ALLEGATO 1
Indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione
DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO
SOMMARIO
1. INTRODUZIONE
2. L'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, E IL NEGOZIATO CON EMILIA-ROMAGNA, LOMBARDIA E VENETO
2.1 Le richieste di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nell'autunno 2017.
2.2 Gli accordi preliminari del febbraio 2018
2.3 Gli ulteriori negoziati nella XVIII Legislatura
2.4 Gli schemi di intesa del febbraio 2019
2.5 Gli sviluppi successivi
3. PROCEDIMENTO E COINVOLGIMENTO DEL PARLAMENTO
3.1 Gli elementi ricavabili dal testo costituzionale
3.2 La questione della «legge-quadro»
3.3 Il coinvolgimento del Parlamento
4. LE COMPETENZE DA TRASFERIRE E IL LORO FINANZIAMENTO
4.1 Il numero di competenze trasferibili e la loro delimitazione
4.2 Il finanziamento delle competenze
5. CONCLUSIONI
1. INTRODUZIONE
La Commissione parlamentare per le questioni regionali ha deliberato, in data 21 marzo 2019, lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del regionalismo differenziato ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
In tal senso, l'indagine si poneva in continuità con l'analoga indagine svolta dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nella fase conclusiva della scorsa Legislatura, dopo lo svolgimento dei referendum consultivi in materia in Lombardia e in Veneto, giungendo all'approvazione di un documento conclusivo nella seduta del 6 febbraio 2018. Il documento esprimeva l'auspicio che l'attivazione delle procedure per il riconoscimento ad alcune regioni di ulteriori forme di Pag. 159autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, potesse risolversi in un arricchimento dei contenuti dell'autonomia ordinaria.
Con l'indagine la Commissione intendeva quindi riprendere l'argomento alla luce dei più recenti sviluppi relativi al negoziato avviato con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto; alle richieste giunte da altre regioni e alle prese di posizione del Governo.
Nell'ambito dell'indagine sono stati auditi la Ministra pro tempore per gli affari regionali, Erika Stefani; la Ministra pro tempore per il Sud, Barbara Lezzi; il Ministro pro tempore dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa; il Ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli; il Ministro della salute, Roberto Speranza; il Ministro pro tempore per il sud e la coesione territoriale, Giuseppe Luciano Calogero Provenzano; il Ministro pro tempore per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia; la Ministra pro tempore dell'istruzione Lucia Azzolina.
Sono poi stati auditi in qualità di rappresentanti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana; il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia; il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini; e in qualità di esperti della materia il compianto Prof. Beniamino Caravita di Toritto, ordinario di istituzioni di diritto pubblico nella facoltà di scienze politiche, sociologia e comunicazione dell'università «La Sapienza» di Roma; il Prof. Enzo Maria Marenghi, ordinario di diritto amministrativo dell'Università di Salerno; il Prof. Felice Giuffrè, ordinario di istituzioni di diritto pubblico dell'Università degli studi di Catania; il Prof. Gianfranco Cerea, del Dipartimento di economia e management dell'Università di Trento; il Prof. Giuseppe Marazzita, docente di istituzioni di diritto pubblico e diritto costituzionale presso l'Università di Teramo; il Prof. Mario Bertolissi, ordinario di diritto costituzionale presso la scuola di giurisprudenza di Padova; il dott. Adriano Giannola, Presidente della SVIMEZ; il Prof. Andrea Giovanardi, docente di diritto tributario presso l'Università di Trento; il Prof. Alfonso Celotto, Professore di diritto costituzionale presso l'Università degli studi di Roma «Roma Tre»; il dottor Vincenzo Atella, amministratore delegato e direttore generale della società SOSE SpA (Soluzioni per il sistema economico) e il dottor Marco Stradiotto, responsabile analisi della finanza pubblica di SOSE SpA.
Alla Commissione sono anche pervenute le memorie scritte dei Consigli regionali di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto e un'ulteriore documentazione di SOSE SpA.
Il presente documento tiene conto anche delle riflessioni sulle tematiche dell'indagine svolte dalla Ministra per gli affari regionali e le autonomie Maria Stella Gelmini nel corso della sua audizione sulle linee programmatiche di fronte alla Commissione del 3 marzo 2021 e della successiva audizione del 13 luglio 2021.
È stata infine acquisita la relazione del gruppo di lavoro sul regionalismo differenziato istituito dalla ministra Gelmini.
Nel documento sono raccolti gli elementi emersi nel corso dell'indagine con riferimento a tre principali aspetti: in primo luogo, la ricostruzione del negoziato in corso con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto; in secondo luogo, la riflessione generale sul Pag. 160procedimento di adozione e di approvazione delle intese e sulle relative modalità di coinvolgimento del Parlamento; in terzo luogo, le competenze da trasferire e il loro finanziamento. Nelle conclusioni si tenterà di registrare le convergenze emerse nel corso dell'indagine e di formulare, sulla base di queste, alcune proposte.
Nel corso dell'indagine è emerso come l'emergenza sanitaria e il processo di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) inducano ad una riflessione di più ampia portata sul modello di Stato regionale in Italia, che potrà coinvolgere anche le modalità di rappresentanza delle istanze del sistema delle autonomie territoriali nel Parlamento (ivi compreso il tema dell'attuazione dell'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 in materia di integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali). Una riflessione alla quale la Commissione parlamentare per le questioni regionali non intende ovviamente sottrarsi. Questa riflessione dovrà essere condotta a trecentosessanta gradi e coinvolgere anche la situazione delle autonomie speciali che la Commissione ha anche affrontato con un ciclo di audizioni informali dei presidenti delle commissioni paritetiche per gli statuti speciali(1). Potrà quindi essere valutata su tutti questi aspetti l'avvio di un'apposita attività conoscitiva.
Allo stesso modo, in parallelo all'attuazione del regionalismo differenziato, deve essere proseguito e incentivato lo sforzo per affrontare il tema della perequazione infrastrutturale, anche attraverso un preciso piano di adeguamento di infrastrutture e trasporto pubblico per le aree svantaggiate (interne e/o del Meridione d'Italia).
Ciò premesso, anche nell'ambito di questa riflessione rimangono valide le ragioni di fondo a sostegno di un'attuazione equilibrata del regionalismo differenziato, vale a dire la valorizzazione, all'interno della cornice unitaria dello Stato, delle diverse capacità dei diversi livelli di governo in modo che i cittadini possano ottenere, nel rispetto del principio di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, i migliori servizi, settore per settore, dal livello di governo più efficiente in quel settore.
2. L'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, E IL NEGOZIATO CON EMILIA-ROMAGNA, LOMBARDIA E VENETO
L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (rispetto a quelle previste per le regioni a Statuto speciale di cui al secondo comma ndr) concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s)» possono essere attribuite alle regioni «con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpidi cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata».Pag. 161
Gli ambiti materiali su cui sono attivabili le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia investono quindi talune materie riconducibili alla competenza legislativa statale e tutte quelle afferenti alla competenza concorrente fra Stato e Regioni.
Si tratta, nello specifico:
i) delle seguenti materie di potestà legislativa esclusiva statale:
organizzazione della giustizia di pace (articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione);
norme generali sull'istruzione (articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione);
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione).
ii) delle materie di potestà legislativa concorrente (articolo 117, terzo comma, della Costituzione):
rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni;
commercio con l'estero;
tutela e sicurezza del lavoro;
istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
professioni;
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
tutela della salute;
alimentazione;
ordinamento sportivo;
protezione civile;
governo del territorio;
porti e aeroporti civili;
grandi reti di trasporto e di navigazione;
ordinamento della comunicazione;
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa;
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Pag. 162 Sulla base dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, fin dall'autunno 2017, le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno avviato un negoziato con il governo per il riconoscimento dell'autonomia differenziata.
Successivamente, altre regioni (Liguria, Toscana, Piemonte, Marche e Umbria) hanno formalizzato la richiesta di avvio di negoziati.
Nel corso dell'indagine conoscitiva gli esperti della materia e i rappresentanti delle istituzioni intervenuti ai lavori della Commissione hanno consentito di ricostruire le principali tappe, anche da un punto di vista cronologico, del processo di attuazione del regionalismo differenziato a partire dalla fine della XVII legislatura.
2.1 Le richieste di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nell'autunno 2017.
In particolare, l'audizione del presidente della Regione Lombardia ha offerto una ricostruzione del percorso seguito dalla stessa per la richiesta di avvio delle trattative con il Governo, come noto preceduta dallo svolgimento di un referendum (che ha avuto luogo il 22 ottobre 2017), e per la formulazione delle proposte di maggiore autonomia.
Il referendum, che ha visto la partecipazione di oltre tre milioni di elettori (circa il 38 per cento degli aventi diritto), ha registrato il 95 per cento dei sì(2) al quesito referendario(3) sottoposto agli elettori lombardi.
A seguito dell'esito favorevole, il Consiglio regionale ha approvato in data 7 novembre 2017, come tiene a precisare il Presidente «quasi all'unanimità», la «Risoluzione concernente l'iniziativa per l'attribuzione alla regione Lombardia di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione».
Con tale atto di indirizzo, il Consiglio ha impegnato il Presidente della regione: ad avviare il confronto con il Governo per definire i contenuti di un'intesa; a condurre il negoziato tenendo conto delle materie elencate nell'allegato A(4) alla risoluzione medesima; a esplicitare,Pag. 163 nell'intesa, «il complessivo assetto delle potestà normative, con la definizione di rapporti chiari tra legislazione, potere regolamentare e relative funzioni amministrative»; a ottenere l'assegnazione di idonee risorse per il finanziamento integrale delle funzioni che saranno attribuite alla regione; ad assicurare «adeguata, costante e tempestiva informativa» al Consiglio regionale nel corso dei negoziati; a garantire «forme e modalità adeguate di coinvolgimento degli enti locali, delle associazioni, dei rappresentanti delle realtà imprenditoriali, delle parti sociali e delle autonomie funzionali».
Il Presidente ricorda che il confronto con il Governo venne avviato già nel mese di novembre e che nel febbraio 2018 si giunse alla sottoscrizione delle pre-intese, che prefiguravano alcuni livelli significativi di autonomia in cinque materie: lavoro, istruzione, salute, ambiente, rapporti internazionali con l'Unione europea.
L'intervento conoscitivo offerto dal Presidente ZAIA(5) ha contribuito alla ricostruzione dei principali passaggi seguiti dalla Regione Veneto per la richiesta di autonomia rafforzata. Il Veneto(6), analogamente alla Lombardia, ha fatto precedere la richiesta di avvio delle trattative con il Governo per l'attivazione del procedimento ex articolo 116, terzo comma, della Costituzione da un referendum(7) svoltosi (anch'esso) il 22 ottobre 2017, sulla base della legge regionale n. 15 del 2014, che ha superato il vaglio di legittimità della Corte costituzionale.
Il referendum registra(8) un'ampia partecipazione (il 57,2 per cento degli aventi diritto), e vota in favore della proposta la stragrande maggioranza dei votanti (pari il 98,1 per cento). Ciò rappresenta, ad avviso del Presidente della Regione, «un dato che merita una particolare attenzione politica ed istituzionale».
A partire dal referendum, il percorso autonomistico è stato perseguito dalla regione attraverso il coinvolgimento dei rappresentati del tessuto sociale ed economico del territorio nell'ambito della Consulta Pag. 164del Veneto per l'autonomia (organismo istituito con delibera della Giunta regionale n. 1680 del 23 ottobre 2017).
Una volta acquisito l'esito positivo dei referendum, la regione, prima ancora di chiedere al Governo l'avvio dei negoziati, ha approvato un progetto di legge statale (pdls) n. 43, di iniziativa della Giunta, relativo all'individuazione di percorsi e contenuti per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia per la regione del Veneto quale base ed oggetto del programma di negoziati con il Governo(9). Contestualmente, con apposita deliberazione (n. 154 del 15 novembre 2017), il Consiglio regionale ha altresì conferito ampio mandato al Presidente della Giunta regionale a negoziare col Governo le richieste di autonomia nell'interesse del Veneto.
Come segnalato dal Presidente BONACCINI, la procedura di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione è stata attivata in Emilia-Romagna con modalità differenti rispetto a quanto avvenuto in Lombardia e Veneto. Non si è ritenuto di svolgere un referendum, su un tema su cui l'esito sarebbe stato a suo giudizio scontato, e di sostenerne i relativi costi.
Peraltro il Presidente riterrebbe più proficuo fare eventualmente ricorso allo strumento referendario «dopo che il Governo ha stipulato un accordo con la regione, per chiedere ai cittadini se è esattamente quello per il quale loro chiedevano l'autonomia»(10).
Si è preferito puntare sulla concertazione istituzionale e sociale con i soggetti che sin dal 2015 avevano sottoscritto con la Regione il Patto per il lavoro(11), al fine di pervenire ad una richiesta di autonomia «del sistema regionale dell'Emilia-Romagna», non del singolo ente regionale.
Il conferimento del mandato al Presidente di avvio della trattativa con il Governo per la definizione di un'intesa ha poi preceduto persino lo svolgimento dei referendum di Lombardia e Veneto(12).
Con la risoluzione n. 5321(13) del 3 ottobre 2017, l'Assemblea legislativa ha impegnato il Presidente della regione ad attivare le trattative dapprima in determinati ambiti: tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale; internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione; territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture; tutela della salute; competenze complementari e accessorie riferite alla governance istituzionale e al coordinamento della finanza pubblica.
L'Assemblea ha altresì conferito mandato al Presidente a trattare con l'Esecutivo, in una seconda fase, al fine di giungere ad un'intesa anche in materia di organizzazione della giustizia di pace, «fermo Pag. 165restando il carattere prioritario degli ambiti oggetto di contrattazione sopraelencati»(14).
L'avvio del percorso per l'autonomia differenziata è stato formalizzato con la sottoscrizione, in data 18 ottobre 2017, di una dichiarazione di intenti da parte del Presidente della regione e del Presidente del Consiglio dei ministri.
In data 15 novembre, l'Assemblea legislativa ha adottato la risoluzione n. 5600(15), incentrata sull'esigenza di assicurare un'ampia sinergia fra Giunta regionale, Assemblea legislativa ed enti locali nell'ambito del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'intesa(16).
La risoluzione impegna inoltre il Presidente della Giunta regionale a proseguire nel percorso intrapreso, definendo «eventuali ulteriori competenze [si intende rispetto a quelle definite nella risoluzione n. 5321] oggetto della richiesta di autonomia differenziata attraverso un confronto da realizzarsi nelle Commissioni assembleari».
Sulla base di detta risoluzione, la Giunta ha aggiornato il proprio documento di indirizzo e ha partecipato al negoziato che ha condotto alla definizione dell'Accordo preliminare con il Governo
Il Presidente Bonaccini tiene poi a precisare che per l'Emilia-Romagna l'autonomia non costituisce un obiettivo, bensì uno strumento per perseguire obiettivi quali: la programmazione degli investimenti in ambiti cruciali (edilizia scolastica, sanitaria e universitaria, rigenerazione urbana e messa in sicurezza del territorio, viabilità stradale e ferroviaria); la programmazione delle politiche di sostegno alle imprese e delle politiche attive del lavoro; il rafforzamento delle politiche di sviluppo territoriale, con attenzione alle zone più fragili, come quelle montane; il potenziamento delle politiche di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale; il consolidamento dei margini di manovra della regione nell'ambito delle politiche sanitarie(17).
2.2 Gli accordi preliminari del febbraio 2018
Gli Accordi preliminari con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono stati sottoscritti nel febbraio 2018 nella fase conclusiva della XVII Legislatura.
Presentano contenuti in gran parte sovrapponibili. Alcune differenze sono invece rintracciabili negli allegati che specificano con Pag. 166maggiore dettaglio dell'articolato le materie oggetto di autonomia differenziata.
I contributi dei Presidenti della Regione Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna consentono alla Commissione di ricostruire la genesi di tale atti e le attese delle Regioni interessate.
Il Presidente BONACCINI sottolinea come l'obiettivo delle intese preliminari fosse quello di fissare alcuni punti fermi nell'ambito di una trattativa che, lungi dall'essersi conclusa, era stata condotta in poche settimane, ovvero nel periodo compreso fra il momento in cui le Assemblee legislative delle tre regioni avevano conferito formalmente il mandato ai rispettivi Presidenti di avviare i negoziati e lo svolgimento delle elezioni politiche nazionali del 4 marzo 2018. La finalità era quella di mettere per iscritto un punto di partenza condiviso.
Le preintese si compongono di premesse e di una parte dispositiva.
In premessa, fra l'altro si stabilisce che l'approvazione della legge debba avvenire, sulla base di intesa fra Stato e regione e «su proposta del Governo», in conformità al procedimento per l'approvazione delle intese tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica, di cui all'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
Si ricorda che il disegno di legge che recepisce il contenuto delle intese con le confessioni diverse dalla cattolica non può essere emendato in Parlamento se non nelle parti che non alterano il contenuto delle intese.
Tale analogia procedurale è presa in considerazione, in particolare, dal Presidente Fontana(18) nel suo intervento in Commissione.
Quest'ultimo sottolinea come «il principio di leale collaborazione fra Stato e autonomie territoriali mal si concilierebbe con un disegno di legge che intervenisse con integrazioni sostanziali rispetto alla comune volontà delle parti espresse nelle intese». Ciò senza peraltro disconoscere il ruolo del Parlamento, che a suo avviso potrebbe esprimere un atto di indirizzo che orienti il Governo nel negoziato.
Anche il Presidente Zaia ha evidenziato come «Qualunque sia il percorso che può essere delineato per giungere all'approvazione della legge statale di differenziazione» sia «necessario che il procedimento legislativo conservi i peculiari caratteri stabiliti dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che differiscono da quelli di approvazione di una legge ordinaria, ed in particolare il principio pattizio che ne costituisce caratteristica essenziale».
In merito alla parte dispositiva, identica nei tre Accordi, essa prevede quanto segue:
Oggetto dell'Accordo (articolo 1): consiste nei princìpigenerali, nella metodologia e nelle materie per l'attribuzione alle tre regioni di un'autonomia differenziata (articolo 116, terzo comma, della Costituzione).
L'attribuzione dell'autonomia differenziata:
deve corrispondere a specificità proprie della regione;
deve essere «immediatamente funzionale» alla crescita e allo sviluppo della regione.
Pag. 167 Durata (articolo 2, commi 1 e 2): 10 anni. In relazione alla «verifica dei risultati fino a quel momento raggiunti» da effettuarsi nell'ultimo biennio, si potrà procedere al rinnovo dell'intesa, alla sua rinegoziazione o alla cessazione definitiva degli effetti.
Una volta sottoscritta la nuova intesa (anche nel caso in cui essa si limiti a riprodurre i contenuti della precedente) sarà necessaria la presentazione di un disegno di legge governativo. L'articolo 2, comma 2, stabilisce che detto disegno di legge contiene «le eventuali modifiche da apportare alla legge approvata sulla base della originaria intesa e necessarie al recepimento di quanto concordato»(19).
Modificabilità dell'intesa nel corso del periodo di vigenza (articolo 2, comma 1): è ammissibile nell'ipotesi in cui «nel corso del decennio si verifichino situazioni di fatto o di diritto che ne giustifichino la revisione» e a condizione che sulle modifiche ci sia accordo tra lo Stato e la regione interessata.
Nessuna modifica è quindi possibile in via unilaterale(20).
Verifiche e monitoraggio (articolo 3): anche al di fuori dell'ipotesi di verifica dei risultati da effettuare nell'ultimo biennio (di cui all'articolo 2), sia lo Stato che la regione hanno facoltà di svolgere «verifiche su aspetti specifici o settori di attività oggetto dell'Intesa».
A tal fine, la struttura statale competente è il Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, che concorda le modalità di svolgimento delle verifiche con la Presidenza della regione. Nulla si prevede, invece, con riguardo alla struttura regionale competente, che pertanto potrà essere individuata autonomamente dalla regione (comma 3).
Risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per l'esercizio delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 4).Pag. 168
Una Commissione paritetica Stato-regione provvederà a determinare le risorse(21) da assegnare o trasferire alla regione. Nel far ciò, la Commissione è tenuta a rispettare i seguenti principi:
le risorse finanziarie saranno determinate in termini di compartecipazione o riserva di aliquota al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale;
le risorse dovranno essere quantificate in modo da consentire alla regione di finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite (ai sensi dell'articolo 119, quarto comma, della Costituzione);
in una prima fase occorrerà prendere a parametro la spesa storica sostenuta dallo Stato nella regione riferita alle funzioni trasferite o assegnate;
tale criterio dovrà tuttavia essere oggetto di progressivo superamento (che dovrà essere completato entro il quinto anno) a beneficio dei fabbisogni standard, da definire entro 1 anno dall'approvazione dell'Intesa.
I fabbisogni standard sono misurati in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi maturati nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali, fatti salvi gli attuali livelli di erogazione dei servizi.
Gli atti di determinazione delle risorse(22) provvedono anche a definire la data di decorrenza dell'esercizio, da parte delle regioni, delle nuove competenze conferite. In tale data dovrà effettuarsi anche l'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative.
Investimenti (articolo 5): si assicura una programmazione certa del loro sviluppo, conferendo allo Stato e alla regione facoltà di determinare congiuntamente modalità per assegnare risorse (anche nella forma di crediti di imposta) disponibili sui fondi destinati allo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Gli Allegati (che costituiscono parte integrante e sostanziale degli Accordi) hanno ad oggetto le materie in relazione alle quali alle regioni sono conferite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa e legislativa.
Resta comunque aperta la possibilità che il negoziato si estenda ad ulteriori profili delle materie indicate e ad altre differenti materie (articolo 6).
2.3 Gli ulteriori negoziati nella XVIII Legislatura
Con l'avvio della XVIII Legislatura, nel primo Governo Conte, come emerge dai contributi dei Ministri intervenuti in audizione e in particolare dai richiamati interventi del Ministro pro tempore per gli affari regionali STEFANI, l'attuazione del regionalismo differenziato costituisce una priorità dell'Esecutivo.
Il Ministro per gli affari regionali ribadisce la centralità del regionalismo differenziato, in occasione dell'illustrazione delle linee programmatiche in materia di autonomie regionali rese dinanzi alla Commissione e dà conto dell'attività svolta nei primi mesi richiamando incontri tecnici fra le regioni interessate al negoziato in corso e i Ministeri competenti.
Rispetto ai contenuti degli Accordi preliminari informa che le regioni firmatarie hanno richiesto un ampliamento del novero di materie su cui attivare il regionalismo asimmetrico e che anche altre regioni (Liguria, Toscana, Piemonte, Marche e Umbria) hanno formalizzato la richiesta di avvio di negoziati.
L'impostazione, in continuità con le pre-intese, è quella di individuare un percorso procedurale standardizzato, da seguire per tutte le richieste di maggiore autonomia, mentre i contenuti dell'intesa sono destinati a variare a seconda delle richieste avanzate dalle singole regioni.
Di contro, con l'avvio della legislatura le regioni firmatarie dei preaccordi del 28 febbraio hanno da subito manifestato l'intenzione di ampliare il novero delle materie oggetto dell'autonomia differenziata.
Al riguardo, Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, nei suoi interventi nell'ambito dell'indagine conoscitiva, ha fornito elementi che consentono di ricostruire alcuni passaggi significativi intrapresi dalla Regione nel processo in esame.
Il Documento di indirizzi approvato dalla Giunta regionale in data 23 luglio 2018 e trasmesso all'Assemblea legislativa il 25 luglio(23) reca una «Sintesi delle richieste per il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia per la riapertura del negoziato con il Governo».
In esso la regione ha integrato le proposte formulate prima dell'inizio della trattativa con il Governo, sì da richiedere l'autonomia su sei macro ambiti di intervento; quattro aree strategiche e due ambiti ulteriori(24):
Aree strategica: «Tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale»
Pag. 170tutela e sicurezza del lavoro
istruzione tecnica e professionale, istruzione e formazione professionale, istruzione universitaria
Aree strategica: «Internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione»
internazionalizzazione e commercio con l'estero
ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione per i sistemi produttivi e allo start up di impresa
Aree strategica: «Territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture»
governo del territorio
tutela dell'ambiente
protezione civile
Aree strategica: «Tutela della salute»
Competenze complementari e accessorie:
coordinamento della finanza pubblica
governance istituzionale
partecipazione alla formazione e all'attuazione del diritto dell'Unione europea
Ulteriori obiettivi strategici:
agricoltura
protezione della fauna ed esercizio dell'attività venatoria
acquacoltura
cultura e spettacolo
sport
organizzazione della giustizia di pace.
Con la risoluzione n. 7158 approvata il 18 settembre 2018, l'Assemblea legislativa ha impegnato il Presidente: a proseguire il confronto con il Governo nelle materie individuate nel Documento di indirizzi approvato dalla Giunta; ad aggiornare l'Assemblea in ordine all'evoluzione del negoziato e a sottoporle lo schema d'intesa con l'Esecutivo prima della sua formale sottoscrizione; a proseguire nel coinvolgimento di tutte le rappresentanze istituzionali, economiche e sociali firmatarie del patto per il lavoro e ad acquisire il parere del CAL (Consiglio delle autonomie locali).
Dal punto di vista delle materie, la risoluzione formula un espresso impegno per il Presidente a concordare con il Governo spazi di autonomia con riferimento: 1) all'istituzione di zone economiche speciali nel territorio regionale che presentino peculiarità, opportunità o bisogni tali da motivarlo (in questi ambiti possono essere previste misure e intese dirette alla concessione di agevolazioni, anche di tipo Pag. 171fiscale, per favorire l'insediamento delle imprese e per promuovere lo sviluppo economico e l'occupazione); 2) alle modalità di gestione dei rifiuti speciali, compresa la possibilità di ridurre la capacità impiantistica al reale fabbisogno regionale e garantire la piena attuazione del principio dell'autosufficienza su base regionale.
La Regione Lombardia, con l'avvio della XVIII legislatura e della XI Consiliatura regionale, ha dato impulso alla ripresa della trattativa, come richiamato dal Presidente FONTANA(25), nel corso della presente indagine.
Nello specifico con l'ordine del giorno 15 maggio 2018, il Consiglio regionale ha impegnato il Presidente della Regione e l'Assessore all'Autonomia e cultura: i) a promuovere le azioni conseguenti all'Accordo preliminare del 28 febbraio e approfondire i più ampi margini di autonomia riguardanti le materie indicate nell'Accordo stesso, e le relative risorse; ii) a riaprire la trattativa affinché sia allargata a tutte e 23 le materie costituzionalmente previste; iii) a rappresentare al Governo «il nesso nevralgico, nell'ambito della trattativa, tra competenze e risorse», definendo specificamente le mansioni, i tempi di lavoro e le prerogative, della Commissione paritetica Stato-Regione prevista dall'Accordo, nonché l'esigenza che nell'intesa si stabilisca «il complessivo assetto delle potestà normative, con la definizione di rapporti chiari tra legislazione, potere regolamentare e relative funzioni amministrative, inserendo delle clausole di garanzia a favore dell'autonomia ottenuta rispetto alle successive leggi statali [...] in osservanza del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, affinché siano salvaguardati livelli adeguati di risorse finanziarie correlate alle competenze acquisite per non vanificare l'obiettivo di mantenere l'autonomia conseguita».
In data 29 maggio 2018 è stato sottoscritto un Protocollo tra la Regione, l'Upl (Unione delle province lombarde) e l'Anci-Lombardia per un'azione comune ai fini del riavvio del confronto con il Governo, con contestuale riconoscimento del ruolo partecipativo degli enti locali nel percorso di autonomia(26).
Il negoziato è stato formalmente riavviato con l'incontro, in data 26 luglio 2018, con il Ministro per gli Affari regionali, al quale sono state consegnate le richieste della regione, e già nel mese di ottobre si è avviato l'approfondimento con i dicasteri competenti, sotto il coordinamento del Dipartimento degli Affari regionali, cui hanno fatto seguito incontri tecnici tra gennaio e febbraio 2019.
Il Presidente FONTANA, nel richiamato intervento, ricorda che l'iniziativa regionale ha registrato ampia condivisione anche nell'ambito delle categorie produttive e sociali, sin da subito coinvolte nel processo.
Come ricordato dal Presidente della Regione ZAIA nel richiamato contributo conoscitivo acquisito dalla Commissione, la regione Veneto con l'avvio della legislatura in corso ha prontamente riattivato la trattativa con il Governo e ha chiesto l'attivazione di forme e condizioni Pag. 172di autonomia su tutte le 23 materie previste dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
A seguito della formazione del nuovo Governo, in data 12 giugno 2018, l'incontro della delegazione trattante del Veneto, presieduta dal Presidente Zaia, con il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie ha formalmente sancito la riapertura del negoziato ai fini del conseguimento dell'intesa ex articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Dal punto di vista della procedura, la regione ha inizialmente avanzato la proposta che l'intesa con il Governo sia recepita con legge delega(27), d'iniziativa regionale, e che la disciplina puntuale dell'autonomia sia demandata ad uno o più decreti legislativi, predisposti da una Commissione paritetica. La Regione non ha tuttavia insistito per tale soluzione.
Nella seduta del Consiglio dei ministri n. 33 del 21 dicembre 2018 è stato trattato, fra i punti all'ordine del giorno, il tema dell'autonomia differenziata delle regioni ordinarie.
In quella sede, il Consiglio dei ministri ha delineato un percorso per giungere alla definizione delle intese con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che prevedeva la conclusione della fase istruttoria entro il 15 gennaio 2019 e la definizione della proposta da sottoporre ai Presidenti delle regioni entro il successivo 15 febbraio.
Nella seduta del Consiglio dei ministri n. 44 del 14 febbraio 2019, il Ministro pro tempore per gli Affari regionali ha illustrato i contenuti delle bozze di intesa. Sul sito del Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio vengono pubblicate dette bozze, in una bozza frutto di un primo confronto tra Governo e ciascuna delle tre regioni, limitatamente alla «parte generale» (premesse e Titolo I recante le Disposizioni generali).
2.4 Gli schemi di intesa del febbraio 2019
Con riferimento agli schemi di intesa del febbraio 2019, il Ministro pro tempore per gli affari regionali, sen. STEFANI(28), ha riferito alla Commissione che circa le trattative con le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna «si è raggiunto un punto di definizione che [..] individua da una parte un testo su cui si è trovato il consenso delle parti rispetto alla richiesta, e dall'altra, una parte, comunque significativa, su cui invece le posizioni non hanno trovato un punto di equilibrio». La mancata convergenza a cui fa riferimento il Ministro riguarda parti del testo in cui «emergono differenze fra le richieste [delle Regioni] e le proposte o le riformulazioni predisposte dai Ministeri competenti»(29). Inoltre, segnala di aver portato all'attenzione del Consiglio dei ministri tali nodi problematici e, replicando ad alcuni quesiti emersi nel dibattito, ha fatto presente di non poter mettere a disposizione della Commissione una bozza di intesa prima che Governo nella sua collegialità raggiunga una posizione condivisa su tali nodi(30).
Quanto al contenuto, le Disposizioni generali (Titolo I delle intese) sono in larga parte identiche nei tre testi.
Dal confronto con gli Accordi preliminari sottoscritti nel febbraio 2018 si rileva quanto segue.
Trovano espressa menzione le materie in relazione alle quali vengono richieste forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 2).
Le richieste di autonomia differenziata riguardano ambiti afferenti: 1) alle materie già presenti nei preaccordi («Politiche del lavoro», «Istruzione», «Salute», «Tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»; «Rapporti internazionali e con l'Unione europea»); 2) ad ulteriori nuove materie.
Nell'intesa con la regione Emilia-Romagna risultano nuove le richieste relative alle seguenti materie: «Organizzazione della giustizia di pace, limitatamente all'individuazione dei circondari»; «Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi»; «Commercio con l'estero»; «Protezione civile»; «Ordinamento sportivo»; «Governo del territorio»; «Grandi reti di trasporto e di navigazione»; «Previdenza complementare e integrativa»; «Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»; «Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali».
Alla regione Emilia-Romagna è inoltre riconosciuta una competenza complementare in ordine all'«organizzazione» e all'«esercizio delle funzioni amministrative locali» riferite alle materie oggetto dell'intesa.
Nell'intesa emiliana sono infine specificati i limiti all'esercizio regionale delle competenze attribuite(31).Pag. 174
Nelle intese con le regioni Lombardia e Veneto sono nuove le seguenti materie: «Tutela dei beni culturali»; «Commercio con l'estero»; «Professioni»; «Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi»; «Alimentazione»; «Ordinamento sportivo»; «Protezione civile»; «Governo del territorio»; «Porti e aeroporti civili»; «Grandi reti nazionali di trasporto e di navigazione»; «Ordinamento della comunicazione»; «Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»; «Previdenza complementare e integrativa»; «Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»; «Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali».
A tali materie il Veneto aggiunge anche: «Organizzazione della giustizia di pace, limitatamente all'individuazione dei circondari»; «Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale»; «Enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale».
Si prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa), di una Commissione paritetica Stato-Regione, composta di nove rappresentanti di nomina governativa (designati dal Ministro per gli affari regionali) e di altrettanti indicati dalla Giunta regionale (articolo 3).
Alla Commissione è affidato il compito di determinare, entro 120 giorni dalla sua istituzione, le risorse finanziarie, umane e strumentali, nonché le forme di raccordo con le amministrazioni centrali, necessarie per l'esercizio delle funzioni oggetto di autonomia differenziata.
Nell'espletare tale compito la Commissione si avvarrà della collaborazione di tutte le amministrazioni statali coinvolte.
La Commissione paritetica è già contemplata nelle Disposizioni generali dei preaccordi, ma senza disciplinarne la composizione.
Si prevede che, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, previa deliberazione del Consiglio dei ministri(32), siano trasferiti beni e risorse, determinati dalla Commissione paritetica (articolo 4).
Tale trasferimento comporta la contestuale soppressione o il ridimensionamento, in rapporto a eventuali compiti residui, dell'amministrazione statale periferica nonché delle amministrazioni statali centrali.
Al riordino delle amministrazioni statali si provvede con regolamenti ex articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, da Pag. 175adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa(33).
Le funzioni amministrative attribuite alle regioni per effetto del riconoscimento dell'autonomia differenziata possono essere conferite, con legge regionale e nel rispetto delle disposizioni costituzionali, agli enti locali, assicurando loro le risorse necessarie (articolo 4).
In tema di risorse necessarie all'esercizio delle funzioni oggetto di autonomia differenziata (articolo 5), come negli Accordi preliminari, viene affidato alla Commissione paritetica il compito di determinare le modalità per l'attribuzione delle risorse in termini di: 1) spesa sostenuta dallo Stato nella regione riferita alle funzioni trasferite e assegnate; 2) fabbisogni standard da determinarsi, per ogni materia, entro un anno dalla data di entrata in vigore degli specifici decreti di trasferimento di beni e risorse (di cui all'articolo 4).
qualora i fabbisogni standard non siano individuati entro tre anni dalla entrata in vigore dei decreti di trasferimento di beni e risorse, si prende in considerazione l'ipotesi, tra le varie soluzioni, che l'ammontare delle risorse assegnate alla regione per l'esercizio delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia non possa essere inferiore al valore medio nazionale pro capite della spesa statale per le medesime funzioni.
Nell'intesa viene aggiunta la clausola di invarianza finanziaria, per la quale dall'applicazione delle intese non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Come negli Accordi preliminari continua ad essere previsto, a garanzia del finanziamento delle nuove competenze, l'utilizzo (anche congiunto) della compartecipazione al gettito Irpef o di eventuali altri tributi erariali maturato nel territorio regionale ovvero delle aliquote riservate, nell'ambito di quelle previste dalla legge statale, sulla base imponibile dei medesimi tributi riferibile al territorio regionale.
Le intese dispongono che sia di competenza delle regioni l'eventuale variazione di gettito maturato nel territorio regionale dei tributi compartecipati o oggetto di aliquota riservata rispetto alla spesa sostenuta dallo Stato nella regione (o rispetto a quanto riconosciuto alla regione sulla base dei fabbisogni standard).
Al contempo, affidano alla Commissione paritetica una verifica biennale della congruità delle compartecipazioni e delle riserve di aliquota prese a riferimento per la copertura dei fabbisogni standard.
Come già nei preaccordi, l'effettivo esercizio delle nuove competenze viene fatto decorrere dall'effettivo trasferimento di beni e risorse.
Inoltre dispongono l'istituzione, da parte del Governo, di un Comitato Stato-regioni con il compito di individuare i fabbisogni standard (e le relative metodologie).
Con riferimento agli investimenti (articolo 6), come nei preaccordi, si assicura una programmazione certa del loro sviluppo, conferendoPag. 176 allo Stato e alla regione facoltà di determinare congiuntamente modalità per assegnare risorse (anche nella forma di compartecipazione al gettito di tributi erariali o crediti di imposta) disponibili sui fondi destinati allo sviluppo infrastrutturale del Paese.
Si introducono disposizioni di raccordo tra la legislazione statale e quella regionale (articolo 7).
In particolare: la normativa statale vigente che disciplina le materie oggetto di forme e condizioni particolari di autonomia continua ad applicarsi fino all'entrata in vigore delle disposizioni regionali; le leggi regionali, nelle materie oggetto di autonomia differenziata, sono tenute ad indicare espressamente le disposizioni statali la cui efficacia cessa con l'entrata in vigore delle disposizioni regionali;
In tema di verifiche e monitoraggio (articolo 8), si prevede che Stato o regione possano chiedere che sia effettuato, per il tramite della Commissione paritetica, un monitoraggio periodico sull'esercizio delle competenze attribuite (oltre a verifiche su specifici aspetti o settori di attività già previste nei preaccordi).
Viene meno il termine di durata decennale dell'intesa stabilito nei preaccordi.
Pertanto le funzioni trasferite rimarrebbero in capo alla regione a tempo indefinito e comunque fintanto che, a Costituzione invariata, le Parti decidano, eventualmente, di sottoscrivere una nuova intesa da recepire con legge ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
2.5 Gli sviluppi successivi
Nella legislatura in corso, con il secondo Governo Conte muta radicalmente l'impostazione seguita dall'Esecutivo nel processo di attuazione del regionalismo a geometria variabile.
Il Ministro per gli affari regionali BOCCIA, intervenendo presso la Commissione parlamentare per le questioni regionali per l'illustrazione delle linee programmatiche nelle materie di propria competenza, chiarisce che le intese dovranno inserirsi in una cornice legislativa unitaria, cui si intende accordare priorità(34).
In proposito, non ritiene soddisfacente la scelta, elaborata dal precedente Esecutivo, di individuare nel corpo delle singole intese una parte generale diretta ad assolvere la funzione di cornice unitaria, ritenendo necessaria una legge quadro(35).
Dà conto della volontà del Governo di elaborare dunque una disciplina legislativa in cui accordare priorità alla previa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e all'introduzione di un meccanismo che consenta di recuperare il gap strutturale nelle aree in ritardo di sviluppo.
Per questi aspetti, si rinvia al paragrafo 4.2.
3. PROCEDIMENTO E COINVOLGIMENTO DEL PARLAMENTO
3.1 Gli elementi ricavabili dal testo costituzionale.
Come si è visto nel precedente paragrafo, la riflessione sul negoziato in corso con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto si è andata intrecciando con quella più generale sulle modalità di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Con riferimento al procedimento per attuare il regionalismo differenziato, l'indagine si è in primo luogo concentrata sulla ricognizione degli elementi direttamente ricavabili dal testo costituzionale.
Nell'ambito dell'articolo 116, terzo comma, è in primo luogo individuabile la fase dell'iniziativa.
A tale riguardo, è indubbio che la regione interessata sia l'unico soggetto titolato ad avviare il procedimento per il regionalismo differenziato. Non è tuttavia definita una specifica modalità con cui tale iniziativa è assunta e non si può ritenere che la Costituzione intenda riferirsi ad un'iniziativa esclusivamente legislativa, come peraltro conferma la prassi in materia.
Come segnalato dal Prof. CELOTTO, «la regione è libera di scegliere come presentare la sua iniziativa»(36).
L'organo competente ad assumere l'iniziativa è stabilito dalla regione interessata, nell'ambito della propria autonomia statutaria e della propria potestà legislativa. In Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto i rispettivi Presidenti hanno chiesto al Governo l'avvio delle trattative con il Governo, su impulso dei rispettivi consigli regionali (nel caso di Veneto e Lombardia la decisione di avviare il processo volto ad ottenere forme di autonomia differenziata è stata sottoposta a referendum). Come segnalato nella memoria del CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA, è lo stesso statuto lombardo a prevedere l'iniziativa del consiglio in materia. Anche i CONSIGLI REGIONALI DI VENETO ED EMILIA-ROMAGNA, nelle loro memorie, hanno sottolineato il loro forte coinvolgimento nella promozione del negoziato.
La Costituzione non specifica quale sia l'organo statale destinatario della richiesta di maggiore autonomia. Sovviene in proposito la legislazione statale (articolo 1, comma 571, della legge n. 147 del 2013 – legge di stabilità 2014) ai sensi della quale l'iniziativa è rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali.
Nel silenzio della Costituzione, la regione può autonomamente stabilire di far precedere la richiesta di avvio del procedimento di cui all'articolo 116, terzo comma, dallo svolgimento di un referendum consultivo, per acquisire l'orientamento dei propri cittadini sull'opportunità di richiedere l'avvio dei negoziati con il Governo. Sulla legittimità di tale strumento si è espressa la Corte costituzionale (sentenza n. 118 del 2015). La Corte – in occasione di un ricorso proposto dallo Stato contro due leggi della regione Veneto volte ad indire referendum consultivi per l'attivazione della procedura di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione – ha delineato l'ambito entro cui è ammissibile il referendum consultivo in materia: occorre che ci si limiti a Pag. 178chiedere ai votanti se siano favorevoli, o meno, all'attivazione della procedura, senza che esso costituisca uno strumento per perseguire finalità non realizzabili attraverso l'attivazione della procedura di cui all'articolo 116, terzo comma.
Le regioni Lombardia e Veneto, come noto, hanno fatto ricorso a tale strumento e solo in esito al referendum in cui si è registrata la volontà dei cittadini di avviare il percorso verso l'autonomia differenziata le regioni hanno chiesto al Governo l'avvio delle trattative.
La disciplina costituzionale prescrive che siano «sentiti gli enti locali». Nel corso delle audizioni è stato evidenziato il rilievo di tale parere, e più in generale dell'interlocuzione con gli enti locali nell'ambito del processo.
Al riguardo, il prof. CARAVITA identifica tale coinvolgimento come uno dei due «elementi procedurali» che caratterizzano l'articolo 116, terzo comma(37).
La disposizione costituzionale non specifica tuttavia quali debbano essere gli enti locali da coinvolgere. Nel silenzio della norma, un ruolo chiave, ancorché non necessariamente esclusivo, dovrebbe essere svolto dal Consiglio delle autonomie locali-CAL previsto dall'articolo 123, ultimo comma della Costituzione quale «organo di consultazione fra la regione e gli enti locali» da disciplinare negli statuti regionali (in tale senso il prof. CARAVITA(38)).
Va peraltro rilevato che nell'indagine non è emersa alcuna ragione ostativa a che la regione interessata possa eventualmente consultare i singoli enti locali ovvero le rispettive associazioni di rappresentanza a livello regionale (ANCI e UPI).
Il parere espresso dagli enti locali è obbligatorio, in quanto la regione è tenuta a consultare gli enti locali, ma non vincolante(39).
La norma costituzionale non precisa quale sia il momento in cui tale parere va richiesto, lasciando in proposito ampio margine di discrezionalità alla regione. Ciò, fermo restando che la ratio della norma dovrebbe escludere che la consultazione possa svolgersi in un momento successivo alla sottoscrizione dell'intesa, quando non è più possibile incidere sul suo contenuto.
L'articolo 116, terzo comma, non prescrive esplicitamente un obbligo di avvio dei negoziati sulla base della richiesta della Regione, fermo restando che i rapporti tra Stato e autonomie territoriali si fondano sul rispetto del principio di leale collaborazione fra le parti.
Nel silenzio della Costituzione, è l'articolo 1, comma 571, della legge n. 147 del 2013 ad imporre al Governo di attivarsi sulle iniziative delle regioni nel termine di 60 giorni dal loro ricevimento(40).Pag. 179
Non sussiste a fortiori alcun obbligo di concludere l'intesa, fatto salvo anche in questo caso il rispetto del principio di leale collaborazione.
Una volta sottoscritta l'intesa, l'iniziativa spetta in primis al Governo (politicamente) tenuto, in quanto parte firmataria del documento, a presentare alle Camere il disegno di legge che recepisce l'intesa sottoscritta con la regione(41). Nel silenzio dell'articolo 116, terzo comma, non si può escludere che tale iniziativa possa essere assunta da parte degli altri soggetti titolari dell'iniziativa legislativa statale, inclusa la Regione che ha sottoscritto l'intesa.
La Costituzione prescrive che il procedimento di approvazione del disegno di legge sia aggravato dalla previsione della legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Si tratta, pertanto, di una legge rinforzata.
Rispetto a questi primi elementi ricavati dalla lettura del testo costituzionale, nell'indagine sono stati affrontati due quesiti: è necessaria una legge-quadro di attuazione dell'articolo 116 della Costituzione? Quali modalità adottare per garantire un adeguato coinvolgimento del Parlamento?
3.2 La questione della «legge-quadro»
Come rilevato nell'ambito delle audizioni svolte, la norma costituzionale non è stata affiancata da un organico intervento legislativo di disciplina del procedimento. L'unico tentativo, risalente alla XV Legislatura, è consistito nell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di uno schema di disegno di legge di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, peraltro mai esaminato dalle Camere.
Tra le altre cose, lo schema prevedeva che i) fosse preventivamente acquisito il parere del Consiglio affari locali (CAL) come sede rappresentativa degli enti locali della regione (ove il CAL non fosse istituito il parere sarebbe stato raccolto attraverso le associazioni rappresentative degli enti locali a livello regionale) ii) che lo schema di intesa per l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia, dopo essere stato sottoposto per l'assenso ai Ministri competenti sulle singole materie, venisse approvato dal Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri competenti per materia, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, sentita la Conferenza Stato-regioni; iii) che, dopo la sottoscrizione dell'intesa da parte del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della regione, il Governo deliberasse, entro i successivi trenta giorni, la presentazione in Parlamento dell'apposito disegno di legge per l'attribuzione dell'autonomia ampliata.Pag. 180
Nell'indagine è emersa sia la posizione di chi ritiene centrale la previsione di una legge quadro sia quella di chi ritiene che tale passaggio non sia necessario o comunque non utile dal momento in cui il procedimento di attuazione è già in corso con riferimento alle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
Con riferimento ai contributi della dottrina nell'ambito della procedura informativa, secondo il prof. GIUFFRÈ(42) a fronte di «una certa vaghezza» dell'articolo 116, terzo comma, «tipica delle norme costituzionali», «[s]arebbe stato necessario dare attuazione all'articolo 116 della Costituzione per specificare quale avrebbe dovuto essere la procedura per arrivare alla differenziazione».
Analogamente, il prof. CELOTTO riterrebbe opportuna una legge quadro anche al fine di colmare la perdurante assenza di un indirizzo politico circa le modalità attuative dell'articolo 116, terzo comma(43).
Di diverso avviso è il prof. BERTOLISSI, per il quale l'assenza di una disciplina dettagliata, peraltro neanche prevista dalla norma costituzionale, costituisce, alla luce della propria esperienza, un aspetto positivo. Ritiene che, non essendo «ingabbiati da lacci e lacciuoli», si possa attuare la norma costruendo una procedura ad hoc che consenta di superare eventuali problemi con il buon senso e che finisca con il costituire un precedente valido per il futuro.
Con riferimento ai rappresentati degli esecutivi intervenuti, nell'ambito del Governo Conte I si ritiene non necessario procedere con un intervento legislativo diretto a disciplinare il procedimento attuativo della norma costituzionale.
Ciò peraltro senza negare l'importanza di delineare una cornice generale su cui fondare le trattative con tutte le regioni richiedenti autonomia differenziata.
Il Ministro pro tempore per gli affari regionali STEFANI, nel richiamare l'attenzione della Commissione sulla bozza di parte generale dello schema di intesa con le tre richiamate Regioni, specifica che si tratta di «aspetti generali dell'intesa [che] individuano quegli elementi destinati a regolare, anche per il futuro, i rapporti tra lo Stato e altre amministrazioni richiedenti ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Si può cambiare, infatti, la declinazione delle materie, ma non si può cambiare l'impianto generale, che deve essere uguale per tutte le regioni»(44).
Sul tema, il Ministro pro tempore per il Sud LEZZI afferma a sua volta che «probabilmente sarebbe stata un'ottima idea, nel momento in cui è stata prevista l'autonomia, prevedere anche una legge quadro che Pag. 181potesse sveltire e snellire le procedure di concessione di autonomia(45)», pur precisando che tale possibilità non era stata presa in considerazione perché il procedimento era già stato attivato con le richieste delle tre richiamate regioni.
Nell'ambito del Governo Conte II, prevale invece la scelta di ritenere prioritaria la definizione di una disciplina legislativa del procedimento per il conferimento di autonomia differenziata. Come si vedrà, tale impostazione emerge nelle audizioni del Ministro per gli affari regionali pro tempore BOCCIA, che preannuncia l'intenzione del Governo di presentare un disegno di legge ad hoc, e del Ministro per il sud e la coesione territoriale pro tempore PROVENZANO. La necessità di una legge-quadro è quindi stata ribadita dal Ministro per gli affari regionali del Governo Draghi GELMINI.
Quanto ai rappresentanti delle Regioni richiedenti maggiore autonomia, il Presidente dell'Emilia-Romagna BONACCINI condivide l'opportunità di definire una cornice nazionale in particolare per definire i criteri per l'accesso alla maggiore autonomia, pur precisando che tale percorso non debba essere utilizzato come mera occasione per ostacolare pregiudizialmente il conseguimento dell'autonomia differenziata(46).
Di contro, il presidente della regione Veneto ZAIA, nella sua prima audizione del 10 aprile 2019, ha sostenuto che «il tema della legge quadro fosse assolutamente superfluo» e ha rivolto un invito alla concretezza, segnalando che la consolidata giurisprudenza costituzionale sul Titolo V offriva di per sé un valido supporto all'attuazione anche dell'articolo 116, terzo comma(47).
Al riguardo, sosteneva che puntare alla definizione di una legge quadro, dopo quasi vent'anni dall'approvazione della riforma del Titolo V, sarebbe un'opera complessa che avrebbe come «unico vero risultato [..] un rallentamento – per non dire l'arresto – del processo riformatore in corso»(48).
Nella successiva audizione del 30 gennaio 2020, il presidente Zaia, ha invece preso atto dell'orientamento maturato nel governo a sostegno della «legge quadro», esprimendo l'auspicio che «aiuti a coinvolgere il Parlamento». La memoria depositata depositata nel corso dell'audizione rileva possibili «profili di non compatibilità con le previsioni costituzionali in quanto una legge quadro di natura ordinaria non potrebbe vincolare le successive leggi di approvazione delle intese, fonti atipiche e rinforzate per espressa previsione della Costituzione. Ciononostante». Tuttavia la memoria afferma anche che «la regione Veneto ha manifestato la sua disponibilità a un confronto per definirne i contenuti in modo condiviso».
3.3 Il coinvolgimento del Parlamento
La questione delle modalità di coinvolgimento del Parlamento discende da quella dello status da riconoscere alla legge di approvazione delle intese.
L'articolo 116, terzo comma, sancisce che la legge è approvata «sulla base di intese fra lo Stato e la regione interessata». La formulazione della disposizione costituzionale presenta ampi margini interpretativi. Il tenore della disposizione consente solo di escludere che il disegno di legge possa prescindere dalla sottoscrizione e dai contenuti delle intese. Sul punto, in estrema sintesi, vi è la posizione di chi ritiene che la norma costituzionale debba essere interpretata nel senso che alla legge spetti il mero recepimento dei contenuti dell'intesa. Si tratta di un orientamento recepito dai preaccordi sottoscritti tra il Governo e le Regioni il 28 febbraio 2018, che operano un espresso richiamo alla procedura di approvazione della legge di disciplina dei rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose acattoliche, che ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione deve avvenire «sulla base di intese»(49) (e che, già lo si è ricordato, sostanzialmente non sono emendabili in Parlamento). Anche il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva «sull'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, con particolare riferimento alle recenti iniziative delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna», condotta dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nella scorsa legislatura e approvato all'unanimità, nel dar conto dei contributi della dottrina forniti in quella procedura informativa, aveva inquadrato la legge attributiva della maggiore autonomia come «legge in senso formale, vincolata all'intesa precedentemente raggiunta tra Governo e Regione». Anche nell'indagine svolta, i Presidenti di Regione FONTANA(50) e ZAIA(51), che ritengono che la centralità del Parlamento non dovrebbe giungere sino a disconoscere i contenuti sottoscritti fra le parti. L'approvazione della legge dovrebbe a loro avviso avvenire mutuando la medesima procedura prevista dall'articolo 8 della Costituzione per le leggi di approvazione di intese con le confessioni diverse da quelle cattolica, peraltro sulla base di quanto a suo tempo condiviso fra le parti che hanno sottoscritto gli accordi preliminari del febbraio 2018.
La capacità di incidere sui contenuti dell'autonomia da parte delle Camere non è peraltro disconosciuta da tale impostazione, bensì circoscritta all'esercizio del potere di dettare al Governo linee di Pag. 183indirizzo in ordine allo schema di intesa, prima della sua sottoscrizione definitiva.
Come rileva il Presidente ZAIA(52), occorrerebbe «lasciare ampio spazio al Parlamento di dare indicazioni, di dare suggerimenti» in sede di esame della bozza di intesa.
Nel complesso rientra in tale orientamento anche l'affermazione del Presidente BONACCINI secondo il quale, pur nel rispetto delle prerogative parlamentari, sarebbe «auspicabile che il Parlamento svolgesse a monte e fino in fondo la sua funzione precipua, ovvero quella di delineare la cornice – sia che si tratti delle funzioni, delle condizioni, dei fabbisogni, [..] dei livelli essenziali delle prestazioni – piuttosto che intervenire ex post sui singoli aspetti delle intese sottoscritte, che pure deve valutare e decidere se accogliere o respingere»(53).
Per quanto concerne i rappresentanti del primo Governo Conte intervenuti in audizione, si registrano posizioni non sempre uniformi.
Il Ministro pro tempore per gli affari regionali STEFANI ritiene centrale il contributo del Parlamento nell'ambito dei poteri di indirizzo al Governo.
Senza entrare nel merito dell'eventuale emendabilità del disegno di legge di recepimento dell'intesa (di competenza dei Presidenti delle Camere), ritiene che il confronto nel merito delle proposte debba avvenire in Parlamento prima della formale sottoscrizione di un'intesa, nell'esercizio del potere di indirizzo delle Camere, fermo restando che «l'intesa resta un atto pattizio fra il Presidente del Consiglio dei ministri e il Presidente della Regione»(54).
La Ministra pro tempore per il Sud LEZZI tiene invece ad enfatizzare l'esigenza di assicurare al Parlamento un potere di incidere direttamente sui contenuti dell'autonomia.
Afferma al riguardo che al Parlamento, «che rappresenta l'intero territorio nazionale» e che è «l'organo maggiormente deputato a fare sintesi» sul conferimento di maggiore autonomia, vada riconosciuto il potere di emendare la legge, fermo restando che resta ai Presidenti delle Camere stabilire se intervenire con una mozione vincolante o non vincolante oppure con l'emendabilità e che ciò che conta è la «volontà di mediare e trovare una sintesi [...] con il Parlamento»(55).
Durante il primo governo Conte, il Ministro per gli affari regionali pro tempore BOCCIA ha richiamato che lo schema di disegno di «legge-quadro» in lavorazione contempla «un percorso preliminare finalizzato ad acquisire le valutazioni delle Camere prima della stipula dell'intesa definitiva», fermo restando che, nel rispetto dell'autonomia delle Camere, non si introducono specifiche modalità procedimentali né per l'espressione di tali valutazioni, né per l'iter parlamentare di discussione del disegno di legge di approvazione dell'intesa.
Da ultimo sul punto, la Ministra per gli affari regionali del Governo Draghi GELMINI, nella sua audizione del 13 luglio 2021, ha rilevato che Pag. 184«si potrebbe ragionare sulla sottoposizione alle commissioni parlamentari competenti per materia degli schemi di intesa per la predisposizione dei pareri. Inoltre, si potrebbe prevedere il coinvolgimento anche della Commissione per le questioni regionali: troverei infatti singolare che questa bicamerale, che ha nella sua finalità esattamente queste tematiche e quindi il rapporto con le Regioni, non fosse pienamente coinvolta nel procedimento. Lo schema di intesa, così come integrato con le modifiche provenienti dalle indicazioni parlamentari, dovrebbe successivamente essere di nuovo sottoposto alla regione interessata ai fini della predisposizione dell'accordo definitivo.».
Anche la dottrina tende a riconoscere che si tratta di una legge di approvazione.
In proposito, ad avviso del prof. CELOTTO, la legge in esame presenta le caratteristiche tipiche delle leggi di approvazione, che «sono quelle leggi che si basano su un testo che nasce fuori dal Parlamento e che arriva in Parlamento ai fini del controllo» (come nel caso delle leggi di approvazione delle intese con le confessioni religione non cattoliche, dei patti Lateranensi, degli statuti speciali e ordinari, del bilancio, dei trattati internazionali)(56).
Al contempo gli esperti del settore, in modo quasi unanime, ritengono irrinunciabile che sia garantito un ampio coinvolgimento del Parlamento nel processo di attuazione della norma costituzionale, che non sia limitato all'approvazione del disegno di legge.
Il prof. GIUFFRÈ(57) evidenzia che la maggiore autonomia ex articolo 116, terzo comma, «va a incidere sulla forma di Stato [...] incrociando princìpifondamentali dell'ordinamento repubblicano (unità e indivisibilità della Repubblica)». A suo avviso, «il Parlamento – che rappresenta la comunità nazionale nel suo complesso e il luogo in cui si devono realizzare le mediazioni, che consentono poi la solidarietà» – non può essere pertanto «uno spettatore passivo», chiamato soltanto a ratificare le intese. In proposito, rammenta il ruolo centrale svolto dal Parlamento in sede di approvazione degli statuti ordinari a partire dal 1971.
Peraltro riconoscere al Parlamento la facoltà di modificare i contenuti del disegno di legge anche per le parti di mero recepimento dell'intesa non comporta necessariamente un disallineamento tra i contenuti del disegno di legge e l'intesa, potendo quest'ultima essere a sua volta modificata, dai firmatari della stessa, al fine di recepire gli emendamenti al disegno di legge, prima della sua approvazione definitiva.
Al riguardo, il prof. GIUFFRÈ ritiene che la valorizzazione del Parlamento, se non riconosciuta da una legge ordinaria di attuazione della norma costituzionale, potrebbe essere assicurata attraverso il potere emendativo, in sede referente, del disegno di legge in cui viene trasfusa l'intesa e la previsione che sulle eventuali proposte di modifica si avvii un nuovo negoziato tra il Governo e la regione interessata. Nelle more, l'esame del provvedimento, per le parti non emendate, potrebbe comunque proseguire in Aula(58).Pag. 185
Il prof. CARAVITA rammenta in proposito che «tutti i processi di trasferimento sia della funzione legislativa, sia delle funzioni amministrative» dallo Stato alle regioni hanno visto un fondamentale passaggio parlamentare, che ritiene irrinunciabile anche con riguardo all'attuazione dell'articolo 116, terzo comma. Nello specifico, evoca il contributo sostanziale del Parlamento, in sede di esame dei disegni di legge di approvazione degli statuti, ricordando che le modifiche suggerite dalle Commissioni di merito agli statuti erano state recepite dai Consigli regionali interessati. Anche con riguardo alle altre grandi operazioni di trasferimento, si intervenne con decreti legislativi delegati (quelli del 1972, del 1977 e del 1998), sulla base di una legge delega a monte e, di un importante passaggio in sede di Commissioni parlamentari sugli schemi di decreto, a valle(59).
Alla medesima procedura di approvazione degli statuti regionali fa riferimento anche il prof. BERTOLISSI. A suo avviso quell'esperienza conferma come il Parlamento possa svolgere un ruolo chiave anche in sede di esame di una legge meramente formale.
Al riguardo, ricorda che la legge di approvazione degli statuti era una legge formale, e pertanto non emendabile da parte del Parlamento, in modo analogo alla procedura di approvazione dell'articolo 116, terzo comma. Ciò nonostante, il contributo del Parlamento (ed in particolare della Commissione affari costituzionali del Senato) fu estremante rilevante, poiché i Consigli regionali (anche al fine di evitare il rischio della reiezione dello statuto) recepirono le modifiche richieste informalmente dalle Commissioni. Tale precedente dimostra a suo giudizio l'infondatezza delle preoccupazioni di coloro che paventano il rischio di una marginalità del Parlamento nel processo di attuazione del regionalismo asimmetrico qualora si riconosca il carattere formale della relativa legge (con conseguente esclusione del potere emendativo). Peraltro, la previsione di una maggioranza qualificata è di per sé idonea a rafforzare la posizione delle Camere rispetto a quanto previsto nel caso della legge ordinaria ex articolo 8 della Costituzione(60).
La centralità del Parlamento implica una capacità di incidere sul contenuto dell'intesa, anche a prescindere dalle specifiche modalità con cui tale apporto può essere assicurato (prof. MARAZZITA)(61).
Un siffatto contributo, osserva, potrebbe essere assicurato anche attraverso l'espressione di un atto di indirizzo sullo schema di intesa, sì da condurre ad una modifica dello stesso ancor prima della sottoscrizione definitiva. Senza entrare nel dibattito sull'emendabilità dell'intesa, afferma che un'interpretazione sistematica dell'articolo 116, terzo comma, (così come di qualsiasi altra disposizione costituzionale) non può prescindere dal dato testuale. Occorre cioè che si misuri con «l'interpretazione letterale [della norma che] ci offre il ventaglio di significati, all'interno dei quali l'interpretazione sistematica ci consente di scegliere, ma non ci consente [..] un'interpretazione che nella lettera non c'è». L'analogia con l'articolo 8 della Costituzione, difficilmente contestabile, potrebbe a suo avviso tuttavia «funzionare al contrario», nel senso che non si può disconoscere, neanche in quel caso, che il Pag. 186Parlamento possa intervenire sui contenuti di quell'intesa, anche in modo formale(62).
A fronte di questa prima ipotesi, che vede quindi la legge di recepimento dell'intesa come legge formale «di approvazione» e sposta semmai il contributo del Parlamento ad una fase antecedente, attraverso il parere degli schemi dell'intesa, vi è però anche chi ha sostenuto che al Parlamento spetti la facoltà di emendare (il disegno di legge che recepisce) l'intesa, sostenendo che la procedura non sia assimilabile a quella delineata dall'articolo 8 della Costituzione, con riferimento all'intesa fra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica.
Secondo parte della dottrina, infatti, non ci si può limitare ad un'interpretazione letterale dell'articolo 116 della Costituzione.
In proposito, il prof. CARAVITA invita a superare l'espressione testuale «sulla base delle intese», procedendo ad un'interpretazione sistematica, tenuto conto che la Carta costituzionale richiama il principio di rispetto dell'unità, differenzia il regionalismo asimmetrico dal regionalismo speciale e, più in generale, rende necessario che «la distribuzione e lo spostamento di funzioni avvengano attraverso un dialogo, da una parte, con la rappresentanza politica [..] e, dall'altra, con il sistema degli enti locali»(63).
Richiamandosi all'ordinanza della Corte costituzionale n. 17 del 2019, che ha riconosciuto la facoltà da parte dei singoli parlamentari di sollevare conflitto di attribuzione, avverte che un'eventuale decisione di limitare il potere emendativo sulla legge di approvazione dell'intesa potrebbe condurre ad un'impugnativa costituzionale.
Va peraltro tenuto conto della differenza fra le parti coinvolte nelle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, e nelle intese di cui all'articolo 8 della Costituzione.
Il prof. CELOTTO, senza prospettare invero una soluzione definitiva in ordine al potere del Parlamento di incidere sul contenuto dell'intesa, invita la Commissione a tener conto che, nel caso dell'approvazione di un'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, il Parlamento si rapporta con un soggetto appartenente allo Stato-comunità e per questo si comprende che la legge di approvazione possa avere spazi circoscritti. Nel caso delle intese ex articolo 116, terzo comma, rileva che «[e]ssendo le regioni all'interno dello Stato-persona, invece, si può pensare che il Parlamento nazionale abbia un'interlocuzione maggiore [..] un potere di interazione anche sulla legge d'intesa, sui singoli punti»(64), peraltro in analogia con quanto è accaduto con riferimento alla legge di conversione dei decreti-legge, anche in quel caso atti esterni al Parlamento, ma su cui il Parlamento incide mediante la propria potestà emendativa.
Da ultimo, al riguardo, la relazione del gruppo di studio sul regionalismo differenziato istituito dalla ministra Gelmini, rileva che «ipotizzando che le bozze di accordi tra Stato e Regione siano sottoposte alle Commissioni parlamentari competenti, mediante una procedura (eventualmente rafforzata) per il recepimento dei pareri e, Pag. 187successivamente, ad un ulteriore confronto con la Regione interessata al fine della predisposizione della intesa definitiva, l'intesa finale si configurerebbe dunque come il frutto del preaccordo iniziale fra lo Stato e la Regione interessata, delle modifiche proposte dal Parlamento su questo, sotto forma di intervento sullo schema di intesa medesima, e della successiva eventuale revisione dell'accordo con la Regione sulla base di queste ultime. Al compimento di questo ampio percorso di condivisione, l'intesa sarebbe pronta per essere presentata al Parlamento sotto forma di legge di mera approvazione (o meramente formale), da votare a maggioranza assoluta secondo quanto previsto dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione». Inoltre, prosegue la relazione del gruppo di studio, «dal punto di vista procedurale, si può prevedere una clausola di salvaguardia per le Regioni che abbiano già raggiunto le pre-intese con il Governo nel 2018, e dunque inserire nella legge-quadro una specifica previsione che espressamente faccia salve le norme procedurali già previste dall'articolo 1, comma 571, della legge n. 147 del 2013 (cfr. supra); ovviamente, sarà rimesso all'autonomia regionale verificare il perdurante ed attuale interesse in relazione non solo al contenuto delle pre-intese già raggiunte, ma anche alla prosecuzione del procedimento di attuazione del regionalismo differenziato nel rispetto del quadro regolatorio posto nella legge-quadro». La relazione del gruppo di lavoro segnala pure che «si potrebbe prevedere il coinvolgimento della Commissione bicamerale per le questioni regionali, cogliendo in questo contesto anche l'opportunità di integrarne la composizione con rappresentanti di regioni ed enti locali come previsto ormai da anni dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001».
4. LE COMPETENZE DA TRASFERIRE E IL LORO FINANZIAMENTO
Come già si è ricordato la procedura del regionalismo differenziato è attivabile per:
i) le seguenti materie di potestà legislativa esclusiva statale:
organizzazione della giustizia di pace (articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione);
norme generali sull'istruzione (articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione);
tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione).
ii) le materie di potestà legislativa concorrente (articolo 117, terzo comma, della Costituzione):
rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni;
commercio con l'estero;
tutela e sicurezza del lavoro;
istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale;
Pag. 188professioni;
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
tutela della salute;
alimentazione;
ordinamento sportivo;
protezione civile;
governo del territorio;
porti e aeroporti civili;
grandi reti di trasporto e di navigazione;
ordinamento della comunicazione;
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa;
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;
enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Al riguardo, la riflessione svolta nell'indagine si è articolata intorno a due aspetti: la necessità di introdurre un limite al numero di competenze oggetto di trasferimento nell'ambito dell'attuazione del regionalismo differenziato e alla loro delimitazione, da un lato, e le modalità di finanziamento del trasferimento di competenze.
4.1. Il numero di competenze trasferibili e la loro delimitazione
Fra le riflessioni emerse nel corso dell'indagine, vi è la questione se sia rinvenibile un limite nel numero delle materie attribuibili tenuto conto del silenzio dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sul punto.
Nell'ambito degli esperti della materia, i proff. CELOTTO e GIUFFRÈ esprimono l'avviso che non sia possibile un conferimento di tutte le materie richiamate dalla disposizione costituzionale.
Ad avviso di Giuffrè, detto articolo «non è stato redatto e pensato per consentire una richiesta in blocco di autonomia differenziata in tutte le materie previste», perché altrimenti «si parlerebbe di regioni a statuto speciale». Secondo Celotto «[l]'idea non è che le Regioni possano avere tutte le ventitré materie di maggiore autonomia, ma che ne abbiano alcune, soprattutto differenziandole in base alla tipicità dei territori»(65).Pag. 189
Il prof. Giuffrè(66) ritiene centrale il binomio fra il principio di unità/indivisibilità della Repubblica e il principio dell'autonomia/decentramento che la Costituzione mira ad equilibrare. E proprio sulla base di tale binomio, ricorda che la Corte costituzionale nel tempo «è intervenuta in maniera “ortopedica” per ricondurre a unità l'ordinamento complessivo» con riferimento sia alle competenze spettanti alle regioni ordinarie, sia a quelle proprie delle regioni a statuto speciale (riconoscendo allo Stato poteri di coordinamento, legittimando la tecnica del ritaglio delle materie, valorizzando le materie trasversali, delineando l'istituto dei poteri sostitutivi).
Tale posizione è condivisa dal Ministro pro tempore per il Sud LEZZI, la quale segnala che l'eventuale estensione del processo di autonomia differenziata a tutte le materie dell'articolo 117 della Costituzione richiamate dal terzo comma dell'articolo 116 «condurrebbe a una distorsione degli ambiti di riparto tra Stato e regioni, difficilmente compatibile con la stessa Costituzione, sia in relazione alle potestà statali, sia in relazione ad altre regioni a statuto ordinario» e occorrerebbe far fronte «ad una complessità di non poco conto», come conseguenza della vastità delle competenze coinvolte(67).
Di diverso avviso è il Presidente della Regione Veneto ZAIA(68), il quale sostiene che «la richiesta delle ventitré materie [..] non è una provocazione [..], bensì manifesta la volontà di interpretare, fino in fondo, la Costituzione, che in maniera assolutamente didascalica e precisa cita le ventitré materie». A suo avviso «il legislatore del 2001» ha fatto in modo che «“ogni regione” chieda la sua autonomia» e, in tale spirito, la propria Regione «ritiene – per storia, per parametri, per virtuosità – di potersi candidare a gestire ancora, in maniera attiva e solida, [le] ventitré materie».
Rispetto alla discussione sull'ampiezza dell'autonomia differenziata e sull'eventuale presenza di limiti, a giudizio del Presidente della Regione Emilia-Romagna e Presidente della Conferenza Stato-regioni BONACCINI, l'attenzione dovrebbe essere incentrata non tanto sul numero di materie, quanto sulle funzioni di cui si chiede concretamente il trasferimento. Tale considerazione è alla base della scelta della regione Emilia-Romagna di ragionare per obiettivi (v. infra), sulla base dei quali chiedere specifiche funzioni, e non invocare la competenza su «titoli» di materie(69).
Da ultimo sul punto è intervenuta, nella sua audizione del 13 luglio 2021, il Ministro Gelmini, richiamando anche i lavori ancora in corso del gruppo di lavoro sul regionalismo differenziato da lei istituito e presieduto dal prof. Caravita. In particolare, il ministro ha osservato che: «l'attribuzione di tutte le materie previste dal terzo comma dell'articolo 117 equivarrebbe all'attribuzione di autonomia non già differenziata, bensì speciale, in quanto l'attribuzione relativa sarebbe simile agli attuali elenchi di materie contenute negli statuti delle Regioni speciali, e ciò colliderebbe con la differenza tra Regioni ordinarie e speciali, che rimane comunque uno dei fulcri del Titolo V Pag. 190della vigente Costituzione»; inoltre «se le Regioni chiedessero tutte le materie di cui al terzo comma dell'articolo 116 comma terzo, la norma da attivare non potrebbe più essere l'articolo 116, ma l'articolo 138, poiché le Regioni richiedenti, a fine procedura, diventerebbero in realtà speciali.».
Infatti, in proposito, la relazione del gruppo di lavoro rileva che «tra le materie espressamente previste dalla disposizione costituzionale, alcune risultano strutturalmente non devolvibili per intero alle Regioni. Si consideri, ad esempio, la materia relativa al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario in ambito nazionale, l'ambiente ovvero le grandi opere di trasporto e navigazione, così come la materia riguardante la produzione, distribuzione e trasporto nazionale dell'energia; la eventuale estensione del coordinamento della finanza pubblica all'ambito locale, pur teoricamente sostenibile, anche alla luce di autorevoli interpretazioni dottrinali e di peculiari sentenze della Corte costituzionale, incontrerebbe probabilmente resistenze di tipo politico nel mondo delle autonomie locali. Vi sono poi materie, come l'istruzione, che pure in teoria devolvibili per intero, porrebbero gravi problemi dal punto di vista della coerenza del sistema costituzionale che richiede, già in ipotesi, il rispetto dell'articolo 33 della Costituzione e di tutte le previsioni di unitarietà in esso contenute. La questione, inoltre, è rilevante soprattutto per quello che riguarda le norme generali sull'istruzione, così come per l'ambiente. In terzo luogo si ritiene che, a prescindere da qualsiasi previsione specifica da inserire nell'intesa, lo Stato sia comunque competente ad intervenire, anche nelle materie trasferite, nell'esercizio della propria legislazione esclusiva, allorché sia necessario provvedere alla fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, dettare norme in materia di ordinamento civile e di tutela della concorrenza. A tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, lo Stato potrà inoltre intervenire, laddove necessario, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione o comunque facendo riferimento anche al generale principio di sussidiarietà». La relazione del gruppo di lavoro conclude quindi che sul punto «la legge quadro ben può esplicitare i princìpi desumibili dal sistema costituzionale complessivo alla luce della giurisprudenza costituzionale. In particolare la legge quadro può far riferimento alla delimitazione qualitativa e quantitativa delle materie da trasferire [...] nel dettaglio il gruppo di lavoro ritiene [...] che sia preferibile espungere in questa prima fase la materia dell'istruzione, il cui trasferimento porrebbe problemi politici, sindacali, finanziari, tributari quasi insormontabili, con un quasi sicuro aumento dei costi di sistema sia per le Regioni destinatarie del trasferimento sia per lo Stato. Sempre in questa prima fase, non pare opportuno procedere ad ulteriori trasferimenti in materia sanitaria, in attesa di affrontare la necessaria riflessione nazionale sull'assetto del sistema sanitario (la cui sostanziale regionalizzazione, a giudizio del gruppo di lavoro, non va però messa in discussione), anche in ragione delle difficoltà derivanti dall'intreccio di diverse modalità di finanziamento».
L'indagine ha poi consentito di delimitare meglio alcune delle materie trasferibili e oggetto di negoziato con le regioni.
In particolare, è stato segnalato – nell'audizione della Ministra pro tempore dell'istruzione AZZOLINA – che la giurisprudenza costituzionalePag. 191 non include (sentenza n. 76 del 2013) la disciplina del personale scolastico all'interno delle materie «norme generali dell'istruzione» (articolo 117, secondo comma lettera n) o «istruzione» (articolo 117, terzo comma) che possono essere oggetto di trasferimento alle regioni nell'ambito del regionalismo differenziato. La disciplina del personale scolastico è infatti ricondotta alla materia di esclusiva competenza statale «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato», che non può essere oggetto di trasferimento.
Anche il Ministro Gelmini, nella sua audizione del 13 luglio 2021, ha osservato che «vi sono poi materie che pur in teoria interamente devolvibili, non lo sarebbero da un punto di vista della coerenza del sistema costituzionale che, richiede, ad esempio in materia di istruzione, unitarietà di disciplina ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione».
Con riferimento alla materia ambientale, l'audizione del ministro pro tempore COSTA ha segnalato l'esigenza di mantenere comunque un livello unitario di tutela derivante non solo dalle leggi ma anche da regolamenti dello Stato, anche a fronte di esigenze di carattere nazionale o sovraregionale, in considerazione del fatto che numerosi fenomeni ambientali trascendono i confini delle regioni e pertanto non si prestano ad essere regolati da queste ultime.
In materia sanitaria, secondo il Ministro SPERANZA, dovranno comunque essere mantenute a livello statale la definizione degli indirizzi generali e del coordinamento del sistema sanitario nazionale, compreso il coordinamento della prevenzione, diagnosi e cura delle malattie; la definizione dell'attività di programmazione tecnico-sanitaria di rilievo nazionale nonché di indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle attività tecniche sanitarie regionali; la definizione dell'organizzazione delle professioni sanitarie e dello stato giuridico del personale del Servizio sanitario nazionale.
Per quanto concerne il governo del territorio, e in particolare la definizione degli standard urbanistici ed edilizi, oggetto delle richieste di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, il ministro pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti TONINELLI ha segnalato l'esigenza di mantenere una disciplina unitaria per gli aspetti di queste discipline che intersecano competenze legislative esclusive che non possono essere oggetto di trasferimento quali la tutela della concorrenza (articolo 117, secondo comma, lettera e), e l'ordinamento civile e penale (articolo 117, secondo comma 1).
In termini più generali, il Ministro Gelmini, nella sua audizione del 13 luglio 2021, ha rilevato che «tra le materie espressamente previste dalla disposizione costituzionale, alcune risultano strutturalmente non devolvibili interamente alle Regioni. Si consideri, ad esempio, la materia relativa al coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario così come la materia riguardante la produzione, distribuzione e trasporto nazionale dell'energia.».
Più in generale, il prof. MARAZZITA, nella sua audizione, ha sottolineato che, per quanto riguardo il riparto di competenze tra Stato e regioni, il raggiungimento delle intese ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione potrebbe avere un effetto deflattivo sul contenzioso costituzionale in quanto l'individuazione del confine di competenza potrebbe essere rimesso, anziché alla sola decisione della Pag. 192Corte costituzionale, al potere dispositivo delle parti. L'intesa si potrebbe in altre parole qualificare come «norma interposta».
4.2 Il finanziamento delle competenze
Uno dei temi maggiormente dibattuti riguarda le modalità di finanziamento connessi alla maggiore autonomia.
Nel corso dell'indagine conoscitiva si è registrato ampio consenso circa l'esigenza di individuare forme di finanziamento della maggiore autonomia in grado di assicurare la copertura dei costi delle funzioni da trasferire, secondo quanto previsto dall'articolo 119 della Costituzione, e la stabilità del relativo finanziamento, al fine di consentire alle regioni un'efficace attività di programmazione degli interventi.
Prima di entrare nel merito delle modalità con cui assicurare alle regioni le necessarie risorse, pare opportuno dar conto di quanto emerso, nel corso delle audizioni, con riferimento al tema del cosiddetto «residuo fiscale», inteso come il saldo tra le entrate tributarie che affluiscono allo Stato da una determinata regione e le risorse che sono «restituite» alla stessa in termini di servizi pubblici erogati. Si tratta infatti di una tematica emersa con forza nel dibattito politico svoltosi al di fuori delle aule parlamentari.
Il tema del residuo fiscale regionale è invero richiamato solo incidentalmente nel corso delle audizioni. Nessuno degli intervenuti sostiene che l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, possa essere l'occasione per l'appropriazione di una quota del cosiddetto residuo fiscale.
Neanche i rappresentati delle richiamate Regioni coinvolte nella trattativa per la definizione delle intese avanzano specifiche pretese al riguardo.
Quanto ai rappresentanti dell'Esecutivo, la Ministra pro tempore per il Sud LEZZI, appartenente al primo Governo Conte, precisa che l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, «non dovrà in alcun modo comportare un surplus fiscale trattenuto dal Nord»(70).
Il Ministro per il sud e la coesione territoriale PROVENZANO, appartenente al secondo Governo Conte, contesta il concetto stesso di residuo fiscale(71) e afferma che in un ordinamento unitario ciò che conta è il rapporto tra cittadino e Stato. Pertanto «lo steso residuo fiscale va calcolato a livello individuale, cioè quanto il singolo cittadino versa allo Stato e quanto riceve in termini di servizi» e «un residuo fiscale complessivo che somma i singoli individui non fa altro che rispecchiare i divari di reddito che esistono nel nostro Paese». A suo avviso, occorre altresì tenere presente che il valore del residuo fiscale dipende dalle modalità con cui esso è ottenuto: «le modalità di calcolo del residuo fiscale sono molto variabili», e conseguentemente l'entità dello stesso muta se si considera soltanto la spessa statale o se invece si include anche la spesa del settore pubblico allargato (in quest'ultimo caso si riduce il divario tra Nord e Sud). Inoltre l'attendibilità del valore è inficiata dalla mancata considerazione della spesa per interessi sul debito pubblico.Pag. 193
A conclusioni per molti aspetti analoghe giungono anche alcuni contributi degli esperti della materia.
Ad esempio, in relazione alla richiesta che una quota del residuo fiscale possa rimanere sul territorio, ogni ragionamento dovrebbe, ad avviso del prof. CEREA, misurarsi con la circostanza che nel complesso di tutte le regioni italiane la spesa regionalizzata per beni e servizi è necessariamente inferiore rispetto alle entrate complessive, poiché una quota di risorse è destinata al servizio del debito pubblico, in parte finanziato con la creazione di avanzi primari (nell'ordine di grandezza di 50/70 miliardi di euro).
Sul punto, si registra anche la posizione del prof. GIANNOLA, in rappresentanza della SVIMEZ, che sostiene che il residuo fiscale sia «un banale aggregato ragionieristico» determinato dalla «somma dei residui fiscali individuali nei rapporti fra cittadino e Stato», «che non ha nulla a che fare con il diritto del territorio».
A suo avviso il residuo così inteso è alla «base del patto che contraddistingue la nostra comunità», identificabile come principio di equità orizzontale, per cui per il cittadino è del tutto indifferente il territorio di residenza, «perché sa che dovunque risiederà pagherà le stesse tasse e riceverà gli stessi servizi e, se è ricco, pagherà più tasse del valore dei servizi» e viceversa se è più povero(72).
Se poi si tiene conto del servizio per il debito pubblico e della sua distribuzione regionale, allora il residuo fiscale in alcune regioni si riduce in maniera consistente. Ad esempio il residuo della Lombardia diventa 18 miliardi da 40, quello dell'Emilia-Romagna 2 o 3 miliardi [rispetto ai 12] e quello del Veneto 1 o 2 miliardi [rispetto agli 11](73).
Ciò premesso, il punto di partenza per ogni ragionamento sul finanziamento della maggiore autonomia è costituito dal rinvio, contenuto nell'articolo 116, terzo comma, al rispetto dei princìpi contenuti all'articolo 119 della Costituzione, ai sensi del quale le risorse a disposizione degli enti territoriali devono consentire «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».
Tale rilievo è emerso con chiarezza nel corso dell'indagine, in cui si riconosce che il finanziamento del regionalismo differenziato deve essere ancorato ai costi che le regioni dovranno sostenere per le maggiori funzioni ad esse attribuite.
In tal senso, il problema del finanziamento del regionalismo differenziato si è andato quindi intrecciando con quello della mancata completa attuazione della legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale.
Come è noto, in generale, la legge n. 42 del 2009, con riferimento alle regioni, distingue tra: i) spese per i livelli essenziali delle prestazioni – LEP nei settori – sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico – individuati come concernenti i diritti civili e sociali, per le quali è prevista la copertura integrale (avendo come parametro in prospettiva esclusivamente i costi standard, vale a dire, in base alla legge, il costo che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia costituisce l'indicato rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica) assicurata tramite un fondo perequativo verticale alimentato con la compartecipazione IVA; Pag. 194ii) spese per gli altri settori, che le regioni finanziano anche facendo leva su un sistema perequativo orizzontale volto a ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante (che non assicura la copertura integrale delle spese in questione).
Ai fini di quanto interessa in questa sede, appare centrale la perdurante mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e del continuo rinvio dell'entrata a regime della disciplina in materia di autonomia tributaria delle regioni a statuto ordinario.
Se si eccettua il settore sanitario (in riferimento al quale sono stati definiti i LEA, livelli essenziali di assistenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017), non sono stati definiti non solo i LEP, ma neppure i fabbisogni standard.
Al riguardo, si segnala quanto riferito dalla Società SOSE. Quest'ultima, in sede di audizione in Commissione, dà conto dell'attività finalizzata alla stima dei fabbisogni standard delle regioni a statuto ordinario e della Regione siciliana (ai sensi del decreto-legge n. 50 del 2017) riferite alle seguenti materie: affari generali; l'istruzione, orientamento e formazione professionale; il trasporto pubblico locale; l'assistenza sociale e le relative strutture; natura, opere e viabilità; sostegno alle attività economiche; altre funzioni residuali.
Successivamente, SOSE ha messo a disposizione della Commissione, nel mese di febbraio 2021, una ricognizione aggiornata (allegata agli atti della presente indagine) delle prestazioni effettivamente erogate da tutti i governi locali nelle regioni a statuto ordinario, e dei relativi costi sostenuti, per i servizi sociali e per i servizi complementari dell'istruzione.
La ricognizione, che descrive una distribuzione della spesa e dell'offerta dei servizi estremamente eterogenea a livello territoriale (con livelli di spesa pro capite e di servizi offerti maggiore nel Nord e minore nel Mezzogiorno), offre un quadro complesso al decisore politico e lo invita ad effettuare una duplice scelta: definire quali siano i servizi espressione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio (ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m)) e, per ognuno di tali servizi, individuare gli obiettivi di servizio e/o i LEP.
Lo stallo del processo attuativo dell'articolo 119 della Costituzione riguarda anche l'autonomia di entrata riservata alle regioni. Il legislatore statale ha infatti (ripetutamente) rinviato la decorrenza di disposizioni qualificanti del decreto legislativo n. 68 del 2011 (da ultimo al 2023). Non sono così state ancora attuate le disposizioni sulla completa soppressione dei trasferimenti erariali e la loro sostituzione con nuove modalità di finanziamento quali la (nuova) compartecipazione IRPEF, la compartecipazione IVA (rideterminata secondo il principio della territorialità) e le risorse perequative.
Tali ritardi si riverberano sul processo di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, qualora si ritenga che il tema del finanziamento delle regioni destinatarie di maggiore autonomia non possa prescindere dalle modalità di finanziamento delle regioni ordinarie delineato con il decreto legislativo n. 68 del 2011 in attuazione della legge delega n. 42 del 2009, che a sua volta attua l'articolo 119 della Costituzione.
In questo quadro, come si è visto, gli accordi preliminari sull'autonomia del febbraio 2018, inseriscono un altro elemento. Gli accordi Pag. 195prevedono infatti che in una prima fase si prenda a parametro la spesa storica sostenuta dallo Stato nella regione riferita alle funzioni trasferite o assegnate. Tale criterio dovrà tuttavia essere oggetto di progressivo superamento (che dovrà essere completato entro il quinto anno) a beneficio dei fabbisogni standard, da definire entro un anno dall'approvazione dell'Intesa. I fabbisogni standard sono misurati in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi maturati nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali, rimanendo inalterati gli attuali livelli di erogazione dei servizi. Essi, nell'ambito del trasferimento di funzioni del regionalismo differenziato, dovrebbero quindi riguardare tutte le materie e non solo le materie concernenti i fondamentali diritti civili e sociali, per le quali devono essere definiti i LEP.
Alla luce di questo contesto, nell'ambito degli apporti conoscitivi, sono tuttavia individuabili due distinti orientamenti: da un lato, quello di coloro i quali, partendo dal presupposto che la definizione sia dei fabbisogni standard sia, in misura ancora maggiore, dei LEP costituisce un processo estremamente incerto e complesso, che necessita di un approccio di lungo periodo, ritengono prioritario un rapido avvio dell'attuazione all'articolo 116, terzo comma, facendo ricorso al criterio della spesa storica; dall'altro quello di coloro che sostengono che l'avvio del processo di attuazione non possa prescindere dalla previa definizione dei LEP, dei costi standard e dei fabbisogni standard.
All'interno del primo Governo Conte, si sono registrate posizioni difformi al riguardo. A conferma si rinvia agli interventi resi dai suoi rappresentanti intervenuti nella procedura informativa della Ministra pro tempore agli affari regionali, che è favorevole al ricorso alla spesa storica, mentre la Ministra pro tempore per il Sud Lezzi ritiene prioritaria una sollecita definizione dei LEP.
Nell'ambito del secondo Governo Conte e del Governo Draghi prevale l'esigenza di accordare priorità alla definizione dei LEP. È questa la soluzione perseguita dallo schema di disegno di legge preannunciato dal Ministro pro tempore per le autonomie Boccia, che è condiviso, nelle linee essenziali, dalla Ministra attualmente in carica per le autonomie Gelmini la quale tuttavia ha osservato come al fine di evitare che la previa definizione dei LEP possa «diventare un pretesto per allungare ulteriormente i tempi di definizione dell'autonomia differenziata» potrebbe provvedersi in prima battuta al trasferimento di funzioni «non LEP», procedendo per le altre funzioni all'erogazione delle risorse sulla base del criterio della spesa storica, fin quando non si giunga – in un orizzonte temporale comunque ravvicinato – alla determinazione dei costi standard.
Nell'ambito dei fautori dell'esigenza di procedere da subito avendo riguardo alla spesa storica, e fermo restando che anch'essi sono concordi sull'esigenza di superare non appena possibile tale criterio con quello relativo ai costi e ai fabbisogni standard, si segnalano:
i) la Ministra pro tempore per gli affari regionali STEFANI; anche la Ministra Stefani ritiene comunque che il criterio della spesa storica possa essere utilizzato solo in una prima fase, e che esso debba essere sostituito dai fabbisogni standard; la Ministra ha ricordato che, nel caso di mancata definizione di questi ultimi entro tre anni dall'approvazione della legge ex articolo 116, terzo comma, è stata avanzata l'ipotesi di utilizzare temporaneamente il criterio della spesa media pro capite. Pag. 196Sostiene infatti che la spesa storica, nel cristallizzare la situazione, possa nel tempo rendere complesso lo svolgimento dei compiti addizionali da parte della regione(74).
ii) il Presidente della Regione Veneto ZAIA. Pur riconoscendo che «i LEP sono propedeutici all'autonomia», ritiene tuttavia che «si p[ossa] firmare l'intesa senza avere già i numeri dei LEP» e rileva che essi non riguardano tutte le materie del regionalismo asimmetrico(75).
A sostegno del criterio della spesa storica è stato osservato anche che tale criterio è quello che meglio si sposa con l'esigenza, da più parti sollevata, che il finanziamento in favore della Regione destinataria di maggiore autonomia avvenga nel rispetto del principio della neutralità finanziaria, nonché del principio di invarianza fiscale. Per raggiungere tali obiettivi, ad avviso di molti degli intervenuti, il ricorso al criterio della spesa storica consentirebbe di quantificare le risorse da mettere a disposizione delle regioni sulla base della spesa effettivamente sostenuta dallo Stato all'atto del trasferimento delle ulteriori competenze.
In proposito, la Ministra pro tempore per gli affari regionali STEFANI ritiene che tale scelta, oltre a favorire, come anticipato, il rapido avvio del processo attuativo del regionalismo asimmetrico considerata la complessità della definizione dei LEP, consente il rispetto di uno dei princìpi caratterizzanti l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, consistente nella neutralità finanziaria che, peraltro, deve coniugarsi con il principio dell'invarianza della pressione fiscale.
L'invarianza degli oneri pubblici e della pressione fiscale come elementi irrinunciabili sono ribaditi anche dalla Ministra pro tempore per il Sud LEZZI.
Il prof. CEREA e il prof. GIOVANARDI affermano, a loro volta, che sia opportuno partire dalla spesa storica.
Il ragionamento del prof. CEREA, sostenuto da documentazione statistica messa a disposizione della Commissione e pubblicata negli atti della presente indagine, fa perno sulla circostanza che la «spesa statale è distribuita in modo sostanzialmente equo ed è legata in generale ai fabbisogni della popolazione del territorio». L'equità della distribuzione è argomentata alla luce della distribuzione della spesa statale corretta per determinati fattori, quali in primis l'estensione del territorio della regione, nonché la presenza di zone montuose – e non solo per il numero degli abitanti – trattandosi di caratteristiche che incidono sui costi che occorre sostenere nei territori a parità di servizi pubblici da garantire.
Sulla decisione di fare riferimento alla spesa storica nella fase di avvio come previsto nelle bozze di intesa del febbraio 2019 (cfr. §8), il prof. GIOVANARDI ritiene che si tratti di una scelta indotta da «evidenti ragioni di carattere pratico», che presenta il vantaggio di evitare rischi per gli equilibri di finanza pubblica (atteso che le risorse destinate alle Regioni sono esattamente pari a quelle impiegate dallo Stato per finanziare la spesa per i medesimi servizi nel territorio)
Ciò non toglie, comunque, secondo il prof. Giovanardi, l'opportunità della previsione del superamento della medesima spesa storica, si tratta Pag. 197a suo giudizio di una scelta condivisibile, poiché la «spesa storica» è «iniqua, perché favorisce chi più ha sprecato rispetto a chi ha meglio gestito le pubbliche risorse».
Tra i sostenitori della tesi che mira ad accordare priorità al calcolo dei LEP, si segnalano in particolare:
la Ministra pro tempore per il Sud LEZZI(76), nell'ambito del Governo Conte I. Esprime «perplessità» circa «l'attuale mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni [..] con l'inevitabile conseguenza dell'assenza di un riferimento per la definizione del giusto livello di risorse per ciascun ente» interessato.
Ad avviso di quest'ultima, la definizione dei LEP è un processo necessario, quanto articolato, anche perché «deve riguardare la spesa dello Stato, proiettata su tutti i territori regionali, relativamente ad ogni competenza trasferita o trasferibile». Senza tale definizione risultano «complesse le scelte per il progressivo abbandono della spesa storica in favore del criterio dei fabbisogni e delle capacità fiscali standard». Più in generale «i livelli essenziali diventano la misura dell'uguaglianza e rappresentano la chiave di volta per garantire che il processo dell'autonomia differenziata [...] sia davvero finalizzato a perseguire obiettivi di efficienza, nella garanzia di un elevato grado di uguaglianza nel godimento dei diritti fondamentali, e non aggravi, invece, situazioni di disuguaglianza, di fatto già presenti fra le diverse aree del territorio»(77);
il Ministro per il sud e la coesione PROVENZANO(78), appartenente al Governo Conte II. A suo avviso, occorre «il contestuale avvio dell'autonomia e della fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni» e manifesta contrarietà ad una fase transitoria basata sulla spesa storica in cui paventa il rischio di «cristallizzare i divari esistenti».
«I meccanismi anche di perequazione fondati sulla spesa storica [...] hanno avuto» – prosegue il Ministro – «effetti cumulativi» delle «disuguaglianze» fra le aree territoriali come dimostra la circostanza che si registra circa un 20 per cento di svantaggi nell'assegnazione della spesa storica tra Nord e Sud, al netto della previdenza.
Il Presidente della regione Emilia-Romagna BONACCINI. A suo giudizio, costituisce una «conditio sine qua non» la predeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni anche al fine di «cercare di mettere tutte le regioni, anche quelle che non avessero mai chiesto [..] l'autonomia differenziata, nelle condizioni di avere la certezza della quantità di risorse» che sarebbero loro devolute dal Governo centrale(79). Ritiene peraltro che i LEP debbano essere «determinati in favore di tutte le regioni, indipendentemente dall'eventuale richiesta di differenziazione»(80);
Il prof. GIANNOLA, in qualità di Presidente di SVIMEZ. A suo giudizio, il richiamo, contenuto all'articolo 116, terzo comma, all'articoloPag. 198 119, impone necessariamente il rispetto del percorso individuato dalla legge di attuazione del medesimo articolo 119, ovvero la previa definizione dei LEP, dei costi standard e dei fabbisogni standard(81).
Il punto di caduta delle diverse prese di posizioni fin qui ricostruite può essere rappresentato da quanto da ultimo dichiarato dal Ministro per gli affari regionali pro tempore BOCCIA nella sua audizione del 30 settembre 2020. Il Ministro ha chiarito che lo schema di disegno di legge-quadro subordina «il trasferimento di funzioni relative alle materie concernenti i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) alla previa determinazione degli stessi LEP», da effettuarsi secondo la procedura dettata dal decreto legislativo n. 68 del 2011. Si tratta, come ricorda lo stesso Ministro, delle seguenti materie: trasporto pubblico locale, sanità e istruzione.
Come è noto, il decreto legislativo n. 68 del 2011 prevede, all'articolo 13, l'individuazione dei LEP con legge previa approvazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di ricognizione.
Sulla definizione dei LEP, il Ministro pro tempore ha anche osservato che, una volta conclusa l'attività propedeutica della Commissione per i fabbisogni standard e dei singoli dicasteri, «l'ultima parola [spetti al] Parlamento» e che «il ruolo del Governo [sia] di accompagnare la discussione, non di costruire proposte predefinite».
Per le altre funzioni, per le quali non è necessaria la definizione dei LEP, il trasferimento può invece essere immediato.
Come già si è accennato, la nuova Ministra per gli affari regionali GELMINI, nella sua audizione sulle linee programmatiche, pur convenendo sull'opportunità di una sollecita definizione dei LEP, ritiene possa avviarsi il trasferimento delle funzioni in parallelo alla fissazione per esse dei fabbisogni standard.
Sul punto infine, la relazione del gruppo di lavoro sul regionalismo differenziato ritiene che, se, come proposto dal gruppo di lavoro (cfr. supra), la materia dell'istruzione venisse espunta «il trasferimento di molte funzioni (beni culturali, TPL, incentivi alle attività produttive, ma anche asili nido, pur se assoggettati ai Lep) apparirebbe facilmente affrontabile, stante la scarsa incidenza delle risorse necessarie sul bilancio statale e sui bilanci regionali»; operando in questo modo, a giudizio del gruppo di lavoro, «lo stesso tema della previa definizione dei LEP perderebbe quella carica ideologica di cui è stato caricato, e inoltre, tenuto conto che il limitato impatto sui LEP consente la rapida determinazione di questi ultimi in relazione alle competenze considerate come devolubili, non risulta ipotizzabile un eventuale ritardo nella determinazione dei LEP e dunque non appare necessario introdurre nella legge-quadro apposite disposizioni a tal riguardo».
Si è registrato invece ampio consenso circa l'ipotesi che il finanziamento delle funzioni attribuite debba avvenire in termini di compartecipazione al gettito erariale maturato nel territorio regionale, sia fra i rappresentati delle istituzioni che fra gli esperti del settore.Pag. 199
È ad esempio di tale avviso la Ministra pro tempore per gli affari regionali del primo Governo Conte, sen. STEFANI(82), che sostiene che la compartecipazione, a differenza dei trasferimenti discrezionali, dia maggiori garanzie in termini di continuità nello svolgimento da parte della Regione degli ulteriori compiti ad essa affidati.
Tale impostazione trova riscontro favorevole nel Governo Conte II e, nello specifico, è recepita nel richiamato schema di disegno di legge quadro sul regionalismo differenziato illustrata dal Ministro pro tempore alle autonomie BOCCIA.
Si tratta di uno strumento che si presta ad assicurare stabilità nell'erogazione delle risorse, centrali per un'efficace programmazione degli interventi. La presenza di risorse certe e programmabili costituisce peraltro uno degli elementi cardine delle proposte di maggiore autonomia, come segnalato dal Presidente della Regione Emilia-Romagna nonché Presidente della Conferenza delle Regioni BONACCINI in audizione(83).
Anche gli esperti della materia, come emerge dai contributi offerti nel corso della procedura informativa, sono dell'opinione che il finanziamento dell'autonomia debba avvenire tramite compartecipazioni, e non mediante trasferimenti.
Nello specifico vi è chi (prof. CEREA(84)) segnala l'opportunità di introdurre compartecipazioni da applicare alla generalità dei tributi, e non solo ad alcuni. Ciò, anche per evitare che un'eventuale riforma dell'unica imposta su cui si basa il finanziamento della specialità possa incidere negativamente sulla capacità della regione destinataria di maggiore autonomia di far fronte alle nuove competenze.
Ad avviso del prof. Giovanardi(85), il ricorso a forme di compartecipazione o di riserva di aliquota costituisce una scelta obbligata, poiché l'articolo 119 della Costituzione «impedisce [..] di configurare le risorse da trasferire come trasferimenti» (v. supra).
È stato poi considerato l'aspetto dinamico del processo. Nello specifico, occorre tener presente che successivamente alla definizione della compartecipazione nei confronti della regione potrebbero variare sia i fabbisogni della popolazione sia le basi imponibili (e in primis il reddito) sulla base dei quali vengono inizialmente quantificate le risorse per la maggiore autonomia.
Sulla questione, il Presidente ZAIA ritiene che una volta che si sia proceduto a quantificare la partecipazione, eventuali variazioni del gettito, dovute all'incremento o alla riduzione della relativa base imponibile, debbano rimanere di responsabilità della Regione, di tal che «se il gettito aumenta perché l'autonomia funziona e riparte l'economia» la Regione beneficerà di un maggior gettito, mentre «se il gettito diminuisce, la Regione è chiamata ad arrangiarsi per far fronte [...] alle nuove competenze(86)».
Anche su tale aspetto si registra il contributo degli esperti del settore: taluni evidenziano i benefici di un sistema imperniato sulla responsabilizzazione delle scelte pubbliche e che pertanto sia auspicabilePag. 200 consentire alla regione destinataria della maggiore autonomia di trattenere la differenza fra le risorse ricevute e i costi sostenuti per le nuove funzioni; altri manifestano contrarietà, quanto meno alla possibilità che tali regioni possano trattenere integralmente detta differenza.
Richiamando l'esperienza delle regioni a statuto speciale, il prof. CEREA rileva che un'eventuale crescita economica localizzata, collegata ad un sistema di compartecipazioni, consente agli enti territoriali di disporre di maggiori risorse. Nel caso di specie, peraltro, tali benefici economici hanno consentito alle autonomie speciali un arricchimento delle funzioni e delle competenze di spesa, che lo Stato ha riconosciuto in settori inizialmente non previsti. Un siffatto sistema si caratterizza per una logica responsabilizzante per il territorio stesso, nel presupposto che le regioni riescano ad incidere sulla crescita economica e pertanto sulla capacità di accrescere il gettito tributario ivi prodotto. Maggiore crescita corrisponde a maggiori risorse, mentre una flessione del gettito comporta una riduzione della capacità di spesa.
Di analogo avviso è il prof. GIOVANARDI, che ritiene necessario che siano mantenuti invariati nel corso del tempo i livelli di compartecipazione, anche al fine di favorire una gestione efficiente delle risorse (che verrebbero meno se lo Stato potesse liberamente riappropriarsi di parte delle risorse che eccedono quanto strettamente necessario per il finanziamento delle funzioni). Del resto, nel caso in cui si registri una crescita economica del territorio, anche lo Stato ne beneficia, tenuto conto che trattiene la quota del maggior gettito non destinata alla regione. a salvaguardia dell'autonomia regionale occorrerebbe inserire una clausola di salvaguardia diretta a «compensare il minor gettito derivante dagli interventi unilaterali dello Stato sui tributi ai quali la regione compartecipa(87)».
Sul versante opposto, si suggerisce il rispetto del principio di neutralità: lo Stato potrebbe appropriarsi del maggior gettito nelle fasi alte del ciclo, e ripianare il bilancio della regione nelle fasi avverse, quando cioè il territorio potrebbe non disporre di risorse sufficienti a finanziare le risorse devolute.
In proposito, a giudizio del prof. GIANNOLA (SVIMEZ), «[l]a previsione secondo cui eventuali ulteriori risorse, derivanti da miglioramenti di efficienza o aumento della capacità fiscale, siano esclusivo appannaggio delle Regioni ad autonomia differenziata, è incompatibile con i princìpidi solidarietà ed uguaglianza, in quanto la perequazione delle risorse spetta allo Stato, il cui compito prioritario è garantire il “finanziamento integrale” delle funzioni concernenti i diritti civili e sociali (sanità, istruzione, mobilità) per tutti i cittadini, in regime di costi standard, su tutto il territorio nazionale(88)».
Altro tema di interesse è quello che riguarda il momento in cui si debba procedere alla quantificazione delle risorse finanziarie da trasferire alle Regioni destinatarie della maggiore autonomia e la titolarità di tale compito.Pag. 201
Con riferimento alla soluzione, prevista sia negli accordi preliminari sottoscritti nel febbraio 2018, sia nelle bozze di intesa illustrate in Consiglio dei ministri nel febbraio 2019, di demandare tale attività ad una Commissione paritetica composta da rappresentati dello Stato e delle Regioni, si registra la posizione favorevole del Prof. BERTOLISSI(89).
Costui sottolinea come la scelta di una Commissione paritetica costituisca un'importante garanzia per tutte le parti coinvolte, che consente di superare le remore di coloro che stigmatizzano la circostanza che il Parlamento sia chiamato a votare una legge senza la previa definizione, nel dettaglio, degli aspetti finanziari. In proposito, rileva che l'esito dell'attività della Commissione non può prescindere dalla condivisione delle scelte e che pertanto «se [..] non va avanti si blocca tutto».
Ulteriore tutela a suo avviso è assicurata dalla previsione, recata nelle bozze di intesa citate, che attribuisce ad uno o più Dpcm, su proposta del Ministro per gli affari regionali, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, il trasferimento di beni e risorse, come determinati dalla Commissione paritetica.
Il ministro pro tempore per gli affari regionali BOCCIA nella sua audizione del 30 settembre 2020 ha indicato che la bozza del disegno di «legge-quadro» affiancava al tema del regionalismo differenziato quello della perequazione infrastrutturale. Ciò al fine di perseguire una piena attuazione del Titolo V della Costituzione, in cui la maggiore autonomia sia collegata al rafforzamento dell'unità nazionale.
La disposizione è stata successivamente stralciata dalla bozza di disegno di «legge-quadro» per divenire l'articolo 1, comma 815, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) che sostituisce l'articolo 22 della legge n. 42 del 2009.
La norma, come successivamente modificata, ha istituito il Fondo per la perequazione infrastrutturale, con una dotazione pari a 4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033, per il finanziamento di interventi volti ad assorbire il divario infrastrutturale tra le aree del Paese.
Tra le altre cose, viene affidata al Ministero delle infrastrutture la ricognizione del numero e dell'estensione delle infrastrutture statali mentre regioni, province autonome ed enti locali dovranno procedere alla ricognizione delle infrastrutture di loro competenza.
Viene poi demandato ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro il 31 marzo 2022 previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione dei criteri di priorità e delle azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalle ricognizioni sopra richiamate.
5. CONCLUSIONI
L'indagine conoscitiva che la Commissione ha avviato il 21 marzo 2019, subito dopo la sua costituzione, si è svolta attraverso le diverse Pag. 202fasi politiche che hanno caratterizzato la Legislatura, con il succedersi di tre diversi Governi e di tre diversi Ministri degli affari regionali. Inoltre, lo scoppio, agli inizi del 2020, della pandemia da COVID-19 ancora in corso, ha fatto emergere la centralità degli enti territoriali, pur nell'ambito della gestione necessariamente unitaria dell'emergenza, come rilevato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 37 del 2021.
In questo quadro, la Commissione parlamentare per le questioni regionali offre alla riflessione in corso i numerosi elementi di approfondimento raccolti nell'indagine.
La Commissione auspica la conclusione del processo di attuazione del regionalismo differenziato in corso. A tal fine, appare opportuno in linea generale tenere conto degli elementi che saranno di seguito esposti.
In primo luogo, risulta necessario dal punto di vista politico procedere all'approvazione di una legge-quadro che disciplini il procedimento di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. In tal senso si esprime anche la relazione del gruppo di lavoro sul regionalismo differenziato. Peraltro, a partire dalla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2020, tale provvedimento è stato incluso tra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio. L'inserimento tra i collegati potrà quindi rendere possibile l'individuazione di una data certa di deliberazione ai sensi dell'articolo 123-bis del regolamento della Camera e 126-bis del regolamento del Senato.
Al tempo stesso, occorre comunque proseguire il negoziato in corso con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in modo che esso trovi una definizione, per rispettare la volontà espressa dalle popolazioni di Lombardia e Veneto e dalle forze sociali, economiche e politiche dell'Emilia-Romagna.
Dovranno poi essere previste, nell'ambito della legge-quadro e fermo restando il rispetto dell'autonomia regolamentare delle Camere, modalità adeguate di coinvolgimento del Parlamento nel processo di stipula delle intese. Questo coinvolgimento potrebbe essere innanzitutto garantito attraverso la trasmissione alle Camere degli schemi preliminari delle intese prima della loro firma definitiva per le conseguenti deliberazioni parlamentari, garantendo in questo quadro un ruolo significativo per la Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Parallelamente, è necessario compiere uno sforzo per giungere alla completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie concernenti l'esercizio dei diritti civili e sociali. Si tratta peraltro di una misura inclusa nel Piano nazionale di ripresa e resilienza; è auspicabile però che il processo di definizione si concluda prima della scadenza prevista dal Piano, cioè il marzo 2026. In tal senso, è da ultimo giunta anche una sollecitazione da parte della Corte costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2021. La Corte ha infatti valutato negativamente il «perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali, una volta normativamente identificati, indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale» e rappresentano dunque «un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali». Fermo restando tutto ciò, potrebbe comunquePag. 203 darsi avvio al trasferimento di funzioni per le quali non sussiste l'esigenza di garantire LEP.
Per le materie LEP, la definizione di questi ultimi dovrebbe avvenire in tempi certi, ad esempio entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge-quadro. Rimane da approfondire quali possano essere le soluzioni alternative transitorie per consentire l'avvio del regionalismo differenziato in caso di ritardi nella predisposizione dei LEP. Si tratta di un tema complesso sul quale la Commissione non ritiene di esprimere un proprio indirizzo in questa fase. Esso però dovrà essere necessariamente affrontato nell'ambito dell'esame parlamentare della legge-quadro. Tra le ipotesi emerse nel corso dell'indagine vi è quella di procedere al trasferimento di funzioni anche nelle materie LEP, in attesa e in parallelo all'individuazione dei LEP, con invarianza di spesa storica, assumendo come riferimento i valori medi pro-capite della spesa statale per l'esercizio delle stesse funzioni.
La priorità deve comunque essere assegnata ad una rapida definizione dei LEP.
A tale fine, si potrebbe anche pensare, in parallelo all'approvazione della legge quadro, a un'autonoma previsione legislativa di modifica dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in modo da conferire una delega legislativa al Governo in materia, con termini ridotti e criteri ben definiti; la delega potrebbe consentire di coinvolgere il sistema delle autonomie territoriali nella fase di predisposizione degli schemi di decreto legislativo; inoltre la legge delega potrebbe prevedere il parere parlamentare da parte delle commissioni bicamerali per le questioni regionali e per il federalismo fiscale, oltre che da parte delle commissioni permanenti di Camera e Senato; si potrebbero anche prevedere informative periodiche alle medesime commissioni sullo stato di avanzamento della predisposizione dei LEP; la delega dovrebbe anche riguardare, una volta definiti i LEP, la predisposizione dei conseguenti fabbisogni e dei costi standard.
(1) Elena d'Orlando per il Friuli-Venezia Giulia; Felice Giuffré per la Regione siciliana; Fabio Scalet per Trentino-Alto Adige, Luisa Armandi per la Sardegna, Massimo Occhiena per la Valle d'Aosta.
(2) Per l'esattezza, l'esito della consultazione referendaria, alla quale hanno partecipato circa il 38 per cento degli aventi diritto, è stata la seguente: Numero di votanti: 3.025.707. Hanno votato SÌ: 2.882.531 (pari al 95,27 per cento dei votanti); hanno votato NO: 119.420 (pari al 3,95 per cento); Schede Bianche scrutinate: 23.151 (pari al 0,76 per cento). Si veda il Comunicato 29 novembre 2017 – n. 175 del Segretario Generale relativo ai risultati del referendum, pubblicato nel BURL della regione Lombardia, serie generale, 11 dicembre 2017.
(3) Il «Volete voi che la regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell'unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all'articolo richiamato?».
(4) Le materie da porre a fondamento della trattativa con il Governo sono raggruppate nelle seguenti 6 aree principali, che tendono a ricomprendere tutti gli ambiti materiali di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione:
1) Area istituzionale (Rapporti internazionali e con l'UE delle regioni; Ordinamento della comunicazione; Organizzazione della giustizia di pace); 2) Area finanziaria (Coord. della finanza pubblica e del sistema tributario; Previdenza complementare e integrativa Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale); 3) Area ambiente e prot. Civile (Ambiente ed ecosistema: tutela e valorizzazione; Protezione civile, Governo del territorio, territorio e infrastrutture, Produzione, trasporto e distribuzione nazionale energia; Grandi reti di trasporto e di navigazione; Porti e aeroporti civili); 4) Area economica e del lavoro (Tutela e sicurezza del lavoro; Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; Commercio con l'estero; Professioni); 5) Area cultura, istruzione e ricerca scientifica (Norme generali sull'istruzione e istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; Beni culturali: tutela e valorizzazione; Ordinamento sportivo); 6) Area sociale e sanitaria-welfare (Tutela della salute; Alimentazione).
(5) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2 ed in particolare la documentazione trasmessa dal Presidente Zaia, allegata al medesimo resoconto, pagg.31 e seguenti.
(6) L'articolo 2, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2014 subordina la facoltà del Presidente della Giunta regionale di proporre al Consiglio regionale un programma di negoziati con lo Stato e di presentare un disegno di legge statale per il riconoscimento di ulteriori e specifiche forme di autonomia ex articolo 116, terzo comma, a una duplice condizione: i) la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto alla consultazione referendaria (invece non richiesta, come detto, per l'analoga consultazione svolta in Lombardia); ii) il raggiungimento della maggioranza dei voti validamente espressi in favore del sì al quesito referendario.
(7) Il quesito referendario sottoposto agli elettori veneti, e da essi approvato, è stato il seguente: «Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?».
(8) L'esito della consultazione referendaria è stato il seguente: numero di votanti: 2.328.949; hanno votato SÌ: 2.273.985 (pari al 98,1 per cento dei votanti); hanno votato NO: 43.938 (pari al 1,9 per cento); Schede bianche: 5.165 (pari allo 0,2 per cento); Schede nulle: 5.865 (pari allo 0,3 per cento).
(9) L'articolo 2, comma 2, della legge regionale n. 15 del 2014 (con cui era stato indetto il referendum) subordina esplicitamente l'avvio della trattativa con il Governo alla presentazione di un disegno di legge statale contenente la base e l'oggetto del programma dei negoziati.
(10) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 10.
(11) Si tratta dei comuni, delle province, delle Camere di commercio, delle quattro università, di tutte le associazioni di categoria economica, di tutte le organizzazioni sindacali, dei professionisti e del Forum del terzo settore. Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 14.
(12) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 14.
(13) Recante «Avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'Intesa con il Governo per il conseguimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione».
(14) L'atto di indirizzo impegna inoltre la Giunta a comunicare tempestivamente il formale avvio del negoziato, nonché il Presidente a dare conto, con cadenza periodica, dell'andamento del negoziato, e, a conclusione di quest'ultimo, a trasmettere all'Assemblea lo schema di intesa prima della sua formale sottoscrizione. Alla Giunta è demandato il compito di acquisire il parere del Consiglio delle autonomie locali ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, che, come detto, impone di consultare gli enti locali.
(15) «Risoluzione per impegnare la Giunta a proseguire, anche alla luce del lavoro avviato con la Regione Lombardia, nel percorso di individuazione degli oggetti di differenziazione ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, a definire, mediante un confronto nelle Commissioni assembleari, eventuali ulteriori competenze, nonché a rassegnare all'Assemblea, con cadenze periodiche, gli esiti del negoziato con il Governo, ottenendo il mandato definitivo dall'Assemblea prima della sottoscrizione finale».
(16) A tale fine è prevista la formazione di «una delegazione assembleare» composta dal Presidente dell'Assemblea legislativa o da un Consigliere delegato, nonché da rappresentanti dei Comuni, individuati dall'Anci, delle Province, individuati dall'UPI, «tenendo conto dell'articolazione territoriale e dimensionale degli Enti».
(17) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 4.
(18) Si veda il res. sten. della seduta n. 2, pag. 4.
(19) Ciò parrebbe indicare che la legge approvata sulla base della originaria intesa, a differenza dell'intesa medesima, non debba recare un termine di cessazione di efficacia delle proprie disposizioni.
Se così fosse, potrebbe presentarsi il caso in cui Stato e regione non riescano ovvero non intendano addivenire ad un nuovo accordo e, sebbene sia cessata l'efficacia dell'accordo originario, continuino ad essere vincolati dalle vigenti ed efficaci disposizioni legislative con cui si sono attribuite maggiori competenze e funzioni alla regione. Le intese finali fra le regioni e il Governo potranno essere la sede propria in cui chiarire se la scadenza del termine – in assenza di un ulteriore accordo – condurrà all'automatica retrocessione dall'autonomia differenziata. A tal fine, occorre tener conto della complessità di un'eventuale retrocessione allo Stato delle competenze attribuite alla regione, che renderebbe opportuna la previsione di disposizioni transitorie volte a disciplinare il connesso (ri)trasferimento di risorse umane, finanziarie e patrimoniali.
(20) La formulazione dell'articolo 2 sembra orientata a far sì che l'Accordo e, successivamente, la legge che ne recepirà i contenuti consentano di modificare l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia senza che sia necessaria una contestuale modifica legislativa. Pare in proposito doversi intendere che tali modifiche siano ammissibili se circoscritte ad aspetti tecnici, non potendo incidere sugli ambiti che la Costituzione riserva alla legge rinforzata, quanto meno con riferimento agli ambiti materiali attribuiti ai sensi dell'articolo 116, terzo comma.
(21) Al comma 1 si specifica che alla Commissione spetta la determinazione delle risorse «finanziarie, umane e strumentali». Fra queste ultime pare che si debbano far rientrare anche i beni patrimoniali. Ciò sebbene al comma 2 si disponga che la decorrenza dell'esercizio delle competenze conferite dovrà avvenire contestualmente all'effettivo trasferimento «dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative», quasi a voler attribuire un rilievo autonomo ai beni (si ritiene patrimoniali).
(22) Nel testo degli Accordi si fa espresso riferimento agli atti di determinazione delle risorse «ai sensi del comma 1, lettera c)» (che riguarda la determinazione dei fabbisogni standard entro un anno dalla sottoscrizione dell'intesa). Tale riferimento va con ogni probabilità riferito al comma 1 nel suo insieme, in cui si ha riguardo alla determinazione delle risorse.
(23) https://bur.regione.emilia-romagna.it/bur/area-bollettini/bollettini-in-lavorazione/n-305-del-27-09-2018-parte-seconda.2018-09-26.0625298673/oggetto-n-7158-risoluzione-concernente-levoluzione-delliniziativa-della-regione-emilia-romagna-per-lacquisizione-di-ulteriori-forme-e-condizioni-di-autonomia-ai-sensi-dell2019articolo-116-comma-iii-della-costituzione-e-lo-sviluppo-del-relativo-negoziato/allegato-a-risoluzione-ogg-715.2018-09-26.1537956093.
(24) In particolare, si prevede l'ampliamento a 15 delle competenze di cui si chiede la gestione diretta, con l'aggiunta (rispetto a quanto già previsto in atti di indirizzo) di: agricoltura, acquacoltura, protezione della fauna e attività venatoria; cultura e spettacolo e sport, organizzazione della giustizia di pace. Su tale progetto era stata acquisita la condivisione delle parti sociali riunite nel Patto per il lavoro.
(25) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2, pagg. 5 e 28-29.
(26) http://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/49f0da2b-5c9c-42dd-ba2d-10b0c1420fce/RL_ANCI_UPL_Protocollo_+ai+sensi_dell per centoE2 per cento80 per cento99art_116.3.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=49f0da2b-5c9c-42dd-ba2d-10b0c1420fce.
(27) La regione Veneto ha sottoposto al Ministro per gli affari regionali, in data 12 luglio 2018, una bozza di disegno di legge di delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, peraltro mai formalmente presentato alle Camere ai sensi dell'art. 121 della Costituzione. Lo schema di disegno di legge prevede che siano attribuite alla regione tutte le materie previste all'articolo 116, terzo comma e, all'articolo 2, delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per l'attribuzione di funzioni legislative e amministrative in dette materie, nonché di risorse umane, finanziarie e patrimoniali. Il contenuto dei decreti legislativi è demandato ad una Commissione paritetica Stato-Regione, composta da diciotto componenti, nove di nomina governativa e altrettanti di nomina regionale (articolo 3), secondo un modello che ricalca quanto previsto per l'attuazione degli statuti speciali (attraverso il ricorso allo strumento del decreto legislativo che recepisce la proposta di norma di attuazione formulata dalle commissioni paritetiche). In tale ultimo caso peraltro l'attribuzione di tale potere alle Commissioni paritetiche per l'attuazione degli Statuti speciali è previsto negli Statuti medesimi, che sono fonti di rango costituzionale, e non in leggi ordinarie come nel caso di specie. Il trasferimento riguarda le funzioni legislative e amministrative per settori organici (e non in base alle competenze dei Ministeri), nonché gli uffici e il personale (articolo 4, 5 e 6). Quanto al tema delle risorse (articolo 7), è previsto che il Governo si attiene alle proposte della Commissione paritetica che saranno formulate in termini di compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale o di riserva di aliquote sulla base imponibile dei medesimi tributi. Eventuali modifiche a tali discipline che determinino una contrazione delle risorse devono essere precedute da una rinegoziazione in sede di Commissioni paritetiche. In un primo momento il riferimento per la quantificazione delle risorse è dato dalla spesa storica, progressivamente sostituita dai fabbisogni standard, da determinare avendo riguardo alla popolazione residente, alle caratteristiche territoriali e al gettito dei tributi maturato nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali.
(28) Si veda il res. sten. della seduta n. 5.
(29) Si veda il res. sten. della seduta n. 5, pagg.3-4.
(30) Si veda il res. sten. della seduta n. 5., pag. 18
(31) Si tratta del rispetto: dei princìpigenerali dell'ordinamento giuridico; dell'unità giuridica ed economica; delle competenze legislative statali di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con particolare riguardo alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni; dei princìpi fondamentali espressamente richiamati nelle disposizioni contenute nel Titolo II dell'intesa.
(32) Dal punto di vista procedurale si prevede che sugli schemi di decreto sia acquisito il parere della Conferenza unificata, da rendersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso inutilmente tale termine, gli schemi sono trasmessi alla Camera e al Senato per l'espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali e delle Commissioni competenti per materia. Le Commissioni parlamentari si esprimono entro 30 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque adottati. Sugli schemi di decreto è assicurata la consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
(33) Si prevede che il Consiglio di Stato renda il proprio parere sugli schemi di regolamento di riordino entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali gli schemi di regolamento sono trasmessi alla Camera e al Senato per il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e delle Commissioni competenti per materia, tenute ad esprimersi entro 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il regolamento è comunque adottato.
(34) Si veda il resoc. sten. della seduta del 2 ottobre 2019.
(35) Ibidem, pag. 16.
(36) Si veda il res. sten. della seduta n. 4, pag. 6.
(37) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, pagg. 21-22. L'altro elemento procedurale, ad avviso del medesimo prof. Caravita, è la modalità di approvazione della legge, su cui si tornerà diffusamente (v.infra).
(38) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, pag. 24, in cui il Professore ritiene che l'inciso «sentiti gli enti locali» imponga che le Giunte regionali coinvolte espongano le linee di indirizzo della proposta di intesa, oltre che in Consiglio regionale («come luogo della rappresentanza politica»), anche in Consiglio delle autonomie locali («come uno dei possibili strumenti con il quale si possa dare attuazione alla previsione costituzionale che prevede di sentire gli enti locali»).
(39) Ciò, sempre che la regione, nell'ambito della propria autonomia, non ritenga di disporre diversamente.
(40) Tale obbligo parrebbe configurarsi come meramente ordinatorio. Va in proposito ricordato del resto che, ai sensi del secondo periodo del comma 571, analogo obbligo, cui il Governo non diede tuttavia seguito, era previsto anche in relazione alle iniziative presentate prima della data di entrata in vigore della legge stessa (in quel caso il termine di 60 giorni decorreva dalla data di entrata in vigore della legge).
(41) Questa è la soluzione che parrebbe essere privilegiata alla luce di quanto disposto nei preaccordi siglati il 28 febbraio 2018 fra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. In tali atti si attribuisce infatti al Governo il compito di presentare alle Camere un disegno di legge contenente le eventuali modifiche da apportare alla legge approvata sulla base della originaria intesa in esito alla verifica condotta nel biennio precedente alla scadenza dell'intesa stessa (articolo 2, comma 2).
(42) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, pag. 15.
(43) Si veda il res. sten. della seduta n. 4, pag. 11.
(44) Si veda il res. sten. della seduta del 27 febbraio 2019 in cui si è svolta l'audizione della Ministra per gli affari regionali e le autonomie in ordine alle materie di interesse della Commissione parlamentare per le questioni regionali, pag. 7. Si veda altresì, nell'ambito della presente indagine conoscitiva, il res. sten. della seduta n. 5, che fornisce un inquadramento generale della posizione del Ministro, nonché il res. sten. della seduta del 2 ottobre 2019, pag. 11, in cui la sen. Stefani, non più Ministro, interviene nel dibattito sulle linee programmatiche del nuovo responsabile del Dipartimento per gli affari regionali del secondo Governo Conte, e chiarisce che la finalità di assicurare al processo una cornice unitaria, che si intende raggiungere con la legge quadro, era stata dalla stessa perseguita con l'individuazione della parte generale delle intese.
(45) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pag. 25.
(46) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pagg. 8 e 14.
(47) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2, pagg.19-20.
(48) Si veda il res. sten. della seduta n. 2, allegato n. 2, pag. 45.
(49) Si veda il Documento, approvato all'unanimità, allegato al res. sten. della seduta del 6 febbraio 2018, pag. 41. Esso ha tenuto conto di quanto segnalato nei contributi della dottrina forniti nel corso della predetta indagine. In quella sede era stato infatti sostenuto (D'Atena, Mangiameli) che al Parlamento spetta l'adozione di una legge di approvazione in senso tecnico, senza la possibilità di emendare i contenuti volti a recepire l'intesa, in modo analogo rispetto a quanto avviene con la definizione dei rapporti con le confessioni religiose diverse da quella cattolica (articolo 8 della Costituzione). Tale caratteristica consente di far rientrare tale legge, ad avviso del prof. Mangiameli, fra quelle atipiche.
(50) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2, ed in particolare pag. 18 in cui afferma di non ritenere «che un terzo possa intervenire a modificare un accordo intercorso tra altri soggetti, soprattutto in considerazione del fatto che uno di questi soggetti non può neanche essere presente alla discussione per sostenere le proprie ragioni».
(51) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2, pag.8.
(52) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 2, pag.8.
(53) In proposito, rileva che «sarebbe curioso che, una volta che a valle si stipula e viene definito tra regione e Governo un accordo, venisse stravolto in una sede nella quale le regioni non possono nemmeno alzare la mano e far sentire la propria voce». Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 7.
(54) Si veda il res. sten. della seduta n. 5, pag. 5.
(55) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pag. 23.
(56) Si veda il res. sten. della seduta n. 4, pag. 5.
(57) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pagg. 18-21.
(58) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pag. 20.
(59) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pagg. 22 e 23.
(60) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pagg. 32-34.
(61) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pag. 26.
(62) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pag. 30.
(63) Si veda il Resoconto stenografico della seduta n. 1, pagg. 23-24.
(64) Si veda il res. sten. della seduta n. 4, pag.5-6.
(65) Si veda il res. sten. della seduta n. 4 della presente indagine conoscitiva, pag. 4.
(66) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, pagg.15-18.
(67) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pagg. 18 e 23.
(68) Si veda il res. sten. della seduta n. 13, pag. 4 (a cui si riferisce il virgolettato che segue), nonché il res. sten. della seduta n. 2, pag. 22.
(69) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pagg. 4 e 5.
(70) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pag.16.
(71) Si veda il res. sten. della seduta n. 12, pag.13.
(72) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, p.40.
(73) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, pagg. 40-41.
(74) Si veda il res. sten. della seduta n. 5, pag.15.
(75) Si veda il res. sten. della seduta n. 13, pagg.7, 12 e 13.
(76) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pag. 17.
(77) Si veda il res. sten. della seduta n. 8, pag.18.
(78) Si veda il res. sten. della seduta n. 12, pagg. 4 e 5.
(79) Si veda il res. sten. della seduta n. 15, pag. 5.
(80) Si veda il res. sten. della seduta n. 15, pag. 6.
(81) In tale contesto, peraltro, avverte che, nell'ambito dei fabbisogni standard, non possa essere considerata la capacità fiscale del territorio, nel senso di prevedere maggiori finanziamenti in ragione dell'esistenza di un residuo fiscale (v. supra). Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, e nello specifico pp. 38-39.
(82) Si veda il res. sten. della seduta n. 5, pag. 7.
(83) Si veda il res. sten. della seduta n. 7, pag. 6.
(84) Si veda il res. sten. della seduta n. 1, e nello specifico p. 12.
(85) Si veda il res. sten. della seduta n. 3, pagg. 3-4.
(86) Si veda il res. sten. della seduta n. 2, pag. 8.
(87) Si veda il res. sten. della seduta n. 3, pag. 5.
(88) Si veda il documento messo a disposizione della Commissione in relazione all'audizione del prof. Giannola nella seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva.
(89) Si veda il res. sten. della seduta n. 1 della presente indagine conoscitiva, ed in particolare la p. 31.
ALLEGATO 2
DL 68/2022: Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (S. 2646 Governo).
PARERE APPROVATO
La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 68 del 2022: Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;
rilevato che:
il provvedimento appare principalmente riconducibile alle materie di competenza concorrente porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione (articolo 117, terzo comma, della Costituzione);
per le grandi reti di trasporto e di navigazione e i porti e aeroporti civili la giurisprudenza della Corte costituzionale ha applicato il principio della «chiamata in sussidiarietà», ammettendo l'intervento statale in materie attribuite anche alla competenza legislativa concorrente delle regioni, a condizione che siano individuate adeguate procedure concertative e di coordinamento tra lo Stato e le regioni (le intese; ex plurimis la sentenza n. 79 del 2011);
con riferimento a singole disposizioni, il disegno di legge interviene anche su materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato quali, la tutela della concorrenza, l'ordinamento civile, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale, la tutela dell'ambiente (articolo 117, secondo comma, lettere e), l), m), s), della Costituzione); su materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni, quali la materia «governo del territorio» e «tutela della salute» (articolo 117, terzo comma, della Costituzione); materia di competenza legislativa residuale regionale trasporto pubblico locale (articolo 117, quarto comma, della Costituzione) come qualificata dalla sentenza n. 222 del 2005 della Corte costituzionale;
segnalato inoltre che il comma 12 dell'articolo 8 prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili si provveda all'assegnazione dei contributi ai singoli interventi immediatamente cantierabili previsti dal programma di ammodernamento delle ferrovie regionali, nonché l'acquisto di materiale rotabile; al riguardo, si rileva che, dal punto di vista procedurale, appare preferibile introdurre la previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, prima di procedere all'adozione del suddetto decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;
sul provvedimento sono pervenute richieste di modifica e di integrazione del testo da parte della Conferenza delle regioni e delle province autonome,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente condizione:
provveda la Commissione di merito a tenere in adeguato conto le proposte di modifica e integrazione del testo giunte Pag. 205dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
e con la seguente osservazione:
valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di approfondire la disposizione di cui all'articolo 8, comma 12, valutando l'introduzione della previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, prima di procedere all'adozione del decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili con il quale si provvede, tra le altre cose, ad assegnare i contributi ai singoli interventi immediatamente cantierabili previsti dal programma di ammodernamento delle ferrovie regionali.
ALLEGATO 3
Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (C. 3634 Governo, approvato dal Senato).
PARERE APPROVATO
La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
esaminato il disegno di legge C. 3634, approvato dal Senato, recante legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021;
rilevato, per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite come il disegno di legge intervenga sulla materia «tutela della concorrenza», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione;
osservato, inoltre, come il disegno di legge incida, con riferimento a singole disposizioni, sulle materie «mercati finanziari», «ordinamento civile» e «tutela dell'ambiente» attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), l), s); sulle materie «governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto, distribuzione nazionale dell'energia» e «tutela della salute» attribuite alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e sulla materia trasporto pubblico locale di competenza legislativa residuale delle regioni, in base all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione;
ricordato, come la materia trasporto pubblico locale sia stata individuata dalla sentenza n. 222 del 2005 della Corte costituzionale, come una delle materie di competenza legislativa residuale delle regioni;
rilevato come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia evidenziato il carattere trasversale della materia «tutela della concorrenza», alla luce del suo approccio finalistico;
osservato come la materia «tutela della concorrenza» dia luogo ad un intreccio di competenze che riguardano anche materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o con quella residuale regionale (si veda in tal senso la sentenza n. 93 del 2017); ad essa è inoltre sotteso «l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese» (sentenza n. 14 del 2004);
evidenziato, come a fronte di questo intreccio di competenze, il provvedimento preveda forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali;
segnalato che il comma 4 dell'articolo 9 prevede che il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili proponga l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, ai fini dell'avvio delle procedure di affidamento, in caso di omessa pubblicazione, nei termini prescritti dalla disposizione, dei bandi di gara ovvero di mancato affidamento, entro la medesima data, con procedure ad evidenza pubblica, dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale in scadenza,
rilevato come il comma 1 dell'articolo 20, al capoverso articolo 15, comma 2, prevede «l'intesa con» la Conferenza Stato-regioni per la stipula delle convenzioni con le aziende autorizzate alla lavorazione del plasma per la produzione di medicinali emoderivati; si rileva che, dal punto di vista formale, appare preferibile utilizzare la formulazione «previa intesa in sede di»,
esprime
Pag. 207PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti osservazioni:
valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di:
distinguere meglio i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 27, comma 3, per la cui attuazione sarà necessario il parere in sede di Conferenza unificata e quelli per i quali sarà necessaria l'intesa, come peraltro previsto dal comma 3 dell'articolo 8 per i decreti legislativi attuativi della delega in materia di servizi pubblici locali;
approfondire, con riguardo al comma 4 dell'articolo 27, la formulazione che non consente di individuare in modo inequivoco il termine ultimo per l'emanazione dei decreti legislativi integrativi e correttivi; potrebbe risultare pertanto preferibile fare riferimento all'entrata in vigore di «ciascuno» dei decreti legislativi adottati di modo che il termine per l'esercizio della delega volta all'emanazione di disposizioni integrative e correttive a ciascuno dei decreti legislativi adottati scada, in modo inequivoco, un anno dopo l'entrata in vigore di ciascuno di questi ultimi;
sostituire all'articolo 20, comma 1, capoverso articolo 15, comma 2, le parole: «d'intesa con la Conferenza» con le seguenti: «previa intesa in sede di Conferenza».