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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 gennaio 2019
134.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e XII)
COMUNICATO
Pag. 9

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 30 gennaio 2019. — Presidenza della presidente della XII Commissione, Marialucia LOREFICE. – Interviene il sottosegretario di Stato per la salute, Armando Bartolazzi.

  La seduta comincia alle 14.10.

Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia.
C. 2 d'iniziativa popolare.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

  Marialucia LOREFICE, presidente, avverte che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante trasmissione con impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Ricorda che le Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali) avviano oggi l'esame, in sede referente, della proposta di legge C. 2 d'iniziativa popolare, recante «Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia».
  Dà, quindi, la parola ai relatori, deputato Trizzino, per la XII Commissione, e deputato Turri, per la II Commissione, per l'illustrazione della relazione che hanno predisposto.

  Giorgio TRIZZINO (M5S), relatore per la XII Commissione, ritiene doveroso sottolineare preliminarmente la rilevanza del fatto che il Parlamento stia iniziando l’iter di un provvedimento concernente un tema estremamente delicato. Invita, quindi, tutti i commissari ad assumere un atteggiamento prudente rispetto ad una questione che investe le sofferenze estreme che una persona può subire, evidenziando di avere personalmente consolidato in proposito un'esperienza ultratrentennale, in quanto la sua professione di medico lo ha portato a diretto contatto con pazienti nella fase terminale della malattia, spesso con sofferenze atroci. In tale ambito, la legge n. 38 del 2010, sulla terapia del dolore e le cure palliative, ha certamente permesso di compiere progressi significativi, consentendo di dare una risposta alla quasi totalità delle esigenze dei malati. Ricorda però il permanere di un numero limitato di casi rispetto al quale l'attuale normativa risulta inefficace e da ciò deriva la necessità di affrontare il tema oggetto del provvedimento in esame. Ribadisce, quindi, il Pag. 10dovere del Parlamento di confrontarsi con tali esigenze, senza sottrarsi al proprio impegno, intraprendendo un esame sicuramente complesso e difficile, rispetto al quale occorre avere un approccio prudente e il più possibile aperto.
  Con riferimento al provvedimento in discussione nella seduta odierna, ricorda che l'Atto Camera 2, di iniziativa popolare, in tema di rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia, riproduce il contenuto di una proposta di legge, di iniziativa popolare (A.C. 1582), il cui esame, insieme a quello di diverse proposte abbinate, era iniziato, nel corso della XVII legislatura, presso le Commissioni riunite II e XII, ma non era giunto a conclusione. Sempre nella scorsa legislatura è stato, invece, approvato – prima presso la Commissione Affari sociali della Camera, poi dall'Assemblea e, quindi, dall'altro ramo del Parlamento – il testo unificato delle proposte di legge A.C. 1142 e abbinate, recanti norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento (cosiddette DAT), confluite nella legge n. 219 del 2017. Essa disciplina, all'articolo 1, il consenso informato, prevedendo che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
  Ricorda che nel nostro Paese, da diversi anni, è in atto un dibattito dottrinario il cui elemento fondante è il riconoscimento dell'autodeterminazione del paziente attraverso la consapevole adesione ai trattamenti medici a lui proposti dal personale medico e sanitario. L'evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale ha infatti riconosciuto che il diritto alla salute contempla una generale libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, attribuendo al singolo il diritto ad una piena conoscenza dei trattamenti sanitari, al fine di poter scegliere consapevolmente quale cura adottare o addirittura se ricorrere o meno ad una cura. La Corte costituzionale (sentenza n. 438 del 2008) ha statuito che il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'articolo 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli articoli 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».
  Fa presente, quindi, che altri temi rilevanti, disciplinati dalla legge n. 219 del 2017, sono: la valorizzazione della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico, che trova il suo presupposto e atto fondante nel consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico; il diritto all'informazione, qualificato come il diritto di ogni persona a conoscere le proprie condizioni di salute e a essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile circa la diagnosi, la prognosi, i benefici e i rischi dei trattamenti sanitari indicati e le possibili alternative, le conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario. Si prevede espressamente che il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e in conseguenza di quest'obbligo è esente da ogni responsabilità civile o penale. In ogni caso, il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali.
  Fa presente, poi, che vengono anche dettate (articolo 3 della legge n. 219) le regole per l'espressione del consenso da parte dei minori e degli incapaci. L'articolo 2 della medesima legge stabilisce, quindi, l'importante principio della garanzia dello svolgimento, da parte del medico, di un'appropriata terapia del dolore, in conformità alla disciplina in materia, di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38, anche in caso di rifiuto del paziente al trattamento sanitario (o di revoca del consenso). Pag. 11In particolare, si prevede che nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico, con il consenso del paziente, può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore.
  Rileva come, connesso al tema del consenso, sia quello dell'ammissibilità delle disposizioni anticipate di trattamento, definite dall'articolo 4 della predetta legge n. 219 come l'atto con cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Si prevede che il dichiarante possa anche indicare una persona di fiducia (fiduciario) che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie. Sono, quindi, previste disposizioni relative alla nomina e alla revoca del fiduciario e alla forma delle DAT.
  Fa presente che, al fine di consentire una concreta applicazione della legge per quanto riguarda specificamente le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), con altro intervento normativo, contenuto nella legge di bilancio (articolo 1, comma 418, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), è stata prevista l'istituzione, presso il Ministero della salute, della banca dati destinata alla registrazione delle DAT – con un'autorizzazione di spesa pari a 2 milioni di euro – demandando a un decreto, da emanarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio 2018, le modalità di registrazione delle DAT.
  Il decreto non è stato ancora emanato, in quanto sono sorte diverse questioni interpretative sulle quali il Ministero della salute ha preventivamente richiesto un parere al Consiglio di Stato, che si è espresso sulla materia il 31 luglio 2018, evidenziando alcuni dubbi interpretativi. Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 573, della legge n. 145 del 2018) ha autorizzato, a decorrere dal 2019, la spesa di 400 mila euro annui per la banca dati destinata alla registrazione delle DAT. Allo stato attuale, quindi, manca una disciplina relativa alle modalità di raccolta delle DAT, anche con riferimento a quelle presentate prima dell'istituzione della banca dati.
  Ritiene importante sottolineare che, come è noto, il Parlamento è stato recentemente chiamato in causa dalla Corte costituzionale la quale, con l'ordinanza n. 207 del 23 ottobre 2018, relativa al cosiddetto caso Cappato, ha rinviato il giudizio di costituzionalità dell'articolo 580 del codice penale, che prevede il delitto di istigazione e aiuto al suicidio, a data fissa (24 settembre 2019), per dare al legislatore la possibilità di intervenire con una apposita disciplina «che regoli la materia in conformità alle segnalate esigenze di tutela». In particolare, nell'ordinanza si rileva che «laddove, come nella specie, la soluzione del quesito di legittimità costituzionale coinvolga l'incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere, questa Corte reputa doveroso – in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale – consentire, nella specie, al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare, per un verso, che (...) una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch'essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale».
  Entrando nel merito della proposta di legge in esame, che si compone di 4 articoli, fa presente che, in qualità di Pag. 12relatore per la Commissione Affari sociali, si soffermerà principalmente sui primi due.
  Rileva innanzitutto che l'articolo 1 della proposta di legge A.C. 2 reca un contenuto che si sovrappone, salvo alcune differenze di formulazione, a quanto previsto dalla suddetta legge n. 219 (specificamente, ai commi 5 e 6 dell'articolo 1). Ciò in quanto la proposta di legge di iniziativa popolare, essendo stata presentata alla Camera il 13 settembre 2013, non può tenere conto, evidentemente, della nuova normativa che, come già rilevato, è stata approvata nel 2017.
  In particolare, l'articolo 1 attribuisce ad ogni cittadino la facoltà di rifiutare l'inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento vitale o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente purché: provenga da un soggetto maggiorenne che non si trovi, anche temporaneamente, in uno stato di incapacità di intendere e di volere; sia manifestata dall'interessato in modo inequivocabile o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea, dello stesso, da persona nominata in precedenza, fiduciario per la manifestazione della volontà di cura, con atto scritto con sottoscrizione autenticata.
  L'articolo 2 dispone che il personale medico e sanitario che non rispetti la volontà manifestata nei modi di cui all'articolo 1, è tenuto al risarcimento del danno morale e materiale conseguente, in aggiunta ad ogni altra conseguenza civile o penale ravvisabile nei fatti.
  Al riguardo, evidenzia che, successivamente alla presentazione della proposta di legge in oggetto, è intervenuta anche la legge n. 24 del 2017, in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.
  Rileva, pertanto, che il testo della proposta di legge in esame debba essere aggiornato alla luce del quadro normativo vigente, almeno per quanto riguarda gli articoli 1 e 2.
  In conclusione, riconoscendo l'esigenza di effettuare un ampio ciclo di audizioni al fine di consentire ad una pluralità di soggetti, sia singoli che associati, di esprimere il proprio punto di vista, auspica che tali audizioni possano essere svolte in un tempo definito, al fine di rispettare la scadenza temporale indicata dalla Corte. Al riguardo, manifesta la propria volontà di vigilare affinché tale scadenza sia rispettata.

  Roberto TURRI (Lega), relatore per la II Commissione, come già anticipato dai colleghi, sottolinea che il rapido incardinamento della proposta di legge di iniziativa popolare in tema di eutanasia, concordato nella settimana scorsa nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni riunite, è stato determinato dalle sollecitazioni venute dalla Corte costituzionale che con la citata ordinanza ha richiesto al Parlamento di intervenire in materia. Evidenzia inoltre che, come già fatto presente dal collega Trizzino, relatore per la XII Commissione, la proposta in esame, essendo in parte superata dall'approvazione della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, necessiterà delle opportune integrazioni e modifiche.
  Passando al merito del provvedimento, prima di soffermarsi sulle parti di competenza della Commissione giustizia, ritiene opportuno richiamare l'attenzione sul quadro normativo di riferimento. Rileva preliminarmente che nel nostro ordinamento la vita è un bene non disponibile come risulta, a livello costituzionale, dall'articolo 2 della Costituzione e, a livello di legge ordinaria – oltre che dall'articolo 5 del codice civile, che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo «quando cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume» – dalle disposizioni penali che puniscono l'omicidio del consenziente e l'istigazione o l'aiuto al suicidio, nonché, indirettamente, dall'articolo 50, sull'efficacia scriminante del consenso della persona offesa, con esclusivo Pag. 13riferimento alla lesione dei beni disponibili. Ogni affermazione della libertà di autodeterminazione dell'individuo non è dunque assoluta, dovendo essere temperata con il principio dell'indisponibilità della vita. Allo stato pertanto evidenzia che l'eutanasia attiva (vale a dire la morte cagionata con un diretto intervento di un terzo acceleratore dell'evento per motivi di pietà nei confronti di una persona affetta da malattia probabilmente o certamente incurabile, allo scopo di sottrarla alle sofferenze inerenti al processo patologico terminale) è punita nel nostro ordinamento attraverso gli articoli 579 e 580 del codice penale. Per quanto riguarda invece l'eutanasia passiva (in cui ci si limita a lasciare che la malattia si manifesti nei suoi effetti fino alla morte), rileva che la condotta è punibile in quanto sussista in capo al medico o all'assistente il malato un obbligo di cura, ovvero un obbligo di compiere azioni positive idonee a impedire o ritardare l'evento. E il fatto primario che condiziona l'obbligo di cura è il consenso del paziente, senza e contro il quale non è giuridicamente lecito l'intervento terapeutico. Se, dunque, il paziente rifiuta la cura, non sorge l'obbligo del medico o di qualsivoglia terzo di ritardare o impedire l'evento mortale e la vicenda che conduce alla morte non può definirsi eutanasia, non essendo provocata volontariamente la morte di alcuno. Ove, pertanto, consentendo alla propria morte, il paziente, maggiore di età e in condizioni di capacità di intendere e di volere, rifiuti determinati interventi terapeutici o le cure che potrebbero probabilmente impedire o ritardare la morte, la mancata azione curativa del medico o di qualsivoglia terzo non integra una condotta illecita.
  Ciò premesso, ribadisce che l'eutanasia attiva è attualmente punita nel nostro ordinamento attraverso gli articoli 579 e 580 del codice penale. In particolare, ricorda che l'articolo 579 punisce con la reclusione da sei a quindici anni chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui. Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso: 1. contro una persona minore degli anni diciotto; 2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; 3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno. L'omicidio del consenziente è figura autonoma di delitto, introdotta per la prima volta nell'ordinamento italiano dal codice del 1930, in affermazione del principio di indisponibilità della vita. La pena prevista, assai più lieve rispetto all'omicidio doloso comune, esprime l'attenuata riprovevolezza dell'autore e la minore gravità del delitto rispetto alla fattispecie di cui all'articolo 575 del codice penale.
  Quanto al reato di «istigazione o aiuto al suicidio», rammenta che l'articolo 580 del codice penale tutela la vita sia contro i comportamenti che facciano insorgere un proposito suicidario prima inesistente ovvero ne rafforzino uno già esistente, sia contro il semplice ausilio all'esecuzione, mercé un'attività, accessoria alla condotta dell'agente, strumentale alla realizzazione di un proposito suicidario compiutamente deliberato.
  Nel passare, pertanto, all'illustrazione dei contenuti del provvedimento al nostro esame, segnala che ai sensi dell'articolo 3 della proposta in esame le disposizioni di cui agli articoli 575 (Omicidio), 579 (Omicidio del consenziente), 580 (Istigazione aiuto al suicidio) e 593 (Omissione di soccorso) del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario che hanno praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, purché ricorrano alcune condizioni, il cui rispetto deve essere attestato per iscritto dal medico e confermato dal responsabile della struttura sanitaria ove sarà praticato l'intervento: la richiesta, attuale ed accertata in modo inequivocabile, provenga dal paziente maggiorenne, che non si trovi, sia pure temporaneamente, in uno stato di incapacità di intendere e di volere; la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia portatrice di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi; siano stati informati della richiesta anche Pag. 14i parenti entro il secondo grado ed il coniuge, messi nella possibilità di colloquiare con il paziente; il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e dei possibili sviluppi clinici e ne abbia discusso con il medico; il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche.
  Segnala inoltre che l'articolo 4 attribuisce ad ogni soggetto la facoltà di redigere un atto scritto, con firma autenticata dall'ufficiale di anagrafe del comune di residenza, con il quale chiede l'applicazione dell'eutanasia nell'ipotesi in cui venga a trovarsi successivamente affetto da una malattia che comporta gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi e sia incapace di intendere e di volere ovvero di manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente un fiduciario ricorrendone le condizioni. Viene poi disposto che la richiesta di applicazione dell'eutanasia sia chiara e inequivoca, non sia sottoposta a condizioni e sia accompagnata da una dichiarazione con la quale il richiedente attesta di essersi documentato in ordine ai profili sanitari, etici ed umani. Anche la conferma della richiesta da parte del fiduciario deve essere chiara, inequivoca ed espressa per iscritto. In presenza delle indicate condizioni e del rispetto della dignità del paziente (al medico ed al personale sanitario che hanno attuato pratiche di eutanasia provocando la morte del paziente non si applicano le disposizioni degli articoli 575 (Omicidio), 579 (Omicidio del consenziente), 580 (Istigazione e aiuto al suicidio) e 593 (Omissione di soccorso) del codice penale.

  Andrea CECCONI (Misto-MAIE-SI), riservandosi di entrare nel merito del provvedimento in una fase successiva della discussione, ricorda di averne chiesto la calendarizzazione a nome del suo gruppo, osservando che la recente ordinanza della Corte costituzionale ha sicuramente contribuito ad un'accelerazione rispetto al soddisfacimento di tale richiesta. Ritiene che il Parlamento debba dare una risposta alla sollecitazione della Corte, quantomeno intervenendo sull'articolo 580 del codice penale.
  Manifestando apprezzamento per quanto dichiarato dal relatore Trizzino nel suo intervento, invita le presidenti delle due Commissioni ad adoperarsi per rispettare i tempi indicati dalla Corte, tenendo conto anche della complessa dinamica rappresentata dalla relazione tra i due rami del Parlamento. Condividendo, in particolare, quanto affermato dal relatore Trizzino in merito alla delicatezza del tema, invita ad evitare uno scontro plateale in questa materia, cercando di rispettare la sensibilità dei soggetti potenzialmente coinvolti. In conclusione, esprime soddisfazione per il fatto che il Parlamento stia finalmente affrontando il tema dell'eutanasia dopo aver svolto un ottimo lavoro nella passata legislatura con l'approvazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, rispetto alla quale occorre assicurare il completamento del processo attuativo.

  Alfredo BAZOLI (PD), nel ribadire la delicatezza del tema, ritiene che l'accelerazione imposta ai lavori del Parlamento dalla citata ordinanza della Corte costituzionale non debba impedire una valutazione accurata del testo in esame. Ricorda che nella scorsa legislatura, quando sono stati affrontati temi connessi all'eutanasia, quale è quello delle dichiarazioni anticipate di trattamento, pur sperimentando il grado di attenzione e di divisione dell'opinione pubblica sulle scelte etiche ad essi sottese, si è riusciti a fare un buon lavoro di sintesi delle diverse posizioni. Esprime pertanto la convinzione che su tali materie maggiore è il livello di condivisione delle scelte e migliore sarà il risultato, addivenendo all'approvazione di un testo di legge in grado di reggere all'usura del tempo e di contemperare visioni diverse. Ritiene inoltre indispensabile che nell'esame della proposta di legge in materia di eutanasia si eviti di ritornare su questioni già affrontate e risolte nella scorsa legislatura salvaguardando il testo della legge 22 dicembre 2017, n. 219, sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), della quale non si sono potuti misurare tutti gli effetti, in mancanza del Pag. 15decreto attuativo sulle modalità di registrazione delle DAT. Precisa d'altro canto che, nel corso dell'esame, non si potrà prescindere dalle considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nell'ordinanza 207 del 2018, secondo cui il divieto di aiuto al suicidio, anche nell'odierno assetto costituzionale, ha una sua «ragion d'essere» soprattutto nei confronti delle persone vulnerabili, che potrebbero essere facilmente indotte a concludere prematuramente la loro vita. Tutto ciò premesso, auspica che venga svolta un'istruttoria accurata, volta a consentire il raggiungimento di un risultato ampiamente condiviso, nell'interesse del Paese.

  Michela ROSTAN (LeU) dichiara che il gruppo di Liberi e Uguali accoglie favorevolmente l'avvio di una discussione su un tema rispetto al quale finora il Parlamento non è riuscito a esprimersi, ricordando che la prima proposta in tema di eutanasia è stata presentata oltre trent'anni fa. A suo avviso, occorre legiferare per porre fine ad una discriminazione che non consente la libertà di scelta.
  Auspica, anche a nome del collega della Commissione giustizia appartenente al suo gruppo, che le due Commissioni possano intraprendere un percorso approfondito, senza che vengano assunte posizioni preconcette.
  Ribadisce, quindi, la necessità di evitare che le problematiche legate al cosiddetto fine vita debbano essere affrontate con viaggi all'estero o in maniera clandestina, sottolineando l'opportunità di procedere in tempi rapidi.

  Stefano MUGNAI (FI), rilevando che, rispetto al tema dell'eutanasia l'appartenenza politica dei singoli deputati ha un'importanza relativa, si associa agli auspici espressi affinché possa svolgersi un confronto sereno, senza però nascondersi le difficoltà in relazione ad un tema divisivo, che investe in maniera decisa il sistema di valori di ciascuno.
  Osserva che la scadenza indicata dalla Corte costituzionale non può impedire il necessario approfondimento da parte del Parlamento, sottolineando, in ogni caso, la doverosità di un intervento politico, che eviti di delegare ai tribunali la risposta a una questione di tale rilevanza.

  Giorgio TRIZZINO (M5S), relatore per la XII Commissione, si ripromette di fornire in una prossima seduta, come strumento di lavoro, una sorta di glossario in cui siano definiti in maniera puntuale alcuni concetti utili nel prosieguo dell’iter del provvedimento.

  Marialucia LOREFICE, presidente, avverte che, alla luce di quanto richiesto dai relatori ed emerso dal dibattito, si procederà allo svolgimento di un ciclo di audizioni al termine del quale, come di consueto, avrà luogo lo svolgimento della discussione presso le Commissioni riunite II e XII.
  Ritiene, d'accordo con la presidente Sarti, che i gruppi possano far pervenire le rispettive richieste di audizioni presso le segreterie delle Commissioni entro la giornata di martedì 5 febbraio, in modo che nel corso della stessa settimana possa essere convocato un Ufficio di presidenza delle Commissioni riunite, al fine della definizione del programma delle audizioni.

  Vito DE FILIPPO (PD) ritiene che la scadenza proposta dalla presidenza sia troppo ravvicinata, chiedendo qualche giorno in più per l'indicazione dei soggetti da audire.

  Roberto TURRI (Lega), relatore per la II Commissione, si associa alla richiesta del deputato De Filippo.

  Marialucia LOREFICE, presidente, in considerazione delle richieste da ultimo avanzate, d'accordo con la presidente Sarti, invita a far pervenire le richieste di audizioni entro la giornata di venerdì 8 febbraio. L'Ufficio di presidenza potrà, quindi, svolgersi nella settimana successiva.
  Rinvia, quindi, il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.