AUDIZIONI INFORMALI
Mercoledì 29 maggio 2019.
Audizione di Luciano Violante, Presidente dell'Associazione «italiadecide», nell'ambito all'esame, in sede referente, della proposta di legge costituzionale C. 14 di iniziativa popolare, recante «Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura».
L'audizione informale è stata svolta dalle 9.40 alle 10.35.
INDAGINE CONOSCITIVA
Mercoledì 29 maggio 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.
La seduta comincia alle 14.05.
Indagine conoscitiva in materia di politiche dell'immigrazione, diritto d'asilo e gestione dei flussi migratori.
Pag. 12Audizione del Prefetto Michele Di Bari, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
(Svolgimento e conclusione).
Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che la Commissione avvia oggi le audizioni nel quadro dell'indagine conoscitiva in materia di politiche dell'immigrazione, diritto d'asilo e gestione dei flussi migratori. L'ordine del giorno prevede l'audizione del Prefetto Michele Di Bari, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
Informa quindi che l'audizione sarà trasmessa attraverso la web-tv della Camera dei deputati.
Saluta il Prefetto Di Bari, nonché i componenti della delegazione che lo accompagna, e lo ringrazia per aver accolto l'invito della Commissione.
Dà la parola al Prefetto Di Bari
Michele DI BARI, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.
Intervengono, svolgendo considerazioni e ponendo quesiti, i deputati Riccardo MAGI (Misto-+E-CD), a più riprese, Gennaro MIGLIORE (PD), Barbara POLLASTRINI (PD), Vincenza BRUNO BOSSIO (PD), Emanuele FIANO (PD), Stefano CECCANTI (PD) e Francesco Paolo SISTO (FI),
Michele DI BARI, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, risponde di volta in volta ai quesiti posti.
Interviene ulteriormente Emanuele FIANO (PD), cui replica Michele DI BARI, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
Giuseppe BRESCIA, presidente, ringrazia il Prefetto Di Bari e dichiara conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.20.
N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 29 maggio 2019.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.20 alle 15.25.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 29 maggio 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. — Interviene il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta Simone Valente.
La seduta comincia alle 15.25.
Disposizioni in materia di conflitti di interessi.
C. 702 Fiano e C. 1461 Macina.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad avviare l'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 702 Fiano e C. 1461 Macina, recanti disposizioni in materia di conflitti di interesse.
Ricorda che tale materia è già stata all'attenzione di questa Commissione e di questa Camera nella scorsa Legislatura e che il travagliato iter di otto proposte di legge abbinate vertenti su tale materia iniziò in Commissione nella seduta del 6 maggio 2014 e terminò in Assemblea il 25 febbraio 2016.
Segnala altresì che l'esame portò dapprima a un testo unificato predisposto dal relatore, adottato come testo base e al conseguente lavoro emendativo e che, in seguito al rinvio in Commissione deliberato dall'Assemblea, si procedette, poi, molto lentamente, alla nomina di un comitato ristretto, il quale impiegò più di sei mesi prima di elaborare un nuovo testo unificato.Pag. 13
Rammenta altresì che, dopo l'approvazione della Camera, l'esame del provvedimento si arenò al Senato il 10 maggio 2017 con la presentazione di un nuovo testo base.
Ritiene quindi opportuno ricordare, come illustrato dall'allora Presidente della Commissione Sisto nella seduta della Commissione del 6 maggio 2014, che già nel corso della XVI legislatura «il tema è stato oggetto di approfondimento da parte della I Commissione che ha svolto, in particolare, due audizioni – nelle sedute del 29 marzo 2012 e del 4 aprile 2012 – rispettivamente, del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi. Successivamente, nella seduta del 7 agosto 2012, ha preso avvio, presso la I Commissione, l'esame delle proposte di legge presentate sulla materia nel corso della XVI legislatura, che in parte riprendevano il lavoro già svolto in sede referente nel corso della XV legislatura». Ricorda come in quella occasione l’iter vide il susseguirsi di «seguiti dell'esame e rinvii» che non portarono all'adozione di alcun testo di partenza.
Alla luce di questa ricostruzione storica osserva come risultino evidenti le incompiute e i fallimenti del legislatore e come appaia dunque sempre più urgente e opportuno un intervento risolutivo sulla materia del conflitto di interessi, ad oggi regolato dalla legge n. 215 del 2004.
Sottolinea come la Commissione sia dunque chiamata a lavorare per un intervento legislativo capace di assicurare una conduzione dell'azione politica senza pregiudizi e interferenze da parte di interessi, pubblici o privati, anche non economici.
Auspica il contributo sia di quei gruppi che in passato, pur senza aver conseguito risultati fattivi e incisivi, hanno affrontato il tema del conflitto d'interessi, sia di quei gruppi che ancora non hanno depositato una proposta di legge in tale materia.
Sottolinea come il compito che attende la Commissione su questi temi sia certamente arduo e complesso, augurandosi peraltro che esso si sviluppi in tempi non troppo lunghi, evidenziando come le esperienze passate insegnino che l'eccessiva dilatazione dei tempi spesso abbia costituito un ostacolo al raggiungimento di risultati concreti.
In estrema sintesi rileva quindi come le proposte di legge in esame intervengano sulla disciplina della risoluzione dei conflitti di interessi dei titolari di cariche di governo, sostituendo la vigente normativa recata dalla legge n. 215 del 2004, che viene contestualmente abrogata (in parte o integralmente, a seconda del contenuto delle proposte di legge).
I destinatari delle disposizioni in materia di prevenzione dei conflitti di interessi recate dalle proposte sono i membri del governo nazionale, i titolari di cariche di governo regionali e i componenti delle autorità amministrative indipendenti, nonché (per la sola proposta di legge C. 1461) i titolari di cariche di governo locali.
La proposta di legge C. 702 interviene altresì in materia di ineleggibilità dei membri Parlamento e dei consiglieri regionali.
La proposta di legge C. 1461 reca una specifica disposizione di delega per disciplinare il conflitto di interessi dei componenti delle autorità indipendenti e i titolari di cariche di governo locali.
Pur nella diversità delle definizioni, il concetto di conflitto di interessi proposto dai progetti di legge in esame, di tipo per così dire preventivo, si differenzia da quello vigente, che dispone un intervento prevalentemente successivo.
Al contempo, rispetto alla disciplina vigente, le proposte di legge confermano la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, prevedendo tuttavia un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, nel rispetto di una tempistica più serrata rispetto all'attuale. Inoltre, rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati.
Le proposte di legge intervengono con diverse soluzioni legislative, ma tratto comune Pag. 14è l'individuazione di un sistema di incompatibilità più stringente rispetto alla normativa vigente.
Le proposte recano inoltre una specifica disciplina in caso di situazioni patrimoniali di particolare rilievo dell'interessato: la proposta di legge C. 1461 fa discendere dalla situazione patrimoniale dell'interessato una specifica forma di incompatibilità, mentre la proposta di legge C. 702 affronta la questione in termini di conflitto di interessi.
Le proposte di legge prevedono anche un apparato sanzionatorio, sotto forma di ammenda pecuniaria direttamente applicabile dall'Autorità antitrust.
Sono stabilite inoltre misure di risoluzione di conflitti di interessi, che nella proposta di legge C. 702 consistono nell'affidamento dei beni a una gestione fiduciaria o nella loro vendita, mentre nella proposta di legge C. 1461 è previsto il conferimento del patrimonio ad un'unica società fiduciaria autorizzata ad operare mediante mandato fiduciario senza rappresentanza.
Passando a esaminare in dettaglio il contenuto delle proposte di legge, relativamente ai diversi ambiti della disciplina su cui intervengono, le proposte di legge introducono alcuni princìpi generali di correttezza dell'azione pubblica, riprendendo e, in parte, integrando, quelli indicati all'articolo 1, comma 1, della legge vigente sul conflitto di interessi di cui alla legge n. 215 del 2004.
La proposta di legge C. 702 Fiano (all'articolo 1) fa riferimento all'obbligo per i destinatari delle disposizioni di legge, individuati genericamente nei titolari di cariche politiche (dettagliate poi nell'articolo 2) di operare, nell'esercizio delle loro funzioni, nell'esclusiva cura degli interessi pubblici a loro affidati e di agire per l'interesse generale della Repubblica.
La proposta di legge C. 1461 Macina (all'articolo 1) include tra i princìpi generali, oltre all'obbligo della cura esclusiva degli interessi pubblici, anche l'obbligo di adottare le misure previste per prevenire situazioni di incompatibilità e di evitare l'insorgere dei conflitti di interesse.
Per quanto attiene all'ambito di applicazione, le proposte di legge ampliano il campo dei destinatari della disciplina del conflitto di interessi rispetto alla legge n. 215 del 2004, la quale prevede l'applicazione ai soli titolari di cariche di governo nazionali.
Infatti, entrambe le proposte di legge (all'articolo 2) individuano i destinatari oltre che nei titolari di cariche di governo nazionali (secondo la proposta di legge C. 702) o statali (secondo la proposta di legge C. 1461), ossia Presidente del Consiglio, vicepresidenti del Consiglio, ministri, vice ministri, sottosegretari di Stato e commissari straordinari del Governo, anche nei titolari di cariche di governo regionali: presidenti delle regioni e i componenti delle giunte regionali. La proposta di legge C. 702 include esplicitamente i presidenti e i componenti delle giunte delle province autonome e delle giunte regionali.
L'articolo 14 della proposta di legge C. 1461 prevede peraltro che le regioni e le province autonome disciplinino le incompatibilità e le situazioni di conflitto di interessi dei presidenti e degli assessori regionali, uniformandosi ai princìpi generali desumibili dalla legge e ai princìpi fondamentali già vigenti in materia di incompatibilità.
Anche la proposta di legge C. 702, all'articolo 11, demanda alle regioni e alle province autonome l'attuazione delle disposizioni in materia di conflitti di interessi dei titolari degli organi di governo regionali.
Inoltre, le due proposte estendono ulteriormente l'ambito soggettivo di applicazione anche ai presidenti e ai membri delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione. La proposta di legge C. 702 regolamenta direttamente il conflitto di interessi dei membri delle autorità (all'articolo 12), mentre la proposta di legge C 1461 reca, all'articolo 13, una delega al Governo per la definizione della relativa disciplina.
La proposta di legge C. 702 estende l'ambito soggettivo di applicazione anche ai membri del Parlamento e ai consiglieri regionali.Pag. 15
Le disposizioni delle due proposte sono poi modulate in maniera differente in considerazione del ruolo e delle funzioni svolte dai titolari di cariche di governo e dagli altri titolari di cariche politiche, tenendo conto delle disposizioni costituzionali che attengono al rispetto delle competenze regionali e alla funzione parlamentare.
In particolare, per quanto riguarda i titolari di cariche elettive (parlamentari e consiglieri regionali) la proposta di legge C. 702 detta nuove disposizioni nella sola materia dell'ineleggibilità (agli articoli 13 e 14), oltre ad una disposizione specifica riferita a coloro che intendono candidarsi alle elezioni politiche (all'articolo 13, comma 4).
A sua volta, la proposta di legge C. 1461, non include nel campo di applicazione i rappresentanti delle assemblee elettive, nazionali e regionali, mentre vi comprende, accanto ai titolari di cariche di governo statali e regionali, i titolari di cariche di governo locali, ossia:
il presidente o il componente di una giunta provinciale: ricorda in proposito che la legge n. 56 del 2014 ha riformato l'ordinamento delle province, eliminando le giunte dagli organi provinciali (escluse le province autonome);
il sindaco metropolitano e i componenti dei consigli metropolitani;
il sindaco o il componente della giunta di un comune.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 13) reca quindi una delega al Governo per disciplinare la prevenzione e la risoluzione di conflitti di interesse per le cariche di governo negli organi degli enti locali, adeguando il testo unico enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) e la legge n. 56 del 2014 alle disposizioni del provvedimento.
Come accennato, nella delega è inclusa anche la definizione della disciplina del conflitto di interessi dei membri delle autorità indipendenti.
Per quanto attiene alla definizione di conflitto di interessi, le proposte di legge introducono, seppure con definizioni in parte differenti, un nuovo concetto di conflitto di interessi, individuato dalla presenza (in capo al titolare o a un congiunto) di un interesse tale da condizionare e influenzare la sua attività pubblica.
Per la proposta di legge C. 702 (all'articolo 4) sussiste conflitto di interessi qualora il soggetto sia titolare di un interesse privato ed economico.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 3) fa invece riferimento a «un interesse privato» idoneo ad interferire con l'imparzialità necessaria all'adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è preposto.
Per la proposta di legge C. 702, l'interesse deve essere tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.
Il conflitto di interessi, secondo la proposta di legge C. 1461, si realizza invece se il titolare di una carica di governo è titolare di un interesse privato idoneo a interferire con l'imparzialità necessaria per l'adempimento dei compiti istituzionali (ai sensi dell'articolo 3, comma 1). Il conflitto di interessi insorge, inoltre, nelle situazioni di incompatibilità generali o derivanti da attività patrimoniali di cui agli articoli 4 e 5 (ai sensi dell'articolo 3, comma 2).
Pur nella diversità delle definizioni recate dalle due proposte di legge, il concetto di conflitto di interessi proposto dalle proposte di legge, di tipo per così dire preventivo, si differenzia nettamente da quello vigente, che prevede un intervento prevalentemente successivo. Infatti, ai sensi della legge n. 215 sussiste conflitto di interessi nel caso di partecipazione all'adozione di un atto, o anche di omissione di atto dovuto, che arrechi un beneficio al titolare (o ad un congiunto), ovvero sia compiuto in una delle situazioni di incompatibilità previste dalla legge.
Il sistema individuato dalle proposte di legge è invece finalizzato a impedire l'adozione (od omissione) di atti in presenza Pag. 16di situazioni di conflitto di interessi, che devono essere risolte prima della assunzione della carica pubblica.
Con riferimento alla tematica delle Autorità di vigilanza e controllo, le proposte di legge mantengono in capo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato i compiti in materia di conflitto di interessi, come previsto dalla normativa vigente, adeguandone le funzioni alle nuove disposizioni introdotte dalle medesime proposte di legge (nella proposta di legge C. 702, all'articolo 3; nella proposta di legge C. 1461, all'articolo 8) e a tale fine entrambe prevedono un rafforzamento dell'Autorità (nella proposta di legge C. 702, all'articolo 15; nella proposta di legge C. 1461, all'articolo 8, comma 11).
Le proposte di legge, peraltro, introducono una divisione di competenze tra l'Autorità antitrust e l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), affidando alla prima le competenze nei confronti dei titolari di cariche di governo nazionali e regionali e alla seconda quelle nei confronti delle cariche di governo locale e dei membri delle autorità indipendenti (secondo la proposta di legge C. 1461). La proposta di legge C. 702 prevede l'intervento dell'ANAC solo quando il conflitto di interessi riguarda i componenti dell'Autorità antitrust (ai sensi dell'articolo 12, comma 8).
Per la proposta di legge C. 1461 le funzioni dell'Autorità sono di vigilare sull'attuazione delle disposizioni in materia di conflitto di interessi, sul rispetto degli adempimenti e dei divieti e sull'applicazione delle sanzioni (in base all'articolo 8, comma 1).
Per quanto riguarda i poteri dell'Autorità, le proposte prevedono che essa possa fare richiesta di informazioni a qualunque organo della pubblica amministrazione e società pubblica e privata, provvedendo a indagini, ispezioni e verifiche, anche avvalendosi della collaborazione di amministrazioni e di enti pubblici (nella proposta di legge C. 702, all'articolo 3, commi 2 e 3; nella proposta di legge C. 1461, all'articolo 8, comma 5).
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 8, comma 3) demanda a un regolamento dell'Autorità antitrust l'adozione di misure di tutela nei confronti dei soggetti interessati idonee a garantire la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e in quelli sanzionatori.
La medesima proposta di legge C. 1461 (all'articolo 8, comma 4) prevede che l'Autorità antitrust presenti semestralmente una relazione al Parlamento sull'attuazione della legge.
Quanto agli obblighi di dichiarazione, le proposte di legge introducono obblighi di dichiarazione funzionali a far emergere le situazioni di conflitto di interessi.
Rispetto alla disciplina vigente, viene confermata la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, stabilita dall'articolo 5 della legge n. 215 del 2014, che diventa però più dettagliata, prevedendo un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, con un timing più serrato rispetto all'attuale.
Relativamente ai soggetti tenuti alla dichiarazione, viene esteso il novero dei soggetti obbligati, che, secondo la normativa vigente, comprende oltre al titolare della carica, il coniuge e i parenti entro il secondo grado; le proposte di legge includono tra i soggetti obbligati le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico (categoria che la normativa vigente non prende include). La sola proposta di legge C. 1461 estende l'obbligo anche agli affini entro il secondo grado (ai sensi dell'articolo 6, comma 7), mentre la proposta di legge C. 702 esclude il coniuge legalmente separato (all'articolo 5, comma 5).
Nel caso in cui coniuge, parenti o conviventi non acconsentano alla dichiarazione, la proposta di legge C. 702 dispone che l'autorità proceda all'accertamento d'ufficio con le modalità con le quali accerta la veridicità delle dichiarazioni del titolare della carica.
Le dichiarazioni di tali soggetti sono in ogni caso pubblicate sul sito internet dell'Autorità solo a condizione che essi vi Pag. 17consentano. Ove non abbiano reso le dichiarazioni o non abbiano prestato il consenso alla pubblicazione ne è data notizia nel medesimo sito internet.
La proposta di legge C. 1461 prevede, in via generale, che tutte le dichiarazioni siano pubblicate sul sito internet dell'Autorità.
In relazione al contenuto degli obblighi di dichiarazione, le proposte prevedono anzitutto che, entro 20 giorni (ai sensi della proposta di legge C. 702, all'articolo 5, comma 1, lettera a) o 10 giorni (ai sensi della proposta di legge C. 1461, all'articolo 6, comma 1) dall'assunzione della carica, vengano dichiarati all'Autorità antitrust una serie di incarichi e attività. La proposta di legge C. 702 specifica che l'obbligo di dichiarazione riguarda anche gli incarichi cessati nei 12 mesi precedenti.
Entrambe le proposte indicano le seguenti cariche e attività da dichiarare:
le cariche e gli uffici pubblici ricoperti, ad eccezione (secondo la proposta di legge C. 702) del mandato parlamentare e degli incarichi ricoperti in ragione della funzione di governo svolta; la proposta di legge C. 1461 specifica, invece, che sono ricomprese anche le cariche di natura elettiva;
gli impieghi pubblici o privati;
le attività professionali o di lavoro autonomo, anche se gratuite e svolte in forma associata o societaria.
La proposta di legge C. 702 prevede, inoltre, l'obbligo di comunicare:
l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie;
qualunque carica, ufficio o funzione comunque denominati, ovvero l'esercizio di compiti di gestione in imprese o società pubbliche o private, incluse le società in forma cooperativa, in enti di diritto pubblico, anche economici, o in fondazioni ad eccezione di quelli assunti in ragione della funzione di governo svolta.
La proposta di legge C. 1461 indica i seguenti ulteriori incarichi:
carica, ufficio o funzione comunque denominata in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali e istituzioni (ai sensi dell'articolo 114 del testo unico degli enti locali);
carica, ufficio o funzione comunque denominata in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e controllo da parte del Governo;
Le dichiarazioni riguardano anche gli incarichi e le attività svolte all'estero.
In secondo luogo, le proposte richiedono la trasmissione, entro 20 giorni dall'assunzione della carica, di una serie di dati patrimoniali e reddituali all'Autorità antitrust:
l'ultima dichiarazione del redditi (la proposta di legge C. 1461, all'articolo 6, comma 4, dispone la trasmissione della dichiarazione dei redditi entro 10 giorni dalla data di scadenza prevista per la presentazione della stessa);
i dati su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri;
i dati relativi alle titolarità di imprese individuali;
gli strumenti finanziari di cui dall'articolo 1, comma 2, del testo unico in materia di intermediazione finanziaria (di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998) tra cui: valori mobiliari; strumenti del mercato monetario; quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; contratti di opzione e contratti finanziari a termine standardizzati ( «future») e «swap»; strumenti finanziari derivati per il trasferimento del rischio di credito; contratti finanziari differenziali; quote di emissioni;
ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione Pag. 18dalla carica di governo, un impiego o un'attività di qualunque natura;
i beni mobili o immobili destinati all'esclusivo godimento personale o (secondo la proposta di legge C. 702, all'articolo 5, comma 6) dei congiunti obbligati alla dichiarazione.
La proposta di legge C. 702 specifica che la trasmissione dei dati relativi alle attività patrimoniali di cui siano titolari, anche per interposta persona, inclusi i dati relativi alla titolarità di imprese individuali e agli strumenti finanziari, comprende anche le attività di cui siano stati titolari nei 6 mesi precedenti (ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b).
A sua volta la proposta di legge C. 1461 specifica l'obbligo di trasmissione dei seguenti dati:
le quote di partecipazione in società, possedute anche per interposta persona;
le partecipazioni in associazioni o società di professionisti;
i trust di cui sia disponente, beneficiario, trustee o guardiano.
Anche per questa categoria di dati, le proposte di legge specificano che le dichiarazioni riguardano anche gli incarichi e le attività svolte all'estero.
Ogni variazione negli elementi dichiarati deve essere resa nota, con dichiarazione integrativa, entro venti giorni dalla sua realizzazione, così come, entro venti giorni (secondo la proposta di legge C. 702, all'articolo 5, comma 4) o trenta giorni (secondo la proposta di legge C. 1461, all'articolo 6, comma 6) dalla cessazione dalla carica, i soggetti interessati dovranno dichiarare le variazioni nelle loro posizioni intervenute dall'ultima dichiarazione integrativa presentata e la cessazione della carica. Le proposte stabiliscono la non trasmissione della dichiarazione integrativa in caso di ricorso alla gestione fiduciaria o mandato fiduciario (la proposta di legge C. 702 esime l'interessato dalla presentazione della dichiarazione integrativa in caso di mandato fiduciario solamente dopo la cessazione della carica).
Ricorda in merito che in base all'articolo 5 della legge n. 215 del 2004 chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l'obbligo di rendere note all'Autorità garante della concorrenza e del mercato:
l'eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;
tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.
Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è suddiviso in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per la dichiarazione concernente le attività patrimoniali. La proposta di legge precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch'esse oggetto di dichiarazione. Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
Le dichiarazioni sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza.
Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui agli articoli 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni. Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.
Il legislatore era poi intervenuto a riordinare la materia degli obblighi di trasparenza in capo alle pubbliche amministrazioni con il decreto legislativo n. 33 del 2013, in base al quale, per quanto riguarda i titolari di incarichi politici di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, e per gli incarichi Pag. 19dirigenziali le amministrazioni devono pubblicare (ai sensi dell'articolo 14):
a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazioni sulla situazione patrimoniale per le cariche elettive e sulle relative variazioni (di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge n. 441 del 1982), limitatamente al soggetto titolare della carica, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati cui entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina o dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.
Le proposte di legge recano inoltre disposizioni in materia di poteri ispettivi e di controllo dell'Autorità con riferimento alla veridicità e alla completezza delle dichiarazioni sopra richiamate, nonché, più in generale, relativamente ai compiti conferiti dalle proposte di legge.
In particolare, per lo svolgimento dei compiti di indagine, verifica, accertamento e controllo l'Autorità può avvalersi di banche dati pubbliche e private (nella proposta di legge C. 702, all'articolo 5, comma 7; nella proposta di legge C. 1461 all'articolo 8, comma 6).
La proposta di legge C. 702 prevede che l'utilizzo delle banche dati pubbliche avvenga sulla base di specifiche linee guida stabilite dal Garante per la tutela dei dati personali entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. A tale fine, l'Autorità può stipulare specifiche convenzioni con le agenzie fiscali e con i soggetti titolari di banche dati pubbliche,
Per quanto riguarda i dati detenuti da soggetti privati, la proposta di legge C. 702 prevede che l'autorità possa richiedere ad essi le informazioni pertinenti e rilevanti, nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2003), mentre la proposta di legge C. 1461 dà facoltà all'Autorità di avvalersi di tutte le banche dati pubbliche o private esistenti, incluse quelle fiscali.
I provvedimenti adottati dall'autorità devono essere motivati e sono resi pubblici e di facile accessibilità mediante pubblicazione nel sito internet dell'Autorità stessa in un'apposita sezione dedicata al conflitto di interessi, nel rispetto della normativa vigente in materia di dati personali (secondo la proposta di legge C. 702).
L'Autorità provvede agli accertamenti circa la completezza e veridicità delle dichiarazioni e può procedere in qualunque momento all'acquisizione d'ufficio di tutti gli elementi utili alla conoscenza degli interessi economici e patrimoniali dei soggetti obbligati alla dichiarazione (secondo la proposta di legge C. 1461).
In base alla proposta di legge C. 702 l'Autorità procede agli accertamenti entro i 30 giorni successivi alla trasmissione della dichiarazione e può chiedere chiarimenti o informazioni integrative al dichiarante, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio.
L'Autorità può avvalersi, nell'attività di accertamento, dell'ausilio della Guardia di Finanza e degli altri Corpi di polizia dello Stato (secondo la proposta di legge C. 1461).Pag. 20
La proposta di legge C. 702 (all'articolo 5, comma 10) prevede che, qualora le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale non siano presentate o risultino incomplete o non veritiere, ne informa immediatamente gli interessati e in ogni caso il titolare della carica di governo nazionale perché provvedano entro 20 giorni all'integrazione o alla correzione delle dichiarazioni. Trascorso inutilmente tale termine o permanendo comunque dichiarazioni incomplete o non veritiere, l'Autorità procede all'acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili avvalendosi, anche in questo caso, ove occorra, del Corpo della Guardia di Finanza, sulla base di apposito protocollo d'intesa, che stabilisca modalità di avvalimento e rimborso degli oneri per il Corpo.
Nel caso in cui le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale siano rese successivamente alla scadenza del termine fissato per l'integrazione o la correzione delle stesse, ma non oltre 30 giorni da tale scadenza, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro.
L'Autorità informa contestualmente il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle Camere e, comunque, ove ne sussistano gli estremi, la competente autorità giudiziaria.
Le proposte di legge prevedono altresì il potere sanzionatorio in capo all'Autorità in caso di mancata trasmissione, ovvero nell'ipotesi in cui sia accertata l'incompletezza o la non veridicità delle dichiarazioni trasmesse.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 6, comma 10) prevede in entrambi i casi, salvo che il fatto costituisca più grave reato, l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 250.000 euro.
In generale, la proposta di legge C. 1461 (all'articolo 8, comma 10) prevede che per le sanzioni amministrative pecuniarie si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge n. 689 del 1981, e in particolare quelle del Capo I (articoli da 1 a 43) relative alle sanzioni amministrative.
La proposta di legge C. 702 (all'articolo 5, comma 11) diversifica la sanzione tra le due fattispecie:
nel caso in cui le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale non siano presentate decorsi 30 giorni dal termine fissato dall'Autorità per l'integrazione o la correzione delle stesse, si applicano le sanzioni penali di cui all'articolo 328, secondo comma del codice penale (già richiamate dalla legge n. 215 del 2004) relative al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio, che non compia un atto del suo ufficio entro 30 giorni dalla richiesta. Tale reato è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032;
nel caso in cui le dichiarazioni risultino non veritiere o incomplete si applicano le disposizioni dell'ordinamento previste per le dichiarazioni mendaci, richiamate dal testo unico sulla documentazione amministrativa (ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000).
La medesima proposta di legge C. 702 (all'articolo 5, comma 12) prevede che l'Autorità proceda ad accertamenti e verifiche, con gli stessi poteri sopra ricordati, anche nel caso in cui – entro cinque anni dalla fine del mandato di governo – emergano elementi che rendano necessarie correzioni, integrazioni o verifiche delle dichiarazioni precedentemente rese nonché nel caso in cui emergano violazioni degli obblighi dichiarativi.
Le proposte disciplinano altresì i criteri di pubblicità delle dichiarazioni rese, da effettuare mediante pubblicazione sul sito internet dell'Autorità in apposita sezione dedicata al conflitto di interessi. La proposta di legge C. 702 specifica che le dichiarazioni dei parenti e dei conviventi sono pubblicate previo consenso e che in caso di negazione del consenso o di mancata presentazione della dichiarazione ne deve essere data notizia sul medesimo internet.Pag. 21
La proposta di legge C. 1461 prevede inoltre (all'articolo 12) l'irrogazione da parte dell'Autorità di sanzioni alle imprese qualora sia conseguito un vantaggio – anche non patrimoniale – alle imprese controllate dal titolare della carica, dal coniuge o dai parenti o affini entro il secondo grado. È stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro e, qualora l'impresa svolga la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione dello Stato, l'Autorità può disporre la decadenza dell'atto di concessione o di altro atto di assenso cui è subordinato l'esercizio della relativa attività economica.
Entrambe le proposte di legge prevedono, sebbene con procedure differenti, sia un generale obbligo di astensione che grava sull'interessato, sia un potere di controllo da parte dell'autorità di vigilanza.
La proposta di legge C. 702 (all'articolo 7, comma 1) conferisce all'Autorità antitrust il potere di individuare e comunicare ai titolari di cariche di governo nazionale, dopo l'esame delle dichiarazioni dell'interessato, i casi specifici di obbligo di astensione, fermi restando (secondo l'articolo 7, comma 4) i princìpi generali di astensione di cui all'articolo 4. In particolare, il titolare di cariche di governo deve astenersi dal partecipare a decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni quando questi:
pur destinati alla generalità o ad intere categorie di soggetti, siano tali da produrre nel suo patrimonio o nel patrimonio dei suoi familiari o congiunti un «vantaggio economicamente rilevante e differenziato, ancorché non esclusivo», rispetto a quello della generalità dei destinatari (ai sensi dell'articolo 7, comma 1);
siano destinati a ristrette categorie di soggetti nelle quali egli stesso rientri e tali da produrre nel suo patrimonio o in quello dei suoi familiari o congiunti un vantaggio economicamente rilevante (ai sensi dell'articolo 7, comma 2).
Viene comunque fatta salva la facoltà per l'Autorità di imporre le misure per la prevenzione del conflitto di interessi previste dall'articolo 9. A decorrere dall'applicazione di tali misure non sussiste più l'obbligo di astensione.
L'obbligo di astensione investe ogni attività del Consiglio dei ministri relativa alla deliberazione. Della mancata partecipazione al Consiglio dei ministri è data comunicazione all'Autorità, che provvede alla pubblicazione della notizia nella sezione dedicata al conflitto di interessi del proprio sito internet (ai sensi dell'articolo 7, comma 3).
I commi 5 e 6 dell'articolo 7 della proposta di legge C. 702 prevedono la possibilità per il titolare di cariche di governo, prima nell'adozione di una decisione o nella partecipazione a una deliberazione, di richiedere all'Autorità una pronuncia sulla sussistenza, in quel caso specifico, dell'obbligo di astensione. L'Autorità deve pronunciarsi entro cinque giorni (in pendenza della pronuncia l'interessato è comunque tenuto ad astenersi, secondo il comma 6).
Il comma 7 dell'articolo 7 prevede che le deliberazioni dell'Autorità di controllo sugli obblighi di astensione siano comunicate ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri, perché ne informi il Consiglio dei ministri. In caso di astensione il Presidente del Consiglio sottopone l'atto al Consiglio dei ministri, esercitando il potere – previsto dalla legge – di sospensione e l'adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei ministri nella riunione immediatamente successiva, come previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera c), della legge n. 400 del 1988, (ai sensi dell'articolo 7, comma 8 della proposta di legge C. 702).
Il comma 9 del medesimo articolo 7 prevede che l'obbligo di astensione non operi in caso di adozione di «atti dovuti».
In caso di violazione dell'obbligo di astensione di cui sopra e qualora l'interessato consegua, in virtù della mancata astensione, un vantaggio economico, l'Autorità applica la sanzione amministrativa non inferiore al doppio e non superiore al Pag. 22quadruplo del vantaggio patrimoniale conseguito dall'interessato (secondo l'articolo 7, comma 10).
Inoltre, il Consiglio dei ministri (in base all'articolo 7, comma 11) può revocare l'atto compiuto in violazione dell'obbligo di astensione, oppure procedere all'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, dell'atto amministrativo illegittimo, previo parere del Consiglio di Stato (ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988). Tuttavia, qualora il Consiglio dei ministri ravvisi ragioni di interesse generale può convalidare gli atti individuali posti in essere in violazione del dovere di astensione entro 30 giorni dalla data della comunicazione della violazione dell'obbligo di astensione al Presidente del Consiglio da parte dell'Autorità. In mancanza di convalida, l'atto cessa di produrre effetti e i termini per le impugnative e i ricorsi previsti dalla legislazione vigente decorrono dalla scadenza dei 30 giorni dalla comunicazione.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 7, comma 1) dispone che i titolari delle cariche di governo nazionali, regionali e locali e i componenti delle autorità amministrative indipendenti che versino in una situazione di conflitto di interessi hanno l'obbligo di astenersi dal partecipare a qualsiasi decisione che riguardi l'interesse in conflitto, incluse le attività preparatorie e consequenziali e ogni attività comunque «coessenziale alle funzioni di governo».
Il medesimo articolo 7 della proposta di legge C. 1461 attribuisce inoltre all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un potere di «verifica e controllo» sull'azione del titolare delle cariche di governo, al fine di accertare il rispetto dell'obbligo di astensione.
L'Autorità, nel caso in cui accerti la sussistenza delle situazioni di conflitto di interessi, invita l'interessato ad astenersi dai relativi atti e a rimuovere, entro dieci giorni, la situazione di conflitto. Agli atti compiuti è comminata la nullità, che si estende anche alle deliberazioni degli organi collegiali, nonché alle attività preparatorie e consequenziali e ad ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo.
Nel caso di inottemperanza all'invito di astensione e di rimozione del conflitto effettuato da parte dell'Autorità o all'obbligo di astensione, l'Autorità medesima applica al titolare della carica una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a di 500.000 euro. Inoltre, la notizia relativa alle sanzioni applicate sono pubblicate, su disposizione dell'Autorità e a spese dell'interessato, su almeno tre quotidiani a diffusione nazionale e sia divulgata in apposito spazio informativo inserito nel corso dei notiziari delle emittenti radiotelevisive pubbliche nelle fasce di massimo ascolto.
Le proposte di legge recano anche disposizioni in materia di incompatibilità, con un diverso ambito soggettivo di riferimento.
La proposta di legge C. 702 prevede l'incompatibilità con riferimento ai titolari di cariche di governo nazionali e ai membri delle autorità indipendenti; estende inoltre l'applicazione dell'incompatibilità ai titolari di cariche di governo regionali, sulla base di una disciplina che dovrà essere decisa dalle regioni medesime entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge sulla base dei princìpi generali stabiliti dalla stessa legge.
La proposta di legge C. 1461 estende l'ambito soggettivo di applicazione anche ai titolari di cariche di governo locali.
Rammenta, in merito all'applicabilità della disciplina delle incompatibilità ai titolari di cariche di governo regionali, che l'articolo 122 della Costituzione rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei Presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre che dei consiglieri regionali) nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
L'articolo 14 della proposta di legge C. 1461 prevede che le regioni e le province autonome disciplinino le incompatibilità e i conflitti di interesse dei presidenti e degli assessori regionali uniformandosi ai princìpi generali desumibili dalla legge.Pag. 23
La proposta di legge C. 702 (all'articolo 6) prevede l'incompatibilità tra la titolarità di cariche di governo statali e:
qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta, fatta eccezione per il mandato parlamentare;
qualunque impiego pubblico o privato (in base al comma 7 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa, senza pregiudizio della posizione di carriera);
attività professionali o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, comprese consulenze e arbitrati, anche non retribuite (in base al comma 8 i titolari di cariche di governo iscritti in albi o elenchi professionali sono sospesi dai relativi albi professionali per la durata della carica);
attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie;
cariche di qualunque tipo presso imprese o società pubbliche o private (comprese le cooperative), in fondazioni o in enti di diritto pubblico, anche economici, ad eccezione di quelli ricoperti in ragione della funzione di governo svolta.
L'incompatibilità vale per la durata dell'incarico e, limitatamente all'attività di impresa, a incarichi presso imprese private e imprese o enti pubblici o sottoposti a controllo pubblico, per l'anno successivo alla cessazione dell'incarico di governo. Il divieto non è però automatico, in quanto l'Autorità antitrust è tenuta a valutare la connessione dell'attività svolta dall'interessato con la sua precedente carica di governo e se accerta l'insussistenza di conflitti di interesse rilascia un'apposita autorizzazione. È prevista l'applicazione del silenzio-assenso: qualora l'Autorità non si pronunci entro 15 giorni, l'autorizzazione si intende rilasciata (comma 5).
In caso di violazione del divieto l'Autorità applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro corrispondente al doppio del vantaggio economico ottenuto dall'impiego o dall'attività professionale o imprenditoriale o dalla funzione vietati (comma 6).
L'incompatibilità sussiste anche in caso di attività e incarichi all'estero (comma 2), mentre, in base al comma 3, non vi è incompatibilità se l'imprenditore individuale accede a una delle misure per la prevenzione dei conflitti di interessi.
Ai fini dell'identificazione dell'amministratore di fatto si applica la disciplina civilistica (comma 4).
A tale ultimo riguardo ricorda che l'articolo 2639 del codice civile prevede che per i reati societari, quali ad esempio aggiotaggio, insider trading, false comunicazioni sociali, di cui al titolo XI del medesimo codice, «al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. Fuori dei casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, le disposizioni sanzionatorie relative agli amministratori si applicano anche a coloro che sono legalmente incaricati dall'autorità giudiziaria o dall'autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi».
Ai sensi del comma 9 dell'articolo 6 della proposta di legge C. 1461, dopo l'assunzione di una delle cariche di governo nazionale, i titolari possono percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da atti regolamentari o determinati o determinabili in base a criteri che siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti, recante data certa precedente l'assunzione della carica pubblica. In caso di accertamento della violazione, l'Autorità applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro corrispondente al doppio del Pag. 24vantaggio economico ottenuto dall'impiego o dall'attività professionale o imprenditoriale o dalla funzione vietati.
L'Autorità accerta, anche tramite proprie verifiche, entro 30 giorni dal ricevimento delle dichiarazioni, le situazioni di incompatibilità e ne dà comunicazione all'interessato, invitandolo a comunicare, entro i 30 giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica di governo e il mantenimento della posizione incompatibile. A decorrere dalla data della comunicazione, il titolare della carica di governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità è soggetto all'obbligo di astensione (comma 10).
Nel caso di mancata opzione si intende che il soggetto abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo (comma 12) e viene data adeguata pubblicità da parte dell'Autorità, sia della comunicazione dell'invito ad optare (comma 11), sia della mancata opzione (comma 13) nella Gazzetta Ufficiale. L'Autorità informa inoltre il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio. Quando l'interessato è il Presidente del Consiglio è informato il Ministro cui spetta la supplenza (comma 14). Tale comunicazione ricorre anche qualora il Presidente del Consiglio abbia trasmesso all'Autorità dichiarazioni non veritiere sul conflitto di interessi (ai sensi dell'articolo 5 comma 10) o sia oggetto di deliberazione relativa all'obbligo di astensione da parte dell'Autorità (ai sensi dell'articolo 7, comma 7).
Per quanto riguarda il quadro normativo vigente in materia, segnala come la disciplina delle incompatibilità è recata dall'articolo 2 della legge n. 215 del 2004, che elenca le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. L'incompatibilità riguarda:
ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione di:
cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo;
mandato parlamentare;
carica di amministratore locale (nei limiti stabiliti dal decreto-legge n. 138 del 2011, che ha posto l'incompatibilità con altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali con popolazione superiore a 15.000 abitanti);
cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, della legge n. 60 del 1953;
cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;
cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti; l'imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile;
l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;
l'esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.
Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.
Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell'incarico di Governo, l'incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d'impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti).
Esistono, inoltre, nell'ordinamento altre disposizioni recanti cause di incompatibilità per i membri del Governo. Si tratta di disposizioni specifiche, ad esempio quelle che istituiscono autorità amministrative Pag. 25indipendenti, introdotte in prevalenza anteriormente all'approvazione della legge n. 215 del 2004, e da questa sostanzialmente assorbite.
Rammenta altresì una serie di incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013 (di attuazione della cosiddetta «legge anticorruzione») tra cui quelle tra membri di Governo e:
titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (articolo 11, comma 1);
titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (articolo 12, comma 2);
presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (articolo 13, comma 1);
direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (articolo 14, comma 1).
Ai sensi del decreto legislativo n. 235 del 2012 (anch'esso attuativo della legge anticorruzione) non possono inoltre ricoprire incarichi di Governo coloro che sono stati condannati, in via definitiva, a una pena superiore a 2 anni di reclusione per un delitto compreso in una delle seguenti categorie:
delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale (delitti a carattere associativo e delitti di terrorismo);
delitti previsti nel Libro II, Titolo II (Delitti contro la pubblica amministrazione), Capo I (Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del codice penale, composto dagli articoli da 314 a 335-bis;
delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni stabilita in base all'articolo 278 del codice di procedura penale.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 4, comma 1) dispone l'incompatibilità tra le cariche di governo statali, regionali e locali e quelle di presidente e di componente delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione con:
qualsiasi ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva; unica eccezione prevista è la compatibilità tra le cariche di governo statali e la carica di deputato o senatore;
qualsiasi carica o ufficio o funzione in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali e istituzioni degli enti locali o in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e a controllo da parte dello Stato, regioni o enti locali;
qualunque attività professionale o di lavoro autonomo, anche se gratuita, in forma associata o societaria, di consulenza o arbitrale, a favore di soggetti pubblici o privati (in base al comma 5 i titolari iscritti in albi o elenchi professionali sono sospesi di diritto dai tali albi o elenchi per tutta la durata della carica e possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza);
qualsiasi tipo di impiego o di lavoro pubblico o privato ad eccezione per i titolari di cariche di governo in enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti (comma 3): in base al comma 8 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa non retribuita, senza pregiudizio della posizione di carriera).
Sussiste incompatibilità anche per attività svolte per il tramite di interposta persona o attraverso società fiduciarie e per attività svolte all'estero (ai sensi dell'articolo 4, comma 2).Pag. 26
Il divieto di assumere cariche in enti e di svolgere attività professionale o di lavoro autonomo sussiste per tre anni dalla cessazione della carica di governo, con eccezione di attività, cariche o funzioni svolte nel settore esclusivamente privato in ambiti non connessi con la carica rivestita (comma 6). Per i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato l'incompatibilità per i successivi tre anni deve intendersi riferita all'attività professionale svolta da parte della medesima Autorità ai sensi della legge per la tutela della concorrenza e del mercato e del codice del consumo (comma 7).
Viene specificato che restano ferme le cause di incompatibilità previste da altre disposizioni di legge (comma 9).
Per quanto riguarda le conseguenze dell'incompatibilità, la proposta di legge C. 1461 non prevede l'esercizio dell'opzione, ma l'obbligo del titolare di una carica di governo o del componente di autorità amministrativa indipendente di rinunciare agli incarichi e alle funzioni incompatibili con la carica, entro dieci giorni dall'assunzione della medesima. Viene inoltre precisato che da tali incarichi e funzioni non può derivare, per tutta la durata della carica, alcuna forma di retribuzione o di vantaggio per il titolare (articolo 4, comma 4).
Gli articoli 9 e 10 della proposta di legge C. 1461 prevedono due procedimenti distinti per l'accertamento delle cause di incompatibilità cosiddette generali (ossia di quelle tra la carica di governo e altre cariche pubbliche o attività professionali e lavorative di cui all'articolo 4) e di quelle di carattere patrimoniale (ossia quelle derivanti dal possesso di patrimonio immobiliare o mobiliare superiore a 10 milioni o dalla titolarità di una impresa in settori rilevanti di cui all'articolo 5).
In entrambi i casi, l'Autorità procede all'accertamento d'ufficio entro 30 giorni dalla scadenza delle dichiarazioni rese dai titolari di cariche di governo ai sensi dell'articolo 6.
In caso di accertata incompatibilità, l'Autorità ne dà comunicazione immediatamente all'interessato, che entro 10 giorni deve provvedere a eliminare la causa di incompatibilità.
A questo punto il procedimento si differenzia: nel caso di incompatibilità cosiddetta generale, il membro del Governo ha 10 giorni di tempo per cessare dall'incarico o attività incompatibile. Nel frattempo tutti i suoi atti, anche quelli adottati in via collegiale (ad esempio quelli del Consiglio dei ministri) sono nulli.
Per quanto riguarda invece le incompatibilità patrimoniali l'interessato può optare tra il mantenimento della carica di Governo (che comporta il conferimento del patrimonio ad una società fiduciaria ai sensi dell'articolo 11) o il mantenimento dell'incompatibilità (in questo caso tutti gli atti anche presi in organismi collegiali sono nulli). Nel caso invece di opzione per la carica di Governo, l'autorità assegna all'interessato un periodo di tempo per il conferimento del patrimonio.
In questa fase il procedimento torna comune per le due fattispecie, sia in caso di mancato conferimento del patrimonio, sia in caso di mancata cessazione dell'attività incompatibile l'Autorità:
applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 mila a 1 milione di euro;
dispone che la pubblicazione della notizia della sanzione sia pubblicata, a spese dell'interessato, sul almeno tre quotidiani a diffusione nazionale e sia diffusa nelle emittenti radio tv pubbliche;
comunica la mancata rimozione delle cause di incompatibilità al Presidente del consiglio, al Ministro dell'interno e ai Presidenti delle Camere (quest'ultimi a loro volta provvedono a darne comunicazione alle rispettive Assemblee e al Presidente della Repubblica).
Il procedimento si conclude con la decadenza di diritto dell'interessato dall'incarico di governo con l'emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, o, Pag. 27se la decadenza riguardi quest'ultimo, del Ministro dell'interno.
Le proposte recano anche una specifica disciplina delle situazioni patrimoniali di particolare rilievo dell'interessato.
La proposta di legge C. 1461 fa discendere dalla situazione patrimoniale dell'interessato una specifica forma di incompatibilità, mentre la proposta di legge C. 702 tratta la questione in termini di conflitto di interessi.
In particolare, secondo la proposta di legge C. 702, una volta esaminate le dichiarazioni del titolare e degli altri soggetti indicati dalla legge, l'Autorità procede in base alle previsioni relative al conflitto di interesse patrimoniale, qualora il titolare della carica di Governo nazionale possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciarie, partecipazioni rilevanti in determinati settori (difesa; credito; imprese di rilevanza nazionale nei settori dell'energia, delle comunicazioni, dell'editoria, della raccolta pubblicitaria, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale o dei servizi erogati in concessione o autorizzazione) o quando, per la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di Governo nazionale nel medesimo settore di mercato, si rilevi che essi siano tali da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza (ai sensi dell'articolo 8, comma 1).
Le partecipazioni rilevanti che concretano un conflitto di interessi sono individuate in quelle superiori al 2 per cento del capitale sociale (nel caso di società quotate) o al 10 per cento negli altri casi, o altre inferiori che pur tuttavia assicurino il controllo o la partecipazione al controllo (inclusi accordi contrattuali e vincoli statutari).
In tali casi l'Autorità, sentite, se del caso, le competenti autorità di settore, sottopone al titolare della carica di Governo nazionale, entro 30 giorni dal ricevimento delle dichiarazioni, una proposta di applicazione delle misure tipiche per la prevenzione del conflitto, disciplinate dall'articolo 9, ossia contratto di gestione fiduciaria; vendita dei beni e delle attività patrimoniali rilevanti (ai sensi dell'articolo 8, comma 3).
L'interessato, entro 15 giorni dal ricevimento della proposta può sottoporre all'Autorità osservazioni e rilievi o proporre misure alternative. L'Autorità le esamina e se del caso le può accogliere anche con eventuali integrazioni. In ogni caso l'Autorità decide, con provvedimento motivato, entro 90 giorni (secondo l'articolo 8, comma 4).
Con la finalità di prevenire i conflitti di interessi, dunque, l'Autorità può disporre, qualora risulti inadeguata la previsione di obblighi di astensione, che i beni e le attività patrimoniali rilevanti siano affidati, entro il termine da essa stabilito, a una gestione fiduciaria (in base all'articolo 9, comma 1).
Essa ha luogo con la sottoscrizione di un contratto di gestione (secondo l'articolo 9, comma 2) con un gestore, scelto dall'Autorità, tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare sulla base di un elenco di gestori istituito dall'Autorità, tenendo conto dei requisiti stabiliti. L'autorità sceglie il gestore sentito l'interessato e, se lo ritiene opportuno, la CONSOB, la Banca d'Italia o la competente autorità di settore. Il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni immobiliari e mobiliari affidati in gestione.
Durante la gestione, il gestore non può in alcun modo comunicare al titolare della carica di governo, neanche per interposta persona, la natura e l'entità dei singoli investimenti e disinvestimenti, né consultarlo in ordine alla gestione, pena una sanzione amministrativa pecuniaria comminata dall'Autorità (ai sensi dell'articolo 9, comma 8), che vigila sull'osservanza sull'effettiva separazione della gestione e sulle prescrizioni della legge (secondo l'articolo 9, comma 9).
Il titolare della carica di governo ha diritto di conoscere, tramite l'Autorità, ogni 90 giorni, il valore complessivo del patrimonio amministrato e di ricevere ogni 6 mesi, su richiesta, una quota del Pag. 28rendimento di gestione. Nel caso in cui ritenga non soddisfacente il risultato complessivo della gestione può chiedere la sostituzione del gestore all'Autorità (ai sensi dell'articolo 9, comma 5).
Il gestore è tenuto ad amministrare i beni conferiti con diligenza. Entro 30 giorni dalla cessazione dalla carica di governo il gestore presenta un dettagliato rendiconto contabile della gestione (ai sensi dell'articolo 9, comma 7).
Qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, l'Autorità può disporre che il titolare della carica di governo proceda alla vendita dei beni e delle attività patrimoniali rilevanti, fissando un termine massimo entro il quale la vendita deve essere completata. Entro tale termine, il titolare della carica di governo può tuttavia comunicare all'Autorità che non intende procedere alla vendita. In tal caso, il titolare della carica di governo, in alternativa:
opta per le dimissioni dall'incarico;
conferisce, in favore dell'Autorità o del gestore, un mandato irrevocabile a vendere i beni e le attività patrimoniali rilevanti.
Ove il mandato sia stato conferito all'Autorità, quest'ultima provvede tramite pubblico incanto, offerta pubblica di vendita o altre modalità idonee ad assicurare il buon risultato della vendita.
Se entro il termine il titolare della carica di governo non ha proceduto alla vendita né ha conferito mandato a vendere alla Autorità o al gestore, il testo prevede che si intende che abbia optato per le dimissioni dalla carica di governo e la vendita non ha luogo (secondo l'articolo 9, comma 10).
Sono, naturalmente, esclusi i beni destinati alla fruizione e al godimento personale dell'interessato e dei suoi familiari (in base all'articolo 10, comma 11).
Una norma di chiusura prevede che, al di fuori delle cause di incompatibilità di cui all'articolo 6, qualora l'impresa facente capo al titolare della carica di governo nazionale (o ai parenti entro il secondo grado o al coniuge non separato o alla persona stabilmente convivente non a scopo domestico) o le imprese o le società da essi controllate, pongano in essere comportamenti discrezionali diretti a trarre vantaggio da atti adottati in conflitto di interessi, l'Autorità, ove ricorrano le condizioni per l'applicazione delle disposizioni relative alla gestione fiduciaria e alla vendita, diffidi l'impresa dal proseguire qualsiasi comportamento diretto ad avvalersi dell'atto, dall'adottarne di nuovi ovvero a porre in essere azioni idonee a far cessare la violazione o, se possibile, misure correttive (in base all'articolo 9, comma 12).
In caso di inottemperanza alla diffida, l'Autorità applica nei confronti dell'impresa una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio patrimoniale conseguito (ai sensi dell'articolo 9, comma 13).
Come accennato, la proposta di legge C. 1461 (all'articolo 5) prevede una particolare forma di incompatibilità derivante dalla situazione patrimoniale.
Si dispone, infatti, che le cariche di governo statali, regionali e locali, e quelle di componenti delle Autorità amministrative indipendenti sono incompatibili con la proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di:
imprese che svolgono la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali;
imprese titolari di diritti esclusivi o che operano in regime di monopolio;
imprese che operino nei settori della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet;
altre imprese di interesse nazionale.
L'incompatibilità opera anche nel caso in cui le predette situazioni patrimoniali siano riferibili, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, al coniuge o ai parenti o affini entro il Pag. 29secondo grado o a persone stabilmente conviventi, con l'eccezione del lavoro domestico, con il titolare delle cariche (ai sensi dell'articolo 5, comma 1).
Ai fini della determinazione del patrimonio, non sono computate le diminuzioni patrimoniali conseguenti ad atti di disposizione, anche indiretti, compiuti, a titolo oneroso o gratuito, nei 18 mesi precedenti l'assunzione della carica da parte del titolare della carica medesima nei confronti del coniuge o dei parenti o affini entro il secondo grado o di persone stabilmente conviventi, con l'eccezione del lavoro domestico (secondo l'articolo 5, comma 2).
I titolari della carica di governo possono optare tra il mantenimento della carica di governo con il ricorso all'istituto del mandato fiduciario e il mantenimento della posizione incompatibile (ai sensi dell'articolo 5, comma 3).
Inoltre, il titolare di cariche di governo e i suoi congiunti non possono essere aggiudicatari di contratti pubblici di rilevanza europea in ambiti rientranti nel settore di competenza della carica rivestita o in ambiti connessi (secondo l'articolo 5, comma 4).
In caso di violazione tali contratti sono nulli, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti (in base all'articolo 5, comma 5).
In caso di incompatibilità derivanti da attività patrimoniali, la proposta di legge C. 1461 prevede l'obbligo del conferimento del patrimonio ad un'unica società fiduciaria autorizzata ad operare con decreto del Ministro dello sviluppo economico e vigilate dal medesimo, mediante mandato fiduciario senza rappresentanza, secondo quanto disciplinato dall'articolo 11.
La relazione illustrativa individua le ragioni della scelta relativa all'utilizzo dello strumento giuridico del mandato fiduciario rispetto al trust in particolare nei seguenti elementi: a) viene utilizzato uno strumento giuridico disciplinato nel diritto italiano, rispetto ad uno strumento, quale il trust, disciplinato solo da leggi estere; b) la separazione dei beni che si attua con il mandato fiduciario non richiede alcun passaggio della proprietà in capo alla società fiduciaria, a differenza del trust, così eliminando problematiche di carattere tributario; c) l'attività fiduciaria può essere esercitata in Italia esclusivamente da società in possesso di una specifica autorizzazione ministeriale.
Viene stabilito che il mandato fiduciario deve prevedere l'obbligo di alienazione o di trasformazione dei beni, da attuare a cura della società fiduciaria nei termini e alle condizioni stabiliti dagli esperti di cui il comma 2 prevede la nomina.
Sono previsti requisiti e obblighi relativamente alla società fiduciaria e all'attività degli esperti (ai commi da 4 a 8). In particolare, la società fiduciaria non può essere una società partecipata o amministrata anche nei 10 anni precedenti dal titolare della carica di governo, anche per interposta persona, o da un congiunto, né avere avuto con esso rapporti contrattuali o finanziari (comma 4). Tali limiti valgono anche per gli esperti (comma 5).
Inoltre, società ed esperti:
hanno l'obbligo di riservatezza;
devono astenersi da qualsiasi operazione che possa configurare un conflitto di interessi;
devono informare l'Autorità circa eventuali tentativi di ingerenza da parte del mandante.
Il mandante ha diritto di conoscere, con cadenza periodica, solo l'ammontare quantitativo dei beni conferiti e l'andamento della gestione del patrimonio e i suoi eventuali incrementi o decrementi (comma 9).
Sono quindi attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato compiti di vigilanza sull'attività della società fiduciaria e la facoltà di impartire le istruzioni che ritenga necessarie alle quali la società fiduciaria ha l'obbligo di attenersi (commi 11 e 12).
È stabilita l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro) nel caso in cui la società Pag. 30fiduciaria o gli esperti vengano meno agli obblighi prescritti, ferma restando la possibilità per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato di imporre al conferente di revocare il mandato conferito alla società fiduciaria o agli esperti (ai commi 13 e 14). In tale caso il mandante provvede, entro trenta giorni, alla loro sostituzione con le modalità e nel rispetto di quanto stabilito dalla legge (comma 15).
Riguardo al regime fiscale, la proposta di legge C. 702 (all'articolo 10) prevede l'applicazione dell'aliquota del 26 per cento alle plusvalenze realizzate con eventuali operazioni di dismissione di valori mobiliari eseguite in ottemperanza alle disposizioni del provvedimento in esame.
Per assicurare la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni in gestione fiduciaria, è disposta altresì l'esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento dei beni alla gestione fiduciaria e della successiva restituzione all'interessato.
La proposta di legge C. 1461 dispone l'applicazione del principio della trasparenza fiscale (con la previsione per cui tutti gli oneri tributari relativi alle operazioni compiute sono a carico del mandante) per tutte le operazioni poste in essere dalla società fiduciaria (ai sensi dell'articolo 11, comma 16).
Entrambe le proposte di legge estendono l'applicazione delle disposizioni in materia di conflitti di interesse anche ai componenti (membri e Presidente) delle autorità indipendenti.
Ricorda che, attualmente, in tutte le leggi istitutive delle autorità indipendenti è presente una norma che impone la nomina esclusivamente di candidati dotati di particolari requisiti soggettivi: le formule, pur non essendo identiche, esprimono la comune necessità che a guidare le Autorità vi siano persone che si distinguono per competenza, esperienza, professionalità, moralità e indipendenza. Al contempo, in molte discipline di settore è previsto un regime di incompatibilità per coloro che vengono nominati membri del collegio dell'Autorità. Tale incompatibilità può concernere anche un dato lasso temporale successivo alla scadenza del mandato, onde evitare la cosiddetta «cattura del regolatore da parte del regolato».
Di recente, è stata introdotta una particolare tipologia di incompatibilità successiva per tutte le autorità, finalizzata ad escludere la possibilità, prima ammessa dalle norme di settore, che i componenti di un'autorità indipendente, alla scadenza del mandato, possano essere nominati presso altra autorità. A tale fine l'articolo 22, comma 1, del decreto-legge n. 90 del 2014 stabilisce che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possano essere nuovamente nominati componenti di un'autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni.
Ulteriori incompatibilità sono state introdotte per dirigenti e membri delle autorità di regolazione dei servizi pubblici, nonché di CONSOB, Banca d'Italia e IVASS, in base alle quali, alla cessazione dell'incarico, i componenti degli organi di vertice e i dirigenti non possono intrattenere rapporti con i soggetti regolati per un periodo di due anni.
Per il Garante per la protezione dei dati personali il nuovo codice prevede che, per i due anni successivi alla cessazione dell'incarico ovvero del servizio presso il Garante, sia i componenti sia i dipendenti si astengono dal trattare, per procedimenti dinanzi al Garante, compresa la presentazione per conto di terzi di reclami richieste di parere o di interpelli.
In particolare secondo entrambe le proposte di legge i membri delle autorità indipendenti sono equiparati ai titolari di cariche di governo statali, ai fini dell'applicazione Pag. 31della normativa che si intende introdurre, mentre le due proposte si differenziano per le soluzioni regolative conseguenti.
La proposta di legge C. 702 provvede direttamente, sia individuando nominativamente le autorità interessate dall'estensione della disciplina in materia di conflitti di interesse, sia dettando singole norme di coordinamento delle nuove fattispecie allorché si applichino alle autorità indipendenti (articolo 12).
In particolare, le Autorità interessate sono: l'Autorità di regolazione dei trasporti (2013); l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, 1990); l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM, 1997); l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI, 1995); l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC, ex CIVIT, 2009); la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali (1990); la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP, 1993); la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB, 1974); il Garante per la protezione dei dati personali (1996); l'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni (IVASS, già ISVAP 1982); gli organi di vertice della Banca d'Italia.
Per questi due ultimi enti, IVASS e Banca d'Italia, l'applicazione della disciplina richiede tuttavia l'adozione – entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge – di un decreto del Presidente del Consiglio, previo parere della Banca centrale europea (ai sensi dell'articolo 12, comma 7).
La proposta di legge C. 1461 non reca invece una definizione o un elenco delle autorità ma prevede una delega al Governo per riordinare, coordinare e adattare le disposizioni vigenti in materia di incompatibilità del presidente e dei componenti delle «autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione», in conformità alle nuove disposizioni introdotte.
I commi da 2 a 8 dell'articolo 12 prevedono alcuni adattamenti delle disposizioni sostanziali che disciplinano le situazioni di conflitto contenute nei precedenti articoli, allorché esse riguardino le autorità indipendenti.
Anzitutto, al comma 2, si prevede di trasmettere al presidente dell'autorità le comunicazioni relative a uno dei componenti della medesima autorità, concernenti:
le dichiarazioni incomplete o non veritiere rispetto alle situazioni e ai dati patrimoniali da dichiarare (ai sensi dell'articolo 5, comma 10, lettera c);
l'invito a optare tra il mantenimento della carica e quello della posizione incompatibile (ai sensi dell'articolo 6, comma 11);
l'avviso di mancato esercizio del diritto di opzione (ai sensi dell'articolo 6, comma 13);
la definizione da parte dell'Autorità di controllo delle deliberazioni sugli obblighi di astensione (ai sensi dell'articolo 7, comma 7).
Quando le previste comunicazioni riguardino invece il presidente di un'Autorità deve esserne informato il componente della medesima Autorità abilitato a sostituirlo in caso di assenza o impedimento.
Ai sensi del comma 3, si applicano ai componenti delle autorità indipendenti anche le disposizioni sulle incompatibilità, con la specificazione che l'incompatibilità successiva prevista dall'articolo 5, comma 6, per l'anno successivo alla cessazione dell'incarico, limitatamente all'attività di impresa, a incarichi presso imprese private e imprese o enti pubblici o sottoposti a controllo pubblico, può essere rimossa dall'Autorità antitrust nel caso in cui accerti l'insussistenza di conflitti di interesse «rispetto all'attività di regolazione svolta in qualità di componente di un'autorità indipendente».
Il comma 4 esclude che alle autorità indipendenti si applichi la disposizione che prevede, in caso di astensione, volontaria o prescritta, del titolare della carica di governo da una deliberazione, la sottoposizione, Pag. 32da parte del Presidente del Consiglio, dell'atto al Consiglio dei ministri.
Nel caso in cui il componente dell'autorità abbia partecipato all'adozione di un atto in violazione del dovere di astensione, l'atto potrà essere revocato o annullato da parte della relativa autorità (e non invece dal Consiglio dei ministri, come previsto ai sensi dell'articolo 7, comma 9, della proposta di legge per i titolari di carica di governo nazionale).
Inoltre (ai sensi dell'articolo 7, comma 11) qualora il Consiglio dei ministri ravvisi ragioni di interesse generale può convalidare gli atti individuali posti in essere in violazione del dovere di astensione entro 30 giorni dalla data della comunicazione della violazione dell'obbligo di astensione al Presidente del Consiglio da parte dell'Autorità. In mancanza di convalida, l'atto cessa di produrre effetti e i termini per le impugnative e i ricorsi previsti dalla legislazione vigente decorrono dalla scadenza dei 30 giorni dalla comunicazione.
Un ulteriore adattamento è recato dal comma 5 dell'articolo 12 della proposta di legge C. 702, il quale dispone che per i componenti di un'autorità, il conflitto di interessi patrimoniale si applica in caso di partecipazioni rilevanti in imprese comunque operanti nei settori soggetti alla vigilanza dell'Autorità di appartenenza.
Il comma 6 pone una clausola aperta, di carattere generale, in base alla quale per i componenti delle Autorità indipendenti rimangono ferme le disposizioni vigenti che rechino misure più restrittive rispetto a quelle previste nella proposta di legge in esame.
Per quanto riguarda l'autorità di controllo competente all'applicazione alle autorità indipendenti delle disposizioni in materia di conflitti di interesse, le due proposte in esame offrono soluzioni diverse.
La proposta di legge C. 702 stabilisce che per tutti i titolari di cariche di governo statali, compresi i componenti delle autorità indipendenti, l'autorità di controllo sia unica e individuata nell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Tuttavia, allorché si tratti di verificare e controllare la piena applicazione della legge ai soli membri dell'AGCM, la competenza passa all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), che verrebbe ad operare con i medesimi poteri riconosciuti in via generale dalla medesima legge all'AGCM (secondo l'articolo 12, comma 8).
Ciò significa che AGCM e ANAC sono titolari di poteri di controllo tra loro incrociati.
La proposta di legge C. 1461 prefigura invece una diversa soluzione, affidando i poteri di vigilanza e controllo nei confronti dei componenti di tutte le autorità indipendenti all'ANAC, con le modalità previste in sede di esercizio della delega di cui all'articolo 13, comma 2 (ai sensi dell'articolo 8, comma 2). L'Autorità nazionale anticorruzione, che rientra nel novero delle autorità indipendenti, risulterebbe dunque contemporaneamente soggetto regolato dalle norme sul conflitto di interessi e autorità di vigilanza e controllo sulle medesime.
In base alla proposta di legge C. 702 rimane inoltre ferma la competenza dell'Autorità garante delle comunicazioni, prevista dalla legge n. 215 del 2004 (all'articolo 5, comma 3, e all'articolo 7, che non viene abrogato) relativamente agli obblighi di dichiarazione nelle situazioni attinenti ad editoria e comunicazioni e alle funzioni di vigilanza affinché non sia reso un sostegno privilegiato al titolare di carica di governo, da parte di un'impresa a lui riconducibile operante nel sistema integrato delle comunicazioni.
La proposta di legge C. 1461 dispone invece, all'articolo 16, l'integrale abrogazione della legge n. 215 del 2004, tra cui le citate previsioni che attribuiscono dell'Autorità garante delle comunicazioni le competenze in materia di conflitto di interesse negli ambiti ad essa correlati.
Per quanto concerne il tema dell'ineleggibilità dei membri del Parlamento, la proposta di legge C. 702 (all'articolo 13) apporta modifiche all'articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la Pag. 33elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957.
Con le modifiche introdotte l'ineleggibilità si applica anche a coloro che:
risultino vincolati con lo Stato – in proprio o in qualità di rappresentanti – per «contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di notevole entità economica» (la disposizione vigente riguarda i «contratti di opere o di somministrazioni», senza far riferimento alla rilevanza economica); rimane immutata invece la previsione vigente circa l'ineleggibilità per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 1), del testo unico, come modificato dalla proposta di legge;
abbiano – nei riguardi di un'impresa che svolga attività prevalentemente in regime di autorizzazione o di concessione di notevole entità rilasciata dallo Stato, implicante l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme protettive del pubblico interesse, cui sia sottoposta la concessione o autorizzazione (ai sensi dell'articolo 10, primo comma, nuovo n. 1-bis) del testo unico):
la titolarità di tale impresa;
il controllo (anche indiretto), disponendo della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria (ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile);
l'esercizio di un'influenza dominante, o perché in possesso di voti sufficienti per influenzare l'assemblea ordinaria (ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 2, del codice civile) o tramite altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali (ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 3, del codice civile);
il controllo in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un'influenza determinante sulle attività di un'impresa (ai sensi dell'articolo 7, della legge n. 287 del 1990);
il controllo, nel settore degli emittenti strumenti finanziari, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria che gli consenta di esercitare un'influenza dominante, ovvero, in virtù di accordi con altri soci che lo mettano in grado di disporre da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria (ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 58 del 1998, recante il Testo unico dell'intermediazione finanziaria);
i consulenti legali e gli amministratori che prestino in modo permanente la loro opera ai soggetti sopra indicati (nuovo n. 1-bis);
i dirigenti di cooperative e consorzi di cooperative (è infatti prevista l'abrogazione della loro esclusione dall'ineleggibilità, disposta dall'articolo 10, comma 2, vigente del Testo unico).
Ricorda in proposito che, in base all'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, attualmente non sono eleggibili:
1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;
2) i rappresentanti, gli amministratori e i dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, Pag. 34quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;
3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente la loro opera alle persone, alle società e alle imprese di cui ai numeri 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.
Restano dunque ferme le altre cause di ineleggibilità previste dal medesimo articolo 10 del testo unico e riferite a rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge, nonché ai consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente la loro opera alle persone, società e imprese previste al n. 1 e – alla luce delle modifiche introdotte nel testo – al n. 1-bis, vincolate allo Stato come ivi previsto.
La proposta di legge C. 702 prevede che le cause di ineleggibilità non si applicano:
agli amministratori delle imprese che siano cessati dalla carica prima della presentazione della candidatura;
ai proprietari, agli azionisti di maggioranza o ai detentori di un pacchetto azionario di controllo, sia direttamente sia per interposta persona, i quali – prima della presentazione della candidatura – perfezionino la cessione della proprietà o del pacchetto azionario di controllo «ovvero si adeguino alle prescrizioni dai medesimi richieste all'Autorità».
È altresì previsto il divieto di cessione al coniuge, ai parenti e agli affini entro il secondo grado, a persona convivente non a scopo di lavoro domestico, a società collegata o a persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della disciplina in questione ovvero a società o ad altro ente comunque costituito o utilizzato a tale fine, in Italia o all'estero.
Una norma finale (di cui all'articolo 13, comma 4) riguarda infine coloro che intendono candidarsi, stabilendo che essi, anche prima del decreto di convocazione dei comizi elettorali, possono accedere alla procedura prevista nel caso di conflitto di interessi patrimoniale e in relazione alle misure tipiche per la prevenzione dei conflitti (contratto di gestione fiduciaria; vendita). In caso di elezione, l'Autorità trasmette alla Giunta della Camera competente sulla verifica dei poteri una propria relazione sulle suddette misure.
Sembra in ogni caso doversi intendere che, nel rispetto dell'articolo 66 della Costituzione, resta ferma ogni autonoma valutazione da parte della competente Giunta per le elezioni (e della Camera competente).
In via generale ricorda che l'articolo 51 della Costituzione sancisce il diritto per tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, ponendo una riserva di legge per la determinazione dei requisiti necessari per accedere a tali cariche. Così come gli articoli 65 e 122 della Costituzione recano una riserva di legge, rispettivamente, per la determinazione delle ineleggibilità e delle incompatibilità parlamentari e per la determinazione di princìpi fondamentali anche in tema di ineleggibilità e incompatibilità a livello regionale per le cariche di governo e rappresentative.
La Corte costituzionale ha più volte affermato che l'istituto della ineleggibilità tende a prevenire che il candidato ponga in essere, in ragione della carica ricoperta o delle funzioni svolte, indebite pressioni sugli elettori, alterando la par condicio tra i candidati. Tale funzione distingue l'ineleggibilità dall'incompatibilità che è volta, invece, a evitare il conflitto di interessi nel quale venga a trovarsi il soggetto eletto (sentenza n. 217 del 2006). Posto che «l'eleggibilità è la regola, mentre l'ineleggibilità e l'incompatibilità rappresentano l'eccezione» (sentenza n. 344 del 1993), la Corte ha più volte affermato che limitazioni al diritto di elettorato passivo rientra fra quelli «inviolabili» riconosciuti dall'articolo 2 della Costituzione, per cui la sua restrizione è ammissibile soltanto nei limiti Pag. 35strettamente necessari alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti e secondo le regole della necessità e della ragionevole proporzionalità. Da ciò deriva che le norme che derogano al principio della generalità di tale diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e devono essere applicate nei limiti di quanto sia necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (da ultimo, sentenza n. 257 del 2010).
Per quel che concerne l'ineleggibilità dei consiglieri regionali l'articolo 14 della proposta di legge C. 702 modifica la legge n. 165 del 2004, la quale detta i princìpi generali di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, demandando alle regioni la previsione di una causa di ineleggibilità per i consiglieri regionali che abbiano la titolarità o comunque il controllo, anche in via indiretta, di un'impresa che svolge esclusivamente o prevalentemente la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato o dalla regione, di notevole entità economica.
Con riferimento alle incompatibilità degli organi di governo regionali l'articolo 11 della proposta di legge C. 702 dispone che le regioni disciplinano entro sei mesi dall'entrata in vigore dalla legge le situazioni di conflitto di interessi dei titolari di cariche di governo regionali, uniformandosi ai princìpi dell'ordinamento giuridico della Repubblica previsti per i titolari di cariche di governo nazionali e affidando i poteri di vigilanza, controllo e sanzione all'Autorità antitrust.
Decorso tale termine si applica la legge stessa, fino all'emanazione della normativa regionale. In tal caso i poteri del Presidente e del Consiglio dei ministri in materia di astensione (di cui all'articolo 7, commi 8 e 11) sono esercitati rispettivamente dal presidente della regione e dalla giunta regionale.
Alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano tali previsioni si applicano nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione.
In merito l'articolo 14 della proposta di legge C. 1461 prevede che le regioni e le province autonome disciplinano le incompatibilità e le situazioni di conflitto di interessi dei presidenti e degli assessori regionali, uniformandosi ai princìpi generali introdotti dal provvedimento e ai princìpi fondamentali già vigenti in materia di incompatibilità di cui alla citata legge n. 165 del 2004.
Ricorda, con riferimento alle disposizioni in materia di conflitto di interessi dei presidenti e degli assessori regionali, che l'articolo 122 della Costituzione rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre che dei consiglieri regionali) nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
Rammenta, sotto un diverso profilo, che la Corte costituzionale non ha censurato le disposizioni statali in materia di incandidabilità alla carica di Presidente della regione, in quanto la relativa disciplina è volta a ad «assicurare la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche allo scopo di fronteggiare una situazione di grave emergenza nazionale coinvolgente gli interessi dell'intera collettività» (sentenza n. 352 del 2008).
Come già accennato in precedenza, la proposta di legge C. 1461 reca (all'articolo 13) due deleghe legislative al Governo per disciplinare i conflitti di interessi negli organi di governo degli enti locali e nelle Autorità amministrative indipendenti.
In particolare, una prima delega – da esercitare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge – è finalizzata a conformare le disposizioni del testo unico delle leggi sugli enti locali e della legge n. 56 del 2014, che ha riformato le province e istituito le città metropolitane, alla nuova disciplina del conflitto d'interessi. Con il medesimo decreto si provvede a definire altresì i compiti e le funzioni dell'ANAC nei confronti degli organi di governo locali.Pag. 36
Il relativo decreto è adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata e previo parere del Consiglio di Stato, da rendere nel termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di decreto.
Una seconda delega, contenuta al comma 2 dell'articolo 12, è volta a riordinare, coordinare e adattare le vigenti disposizioni in materia di incompatibilità del presidente e dei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, uniformandole con quanto stabilito nel provvedimento. Anche in questo caso, la delega deve essere esercitata entro 180 giorni e il relativo decreto delegato definisce i compiti dell'ANAC nei confronti dei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
Il comma 3 individua il procedimento per l'esercizio di entrambe le deleghe, prevedendo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e l'obbligo del Governo a motivare il mancato recepimento del parere.
In entrambi i casi la disposizione di delega i princìpi e criteri direttivi sembrerebbero dover essere desunti dalla complessiva riforma della disciplina del conflitto d'interessi.
Come già evidenziato, la proposta di legge C. 702 conferma in via generale la competenza per la «attuazione» delle nuove disposizioni in capo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Contestualmente, la medesima proposta di legge (all'articolo 15) interviene sulla legge istitutiva della stessa AGCM (la legge n. 287 del 1990) con alcune modifiche relative alla composizione e alle modalità di nomina.
In primo luogo, con la novella all'articolo 10, comma 2, della legge n. 287 del 1990, operata dall'articolo 15, la composizione del collegio dell'Autorità è aumentata da tre a cinque componenti (il presidente e quattro membri).
In secondo luogo, sono ridefinite le modalità di nomina dei componenti, che attualmente sono nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
In particolare, in base alle nuove disposizioni, è prevista l'elezione da parte dei due rami del Parlamento: tre componenti eletti dalla Camera e due dal Senato. I cinque eletti procedono poi all'elezione del presidente nella prima riunione.
Il procedimento di elezione è previsto articolato in due fasi: selezione delle candidature e scelta dei componenti.
Ai fini dell'elezione, è previsto che le candidature a componente dell'Autorità, corredate del curriculum professionale, siano depositate presso la Segreteria generale di uno dei due rami del Parlamento, che le trasmette alle competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato.
Tale procedura è stata seguita, in via di prassi, negli ultimi anni per le candidature a componenti dell'autorità.
Le competenti Commissioni parlamentari compilano, a maggioranza ciascuna dei due terzi dei componenti, un elenco di candidati selezionati (12 candidati scelti presso la Camera dei deputati, 8 candidati presso il Senato).
Tale procedura ricalca, in parte, quella per la nomina dei componenti dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
I parlamentari esprimono, nella rispettiva sede, il proprio voto indicando un nominativo, entro tali elenchi. La Camera elegge 3 membri e il Senato 2.
In caso di dimissione, impedimento o morte del componente dell'Autorità, il suo sostituto è scelto (entro un elenco in tal caso di 4 candidature selezionate) dal ramo del Parlamento che ha eletto il dimissionario o deceduto.
Sono eletti i soggetti che abbiano ottenuto il maggior numero di voti, purché non inferiore a un quinto dei componenti alla Camera e a un terzo dei componenti al Senato.
A tale riguardo, ricorda che l'AGCM, nella memoria depositata nel corso dell'esame al Senato nella XVII legislatura dell'analoga proposta di legge A.S. 2258 sottolineò che tale «modalità di nomina dei Pag. 37componenti del collegio, non soltanto non appare necessaria, ma non può che incidere inevitabilmente sull'indipendenza dei componenti del collegio dell'Autorità e del Presidente, la cui nomina verrebbe sostanzialmente affidata alla maggioranza parlamentare (peraltro non qualificata)».
Per quanto concerne i requisiti dei componenti, si conferma che devono essere scelti tra persone di notoria indipendenza e (si aggiunge) di specifica competenza e professionalità, da individuare tra:
professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche;
magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione;
avvocati dello Stato, avvocati e commercialisti dopo quindici anni di esercizio della professione (questa è l'unica nuova categoria di eleggibili esplicitamente ammessa rispetto alla normativa vigente);
altre personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità.
In assenza di modificazioni rispetto a quanto previsto dalla legge istitutiva del 1990, resta fermo che i membri dell'Autorità sono nominati per sette anni e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura. I dipendenti statali sono collocati fuori ruolo per l'intera durata del mandato (ai sensi dell'articolo 10, comma 3, della legge n. 287).
L'articolo 15, comma 2, della proposta di legge C. 702 mantiene in capo all'Autorità il compito di riferire semestralmente al Parlamento sull'attività svolta in materia di conflitto di interessi.
In relazione alle modifiche che investono l'AGCM, per quanto riguarda sia il collegio, sia l'attribuzione dei nuovi compiti, l'articolo 17 della proposta di legge C. 702 prevede alcune disposizioni finanziarie.
Riguardo alla modifica del numero dei componenti dell'Autorità, il testo specifica che ai maggiori oneri si faccia fronte nell'ambito del bilancio dell'Autorità, senza incrementare il contributo a carico dei soggetti vigilati (dovuto ai sensi dell'articolo 10, comma 7-ter, della legge n. 287 del 1990).
La medesima disposizione vale per l'incremento di organico dell'Autorità, che la proposta di legge autorizza fino ad un massimo di 10 unità (all'articolo 17, comma 1). Si prevede inoltre che tale personale aggiuntivo è reclutato in posizione di comando tra i dipendenti di pubbliche amministrazioni, previa procedura selettiva pubblica sulla scorta di appositi bandi.
Il comma 3 del medesimo articolo 17 stima gli effetti finanziari, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dall'aumento dei membri dell'AGCM e del relativo personale dipendente in 500.000 euro annui, a decorrere dal 2017 e reca la correlativa copertura mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.
La proposta di legge C. 1461 (all'articolo 8, comma 11) autorizza l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità nazionale anticorruzione a rideterminare le proprie dotazioni organiche nel limite massimo di 10 unità di personale ciascuna.
L'articolo 15 della proposta di legge provvede alla copertura finanziaria dell'onere derivante dall'ampliamento della dotazione organica delle due autorità – valutato in 800.000 euro annui a decorrere dal 2019 – attraverso una corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma « Fondi di riserva e speciali « della missione « Fondi da ripartire « dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle Pag. 38finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Per i profili attinenti al contenzioso, la proposta di legge C. 1461 (all'articolo 8, comma 9) attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le impugnazioni degli atti di accertamento e dei provvedimenti dell'AGCM, in continuità con quanto già attualmente previsto dal codice del processo amministrativo (di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010).
Ricorda, infatti, che in base all'articolo 133 del codice del processo amministrativo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori, adottati dalla Banca d'Italia e dalle autorità amministrative indipendenti. Inoltre, in base all'articolo 135, comma 1, del Codice del processo amministrativo, gli atti dell'AGCM e dell'AGCOM sono attribuiti alla competenza funzionale inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma.
Non rientra nel novero delle Autorità richiamate il Garante per la protezione dei dati personali, in quanto l'articolo 152 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 dispone che tutte le controversie riguardanti l'applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, nonché il diritto al risarcimento del danno, sono attribuite all'autorità giudiziaria ordinaria.
Diversamente, la proposta di legge C. 702 (all'articolo 16) attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario la cognizione dei ricorsi, anche in via d'urgenza, e delle impugnazioni avverso gli atti adottati e le sanzioni applicati dall'AGCM.
In particolare, tali controversie sono devolute alla Corte di appello nel cui distretto ha sede l'organo o l'ufficio a cui si riferisce la carica pubblica. Il collegio è presieduto dal presidente della Corte di appello e al giudizio partecipa il pubblico ministero.
A tali controversie dovrà applicarsi il rito sommario di cognizione.
Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento dell'Autorità. I termini per la notifica del ricorso e la costituzione delle parti sono perentori.
Le decisioni della Corte d'appello sono ricorribili (legittimati all'azione sono il soggetto interessato e il procuratore generale presso la corte d'appello) in Cassazione entro quindici giorni dalla comunicazione.
In merito al procedimento di secondo grado, si prevede che:
il Presidente della Corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione;
tutti i termini del procedimento sono ridotti alla metà;
la sentenza è immediatamente pubblicata e di essa è data notizia nella Gazzetta Ufficiale.
Per quanto concerne le disposizioni finali, l'articolo 18 della proposta di legge C. 702 e l'articolo 16 della proposta di legge C. 1461 individuano le norme vigenti di cui si dispone l'abrogazione in conseguenza alla disciplina recata dal provvedimento.
In particolare, la proposta di legge C. 702 sostituisce la vigente normativa di cui alla legge n. 215 del 2004, che viene contestualmente abrogata, ad eccezione delle seguenti disposizioni della medesima legge n. 215 (ai sensi dell'articolo 18, comma 1):
l'articolo 6, commi 4, 5 e 7; si tratta, rispettivamente, delle disposizioni che prevedono, in relazione alle funzioni svolte dall'AGCM: l'obbligo di denunzia alla competente autorità giudiziaria quando i fatti abbiano rilievo penale; la procedibilità d'ufficio per le verifiche di sua competenza, valutate preventivamente e specificatamente le condizioni di proponibilità ed ammissibilità della questione; la garanzia della partecipazione procedimentale dell'interessato ai sensi della legge n. 241 del 1990 nello svolgimento del procedimento che accerta la sussistenza di una causa di incompatibilità; Pag. 39
l'articolo 7, relativo alle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di conflitti di interessi; la medesima disposizione viene contestualmente modificata dal comma 2 dell'articolo 18;
l'articolo 9, relativo al potenziamento dell'organico delle Autorità garanti per le comunicazioni e della concorrenza in ragione delle funzioni in materia di conflitti di interessi.
Al contempo, la proposta di legge C. 702 introduce alcune modifiche all'articolo 7 della legge n. 215 del 2004, che disciplina il ruolo dell'AGCOM in materia di conflitto di interessi. In primo luogo, con una novella al comma 1, viene specificato che i compiti di vigilanza, di accertamento e sanzionatori svolti dall'AGCOM sono indirizzati ai comportamenti delle imprese, qualora operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni, che facciano capo, (oltre che al titolare di cariche di governo) al coniuge non legalmente separato (mentre la norma attualmente stabilisce il coniuge tout court) e si aggiunge anche alla persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico.
In secondo luogo, è introdotto al medesimo articolo 7 un comma 1-bis, ai sensi del quale, ai fini del controllo previsto sulle società di cui al comma 1, ora richiamato, l'Autorità antitrust è tenuta a trasmettere all'AGCOM le dichiarazioni ricevute dai titolari di cariche di governo e dagli altri soggetti menzionati al comma 1.
L'articolo 16 della proposta di legge C. 1461 prevede invece, come già accennato in precedenza, l'abrogazione integrale della legge vigente sul conflitto di interessi (la citata legge n. 215 del 2004), mentre l'articolo 17 dispone in ordine all'entrata in vigore del provvedimento.
Emanuele FIANO (PD) si chiede cosa abbia inteso il Presidente, nella sua veste di relatore del provvedimento, laddove, nel suo intervento introduttivo, ha fatto riferimento all'esigenza di un lavoro svolto in assenza di interferenze.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, precisa che nel passaggio del suo intervento richiamato dal deputato Fiano intendeva far riferimento all'esigenza che la Commissione lavori al fine di elaborare un intervento legislativo capace di assicurare che l'azione politica sia condotta senza pregiudizi e interferenze da parte di interessi, pubblici o privati, anche non economici. Fa presente che non intendeva di certo riferirsi al lavoro della Commissione sulle proposte di legge, che auspica possa svolgersi in un clima di confronto sereno ed aperto.
Francesco Paolo SISTO (FI) esprime la preoccupazione che l'intenzione di procedere in modo spedito, che in linea di principio può essere condivisibile laddove vi sia la determinazione a pervenire all'approvazione del provvedimento, possa tuttavia tradursi in una compressione del dibattito parlamentare e delle prerogative delle opposizioni. Osserva come il tema del conflitto di interessi sia centrale sotto il profilo costituzionale e democratico e come pertanto sia auspicabile un confronto ampio e approfondito al fine di pervenire alla definizione di un testo il più possibile condiviso.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, assicura come non vi sia da parte della Presidenza alcuna intenzione di comprimere il dibattito e condivide l'auspicio di un confronto approfondito e di un percorso ampiamente condiviso.
Anna MACINA (M5S), nel manifestare l'opportunità di svolgere un articolato ciclo di audizioni, fa presente che non vi è alcuna volontà della maggioranza di comprimere il dibattito, auspicando piuttosto un confronto aperto, proficuo e approfondito sul tema, in vista di una regolamentazione efficace della materia.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, fa presente che saranno assicurate modalità di esame tali da garantire un aperto confronto tra i gruppi.
Pag. 40Emanuele FIANO (PD) chiede delucidazioni circa le modalità di svolgimento dell'attività conoscitiva che la Commissione avvierà sull'argomento, in particolare domandando se già stato fissato un termine entro il quale i gruppi debbano far pervenire le loro indicazioni circa i soggetti da audire.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, fa presente che le modalità di prosecuzione dell’iter, nonché le decisioni circa il ciclo di audizioni da svolgere ai fini dell'esame dei provvedimenti saranno precisati in seno all'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione. Ritiene comunque che i gruppi potrebbero far pervenire le loro indicazioni circa i soggetti da audire entro la prossima settimana.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica.
C. 1511 cost. Bruno Bossio, C. 1647 cost. Ceccanti e C. 1826 cost. Brescia.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della petizione n. 311, limitatamente alla parte relativa alla modifica dell'articolo 58, e della petizione n. 341).
La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 14 maggio 2019.
Giuseppe BRESCIA, presidente, informa che sono state assegnate alla Commissione la petizione n. 311, a firma Ettore Maria Bartolucci, da Pesaro, relativa alla modifica degli articoli 58 e 66 della Costituzione, la quale verte in parte sulla materia affrontata dalle proposte di legge costituzionale C. 1511, C. 1647 e C. 1826 in esame, nonché la petizione n. 341, a firma Luca Nascimbene, da Casteggio (Pavia), relativa all'abbassamento a 20 e a 25 anni dei limiti di età per essere eletti rispettivamente deputati e senatori, vertente anch'essa sulla materia affrontata dalle citate proposte di legge.
Facendo seguito a quanto già prospettato in occasione dell'odierna riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, propone pertanto di procedere, ai sensi dell'articolo 109, comma 2, del Regolamento, all'abbinamento alle proposte di legge costituzionale in esame della petizione n. 311, limitatamente alla parte relativa alla modifica dell'articolo 58, nonché della petizione n. 341.
La Commissione approva la proposta di abbinamento delle petizioni avanzata dal Presidente.
Emanuele PRISCO (FdI) dichiara di insistere nel richiedere l'abbinamento della proposta di legge costituzionale Meloni C. 295, considerato che tale proposta interviene anche sul tema dei requisiti di età per l'elezione dei membri del Parlamento.
Stefano CECCANTI (PD), relatore, con riferimento alla richiesta testé formulata dal deputato Prisco, ritiene che la Commissione possa anche valutare di stralciare dal testo della proposta di legge C. 295 le parti non ritenute attinenti all'oggetto in esame, in vista del suo abbinamento.
Valentina CORNELI (M5S), relatrice, ritiene opportuno riflettere con attenzione sulla questione testé posta, al fine di individuare la soluzione procedurale più adeguata che consenta l'abbinamento della proposta in questione senza tuttavia determinare un allargamento irragionevole del perimetro di esame.
Giuseppe BRESCIA, presidente, dopo aver fatto notare che la proposta di legge C. 295 non è abbinabile d'ufficio, non vertendo su materia identica a quella affrontata dalle proposte di legge costituzionale in esame, osserva che, ai fini di un suo eventuale abbinamento, o dello stralcio di alcune sue parti in vista dell'abbinamento, Pag. 41è necessaria una deliberazione della Commissione, alla quale spetta decidere circa la definizione del perimetro di esame. Alla luce dell'orientamento emerso nel dibattito odierno, ritiene necessario svolgere un approfondimento su tale questione, rinviando quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, anche in attesa delle determinazioni che saranno assunte dalla Conferenza dei Presidenti di Gruppo in ordine all'inserimento del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Conferimento del titolo di «città già capitale d'Italia» alla città di Brindisi.
C. 954 Elvira Savino e C. 1831 Macina.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge C. 1844, C. 1848 e C. 1849).
La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 14 maggio 2019.
Giuseppe BRESCIA, presidente, avverte che sono state assegnate alla Commissione, in sede referente, le proposte di legge C. 1844 De Luca e C. 1848 Bilotti, recanti conferimento del titolo di «città già capitale d'Italia» alla città di Salerno, nonché la proposta di legge C. 1849 Dadone, recante conferimento del titolo di «città prima capitale d'Italia» alla città di Torino.
Dal momento che le predette proposte di legge vertono su materie analoghe a quella oggetto delle proposte C. 954 Elvira Savino e C. 1831 Macina, già all'esame della Commissione, recanti conferimento del titolo di «città già capitale d'Italia» alla città di Brindisi, propone di abbinarle a queste ultime.
La Commissione approva la proposta di abbinamento avanzata dal Presidente.
Giuseppe BRESCIA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.50.
RISOLUZIONI
Mercoledì 29 maggio 2019. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA.
La seduta comincia alle 15.50.
7-00132 Vinci: Iniziative per il completamento dell'Anagrafe della popolazione residente.
(Discussione e rinvio).
La Commissione inizia la discussione della risoluzione.
Simone BILLI (Lega), illustrando la risoluzione in titolo, di cui è cofirmatario, ricorda come l'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il codice dell'amministrazione digitale, preveda l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), destinata a subentrare alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all'estero tenute dai comuni. Rileva quindi come l'ANPR rappresenti una svolta epocale, riunendo in un'unica banca dati le informazioni relative a circa 60 milioni di residenti in Italia, cui si aggiungono quelle relative agli italiani residenti all'estero e iscritti all'AIRE, gestite fino ad ora dagli 8.000 comuni italiani, i quali utilizzano software gestionali diversi, le cui attività di sviluppo e manutenzione sono attualmente in capo a circa 40 software house.
Sottolinea quindi i vantaggi principali di un'anagrafe unica, costituiti dalla possibilità immediata di accesso ai dati anagrafici da parte di tutte le pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei gestori di pubblico servizio; dalla possibilità per il cittadino di richiedere i certificati anagrafici e la carta d'identità elettronica Pag. 42in qualsiasi comune del territorio nazionale; dalla semplificazione nella gestione dei cambi di residenza, nonché delle procedure di comunicazione dei dati in occasione di nascite e morti; dalla possibilità di offrire a cittadini e intermediari servizi online dedicati.
Evidenzia infine come, in tale contesto, l'atto di indirizzo impegni il Governo ad assumere ogni iniziativa di competenza idonea a sostenere e incentivare il completamento in tempi brevi dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente.
Emanuele PRISCO (FdI), nel dichiarare di condividere in linea di principio i contenuti della risoluzione in discussione, chiede ai presentatori chiarimenti concernenti gli oneri finanziari e lo stato delle sperimentazioni eventualmente già avviate su tale materia.
Simone BILLI (Lega) precisa come l'istituzione dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente risalga al 2005 e come i comuni già coinvolti nell'attuazione dell'ANPR siano al momento 386, dopo l'ingresso di Torino e Milano, e rappresentino più del 10 per cento della popolazione complessiva nazionale, mentre sono in fase di pre-subentro altri 1.342 comuni, tra cui Palermo, Genova, Bologna, Venezia e Cagliari.
Per quanto concerne gli oneri finanziari, osserva come la questione dovrà essere oggetto di ulteriori approfondimenti.
Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.