TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 325 di Giovedì 9 aprile 2020

 
.

INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:

   dall'insorgere dell'emergenza COVID-19, numerosi sono stati gli interventi di risposta comune posti in essere dalle istituzioni europee e coordinati dalla Commissione europea, per rafforzare i settori della sanità pubblica e attenuare l'impatto socio-economico della pandemia nell'Unione europea;

   tra le priorità individuate dalle istituzioni dell'Unione europea, c'è quella di affrontare le conseguenze socio-economiche del virus, utilizzando tutti gli strumenti necessari e mediante un'applicazione flessibile delle norme europee, in particolare per quanto riguarda gli aiuti di Stato e il Patto di stabilità e crescita;

   nello specifico, con la comunicazione COM (2020) 123 la Commissione europea ha proposto di autorizzare il ricorso alla flessibilità offerta dalle norme di bilancio dell'Unione europea introdotte dal Patto di stabilità e crescita, attraverso l'attivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto, sollecitando il Consiglio dell'Unione europea a fare propria tale conclusione;

   nella dichiarazione congiunta sul Patto di stabilità e crescita, i Ministri dell'economia e delle finanze, riuniti in videoconferenza il 23 marzo 2020, nel ribadire che il ricorso a tale misura assicurerà la flessibilità necessaria a sostenere i sistemi sanitari e di protezione civile, hanno quindi riaffermato il proprio «pieno impegno» rispetto al Patto di stabilità e crescita;

   il 26 marzo 2020 i membri del Consiglio europeo hanno quindi dato seguito, in videoconferenza, alla risposta dell'Unione europea all'epidemia di COVID-19, concordando, nella dichiarazione comune, di continuare a operare seguendo i cinque filoni di intervento già precedentemente definiti: limitare la diffusione del virus, fornire attrezzature mediche, in particolare maschere e respiratori, promuovere la ricerca, anche per trovare un vaccino, affrontare le conseguenze socio-economiche, aiutare i cittadini bloccati in Paesi terzi;

   con specifico riferimento all'Italia, la Commissione europea ha, altresì, valutato che la necessità di porre rimedio al grave turbamento dell'economia, determinato dall'epidemia, giustifichi l'esenzione dalla normativa in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, misura estesa successivamente a tutti gli Stati membri;

   da ultimo, per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, il Consiglio dei ministri del 6 aprile 2020 ha approvato un decreto-legge che introduce, tra le altre, misure urgenti finalizzate a rafforzare ulteriormente il sistema delle garanzie dello Stato ai prestiti alle imprese, fino al 90 per cento degli importi, per complessivi 200 miliardi di euro, sfruttando tutti i margini consentiti dal nuovo quadro europeo sugli aiuti di Stato, recentemente rafforzato ed esteso a nuovi settori, al fine di sostenere l'economia nel contesto dell'epidemia di COVID-19, in conformità con la normativa europea in materia;

   in risposta alla crisi in atto, il Governo italiano ha quindi auspicato un piano europeo per la ripresa, con la proposta, di un European recovery and reinvestment plan, un progetto che necessita di un supporto finanziario condiviso a livello europeo, per ricostruire il tessuto sociale ed economico dell'Unione europea e non perdere la sfida della competizione globale –:

   se il Ministro interpellato, in considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica COVID-19, che è in continuo mutamento, e degli ultimi provvedimenti adottati a livello nazionale, intenda fornire un quadro aggiornato delle iniziative già assunte dalle varie istituzioni europee in merito alla risposta comune nei confronti dell'epidemia di Coronavirus, con particolare riferimento alle misure finalizzate a controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi nell'Unione europea, attraverso l'estensione della portata prevista dal quadro temporaneo degli aiuti di Stato e l'attivazione della clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita;

   se il Ministro interpellato intenda altresì fornire elementi in merito alla posizione che il Governo intende sostenere nei prossimi tavoli europei, anche in merito alla valutazione, nel quadro dell'auspicata proposta italiana di un European recovery and reinvestment plan, dei nuovi strumenti adottati nelle scorse settimane dalla Commissione europea, come il fondo Sure, l'estensione del quadro temporaneo degli aiuti di Stato adottato il 19 marzo 2020 e l'ulteriore flessibilità nell'utilizzo dei fondi strutturali non ancora spesi, in vista dei prossimi vertici e riunioni ministeriali, a partire dalla riunione dell'Eurogruppo del 7 aprile 2020.
(2-00719) «Galizia, Battelli, Berti, Bruno, De Giorgi, Di Lauro, Giordano, Grillo, Ianaro, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Torto, Leda Volpi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Chiazzese, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini, Zanichelli, Varrica».

(Presentata il 7 aprile 2020)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   con decreto del 4 aprile 2020 è stata istituita dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega in materia di informazione ed editoria, una «Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al COVID-19 sul web e sui social network»;

   il tema della disinformazione riveste una particolare delicatezza e rilevanza, perché inerisce all'essenza stessa della democrazia. Incide sulla formazione dell'opinione pubblica, riguardando la libertà di espressione e di stampa, vale a dire la libertà di informare e di essere informati, che è garantita dall'articolo 21 della Costituzione ed è insuscettibile di limitazione, se non alla stregua di quanto previsto dalla medesima disposizione, così come precisato dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale;

   nessun intervento volto a contrastare la disinformazione può incidere sulla libertà e sulla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, in quanto inviolabili e non soggetti a limitazione, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge, ai sensi dell'articolo 15 della Costituzione;

   l'emergenza sanitaria, che sta mettendo a dura prova il Paese, impone cautele rafforzate in capo alle istituzioni, che debbono evitare di avviare iniziative improvvide, prive di sostenibilità giuridica e concreta efficacia operativa, tali da creare equivoci sulla loro adeguatezza e confusione nella collettività;

   ancorché nel rapporto del novembre 2018 «News vs fake nel sistema dell'informazione» l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni abbia rilevato che le fonti informative on line (siti di quotidiani, testate on line, social network), a parità di risorse professionali utilizzate, producano una maggiore offerta di informazione, il fenomeno della diffusione di notizie false non riguarda solo la rete, ma il sistema dell'informazione e della comunicazione nel suo complesso, ivi compresi i mass media tradizionali;

   concetti quali «informazione ingannevole», «disinformazione» e «notizie false» hanno diverse accezioni; rivestono una particolare pericolosità nuove forme di contenuti audio o video artificiali, realistici e generati tramite intelligenza artificiale, noti come «media artificiali» (i cosiddetti «deep fake»), in quanto in grado di manipolare l'informazione e condizionare l'opinione pubblica e che possono essere rilevati, per lo più, solo con appositi strumenti tecnici e operativi;

   la rilevanza del tema della disinformazione è ulteriormente dimostrata dal fatto che sono state presentate proposte di legge – attualmente in corso di esame – per istituire un'apposita Commissione parlamentare d'inchiesta sulla diffusione intenzionale, seriale e massiva di informazioni false. Inoltre, già opera a livello europeo EUvsDisinfo, una task force per la lotta alla disinformazione del Servizio dell'Unione europea per l'azione esterna (Eeas), che da circa due mesi ha concentrato la propria attenzione sui casi di disinformazione relativi al COVID-19, riguardanti anche il nostro Paese, raccolti in un database costantemente aggiornato;

   all'unità in questione viene affidato il compito di procedere non solo al monitoraggio, ma anche alla ricognizione e classificazione dei contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, creati o condivisi con riferimento al virus, oltre all'analisi e valutazione delle modalità di diffusione e delle fonti di origine dei suddetti contenuti;

   si tratta di attività non consentite dall'ordinamento, in quanto in contrasto con principi e diritti di libertà riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale (articoli 15 e 21);

   non risulta quale tipo di procedura sia stata seguita per l'individuazione e selezione degli esperti di cui l'unità di monitoraggio si avvale, quale sia il loro curriculum e la specifica competenza di cui dispongono, da chi siano stati scelti e in base a quali criteri e parametri di valutazione –:

   quali siano i parametri in base ai quali l'unità intenda classificare i contenuti ritenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti e con quali strumenti intenda procedere alla loro analisi;

   quali siano i criteri per l'analisi e la valutazione delle loro modalità di diffusione;

   quale sia la legittimazione giuridica che consente all'unità di valutare le fonti di origine dei suddetti contenuti, laddove tale prerogativa è riservata all'autorità giudiziaria e implica sia l'accesso alle comunicazioni sia un sindacato di merito sui contenuti editoriali, ad avviso degli interpellanti in palese contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 15 e 21 della Costituzione e con le norme vigenti;

   per quale ragione il Parlamento non sia stato coinvolto nella valutazione dell'adeguatezza e congruità, anche istituzionale, di un'iniziativa che presenta tali fondamentali profili, inerenti alla libertà di espressione e di comunicazione;

   se l'attività dell'unità non si sovrapponga alle competenze e alle prerogative dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e in cosa si distingua dai compiti svolti da EUvsDisinfo, già operante a livello di Unione europea;

   per quale ragione il suo ambito oggettivo di intervento riguardi solo il web e i social network e non anche i mass media tradizionali;

   quali siano la procedura ad evidenza pubblica e i criteri in base ai quali sono stati scelti gli esperti, al fine di assicurare la trasparenza dell'agire amministrativo e di garantire la più elevata professionalità, l'adeguatezza e l'assenza di conflitti di interesse o di situazioni di incompatibilità.
(2-00723) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Delmastro Delle Vedove, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(Presentata il 7 aprile 2020)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   a fronte dell'emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19 il terzo settore italiano ha svolto un ruolo importante attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale a sostegno della popolazione;

   uno degli strumenti fondamentali per il finanziamento del volontariato italiano è l'istituto del 5 per mille introdotto con la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, commi 337 e seguenti). In base a quest'ultima è stata prevista la possibilità per il contribuente di devolvere il 5 per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a soggetti che operano in settori di riconosciuto interesse pubblico per finalità di utilità sociale;

   in particolare, i contribuenti possono destinare la quota del 5 per mille dell'Irpef a soggetti operanti nei seguenti settori:

    a) volontariato (competente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese);

    b) ricerca scientifica e universitaria (competente il Ministero dell'istruzione);

    c) ricerca sanitaria (competente il Ministero della salute);

    d) politiche sociali perseguite dai comuni (competente il Ministero dell'interno);

    e) attività sportive a carattere dilettantistico (competente la Presidenza del Consiglio dei ministri con il supporto del Coni, salvo per gli anni 2006 e 2007);

    f) attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici (competente il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – attività introdotta dall'anno 2012 con la legge 15 luglio 2011, n. 111);

   fino al momento dell'attuazione della riforma del terzo settore, possono presentare domanda per il beneficio del 5 per mille dell'Irpef, le onlus – organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460), le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali (ai sensi dell'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383), le associazioni e fondazioni che operano senza finalità di lucro nei settori indicati dall'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

   le procedure di assegnazione dei fondi sono state regolate con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri relativamente al riparto e alla corresponsione delle somme e alla loro rendicontazione da parte dei beneficiari;

   in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della legge 6 giugno 2016, n. 106, recante «Delega al Governo per la riforma del terzo settore», è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, disciplinante l'istituto del cinque per mille, che ha demandato ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione, tra l'altro, dei criteri di assegnazione dei fondi relativamente alla sezione volontariato;

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione avrebbe dovuto essere adottato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 111 del 2017, ovvero entro gennaio 2018, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

   uno degli aspetti fondamentali che avrebbe dovuto regolare il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è legato alle modalità per il pagamento del contributo e ai termini per le comunicazioni da parte dei beneficiari, con l'obiettivo di consentire l'erogazione dei fondi entro il termine di chiusura del secondo esercizio finanziario successivo a quello di impegno (articolo 5 del decreto legislativo n. 111 del 2017);

   ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 111 del 2017, inoltre, «al fine di accelerare le procedure per l'erogazione del cinque per mille, nella ripartizione delle risorse destinate sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi presentate ai sensi dell'articolo 2, commi 7, 8 e 8-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322»;

   nello specifico l'adozione di tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri potrebbe, dunque, consentire di dimezzare i termini di assegnazione dei fondi, legando il riparto delle somme ai dati inseriti nella dichiarazione dei redditi senza attendere il termine previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa citata nel regolamento di cui sopra;

   in base all'elenco pubblicato dall'Agenzia delle entrate il 3 aprile 2020 gli enti ammessi al beneficio del 5 per mille ammontano a un totale di 56.908. Di questi, la maggior parte (trattasi di 46.312 enti) fa riferimento alla categoria del volontariato. La quota prevista a favore di questi enti ammonta ad oggi ad euro 331.809.965,51;

   ad oggi non risulta ancora versata ai predetti enti la quota di spettanza relativa alla dichiarazione dei redditi 2018;

   in virtù di quanto previsto dal decreto legislativo n. 111 del 2017, l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra menzionato permetterebbe di assegnare le quote relative alla dichiarazione dei redditi 2018, nonché 2019, in un arco temporale piuttosto ridotto, liberando così risorse già assegnate al volontariato per circa 700 milioni di euro. Tale misura avrebbe, inoltre, carattere strutturale;

   è evidente che, a fronte dell'emergenza e delle attività svolte dal volontariato, tali fondi potrebbero costituire un apporto fondamentale per assicurare assistenza a beneficio di tantissimi cittadini –:

   in relazione a quanto sopra, quale sia lo stato dell'arte della procedura di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra menzionato e se si intenda chiarire quali iniziative si stanno intraprendendo al fine di addivenire quanto prima all'emanazione del predetto decreto e consentire lo sblocco dei fondi del 5 per mille già stanziati per le dichiarazioni dei redditi 2018 e 2019.
(2-00714) «Gadda, Fregolent, D'Alessandro, Toccafondi, Moretto».

(Presentata il 7 aprile 2020)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   nel primo giorno possibile per inoltrare le domande per il bonus da 600 euro – introdotto dal cosiddetto «decreto Cura Italia» – lavoratori autonomi e partite Iva, nel tentativo di accedere alla piattaforma Inps prevista per l'erogazione del bonus, hanno riscontrato problemi enormi subendo un vero e proprio calvario digitale;

   secondo le stime si tratta di una platea di 5 milioni di persone – i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), i liberi professionisti non iscritti a casse di previdenza obbligatoria, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo – un'intera categoria di precari impossibilitati nell'accesso alla seppur minima indennità concessa per decreto;

   la difficoltà nel «caricare» i dati sul portale Inps era evidente sin dalle fasi iniziali della compilazione e da subito, elemento gravissimo, si sono verificati scambi di persona tra gli utenti;

   alla domanda per il bonus è possibile accedere tramite Spid o pin semplificato: una procedura «apparentemente» accelerata, ma «evidentemente» non è così, per ottenere il codice d'accesso, che solitamente si richiede on line, ma deve esser completato tramite una successiva comunicazione cartacea;

   nella riorganizzazione che ha azzerato a fine dicembre 2019 i vertici dell'Inps e ristrutturato interamente l'ente, l'organigramma, completamente ridisegnato, avrebbe dovuto riammodernare, tra gli altri, il sistema informatico con il neonominato Capo dei sistemi informativi Vincenzo Caridi, responsabile diretto dell'informatizzazione del sistema informatico Inps e figura considerata molto vicina al Sottosegretario per lo sviluppo economico Stefano Buffagni;

   le critiche mosse, al momento della riorganizzazione, da parte dei sindacati, che hanno parlato di «autoreferenzialità del vertice politico» e di un rimescolamento di incarichi «non supportato da un'effettiva valutazione di merito dei dirigenti», sembrano trovare sempre più conferma nei disagi che hanno colpito le categorie più fragili e esposte alle conseguenze della pandemia in corso;

   a parere degli interpellanti, le misure possibili da adottare per impedire ulteriori disagi sono diverse, prima fra tutte la possibilità di erogare automaticamente il contributo previsto, dal momento che l'Inps conosce sia iscritti che possibili beneficiari, oltre ad essere a conoscenza degli iban attraverso i contributi periodici che vengono versati tramite il modello F24;

   inoltre, a parere degli interpellanti, si sarebbe potuto limitare l'accesso simultaneo di 5 milioni di utenti, abilitando tutti i professionisti e intermediari, in tal modo, in luogo del milione di connessioni rilevate, gli accessi sarebbero stati di gran lunga minori, dato che questi soggetti giornalmente operano per tutte le altre pratiche ed adempimenti relativi ai loro assistiti –:

   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per garantire la meritocrazia dirigenziale e la funzionalità dell'ente Inps, evidentemente minata, ad avviso degli interpellanti, da dirigenti che hanno dato prova, a danno dei cittadini più bisognosi, di non essere all'altezza delle funzioni loro attribuite;

   quali siano le misure previste a tutela della privacy, evidentemente violata in questi giorni attraverso l'accesso a un sistema informatico non adeguato, e se non si ritenga necessario adottare iniziative per abilitare tutti i professionisti e gli intermediari, limitando l'accesso simultaneo di tutti gli utenti;

   in che modo intenda garantire l'erogazione della misura prevista, necessaria, pur se inadeguata, a garantire la sussistenza per le categorie descritte in premessa.
(2-00721) «Lollobrigida, Rizzetto, Bucalo, Montaruli, Donzelli, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Meloni, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(Presentata il 7 aprile 2020)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il Coronavirus continua a fare morti in tutta Italia; ormai si è superata la quota di 8 mila vittime e tra queste ci sono molti professionisti sanitari, in prima linea a combattere contro questo terribile virus;

   il bilancio dei medici caduti sul campo è salito a 66 e si allunga di ora in ora la lista degli operatori sanitari deceduti per il COVID-19: il sacrificio di tanti dottori di famiglia, ma anche infettivologi, anestesisti e farmacisti, che stanno pagando un prezzo altissimo all'impegno per contenere l'epidemia;

   secondo i dati forniti dal Ministero della salute, in Italia, dall'inizio dell'epidemia al 28 marzo 2020, sono 7.763 i professionisti sanitari che hanno contratto il Coronavirus e di questi quasi 4.000 sono infermieri, più del 9 per cento del totale delle persone contagiate, una percentuale più che doppia rispetto a quella cinese del 3,8 per cento;

   alla base di questo boom di contagiati, che, secondo la fondazione Gimbe, sarebbe peraltro sottostimato, ci sarebbe la mancata esecuzione dei tamponi a tutti gli operatori sanitari, ma anche l'utilizzo non adeguato delle mascherine e, in particolare, il ricorso a quelle chirurgiche che non proteggerebbero adeguatamente gli operatori a contatto con i pazienti COVID-19;

   a distanza di un mese dal «caso 1» di Codogno, i numeri dimostrano che è stato pagato un prezzo molto alto per l'impreparazione organizzativa e gestionale dell'emergenza: dall'assenza di raccomandazioni nazionali a protocolli locali assenti o improvvisati; dalle difficoltà di approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale alla mancata esecuzione sistematica dei tamponi agli operatori sanitari; dalla mancata formazione dei professionisti sanitari alle campagne di informazione rivolte alla popolazione tutta;

   altro nodo è quello dei tamponi. All'inizio dell'emergenza sanitaria le regole decise dall'Istituto superiore di sanità prevedevano il tampone solo agli operatori sanitari con sintomi e solo da qualche giorno il Comitato tecnico-scientifico ha esteso l'esecuzione dei tamponi anche agli operatori sanitari asintomatici che sono venuti a contatto con pazienti positivi;

   alcune regioni, come, ad esempio, Veneto e Toscana, hanno autonomamente deciso di estendere i tamponi a tutto il personale sanitario senza distinzioni, ma, nel frattempo, il contagio nelle strutture sanitarie si è diffuso in maniera incontrollata e i numeri crescono giorno dopo giorno;

   come ha spiegato il presidente della Fondazione Gimbe, «la mancanza di policy regionali univoche sull'esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, conseguente anche al timore di indebolire gli organici, si è trasformata in un boomerang letale. Infatti, gli operatori sanitari infetti sono stati purtroppo i grandi e inconsapevoli protagonisti della diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti»;

   c'è poi il problema delle mascherine: oltre ad essere state distribuite in quantità irrisoria, le linee guida dell'Istituto superiore di sanità per gli operatori sanitari del 14 marzo 2020 suggeriscono il ricorso alle mascherine chirurgiche anche per quei medici che assistono e accedono alle stanze con pazienti COVID, mentre quelle ffp2 e ffp3, dotate di filtro, sono indicate per chi compie operazioni direttamente sui pazienti;

   lo stesso articolo 34 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, consente il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell'Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del marchio CE;

   evidenze scientifiche hanno, però, dimostrato che le mascherine chirurgiche non garantiscono alcuna protezione passiva, cioè di chi le indossa, e non sarebbero, pertanto, adeguate per proteggere professionisti e operatori sanitari che vengono a contatto con un soggetto infetto;

   anche il presidente Fnomceo, Filippo Anelli, ha pubblicato una lettera sul British medical journal a nome della federazione per chiedere di sbloccare immediatamente le forniture di dispositivi di protezione individuale ed eseguire test a risposta rapida, seguiti da tamponi, in maniera sistematica a tutti gli operatori sanitari nel pubblico e nel privato che mostrano sintomi di infezione da COVID-19, anche lieve e in assenza di febbre, o che sono stati in contatto con casi sospetti o confermati: «È lecito supporre che questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili se gli operatori sanitari fossero stati correttamente informati e dotati di sufficienti dispositivi di protezione individuale adeguati: mascherine, guanti, camici monouso, visiere di protezione, che invece continuano a scarseggiare o ad essere centellinati in maniera inaccettabile nel bel mezzo di un'epidemia a cui pure l'Italia si era dichiarata pronta solo due mesi fa»;

   anche per questo gli ospedali sono «diventati, così, il principale vettore di diffusione del contagio», come hanno scritto 13 medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo in un articolo sul New England journal of medicine: se fare più o meno tamponi alla popolazione è oggetto di dibattito, «non aver fatto le analisi e un attento tracciamento dei contatti per il personale sanitario è stato inspiegabile ed ha avuto effetti catastrofici»;

   medici e infermieri ad altissimo rischio hanno così continuato a lavorare con la sola mascherina chirurgica e senza alcun accertamento per capire se fossero malati e, molti, dopo giorni, sono risultati positivi al COVID-19;

   nonostante gli annunci e le rassicurazioni politiche, i dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti e visiere, in molte strutture continuano a scarseggiare, tanto che la procura di Torino ha aperto un'inchiesta su tale carenza –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per sbloccare immediatamente le forniture di dispositivi di protezione individuale ed eseguire test a risposta rapida, seguiti da tamponi, in maniera sistematica a tutti gli operatori sanitari nel pubblico e nel privato che mostrano sintomi di infezione da COVID-19, anche lieve e in assenza di febbre, o che sono stati in contatto con casi sospetti o confermati;

   se il Governo non ritenga necessario individuare percorsi dedicati esclusivamente al Coronavirus quanto ad accesso, diagnostica, posti letto e operatori sanitari.
(2-00707) «Bellucci, Lollobrigida».

(2 aprile 2020)

F)

   Le sottoscritte chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   la regione Sicilia, come tutte le regioni del Sud, ha una situazione sanitaria deficitaria cronica e il Coronavirus fa ancora più paura quando non si hanno mezzi e strumenti per fronteggiare un probabile aumento dei contagi: sono pochi i posti in terapia intensiva e i respiratori a disposizione. Il tema è anche quello, più generale, della sostenibilità stessa del comparto sanitario, alle prese con il flagello del COVID-19;

   tra le province siciliane, Messina è quella potenzialmente più esposta all'emergenza, essendo provincia di frontiera; il territorio messinese è stato, infatti, interessato da un vero e proprio esodo (dovuto anche agli annunci notturni di nuovi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con annesse restrizioni) e da migliaia di sbarchi di autoveicoli provenienti da altre regioni d'Italia dove il contagio era più diffuso. Solo grazie alla maturità dei cittadini, che hanno osservato con rigore le norme restrittive, e all'abnegazione del sindaco Cateno De Luca, che ha posto in essere numerose determine per rendere ancora più stringenti queste norme, i casi di contagio sembrano ancora sotto controllo;

   in considerazione delle restrizioni adottate a livello nazionale e regionale, si registra una notevole riduzione dei collegamenti anche via mare da e per la Sicilia e, di conseguenza, una concentrazione maggiore di viaggiatori nelle corse a disposizione;

   nello specifico, ogni giorno oltre 150 mezzi (nessuno dei quali trasporta merci) attraversano lo Stretto di Messina e, secondo i dati riportati da Caronte&Tourist, si registrano quotidianamente almeno 300 viaggiatori non pendolari che raggiungono la Sicilia, dichiarando sulle autocertificazioni di aver perso il lavoro e di non avere più dimora in altre parti d'Italia;

   tra il 13 e il 22 marzo 2020 si sono registrati circa 12.265 rientri su 3.689 auto, quindi oltre 1.700 passeggeri entrati in Sicilia ogni giorno (quasi il doppio rispetto al numero massimo di pendolari autorizzati per motivi di lavoro);

   da ultimo, da uno dei due traghetti arrivati la sera del 4 aprile 2020 alla rada San Francesco sono sbarcate 82 auto e due camper, uno dei quali arrivato dal Belgio, con 113 passeggeri e altri 46 pedoni, questi ultimi lavoratori pendolari del settore della sanità e delle forze dell'ordine che operano da una parte all'altra dello Stretto di Messina;

   a ciò si aggiunga che, ad avviso delle interpellanti, risultano insufficienti le dotazioni di posti letto, soprattutto di terapia intensiva, nella provincia di Messina, così come preoccupante è la carenza di attrezzature mediche e di dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari;

   la città di Messina ha, inoltre, insediamenti profondamente degradati ed assolutamente peculiari. Si tratta delle baraccopoli, nelle quali è praticamente impossibile (proprio per ragioni strutturali degli insediamenti) dare seguito alle misure restrittive di distanziamento. In tali agglomerati, a causa della documentata numerosità di patologie respiratorie conseguenti all'esposizione all'eternit, gli eventuali casi di contagio da COVID-19 avrebbero effetti disastrosi;

   nella città di Messina insiste il dipartimento militare di medicina legale: si tratta di un ospedale militare che dispone di plessi non utilizzati, che potrebbe essere rapidamente ed utilmente convertito per reparti COVID-19;

   Forza Italia ha proposto, infatti, la temporanea riconfigurazione di tre locali non utilizzati del dipartimento militare di medicina legale di Messina in struttura di quarantena, isolamento e trattamento di casi lievi e moderati –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare per rafforzare il livello di sicurezza dei controlli, sia in ordine alle condizioni di salute dei passeggeri che alla regolarità delle autocertificazioni, contemperando tali misure con il diritto alla mobilità;

   se, in considerazione dell'emergenza sanitaria in corso, non si intenda prevedere, oltre alla misurazione della temperatura corporea, test ematici per il personale sanitario, le forze dell'ordine e tutti coloro che giungono in Sicilia;

   se non si intenda chiarire quanti siano effettivamente i nuovi posti letto – soprattutto di terapia intensiva – attivati nelle scorse settimane;

   se le aziende sanitarie della provincia di Messina o l'assessorato regionale alla sanità abbiano richiesto nuove attrezzature e dispositivi di protezione individuali e quanti di questi siano stati già conferiti alle strutture sanitarie della provincia di Messina;

   quale sia l'intendimento del Governo in ordine alla possibile riconversione dell'ospedale militare di Messina e quali siano i tempi necessari;

   quali iniziative speciali si ritengano necessarie per aumentare gli standard di sicurezza nelle zone delle baraccopoli.
(2-00717) «Siracusano, Gelmini».

(Presentata il 7 aprile 2020)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   la legge n. 62 del 2000, nel definire il sistema nazionale di istruzione come costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali, ha riconosciuto con norma di legge la parità formale tra le scuole statali e le scuole paritarie private e degli enti locali, seppur limitandosi a riconoscere tale parità esclusivamente in merito alla valenza del titolo rilasciato, dimenticando l'equiparazione degli aspetti economici e negando, in tal modo, sia la parità sostanziale tra istituzioni educative statali e istituzioni educative private, sia il diritto delle famiglie a scegliere il genere di istruzione da impartire ai propri figli;

   in questo momento di emergenza e complessità, in cui le misure adottate in seguito all'emergenza sanitaria da COVID-19 stanno determinando forti ripercussioni sul tessuto economico e sociale del Paese, appare estremamente importante assicurare la continuità dell'attività didattica per tutti gli alunni e gli studenti delle scuole pubbliche;

   nella situazione contingente le scuole paritarie si trovano in una situazione di estrema difficoltà a causa dei costi aggiuntivi che derivano dall'organizzazione della didattica a distanza attraverso piattaforme valide e sicure, che si aggiungono alle spese già sostenute per lo svolgimento dell'anno scolastico in corso;

   dall'altra parte, le famiglie chiedono uno sconto sulle rette già versate e per quelle da versare relative ai mesi in cui non si stanno svolgendo le lezioni, anche perché la presenza dei figli a casa e, per alcuni, anche la mancanza o la contrazione del reddito, hanno certamente comportato e comporteranno ulteriori spese e minori entrare;

   le rilevanti difficoltà economiche che le famiglie si troveranno a dover affrontare nel medio periodo si ripercuoteranno sulla loro concreta possibilità di esercitare la libertà di scelta educativa, con conseguente compromissione del diritto di scelta e del pluralismo educativo;

   con l'avanzare di uno stato di crisi, infatti, il ricorso alle scuole paritarie diminuisce, in quanto l'aspetto economico nella scelta del modello scolastico ricopre un ruolo se non determinante quanto meno molto significativo;

   inoltre, è necessario non discriminare i lavoratori delle scuole paritarie che contribuiscono quotidianamente al funzionamento del sistema educativo: le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico fondamentale, soprattutto per quanto riguarda il segmento della scuola dell'infanzia, e contribuiscono alla realizzazione delle finalità di istruzione che la Costituzione attribuisce allo stesso sistema scolastico, cui peraltro lo Stato non riuscirebbe a far fronte;

   è quindi necessario da parte del Governo uno sforzo in più teso a riconoscere alle scuole paritarie il ruolo strategico nell'ambito del sistema nazionale di istruzione;

   in data 24 ottobre 2019, rispondendo in Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati a un'interrogazione a risposta immediata in materia di riconoscimento del servizio svolto dai docenti delle e nelle scuole paritarie, l'allora Sottosegretaria onorevole Azzolina, oggi Ministro dell'istruzione, ha esplicitato l'impegno dell'Esecutivo a «mettere la scuola davvero al centro del Paese, perché è dalle scuole che comincia la costruzione di una nuova società», riconoscendo, in quella sede, l'importanza del ruolo svolto dalle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione –:

   se non si ritenga necessario prevedere iniziative urgenti volte a salvaguardare questo comparto educativo con concreti interventi di natura economica, quali:

    a) l'istituzione di un fondo per le esigenze emergenziali delle scuole paritarie, al fine di garantire la continuità del servizio da queste svolto per le famiglie e per il futuro dei lavoratori del settore;

    b) l'esonero, per l'anno 2020, dal pagamento di qualsiasi tipologia di imposta e tributo locale per le scuole paritarie no profit;

    c) il riconoscimento della detraibilità integrale, per l'anno 2020, delle rette versate dalle famiglie, per alunno o studente, per la frequenza di scuole del sistema nazionale di istruzione;

    d) l'equiparazione del personale delle scuole paritarie alle altre categorie di lavoratori a favore dei quali sono previsti gli interventi straordinari di cassa integrazione per il periodo di emergenza Coronavirus;

    e) l'accesso per le scuole paritarie alle risorse stanziate dal Governo per la didattica a distanza, in quanto il servizio da queste erogato rientra nel sistema pubblico di istruzione;

    f) l'accelerazione delle procedure necessarie a rendere disponibili i fondi pregressi 2019/2020.
(2-00711) «Gelmini, Aprea, Spena, Palmieri, Casciello, Marin, Saccani Jotti».

(Presentata il 7 aprile 2020)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   con l'emergenza Coronavirus le scuole paritarie si trovano ad affrontare notevoli costi aggiuntivi se vogliono organizzare l'insegnamento a distanza attraverso piattaforme certificate di qualità;

   in questi giorni le famiglie legittimamente chiedono lo sconto della retta, visto che non è possibile partecipare fisicamente alle lezioni e spesso devono pagare le baby sitter che assistano i figli;

   le scuole paritarie hanno comunque sostenuto le spese per il materiale didattico, gli affitti dei locali e i costi per i docenti, che temono per lo stipendio e per il futuro;

   non si può non riconoscere la funzione pubblica delle scuole paritarie in Italia, che contano 12 mila scuole, 900 mila allievi e 100 mila dipendenti –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza della situazione di cui in premessa e se non si ritenga necessario adottare iniziative per istituire un fondo straordinario per l'erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie per l'anno scolastico 2019/2020 per tutelare il servizio svolto alle famiglie e il futuro dei dipendenti che ne permettono la realizzazione;

   se si intenda adottare iniziative per sbloccare i fondi pregressi 2019/2020, superando le lentezze burocratiche ancora in atto e prevedendo l'accesso ai fondi previsti per le «piattaforme didattiche a distanza» anche per le scuole paritarie;

   se non si ritenga necessario adottare iniziative per permettere la detraibilità fiscale delle rette pagate dalle famiglie.
(2-00716) «Lupi, Colucci, Toccafondi, Alessandro Pagano, Garavaglia, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Sangregorio, Sgarbi, Silli, Sorte, Tondo, Calabria, Squeri, Sozzani, Polidori, Cattaneo, Versace, Pella, Porchietto, Musella, Costa, Novelli, Fatuzzo, Della Frera, Anna Lisa Baroni, Baratto, Giacometto, Zanella, Mazzetti, Cassinelli, Colaninno».

(Presentata il 7 aprile 2020)

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione, contribuendo alla realizzazione della finalità di formazione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola; sono oltre 13.000, per un totale di oltre 800.000 alunni e circa 120.000 lavoratori, tra personale docente ed amministrativo;

   le richieste delle scuole paritarie hanno il fine di valorizzare il pluralismo dell'istruzione in Italia, partendo dal presupposto che sostenere concretamente la scuola, in questo difficile momento storico, costituisce il migliore investimento per il futuro delle giovani generazioni;

   specie per la prescolarizzazione e il grado della primaria, alle paritarie si affiancano, a copertura di un'offerta carente da parte dello Stato, le strutture private, le cui rette rappresentano, in questa fase emergenziale di rischio di perdita di lavoro, per i genitori un costo improvvisamente difficile da sostenere e, per le strutture educative medesime, in mancanza delle rette, una serie di spese da sostenere (fitti e utenze, stipendi degli insegnanti) senza entrate;

   se, infatti, bisogna tutelare le famiglie che repentinamente e loro malgrado si ritrovano privi di un reddito certo a fine mese – si pensi, ad esempio, ai tanti lavoratori autonomi e alle partite Iva che, molto spesso, ricorrono a scelte di percorsi privati per necessità di orari correlati alla propria attività – è anche vero che per ogni struttura ci sono altrettanti padri e madri che lavorano e che meritano tutele;

   l'emergenza sanitaria che attanaglia la nazione sta inevitabilmente investendo il settore scolastico: la mancata approvazione di una serie di interventi a favore di tali strutture comporterebbe il fallimento di tantissime di esse e l'impossibilità per lo Stato di garantire il diritto allo studio ai tantissimi alunni e il diritto al lavoro dei loro docenti, nonché il rischio di ritrovarsi a settembre 2020 con la necessità di istituire nuove e ulteriori classi, per far confluire gli alunni improvvisamente privi dei propri istituti, dovendo comunque scongiurare la formazione delle cosiddette «classi pollaio» e assicurare – come preannunciato dal Ministro dell'istruzione – una distanza minima in classe tra gli alunni a fini preventivi di possibile contagio;

   il sistema scolastico privato e parificato è importante per l'intero sistema dell'istruzione e, se lo Stato lo ignora e non interviene, rischia di collassare;

   è irresponsabile, a parere degli interpellanti, che il Ministro dell'istruzione, in questa fase emergenziale, non dia risposte concrete: non solo in merito alle strutture educative paritarie e private, ma anche con riguardo all'altra importante questione dei precari della scuola;

   in occasione della conferenza stampa di lunedì sera 6 aprile 2020, il Ministro dell'istruzione si è limitato a chiedere «scusa a tutti i precari della scuola, ma non riusciamo ad aggiornare le graduatorie di istituto», senza alcuna aggiunta di previsione sul quando la questione possa trovare soluzione;

   in proposito, si ricorda che il Ministero dell'istruzione ha abrogato per l'anno scolastico 2020/2021, contrariamente alle aspettative, la possibilità per i docenti iscritti alle graduatorie d'istituto di aggiornare la propria posizione, attraverso apposita domanda, con il relativo punteggio legato ai nuovi titoli e servizi conseguiti, posticipandola all'anno scolastico 2021/2022;

   per poter aggiornare e migliorare la propria posizione in graduatoria, gli insegnanti hanno sostenuto sia sacrifici economici, al fine di conseguire il punteggio relativo ai titoli, tra cui master, corsi di perfezionamento e crediti formativi, sia sacrifici personali e familiari, accettando incarichi anche molto distanti dai propri affetti, pur di conseguire ulteriore punteggio relativo al servizio;

   la motivazione ufficialmente addotta da parte del Ministro dell'istruzione, che risiede nella «impossibilità di analizzare un milione di raccomandate e domande cartacee», appare agli interpellanti pretestuosa, considerato che per le domande di mobilità e di trasferimento del personale scolastico il Ministero ha autorizzato l'invio delle domande per via telematica;

   considerate le risorse recentemente stanziate per la digitalizzazione e per la didattica a distanza e visto che si prevede la possibilità di presentare la suddetta domanda entro il 31 agosto 2020, paiono legittime le doglianze del personale docente a causa di questa mancanza da parte del Ministero, tale da indurre pubblicamente il Ministro dell'istruzione a chiedere scusa agli insegnanti precari –:

   se si intendano adottare iniziative per:

    a) l'immediata erogazione dei contributi già assegnati alle scuole paritarie con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

    b) l'erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie e private per l'anno scolastico 2019/2020, al fine di esonerare i genitori dal pagamento delle rette per tutta la durata dell'emergenza sanitaria;

    c) la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per la frequenza scolastica e per i servizi educativi nelle scuole paritarie e private per l'anno 2019/2020;

    d) l'estensione agli alunni delle scuole paritarie della possibilità di accesso ai fondi previsti per l'implementazione delle «piattaforme didattiche a distanza»;

    e) l'estensione anche alle scuole private del credito di imposta per gli affitti previsto per botteghe e negozi a prescindere dalle categorie catastali di appartenenza e il credito di imposta per le spese relative alle utenze;

    f) la possibilità di procedere all'aggiornamento delle graduatorie di terza fascia, attraverso domanda telematica, utilizzando sia il portale Sidi del Ministero dell'istruzione, al quale ogni docente è obbligatoriamente registrato, sia la posta certificata (pec).
(2-00722) «Sasso, Molinari, Basini, Belotti, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Lorenzo Fontana, Lucchini, Ribolla, Ziello, Bordonali, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani».

(Presentata il 7 aprile 2020)

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   sono passate tre settimane dalla morte in diverse carceri italiane di 13 detenuti a seguito delle rivolte nate contro la mancanza di informazione e di gestione della crisi dovuta alla pandemia da COVID-19; una protesta che ha avuto alcune espressioni violente, ma che ha coinvolto oltre seimila detenuti;

   solo dopo molti giorni si sono saputi i nomi dei detenuti morti e le cause e le dinamiche sono tuttora ignote, nonostante le richieste di trasparenza avanzate sia dalla società civile, sia dal Garante nazionale e dai garanti territoriali dei diritti delle persone detenute che dagli organi di stampa;

   l'11 marzo 2020 il Ministro interpellato ha svolto un'informativa urgente alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica sui gravi fatti accaduti in alcuni penitenziari, nella quale ha affermato che il tempo che gli era concesso non gli consentiva di riferire nel dettaglio dei singoli casi in ogni città; pertanto, avrebbe trasmesso il giorno stesso una relazione dettagliata del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;

   da tale relazione non si evincono le informazioni più importanti relative a quegli episodi, ma solo notizie sommarie riportate anche dagli organi di stampa;

   l'associazione Antigone ha denunciato di aver ricevuto numerose segnalazioni di violenze e abusi che sarebbero stati perpetrati ai danni di persone detenute successivamente alle rivolte; in particolare, nell'istituto di pena di Milano-Opera diverse persone si sono rivolte all'associazione raccontando quanto sarebbe stato loro comunicato dai congiunti o da altri contatti interni e le versioni riportate, le quali parlano di brutali pestaggi di massa che avrebbero coinvolto anche persone anziane e malati oncologici e avrebbero comportato gravi contusioni delle persone coinvolte, risultano tutte concordanti; sul caso di Milano-Opera l'associazione ha inviato un esposto alla procura competente e si appresta a farlo anche per altri istituti;

   nel corso dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata del 25 marzo 2020, con riferimento alle misure di cui agli articoli 123 e 124 del decreto-legge n. 18 del 2020, il Ministro interpellato ha affermato che «il numero degli effettivi destinatari della nuova legge (...), tra i 6 mila detenuti circa non condannati per reati cosiddetti ostativi e con pena residua fino a diciotto mesi, oggi già tutti potenzialmente destinatari della precedente legge n. 199 del 2010, dipenderà da diversi requisiti e variabili, come, per esempio, il domicilio idoneo, che dovranno essere accertati dalla magistratura» e che, a tale data, circa cinquanta detenuti avevano beneficiato della misura di cui all'articolo 123; 150 detenuti sarebbero stati interessati dalla concessione di licenze in virtù dell'articolo 124 del decreto-legge n. 18 del 2020. Come specificato dal Ministro interpellato, «si tratta di detenuti già ammessi al regime di semilibertà, che durante il giorno si trovavano già fuori dalle carceri e non vi rientrano più la notte»;

   il provvedimento del Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, d'intesa con il Capo della polizia, che attua il decreto sopra citato, afferma che il Dipartimento della pubblica sicurezza rende disponibili complessivi 5.000 braccialetti elettronici, di cui 920 alla data della firma del documento, avvenuta il 27 marzo 2020; il provvedimento interdipartimentale prevede, inoltre, l'installazione di un massimo di 300 apparecchi a settimana;

   con il numero di installazioni attualmente previste, gli ultimi detenuti usciranno dal carcere infatti tra oltre tre mesi, quando auspicabilmente la fase acuta legata al diffondersi del COVID-19 sarà già ampiamente alle spalle;

   il Consiglio superiore della magistratura, nel parere sul decreto-legge n. 18 del 2020, «auspica soluzioni volte a ridurre il sovraffollamento delle carceri, ivi compresi interventi volti a differire, per la durata dell'emergenza, l'ingresso in carcere di condannati a pene brevi per reati non gravi»;

   la presidente del tribunale di sorveglianza di Milano, Giovanna Di Rosa, dopo aver scritto al Ministro interpellato, ha scritto alla reggente della procura generale Nunzia Gatto e al procuratore della Repubblica Francesco Greco per chiedere di valutare l'opportunità di sospendere l'emissione di ordini di carcerazione;

   il procuratore generale della Corte di cassazione, Giovanni Salvi, in un documento trasmesso a tutti i procuratori generali delle corti d'appello italiane, ha affermato che «occorre incentivare la decisione di misure alternative idonee ad alleggerire la pressione delle presenze non necessarie in carcere»;

   la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, ha chiesto a tutti i Paesi di utilizzare tutte le misure alternative alla detenzione in tutti i casi possibili e senza discriminazioni;

   in senso analogo, si sono espressi il Papa, l'Alto Commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet e l'Organizzazione mondiale della sanità;

   i detenuti contagiati sarebbero ufficialmente 31 e gli agenti di polizia penitenziaria oltre 200, escludendo coloro che, essendo entrati in contatto con positivi, sono stati posti in quarantena obbligatoria;

   il 5 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, alla notizia di un detenuto positivo, è scoppiata una protesta che ha coinvolto circa 150 detenuti –:

   quali siano le cause della morte per ognuna delle 13 persone decedute, come accertate dalle autopsie, e nello specifico, ove la morte sia dovuta all'assunzione di farmaci, quali farmaci siano stati assunti e se fossero opportunamente custoditi; quante morti siano avvenute nei luoghi della protesta e quante durante o a seguito delle traduzioni ad altro carcere, dettagliando luoghi, circostanze e tempistica; se prima del trasferimento ad altro carcere i detenuti siano stati sottoposti a visita medica, anche in considerazione dell'avvenuta sottrazione di farmaci dall'infermeria;

   se il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia avviato, per quanto di competenza, delle indagini interne sui pestaggi denunciati da Antigone;

   quale sia il dato aggiornato relativo al numero di detenuti che abbiano beneficiato delle misure di cui agli articoli 123 e 124 del decreto-legge n. 18 del 2020;

   se, alla luce delle informazioni riportate in premessa, il Governo non intenda assumere iniziative che siano concretamente in grado di incidere sul sovraffollamento carcerario, in modo da consentire il rispetto delle norme sul distanziamento e l'adozione di misure di isolamento idonee, senza che le misure alternative siano condizionate all'uso del braccialetto elettronico, che appare del tutto superfluo in un momento in cui la libertà di movimento dei cittadini è ridotta al minimo, mentre massimo è il controllo del territorio da parte delle forze di polizia.
(2-00712) «Magi, Schullian».

(Presentata il 7 aprile 2020)

M)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

   nel mese di febbraio 2019, in Sardegna, si è assistito alla protesta dei produttori di latte ovino volta a denunciare la scarsa remunerazione del loro prodotto e, in generale, lo stato di crisi dell'intero settore lattiero-caseario;

   al fine di sostenere le istanze degli allevatori riguardo al prezzo all'origine e al riordino dell'organizzazione e della gestione complessiva dell'intera filiera del comparto in questione, il decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, recante «Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale e per l'emergenza nello stabilimento Stoppani, sito nel comune di Cogoleto», tra le misure volte al sostegno del settore lattiero-caseario, prevede la tracciabilità dei quantitativi di latte e dei suoi derivati importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi;

   con il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, in materia di proroga di termini legislativi, allo scopo di supportare le aziende del settore nei molteplici adempimenti burocratici, si modifica la normativa in materia di trasmissione dei dati di produzione dei prodotti lattiero-caseari al Sian, prevedendo che essa avvenga trimestralmente e non più mensilmente, demandando a un decreto del Ministro competente, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, le modalità di applicazione della suddetta disposizione;

   ad oggi, tale iter non risulta ancora concluso, viste le forti resistenze da parte di alcune regioni al raggiungimento dell'intesa;

   l'emergenza sanitaria in atto, dovuta alla diffusione del virus COVID-19, sta causando una grave crisi economica, che interessa anche il settore lattiero-caseario, con un conseguente peggioramento delle problematiche sopra esposte;

   si registrano quotidianamente istanze e richieste di aiuto da parte delle imprese del settore in difficoltà;

   in particolare, il crollo dei consumi dei prodotti freschi e a breve scadenza, nonché il ricorso, sempre più massiccio da parte delle aziende di trasformazione, all'acquisto di latte proveniente dall'estero a prezzi più vantaggiosi stanno causando ingenti danni alle aziende produttrici di latte italiane –:

   se il Ministro interpellato, alla luce di quanto esposto in premessa e al fine di tutelare il settore lattiero-caseario in grave crisi, non ritenga opportuno adottare ogni utile iniziativa volta al superamento delle resistenze e delle perplessità che impediscono il raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
(2-00718) «Cillis, Cadeddu, Cassese, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Galizia, Gallinella, Lombardo, Lovecchio, Maglione, Alberto Manca, Marzana, Parentela, Pignatone, Alemanno, Berardini, Carabetta, Davide Crippa, Fantinati, Giarrizzo, Papiro, Paxia, Perconti, Sut, Vallascas, Adelizzi, Gabriele Lorenzoni, Zennaro, Manzo».

(Presentata il 7 aprile 2020)

N)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   come dichiarato recentemente dall'epidemiologo Walter Pasini, direttore del Centro di Travel medicine and global health, è probabile che l'infezione sia arrivata in Italia attraverso i tre voli settimanali da e per Wuhan prima che le autorità italiane bloccassero i voli dalla Cina, ovvero che il virus potesse essere portato in Italia e in altri Paesi del mondo dalla miriade di voli che hanno collegato l'epicentro della pandemia (il focolaio di Wuhan) con migliaia di altre città. L'aeroporto di Wuhan aveva, infatti, contatti con le principali città cinesi e del mondo e non si può sottovalutare il fatto che le autorità cinesi abbiano imposto il cordone sanitario a Wuhan dopo aver lasciato uscire 5 milioni di abitanti;

   era evidente, a quanto sostenuto sempre da Pasini, che attraverso i viaggi internazionali e l'enorme flusso di voli intercontinentali, il virus sarebbe arrivato in Italia e nel resto del mondo. Così settimane preziose sono state lasciate passare senza acquisire dispositivi di protezione individuale, addestrare personale e mettere in atto il sistema di sorveglianza epidemiologica;

   quando l'epidemia da COVID-19 in Cina è apparsa talmente estesa da far adottare misure restrittive nei confronti dei voli provenienti da quel Paese, nei protocolli di sicurezza posti in essere si sono registrate comunque delle falle, come quelle relative ai voli oggetto di triangolazioni aeree, voli cioè che trasportavano passeggeri partiti dalla Cina ma non direttamente provenienti in Italia dalla Cina, bensì da altro Stato europeo o extraeuropeo ove avevano effettuato uno scalo;

   alla luce di quanto sopra, è molto probabile che proprio il trasporto aereo abbia rappresentato il principale canale di trasmissione del virus COVID-19 in Italia;

   l'Italia è ad oggi il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti d'America, per numero di contagiati. La virulenza con cui il virus COVID-19 si è diffuso in Italia ha imposto, a partire dal mese di marzo 2020, l'adozione di misure fortemente restrittive della mobilità personale e di sospensione di molte attività commerciali e produttive finalizzate a limitare la diffusione dei contagi;

   tra tali misure vi è l'ordinanza dei Ministri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2020, che, pur limitando le possibilità di accesso al territorio nazionale da persone provenienti dall'estero ai casi di necessità, tra i quali esigenze di natura lavorativa, non ha previsto la totale chiusura del trasporto aereo, come avvenuto in altri Stati anche europei;

   in particolare, è stato previsto all'articolo 1 di detta ordinanza che le persone che intendano entrare in Italia, tramite trasporto di linea aereo, ferroviario e marittimo, debbano fornire una serie di indicazioni che dovranno essere acquisite e verificate dai vettori prima dell'imbarco;

   sempre nella medesima ordinanza si prevede che i soggetti che entrano in Italia dall'estero siano obbligati all'effettuazione della quarantena fiduciaria;

   alla luce di detta ordinanza continua a rimanere aperto il principale aeroporto italiano, quello di Roma Fiumicino, ove, seppure con limitazioni, continuano ad arrivare voli dall'estero;

   benché le disposizioni previste dall'ordinanza del 28 marzo 2020 prevedano un periodo obbligatorio di isolamento fiduciario in luogo noto alle autorità pubbliche per le persone che arrivano dall'estero, a giudizio degli interpellanti è molto forte il rischio che la concreta applicazione dell'obbligo di isolamento fiduciario non sia sottoposta a controlli effettivi, con il conseguente rischio che possa divenire ancora più difficile limitare la propagazione dei contagi, che purtroppo ad oggi non sembrano ancora aver raggiunto il cosiddetto picco dopo il quale si potrà parlare di inversione di tendenza;

   anche in considerazione delle misure restrittive adottate da numerosi Paesi europei, agli interpellanti appare opportuno un'attenta ponderazione delle misure adottate in materia di traffico aereo per l'Italia, al fine di valutare se siano effettivamente efficaci ai fini del contenimento della diffusione dei contagi, nell'ambito del quadro complessivo delle misure restrittive adottate per imporre l'isolamento sociale –:

   se il Governo non intenda adottare ulteriori iniziative in materia di traffico aereo per l'Italia volte a garantire la massima sicurezza possibile in ordine all'eventualità che si verifichino nuovi focolai di contagi nel nostro Paese;

   quanti siano i cittadini non italiani giunti in Italia con voli di linea aerei per motivi di lavoro dal 28 marzo 2020 e quali siano state le misure adottate al fine di verificare l'effettivo svolgimento da parte di questi del periodo di quarantena fiduciaria.
(2-00720) «Marrocco, Gelmini, Occhiuto, Baldelli, Bagnasco, Barelli, Battilocchio, Bergamini, Cannatelli, Casino, Cortelazzo, Dall'Osso, D'Attis, Germanà, Milanato, Mugnai, Mulè, Palmieri, Pentangelo, Pettarin, Ripani, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Elvira Savino, Siracusano, Spena, Maria Tripodi, Vietina, Zangrillo».

(Presentata il 7 aprile 2020)

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser