TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 420 di Lunedì 2 novembre 2020

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE, DELLA FORMAZIONE E DELL'EMANCIPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,

   premesso che:

    in data 15 settembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). A tale prima fase seguirà quella della elaborazione, presentazione e adozione definitiva del Pnrr;

    il periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus si è presto trasformato in emergenza economica e ha inciso pesantemente sulla situazione del mercato del lavoro;

    nonostante il blocco dei licenziamenti in atto, tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali concordano nel sostenere che, nonostante la ripresa delle attività, l'Italia stia per essere colpita da un periodo di grave recessione economica;

    la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni;

    una recente analisi ha rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come «non essenziali» durante il blocco delle attività, quali in particolare il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati, già prima della crisi, in settori, individuati dallo stesso report, come i più colpiti dall'impatto dell'emergenza da Covid-19;

    l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa degli effetti della crisi finanziaria del 2008, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti «Neet» («not in Education, Employment or Training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del fenomeno dei cosiddetti «cervelli in fuga», spesso giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero;

    secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, nel nostro Paese, sono oltre 2.116.000 i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rappresentando il 23,4 per cento del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio; secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento del 8 per cento sul 2018;

    la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria, causata anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio- economici più fragili e in condizioni di povertà tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari, successiva alla crisi economica innescata dal Covid-19;

    sempre i dati Eurostat 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei. Questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia si è sopra la media dei 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro;

    una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza seguita alla diffusione della pandemia su scala mondiale, ma che negli anni è stata oggetto di particolare attenzione. L'introduzione del Jobs Act, durante il Governo Renzi, attraverso due provvedimenti, rispettivamente varati a marzo e dicembre del 2014 e attuati sin dai primi mesi del 2015, è stato forse il provvedimento in materia economica più significativo degli ultimi anni. L'introduzione della decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati. Nel periodo 2014 – 2018 il totale degli occupati ha registrato un aumento di 936 mila occupati totali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito nello stesso periodo del 10,5 per cento (dati Istat). L'introduzione del «bonus Cultura», i 500 euro per i giovani che hanno compiuto 18 anni, ha rappresentato un grande investimento sui giovani. L'apposita App è infatti ancora oggi utilizzabile non solo per l'acquisto di libri ma anche per cinema o teatro, per visitare una mostra o un museo;

    lo strumento «Resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, potenziato dalla manovra di bilancio del 2018, ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzato elevando dapprima l'età dei soggetti che possono presentare un progetto di impresa da 35 a 46 anni e successivamente aprendo ai liberi professionisti. Dal 24 aprile 2016 al 17 novembre 2016 sono stati sottoscritti 8 patti per lo sviluppo attraverso lo strumento del Masterplan per il Mezzogiorno in 8 regioni del Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Puglia, Sicilia) per un totale di 11,5 miliardi di euro; 7 patti con le città metropolitane (Bari, Reggio Calabria, Messina Palermo, Napoli, Catania, Cagliari) per un totale di 1,83 miliardi di euro. Gli investimenti ammontano dunque a 13,4 miliardi di euro (come da delibera del Cipe 26/2016), a cui si aggiungono le risorse serventi da diverse programmazioni e recuperate per ulteriori 25 miliardi di euro;

    in tale contesto è utile ricordare che il Family Act, A.C. 2561, recante Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie nella formazione universitaria dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario, oltre a prevedere detrazioni fiscali per le spese impiegate per acquistare libri e per i costi di locazione di abitazione per gli studenti universitari; una situazione quest'ultima che trova già ampia applicazione in ambito europeo sulla quale il nostro Paese registra un ritardo;

    oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie, ed in particolare le giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in questo senso il Governo si è impegnato in un processo di riforma generale, che ha per obiettivo il contrasto della denatalità che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte delle istituzioni, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il Family Act (A.C. 2561) rappresenta dunque una risposta di carattere strutturale che oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;

    un capitolo importante riguarda il processo di integrazione delle nuove generazioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi di origine straniera, spesso nati e cresciuti nel nostro paese. Una presenza importante, che deve costituire un elemento di ricchezza e di arricchimento della nostra società, ma che è ancora vittima di discriminazione e casi di vero e proprio razzismo. A tal fine è fondamentale inserire già a partire dalla scuola primaria, approfittando dell'insegnamento dell'educazione civica recentemente inserito nei curricola scolastici come materia obbligatoria, specifici programmi mirati all'educazione di una generazione che faccia del multiculturalismo un valore fondante del futuro delle nuove generazioni;

    in questo contesto il citato Family Act valorizza la funzione dell'«educazione non formale», vale a dire tutta una gamma di possibilità di apprendimento informale ed occasionale che da sempre hanno contribuito alla formazione di una società multiculturale, fondamentale per la formazione di una nuova leva di giovani generazioni;

    la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;

    la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:

     a) rafforzare le garanzie per i giovani;

     b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;

     c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;

     d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;

    è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, la formazione e l'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio;

    in tale contesto sarebbe estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola e mondo del lavoro al fine di aumentare le possibilità di una maggiore professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico. Risulta fondamentale inoltre riconoscere la centralità e rivalutare i percorsi di alternanza scuola-lavoro come introdotti dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta Buona Scuola. Serve una profonda revisione e un potenziamento dei programmi di istruzione tecnica con particolare riferimento a quella di carattere professionale come strumento di accesso al mercato del lavoro ed alle professioni; potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di meglio aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni; accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti; promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree dei titoli di studio conseguiti all'estero, così come facilitare il rientro di laureati italiani nel nostro paese o l'arrivo di ricercatori e accademici internazionali;

    in questo quadro risulta indispensabile rafforzare i percorsi di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, rafforzandone anche la qualità e riformando i trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, sia razionalizzando quelli esistenti che creando un nuovo sistema teso a legare il sostegno al reddito, in caso di rimodulazioni dell'orario di lavoro o di utilizzo di ammortizzatori sociali, a percorsi formativi, che consentano di migliorare le proprie chances occupazionali;

    in questo contesto il reddito di cittadinanza ha effettivamente mostrato una serie di criticità in quanto politica attiva del mercato del lavoro. I dati dell'Anpal mettono in evidenza che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro. Sono criticità che dovranno essere al più presto affrontate: la mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese;

    accanto alla salvaguardia della qualità dell'impiego, del reddito e della stabilità occupazionale dei lavoratori – subordinati, autonomi e dell'economia collaborativa (della cosiddetta sharing economy e gig economy) è necessario promuovere forme di contrattazione decentrata in un sistema di relazioni industriali multilivello;

    parallelamente alla riduzione del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale, è importante favorire processi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;

    tutte le misure fin qui elencate dovranno essere accompagnate ad un necessario e importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato, che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia;

    la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e sarà compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano «AttivaGiovani» rivolto ai giovani Neet che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. I giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il costo del lavoro sarebbe interamente a carico dello Stato. Le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;

    tuttavia, la crisi rappresenta anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next Generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. La strategia italiana per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, dalla ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico;

    particolare rilevanza deve essere riservata alle lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Il disegno di legge 2561 all'articolo 5 prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nei primi due anni di avvio dell'impresa. La norma stabilisce, infatti, ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile anche nelle regioni del Mezzogiorno;

    quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next Generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza,

impegna il Governo:

1) a definire una strategia specifica per promuovere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile;

2) ad adottare iniziative per introdurre un piano «AttivaGiovani» che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione per giovani Neet, ovvero di cittadini disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, presso le imprese;

3) ad adottare iniziative per potenziare, anche nell'ambito di una riforma più organica della famiglia, quale quella intrapresa con il cosiddetto Family Act, richiamato in premessa, le misure a favore dei giovani;

4) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani» per renderlo più efficace;

5) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante semplificando i numerosi oneri burocratici vigenti in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;

6) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e contrastare il fenomeno dei tirocini extra-curriculari non retribuiti;

7) ad adottare iniziative per incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori ed effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, «vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;

8) ad assumere iniziative per introdurre «Credito Giovani», uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, avvio di una azienda o acquisto prima casa;

9) ad adottare iniziative per predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e in questo senso, per introdurre misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;

10) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, rafforzando ed incentivando l'imprenditoria femminile;

11) a presentare un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda l'imprenditorialità sociale, con particolare riguardo, tra l'altro, all'istruzione e alla formazione all'imprenditorialità, e a servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.
(1-00392) «Ungaro, Boschi, D'Alessandro, Toccafondi, De Filippo, Marattin, Fregolent, Occhionero».

(21 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da Covid-19 ha prodotto, e con il suo perdurare continua a produrre, un impatto fortemente negativo sull'intera economia mondiale. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente stimato che il danno prodotto all'economia europea è quantificabile in circa tremila miliardi di euro in termini di prodotto interno lordo, che nel 2021, nonostante un rimbalzo del 4,7 per cento, si attesterà ad un livello pari al 6,3 per cento inferiore rispetto alle stime effettuate prima dell'esplosione della pandemia;

    nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2020 il Governo prevede un crollo del prodotto interno lordo del 9 per cento per l'anno in corso nell'ipotesi più ottimistica, quella cioè che non prende in considerazione un nuovo ricorso ad un lockdown generalizzato, con un rimbalzo del 5,1 per cento per il 2021 ed un ritorno ai livelli ante Covid stimato solo nel 2023;

    previsioni molto negative lo stesso Documento attribuisce all'occupazione con un calo, nell'anno in corso, del 9,5 per cento per quanto riguarda l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro, e un tasso di disoccupazione che si attesterebbe al 9,5, con un peggioramento stimato per l'anno 2021, in cui il tasso di disoccupazione salirebbe al 10,7 per cento, mentre il recupero previsto per l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro rimarrebbe inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto all'anno 2019;

    i dati in termini reali dei mesi del 2020 hanno registrato risultati altrettanto negativi in termini di posti di lavoro persi, di disoccupazione e di tasso di inattività. Ad agosto 2020 erano quattrocentoventicinquemila i posti di lavoro in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre da febbraio 2020 ad agosto l'occupazione ha registrato una contrazione di trecentosessantamila unità in meno;

    all'interno di questo scenario risulta in sofferenza soprattutto l'occupazione giovanile, che ad agosto 2020 ha registrato un livello di disoccupazione del 32,1 per cento, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente;

    la condizione dell'occupazione giovanile è stata ulteriormente influenzata in senso negativo dalla rilevante riduzione di posti di lavoro a tempo determinato e di natura stagionale che si è registrata nel corso dell'anno 2020 a causa degli effetti della pandemia;

    la forte sofferenza riscontrata dall'occupazione a tempo determinato è riconosciuta dallo stesso Governo, sempre nella Nadef quando ascrive proprio alla perdita di questi posti di lavoro il ruolo maggiore prodotto sui livelli dell'occupazione e della disoccupazione per l'anno in corso;

    a fronte di questa presa d'atto non si riscontra un intervento altrettanto deciso tra i provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi in corso;

    l'irrigidimento apportato alla normativa in materia di lavoro a tempo determinato dal decreto-legge n. 87 del 2018, comunemente noto come decreto «dignità» si è rivelato un boomerang nella condizione di crisi e di forte incertezza prodotta dalla diffusione della pandemia da Covid-19. I soggetti che il decreto «dignità» voleva tutelare dal fenomeno del così detto precariato, ed in particolare i giovani lavoratori, sono divenuti le principali ed in gran parte uniche vittime della crisi anche a causa di quell'intervento normativo. Mentre i lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono stati difesi dal blocco dei licenziamenti previsto per legge, i lavoratori a termine hanno visto arrivare a scadenza i propri contratti senza la trasformazione di questi in contratti a tempo indeterminato;

    su questo fronte, che interessa tanta parte del lavoro giovanile, il Governo, pur consapevole della criticità, si è limitato ad adottare provvedimenti di portata limitata e non sufficienti a risolvere adeguatamente il problema, come ad esempio un'ampia deroga di natura transitoria valida per l'intero anno 2021, alla normativa in materia di contratto a termine risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 87 del 2018;

    se è evidente e oggettivo che la pandemia da Covid-19 sta producendo un impatto fortemente negativo sul mondo del lavoro, sarebbe un grave errore non considerare che l'occupazione giovanile ha rappresentato una criticità anche nei periodi precedenti quando, seppur in maniera modesta e non sufficiente, i dati dell'occupazione nel suo complesso segnavano dati positivi;

    nel terzo trimestre 2019 ad esempio, quando il Covid-19 non aveva ancora dispiegato i suoi effetti neppure in Cina, la disoccupazione giovanile nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni si attestava al 17,8 per cento, un livello doppio rispetto al dato nazionale, che schizzava al 25,7 per cento se si considera esclusivamente la fascia 15-24 anni;

    allo stesso tempo un rapporto del World Economic Forum pubblicato ad inizio 2020 e riferito al 2019, attestava la presenza in Italia di oltre due milioni di così detti «Neet», cioè giovani compresi nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni che non studiano e non cercano lavoro;

    le politiche adottate dai Governi dall'inizio della legislatura in questo non hanno ottenuto i risultati attesi;

    il reddito di cittadinanza dopo diciotto mesi di funzionamento ha svolto una funzione esclusivamente dal punto di vista dell'assistenza e della lotta alla povertà, si è invece dimostrato carente sul fronte dell'avviamento al lavoro per tutti i suoi beneficiari ed in particolare per i giovani lavoratori. A fine luglio 2020 su una platea di circa 1,23 milioni di percettori maggiorenni del reddito di cittadinanza i patti per il lavoro sottoscritti sono stati soltanto 318.221, mentre la maggioranza dei percettori del beneficio, circa il 57,8 per cento del totale avevano appena ricevuto la convocazione presso i centri per l'impiego. Le offerte di lavoro e le opportunità formative proposte dai così detti navigator ai beneficiari del reddito di cittadinanza sono state, inevitabilmente, ancora inferiori, pari a 220.048;

    in una fase come quella attuale di grande difficoltà sarebbe necessario dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019, in merito alla partecipazione, dei beneficiari del reddito di cittadinanza a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti. Nel dare attuazione a tale disposizione si è registrato prima un ritardo nell'adozione del decreto ministeriale, entrato in vigore solo il 20 gennaio di quest'anno, successivamente si sono riscontrate difficoltà da parte degli enti locali nell'impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza in attività di pubblica utilità anche per carenza di progetti da parte degli enti locali, come si è verificato ad esempio a Roma e Torino;

    anche il provvedimento definito «quota 100» che nelle intenzioni del Governo avrebbe dovuto produrre maggiore occupazione non ha minimamente rispettato le attese sotto tale profilo;

    se si vuole concretamente affrontare il nodo dell'occupazione giovanile al fine di invertirne la tendenza negativa di lungo periodo, è indispensabile avere le capacità e il coraggio di individuare le poche opportunità che la crisi prodotta dalla pandemia ha messo a disposizione. In questo senso le risorse del così detto Recovery fund costituiscono un'occasione, forse irripetibile per investire in iniziative e progetti che sarebbero stati di difficile realizzazione nelle fasi precedenti la pandemia e che saranno probabilmente impossibili nelle fasi successive. Parte delle risorse che si renderanno disponibili dovranno essere utilizzate, da un lato, per costituire fondi a sostegno della giovane imprenditorialità e, in parte, per dare vita, con il coinvolgimento delle regioni, ad un grande piano in grado di facilitare le assunzioni di giovani lavoratori sia nel settore privato che in quello pubblico, con un'impostazione simile a quella della legge n. 285 del 1997, aggiornata alle condizioni attuali;

    l'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro appare inadeguato alla funzione di ricollocazione dei lavoratori in generale, ma risulta estremamente carente in particolare per i lavoratori delle fasce più giovani, poiché, oltre all'assenza di adeguate risorse e di un'organizzazione razionale ed efficiente, prescinde completamente dall'aspetto della formazione continua ed in particolare sul fronte delle nuove competenze in campo tecnologico;

    appare assolutamente indispensabile interconnettere in maniera attiva ed efficiente il settore delle politiche attive, con gli istituti di formazione, con la scuola, in particolare a livello di istituti tecnici superiori, e le aziende private, al fine di garantire un'offerta formativa composta dall'armonizzazione e l'integrazione dello studio scolastico, della formazione professionale teorica e dello svolgimento dell'attività lavorativa sotto forma di periodi di stage retribuiti;

    è necessario investire nel campo della formazione in due direzioni. La prima riguarda progetti volti ad affiancare all'istruzione universitaria una formazione tecnica superiore fondata sul paradigma integrativo tra teoria e pratica, tra cultura generale e specifica (professionale), tra competenze trasversali e specialistiche, tra formazione umana e formazione professionale, tra studio, imprese e territorio;

    la seconda si riferisce all'apprendistato formativo riconosciuto come la forma di apprendimento più strategica per sostenere la declinazione e la diffusione del paradigma formativo integrativo e non separativo appena menzionato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per investire risorse in politiche strutturali di lungo periodo volte ad incentivare l'assunzione di giovani lavoratori attraverso una riduzione del costo del lavoro per i nuovi assunti;

2) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di specifici percorsi di formazione professionale, anche in collaborazione con istituti universitari, al fine di consentire l'acquisizione di competenze specifiche nel settore delle nuove tecnologie digitali per i giovani al di sotto dei trenta anni, incentivando e semplificando il ricorso all'apprendistato professionalizzante;

3) ad adottare iniziative per la realizzazione di ecosistemi territoriali in grado ai realizzare una maggiore interconnessione tra il settore formativo della scuola e quello delle aziende, rafforzando in particolare l'esperienza degli istituti tecnici superiori e valutando la modifica dell'attuale rapporto tra le ore di formazione scolastica e quelle di formazione lavorativa, con un aumento di queste ultime come avviene in altri Paesi europei, quali la Germania;

4) ad adottare iniziative per aumentare i fondi previsti per il programma «Garanzia Giovani», rafforzando ed efficientando in particolare le attività di formazione professionale e garantendone il miglior utilizzo attraverso la promozione di misure finalizzate ad esiti occupazionali;

5) a destinare parte delle risorse che si renderanno disponibili nell'ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza a politiche di sostegno all'imprenditoria giovanile sia nel settore delle attività innovative e tecnologiche, sia nei settori di attività più tradizionali;

6) ad individuare, in collaborazione con regioni e comuni, opportune forme di coinvolgimento dei giovani lavoratori in progetti di pubblica utilità, anche nell'ambito dei percorsi formativi previsti dai servizi per le politiche attive del lavoro;

7) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo per i percettori del reddito di cittadinanza, «Naspi» e «Discol», di età inferiore ai trenta anni, di accettare proposte di stage formativi avanzate dalle aziende per il tramite del sistema di navigator e dei centri per l'impiego;

8) a prevedere, nell'ambito dell'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro, specifici interventi mirati a rendere più efficace la ricollocazione al lavoro dei giovani in cerca di occupazione, efficientando e implementando l'attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché ad implementare le risorse umane con adeguati profili di competenza e prevedendo le forme più opportune di coinvolgimento delle agenzie per il lavoro private;

9) ad adottare iniziative per prevedere una deroga per tutto l'anno 2021 alla normativa in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di facilitare il ricorso a questa forma di contratto per i giovani lavoratori di età inferiore ai trenta anni.
(1-00396) «Zangrillo, Polverini, Gelmini, Cannatelli, Musella».

(28 ottobre 2020)

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