazioni di massa o commesse violazioni dei diritti umani e affinché sia preservata l'incolumità della popolazione civile dell'area e, in particolare, la sicurezza delle strutture sanitarie preposte al soccorso e cura dei feriti, nonché quella degli operatori umanitari, dei giornalisti e degli operatori dell'informazione presenti sul campo;
   a condannare fermamente in sede internazionale l'azione militare della Turchia, collaborando attivamente in seno a tali organizzazioni internazionali per ottenere l'immediato cessate il fuoco e il ripristino di condizioni di sicurezza anche nell'interesse del contrasto a Daesh;
   a chiedere in sede ONU e continuare a chiedere in sede UE l'obiettivo di un embargo sulla fornitura di armamenti ad Ankara, procedendo contestualmente sulla base delle disposizioni della legge n. 185 del 1990 alla sospensione delle esportazioni dall'Italia verso la Turchia;
   proporre in sede ONU e UE l'istituzione di un gruppo di contatto per arrivare a un cessate il fuoco immediato;
   a promuovere in sede NATO l'immediato avvio di una riflessione complessiva su una sospensione dell'Operazione Active Fence valutando la possibilità di anticipare le procedure di dismissione operativa della batteria italiana, già previsto per dicembre;
   a promuovere una sospensione dei negoziati sul rinnovo della Facility for Pag. 69Refugees in Turkey e una urgente riflessione a livello europeo sull'insieme dei trasferimenti alla Turchia e a prevedere – in base all'evolversi delle risposte degli interlocutori – l'attivazione di procedure in ambito eurounitario che includa la possibilità di attivare meccanismi sanzionatori;
   a prevedere l'immediata messa in campo di strumenti di aiuto umanitario e di supporto alla popolazione civile, in sinergia con le Nazioni Unite e gli operatori umanitari presenti sul terreno.
(8-00043) «Quartapelle Procopio, Cabras, Fassino, Palazzotto, Migliore, Andrea Romano, Schirò, La Marca, Boldrini, Sabrina De Carlo, Carelli, Emiliozzi, Romaniello, Ehm, Cappellani, Colletti, Del Grosso, Di Stasio, Olgiati, Perconti, Siragusa, Suriano».

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ALLEGATO 5

Sugli esiti della missione svolta a New York in occasione della 74ma Sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU (23-26 settembre 2019).

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

  Una delegazione guidata dalla presidente Marta Grande e composta, per la maggioranza, da Christian Romaniello (M5S) e, per l'opposizione, da Valentino Valentini (Forza Italia) ha preso parte dal 23 al 27 settembre 2019 con veste di osservatrice alla settimana inaugurale della 74ma Assemblea Generale dell'ONU. Per il Senato la delegazione ha previsto la partecipazione del presidente della 3a Commissione, Vito Petrocelli, e dei senatori Roberta Pinotti (PD) ed Emanuele Pellegrini (Lega).
  Come di consueto, la delegazione ha assistito, insieme alla compagine governativa, agli interventi dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite che si avvicendano durante tutta la settimana, a partire dagli interventi del Presidente del Brasile e di quello degli Stati Uniti. In parallelo, la delegazione ha seguito un'agenda di incontri bilaterali – composta sulla base di richieste concordate d'intesa tra le due Camere, con delegazioni governative o parlamentari di singoli Paesi – e di side event con particolare attenzione a quelli organizzati o co-sponsorizzati dal Governo italiano.
  Sul piano degli incontri bilaterali, di particolare interesse è stato l'incontro con il presidente della Commissione Esteri della Grande Assemblea Nazionale turca Bozkir.
  L'incontro ha registrato una convergenza sull'opportunità di una ripresa di dialogo tra i due Parlamenti. L'interlocutore turco ha richiamato i temi dell'incontro avuto nei giorni precedenti con il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte concernenti le relazioni bilaterali, l'immigrazione e il Mediterraneo. Ha quindi subito richiamato il buon livello di interscambio tra i due Paesi, che rasenta i 20 miliardi di euro ma che potrebbe crescere di ulteriori 10 miliardi.
  Da parte turca è emersa una preoccupazione crescente per il fenomeno dell'immigrazione illegale, inevitabile fonte di tensioni sociali. Alludendo all'intervento del presidente Erdogan davanti all'Assemblea Generale, il presidente Bozkir ha fatto presente che i 4 milioni di profughi siriani insediati oggi in Turchia potrebbero trovare una nuova patria nella fascia di sicurezza, profonda circa 30 chilometri, nel nord della Siria se gli Stati Uniti acconsentiranno a questo progetto e se Ankara potrà contare sul finanziamento da parte degli Stati europei interessati.
  Una parte del colloquio si è incentrata sulla situazione a Idlib, su cui è intensa l'interazione anche con la Russia ai fini della ricostruzione, per la quale il giro d'affari potrebbe ammontare a 10 miliardi di dollari.
  La presidente Grande, congratulandosi con il collega turco per la nomina a prossimo presidente dell'Assemblea Generale per il 2020, ha posto il dilemma del ritorno dei profughi in Siria. Il presidente Bozkir ha negato questa possibilità finché Assad resterà alla presidenza della Siria. Certamente, secondo Bozkir, delle elezioni politiche siriane che non prevedano l'esercizio del diritto di voto all'estero non potrebbero che confermare Assad.
  L'onorevole Valentini è intervenuto sul tema dell'immigrazione, rilevando l'assenza di un supporto serio da parte della comunità internazionale e osservando che Pag. 71da quando l'Unione europea ha rinunciato ad una visione e ad una azione lungimirante in politica estera il ruolo della Turchia è diventato assai considerevole. Inoltre, Siria e Libia rappresentano certamente un terreno di comune interesse per Italia e Turchia, laddove in Siria neanche i russi riescono più ad arginare Assad, che si è notevolmente rinforzato alla guida del suo Paese e per il cui potere le elezioni non rappresentano un tema sfidante né nel breve né nel medio periodo. Nell'intero quadrante mediorientale e mediterraneo, alla luce del fallimento del gruppo di Astana e dei negoziati ginevrini, occorre dare seguito ad un nuovo approccio multilaterale cui l'Italia e la Turchia potrebbero contribuire in modo decisivo, individuando modalità innovative di interazione tra le varie parti.
  Il presidente Bozkir ha condiviso l'analisi del collega italiano, rinviando alla raffinatezza della strategia russa in politica estera e alla difficoltà degli Stati Uniti a mantenere la propria presenza in una regione in cui tra i vari attori rilevanti c’è anche l'Iran. Il presidente Bozkir ha infine auspicato una stretta collaborazione tra Italia e Turchia nella ricostruzione della Siria.
  Il colloquio ha previsto anche il coinvolgimento attivo della senatrice Pinotti che ha dato risalto ai contenuti dell'intervento del presidente Conte in Assemblea Generale sulla Libia, sull'immigrazione illegale, sulla lotta contro il terrorismo e sul sostegno deciso da parte italiana all'Inviato Speciale per la Libia Salamé. Il presidente della Commissione esteri turca ha rilevato la presenza di attori sul dossier libico che sostengono Haftar ma che non hanno nulla a che vedere con la Libia in sé, a differenza di quanto avviene per l'Italia o per la Turchia che devono rilanciare la propria collaborazione. Con il presidente Petrocelli lo scambio ha riguardato l'andamento del consenso al partito di governo CHP alla luce dell'esito negativo delle elezioni amministrative. Sul punto Bozkir ha evidenziato le difficoltà connesse alla nuova legge elettorale, che imporrà al partito di Erdogan di candidarsi in una coalizione. Il senatore Pellegrini e l'onorevole Romaniello hanno contribuito allo scambio portando temi connessi all'impegno della NATO anche sul tema dell'immigrazione e all'immigrazione.
  Un ulteriore incontro bilaterale ha riguardato una delegazione del Parlamento australiano con cui si sono stato approfonditi temi di interesse della comunità italiana in Australia e la grande questione dei cambiamenti climatici.
  Sul piano degli eventi a margine dell'UNGA, la delegazione della Camera dei deputati ha assistito all'evento «Fixing the Business of Food», iniziativa organizzata dalla Fondazione Barilla sul ruolo del settore privato e delle partnership pubblico/privato come «motore» fondamentale dell'attuazione degli obiettivi dell'Agenda 2030, con particolare focus sui temi della nutrizione e della gestione delle catene alimentari. Oltre a rappresentanti di World Business Council for Sustainable Development, World Benchmarking Alliance, UN Global Compact e Rabo Partnerships, e al professore Jeffrey Sachs in qualità di Special Advisor del Segretario generale Guterres sugli SDG's, all'evento è intervenuta la Viceministra Emanuela Del Re.
  Ulteriore evento di interesse è stato lo High-Level meeting on Somalia, co-organizzato dall'Italia insieme a Somalia, Etiopia, DPPA e USA e finalizzato a riunire i principali attori e donatori attivi in Somalia. Dopo l'intervento introduttivo del Ministro Di Maio, sono intervenuti il Presidente della Repubblica Federale di Somalia Mohamed Abullahi Mohamed «Farmajo», il Presidente della Commissione UA Moussa Faki (TBC), la USG Rosemary Di Carlo, il Ministro degli esteri etiopico e l'Under Secretary of State David Hale.