TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 267 di Mercoledì 27 novembre 2019

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA CLIMATICA E AMBIENTALE

   La Camera,

   premesso che:

    eventi climatici estremi – alluvioni, siccità, ondate di calore, livello del mare e l'aumento del cuneo salino – si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo, determinando danni economici a persone, ad animali e a interi sistemi produttivi;

    numerosi studi accademici hanno confermato come il cambiamento climatico in atto sia direttamente influenzato e dipendente dalle attività umane, siano esse industriali o meno;

    l'urgenza di un intervento netto e deciso per invertire tale processo non è più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall'intera comunità scientifica;

    secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale; l'organismo scientifico dell'Onu ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;

    nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane (46 per cento) e uragani e tempeste (42 per cento). L'Italia dal 1998 al 2018 ha speso, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all'anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per «riparare» i danni del dissesto secondo dati del Cnr e della Protezione civile (un miliardo di euro all'anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro);

    gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche conseguenze sociali derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto, la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a quota 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;

    in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite per 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, che è costata circa 4 miliardi di dollari;

    uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica Climate ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all'anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto alla media pre-industriale. Mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780 mila unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;

    in Italia la situazione non è migliore, anzi. Il 2018 è stato l'anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici sempre più intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini;

    soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d'aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali;

    da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è verificata una sequenza di maree eccezionali, mai verificatesi in precedenza, con l'acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l'alluvione del 1966; l'alta marea ha, come noto, colpito anche le isole del Lido e di Pellestrina e Chioggia. Contestualmente e ancora in queste ore si sono verificati eventi meteorologici eccezionali in aree localizzate lungo l'intero territorio italiano: dal Piemonte – in particolare nell'alessandrino – alla Liguria – con il crollo di un viadotto autostradale sull'A6 – dalla Calabria, con Reggio Calabria, alla Basilicata, con Matera e il Metapontino;

    nonostante la portata storica dell'Accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo ormai insostenibile, sotto il profilo ambientale, ma anche sociale ed economico;

    nella recente Cop24 (Conferenza delle parti della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato aver dotato l'Accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione dal 2020, mentre non sono stati concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;

    l'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg ha dato vita ad una manifestazione transnazionale che il 15 marzo 2019 ha riempito di giovani e studenti le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane, chiedendo l'impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta, non pregiudicandone oltre il futuro;

    secondo gli scienziati dell'Onu dell'Ipcc si ha tempo fino al 2030 per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5° gradi centrigradi e molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica;

    per dare una risposta a queste istanze bisogna investire in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione;

    in questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie in modo da uscire dalla crisi climatica, economica e sociale;

    è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un Green new deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del sistema costituzionale italiano. Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco- innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative, in modo da rendere quanto più efficace la «transizione ecologica» e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto;

    come noto, Green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio per il 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo sugli altri Paesi europei e che il Governo intende rafforzare in tutte le sue dimensioni;

    è fondamentale rimarcare che un Green new deal non deve essere solo un'agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico, ma anche un programma, che comporti un fisco green che sostenga la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, e una legislazione che attui pienamente il principio del «chi inquina paga» e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti; il Governo, attraverso l'articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, ha già istituito un programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e per il miglioramento della qualità dell'aria, in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 e contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata, altresì, riconosciuta la necessità della trasformazione del Cipe in Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite;

    vanno considerate, altresì, come un passo nella giusta direzione le recenti misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane, con l'obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l'adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;

    il disegno di legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per la transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, a misure di sostegno e per l'innovazione nel compatto agricolo, tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l'estensione degli incentivi di Industria 4.0 per le imprese che realizzano progetti ambientali nell'ambito dell'economia circolare, così come il piano «Rinascita urbana» finalizzato a migliorare la qualità dell'abitare e che punta, inter alia, sulla riqualificazione urbana e delle periferie;

    è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, così come riportato, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo, nella mission del programma «Casa Italia», ora dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, anche normative, per:

   a) riconoscere lo stato di emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese e operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;

   b) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;

   c) promuovere l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;

   d) rafforzare le misure contenute nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell'ambito dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;

   e) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l'efficientamento energetico, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all'utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione;

   f) accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del «pacchetto economia circolare» in materia di rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile;

   g) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità, anche con l'eventualità di introdurre l'obbligo di valutazione ambientale preventiva dei sussidi, con l'obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, a cominciare dall'agricoltura;

   h) elaborare politiche di trasporto, edilizia, modelli produttivi che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano regioni e comuni;

   i) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico sostenibile e verso la mobilità elettrica, con l'obiettivo della completa decarbonizzazione – emissioni zero – del settore;

   l) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;

   m) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;

   n) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio;

   o) sostenere a livello europeo la proposta di arrivare alla «carbon neutrality» entro il 2050;

   p) rendere possibili finanziamenti agevolati, da parte degli istituti bancari e creditizi, per sostenere l'economia circolare e quella eco-compatibile;

   q) promuovere lo sviluppo della filiera agricola convenzionale e biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l'impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;

   r) favorire l'occupazione giovanile attraverso l'introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all'implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo dell'economia circolare;

   s) attuare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia «Benessere Italia», istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 giugno 2019, attraverso il potenziamento della struttura in termini di adeguate risorse umane e finanziarie necessarie al perseguimento delle finalità e all'assolvimento dei compiti istitutivi.
(1-00181) (Ulteriore nuova formulazione) «Muroni, Orlando, Ilaria Fontana, Fregolent, Federico, Braga, Gadda, Fornaro».

(10 maggio 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    l'istituzione e l'attuazione del cosiddetto Green new deal dovrebbe semplicemente ripercorrere e mettere in pratica il concetto di «sviluppo sostenibile», in maniera cosciente e attenta e con una programmazione sul medio/lungo periodo, considerandone ogni impatto e relazione tra i vari tessuti produttivi e ambiti sociali, occupazionali ed economici;

    secondo la definizione proposta nel rapporto «Our common future», pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, per «sviluppo sostenibile» si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». Il concetto di sostenibilità, in questa accezione, viene collegato alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia dell'ambiente. La possibilità di assicurare la soddisfazione dei bisogni essenziali comporta, dunque, la realizzazione di uno sviluppo economico che abbia come finalità principale il rispetto dell'ambiente, ma che allo stesso tempo veda anche i Paesi più ricchi adottare processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane e i Paesi in via di sviluppo crescere in termini demografici ed economici a ritmi compatibili con l'ecosistema;

    la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations conference on environment and development), tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, ha consolidato il principio dello sviluppo sostenibile attraverso la sua formalizzazione negli atti adottati a conclusione del vertice: la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo, l'Agenda 21 e la Dichiarazione sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste. Gli atti di Rio e le successive conferenze mondiali promosse dalle Nazioni Unite, in specie la Conferenza di Johannesburg del 2002, confermano una configurazione del principio dello sviluppo sostenibile fondata su tre fattori interdipendenti: tutela dell'ambiente, crescita economica e sviluppo sociale;

    anche secondo quanto riportato dal Wwf, per ottenere uno sviluppo delle società umane che sia sostenibile è necessario che:

     a) l'intervento umano sia limitato entro le capacità di carico dei sistemi naturali, conservandone la loro vitalità e la loro resilienza;

     b) il progresso tecnologico per la produzione di beni e servizi venga indirizzato all'incremento dell'efficienza, piuttosto che all'incremento del flusso di energia e materie prime;

     c) i livelli di prelievo delle risorse non rinnovabili non eccedano le loro capacità rigenerative;

     d) l'emissione di scarti e rifiuti (solidi, liquidi e gassosi) dovuti al metabolismo dei sistemi sociali non ecceda la capacità di assimilazione dei sistemi naturali;

    inoltre, gli obiettivi e valori dell'Unione europea sono sanciti dal Trattato di Lisbona e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Nello specifico il Trattato di Lisbona, firmato il 3 dicembre 2007, definisce chiaramente: le competenze dell'Unione europea, le competenze dei Paesi membri, le competenze condivise. Al titolo XX (Ambiente), articolo 191 (ex articolo 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea), sono presenti i seguenti chiarimenti:

     «1. La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:

    salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;

    protezione della salute umana;

    utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;

    promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici;

     2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione;

     3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l'Unione tiene conto:

    dei dati scientifici e tecnici disponibili;

    delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione;

    dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione;

    dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni;

     4. Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali»;

    dal 1850 ad oggi, la temperatura del pianeta è aumentata di circa 0,8-1 grado centigrado. La comunità scientifica è divisa tra chi attribuisce tale aumento a cause prevalentemente naturali e chi invece ritiene che l'aumento sia causato principalmente dalle attività dell'uomo. Alcuni autorevoli studiosi, docenti universitari di chimica, fisica, geologia, economia delle fonti di energia, storia dell'agricoltura, geomorfologia, fisica dell'atmosfera, hanno fornito elementi scientifici, con il libro «Clima, basta catastrofismi», utili alla comprensione del tema, confermando che nel passato sono avvenuti numerosi cambiamenti climatici, la cui comprensione è l'unica premessa certa e attendibile prima di avanzare ipotesi catastrofiche sul futuro clima del pianeta e mettere in atto costose politiche climatiche volte a limitare la crescita dell'economia;

    il pianeta, nella sua vita millenaria, ha attraversato un'alternanza, tra periodi di siccità, con aumento della temperatura, e periodi di glaciazione. Infatti, non esistono prove incontrovertibili che le temperature che oggi si misurano siano le più alte in assoluto. Nel mese di dicembre 2018 su «Quaternary science reviews» è stato pubblicato un articolo a firma di Liang Chen, dal titolo molto eloquente: «Short term climate variability during “Roman classical period” in the Eastern Mediterranean». In tale articolo vengono pubblicati i risultati di uno studio effettuato nel Mar Adriatico, con il quale gli autori hanno ricostruito le condizioni climatiche ed ambientali dell'area nel periodo romano classico, in particolare tra il 60 avanti Cristo ed il 200 dopo Cristo;

    lo studio riguarda l'associazione tra diversi organismi resistenti alla degradazione aerobica, come rinvenuti nei reperti stratigrafici, sulla base dei quali gli studiosi sono riusciti a calcolare con buona precisione le temperature che caratterizzavano la regione nel periodo studiato, riscontrando che la temperatura dell'aria e quella della superficie marina dell'Italia meridionale non erano molto diverse da quelle attuali; anzi, secondo i risultati ottenuti dal gruppo di ricerca, tra il 60 avanti Cristo ed il 90 dopo Cristo le temperature erano più alte di quelle di oggi. Dopo il 90 dopo Cristo le temperature cominciarono a scendere, raggiungendo, intorno al 200 dopo Cristo, valori simili a quelli del 1800. Inoltre, nella successione stratigrafica sono stati anche individuati gli andamenti ciclici delle temperature, legati ai cicli solari e anche alle eruzioni dei vulcani;

    secondo tali scienziati, non è assolutamente vero che le temperature attuali sono «senza precedenti» e, comunque, il «periodo caldo romano», tra il 60 avanti Cristo ed il 200 dopo Cristo, ha fatto registrare temperature se non superiori almeno pari a quelle attuali e, inoltre, il riscaldamento, come anche il successivo raffreddamento, sono stati determinati da cause del tutto naturali;

    in ogni modo, indipendentemente dalle cause, si nota, nel breve periodo degli ultimi anni, l'alternarsi di periodi caldi e freddi e di periodi di piogge torrenziali con periodi di siccità, con alterazioni climatiche e squilibri che si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo e incidono sull'innalzamento della temperatura del pianeta terra, con una serie di conseguenze, come lo scioglimento dei ghiacciai, la crescita del livello dei mari, gli eventi atmosferici sempre più estremi, gli impatti sulla fauna e sull'agricoltura, che richiamano la necessità dell'intervento dell'uomo, della tecnologia e della ricerca scientifica;

    le attività umane, siano esse industriali o meno, incidono senz'altro sul cambiamento climatico in atto sia direttamente che indirettamente. È noto che, secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ci sarebbero a disposizione soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale;

    per far fronte a queste emergenze, è necessario prima di tutto analizzare le questioni in modo cosciente e analitico, per poter prendere delle decisioni, e solamente alla fine avanzare possibili soluzioni;

    come suggerisce Meadows (2008), ragionevolmente si può ascrivere al pensiero sistemico, dato che le soluzioni di economia circolare richiedono appunto di osservare gli asset esistenti e vedere in essi nuove opportunità (Meadows D. H., 2008, Thinking in systems, Sustainability Institute). Ragionare per sistemi significa, infatti, considerare i diversi elementi di un insieme come interconnessi e partire dalle influenze individuate per imprimere una nuova direzione all'insieme stesso:

     a) fase 1, affinare le nostre capacità di capire le parti;

     b) fase 2, vedere le interconnessioni;

     c) fase 3, porci domande del tipo «cosa succede se...» riguardo a possibili comportamenti futuri;

     d) fase 4, essere intraprendenti e creativi nella ri-progettazione di un sistema;

    chiaramente, ciò non è facile: come ha argomentato Simon (1972), «siamo esseri umani e prendiamo le nostre decisioni in base alle informazioni disponibili (non sempre perfette) e a capacità cognitive non assolute, in tempi comunque ristretti» (Simon H. A., 1972, Theories of bounded rationality);

    tuttavia in questi tempi le informazioni che circolano in rete o per mezzo dei mass media costituiscono un'arma a doppio taglio: si trovano notizie molto più facilmente dal punto di vista quantitativo, ma esse presentano spesso un livello qualitativo decisamente basso; circolano molte fake news e spesso si fa fatica a distinguere il vero dal falso. Dunque, per realizzare un livello di chiarezza e di organizzazione ragionevolmente possibile, invece di lasciarsi sorprendere ci si può allenare ad aspettarsi e utilizzare la complessità a proprio vantaggio, stimolando la coscienza critica e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda;

    in un contesto come quello attuale e in un'ottica di cosciente e razionale attuazione di un programma di Green new deal, si fa riferimento a Cartesio e ai discorsi sul metodo, citando e argomentando i «quattro precetti logici» presentati dal filosofo, i quali possono essere usati come vere e proprie linee guida per la risoluzione dei problemi e metodo di lavoro: «Il primo era di non accogliere mai nulla per vero, che non conoscessi in modo evidente esser tale, cioè di evitare accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere mai nei miei giudizi se non quello che si presentasse così chiaramente e distintamente alla mia mente, da non lasciarmi possibilità di dubbio. Il secondo di dividere ciascuna delle difficoltà da esaminare in tutte le parti in cui fosse possibile e di cui ci fosse bisogno per meglio risolverle. Il terzo di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza dei più composti e supponendo che ci sia pure un ordine tra quelli che non si precedono naturalmente l'un l'altro. E l'ultimo, di far dovunque delle enumerazioni così complete e delle rassegne così generali da non omettere nulla (...)»;

    per andare sul concreto le aziende impiantistiche fanno ampio uso del principio di modularità cartesiano suddividendo i progetti in parti via via più piccole e quindi più facilmente gestibili: fasi (ingegneria, approvvigionamenti, costruzione e altro); sistemi (struttura, potenza, fluidi, comunicazioni, antincendio e altro); pacchetti di lavoro; discipline (elettrica, civile, meccanica, strumentale e altro); attività elementari. Un pacchetto di lavoro, o anche un intero progetto, può essere misurato, pianificato e controllato mediante una serie di grandezze che lo caratterizzano (quantità di lavoro da svolgere, risorse necessarie, durate temporali, avanzamento fisico, costi). Questo è un metodo efficace ed organizzato: se applicato nel contesto istituzionale permetterebbe di lavorare in modo programmato preventivando qualsiasi rischio;

    le cose cambiano semplicemente iniziando a cambiare il modo in cui le si vedono: i problemi possono divenire opportunità e le rimanenze possono essere il punto di partenza per altro. È questa una delle basi dell'economia circolare, che si può ricollegare a titolo esemplificativo alla gestione dei rifiuti e alla loro re-immissione nel circuito per mezzo del riciclo. Per tutte le società moderne, che generano grandi quantità di rifiuti, riciclare quanto più possibile i prodotti giunti al termine della loro vita utile ha acquisito un'importanza fondamentale. In primo luogo, aprendo nuove possibilità di utilizzo a materiali che tradizionalmente erano destinati allo smaltimento, il riciclo permette di ridurre i costi finanziari e ambientali della gestione dei rifiuti; il riciclo può, inoltre, contribuire ad un uso più efficiente delle risorse naturali;

    una rinnovata attenzione verso un Green new deal, che, se ben attuato, potrebbe contribuire a spingere gli investimenti in settori chiave del nostro Paese, come quelli dell'economia circolare, dell'efficienza energetica e delle rinnovabili, in cui le piccole e medie imprese e l'impresa diffusa di territorio sono da tempo presenti come soggetti attivi e qualificati, semplicemente ripercorrendo il concetto di «sviluppo sostenibile»;

    tutti i principali settori dell'economia sono direttamente o indirettamente interessati a tali temi: dalla distribuzione all'artigianato, dai trasporti al turismo, dalle professioni ai servizi. La tutela ambientale, che ha rappresentato in passato e per lungo tempo un vincolo, se non addirittura un ostacolo alla crescita economica, potrebbe diventare un'occasione di sviluppo e un ambito strategico su cui investire;

    pertanto, si ritiene utile e anzi indispensabile una particolare attenzione del Governo sul tema del clima e sulla necessità della promozione di uno sviluppo tecnologico e di ricerche più innovative possibili, in modo da rendere quanto più efficace ed economicamente sostenibile la transazione ecologica,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative che mettano al primo posto la persona nella sua accezione più ampia, tutelando in primis le generazioni future, nel contesto di uno sviluppo sostenibile che individui le opportunità economiche in termini di nuova occupazione e competitività, sostenendo anche finanziariamente le aziende che manifestano l'intenzione di effettuare una transizione green e garantendo alle imprese tempi realistici e sostenibili, programmi elastici con obiettivi stabili a lungo termine e obiettivi intermedi non vincolanti, nonché soglie minime che consentano la sopravvivenza delle aziende più piccole che contribuiscono in misura non significativa in termini di emissioni climalteranti;

2) a promuovere a livello mondiale, per quanto di competenza, gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, che comunque sottopongono le imprese nazionali a significativi sforzi economici ed esposizione a distorsioni della concorrenza a livello internazionale da parte delle imprese dei Paesi non sottoscrittori dell'Accordo di Parigi, promuovendo soluzioni realistiche e tempi congrui per la riconversione green;

3) a progettare e realizzare un piano pluriennale denominato Green new deal che coinvolga tutte le forze ambientaliste, sociali, imprenditoriali ed economiche disposte a lavorare insieme per vincere le sfide ambientali, economiche, occupazionali e sociali e dar vita a una serie di programmi nazionali, assumendo iniziative:

   a) per realizzare la transizione energetica e per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili, facendo sì che si giunga ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tale da consentire in tempi certi e congrui, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;

   b) per realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;

   c) per realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi;

   d) per accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti al recupero di materia ed energia;

4) ad assumere iniziative per adottare e finanziare un piano di sensibilizzazione su larga scala volto a creare una coscienza ecologica consapevole, anche attraverso l'incentivazione di azioni green;

5) a promuovere la riscoperta, nelle generazioni odierne e future, del senso civico e ambientale che si è andato a perdere negli ultimi decenni, provvedendo all'immediata attuazione della legge n. 92 del 2019, che, all'articolo 3, incarica il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di definire linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, che individuino, ove non già previsti, specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento, assumendo a riferimento una serie di tematiche, tra cui «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015» ed «educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale»;

6) ad adottare le opportune iniziative per stimolare la coscienza critica dei cittadini e, soprattutto, dei giovani e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda, tra le informazioni che circolano in rete o per mezzo dei mass media, sulla base del principio che «chi crea l'inquinamento abbandonando i rifiuti è l'uomo e non i rifiuti o il materiale in sé», tutto ciò attraverso un'attenta ed intelligente attività di prevenzione, che non porti però a scelte affrettate e non ragionate come «rapide soluzioni»;

7) ad adottare iniziative per allineare la normativa italiana alle direttive europee del «pacchetto economia circolare», tenendo presente che in fase di recepimento vanno obbligatoriamente supportate in modo concreto le aziende che garantiscono il fine vita del rifiuto e pertanto la «chiusura del cerchio», all'interno di un contesto di economia circolare che, sotto molti punti di vista, rimane ancora e solamente sulla carta;

8) ad assumere opportune iniziative per riorganizzare l'ordine delle priorità e mantenere un approccio di valutazione a 360 gradi, considerando ogni relazione e impatto tra i vari ambiti e sezioni della società e dell'industria, ad esempio evitando di penalizzare un settore o un particolare materiale nel tentativo di risolvere una problematica in maniera miope e incompleta, fatto questo che sul lungo periodo finirà con l'inasprire ancor di più le presenti criticità;

9) a sostenere, per quanto di competenza, l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale nella Costituzione.
(1-00298) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

(25 novembre 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    la consapevolezza dell'emergenza climatica in atto e degli effetti ad essa connessi e riscontrabili nell'attualità e sul medio-lungo periodo è oggetto di molteplici ed autorevoli studi scientifici orientati non solo verso l'individuazione della correlazione tra cambiamento climatico e azione antropica, ma anche e soprattutto verso l'individuazione di prospettive di intervento tese al contenimento degli effetti deleteri sull'ecosistema, che devono essere riferimento imprescindibile per le politiche in materia;

    i dati del quinto rapporto di valutazione, pubblicato nel 2013 e 2014 dall'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, evidenziano come l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera sia da individuare come la causa alla base dei più complessi e deleteri cambiamenti climatici in atto: in particolare, si evidenzia come la temperatura del pianeta sia aumentata, dal 1860 ad oggi, di quasi 1 grado centrigrado nella sola Europa e che le previsioni scientifiche attestano un incremento della temperatura tra 1,4 e 5,8 gradi entro la fine del secolo. Nello specifico è stato registrato, nel corso dell'ultimo trentennio, un incremento del 70 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica, con il conseguente superamento del 20 per cento della soglia limite di concentrazioni delle 400 parti per milione;

    si sottolinea che, stando ai dati del rapporto «Trajectories of the earth system in the anthropocene», pubblicato dalla National Academy of sciences degli Usa del 2018, il solo incremento della temperatura di 2 gradi potrebbe configurarsi come conditio per un «effetto domino incontenibile», in ragione della conseguenzialità sussistente tra incremento della temperatura ed evoluzioni climatiche correlate ad eventi estremi ed i loro riverberi sul versante degli equilibri eco-sistemici, della sicurezza dei territori rivierasche e dell'accessibilità ai rifornimenti idrici;

    con l'Accordo di Parigi siglato nel dicembre 2015 tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), sottoscritto da 192 Paesi, tra cui l'Italia, è stato siglato il primo accordo universale sul clima mondiale, nel quale è definito un piano d'azione globale, finalizzato al contenimento dei cambiamenti climatici attraverso la riduzione dell'incremento del riscaldamento globale;

    sul versante dell'Unione europea sono state intraprese molteplici iniziative orientate all'individuazione di un'azione di politica climatica concreta e lungimirante finalizzata alla definizione di adeguate misure di adattamento per ridurre e gestire i rischi connessi ai cambiamenti climatici. Nel 2009 con il libro bianco «Adattarsi ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo», la Commissione europea ha richiesto agli Stati membri di elaborare le rispettive strategie di adattamento nazionale. Nel 2013 con l'adozione della «Strategia europea per i cambiamenti climatici» e con le successive conclusioni del Consiglio europeo del 13 giugno 2013 «Una strategia europea di adattamento al cambiamento climatico» è stato richiesto agli Stati membri di avviare una revisione del concetto di vulnerabilità, di rivedere le soglie critiche di rischio a livello nazionale e di misurare le proprie capacità di resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici attraverso politiche basate su un approccio locale e un determinante coinvolgimento di tutti gli interlocutori socio-economici;

    in questa prospettiva è stata adottata nel 2015 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac), il cui obiettivo principale è quello di elaborare una visione nazionale sui percorsi comuni da intraprendere per far fronte ai cambiamenti climatici, contrastando e attenuando i loro impatti, attraverso l'individuazione di azioni e di percorsi finalizzati alla riduzione dei rischi correlati ai cambiamenti climatici; nel 2016 è stata avviata la definizione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) al fine di sostenere l'attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac);

    l'obiettivo della carbon neutrality da raggiungere entro il 2050 rappresenta una priorità: sebbene questa prospettiva rientri tra gli obiettivi proposti dalla Commissione europea, la mancata approvazione del Consiglio europeo può rappresentare un limite nella direzione della 25esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework Convention on climate change (COP25 Unfccc) del dicembre 2019;

    si evidenzia come la Commissione ambiente del Parlamento europeo abbia sollecitato l'Unione europea a veicolare in sede di COP25 Unfccc «La sua strategia a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica al più tardi nel 2050», al fine di consentire il mantenimento in capo all'Unione europea della «leadership mondiale in materia di lotta contro il cambiamento climatico»;

    si sottolinea ulteriormente come uno degli effetti più evidenti del cambiamento climatico si rintracci nella progressiva riduzione della disponibilità idrica a cui corrisponde, di contro, un incremento della variabilità estrema delle dinamiche dei volumi di acqua dei bacini fluviali e lacuali: le conseguenze correlate a questa variabilità sono da rintracciarsi nella compromissione della sicurezza del territorio unitamente ad un'alterazione dei ritmi di produzioni, soprattutto di alcune specie ittiche, e di effetti deleteri sulla produzione agricola in ragione della difficoltà di accesso agli approvvigionamenti, con inevitabili danni agli ecosistemi e progressiva perdita di biodiversità;

    si evidenzia, inoltre, che l'incremento delle temperature determina l'aumento del rischio di desertificazione, di cui attualmente è interessato un quarto della superficie terrestre, e che l'inaridimento caratterizzato da carenza di piogge e da alte temperature riguarda circa il 47 per cento delle terre emerse;

    tra le conseguenze dei cambiamenti climatici si annoverano la crescita del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di 10-25 centimetri e che sembra possa aumentare di altri 88 centimetri entro il 2100, la perdita di biodiversità perché molte specie animali non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria, una maggiore diffusione di malattie e problemi nella produzione alimentare;

    molteplici sono i rischi anche per la produzione agricola, che subisce gli effetti delle variazioni climatiche estreme con il conseguenziale susseguirsi di carestie: la Fao ha rilevato che entro il 2080 ci sarà una perdita di oltre 10 per cento della superficie coltivabile nei Paesi in via di sviluppo, con riduzione della produzione di cereali e il conseguente aumento della fame nel mondo;

    a tal riguardo, si rileva come lo stallo climatico ed il continuo avvicendarsi di fenomeni atmosferici estremi stia mettendo in evidenza in tutta la sua drammaticità il crescente rischio idrogeologico strettamente connesso alla configurazione territoriale ed infrastrutturale italiana: il susseguirsi di eventi di attualità mettono in luce, ancora di più rispetto al passato, le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese per quanto riguarda il dissesto idrogeologico del territorio;

    quanto verificatosi in data 24 novembre 2019 con il crollo di una porzione di 30 metri del viadotto Torino-Savona, a causa di una frana distaccatasi dal monte che fiancheggia il viadotto, rappresenta la conferma, allarmante e drammatica, dell'emergenza idrogeologica che condiziona il nostro Paese, il cui patrimonio infrastrutturale è palesemente incapace di fronteggiare gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici in corso; dinanzi a questo scenario e ai continui rischi a cui è esposto il Paese appaiono non più rinviabili la pianificazione di un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone a rischio, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti, al fine di rivolgere ai siti interessati, opportunamente studiati ed analizzati, specifici interventi strutturali – risolutivi e sistemici – che non si risolvano in misure tampone che rischiano di limitarsi alla gestione dell'emergenza in atto, lasciando inevase tutte le altre situazioni a rischio del Paese;

    sono evidenti, infatti, i danni provocati da frane, inondazioni e alluvioni, che deturpano una vasta percentuale del territorio nazionale: risultano più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati in aree a rischio. Inoltre, negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva riduzione delle aree naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;

    si sottolinea, pertanto, che la capacità di consentire la gestione degli effetti dei cambiamenti climatici, già in atto e attesi a partire dal prossimo decennio, con le esigenze sociali, le istanze economiche e tecnologiche costituisca una sfida importante per la gestione delle risorse del nostro territorio, segnatamente in quelle aree dove la tenuta e la stabilità del suolo sono maggiormente in crisi;

    la maggiore sensibilità per le tematiche ambientali e l'aspettativa di trasparenza e partecipazione da parte della società, da un lato, il rilevante peso degli usi produttivi delle risorse, dall'altro, uniti alla crescente e abbondante disponibilità d'informazioni prodotte da tecnologie di monitoraggio innovative e di modelli di previsione sempre più affidabili, sono elementi da considerare in modo coordinato, per indirizzare la governance del territorio, valorizzare in modo armonico le risorse locali e rendere più resilienti le comunità locali;

    la complessità dello scenario richiede di affrontare le questioni evidenziate in premessa con una visione sistemica del territorio, che non si limiti ad affrontare la singola emergenza, ma che consenta una visione integrata, orientata ad una completa «gestione delle risorse» attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti direttamente coinvolti. Infatti, lo scenario in evoluzione impone l'individuazione di soluzioni ambiziose con il coinvolgimento di tutte le parti in un processo di pianificazione che consideri tutti gli interessi dei soggetti coinvolti, grazie anche al supporto di strumenti operativi e innovativi in grado di fornire informazioni quantitative, facilitando l'esplorazione delle possibili sinergie tra i vari la varie parti interessate e delle azioni da compiere anche quotidianamente. In questa prospettiva, risultano esemplificativi i progetti So-Watch del Politecnico di Milano, che si propone di studiare le strategie di adattamento per la gestione delle risorse idriche in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico, ed il progetto Adapt cofinanziato dal Programma Interreg Italia-Francia marittimo 2014-2020, che ha l'obiettivo di individuare strategie di adattamento delle città italiane e francesi dell'Alto Tirreno alle conseguenze dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle alluvioni causate dalle cosiddette «bombe d'acqua»;

    in tal senso, non si può trascurare la necessità di evitare il consumo di nuovo suolo privilegiando modalità di intervento che ottimizzino l'impiego dei fattori «territorio e ambiente» in una prospettiva di sostenibilità e che siano, pertanto, anche volte al recupero e alla riconversione di siti industriali esistenti, cresciuti in numero e diffusione territoriale, in funzione delle successive fasi di industrializzazione del secolo scorso e che oggi, invece, in ragione dei fenomeni di deindustrializzazione, presentano elevati livelli di contaminazione ambientale e di rischio per la salute dei cittadini;

    appare non trascurabile l'analisi dell'impatto sulla salute degli eventi correlati ai cambiamenti climatici: secondo il rapporto «The Lancet countdown 2019: tracking progress on health and climate change», redatto da 120 esperti di 35 istituzioni accademiche internazionali e agenzie delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di fornire elementi e strumenti più adeguati ai Governi affinché adottino politiche adeguate alle criticità connesse ai cambiamenti climatici, tra le altre cose, evidenzia la correlazione tra utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia e peggioramento della qualità dell'aria, oltre che la correlazione tra l'incremento delle temperatura e la diffusione di malattie infettive: con riferimento all'Italia, soltanto nel 2016 sono stati registrati 45.600 decessi prematuri a seguito dell'esposizione a Pm 2.5, un dato tra i più alti in Europa;

    inoltre, è evidente la correlazione tra dinamiche di mercato e rispetto della sostenibilità ambientale sul versante economico-produttivo; infatti, il carattere elevato dei volumi di prodotti importati da paesi extra Unione europea che non rispettano gli standard europei di tutela ambientale, oltre che gli standard di salute e sicurezza sul lavoro, e la conseguente alterazione della concorrenza con effetto distorsivo sul mercato sollevano molteplici quesiti circa la compatibilità di tali immissioni di prodotti nel mercato europeo con le misure di sostenibilità ambientale ed economico-sociale perseguite nella cornice europea. Su questo versante l'ipotesi di prevedere delle misure di contrasto all'importazione di prodotti da Paesi extra Unione europea che non rispettano gli standard ambientali, salariali e di sicurezza vigenti in ambito europeo risulterebbe in linea con gli interventi strutturali di sostenibilità economico-sociale perseguiti, configurandosi anche come una misura di deterrenza verso quei Paesi che ancora sono sostenitori di ragioni ostative agli impegni a tutela ambientale contratti in sede internazionale;

    l'assenza di una cultura ambientale nel nostro Paese che parta dalle scuole e che porti ad una sensibilizzazione crescente verso la tutela dell'ambiente ed il suo rispetto e verso la cultura del risparmio energetico, l'eliminazione degli sprechi, la mobilità sostenibile rappresenta un fattore ostativo all'evoluzione in chiave sostenibile della società: l'Italia è fanalino di coda in Europa, segnatamente per quanto riguarda la presenza di tali tematiche tra le materie oggetto di approfondimento e di insegnamento nelle scuole; infatti, i programmi scolastici non affrontano in maniera adeguata e univoca questi temi fondamentali per le future generazioni, spesso affidati alla discrezionalità e sensibilità dei singoli insegnanti;

    in data 19 novembre 2019 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria sulle iniziative a favore della città di Venezia alla luce dell'emergenza che ha interessato la città in queste ultime settimana, che hanno contribuito a renderla metafora per eccellenza del rischio correlato ai mutamenti climatici e degli effetti devastanti di questo sugli insediamenti urbani: nella suddetta mozione, tra le altre cose, il Governo si è impegnato ad istituire nella città di Venezia un Centro internazionale sui cambiamenti climatici, per valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate da soggetti pubblici e privati, al fine di renderlo riferimento per l'approfondimento e lo studio internazionale sui fenomeni legati ai cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

1) a superare i generici impegni programmatici e cronologici in materia di lotta ai cambiamenti climatici e ad adottare iniziative per definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione: centrali elettriche a carbone o a olio combustibile, incenerimento dei rifiuti anche legati alla produzione di energia, trasporto su gomma, riscaldamenti con combustibili fossili, deforestazione, consumo del territorio in particolare attraverso l'espansione delle città;

2) ad adottare, anche con il coinvolgimento del Parlamento, iniziative volte all'attuazione degli impegni di cui agli accordi siglati in sede internazionale finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra e all'attuazione della progressiva transizione energetica verso la decarbonizzazione;

3) a promuovere l'impegno dell'Unione europea per l'attuazione della carbon neutrality entro il 2050;

4) ad incentivare la ricerca scientifica in materia di adattamento climatico urbano, attraverso la sperimentazione di nuovi materiali e nuove tecnologie sul versante dell'edilizia nella prospettiva di ridurre i consumi energetici, dando priorità alla manutenzione costante del territorio e delle infrastrutture;

5) ad avviare un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone e delle infrastrutture a rischio idrogeologico, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti, al fine di rivolgere ai siti interessati specifici interventi strutturali – risolutivi e sistemici – che non si risolvano in misure di gestione dell'emergenza, che rischiano di limitarsi alle criticità in atto, lasciando inevase tutte le altre situazioni a rischio del Paese;

6) ad adottare tutte le iniziative necessarie per stanziare adeguate risorse per favorire la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e gli interventi a difesa del suolo, ivi inclusi quelli destinati alla lotta all'erosione costiera, promuovendo il rafforzamento e lo sviluppo delle attività di complesso monitoraggio del territorio nazionale;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere un corpo specialistico di polizia ambientale a ordinamento civile con funzioni di tutela ambientale, delle foreste, del paesaggio e della biodiversità, come strumento attivo di tutela del patrimonio ambientale, nonché di prevenzione e di contrasto del rischio idrogeologico;

8) a promuovere, partendo dalle scuole di ogni ordine e grado, una maggiore sensibilizzazione dei cittadini verso gli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo best practice tese alla tutela dell'ambiente;

9) a promuovere l'introduzione di dazi, inquadrabili come dazi di civiltà, su quei prodotti di importazione provenienti da Paesi extra Unione europea che non rispecchiano gli standard di tutela ambientale, unitamente a quelli salariali e di salute e sicurezza sul lavoro, vigenti in ambito europeo, al fine di evitare un pericoloso dumping sociale e contrastare fenomeni di concorrenza sleale;

10) a valutare l'opportunità di promuovere progetti di ricerca orientati all'individuazione di strategie di adattamento per la gestione delle risorse naturali in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico;

11) a predisporre un tavolo tecnico multilivello teso all'individuazione, al monitoraggio e all'approfondimento dei rischi per la salute dovuti al deterioramento eco-sistemico e all'interrelazione di questo con il cambiamento climatico, nella prospettiva di pianificare azioni volte al contenimento e alla sensibilizzazione della popolazione circa i rischi sulla salute umana;

12) a farsi portavoce, nelle competenti sedi internazionali, dell'individuazione di regole e parametri condivisi a livello globale finalizzati alla concreta e fattiva attuazione degli accordi siglati in sede internazionale.
(1-00299) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Luca De Carlo, Foti, Trancassini, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Varchi, Zucconi».

(25 novembre 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    i cambiamenti climatici, anche quale causa e moltiplicatore di altri rischi ambientali, rappresentano una sfida decisiva e ineludibile per tutti i Paesi e per l'umanità;

    nel dicembre 2015, alla Conferenza sul Clima di Parigi (COP21), 195 Paesi hanno adottato un importante accordo universale e vincolante sul clima mondiale. Si tratta di un sensibile passo avanti di un percorso ancora lungo e non facile volto a contrastare il surriscaldamento globale. L'accordo ha definito un piano d'azione globale, inteso a rimettere il mondo sulla buona strada per limitare il riscaldamento globale. I Governi hanno concordato di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale a 1,5 gradi centigradi, e comunque ben al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine, e di fornire ai Paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente all'adattamento;

    sono obiettivi impegnativi che devono inevitabilmente tradursi in nuove opportunità di crescita economica e di occupazione, anche attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite e dell'innovazione;

    nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l'Accordo ha compreso elementi per una riduzione progressiva delle emissioni globali di gas serra e si è basato, per la prima volta, su principi comuni validi per tutti i Paesi. Uno degli obiettivi principali è stato quello di orientare i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e di migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici;

    per mettere a punto quanto stabilito con l'Accordo di Parigi del 2015 (COP21) e proseguire sulle iniziative comuni volte al contrasto del riscaldamento globale, si sono svolte: la Conferenza di Marrakech nel 2016 (COP22), la Conferenza di Bonn nel 2017 (COP 23), la Conferenza sul clima di Katowice (COP24) nel dicembre 2018. Il prossimo summit globale sul clima dell'Onu si terrà a Madrid nel dicembre 2019;

    il rapido processo verso un'economia a basse emissioni di carbonio, come chiedono gli accordi di Parigi 2015, perché sia efficace, dovrebbe vedere pienamente coinvolti Usa, Cina e i maggiori Paesi in via di sviluppo e purtroppo non può essere sufficiente il ruolo dell'Europa, che peraltro si conferma essere la più virtuosa sotto questo aspetto;

    la sfida climatica da vincolo si deve trasformare in opportunità economica e si deve affrontare con più innovazione, con nuove tecnologie in grado di creare posti di lavoro;

    in quest'ottica, bisogna avere la consapevolezza che, senza modificare fortemente l'attuale sistema produttivo, non sarà possibile fermare il riscaldamento globale. E va da sé che il sistema produttivo lo si modifica solo con interventi a monte, in primo luogo con una nuova politica energetica che favorisca l'utilizzazione di tecnologie e fonti energetiche a basse emissioni di carbonio e definisca una vera e propria road map verso l'inevitabile decarbonizzazione che riguardi tutti i settori, attraverso investimenti pubblici, incentivi fiscali e semplificazione;

    l'ambiente è tema trasversale: impone soluzioni coordinate sia sul piano industriale sia per gli usi civili e richiede modelli di sviluppo nuovi, in grado di affrontare realtà profondamente diverse e armonizzarle in direzione di un comune obiettivo di crescita socio-economica;

    la trasformazione è inevitabile, chi partirà prima più sarà avvantaggiato in futuro;

    oggi ha poco senso discutere sul «se». Occorre piuttosto metter in atto le molteplici sfide che l'ambiente pone alla classe politica e alla società civile. Peraltro, ogni risposta possibile, in questa prospettiva, deve necessariamente partire, per quanto riguarda il nostro Paese, dal livello più alto dell'ordinamento: la Costituzione. È infatti il momento di adeguare la «lettera» della Carta, nella convinzione che la Costituzione sia anche, e prima di tutto, la tavola dei valori della comunità, in cui ciascuno deve riconoscersi. L'ambiente è ormai parte integrante della cultura e dell'ordinamento italiani e, dunque, non può non trovare riconoscimento formale nella Carta;

    di tutto ciò la gran parte della comunità internazionale ne è consapevole e si sta muovendo in questa direzione. Ma se la direzione è giusta, va accelerato il passo e quindi vanno accelerate le decisioni di politica economica e industriale di contrasto al global warming;

    la Germania di Angela Merkel ha deciso di stanziare 100 miliardi di euro entro il 2030 (54 entro il 2023) per riconvertire l'economia nel segno della sostenibilità, con l'obiettivo di diminuire le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030 e diventare «neutrali» dal punto di vista climatico entro il 2050;

    il Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fin da subito posto la centralità dell'ambiente nell'azione del suo Esecutivo, dando nuovo impulso all'impegno, avanzato dalla Commissione nel 2018, di azzerare le emissioni entro il 2050. E ha proposto di alzare l'asticella fissata per il 2030, portando il taglio dal 40 al 50 per cento rispetto ai livelli del 1990. Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, nel 2020 si raggiungerà una riduzione del 26 per cento;

    le nuove politiche ambientali dell'Unione europea puntano su un forte rilancio degli investimenti in energia e infrastrutture, in una fase di stagnazione economica. La transizione a un'economia a zero emissioni, secondo la Commissione europea, dovrebbe portare a un 2 per cento in più di prodotto interno lordo entro il 2050;

    nel bilancio 2014-2020, l'Unione europea ha destinato il 20 per cento della sua spesa (206 miliardi di euro) in programmi legati al climate change;

    nella proposta di budget 2021-2027, da finalizzare entro fine 2019, si sale al 25 per cento (320 miliardi di euro). Attraverso la partecipazione dei privati, von der Leyen vuole arrivare a mobilitare 1.000 miliardi di euro in investimenti «verdi». Un obiettivo è quello di sbloccare più capitali privati da destinare alle energie rinnovabili e, più in generale, alle tecnologie «pulite»;

    la Banca europea per gli investimenti, uno dei maggiori finanziatori di progetti finalizzati a sostenere obiettivi climatici e ambientali nell'Unione europea, ha fornito negli ultimi cinque anni più di 65 miliardi di euro a favore delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica e della distribuzione di energia;

    sempre la Banca europea per gli investimenti ha annunciato che, nel prossimo decennio, mobiliterà 1.000 miliardi di euro di investimenti sostenibili su ambiente e clima. La quota di finanziamenti dedicati agli obiettivi climatici e ambientali raggiungerà il 50 per cento delle operazioni entro il 2025, mantenendo gli impegni negli anni successivi;

    per quanto riguarda l'Italia, in controtendenza rispetto a un'economia nazionale completamente ferma da troppo tempo, il rapporto GreenItaly, presentato nell'ottobre 2019 da Unioncamere e Fondazione Symbola, dice che oltre 432 mila imprese italiane negli ultimi 5 anni hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di anidride carbonica (o prevedono di farlo entro il 2019). In Italia le persone che lavorano in questo settore sono 3,1 milioni, il 13,4 per cento degli occupati. Complessivamente il 21,5 per cento delle imprese investe su prodotti e tecnologie green. E nei prossimi 5 anni, l'economia circolare e sostenibile offrirà un'opportunità di lavoro su 5 sia nel settore privato, sia in quello pubblico;

    il potenziale di crescita e di nuove opportunità per l'economia e le imprese legate allo sviluppo dell'economia verde è enorme;

    la transizione climatica deve avvenire nei tempi decisi a livello internazionale, ma si devono tenere in considerazione anche le implicazioni che un rapido cambiamento del modello di sviluppo, come conosciuto fino ad oggi, ha inevitabilmente su una parte del mondo produttivo e dei lavoratori, maggiormente coinvolti nella «obbligata» ma necessaria riconversione;

    sotto questo aspetto, affinché la transizione sia realmente efficace, è indispensabile che gli aggiustamenti per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell'ambiente siano anche equi e giusti;

    se la transizione ecologica significa nuove opportunità per ampi settori produttivi, essa porta con sé anche svantaggi per quei settori produttivi e quei lavoratori che hanno meno alternative e quindi maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operano in settori dove è più difficile riconvertirsi se non a costi assai elevati. È questo un aspetto assai importante, ma a volte sottovalutato;

    la sostenibilità ambientale è ormai un'esigenza ineludibile che impone una nuova visione di sviluppo, ma la sostenibilità ambientale deve essere perseguita parallelamente con la sostenibilità economica;

    il nuovo paradigma deve essere perseguito tenendo in considerazione che per molte imprese adattarsi al nuovo corso green richiede tempo, tante risorse e fatica imprenditoriale e che può mettere in difficoltà la stessa tenuta occupazionale, e di questo non si può non tenerne conto;

    un settore decisivo per il controllo del global warming è certamente quello dell'economia circolare e dello sviluppo delle filiere del recupero, attraverso l'uso di materiali e beni riciclati;

    i mutamenti climatici sono infatti collegati anche all'utilizzo di materie prime. Il 62 per cento delle emissioni di gas a effetto serra avviene durante il processo di estrazione e lavorazione delle materie prime. Ogni anno l'economia mondiale consuma quasi 93 miliardi di tonnellate di materie prime, ma solamente il 9 per cento di queste vengono riutilizzate;

    favorire il trattamento dei rifiuti ai fini del loro recupero e riutilizzo nel sistema produttivo non solo fa bene all'ambiente, ma permette a moltissime aziende della filiera che investono nel nostro Paese di essere competitive anche rispetto alla concorrenza estera;

    come ha recentemente ricordato il presidente di Assolombarda all'assemblea generale dell'associazione, «il problema numero uno nell'ambito non energetico è chiudere integralmente il ciclo del trattamento dei rifiuti, industriali e urbani. Rifiuti che continuiamo a esportare nel mondo pagando miliardi, quando non sono poi gestiti dalle ecomafie»;

    gran parte del nostro Paese fatica enormemente a gestire efficacemente la gestione dei rifiuti, con la conseguenza di convivere con una grave e perdurante emergenza. Uno dei problemi principali, se non il principale, è infatti l'estrema carenza degli impianti necessari per trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere integralmente il ciclo del loro trattamento. Si tratta di impianti indispensabili per poter rispettare gli obiettivi europei di riciclo. Senza questi impianti i costi crescono, le aziende dell'ambiente si fermano e si impedisce di fatto anche lo sviluppo dell'economia circolare. Laddove esiste un ciclo integrato dei rifiuti grazie ad un parco impiantistico sviluppato, viene ridotto significativamente l'utilizzo della discarica;

    una cattiva gestione del ciclo dei rifiuti si ripercuote inevitabilmente su un'altra emergenza collegata: ossia la presenza ingente di rifiuti plastici nell'ambiente e in particolare in quello marino, dove ha ormai assunto le dimensioni di una sfida complessa e globale. Su 150 tartarughe morte spiaggiate, i ricercatori dicono che i tre quarti hanno plastica nel corpo. Recentemente è stato reso pubblico il rapporto Ispra, che ricorda come complessivamente ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7 per cento nel Mediterraneo;

    nonostante i buoni proclami di questo come degli ultimi passati Governi, il nostro Paese risulta essere ancora carente sul fronte delle misure per la lotta allo smog;

    i preoccupanti recenti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea), nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria, indicano l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nei report dell'Agenzia europea per l'ambiente, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno, senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle città italiane;

    il fatto è che, al di là dell'impegno dei singoli sindaci e amministratori locali, il Governo centrale deve dare il suo contributo anche in termini di risorse finanziarie;

    devono essere messe in campo ben altre cifre per favorire e investire sulla mobilità pubblica nelle aree urbane, con particolare riguardo a quella elettrica e su rotaia e sul trasporto pubblico regionale, fino ad arrivare alla necessaria riqualificazione degli edifici pubblici per quanto riguarda l'efficientamento energetico;

    il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e un'integrata strategia antismog;

    a ciò si aggiunga che il 10 per cento dei cittadini è a rischio sanitario, perché vive in aree contaminate che avrebbero urgente bisogno di bonifiche ambientali;

    a fronte di tante criticità, il nostro Paese, per ora, propone timide iniziative e scarsissime risorse dedicate. Il Governo si presenta con misure e interventi assolutamente non all'altezza della situazione: nel disegno di legge di bilancio per il 2020, così come nel «decreto clima», entrambi all'esame del Parlamento, ci sono alcune misure, ma del tutto insufficienti e inadeguate, così come si vede poco in termini di risorse finanziarie stanziate. E la stessa sottovalutazione delle forti criticità ambientali è riscontrabile nelle misure del Governo previste nel disegno di legge «Salvamare», volte a contrastare la presenza di rifiuti nelle acque marine e interne,

impegna il Governo:

1) ad accelerare l'attuazione delle misure di contrasto ai cambiamenti climatici e a implementare tutte le iniziative necessarie a consentire il raggiungimento, nei tempi previsti, degli ambiziosi obiettivi ambientali e di sostenibilità previsti dagli accordi internazionali e firmati dal nostro Paese;

2) a mettere in atto tutte quelle iniziative volte a sostenere, nel rapido processo di adattamento produttivo legato alla transizione ecologica in atto, quella parte importante delle attività produttive, del mondo industriale e dei lavoratori maggiormente coinvolti e che hanno maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operanti in settori dove è più difficile riconvertirsi se non a costi molto elevati e con conseguenze negative anche per la tenuta occupazionale;

3) ad avviare un tavolo permanente di confronto con i suddetti soggetti coinvolti, al fine di individuare le iniziative e gli strumenti più adeguati a sostenerli per adattarsi al meglio alle nuove sfide;

4) a favorire maggiormente le startup e le aziende che innovano sui prodotti esistenti e sulla loro modalità di produzione e a incrementare iniziative e risorse a favore dell'efficienza energetica dell'edilizia, dell'industria e dei trasporti e dello sviluppo di tecnologie elettro-efficienti in ambito residenziale;

5) ad adottare iniziative per prevedere, d'intesa con regioni ed enti locali, le necessarie risorse volte a finanziare credibili ed efficaci misure di contrasto all'inquinamento atmosferico, che, secondo i report dell'Agenzia ambientale europea (Eea), provoca nel nostro Paese 60 mila morti premature l'anno e vede l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto;

6) ad adottare iniziative per varare un reale ed efficace piano per la mobilità urbana ecosostenibile, attraverso l'introduzione di incentivi fiscali per cittadini e imprese, misure di semplificazione, nonché una capillare diffusione delle infrastrutture necessarie per la mobilità elettrica;

7) a implementare tutte le iniziative volte a incentivare l'economia circolare e a favorire lo sviluppo delle filiere legate al recupero e all'uso dei materiali e dei beni riciclati;

8) ad adottare le necessarie iniziative improcrastinabili, volte a favorire la chiusura integrale del ciclo del trattamento dei rifiuti, anche attraverso la realizzazione degli impianti indispensabili per rispettare gli obiettivi europei di riciclo e necessari per recuperare e trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere il ciclo del loro trattamento;

9) ad adottare le iniziative di competenza per garantire un'autonomia finanziaria degli enti locali che impegnano le risorse derivanti dalla tassazione alle imprese in investimenti nel settore energetico-ambientale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per il miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti.
(1-00300) «Labriola, Prestigiacomo, Gelmini, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Mazzetti, Ruffino».

(25 novembre 2019)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   MULÈ, GELMINI, BAGNASCO, CASSINELLI, COSTA, CRISTINA, GIACOMETTO, NAPOLI, PELLA, PORCHIETTO, ROSSO, RUFFINO, SOZZANI e ZANGRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nella giornata del 24 novembre 2019 un tratto di circa trenta metri di lunghezza di un viadotto della autostrada A6, in località Madonna del Monte, è franato;

   il crollo è dovuto ad uno smottamento di fango che ha travolto i piloni del viadotto, causando il crollo della sede stradale;

   il crollo non ha prodotto vittime, ma il rischio di una tragedia è stato solo miracolosamente sventato;

   quanto avvenuto, pur con modalità e dinamiche diverse, richiama alla memoria il crollo del Ponte Morandi, verificatosi distanza di soli 15 mesi dal nuovo crollo di un viadotto;

   nelle ore immediatamente successive al crollo sono stati chiusi urgentemente, su sollecitazione della procura della Repubblica di Genova, altri due viadotti dell'autostrada A 26, entrambe ubicati nella regione Liguria. Sui medesimi viadotti il concessionario ancora a settembre 2019 dichiarava non esservi alcun motivo di pericolo;

   notizie di stampa riportano che, a seguito di un rapporto ispettivo sullo stato delle infrastrutture autostradali redatto circa un mese e mezzo fa, sarebbero otto i ponti e i viadotti a rischio massimo di crollo situati tra Piemonte e Liguria;

   appare evidente che vi sia una situazione di assoluta emergenza che riguarda le infrastrutture autostradali dove, in alcuni tratti, la sicurezza non è garantita;

   l'azione svolta dal Governo ad avviso degli interroganti appare improntata all'incertezza e alla confusione, con alcuni esponenti che ricorrentemente hanno minacciato la revoca di concessioni autostradali;

   all'indomani del crollo del Ponte Morandi l'allora Governo aveva annunciato il varo di un'intensa attività ispettiva volta a verificare la sicurezza delle infrastrutture viarie e dei viadotti in particolare, ma non pare esservi stato alcun risultato concreto né con il precedente Governo, né con quello attuale;

   l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa) avrebbe dovuto svolgere attività ispettiva dal 1° gennaio 2019, ma è rimasta sulla carta e addirittura definanziata per il 2019, salvo nominarne il presidente il giorno successivo al crollo del viadotto sull'A6 al fine di porre un argine alle polemiche che investivano l'Esecutivo –:

   alla luce del nuovo crollo verificatosi e della notizia che vede a massimo rischio di crollo altri otto ponti e viadotti, quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di garantire la sicurezza di strade e autostrade italiane e di prevenire nuovi crolli, in particolare nelle regioni Liguria e Piemonte, e se intenda procedere alla revoca di alcune concessioni autostradali e in quali tempi.
(3-01148)

(26 novembre 2019)

   TONDO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dal 2001 è iniziata la cessione delle caserme dismesse da parte del demanio militare alle amministrazioni locali; in particolare ciò è avvenuto in Friuli Venezia Giulia con il decreto legislativo n. 237 del 2001 e con il decreto legislativo n. 35 del 2007 e nel 2012/2013;

   in Friuli Venezia Giulia la presenza di beni militari dismessi, anche di vaste dimensioni, assume proporzioni molto più importanti rispetto al resto delle regioni, poiché la presenza dello storico confine orientale, ultimo baluardo prima del cosiddetto «blocco» dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia e confine storico del «mondo occidentale» fino alla Guerra del Kosovo 1999, l'ha portata a essere il territorio più militarizzato d'Italia. Anche durante la «guerra fredda» i presidi militari sono stati un fondamentale presidio a difesa del territorio italiano;

   in regione innumerevoli stabili fatiscenti e abbandonati si sono trasformati in ammassi di lamiere e amianto;

   vi si trovano oltre 1.157 alloggi demaniali vuoti sui 3.300 presenti sul territorio nazionale, cui si devono aggiungere 400 caserme in attesa di dismissione, più o meno 1.400 bunker e 300 postazioni di montagna, oltre a vari campi per le esercitazioni in quota e a ridosso del confine;

   in molte occasioni gli stabili sono fatiscenti, pericolanti e rischiano di diventare ricettacolo di sporcizia e sede di traffici non sempre all'interno della legalità;

   le caserme hanno spesso un valore storico poiché edificate in tempi lontani, sin da prima dell'Unità d'Italia, e costituiscono un importante e fondamentale patrimonio che dovrebbe essere valorizzato come possibile risorsa economica e culturale –:

   quale risulti essere, per quanto di competenza, lo stato attuale dei presidi del demanio militare presenti nella regione Friuli Venezia Giulia, anche al fine di una loro valorizzazione per scopi di utilità sociale attraverso un piano di riutilizzo o di cessione.
(3-01149)

(26 novembre 2019)

   ROSTAN e FORNARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 24 settembre 2014 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00291, con la quale si impegnava il Governo ad assumere in ogni opportuna sede iniziative di competenza volte a tutelare il concittadino Enrico Forti detto Chico, che dal 2000 si trova in carcere negli Stati Uniti per una condanna all'ergastolo per omicidio avvenuta a seguito di un processo lampo e indiziario;

   la ricostruzione della vita di Forti (nato a Trento nel 1959, campione di windsurf, filmaker e presentatore televisivo), delle sue vicende personali negli Usa e del controverso episodio del delitto (la morte di Dale Pike) in cui è stato coinvolto, con le molte perplessità di un procedimento giudiziario lacunoso e parziale, aprono lo spazio a tanti dubbi, al punto che da anni si mobilita una vasta comunità di amici, conoscenti, intellettuali che hanno presentato numerosi appelli per la revisione del processo;

   la richiesta di revisione è sempre stata rifiutata benché siano emersi in tutto questo tempo fatti e circostanze in favore di Forti, i quali confermerebbero gravi violazioni al suo diritto alla difesa durante la vicenda giudiziaria;

   già nel maggio 2012 è stato presentato dai legali italiani un report all'allora Ministro degli affari esteri con le motivazioni per la richiesta di revisione;

   di recente la rete televisiva americana Cbs ha dedicato una puntata del programma 48 hours al caso Forti, mettendo in luce nuove importanti prove a discolpa. Anche la televisione nazionale svedese Svt sta producendo un film documentario sul caso;

   il Governo italiano intrattiene con il Governo degli Stati Uniti ottimi rapporti diplomatici che hanno portato anche di recente alla soluzione di casi giudiziari controversi;

   non si discute, né qui né nella mozione approvata a suo tempo, di innocenza o di colpevolezza, che va decisa dalla magistratura americana, ma di processo giusto, equo, con la possibilità di difendersi, di dimostrare la propria innocenza –:

   quali ulteriori iniziative, oltre a quelle richiamate nel comunicato del 20 novembre 2019 dallo stesso Ministro interrogato, intenda intraprendere nei confronti delle autorità statunitensi per garantire al concittadino Enrico Forti, detenuto a seguito di un ingiusto processo, i diritti fondamentali di difesa al fine di poter dimostrare la propria innocenza.
(3-01150)

(26 novembre 2019)

   CABRAS, CAPPELLANI, CARELLI, COLLETTI, SABRINA DE CARLO, DEL GROSSO, DI STASIO, EHM, EMILIOZZI, GRANDE, OLGIATI, PERCONTI, ROMANIELLO, SIRAGUSA e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   le relazioni bilaterali con la Cina, che già nel 2018 hanno registrato dati molto positivi con un interscambio pari a circa 44 miliardi di euro, hanno conosciuto una significativa intensificazione nel 2019 grazie ai frequenti scambi di visite ad alto livello e alla firma di numerose intese;

   in data 23 marzo 2019, nel corso della visita di Stato del Presidente Xi Jinping, l'Italia ha firmato con le controparti cinesi 19 intese istituzionali e 10 accordi commerciali;

   la sottoscrizione in tale contesto del Memorandum bilaterale sulla collaborazione nell'ambito della Belt and road initiative (sottoscritto da 18 Paesi dell'Unione europea su 28) e la partecipazione del Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, alla seconda edizione del Belt and road forum di Pechino il successivo mese di aprile 2019 hanno fornito un quadro di riferimento chiaro per lo sviluppo dei rapporti economici e commerciali dell'Italia con la Cina, generando grandi aspettative nella comunità imprenditoriale italiana verso un decisivo salto di qualità del partenariato economico con il Governo di Pechino, anche rispetto alla situazione degli altri principali partner europei;

   a fronte delle grandi potenzialità di ulteriore sviluppo del partenariato economico con la Cina, rimangono sullo sfondo diverse problematiche legate al perdurante squilibrio della bilancia commerciale dell'Italia con l'amministrazione di Pechino derivante principalmente dalle barriere tariffarie e non tariffarie che ancora ostacolano l'accesso delle aziende e dei prodotti italiani in Cina –:

   quali interessi specifici siano stati perseguiti dal Governo in occasione della recente visita in Cina del Ministro interrogato alla seconda edizione del China International Import Expo di Shanghai, anche in ragione delle problematiche esposte in premessa.
(3-01151)

(26 novembre 2019)

   MELONI, LOLLOBRIGIDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   i maggiori organi di informazione hanno riportato la notizia che Beppe Grillo, fondatore del MoVimento 5 Stelle, tra venerdì 22 e sabato 23 novembre 2019, si è recato ben due volte all'ambasciata cinese in Italia per incontrare l'ambasciatore Li Junhua;

   a parere degli interroganti gli incontri appaiono del tutto irrituali poiché Grillo non riveste alcun incarico governativo e le sue iniziative rischiano di sovrapporsi impropriamente alle competenze del Ministro interrogato;

   la vicinanza politica del MoVimento 5 Stelle – e dei Governi da esso sostenuti – alla Cina pare confermata dal fatto che nel 2018 vi è stata la firma del Memorandum sulla «Via della seta» da parte dell'allora Ministro dello sviluppo economico e ora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio; non solo, ma di recente è stata confermata proprio dall'ambasciatore Li Junhua, che ha commentato con soddisfazione la presenza dello stesso alla China International Import Expo che si è svolta a Shanghai dal 5 al 10 novembre 2019;

   la politica estera svolta già nel 2018 dal Governo sostenuto dall'attuale forza di maggioranza cui appartiene il Ministro interrogato, si è rivelata anche nelle indiscrezioni sull'ipotesi di una possibile «vendita» di parte del debito pubblico ai cinesi, nel tiepido atteggiamento riguardo alla tecnologia 5G e nell'astensione in sede europea rispetto al nuovo regolamento per il controllo degli investimenti di Paesi terzi in Europa, in precedenza proprio sollecitato dall'Italia;

   tutte misure che, a parere degli interroganti, confermano la volontà di non difendere la produzione nazionale dalla penetrazione economica cinese;

   in ragione, anche, dell'attuale crisi politica cinese, il numero di viaggi e visite ufficiali e non da parte di membri dell'Esecutivo in Cina e i rapporti economici tra la Casaleggio associati ed aziende cinesi costituirebbero a parere degli interroganti un rischio per la sicurezza nazionale;

   occorre ricondurre la politica italiana nell'ambito di un dialogo chiaro con le altre nazioni e, soprattutto, nei normali contesti istituzionali, perché è in gioco la credibilità dell'Italia a livello internazionale e la difesa degli interessi nazionali –:

   se non ritenga necessario, anche a tutela della sicurezza nazionale, far luce, per quanto di competenza, su quanto esposto in premessa, chiarendo quale sia la posizione del Governo a difesa degli interessi nazionali, scongiurando il rischio di possibili ingerenze straniere.
(3-01152)

(26 novembre 2019)

   MARCO DI MAIO, FREGOLENT, D'ALESSANDRO, ANZALDI, TOCCAFONDI, NOBILI e PAITA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'investimento in cultura, con particolare riferimento alla conservazione e alla valorizzazione dell'immenso patrimonio storico, dovrebbe essere una priorità per il nostro Paese;

   l'attivazione di investimenti su temi di competenza del Ministro interrogato hanno per obiettivo non solo di mantenere e conservare il patrimonio esistente, ma anche di generare opportunità economiche dirette e indirette;

   a tale riguardo risulta che, durante la gestione del precedente Governo, non siano state utilizzate risorse per circa 2 miliardi di euro per investimenti connessi al settore cultura e turismo. Si tratta di importi programmati nella XVII legislatura e a parere degli interroganti colpevolmente non impiegati dal precedente Esecutivo;

   somme ereditate, dunque, dal Ministro interrogato e che derivano, in parte, da risorse comunitarie e politica di coesione e, in parte, da risorse nazionali;

   i fondi giacenti sono quelli relativi, a titolo di esempio, al Piano operativo nazionale (Pon cultura e sviluppo asse I), quelli inerenti al Piano operativo complementare al Pon (Poc) Azione 1 (aggiornato ex circolare n. 19 del 2019) ai quali si aggiungono i fondi previsti dal Piano operativo stralcio cultura e turismo 2014-20 Cipe 3/2016 (linea 1, linea 2) e quelli previsti dal Piano operativo stralcio cultura e turismo 2014-20 Cipe 10/2018 (con competenza finanziaria dal 2018);

   si ravvisa la massima urgenza di attivare entro tempi rapidi la realizzazione di tali investimenti per dare impulso e proseguire le attività connesse al recupero del patrimonio artistico, culturale, architettonico e al sistema economico –:

   quali iniziative intenda adottare per «sbloccare» le risorse in essere e attraverso quale cronoprogramma operativo.
(3-01153)

(26 novembre 2019)

   MOLINARI, VINCI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero per i beni e le attività culturali, in data 12 luglio 2018, ha inserito la via Matildica del Volto Santo nel proprio Atlante dei Cammini d'Italia, sito che riunisce i più importanti cammini storici e di importanza storico-turistica italiani;

   il cammino della via Matildica si estende per una lunghezza di 250 chilometri da Mantova a Lucca attraverso Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, unendo tra loro tutti i luoghi direttamente collegati a Matilde di Canossa e incentrandosi in particolare sul territorio della montagna reggiana;

   gli ideatori di detto cammino lo hanno ritenuto strategico per la valorizzazione dell'intera montagna reggiana: da Mantova, meta frequentatissima da parte dei turisti tedeschi, i visitatori possono avere ulteriore incentivo per proseguire sino a Canossa e apprezzare le particolarità paesaggistiche, culturali e rurali dell'Appennino reggiano, per poi confluire a Lucca nella Via Francigena. Verso Nord poi la via si apre lungo la Val d'Adige, dando di fatto origine all'unica vera Via Germanica dell'Italia settentrionale;

   il Governo ha accolto l'ordine del giorno presentato dal deputato Vinci il 7 agosto 2018 in relazione all'atto Camera n. 1041 (seduta n. 40 dell'Assemblea della Camera dei deputati), volto all'attivazione di una collaborazione con le istituzioni locali competenti del territorio dell'Appennino tosco-emiliano, al fine di avere una promozione integrata e relativa valorizzazione del turismo a vocazione culturale, enogastronomico, geologico e paesaggistico realizzabile in tale variegato territorio –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di concorrere alla valorizzazione integrata delle risorse culturali, paesaggistiche e rurali del territorio dell'Appennino tosco-emiliano, segnatamente attraverso il sostegno dello sviluppo e della promozione della Via Matildica del Volto Santo.
(3-01154)

(26 novembre 2019)

   DE MENECH, ROSSI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, DI GIORGI, CIAMPI, ORFINI, GRIBAUDO, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   durante la 134a sessione del Comitato olimpico internazionale, il 24 giugno 2019 a Losanna, tra le città organizzatrici dei XXV Giochi olimpici invernali, che si terranno nel 2026, è stata selezionata la candidatura di Milano-Cortina d'Ampezzo;

   le prossime Olimpiadi italiane si svolgeranno con eventi e gare distribuiti su tre regioni: Lombardia, Veneto e Trentino Alto-Adige;

   le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 saranno uno straordinario volano economico per l'intero Paese e, specialmente, per quei territori che le hanno fortemente volute e che le ospiteranno. Ma potranno essere anche una grande occasione di rilancio e riqualificazione dei territori ospitanti;

   è ormai dimostrato che i grandi eventi sportivi possono essere un vero e proprio strumento di marketing territoriale, turistico e culturale a cui ricorrere per valorizzare le risorse di un territorio;

   i punti dai quali ripartire, grazie a questa occasione offerta dalla convergenza che si è venuta a creare tra la principale area metropolitana del Paese e le Dolomiti, sono innanzitutto il turismo e la cultura;

   parallelamente all'evento sportivo si potrebbero sponsorizzare un insieme di manifestazioni, idealmente denominate le «Olimpiadi della bellezza», per coinvolgere lo straordinario patrimonio culturale e paesaggistico, quali le testimonianze romane dell'Arena di Verona, sede della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi, le bellezze della città di Venezia, gemma del panorama turistico veneto ed italiano, i resti romani delle chiese di Milano, le guglie dolomitiche, le città murate del Veneto, come, ad esempio, Feltre, che custodiscono tesori d'arte di inestimabile valore –:

   se il Ministro interrogato non intenda promuovere – parallelamente all'evento sportivo – un progetto idealmente denominato le «Olimpiadi della bellezza» finalizzato a valorizzare gli aspetti turistici, paesaggistici, culturali e artistici delle città e dei territori in cui si svolgeranno le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, anche al fine di promuoverne lo sviluppo economico e sociale.
(3-01155)

(26 novembre 2019)

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