TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 218 di Martedì 30 luglio 2019

 
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INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   ASCARI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il programma Erasmus Plus è il programma dell'Unione europea per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport 2014-2020 approvato con il regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, che combina e integra tutti i meccanismi di finanziamento attuati dall'Unione europea fino al 2013;

   il programma si compone di diverse iniziative, tra cui alcune rivolte anche allo scambio di studenti universitari per lo svolgimento di tirocini formativi;

   ha destato recentemente molto scalpore il caso di Pino La Monica, attore e formatore condannato per molestie e abusi su minori suoi allievi, nella provincia di Reggio Emilia;

   il caso è particolarmente noto in quanto, solo nell'aprile del 2019, la Corte di cassazione ha confermato la pena a 6 anni, tre mesi e 10 giorni di carcere per La Monica, dopo 11 anni dall'inizio del processo, a seguito di continui rinvii tra corte d'appello di Bologna e Corte di cassazione per il corretto calcolo della pena;

   in occasione della sentenza definitiva La Monica «ha affermato di aver usufruito di una borsa di studio universitaria in Germania (già conclusa)»;

   all'interrogante risulta che vi sarebbe stato un soggetto avente lo stesso nominativo del condannato iscritto ad un ateneo italiano che avrebbe svolto un tirocinio formativo all'estero, in Germania, nell'ambito del programma Erasmus Plus, nel 2017;

   secondo l'interrogante, vista la gravità dei fatti commessi e acclarati in sede giudiziaria, sarebbe opportuno chiarire se sia stata conferita al condannato sopra richiamato una borsa di studio per mobilità per svolgere un tirocinio all'estero da parte di un ateneo italiano –:

   se sia a conoscenza dei fatti;

   se intenda adottare iniziative normative al fine di limitare l'accesso ai programmi universitari di scambio internazionale nei confronti di coloro che sono condannati per gravi reati contro la persona, anche per evitare il pericolo della reiterazione del reato.
(3-00726)

(9 maggio 2019)

B) Interpellanza

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'accordo di programma per il rilancio dell'area costiera livornese, sottoscritto in data 8 maggio 2015 tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la regione Toscana, la provincia di Livorno, il comune di Livorno, il comune di Collesalvetti, il comune di Rosignano Marittimo, l'autorità portuale di Livorno e Rete ferroviaria italiana, prevedeva – tra gli altri interventi – la realizzazione di uno «scavalco ferroviario» per garantire la connessione tra il porto di Livorno e l'Interporto Amerigo Vespucci di Guasticce;

   nell'aprile 2018 è stato sottoscritto un accordo operativo tra Rete ferroviaria italiana, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Interporto Vespucci e autorità portuale di Livorno per la realizzazione dello «scavalco ferroviario», il cui costo è stimato in 23,8 milioni di euro;

   la regione Toscana ha già messo a disposizione il finanziamento di 17 milioni di euro previsto da tale accordo, mentre Rete ferroviaria italiana ha disposto risorse proprie per 4,3 milioni di euro per lo svolgimento delle fasi successive di progettazione esecutiva e realizzazione dell'opera;

   tale accordo prevedeva un finanziamento di 2,5 milioni di euro da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   risulterebbe all'interrogante che il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'erogazione del finanziamento previsto di 2,5 milioni di euro sia pronto dal mese di settembre 2018;

   suddetto decreto non è stato ancora firmato dal Ministro interpellato, pur essendo indispensabile sia per l'avvio delle opere preliminari, sia per l'attivazione delle procedure di gara da parte di Rete ferroviaria italiana, senza le quali non sarà possibile l'avvio dei lavori già previsto entro il 2019 –:

   quali siano le ragioni per le quali il Ministro interpellato non ha proceduto nei sette mesi trascorsi da settembre 2018 alla firma del decreto per l'erogazione del finanziamento di 2,5 milioni di euro;

   se il Ministro interpellato intenda adoperarsi celermente al riguardo, considerato il valore fondamentale dello «scavalco ferroviario» per il sistema logistico dell'area livornese e dell'assoluta urgenza del suo completamento al fine di evitare che il rilancio economico e produttivo dell'area sia ostacolato da ritardi di natura politica o burocratica;

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato per far sì che gli impegni sottoscritti per l'area livornese dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel quadro dell'accordo di programma vengano rapidamente rispettati.
(2-00338) «Andrea Romano».

(3 aprile 2019)

C) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   l'attivazione della linea alta velocità Frecciarossa/Frecciargento ha modificato il modo di viaggiare di milioni di passeggeri fruitori del servizio di trasporto ferroviario su scala nazionale tramite collegamenti più veloci e maggiore frequenza dei treni sulle linee a maggior traffico;

   a partire dal 9 giugno 2019, in concomitanza con il nuovo orario estivo di Trenitalia, sono entrati in esercizio nuovi treni Frecciargento Etr 700 che progressivamente sostituiranno i treni Frecciabianca sulla direttrice adriatica Milano-Bologna-Ancona-Pescara-Bari-Lecce;

   la sostituzione sarà graduale per terminare entro il primo semestre 2020; allo stato attuale interessa due coppie di Frecciabianca Ancona-Milano, nello specifico quelle nn. 8802/8804 da Ancona verso Milano centrale e quelle nn. 8825/8829 viceversa, confermando tutte le fermate intermedie già previste;

   dal 28 luglio 2019 sarà sostituita con i nuovi Frecciargento Etr 700 un'altra coppia di treni Frecciabianca da Pescara centrale a Milano centrale e viceversa, nello specifico le nn. 8806 e 8823, confermando tutte le fermate intermedie già previste;

   i treni Frecciarossa e Frecciargento prevedono abbonamenti specifici e sono caratterizzati da minori fermate;

   si apprende da fonti di stampa locale che la regione Emilia-Romagna ha raggiunto un accordo con Trenitalia per assicurare ai circa 900 abbonati in possesso della carta «Mi muovo tutto treno», che ogni mese si avvalgono dell'abbonamento mensile agevolato «Mi muovo FB-IC», di poter utilizzare anche i nuovi treni Frecciargento senza alcun aggravio di spesa;

   anche i circa 1.900 pendolari che usano la carta annuale «Mi muovo tutto treno», in abbinamento all'abbonamento annuale al trasporto regionale, potranno utilizzare i treni Frecciargento almeno fino al 31 gennaio 2020;

   come segnala l'osservatorio sulla mobilità di Federconsumatori, la sostituzione del materiale rotabile non porterà benefici sui tempi di percorrenza ma solo un aumento dei prezzi dei biglietti. A titolo esemplificativo, sulla linea Pescara-Rimini si passerebbe dagli attuali 35,50 euro a 46 euro, mentre sulla linea Ancona-Bologna dagli attuali 33,50 euro a 44 euro;

   per percorrere i 632 chilometri che separano Roma da Milano sono sufficienti 2 ore e 55 minuti, mentre per percorrere i 569 chilometri che separano Pescara da Milano un treno Frecciabianca o Frecciargento impiega circa 5 ore e 30 minuti, nonostante gli utenti che usufruiscono del servizio lungo la direttrice adriatica paghino il biglietto a un prezzo più alto rispetto agli utenti delle linee ad alta velocità;

   l'aumento del costo nominale del biglietto ferroviario va pertanto da un minimo del 14 per cento fino a circa il 38 per cento, senza che ci sia alcun miglioramento dei tempi di percorrenza, con il caso di un abbonamento Rimini-Pescara che aumenta dell'88 per cento;

   la direttrice adriatica Bologna-Ancona-Pescara, oggetto dell'intervento di sostituzione dei Frecciabianca con i Frecciargento, non consente velocità commerciali fino a 250 chilometri orari tali da giustificare l'aggravio del costo nominale del biglietto come previsto sulle linee ad alta velocità –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato nei confronti di Trenitalia, per garantire l'adeguamento della sua offerta commerciale alle condizioni del servizio sulla linea Bologna-Ancona-Pescara interessata dagli interventi di cui in premessa, anche al fine di salvaguardare l'utilizzo degli abbonamenti «Mi muovo tutto treno» per l'accesso ai treni Frecciargento da parte dei pendolari delle regioni Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo dopo il 31 gennaio 2020.
(2-00470) «De Girolamo, Berardini, Grippa».

(24 luglio 2019)

D) Interrogazione

   BOND. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale n. 51 di Alemagna si snoda tra San Vendemiano (Treviso) e Dobbiaco (Bolzano), passando per Cortina d'Ampezzo (Belluno). Si tratta di una strada molto trafficata e dal percorso complesso, che attraversa versanti dolomitici fortemente fratturati e strettoie in corrispondenza degli abitati;

   nel maggio 1996, con ordinanza del capo compartimento Anas di Venezia, veniva chiusa al transito al chilometro 76+500, nel comune di Valle di Cadore (Belluno), a causa della presenza di un palazzo vincolato dalla soprintendenza, «Palazzo Costantini», in pericolo di crollo imminente;

   dopo sessanta giorni di interruzione si procedeva alla riapertura della strada statale senza limitazioni di portata, ma con senso unico alternato regolato da impianto semaforico di cantiere da ritenersi provvisorio nell'attesa del ritorno alla normalità con la chiusura del cantiere;

   tuttavia, l'Anas e l'amministrazione comunale rilevavano che l'impianto semaforico eliminava i frequentissimi blocchi del traffico a causa della presenza nei due sensi di marcia di camion di grandi dimensioni e autobus nel punto più stretto e angusto dell'intera strada statale. Si conveniva fosse quindi preferibile l'attesa di alcuni minuti al semaforo, piuttosto che la libera circolazione con continui incidenti e blocchi;

   veniva deciso, di comune accordo, il mantenimento del senso unico alternato regolato da semaforo con attivazione esclusivamente nelle ore centrali del giorno caratterizzate da maggiore afflusso (indicativamente tra le 7,00 e le 18,00), con disattivazione nelle restanti ore, nelle giornate festive e prefestive e nei periodi di grande afflusso in agosto e da metà dicembre a metà gennaio. Alla luce della positiva sperimentazione, Anas provvedeva all'installazione di un impianto stabile, regolabile con programmazione e con lettore dei flussi di traffico per un'ottimizzazione dei tempi di attesa;

   dal mese di luglio 2018, il comune di Valle di Cadore ha deciso unilateralmente di estendere l'orario diurno di attivazione del semaforo e di mantenerlo attivo anche nelle giornate prefestive e festive, nonché nei periodi di afflusso turistico, con spegnimento solamente in rarissime giornate. I tempi di attesa si sono allungati, anche a causa di guasti e riparazioni non ottimali e della probabile disattivazione dei lettori di flusso del traffico;

   in sostanza, all'inutile attivazione nelle giornate in cui non transitano i mezzi pesanti si aggiungono lunghe code di auto che transitano, in particolare, da e per Cortina d'Ampezzo. L'attuale situazione penalizza migliaia di fruitori della statale e gli abitanti delle case poste prima e dopo l'impianto semaforico, con aggravamento dell'inquinamento atmosferico e acustico a causa delle immotivate e continue code di auto;

   il piano per la viabilità, in preparazione dei mondiali di sci alpino Cortina 2021, prevede interventi pari a 172 milioni di euro destinati alla strada statale n. 51 «Alemagna», con l'obiettivo di offrire maggiore sicurezza e fluidità del traffico;

   nell'ambito di tale piano, per i lavori di cantiere sono già stati previsti e saranno previsti divieti di circolazione ai mezzi con peso superiore alle 7,5 tonnellate nel tratto della strada statale n. 51 compreso tra lo svincolo di Tai di Cadore (al chilometro 72,500) e Passo Cimabanche (al chilometro 118,150);

   alla luce di quanto sopra la decisione del comune di Valle di Cadore appare ancora più incomprensibile, stante l'assenza di mezzi pesanti –:

   se non intenda adottare iniziative affinché l'Anas consenta un utilizzo del semaforo collocato al chilometro 76+500 della strada statale n. 51 Alemagna secondo modalità che permettano una maggiore fluidità della circolazione, tenuto conto di quanto esposto in premessa;

   se sia previsto, tra le opere destinate a migliorare la strada statale n. 51, il superamento della strettoia sita al chilometro 76+500 tramite variante di tracciato.
(3-00547)

(21 febbraio 2019)

E) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   nel 1986 nasce la Oma Sud spa sotto la proprietà della famiglia Tonti;

   le attività di produzione dell'azienda riguardavano commesse per conto terzi per la produzione di strutture aeronautiche per clienti come Leonardo (all'epoca denominata Aeritalia, poi Alenia) e Agusta, azienda leader degli elicotteri;

   nel 2004 la famiglia Tonti vende l'azienda a Valter Proietti, oggi presidente dell’Oma Sud Sky technology s.p.a.;

   subito dopo questa acquisizione, l'azienda comincia a rinunciare a tutte le attività per conto terzi, mantenendo al suo interno solo pochissime attività che ad oggi si riducono a una sola commessa per conto di Leonardo;

   a fronte di tali rinunce viene proposto di portare all'interno della Oma Sud spa un'unica lavorazione relativa alla produzione di un proprio velivolo denominato Sky Car;

   la progettazione e lo sviluppo del velivolo sono stati interamente finanziati dal Ministero dello sviluppo economico per mezzo di finanziamenti per i «Progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale» (legge n. 808 del 1985);

   tuttavia, si assiste nel tempo al lento declino di tutte le attività produttive e industriali dell'azienda;

   di fatto, l'arrivo dei finanziamenti della legge n. 808 del 1985 trasformerà nel tempo la Oma Sud spa in un'azienda interamente finanziata da fondi pubblici;

   progetti e prototipi di aerei, con piccole modifiche tecniche, vengono riproposti, nel corso degli anni, al Ministero dello sviluppo economico come evoluzioni di prototipi e progetti già approvati, al solo scopo di ottenere nuove concessioni finanziarie;

   ad oggi l'azienda versa nella sua crisi più profonda: l'organico aziendale è pari a 101 unità;

   i fondi della legge n. 808 del 1985 sono stati in gran parte utilizzati per il pagamento degli stipendi dei lavoratori;

   l'azienda ha utilizzato tutti gli strumenti di sostegno al reddito e le relative proroghe e/o deroghe e contratti di solidarietà previsti dall'ordinamento italiano;

   i dipendenti della Oma Sud spa hanno usufruito dei percorsi di formazione finanziati dallo Stato;

   da oltre un anno il Ministero dello sviluppo economico ha sospeso definitivamente i finanziamenti della legge n. 808 del 1985 alla Oma Sud spa;

   il 22 giugno 2018, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, presente anche un rappresentante della regione Campania, è stato siglato un accordo per la concessione della proroga della cassa integrazione guadagni straordinari per crisi aziendale di cui all'articolo 22-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015, introdotto dalla legge n. 205 del 2017;

   la direzione aziendale, durante la riunione del 5 novembre 2018, ha dichiarato di essere alla ricerca di una partnership che possa essere interessata a entrare in quota di maggioranza in azienda, dando una spinta industriale all'attuale situazione aziendale, al momento stagnante;

   l'8 dicembre 2018, la direzione aziendale colloca tutti i dipendenti in ferie e permessi, inizialmente fino al 4 gennaio 2019, senza certezza sui tempi di retribuzione, giustificando tale atto come «tempo tecnico» preso nell'attesa della sentenza del tribunale di Roma relativamente al decreto ingiuntivo presentato contro il Ministero dello sviluppo economico;

   il tribunale di Roma non emette la sentenza e la Oma Sud spa prolunga le ferie comandate ai dipendenti fino al 31 gennaio 2019;

   nel mese di febbraio 2019 la società Oma sud spa è posta in stato di liquidazione volontaria;

   tutti i lavoratori della Oma Sud spa vengono collocati in ferie e, successivamente, dal 7 marzo 2019, in aspettativa retribuita;

   a seguito della consultazione di cui all'articolo 4, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è stata convocata per il giorno 27 maggio 2019 una riunione avente ad oggetto l'esperimento della fase amministrativa relativa alla procedura di licenziamento collettivo attivata dalla Oma Sud spa;

   la suddetta riunione del 27 maggio 2019 (in cui hanno partecipato tutte le sigle sindacali interessate) ha avuto luogo a Napoli, presso il centro direzionale AJ6, negli uffici della giunta regionale della Campania – direzione generale istruzione, formazione, lavoro e politiche giovanili;

   la società ha pertanto confermato, in tale sede, la chiusura dello stabilimento di Capua (Caserta) e con esso la risoluzione di tutti i 93 rapporti di lavoro in essere, chiarendo che allo stato attuale non ha altre scelte, poiché versa in uno stato di crisi irreversibile, facendo inoltre presente dell'impossibilità di ricorrere ad ammortizzatori sociali, nonché dell'impossibilità di misure alternative non potendo sopportare ulteriori costi –:

   se alla luce dei fatti sopra descritti, il Governo stia valutando la possibilità di ricorrere a strumenti di sostegno straordinario al reddito;

   se il Governo abbia avviato una verifica al fine di chiarire l'effettivo utilizzo dei fondi della legge n. 808 del 1985 da parte della società Oma Sud spa.
(2-00419) «Buompane, Iorio, Lovecchio, Faro, Del Monaco, Grimaldi, Del Sesto, Trizzino, Villani».

(18 giugno 2019)

F) Interpellanza e interrogazione

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   con nota protocollo n. 020/SP/018 diretta al provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria per le regioni Lazio, Abruzzo e Molise, il segretario provinciale di Teramo del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, Giuseppe Pallini, ha evidenziato, ancora una volta, la gravissima situazione creatasi all'interno della casa circondariale di Teramo;

   in estrema sintesi il dottore Pallini afferma che il personale di polizia penitenziaria del predetto istituto è ridotto allo stremo, poiché l'organico presente è assolutamente insufficiente a garantire i livelli minimi di sicurezza stabiliti dalla legge;

   occorre evidenziare che all'interno della casa circondariale di Teramo sono previsti da pianta organica (provvedimento del capo dipartimento del 2 ottobre 2017) n. 216 unità di personale, mentre il personale effettivamente in servizio è di sole 152 unità;

   a tale gravissima situazione si andranno ad aggiungere ben 17 pensionamenti già autorizzati nel 2018, che rendono, di fatto, insostenibile la copertura dei turni di servizio, con notevole aumento dello stress lavorativo e con conseguenze potenzialmente molto pericolose in relazione a ipotesi di «burnout»;

   è necessario evidenziare, altresì, che ad oggi sono ben 16.000 le giornate di congedo che il personale ha maturato e che sono impossibili da fruire a causa dei continui richiami in servizio resi necessari per garantire il corretto funzionamento dell'istituto;

   altro aspetto da evidenziare, secondo quanto riferito all'interpellante, è la mancata applicazione della disposizione n. 0367688 del 17 novembre 2017 a firma del capo del dipartimento amministrazione penitenziaria, dottore Santi Consolo, da parte del provveditore regionale Lazio, Abruzzo e Molise, dottoressa Cinzia Calandrino, in merito al blocco delle assegnazioni di detenuti presso l'istituto menzionato, che è sottoposto ad un grave sovraffollamento;

   ad oggi, infatti, risultano ristretti n. 395 detenuti di cui n. 195 della media sicurezza (dei n. 200 posti disponibili). Questa situazione costringe di fatto l'amministrazione ad ubicare detenuti della media sicurezza in altri circuiti, in espressa violazione del regolamento –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della gravissima carenza di organico che interessa la casa circondariale di Teramo, la quale rischia di compromettere i livelli minimi di sicurezza e la predisposizione dei turni di servizio del personale;

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza che, al 31 dicembre 2018, fatte salve ulteriori autorizzazioni al collocamento in quiescenza, rimarrà in servizio una forza complessiva pari a 129 unità su un organico previsto di 216 unità;

   se il Ministro interpellato intenda disporre urgentemente l'assegnazione di un numero congruo di personale alla casa circondariale di Teramo per scongiurare la compromissione dei livelli minimi di sicurezza;

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della mancata applicazione della disposizione n. 0367688 del 17 novembre 2017 a firma del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottore Santi Consolo (riguardante il blocco delle assegnazioni di detenuti presso l'istituto menzionato, visto il grave sovraffollamento cui è sottoposto) e quali iniziative intenda assumere in merito.
(2-00016) «Berardini».

(7 maggio 2018)

   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i detenuti della casa circondariale di Teramo, sezione «alta sicurezza», il 3 settembre 2018 hanno inviato una lettera-denuncia indirizzata al magistrato di sorveglianza di Pescara e, per conoscenza, al comandante della casa circondariale, al provveditorato Lazio Abruzzo, al dipartimento centrale di polizia penitenziaria, al tribunale di sorveglianza dell'Aquila e al Garante nazionale dei detenuti, recentemente diffusa dal legale incaricato, avvocato Vincenzo Di Nanna del foro di Teramo, in cui si sottolineano elementi d'inadeguatezza nelle condizioni della struttura suddetta;

   in base a quanto rappresentato il sovraffollamento nel carcere sarebbe tale che lo spazio calpestabile e disponibile al vivere quotidiano sarebbe di 6,06 metri quadri circa; inoltre, si ravvisa una violazione dell'articolo 3 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

   si sottolinea, inoltre, che fra gli elementi di sofferenza i detenuti denunciano la mancanza d'acqua calda, un dato che, ad avviso dell'interrogante, pregiudica in modo inaccettabile quanto evidente la salute psicofisica del detenuto;

   ai disagi suddetti si sommano quelli prodotti da allagamenti con rischio di cadute e infezioni, dall'assenza di attività rieducative e ricreative, dall'illuminazione insufficiente, dalle limitazioni nei colloqui visivi e dalla mancanza della possibilità di svolgere un lavoro dignitoso;

   le condizioni di carcerazione inumana e degradante hanno, inoltre, ricevuto ulteriore conferma, in sede giurisdizionale, quando il tribunale civile dell'Aquila ha accertato, in relazione ad analoghe fattispecie di carcerazione sofferta all'interno del carcere di Teramo, la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e, quindi, riconosciuto il diritto al risarcimento previsto dall'articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario, con condanna altresì del Ministero della giustizia al pagamento delle spese di giudizio;

   la regione Abruzzo, inoltre, si trova in una condizione di grave inadempienza nell'applicazione della legge istitutiva del Garante regionale dei detenuti, con un ritardo accumulato di quasi otto anni;

   nella casa circondariale di Teramo, ove l'interrogante si è personalmente recata il 12 aprile 2019, sono reclusi circa 430 detenuti, un numero quasi doppio ai 230 previsti, con un numero di addetti tra amministrativi e polizia penitenziaria enormemente al di sotto delle previsioni di pianta organica e sul personale gravano oneri e carichi di lavoro assolutamente sproporzionati a causa del grave e pericoloso sovraffollamento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravi criticità che affliggono la casa circondariale di Teramo e quali iniziative intenda intraprendere per affrontarle; quali siano le iniziative che abbia previsto e programmato il Governo: per affrontare, in senso più ampio, il diffuso problema del sovraffollamento carcerario; per assicurare il rispetto delle raccomandazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli istituti penitenziari italiani, particolarmente quelli in cui le violazioni dei criteri indicati sono palesi quanto rilevanti, come evidenziato purtroppo dalla situazione sopra richiamata; per garantire il pieno adempimento del dettato costituzionale in relazione agli istituti di pena, al fine di assicurare il rispetto dei diritti umani fondamentali dei detenuti;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare l'applicazione della normativa e il regolare funzionamento del sistema nel territorio della regione Abruzzo.
(3-00707)

(18 aprile 2019)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE, IN AMBITO INTERNAZIONALE ED EUROPEO, PER IL PERSEGUIMENTO DEI CRIMINI DI GUERRA E CONTRO L'UMANITÀ COMMESSI DAL COSIDDETTO DAESH, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE MINORANZE RELIGIOSE IN IRAQ E SIRIA

   La Camera,

   premesso che:

    il 3 agosto del 2014 le forze dell'autoproclamatosi «Stato islamico» penetravano nel territorio del Sinjar, nel nord dell'Iraq, a pochi chilometri dal confine siriano, prevalente territorio del popolo yazida-minoranza religiosa invisa al Califfato e il cui gruppo principale vive in Iraq. In quell'attacco, sono stati massacrati, rapiti, schiavizzati e fucilati o decapitati in tutto 10.400 uomini donne e bambini;

    quello che è stato fatto agli yazidi è stato ufficialmente riconosciuto come genocidio dal rapporto della Commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Siria, istituita dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu nell'agosto 2011 e considerata la più alta commissione d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani nel conflitto siriano. Il suo report – basato su 45 testimonianze fra operatori medici e umanitari, attivisti, giornalisti e sopravvissuti, leader religiosi, contrabbandieri, raccolte e verificate dalla Commissione stessa e intitolato «“They came to destroy”: Isis crimes against the Yazidis» – afferma l'applicabilità dell'articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, di cui anche Siria e Iraq sono parte. La condotta delle forze dello Stato islamico presenta infatti una precisa ratio di sterminio degli yazidi in quanto gruppo etnico;

    gli atti compiuti da Daesh nei confronti degli yazidi, quali esecuzioni sommarie, gravi lesioni all'integrità fisica e morale, imposizioni di condizioni di vita aberranti, schiavizzazione e stupri delle donne e ragazze yazide, separazione forzata delle famiglie e, in particolare, dei bambini, rientrano – purtroppo – a pieno titolo negli atti previsti per il genocidio;

    nonostante la caduta delle roccaforti Daesh di Raqqa e Mosul, secondo un recente rapporto dell'organizzazione non governativa Human rights watch, «i crimini dello Stato islamico contro la minoranza yazida proseguono e restano ampiamente impuniti». Lo Stato iracheno non è ancora riuscito a liberare tutte le persone ridotte in schiavitù. E, dunque, la sconfitta militare di Daesh non cancella tuttora la minaccia per il popolo yazida;

    nel settembre 2017 è stata approvata una risoluzione dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (risoluzione 2379), volta ad istituire un team investigativo di esperti, guidato da un inviato speciale, con il mandato di raccogliere e preservare materiale probatorio relativo a possibili crimini di guerra e contro l'umanità commessi da Daesh in Iraq;

    secondo un rapporto delle Nazioni Unite, più di 200 fosse comuni contenenti i resti di migliaia di vittime sono state scoperte in aree già controllate da Daesh in Iraq. È stata documentata l'esistenza di 202 siti di sepolture di massa nei governatorati di Ninive, Kirkuk, Salah al-Din e Anbar nelle parti settentrionali e occidentali del Paese e, secondo le stime, all'interno vi sarebbero i resti di almeno 12 mila vittime. Essi rappresentano una conferma ulteriore della brutalità, delle violenze, delle uccisioni di quanti rifiutavano o criticavano l'ideologia jihadista e la folle violenza omicida dei miliziani;

    le prove raccolte dal team dell'Onu sono e saranno fondamentali per garantire indagini credibili, azioni penali e condanne in conformità con gli standard internazionali di processo, nonché una risposta alla ricerca di verità e giustizia delle famiglie che attendono di sapere la fine dei loro cari; ma ad oggi, come la stessa premio Nobel Nadia Murad ha affermato nel corso di un'indagine conoscitiva svoltasi in questo Parlamento, è ancora incerto l'utilizzo che verrà fatto di questo materiale probatorio raccolto;

    secondo Human rights watch, i processi in corso da parte della giustizia irachena per crimini commessi contro gli yazidi sono destinati a un nulla di fatto: gli imputati sono principalmente accusati di «appartenenza, supporto o assistenza allo Stato islamico». Il rischio, denuncia l'organizzazione non governativa, è che le prove del genocidio possano «perdersi, nel tempo nelle fosse comuni che le autorità locali tardano a portare alla luce». L'Iraq è stato criticato per il trattamento sommario riservato in passato ai sospetti membri e fiancheggiatori di Daesh, dopo la liberazione di Mosul e delle altre aree nord-irachene dall'occupazione jihadista. Molte persone sono state giustiziate in base a delazioni e vaghe accuse di aver sostenuto l'autoproclamato Califfato islamico;

    a tal proposito, è fondamentale l'istituzione di un apposito tribunale internazionale contro i crimini di Daesh contro le minoranze religiose in Iraq, che abbia un mandato chiaro e circoscritto. Anche se, questo non deve far dimenticare che, oltre a Daesh, nella regione, ci sono altri che si sono macchiati di crimini contro l'umanità. A partire dal regime di Assad, per poi continuare con quei regimi nella regione che hanno utilizzato milizie fondamentaliste per una guerra per procura che è costata 400 mila morti. Iraq e Siria non saranno in pace, finché anche quei crimini non saranno investigati e processati;

    parimenti, non si devono dimenticare la sofferenza e la persecuzione nei confronti di altre religioni minori nel Paese e, in particolare, quella verso i cristiani;

    secondo la quattordicesima edizione del rapporto sulla libertà religiosa di «Aiuto alla Chiesa che soffre», nel mondo un cristiano ogni 7 vive in un Paese di persecuzione. Il numero complessivo dei cristiani perseguitati è di 300 milioni. Nel periodo preso in esame dal rapporto, dal giugno 2016 al giugno 2018, si riscontra un aumento delle violazioni della libertà religiosa in molti Stati. In totale sono stati identificati 38 Paesi in cui si registrano «gravi o estreme violazioni» e tra questi spicca proprio l'Iraq;

    il 61 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa, nel 9 per cento delle nazioni nel mondo vi è discriminazione e nell'11 per cento degli Stati vi è persecuzione;

    l'Iraq non ha ratificato il trattato istitutivo della Corte penale internazionale dell'Aja (Cpi), lo statuto di Roma;

    l'Italia può, anzi deve, farsi promotrice di un'iniziativa internazionale per istituire un tribunale speciale per perseguire i crimini di Daesh contro le minoranze religiose, a maggior ragione perché il trattato è stato firmato a Roma, il che costituisce anche un mandato «morale» italiano, e, soprattutto, perché esso rappresenterebbe un vero tassello nel complicato mosaico per portare pace e stabilità tra Siria e Iraq e per contribuire a salvare la natura plurale del Medio Oriente. Inoltre, l'Italia, partner dell'Iraq, ha contribuito alla coalizione globale contro Daesh, addestrando oltre 30 mila unità militari e di polizia irachene;

    il Consiglio europeo ha recentemente ribadito il fermo sostegno dell'Unione europea all'unità, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Iraq, nonché l'importanza della titolarità irachena dei processi politici e di riforma interni del Paese. Ed ha sottolineato il costante impegno dell'Unione europea a favore della salvaguardia del carattere multietnico e multireligioso della società irachena;

    le elezioni federali tenutesi nel maggio 2018 riaffermano l'impegno dell'Iraq verso la democrazia. Ma ora è cruciale che tutti i giocatori e le istituzioni politiche in Iraq lavorino insieme per affrontare i bisogni urgenti del Paese, soprattutto in relazione alla fornitura di sicurezza, di servizi e posti di lavoro sostenibili per tutti gli iracheni in tutto il Paese;

    il Ministro degli esteri iracheno ha invitato i membri della coalizione internazionale a combattere l'organizzazione terroristica dello Stato islamico e a intensificare gli sforzi nella lotta contro il terrorismo in Siria e a sostenere le autorità irachene nella lotta al terrorismo sul suo territorio, «contro le cellule latenti di Daesh in tutto il Paese e a contribuire a ripristinare la stabilità nei territori liberati». E ha chiesto anche «ai Paesi della coalizione di fornire supporto logistico e tecnico per sostenere gli sforzi dell'Iraq sul terreno, in modo che lo Stato islamico sia ritenuto responsabile delle sue azioni, compresi crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio»;

    l'Iraq ed il popolo iracheno hanno pagato un costo altissimo per la furia cieca dello Stato islamico. Ed è dovere della comunità internazionale assicurare che i responsabili delle atrocità rispondano dei loro orribili crimini, non solo sul terreno militare, ma anche sul piano dell'ideologia e della narrazione,

impegna il Governo:

1) a promuovere in tutti i consessi internazionali, in particolare presso la prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite e presso il Consiglio per i diritti umani e l'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani dell'Onu e infine nelle sedi europee, la necessità che i competenti organi delle Nazioni Unite, sulla base dell'attività del team investigativo, deferiscano il risultato delle indagini alla Corte penale internazionale o che si costituisca un tribunale ad hoc che abbia giurisdizione sul caso;

2) a supportare azioni immediate per combattere il sistematico sterminio di massa delle minoranze religiose perpetrato dal cosiddetto Stato islamico in Iraq e in Siria;

3) a promuovere l'esigenza che gli Stati coinvolti – Iraq e Siria – implementino le norme su genocidio e crimini contro l'umanità.
(1-00230) «Quartapelle Procopio, De Maria, Fassino, Guerini, La Marca, Minniti, Scalfarotto, Enrico Borghi, Fiano, Sensi».

(22 luglio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    la guerra civile in Iraq, iniziata nel gennaio 2014 con la conquista della parte occidentale del Paese da parte delle milizie autoproclamatasi Stato islamico dell'Iraq e Levante, volge al termine nel dicembre del 2017 con la caduta di Abu Kamal, ultima roccaforte dell'Isis/Daesh sul confine Siria-Iraq;

    tuttavia, la sconfitta di Daesh in Siria e Iraq sta spostando la base di attività terroristica e gli attacchi dei militanti jihadisti in moltissimi Paesi del continente africano, approfittando della povertà e dell'instabilità di molte aree dell'Africa;

    il 25 giugno 2019 i direttori politici della Coalizione globale contro l'Isis, riunita a Parigi, hanno affermato che «la sconfitta territoriale di Isis non rappresenta lo sradicamento del gruppo dei terroristi o la fine della minaccia terroristica che essi pongono», pertanto la Coalizione deve rimanere unita e determinata per sconfiggere lo Stato islamico, sia in Iraq sia in Siria, ribadendo la necessità di mantenere uno stretto coordinamento per impedire che i foreign fighter, compresi quelli detenuti, tornino sul campo di battaglia in Iraq e in Siria o si trasferiscano altrove e pianifichino attacchi;

    nel giugno 2014, con una vasta offensiva nel nord dell'Iraq, Daesh conquistò ampie parti del Paese, fino al confine siriano e alla città di Mosul, arrivando a pochi chilometri dalla capitale Baghdad, penetrando nel territorio autonomo curdo;

    lo sterminio sistematico delle minoranze etniche e religiose perpetrato in questi anni dal cosiddetto Isis/Daesh e le drammatiche conseguenze della crisi umanitaria nelle aree sotto assedio di Daesh hanno spinto le autorità del Governo iracheno e del Kurdistan iracheno a chiedere ufficialmente il supporto della comunità internazionale; l'intervento militare, mediante la formazione di una coalizione arabo-occidentale, guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato islamico si è rivelato decisivo per fermare l'avanzata del cosiddetto Califfato in Iraq e Siria;

    le Forze democratiche siriane (Sdf) hanno fornito prove fotografiche del genocidio perpetrato in particolare contro bambini e la popolazione yazida e, secondo quanto riferito da Nadia Murad, avvocatessa e attivista per i diritti del popolo yazida insignita del Premio Nobel per la pace 2018, il «Daesh ha usato gli yazidi rapiti come scudi umani»;

    le persecuzioni perpetrate anche sui cristiani raggiungono numeri drammatici. Il 2 marzo 2018 le milizie sciite hanno rinvenuto una fossa comune con i corpi di quaranta cristiani nella piana di Ninive, l'ex roccaforte del sedicente Stato islamico. Numerosi rapporti, tra cui quello sulla libertà religiosa di «Aiuto alla Chiesa che soffre» e quello della Iraqi human rights society, denunciano il «genocidio lento e silenzioso» che sta cancellando comunità antichissime fino a decretarne la scomparsa. In Iraq i cristiani erano 1,3 milioni e ora sono meno di 300 mila. I cristiani assiri, il popolo indigeno dell'Iraq, eredi dell'antica civiltà mesopotamica e i primi convertiti al mondo al cristianesimo, sono a rischio di essere completamente sradicati dalla loro patria. Il rapporto rivela che «l'81 per cento dei cristiani dell'Iraq non c'è già più»;

    tali crimini di guerra non possono restare impuniti; l'intera comunità internazionale ha richiamato l'urgenza di garantire, con l'adozione di misure nazionali e il rafforzamento della cooperazione internazionale, giusti ed equi processi a tutela delle vittime; la stessa Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria ha denunciato nel suo report le gravi violazioni dei diritti umani nel conflitto siriano riconoscendo l'avvenuto «genocidio del popolo yazida»;

    riportare la pace duratura e la stabilità tra Siria e Iraq e normalizzare i rapporti nel difficile mosaico mediorientale non possono prescindere dall'accertamento dei crimini di Daesh contro le minoranze religiose e dal loro perseguimento da parte della comunità internazionale – tenendo conto che qualora uno Stato non riesca a proteggere la propria popolazione da persecuzioni e crimini contro l'umanità spetta alla comunità internazionale, in conformità alla Carta delle Nazioni Unite, intraprendere un'azione collettiva in quanto richiamata alla «responsabilità di proteggere» le popolazioni;

    in tal senso le numerose risoluzioni del Parlamento europeo, tra le quali rileva la risoluzione 2016/2529(RSP) sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto «Isis/Daesh», approvata il 4 febbraio 2016 dal Parlamento europeo;

    la risoluzione n. 2253 del 2015 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto ai Paesi membri delle Nazioni Unite l'obbligo giuridico di vietare qualsiasi tipo di assistenza al cosiddetto Isis/Daesh e ad altre organizzazioni terroristiche, in particolare la fornitura di armi e di aiuti finanziari, compreso il commercio illecito di petrolio;

    la risoluzione dell'Onu n. 2379, approvata all'unanimità nel settembre 2017, rappresenta la tappa di svolta epocale per perseguire i crimini di Daesh nel conflitto siriano-iracheno; tale risoluzione chiede al Segretario generale dell'Onu di istituire un investigative team, guidato da un inviato speciale, con lo specifico compito di coadiuvare le autorità irachene nel raccogliere, conservare e analizzare le prove degli atti commessi dai combattenti del Daesh, che potrebbero essere qualificati secondo il diritto internazionale come crimini di guerra, contro l'umanità e genocidio; spetta al Segretario generale dell'Onu presentare dei terms of reference, condivisi anche dal Governo iracheno e, sulla base di quanto previsto dal paragrafo 5 della medesima risoluzione, lo Stato iracheno manterrà la giurisdizione sui crimini commessi sul proprio territorio (giudici e professionisti iracheni faranno parte del team investigativo) e si specifica che qualsiasi altro utilizzo delle prove al di fuori delle corti nazionali dovrà essere deciso in accordo con il Governo dell'Iraq;

    l'articolo 2 della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, di cui fanno parte anche Siria e Iraq, qualifica la fattispecie di genocidio in relazione alla sussistenza di sterminio, anche solo di una parte di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso;

    l'articolo 5 dello statuto di Roma della Corte penale internazionale dell'Aja stabilisce che la Corte ha competenza per crimini di genocidio, per crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione. L'attivazione della giurisdizione della Corte penale internazionale è, tuttavia, molto difficile; infatti, ai sensi dell'articolo 12 dello Statuto di Roma, ha giurisdizione sui reati commessi sul territorio degli Stati parte della Corte, o che hanno accettato la sua giurisdizione, o da cittadini di tali Stati. Va rilevato che, tra gli Stati che sono stati maggiormente colpiti dai crimini Daesh, solo la Nigeria è uno Stato parte, mentre nazioni come Siria e Iraq non hanno ratificato il trattato istitutivo della Corte penale internazionale e dunque la sua giurisdizione;

    inoltre, il procuratore della Corte penale internazionale avrebbe, al momento, escluso la possibilità di avviare un'indagine sui crimini compiuti anche da combattenti stranieri, sulla base della constatazione che i leader dell'Isis sono per lo più cittadini di Stati che non hanno accettato la giurisdizione della Corte;

    per far scattare la giurisdizione della Corte penale internazionale è necessario un deferimento da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a norma del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, definendo la situazione in ciascuno degli Stati coinvolti;

    diversamente, la proposta di un tribunale internazionale ad hoc – avanzata dalla Svezia – per processare i membri dell'Isis consentirebbe il perseguimento dei crimini commessi da Daesh a livello internazionale; una corte internazionale, infatti, è in grado di scongiurare possibili giustizie sommarie da parte di singoli Stati; tuttavia, rimarrebbe insoluta una questione decisiva per i Paesi occidentali, qualora un tribunale internazionale ad hoc dovesse svolgersi su suolo iracheno, in quanto la legislazione dell'Iraq contempla la pena di morte per reati di terrorismo e attentato alla sicurezza nazionale;

    l'istituzione di un tribunale penale internazionale ad hoc, sulla scia del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia o del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, dovrebbe anch'esso passare attraverso una lunga procedura, mediante una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottata ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite;

    il 3 giugno 2019 dodici Paesi europei hanno inviato a Stoccolma, in Svezia, propri alti funzionari per partecipare a una riunione sotto la Presidenza del Ministro dell'interno svedese, al fine di vagliare la possibilità di istituire un tribunale speciale internazionale per giudicare i crimini di guerra da parte del Daesh contro le minoranze religiose e i reati di terrorismo di matrice jihadista, senza, purtuttavia, giungere ancora ad una conclusione condivisa;

    il nostro Paese, oltre ad aver contribuito alla coalizione internazionale contro Daesh, addestrando 30 mila unità militari e di polizia irachena, si è da sempre distinto per iniziative in difesa del diritto umanitario internazionale (promotore della moratoria internazionale contro la pena di morte, protagonista con la firma a Roma del Trattato istituivo della Corte penale internazionale, in prima linea, anche nell'ambito dell'Unione europea, per la tutela della libertà religiosa nel mondo); anche per il perseguimento dei crimini di guerra e di genocidio di Daesh l'Italia è chiamata a fornire il proprio contributo con iniziative diplomatiche in ambito bilaterale e multilaterale,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore in tutte le sedi competenti, a livello europeo e nei consessi internazionali, affinché i crimini perpetrati da Daesh, contro le minoranze religiose durante il conflitto in Iraq e in Siria, vengano perseguiti punendo i responsabili e garantendo piena giustizia alle vittime delle persecuzioni su base etnica e religiosa, con particolare riferimento al popolo yazida;

2) ad attivarsi, con le iniziative di competenza, affinché i materiali e le prove raccolte, anche in relazione alle fosse comuni rinvenute dal 2014, comprese le attività svolte dal team investigativo internazionale – istituito con risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 2379 del 2017 – non siano disperse e possano essere utilizzate, mediante deferimento alla Corte penale internazionale o a un tribunale internazionale speciale da istituire ad hoc, partecipando, altresì, ai focus di studio per la definizione giuridica di un'eventuale Corte speciale internazionale;

3) ad attivarsi, sia a livello bilaterale che multilaterale, affinché anche Siria e Iraq riconoscano nel proprio ordinamento le norme del diritto internazionale umanitario, con particolare riferimento ai reati di genocidio e ai crimini contro l'umanità;

4) ad attivarsi a livello europeo affinché sia data piena attuazione alle conclusioni della risoluzione del 4 febbraio 2016 del Parlamento europeo sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto Isis/Daesh, con particolare riguardo all'istituzione di un rappresentante speciale permanente europeo per la libertà di religione e di credo e implementando quanto previsto al paragrafo 9, in relazione al rafforzamento dell'impegno al «contrasto della radicalizzazione» in tutti i Paesi appartenenti all'Unione europea e alla comunità internazionale, al fine di migliorare i «sistemi giuridici e giurisdizionali per evitare che loro cittadini e abitanti possano unirsi al cosiddetto Isis/Daesh e partecipare alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, nonché garantire che, qualora lo facciano, siano perseguiti penalmente quanto prima, anche qualora incitino attraverso la rete a perpetrare tali reati o li sostengano».
(1-00233) «Valentini, Gelmini, Carfagna, Fitzgerald Nissoli, Orsini».

(29 luglio 2019)

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