TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 422 di Mercoledì 4 novembre 2020

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, NELL'AMBITO DI UN PIÙ AMPIO PROGRAMMA DI RILANCIO INFRASTRUTTURALE ED ECONOMICO

   La Camera,

   premesso che:

    l'emergenza sanitaria Covid-19 è ormai una vera e propria emergenza industriale e produttiva che sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale;

    anche nel nostro Paese, la gravissima crisi economica e produttiva iniziata in conseguenza della diffusione del contagio del virus Covid-19, si sta già traducendo in una caduta della produzione e quindi del prodotto interno lordo, che il Def 2020 da poco varato dal Governo stima in oltre il 15 per cento nel primo semestre 2020 con un successivo rimbalzo nella seconda metà dell'anno. Gli ultimi dati Istat indicano una contrazione del prodotto interno lordo nel 2020 dell'8,3 per cento e solo una parziale ripresa del 4,6 per cento nel 2021;

    è indispensabile quindi mettere in campo una strategia complessiva di sostegno dell'economia italiana dopo la drammatica pandemia in atto e i cui effetti sulla produzione e sull'economia accompagneranno purtroppo per un tempo non breve;

    gli effetti sulla caduta del Pil in conseguenza del coronavirus sono quindi drammatici e stanno interessando anche un settore, quello delle costruzioni, che rappresenta oltre il 22 per cento del prodotto interno lordo nazionale, ed è un settore trainante per molti altri comparti dell'economia e quindi di crescita per tutto il sistema;

    come ricorda anche l'Ance, quello che manca al nostro Paese, ma di cui c'è grande bisogno in questa fase, sono misure shock, in grado di rimettere rapidamente in moto il Paese e il settore delle costruzioni. Misure che, invece, altri Paesi europei hanno adottato con tempestività, già all'inizio della crisi, dando certezze e prospettive alle loro economie;

    è necessario mettere in campo al più presto un piano di investimenti e un piano per le opere pubbliche e le infrastrutture. Secondo alcune stime, sarebbero 50 mila i posti di lavoro che potrebbero essere creati se solo le principali opere ferme fossero sbloccate, con un impatto enorme sulle famiglie dei lavoratori e sui loro territori;

    è indispensabile che si faccia un'analisi complessiva con tutti i soggetti interessati, per ragionare sul disegno strategico della dotazione infrastrutturale di questo Paese;

    dopo mesi di dichiarazioni nelle quali il Governo aveva promesso misure shock per ridurre finalmente la burocrazia e rilanciare le infrastrutture e le opere pubbliche, è stato approvato il decreto-legge n. 76 del 2020 in materia di semplificazioni che contiene misure troppo timide, molte delle quali non a regime, e del tutto insufficienti a sbloccare i cantieri e far ripartire il nostro sistema produttivo;

    in questi mesi si è assistito a una serie di dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, di alcuni Ministri e da componenti della maggioranza di Governo, che hanno espressamente aperto alla possibilità di riprendere in considerazione la realizzazione del ponte sullo stretto. Inaspettatamente, lo stesso Presidente Conte ha fatto riferimento alla possibilità di verificare la realizzazione di un sistema sottomarino di collegamento, tunnel interrato o ponte di Archimede (tunnel a mezz'acqua). In realtà queste ipotesi alternative al ponte erano state già esaminate negli anni 1998-2000, e successivamente archiviate perché tecnicamente non praticabili;

    così come nelle stesse 102 proposte per il rilancio dell'Italia e consegnate in questi giorni al Governo dalla task force guidata da Vittorio Colao, si propone, anche per rilanciare il turismo, il completamento dell'«alta velocità sulla dorsale tirrenica, in modo che arrivi fino in Sicilia». Una affermazione che altro non è che una chiara indicazione a riprendere in mano il «dossier» Ponte;

    si ricorda che, fortemente voluto dal presidente Berlusconi, con la legge obiettivo n. 443 del 2001, il ponte sullo stretto di Messina in quanto considerato progetto essenziale per il Mezzogiorno e per ##l'Italia, viene ricompreso tra le infrastrutture strategiche da inserire tra gli interventi prioritari;

    all'epoca, la difesa di quest'opera opera fu fatta, dal commissario Van Miert che precisò in Parlamento europeo che era stato realizzato un viadotto in mare per 21 chilometri per collegare la Danimarca con la Svezia, due Paesi con 4-5 milioni di abitanti ed era quindi inconcepibile non collegare con un ponte lungo 3 chilometri una isola di circa 6 milioni di abitanti con il restante Paese di circa 55 milioni di abitanti;

    nell'aprile 2004 viene pubblicato in Gazzetta ufficiale il bando internazionale per la selezione del general contractor cui sarà affidata dallo Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del Ponte. L'Eurolink di Impregilo (poi gruppo Salini) si aggiudicherà la gara, con impegno di realizzare l'opera in settanta mesi;

    il quinto rapporto del luglio 2010, sullo stato di attuazione della «legge obiettivo», riguardo al Ponte sullo stretto di Messina, ricordava la previsione di completare la progettazione definitiva nel corso del 2010 e l'avvio del cantiere principale all'inizio del 2011;

    le vicende politiche degli anni successivi, hanno portato ad abbandonare il progetto di questa grande infrastruttura viaria che continua a rappresentare una occasione unica per contribuire al riequilibrio del Mezzogiorno e per il Paese tutto. Una grande ed unica occasione che produrrebbe un «cambiamento sostanziale» in termini di riequilibrio del Mezzogiorno;

    un primo «stop» all'opera era arrivato già dal Governo Prodi (2006-2008). Ma con il ritorno al Governo del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, nel maggio 2008 l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, inviava alla Società Stretto di Messina una lettera in cui invitava a porre in essere, nei tempi più brevi, tutte le condizioni per la ripresa delle attività inerenti alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina;

    nel 2012 però, il Governo presieduto dal professor Mario Monti, decide di non riaprire le procedure per realizzare il ponte sullo Stretto e, con la legge di stabilità per il 2013 (legge 228 del 2012), stanzia 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per non realizzare l'opera;

    nel 2013 decadono i rapporti di concessione con la Stretto di Messina Spa e la società viene messa in liquidazione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013, è venuta la messa in liquidazione della società Ponte sullo Stretto di Messina spa;

    il Ponte sullo Stretto di Messina, è stato quindi classificato tra gli interventi con procedimento interrotto a seguito di quanto comunicato nell'XI Allegato Infrastrutture al Def 2013, ossia che «con delibera CIPE 6/2012 è stata disposta la riduzione totale del contributo assegnato alla Società Stretto di Messina e l'intervento non è stato inserito fra gli interventi indifferibili (...). In seguito, l'articolo 34-decies, comma 1, del decreto-legge 179 del 2012, ha disposto la caducazione degli atti contrattuali a far data dal 1° marzo 2013 non avendo le parti stipulato apposito atto aggiuntivo entro tale data»;

    il troppo timido tentativo nel 2016 con il Governo Renzi, di riaprire la discussione sulla realizzazione di questa storica infrastruttura, non ha portato a nulla;

    peraltro, è bene sottolineare che allo stato attuale, la conferma della definitiva rinuncia alla realizzazione di questa opera, costerebbe alle casse dello Stato in termini di penali da pagare al gruppo Salini, di più della sua effettiva realizzazione;

    peraltro, ogni progetto di alta velocità per il Mezzogiorno passa anche attraverso un collegamento veloce, ormai indispensabile, tra la Sicilia e l'Europa. Sotto questo aspetto, il Ponte sullo Stretto rappresenterebbe un'opera che consente di avere anche al Sud Italia l'alta velocità e alta capacità ferroviaria necessarie per la competitività e lo sviluppo delle regioni meridionali, oltre a contribuire alla riduzione del divario in termini di infrastrutture e di servizi tra il nord e il sud del Paese;

    la realtà è che il Ponte sullo Stretto può rappresentare una grandissima occasione di sviluppo per l'Italia e non solo per la Calabria e la Sicilia, permettendo tra l'altro di intercettare il traffico merci che, dal canale di Suez, oggi si dirige verso Gibilterra per puntare sui porti del Nord Europa, quando invece la Sicilia con il porto di Augusta collegato all'Alta velocità potrebbe rappresentare un hub strategico nel Mediterraneo e quindi per uno sviluppo di quei territori, del Mezzogiorno e per il Paese. E la valenza strategica di questa opera è ancora più evidente in una fase nella quale stiamo entrando in recessione e in profonda crisi economica;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per la infrastrutturazione organica del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali in poche settimane sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse. Opere che sono coerenti con quello che l'Unione europea chiede all'Italia per poter accedere alle risorse messe a disposizione per superare l'emergenza che si sta vivendo; infatti sono tutte opere ubicate sul programma delle reti Trans European Network (TEN-T). Tra queste si ricordano: Terzo Valico dei Giovi sulla tratta ferroviaria ad alta velocità Genova-Milano; raddoppio dell'autostrada A10 nel tratto di attraversamento di Genova (Gronda di Genova); tratta ferroviaria ad alta velocità Brescia-Verona; tratta ferroviaria ad alta velocità Verona-Vicenza-Padova e altre. All'elenco suddetto va certamente aggiunto il Ponte sullo Stretto;

    si ricorda che nel 2003, il Gruppo di Alto Livello per la rete di trasporto transeuropea (TEN-T) includeva il ponte sullo Stretto tra i 18 progetti prioritari a livello europeo da rendere operativi entro il 2020, e al dicembre dello stesso anno, il Consiglio dei ministri dei trasporti europei approvava la proposta della Commissione UE del 1° ottobre 2020 di revisione delle Reti TEN, che prevedeva anche la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Nel 2011, la Commissione europea adottava la proposta di regolamento sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), ma il Ponte ferroviario/stradale sullo stretto di Messina non figura tra le opere «core» del Corridoio da Helsinki a La Valletta;

    la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nell'approvare all'unanimità il documento sul Recovery Fund, ha espressamente indicato, tra le opere strategiche prioritarie, il ponte sullo stretto di Messina. Si tratta di un documento poi formalmente presentato alla Conferenza Stato-regioni e alla Commissione bilancio della Camera nell'ambito della «Indagine conoscitiva delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund»;

    nello schema di relazione della Commissione Bilancio sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund, al paragrafo «Mezzogiorno», si legge: «L'obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno al fine di colmare, nel giro di alcuni anni, il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori anche garantendo l'infrastruttura stabile e veloce dello Stretto di Messina, dettagliatamente indicata al paragrafo 8.2, ferma restando che la stessa, in ogni caso, non può essere annoverata, per l'importanza che essa riveste, tra i progetti storici menzionati tra i criteri di valutazione negativa, di cui alle linee guida del Governo»,

impegna il Governo:

1) ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a riconsiderare il progetto, già cantierabile, per la realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina, quale progetto chiave per il rilancio economico del Paese, anche valutando a tal fine le penali conseguenti alla mancata realizzazione dell'opera infrastrutturale, e che consentirebbe di estendere l'alta velocità ferroviaria anche in Sicilia, fino a Messina, Palermo e Siracusa;

2) a ricomprendere la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina tra i progetti finanziabili con quota delle risorse del Recovery Fund, in quanto opera già cantierabile e strategica per il rilancio economico del Mezzogiorno e del Paese, nonché decisiva per collegare il nostro meridione all'Europa;

3) a inserire la ripresa del progetto Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio ed efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva in atto conseguente alla pandemia in corso a livello mondiale e in grado di rimettere rapidamente in moto e sostenere l'economia e il settore delle costruzioni;

4) ad avviare fin da subito, per le suddette finalità, un confronto costante con le associazioni e i soggetti imprenditoriali coinvolti, al fine di individuare le misure e linee di intervento più efficaci e rapide per garantire la ripartenza e l'apertura dei cantieri.
(1-00355) (Nuova formulazione) «Prestigiacomo, Gelmini, Occhiuto, Bartolozzi, Siracusano, Cannizzaro, Mulè, Maria Tripodi, Torromino, D'Ettore, Baldelli, Cortelazzo, Casino, Labriola, Mazzetti, Ruffino, Calabria, Sozzani, Zanella, Germanà».

(9 giugno 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    ai sensi della legge obiettivo n. 443 del 2001 è stato ricompreso il Ponte sullo stretto di Messina tra le infrastrutture strategiche da inserire tra gli interventi prioritari, in ragione dell'importanza rivestita per l'intero territorio nazionale a partire dal Sud Italia;

    il bando internazionale per la selezione del general contractor cui affidare da parte dello Stato la progettazione definitiva e la successiva costruzione del ponte, vide l'aggiudicazione della gara a Eurolink di Impregilo (poi gruppo Salini), con impegno di realizzare l'opera in settanta mesi;

    con la legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012) vennero stanziati 300 milioni di euro per il pagamento delle penali per non realizzare l'opera;

    il Ponte sullo Stretto di Messina è classificato tra gli interventi con procedimento interrotto a seguito di quanto comunicato nell'XI allegato infrastrutture al Def 2013,

impegna il Governo

1) ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a riconsiderare il progetto, già cantierabile, per la realizzazione, nel rispetto della tutela dell'ambiente, del Ponte sullo Stretto di Messina.
(1-00386) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(12 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    il rilancio del sistema economico italiano, oggi gravemente indebolito dalle conseguenze determinate dall'emergenza sanitaria da Covid-19, passa dalla realizzazione di tutte le opere pubbliche, così da colmare il gap infrastrutturale che caratterizza l'Italia;

    tra gli interventi infrastrutturali di maggiore interesse per i benefici e le ricadute per cittadini ed imprese rientra indubbiamente il Ponte sullo Stretto di Messina, la strategicità del quale è stata riconosciuta ai sensi della legge obiettivo n. 443 del 2001;

    il progetto prevede la realizzazione di un ponte sospeso a campata centrale unica di lunghezza pari a 3.300 metri, con un impalcato di complessivi 3.666 metri lineari, campate laterali comprese, e una larghezza di 60 metri lineari; la sezione stradale dell'impalcato è composta da tre corsie per ogni carreggiata (due di marcia ed una di emergenza), mentre la sezione ferroviaria comprende due binari con due marciapiedi laterali pedonabili;

    il progetto ricomprende le opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano (circa 40 chilometri), in massima parte in galleria, per assicurare il collegamento del ponte al nuovo tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria ed alla prevista linea ferroviaria AV/AC Napoli-Reggio Calabria, da un lato, e alle tratte autostradali Messina-Catania e Messina-Palermo nonché alla prevista nuova stazione ferroviaria di Messina, dall'altro;

    nell'impostazione originaria, si prevede la realizzazione del Ponte in project financing, con una partecipazione pubblica pari a solo il 40 per cento, e quella dei privati pari al 60 per cento, da recuperare attraverso pedaggi e canoni durante la durata trentennale della concessione;

    per quanto concerne il costo totale dell'investimento, esso ammonta – secondo la società Stretto di Messina Spa all'uopo costituita – a 8,5 miliardi di euro, di cui:

     a) 6,5 miliardi di euro da corrispondere al general contractor per i costi di costruzione (pari a 5,7 miliardi di euro) ma anche per i servizi, gli espropri, le opere compensative, il monitoraggio ambientale e altri oneri contrattualmente previsti (800 milioni di euro); dei 5,7 miliardi di euro previsti per la costruzione dell'opera, 3 miliardi di euro sono necessari per il ponte, 2.5 miliardi di euro sono necessari per i collegamenti e 200 milioni di euro sono necessari per le cantierizzazioni;

     b) 2 miliardi di euro per i costi assicurativi e per quelli di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria;

    il costo per la costruzione del ponte ammonta, di per sé, a 3 miliardi di euro, di cui 2,4 per la realizzazione della sovrastruttura e 0,6 per le sottostrutture;

    sono riscontrabili dei vantaggi connessi, tanto alla realizzazione dell'opera, quanto alla sua messa in esercizio; in particolare:

     a) in fase di costruzione, è stimabile: un aumento dell'occupazione, sia direttamente nei cantieri che nell'indotto, che si stima complessivamente in 100.000 posti di lavoro all'anno; un aumento della produzione di beni e servizi intermedi, da parte delle imprese locali e nazionali, stimato in 6 miliardi di euro, e i relativi riflessi occupazionali; un maggior gettito fiscale, derivante dal complesso insieme di imposte, di contributi sociali, di oneri tributari di vario genere collegati alla realizzazione dell'investimento;

     b) in fase di esercizio, è stimabile: una riduzione dei costi di trasporto, sia riguardo il trasporto merci privato, che contribuisce ad un aumento della produttività dei fattori produttivi, e quindi un aumento di competitività delle imprese; un risparmio medio di tempo rispetto all'attraversamento via mare (2 ore per i treni; un'ora per i mezzi gommati; diverse ore per il traffico merci ferroviario, considerando sia il tempo di puro attraversamento, che il tempo necessario per le operazioni di imbarco e sbarco, particolarmente lunghe e laboriose per i treni); la linea AV su tutta la dorsale Roma-Reggio Calabria; il potenziamento dei porti di Gioia Tauro, Messina e Palermo, intercettando il 20 per cento delle merci da distribuire nell'Europa del Sud, con benefici per tutto il sistema portuale italiano per via del risparmio dei giorni di navigazione; una maggiore facilità nella mobilità urbana tra le due sponde, corrispondente ad una domanda di migliaia di spostamenti giornalieri per motivi di studio o di lavoro;

    nonostante gli evidenti benefici connessi all'opera, nel 2012 il Governo Monti ha approvato il decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, con il quale sono state disposte le circostanze che comportano la «caducazione» ex lege della concessione alla Stretto di Messina e di tutti i contratti con le imprese, stanziando successivamente 300 milioni di euro per il pagamento delle penali;

    il contenzioso, creatosi nel tempo e tuttora in atto, grava notevolmente sulla finanza pubblica per un ammontare superiore agli 800 milioni di euro, cui si aggiungono i 300 milioni di euro già stanziati per il pagamento delle penali e tutti gli altri oneri connessi alla liquidazione tuttora in essere della società Stretto di Messina Spa;

    vi sono opere urgenti ed essenziali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, già in parte avviate ma da troppo tempo bloccate per fatti procedurali, o pronte per essere avviate e ferme da anni per le quali, in poche settimane, sarebbe possibile consegnare formalmente le attività propedeutiche e realizzative delle stesse; in particolare, trattasi di opere che insistono sulle reti europee del Trans European Network (TEN-T), dal novero delle quali il Ponte sullo Stretto è stato inspiegabilmente espunto in passato e il cui reinserimento costituisce oggi una esigenza non più procrastinabile,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa volta alla celere realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, anche riconsiderando – se necessario – il progetto approvato in passato al fine di adeguarlo ai nuovi standard ingegneristici e ambientali;

2) ad inserire la ripresa del progetto del Ponte sullo Stretto all'interno di un più ampio ed efficace programma di rilancio degli investimenti e dei lavori pubblici coerente con la drammatica fase di crisi economica e produttiva conseguente all'emergenza sanitaria globale in corso.
(1-00389) «Alessandro Pagano, Furgiuele, Minardo, Rixi, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Lucchini, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto».

(14 ottobre 2020)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE, DELLA FORMAZIONE E DELL'EMANCIPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,

   premesso che:

    in data 15 settembre 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alle Camere la proposta di linee guida per la definizione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). A tale prima fase seguirà quella della elaborazione, presentazione e adozione definitiva del Pnrr;

    il periodo di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del virus si è presto trasformato in emergenza economica e ha inciso pesantemente sulla situazione del mercato del lavoro;

    nonostante il blocco dei licenziamenti in atto, tutti gli indicatori e le previsioni degli osservatori istituzionali concordano nel sostenere che, nonostante la ripresa delle attività, l'Italia stia per essere colpita da un periodo di grave recessione economica;

    la pandemia da Covid-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani risultano essere maggiormente colpiti rispetto ai lavoratori più anziani. Molti di essi, infatti, sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia quali il turismo, la ristorazione, le arti, l'intrattenimento, il commercio all'ingrosso e al dettaglio, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni;

    una recente analisi ha rilevato che in Italia circa il 25,5 per cento degli occupati nelle attività definite come «non essenziali» durante il blocco delle attività, quali in particolare il turismo e la ristorazione, ha un'età compresa tra i 20 e i 30 anni, e che più di 4 giovani su 10 erano impiegati, già prima della crisi, in settori, individuati dallo stesso report, come i più colpiti dall'impatto dell'emergenza da Covid-19;

    l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa degli effetti della crisi finanziaria del 2008, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti «Neet» («not in Education, Employment or Training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del fenomeno dei cosiddetti «cervelli in fuga», spesso giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero;

    secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2018, nel nostro Paese, sono oltre 2.116.000 i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni, rappresentando il 23,4 per cento del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio; secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento del 8 per cento sul 2018;

    la diminuzione dell'occupazione giovanile potrebbe essere aggravata dalla crisi dell'istruzione universitaria, causata anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio- economici più fragili e in condizioni di povertà tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari, successiva alla crisi economica innescata dal Covid-19;

    sempre i dati Eurostat 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei. Questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia si è sopra la media dei 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro;

    una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza seguita alla diffusione della pandemia su scala mondiale, ma che negli anni è stata oggetto di particolare attenzione. L'introduzione del Jobs Act, durante il Governo Renzi, attraverso due provvedimenti, rispettivamente varati a marzo e dicembre del 2014 e attuati sin dai primi mesi del 2015, è stato forse il provvedimento in materia economica più significativo degli ultimi anni. L'introduzione della decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati. Nel periodo 2014-2018 il totale degli occupati ha registrato un aumento di 936 mila occupati totali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito nello stesso periodo del 10,5 per cento (dati Istat). L'introduzione del «bonus Cultura», i 500 euro per i giovani che hanno compiuto 18 anni, ha rappresentato un grande investimento sui giovani. L'apposita App è infatti ancora oggi utilizzabile non solo per l'acquisto di libri ma anche per cinema o teatro, per visitare una mostra o un museo;

    lo strumento «Resto al Sud», di cui al decreto-legge n. 91 del 2017, potenziato dalla manovra di bilancio del 2018, ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzato elevando dapprima l'età dei soggetti che possono presentare un progetto di impresa da 35 a 46 anni e successivamente aprendo ai liberi professionisti. Dal 24 aprile 2016 al 17 novembre 2016 sono stati sottoscritti 8 patti per lo sviluppo attraverso lo strumento del Masterplan per il Mezzogiorno in 8 regioni del Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Puglia, Sicilia) per un totale di 11,5 miliardi di euro; 7 patti con le città metropolitane (Bari, Reggio Calabria, Messina Palermo, Napoli, Catania, Cagliari) per un totale di 1,83 miliardi di euro. Gli investimenti ammontano dunque a 13,4 miliardi di euro (come da delibera del Cipe 26/2016), a cui si aggiungono le risorse serventi da diverse programmazioni e recuperate per ulteriori 25 miliardi di euro;

    in tale contesto è utile ricordare che il Family Act, A.C. 2561, recante Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie nella formazione universitaria dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario, oltre a prevedere detrazioni fiscali per le spese impiegate per acquistare libri e per i costi di locazione di abitazione per gli studenti universitari; una situazione quest'ultima che trova già ampia applicazione in ambito europeo sulla quale il nostro Paese registra un ritardo;

    oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie, ed in particolare le giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado;

    in questo senso il Governo si è impegnato in un processo di riforma generale, che ha per obiettivo il contrasto della denatalità che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte delle istituzioni, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il Family Act (A.C. 2561) rappresenta dunque una risposta di carattere strutturale che oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;

    un capitolo importante riguarda il processo di integrazione delle nuove generazioni di bambine e bambini, ragazze e ragazzi di origine straniera, spesso nati e cresciuti nel nostro paese. Una presenza importante, che deve costituire un elemento di ricchezza e di arricchimento della nostra società, ma che è ancora vittima di discriminazione e casi di vero e proprio razzismo. A tal fine è fondamentale inserire già a partire dalla scuola primaria, approfittando dell'insegnamento dell'educazione civica recentemente inserito nei curricola scolastici come materia obbligatoria, specifici programmi mirati all'educazione di una generazione che faccia del multiculturalismo un valore fondante del futuro delle nuove generazioni;

    in questo contesto il citato Family Act valorizza la funzione dell'«educazione non formale», vale a dire tutta una gamma di possibilità di apprendimento informale ed occasionale che da sempre hanno contribuito alla formazione di una società multiculturale, fondamentale per la formazione di una nuova leva di giovani generazioni;

    la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione;

    la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare:

     a) rafforzare le garanzie per i giovani;

     b) rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile;

     c) rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza;

     d) fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;

    è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, la formazione e l'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio;

    in tale contesto sarebbe estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola e mondo del lavoro al fine di aumentare le possibilità di una maggiore professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico. Risulta fondamentale inoltre riconoscere la centralità e rivalutare i percorsi di alternanza scuola-lavoro come introdotti dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta Buona Scuola. Serve una profonda revisione e un potenziamento dei programmi di istruzione tecnica con particolare riferimento a quella di carattere professionale come strumento di accesso al mercato del lavoro ed alle professioni; potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di meglio aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni; accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti; promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree dei titoli di studio conseguiti all'estero, così come facilitare il rientro di laureati italiani nel nostro paese o l'arrivo di ricercatori e accademici internazionali;

    in questo quadro risulta indispensabile rafforzare i percorsi di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, rafforzandone anche la qualità e riformando i trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, sia razionalizzando quelli esistenti che creando un nuovo sistema teso a legare il sostegno al reddito, in caso di rimodulazioni dell'orario di lavoro o di utilizzo di ammortizzatori sociali, a percorsi formativi, che consentano di migliorare le proprie chances occupazionali;

    in questo contesto il reddito di cittadinanza ha effettivamente mostrato una serie di criticità in quanto politica attiva del mercato del lavoro. I dati dell'Anpal mettono in evidenza che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro. Sono criticità che dovranno essere al più presto affrontate: la mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese;

    accanto alla salvaguardia della qualità dell'impiego, del reddito e della stabilità occupazionale dei lavoratori – subordinati, autonomi e dell'economia collaborativa (della cosiddetta sharing economy e gig economy) è necessario promuovere forme di contrattazione decentrata in un sistema di relazioni industriali multilivello;

    parallelamente alla riduzione del costo del lavoro attraverso la riduzione del cuneo fiscale e il rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale, è importante favorire processi di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici;

    tutte le misure fin qui elencate dovranno essere accompagnate ad un necessario e importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato, che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia;

    la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e sarà compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano «AttivaGiovani» rivolto ai giovani Neet che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei. I giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il costo del lavoro sarebbe interamente a carico dello Stato. Le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;

    tuttavia, la crisi rappresenta anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next Generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. La strategia italiana per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, dalla ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico;

    particolare rilevanza deve essere riservata alle lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Il disegno di legge 2561 all'articolo 5 prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nei primi due anni di avvio dell'impresa. La norma stabilisce, infatti, ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte ad incentivare il lavoro femminile anche nelle regioni del Mezzogiorno;

    quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next Generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza,

impegna il Governo:

1) a definire una strategia specifica per promuovere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile;

2) ad adottare iniziative per introdurre un piano «AttivaGiovani» che preveda il finanziamento di un periodo di lavoro e formazione per giovani Neet, ovvero di cittadini disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, presso le imprese;

3) ad adottare iniziative per potenziare, anche nell'ambito di una riforma più organica della famiglia, quale quella intrapresa con il cosiddetto Family Act, richiamato in premessa, le misure a favore dei giovani;

4) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani» per renderlo più efficace;

5) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante semplificando i numerosi oneri burocratici vigenti in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;

6) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e contrastare il fenomeno dei tirocini extra-curriculari non retribuiti;

7) ad adottare iniziative per incrementare e rafforzare gli istituti tecnici superiori ed effettuare il contestuale coordinamento dei piani per la formazione con l'esperienza degli enti formativi che realizzano nei territori percorsi professionalizzanti brevi, «vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;

8) ad assumere iniziative per introdurre «Credito Giovani», uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, avvio di una azienda o acquisto prima casa;

9) ad adottare iniziative per predisporre uno specifico investimento sui giovani professionisti che scelgono di restare in Italia, con un accesso alle professioni che sia semplice e in questo senso, per introdurre misure affinché tale lavoro sia congruamente retribuito, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;

10) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, rafforzando ed incentivando l'imprenditoria femminile;

11) a presentare un grande progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda l'imprenditorialità sociale, con particolare riguardo, tra l'altro, all'istruzione e alla formazione all'imprenditorialità, e a servizi di consulenza, mentoring e coaching per i giovani.
(1-00392) «Ungaro, Boschi, D'Alessandro, Toccafondi, De Filippo, Marattin, Fregolent, Occhionero».

(21 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da Covid-19 ha prodotto, e con il suo perdurare continua a produrre, un impatto fortemente negativo sull'intera economia mondiale. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente stimato che il danno prodotto all'economia europea è quantificabile in circa tremila miliardi di euro in termini di prodotto interno lordo, che nel 2021, nonostante un rimbalzo del 4,7 per cento, si attesterà ad un livello pari al 6,3 per cento inferiore rispetto alle stime effettuate prima dell'esplosione della pandemia;

    nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2020 il Governo prevede un crollo del prodotto interno lordo del 9 per cento per l'anno in corso nell'ipotesi più ottimistica, quella cioè che non prende in considerazione un nuovo ricorso ad un lockdown generalizzato, con un rimbalzo del 5,1 per cento per il 2021 ed un ritorno ai livelli ante Covid stimato solo nel 2023;

    previsioni molto negative lo stesso Documento attribuisce all'occupazione con un calo, nell'anno in corso, del 9,5 per cento per quanto riguarda l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro, e un tasso di disoccupazione che si attesterebbe al 9,5, con un peggioramento stimato per l'anno 2021, in cui il tasso di disoccupazione salirebbe al 10,7 per cento, mentre il recupero previsto per l'occupazione espressa in termini di unità standard di lavoro rimarrebbe inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto all'anno 2019;

    i dati in termini reali dei mesi del 2020 hanno registrato risultati altrettanto negativi in termini di posti di lavoro persi, di disoccupazione e di tasso di inattività. Ad agosto 2020 erano quattrocentoventicinquemila i posti di lavoro in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre da febbraio 2020 ad agosto l'occupazione ha registrato una contrazione di trecentosessantamila unità in meno;

    all'interno di questo scenario risulta in sofferenza soprattutto l'occupazione giovanile, che ad agosto 2020 ha registrato un livello di disoccupazione del 32,1 per cento, con un incremento dello 0,3 per cento rispetto al mese precedente;

    la condizione dell'occupazione giovanile è stata ulteriormente influenzata in senso negativo dalla rilevante riduzione di posti di lavoro a tempo determinato e di natura stagionale che si è registrata nel corso dell'anno 2020 a causa degli effetti della pandemia;

    la forte sofferenza riscontrata dall'occupazione a tempo determinato è riconosciuta dallo stesso Governo, sempre nella Nadef quando ascrive proprio alla perdita di questi posti di lavoro il ruolo maggiore prodotto sui livelli dell'occupazione e della disoccupazione per l'anno in corso;

    a fronte di questa presa d'atto non si riscontra un intervento altrettanto deciso tra i provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi in corso;

    l'irrigidimento apportato alla normativa in materia di lavoro a tempo determinato dal decreto-legge n. 87 del 2018, comunemente noto come decreto «dignità» si è rivelato un boomerang nella condizione di crisi e di forte incertezza prodotta dalla diffusione della pandemia da Covid-19. I soggetti che il decreto «dignità» voleva tutelare dal fenomeno del così detto precariato, ed in particolare i giovani lavoratori, sono divenuti le principali ed in gran parte uniche vittime della crisi anche a causa di quell'intervento normativo. Mentre i lavoratori con contratti a tempo indeterminato sono stati difesi dal blocco dei licenziamenti previsto per legge, i lavoratori a termine hanno visto arrivare a scadenza i propri contratti senza la trasformazione di questi in contratti a tempo indeterminato;

    su questo fronte, che interessa tanta parte del lavoro giovanile, il Governo, pur consapevole della criticità, si è limitato ad adottare provvedimenti di portata limitata e non sufficienti a risolvere adeguatamente il problema, come ad esempio un'ampia deroga di natura transitoria valida per l'intero anno 2021, alla normativa in materia di contratto a termine risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 87 del 2018;

    se è evidente e oggettivo che la pandemia da Covid-19 sta producendo un impatto fortemente negativo sul mondo del lavoro, sarebbe un grave errore non considerare che l'occupazione giovanile ha rappresentato una criticità anche nei periodi precedenti quando, seppur in maniera modesta e non sufficiente, i dati dell'occupazione nel suo complesso segnavano dati positivi;

    nel terzo trimestre 2019 ad esempio, quando il Covid-19 non aveva ancora dispiegato i suoi effetti neppure in Cina, la disoccupazione giovanile nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni si attestava al 17,8 per cento, un livello doppio rispetto al dato nazionale, che schizzava al 25,7 per cento se si considera esclusivamente la fascia 15-24 anni;

    allo stesso tempo un rapporto del World Economic Forum pubblicato ad inizio 2020 e riferito al 2019, attestava la presenza in Italia di oltre due milioni di così detti «Neet», cioè giovani compresi nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni che non studiano e non cercano lavoro;

    le politiche adottate dai Governi dall'inizio della legislatura in questo non hanno ottenuto i risultati attesi;

    il reddito di cittadinanza dopo diciotto mesi di funzionamento ha svolto una funzione esclusivamente dal punto di vista dell'assistenza e della lotta alla povertà, si è invece dimostrato carente sul fronte dell'avviamento al lavoro per tutti i suoi beneficiari ed in particolare per i giovani lavoratori. A fine luglio 2020 su una platea di circa 1,23 milioni di percettori maggiorenni del reddito di cittadinanza i patti per il lavoro sottoscritti sono stati soltanto 318.221, mentre la maggioranza dei percettori del beneficio, circa il 57,8 per cento del totale avevano appena ricevuto la convocazione presso i centri per l'impiego. Le offerte di lavoro e le opportunità formative proposte dai così detti navigator ai beneficiari del reddito di cittadinanza sono state, inevitabilmente, ancora inferiori, pari a 220.048;

    in una fase come quella attuale di grande difficoltà sarebbe necessario dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 4, comma 15, del decreto-legge n. 4 del 2019, in merito alla partecipazione, dei beneficiari del reddito di cittadinanza a progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza, mettendo a disposizione un numero di ore compatibile con le altre attività del beneficiario e comunque non inferiore al numero di otto ore settimanali, aumentabili fino ad un numero massimo di sedici ore complessive settimanali con il consenso di entrambe le parti. Nel dare attuazione a tale disposizione si è registrato prima un ritardo nell'adozione del decreto ministeriale, entrato in vigore solo il 20 gennaio di quest'anno, successivamente si sono riscontrate difficoltà da parte degli enti locali nell'impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza in attività di pubblica utilità anche per carenza di progetti da parte degli enti locali, come si è verificato ad esempio a Roma e Torino;

    anche il provvedimento definito «quota 100» che nelle intenzioni del Governo avrebbe dovuto produrre maggiore occupazione non ha minimamente rispettato le attese sotto tale profilo;

    se si vuole concretamente affrontare il nodo dell'occupazione giovanile al fine di invertirne la tendenza negativa di lungo periodo, è indispensabile avere le capacità e il coraggio di individuare le poche opportunità che la crisi prodotta dalla pandemia ha messo a disposizione. In questo senso le risorse del così detto Recovery fund costituiscono un'occasione, forse irripetibile per investire in iniziative e progetti che sarebbero stati di difficile realizzazione nelle fasi precedenti la pandemia e che saranno probabilmente impossibili nelle fasi successive. Parte delle risorse che si renderanno disponibili dovranno essere utilizzate, da un lato, per costituire fondi a sostegno della giovane imprenditorialità e, in parte, per dare vita, con il coinvolgimento delle regioni, ad un grande piano in grado di facilitare le assunzioni di giovani lavoratori sia nel settore privato che in quello pubblico, con un'impostazione simile a quella della legge n. 285 del 1997, aggiornata alle condizioni attuali;

    l'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro appare inadeguato alla funzione di ricollocazione dei lavoratori in generale, ma risulta estremamente carente in particolare per i lavoratori delle fasce più giovani, poiché, oltre all'assenza di adeguate risorse e di un'organizzazione razionale ed efficiente, prescinde completamente dall'aspetto della formazione continua ed in particolare sul fronte delle nuove competenze in campo tecnologico;

    appare assolutamente indispensabile interconnettere in maniera attiva ed efficiente il settore delle politiche attive, con gli istituti di formazione, con la scuola, in particolare a livello di istituti tecnici superiori, e le aziende private, al fine di garantire un'offerta formativa composta dall'armonizzazione e l'integrazione dello studio scolastico, della formazione professionale teorica e dello svolgimento dell'attività lavorativa sotto forma di periodi di stage retribuiti;

    è necessario investire nel campo della formazione in due direzioni. La prima riguarda progetti volti ad affiancare all'istruzione universitaria una formazione tecnica superiore fondata sul paradigma integrativo tra teoria e pratica, tra cultura generale e specifica (professionale), tra competenze trasversali e specialistiche, tra formazione umana e formazione professionale, tra studio, imprese e territorio;

    la seconda si riferisce all'apprendistato formativo riconosciuto come la forma di apprendimento più strategica per sostenere la declinazione e la diffusione del paradigma formativo integrativo e non separativo appena menzionato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per investire risorse in politiche strutturali di lungo periodo volte ad incentivare l'assunzione di giovani lavoratori attraverso una riduzione del costo del lavoro per i nuovi assunti;

2) ad adottare iniziative per prevedere l'attivazione di specifici percorsi di formazione professionale, anche in collaborazione con istituti universitari, al fine di consentire l'acquisizione di competenze specifiche nel settore delle nuove tecnologie digitali per i giovani al di sotto dei trenta anni, incentivando e semplificando il ricorso all'apprendistato professionalizzante;

3) ad adottare iniziative per la realizzazione di ecosistemi territoriali in grado ai realizzare una maggiore interconnessione tra il settore formativo della scuola e quello delle aziende, rafforzando in particolare l'esperienza degli istituti tecnici superiori e valutando la modifica dell'attuale rapporto tra le ore di formazione scolastica e quelle di formazione lavorativa, con un aumento di queste ultime come avviene in altri Paesi europei, quali la Germania;

4) ad adottare iniziative per aumentare i fondi previsti per il programma «Garanzia Giovani», rafforzando ed efficientando in particolare le attività di formazione professionale e garantendone il miglior utilizzo attraverso la promozione di misure finalizzate ad esiti occupazionali;

5) a destinare parte delle risorse che si renderanno disponibili nell'ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza a politiche di sostegno all'imprenditoria giovanile sia nel settore delle attività innovative e tecnologiche, sia nei settori di attività più tradizionali;

6) ad individuare, in collaborazione con regioni e comuni, opportune forme di coinvolgimento dei giovani lavoratori in progetti di pubblica utilità, anche nell'ambito dei percorsi formativi previsti dai servizi per le politiche attive del lavoro;

7) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo per i percettori del reddito di cittadinanza, «Naspi» e «Discol», di età inferiore ai trenta anni, di accettare proposte di stage formativi avanzate dalle aziende per il tramite del sistema di navigator e dei centri per l'impiego;

8) a prevedere, nell'ambito dell'attuale sistema delle politiche attive per il lavoro, specifici interventi mirati a rendere più efficace la ricollocazione al lavoro dei giovani in cerca di occupazione, efficientando e implementando l'attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, nonché ad implementare le risorse umane con adeguati profili di competenza e prevedendo le forme più opportune di coinvolgimento delle agenzie per il lavoro private;

9) ad adottare iniziative per prevedere una deroga per tutto l'anno 2021 alla normativa in materia di contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di facilitare il ricorso a questa forma di contratto per i giovani lavoratori di età inferiore ai trenta anni.
(1-00396) «Zangrillo, Polverini, Gelmini, Cannatelli, Musella».

(28 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    dall'esame dei dati Istat del secondo trimestre del 2020 si evince che, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, gli occupati in Italia sono diminuiti di 841.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Hanno perso il lavoro soprattutto i giovani. Tant'è che il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è del 39,1 per cento;

    tale diminuzione non colpisce solo la fascia tra i 15 e i 34 anni: anche per i 35-49enni il tasso di occupazione cala di 1,6 punti e quello di «inattività» mostra un incremento di 3,3 punti;

    l'Italia si ritrova ad essere fanalino di coda di tutta l'Europa, seconda solo alla Grecia: nella rilevazione di luglio 2020, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,1 per cento e la percentuale di giovani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet, è del 22,2 per cento nel 2019;

    una parte di questi dati è certamente inficiata dall'incidenza del lavoro sommerso, che per quella fascia d'età, è spesso unico appiglio per iniziare a lavorare; inoltre, essendo molto diffusa in Italia – soprattutto nel Mezzogiorno – l'impresa familiare, molto spesso i giovani iniziano a lavorare proprio all'interno di queste aziende di famiglia e vengono regolarizzati solo in un secondo momento;

    l'introduzione delle norme a modifica del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto «decreto dignità», decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha diminuito il periodo massimo di durata del contratto determinato, reintrodotto la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementato il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, invece di favorire la stabilizzazione con la conversione in contratto a tempo indeterminato, e ha indotto i datori di lavoro a non disporre rinnovi;

    difatti, il Governo è stato costretto ad introdurre delle deroghe alla predetta disciplina per ridurne l'impatto negativo durante l'emergenza, prendendo così atto delle gravi criticità che la caratterizzano e che hanno aggravato la stipula del contratto di lavoro subordinato a termine, che, si ricorda, presenta tutte quelle garanzie e tutele per il lavoratore di quello a tempo indeterminato;

    ed ancora, non di meno, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha di fatto palesato tutte le sue criticità, non solo come misura assistenziale visto che non arriva a chi è veramente in stato di povertà, ma, altresì, come politica attiva del mercato del lavoro. Sul punto, i dati dell'Anpal riferiscono che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro;

    la situazione è molto seria e i giovani risultano essere l'anello debole della nostra economia, ma nei numerosi decreti varati dal Governo a sostegno del rilancio economico durante questo periodo di pandemia, non è stata prevista nessuna iniziativa specifica per i giovani;

    far ricadere, poi, sulle famiglie il compito di occuparsi dei giovani non è di certo una politica lungimirante: secondo i dati Eurostat 2019, infatti, i giovani italiani sono quelli che abbandonano i genitori più tardi. In Italia si è sopra la media dei 30 anni, in Europa i loro coetanei lo fanno a 25/26 anni;

    invertire questa tendenza significa occuparsi delle generazioni future, perché la precarietà lavorativa dei giovani non può non ripercuotersi sul loro percorso di vita, sulle loro possibilità di crearsi una famiglia, di mettere al mondo dei figli (per incrementare il tasso di natalità, ormai sempre più basso nel nostro Paese, bisogna partire proprio dalla stabilità dei giovani); ma significa anche occuparsi degli anziani che sul lavoro e il benessere dei giovani basano le loro certezze di una vecchiaia serena;

    anche la Commissione europea è intervenuta sull'argomento, inviando il 1° luglio 2020 una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», invitando gli Stati membri ad occuparsi del problema;

    è indispensabile che ai giovani vengano offerti dei percorsi speciali di inserimento nel mercato del lavoro: rimodulare ad esempio percorsi formativi, tirocini, affinché diventino vere occasioni per aumentare le proprie possibilità occupazionali;

    è importante anche cercare soluzioni volte ad evitare la fuga di cervelli all'estero. Nel 2019, Confindustria ha stimato che il fenomeno ha interessato circa 300.000 italiani ogni anno con una perdita di capitale umano pari a 14 miliardi di euro ogni anno;

    riorganizzare e rendere più omogenei e facilmente utilizzabili dalle imprese tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi già varati dai precedenti governi e introdurne di nuovi è, inoltre, il presupposto da cui partire per rendere operativa una ripresa che non darebbe benefici solo ai giovani, ma a tutto il sistema economia;

    è necessaria anche una riforma seria e organica dei centri per l'impiego; dai dati si evince, infatti, che solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro tramite questi strumenti di politica attiva;

    fra i 5,2 milioni di autonomi che si contano in Italia ci sono anche molti giovani. Millenials, ma anche trentenni, che hanno dovuto aprire una partita iva per riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro e che ora si trovano ad affrontare una crisi economica che per loro sarà ancora più ardua da superare: occuparsi di loro è un dovere morale per qualsiasi Governo che voglia sostenere la propria crescita;

    Fratelli d'Italia si batte, inoltre, da anni, per promuovere il diritto dei giovani italiani ad accedere in condizioni paritarie ai diversi ambiti della comunità nazionale. Gli interventi legislativi e amministrativi realizzati nel corso dei decenni hanno dato vita a un sistema che penalizza fortemente le nuove generazioni rispetto alla possibilità di partecipare in modo attivo alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione: la proposta di legge di Fratelli d'Italia (A.C. 295), ad esempio, va verso la correzione di queste distorsioni del sistema e l'avanzamento di tali diritti;

    nuovi sbocchi lavorativi per le nuove generazioni potrebbero essere trovati anche investendo nella green economy, come, tra l'altro, previsto nel Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea e nel Next Generation EU; utile e di rilevanza per il sostegno dell'occupazione giovanile è anche il settore della digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) a studiare strategie di lungo periodo e riforme strutturali atte a garantire un più alto livello di occupazione giovanile e di tenore di vita delle giovani generazioni, rimettendo in piena efficienza quell'«ascensore sociale» che rappresenta non solo una fondamentale condizione di giustizia per i giovani, ma anche una condizione essenziale di crescita e di sviluppo per tutti i cittadini;

2) ad adottare iniziative volte a riformare i percorsi formativi (scuola, università, ricerca) in modo da consentire un inserimento più agevole nel mondo del lavoro da parte dei giovani disoccupati e inoccupati (i cosiddetti «Neet»);

3) ad adottare iniziative volte a riformare le regole e le modalità di fruizione relative a tirocini ed apprendistati, in particolare con riguardo ai giovani, affinché diventino veri strumenti di inclusione e collocazione (e non, come spesso avviene, forme di sfruttamento e precariato legalizzato);

4) ad adottare iniziative volte ad introdurre delle garanzie per giovani professionisti e ricercatori al fine di far fronte alla sempre più frequente fuga di cervelli all'estero;

5) ad adottare iniziative per un piano di riforma dei centri per l'impiego al fine di promuovere efficacemente l'occupazione giovanile in primo luogo con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti da questi enti, nell'ambito dei quali il personale deve avere le competenze necessarie per favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, garantendo standard minimi di prestazioni, nonché il raggiungimento di obiettivi, prevedendo altresì un'idonea attività di monitoraggio che offra le informazioni necessarie a misurare l'efficienza e la qualità degli interventi erogati;

6) ad adottare iniziative volte a prevedere, nell'attività di placement dei giovani in cerca di occupazione, un aumento delle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche coinvolgendo le agenzie per il lavoro del settore privato;

7) ad adottare iniziative normative per derogare alla disciplina del cosiddetto «Decreto dignità» rispetto al contratto di lavoro a tempo determinato, fino a dicembre 2021, per intervenire successivamente, in modo strutturale, per riparare definitivamente le criticità di tale normativa, che non incentiva la conversione in contratto a tempo indeterminato, danneggiando in particolar modo i giovani;

8) ad adottare iniziative per introdurre, – con nuove disposizioni contenute nel Recovery Plan, nel disegno di legge di bilancio, e in altre eventuali norme ad hoc, – tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi possibili atti ad invogliare le imprese ad assumere la popolazione giovanile del nostro Paese;

9) ad adottare iniziative per sostenere con adeguate misure il lavoro dei giovani con partita iva attraverso sgravi e benefici che possano andare a compensare la precarietà del loro lavoro e la forte crisi cui stanno facendo fronte.
(1-00398) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(2 novembre 2020)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   GADDA, SCOMA, FREGOLENT, DE FILIPPO, D'ALESSANDRO e FERRI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'incidenza del proliferare incontrollato di animali selvatici come i mammiferi ungulati, con particolare riferimento al cinghiale, in aree agricole, urbane ed extraurbane, assume gravi profili di rischio sanitario e in materia di sicurezza stradale, nonché incide in modo molto rilevante sull'economia dei territori e delle imprese colpite;

   l'attuale regime di indennizzo agli agricoltori derivante da danni da fauna selvatica è basato sulla richiesta dei danni subiti, e l'incidenza di tale partita sta assumendo notevole rilevanza sul bilancio pubblico e crea nocumento alle imprese agricole compromettendo intere produzioni, perdita di fatturato e quote di mercato;

   in questi ultimi mesi si sta assistendo alla recrudescenza dell'ondata epidemica di peste suina africana (Psa), che sta interessando diversi Stati membri dell'Unione europea, con forti impatti sullo scambio di suini vivi, delle carni e dei prodotti derivati, nonché sui mangimi, e desta preoccupazione il rischio di diffusione a causa della trasmissibilità derivante dalla presenza incontrollata della specie cinghiale;

   il contagio si sta pericolosamente diffondendo nell'Europa occidentale e in Paesi come la Germania, dove a settembre e ottobre sono stati accertati casi di cinghiali infetti, con la conseguente dichiarazione da parte della Cina del blocco delle importazioni di suini provenienti dal mercato tedesco;

   tale virus può arrivare a causare livelli di mortalità del 100 per cento nelle popolazioni colpite ed è estremamente resistente nell'ambiente e nei prodotti contaminati, incluse le preparazioni alimentari;

   la situazione sta assumendo dimensioni preoccupanti e anche nel nostro Paese, se non adeguatamente gestita, rischia di comportare conseguenze disastrose per il mercato suinicolo italiano e per la nostra economia;

   il decreto legislativo n. 54 del 2004, che disciplina la materia, non appare adeguato a prevenire e contenere la diffusione della Psa, in quanto prevede esclusivamente interventi successivi all'accertamento di un caso positivo –:

   quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di evitare che il contagio da peste suina africana si manifesti e si diffonda anche in Italia, causando enormi danni al comparto suinicolo e al tessuto economico e occupazionale del nostro Paese.
(3-01861)

(3 novembre 2020)

   LEDA VOLPI, SPORTIELLO, NAPPI, PROVENZA, RUGGIERO, SAPIA, SARLI, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, NESCI e MENGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nella strategia di contrasto al Covid-19 il tracciamento dei contatti ha un ruolo centrale. Il 16 aprile 2020, il Commissario straordinario per l'emergenza ha individuato l'App Immuni quale supporto all'attività di contact tracing. Il 3 giugno 2020 la sperimentazione di Immuni ha avuto inizio in quattro regioni e il 15 giugno è stata estesa su tutto il territorio nazionale, seppur su base volontaria;

   allorquando un utente risulti positivo, può decidere di caricare sul server di Immuni i dati necessari ad avvertire gli utenti che sono stati a stretto contatto con lui, caricando il codice monouso validato dall'operatore sanitario autenticato che gli ha comunicato l'esito del tampone;

   ad oggi i dati sui download dell'App (oltre 9 milioni) e i tracciamenti effettuati grazie ad Immuni, poco più di 36 mila notifiche, denotano una discrepanza tale da ritenere ragionevole che il tracciamento non proceda con efficienza;

   una delle principali cause di questo sottoutilizzo sembra dovuto al fatto che gran parte delle ASL non immettano il nominativo di chi concede l'autorizzazione o addirittura nemmeno chiedono l'autorizzazione;

   un'altra problematica che emerge è l'eterogeneità delle decisioni che i medici di base assumono nei confronti della notifica di Immuni, causata anche dallo scarso supporto ricevuto, come ad esempio materiale, linee guida o comunicazioni di alcun tipo;

   solo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2020 il Governo ha imposto per tutti gli operatori delle ASL l'obbligo di caricare sul sistema centrale i suoi codici anonimi;

   è stato manifestato chiaramente l'intendimento del Governo di istituire un servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria, anche con il compito di svolgere attività di contact tracing; in proposito va sottolineato che è determinante stabilire chi avrà l'obbligo di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività –:

   quali iniziative intenda adottare per l'effettiva istituzione del servizio nazionale di risposta telefonica per la sorveglianza sanitaria, indicato in premessa, e per chiarire tempestivamente in capo a chi sia il compito di eseguire le procedure per il caricamento dei dati e l'invio delle notifiche tramite Immuni nonché, tenuto conto delle particolari differenze organizzative tra regioni, per garantire un'adeguata formazione e informazione a tutti gli operatori coinvolti nei call center e nelle ASL, ivi inclusi i medici di medicina generale.
(3-01862)

(3 novembre 2020)

   CARNEVALI, CAMPANA, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per far fronte alla grave situazione epidemiologica attualmente presente in Italia è stato raggiunto l'accordo tra la Sisac e i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta per effettuare presso di loro i tamponi rapidi per individuazione del virus SARS-CoV-2;

   l'accordo stabilisce che per tutta la durata dell'emergenza Covid-19 i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta integreranno tra i loro compiti l'effettuazione dei tamponi rapidi o di altro test di sovrapponibile capacità diagnostica prevedendo l'accesso dei pazienti su prenotazione e previo triage telefonico;

   sono stati di recente stanziati 30 milioni di euro al fine di sostenere e implementare il sistema diagnostico dei casi di positività al virus SARS-CoV-2 attraverso l'esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, secondo le modalità definite dagli accordi collettivi nazionali di settore;

   con tale cifra si stima possano essere eseguiti nei mesi di novembre e dicembre 2020 circa 2.000.000 di tamponi antigenici rapidi visto che è stata considerata una tariffa media per la somministrazione dei predetti tamponi di 15 euro per ciascun tampone. In particolare, 12 euro se il tampone rapido antigenico viene effettuato al di fuori dallo studio (ad esempio nelle case della salute, in locali predisposti dalle Asl, nei tendoni della Protezione civile, eccetera) e 18 euro se il test viene effettuato nello studio del medico;

   nonostante l'accordo raggiunto non c'è certezza che questo possa essere attuato visto che non tutte le sigle sindacali sono favorevoli, evidenziando una possibile mancanza di sicurezza nello svolgere i tamponi presso gli studi medici;

   anche le singole regioni si stanno muovendo in modo non univoco fra ipotesi di obbligatorietà di questo servizio da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e ipotesi di mantenimento della volontarietà –:

   alla luce dei fatti sopraesposti come intenda garantire, per quanto di competenza, l'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale dell'accordo appena raggiunto per l'effettuazione dei test antigenici rapidi presso i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, vista anche la necessità di avere un controllo rapido e diretto degli eventuali casi positivi.
(3-01863)

(3 novembre 2020)

   PLANGGER, GEBHARD, ENRICO BORGHI, EMANUELA ROSSINI e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 113 del 2018 (cosiddetto «decreto sicurezza»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del 2018, ha previsto nuove disposizioni normative sulla circolazione in Italia di veicoli con targa estera e il divieto di chi risiede in Italia da oltre 60 giorni di circolare con veicoli immatricolati all'estero, salvo che per alcune forme di leasing, comodato o noleggio;

   tali norme sono state introdotte per bloccare gli abusi dei «furbetti» che, residenti in Italia, per evitare sanzioni o controlli fiscali – non pagare il bollo e per godere di tariffe assicurative più basse – circolano con targhe estere;

   le nuove disposizioni stanno producendo un pesante effetto collaterale: è vietato guidare l'auto di un parente, di un amico o di un collega che abitano all'estero, anche occasionalmente o in esecuzione di un «servizio di cortesia» (malessere, maltempo, collaboratore di hotel che parcheggia un veicolo con targa straniera, meccanico che fa test su strada con veicolo con targa straniera);

   non si tiene affatto conto dei numerosi frontalieri che lavorano per imprese aventi sede in uno Stato confinante, i quali con il veicolo immatricolato a proprio nome possono transitare in Italia ma non possono guidare in Italia con mezzi intestati alle aziende svizzere, austriache, sanmarinesi, eccetera;

   il divieto espresso dall'articolo 93 del Codice della strada crea grandi problemi al commercio transfrontaliero di autovetture, in quanto non esclude espressamente la sua applicazione alle vetture con targa doganale provvisoria, ad esempio targa «Zoll» – come previsto da accordi di reciprocità tra l'Italia e altri Stati – finalizzato unicamente all'arrivo del mezzo in Italia per i successivi adempimenti di sdoganamento e immatricolazione;

   diversi rappresentati del Governo hanno, in più occasioni, annunciato iniziative normative per risolvere queste problematiche. Un passo in avanti poteva essere l'articolo 16-ter del decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto «decreto semplificazione», ma ha lasciato irrisolte tutte le questioni sopra illustrate;

   anche nell'annunciata legge europea 2019-2020, A.C. 2670 e nel decreto-legge n. 130 del 2020 (disposizioni urgenti in materia di immigrazione) non si trovano le soluzioni più volte annunciate –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare, con urgenza, iniziative normative di competenza al fine di prevedere ragionevoli e adeguate deroghe al divieto stabilito dal nuovo articolo 93 decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992, in particolare per i residenti nelle zone di confine e per occasionali «servizi di cortesia».
(3-01864)

(3 novembre 2020)

   MOLINARI, MOLTENI, IEZZI, TONELLI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nonostante la proroga dello stato di emergenza nazionale e la pandemia in corso, il Governo persiste nel consentire l'ingresso indiscriminato in Italia di migliaia di immigrati irregolari dai confini terrestri e marittimi, con il paradosso di tenere chiuse attività commerciali e limitare la circolazione dei cittadini italiani, lasciando aperti i porti e consentendo sbarchi ad ogni ora del giorno e della notte;

   secondo i dati del Ministero dell'interno al 2 novembre 2020, gli sbarchi sono stati 27.962 (di cui oltre 11 mila tunisini e 3.483 minori) rispetto ai 9.649 registrati a novembre 2019, numero destinato a crescere ancora con la sostanziale abrogazione dei cosiddetti decreti sicurezza, un evidente pull factor verso l'Italia dei flussi migratori illegali, come noto gestiti dai trafficanti di esseri umani;

   non solo l'arrivo ma anche le continue fughe dai centri di accoglienza, e per di più di soggetti positivi al Covid-19, descrivono secondo gli interroganti l'incapacità del Governo nella gestione delle politiche migratorie, confermato peraltro dalla fallimentare sanatoria di cui all'articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020;

   ciò sta esponendo la popolazione e le forze dell'ordine, su cui grava la gestione di tale situazione, a gravissimi rischi sanitari e di sicurezza, come dimostrano i tragici fatti accaduti a Nizza il 29 ottobre 2020;

   come noto l'autore del brutale assassinio all'interno della basilica di Notre-Dame di Nizza in un attacco terroristico di matrice islamica sarebbe un immigrato tunisino giunto clandestinamente in Francia dall'Italia, dopo essere sbarcato, sempre clandestinamente, a Lampedusa nel mese di settembre 2020, ospitato nelle nostre strutture di accoglienza e lasciato libero di circolare con un «foglio di via»;

   il pericolo che tra gli immigrati che entrano illegalmente in Italia si possano celare affiliati al terrorismo islamico è stato da sempre denunciato da diversi rapporti dell'intelligence;

   indubbiamente, per quanto ancora tutto da accertare, i fatti di Vienna confermano tale pericolo;

   quanto accaduto a Nizza e a Vienna è di assoluta gravità e impone una profonda riflessione in ordine alle conseguenze e responsabilità delle politiche migratorie del Governo in carica, poiché se l'autore della strage di Nizza non fosse sbarcato o fosse stato trattenuto evidentemente non avrebbe commesso l'attentato –:

   se e quali puntuali controlli, oltre che di natura sanitaria, siano stati effettuati sugli oltre ventisettemila sbarchi ad oggi avvenuti, di questi quanti siano stati oggetto di «tracciamento» per finalità antiterroristiche, quanti immigrati siano ancora in Italia e di quanti si siano invece perse le tracce.
(3-01865)

(3 novembre 2020)

   RAVETTO e GELMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   come noto, il tunisino Brahim Aoussaoui, di 21 anni, responsabile dell'attentato che ha colpito la chiesa di Nizza il 29 ottobre 2020, è sbarcato a Lampedusa lo scorso 20 settembre, quando nell'isola arrivarono una ventina di barconi, con a bordo centinaia di migranti tunisini. Questi erano stati trasferiti dapprima sulla nave quarantena Rhapsody. Fra l'8 e il 9 ottobre sono stati poi sbarcati a Bari;

   Brahim veniva quindi registrato e fotosegnalato, senza però essere trasferito in un Centro per il rimpatrio: ha ricevuto invece un decreto di respingimento, firmato dal prefetto di Bari e accompagnato da un ordine del questore di abbandonare l'Italia entro 7 giorni;

   si tratta di un episodio gravissimo che pone più di una riflessione in merito all'efficacia del nostro sistema di accoglienza, fortemente indebolito; su questo fronte l'azione del Governo, ad avviso degli interroganti, si sta rivelando assolutamente inadeguata, anche alla luce delle recenti norme introdotte con il decreto-legge n. 130 del 2020 in materia di immigrazione e sicurezza, e il fenomeno migratorio, aggravato dall'emergenza coronavirus, sembra essere completamente fuori controllo –:

   quali siano i risultati delle verifiche svolte, per quanto di competenza, per ricostruire tutti i movimenti di Brahim Aoussaoui e le modalità che hanno consentito all'uomo di raggiungere la Francia, e, in particolare come sia stato possibile che un soggetto proveniente da un Paese non in guerra (quale la Tunisia), con il quale l'Italia ha in essere specifici accordi bilaterali, entri e circoli liberamente nel Paese, tra l'altro ricevendo solo il foglio di via, e se, anche alla luce di questo grave episodio, il Governo non consideri necessario rivedere la propria strategia di accoglienza dei migranti.
(3-01866)

(3 novembre 2020)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in poco più di due settimane hanno avuto luogo in diverse parti d'Europa ben tre atti terroristici di matrice islamica caratterizzati da brutali uccisioni di semplici cittadini, fatti che ancora una volta dimostrano il dilagare del fondamentalismo islamico in Europa come in tutto il mondo;

   appare evidente la necessità di contrastare la diffusione del proselitismo integralista islamico sia in ambito nazionale che europeo e internazionale, e questo non può prescindere da un severo controllo delle frontiere, che consenta di arginare il flusso dell'immigrazione irregolare, in cui, a dispetto delle dichiarazioni del Governo in merito, si nascondono anche fondamentalisti e terroristi;

   l'attentatore di Nizza, infatti, era un immigrato clandestino, che, da quanto emerge dagli scambi di informazioni tra la nostra procura antiterrorismo e quella francese, era giunto in Italia con un barcone arrivato a Lampedusa il 21 settembre 2020 e si era dileguato al termine del periodo di quarantena, già progettando l'attentato che ai suoi occhi avrebbe dovuto punire la Francia per la ripubblicazione da parte di Charlie Hebdo, alla vigilia del processo per gli attentati del 2015, delle caricature di Maometto;

   l'assassino che inneggiando ad Allah il 16 ottobre 2020 ha decapitato in strada vicino Parigi un insegnante, colpevole di aver mostrato agli studenti le vignette di Maometto pubblicate dal giornale satirico «Charlie Hebdo», era, invece, di origine cecena, e la Francia gli aveva concesso asilo;

   infine, tra gli autori del sanguinoso attentato a Vienna, dove nella serata del 2 novembre 2020 uomini armati hanno aperto il fuoco in diverse zone, uccidendo almeno quattro persone e ferendone molte altre, l'unico aggressore finora identificato era nato e cresciuto in Austria da genitori macedoni, ma, come ha dichiarato il Ministro degli interni austriaco Karl Nehammer, «era un sostenitore dell'organizzazione terroristica dello Stato Islamico»;

   l'ex Direttore del Sisde Mario Mori ha affermato che «l'Italia risulta essere un Paese di transito»;

   Fratelli d'Italia ha negli anni avanzato numerose proposte volte a limitare la diffusione del pensiero integralista islamico, compresa la previsione di un apposito reato, e la circolazione incontrollata dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale –:

   alla luce di quanto accaduto quale sia la strategia del Governo per il contrasto del fondamentalismo e del terrorismo islamico.
(3-01867)

(3 novembre 2020)

   DE LORENZO e FORNARO. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi economica globale generata dalla pandemia ha accentuato il divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese, lasciando riaffiorare il tema della questione meridionale ancora irrisolta;

   gli effetti sull'economia e l'occupazione nel Mezzogiorno in recessione causati dal Covid-19, che ha bruciato migliaia di posti di lavoro in un mercato caratterizzato dal precariato, gravemente piegato dalla sistematica diffusione del lavoro sommerso e condizionato dalla presenza diffusa della criminalità organizzata, sono stati significativamente ridotti grazie alle misure previste dai decreti «Cura Italia», «Liquidità», «Rilancio» che hanno contribuito a contenere la caduta del Pil. Da ultimo il decreto «Agosto» ha affrontato l'emergenza occupazionale del sud con sgravi contributivi sul costo del lavoro del 30 per cento finanziati fino a dicembre 2020 per assistere, in via straordinaria e limitata, le imprese operanti nelle regioni svantaggiate a uscire dalla crisi economica prodotta dall'emergenza sanitaria;

   il Meridione risente di una maggiore debolezza rispetto al resto del Paese perché sconta quel divario di cittadinanza connesso alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni nel settore dei servizi pubblici essenziali, dalla sanità all'istruzione, alla ricerca, alle infrastrutture e se la pandemia ha sconvolto il sistema produttivo nazionale i dati pubblicati su «Business Insider Italia» lo confermano: se il Centro-Nord deve affrontare un calo di occupati del 3,5 per cento (circa 600 mila lavoratori), nel Sud la riduzione è pari al 6 per cento (380 mila persone). La vera ripresa delle assunzioni comincerà nel 2021, più alta nelle regioni centro-settentrionali (2,5 per cento) e più lenta in quelle meridionali (1,3 per cento). Per effetto di tali andamenti, l'occupazione meridionale scenderebbe intorno ai 5,8 milioni, con una riduzione del tasso di occupazione di circa 2 punti percentuali e mezzo nel 2021;

   occorre evitare una nuova voragine occupazionale ed evitare che sia il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto della crisi economica, quindi colmare il deficit strutturale delle regioni meridionali, vista l'importanza del provvedimento straordinario della decontribuzione al 30 per cento, per le aziende del Sud sui contratti di lavoro in vigore dal 1° ottobre 2020 e per tre mesi, considerata la necessità che un simile strumento non sia meramente temporaneo ma risulti strutturale al fine di esplicare positivamente tutti i suoi effetti nel corso del tempo –:

   se e in che modo il Ministro interrogato e il Governo intendano intervenire al fine di rendere strutturale la riduzione del carico contributivo del 30 per cento eventualmente a partire dall'introduzione di tale misura nel prossimo disegno di legge di bilancio.
(3-01868)

(3 novembre 2020)

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