TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 448 di Giovedì 7 gennaio 2021

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA CURA E IL SOSTEGNO DEI PAZIENTI COLPITI DA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) E DELLE RELATIVE FAMIGLIE

   La Camera,

   premesso che:

    la sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa progressiva dell'età adulta, determinata dalla perdita dei motoneuroni spinali, bulbari e corticali che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori;

    secondo i dati forniti dal Consorzio europeo della sclerosi laterale amiotrofica, aggiornati al mese di febbraio 2019, in Italia si stimano più di 6.000 persone affette dalla malattia e si prevedono circa 2.000 nuove diagnosi ogni anno;

    le cause della sclerosi laterale amiotrofica non sono ancora del tutto note, nonostante negli ultimi anni siano stati condotti numerosi studi e ricerche. Gli esperti concordano nel ritenere che la maggior parte dei casi sia riconducibile ad una pluralità di fattori che tutti insieme contribuiscono all'insorgenza della malattia. Tra questi, si annoverano la predisposizione genetica, il contesto ambientale e gli stili di vita del soggetto;

    un dato singolare è quello relativo all'incidenza della patologia nei calciatori professionisti. Secondo un recente studio epidemiologico, infatti, questi atleti si ammalano fino a sei volte di più rispetto al resto della popolazione e contraggono la malattia in età più giovane, attorno ai 43 anni, contro una media generale che si attesta sui 65,2 anni;

    da un punto di vista prettamente medico scientifico, come detto, la malattia colpisce i motoneuroni del sistema nervoso centrale, ossia le cellule che conducono i segnali nervosi, controllando direttamente o indirettamente i muscoli e il loro movimento. I due tipi di motoneuroni coinvolti sono, in particolare, i motoneuroni superiori, che collegano il cervello al midollo spinale, e i motoneuroni inferiori, che collegano a loro volta i neuroni motori superiori dal midollo spinale a tutti muscoli del corpo;

    nei malati di sclerosi laterale amiotrofica, questa linea di comunicazione si interrompe: i motoneuroni non sono in grado di veicolare le informazioni ai muscoli che diventano inattivi, avviandosi conseguentemente un processo di loro graduale atrofizzazione;

    in genere, la progressione della malattia incide sulle capacità di movimento del soggetto, arrivando gradualmente a determinare la sua completa immobilità. Si osserva, inoltre, una compromissione della capacità di masticazione, della capacità di deglutizione e di quella respiratoria, con conseguente necessità di ricorrere all'alimentazione via tubo (gastrostomia) e alla ventilazione meccanica;

    nonostante tali gravi limitazioni, la malattia non incide di norma sulle capacità cognitive del paziente, anche nel suo stadio più avanzato. La capacità di pensare e la volontà di relazionarsi del soggetto non vengono compromesse, così come vengono risparmiati gli organi interni e le capacità sensoriali del soggetto (vista, udito, tatto, olfatto e gusto);

    è chiara, dunque, l'estrema drammaticità della malattia che forma oggetto della presente mozione. Nei malati di sclerosi laterale amiotrofica, come spesso tentano di spiegare le associazioni che se ne occupano, «la mente resta vigile, ma prigioniera in un corpo che diventa via via immobile» (fonte Aisla – Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica);

    l'impatto della malattia è estremamente limitante anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, ed è proprio questa una delle ragioni per le quali la sclerosi laterale amiotrofica viene definita la «malattia della famiglia» e non della singola persona;

    le testimonianze raccolte dall'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) descrivono la figura del caregiver alla stregua di un «angelo invisibile» del malato che, nel tempo, ne sostituisce le mani, le braccia, le gambe e la voce, rinunciando di fatto alla propria vita professionale, familiare e sociale;

    sul piano normativo, la sclerosi laterale amiotrofica è classificata tra le malattie rare e figura nel relativo elenco di cui all'allegato 1 al decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, recante «regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»;

    in base a quanto previsto dal citato decreto e dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, i malati di sclerosi laterale amiotrofica hanno diritto a ricevere le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per il trattamento ed il monitoraggio della malattia, in esenzione dalla partecipazione al relativo costo;

    la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha istituito il fondo per le non autosufficienze finalizzato a dare copertura ai costi dell'assistenza sociosanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti. Con la seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019, il fondo in questione è stato elevato a 573 milioni di euro per il 2019, 571 milioni per il 2020 e 569 milioni per il 2021;

    sempre sul piano economico, la legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, commi 254-256, della legge 27 dicembre 2017, n. 205) ha istituito un fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020. Con la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, commi 483-484, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), il predetto fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019, 2020 e 2021;

    attualmente, nonostante i numerosi studi che si stanno svolgendo in tutto il mondo, non sono disponibili terapie efficaci in grado di arrestare definitivamente la progressione della sclerosi laterale amiotrofica. Il percorso terapeutico si basa sull'utilizzo di farmaci, come il riluzolo e l'edaravone, che riescono solamente a rallentare il decorso della malattia, ritardando la comparsa delle relative complicanze;

    sul piano dell'assistenza, la figura indispensabile del caregiver è stata riconosciuta nell'ordinamento solamente da un punto di vista formale – con l'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – mentre sul piano sostanziale manca ancora oggi una normativa nazionale di riferimento che ne disciplini in maniera piena ed effettiva i diritti e le prerogative, sia sotto il profilo del riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività svolta, sia sotto il profilo previdenziale e della formazione;

    sul piano economico, il fondo per le non autosufficienze e quello per il sostegno del ruolo di cura del caregiver familiare risultano insufficienti a garantire un livello di tutele adeguato per i rispettivi beneficiari e, di conseguenza, necessitano di essere ulteriormente incrementati per gli anni a venire,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sostenere la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica, nelle sue principali linee di indagine, assicurando adeguate forme di finanziamento e di collaborazione tra pubblico e privato;

2) ad adottare iniziative per collocare la figura del caregiver familiare, attualmente definita dall'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nell'ambito di un quadro giuridico di riferimento, predisponendo una disciplina organica che ne tuteli i diritti in maniera piena ed effettiva, sotto il profilo economico, lavorativo e sociale;

3) ad adottare iniziative per garantire un adeguato finanziamento a favore del fondo nazionale per la non autosufficienza e del fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, in modo da assicurare una risposta effettiva alle esigenze dei pazienti colpiti da una disabilità gravissima, tra cui appunto i malati di sclerosi laterale amiotrofica, e ai familiari che prestano assistenza in loro favore;

4) a portare a termine il processo di definizione del piano nazionale per la non autosufficienza di cui all'articolo 21, comma 6, lettera c), del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, al fine di assicurare una corretta ripartizione delle risorse del fondo per la non autosufficienza e di individuare parallelamente i livelli essenziali delle prestazioni da garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;

5) a promuovere la presa in carico dei soggetti affetti da sclerosi laterale amiotrofica sulla base di un approccio multidisciplinare che preveda la collaborazione di specialisti ospedalieri e territoriali con competenze differenti, integrate e unite tra loro dall'obiettivo comune di migliorare il benessere psicofisico del paziente;

6) ad adottare iniziative per diffondere informazioni chiare e puntuali sui progressi della ricerca scientifica e per favorire la fruizione, anche nel territorio italiano, di cure compassionevoli a base di farmaci attualmente in fase sperimentazione all'estero;

7) a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento.
(1-00246) «Lazzarini, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Locatelli, Sutto, Tiramani, Ziello, Lorenzo Fontana, Valbusa, Zordan, Bazzaro, Garavaglia, Durigon, Andreuzza, Bisa, Coin, Comencini, Fogliani».

(1° ottobre 2019)

   La Camera,

   premesso che:

    la sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come «malattia dei motoneuroni», «malattia di Lou Gehrig» (dal nome del giocatore di baseball la cui malattia nel 1939 fu portata all'attenzione pubblica) o «malattia di Charcot» (dal cognome del neurologo francese che per la prima volta descrisse questa patologia nel 1860), è una malattia neurodegenerativa rara caratterizzata da paralisi muscolare progressiva che riflette la degenerazione dei neuroni motori nella corteccia motoria primitiva, nei tratti corticospinali, nel tronco cerebrale e nel midollo spinale;

    si tratta di una patologia degenerativa progressiva che, più specificamente, comporta la perdita dei motoneuroni superiori situati nel cervello e nel tronco encefalico e dei motoneuroni inferiori situati nel tronco encefalico e nel midollo spinale. Questi eventi portano alla perdita del controllo dei muscoli deputati al movimento e ad altre funzioni;

    la malattia inizia a manifestarsi quando la perdita dei motoneuroni danneggiati non riesce più a essere compensata dalla presenza dei neuroni superstiti: si arriva così a una progressiva paralisi di tutti i muscoli volontari. La patologia non influisce in nessun modo sulle funzioni sensoriali, sessuali, vescicali e intestinali, che vengono preservate del tutto, e su quelle cognitive;

    nonostante le cause di questa malattia siano ancora sconosciute e benché si stimi che in circa il 5-10 per cento dei casi la malattia è ereditaria, gli studi effettuati fino a oggi hanno permesso di stabilire che, molto probabilmente, la sclerosi laterale amiotrofica è una malattia multifattoriale, ossia non origina da una sola causa ma da più fattori;

    quanto agli aspetti epidemiologici della malattia, invece, è bene precisare che la sclerosi laterale amiotrofica è una patologia dell'età adulta che può presentarsi in due forme: familiare (5 per cento dei casi), cioè in diversi componenti del nucleo familiare, con esordio intorno ai 63 anni; sporadica (95 per cento dei casi) ossia ad eziologia non nota, con esordio più precoce, tra i 40 e i 60 anni; non mancano tuttavia casi di soggetti colpiti dalla malattia tra i 17 e i 20 anni, così come tra i 70 e gli 80 anni;

    in generale, vi è una leggera prevalenza del sesso maschile con un rapporto di circa 1,2-1,5;

    la prognosi nel 50 per cento dei pazienti è di circa 30 mesi dall'esordio dei sintomi, il 5-10 per cento dei pazienti sopravvive per più di 8 anni, mentre sono rari i casi in cui si ha una sopravvivenza maggiore. Il decesso si verifica spesso per paralisi della muscolatura volontaria respiratoria;

    l'incidenza globale è di 1,7 casi per 100.000 persone all'anno e, in relazione ai dati di prevalenza forniti dall'Eurals consortium – Consorzio europeo sclerosi laterale amiotrofica, aggiornati al febbraio 2020, in Italia si stimano più di 6.000 persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e si prevede che, ogni anno, si registreranno circa 2.000 nuovi casi;

    la sclerosi laterale amiotrofica è ancora oggi purtroppo una malattia incurabile, in quanto nessun trattamento esistente permette al paziente di guarire;

    le malattie neurodegenerative croniche come la sclerosi laterale amiotrofica possono presentare quadri di disabilità gravissima che necessitano di interventi di riabilitazione altamente specializzati; la presa in carico della sclerosi laterale amiotrofica è sintomatica, palliativa e multidisciplinare, per cui è necessario l'intervento di diversi specialisti. I centri che si occupano di questa malattia utilizzano un approccio multidisciplinare da parte di neurologo, fisiatra, fisioterapista, logopedista, gastroenterologo, pneumologo, psicologo e genetista;

    in assenza di trattamenti efficaci, le terapie sintomatiche e di supporto rimangono la base per la gestione dei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica;

    si evince, quindi, quanto sia fondamentale continuare a supportare la ricerca di una cura e di trattamenti specifici per la malattia, finanziando studi di ricerca di base, pre-clinica e clinica osservazionale;

    a riguardo AriSla, Fondazione italiana di ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica, ha recentemente annunciato il finanziamento di sette nuovi progetti selezionati con il bando 2020, aperto a primavera 2020, per selezionare la migliore ricerca scientifica in Italia sulla sclerosi laterale amiotrofica;

    nel giugno 2020, Aisla e Nemo hanno promosso un registro nazionale per la sclerosi laterale amiotrofica che raccoglie in una piattaforma informatica web based e patient driven – nel rispetto delle norme sulla privacy – informazioni su caratteristiche genetiche, cliniche, anagrafiche, su attività lavorative svolte e assistenza ricevuta per aumentare la conoscenza della patologia e migliorare la presa in carico dei pazienti;

    da un punto di vista normativo, la sclerosi laterale amiotrofica è classificata tra le malattie rare e figura nel relativo elenco di cui all'allegato 1 del decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, recante il «regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie»;

    in base a quanto previsto dal citato decreto e dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, i malati di sclerosi laterale amiotrofica hanno diritto a ricevere le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza, efficaci ed appropriate per il trattamento ed il monitoraggio della malattia, in esenzione dalla partecipazione al relativo costo;

    è attualmente oggetto di esame alla Camera dei deputati un testo unificato concernente «Norme per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani e della cura delle malattie rare» per garantire ai pazienti e alle loro famiglie l'uniformità dell'erogazione delle prestazioni e dei medicinali su tutto il territorio nazionale e per promuovere la ricerca nel campo delle malattie rare, preservando le buone pratiche e tutti i percorsi sviluppati;

    il gravoso decorso della sclerosi laterale amiotrofica coinvolge inevitabilmente coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, ed è proprio questa una delle ragioni per le quali la sclerosi laterale amiotrofica viene definita la «malattia della famiglia» e non della singola persona;

    a livello istituzionale e legislativo, è ormai in corso da anni un dibattito – non ancora concluso – per riconoscere una normativa nazionale di riferimento che disciplini in maniera piena ed effettiva i diritti e le prerogative del caregiver, sia sotto il profilo del riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività svolta, sia sotto il profilo previdenziale e formativo;

    tale figura è stata riconosciuta nell'ordinamento solamente da un punto di vista formale con la legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 254, legge 27 dicembre 2017, n. 205), con cui è stato istituito un fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020;

    con la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, commi 483-484, legge 30 dicembre 2018, n. 145) il predetto fondo è stato incrementato di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021;

    è attualmente in corso l'approvazione della legge di bilancio per il 2021, il cui articolo 59 dispone l'istituzione nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un fondo, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell'attività di cura non professionale svolta dal caregiver familiare;

    pur nell'assoluta necessità di un rapido riconoscimento di questa figura, si ritiene altrettanto essenziale la formazione di specifiche figure qualificate – prevedendo, ad esempio, dei corsi di formazione per assistenti familiari (badanti) con una professionalizzazione del ruolo – per coadiuvare i caregiver familiari nell'assistenza dei pazienti;

    ulteriori strumenti per rafforzare l'assistenza, anche in caso di sclerosi laterale amiotrofica, potrebbero essere quelli afferenti alla telemedicina. Nella prima ondata della pandemia COVID-19, infatti, sono stati svolti oltre 3.734 consulti clinici e interventi a distanza, 600 ambulatori in chiamata e videochat di supporto psicologico, 934 chiamate al servizio di nurse coaching, 3.153 chiamate al centro di ascolto Aisla;

    la recente emanazione del documento del Ministero della salute contenente le indicazioni nazionali per le prestazioni in telemedicina è un passaggio fondamentale che faciliterà l'introduzione di questo strumento nel percorso di presa in carico globale del paziente;

    l'accompagnamento del paziente prevede anche la conoscenza della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Gazzetta ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2018), recante «Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento». Di particolare rilievo sono l'articolo 4, riguardante le disposizioni anticipate di trattamento, espressione dell'unilaterale iniziativa di una persona indipendentemente da una relazione di cura con un medico, e l'articolo 5, riguardante la pianificazione condivisa delle cure, un processo che origina e si evolve nella relazione tra medico e paziente affetto da una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da un'evoluzione con prognosi infausta,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per garantire su tutto il territorio nazionale una rete di centri specializzati per la presa in carico multidisciplinare che si occupi degli aspetti diagnostici, dell'assistenza clinico-terapeutica e del sostegno in tutte le fasi della malattia e una rete di supporto sociale e psicologico per il paziente, la famiglia e i caregiver;

2) ad adottare iniziative per diffondere programmi di formazione specifica delle assistenti familiari (badanti) e corsi di formazione per i familiari caregiver;

3) a promuovere iniziative per sostenere le soluzioni tecnologiche che possono implementare i benefici dati dal sostegno e dai trattamenti tradizionali: dalla telemedicina a tutti i dispositivi innovativi che possono migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie;

4) ad adottare iniziative per garantire equità di accesso alle cure di neuro-riabilitazione, anche di alta intensità, per garantire il massimo recupero dell'autonomia residua e della qualità di vita con conseguente vantaggio per il nucleo familiare di appartenenza e per la comunità;

5) ad adottare iniziative per promuovere la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica: da quella di base preclinica ad approcci traslazionali ed epidemiologici, sino alle sperimentazioni cliniche;

6) ad adottare iniziative per informare e formare i sanitari sul tema delle disposizioni anticipate di trattamento e sulla pianificazione condivisa delle cure che rappresentano strumenti essenziali per garantire i diritti della persona con sclerosi laterale amiotrofica;

7) ad adottare iniziative per garantire equità di accesso alle cure palliative sia domiciliari, sia in strutture dedicate con personale specializzato;

8) ad adottare iniziative per promuovere il registro nazionale per la sclerosi laterale amiotrofica, che rappresenta uno strumento a disposizione dei ricercatori per facilitare gli studi e migliorare la conoscenza della sclerosi laterale amiotrofica e l'assistenza ai malati;

9) a garantire la partecipazione delle associazioni dei pazienti e delle società scientifiche ai tavoli istituzionali e ai comitati che svolgono attività di indirizzo per la sclerosi laterale amiotrofica.
(1-00407) «Bologna, Rospi, Longo, Vizzini, De Giorgi, Frate, Schullian».

(18 dicembre 2020)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE PER UN AMPIO PROGRAMMA DI INVESTIMENTI E MISURE NEL SETTORE SANITARIO IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA DA COVID-19

   La Camera,

   premesso che:

    il nostro Paese si trova a dover gestire l'attuale seconda ondata di contagi da COVID-19 con troppe armi spuntate, nonostante questi ultimi mesi di sostanziale tregua pandemica avrebbero dovuto imporre una migliore organizzazione per attrezzarsi al meglio al temuto ritorno e alla recrudescenza dei contagi;

    così come a primavera 2020, anche ora ci si ritrova purtroppo di fronte alle tende dell'Esercito dinanzi ai pronto soccorso. Gli ospedali sono prossimi al collasso per carenza di personale e mancanza di posti letto, a fronte dell'imponente afflusso di malati conseguente alla rapida e vertiginosa diffusione dell'infezione da COVID-19;

    ad avviso dei firmatari del presente atto, la colpevole superficialità del Governo ha fatto trascorrere invano questi mesi di apparente tregua dopo la prima ondata pandemica. Un rilassamento ancora più intollerabile alla luce del fatto che la comunità scientifica aveva messo in guardia fin da subito su un certo ritorno del picco dei contagi e dei morti da COVID-19;

    da tempo in Italia sono stati prodotti diversi studi che indicavano ciò che stava effettivamente accadendo e la strada da intraprendere per evitare di ritornare in una situazione tragica, quale quella sperimentata nella primavera 2020;

    è del tutto evidente che al Governo spetti l'attività legislativa, nonché di coordinamento, di programmazione degli interventi e di controllo;

    la Carta costituzionale, in particolare l'articolo 117, attribuisce allo Stato la competenza concorrente in materia di tutela della salute. Ciò significa che allo Stato spetta la definizione delle norme generali e, quindi, il coordinamento dell'azione delle regioni a tutela della salute;

    la realtà è che da tempo andava avviato un serio piano di potenziamento per prepararsi alla prevedibile seconda ondata. Questo potenziamento non è avvenuto. Come per il piano di potenziamento delle terapie intensive, che poi ha accumulato più di un ritardo e per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro;

    le risorse dovevano servire, come previsto dal «decreto rilancio», anche a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, ristrutturando i locali «con l'individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi». La realtà, come dichiarato anche dal presidente della Simeu, la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, è che «quei soldi sono stati usati troppo poco o meglio quasi per nulla». Oggi invece la gran parte dei pronto soccorso ha riorganizzato le strutture che già aveva, ma gli spazi si stanno dimostrando del tutto insufficienti;

    c'era l'impegno di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva. Ad oggi si è a meno della metà dei posti aggiuntivi e operativi di terapia intensiva, previsti dal Governo a maggio 2020. Solo il 12 ottobre 2020 si è chiuso il bando di gara per le nuove postazioni; come ha ricordato il professor Crisanti, in un documento consegnato in occasione di una sua recente audizione alla Camera dei deputati, «durante la terza settimana di agosto 2020 è stato presentato a esponenti del Governo un documento che prefigurava come la ripresa delle attività lavorative, l'inizio delle scuole e alcuni appuntamenti elettorali inevitabilmente avrebbero creato le condizioni ottimali per innescare un'esplosione della trasmissione. Lo stesso documento proponeva quindi di arrivare a questo appuntamento preparati per bloccare l'inevitabile aumento della trasmissione virale attraverso la creazione di un sistema di sorveglianza nazionale basato su una rete di laboratori in grado di processare centinaia di migliaia di tamponi molecolari al giorno in sinergia con gli strumenti di tracciamento informatico tipo app Immuni e capacità logistica di rendere il test disponibile in tutte le zone del Paese (...). Questo segnale di allarme è stato trascurato e, invece di investire risorse, strumenti informatici e logistica in un sistema sorveglianza attiva in grado di interrompere le catene di trasmissione e consolidare i risultati ottenuti con sacrifici umani ed economici senza precedenti nella storia della Repubblica, abbiamo affrontato con spensierata leggerezza la riapertura delle scuole, la ripresa delle attività produttive senza un piano di prevenzione»;

    le carenze organizzative e il troppo tempo trascorso in questi ultimi mesi senza la necessaria programmazione stanno mostrando tutti i loro effetti, a cominciare dalle misure messe in campo per consentire il tracciamento e ricostruire la catena dei contagi;

    è necessario incrementare il numero di tamponi, dando soluzione ai troppi cittadini che per farli sono costretti spesso a file interminabili e i risultati arrivano dopo diversi giorni;

    a ciò si aggiunga che, inspiegabilmente, i centri diagnostici privati sono stati coinvolti tardi, in modo parziale e ancora non in tutte le regioni;

    nonostante le promesse di rafforzare la medicina territoriale, i medici di base non sono in condizione di visitare a domicilio i loro pazienti sintomatici; attualmente ogni giorno si ricoverano quasi mille persone in più ed è ormai quasi impossibile proteggere tutti i medici di famiglia con gli stessi dispositivi di protezione che hanno i medici delle terapie intensive;

    queste carenze organizzative fanno sì che sempre più persone si presentino in ospedale e ai pronto soccorso dove poi i medici spesso sono obbligati a ricoverare i pazienti in osservazione;

    per dare una risposta a queste esigenze che vengono dal territorio, sempre nell'ambito del potenziamento dell'assistenza territoriale, sarebbe necessario supportare le regioni nell'implementazione delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca), previste dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 18 del 2020 indispensabili per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo loro di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

    le notizie di questi giorni fanno ben sperare nella possibilità di cominciare a somministrare uno o più vaccini anti COVID già dai primi mesi del 2021;

    vanno assolutamente scongiurati la totale approssimazione, la disorganizzazione e i troppi ritardi con i quali si sta procedendo in queste settimane alla campagna di vaccinazione antinfluenzale, peraltro particolarmente necessaria in questa fase di pandemia per agevolare la diagnosi differenziata e ridurre la pressione sul servizio sanitario nazionale;

    le quantità disponibili di vaccini sono insufficienti anche per una parte della popolazione anziana. Non si trovano nelle farmacie. Molti cittadini, dopo mille raccomandazioni a vaccinarsi, faticano a farlo. Per fronteggiare l'emergenza si dovevano centralizzare le procedure di acquisto a livello nazionale;

    in attesa dei prossimi vaccini anti COVID, è decisivo che i piani vengano formulati subito. Per arrivare a distribuire il vaccino fin dai primi mesi del 2021, è necessario che l'Italia, così come gli altri Paesi, cominci a programmare fin da subito per prepararsi per tempo;

    il piano del Governo, ancora tutto da costruire, servirà ad elaborare una strategia necessaria ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che peraltro ha bisogno di temperature particolarmente basse;

    sarà decisivo individuare già da adesso le categorie di persone a cui somministrare per primi il futuro vaccino anti COVID;

    si è perso del tempo prezioso per prepararsi al meglio alla prevista seconda ondata pandemica. Non solo riguardo al potenziamento e alla dotazione delle strutture sanitarie, ma anche riguardo al fondamentale lavoro di raccolta ed elaborazione dei dati, indispensabile per monitorare e conoscere in dettaglio dove avviene il contagio. Per fare questo ci sarebbe bisogno dei dati individuali, ossia i cosiddetti «microdati»;

    in Italia la comunità scientifica li invoca da inizio pandemia, ma senza risultati. Per ora si dispone di informazioni «aggregate» sulla distribuzione di età e comorbidità negli infetti. Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto si può fare ora. I dati probabilmente esistono, ma non sono raccolti in un dataset centralizzato condiviso con la comunità scientifica. Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni, che, se condivise con la comunità scientifica, consentirebbe di elaborare strategie mirate per contrastare la diffusione del virus e preservare quanto più possibile l'economia e la vita produttiva e sociale del Paese;

    nella strategia di contrasto alla pandemia in atto, un ruolo centrale avrebbe dovuto essere quello di mettere in atto un efficace sistema di tracciamento dei contatti. Sotto questo aspetto dal 15 giugno 2020 è stata resa operativa, su base volontaria, l'app Immuni, che consente di avvertire gli utenti che hanno avuto un'esposizione a rischio o un contatto con un utente risultato positivo al Sars-Cov2. La realtà è che questo strumento di tracciamento si è rivelato sostanzialmente fallimentare. Un insuccesso che non può essere solamente addebitato ai cittadini e ad un loro rilassamento in termini di percezione del pericolo, ma è evidente una responsabilità di chi ancora una volta non ha saputo organizzare al meglio queste iniziative di tracciamento e di individuazione dei soggetti positivi;

    riguardo all'app Immuni, ad avviso dei firmatari del presente atto, tutto è stato fatto tardi e male. La tecnologia può servire a rendere più efficiente un sistema oppure paradossalmente può avere l'effetto di evidenziare l'inefficienza del medesimo sistema. L'esperienza della app ha mostrato l'inefficienza di questo sistema;

    la lotta contro l'epidemia si vince partendo dalla conoscenza dei dati epidemiologici indispensabili per capire, per esempio, i canali di trasmissione del virus oppure per organizzare una rete efficiente di tracciamento dei contatti. Da giugno 2020 l'Accademia dei Lincei, fra i tanti, aveva chiesto al Governo che fossero raccolti e messi a disposizione della comunità scientifica i dati epidemiologici. Ciò non è avvenuto e molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti;

    la giusta attenzione alla pandemia in atto fa troppo spesso dimenticare che il COVID-19 provoca anche numerose vittime indirette, in quanto aumenta la mortalità per altre patologie a causa dei rinvii delle procedure di screening, delle diagnosi e degli interventi. Molti malati si trovano, infatti, in una condizione drammatica, in quanto i ritardi accumulati provocano in molti casi la cronicizzazione della patologia o un incremento dei decessi;

    secondo i dati diffusi da Nomisma, durante il periodo di lockdown, in Italia sono stati 410 mila gli interventi chirurgici rimandati e quindi da riprogrammare. Nomisma ha stimato come, nel periodo di sospensione dei ricoveri differibili e non urgenti, siano stati rimandati il 75 per cento dei ricoveri per interventi chirurgici in regime ordinario, con esclusione di quelli oncologici;

    nel dettaglio, sarebbero stati rimandati il 56 per cento dei ricoveri per interventi legati a malattie e disturbi dell'apparato cardiocircolatorio, mentre un terzo degli interventi da riprogrammare, stimati in 135 mila, riguarderebbero l'area ortopedica;

    secondo l'Associazione italiana di oncologia medica, invece, nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per i tumori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019;

    quello che in questi mesi è mancato, come ha sottolineato anche la Fondazione Gimbe, è stata una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari;

    la realtà è che la terribile pandemia in atto ha messo a nudo l'estrema fragilità della sanità pubblica italiana;

    l'emergenza Coronavirus sta rappresentando una sorta di tragico «stress test» per il servizio sanitario italiano e per la sua capacità di far fronte a scenari avversi;

    la pandemia in atto sta dimostrando ancora una volta che l'offerta sanitaria del nostro Paese deve essere ripensata e rafforzata;

    sempre maggiori sono infatti le difficoltà per il Servizio sanitario nazionale a garantire il fondamentale diritto alla salute che ha sempre caratterizzato il nostro servizio sanitario fin dalla sua istituzione (legge n. 833 del 1978);

    la fotografia attuale è che le risorse assegnate al fondo sanitario nazionale sono del tutto insufficienti e a questo sottofinanziamento si aggiunge il grave e costante invecchiamento della popolazione, l'aumento delle malattie croniche e l'aumento dei costi;

    nonostante le criticità sopra esposte, la bozza del 6 dicembre 2020 del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano per l'accesso ai fondi del Next generation Eu, all'esame del Consiglio dei ministri, assegnava alla missione «Salute» solamente 9 miliardi di euro (il 4,6 per cento delle risorse previste) per il rinnovamento dell'assistenza territoriale, la telemedicina e la digitalizzazione dei servizi. Delle sei missioni previste, la missione «Salute» è quella con una dotazione più bassa;

    questo nonostante nell'estate 2020 il Ministro della salute avesse inizialmente presentato a Palazzo Chigi alcune proposte per accedere alle risorse messe in campo dall'Unione europea con il Recovery fund e per finanziare un piano di rilancio del sistema sanitario. In totale oltre 20 progetti per un ammontare complessivo di circa 68 miliardi di euro da realizzarsi nei prossimi 5 anni;

    l'Italia è il Paese più anziano d'Europa, con circa 24 milioni di malati cronici e con differenze fortissime tra il Nord e il Sud del Paese. Si ha, inoltre, il più basso numero di posti letto in Europa;

    ma quello che da molto tempo è emerso e che si è acuito inevitabilmente con questa pandemia è la scarsità del personale medico e di quello sanitario. Questa sta diventando sempre di più una delle principali emergenze;

    a far funzionare il servizio sanitario nazionale non sono infatti solamente le infrastrutture sanitarie e la dotazione di attrezzature mediche, ma sono i professionisti della sanità. Nei reparti degli ospedali mancano i medici specialisti e i colleghi sono sottoposti a orari e privazioni che li riportano indietro alla prima ondata di marzo 2020;

    secondo le stime sul fabbisogno nelle corsie di rianimazione servono almeno 9 mila operatori per poter attivare i 3 mila letti in terapia intensiva che si punta ad aggiungere; il blocco del turnover (per fortuna recentemente in parte ridimensionato) per troppi anni ha impedito la sostituzione degli specialisti in uscita da parte di medici giovani, causando un progressivo invecchiamento del personale;

    la Commissione europea indica una necessità di 230 mila medici entro il 2023; a ciò si aggiunge una decennale, cronica e patologica carenza di infermieri;

    ad oggi, dopo ben 6-7 anni di studi, solo 1 medico su 3 ha la possibilità di continuare la carriera post laurea in conseguenza della fallimentare programmazione del numero di specialisti per regione e disciplina. Il numero di contratti di formazione post lauream è insufficiente a coprire la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati. Questo ha prodotto un «imbuto formativo» che nel tempo ha ingabbiato in un limbo migliaia di giovani medici;

    l'imbuto formativo obbliga annualmente giovani medici neolaureati a congelare il loro percorso formativo, non avendo a disposizione contratti di formazione specialistica;

    in Italia la sola carenza calcolata della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di almeno 53 mila infermieri, di cui la maggior parte (almeno 30 mila) sono quelli mancanti sul territorio;

    nel nostro Paese ci sono molto meno infermieri della media Ocse (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20 per cento la mortalità, mentre attualmente ne assiste in media 11;

    nei mesi scorsi è stata lanciata una petizione da «Lettera 150» e dalla Fondazione David Hume, con un decalogo per «salvare l'Italia». La petizione prende avvio da «l'operazione verità» sugli errori commessi nei mesi scorsi per combattere l'epidemia. Un'operazione lanciata da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina;

    nella petizione si legge: «Noi pensiamo che quello che non è stato fatto fra maggio e ottobre 2020 debba assolutamente essere fatto ora che l'epidemia è riesplosa e stiamo per vivere un nuovo lockdown. Per evitare che anche questa volta i sacrifici degli italiani siano dispersi al vento vengono quindi proposte dieci cose non fatte finora e che vanno fatte subito». I firmatari del presente atto di indirizzo le fanno convintamente proprie e anche su queste chiedono un impegno serio al Governo ad attuarle,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere un deciso incremento dei 9 miliardi di euro assegnati alla missione «Salute» dalla bozza del 6 dicembre 2020 del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano predisposta dal Governo;

2) ad adottare iniziative per prevedere che specifiche risorse vengano destinate al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziando i programmi sanitari regionali redatti secondo il fabbisogno specifico al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, nonché all'ammodernamento e al potenziamento della rete ospedaliera e dei servizi di assistenza territoriale;

3) ad adottare iniziative per incrementare gli investimenti nella ricerca pubblica e privata;

4) ad adottare iniziative per avviare un piano di assunzioni di medici, infermieri, farmacisti e operatori sanitari, procedendo, tra l'altro, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del gran numero di specialisti medici, infermieri e farmacisti attualmente ancora precari;

5) ad adottare iniziative per riorganizzare, di concerto con le regioni, il servizio territoriale, potenziando il ruolo dei medici, farmacisti e infermieri anche attraverso l'utilizzo diffuso della telemedicina;

6) ad adottare le opportune iniziative normative al fine di superare il vincolo di esclusività per gli infermieri pubblici, consentendo loro un'intramoenia infermieristica che permetta agli stessi di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (residenze sanitarie assistenziali, case di riposo, strutture residenziali, riabilitative), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di queste strutture;

7) ad adottare tutte le iniziative volte a rendere, di concerto con gli ordini professionali, la formazione di tutti i professionisti sanitari maggiormente legata al fabbisogno e alla programmazione del servizio sanitario nazionale, dove comunque l'università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca e di collaborazione con le strutture ospedaliere diffuse sul territorio;

8) ad adottare iniziative per finanziare ulteriori borse di specializzazione di medici, farmacisti e biologi, minimizzando il più possibile il rapporto neolaureati/borse e dando soluzione all'imbuto formativo;

9) ad avviare le opportune iniziative normative volte a prevedere il coinvolgimento professionale di medici e farmacisti specializzandi dal terzo o quarto anno affinché, a seconda della branca sanitaria, possano continuare la formazione specialistica svolgendo la loro professione sul campo, prevedendo altresì anche il coinvolgimento degli infermieri già dal terzo anno di studio;

10) a mettere in atto tutte le iniziative volte a recuperare gli interventi e gli screening anti-tumorali e di altre patologie sospesi durante i mesi più duri della pandemia e a ridurre le liste di attesa per patologie diverse dal COVID-19;

11) ad avviare tutte le iniziative di competenza volte a potenziare sensibilmente le misure di contrasto alla diffusione della pandemia, per fronteggiare la seconda ondata in atto e le possibili nuove recrudescenze del virus, al fine di:

   a) rafforzare la «sorveglianza attiva» attraverso test sierologici e l'uso di massa dei tamponi con il supporto in tutte le regioni dei laboratori, delle strutture diagnostiche private e delle farmacie in possesso di tutti i requisiti necessari, al fine di consentire che i tamponi siano effettuati nel maggior numero e minor tempo possibile, a garanzia di un'effettiva tempestività nel monitoraggio e controllo della diffusione della Sars-Cov2;

   b) attivare in tutte le regioni il fascicolo sanitario elettronico e il dossier farmaceutico al fine di creare un database con tutti i dati necessari per gestire al meglio la diffusione pandemica;

   c) realizzare 20 mila posti di terapia intensiva prevedendo 1 posto letto ogni 3 mila abitanti;

   d) garantire realmente il distanziamento su tutti i mezzi pubblici, in quanto importante luogo di diffusione del contagio, prevedendo finanziamenti per incrementare il trasporto pubblico locale, il coinvolgimento di soggetti privati a supporto della mobilità locale ed efficaci modalità di controllo – finora inesistenti – del rispetto del distanziamento e della capienza massima a bordo, nonché prevedendo la misurazione della temperatura all'ingresso del mezzo;

   e) sanare, nell'immediato, le gravi carenze e le inefficienze riscontrate finora nell'organizzazione della campagna vaccinale antinfluenzale, implementando a tal fine il ruolo centrale e troppo sottovalutato che può e deve essere svolto dalle farmacie, assicurando un'adeguata e tempestiva disponibilità di vaccini anti-influenzali e prevedendo la somministrazione dei vaccini all'interno delle medesime farmacie, anche attraverso infermieri specializzati o medici specializzandi;

   f) predisporre e sottoporre alla valutazione preventiva del Parlamento un piano volto ad affrontare al meglio la distribuzione e la somministrazione del vaccino anti-COVID che tenga conto della logistica della distribuzione stessa e che individui puntualmente le categorie di persone a cui somministrare il vaccino con priorità nelle fasi iniziali, includendo tra queste il personale e gli operatori sanitari e sociosanitari, i residenti e il personale dei presidi residenziali per anziani, le persone di età avanzata e le persone con disabilità;

   g) informare costantemente il Parlamento sul cronoprogramma e sugli sviluppi per la distribuzione e la somministrazione dei vaccini anti-COVID;

   h) predisporre un'efficace programma di informazione e sensibilizzazione ai cittadini sulla campagna vaccinale anti-COVID;

   i) garantire che le vaccinazioni possano essere effettuate nel più breve tempo possibile, valutando, di concerto con le regioni, l'opportunità di ampliare la platea dei soggetti abilitati alla vaccinazione e di individuare anche le farmacie, dotate di spazi idonei, quale punto di inoculazione dei vaccini;

   l) prevedere specifiche risorse per l'acquisto di nuovi monoclonali attivi contro il COVID-19;

   m) rafforzare l'assistenza territoriale e, in particolare, quella domiciliare soprattutto per i soggetti in isolamento, anche attraverso un potenziamento sul territorio delle unità speciali di continuità assistenziale, le unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, anche al fine di alleggerire i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, consentendo agli stessi di svolgere al meglio e in maggiore sicurezza l'attività assistenziale ordinaria;

   n) implementare le cure domiciliari anche attraverso la creazione di una rete di telesorveglianza che metta in contatto il paziente con medici, farmacisti e infermieri;

   o) valutare la possibilità di utilizzare i medici specializzandi in anestesia sin dal terzo anno nelle terapie intensive per colmare le carenze e i vuoti attuali;

   p) istituire presidi territoriali sanitari nelle scuole o reti di scuola (medici scolastici e/o infermieri), al fine di monitorare la prevenzione del contagio attraverso la somministrazione di tamponi al personale insegnante e scolastico;

   q) riattivare i presìdi sanitari e ospedalieri, anche delle zone di montagna, dismessi totalmente o che siano solo parzialmente utilizzati a causa della riorganizzazione territoriale imposta dalla normativa vigente, anche per trasformarli in strutture COVID;

   r) potenziare e diffondere l'utilizzo dei COVID-hotel e altre strutture dove poter trascorrere la quarantena senza rischio di contagiare famigliari conviventi;

   s) dotare gli uffici, le strutture pubbliche e i mezzi di trasporto pubblico locale di strumenti idonei di protezione dal contagio, quali misuratori di temperatura, dispositivi di protezione individuale, gel disinfettante e altro;

   t) avviare una costante interlocuzione tra il Comitato tecnico-scientifico, il Ministero della salute, la Società italiana Sistema 118 e rappresentanti di medici e personale sanitario, al fine di individuare le misure più efficaci per implementare le attività di contrasto alla diffusione del Coronavirus;

   u) rafforzare la rete delle strutture residenziali e semiresidenziali che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità (residenze sanitarie assistenziali, centri diurni e altre strutture analoghe, comunque denominate dalla normativa regionale), stanziando risorse al fine di potenziarne la relativa offerta, supportarne l'operatività e assicurare presso di esse la disponibilità di personale sanitario e sociosanitario, nonché dei dispositivi utili al contenimento e alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, inclusi i tamponi rapidi.
(1-00404) (Nuova formulazione) «Gelmini, Panizzut, Lollobrigida, Mandelli, Bagnasco, Novelli, Bond, Mugnai, Versace, Paolo Russo, Pella, Brambilla, Labriola, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Paolin, Sutto, Tiramani, Bellucci, Gemmato».

(20 novembre 2020)

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