TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 327 di Giovedì 16 aprile 2020

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza al fine di contrastare e contenere la diffusione del COVID-19;

   mentre il Paese è, giustamente in via prioritaria, impegnato ad affrontare l'emergenza sanitaria, è fondamentale predisporre tutti gli strumenti necessari per consentire al sistema produttivo del Paese di innescare, nella fase successiva, una ripartenza capace di superare i rischi di crisi e di recessione;

   fondamentali sono certamente le misure di ordine economico che il Governo ha già adottato e che sta tuttora adottando, ma altrettanto importante sarà garantire la rapidità e la speditezza dei processi, sia decisionali che operativi nella fase post emergenziale;

   oggi sull'attività della pubblica amministrazione, sui poteri di presidenti di regione e di sindaci, sulle opere pubbliche, sulle infrastrutture, sulle attività economiche e produttive delle imprese gravano il peso di vincoli e iter burocratici che, se da una parte sono certamente garanzia di sicurezza e trasparenza, dall'altra, non piccola, possono tradursi in un rallentamento dei processi decisionali e, in definitiva, in un pesante onere in termini di costi;

   il 31 maggio di ogni anno scade il termine fissato dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta Bassanini), per la presentazione del disegno di legge di semplificazione annuale in base al quale il Governo, seguendo un programma di priorità di interventi, definito in relazione alle proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata, presenta al Parlamento un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni, con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali;

   tale legge annuale, negli anni, ha avuto un'applicazione via via diversa rispetto al modello disegnato originariamente, fino ad arrivare a non essere più adottata a cadenza periodica. Il risultato è che non è venuto meno l'obiettivo della semplificazione, che, sia pure nelle sue molteplici e diverse accezioni, continua a essere presente in alcune scelte legislative, ma lo strumento che avrebbe dovuto garantire invece una certa stabilità nelle politiche in materia;

   gli strumenti normativi vigenti consentono, quindi, già di intervenire in materia di semplificazioni amministrative;

   si ritiene, pertanto, fondamentale intervenire in modo tempestivo e risoluto su questo annoso problema, utilizzando al meglio questo tempo in cui l'attività è ridotta alle funzioni essenziali per consentire alle imprese e alla pubblica amministrazione di trovarsi, al momento della ripartenza, con processi decisionali ed operativi più snelli, rapidi e più adeguati a far fronte alle difficoltà di questa fase; occorre approntare con somma urgenza «un'Agenda per la semplificazione», come prevista anche dal decreto-legge n. 90 del 2014, da condividere con il Parlamento, tutti i Ministeri, le regioni e gli enti locali, con l'obiettivo di dare un contributo decisivo per sbloccare gli investimenti e liberare risorse per la ripresa e la crescita;

   alla fase di predisposizione normativa dovrà, poi, necessariamente seguire una fase di verifica circa l'avvenuto cambiamento dei comportamenti quotidiani delle amministrazioni, dell'organizzazione, delle modalità di cooperazione, dell'uso delle tecnologie e dell'utilizzazione delle piattaforme telematiche –:

   se intenda adottare iniziative, con la massima tempestività, sulla base anche delle disposizioni legislative vigenti, per definire urgenti misure, articolate e puntuali, anche di carattere normativo, di snellimento, riduzione e semplificazione di tempi, vincoli e iter burocratici vigenti.
(2-00715) «Giacomelli, Losacco, Rotta, Madia, Enrico Borghi, Serracchiani, Bazoli, Carnevali, Critelli, Mura, Andrea Romano, Pezzopane, Dal Moro, Miceli, Bruno Bossio, Ubaldo Pagano, Bonomo, Frailis, Lorenzin, Sensi, De Luca, Ceccanti, Piccoli Nardelli, Fiano, Benamati, Cenni, Carla Cantone, De Maria, Fragomeli, Buratti, Navarra, Lacarra, Lotti, Gribaudo, Rossi, Vazio, Topo, Siani, Nardi, Pellicani, Berlinghieri, Pizzetti, Gariglio, Ciampi, Di Giorgi, Zan, Boldrini».

(Presentata il 7 aprile 2020)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nelle residenze sanitarie assistite, dove persone con disabilità, con gravi patologie neurologiche e/o anziane vivono a stretto contatto tra loro e con il personale, gli effetti dell'emergenza sanitaria da COVID-19 possono essere particolarmente gravi;

   per monitorare la situazione, dal 24 marzo 2020 l'Istituto superiore di sanità ha avviato un'indagine specifica (Survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e socio-sanitarie);

   secondo il Gnpl national register (banca dati del Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture socio-sanitarie assistenziali sul territorio italiano) le residenze sanitarie assistite nel nostro Paese sono 4.629, ospitano 300 mila persone che hanno in media 85 anni e il 60 per cento soffre di una demenza;

   fra le strutture censite, solo circa 250 in tutta Italia, si sono verificati dal 1° febbraio 2020 ad oggi in totale 1.845 decessi, di cui il 39,2 per cento con riscontro di infezione da Sars-CoV-2 o con manifestazioni simil-influenzali. Il tasso di mortalità fra i residenti (residenti al 1° febbraio 2020 e nuovi ingressi dal 1° marzo 2020), considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è del 3,7 per cento, ma sale fino al 9,6 per cento in Lombardia;

   esaminando più nel dettaglio i drammatici numeri lombardi, si apprende che su 1.130 decessi il 49,8 per cento era COVID-19 positivo o con sintomi simil-influenzali. Inoltre, tutti gli ospedalizzati (85 persone ospedalizzate su 70 strutture che hanno risposto al quesito, per un rapporto di 1,2) presentavano sintomi o positività al COVID-19;

   la proiezione dei dati sul totale delle residenze sanitarie assistite (ha risposto all'indagine solo il 14 per cento delle strutture contattate) potrebbe portare a un riscontro di migliaia di morti;

   in merito alle difficoltà riscontrate nella gestione dell'epidemia, delle 235 strutture che hanno risposto alla domanda, l'86,8 per cento ha riportato la mancanza di dispositivi di protezione individuale, mentre il 22,5 per cento ha riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure per contenere l'infezione. Inoltre, il 36,2 per cento segnala l'assenza di personale sanitario;

   nonostante le reiterate richieste di chiusura ai visitatori da parte di molte residenze sanitarie assistite e di sospensione dei servizi semiresidenziali già ai primi esordi di casi anomali di infezione, in alcune province le autorità competenti comunicavano il diniego e l'avvertimento di eventuali accertamenti da parte dei servizi di vigilanza, oltre «alla messa in discussione» degli accreditamenti, diversamente da quanto operato nelle regioni più coinvolte dall'epidemia;

   a dispetto del crescente numero delle infezioni dei ricoverati nelle residenze sanitarie assistite e dei numerosi casi di malattia degli operatori, non veniva predisposto alcun accertamento tramite tampone al personale sanitario o socio-sanitario, spesso privo di dispositivi di protezione per difficoltà a reperirli sul mercato, difficoltà registrate da tutte le istituzioni competenti, con il rischio di diventare «vettori» del virus;

   la deliberazione della regione Lombardia n. XI/2906 dell'8 marzo 2020, con la quale si è chiesto alle residenze sanitarie assistite di ampliare «la ricettività dei pazienti» per ospitare i casi meno gravi di persone infettate e liberare così alcuni posti letto negli ospedali, è apparsa quanto mai inadeguata e imprudente, nonostante le rassicurazioni dell'assessore al welfare della Lombardia, Giulio Gallera;

   parallelamente all'emergenza ospedaliera bisognava, infatti, sostenere e controllare le strutture, senza rimandare a circolari burocratiche che si limitavano a dire che bisogna seguire i protocolli; si ritiene, infatti, che se le residenze sanitarie assistite devono accogliere i pazienti COVID-19 o devono curare i propri pazienti COVID-19 già presenti senza poterli ospedalizzare, allora devono essere dotate di personale medico e assistenziale, di dispositivi di protezione individuale e attrezzature terapeutiche, di farmaci adeguati a pazienti fragili e con grave comorbilità;

   anche le procure hanno aperto fascicoli contro ignoti sulla base di denunce dei lavoratori. Per quanto riguarda Milano, le denunce per mancata prevenzione del contagio si stanno ampliando e probabilmente non saranno limitate ai casi più noti, come quelli della Fondazione Don Gnocchi e del Pio Albergo Trivulzio;

   il 30 marzo 2020 il Forum del terzo settore in Lombardia, con Ledha, Uneba Lombardia e Alleanza cooperative italiane-welfare Lombardia, ha definito «strage degli innocenti» la mancanza di presa in carico, da parte della sanità lombarda, dei pazienti più fragili che vengono contagiati dal COVID-19;

   il presidente dell'Uneba in Lombardia ha lanciato un durissimo «J'accuse», dichiarando che «Si è deciso, senza dirlo, che non tutti hanno diritto alle cure» e parlando di «scelte politiche molto forti», che sono state prese «senza dirlo e senza rappresentarlo fino in fondo». Una scelta, che, a giudizio degli interpellanti, deliberatamente precluda, seppur non in modo espresso, l'accesso alle cure per persone particolarmente vulnerabili, è inaccettabile;

   il quadro che si registra è desolante, con la contabilità dei decessi che aumenta di giorno in giorno e con il rischio che tali strutture si trasformino (e in alcune è già successo) in focolai dell'epidemia, mettendo a rischio non solo chi vi risiede e chi vi lavora, ma la salute pubblica in generale –:

   quali siano i dati in possesso del Ministro interpellato circa il numero di contagiati da COVID-19, dei decessi per COVID-19 e delle patologie simil-influenzali tra gli ospiti e il personale delle strutture delle residenze sanitarie assistite della regione Lombardia e quali siano le proiezioni numeriche di tali dati, se disponibili, sul totale della popolazione residente presso le medesime strutture;

   se vi siano state verifiche in ordine alla congruità delle indicazioni fornite alle residenze sanitarie assistite da parte della regione Lombardia o dalle rispettive agenzie di tutela della salute rispetto alle gravi condizioni epidemiche nelle residenze sanitarie assistite e nei servizi semiresidenziali e quali verifiche intenda attuare, per quanto di competenza, nei confronti dell'attività di prevenzione, vigilanza e di indirizzo effettuata;

   se vi siano state verifiche dal punto di vista della tutela della salute pubblica circa la decisione adottata dalla regione Lombardia di chiedere alle residenze sanitarie assistite di ampliare la loro ricettività in modo da ospitare, in funzione deflattiva sugli ospedali, i casi meno gravi di pazienti contagiati da Coronavirus;

   quali iniziative urgenti intenda intraprendere, nel rispetto delle competenze territoriali in materia, per verificare se siano state fornite tempestive indicazioni e adottate adeguate misure precauzionali per evitare il contagio all'interno delle residenze sanitarie assistite e per garantire l'universalità della tutela del diritto alla salute, facendo sì che anche i soggetti più vulnerabili vengano adeguatamente assistiti.
(2-00734) «Carnevali, Bazoli, Berlinghieri, Braga, Fiano, Fragomeli, Martina, Pollastrini, Quartapelle Procopio».

(9 aprile 2020)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   la crisi sanitaria e quella economica che è conseguita all'emergenza epidemiologica COVID-19 hanno causato un forte impatto sul settore energetico;

   le commodity energetiche, infatti, stanno scontando la prospettiva di una sensibile riduzione della domanda, di un significativo trend al ribasso dei prezzi spot del gas naturale e di una riduzione significativa delle quotazioni delle materie prime nei mercati all'ingrosso;

   la suddetta contrazione dei consumi è stata fortemente determinata dall'adozione, nella maggior parte dei Paesi, di misure stringenti in relazione al diffondersi della pandemia, che ha determinato la chiusura di alcune filiere produttive non essenziali e la limitazione degli spostamenti, sia nell'ambito interno dei rispettivi confini che in ambito internazionale;

   in un lasso di tempo ristretto, pertanto, i consumi energetici del nostro Paese sono precipitati, portando la domanda elettrica nazionale a registrare un 21,4 per cento in meno;

   a seguito dell'aggiornamento trimestrale dei prezzi di riferimento di luce e gas da parte dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, a partire dal 1° aprile fino al 31 luglio 2020, per la cosiddetta «famiglia tipo» in maggior tutela si avranno una diminuzione del costo dell'elettricità di –18,3 per cento e del gas di –13,5 per cento;

   gli oneri di sistema, invece, ovvero le varie componenti delle bollette pagate dai singoli utenti e finalizzate a sostenere diverse attività necessarie a sviluppare, mantenere in sicurezza e decarbonizzare il sistema elettrico nazionale, tra cui il sostegno alle energie rinnovabili, rimangono invariati a 4,18 centesimi per chilowattora;

   la sospensione dei distacchi delle forniture di energia elettrica e gas per morosità, messe in atto dall'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente per il periodo emergenziale, hanno evitato ai clienti impossibilitati a pagare le bollette di ritrovarsi senza servizi essenziali;

   alcuni operatori del settore energetico e loro organizzazioni lamentano già una crescente difficoltà finanziaria connessa all'aumento di morosità, che, nel giro di qualche mese, potrebbe ripercuotersi su tutta la filiera;

   al fine di garantire la sostenibilità degli interventi regolatori a favore dell'intera filiera dell'energia elettrica e del gas, la stessa Autorità di regolazione per energia reti e ambiente ha incrementato fino a 1,5 miliardi di euro la disponibilità del conto ad hoc istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali per l'emergenza COVID-19; superata questa emergenza, avere costi dell'energia contenuti potrebbe favorire la ripresa delle attività, soprattutto per le piccole imprese; andrebbe evitato un possibile «effetto rimbalzo» dei prezzi, determinato dalla ripresa dei consumi, soprattutto a livello industriale, e dalla risalita dei prezzi delle commodity energetiche –:

   se – nell'ambito delle prossime iniziative normative – esista una misura allo studio del Ministro interpellato che vada nel senso di alleggerire il peso degli oneri generali per gli utenti del sistema elettrico o, comunque, contenere i costi delle forniture energetiche per i clienti finali, garantendo il buon funzionamento della filiera energetica;

   quali siano gli intendimenti del Ministro interpellato circa le misure da adottare per dare copertura alle componenti tariffarie che incentivano le attività di sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili e di risparmio energetico nelle ipotesi in cui, al fine di aumentare la competitività delle imprese e dare respiro al settore anche nel dopo emergenza, si intervenga sugli oneri di sistema;

   se il Ministro interpellato ritenga sufficiente l'intervento dell'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente con il «conto emergenza COVID-19» istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali o siano in valutazione ulteriori iniziative, per quanto di competenza, per la gestione delle morosità aggiuntive nel post emergenza.
(2-00735) «Sut, Alemanno, Berardini, Carabetta, Fantinati, Giarrizzo, Masi, Papiro, Paxia, Perconti, Rizzone, Scanu, Vallascas».

(Presentata il 14 aprile 2020)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno e il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno e il Ministro della salute, ha emanato un decreto che sospende la classificazione di place of safety (luogo sicuro) per i porti italiani, per i casi di soccorso effettuati da unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell'area Sar italiana;

   nella consapevolezza che la drammatica emergenza sanitaria che il nostro Paese sta vivendo impone al Governo, come priorità assoluta, la tutela della salute pubblica, a parere degli interpellanti il suddetto decreto non solo non risponde a tale necessità, ma appare anche sbagliato, incomprensibile e illegittimo;

   la pandemia da COVID-19 sta interessando, infatti, il mondo intero e per questo sarebbe opportuno e necessario concentrare ogni sforzo, al fine di individuare ogni strumento utile a definire protocolli in grado di assicurare la sicurezza e la salute pubblica, anziché negare il soccorso e la protezione dai rischi della navigazione;

   l'obbligo etico e giuridico di impedire che le persone perdano la vita nel Mediterraneo centrale non viene meno a causa dell'emergenza sanitaria e non pregiudica la tutela della salute, la sicurezza di tutti e un'efficace battaglia contro il nuovo Coronavirus;

   ad avviso degli interpellanti il nostro Paese è assolutamente nelle condizioni di predisporre protocolli sanitari in grado di garantire a terra, o attraverso l'utilizzo di assetti navali adeguati, luoghi sicuri nei quali far svolgere la necessaria quarantena alle persone soccorse, proprio per garantire la salute e la sicurezza di tutti, quella dei naufraghi e quella del personale che si occupa dello sbarco e dell'accoglienza (come ha recentemente detto anche l'Unhcr) e anche delle comunità costiere potenzialmente esposte a rischi di contagio, senza per questo pregiudicare i principi su cui si fonda la nostra civiltà giuridica e gli obblighi imposti dal diritto internazionale con decreti interministeriali come quello in questione;

   in questo senso, a parere degli interpellanti, si riscontra un travisamento e un uso illegittimo di alcuni articoli di testi normativi del diritto internazionale, tra cui l'assenza del presupposto richiesto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare siglato a Montego Bay, introducendo il principio secondo cui non è la nave che rappresenta un pericolo per la comunità costiera, ma è la comunità costiera a rappresentare un pericolo per l'integrità fisica delle persone a bordo;

   se questa è la ratio, non può dunque escludersi che per effetto del decreto i porti della Repubblica italiana possano essere ritenuti sostanzialmente chiusi a qualsiasi imbarcazione straniera;

   il decreto, che si compone di 12 voci di premesse e di 2 articoli, richiama diversi decreti e convenzioni internazionali, dalla Convenzione di Amburgo fino agli ultimi decreti sul Coronavirus e, proprio in virtù dello «stato di emergenza» varato il 31 gennaio 2020, vi è la «deroga» alla Convenzione di Amburgo e nell'articolo 1 si decreta che «i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di place of safety (“luogo sicuro”), in virtù di quanto previsto da Amburgo», ma tale principio varrebbe solo per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell'area Sar italiana;

   non si comprende quindi, secondo quale presupposto il place of safety («luogo sicuro») cesserebbe di esistere o ritornerebbe a seconda della nazionalità dell'imbarcazione: se la nave non ha bandiera italiana il place of safety («luogo sicuro») non c'è; se, al contrario, la nave batte bandiera italiana, ritorna il place of safety («luogo sicuro»). Tale distinzione basata sulla bandiera produrrebbe un'intollerabile discriminazione tra i soggetti soccorsi e tra i medesimi soccorritori; il Governo non può non porsi, inoltre, il problema del destino delle persone che continuano a fuggire dalla Libia e che continueranno a farlo, soprattutto in primavera e in estate. Il rischio reale è che ci saranno migliaia di persone in fuga dalla guerra e dai campi di detenzione libici, che probabilmente faranno aumentare i morti in mare e anche gli sbarchi spontanei;

   nel caso di questi ultimi le imbarcazioni che riescono ad arrivare autonomamente sulla terraferma rischiano di diventare un pericolo potenzialmente maggiore in assenza di protocolli per la quarantena e la gestione sanitaria delle persone sbarcate, mentre una gestione ordinata e razionale dei soccorsi permetterebbe al Governo di operare in tutta sicurezza;

   nell'attuale condizione di assenza di dispositivi di soccorso, sia della società civile che statali, il vero rischio è l'aumento sia degli arrivi spontanei, sia delle morti in mare e il suddetto decreto non risponde al primo fenomeno e rischia di far lievitare i numeri del secondo;

   si hanno tutti gli strumenti e le risorse per disporre misure di sicurezza che permettano di proteggere da possibili contagi sia i naufraghi che le popolazioni costiere, senza la necessità di definire il nostro Paese un «luogo non sicuro» o derogare a principi e valori costituzionali e alle convenzioni internazionali per la pandemia in corso;

   si è di fronte a un decreto che a parere degli interpellanti non solo non risolve il problema e denota un approccio sbagliato, ma rischia anche di essere più dannoso, oltre ad essere in palese violazione di norme di diritto internazionale a cui è sottoposto;

   dal 1° gennaio 2020 al 3 aprile 2020 ben 2.677 persone sono state riportate indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica e quest'ultimo decreto del Governo genera un paradosso per il quale si considera un porto sicuro la Libia, che è un Paese in guerra, e non l'Italia –:

   se il Governo non intenda revocare subito il decreto citato in premessa e lavorare contestualmente a un dispositivo che preveda protocolli sanitari in grado di garantire a terra o in mare, attraverso l'utilizzo di assetti navali adeguati, luoghi sicuri nei quali far svolgere la necessaria quarantena, prevista dalle misure per combattere il COVID-19, ad eventuali migranti ed equipaggi di imbarcazioni che abbiano effettuato salvataggi di naufraghi, così da garantire la salute e la sicurezza degli stessi, degli operatori e delle comunità costiere.
(2-00736) «Palazzotto, Fratoianni, Muroni, Pastorino, Fornaro».

(Presentata il 14 aprile 2020)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere premesso che:

   l'8 aprile 2020 alle ore 10,20 crollava il ponte che collega Albiano e Caprigliola, coinvolgendo due furgoni che in quel momento vi transitavano. Si tratta di 258 metri di ponte crollati da dieci metri di altezza sul sottostante fiume Magra: una tragedia sfiorata grazie solo al periodo di traffico meno intenso dovuto al lockdown e alle limitazioni degli spostamenti per le disposizioni di contenimento del virus COVID-19 su un'arteria stradale solitamente ad alta intensità di traffico;

   il ponte è gestito da Anas dal novembre 2018, a seguito dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 febbraio 2018, recante una revisione complessiva della rete stradale di interesse nazionale e della rete stradale di interesse regionale, in particolare quella toscana. Fino a quel momento l'infrastruttura era gestita dalla provincia di Massa e Carrara;

   da numerosi articoli di stampa risulterebbe che le sollecitazioni riguardo a un intervento di manutenzione del ponte di Albiano Magra, che rappresenta il collegamento tra Toscana e Liguria, in realtà iniziano pochi giorni dopo il crollo del Ponte Morandi, esattamente il 16 agosto 2018 quando il sindaco risulterebbe aver inviato la prima lettera all'Anas nella quale chiede una verifica strutturale di ponti e viadotti «visto il tragico evento del ponte Morandi»;

   circa un anno dopo, esattamente il 30 luglio 2019, il sindaco nuovamente avrebbe scritto all'Anas per sollecitare un intervento, sollecitazione seguita da una terza lettera, pochi giorni dopo, l'8 agosto 2019 in cui risulterebbe la richiesta di sopralluogo in quanto «il ponte è abnormemente sollecitato dal transito di mezzi anche pesanti». Il 4 novembre 2019 un'ulteriore sollecitazione risulterebbe essere inviata anche ai vigili del fuoco e al genio civile, in cui si sottolinea la «grossa preoccupazione per lo stato del ponte», seguita dall'ultima missiva l'8 novembre 2019;

   la tragedia sfiorata del ponte di Albiano Magra, in realtà, si inserisce nella più generale questione delle ispezioni annuali compiute dall'Anas ai fini della sicurezza dei viadotti di sua competenza. Come già evidenziato nell'interrogazione n. 5-03734 e da un'inchiesta giornalistica, infatti, emergerebbe che nel corso delle 2019 le ispezioni obbligatorie sarebbero state solo il 28 per cento, vale a dire 1.419 su 4.991, mentre nel 2018 si registrava una percentuale pari al 56 per cento con 2.068 ispezioni su 3.697;

   inoltre, in base a una mappatura operata nel 2019 risulterebbero 763 cavalcavia sui quali non sarebbe chiara la competenza, sia in termini di responsabilità che in termini di ispezioni e manutenzione;

   al fine di vigilare e garantire manutenzione e sicurezza alle infrastrutture, con il decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, cosiddetto «decreto Genova», il Governo Conte I aveva altresì istituito la nuova agenzia Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali). Occorre, quindi, rendere trasparente l'attività svolta da tale agenzia in merito ai controlli svolti sul ponte di Albiano Magra;

   al momento, per la ricostruzione del ponte, un'opera comunque strategica che permette il collegamento tra la Toscana e la Liguria, è stata proposta la nomina, quale commissario, del presidente della regione Toscana. A ciò si aggiunge che l'Anas, nel 2019, ha ricevuto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti circa 29,9 miliardi di euro anche grazie al passaggio di alcune strade provinciali all'amministrazione in questione;

   l'articolo 35 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, prevede che l'Anas potrebbe subentrare nelle concessioni autostradali in caso di revoca, decadenza o risoluzione di concessioni di strade o autostrade, ivi incluse quelle sottoposte a pedaggio, nelle more dello svolgimento delle procedure di gara per l'affidamento a nuovo concessionario;

   per il potenziamento delle misure di collegamento sul fiume Magra era stata individuata anche la realizzazione del ponte tra Ceparana e Santo Stefano, già finanziato dal Governo Renzi, di cui si attende ancora l'avvio della procedura di appalto. L'inizio dei lavori costituirebbe un valido rafforzamento delle vie di comunicazione e transito in quell'area territoriale;

   la questione della ripartenza dei cantieri pone sicuramente al centro la necessità di implementare la manutenzione delle strade, dei ponti e dei viadotti del nostro Paese come strumento per riaprire i cantieri, rimettere in moto l'economia e, dal punto di vista delle comunicazioni stradali, procedere a lavori di miglioramento e messa in sicurezza delle rete stradale del nostro Paese –:

   se non si ritenga urgente adottare iniziative per attribuire al commissario straordinario gli stessi poteri previsti per la ricostruzione del Ponte di Genova per l'immediato ripristino del ponte crollato, avvalendosi di risorse Anas;

   se non si ritenga utile adottare iniziative per la nomina di un commissario delegato per fronteggiare l'emergenza e predisporre un piano di interventi da sottoporre al Capo del Dipartimento della Protezione civile;

   se non si ritenga utile prevedere una viabilità alternativa di emergenza finanziata dalla stessa Anas (collegamento Bolano/Podenzana e apertura varchi autostradali sulla Salt A12);

   se non si ritenga utile adottare iniziative per la nomina immediata del commissario per la realizzazione della bretella Ceparana-Santo Stefano, già finanziata e ad oggi non ancora avviata dalla provincia della Spezia;

   se non si ritenga, altresì, urgente avviare, per quanto di competenza, verifiche sullo stato delle ispezioni effettivamente compiute su ponti e viadotti di competenza dell'Anas e far luce su quanto avvenuto sui controlli del ponte di Albiano;

   quali iniziative intenda adottare in ordine alla necessità di programmare un piano a livello nazionale per l'immediato avvio dell'apertura di cantieri per la messa in sicurezza della rete stradale e autostradale del nostro Paese.
(2-00737) «Paita, Ferri, Fregolent, D'Alessandro, Nobili».

(Presentata il 14 aprile 2020)

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