TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 485 di Martedì 13 aprile 2021

 
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MOZIONI IN MATERIA DI INDIVIDUAZIONE DEL DEPOSITO NAZIONALE PER IL COMBUSTIBILE NUCLEARE IRRAGGIATO E I RIFIUTI RADIOATTIVI

   La Camera,

   premesso che:

    in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    la Carta comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;

    tale passo intende anche rispondere all'infrazione comunitaria in atto sulla mancata trasmissione del Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, verso la realizzazione del deposito per la conservazione dei rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività e del parco tecnologico;

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come da ultimo modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché i benefici economici per i territori interessati, e prevede i criteri per la scelta dei siti idonei, successivamente sviluppati da Ispra (oggi organo di controllo Isin) e da Sogin s.p.a. e più volte revisionati nel corso degli anni; le ultime revisioni della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, elaborate dalla Sogin s.p.a., contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e delle stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, con l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, di fatto dà l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, un seminario nazionale. Pertanto, si avvia ora il dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali e regioni, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

    in base alle osservazioni pervenute e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin s.p.a. aggiornerà la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello sviluppo economico, dell'ente di controllo Isin, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In base a tali pareri, il Ministero dello sviluppo economico convaliderà la versione definitiva della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). La Carta nazionale delle aree idonee, pertanto, sarà il risultato dell'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica, che verrà comunicata agli enti territoriali interessati ai fini della presentazione delle proprie candidature per ospitare l'impianto; è prevista un'apposita procedura per l'acquisizione dell'intesa della regione nel cui territorio ricadono aree idonee;

    nella guida tecnica n. 29 dell'Ispra del 2014, sono stati stabiliti i criteri di «esclusione» e di «approfondimento» per la localizzazione dell'impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, basati anche sulle raccomandazioni elaborate da organismi internazionali e, in particolare, dalla International atomic energy Agency (Iaea), utilizzati da Sogin s.p.a. per la redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

    sono state escluse: le aree vulcaniche attive o quiescenti e quelle sismiche e interessate da fenomeni di fagliazione; le aree caratterizzate da rischio e/o pericolosità geomorfologica e/o idraulica di qualsiasi grado e le fasce fluviali e quelle contraddistinte dalla presenza di depositi alluvionali di età olocenica; le aree ubicate ad altitudine maggiore di 700 metri sul livello del mare, o caratterizzate da versanti con pendenza media maggiore del 10 per cento o ubicate sino alla distanza di 5 chilometri dalla linea di costa attuale, oppure ubicate a distanza maggiore ma ad altitudine minore di 20 metri sul livello del mare; le aree interessate dal processo morfogenetico carsico o con presenza di sprofondamenti catastrofici improvvisi (sinkholes) o caratterizzate da livelli piezometrici affioranti o che, comunque, possano interferire con le strutture di fondazione del deposito, nonché tutte le aree naturali protette identificate ai sensi della normativa vigente, quelle che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati o che siano a distanza inferiore a 1 chilometro da autostrade e strade extraurbane principali e da linee ferroviarie fondamentali e complementari; le aree caratterizzate dalla presenza nota di importanti risorse del sottosuolo e quelle caratterizzate dalla presenza di attività industriali a rischio di incidente rilevante, di dighe e sbarramenti idraulici artificiali, di aeroporti o poligoni di tiro militari operativi;

    i criteri di approfondimento valutano, inoltre, i seguenti aspetti: presenza di manifestazioni vulcaniche secondarie; presenza di movimenti verticali significativi del suolo in conseguenza di fenomeni di subsidenza e di sollevamento (tettonico e/o isostatico); assetto geologico-morfostrutturale e presenza di litotipi con eteropia verticale e laterale; presenza di bacini imbriferi di tipo endoreico; presenza di fenomeni di erosione accelerata; condizioni meteo-climatiche; parametri fisico-meccanici dei terreni; parametri idrogeologici; parametri chimici del terreno e delle acque di falda; presenza di habitat e specie animali e vegetali di rilievo conservazionistico, nonché di geositi; produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico; disponibilità di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto; presenza di infrastrutture critiche rilevanti o strategiche;

    l'impianto, il cui finanziamento è previsto a carico della quota delle bollette elettriche destinata allo smantellamento degli impianti nucleari, interessa un'area di circa 150 ettari, di cui 40 sono destinati al Parco tecnologico. Il deposito consiste in 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, ove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all'interno i rifiuti radioattivi già condizionati; si tratta di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività provenienti dal mondo civile, dagli impianti nucleari in dismissione nel nostro Paese, da combustibili inviati in Francia e Gran Bretagna e in special modo dal settore medico e ospedaliero; sono previste misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale per i territori che ospiteranno il deposito, da definire con trattative bilaterali;

    le premesse del nulla osta del 30 dicembre 2020 specificano che la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, l'ordine di idoneità delle aree sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali ed il progetto preliminare del Parco tecnologico sono definiti dalla Sogin s.p.a. a titolo di «proposta» e che, solo a seguito delle procedure di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dell'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni, verrà approvata la Carta nazionale delle aree idonee con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in particolare, l'articolo 3 citato prevede la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sul sito internet della Sogin s.p.a. e il contestuale avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato;

    nonostante la realizzazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sia stata prevista già da 10 anni e i criteri tecnici siano stati ben stabiliti da Ispra nel 2014, il modo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inquietante, adottato dal Governo per la presentazione di una questione di massima delicatezza, come quella della realizzazione di un deposito nucleare, ha creato tensioni sociali, divisioni conflittuali nella popolazione e rivolte da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    «no» categorici sono apparsi sulla stampa da parte di presidenti di regioni e province e di sindaci dei comuni individuati sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, nonché critiche pesanti provenienti da associazioni di comuni, come l'Anci, e da associazioni ambientaliste come Italia nostra, Greenpeace, Wwf;

    infatti, in seguito alla firma del nulla osta interministeriale del 30 dicembre 2020, sono state diffuse notizie sulla stampa e sui social, senza un minimo di ufficialità e senza alcun chiarimento sul valore effettivo della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, sulle procedure fino ad oggi attivate per giungere alla redazione di tale carta e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per la scelta effettiva del sito;

    le regioni e i comuni interessati hanno visto il proprio nome sulla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee senza un minimo di preavviso da parte del Governo, peraltro, in un momento particolare, laddove l'attenzione di tutti è posta sulla crisi pandemica da COVID-19 oltre che sulle tensioni nell'ambito della maggioranza di Governo;

    alcune proposte, come quelle dei siti ubicati nelle due isole della Sardegna e della Sicilia, contrastano chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e, inoltre, sembra discutibile la scelta della distanza di solo 1 chilometro da autostrade, ferrovie e infrastrutture di comunicazione principali e anche dai centri abitati molto piccoli e, in generale, non è assolutamente chiara la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, né la scala della cartografia permette calcoli esatti;

    alcune province presentano una massima concentrazione di siti idonei, come quella di Alessandria, che comprende 6 siti idonei, nei comuni di Alessandria, Castelletto Monferrato, Quargnento, Fubine, Oviglio, Bosco Marengo, Frugarolo, Novi Ligure, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, con ben 5 siti classificati in categoria A1, ossia con il massimo grado di priorità; in analoga situazione si trova anche la provincia di Viterbo; eppure le amministrazioni comunali non sono state informate preventivamente delle prerogative del proprio territorio;

    solo il 5 gennaio 2021 è apparso un comunicato stampa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha annunciato ufficialmente la notizia della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee da parte della Sogin s.p.a. e dell'avvio della consultazione pubblica, riportando il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i riferimenti per tutte le informazioni sul sito appositamente indicato da Sogin s.p.a. «www.depositonazionale.it»;

    tale comportamento dell'Esecutivo su un tema delicato e fortemente divisivo, come quello dei rifiuti nucleari, è stato giudicato sulla stampa pericoloso, arrogante e irresponsabile da parte di molti esponenti della classe politica, volto a creare ulteriori inaccettabili conflitti nella società, tra i territori e le comunità locali e accrescere l'ansia sociale e la paura;

    inoltre in piena pandemia sanitaria da COVID-19, ove le amministrazioni locali cercano con grande fatica di corrispondere agli impegni in corso tra le assenze di personale per malattia e lo smart working, un periodo di soli 60 giorni per esprimere osservazioni sulla mole di documentazione tecnica e complessa, pubblicata da Sogin s.p.a. sul sito www.depositonazionale.it, si presenta estremamente ridotto ed insufficiente e diventa impraticabile lo svolgimento del seminario nazionale in presenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le opportune iniziative, nell'ambito della leale collaborazione tra enti istituzionali, per porre rimedio alle carenze di informazione ufficiale intervenute e alla mancanza di una preventiva informazione delle regioni e degli enti locali in merito alle caratteristiche tecniche del proprio territorio, che lo hanno reso idoneo ad ospitare il deposito nazionale per il combustibile irraggiato e i rifiuti radioattivi e ad inserirsi nella Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

2) ad attivare la massima condivisione con i territori interessati e una strategia di effettivo coinvolgimento delle regioni in tutto il processo successivo per la scelta dei siti definitivamente idonei, da inserire nella Carta nazionale delle aree idonee, e ad escludere qualsiasi imposizione ai territori di scelte di livello governativo centrale;

3) ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei Ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee;

4) ad adottare iniziative per informare i cittadini sulla procedura tecnica fino ad oggi attivata per giungere alla redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e sulle procedure che verranno attivate prossimamente per l'approvazione della Carta nazionale delle aree idonee e la scelta effettiva del sito per il deposito nazionale;

5) a promuovere iniziative di carattere normativo per prorogare i tempi a disposizione degli enti territoriali e dei soggetti interessati per la consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, almeno per sei mesi dalla cessazione dello stato di emergenza dovuta alla pandemia sanitaria per COVID-19;

6) nell'ambito della consultazione pubblica, ad informare gli enti territoriali sulle effettive e congrue compensazioni economiche e di riequilibrio ambientale e territoriale che dovranno essere assegnate ai territori che ospiteranno il deposito nucleare per tutto il periodo di giacenza di rifiuti nucleari, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale;

7) allo scopo di evitare tensioni sociali, nell'ambito della consultazione pubblica e in accordo con gli amministratori locali, a valutare l'opportunità di adottare maggiore attenzione nel coinvolgimento della popolazione per l'individuazione definitiva nella Carta nazionale delle aree idonee dei siti in territori con alta densità abitativa o particolare vocazione agricola;

8) anche in seguito alla consultazione pubblica, ad approfondire promuovendo l'eliminazione delle proposte che eventualmente presentano distanze di un solo chilometro da strade, ferrovie e centri abitati, come risulta da alcuni criteri Ispra-Sogin esposti nelle premesse, e ad esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

9) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte relative all'ubicazione dei siti nelle due isole maggiori che inevitabilmente richiederebbero trasporto di rifiuti radioattivi per via marittima o aerea, con alti profili di rischio;

10) ad approfondire nell'ambito del seminario nazionale promuovendo l'esclusione delle proposte che interessano aree prossime a siti definiti dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità», come quello de «I Sassi e Parco delle chiese rupestri di Matera» o quello de «I paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato», o quello di Pienza Val d'Orcia e alle relative «buffer zone».
(1-00414) (Nuova formulazione) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

(12 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e, successivamente, dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi e individua criteri generali per stilare una lista di siti idonei, sviluppati nel dettaglio da Ispra (oggi Isin) nella guida tecnica 29, in linea con gli standard della Iaea (International Atomic Energy Agency), tra i quali individuare, tramite apposita procedura, il sito unico su cui realizzare il deposito nazionale;

    i criteri sono stati formulati per individuare aree dove sia garantita l'integrità e la sicurezza nel tempo del Deposito nazionale e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione, per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. L'applicazione dei criteri d'esclusione porta all'individuazione delle «aree potenzialmente idonee» e ulteriori 13 criteri di approfondimento, per valutare le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione;

    l'applicazione dei criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo dei Gis – Sistemi informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici;

    l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;

    ad interpretare, elaborare e applicare i criteri, individuando i siti idonei e redigendo la bozza di Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è stata chiamata Sogin Spa e le ultime revisioni della Cnapi, contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

    la redazione della Cnapi ha avuto una gestazione molto lunga, la versione conclusiva risalirebbe al 2015; pur se risultano da allora ad oggi alcuni innesti su cui sarebbe interessante individuare le procedure seguite, tuttavia è ragionevole ritenere che molti dei dati su cui si basano le valutazioni potrebbero non essere più attuali, così come molti territori, ora esclusi, potrebbero invece avere le caratteristiche opportune per avanzare le proprie candidature;

    la bozza di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) elaborata da Sogin, in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, ha ricevuto il nullaosta e il 5 gennaio è stato dato il via alla pubblicazione, togliendo il segreto che incideva sul documento;

    in seguito, la Sogin S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    con la pubblicazione della Cnapi, che contiene l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, si avvia la fase di consultazione dei documenti che ha una durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione, il prescritto seminario nazionale;

    benché il processo di redazione della Cnapi sia stato assai lungo e i criteri tecnici siano stati stabiliti da Ispra nel 2014, la sua pubblicazione ha creato forti tensioni sociali, e aspre contestazioni da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

    non sono chiari, infatti, il processo e il metodo seguiti da Sogin, nell'individuare i siti e in che modo siano stati interpretati i criteri definiti da Ispra, ora Isin – Guida tecnica n. 29 – e quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), anche perché, nell'ambito di tale interpretazione non sembrano essere stati tenuti adeguatamente in considerazione diversi elementi, in ragione del fatto che nell'elenco compaiono siti ad alto pregio agricolo (Carmagnola), ad elevata pericolosità sismica (Alessandrino) ed aree adiacenti a siti Unesco (Pienza e Val d'Orcia);

    tra i siti individuati dalla Cnapi vi sarebbe perfino quello «Patrimonio dell'umanità» Unesco dei «sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera», città capitale della cultura 2019 sul cui territorio sono stati impiegati consistenti investimenti in termini di restauro di beni culturali, di nuove infrastrutture e di riqualificazioni che rischierebbero seriamente di essere del tutto vanificati ove il sito unico andasse ad incidere su tale territorio;

    inoltre, alcune province sembrerebbero, a ben guardare, presentare una fortissima concentrazione di siti idonei, quella di Alessandria, in Piemonte, ad esempio, che comprende ben 6 siti idonei e quasi tutti in fascia A1 (ben 5 su 6) o quella del viterbese, nel Lazio;

    alcune altre proposte, poi, come quelle dei siti ubicati nelle due isole maggiori del Paese, Sardegna e Sicilia, sembrano contrastare chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e non è chiaro se i siti sardi e siciliani fossero già nella versione Cnapi del 2015 o siano parte delle integrazioni successive e, ancora, quali procedure fino ad oggi si siano attivate per addivenire a tali integrazioni;

    in ragione del fatto che non si comprende a fondo la scelta della distanza dei siti da autostrade, ferrovie e comunicazioni principali, né quale sia la distanza «adeguata» che si è presa a parametro dai centri abitati più vicini, né essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire un esame approfondito che possa definire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, il termine di due mesi per la fase di consultazione, per di più in piena emergenza pandemica appare assolutamente inadeguato;

    anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, nei prossimi quattro mesi, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;

    molte regioni, province, comuni e associazioni di comuni, a partire dall'Anci, oltre ad associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace e Wwf, solo per citarne alcune, hanno espresso forti perplessità tanto sull'elenco dei siti, quanto sulle procedure seguite e da seguire per individuare il sito unico;

    risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi, che come si è ricordato, proviene da un percorso istruttorio assai lungo e complesso e potrebbe pertanto darsi il caso che, pur non inseriti nell'elaborato, essi presentino le caratteristiche per avanzare le suddette candidature,

impegna il Governo:

1) a favorire, promuovere e facilitare in ogni modo il coinvolgimento delle comunità territoriali, delle popolazioni, degli enti locali e territoriali, delle regioni e delle associazioni, anche al di fuori e al di là delle prescrizioni della consultazione pubblica, in modo da addivenire ad un piano che sia compatibile con le aspirazioni e le esigenze delle comunità locali e territoriali, consentendo anche una procedura di selezione e di consultazione pubblica che sia libera dai vincoli dettati dall'emergenza pandemica;

2) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa a prorogare i tempi previsti per lo svolgimento della consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, in considerazione tanto dell'emergenza pandemica, quanto dell'effettiva necessità di rivedere normativamente il processo e la carta stessa;

3) a ritirare il nullaosta rilasciato con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, in vista e in previsione di aggiornamenti tanto normativi che della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee stessa;

4) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa ad individuare un criterio di redazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e, più in generale di individuazione del sito unico, che parta dal basso, come si è fatto in altri Paesi europei, ad esempio la Spagna, attraverso le candidature delle comunità locali, in luogo di un processo che parta da un censimento di siti idonei o presunti tali, redatto in maniera centralistica, attraverso un'applicazione quantomeno discutibile di criteri non aggiornati.
(1-00417) «Fregolent, Occhionero, Anzaldi, Paita, Nobili, Del Barba, Annibali, Migliore, Ferri, Toccafondi».

(25 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, emanato durante il Governo Berlusconi IV, ha previsto la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a., la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il medesimo decreto riconosce altresì un contributo economico al territorio che ospiterà il deposito secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione con la medesima Sogin;

    il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e dalle attività industriali e sanitarie annualmente prodotti nel nostro Paese. Il deposito ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese;

    il medesimo deposito nazionale e il parco tecnologico saranno realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;

    il parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;

    il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi. Il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale;

    il deposito definitivo ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza questi materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali, in primis l'Unione europea, che nell'autunno scorso ha aperto una procedura di infrazione a carico dell'Italia per non aver ancora definito il sito entro cui conferire i rifiuti radioattivi presenti sul nostro territorio nazionale;

    in base alle normative internazionali (direttiva europea 2011/70 Euratom), gli Stati membri sono obbligati a dotarsi di strutture e sistemi finalizzati alla gestione e al deposito, in condizioni di massima sicurezza, delle scorie radioattive prodotte dalle vecchie centrali nucleari nazionali e di quelle provenienti dalle attività industriali, mediche e di ricerca. Rifiuti che secondo la direttiva dell'Unione europea richiedono una gestione responsabile per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L'obiettivo della misura è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per diverse centinaia di anni;

    il deposito nazionale è un'infrastruttura indispensabile per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, e la sua realizzazione consentirà così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, nonché di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;

    le principali strutture in cui attualmente si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale che saranno poi conferiti al deposito nazionale sono: 4 centrali in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF – Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi – Università di Pavia, Università di Palermo); 3 centri del Servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del Servizio integrato non più attivo (Cemerad);

    per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono comunque i siti nucleari in fase di smantellamento. Di tutti i rifiuti radioattivi che saranno conferiti nel deposito nazionale, circa il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;

    la scelta di un deposito definitivo ha una grande valenza ambientale, perché un solo deposito realizzato in un luogo idoneo con tutti gli standard di sicurezza ha il merito di superare l'attuale situazione italiana, caratterizzata da circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee. Siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;

    già nel giugno 2014 l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), rendeva nota la Guida tecnica n. 29 «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», elaborati stalla base degli standard dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), mediante la quale sono stati individuati i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della Sogin s.p.a., per la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) poi validata da Isin;

    la Carta delle aree potenzialmente idonee è stata per diversi anni volutamente tenuta segreta; impedendo così, perlomeno alle istituzioni locali e centrali, di poter essere messe a conoscenza, sia pure in via preliminare, dei territori individuati dalla medesima Sogin per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

    l'elenco delle aree potenzialmente idonee era pronto dal 2015, e i Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e l'attuale Governo, per oltre un anno, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire in sicurezza il deposito nazionale nucleare;

    la Carta nazionale è infatti a disposizione dei Ministeri da oltre 5 anni. Come dichiarava il rappresentante del Governo pro tempore il 30 settembre 2015, in risposta ad una interrogazione (n. 5-06515) presentata alla Camera, «il 20 luglio 2015 la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pervenuta agli uffici dei Ministeri competenti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero dello sviluppo economico) che si sono immediatamente messi al lavoro perché possano essere compiute al più presto le valutazioni necessarie al fine di comunicare il nulla osta alla pubblicarne della Cnapi»;

    nel marzo 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, prometteva che avrebbe pubblicato a giorni il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie. Così non è stato;

    il 30 dicembre 2020, così come previsto dall'articolo 27, comma 3, del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno finalmente dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;

    il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;

    la suddetta pubblicazione della Cnapi, ha dato di fatto l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati;

    alla luce dello stato di emergenza sanitaria conseguente alla drammatica pandemia da Sars-CoV-2 in atto, i suddetti tempi di consultazione pubblica e di confronto tra i tanti portatori di interesse, previsti dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010, rischiano di risultare inadeguati ed estremamente stretti, proprio perché l'attuale stato di emergenza sanitaria sta comportando tra l'altro fortissime restrizioni della normale attività amministrativa, economica, sociale ed individuale, oltre a gravi evidenti ripercussioni sulla salute delle persone, alla tenuta dei posti di lavoro e alla crisi del sistema produttivo;

    attualmente l'iter prevede un dibattito pubblico e quindi una fase successiva che vedrà la partecipazione di enti territoriali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Dopodiché saranno necessari almeno 4 anni per costruire il deposito e parco tecnologico;

    in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;

    le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale. La Cnapi individua 8 aree nella regione Piemonte; 24 aree complessive nelle regioni Toscana e Lazio; 17 nelle regioni Basilicata e Puglia, 14 nella regione Sardegna e 4 aree nella regione Sicilia;

    vale peraltro la pena chiedersi se, riguardo alle regioni Sardegna e Sicilia, sia stato preso in debita considerazione il rischio connesso al trasferimento via nave delle scorie radioattive;

    vale ricordare che attualmente il Piemonte, che conta 8 siti potenziali di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria, già oggi è la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. Se si prendesse come riferimento l'indice di radioattività dei rifiuti (che è alla base delle compensazioni economiche erogate dal Cipe per i comuni sede e confinanti con impianti di questo tipo e che rappresenta l'indicatore internazionalmente utilizzato), per il Piemonte la soluzione di un deposito unico nazionale – alla quale corrisponderebbe il completo recupero ambientale e socioeconomico delle aree che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi – rappresenterebbe finalmente un importante miglioramento della situazione esistente: da più di trent'anni, infatti, all'interno dei suoi sei depositi sono stoccati rifiuti i nucleari che arrivano al 74 per cento rispetto all'indicatore di radioattività (circa 2,3 milioni di Gigabequerel, su un totale di circa 3,1 milioni in Italia), quasi totalmente stoccati nell'area Eurex di Saluggia, in una zona esondabile per la contiguità con il letto del fiume Dora Baltea e nei pressi delle falde acquifere che alimentano i pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che eroga il servizio idrico a 107 comuni piemontesi, principalmente delle province di Asti e Alessandria, con una piccola quota di comuni della città metropolitana di Torino);

    una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) sparse sul territorio nazionale in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Da qui la necessità ineludibile di realizzare il deposito nazionale per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prorogare per lo stretto necessario, alla luce della grave pandemia in atto, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente per il dibattito pubblico e il seminario nazionale, anche valutando di prevedere che dette scadenze partano dal termine dello stato di emergenza;

2) a garantire, al netto dell'eventuale suddetta breve proroga dei termini conseguente all'emergenza sanitaria, il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando di ripetere l'atteggiamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, colpevolmente dilatorio che ha caratterizzato in questi anni i Governi che si sono succeduti e che non ha consentito l'avvio dell'iter per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

3) a garantire che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, e comprenda tutta quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

4) a tenere aggiornate e a informare le Commissioni parlamentari competenti sugli sviluppi dell'iter che porterà all'individuazione del sito per il deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché riguardo all'individuazione dei previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

5) a definire e quantificare le risorse e i benefici economici per gli enti e le comunità residenti nel territorio dove sarà localizzato il deposito nazionale;

6) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

7) ad adottare iniziative per chiarire e dare una misurazione oggettiva alla definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, relativamente all'individuazione dell'ubicazione del futuro deposito nazionale e parco tecnologico;

8) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire prima della conclusione dell'iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa, in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare;

9) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione e, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l'iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;

10) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge 314 del 2003, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati.
(1-00418) «Prestigiacomo, Cortelazzo, Barelli, Mazzetti, Baldini, Giacometto, Della Frera, Labriola, Polidori, Ruffino, Squeri, Casino, Torromino, Ferraioli, Porchietto».

(25 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, ha demandato alla Sogin spa la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), ossia l'individuazione delle aree con le caratteristiche che corrispondono sia ai criteri di localizzazione definiti dall'ex Ispra, oggi Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, nella guida tecnica n. 29, che ai requisiti indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency);

    la guida tecnica n. 29, «per aree potenzialmente idonee» ha indicato i criteri di esclusione e le caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito attraverso indagini tecniche specifiche e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito;

    la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) con tutta evidenza deve costituire un percorso condiviso, partecipato e trasparente che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale, dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;

    il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha elaborato e conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la Carta nazionale, validata da Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) e dai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La sua pubblicazione, è stata autorizzata con il nulla osta ministeriale del 30 dicembre 2020, insieme a quella del progetto preliminare del deposito nazionale e parco tecnologico, attraverso la quale vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella Guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;

    con la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee si è aperta ufficialmente la fase di consultazione pubblica, un primo passo per procedere alla scelta del sito, unico nazionale, idoneo per ospitare il deposito;

    critiche alla definizione dei 67 siti sono state espresse dalle regioni, dai comuni, dalle province nonché da associazioni e comitati, critiche non solo riguardanti le scelte dei siti in elenco ma anche le modalità, i criteri e le procedure nella scelta dei siti;

    inizialmente dal giorno della pubblicazione della stessa erano previsti dall'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, 60 giorni per poter presentare le osservazioni e, dal comma 4 del citato articolo, entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;

    i termini che erano originariamente previsti sono stati portati, attraverso modifiche all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, al comma 3, da sessanta giorni a centottanta giorni e, al comma 4, da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni;

    al fine di massimizzare le ricadute socio-economiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del parco tecnologico, è riconosciuto al territorio circostante il sito un contributo di natura economica. Tale contributo è destinato per il 10 per cento alla provincia o alle provincie nel cui territorio è ubicato il sito, per il 55 per cento al comune nel cui territorio è ubicato il sito e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato a tale parco;

    per le persone residenti e le imprese operanti all'interno di un'area ricompresa entro i 20 chilometri dal centro dell'edificio del deposito saranno gli enti locali a dover riversare una percentuale di quanto avuto come beneficio attraverso una corrispondente riduzione del tributo comunale sui rifiuti o altre misure analoghe;

    dalla lettura della Cnapi, redatta dalla Sogin, si intravedono delle incongruenze che si riferiscono al metodo utilizzato per individuare i 67 siti, con una interpretazione dei criteri definiti da Isin, tenuto conto che sono indicati siti riconosciuti come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, ma anche siti di pregio agricolo o ad alto rischio sismico;

    desta perplessità, nonché dubbi di trasparenza, l'aver inserito tra i criteri di valutazione quello della distanza autostradale e ferroviaria che ha avuto come conseguenza, ad esempio, l'inserimento nella Cnapi di numerosi siti idonei in Piemonte, che conta 8 siti di cui 7 classificati A1, quindi molto buoni, e 1 classificato A2, quindi buono, due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria che conquista il «primato» con sei siti dei quali cinque in fascia A1;

    Sogin non ha, inoltre, ritenuto di prendere in considerazione candidature di comuni che hanno dato la disponibilità a realizzare nel proprio territorio il sito unico, per il solo fatto che non figurano nell'elenco predisposto, mentre sarebbe auspicabile nel percorso partecipativo prendere in considerazione comuni e comunità locali che fossero disponibili ad accogliere il sito sul proprio territorio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire la piena trasparenza sia nei criteri che nelle procedure di individuazione del sito sul quale sarà realizzato il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;

2) ad adottare iniziative per chiarire e fornire una chiara indicazione su cosa si intenda per adeguata distanza dai centri abitati, al fine della individuazione trasparente dell'ubicazione del deposito nazionale e parco tecnologico;

3) ad adottare iniziative per valutare le candidature da parte di amministrazioni comunali per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico anche non presenti nella Cnapi qualora in possesso di requisiti e caratteristiche che le rendono idonee e, a tal fine, a prevedere la possibilità di integrazione e aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;

4) ad escludere dalla lista della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee le aree di alto pregio agricolo, quelle definite dall'Unesco «Patrimonio dell'umanità» nonché le zone di rispetto (buffer zone), dei siti Unesco;

5) ad adottare iniziative per inserire, nei parametri di valutazione ai fini dell'individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico, l'indice di pressione ambientale calcolato a livello dei comuni nel raggio di 20 chilometri;

6) ad adottare iniziative per escludere dai criteri per l'individuazione delle aree potenzialmente idonee il criterio della distanza autostradale e ferroviaria;

7) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti commissioni parlamentari sui criteri e sulle procedure adottate per la definizione dei 67 siti inseriti nella Cnapi nonché a pubblicare sul sito della Sogin tutta la documentazione acquisita al fine di definire la lista dei 67 siti pubblicata il 5 gennaio 2021.
(1-00429) «Fornaro, Bersani, Conte, De Lorenzo, Epifani, Fassina, Palazzotto, Pastorino, Stumpo».

(10 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010 ha stabilito la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree, potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a.;

    il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane dismesse e dalle attività industriali e sanitarie prodotti nel nostro Paese;

    il deposito nazionale e il parco tecnologico dovranno essere realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 destinati al deposito e 40 al parco;

    con decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica) del 30 dicembre 2020, la Sogin s.p.a. ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

    la Cnapi comprende 67 aree, con priorità differenti, dislocate nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree); risultano 12 aree in classe A1, 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C; le aree in classe A1, ossia con la massima priorità, sono ubicate: 2 in provincia di Torino, 5 in provincia di Alessandria e 5 in provincia di Viterbo;

    la procedura per l'individuazione dell'area dove sarà realizzato il deposito nazionale prevede un dibattito pubblico e successivamente un seminario nazionale al quale parteciperanno gli enti territoriali, associazioni di categoria, sindacali, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefìci economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

    in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di una nuova Cnapi. Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnapi, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnapi, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;

    a tal proposito, si ricorda che l'articolo 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, al comma 3, stabiliva in 60 giorni il tempo massimo per poter presentare le osservazioni, mentre il comma 4 stabiliva che entro 120 giorni dal termine delle osservazioni si doveva promuovere il seminario nazionale;

    questi termini sono stati prorogati, attraverso modifiche apportate all'articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010, con il decreto-legge «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2, passando da sessanta giorni a centottanta giorni per presentare le osservazioni e da centoventi giorni a duecentoquaranta giorni per il promuovere il seminario nazionale;

    lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice, ma è urgente trovare una soluzione, visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia;

    fin dal 2015 è stato più volte denunciato, dalle associazioni ambientaliste il ritardo da parte dei Ministeri competenti nella pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora, per individuare l'area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che l'Italia continua a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle centrali ormai spente grazie al referendum che vide la vittoria del fronte contrario al nucleare nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell'Unione, su cui è urgente trovare un accordo;

    già nel 1999 con il dossier «L'eredità radioattiva» di Legambiente era stato evidenziato come la stagione del nucleare italiano non fosse finita, alla luce della pesante eredità delle scorie nucleari collocate in depositi temporanei situati in aree assolutamente inidonee e delle operazioni di smantellamento e bonifica delle vecchie centrali ancora da completare. Per questo nel passato l'associazione ambientalista ha più volte ricordato come il problema degli attuali siti nucleari a rischio non può essere risolto costruendo nuovi depositi in questi stessi siti ma individuando, con trasparenza e oggettività, il sito per una diversa e sicura collocazione di tutti i materiali radioattivi presenti in quelle aree. Il Deposito nazionale (che secondo il Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dovrà essere realizzato entro il 2025) sarà inoltre funzionale allo smantellamento e alla bonifica delle vecchie centrali nucleari ancora presenti sul territorio nazionale e per gestire i rifiuti prodotti annualmente negli ospedali, dall'industria e dai centri di ricerca;

    tutti ricordano quello che successe nel 2003 quando l'allora commissario della Sogin e il Governo Berlusconi scelsero, con un colpo di mano e senza fare indagini puntuali, il sito di Scanzano Jonico in Basilicata che, dopo le sollevazioni popolari, fu ritirato. Si tratta di un'esperienza davvero terribile da non ripetere. La pubblicazione della Cnapi è solo il primo passo. È infatti evidente che i troppi ritardi e la poca chiarezza che hanno caratterizzato fino ad ora questo lungo e complesso percorso, rischiano di far partire il tutto con il piede sbagliato;

    è oramai urgente e necessario avviare un percorso trasparente, partecipato e condiviso col territorio che coinvolga i cittadini, le associazioni, le amministrazioni locali e la comunità scientifica, a partire dalle informazioni contenute nella Cnapi;

    emerge, inoltre, un aspetto che andrebbe corretto, che è quello di aver affidato alla Sogin, che appare non adatta, lo svolgimento di questa consultazione pubblica;

    oltre alla realizzazione della Cnapi sarebbe importante realizzare una mappatura dettagliata dei territori, anche in forma digitale, colpiti dagli ecoreati, quali ad esempio il traffico illecito di rifiuti e gli incendi dolosi che, a dispetto di qualsiasi criterio di tutela della sicurezza, dell'ambiente e della salute, continuano ad essere in mano alle ecomafie;

    la consultazione pubblica si dovrebbe svolgere tenendo presente questi princìpi:

     a) chiarezza: gli obiettivi della consultazione, così come l'oggetto, i destinatari, i ruoli e i metodi devono essere definiti chiaramente prima dell'avvio della consultazione; al fine di favorire una partecipazione la più informata possibile, il processo di consultazione, deve essere corredato da informazioni pertinenti, complete e facili da comprendere anche per chi non possiede le competenze tecniche;

     b) imparzialità: la consultazione pubblica deve essere progettata e realizzata garantendo l'imparzialità del processo in modo tale da perseguire l'interesse generale;

     c) inclusione: l'amministrazione pubblica deve garantire che la partecipazione al processo di consultazione sia il più possibile accessibile, inclusiva e aperta, assicurando uguale possibilità di partecipare a tutte le persone interessate;

     d) tempestività: la consultazione, in quanto parte di un processo decisionale più ampio, deve dare ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale; pertanto deve essere condotta nelle fasi in cui i differenti punti di vista siano ancora in discussione e sussistano le condizioni per cui diversi approcci alla materia in oggetto possano essere presi in considerazione;

    per tutto questo la consultazione pubblica deve garantire la completezza e facilità di comprensione anche a chi non possiede le competenze tecniche, posto che le informazioni messe a disposizione del pubblico in via telematica consistono in elaborati di progetto e disegni tecnici altamente specialistici (oltre 230 documenti per il deposito nazionale e più di 100 per la Cnapi) e che, qualora si desiderasse prendere visione di documenti più dettagliati, questi sono disponibili solo in cinque località distanti centinaia di chilometri dai comuni interessati come è il caso di quelli della Sardegna, Sicilia, Basilicata e Puglia, peraltro in costanza di divieto di spostamenti interregionali per l'emergenza Covid-19;

    sembra difficile che possa essere rispettato il principio dell'imparzialità, quando a gestire la consultazione pubblica è la stessa società che ha redatto il progetto preliminare del deposito, essendo già investita della sua realizzazione e gestione, nonché della somministrazione dei benefìci economici previsti per le comunità che ospiteranno il deposito;

    oggi, dopo aver perso sei preziosi anni che si sarebbero potuti impiegare per informare la popolazione, viene chiesto di esprimere le osservazioni su una mole di documenti impressionante in poco tempo e per di più in presenza di una ridotta agibilità sociale dovuta alle misure anti Covid-19,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire sia la piena partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, compresi le associazioni ambientaliste, gli enti parchi nazionali e regionali presenti nei territori interessati, le associazioni di cittadini presenti nei territori interessati nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, prevedendo che possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin s.p.a. appositamente indicato, sia la trasparenza attraverso nuovi criteri e nuove procedure di individuazione del sito sul quale saranno realizzati il deposito nazionale e l'annesso parco tecnologico;

2) ad informare dettagliatamente i cittadini e le competenti Commissioni parlamentari nonché a pubblicare sul sito della Sogin e dei Ministeri competenti tutta la documentazione acquisita, compresi gli esiti della consultazione pubblica e del dibattito pubblico.
(1-00440) «Muroni, Fioramonti, Fusacchia, Cecconi, Lombardo, Schullian».

(24 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    dal lontano 1987, anno in cui a seguito del referendum fu stabilita la chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale, ma in realtà sin dalla realizzazione degli impianti, il nostro Paese si porta dietro l'annosa questione dell'individuazione di un sito idoneo alla sistemazione definitiva delle scorie nucleari almeno in riferimento ai rifiuti a molto bassa e bassa radioattività;

    l'abbandono dell'esperienza legata alla produzione di energia elettrica da energia nucleare non ha infatti risolto in re ipsa il problema dello stoccaggio del materiale radioattivo precedentemente trattato negli impianti;

    a tale pesante eredità, con cui tuttora da anni sono chiamate a fare i conti le comunità territoriali interessate dalla presenza delle ex centrali e degli altri impianti, devono essere aggiunte la fisiologica produzione di materiale radioattivo proveniente da attività mediche, industriali e di ricerca, sebbene queste ultime all'evidenza presentino minori criticità di impatto ambientale e sulla salute dei cittadini in relazione ai minori tempi di decadimento della loro radioattività, al netto di taluni materiali provenienti dalla ricerca, nonché quello proveniente dalla bonifica dei siti oggetto di contaminazioni accidentali;

    si prospetta dunque non solo l'opportunità, bensì la necessità, di affrontare congiuntamente problemi risalenti quanto futuri;

    il procedimento per l'individuazione del sito unico per il deposito dei rifiuti radioattivi, nonché per la localizzazione del parco tecnologico muove i passi da lontano, almeno per quel che riguarda l'individuazione di un sito di smaltimento superficiale per i rifiuti;

    risale al 2014 la guida tecnica n. 29 emanata dall'Ispra, recante «criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», sottoposta ad un processo di revisione internazionale da parte della IAEA, nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;

    nel 2015, la So.g.i.n. S.p.a. (Società gestione impianti nucleari) quale soggetto responsabile degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, ha trasmesso all'Ispra (oggi Isin) la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari incluso in un parco tecnologico;

    come noto, l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) è stato istituito nel 2014, quale Autorità nazionale di regolazione tecnica in materia di sicurezza nucleare e radioprotezione, indipendente ai sensi delle direttive 2009/71/Euratom e 2011/70/Euratom, assumendo le competenze della soppressa Agenzia nazionale per la sicurezza nucleare, istituita nel 2009 e mai divenuta operativa (competenze medio tempore trasferite a Ispra). Lo stesso Isin è divenuto pienamente operativo solo nel gennaio 2019;

    la proposta di Cnapi è stata più volte aggiornata dalla So.g.i.n. s.p.a. e l'Isin ha validato i risultati cartografici e verificato la coerenza degli stessi con i criteri di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e successive modificazioni;

    nel frattempo, in attuazione degli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno congiuntamente avviato la procedura per la predisposizione di un programma nazionale contenente una panoramica programmatica della politica italiana di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, nell'ambito della quale è stata svolta, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche la procedura di valutazione ambientale strategica (Vas), con la relativa consultazione pubblica e transfrontaliera, e che nell'ambito di tale programma è stato dato un ruolo centrale alla realizzazione del su citato deposito nazionale;

    come noto, nel 2019, è stato approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;

    le ultime proposte di Cnapi (rev.08 e rev.09), complete dei risultati di ulteriori aggiornamenti, sono state presentate dalla So.g.i.n. S.p.a. nel mese di gennaio 2020 e sono state entrambe validate dall'Isin, con nota del 5 marzo 2020;

    espletati gli adempimenti previsti all'articolo 27, comma 1-bis, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, connessi alla validazione dei risultati cartografici e alla verifica della coerenza degli stessi con i criteri predisposti dall'Aiea e dall'Agenzia per la sicurezza nucleare, la Sogin ha ricevuto il 30 dicembre 2020 da parte del Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il nulla osta alla pubblicazione sul proprio sito internet della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del parco tecnologico e del progetto preliminare proposto;

    a tale riguardo, va evidenziato che tale provvedimento di nulla osta, che ha interessato i due dicasteri sopra menzionati, è stato opportunamente assunto congiuntamente, pur in costanza di diversi profili di competenza, ed ha consentito la pubblicazione della documentazione tecnica fino ad allora secretata da parte di Sogin s.p.a. e resa accessibile, ai fini dell'avvio della consultazione pubblica, solo dopo essere stata opportunamente verificata;

    il 5 gennaio 2021 è – come noto – avvenuta la pubblicazione della menzionata Cnapi dando così il via alla fase di consultazione pubblica nel pieno rispetto del procedimento disciplinato dal predetto decreto basato sul coinvolgimento di amministrazioni locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca e cittadini al fine di garantire non solo la massima condivisione delle informazioni e delle decisioni ma anche di giungere a una soluzione concordata con il territorio;

    si tratta di un passaggio fondamentale non solo verso la sistemazione definitiva di rifiuti radioattivi italiani di media e bassa attività e ad oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, ma anche di un atto di trasparenza circa le scelte e il coinvolgimento delle comunità locali per scongiurare l'instaurarsi di un clima di contrapposizione e mobilitazione popolare che coinvolse tutto il sud in più di un'occasione: nel 2003, allorché in Basilicata la cittadinanza si oppose alla volontà del Governo di centrodestra di collocare a Scanzano jonico un deposito di profondità dei rifiuti nucleari delle centrali italiane in via di smantellamento e nel 2011 allorché in Sardegna il 97 per cento dei cittadini espresse, nel corso di un referendum regionale consultivo, il proprio «no» all'installazione di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive, portando i governi dell'epoca a cedere e rinviare il problema;

    l'importanza di coinvolgere le comunità locali nella fase iniziale del processo decisionale è tanto più rilevante nei territori ad alta vocazione agricola e turistica, interessati negli ultimi anni dalla realizzazione di impianti e infrastrutture che hanno registrato un forte dissenso da parte dei cittadini e delle stesse amministrazioni locali, e nei quali sono state individuate numerose aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale, come il caso della provincia di Viterbo, con 22 siti potenzialmente idonei su 67 totali. Un territorio, quello dell'alta Tuscia, che presenta note criticità dal punto di vista geologico e un delicato equilibrio idrogeologico, e interessato nel 1971 da un terremoto (di magnitudo prossima a 5.0) le cui origini e caratteristiche sismologiche devono essere ancora chiarite;

    è bene ricordare che il lavoro congiunto portato avanti dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla Cnapi testimonia non solo la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo sul tema della gestione dei rifiuti radioattivi, ma si pone, altresì, come obiettivo la risoluzione di una procedura di infrazione europea a carico dell'Italia;

    infatti, 30 ottobre 2020, è stata aperta dall'Unione europea nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione 2020/2266 (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «mancata osservanza da parte dell'Italia di alcune disposizioni della direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio con riferimento al programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi»;

    la predetta procedura 2020/2266 del 30 ottobre 2020 fa seguito alla procedura n. 2018/2021 aperta sulla medesima direttiva (messa in mora ex articolo 258 Tfue) per la «non corretta trasposizione della direttiva 2011/70/EURATOM che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi»;

    appare dunque necessario affrontare la questione del deposito nazionale per porre fine ai problemi legati alla produzione dei rifiuti radioattivi prodotti attualmente dalla sanità e dall'industria e per risolvere definitivamente la situazione precaria dei 19 siti temporanei di stoccaggio attualmente presenti sul territorio, oltre che per allineare la normativa nazionale alle disposizioni europee pena la conferma del procedimento di infrazione che comporterebbe ingenti multe da pagare oltre alle ingenti somme, già in carico agli utenti, per lo stoccaggio temporaneo in altri Paesi europei delle scorie radioattive ad alta intensità;

    va ricordato che i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari attualmente in fase di smantellamento hanno una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all'ambiente. Tali depositi, sottoposti a periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto, stanno esaurendo le loro capacità ricettive e non possono più garantire l'isolamento dei rifiuti radioattivi dall'ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell'uomo e per l'ambiente;

    peraltro, l'accelerazione dei costi di decommissioning è – come noto – in grado di contenere i costi della gestione dei rifiuti nucleari;

    a tale riguardo si considerino le situazioni legate ai siti Saluggia (Vercelli) e le criticità connesse al sito di Itrec di Rotondella in provincia di Matera e al sito ex Cemerad di Statte (TA), ove a causa della carenza di risorse economiche non è stato possibile proseguire il servizio di vigilanza armata e stipulare l'atto integrativo tra il Commissario Straordinario e la So.g.i.n. S.p.a. per procedere alla rimozione dei fusti rimanenti e alla bonifica dell'area;

    nella Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, viene sottolineata l'importanza di garantire idonei strumenti di partecipazione del pubblico nella fase iniziale del procedimento, quando la partecipazione può avere un'influenza effettiva nel processo decisionale;

    in sede di conversione del decreto-legge cosiddetto Milleproroghe (decreto-legge n. 183 del 2020) sono state introdotte modifiche alla disciplina della consultazione pubblica di cui al citato articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010 al fine di differire il termine per la formulazione di osservazioni sulla proposta di Carta nazionale da parte delle regioni, degli enti locali e dei soggetti portatori di interessi qualificati, nonché il termine entro il quale la Sogin spa promuove il Seminario nazionale. È rimasto, tuttavia, invariato l'ulteriore termine di trenta giorni per presentare osservazioni all'esito del Seminario, nel corso del quale sono approfonditi tutti gli aspetti tecnici relativi al Parco tecnologico e gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che tutte le fasi procedimentali in cui si articola la scelta dei siti idonei e l'individuazione del sito ove ubicare il Parco tecnologico siano caratterizzate dalla massima ed effettiva concertazione e condivisione con i territori e le comunità locali interessate, nel rispetto dei principi di trasparenza, leale collaborazione e cooperazione istituzionale;

2) a prevedere la puntuale informazione del Parlamento sull'attività svolta nelle diverse fasi in cui si articola la procedura di individuazione del deposito nazionale, con particolare riferimento all'aggiornamento e successiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee, alle intese raggiunte con le regioni interessate e gli enti locali coinvolti, nonché alla corretta esecuzione delle fasi di chiusura e post chiusura dell'impianto nel rispetto delle prescrizioni emesse nel «periodo di controllo istituzionale», presentando a tal fine una relazione annuale alle Camere;

3) a provvedere alla pubblicazione sui siti istituzionali dei Ministeri coinvolti, della Sogin s.p.a., dell'Isin e sul sito dedicato depositonazionale.it di ogni documentazione ed informazione utile in merito al procedimento, dando particolare evidenza alle tempistiche relative agli strumenti di partecipazione e alle fasi decisionali, nonché ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché gli enti locali e le regioni individuate nella Cnapi rendano disponibili sui propri siti istituzionali, in una parte chiaramente identificabile della sezione «Amministrazione trasparente», il collegamento ipertestuale ai predetti siti, assicurando la qualità delle informazioni secondo i criteri indicati dal decreto legislativo n. 33 del 2013;

4) a garantire che la consultazione pubblica e lo svolgimento del Seminario nazionale avvengano con modalità che consentano la massima accessibilità e partecipazione ai lavori, assumendo, altresì, iniziative, anche normative, per disporre l'ampliamento dei termini per presentare osservazioni all'esito del Seminario nazionale;

5) ad adottare iniziative per prevedere che la consultazione pubblica sia estesa a tutti i soggetti, portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, a prescindere dalla necessità di dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, come previsto per le consultazioni nei procedimenti di Via/Vas;

6) ad adottare iniziative per prevedere che al Seminario pubblico possano partecipare anche i comuni non direttamente interessati ma comunque limitrofi rispetto alle aree individuate come potenzialmente idonee, che ne facciano richiesta, nonché le associazioni riconosciute ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, così come i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati e i soggetti portatori di interessi pubblici o privati che abbiano presentato richiesta di partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;

7) in un'ottica di trasparenza e leale collaborazione istituzionale, ad adottare iniziative per dare adeguata pubblicità ai criteri oggettivi e univoci in ordine alla quantificazione e alle modalità di assegnazione delle compensazioni economiche ed ambientali agli enti locali interessati, prevedendo che i relativi contributi economici siano prioritariamente finalizzati ad interventi di riqualificazione dei contesti urbani ed ambientali;

8) ad assicurare che i criteri di esclusione e approfondimento siano puntualmente esaminati e verificati in modo da garantire la massima sicurezza del sito che risulterà idoneo;

9) ad adottare iniziative per ampliare ulteriormente i parametri di sicurezza finalizzati alla localizzazione, costruzione e gestione del deposito e, a tal fine:

   a) ad avvalersi delle strutture universitarie competenti per i territori implicati e ad adottare i più moderni metodi e strumenti di conoscenza multidisciplinari del territorio, per le successive fasi esplorative contemplate nei criteri di approfondimento, riguardanti i siti che saranno scelti per la Cnai;

   b) a prevedere uno ietogramma di progetto quanto più cautelativo possibile, con piogge di progetto notevolmente incrementate in modo da resistere ad eventi meteoclimatici molto estremi, non ancora storicamente noti o statisticamente prevedibili;

   c) ad adottare strutture antisismiche per il deposito molto più cautelative di quelle previste dalle più rigorose norme vigenti per impianti nucleari;

10) a prevedere l'istituzione di un apposito osservatorio finalizzato a garantire la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni tecniche a cui sarà soggetto il deposito nazionale indicate in fase di istruttoria;

11) ad adottare iniziative per prevedere che, contestualmente all'istanza per il rilascio dell'autorizzazione unica, sia presentata anche l'istanza finalizzata all'avvio della valutazione di impatto sanitario (Vis) predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministero della salute del 27 marzo 2019;

12) ad adottare iniziative per assicurare sufficienti risorse affinché l'Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) sia messo nelle condizioni di svolgere al meglio i propri compiti istituzionali, tecnici e di vigilanza connessi al deposito nazionale, affinché non sia pregiudicata la capacità operativa e di vigilanza del suddetto ente, anche in prospettiva dei lavori dei prossimi anni, provvedendo, altresì, ad aggiornare la normativa di riferimento, e in particolare il decreto legislativo n. 31 del 2010, al fine di tener conto delle modifiche intervenute nella individuazione dell'Isin quale Autorità competente, subentrata all'Agenzia per la sicurezza nucleare;

13) ad assumere iniziative affinché contestualmente alla localizzazione e alla realizzazione del deposito unico sia affrontato il tema delle «sorgenti orfane» rinvenute in diversi luoghi e contenute in diverse tipologie di rifiuti, anche abbandonati, che sono potenzialmente in grado di arrecare gravi danni alla salute di lavoratori e comunità residenti;

14) ad adottare senza ritardo i decreti attuativi in applicazione della normativa vigente, con specifico riferimento al decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, garantendo il necessario coordinamento dei soggetti chiamati ad assumere i provvedimenti;

15) ad adottare quanto prima, in attesa dell'individuazione del deposito unico, idonee iniziative per garantire sotto il profilo tecnico e finanziario la messa in sicurezza e la gestione dei siti che presentano criticità nel territorio nazionale, verificando altresì la necessità di stanziare ulteriori fondi da destinare al commissario straordinario per l'attuazione degli interventi nel deposito ex Cemerad di cui in premessa, affinché si proceda alla rimozione dei fusti rimanenti mediante la sottoscrizione dell'atto integrativo con So.g.i.n. s.p.a.
(1-00441) «Vianello, Cillis, Davide Crippa, Maraia, Sut, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Licatini, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Vignaroli, Zolezzi, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Masi, Orrico, Palmisano, Perconti, Scanu».

(24 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    attualmente i rifiuti radioattivi presenti in Italia sono stoccati in una ventina di siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;

    sono diversi i centri che producono e detengono rifiuti radioattivi. Molti di questi, come gli ospedali, ne trattengono la maggior parte fino al loro completo decadimento, per poi smaltirli come rifiuti convenzionali o speciali. La restante parte viene conferita agli operatori del servizio integrato – il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti radioattivi sanitari e industriali – che provvedono a gestirli nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al deposito nazionale;

    oltre ai depositi del servizio integrato, sono presenti in Italia altre strutture di stoccaggio (all'interno di installazioni nucleari in smantellamento o di impianti di ricerca nucleare) che detengono rifiuti radioattivi da conferire al deposito nazionale: 4 centrali nucleari in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca Ccr Ispra-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (CCR Ispra, Enea Casaccia, deposito Avogadro, LivaNova Cesnef (Centro energia e studi nucleari Enrico Fermi, Università di Pavia, Università Palermo); 3 centri del servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del servizio integrato non più attivo (Camerad);

    i rifiuti radioattivi non possono però essere smaltiti nei depositi già presenti presso gli impianti nucleari italiani in dismissione, poiché i siti che ospitano i depositi temporanei non sono geologicamente adatti alla sistemazione definitiva dei rifiuti. Inoltre, le strutture di deposito presenti nelle installazioni nucleari italiane, attualmente in fase di smantellamento, sono progettate per gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi per un periodo che non copre l'intero tempo di decadimento della radioattività in essi contenuta;

    per la sistemazione definitiva è invece necessario un deposito dotato di barriere multiple, in grado di assicurare l'isolamento della radioattività per almeno 300 anni;

    il deposito nazionale è un'infrastruttura ambientale di superficie destinata alla messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall'esercizio e dallo smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca; sarà costituito dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio di lungo periodo dei rifiuti a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico, idoneo alla loro sistemazione definitiva;

    insieme al deposito nazionale sarà realizzato il parco tecnologico: un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile;

    l'infrastruttura, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard della Iaea (International Atomic Energy Agency dell'Onu), comprensiva delle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti a molto bassa e bassa attività, lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività, le strutture ausiliarie e il parco tecnologico, sarà costruita all'interno di un'area che occuperà complessivamente circa 150 ettari, di cui 40 dedicati al parco tecnologico;

    nel deposito nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 95.000 metri cubi di rifiuti radioattivi. Di questi, circa 78.000 metri cubi sono rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell'arco di 300 anni; di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall'esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell'industria. Sul totale di circa 78.000 metri cubi, circa 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti circa 45.000 metri cubi verranno prodotti in futuro. Inoltre, nel deposito nazionale sarà compreso anche il complesso stoccaggio Alta attività (Csa), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 m3 di rifiuti a media e alta attività;

    l'investimento complessivo di circa 900 milioni di euro per la realizzazione del deposito nazionale e parco tecnologico sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica. La parte di investimento relativa ai rifiuti medicali, industriali e di ricerca, sarà anticipata e poi restituita all'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) attraverso i ricavi generati dall'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico. Per i rifiuti derivanti dalla produzione di energia elettrica, invece, è previsto che il costo sia direttamente sostenuto dall'utente elettrico, come avviene per lo smantellamento delle installazioni nucleari. Anche i costi di esercizio del deposito nazionale, per la quota parte relativa alla sistemazione dei rifiuti derivanti dalle installazioni nucleari, saranno finanziati mediante la componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica, mentre per la gestione degli altri rifiuti il finanziamento avverrà attraverso una tariffa di conferimento, che i produttori privati corrisponderanno all'esercente del deposito per lo smaltimento dei loro rifiuti. Per quanto riguarda il parco tecnologico, a seconda delle attività, si prevedono due diversi modelli di finanziamento: per i progetti di ricerca e sviluppo legati alle attività di decommissioning e alla gestione dei rifiuti radioattivi si attingerà direttamente a una minima quota della componente A2RIM della bolletta elettrica, mentre per l'attivazione degli altri progetti si ipotizzano diverse fonti di finanziamento, sia pubbliche sia private;

    il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, norma l'iter di localizzazione, costruzione ed esercizio del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico che permetteranno di dare sistemazione definitiva ai rifiuti radioattivi italiani;

    la Sogin la Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, che ai sensi degli articoli 25, 26 e 27 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, è il soggetto responsabile della localizzazione, realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico, ha pubblicato sul sito internet depositonazionale.it il 5 gennaio 2021, la Carta nazionale aree potenzialmente idonee (Cnapi), l'ordine di idoneità delle aree identificate sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali, il progetto preliminare e la relativa documentazione, avviando così la fase di consultazione pubblica;

    la proposta di Cnapi, è stata predisposta dalla Sogin a partire dal giugno 2014 e trasmessa all'organismo di vigilanza e controllo il 2 gennaio 2015, sulla base dei criteri definiti dall'Ispra nella guida tecnica n. 29, pubblicata il 4 giugno 2014;

    le aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale sono infatti il risultato di un complesso processo di selezione su scala nazionale svolto in conformità ai criteri di localizzazione stabiliti nella guida tecnica n. 29 e ai requisiti indicati nelle linee-guida della Iaea (International Atomic Energy Agency);

    tali caratteristiche favorevoli si determinano sulla base di: 15 criteri di esclusione (CE), per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza a tutela dell'uomo e dell'ambiente; 13 criteri di approfondimento (CA), per valutare in dettaglio le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Questi criteri verranno poi utilizzati anche per la pianificazione delle indagini tecniche di caratterizzazione nelle aree oggetto d'intesa;

    i criteri elaborati rappresentano un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione per arrivare, con un livello di dettaglio progressivo, all'individuazione delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale, che garantiscano l'integrità e la sicurezza nel tempo del deposito nazionale;

    la Cnapi identifica 67 aree potenzialmente idonee dislocate in 7 regioni: 22 nel Lazio, 14 in Basilicata e in Sardegna, 8 in Piemonte, 4 in Sicilia, 3 in Puglia e 2 in Toscana; le aree sono pubblicate secondo un ordine di idoneità determinato sulla base delle caratteristiche tecniche e socio-ambientali emerse nell'applicazione dei diversi criteri;

    la Cnapi è stata sottoposta a classifica di segretezza a livello «riservato» nel dicembre del 2014 sulla base della normativa di riferimento e, in particolare, dell'articolo 42 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, n. 4, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del Segreto di Stato e delle informazioni classificate», abrogato e sostituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2015, n. 5, e successive modificazioni e integrazioni, recante «Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate e a diffusione esclusiva», finalizzata ad impedire che l'eventuale divulgazione non autorizzata di informazioni potesse causare danno alla sicurezza della Repubblica;

    con la pubblicazione della Cnapi, di cui è stato anche dato contestualmente avviso su cinque quotidiani a diffusione nazionale è stata quindi avviata la procedura di consultazione pubblica, prevista dalla legge;

    si rammenta che la Cnap è una Carta che identifica le aree «potenzialmente» idonee, rimandando ad un iter condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito unico a livello nazionale dove realizzare il deposito nazionale e parco tecnologico;

    il decreto legislativo n. 31 del 2010, come modificato dall'articolo 12-bis del decreto-legge cosiddetto «Milleproroghe» n. 183 del 2020 prevede, allo stato, una fase di consultazione pubblica della durata di 180 giorni, decorrente dalla pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del parco tecnologico annesso al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, durante la quale tutti i soggetti portatori di interessi qualificati – partendo dal singolo cittadino fino alle Associazioni organizzate e alle Istituzioni sia nazionali, che regionali e locali – hanno la possibilità di formulare osservazioni e proposte tecniche;

    tutte le attività inerenti alla Consultazione pubblica sono svolte in conformità alle norme del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, e nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo, nonché della direttiva n. 2 del 2017 della Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione recante le linee guida per la consultazione pubblica in Italia;

    entro 240 giorni dalla medesima pubblicazione, Sogin promuove il seminario nazionale al quale sono invitati a partecipare tutti i portatori di interesse qualificati indicati dal decreto legislativo n. 31 del 2010, per approfondire gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, alla rispondenza delle aree individuate ai requisiti della Guida Tecnica n. 29 emessa dall'ente di controllo, agli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente e i possibili benefici economici e di sviluppo territoriali connessi alla realizzazione dell'opera;

    nei 30 giorni successivi al seminario verranno raccolte le ulteriori osservazioni trasmesse formalmente a Sogin e al Ministero dello sviluppo economico. Nei successivi 60 giorni, Sogin redige la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) e la trasmette al Ministero dello sviluppo economico. Una volta pubblicata la Cnai, le regioni e gli enti locali, nei cui territori ricadono le aree idonee, potranno esprimere manifestazioni di interesse, volontarie e non vincolanti, per proseguire l'iter di localizzazione. La procedura prevista prevede, infatti, passaggi di confronto territoriale, con l'eventuale avvio di trattative bilaterali e garantendo il massimo livello di coinvolgimento istituzionale per giungere a una soluzione condivisa;

    per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura di dibattito pubblico che, per legge, è basata su un processo di coinvolgimento dei territori con l'obiettivo di arrivare a una soluzione condivisa con le comunità locali attraverso un processo incentrato sui principi dell'informazione, della trasparenza e del coinvolgimento;

    diversamente da quanto accade all'estero non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi derivanti dai vari settori di produzione. Il deposito nazionale consentirà quindi all'Italia di allinearsi ai Paesi europei che dispongono di depositi analoghi, o che li stanno costruendo, come richiesto dalla normativa comunitaria. La sua disponibilità permetterà, infatti, di sistemare definitivamente i rifiuti prodotti dalle installazioni nucleari e di chiudere così il ciclo nucleare italiano, con la restituzione dei siti privi di ogni vincolo radiologico alle comunità locali per altri usi;

    l'infrastruttura consentirà, inoltre, la sistemazione in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti, compresi quelli che quotidianamente si continuano a produrre nei settori dell'industria, della medicina e della ricerca, attualmente stoccati in depositi temporanei distribuiti in decine di siti a livello nazionale;

    il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un'unica struttura darà perciò luogo a una loro gestione in sicurezza più razionale, efficiente ed economica e consentirà la conclusione del decommissioning degli impianti nucleari, rilasciando i siti privi da vincoli di natura radiologica;

    la disponibilità del deposito nazionale permetterà, inoltre, in base ai contratti vigenti con gli operatori francese Orano e inglese Nda, il rientro dei residui da riprocessamento del combustibile nucleare esaurito inviato in Francia e Regno Unito. Tali residui saranno conferiti temporaneamente all'area per l'interim storage dei rifiuti a media e alta attività del deposito nazionale, denominata Csa, Complesso stoccaggio alta attività, evitandone i cospicui costi di stoccaggio all'estero;

    il 17 maggio 2018 l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia dell'Unione europea per la mancata adozione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi ed il 30 ottobre 2020 ha ricevuto una lettera di costituzione in mora per non aver adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi conforme ai requisiti della direttiva per la gestione dei combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;

    la pubblicazione della Cnapi, ed il conseguente avvio della consultazione pubblica, è frutto di un lavoro congiunto dei due Ministeri competenti, supportato dagli enti tecnici, che testimonia la forte assunzione di responsabilità da parte del Governo su un tema delicato come quello della gestione dei rifiuti radioattivi, rimandato per troppi anni,

impegna il Governo:

1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;

2) ad adottare iniziative per far sì che, nella fase della definizione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), i rigorosi requisiti delle linee guida siano integrati da ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese;

3) a favorire, per quanto di competenza, il coinvolgimento sulla questione dei competenti organi parlamentari, prima e dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee;

4) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del parco tecnologico.
(1-00442) «Pezzopane, Benamati, Braga, Buratti, Gavino Manca, Morassut, Morgoni, Nardi, Pellicani, Rotta, Soverini, Zardini, De Filippo, Cenni».

(26 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    a seguito del nullaosta del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del 30 dicembre 2020, la Società gestioni impianti nucleari spa (Sogin), società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31;

    ai sensi della citata disposizione di legge, il deposito è destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitari e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari in un Parco tecnologico;

    la proposta di carta è stata stilata in base ai criteri emanati dall'Ispra (oggi Isin) nella Guida tecnica n. 29 del 4 giugno 2014, recante «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», Guida tecnica sottoposta a un processo di revisione internazionale da parte della Iaea nonché a una fase di consultazione degli enti e degli organismi tecnici nazionali interessati;

    nella Cnapi vengono individuati 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, raggruppati in quattro insiemi con ordine di idoneità decrescente (A1, A2, R e C), individuati, in base all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, considerando aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica;

    in base a questi criteri, sono state individuale 8 zone potenzialmente idonee in Piemonte, 2 in Toscana. 22 nel Lazio, 12 in Basilicata, 1 in Puglia, 4 in Basilicata-Puglia, 14 in Sardegna. 4 in Sicilia. Su 67 aree, 12 sono in classe A1 (Aree continentali, molto buone). 15 in classe A2 (Aree continentali, buone), 15 in classe B (aree insulari), 29 in classe C (Aree in zona sismica 2);

    la pubblicazione della proposta di Cnapi ha generato nei territori e tra le comunità interessate sentimenti di forte preoccupazione e di generale allarme — reazioni in molti casi sfociate in dure manifestazioni di protesta — per le conseguenze che potrebbero derivare dalla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, anche in considerazione del fatto che le attività di informazione e coinvolgimento delle popolazioni sono state del tutto insufficienti, se non assenti;

    nell'arco dei dieci anni che sono stati necessari per giungere alla pubblicazione della proposta di Cnapi, le attività di comunicazione pubblica e istituzionale sono state un esempio negativo di tutto quello che non si dovrebbe fare quando si devono sensibilizzare territori in merito a progetti destinati a modificare le dinamiche delle comunità interessate, soprattutto quando si trattano temi come i rifiuti nucleari che necessitano, viceversa, di un'ampia e chiara informazione tra i cittadini;

    quello adottato, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato un approccio sconsiderato, fatto di ritardi, rinvii, molti silenzi, indiscrezioni e mezze verità, che ha contribuito a produrre un clima di generale sospetto e preoccupazione attorno al progetto, accentuando naturali contrarietà e resistenze sino a determinare un «effetto Nimby» che risulta difficile da controllare;

    in questo contesto, amministratori locali e cittadini hanno scoperto, da un giorno all'altro, dal sito della Sogin, che il loro territorio era stato ricompreso nella Cnapi;

    con la pubblicazione della proposta di Cnapi, si apre una nuova fase che prevede, in base all'articolo 27, commi 3, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, un coinvolgimento maggiore dei soggetti interessati: fase nella quale sarebbe auspicabile recuperare il tempo perso e i ritardi nelle attività di informazione, comunicazione e coinvolgimento;

    le citate disposizioni prevedono che nei centottanta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi, le regioni, gli enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche alla Sogin ed entro i duecentoquaranta giorni dalla pubblicazione la Sogin promuove un Seminario nazionale a cui possono partecipare, oltre ai Ministeri e all'Agenzia per la sicurezza nucleare, le regioni, le province ed i comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Cnapi nonché le associazioni di categoria, i sindacati, gli enti di ricerca, le università;

    a seguito della pubblicazione della proposta di Cnapi, sono state sollevate molteplici perplessità in merito al fatto che i criteri siano stati definiti nel 2014 e che la stessa proposta di carta sia stata completata nel 2015 (seppure successivamente sia stata in minima parte integrata), quindi, molto tempo prima della pubblicazione del 30 dicembre 2020. Nel frattempo, potrebbero essere mutate le condizioni oggettive che nel 2015 avevano portato all'inclusione di alcuni siti e all'esclusione di altri. Sarebbe pertanto opportuno verificare se i territori ricompresi nella carta siano ancora da considerarsi potenzialmente idonei ad ospitare il deposito, e se altri, precedentemente esclusi, possano essere oggi compresi;

    tra i criteri di esclusione delle aree potenzialmente idonee figura quello delle «aree che non siano ad adeguata distanza dai centri abitati», senza tuttavia specificare cosa si debba intendere per adeguatezza della distanza;

    perplessità sono state sollevate anche in merito all'inclusione della categoria B (aree insulari), che interessa 14 siti in Sardegna e 1 in Sicilia, in considerazione del fatto che il trasporto via mare, l'unico fattibile, incontrerebbe numerosi ostacoli, come l'adeguamento delle infrastrutture portuali e delle navi e la copertura assicurativa per i rischi ambientali;

    in Piemonte, diverse aree individuate tra le otto potenzialmente idonee ad ospitare il deposito risultano adiacenti a zone in cui si coltivano e si producono prodotti certificati da marchi di qualità (di origine controllata, protetta, di origine controllata e garantita), nonché prodotti agroalimentari tradizionali, di denominazione comunale o certificati dal comitato scientifico di slow-food,

impegna il Governo:

1) a favorire il massimo grado di coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni, delle associazioni e dei portatori di interesse durante la cadenzata fase delle consultazioni, prevedendo anche la possibilità di una maggiore flessibilità della tempistica che tenga conto della complessità della materia e dell'impatto della pandemia sull'operatività delle strutture amministrative;

2) a promuovere un'adeguata campagna di informazione, anche di ordine tecnico, che consenta di rendere conosciuto il dettaglio delle operazioni fin qui espletate e quelle che seguiranno dalla pubblicazione della Cnai (Carta nazionale delle aree idonee) alla progettazione e alla realizzazione del deposito unico e del Parco tecnologico;

3) ad adottare iniziative volte a integrare i rigorosi requisiti delle linee guida con ulteriori criteri selettivi legati ai temi della mobilità e dell'accessibilità infrastrutturale per i materiali inquinanti e delle particolari evidenze paesaggistiche, culturali ed agricole del nostro Paese, effettuando uno studio particolare dei carichi ambientali già esistenti sui territori;

4) ad adottare iniziative per esplicitare la definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati;

5) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di riesaminare la posizione dei siti ricompresi nella proposta di Carta, al fine di verificare la sussistenza della validità dei criteri alla luce di possibili mutazioni del contesto locale, visto anche il tempo trascorso dalla definizione di una prima proposta di Carta;

6) a valutare e ad approfondire nel corso delle procedure di consultazione e in occasione del seminario nazionale l'opportunità di escludere dalla carta le aree insulari, considerata l'impraticabilità del trasporto via mare, per gli alti rischi ambientali e gli alti costi di adeguamento delle infrastrutture di trasporto;

7) a promuovere l'esclusione delle aree prossime a quelle di produzione di prodotti certificati da marchi di qualità (di origine d.o.c. o altra origine denominata) nonché prodotti agroalimentari tradizionali (Pat), di denominazione comunale (DeCO) o certificati dal comitato scientifico di slow-food;

8) a garantire il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando lo stoccaggio in siti provvisori inidonei a tale scopo;

9) a monitorare che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, compresa quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

10) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 314 del 2003, al fine di includere anche i comuni contermini per i quali dovrà essere comunicata la carta dei rischi derivanti dagli impianti di stoccaggio provvisorio;

12) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle compensazioni ai territori interessati, in aggiunta alle compensazioni ambientali che verranno previste nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via).
(1-00450) «Vallascas, Costanzo, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Giuliodori, Maniero, Paxia, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano».

(30 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    come già stabilito dal decreto legislativo n. 31 del 2010, la Sogin s.p.a., quale soggetto responsabile della realizzazione e dell'esercizio del deposito nazionale e del parco tecnologico, nel 2015 ha trasmesso all'ex Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), oggi Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione del deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari, incluso in un parco tecnologico;

    la stessa società Sogin s.p.a., con il nulla osta del Ministero dello sviluppo economico (Mise) e del Ministero dell'ambiente e della tutela de territorio e del mare (Mattm), ha dunque pubblicato il 5 gennaio 2021 sul sito www.depositonazionale.it la suddetta carta nazionale Cnapi, che fornisce in definitiva una mappa completa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi come descritto in premessa. L'avvenuta pubblicazione, ha avviato il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021, n. 2);

    ai territori che ospiteranno il sito di stoccaggio, verrà riconosciuto un ristoro in termini economici: per il 10 per cento spetterà alla provincia nel cui territorio il sito verrà ubicato, per il 55 per cento al comune nel cui territorio il sito verrà ubicato e per il 35 per cento ai comuni limitrofi in un'area compresa nei 25 chilometri dal sito destinato al parco tecnologico;

    come riportato dalla guida tecnica n. 29 dell'ex Ispra, che definisce i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, «le caratteristiche del sito nel quale viene localizzato un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, unitamente a quelle del condizionamento dei rifiuti e delle strutture ingegneristiche dell'installazione, devono garantire il confinamento e l'isolamento dei radionuclidi dalla biosfera, al fine di assicurare nel tempo la protezione della popolazione, dell'ambiente e dei beni». A ciò si aggiunge la raccomandazione che «il processo di localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale, di seguito denominato “deposito”, avviene, anche con riferimento alle raccomandazioni emanate dagli organismi internazionali, attraverso fasi successive di indagini e valutazioni»;

    secondo le medesime linee della guida tecnica n. 29, durante la prima fase vengono individuate le aree «potenzialmente idonee», con eventuale ordine di idoneità. Il tutto è definito anche attraverso «criteri di esclusione» che sono stati fissati al fine di escludere le aree del territorio nazionale che non rispondano ai requisiti riportati nella guida tecnica. Vengono tenute in considerazione, tra le altre caratteristiche, anche valutazioni che riguardano:

     a) la stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica dell'area al fine di garantire la sicurezza e la funzionalità delle strutture ingegneristiche da realizzare secondo barriere artificiali multiple;

     b) il confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno, atte a contrastare il possibile trasferimento di radionuclidi nella biosfera;

     c) la compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi, non derogabili, di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale;

     d) l'isolamento del deposito da infrastrutture antropiche ed attività umane, tenendo conto dell'impatto reciproco derivante dalla presenza del deposito e dalle attività di trasporto dei rifiuti;

     e) l'isolamento del deposito da risorse naturali del sottosuolo;

     f) la protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme;

    ai «criteri di esclusione» si affiancano i «criteri di approfondimento», definiti per consentire la valutazione delle aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione. Pertanto, ad esempio, come si evince dalla guida tecnica «la loro applicazione può condurre all'esclusione di ulteriori porzioni di territorio all'interno delle aree potenzialmente idonee e ad individuare siti di interesse»;

    come riportato nella carta nazionale Cnapi pubblicata nel mese di gennaio 2021, sono stati individuati 67 potenziali siti che potrebbero dunque ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi del nostro Paese: essi risultano dislocati nelle regioni Piemonte (8 zone), Toscana e Lazio (24 zone), Basilicata e Puglia (17 zone), Sardegna (14 aree), Sicilia (4 aree). 12 aree sono state classificate in classe A1 (zona a massima priorità), 11 aree in classe A2, 15 aree in classe B e 29 aree in classe C;

    trascorso il periodo di consultazione pubblica come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 (e i cui termini di discussione e valutazione sono stati modificati dal decreto-legge «Milleproroghe» convertito dalla legge 26 febbraio 2021 n. 2) della durata di 180 giorni, si avvierà (nell'arco di duecentoquaranta giorni successivi alla pubblicazione della Cnapi), un seminario nazionale che vede l'espletamento di azioni di confronto coordinate con regioni, amministrazioni locali, poli universitari, associazioni di settore, enti di ricerca e tutti quegli organi che possano dare un supporto significativo;

    proprio quest'ultimo risulta essere un passaggio quanto mai necessario e fondamentale, che contribuirà a definire non solo le scelte dei siti più idonei ad ospitare i rifiuti nucleari stoccati nei relativi depositi, ma a garantire azioni di massima trasparenza delle informazioni che dovranno essere trasmesse a tutti i soggetti interessati dai provvedimenti di cui in narrativa, compresi i cittadini delle aree indicate nella carta nazionale Cnapi;

    stando alle osservazioni e alle indicazioni che saranno fornite durante l'attuale iter di consultazione, la Sogin s.p.a. dovrà elaborare una nuova proposta di carta nazionale Cnapi. Pertanto, sarà poi compito del Ministero dello sviluppo economico approvare, sentito il parere dell'Isin, la versione definitiva della carta che individuerà i siti di stoccaggio;

    è evidente come qualsiasi amministrazione locale possa essere interessata ad evitare che i siti del deposito nazionale ricadano nei territori di propria competenza, poiché tali azioni, se non efficacemente valutate prima ancora di essere messe in atto, potrebbero seriamente pregiudicare le economie locali soprattutto di quelle aree che basano la loro produttività interna sulla qualità dell'ambiente e delle acque, delle produzioni agroalimentari, delle esportazioni del settore agroalimentare e della tutela del settore turistico-ricettivo;

    l'annuncio della pubblicazione della carta nazionale Cnapi del mese di gennaio 2021, ha suscitato indignazione da parte di molti sindaci d'Italia, oltre che di presidenti di regione, i quali si dicono pronti a contrastare con ogni mezzo a loro disposizione, eventuali scelte che saranno assunte nei prossimi mesi e, a maggior ragione, se le stesse saranno assunte in maniera poco o per nulla condivisa,

impegna il Governo:

1) a mettere in atto ogni iniziativa utile e necessaria a garantire la massima collaborazione tra tutti gli enti istituzionali impegnati nel processo di valutazione e definizione dei possibili siti di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, al fine di garantire la totale trasparenza e tempestività della trasmissione delle informazioni necessarie, colmando di fatti possibili asimmetrie informative tra tutti gli attori in campo;

2) ad analizzare in maniera approfondita l'individuazione delle possibili aree di deposito, al fine di valutare tutte le problematiche esposte in premessa e giungere, in tempi ben definiti, a soluzioni che siano condivise e che tengano in conto gli interessi e delle principali vocazioni territoriali dell'intero Paese;

3) a garantire, nell'ambito dell'iter di approvazione definitiva della carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare siti di stoccaggio, la massima tutela di quei territori considerati «Patrimonio dell'umanità» dall'Unesco e, ove possibile, a valutarne l'esclusione dalla carta nazionale Cnapi;

4) a favorire il massimo coinvolgimento dei competenti organi parlamentari, per quanto di competenza, sia in vista della pubblicazione definitiva della carta nazionale delle aree idonee, sia successivamente al completamento del processo descritto in premessa;

5) a sostenere la promozione di adeguate campagne informative, che possano garantire la massima conoscenza ai soggetti istituzionali interessati, incluse le amministrazioni locali, e soprattutto ai cittadini, delle decisioni assunte e di eventuali conseguenze che le stesse potrebbero avere in fase di progettazione e realizzazione del deposito dei rifiuti e del relativo parco tecnologico;

6) a valutare ogni rischio connesso al trasferimento delle scorie radioattive, sia via terra che soprattutto via mare, mettendo in campo ogni iniziativa necessaria volta a tutelare l'ecosistema, con maggiore attenzione verso quelle aree ad alto rischio ed impatto ambientale, tenuto conto che il trasporto via mare richiederebbe la costruzione di depositi imbarco e sbarco delle scorie nei porti di partenza e arrivo, di un naviglio dedicato, e che si tratterebbe di viaggiare sulle stesse rotte dedicate al turismo;

7) a valutare l'opportunità di escludere la localizzazione dei siti in territori la cui economia è legata alla valorizzazione di zone di alto pregio ambientale e paesaggistico e si basa prevalentemente sull'allevamento, attività strettamente legata alle caratteristiche e alla qualità del suolo e delle acque;

8) a escludere i territori già gravati dalla percentuale più alta di servitù militari dello Stato italiano e altresì quelle regioni che ospitano i poligoni di tiro più grandi ed importanti a livello europeo;

9) a valutare l'esclusione di quei territori che non hanno già a disposizione porti industriali dedicati alla ricezione e allo stoccaggio di materiale radioattivo.
(1-00451) (Nuova formulazione) «Lapia, Berardini, Rizzone, Cardinale, Tondo, Ermellino, De Girolamo, Piera Aiello, Acunzo, Menga».

(31 marzo 2021)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE IN MATERIA DI DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA E ULTERIORI MISURE IN CAMPO EDUCATIVO ED ECONOMICO A FAVORE DEI MINORI

   La Camera,

   premesso che:

    il Governo, dall'inizio della pandemia, è impegnato nella definizione di misure destinate a contenere la diffusione del virus, aggiornate in relazione all'andamento della curva epidemiologica e con l'implicazione – necessaria per la sicurezza e la salute pubblica – di forti limitazioni alle attività di cittadini e imprese. D'altro canto, tali misure sono state supportate dalla definizione di altrettante politiche – principalmente di natura economica – a sostegno della popolazione. Questo sforzo orientato a definire la realizzazione di forme di supporto alle più diverse categorie sociali, lavorative ed economiche, nel suo tentativo di raccogliere una quanto più ampia possibile porzione di cittadine e cittadini, ha però lasciato spesso in secondo piano una componente importante: i bambini, le bambine e gli adolescenti;

    la forzata chiusura delle scuole statali e paritarie a partire dal 5 marzo 2020 e l'implementazione delle più varie forme di didattica a distanza hanno reso necessaria ed urgente la definizione da parte del Governo di proposte legate all'edilizia scolastica per il miglioramento e l'ampliamento degli spazi educativi, come pure al miglioramento dell'accesso ai device e alle infrastrutture digitali. Tali fondamentali misure non sono state però associate alla considerazione di tutta una serie di aspetti fondamentali della vita dei più piccoli: l'emotività, la socialità, il gioco, la scoperta, la crescita in una comunità educante, l'educazione in senso più ampio, oltre la formazione scolastica. Fino all'inizio della pandemia, il percorso educativo scolastico non prevedeva l'utilizzo della didattica a distanza, portando dunque ad una sua prima applicazione «improvvisata», che a causa dell'emergenza pandemica non ha permesso lo svolgimento di adeguati test, analisi e conseguenti correttivi. A distanza di molti mesi, il sistema della didattica a distanza continua a presentare numerose disfunzionalità che rischiano di alimentare, nel breve termine, l'abbandono scolastico e la crescita delle disuguaglianze, non solo per gli studenti con disabilità, ma anche per quelli in famiglie numerose, senza adeguati spazi casalinghi o senza un opportuno sostegno dei genitori o ancora semplicemente vittime del digital divide;

    il Censis, nella sua indagine «La scuola e i suoi esclusi – Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020», ha riportato che «il 74,8 per cento dei dirigenti scolastici ha verificato come l'utilizzo emergenziale di modalità di didattica a distanza abbia ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti, a seconda del livello di disponibilità di strumenti e di supporti informatici, ma anche più in generale in base al livello di cultura tecnologica delle famiglie italiane. Particolarmente toccate dalle conseguenze del gap tecnologico sembrano essere le scuole del primo ciclo, che alle difficoltà comuni, aggiungono anche la più giovane età degli studenti che, per quanto nativi digitali, a parità di condizione socioeconomica e culturale hanno meno disponibilità di dispositivi adatti alla didattica e sono sicuramente ancora lontani da un utilizzo diverso da quello soprattutto ludico degli stessi»;

    l'Unesco evidenzia che la pandemia ha provocato il più grande sconvolgimento dei sistemi educativi della storia, colpendo nel mondo quasi 1,6 miliardi di bambini in età scolare. Le stime attuali indicano che 24 milioni di bambini molto probabilmente non torneranno più in classe;

    nella «Indagine sull'impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie in Italia» – promossa dall'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini di Genova e guidata dal neurologo Lino Nobili, che dirige il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'istituto, con il supporto del Ministero della salute – si porta in evidenza che le restrizioni imposte dalle misure governative hanno determinato nei bambini e negli adolescenti (età 6-18 anni) disturbi della «componente somatica» (come disturbi d'ansia) e disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa), con una significativa alterazione del ritmo del sonno. Per i più grandi, invece, è stata inoltre riscontrata un'aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell'umore. Tali esempi portano ad evidenziare che l'assenza di proposte legate al benessere anche psicologico, pedagogico ed emotivo di bambine e bambini, ragazze e ragazzi è diventata nei mesi via via più ingombrante, assumendo le dimensioni di vuoto normativo di notevole impatto, senza previsioni in risposta ai bisogni e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

    nel rapporto «Proteggiamo i bambini», Save the Children evidenzia che in Italia si registravano già prima della pandemia percentuali di deprivazione economica e materiale dei minori tra le più alte d'Europa. L'aumento della disoccupazione, registrato dall'Istat già a giugno 2020 come pari all'8,3 per cento e stimato dal Fondo monetario internazionale per il 2020 al 12,7 per cento, e la conseguente riduzione della capacità economica delle famiglie rischiano di aumentare considerevolmente l'incidenza della povertà materiale tra i bambini e gli adolescenti. Il risultato potrebbe essere quello di un aumento di diversi punti percentuali del tasso di povertà assoluta tra i minorenni: si stima che 1 milione di bambini in più possano scivolare nella povertà assoluta, ritrovandosi in una condizione priva dell'indispensabile per condurre una vita dignitosa;

    un altro aspetto critico conseguente alla chiusura delle scuole statali e paritarie è l'emergenza alimentare correlata alla chiusura delle mense: si stima – secondo Save the Children e il monitoraggio dei suoi Punti luce sparsi sul territorio – che 160 mila alunni sono rimasti senza cibo e/o senza pasti bilanciati. Alla povertà alimentare, infatti, si associa, quale altra faccia della medesima medaglia, il disagio alimentare ed il fenomeno del junk food, ovverosia del cibo spazzatura: la mensa, infatti, è da considerarsi luogo ove avvicinare i bambini ai prodotti locali e promuovere una vera educazione alimentare, diversamente da merendine e snack consumati durante le ore di didattica a distanza;

    il Governo è tuttora impegnato nello sforzo di definizione di nuove misure emergenziali che avranno innegabilmente un impatto sul futuro della società e del Paese e, contemporaneamente, sulla progettazione per l'utilizzo delle risorse europee provenienti da Next generation EU. In tale contesto, il Parlamento sta contribuendo in maniera rilevante nel porre l'accento sugli aspetti che risultano più dirimenti per l'infanzia e l'adolescenza e, dunque, nell'orientare il Governo;

    il 9 giugno 2020, con decreto ministeriale della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, è stato istituito il «Gruppo di esperti» con il compito di elaborare azioni strategie e politiche a favore della tutela e della promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nel quadro dell'emergenza epidemiologica del COVID-19. Gli esiti del lavoro individuano le seguenti quattro direzioni di intervento come prioritarie: a) investire nella scuola e nelle infrastrutture materiali e umane-educative, b) garantire continuità educativa anche in condizione di emergenza, c) contrastare la povertà minorile materiale ed educativa, d) sostenere i diritti di chi è in condizione di vulnerabilità;

    in particolare, sono all'attenzione del gruppo: a) il tema del disagio adolescenziale e preadolescenziale, con specifico riguardo alla valutazione degli impatti e delle conseguenze circa gli apprendimenti, le diseguaglianze e il benessere complessivo nel quadro pandemico, nonché rispetto all'abbandono scolastico e alle difficoltà, in particolare per le fasce svantaggiate, del contrasto alla dispersione scolastica, b) le modalità per come tornare a consentire a ragazze/i esperienze che coinvolgano anche la fisicità, contrastando esperienze di crescita personale basate esclusivamente sullo strumento tecnologico e digitale, c) la necessità di un rinnovato coinvolgimento delle ragazze e dei ragazzi, dando loro maggiori possibilità di esprimersi, coinvolgendoli e amplificando la loro voce all'interno di un percorso educativo di valore;

    dunque, questo «domani» che si intende costruire e a cui si guarda incessantemente ha innegabilmente un profilo ben definito: le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi sono i protagonisti principali del futuro, messo però a rischio dalla pandemia;

    la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ricorda che gli Stati parte «si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati» e che «riconoscono il diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale». Tali principi devono essere di profonda ispirazione in tutte le fasi: dalla predisposizione all'effettiva implementazione di nuove norme e strategie. Nel general comment n. 7 del 2005 alla stessa Convenzione («Attuare i diritti del fanciullo nella prima infanzia») si afferma inoltre che «Gli Stati devono garantire un supporto appropriato a genitori, affidatari e famiglie per consentire loro di svolgere adeguatamente le loro funzioni genitoriali» e che «i primi anni di vita costituiscono il periodo dove le responsabilità parentali riguardano tutti gli aspetti del benessere dei bambini affrontati dalla Convenzione. Di conseguenza, la realizzazione di questi diritti dipende in grande misura dal benessere e dalle risorse a disposizione di quanti portano queste responsabilità»;

    nel territorio dell'Unione europea sono più di un quarto i bambini a rischio di povertà o esclusione sociale. Per questo motivo, nel 2015, il Parlamento europeo ha sollecitato l'adozione di un'iniziativa europea, che si è concretizzata nel Sistema di garanzia per i bambini vulnerabili (European Child Guarantee) che rappresenta l'impegno europeo finalizzato a garantire che ogni bambino che vive in condizioni di povertà all'interno dell'Unione europea possa avere accesso all'assistenza sanitaria gratuita, a servizi educativi gratuiti, a servizi gratuiti per la prima infanzia, a condizioni abitative di qualità e a una nutrizione adeguata, come parte di un piano integrato europeo per combattere la povertà infantile;

    nell'ambito della terza fase relativa alla creazione di un sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, l'Italia è stata scelta (insieme a Germania, Croazia, Bulgaria, Grecia, Lituania e Spagna) dalla Commissione europea per la realizzazione di un progetto pilota finalizzato a testare la Child Guarantee in previsione della Raccomandazione del Consiglio europeo che sarà prevedibilmente adottata nel 2021 (una bozza di Raccomandazione è stata adottata dalla Commissione lo scorso 24 marzo) e per la diffusione dei modelli proposti tra tutti gli Stati Membri. Il progetto pilota italiano sulla Child Guarantee avrà una durata di 24 mesi e sarà realizzato da Unicef in collaborazione con le pubbliche amministrazioni centrali competenti per le politiche dell'infanzia e dell'adolescenza;

    la già citata Child Guarantee consiglia due forti raccomandazioni, un nuovo indicatore specifico sui bambini a rischio di povertà o di esclusione sociale e la istituzione di un coordinatore nazionale della child guarantee dotato di risorse, e della possibilità di coordinare i vari interventi e fare in modo che i finanziamenti vengano utilizzati in maniera ottimale;

    se la sostenibilità rappresenta una delle linee guida nell'utilizzo delle risorse europee di Next generation EU, è fondamentale tenere bene a mente che nella sua accezione originale, quella del rapporto Brundtland del 1987, lo sviluppo sostenibile attiene alla fondamentale presa di coscienza che tutto ciò che viene fatto nel presente avrà impatto nel futuro, sulle nostre figlie e sui nostri figli. Tale considerazione implica, dunque, la necessità di porre, tra i cardini guida delle scelte politiche, gli interessi ed i bisogni dell'infanzia e dell'adolescenza;

    il Governo è chiamato a pianificare una visione strategica composta di politiche che siano in grado di garantire che i miglioramenti applicati al benessere delle bambine e dei bambini siano duraturi e generalizzati. Significa, dunque, progettare e implementare accuratamente delle politiche che pongano delle solide basi per l'infanzia e l'adolescenza e, di conseguenza, per la società nella sua interezza, partendo dalle sue fondamenta. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nel quadro dell'Agenda globale 2030, rappresentano una guida eccellente per orientare le politiche pubbliche e intensificare e accelerare i miglioramenti del benessere dei più piccoli nella comunità e nel sistema Paese. In tale quadro, ci si riferisce, in particolare, ad un sistema di azioni interdipendenti per:

     a) ridurre la disuguaglianza di reddito e la povertà, assicurando così che tutti i bambini abbiano accesso alle risorse di cui necessitano;

     b) migliorare l'accesso di tutti i bambini ai servizi di cura della prima infanzia; in particolare l'accesso ai servizi di follow-up del neonato, specie quelli a rischio sanitario, che si configuri come una rete di servizi specifica per soddisfare le complesse esigenze post-dimissione del neonato a rischio evolutivo e della sua famiglia e costituire in ogni regione una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata; va considerato che, complessivamente, in un anno, sono circa 16.500 i neonati «fragili» (il 3,5 per cento), ad elevato rischio di sviluppare problemi durante la crescita e che necessitano di un preciso e intenso programma di follow-up clinico e psicologico e di sostegno alle famiglie;

     c) migliorare i servizi di supporto psicologico per bambini e adolescenti;

     d) implementare e ampliare le politiche dedicate alla famiglia che sostengano la work-life balance;

    con riferimento al Piano di ripresa e resilienza dell'Italia (PNRR), il Governo sta lavorando a un'ipotesi di investimento, nell'ambito della missione «Istruzione e ricerca», per il potenziamento dell'offerta nidi e scuole dell'infanzia. In particolare, il piano di investimento per la fascia 0-6 è finalizzato alla costruzione, alla riqualificazione e messa in sicurezza di nidi e scuole dell'infanzia, al fine di garantire un incremento dell'offerta educativa e dei posti disponibili con riferimento alla fascia di età 0-6, migliorando la qualità dell'insegnamento attraverso l'innovazione degli ambienti di apprendimento. L'obiettivo è quello di raggiungere e superare il 33 per cento su base nazionale fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002, relativamente ai servizi per la prima infanzia;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 dicembre 2020, a seguito di intesa raggiunta il 16 ottobre 2020, in sede di Conferenza unificata, è stato disciplinato per i primi cinque anni, il Fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia», finalizzato a finanziare progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane. Il suddetto Fondo prevede complessivamente 2,5 miliardi di euro a partire dall'anno 2021 e sino al 2034. In data 23 marzo 2021 è stato pubblicato l'avviso che consente ai comuni di accedere ai primi 700 milioni di euro del citato Fondo;

    il Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef ha diffuso, a settembre 2020, lo studio «Sfere di influenza – Un'analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», all'interno del quale si specifica, innanzitutto, che «quella che è iniziata come una crisi sanitaria si è progressivamente allargata, andando a interessare tutti gli aspetti delle economie e delle società. Se da un lato i bambini sembrano non subire gli effetti diretti più gravi sulla salute provocati dal virus, dall'altro, come ci hanno insegnato crisi precedenti, saranno uno dei gruppi più colpiti dal suo impatto a lungo termine»;

    si distinguono tre tipologie principali di effetti che il COVID-19 ha prodotto sulle bambine e sui bambini: 1) gli effetti sulla salute fisica, che saranno a breve e lungo termine. A breve termine, i sistemi sanitari ridotti allo stremo potrebbero annullare le priorità dedicate alle immunizzazioni programmate o alle terapie per le patologie croniche. A lungo termine, i crescenti livelli di povertà potrebbero alterare le condizioni di alimentazione, abitative e di vita, andando a influire sulla salute dei bambini; 2) gli effetti sul benessere mentale, per cui le crisi emotive già manifeste nei bambini probabilmente si intensificheranno. L'isolamento, il lutto e le continue tensioni nelle relazioni familiari, causate dall'incertezza economica, possono danneggiare il benessere mentale di molti bambini, provocando ansia, insicurezza e paura del futuro; 3) gli effetti sull'istruzione, in quanto nella maggior parte dei Paesi i bambini hanno perso mesi di istruzione e contatto sociale. Come evidenziato dalle crisi precedenti, molti bambini non riusciranno mai a recuperare questa perdita di apprendimento, che sortirà effetti a lungo termine sulla loro vita e sulle società in cui vivono. Secondo un recente studio condotto dalla Banca mondiale (Simulating the potential impacts of the Covid-19 school closures on schooling and learning outcomes) la perdita di diversi mesi, se non addirittura di un anno di scuola a causa del COVID-19, può tradursi per gli studenti e le studentesse in future perdite di reddito che variano da 355 a 1.408 dollari l'anno;

    a tutte queste considerazioni si aggiunge il tema delle disuguaglianze sociali, già presenti con forza nel nostro Paese, ma profondamente acuite dalla pandemia in termini economici, culturali, sociali, educativi per i più piccoli. La riduzione dei servizi scolastici rischia di minare la salute psicofisica, l'apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili;

    la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza è profondamente cambiata nel corso delle ultime decadi, come viene riportato nel documento «Senza confini» del Centro salute del bambino, soprattutto in relazione a gran parte dei Paesi a reddito medio o elevato – tra i quali si colloca l'Italia;

    i problemi di salute si sono in gran parte trasferiti dalle acuzie alle patologie croniche e rare e ai problemi di neurosviluppo e di salute mentale. Le problematiche sociali e quelle educative sono sempre più evidenti e intrecciate con quelle di salute. Le diseguaglianze sociali, territoriali e tra generazioni si sono aggravate, aspetto – quest'ultimo – che caratterizza l'Italia in modo particolarmente drammatico. Su tutto incombono le minacce derivanti dal degrado ambientale e dal cambiamento climatico, come testimoniato con assoluta evidenza anche nel quadro della pandemia da COVID-19; inoltre, determinano un impatto rilevante anche i cambiamenti nei comportamenti riproduttivi che, in combinazione con la progressiva restrizione delle coorti in età fertile, determinano un trend di denatalità molto accentuato;

    i bambini con genitori in condizioni socioeconomiche più compromesse dall'età di 4 anni accumulano un significativo svantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più favorevoli;

    allarmano i dati per cui quasi 1 minore su 7 lascia prematuramente gli studi e meno di un bambino su 4 può frequentare un nido, dato che diventa inferiore ad uno su 10 nel Mezzogiorno;

    ancora prima che il COVID-19 le rendesse ulteriormente evidenti, erano già emerse molte inadeguatezze infrastrutturali, di risorse umane e di contenuti pedagogici e didattici della scuola, baluardo fondamentale delle pari opportunità educative, della formazione del capitale umano e della mobilità sociale e riferimento fondamentale per la vita di bambini e ragazzi e delle loro stesse comunità di appartenenza. Tagli di spesa e mancati investimenti, oltre ad una frequente mancanza di visione strategica in grado di porre istruzione e inclusione al centro del disegno di crescita del Paese, ne hanno intaccato qualità, performance e prestigio, anche con riferimento agli standard europei. La Commissione europea nella «Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione 2019» per l'Italia evidenzia che «gli investimenti dell'Italia nell'istruzione sono ridotti e distribuiti in modo disomogeneo tra i vari gradi di istruzione. La spesa pubblica per l'istruzione, sia in percentuale del prodotto interno lordo (3,8 per cento) che in percentuale della spesa pubblica totale (7,9 per cento), è stata tra le più basse dell'Unione europea nel 2017. Mentre la quota di prodotto interno lordo assegnata all'educazione della prima infanzia e all'istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con gli standard dell'Unione europea, la spesa per l'istruzione terziaria è la più bassa dell'Unione europea, appena lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo nel 2017, ben al di sotto della media dell'Unione europea dello 0,7 per cento»;

    chi si occupa della salute di bambini e ragazzi non può non identificare nella crisi delle istituzioni educative un fattore di acutizzazione di diversi fattori di rischio, che vanno oltre la perdita di opportunità di apprendimento e di socializzazione e investono la salute mentale nel suo senso più lato;

    nel quadro della definizione delle misure emergenziali, la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza è stata affrontata innanzitutto guardando alla scuola: tanta attenzione è stata dedicata all'edilizia, agli spazi, alle norme sanitarie, alle infrastrutture digitali, ma sono state spesso tralasciate le dinamiche emotive, empatiche, pedagogiche, sociali e di crescita più intime, che fanno parte del benessere psicologico e della crescita sana dei bambini e delle bambine, delle ragazze e dei ragazzi e sono parte integrante di tutto il percorso educativo e di formazione;

    inoltre, appare chiaro che il focus per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza rappresenta un terreno estremamente vasto, che non può fermarsi al tema della didattica o alla definizione di politiche «residuali»;

    è necessario iniziare a occuparsi di infanzia con un programma di accoglienza del neonato alla nascita, in maniera organica e strutturata. Perché, come dimostrano studi scientifici, investire un euro alla nascita di un bambino produce 11 euro quando quel bambino avrà 18 anni. E prima si investe, in particolar modo tra gli 0 e i 5 anni, più l'investimento sarà fruttuoso;

    la produttività dell'investimento in capitale umano è assai elevata nei primi anni di vita, quando lo sviluppo è più rapido e si pongono le basi delle capacità che influenzano i successivi risultati scolastici e socioeconomici. Con l'età, il rendimento decresce. Le analisi costi-benefici, mostrano come i programmi a favore delle famiglie e dei bambini più svantaggiati abbiano impatti positivi e di lunga durata: migliorano i risultati nel percorso educativo, riducono i tassi di criminalità, accrescono la produttività sul lavoro e incidono su altri aspetti, come la probabilità di divenire ragazze madri. I benefìci superano ampiamente i costi sostenuti;

    il Fondo per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'anno 2020, è stato incrementato di 150 milioni di euro (articolo 105 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», cosiddetto «decreto rilancio») destinati ai comuni, mediante trasferimento diretto pari a 135 milioni di euro per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa e per progetti presentati da comuni italiani per l'attuazione di interventi, anche sperimentali, nonché per il contrasto della povertà educativa, mediante avviso pubblico «Educare in comune» per un importo pari a 15 milioni di euro;

    è necessaria una svolta verso un approccio strategico «bambinocentrico», capace di porre l'infanzia al centro di una visione integrata della tutela dei bambini, che implica il prendere atto dei nessi e degli scambi tra ciò che produce benessere per i più piccoli e le condizioni di contesto sociale, economico, culturale, educativo, in modo da coordinare adeguatamente le politiche pubbliche. Per essere efficaci ed efficienti, gli interventi devono dunque riconoscere il modo in cui le azioni politiche a un dato livello andranno a influire su di un altro. Normalmente si valuta l'impatto economico delle leggi e delle politiche: a questo punto sarebbe però anche necessario prendere in considerazione la possibilità di integrare sistematicamente una valutazione relativa all'impatto di leggi e politiche sul benessere dei bambini. Un child mainstreaming;

    un esempio pratico di un approccio capace di porre il superiore interesse dei bambini lo si trova concretamente nel caso della Nuova Zelanda, dove nel 2019 la Premier Jacinta Adem – recentemente eletta per il suo secondo mandato – ha promosso la stesura di una legge di bilancio basata sul benessere umano ed emotivo, inserendo come obiettivo primario la lotta alla povertà infantile. Già a partire dal 2018 era stata promossa dal Governo del Paese la creazione di un gruppo specifico di lavoro sul benessere dell'infanzia e sulla povertà infantile, con l'obiettivo di rendere effettive le azioni previste nel Child poverty reduction's Act. All'indomani della sua rielezione, la Premier neozelandese ha riconfermato nuovamente la sua profonda attenzione alla lotta alla povertà infantile. Il focus centrale sul principale benessere dell'infanzia si consolida anche nell'esempio di tutti quei Paesi europei che oggi – nel quadro delle rispettive misure di lockdown – hanno deciso di lasciare le scuole aperte, prevedendo tutte le necessarie misure di sicurezza;

    la seconda ondata di contagi, che si sta attualmente affrontando, pone nuovamente di fronte all'emergenza il tema di una pianificazione e di una strategia che possano adeguatamente preservare una forma di «normalità» per i più piccoli, a partire proprio dalla salvaguardia della didattica in presenza. Senza dubbio questa rappresenta una priorità, proprio perché è impensabile privare nuovamente le bambine e i bambini della socialità, della crescita e dell'apprendimento attraverso un confronto diretto con i propri coetanei e docenti: tutti elementi che hanno pesato enormemente sul benessere psicologico dei più piccoli durante i primi mesi di lockdown. Certamente è fondamentale lavorare su politiche in risposta alla situazione emergenziale, ma risulta quanto mai fondamentale progettare su quello che è un orizzonte futuro di medio-lungo termine: se l'obiettivo del presente è quello di superare gli effetti immediati della pandemia, risulta essenziale la previsione di misure progettuali che siano in grado di supportare un «rimbalzo in avanti», come lo definisce Enrico Giovannini – portavoce dell'Alleanza per lo sviluppo sostenibile e già presidente dell'Istat – nella lungimiranza di prevedere e anticipare le sfide future per l'infanzia, per l'adolescenza e per il Paese;

    si sottolinea il chiaro bisogno di avere a disposizione i dati disaggregati relativi ai contagi per le fasce 0-6, 6-10, 11-14, 14-18, permettendo così di sostanziare in maniera scientifica le scelte politiche inerenti alle decisioni sull'apertura o chiusura delle scuole. Inoltre, i dati così composti permetterebbero senza dubbio una più attenta pianificazione da parte degli ospedali pediatrici, perché siano in grado di attrezzarsi – in previsione dell'ondata di influenza stagionale – per la gestione dei contagiati da COVID-19 e per garantire le adeguate cure ai pazienti più piccoli;

    l'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha messo in luce diverse fragilità del nostro sistema di welfare anche a causa della scarsità di risorse umane e di strutture pubbliche adeguate. I servizi sociali in particolare si sono dimostrati non in grado di fronteggiare al meglio le aumentate necessità delle famiglie, esposte ad un crescente impoverimento economico, offrendo servizi insufficienti sia sul piano quantitativo, che qualitativo, soprattutto ai minori;

    è prioritario perseguire il contrasto alla povertà materiale, attraverso misure che possano portare ristoro e supporto alle famiglie in difficoltà. Gli interventi trovano appoggio fondamentale nell'approvazione dell'assegno unico ed il Family act;

    la povertà assoluta colpisce maggiormente le famiglie con figli minori e, tra queste, cresce con l'aumentare del numero di figli non maggiorenni: la povertà economica è fortemente connessa alla povertà educativa dove l'educazione, la formazione, l'istruzione sono invece la chiave per lo sviluppo dei singoli e per la crescita economica e civile di una società: il contrasto della povertà economica ha implicazioni dirette anche sul fronte della povertà educativa, permettendo un più semplice accesso a prodotti, beni e servizi culturali;

    è del tutto evidente che non tutte le bambine e i bambini possono contare su famiglie solide e risulta imprescindibile dedicare puntuale attenzione a tutti quelli che presentano maggiori fragilità: bisogna avere particolare cura delle disabilità, con indirizzi specifici per la didattica digitale e con la garanzia di avere assistenza scolastica domiciliare ed un adeguato supporto ai genitori;

    è importante monitorare e salvaguardare le condizioni dei minori vittima di violenza domestica, poiché, a causa della quarantena forzata, tali situazioni possono facilmente degenerare; la crisi epidemiologica da COVID-19 sta infatti dispiegando evidenti ripercussioni sul fenomeno della violenza, facendo registrare, da un lato, un aumento del numero di reati commessi attraverso l'uso della rete e, dall'altro, influendo sulla costante e prolungata coabitazione che molto spesso porta ad episodi di violenza: sono aumentati gli abusi, i maltrattamenti e le violenze domestiche su donne e minori;

    nel febbraio del 2019 il Comitato Onu ha infatti reso le sue Osservazioni sull'attuazione della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, relative al quinto e al sesto rapporto presentati dallo Stato italiano, segnalando l'esistenza nel nostro Paese di molteplici disfunzioni e lacune nel sistema di assistenza ai minori. Tra queste spiccano la carenza di risorse economiche destinate all'infanzia e il permanere di importanti livelli di povertà minorile;

    è fondamentale riconoscere il ruolo strategico anche dei servizi territoriali che, dopo anni di pesanti e continui tagli, devono essere potenziati e riqualificati attribuendo agli enti locali un ruolo determinante e destinando loro, necessariamente, maggiori risorse finanziarie volte ad attivare percorsi di inclusione per i più esposti al rischio di povertà e povertà educativa; nell'ambito del sostegno agli enti locali, particolare attenzione deve essere rivolta al sostegno ai piccoli e piccolissimi comuni delle aree interne e montane che si stanno progressivamente svuotando per un effetto circolare che vede, da una parte la riduzione dei servizi per la riduzione della popolazione e, dall'altra, il corrispondente abbandono da parte dei più giovani, soprattutto famiglie, proprio a causa della carenza di servizi: è necessario sostenere queste aree disagiate affinché possano mantenere aperti i servizi per l'infanzia e i presidi scolastici;

    durante il periodo di stato di emergenza, tuttora in atto, e più precisamente dal mese di marzo ad agosto 2020, sono stati ridotti tutti gli incontri protetti genitori-figli, sia presso le strutture residenziali che presso i centri diurni, per la dichiarata difficoltà degli stessi a rendere sicuri gli incontri, e le previste videochiamate sostitutive in molti casi non sono state effettuate;

    in tale contesto, ancora oggi non esiste una banca dati nazionale e, anche a causa di tale carenza, le procure minorili non riescono a seguire i percorsi dei minori;

    bisogna includere, inoltre, misure che guardino alle condizioni degli adolescenti nelle carceri minorili, di tutti i minorenni stranieri che hanno bisogno di cura ed assistenza, dei figli che subiscono l'allontanamento dal genitore malato di COVID-19, nonché dei cosiddetti bambini e adolescenti perduti che fuoriescono da qualsiasi possibilità di controllo e supporto perché sprovvisti di un qualsiasi apparecchio digitale per il contatto con la scuola e la collettività e soggetti ad un elevatissimo rischio di dispersione scolastica;

    la comunità e il territorio rappresentano un presidio irrinunciabile per la concreta attuazione delle previsioni sinora elencate: la prossimità diventa un elemento importante laddove sia necessario monitorare e comprendere esattamente i bisogni di determinate realtà, ancora di più nel caso in cui ci si riferisca ai contesti periferici. È dunque necessario contemplare un approccio quanto più possibile legato al territorio. In questo contesto si deve riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come protagonisti della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente anche gli attori istituzionali e di prossimità. Inoltre, sono fondamentali la sinergia ed un maggiore supporto agli enti locali: bisogna stanziare maggiori risorse a loro favore, perché proprio i comuni e le regioni sono tra i primi presidi istituzionali a rendere possibile l'attivazione di servizi per l'infanzia e l'adolescenza;

    in una visione di azione politica integrata occorre lavorare per azioni di sistema che garantiscano una reale integrazione socioeducativa-sanitaria, che dia priorità di accesso e di presa in carico alle situazioni di fragilità e vulnerabilità. È importante allora dedicare ampio spazio alla dimensione psicologica e pedagogica e valorizzare le figure di educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie;

    il quadro di misure e di indirizzi sinora elencati deve rappresentare il contenuto di quello che si è definito come un approccio integrato «bambinocentrico», che deve essere trasformato in politiche ed azioni organiche e sistemiche capaci di rispondere in maniera coordinata ai bisogni e ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in previsione della programmazione e dell'utilizzo delle risorse nazionali ed europee;

    il Governo ha accolto l'ordine del giorno in assemblea 9/02790-bis-AR/127 volto alla realizzazione di un Piano straordinario dedicato all'infanzia e all'adolescenza in risposta alla crisi da COVID-19, che abbia come obiettivo la protezione dei bambini, delle bambine e degli adolescenti dagli effetti sociali, educativi e psicologici negativi provocati dalla pandemia, soprattutto con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni ed alla genitorialità, in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1.000 giorni di vita elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni;

    la reazione dei bambini alla prolungata assenza di attività motoria è sotto gli occhi di tutti: paura, spaesamento e sensazione di isolamento dai propri coetanei. Le attività motorie e sportive hanno un'importante componente legata alla socialità, al corretto sviluppo neuromotorio e l'inattività fisica rappresenta uno dei fattori di rischio più importanti per le patologie non trasmissibili (diabete, malattie cardiocircolatorie, cancro, malattie metaboliche) e responsabile di sovrappeso e obesità. Scuola e sport, per bambini e ragazzi, sono due basi esistenziali fondamentali: secondo quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità i bambini e gli adolescenti di età compresa tra 5 e 17 anni dovrebbero praticare almeno 60 minuti di attività fisica quotidiana di intensità moderata almeno tre volte a settimana. Alle palestre chiuse e le attività bloccate si aggiunga che per molto tempo non sono stati consentiti neanche momenti di gioco o di svago all'aperto, anche in conseguenza della chiusura degli spazi dedicati ai più piccoli all'interno dei parchi, giardini e ville, registrando la totale assenza di attività di diverso genere che, pur nel distanziamento sociale, si sarebbero comunque potute svolgere. In questo contesto è opportuno intervenire con attività di sostegno cognitivo e motorio prima che le conseguenze dell'isolamento possano procurare danni irreversibili ai bambini di oggi e adulti di domani;

    la chiusura prolungata delle scuole, dei luoghi di aggregazione, dei presidi culturali ed educativi ha creato una desertificazione sociale e culturale che ha colpito in primo luogo i minori, aumentando i rischi di abbandono scolastico e di avvicinamento da parte della criminalità organizzata;

    il rapporto fra infiltrazioni mafiose e pandemia da COVID-19 ha aumentato le preoccupazioni sui minori in termini di rischio devianza; ulteriore deprivazione e marginalità culturale; mancanza di consultazione e partecipazione; esposizione non mediata ad organizzazioni criminali,

impegna il Governo:

1) a creare un capitolo specifico nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicato a tutti gli investimenti a favore dell'infanzia;

2) a garantire, in linea con il provvedimento del Ministro dell'istruzione del 12 marzo 2021, agli alunni con disabilità motorie o intellettive e/o con bisogni educativi speciali, nell'ottica di assicurare un'adeguata assistenza alle famiglie, l'azione didattico-pedagogica tesa sempre a favorire l'inclusione dell'alunno e l'interazione con i compagni di classe;

3) ad assumere iniziative per definire con urgenza il prossimo Piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza;

4) a fornire dati disaggregati sul piano epidemiologico relativi alle diverse fasce di età associate ad ogni livello educativo e 0-6, 6-10, 11-14, 14-18 al fine di supportare scientificamente le misure indirizzate all'infanzia e all'adolescenza in questa fase emergenziale, posto che tali dati rappresentano uno strumento propedeutico per il bilanciamento del diritto alla salute e per il diritto all'istruzione, poiché permettono la definizione di decisioni ragionate e consapevoli relative alla ripresa in sicurezza della didattica in presenza, al tracciamento, alla programmazione dei trasporti e all'utilizzo ed organizzazione degli spazi dedicati alle attività educative;

5) in relazione al contrasto alla povertà educativa, ad adottare iniziative per investire nella misura europea della Child guarantee, per cui l'Italia rientra tra i Paesi capofila per la sperimentazione a partire dal 2021;

6) nell'ambito delle politiche di sostegno alla genitorialità, ad adottare iniziative di competenza volte alla rimodulazione del sistema dei servizi territoriali finalizzata al miglioramento della loro funzionalità in un'ottica bambinocentrica, assicurando ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico-fisico nella crescita; a tal fine prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali e la revisione dei percorsi di formazione del personale;

7) allo scopo di favorire la genitorialità, ad adottare efficaci politiche di supporto alle famiglie mediante il potenziamento della rete dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni e con una maggiore partecipazione degli enti del Terzo settore, al fine di dar vita a una rete permanente di protezione sociale, garantire la diffusione e l'ampliamento dell'offerta, e assicurare ai minori il basilare diritto a un'infanzia serena e la dovuta attenzione all'equilibrio psico- fisico nella crescita del minore; a tal fine a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali;

8) con specifico riferimento alla fascia 0-6 anni e alla genitorialità, ad adottare iniziative per indirizzare maggiori investimenti al periodo compreso tra il concepimento e la prima infanzia (act early), in accordo con quanto previsto dal documento sui primi 1000 giorni («Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita»), elaborato dal Ministero della salute e approvato nel mese di gennaio 2020 dalla Conferenza Stato-regioni; ad adottare iniziative per estendere i servizi educativi per bambini di età compresa tra 0-3 anni potenziando la rete dei servizi pubblici e prevedendo interventi dedicati a promuovere la genitorialità responsiva mediante la sinergia tra pubblico e privato nell'ambito dei piani educativi 0-6 anni previsti dal decreto legislativo n. 65 del 2017; a promuovere, in collaborazione con i servizi educativi, l'inserimento di contenuti relativi allo sviluppo del bambino e alla genitorialità; a tal fine prevedere il potenziamento della rete dei consultori con particolare attenzione per i servizi di sostegno alla genitorialità;

9) ad adottare iniziative di competenza per promuovere in ogni regione una rete di servizi di follow-up per seguire i neonati prematuri o con patologia cronica in modo duraturo nel loro percorso di crescita e per sostenere le loro famiglie anche con un'assistenza domiciliare adeguata;

10) a dare seguito agli impegni previsti dalla mozione 1-00215, approvata dall'Aula della Camera dei deputati il 2 luglio 2019, al fine di contrastare il fenomeno della violenza sui minori e a prevedere strumenti efficaci di prevenzione e sostegno alla genitorialità a rischio;

11) ad adottare iniziative per finanziare la realizzazione e la gestione degli asili nido pubblici per raggiungere nel breve periodo almeno il 33 per cento di posti su base regionale su tutto il territorio nazionale e a promuovere la gratuità del servizio, secondo quanto già previsto per le scuole dell'infanzia; a predisporre, in un'ottica di lungo periodo, un piano nazionale asili nido finalizzato a garantire l'accesso a dette istituzioni a tutti i bambini da 0 a 3 anni, realizzando le necessarie e adeguate strutture, soprattutto nel Sud, e prevedendo un conseguente piano di assunzione di personale qualificato; a tal fine, adottare le necessarie iniziative di competenza per permettere ai comuni di trasformare in asili nido, adottando le necessarie modifiche degli spazi, strutture ed edifici di loro proprietà, in particolare se collocati in aree verdi, che non siano utilizzati o che siano impiegati per finalità diverse da quelle previste da atti di concessione; per i comuni a vocazione agricola incentivare l'istituzione di agrinido;

12) ad adottare iniziative volte a valutare la quantificazione dell'assegno unico per le famiglie con uno o più figli, in particolare laddove sussistano situazioni di maggiore disagio e povertà educativa;

13) a riconoscere e sostenere il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo civico come coprotagonisti responsabili della comunità educante, rafforzando quindi le partnership tra i settori pubblico e privato, coinvolgendo direttamente gli attori istituzionali; a sostenere una semplificazione dei processi di riconversione delle progettualità bloccate dalla diffusione della pandemia, al fine di indirizzare il potenziale del terzo settore verso servizi destinati all'educazione e all'infanzia in fase emergenziale, anche nell'eventualità di pensare ad un utilizzo degli spazi di luoghi culturali oggi chiusi, come musei, cinema e teatri per fini educativi;

14) a prevedere il ricorso ai patti educativi territoriali finalizzato al contrasto di situazioni di emergenza e di disagio sociale anche prevedendo iniziative educative come i nuclei educativi di prossimità; nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica, a promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, in sinergia tra le scuole del sistema pubblico di istruzione che agiscono sul territorio interessato ed educatori qualificati al fine di sostenere i bambini e ragazzi in didattica a distanza e di preservare momenti di socialità; a promuovere e finanziare la realizzazione di piani territoriali integrati di contrasto alla povertà educativa minorile nelle zone a più alto rischio, come le periferie urbane e le aree interne individuate sulla base dei parametri e degli indicatori definiti da Istat in base al comma 230 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti a recuperare spazi pubblici abbandonati da destinare ad attività educative e culturali gratuite per bambini e adolescenti;

15) ad adottare iniziative per sostenere la diffusione di interventi a favore della tutela della sfera emotiva e psicologica, anche attraverso la valorizzazione di figure professionali come educatori, pedagogisti e psicologi su tutto il territorio nazionale – coerentemente con i livelli essenziali – a sostegno sia delle studentesse e degli studenti, sia delle famiglie; in tale contesto a prevedere l'istituzione, negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, di sportelli di ascolto psicologico a sostegno dei bambini, degli studenti, dei lavoratori e delle famiglie nell'ambito del patto educativo scuola-genitori, che svolgano attività di prevenzione, informazione, sostegno e consulenza con l'ausilio di personale specializzato e di guida verso eventuali servizi territoriali;

16) a investire sul capitale umano delle giovani generazioni e a sostenere il loro diritto allo studio e ad una educazione di qualità, fin dai primi anni di vita, anche utilizzando le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per arrivare gradualmente a regime allo standard europeo di un investimento in educazione del 4,5-5 per cento sul prodotto interno lordo;

17) ad adottare iniziative per contrastare il rischio di un arretramento e di una diminuzione nell'offerta educativa – in termini di livelli di copertura e di tempo trascorso nella scuola primaria e secondaria – agendo sull'aumento dei servizi dedicati alla prima infanzia e delle attività extrascolastiche ed incrementando le ore di tempo pieno, mantenendo alto lo standard della qualità dell'insegnamento;

18) ad adottare iniziative, nelle sedi opportune, al fine di istituire tempestivamente una banca dati dei minori allontanati dal proprio nucleo familiare in cui sia tracciata la loro collocazione;

19) ad adottare iniziative per incentivare, anche mediante contributi economici, la pratica sportiva di bambini e ragazzi, incrementando la partecipazione alle attività motorie organizzate sul territorio nel rispetto della normativa per la prevenzione del contagio, con l'obbiettivo di ridurre la sedentarietà e l'inattività fisica causata dalla pandemia;

20) ad adottare iniziative volte a promuovere l'interlocuzione con le ragazze e con i ragazzi, realizzando momenti di ascolto e incentivando la loro partecipazione quali cittadini attivi, sostenendo l'associazionismo tra pari mediante la messa a disposizione da parte delle istituzioni centrali e territoriali di adeguati servizi, di strutture, luoghi e strumenti che realizzino in concreto la centralità dei giovani superando la visione adulto-centrica dell'azione politica e amministrativa;

21) a promuovere il protagonismo dei ragazzi e delle ragazze in questo periodo di crisi, sostenendo le reti associative di giovani attive, anche in rete, e realizzando momenti di ascolto e confronto tra bambine, bambini e adolescenti con le istituzioni centrali e territoriali;

22) ad adottare tempestivamente le opportune iniziative volte ad attuare un costante monitoraggio ed interventi di educazione ai linguaggi del digitale, al fine di prevedere un uso consapevole dei social network ed un'educazione all'uso critico dei media;

23) ad adottare iniziative volte ad includere in tutte le politiche sociali ed educative rivolte a bambini e bambine, ragazzi e ragazze e loro famiglie, percorsi di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata e di educazione alla legalità.
(1-00405) (Ulteriore nuova formulazione) «Lattanzio, Casa, Gobbato, Marrocco, Occhionero, Muroni, Siani, Nitti, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Quartapelle Procopio, Lorenzin, Serracchiani, Viscomi, Schirò, Rizzo Nervo, Gribaudo, Pezzopane, Ciampi, Giannone, Spena, Versace, Fioramonti, Fusacchia, Vizzini, Ruocco, Villani, Fantuz, Zanella, Boldi».

(25 novembre 2020)

MOZIONI SUL RUOLO DEL MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE NELL'AMBITO DEL PROCESSO DI VENDITA DELLA SOCIETÀ BORSA ITALIANA

   La Camera,

   premesso che:

    Borsa Italiana S.p.A. è la società che si occupa della gestione del mercato azionario italiano e comprende anche Mts, lo strategico Mercato telematico dei titoli di Stato, rappresentando così un importantissimo asset per il nostro Paese;

    si evidenzia, inoltre, che Borsa Italiana S.p.A. gestisce anche una rete di dati sensibili relativi a titoli di Stato, nonché delle imprese quotate e delle migliaia di piccole e medie imprese che hanno seguito i programmi Elite di Borsa Italiana S.p.A., per un valore complessivo di 3,5 miliardi di euro;

    il 23 giugno 2007, con un'offerta di 1,6 miliardi di euro, è avvenuta l'acquisizione di Borsa Italiana S.p.A. da parte di London Stock Exchange Plc (la Borsa di Londra), andando a creare il London Stock Exchange Group, società holding che detiene la totalità delle partecipazioni azionarie di Borsa Italiana S.p.A. e di London Stock Exchange;

    a seguito dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea è mutato il contesto geopolitico di riferimento, dal momento che l'hub finanziario londinese non è più realtà comunitaria con riflessi anche dal punto di vista economico-finanziario;

    pertanto, con riferimento agli sviluppi sul futuro di Borsa Italiana S.p.A., occorre considerare che l'acquisizione operata dal London Stock Exchange Group del gruppo di diffusione di dati finanziari Refinitiv, il ramo d'azienda che si occupava di finanza e risk business all'interno di Thomson Reuters Corporation, multinazionale canadese operativa nel settore dei mass media e dell'informazione, ha determinato incertezze rispetto al destino del mercato azionario italiano, data l'evidente probabilità che il core business del London Stock Exchange si sarebbe spostato da quello della gestione dei mercati borsistici a quello dei dati;

    risulta, dunque, necessaria un'azione tempestiva con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana S.p.A. considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);

    occorre premettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa italiana sono state avanzate da SIX Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana S.p.A., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Elite;

    il 9 ottobre 2020 è divenuta ufficiale la notizia della conclusione dell'accordo tra il consorzio franco-olandese con sede a Parigi Euronext, il cui principale azionista è la Cassa depositi e prestiti francese e che già possiede la Borsa di Parigi, e London Stock Exchange, per l'acquisto della Borsa italiana per circa 4,3 miliardi di euro, un prezzo molto più alto di quanto ipotizzato inizialmente – circa 3/3.5 miliardi di euro – e che quindi aumenterebbe il rischio che l'acquirente, per giustificare il prezzo pagato ai suoi azionisti (si ricorda che il capitale di Euronext, società quotata, è in mano per oltre il 50 per cento a grandi fondi di investimento anglosassoni), decida di attuare una politica di taglio dei costi ancora più aggressiva e tipicamente a svantaggio del mercato non domestico; il progetto prevede l'ingresso in Euronext di CDP Equity e Intesa San Paolo con un successivo aumento di capitale con un impegno per la sola Cassa depositi e prestiti di quasi un miliardo di euro;

    come riportato da un quotidiano «se la cessione della Borsa italiana fosse avvenuta tramite un'asta competitiva, con la partecipazione della borsa svizzera e di quella tedesca. la valutazione sarebbe salita a 5 miliardi. Dovremmo quindi concludere, sempre ammesso che ci fossero dubbi, che la scelta di vendere a Euronext e non ad altri è tutta politica. D'altronde come potremmo anche solo immaginare che una decisione di questo tipo, per quanto subita dalle valutazioni di London Stock Exchange, possa avvenire senza un accordo del Governo italiano o in modo ostile»;

    in merito vale la pena rilevare come il comportamento del Ministero dell'economia e delle finanze nell'applicare i poteri di indirizzo previsti dalla legge sia apparso non del tutto in linea con i principi di trasparenza dell'analisi di integrità funzionale dei mercati, economicità dei servizi per intermediari e risparmiatori e di reale possibilità di sviluppo e di attrazione di investimenti nelle strutture italiane nell'ambito dei mercati finanziari europei, soprattutto per un'apparente propensione pregiudiziale in favore dell'offerta francese, emersa sin dalle prime fasi della trattativa, e maturata in assenza di qualsiasi approfondimento dei contenuti delle altre offerte in via di elaborazione;

    inoltre, occorre rilevare come rispetto alla vendita di una società ritenuta strategica per l'interesse nazionale quale, appunto, Borsa italiana, il Governo non abbia ritenuto in alcun modo di informare il Parlamento;

    la vendita di Borsa italiana a Euronext, nonostante la presenza di altre offerte e in gran silenzio, infatti, non solo conferma l'interesse della Francia verso tali asset finanziari, ma, anzi, suscita preoccupazione in merito alla loro permanenza in mano italiana;

    a questo proposito uno dei temi da attenzionare è certamente la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, rispetto alla quale «Il Sole 24 Ore» ha ipotizzato un'opera di moral suasion dello Stato per indirizzare Monte dei Paschi di Siena, che rimane la quinta banca italiana per dimensioni, nonostante le problematiche degli ultimi anni, verso Unicredit, ma ora sembra emergere anche un crescente interesse della finanza francese per l'acquisto di Monte dei Paschi di Siena;

    in particolare, secondo un autorevole quotidiano, già nel mese di giugno 2020 un Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei gruppi di Bnp Paribas e Credit Agricole per discutere della questione Monte Paschi;

    quello dei servizi bancari e assicurativi è il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia e la presenza delle due big è notevole: Bnp Paribas controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c'è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d'inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia;

    Bnp-Paribas e CreditAgricole sono anche tra i principali attori italiani del credito al consumo, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato, e hanno una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico del quale detengono Bnp Paribas 143,2 miliardi di euro, e Credit Agricole 97,2 miliardi di euro;

    in questo quadro, acquisire il controllo di Monte Paschi di Siena consentirebbe grande spazio alla finanza francese, ad esempio anche attraverso un rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di Mps, all'interno del quale l'asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale per la creazione di un terzo polo bancario;

    di nazionalità francese è anche l'amministratore delegato di Unicredit, istituto per il quale è appena stato cooptato nel consiglio di amministrazione e designato come futuro presidente un ex Ministro dell'economia e delle finanze del partito Democratico, decisione avvenuta mentre all'interno dell'azienda è in corso il dibattito sull'ipotesi della separazione dei rami italiano ed europeo di Unicredit, prevedendo per il secondo la quotazione alla borsa di Francoforte;

    il fatto che detto ex Ministro sia stato eletto a Siena e abbia seguito da Ministro la «ricapitalizzazione precauzionale» di Monte Paschi, ad avviso dei firmatari del presente atto, sembra preannunciare un futuro avvicinamento di Unicredit verso Mps, una notizia che se unita a quella della creazione della subholding non quotata, dove far confluire gli asset italiani che sono soggetti alla volatilità dello spread, tornata a circolare proprio recentemente, desta non poca preoccupazione;

    anche Mediobanca S.p.A., terzo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, già oggi controllata per il 14 per cento del capitale da investitori istituzionali di origine francese, rappresenta oggi una «preda» ambita, perché dà accesso al controllo di Generali, e perché, rispetto alla quotazione massima del 10 novembre 2019, anche a causa dell'emergenza Covid-19, vale oggi poco più della metà;

    per l'intero sistema assicurativo e finanziario italiano l'indipendenza e la presenza in Italia di un soggetto di primo piano a livello internazionale come Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con 500 miliardi di euro di attività investite di cui circa 60 in titoli del tesoro italiani, appare fondamentale;

    la grande finanza francese ha già detto di essere interessata al patrimonio economico italiano e l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha risposto adeguatamente in difesa degli interessi nazionali, nonostante il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto decreto liquidità, abbia fornito al Governo tutti gli strumenti necessari per un concreto intervento a difesa della sicurezza dei nostri asset strategici;

    il decreto-legge ha, infatti, modificato la disciplina dei poteri speciali del Governo, la cosiddetta golden power, estendendola all'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui al regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea;

    l'articolo 8 della bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle nuove disposizioni disciplina l'esercizio dei poteri speciali per i «beni e rapporti nel settore finanziario», quali, appunto, credito, finanza, assicurazioni, piattaforme e infrastrutture operative come Borsa spa, ma anche i software, i servizi di pagamento, e la gestione di investimenti;

    il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito apprezzabili ma «insufficienti» le nuove norme previste dal «decreto liquidità» sul golden power, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese o anche tedesco nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso;

    alla fine di dicembre 2019 circa il 33 per cento del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e, come riportato nel report Foreign investors in italian government debt di Unicredit, il «primo paese investitore è la Francia al 21 per cento», i cui istituti di credito detengono una quota di 285,5 miliardi di euro di debito pubblico italiano;

    proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque, ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e attuare un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali;

    come inoltre sollevato dall'Associazione Intermediari Mercati Finanziari (ASSOSIM) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano «Il Sole 24 Ore», in data 26 settembre 2020, tale rischio determinerebbe un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa Italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle PMI»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i Pir alternativi e gli Eltif;

    sul sistema bancario italiano grava ulteriormente il rischio segnalato da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, nel corso di un'audizione innanzi alla Commissione parlamentare sul sistema bancario, in cui ha messo in luce i rischi delle nuove normative europee sui crediti deteriorati per il nostro sistema bancario;

    il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'EBA – European Banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introduce soglie più restrittive ed accentua la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;

    le nuove regole europee sul credito si risolveranno in un ulteriore aggravio della condizione patrimoniale di cittadini e imprese, già duramente colpiti dalla pandemia e, in ultima analisi, incideranno in maniera molto negativa sulla stabilità dell'intero sistema economico nazionale;

    in tale quadro occorre da un lato proteggere gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria del Paese alla crescita delle nostre imprese. Dall'altro, bisogna costruire un mosaico organico di riforme, avviato con l'istituzione dei Piani individuali di risparmio (Pir) ordinari, proseguiti con i Pir alternativi, con patrimonio destinato e che va completato attraverso l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private. Un fondo sovrano, gestito da Cassa depositi e prestiti con il coinvolgimento delle società di gestione del risparmio italiane e delle altre istituzioni finanziarie, in cui oltre al risparmio privato, alle risorse pubbliche e alla garanzia offerta dagli immobili pubblici e dal patrimonio artistico e culturale del Paese, possano confluire anche parte delle risorse che l'Unione europea metterà a disposizione dell'Italia con il Recovery Fund, configurandosi come un investimento paziente di lungo termine;

    quanto precede, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, rappresenterebbe il vero salto di qualità perché con la piena operatività del suddetto fondo, formato da risorse pubbliche, private e anche da una parte dei fondi del Recovery Fund, sarebbe possibile sostenere la patrimonializzazione delle imprese, per consentire loro di essere più resilienti alle sfide e conquistare i mercati internazionali;

    è in corso da tempo sui mercati una ridenominazione dei target di investimento per cui le aziende hanno bisogni di tempo e di investitori di lungo termine pazienti ed attivi per intercettare il nuovo ciclo economico e ciò comporta che la forma di finanziamento della crescita più adatta alle piccole e medie imprese, le nostre in particolare, sia quella equity e non debito; l'interazione dei private markets con i public markets sarà sempre più forte. In questo scenario Borsa Italiana Spa può diventare lo strumento per veicolare alle imprese risorse private alternative al debito pubblico e la nuova cinghia di trasmissione delle risorse finanziarie per il Paese;

    nell'ambito di tale contesto, la mancanza di ricerche indipendenti sulle piccole e medie imprese quotate è stato indicato dagli investitori istituzionali tra i primi correttivi necessari per migliorare il mercato «Alternative Investment Market» (Aim); dopo l'introduzione dei Pir da parte del Governo, che ha posto le basi per migliorare il mercato sul fronte della liquidità, è necessario lo sviluppo di una ricerca indipendente sulle aziende di piccola dimensione, per offrire informazioni qualitative e quantitative che migliorino la conoscenza del business model da parte degli investitori, generino una maggiore liquidità dei titoli più sottili e migliorino la formazione dei prezzi; gli obiettivi del coverage sono legati all'esigenza di generare maggiore liquidità dei titoli e migliorare la formazione dei prezzi o strumento di valutazione dei titoli quotati, per i fondi Pir specializzati sulle small-cap;

    il credito di imposta sul 50 per cento dei costi di consulenza sostenuti per la quotazione in borsa delle piccole e medie imprese ha agevolato l'accesso delle imprese al mercato dei capitali, attraverso lo stanziamento di 80 milioni di euro per le ammissioni del triennio 2018-2020, prevedendo un importo massimo di 500.000 euro ad azienda, destinato a piccole e medie imprese italiane secondo la definizione dell'Unione europea, che si quotano sui mercati regolamentati e non regolamentati in Italia e in Europa;

    alla luce di quanto precede appare quanto mai necessario aumentare la capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana, come dimostra il confronto con le altre borse estere dove, a fronte di una capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana di 630 miliardi di euro, la Borsa francese supera i 2.500 miliardi di euro, la Borsa tedesca i 2.100 miliardi di euro e quella spagnola i 710 miliardi di euro. La leva fiscale è stata decisiva per far decollare le borse negli altri Paesi, a dimostrazione che in un momento di incertezza come questo, con tassi pari a zero e pressoché negativi, solo il vantaggio fiscale può far muovere i risparmi indirizzandoli, attraverso la borsa, verso le imprese; per questo i firmatari del presente atto di indirizzo ribadiscono con forza il proprio «no» alla patrimoniale, e l'importanza, invece, di utilizzare la leva fiscale per incentivare i risparmi ad andare nell'economia reale,

impegna il Governo:

1) alla luce della vicenda della vendita di Borsa Italiana e delle criticità rappresentate in premessa, ad assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a garantire la stabilità finanziaria dell'Italia e dei nostri titoli pubblici, evitando attacchi speculativi, e la sicurezza degli asset strategici, anche attraverso il corretto e tempestivo utilizzo delle norme sulla golden power;

2) a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana S.p.A., nonché l'autonomia della medesima, affinché sia possibile attuare i seguenti impegni:

   a) previsione di un'adeguata strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica, che possa essere di maggior beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso rispetto ad ipotesi e sinergie che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente;

   b) garanzia della valorizzazione e della trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;

   c) attuazione di un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, nonché sviluppando un programma come Elite e, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali, evitando che i servizi del detto programma possano sovrapporsi a quelli già forniti dagli intermediari finanziari;

   d) rafforzamento del Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetto «price equity» – fondamentali per un'efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi;

   e) garantire che in questa fase di transizione ci sia un presidio delle funzioni anche a livello operativo garantendo la partecipazione degli intermediari locali ai diversi tavoli di discussione che si terranno nei prossimi mesi;

   f) valutazione dei progetti di crescita e degli investimenti per le società del gruppo;

   g) individuazione di come potranno crescere e svilupparsi le funzioni di business di Borsa Italiana, posto che ad oggi si parla solo delle funzioni di staff, il finance e la gestione del data center, funzioni che non rappresentano elementi chiave per la crescita di Borsa Italiana e lo sviluppo dell'indotto;

   h) evitare che i tagli e razionalizzazioni vadano a danneggiare l'Italia;

   i) garantire agli azionisti una non uscita da Euronext, stante le indiscrezioni a mezzo stampa secondo cui le fondazioni valuterebbero un progressivo disimpegno, nei prossimi anni, di Cassa depositi e prestiti dai nuovi investimenti attualmente in corso, onde evitare quanto avvenuto nel 2011 con gli investitori italiani che uscirono da Lseg;

3) considerato che il quadro sopra descritto, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, fa emergere un approccio assai discutibile dal punto di vista della trasparenza e della tutela degli asset finanziari e creditizi nazionali, che non sembra favorire gli interessi di risparmiatori ed imprese, ad adottare con urgenza iniziative, per quanto di competenza, nelle opportune sedi europee, al fine di dare al più presto soluzione alla questione delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati, che rappresenta un dramma sociale e produttivo, consentendo a cittadini e imprese il riscatto del proprio debito, anche al fine di scongiurare che finiscano preda degli usurai, sostenendo altresì, per quanto di competenza, il flusso creditizio dalle banche alle imprese, particolarmente importante in un periodo di crisi economica come quello attuale scaturito dalla pandemia da SARS-Cov-2;

4) a riferire in Parlamento le ragioni della scelta di schierare Cassa depositi e prestiti in prima battuta e relativamente a un'offerta senza conoscere le proposte di Six e Deutsche Börse, considerato che Cassa depositi e prestiti investirà nell'operazione quasi un miliardo di euro e che con un impegno del genere è fondamentale conoscere le logiche che hanno portato alla scelta di Euronext;

5) a presentare in Parlamento il piano di investimenti di Euronext per l'Italia, dettagliando quali richieste ha fatto il Governo e in che modo, per citare le parole del Presidente del Consiglio dei ministri Conte, grazie all'operazione Milano potrà diventare la capitale finanziaria del continente europeo;

6) ad adottare iniziative di competenza, anche normative, per tutelare gli asset strategici nazionali che legano l'infrastruttura finanziaria di Borsa Italia S.p.A alla patrimonializzazione delle imprese, per l'istituzione di un Fondo sovrano pubblico-privato italiano, o Fondo dei fondi, che operi con logiche privatistiche di investimento, al pari di quelle applicate alle società di gestione del risparmio private, emanando con la massima sollecitudine il decreto attuativo del comma 18-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto «Rilancio») che costituisce la base normativa di riferimento per l'evoluzione del patrimonio destinato in un fondo finalizzato a sostenere la crescita economica del Paese, in conformità agli atti di indirizzo approvati dal Parlamento sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund grazie al potenziamento di nuove forme di incentivazione fiscale del risparmio, in analogia con quanto già previsto per i Piani individuali di risparmio (Pir) per favorire la patrimonializzazione delle aziende, abbattere il debito pubblico, ridurre la pressione fiscale, promuovere l'occupazione, tutelare i beni culturali, proteggere e diffondere il made in Italy e, infine, evitare l'imposta patrimoniale;

7) a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, finalizzata a valorizzare l'assetto strategico di Borsa Italiana S.p.A., favorendo la crescita delle imprese italiane attraverso la creazione di un vero e proprio campione europeo nel mercato dei capitali che, di riflesso, rafforzi il ruolo dell'Italia a livello europeo e internazionale rendendola più forte e attrattiva anche dal punto di vista degli investimenti esteri sul piano economico e reputazionale con il trasferimento a Milano della capitale finanziaria del continente europeo;

8) nell'ottica di incentivare il ricorso al capitale equity, ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata alla proroga permanente del cosiddetto «Bonus Quotazione» introdotto dalla legge n. 205 del 2017, prevedendone l'estensione a tutte le imprese che accedono al mercato dei capitali e non solo alle società che presentino i requisiti di piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, nonché alle società oggetto della Business Combination per le operazioni condotte dalle Special Purpose Acquisition Company (Spac);

9) ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a promuovere e diffondere la cultura del mercato dei capitali al fine di permettere una canalizzazione efficace della liquidità dei fondi, anche Pir, con importanti riflessi sul rilancio del nostro Paese e sulla crescita economica, oltre che sulla qualità della struttura finanziaria delle imprese italiane.
(1-00382) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Giacomoni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi, Occhiuto, Porchietto, Pella, D'Ettore, Polidori, Baldini, Torromino, Della Frera, Versace, Saccani Jotti, Pittalis, Nevi, Mazzetti, Orsini, Pettarin, Giacometto, Maria Tripodi, Marin, Cannatelli, Palmieri, Rotondi, Tartaglione, Bagnasco, Labriola, Zangrillo, Vietina, Musella, Dall'Osso».

(22 settembre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    Borsa Italiana, che dal 2008 fa parte del London Stock Exchange Group, è un'infrastruttura finanziaria essenziale per il Paese, strategica per lo sviluppo del mercato dei capitali e fondamentale per la crescita delle imprese; rappresenta il principale punto di riferimento per la raccolta di capitale azionario e obbligazionario da parte delle imprese italiane, con 370 società quotate e una capitalizzazione complessiva superiore al 30 per cento del prodotto interno lordo nazionale e con un'ampia presenza di piccole e medie imprese; Borsa Italiana ha altresì l'importante compito di promuovere le aziende quotate e di diffondere l'educazione finanziaria, anche in partnership con intermediari ed altre istituzioni;

    Borsa Italiana è cresciuta e si è sviluppata in questi dieci anni grazie al lavoro dei dipendenti che ha portato quasi a triplicarne il valore e un management che ha creato le condizioni per questo successo;

    il gruppo Borsa Italiana comprende anche il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), una delle principali piattaforme per la negoziazione dei titoli di Stato europei, la cui gestione è essenziale per la tutela di dati sensibili per l'interesse nazionale;

    Borsa Italiana si avvale di Sia s.p.a. (Sia), società hi-tech europea leader nei servizi tecnologici e nelle infrastrutture di pagamento, controllata da Cassa depositi e prestiti tramite la controllata Cdpe, come partner tecnologico di riferimento per i servizi relativi al trading e post-trading per il Mercato telematico dei titoli di Stato e Monte Titoli;

    la società Borsa Italiana, a livello di gruppo, nel 2019 ha realizzato 464 milioni di euro di ricavi e 2,6 milioni di euro di margine operativo lordo (ebitda);

    nell'agosto del 2020 il London Stock Exchange, per rispondere alle richieste della direzione Antitrust della Commissione europea legata all'acquisizione di Refinitiv, ha annunciato la vendita di Borsa Italiana;

    occorre premettere che le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa Italiana sono state avanzate da SIX Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext in partnership con CDP Equity e Intesa San Paolo e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana s.p.a., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Élite;

    in data 9 ottobre 2020, su proposta dell'amministratore delegato, il consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti ha dato il via libera a Cdp Equity (Cdpe, società interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti) per l'ingresso nell'azionariato di Euronext – la società mercato che raggruppa i listini di 6 Paesi europei – e per l'acquisizione da parte di quest'ultima di Borsa Italiana. In tal modo, come riferito dai comunicati di Cassa depositi e prestiti e Euronext, CDP Equity, che acquisisce il 7,3 per cento del capitale azionario di Euronext, al pari della Caisse des dépóts et consignations, omologo di Cassa depositi e prestiti in Francia, insieme a Intesa Sanpaolo, che verrebbe a detenere una quota intorno all'1,3 per cento, entra a far parte dell'attuale gruppo, divenendo uno dei primi azionisti della società che gestirà – oltre a Borsa Italiana – altre 6 borse valori in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, con oltre 1.800 società quotate, per un totale di 4.400 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato; con questa operazione, l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante in Euronext, con circa un terzo dei ricavi della nuova società e degli occupati complessivi; Cassa depositi e prestiti entrerebbe inoltre a far parte del patto dei reference shareholders, cui aderirebbe circa il 25 per cento del capitale di Euronext;

    nel mese ottobre 2020 è stata approvata dal London Stock Exchange la cessione di Borsa Italiana al gruppo Euronext in partnership con CDP Equity e Intesa San Paolo per un valore complessivo di 4,32 miliardi di euro; proposta di cessione che ora è al vaglio delle autorità di vigilanza italiane;

    secondo agenzie di stampa, l'Italia, attraverso il gruppo Cassa depositi e prestiti, sarebbe intervenuta al fine di tutelare l'interesse nazionale di un'infrastruttura finanziaria strategica, sia per quanto riguarda Borsa Italiana nella sua interezza, sia per quanto riguarda Mts per il ruolo della società nel mercato dei titoli di Stato, tra cui quelli italiani;

    London Stock Exchange ha accettato di vendere l'intera partecipazione in Borsa Italiana al consorzio paneuropeo di cui fanno parte anche Cassa depositi e prestiti e Intesa Sanpaolo per un valore patrimoniale di 4.325 miliardi di euro, più un importo aggiuntivo che riflette la generazione di cassa fino al perfezionamento del deal, valore che denota la rilevanza raggiunta dalla società negli ultimi 13 anni;

    risulta, dunque, necessaria un'azione tempestiva con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana s.p.a., considerato che la medesima rappresenta una preziosa infrastruttura sul piano economico-finanziario, anche al fine di tutelare le piccole e medie imprese italiane operanti sul mercato di capitali e di proteggere il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts);

    come riferito dai comunicati di Cassa depositi e prestiti e Euronext, l'integrazione di Borsa Italiana all'interno di un unico aggregato paneuropeo, obiettivo, peraltro, in comune alle tre offerte sopra menzionate, aumenterebbe la liquidità del mercato dei capitali italiano, la visibilità degli emittenti italiani e, in generale, rafforza il ruolo dell'Italia nel mercato dei capitali europeo;

    l'Italia, rappresentando più di un terzo del fatturato e degli utili, dovrà avere un ruolo di primo piano, sia a livello operativo che di governance;

    proprio per quanto concerne l'Mts, l'integrazione nel sistema Euronext dovrà rappresentare obiettivi di crescita e sviluppo condivisi dalle parti. In particolare Mts potrà sviluppare ulteriormente la propria strategia fixed income trading, consolidando così la propria porzione di leadership nel contesto paneuropeo e valorizzando, in sinergia, le competenze e le potenzialità in esso presenti;

    la Cassa di compensazione e garanzia, l'organismo che fornisce i servizi di controparte centrale in Italia nell'ambito degli strumenti finanziari e che assicura la solvibilità delle parti coinvolte e l'integrità del mercato, dovrebbe, come riferito da Euronext, assumere il ruolo di clearing house di tutto il gruppo Euronext;

    Monte Titoli, che svolge tutte le operazioni di deposito e gestione accentrata di strumenti finanziari, dovrebbe diventare il più grande Central securities depository del gruppo Euronext, assumendo un ruolo centrale all'interno del gruppo nella prestazione dei servizi di deposito e gestione accentrata dei titoli; con questa operazione il sistema italiano di servizi per l'intermediazione finanziaria è valorizzato e conta su nuove opportunità di sviluppo: data center e competenze di eccellenza avranno base in Italia;

    di recente, Sia e Nexi s.p.a., più importante società fintech italiana per i pagamenti digitali, hanno annunciato di aver sottoscritto un memorandum of understanding avente ad oggetto l'integrazione dei due gruppi da realizzarsi tramite la fusione per incorporazione di Sia in Nexi, per la creazione di una società leader nei pagamenti digitali in Europa, definendo pertanto un'operazione che è sinergica rispetto a quella in oggetto del presente atto di indirizzo;

    è necessario lavorare al fine di far diventare Borsa Italiana e le sue controllate punti di riferimento importanti nel sistema Euronext, nel quale l'Italia rappresenterà il mercato più rilevante, assumendo un ruolo di riferimento a livello continentale;

    l'operazione potrà suggellare una partnership forte con altri importanti investitori europei, tra cui Caisse des dèpóts e auspicabilmente anche con altri operatori del mercato finanziario internazionale;

    grazie all'operazione in corso su Euronext, Cassa depositi e prestiti amplierà la gamma di prodotti e servizi per il finanziamento delle aziende, passando dai finanziamenti e dagli interventi in equity anche alla possibilità di offrire i servizi di quotazione attraverso Borsa Italiana;

    Borsa Italiana darà il contributo più rilevante al nuovo gruppo allargato. L'Italia diventerà una sede operativa di rilievo per l'entità combinata, con competenze strategiche nel gruppo allargato in termini di operatività, tecnologia, business e funzioni di supporto;

    l'attività di vigilanza regolamentare su Borsa Italiana resterà invariata, consentendo a Consob e Banca d'Italia di continuare a vigilare direttamente su Borsa Italiana e le sue controllate regolamentate, compresa l'attività di compensazione della Cassa di compensazione e garanzia, la cui attività sarà ampliata in un contesto paneuropeo. Consob parteciperà all'indirizzo regolatorio, alla supervisione e alla vigilanza del gruppo risultante dall'operazione nella sua interezza;

    autorevoli economisti hanno più volte sottolineato l'importanza di costituire, progressivamente, un'infrastruttura finanziaria che unisca quanti più mercati mobiliari nazionali, al fine di creare un contesto di sinergia sul piano dei mercati internazionali. In questo contesto, si auspica che Borsa Italiana possa assumere un ruolo di primo piano nel sistema dei centri finanziari europei sia a livello operativo che di governance;

    in particolare, come sollevato anche da Assosim (Associazione intermediari mercati finanziari) in una lettera aperta pubblicata sul quotidiano Il Sole 24 Ore, in data 26 settembre 2020, occorre scongiurare un allontanamento degli emittenti, degli investitori e degli intermediari finanziari attivi nella Borsa Italiana verso mercati alternativi, anche non soggetti a regolamentazione, ed i medesimi intermediari finanziari «si troverebbero nella necessità, a causa dell'aumento dei costi e la diminuzione dei ricavi dovuti alla minore liquidità del mercato regolamentato, di dedicare risorse inferiori alla ricerca azionaria sulle piccole e medie imprese»; la ricerca su tali aziende, infatti, attualmente garantita quasi in maniera esclusiva da intermediari finanziari italiani, rappresenta un elemento fondamentale per il successo di importanti innovazioni a favore degli investitori, come i piani individuali di risparmio alternativi e gli European long term investments funds;

    l'operazione deve avere l'obiettivo di aprire buone prospettive per le imprese italiane che intendano quotarsi: la prevalenza, nel tessuto produttivo italiano, di aziende di dimensioni medie e piccole si avvantaggia della presenza italiana nell'azionariato di Euronext, che avrà voce in capitolo nell'organizzazione dei listini e nei requisiti di ingresso;

    l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), nel rapporto Capital markets review of Italy, pubblicato a gennaio 2020, ha sottolineato che, negli ultimi dieci anni, meno di quattro aziende all'anno si sono quotate a Piazza Affari, numero troppo ridotto per un'economia importante come la nostra. Alla fine del 2018, il valore totale delle azioni italiane quotate era pari a solo il 31 per cento del prodotto interno lordo, valore di gran lunga inferiore a quello registrato in Francia (88 per cento) e in Germania (46 per cento): un dato più che rilevante se si tiene conto dell'eccessiva dipendenza delle aziende italiane dal credito bancario;

    proprio in considerazione dei recenti sviluppi, risulta dunque ancor più necessario, al fine di perseguire gli obiettivi di ripartenza del Paese e attuare un piano di investimenti che garantisca crescita e sviluppo, evitare il rischio di perdita di governance e di autonomia in un settore così strategico e funzionale come quello del mercato di capitali,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile, nell'ambito delle proprie competenze e della partecipazione azionaria in Cassa depositi e prestiti, a sua volta azionista del gruppo Euronext, nonché a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana s.p.a. e l'autonomia della medesima, al fine di:

   a) assegnare all'Italia, nel nuovo assetto societario, un ruolo di primo piano, pari al suo peso in termine di contributo al risultato economico, anche attraverso accordi parasociali, sia a livello operativo che di governance, rafforzando la presenza italiana in Euronext, in particolar modo attribuendo ai manager di Borsa Italiana ruoli chiave nella prima linea di management del gruppo Euronext;

   b) creare le condizioni per un miglioramento delle attività di negoziazione, clearing e settlement, tenendo in considerazione anche il più elevato valore della contribuzione di Borsa Italiana all'interno del gruppo sia in termini di fatturato, che di utili, e garantire la valorizzazione e la trasparenza presso gli investitori delle piccole e medie imprese nella ricerca azionaria;

   c) vigilare affinché le piattaforme di Monte Titoli e Cassa di compensazione e garanzia mantengano la loro identità nazionale e il loro ruolo, anche a garanzia dei processi di collocamento del debito pubblico nazionale e di stabilità del mercato interbancario nazionale, con l'obiettivo di concentrare in Italia le divisioni «finance» e «data center» del gruppo e, considerato che l'Italia rappresenterà il singolo mercato più rilevante della nuova Euronext, valutare di adottare iniziative per un eventuale successivo trasferimento della sede di Euronext a Milano;

   d) rafforzare il Mercato telematico di titoli di Stato (Mts), affinché continui a rappresentare un centro di eccellenza, in grado di garantire e migliorare i servizi di monitoraggio e di cosiddetti «price equity» – fondamentali per un'efficiente gestione del debito pubblico – con l'obiettivo di aumentare la liquidità degli scambi e limitare la volatilità dei prezzi;

   e) prevedere adeguati investimenti e una strategia di lungo termine nel settore dell'innovazione tecnologica per il gruppo Borsa Italiana ed evitare che vengano attuati tagli a vantaggio di una redditività di breve periodo dell'acquirente, investimenti che potranno dare un beneficio per il sistema finanziario nel suo complesso, rispetto a ipotesi che potrebbero determinare esclusivamente una redditività di breve periodo dell'acquirente, purché tali investimenti siano finalizzati anche al miglioramento dell'innovazione del mercato dei capitali in Italia, con l'obiettivo di rendere Borsa Italiana un mercato dei capitali ancora più competitivo rispetto ad oggi per rafforzare le filiere finanziarie italiane in ambito europeo;

2) a far sì, per quanto di competenza, che Borsa Italiana si faccia promotrice di un ampio confronto con tutti gli operatori del settore, al fine di apportare miglioramenti e innovazione in merito al funzionamento del mercato dei capitali in Italia, proseguendo il percorso di semplificazione normativa e fiscale dei processi e di contenimento complessivo dei costi sostenuti dagli emittenti, dagli intermediari e dagli investitori e permettendo in questo modo alle piccole e medie imprese di accedere con maggiore facilità al mercato dei capitali, valorizzando i segmenti innovativi e rendendo Borsa Italiana un mercato di capitali competitivo rispetto alle altre piazze finanziarie;

3) a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, finalizzata a valorizzare l'assetto strategico di Borsa Italiana spa, favorendo la crescita delle imprese italiane attraverso la creazione di un vero e proprio campione europeo nel mercato dei capitali che, di riflesso, rafforzi il ruolo dell'Italia a livello europeo e internazionale rendendola più forte e attrattiva anche dal punto di vista degli investimenti esteri sul piano economico e reputazionale con il trasferimento a Milano della capitale finanziaria del continente europeo;

4) nell'ottica di incentivare il ricorso al capitale equity, ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata alla proroga permanente dei cosiddetto «bonus quotazione» introdotto dalla legge n. 205 del 2017, prevedendone l'estensione a tutte le imprese che accedono al mercato dei capitali e non solo alle società che presentino i requisiti di piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, nonché alle società oggetto della business combination per le operazioni condotte dalle Spac (Special purpose acquisiton company), nonché attuare un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, sviluppando la piattaforma Élite, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali;

5) ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a promuovere e diffondere la cultura del mercato dei capitali, al fine di permettere una canalizzazione efficace del risparmio privato nell'economia reale, anche attraverso il rafforzamento di strumenti come i Pir o i fondi pubblico-privato appositamente costituiti, con importanti riflessi sul rilancio del nostro Paese e sulla crescita economica, oltre che sulla qualità della struttura finanziaria delle imprese italiane, e mantenendo il ruolo di primo piano di Borsa Italiana nella finanza ESG, da anni impegnata sui temi della sostenibilità, considerando anche l'importanza del tema nelle scelte di investimento di tutti i principali investitori mondiali.
(1-00457) «Martinciglio, Centemero, Martino, Fragomeli, Ungaro, Pastorino, Alemanno, Cancelleri, Caso, Currò, Grimaldi, Gabriele Lorenzoni, Migliorino, Ruocco, Scerra, Troiano, Zanichelli, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Ribolla, Zennaro, Angelucci, Baratto, Cattaneo, Giacometto, Porchietto, Buratti, De Micheli, Sanga, Sani, Topo, Mor».

(8 aprile 2021)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELL'OCCUPAZIONE, DELLA FORMAZIONE E DELL'EMANCIPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,

   premesso che:

    a seguito della presentazione alle Camere da parte del Governo della proposta di «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (PNRR), il 31 marzo 2021 la Camera dei deputati ha approvato la Relazione all'Assemblea formulata dalla Commissione bilancio (ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento della Camera), integrata dai rilievi delle Commissioni permanenti, che ha delineato un quadro di riferimento di carattere generale e metodologico nonché le indicazioni specifiche espresse dalle singole Commissioni permanenti; detta Relazione è stata assunta anche all'esplicito fine (di consegnare appositi atti di indirizzo al Governo prima della presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza da parte del Governo alla Commissione europea; in più parti della Relazione della Commissione bilancio è evidenziata l'esigenza e l'urgenza di intervenire con politiche a favore dell'occupazione, della formazione e dell'emancipazione giovanile;

    è indubbio infatti che la crisi della pandemia da COVID-19 sta provocando in Europa un aumento della disoccupazione da cui i giovani sono colpiti in misura maggiore rispetto ai lavoratori più anziani, a ragione del fatto che molti di essi sono occupati in settori che sono stati particolarmente penalizzati dalle conseguenze della pandemia, quali il turismo, la ristorazione, l'intrattenimento, il commercio al dettaglio, le imprese creative e culturali, mentre altre ragazze o ragazzi ambiscono ad entrare nel mercato del lavoro proprio nel momento in cui tali settori non sono più in grado di assumere ed in cui, più in generale, le prospettive economiche negative impediscono nuove assunzioni; la crisi ha inoltre comportato in Italia un considerevole aumento del debito pubblico al 157,5 per cento del prodotto interno lordo, il livello più alto dal secondo dopoguerra, un fattore che rischia di ridurre significativamente le opportunità di sviluppo delle generazioni future; il Next generation EU rappresenta un'opportunità storica per introdurre misure urgenti per contrastare l'emergenza giovanile e riportare l'Italia sulla via della crescita;

    è importante osservare che nessuna delle sei missioni definite nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza, presentata dal Governo è dedicata specificatamente ai giovani, in quanto i giovani, al pari del Meridione e della parità di genere, sono considerate nel piano come priorità trasversali, sebbene nelle linee guida per i Piano nazionale di ripresa e resilienza emanate dalla Commissione europea il 22 gennaio 2021 fosse stato raccomandato agli Stati membri di dedicare un pilastro specifico «alle politiche per la prossima generazione, l'infanzia e i giovani»; mantenere le misure per le politiche giovanili frammentate in diverse missioni potrebbe complicare il monitoraggio, la valutazione e la quantificazione dei progetti, rischiando inoltre di pregiudicare l'allocazione effettiva dei fondi per le misure a favore dei giovani, ovvero alle persone under 35; un rischio da evitare per un Paese come l'Italia che nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza sembra dedicare ai giovani un livello di risorse non proporzionato alla gravità dell'emergenza giovanile, specie se comparato a quello di altri grandi Paesi europei; per questo motivo sarebbe opportuno per il Governo, nell'ambito della revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza delle prossime settimane, circoscrivere tra gli interventi delle diverse missioni un numero maggiore di progetti e di risorse a beneficio delle nuove e future generazioni e valutare l'opportunità di dedicare un intero pilastro ai giovani in linea con le raccomandazioni dell'Unione europea con quanto fatto da altri Paesi europei;

    l'Italia, già nei periodi antecedenti la pandemia, a causa anche degli effetti della crisi dello scorso decennio, ha particolarmente sofferto per l'elevato tasso di disoccupazione giovanile, l'alto numero di cosiddetti Neetnot in education employment or training», giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione), oltre che di ragazze e ragazzi, al primo impiego, sottopagati ed, infine, del rinnovato fenomeno di forte emigrazione all'estero, spesso di giovani laureati che non riescono a trovare un'occupazione adeguata agli studi intrapresi che decidono di emigrare all'estero; fenomeni tutti questi aggravati da forti squilibri territoriali, tra aree metropolitane e aree interne e soprattutto tra il Nord e il Sud del Paese, ancora irrisolti;

    come recentemente affermato dal Governatore della Banca d'Italia, il nostro Paese è al primo posto nell'Unione europea per la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione: un drammatico spreco di potenzialità a livello non solo economico, con conseguenze particolarmente gravi sul piano sociale: «è urgente rispondere» – ha affermato il Governatore – «e da questo soprattutto dipende il futuro del Paese e, in ultima istanza, il rientro da un debito pubblico molto elevato e la sicurezza del mantenimento degli impegni sul fronte previdenziale»;

    secondo gli ultimi dati Istat riferiti al quarto trimestre del 2020, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile, nella fascia 15-24 anni, si attesta al 31 per cento – nel giugno 2020 si attestava al 24,7 per cento – mentre i Neet di età compresa tra i 15 e i 29 anni sono 2.066.000, ovvero il 23 per cento del totale dei giovani della stessa età, donne per oltre la metà dei casi. Secondo Eurostat, nella fascia di età 20-34 anni, l'Italia è il Paese con il più alto numero di Neet dell'Unione europea, il 27,8 per cento contro una media dell'Ue del 16,4 per cento; i dati Istat, poi, evidenziano che nel solo anno 2019 hanno lasciato l'Italia oltre 126.000 italiani – di cui almeno 30.000 laureati – con un aumento dell'8 per cento sul 2018;

    sempre i dati Eurostat del 2019 mostrano quanto i giovani italiani nella media siano quelli che abbandonano il nucleo familiare d'origine più tardi rispetto ai coetanei europei; questi ultimi infatti vanno via di casa intorno ai 26 anni, mentre in Italia siamo in media sopra i 30 anni, a dimostrazione delle forti difficoltà che i giovani italiani devono affrontare per emanciparsi e inserirsi nel mondo del lavoro. Più esattamente, occorre riconoscere che il lavoro è condizione necessaria ed essenziale per l'autonomia esistenziale delle persone, per la realizzazione dei loro talenti e per fondare sostenibili progetti di vita anche familiare;

    gli effetti della diminuzione dell'occupazione giovanile sono aggravati dalla crisi dell'istruzione universitaria e dalla riduzione progressiva del numero degli immatricolati, verificatasi negli ultimi anni e causata, a partire dalla crisi dello scorso decennio, anche dalla riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio-economici più fragili e in condizioni di povertà, tali da trovarsi nell'impossibilità di sostenere i costi degli studi universitari; è ancora da verificare l'effettivo impatto della più recente crisi determinata dall'emergenza epidemiologica;

    una situazione, quella giovanile, sicuramente aggravata dall'emergenza sanitaria ed economica, ma che permane da troppo tempo nel nostro Paese e che pertanto negli anni è stata oggetto di particolare attenzione anche dal punto di vista legislativo. Così, a titolo di esempio, può ricordarsi la prevista decontribuzione per i primi 3 anni di assunzione che ha contribuito ad innalzare l'indice degli occupati, tanto che nel periodo 2014-2018 il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15-24 anni, è diminuito del 10,5 per cento (dati Istat). E ancora la misura «Resto al Sud» introdotta dal decreto-legge n. 91 del 2017, potenziata dalla legge di bilancio del 2018, che ha riscosso notevole interesse, tanto che è stato via via rafforzata, elevando dapprima l'età dei soggetti beneficiari e successivamente aprendo ai liberi professionisti;

    ciononostante, l'accesso al lavoro rimane difficile, tanto da suggerire di rinnovare talune di queste iniziative, come la decontribuzione per i nuovi assunti under 35 inclusa nella legge di bilancio 2021, e focalizzare l'attenzione su fattori di contesto in grado di agevolarne l'ingresso e sui servizi, pubblici e privati, necessari allo scopo; si tratta di misure di contrasto alla disoccupazione generalmente calibrate su incentivi economici, diretti o indiretti, deputati a ridurre il costo del lavoro ovvero su sostegni, anch'essi economici, per l'avvio di attività professionali o imprenditoriali. Tuttavia, la riduzione progressiva della relativa efficacia dimostra in modo evidente l'esigenza e l'urgenza di adottare una strategia di contrasto alla disoccupazione giovanile e di promozione dell'occupazione, con rapporti di lavoro stabili e dignitosi, che tenga conto delle cause del fenomeno che si vuole contrastare, al fine di assicurare che a fenomeni complessi e multifattoriali si diano risposte adeguate e coerenti, e perciò esse stesse siano caratterizzate da un'integrazione multifattoriale;

    peraltro, la recente comunicazione COM(2020)276 della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni recante «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», del 1° luglio 2020, sottolinea l'importanza che gli Stati membri e le istituzioni europee rivolgano la loro attenzione verso la prossima generazione; la medesima comunicazione individua le principali linee di indirizzo che Unione europea e Stati membri devono attuare: rafforzare le garanzie per i giovani, rafforzare l'istruzione e la formazione professionale anche nell'ottica di una competitività sostenibile, rafforzare con correttivi l'equità sociale e la resilienza, fornire nuovo impulso agli apprendistati affinché contribuiscano a creare occupazione giovanile;

    la comunicazione contiene una proposta di raccomandazione relativa alla Garanzia per i giovani (COM(2020)276), volta a sostituire la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013 che ha istituito tale garanzia, non solo per contribuire ad attenuare l'impatto della crisi da COVID-19 e prevenire un'ulteriore crisi dell'occupazione, ma anche al fine di integrarvi le trasformazioni in atto nel mercato del lavoro, nonché la duplice transizione verde e digitale. Tra le novità introdotte l'ampliamento della fascia di età dei beneficiari della garanzia, per includere i giovani di età compresa tra i 25 e i 29 anni, la raccomandazione agli Stati membri di strutturare i loro sistemi di garanzia per i giovani in quattro fasi (mappatura, coinvolgimento, preparazione e offerta) e di organizzarli conformemente alle situazioni nazionali, regionali e locali, tenendo presente il genere e la diversità dei giovani ai quali sono destinate le misure nell'ambito di precisi obiettivi quantitativi;

    gli obiettivi per l'attuazione della Garanzia in Italia appaiono allo stato lontani dall'essere conseguiti; anzi, difficilmente conseguibili senza un radicale intervento di riforma che assicuri effettivamente un'integrale revisione dei sistemi di politiche attive del lavoro, valorizzando le modalità di contatto e presa in carico da parte di strutture in grado di lavorare con puntuali informazioni sulle dinamiche dei mercati del lavoro e sostenute dalla presenza di personale fortemente specializzato, utilizzando a tal fine una migliore e più adeguata integrazione dei dati raccolti con le piattaforme informatiche per le politiche attive di carattere nazionale e regionale, nonché delle piattaforme di incrocio di domanda e offerta di lavoro. Inoltre, per assicurare un maggiore grado di effettività, sarebbe auspicabile integrare i compensi previsti nei percorsi della Garanzia giovani con una copertura contributiva, con risorse dedicate e nelle forme e modalità scelte dai Paesi membri;

    e tuttavia, nonostante gli impegni pregressi, è ragionevole ipotizzare che la crisi economica ridurrà ulteriormente le opportunità di lavoro e formazione per i giovani e pertanto è compito del Governo farvi fronte valutando l'attuazione di un piano straordinario di attivazione, che potrebbe essere definito «Piano AttivaGiovani», rivolto, ai giovani Neet che preveda il pieno finanziamento di un periodo di lavoro e formazione presso le imprese, analogamente a quanto intrapreso da altri Paesi europei; i giovani lavoratori potrebbero essere selezionati dalle imprese in base alle loro esigenze mentre il compenso per l'attività prestata sarebbe interamente a carico dello Stato; le imprese potranno far domanda a condizione che si tratti di nuovi posti di lavoro e che assicurino un'esperienza formativa per i giovani Neet;

    la crisi offre però anche l'opportunità di ridefinire il nostro modello produttivo all'insegna della salvaguardia ambientale e dello sviluppo sostenibile, un'eventualità che potrebbe generare nuove opportunità lavorative per i giovani, i cosiddetti Green Jobs. Sia il Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea, che il Next generation EU pongono come priorità degli investimenti dei prossimi anni la green economy. Ne segue che ogni strategia per l'occupazione e la formazione giovanile dovrà tenere conto delle opportunità occupazionali della rivoluzione verde, della ricerca scientifica connessa all'economia sostenibile o diretta alla tutela dell'ambiente, all'agricoltura o al turismo eco-sostenibile fino agli interventi di efficientamento energetico; in questa prospettiva, il paradigma tradizionale degli interventi sull'occupazione giovanile, focalizzato sull'incremento dei livelli di accesso al lavoro di un cluster di popolazione identificato su base anagrafica, deve essere ripensato nella prospettiva di fornire un supporto essenziale per la ristrutturazione del sistema produttivo, nella prospettiva della transizione ecologica e dell'innovazione digitale degli ecosistemi imprenditoriali;

    anche per queste ragioni è necessario favorire processi avanzati di digitalizzazione dei luoghi di lavoro unitamente alla flessibilità oraria che, attraverso nuovi percorsi tecnologici, possano coniugare le esigenze produttive dell'impresa con i bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici soprattutto nel contesto di investimenti; in questo contesto sarà importante adattare gli ammortizzatori e le tutele alle peculiarità dei lavoratori delle piattaforme digitali e dell'economia collaborativa (sharing economy e gig economy). In altri termini è necessario che la transizione ecologica e digitale trovi un modello di intervento che sia in grado di assicurare una coerente integrazione delle azioni a sostegno dell'innovazione nei sistemi organizzativi e produttivi con correlate azioni di sostegno alla formazione e riqualificazione delle risorse umane, valorizzando in modo particolare l'ingresso nel mercato del lavoro delle giovani donne e dei giovani uomini;

    per superare la crisi, il Paese ha bisogno di un importante investimento sulle competenze dei lavoratori, promuovendo la formazione continua e permanente nell'ottica di un reskilling professionale mirato e la formazione universitaria e post-universitaria, nella prospettiva del lifelong learning, soprattutto nelle materie scientifiche (STEM), che sappia intercettare le trasformazioni del mercato del lavoro conseguenti alla pandemia, soprattutto nella direzione dell'economia digitale e dell'economia circolare, e che quindi sappia sostenere i processi di innovazione e riorganizzazione dei sistemi produttivi. A conferma di ciò può ricordarsi il Fondo nuove competenze, istituito presso l'Anpal ai sensi dell'articolo 88, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, e dotato di 730 milioni di euro, la cui finalità è di innalzare il livello del capitale umano offrendo ai lavoratori (in questo caso già assunti) l'opportunità di acquisire nuove o maggiori competenze e di dotarsi degli strumenti utili per adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro, sostenendo le imprese nel processo di adeguamento ai nuovi modelli organizzativi e produttivi determinati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19. Benché riferito ai lavoratori assunti, nulla esclude che strumenti simili possano essere pensati per sostenere l'accrescimento mirato delle competenze dei ragazzi in cerca di occupazione. In questo senso potrebbe essere utile seguire esempi positivi presenti in altre esperienze e introdurre percorsi formativi a favore del «second skilling», ovvero lo sviluppo di nuove capacità necessarie a trovare una nuova occupazione senza lasciare ancora il proprio lavoro, idonee ad aiutare i lavoratori a prepararsi a un mondo del lavoro in continua evoluzione; diversi studi evidenziano come molti degli studenti saranno impiegati in mestieri che oggi ancora non esistono, sottolineando l'importanza di promuovere un nuovo modello formativo basato non solo sulle nuove competenze tecniche ma soprattutto sulle competenze trasferibili, come le capacità di relazione e presentazione, l'alfabetizzazione economica e digitale, lo sviluppo di uno spirito critico indipendente, le cosiddette soft skills; in questo modo i giovani saranno meglio equipaggiati per affrontare le sfide future del mondo del lavoro, già oggi caratterizzato da una crescente automazione dei processi produttivi e dalla precarietà delle forme contrattuali, facilitando la ricerca di quei percorsi professionali che soddisfano le proprie aspirazioni di auto-realizzazione, una caratteristica tipica della generazione Y e dei Millenials, spesso motivati da cause morali e spirito di servizio;

    particolare rilevanza deve essere riservata alle giovani lavoratrici e all'avvio di nuove imprese al femminile. Servono misure per ridurre i divari e favorire l'empowerment femminile delle giovani donne in termini di formazione, occupabilità e autoimprenditorialità, con progetti volti a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di categorie fragili, anche attraverso il potenziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese femminili. A tal fine, il disegno di legge atto Camera n. 2561, all'articolo 5, prevede una specifica delega per il sostegno di tali attività soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. Sarà fondamentale includere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza una valutazione degli impatti di genere dei vari interventi se non proprio un forte potenziamento dei servizi, a volte preferibili a misure come la decontribuzione e gli sgravi fiscali. La scarsità in alcune zone del Paese, specie il Mezzogiorno, di servizi per l'infanzia e di asili nido, unita al divario salariale tra uomini e donne – nel nostro Paese un rapporto che sfiora il 25 per cento – obbliga troppe giovani madri a lasciare il proprio lavoro o a optare per contratti part-time. L'Inps ha stimato che dopo 15 anni dalla maternità chi ha fatto questa scelta ha un salario lordo inferiore di 5.700 euro l'anno rispetto alle colleghe che non hanno fatto questa scelta. In questo senso un serio intervento a favore della parità salariale, ma anche un intervento per la valorizzazione dei periodi di maternità in costanza di rapporto di lavoro agli effetti pensionistici, non è più rinviabile;

    è fondamentale quindi, alla luce dei dati fin qui esposti, che il Governo adotti riforme e interventi, anche strutturali, sia in merito al mercato del lavoro e delle politiche attive, che in merito all'istruzione, alla formazione e all'apprendistato, tali da poter validamente accompagnare la strategia di rilancio; in tale contesto diventa estremamente importante potenziare le sinergie tra scuola, sistema delle imprese e mondo del lavoro, al fine di aumentare le possibilità di una più adeguata professionalizzazione degli studenti anche per ottimizzare l'orientamento al termine del percorso scolastico; risulta fondamentale riconoscere la centralità della relazione tra sistema scolastico e universitario e sistema produttivo e rivalutare, rivedendone la disciplina, i percorsi di alternanza scuola-lavoro, nella prospettiva di un affinamento che tenga conto dell'importanza dell'esperienza del lavoro come fattore importante nel percorso formativo dell'adolescente e nella costruzione della sua stessa personalità; occorre su questo fronte monitorare i soggetti coinvolti in modo da conciliare al meglio le attività formative proposte e lo specifico corso di studio dello studente; in tale contesto, occorre prevedere l'introduzione di lauree abilitanti, il contrasto ai tirocini non retribuiti quale forma elusiva di rapporti di lavoro remunerati e di nuove forme contrattuali per i giovani lavoratori delle piattaforme digitali;

    serve una profonda revisione e un adeguato potenziamento dei programmi di istruzione tecnica superiore come strumento di accesso al mercato del lavoro e alle professioni. Appare necessario costruire un sistema duale capace di offrire percorsi formativi che già presentano un tasso di occupabilità molto elevato, in media superiore all'80 per cento. Nella prospettiva multifattoriale prima indicata, la revisione della formazione tecnica dovrà tenere conto della necessità di valorizzare la dimensione applicativa della ricerca per l'innovazione di processo e di prodotto e la formazione di competenze professionali coerenti ed adeguate; e cioè per sostenere i processi produttivi orientati alla transizione ecologica e digitale;

    occorre potenziare le attività di orientamento scolastico al fine di aumentare l'accesso all'istruzione universitaria e di conseguenza accrescere le immatricolazioni, accelerare l'ampliamento e la diffusione delle lauree professionalizzanti, promuovere e velocizzare il riconoscimento delle lauree e dei titoli di studio conseguiti all'estero per sostenere il rientro attivo e qualificato dei giovani espatriati, o l'arrivo di laureati e ricercatori internazionali, valorizzando la «circolarità» delle esperienze formative e di lavoro, in particolare facilitando il rientro di laureati italiani nel nostro Paese nell'ambito di una generale riqualificazione delle modalità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;

    anche in questa prospettiva è ancora opportuno adottare una normativa comune per le modalità di tirocinio curriculare ed extra-curriculare, garantendo un compenso ai tirocinanti, che tenga conto del valore del percorso formativo intrapreso e delle condizioni dell'azienda di riferimento, così come espresso recentemente nella risoluzione approvata al Parlamento europeo il giorno 8 ottobre 2020. Su questo fronte sarebbe preferibile costruire un percorso per pervenire a un vero e proprio equo compenso per tutti i tirocinanti e valutare una riforma dei tirocini extra-curriculari per limitarne la durata massima o ricondurli nella fattispecie dell'apprendistato;

    sempre su questo fronte è necessario intervenire sul reddito di cittadinanza, strumento ad oggi principalmente di welfare, ma che è necessario rendere efficace anche e soprattutto come strumento di politica attiva per il mercato del lavoro. Sarà necessario rinforzare i centri per l'impiego, i controlli e le piattaforme digitali per assicurare una maggiore precisione e celerità nella fase di incrocio di domanda e offerta e poi dell'accettazione dell'offerta del lavoro. La mancanza di controlli ha evidenziato l'impossibilità di monitorare coloro i quali, pur in presenza di un'offerta di lavoro, l'hanno rifiutata ed è mancata un'analisi puntuale sulla domanda e sull'offerta di lavoro, che consenta di comprendere di quale tipo di lavoratori abbiano bisogno le imprese. In quanto servizi, oltre ai centri per l'impiego occorre rilanciare anche le agenzie per il lavoro accreditate, componente fondamentale di un sistema integrato pubblico-privato;

    l'emancipazione giovanile è un processo multidimensionale che va oltre i temi dell'occupazione della formazione. A tal fine, è importante porre attenzione anche ai temi della famiglia per venire incontro alle esigenze delle giovani coppie che già affrontano i disagi di un non facile ingresso nel mondo del lavoro. In tale contesto è utile ricordare l'introduzione dell'assegno unico universale per i figli a carico, una legge che semplifica e potenzia il sostegno alla genitorialità e alla natalità approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati, e la proposizione del Family Act, atto Camera 2561 «Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia», che all'articolo 6 prevede specifiche misure volte a sostenere le famiglie e l'autonomia finanziaria dei giovani, tramite detrazioni fiscali per i costi di locazione di abitazione delle coppie under 35 e dei figli maggiorenni iscritti a corsi universitari e per l'acquisto di libri di testo universitari; peraltro, oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno alle famiglie, ed in particolare alle giovani coppie, è emersa più forte non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado; gli interventi indicati sinteticamente rappresentano dunque una risposta di carattere strutturale, che, oltre ad intervenire sul complesso delle norme che oggi rappresentano una risposta segmentata alle famiglie, riunificandole in un unico intervento che accompagna la crescita dei bambini dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, intende intervenire tramite un sostegno fondamentale alle famiglie, alle giovani coppie, alle donne, sul terreno della formazione, dell'inserimento nel mondo del lavoro, del sostegno alla crescita dei bambini e delle bambine anche attraverso il potenziamento delle strutture educative;

    quanto esposto nella presente premessa dovrebbe essere parte della definizione dei progetti da sottoporre nell'ambito del Next generation EU e del Piano per la ripresa e la resilienza: in assenza di un apposito pilastro dedicato ai giovani, sarà fondamentale aumentare il livello delle risorse da destinare a specifici interventi in favore delle nuove e future generazioni per sostenere l'occupazione, la formazione e l'emancipazione giovanile,

impegna il Governo:

1) a definire una strategia specifica e un piano straordinario per promuovere la formazione e l'occupazione dei giovani in funzione della loro emancipazione personale che tenga conto della necessità di un approccio multifattoriale capace di integrare in un insieme coerente misure di sostegno e di promozione del lavoro giovanile, nella prospettiva della necessaria transizione ecologica e dell'innovazione digitale nel sistema delle imprese, assicurando una sempre maggiore e controllata correlazione tra formazione e lavoro, anche mediante la implementazione di adeguate politiche di attivazione e di rinnovati servizi per l'impiego;

2) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito di detta strategia, una specifica azione «Attiva Giovani» che preveda per giovani Neet, o comunque giovani disoccupati non iscritti a nessun corso di studio o di formazione, la possibilità di svolgere un periodo di lavoro e formazione, presso le imprese, con contestuale erogazione di un ristoro economico;

3) ad assumere iniziative per introdurre uno strumento equivalente a una «dote universale» per facilitare l'emancipazione giovanile in maniera tale che ogni cittadino, al compimento della maggiore età, possa ricevere un emolumento da investire in corsi di formazione, progetto imprenditoriale o altre iniziative idonee a rafforzare percorsi di autonomia;

4) a facilitare la transizione scuola/università-lavoro, rafforzando i servizi di orientamento e l'attivazione di reti orizzontali e verticali tra istituzioni scolastiche e universitarie e imprese, finalizzate ad accompagnare l'uscita dalla scuola verso il primo impiego, anche con l'obiettivo di individuare il fabbisogno dei diversi ambiti professionali al fine di informare i giovani sulle prospettive di occupazione reale dei vari percorsi di studio;

5) a potenziare, anche nell'ambito della riforma più organica delle politiche a sostegno della famiglia avviata con l'introduzione del Family Act e dell'assegno unico universale per i figli a carico, le misure idonee ad assicurare sostegno in termini di servizi anche e soprattutto per l'infanzia, nell'ambito di adeguate politiche di conciliazione, al fine di assicurare condizioni adeguate per agevolare l'accesso o la permanenza al lavoro di giovani coppie e contrastare la povertà infantile attraverso una «dote educativa», un pacchetto di servizi offerti da scuole, comuni ed enti statali, per accompagnare i minori alla maggiore età;

6) a rilanciare gli interventi a favore dell'autonomia abitativa dei giovani, facilitando l'accesso a mutui agevolati per l'acquisto della prima casa da parte di giovani coppie under 35, gli investimenti in progetti di cohousing per giovani lavoratori precari o giovani coppie, nonché rivedendo le attuali agevolazioni per il contributo affitto, valutando inoltre l'opportunità di destinare in comodato d'uso gratuito per due anni una parte del patrimonio immobiliare amministrato dall'Agenzia del demanio a giovani under 35 titolari di imprese o start-up per svolgere la propria attività imprenditoriale;

7) a rivalutare e modificare il programma «Garanzia Giovani», per renderlo più efficace in linea con la proposta di raccomandazione della Commissione europea COM(2020)276 e prevedendo l'anticipo di parte delle erogazioni per evitare problemi di liquidità ai giovani di famiglie più svantaggiate;

8) ad adottare iniziative per realizzare una riforma dell'apprendistato professionalizzante attraverso la semplificazione dei numerosi oneri burocratici vigenti e forme di incentivazione economica, in maniera tale che l'apprendistato diventi la via maestra per accedere al mondo del lavoro;

9) ad adottare iniziative per regolare i tirocini curriculari per assicurare che siano esperienze realmente formative e non soltanto atti dovuti all'interno del percorso di istruzione e a contrastare il fenomeno dell'uso improprio dei tirocini extra-curriculari, anche valutando l'opportunità di introdurre agevolazioni per le imprese che retribuiscono i tirocini o che trasformano il tirocinio in contratto di lavoro;

10) ad adottare iniziative per semplificare l'accesso alle professioni, anche grazie all'introduzione di lauree abilitanti e professionalizzanti, e introdurre misure affinché praticantati e tirocini siano congruamente retribuiti, al fine di scongiurare forme di sfruttamento;

11) nell'ambito di un più generale rilancio e potenziamento delle politiche attive del lavoro, orientato a correlare in modo sempre più proattivo il rafforzamento delle competenze e il sostegno all'innovazione, anche assicurando in questa prospettiva una più funzionale definizione della filiera istituzionale soprattutto tra l'Anpal e le regioni e un adeguato investimento finanziario in termini di servizi informatici e formazione delle risorse umane, a potenziare i centri per l'impiego tramite l'istituzione di aree specializzate, nell'ambito delle quali personale comprovatamente esperto possa flessibilmente adottare le migliori pratiche e le migliori metodologie operative utili a promuovere idonei percorsi di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, anche assicurando più continui e stabili canali di condivisione informativa ed incontro formativo tra i diversi sistemi interessati (scolastico, formazione professionale, imprese) necessari per implementare politiche di attivazione individualizzate; a promuovere, ai medesimi fini, l'azione delle agenzie private, assicurando un incentivo specifico per ogni unità di personale accompagnato all'assunzione;

12) a incrementare e rafforzare i percorsi di formazione tecnica e professionale valorizzando le esperienze degli enti formativi per realizzare nei territori percorsi professionalizzanti brevi, «vocational master», che nascano dal continuo dialogo con le aziende e che consentano di rispondere in tempi rapidi all'esigenza di competenze delle imprese;

13) a rilanciare, potenziandola, l'istruzione tecnica superiore, a cui va conferita una specifica autonomia formativa con l'obbiettivo di declinarla come luogo di incontro tra ricerca applicata e imprese innovative a sostegno dell'innovazione di processo, di prodotto e di un serio trasferimento tecnologico;

14) a definire sul fronte delle competenze un piano strutturato per promuovere lo studio a livello universitario delle materie scientifiche (STEM), specie tra le giovani donne, del multilinguismo e impartire nozioni base a tutti gli studenti del ciclo superiore e universitario nelle discipline economico-finanziarie in sostegno dell'alfabetizzazione economica delle future generazioni;

15) a investire adeguate risorse in un progetto strategico nazionale orientato alla formazione e allo sviluppo delle competenze digitali dei giovani, sia in ambito scolastico, a partire dalla scuola primaria, sia in ambito lavorativo, tenendo conto della necessità di promuovere e sostenere l'innovazione organizzativa in azienda come condizione necessaria per assicurare l'integrazione proattiva tra formazione e occupazione giovanile;

16) a sostenere l'ingresso nel mondo del lavoro delle giovani donne, favorendo l'empowerment femminile in termini di formazione, occupabilità e autoimprenditorialità, prevedendo il potenziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese femminili;

17) a presentare uno specifico progetto per l'imprenditorialità giovanile, che comprenda anche l'imprenditorialità sociale e promuova e sostenga mediante una specifica disciplina start-up, spin-off e piccole e medie imprese innovative, con particolare riguardo, tra l'altro, all'attrazione di investimenti privati di business angel, venture capital, fondi pensione ed assicurativi, alla previsione di strumenti e forme di affiancamento e accompagnamento all'imprenditorialità, mediante servizi di incubazione, consulenza, mentoring e coaching per i giovani, e acceleratori per integrare l'offerta finanziaria con nuovi strumenti a sostegno dell'innovazione organizzativa e dello sviluppo del capitale umano;

18) a promuovere la definizione di un contesto normativo idoneo ad assicurare il rafforzamento e l'estensione della possibilità dei giovani di svolgere attività lavorativa, anche al di fuori dei contesti formativi formali, mediante interventi mirati e diversificati di flessibilizzazione affidati all'autonomia regolativa delle parti sociali da realizzare in via sperimentale e da sottoporre a valutazione periodica, anche da parte di organismi indipendenti, per accertarne gli effetti, al fine di impedire ogni forma di precarizzazione professionale e di diffusione di non adeguate condizioni di lavoro, economiche e normative;

19) a prevedere strumenti per promuovere il rientro attivo e qualificato dei giovani espatriati, valorizzando la «circolarità» delle esperienze formative e di lavoro da sostenere con adeguate strategie formative, senza escludere strumenti di incentivazione mirati per settore e per aree territoriali;

20) a valutare l'istituzione di un portale gestito dal Dipartimento per le politiche giovanili, in raccordo con la Carta giovani nazionale, quale piattaforma unica e omnicomprensiva per promuovere l'informazione e l'attivazione delle misure a favore dei giovani e svolgere la funzione di banca dati delle esperienze e delle competenze acquisite quali la certificazione delle attività svolte, anche attraverso il Servizio civile universale, o la creazione di un «curriculum vitae digitale» personale;

21) a valorizzare forme e modalità di coordinamento tra i Ministri impegnati nell'adozione e implementazione delle diverse misure, iniziative e opportunità destinate ai giovani, anche al fine di massimizzarne la relativa efficacia introducendo allo scopo strumenti di analisi e verifica sistematica dell'impatto delle politiche pubbliche in questione.
(1-00392) (Nuova formulazione) «Ungaro, Viscomi, Invidia, Zangrillo, Giaccone, Epifani, Gribaudo, Tuzi, Cannatelli, Luciano Cantone, D'Alessandro, D'Arrando, Gallo, Occhionero, Lacarra, Lepri, Mor, Musella, Mura, Soverini, Rizzone, Toccafondi, Toccalini, Piccoli Nardelli».

(22 ottobre 2020)

   La Camera,

   premesso che:

    dall'esame dei dati Istat del secondo trimestre del 2020 si evince che, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, gli occupati in Italia sono diminuiti di 841.000 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Hanno perso il lavoro soprattutto i giovani. Tant'è che il tasso di occupazione della fascia 15-34 anni è del 39,1 per cento;

    tale diminuzione non colpisce solo la fascia tra i 15 e i 34 anni: anche per i 35-49enni il tasso di occupazione cala di 1,6 punti e quello di «inattività» mostra un incremento di 3,3 punti;

    l'Italia si ritrova ad essere fanalino di coda di tutta l'Europa, seconda solo alla Grecia: nella rilevazione di luglio 2020, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile è del 31,1 per cento e la percentuale di giovani che non studiano né lavorano, i cosiddetti Neet, è del 22,2 per cento nel 2019;

    una parte di questi dati è certamente inficiata dall'incidenza del lavoro sommerso, che per quella fascia d'età, è spesso unico appiglio per iniziare a lavorare; inoltre, essendo molto diffusa in Italia – soprattutto nel Mezzogiorno – l'impresa familiare, molto spesso i giovani iniziano a lavorare proprio all'interno di queste aziende di famiglia e vengono regolarizzati solo in un secondo momento;

    l'introduzione delle norme a modifica del contratto a tempo determinato stabilite dal cosiddetto «decreto dignità», decreto-legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha diminuito il periodo massimo di durata del contratto determinato, reintrodotto la causale per i rinnovi dopo il dodicesimo mese e incrementato il contributo addizionale in occasione di ciascun rinnovo, invece di favorire la stabilizzazione con la conversione in contratto a tempo indeterminato, e ha indotto i datori di lavoro a non disporre rinnovi;

    difatti, il Governo è stato costretto ad introdurre delle deroghe alla predetta disciplina per ridurne l'impatto negativo durante l'emergenza, prendendo così atto delle gravi criticità che la caratterizzano e che hanno aggravato la stipula del contratto di lavoro subordinato a termine, che, si ricorda, presenta tutte quelle garanzie e tutele per il lavoratore di quello a tempo indeterminato;

    ed ancora, non di meno, l'istituzione del reddito di cittadinanza ha di fatto palesato tutte le sue criticità, non solo come misura assistenziale visto che non arriva a chi è veramente in stato di povertà, ma, altresì, come politica attiva del mercato del lavoro. Sul punto, i dati dell'Anpal riferiscono che solo 39.760 degli oltre 2.370.938 beneficiari del reddito di cittadinanza hanno sottoscritto un contratto di lavoro;

    la situazione è molto seria e i giovani risultano essere l'anello debole della nostra economia, ma nei numerosi decreti varati dal Governo a sostegno del rilancio economico durante questo periodo di pandemia, non è stata prevista nessuna iniziativa specifica per i giovani;

    far ricadere, poi, sulle famiglie il compito di occuparsi dei giovani non è di certo una politica lungimirante: secondo i dati Eurostat 2019, infatti, i giovani italiani sono quelli che abbandonano i genitori più tardi. In Italia si è sopra la media dei 30 anni, in Europa i loro coetanei lo fanno a 25/26 anni;

    invertire questa tendenza significa occuparsi delle generazioni future, perché la precarietà lavorativa dei giovani non può non ripercuotersi sul loro percorso di vita, sulle loro possibilità di crearsi una famiglia, di mettere al mondo dei figli (per incrementare il tasso di natalità, ormai sempre più basso nel nostro Paese, bisogna partire proprio dalla stabilità dei giovani); ma significa anche occuparsi degli anziani che sul lavoro e il benessere dei giovani basano le loro certezze di una vecchiaia serena;

    anche la Commissione europea è intervenuta sull'argomento, inviando il 1° luglio 2020 una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul «Sostegno all'occupazione giovanile: un ponte verso il lavoro per la prossima generazione», invitando gli Stati membri ad occuparsi del problema;

    è indispensabile che ai giovani vengano offerti dei percorsi speciali di inserimento nel mercato del lavoro: rimodulare ad esempio percorsi formativi, tirocini, affinché diventino vere occasioni per aumentare le proprie possibilità occupazionali;

    è importante anche cercare soluzioni volte ad evitare la fuga di cervelli all'estero. Nel 2019, Confindustria ha stimato che il fenomeno ha interessato circa 300.000 italiani ogni anno con una perdita di capitale umano pari a 14 miliardi di euro ogni anno;

    riorganizzare e rendere più omogenei e facilmente utilizzabili dalle imprese tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi già varati dai precedenti governi e introdurne di nuovi è, inoltre, il presupposto da cui partire per rendere operativa una ripresa che non darebbe benefici solo ai giovani, ma a tutto il sistema economia;

    è necessaria anche una riforma seria e organica dei centri per l'impiego; dai dati si evince, infatti, che solo il 2,7 per cento dei giovani trova lavoro tramite questi strumenti di politica attiva;

    fra i 5,2 milioni di autonomi che si contano in Italia ci sono anche molti giovani. Millenials, ma anche trentenni, che hanno dovuto aprire una partita iva per riuscire a inserirsi nel mondo del lavoro e che ora si trovano ad affrontare una crisi economica che per loro sarà ancora più ardua da superare: occuparsi di loro è un dovere morale per qualsiasi Governo che voglia sostenere la propria crescita;

    Fratelli d'Italia si batte, inoltre, da anni, per promuovere il diritto dei giovani italiani ad accedere in condizioni paritarie ai diversi ambiti della comunità nazionale. Gli interventi legislativi e amministrativi realizzati nel corso dei decenni hanno dato vita a un sistema che penalizza fortemente le nuove generazioni rispetto alla possibilità di partecipare in modo attivo alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione: la proposta di legge di Fratelli d'Italia (AC. 295), ad esempio, va verso la correzione di queste distorsioni del sistema e l'avanzamento di tali diritti;

    nuovi sbocchi lavorativi per le nuove generazioni potrebbero essere trovati anche investendo nella green economy, come, tra l'altro, previsto nel Green New Deal, il piano per la rivoluzione verde e la transizione ecologica della Commissione europea e nel Next Generation EU; utile e di rilevanza per il sostegno dell'occupazione giovanile è anche il settore della digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) a studiare strategie di lungo periodo e riforme strutturali atte a garantire un più alto livello di occupazione giovanile e di tenore di vita delle giovani generazioni, rimettendo in piena efficienza quell'«ascensore sociale» che rappresenta non solo una fondamentale condizione di giustizia per i giovani, ma anche una condizione essenziale di crescita e di sviluppo per tutti i cittadini;

2) ad adottare iniziative volte a riformare i percorsi formativi (scuola, università, ricerca) in modo da consentire un inserimento più agevole nel mondo del lavoro da parte dei giovani disoccupati e inoccupati (i cosiddetti «Neet»);

3) ad adottare iniziative volte a riformare le regole e le modalità di fruizione relative a tirocini ed apprendistati, in particolare con riguardo ai giovani, affinché diventino veri strumenti di inclusione e collocazione (e non, come spesso avviene, forme di sfruttamento e precariato legalizzato);

4) ad adottare iniziative volte ad introdurre delle garanzie per giovani professionisti e ricercatori al fine di far fronte alla sempre più frequente fuga di cervelli all'estero;

5) ad adottare iniziative per un piano di riforma dei centri per l'impiego al fine di promuovere efficacemente l'occupazione giovanile in primo luogo con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti da questi enti, nell'ambito dei quali il personale deve avere le competenze necessarie per favorire l'incontro tra offerta e domanda di lavoro, garantendo standard minimi di prestazioni, nonché il raggiungimento di obiettivi, prevedendo altresì un'idonea attività di monitoraggio che offra le informazioni necessarie a misurare l'efficienza e la qualità degli interventi erogati;

6) ad adottare iniziative volte a prevedere, nell'attività di placement dei giovani in cerca di occupazione, un aumento delle attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche coinvolgendo le agenzie per il lavoro del settore privato;

7) ad adottare iniziative normative per derogare alla disciplina del cosiddetto «Decreto dignità» rispetto al contratto di lavoro a tempo determinato, fino a dicembre 2021, per intervenire successivamente, in modo strutturale, per riparare definitivamente le criticità di tale normativa, che non incentiva la conversione in contratto a tempo indeterminato, danneggiando in particolar modo i giovani;

8) ad adottare iniziative per introdurre, – con nuove disposizioni contenute nel Recovery Plan, nel disegno di legge di bilancio, e in altre eventuali norme ad hoc, – tutti gli sgravi fiscali e gli incentivi possibili atti ad invogliare le imprese ad assumere la popolazione giovanile del nostro Paese;

9) ad adottare iniziative per sostenere con adeguate misure il lavoro dei giovani con partita iva attraverso sgravi e benefici che possano andare a compensare la precarietà del loro lavoro e la forte crisi cui stanno facendo fronte.
(1-00398) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(2 novembre 2020)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN RELAZIONE AL NUOVO QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI INADEMPIENZA BANCARIA E CREDITI DETERIORATI

   La Camera,

   premesso che:

    il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'Eba – European banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introducono soglie più restrittive ed accentuano la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;

    le esposizioni verso una banca o un intermediario finanziario sono classificate come deteriorate se il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi (180 giorni per le amministrazioni pubbliche) e, al contempo, l'obbligazione è considerata rilevante, ovverossia abbia superato una prefissata soglia di materialità; dal 1° gennaio 2021 tale soglia è diventata, per l'appunto, più stringente, comportando una nuova nozione di default o «credito deteriorato» che individua lo stato di inadempienza di un cliente verso la banca;

    nello specifico, il nuovo quadro normativo prevede che la classificazione a «default» avvenga automaticamente quando un debito scaduto considerato rilevante superi tutte e due le soglie previste dal regolamento, ovvero:

     a) la soglia assoluta di 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio;

     b) la soglia relativa dell'1 per cento dell'esposizione verso una controparte;

    allorquando, dunque, lo sconfinamento supera la soglia di rilevanza, vale a dire superi contemporaneamente entrambe le soglie a) e b) testé citate, e si protrae per oltre 90 giorni consecutivi, è automatica la classificazione in default, con la conseguenza che il cliente correntista finirebbe nella categoria di cattivo pagatore e tutta la sua esposizione verso la banca verrebbe etichettata come «non performing loan» (npl); soltanto dopo ulteriori 90 giorni consecutivi di «buon stato di salute» il correntista ritorna «in bonis»;

    altra novità rispetto al passato riguarda le compensazioni tra diverse esposizioni del debitore verso la banca e la possibilità – un tempo consentita – di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (cosiddetti margini disponibili); tale eventualità non è più ammessa e dal 1° gennaio 2021 è necessario, in questi casi, che il debitore si faccia parte attiva utilizzando eventuali margini disponibili per far fronte al pagamento scaduto;

    Unimpresa prevede un quadro allarmante per i risparmiatori italiani, sottolineando il pericolo di un improvviso arresto a tutta una serie di pagamenti e la criticità «per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia COVID-19, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui»;

    protesta e preoccupazione unanime da tutte le associazioni di categoria: Confartigianato Veneto stima un aumento del 15 per cento del credito deteriorato nel solo settore artigiano; per Ascom Padova il rischio «non è tanto di finire fra gli inadempienti quanto di vedere migliaia di imprese, anche sane, chiudere i battenti ingrossando le fila di un'ecatombe che porterà con sé conseguenze drammatiche per occupazione, consumi e così via»; per Cna Padova «cento euro di scoperto su un conto corrente è una cosa che può capitare a tutti (...) con queste regole si punisce una piccola svista con la dannazione creditizia (...)»; per Confesercenti «con un irrigidimento così eclatante delle norme sugli scoperti di conto, il rischio è davvero quello di creare un disastro senza precedenti per l'intero sistema economico del Paese»;

    i timori, peraltro, non riguardano solo l'eventuale blocco dei depositi bancari, bensì anche gli effetti sulle concessioni di prestiti e sulla necessità di liquidità per molte imprese, partite Iva, famiglie;

    è evidente l'alto rischio di una fortissima stretta al credito, quale inevitabile conseguenza delle segnalazioni alla centrale rischi e della riclassificazione degli affidamenti della clientela in caso di piccoli sconfinamenti;

    la classificazione di un'impresa in stato di default, difatti, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le esposizioni nei confronti della banca, con probabili ripercussioni negative anche su altre imprese ad essa economicamente collegate ed esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario;

    la Banca d'Italia, dal canto suo, ha emesso una nota e pubblicato una sezione di Faq sul proprio sito, ove ha precisato che i nuovi requisiti, sebbene più stringenti, non introducono un vero e proprio divieto per gli istituti bancari e intermediari finanziari sullo sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto corrente, ovvero oltre il limite dell'eventuale fido, giacché la possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, bensì una facoltà concessa dalla banca e che le nuove regole non modificano la sostanza delle segnalazioni alla centrale dei rischi, poiché riguardano esclusivamente il modo in cui le banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali;

    tale nota di Banca d'Italia, tuttavia, non risulta essere rassicurante, poiché nel momento in cui cambia il modo in cui le banche devono classificare i clienti, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali, è ragionevolmente certo presumere che le banche avranno un diverso approccio di trattamento dei loro clienti rispetto al passato in termini di considerazione della sofferenza e delle gravi difficoltà non temporanee nella restituzione del debito; inevitabilmente, la condizione di default sarà per la banca sinonimo di cattiva qualità del credito e rifletterà negativamente sul relativo costo;

    a conferma che il paventato timore è tutt'altro che infondato, si segnala la posizione dell'Abi – Associazione bancaria italiana che, per il tramite di un articolo di stampa a firma del suo vicepresidente, ha tenuto a ribadire la propria contrarietà al nuovo quadro normativo sin dal 2015, quando le nuove regole erano state proposte;

    all'uopo si evidenzia che le stesse nuove regole sono state formalizzate nel 2019, vale a dire in uno scenario ben diverso dal contesto socio-economico attuale, caratterizzato da una forte crisi economica ed occupazionale per effetto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 tuttora in corso; se dunque le medesime regole potevano già essere penalizzanti in un contesto economico di «normalità», a maggior ragione diventano oltremodo nuocenti in una fase post pandemica in cui per la ripresa è inevitabilmente necessaria maggiore semplicità e facilità di accesso al credito;

    si evidenzia che la Lega Salvini Premier, per il tramite dei suoi delegati eletti al Parlamento europeo, ha scritto una missiva al Commissario europeo per i servizi finanziari, stabilità finanziaria e Unione dei mercati e dei capitali, Ms. Maired Mc Guiness, ed al vice presidente esecutivo Economy that works for people, Mr. Valdis Dombrovskis, nella quale, nel porre l'accento sul grande shock economico e sociale provocato dalla pandemia e sul coinvolgimento delle banche europee per sostenere famiglie e imprese in questo particolare momento, mediante moratorie, prestiti ed altri tipi di assistenza finanziaria correlata all'emergenza COVID-19, ha sottolineato l'importanza di garantire non soltanto un certo volume di credito, ma anche una certa flessibilità al credito medesimo e, a tal fine, la necessità di sospendere, allentare o ricalibrare, almeno temporaneamente, la nuova regolamentazione sui non performing loan, la cui attuale rigidità rischia una massa di non performing loan per la spaventosa cifra di 1.400 miliardi di euro nell'Unione europea,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza ogni utile iniziativa di competenza al fine di sostenere famiglie, imprese e partite Iva nell'accesso al credito e nell'esigenza di liquidità;

2) a promuovere, in raccordo con gli istituti creditizi, una capillare campagna informativa sulla mutata normativa europea;

3) ad assumere ogni utile iniziativa di competenza, in tutte le sedi opportune, atta a sospendere e rivedere la nuova definizione di default ed innalzare le soglie di segnalazione – scoperto di 100 euro per piccole e medie imprese o persone fisiche e di 500 euro per società – per i conti correnti in rosso;

4) in particolare, a farsi promotore, in sede europea, di una revisione della definizione di default, nell'ottica di un prolungamento del termine di 90 giorni consecutivi utilizzati come trigger per la classificazione delle esposizioni «past due» (scadute e sconfinanti) e di una sospensione temporanea del «calendar provisioning», stante la situazione in molti Paesi europei di perdurante lockdown, causa pandemia, la conseguente attività ridotta o ferma di molti tribunali civili, con posticipo e ritardi delle procedure di esecuzione delle garanzie, e il correlato rischio di una crescita esponenziale della crisi economica, dei fallimenti di imprese e della perdita di posti di lavoro.
(1-00413) «Bitonci, Molinari, Centemero, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino».

(7 gennaio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi innescata dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha colpito duramente quasi tutti i settori dell'economia;

    secondo le stime dell'ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, la contrazione dell'economia globale nel 2020 sarebbe pari al 3,3 per cento, mentre per la zona Euro il calo del prodotto interno lordo 2020 è pari al 6,6 per cento e per l'Italia al 8,9 per cento. Secondo la capoeconomista del Fondo, il peso di questa recessione ricadrà in particolare su lavoratori meno qualificati, donne, giovani, addetti nei settori che necessitano di presenza fisica (come il turismo) e nell'economia informale;

    l'Organizzazione mondiale del commercio – Wto, ha attestato la caduta degli scambi nel 2020 intorno al 10 per cento rispetto all'anno precedente e anche gli investimenti diretti esteri a livello globale hanno fatto registrare una brusca caduta, con riflessi sul commercio internazionale;

    in Italia le politiche pubbliche intraprese nell'ultimo anno sono riuscite in qualche modo a moderare gli effetti negativi della crisi evitando il fallimento di intere filiere produttive e salvaguardando in parte molti posti di lavoro;

    la liquidità a fondo perduto concessa ai privati nel 2020 ha inteso evitare il fallimento di molte imprese a causa di una crisi di liquidità dovuta al calo delle vendite determinando un prolungamento degli effetti dello shock; i mancati pagamenti potrebbero infatti amplificare il contagio finanziario ad altre imprese, con un effetto a catena sull'intera economia, coinvolgendo anche i pochi settori non colpiti da questa crisi e in poco tempo, riprenderebbero a crescere i crediti deteriorati coinvolgendo anche il settore finanziario;

    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, il cosiddetto decreto «liquidità», ha predisposto, con il consenso dell'Unione europea nell'ambito delle nuove regole sul Temporary Framework, un piano da oltre 750 miliardi di euro complessivi per assicurare la necessaria liquidità alle famiglie e alle imprese; tale piano ha delineato uno schema di garanzie straordinarie e transitorie sui finanziamenti bancari alle imprese, incentrato sul ruolo di Sace S.p.A. e del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese;

    secondo i dati diffusi dalla task force per l'efficiente e rapido utilizzo delle misure di supporto alla liquidità il 24 marzo 2021, si attestano ad oltre 2,7 milioni, per un valore di circa 294 miliardi, le domande di adesione alle moratorie sui prestiti e superano quota 149 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese; attraverso «Garanzia Italia» di Sace i volumi dei prestiti garantiti raggiungono i 22,3 miliardi di euro, su 1.699 richieste;

    tuttavia, il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del Covid-19, che incide negativamente sulle prospettive di ripresa, impone un contestuale prolungamento delle misure di sostegno finanziario in favore dell'economia, poiché si prospetta il rischio tangibile che molte imprese non saranno nelle condizioni di ripagare il debito contratto;

    in questa fase di contrazione economica è vitale fare ogni sforzo per scongiurare che gli effetti sull'economia reale si trasferiscano al settore del credito, in una spirale foriera di ulteriori impatti negativi su famiglie, imprese ed enti locali (e quindi sui servizi di prossimità), oltre che sul sistema finanziario;

    nel contesto di politiche di bilancio anticicliche i deficit nazionali potrebbero essere più sostenibili di elevati livelli di indebitamento privato;

    lo stock di passività detenute da società non finanziarie, famiglie e istituzioni senza scopo di lucro (debito privato), presentato sul sito della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), si attestava a fine 2019 al 109,3 per cento del Prodotto interno lordo ed è salito nel terzo trimestre 2020 al 119 per cento del Prodotto interno lordo (di cui il 41 per cento è relativo alle famiglie ed il 69 per cento alle imprese);

    la centralità delle istituzioni europee nell'affrontare con coraggio la sfida in atto è dimostrata dalla decisione della Commissione europea del mese di marzo 2021 di attivare la clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita (PSC) nell'ambito della strategia posta in essere per rispondere in maniera rapida, decisa e coordinata alla pandemia che consente agli Stati membri di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero in forza del quadro di bilancio europeo;

    a distanza di un anno, il 3 marzo 2021, la Commissione europea ha adottato una comunicazione che fornisce agli Stati membri orientamenti generali sulla conduzione della politica di bilancio nel periodo a venire ricordando che l'attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza avrà anche importanti implicazioni per le politiche di bilancio nazionali; nei prossimi anni infatti le spese finanziate con sovvenzioni del dispositivo per la ripresa e la resilienza daranno un notevole impulso all'economia, senza aumentare i disavanzi e il debito nazionali;

    nella stessa occasione il commissario per l'economia, Paolo Gentiloni, ha commentato sottolineando la determinazione della Commissione nell'affrontare la pandemia e nel sostenere l'occupazione e le imprese con la consapevolezza che la battaglia contro l'epidemia non è ancora vinta, auspicando il necessario sostegno di bilancio anche per il 2022;

    alla luce di queste considerazioni, risultano, pertanto, necessari un coinvolgimento, in prospettiva, dei singoli Governi nazionali e delle istituzioni europee atto a contrastare la caduta del reddito del settore privato intervenuta durante questo anno di pandemia anche attraverso un aumento dell'indebitamento pubblico volto ad assorbire parte del debito privato contratto nel 2020 e la proroga, nell'immediato, delle misure straordinarie in materia di moratoria dei prestiti per famiglie e imprese e di potenziamento del Fondo centrale di garanzia, verificando, in tale contesto, la possibilità di allungare a 15 anni la tempistica di restituzione dei prestiti garantiti dallo Stato;

    li linee guida Eba sull'applicazione della definizione di default (EBA/GL/2016/07) e il Regolamento delegato (UE) n. 171/2018 della Commissione europea del 19 ottobre 2017, che individua la soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato, hanno innovato dal 1° gennaio 2021 i criteri per identificare le esposizioni in stato di default prudenziale da parte delle banche; tali provvedimenti, come ricordato dal Governatore della Banca d'Italia in una audizione alla Camera il 10 febbraio 2021, sono frutto di un processo complesso, caratterizzato da un intenso dibattito tra le autorità europee e nazionali;

    secondo le nuove regole in particolare, l'inadempienza di un'impresa si verifica quando la stessa è in arretrato di pagamento, per oltre 90 giorni, su importi di ammontare superiore a 500 euro (complessivamente, riferiti a uno o più finanziamenti) e che rappresentino più dell'1 per cento del totale delle esposizioni di un'impresa. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese, esposte nei confronti di una banca per finanziamenti inferiori a 1 milione di euro, l'importo del pagamento scaduto che fa scattare la classificazione a default è di 100 euro (purché superiori alla soglia dell'1 per cento dell'esposizione totale);

    l'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con un periodo di incertezza economica legata alla pandemia da Covid-19 e proprio in considerazione del periodo di difficoltà economica si rilevano una serie di criticità, che vanno affrontate per evitare una restrizione dell'offerta di credito, assolutamente deleteria nel contesto attuale, ed impatti sociali sulle famiglie e sulle imprese; sarebbe auspicabile pertanto un intervento per modificare e adattare temporalmente la normativa per garantire il massimo supporto all'economia reale e la tenuta del tessuto produttivo,

impegna il Governo:

1) a promuovere l'attuazione a livello comunitario di politiche e di strumenti comuni, sostenuti dall'emissione di titoli europei, volti a concorrere all'assorbimento delle perdite e al consolidamento dei debiti del settore privato determinati dalla pandemia nei bilanci pubblici e a sostenere la capitalizzazione delle imprese;

2) ad adottare iniziative per continuare ad assicurare liquidità alle imprese e garantirne la solvibilità:

   a) verificando con le competenti istituzioni europee la possibilità di modificare il Temporary Framework sugli aiuti di Stato al fine di estendere la durata del limite temporale per gli aiuti sotto forma di garanzia sui prestiti a quindici anni dagli attuali sei;

   b) prorogando dal 30 giugno 2021 fino al 31 dicembre 2021 sia la moratoria in favore delle micro, piccole e medie imprese relativamente all'apertura di credito e concessione di prestiti non rateali o prestiti e finanziamenti a rimborso rateale, sia l'operatività dell'intervento straordinario in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese a supporto della liquidità delle piccole e medie, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2020;

   c) potenziando le misure esistenti e introducendone di nuove per concorrere all'assorbimento delle perdite, alla capitalizzazione e al consolidamento del debito delle imprese colpite dalla pandemia;

3) ad adoperarsi con le autorità competenti al fine di:

   a) introdurre una temporanea flessibilità alle norme Eba sui crediti deteriorati, in vigore dal 1° gennaio 2021, che tenga conto della crisi in corso causata dalla pandemia e dalle chiusure generalizzate delle attività economiche in tutti i Paesi dell'Unione;

   b) concertare in sede europea una revisione della nuova definizione di default;

   c) promuovere una campagna informativa nei confronti della clientela sulla mutata normativa europea, in coerenza con la strategia nazionale per l'educazione finanziaria.
(1-00459) «Boccia, Serracchiani, Ubaldo Pagano, Fragomeli, Buratti, Dal Moro, De Micheli, Madia, Navarra, Sanga, Sani, Topo, Frailis, De Filippo, Pellicani, Rossi, Orfini, Carnevali, Berlinghieri, Bruno Bossio, Cenni, Lattanzio, Pezzopane, Incerti, Viscomi, Lacarra, De Maria, Mura, Boldrini, Ciampi, Morani, Prestipino, Siani, La Marca, Piccoli Nardelli, Carla Cantone».

(12 aprile 2021)

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